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RELAZIONE GENERALE

A cura di: Giorgio Conti

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INDICE

INTRODUZIONE UNA RELAZIONE GENERALE ATIPICA PER UN PRG ATIPICO pag. 3

PARTE PRIMA L’ESCLUSIONE DEL TERRITORIO DI DALLE DIRETTRICI E DALLE AREE DI SVILUPPO: UN APPROCCIO STORICO, MORFOGENETICO, TERRITORIALE E AMBIENTALE pag. 8

1 LA REGIONE : QUADRI MORFOLOGICO-AMBIENTALI E OROGRAFIA pag. 9

2 MORFOGENESI DELLA STRUTTURA INSEDIATIVA: UN APPROCCIO STORICO pag. 11

3 DISTRETTI PRODUTTIVI ED INFRASTRUTTURE pag. 16

4 DINAMICHE DEMOGRAFICHE, SOCIO-ECONOMICHE ED ABITATIVE A SCALA REGIONALE pag. 20

5 LA PROVINCIA DI -: SISTEMI INSEDIATIVI, PRODUTTIVI, INFRASTRUTTURALI pag. 23

6 L’ESCLUSIONE DI CANTIANO DA DIRETTRICI DI SVILUPPO pag. 25

7 LE IMMAGINI DEL TERRITORIO DAL DOPOGUERRA AD OGGI pag. 25

8 LA CRISI DEL MODELLO DISTRETTUALE pag. 31

9 GLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA pag. 33

10 IL PIANO TRIENNALE DI SVILUPPO ECOSOSTENIBILE pag. 38

11 CANTIANO: TUTELA SENZA SVILUPPO? pag. 40

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PARTE SECONDA

QUALE PIANIFICAZIONE E SVILUPPO LOCALE IN UN TERRITORIO “A DOMINANTE NATURALISTICA” E “A FRAGILITA’ ECONOMICO-SOCIALE”? pag.43

1 LA CO-PIANIFICAZIONE COME ADEGUAMENTO CRITICO AGLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA pag. 44

IL NUOVO PRG COME METAFORA DELLO SVILUPPO LOCALE: DALLA REGOLAZIONE URBANISTICA ALLA PROMOZIONE DELLE ECCELLENZE LOCALI pag. 48

2 LA DEFINIZIONE DEL TERRITORIO DELLO SVILUPPO COME AMBITO DELLO SVILUPPO DEL TERRITORIO: COSTRUIRE RETI DI PROMOZIONE-GOVERNO DELLE RISORSE AMBIENTALI E TERRITORIALI pag. 50

3 LA PROMOZIONE DELLE RISORSE AMBIENTALI E TERRITORIALI: DALLA LOCALITA’ AL TERRITORIO, ALLE RETI LUNGHE pag. 55

4 LE NUOVE FORME DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA TURISTICA pag. 56

PARTE TERZA

IL NUOVE P.R.G. DI CANTIANO: PROCESSI E PRODOTTI DI UN MODELLO/ TIPOLOGIA DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA E SOSTENIBILE pag. 60

IL NUOVO PRG DI CANTIANO: LA SPERIMENTAZIONE DI UN METODO TRANSDISCIPLINARE E PARTECIPATO pag. 61

CRITERI PER IL DIMENSIONAMENTO DEL NUOVO PRG: QUANTITA’, QUALITA’, COSTRUTTI STRATEGICI pag.72

UNA PIANIFICAZIONE STRUTTURALE E STRATEGICA PER PROMUOVERE LO SVILUPPO LOCALE pag.91

ALLEGATO: STRALCIO DELLE NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE TITOLO V- INDIRIZZI DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA RIFERITI AI SISTEMI AMBIENTALI-TERRITORIALI pag. 96

BIBLIOGRAFIA pag.117

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INTRODUZIONE

UNA RELAZIONE GENERALE ATIPICA PER UN PRG ATIPICO.

Il Piano Territoriale di Coordinamento (P.T.C.) della Provincia di Pesaro- Urbino suggerisce, attraverso un documento di indirizzi in materia di pianificazione urbanistica 1, uno schema-tipo al quale fare riferimento per la redazione della Relazione Generale illustrativa relativa ai nuovi PRG. Secondo questo schema di riferimento debbono essere evidenziati “i punti salienti degli aspetti analitici e di quelli progettuali su cui la relazione illustrativa generale dovrebbe soffermarsi per rendere esplicite le motivazioni delle scelte formulate e per rendere comprensibili la logica e la coerenza delle stesse anche nel rapporto con i Piani e gli Indirizzi redatti a scala provinciale e regionale” 2. Si propone anche un indice di Relazione che si articola attraverso le seguenti tematiche: 1. Il rapporto con la pianificazione d’Area vasta che deve considerare la relazione con l’adeguamento del nuovo PRG con gli indirizzi- prescrizioni del PPAR e del PTC; 2. L’inquadramento ambientale, socio-economico, territoriale; 3. Le caratteristiche e lo stato di attuazione del PRG vigente; 4. Le scelte significative del nuovo piano; 5. Il bilancio ambientale; 6. Il bilancio delle spese e delle risorse.

Essendo lo schema-tipo e l’indice proposto per la Relazione illustrativa di tipo generalista, a tutti i nuovi PRG della provincia di Pesaro- Urbino, è ovvio che nel concepirlo non si siano tenute in debito conto le differenze relative alle problematiche/potenzialità degli ambienti e dei territori provinciali.

1 Amministrazione Provinciale di Pesaro e Urbino, Schema Piano Territoriale di Coordinamento. Documento di indirizzi in materia di pianificazione urbanistica: criteri per l’adeguam ento dei PRG al PPAR e per la definizione del progetto urbanistico , Pesaro, 1998. 2 Ibidem, pagg.57-58. 5

Questi suggerimenti possono funzionare per quelle realtà territoriali e per gli Enti Locali che, toccati da dinamiche positive di carattere produttivo (specie quelle riferite ai Distretti industriali) hanno necessità di analizzare meglio gli aspetti e gli impatti del loro modello di sviluppo. Ma cosa succede quando un PRG, come nel caso del Comune di Cantiano, si trova ad essere operativo in un territorio in regressione dal punto di vista socio-economico? Una regressione ancor più grave perché alimentata da tendenze demografiche negative, che accentuano il grado di senilizzazione della popolazione locale. In questo caso il “disagio insediativo” non è la risultante –come ad esempio nei comuni costieri o per quelli dei Distretti produttivi- in un iperattivismo che comporta un’iper-trasformazione degli ambienti e dei territori locali, ma è il frutto, la risultante complessa e composita di scelte di sviluppo non locali ma d’Area vasta, regionali o nazionali o dell’Unione Europea che condannano i piccoli comuni montani alla marginalità socio-economica.

A questo proposito, gli indirizzi del PTC per la redazione della Relazione Generale suggeriscono: “L’analisi socio-economica dovrà essere finalizzata ad individuare ed esporre le caratteristiche strutturali e tendenziali della popolazione e delle attività economiche. Andrà inoltre relazionato sullo stato e l’evoluzione dell’attività edilizia: a tal proposito potrà costituire valido punto di riferimento l’analisi socio-economica della realtà provinciale effettuata per il PTC dai proff. Paolo Leon e Riccardo Mazzoni” 3.

Ma, nel caso del comune di Cantiano, non si tratta di adeguare il PRG alle “caratteristiche strutturali e tendenziali della popolazione e delle attività economiche”, si tratta, al contrario, di tentare di invertire una logica storica che ha portato alla regressione delle risorse ambientali e territoriali, con la conseguente criticità derivante dallo spopolamento del territorio, dalla senilizzazione della popolazione e dalla marcata dipendenza economica da altri contesti produttivi. Una vera e propria rivoluzione copernicana nel concepire la strumentazione urbanistica, non la pianificazione dell’espansione edilizia conseguente ad un

3 Ibidem, pag.59. 6 accentuato sviluppo economico (1960-70), non quella del ripensamento delle criticità dello sviluppo (1980-90), ma quella della sostenibilità dello sviluppo locale (dal 1990 ad oggi). Uno sviluppo sostenibile che si deve declinare non solo rispetto all’eco- compatibilità delle scelte di intervento in campo ambientale, ma che deve, soprattutto, saper coniugare le nuove qualità ambientali con nuove tendenze “pro-attive” e virtuose che riescano ad invertire le tendenze negative socio-economiche locali.

Una rivoluzione copernicana perché la sostenibilità ambientale non viene considerata come una politica esaustiva, quasi obbligatoria, in riferimento ai nuovi paradigmi della pianificazione locale, ma come struttura fondante di una nuova strategia economico-sociale.

Se anche il PTC accentua il passaggio epocale dal concetto di vincolo ambientale passivo a quello delle tutele attive la sfida consiste nel tra- smutare le stesse tutele in politiche pro-attive di sviluppo economico e sociale a livello locale per i comuni marginali.

La sfida che si è tentata con il Nuovo PRG di Cantiano è quella di trasformare lo strumento di pianificazione comunale in una metafora, un medium, per promuovere un modello di sviluppo locale alternativo a quello dei Distretti industriali e, nello stesso tempo, incentrato su un concetto complesso ed articolato di sviluppo sostenibile, da intendersi in senso ambientale, economico e sociale.Un obiettivo ambizioso, che ha comportato la necessità di un lungo iter di maturazione dei paradigmi metodologici, analitici e progettuali ed insieme un processo complesso di partecipazione degli attori pubblici e privati nella costruzione di una nuova coscienza relativa alle potenzialità del territorio e dell’ambiente del Cantianese. Una nuova visione del governo del territorio e dell’ambiente a scala comunale, d’Area vasta, regionale. Pertanto “per rendere esplicite le motivazioni delle scelte formulate e per rendere comprensibili la logica e la coerenza delle stesse anche nel rapporto con i Piani e gli Indirizzi redatti a scala provinciale e regionale”,

7 come suggerisce il PTC della Provincia di Pesaro-Urbino, si è optato per una suddivisione di questa Relazione Generale in tre Parti, in ciascuna delle quali sono stati definiti gli assi problematici e, nello stesso tempo, le metodologie ed i criteri d’azione. Le parti individuate, costitutive della presente Relazione Generale, sono:

1. Parte Prima . L’esclusione del territorio di Cantiano dalle direttrici e dalle aree di sviluppo: un approccio storico, morfogenetico, territoriale e ambientale. 2. Parte Seconda . Quale pianificazione e sviluppo locale in un territorio “a dominante naturalistica” e “a fragilità economico-sociale”? 3. Parte Terza . Il Nuovo PRG di Cantiano: processi e prodotti di un modello/tipologia di pianificazione strategica e sostenibile.

Nella prima parte si definiscono le motivazioni plurime che, in particolare dopo la costituzione dell’Unità d’Italia, hanno portato ad un costante declino delle attività produttive, della popolazione e delle risorse territoriali ed ambientali locali. L’approccio metodologico è duplice: da un lato, da un lato si rifà ai tempi lunghi della storia dello sviluppo socio-economico locale, d’Area vasta e regionale, dall’altro si analizza il ruolo che le particolari caratteristiche morfogenetiche dell’ambiente e del territorio cantianese hanno avuto nell’accentuare le dinamiche negative e regressive dello sviluppo. Si considera, inoltre, il ruolo che gli strumenti di pianificazione sovraordinata oggi vigenti hanno avuto ed hanno nell’accentuare o nell’eliminare/attenuare il declino di questo territorio.

Nella seconda parte si intende mettere in evidenza un’opportunità storica che viene oggi offerta per la valorizzazione del territorio e dell’ambiente comunale: quella di promuovere un modello di sviluppo sostenibile che rappresenti un’alternativa credibile e duratura al modello egemone in Regione, costituito dai Distretti industriali. Appartenere ai comuni “a dominante naturalistica” non deve più essere considerato come sinonimo di “aree a fragilità economico-sociale”. I vincoli

8 ambientali segnalano sì criticità e vulnerabilità, ma anche valori, emergenze, unicità, che si possono trasformare in nuove opportunità di sviluppo. Uno sviluppo che si deve coniugare con strategie di intervento d’Area vasta e a livello interregionale nei campi della valorizzazione dell’ambiente, dell’eco-turismo e delle eccellenze eno-gastronomiche locali, dell’artigianato di qualità, ecc.

Questa parte è stata redatta in collaborazione con Giovanna Paci.

La terza parte è quella dedicata all’analisi delle scelte dei processi e dei prodotti realizzati dal nuovo PRG, attinenti alla pianificazione strategica ed alle finalità e strumenti del modello di sviluppo sostenibile proposto. Sono stati approfondite, in particolare, le fasi di creazione di un metodo di lavoro e di ricerca che ha permesso una visione trans-disciplinare degli aspetti e degli impatti, delle criticità e delle vulnerabilità, delle emergenze e delle eccellenze presenti nei sistemi ambientali e territoriali considerati.

La metodologia, condivisa da tutto il Gruppo di Lavoro, ha prodotto una reale integrazione dialettica, da un lato, tra gli obiettivi e gli strumenti, quelli relativi alla pianificazione territoriale-urbanistica, e dall’altro quelli inerenti la pianificazione ecosistemica e ambientale. Questo processo di maturazione dei paradigmi scientifici e tecnici, endogeno al Gruppo di Lavoro, si è coniugato con un altrettanto importante processo esogeno di coinvolgimento degli attori pubblici e privati, non solo a livello comunale ma anche d’Area vasta, nell’ambito degli amministratori della Comunità Montana del Catria e del Nerone. Questa strategia ha consentito il riconoscimento da parte della popolazione cantianese del Nuovo PRG come un reale strumento di ri-pensamento dell’attuale impasse economico-sociale e, nel contempo, ha costituito una presa di coscienza importante per dare operatività a tutte quelle potenzialità ambientali-territoriali e storico-culturali sulle quali fondare un innovativo modello di sviluppo locale.

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PARTE PRIMA .

L’ESCLUSIONE DEL TERRITORIO DI CANTIANO DALLE DIRETTRICI E DALLE AREE DI SVILUPPO: UN APPROCCIO STORICO, MORFOGENETICO, TERRITORIALE E AMBIENTALE.

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LA REGIONE MARCHE: QUADRI MORFOLOGICO-AMBIENTALI E OROGRAFIA

L’Area vasta di Pesaro-Urbino interessa la provincia più a nord fra quelle marchigiane. Morfologicamente essa ripropone la figura –peraltro rintracciabile in tutta la Regione- del pettine , di una struttura articolata in più sistemi insediativo-territoriali. L’interpretazione dei quadri fisiografici evidenzia, per la verità, l’incastrarsi di due strutture a pettine affrontate: l’una è il pettine montano-collinare, costituito dai crinali che dalle dorsali appenniniche scendono paralleli verso la costa; l’altra il pettine costiero-vallivo, costituito dall’area litoranea e dalle valli che da est procedono ortogonalmente verso l’interno (vd. fig. 1).

Una ideale sezione del territorio effettuata dal margine occidentale delle Marche verso il litorale rivela le principali unità fisiografiche della Regione:

1 la spina centrale costituita dalla catena appenninica, da cui si dipartono i segmenti collinari perpendicolari alla linea adriatica. Gli elementi geologici di maggior importanza nella regione sono la dorsale umbro-marchigiana e la dorsale marchigiana interna che racchiudono una depressione collinare corrispondente alla sinclinale del Bacino Marchigiano Interno e che si riuniscono a sud nella struttura dei Monti Sibillini. In tale settore orografico il litotipo prevalente è quello delle rocce calcaree, le quali hanno una maggiore resistenza all’erosione rispetto ad altre litofacies, cui si accompagna la pressoché totale improduttività del terreno. A questa unità fisiografica montuosa appartengono i Monti Catria e Nerone, ove affiora il Calcare Massiccio. Le caratteristiche geologiche di quest’area non ne consentono un uso antropico né per l’insediamento né per lo sfruttamento produttivo del terreno: è dunque fatto salvo il suo carattere di naturalità;

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2 la fascia collinare, digradante verso il mare con strutture plicative minori e rilievi meno aspri. Essa nel suo complesso prende il nome di Subappennino. La sedimentologia è modellata su termini marnosi e terrigeni di formazione più recente rispetto all’Appennino vero e proprio e, quindi, più facilmente erodibili. Tale unità fisiografica risulta più adatta all’insediamento umano: esso si è infatti sviluppato, con modalità differenti, sia sui rilievi collinari che nelle valli fluviali che si alternano paralleli da nord a sud per tutta l’estensione di questa unità. I litotipi marnoso-arenacei che la costituiscono, inoltre, risultano essere favorevoli ad un uso agricolo del terreno, condizione che favorisce ulteriormente l’insediamento urbano; 3 la fascia costiera, in cui affiorano argille e termini terrigeni con substrato facilmente erodibile, caratterizzate da coste generalmente basse. Qui l’insediamento antropico si è sviluppato in centri che, seppur di dimensioni contenute, sono i maggiori della Regione.

“L’aspetto morfologico d’insieme del territorio marchigiano mostra un netto contrasto tra la parte più occidentale, prevalentemente montuosa (Appennino s.s.), e quella, essenzialmente collinare (Subappennino), estesa ad oriente fino al litorale Adriatico. La prima risulta caratterizzata dalla presenza di dorsali montuose (con quote non di rado superiori ai 1000 m), separate da depressioni collinari, e raggruppate, verso sud, a costituire il massiccio dei Sibillini, dove si raggiungono le altitudini più elevate (M. Vettore 2422 m). questi rilievi sono allineati secondo una direzione NW-SE nell’area settentrionale e all’incirca meridiana a sud, così da assumere, nel complesso, un andamento ad arco con convessità rivolta a oriente. La seconda parte è invece contraddistinta da un paesaggio molto più dolce, interrotto solo localmente da più modeste dorsali.”4

4 Dramis F., Aspetti geomorfologici del territorio marchigiano , in Centamore E., Deiana G. (a cura di), La geologia delle Marche. Studi Geologici Camerti, 73° Congresso della Società Geologica Italiana, Roma 30 settembre-4 ottobre 1986. 13

MORFOGENESI DELLA STRUTTURA INSEDIATIVA: UN APPROCCIO STORICO

L’organizzazione policentrica e diffusa della struttura insediativa è stata determinata proprio dalla caratterizzazione orografica del territorio regionale, che non ha consentito il formarsi di grosse agglomerazioni urbane, e dalla quasi totale utilizzazione agricola dei suoli.

Storicamente l’origine dei primi insediamenti stabili risale ai villaggi fondati dalla civiltà picena, che si è sviluppata tra il IX e l’inizio del III sec. a.C. La morfologia regionale rendeva più agevoli le comunicazioni tra la sponda adriatica ed il versante tirrenico dell’Appennino, che non quelle intervallive e ciò è stato determinante per la formazione degli stanziamenti umani piceni, disponendoli ad un tipo di vita “cantonale”, con peculiarità locali spiccate e differenziazioni notevoli tra un centro e l’altro. La società picena è organizzata in comunità tribali o gruppi etnici che vivono in insediamenti sparsi di non rilevante consistenza demografica. Manca un centro di maggior peso che contribuisca a creare un’unità politica e culturale. I villaggi sono situati sulle colline, fortificati con fossati e mura. Nonostante questa frammentazione insediativa e politica, i Piceni rivelano una naturale predisposizione ai contatti con gli altri popoli, dovuta alla loro attività mercantile. L’economia si basa, infatti, sia sull’agricoltura e l’allevamento (erano per lo più pastori che praticavano la transumanza) che sul commercio dei loro prodotti d’artigianato, venduti attraverso una rete di commercio internazionale. L’attività più fiorente deriva dalla lavorazione dell’ambra: la materia prima veniva dalle coste baltiche e i mercanti la portavano dalle coste istriane e dalmate via mare oppure lungo le coste dell’Italia nord-orientale. Ma i Piceni entrarono in contatto anche con la Grecia e tutta l’Italia del centro attraverso i passi appenninici (vd. fig. 2).

Dal V al III sec. a.C. inizia un lento processo di trasformazione culturale e di crisi che porterà la civiltà picena a perdere molti dei suoi aspetti salienti, fino alla sua scomparsa. Le cause della decadenza sono: l’insediamento dei Dori-Siracusani, che con la fondazione della città-porto di pongono

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15 un ostacolo ai loro traffici e movimenti, e l’occupazione del territorio a nord dell’Esino da parte dei Galli Senoni. Questi ultimi saranno poi sconfitti nel 295 a.C. nella battaglia del Sentino (attuale Sassoferrato) dai Romani, i quali conquistano così l’A ger Gallicus e lo includono nelle terre di loro dominio, annettendole in seguito all’ con l’ordinamento regionale augusteo. I nuclei insediativi preesistenti vengono potenziati e vengono fondate numerose colonie. Roma si serviva di queste terre per trarne decime sui raccolti, contributi in forze umane per l’esercito, legno di rovere e larice, di cui abbondavano i boschi delle zone montane interne, per la costruzione della flotta. I Romani, espandendo il loro dominio su queste terre, determinano un nuovo assetto urbano con la localizzazione di insediamenti posti in ragione di scambi e commerci e della loro funzione strategica di coordinamento rispetto alla produzione agricola proveniente dai vasti ambiti rurali circostanti. Tali centri rinunciano alla posizione di crinale picena per privilegiare le zone pianeggianti di fondovalle, più accessibili per la logistica.

“Dovunque Roma abbia fatto pervenire le sue legioni, immediatamente dopo sorgeva una strada. La strada, si potrebbe dire oggi secondo una fortunata formula di una grande studioso dei mass-media, Mc Luhan, era il messaggio. La strada, cioè, era una protesi e un’arteria, era un prolungamento e un potenziamento dell’organismo imperiale, serviva a trasportare eserciti e merci, prodotti e idee” 5.

A connettere questa maglia insediativa e ad assicurarne i collegamenti con l’ Urbs è il sistema infrastrutturale delle Vie consolari, costituito da una strada litoranea già esistente, seppur spostata sulla prima linea di colline e poco praticata per l’impaludamento della fascia costiera, e da due arterie trasversali: la Salaria, che collega Roma al medio-Adriatico e la Flaminia, che la collega invece con l’area padana e che ha il suo capolinea nord a Rimini, dove si raccorda con altre strade consolari (come l’Emilia) costruite successivamente (vd. fig. 3).

5 I. Richmond, Architettura e ingegneria , in J.P.V.D. Baldson (a cura di ), I Romani . Il Saggiatore, Milano 1975, pag. 198 16

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La Flaminia era in origine un tracciato umbro utilizzato dai Piceni per i collegamenti tra i due versanti appenninici e ristrutturato dai Romani dopo la battaglia del Sentino: fu iniziata intorno al 223 a.C. (secondo la testimonianza di Strabone) e completata nel 219 per interessamento del console Caio Flaminio. Miglioramenti furono apportati da C. Sempronio, Augusto e Vespasiano, che nel 76 d.C. fece realizzare la galleria “Maggiore”, un’opera di tali dimensioni da essere richiamata anche nel toponimo originario di Petra Pertusa , poi trasformato in Forulus o Furlo. Il lavoro fu di proporzioni immani, poiché si proponeva di scavalcare il massiccio del Furlo, un ostacolo naturale che interrompe la pianura della valle del e con essa ogni possibilità di collegamento con le regioni poste ad ovest del rilievo e dell’Appennino. La Flaminia dall’Umbria entrava nelle Marche a passo della Scheggia, toccava poi Cantiano, , il Furlo, , , Pesaro e terminava a Rimini. Lungo il suo percorso sono ancora oggi visibili molti dei resti delle opere costruite in età imperiale, come il ponte “Grosso” a Pontericcioli, la galleria di Vespasiano e la “Minore” al Furlo, l’arco di Augusto a Fano, l’arco e il ponte di Tiberio a Rimini. Il passaggio di una direttrice così importante ha esercitato senz’altro una forte attrazione insediativa: dalla località Forcole fino a Fano, ad esempio, il suo percorso coincide con il decumanus maximus della centuriazione fanense, a conferma che questa strada fu l’asse su cui si strutturò non solo l’urbanistica di Fano, ma anche l’assetto agrario del suo territorio. L’importanza della Flaminia risiede anche nel configurarsi come il maggior asse di collegamento tra i versanti umbro e marchigiano; essa ha consentito di trasformare la logica insediativa picena, potenziando solo i centri ubicati in posizione favorevole per gli approvvigionamenti e gli scambi. Questa nuova via di traffico, inoltre, mette in relazione non solo l’Adriatico con il Tirreno, ma anche gli ambienti insediativi delle aree interne del centro Italia, favorendo una serie di scambi commerciali e culturali che generano un’identità comune e proseguono fino in epoca medievale.

E proprio durante questo periodo le regioni interne beneficiano di nuovi impulsi di sviluppo rispetto alla pianura afflitta da crisi malariche e priva di

18 infrastrutture significative; i traffici con il Tirreno garantiti dalla Flaminia e gli scambi fiorenti lungo la direttrice pedemontana costituiscono un vantaggio per l’intero sistema, il quale entra in crisi quando iniziano le prime invasioni ad opera delle popolazioni barbariche dal nord. Ciò spezza definitivamente la peculiare relazione tra città e territorio tipica della cultura insediativa romana.

Tra il V e il X secolo d.C. scompaiono, quindi, i centri romani di fondovalle a vantaggio della riscoperta dei nuclei piceni e dei centri collinari che vengono fortificati per la difesa. I traffici con Roma subiscono un rallentamento, ma non quelli pedemontani, per i quali un minuto e capillare sistema di strade postali e mulattiere assicura una rete isomorfa per i transiti. Da questo momento in avanti la tipologia degli insediamenti umani cambierà più volte nel corso della storia, ma sempre alternando la logica insediativa picena (di arroccamento sui crinali, di adattamento ai caratteri fisiografici del territorio e di scambi interni tra popolazioni con la stessa matrice identitaria), a quella romana (di disposizione in zone pianeggianti e favorevoli agli scambi, di colonizzazione del territorio). Il progressivo decadere dell’impero romano e l’accresciuta auctoritas bizantina sbilanciano il baricentro verso Ancona facendone un punto di riferimento nelle relazioni est-ovest; la Regione si spacca in due realtà politico-territoriali: a nord i bizantini con la Pentapoli marittima (Ancona, Senigallia, Fano, Pesaro, Rimini) e quella annonaria (Urbino, Fossombrone, Jesi, , ), a sud il dominio dei longobardi appartenenti al ducato di Spoleto. L’organizzazione territoriale frammenta la realtà insediativa in una serie di piccole unità autonome (città-stato, ducati, diocesi), in cui il sistema viario abbandona la rete stradale principale romana per configurarsi secondo un disegno di tipo radiale, interno alle singole circoscrizioni politiche. La Via Flaminia, però, venne mantenuta come direttrice anche nel Medioevo e nel XIII secolo, con l’emergere del francescanesimo, acquistò primaria importanza per raggiungere il Santuario di Assisi.

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Nel XIV secolo la regione comincia già a prefigurare le due metà il cui carattere è, per alcuni aspetti, rimasto impresso fino ad oggi: “un’area meridionale, fittamente segnata da città e ‘terre’, che si infittisce ancora di castelli e ville nel quadrilatero S. Ginesio-Fermo-Arquata-Ripatransone; un’area settentrionale o del nord-ovest nella quale i centri abitati si fanno più radi, via via che ci spostiamo verso il Montefeltro, rispetto al quale Urbino- città parrebbe una specie di finisterrae, […] Il quadrilatero Urbino-Pesaro- Fano-Fossombrone non ingloba centri urbani di rilievo. E poco risulta nel triangolo Senigallia-Jesi-Ancona.” 6

Il nuovo ordinamento agrario fondato sul patto mezzadrile tra XV e XVI secolo dà vita alla civiltà propriamente urbana ed offre la traccia per un’urbanizzazione diffusa: il “volto agricolo” delle Marche, così strutturato, persiste fino agli anni ’50 circa. Il sistema di conduzione mezzadrile prevede l’assegnazione al socio-colono di un podere da coltivare e di una casa per sé e la sua famiglia, con l’impegno di devolvere la metà del raccolto al proprietario. I suoi esiti sociali si esplicano in una sostanziale stabilità demografica, nel costante presidio del territorio, nella ripresa di un buon rapporto città-campagna, ovvero metropoli-colònia. Ad essere escluse dai benefici effetti dello sviluppo mezzadrile sono le aree montane più interne, anche se presentano comunque degli aspetti meno drammatici che nel resto d’Italia.

La tipologia insediativa regionale ricalca fino alla prima metà del ‘900 il carattere piceno, di piccoli e medi centri sui crinali, e ciò anche per la mancanza di centri di dimensioni importanti, la cui formazione non era sostenuta dallo Stato della Chiesa (sotto la cui potestà la regione soggiaceva); la stessa Chiesa spesso preferisce riconoscere piccole signorie e ducati per frammentare e tenere sotto controllo le giurisdizioni amministrative delle Marche.

Dal XIX secolo si pone mano all’ammodernamento del sistema viabilistico, concentrandosi sull’ampliamento della rete minore migliorata con piccole

6 Anselmi S. (a cura di), Economia e società: le Marche tra XV e XX secolo . Il Mulino, Bologna 1978. 20 modifiche incrementali. Le accresciute esigenze di scambi commerciali impongono la revisione di una politica delle strade, oltre a quella marittima, da sempre sostenuta, anche per via dell’impraticabilità della fluitazione. I collegamenti nella regione hanno sempre seguito linee spirituali ed economiche, le “vie della devozione” (il Santuario di Loreto ad esempio) e le “vie degli scambi” (la fiera di Recanati, il porto di Senigallia…), sospesi tra interessi della Chiesa ed interessi economici (che spesso peraltro coincidono). Nel 1856 Pio IX concesse la linea ferroviaria Roma-Foligno- Ancona-Bologna che intensificò i collegamenti all’interno dello Stato Pontificio. L’introduzione del tracciato favorì lo sviluppo di alcuni nuovi centri lungo la costa e la valle dell’Esino, ma, in linea di massima, l’immagine del territorio rimase immutata fino all’avvio del processo di industrializzazione negli anni ’60. Lo sviluppo produttivo portò alla creazione del fascio infrastrutturale sulla costa, condizionato dal nuovo paradigma della velocità, e al potenziamento degli assi vallivi, secondo il modello romano.

DISTRETTI PRODUTTIVI E INFRASTRUTTURE

Il processo di industrializzazione si sviluppa in forma leggera, con una diffusione di piccole imprese sul territorio che si distribuiscono lungo gli assi di distribuzione intervalliva, anche perché manca un forte asse trasversale capace di accentrare lo sviluppo. Ad eccezione, infatti, dell’asse costiero, rafforzato dalla realizzazione del tratto autostradale nel 1969, non esistono altri riferimenti importanti nella Regione; anche l’E45 e la A1 tagliano fuori le Marche, ma anche la stessa Umbria, privilegiando la Toscana. Gli unici collegamenti est-ovest sono, dunque, le superstrade, assi che possono essere finanziati con modeste risorse e determinano questa diluizione delle attività produttive che vi si attestano. Si ha in realtà un ritardo nello sviluppo che cerca di essere colmato a livello centrale dal riconoscimento della zona di Ascoli come area di depressione economica, la cui crescita va incentivata con l’erogazione di fondi della Cassa del Mezzogiorno. Ciò però, invece di accelerare lo sviluppo, determina un ulteriore ritardo, in quanto ingenera una mentalità assistenzialista che intorpidisce ogni iniziativa imprenditoriale.

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A tal proposito Ercole Sori (1999) osserva: “La vallata del fiume Tronto, per il semplice fatto di essere già classificata come area operativa di un consorzio di bonifica, tra il 1950 e il 1957 diviene, con altri territori dell’Italia centrale, il lembo più settentrionale dell’intera area sottoposta alla legislazione sulla Cassa per il Mezzogiorno. […] La logica conseguenza è che questi fattori “artificiosi” di localizzazione industriale determinano anomalie nella struttura produttiva dell’Ascolano, l’area marchigiana “storicamente” meno vocata verso l’industria”. 7 I distretti che caratterizzano la produzione marchigiana sorgono infatti tutti fuori dall’area ascolana, in zone dove tradizioni artigiane preesistenti si coniugano con la tradizione mezzadrile.

Nel 1983 G. Fuà e C. Zacchia 8 promuovono una lettura delle Marche in relazione ad un ambito sovraregionale indagandone i caratteri di pervasività dei processi di modificazione territoriale nelle aree del Nord-Est e Centro (Nec). Gli autori, però, a differenza di Becattini (1985) 9, sono poco inclini ad utilizzare il distretto come categoria analitica adatta ad interpretare efficacemente il fenomeno. Ne sottolineano, infatti, i limiti legati alla qualità del fattore organizzativo-imprenditoriale (fattore O-I). I fenomeni di imprenditorialità diffusa e marginale per Fuà spiegano solo lo stacco, la partenza del meccanismo, mentre il fattore che spinge e forma la crescita è proprio l’O-I. Ma molti sono per Fuà i vantaggi dello sviluppo periferico che si è configurato come “direttrice adriatica allo sviluppo”: innanzitutto la natura graduale della stessa crescita economica che, riutilizzando il capitale fisso già costituito, non ha indotto evidenti cambiamenti sul territorio. Alcune condizioni sono alla base della dinamica economica: il continuum rurale-urbano, la tradizione artigianale già radicata, il milieu sociale, la preponderanza della famiglia mezzadrile già come unità produttiva autonoma, la rete parentale alla base di una “mobilitazione familistica o comunitaria” che permette di comprendere la genesi di spiccati orientamenti imprenditoriali. Il meccanismo del lavoro si è caratterizzato

7 E. Sori, Il distretto industriale nelle Marche , in Astac, Studi Pit . Stibu, 1999. 8 G. Fuà, C. Zacchia, Industrializzazione senza fratture . Il Mulino, Bologna 1983. 9 G. Becattini, Mercato e forze locali . Il Mulino, Bologna 1985. 22 favorevolmente per le imprese medio-piccole per un basso costo della manodopera (proveniente da un serbatoio del lavoro preesistente), visto l’utilizzo discrezionale del lavoro informale e l’utilizzo di piccolissime imprese a carattere familiare. Punto di forza del distretto è la ricerca continua, un flusso di piccole innovazioni (learning by doing) che permette di rispondere con facilità alla domanda diversificata, quasi personalizzata, del mercato.

I distretti produttivi presenti nella Provincia di Pesaro sono attivi nel settore mobiliero e della lavorazione del legno (a tale sistema appartengono i comuni di Pesaro, , , , , S. Angelo in Lizzola, ) 10 , nel tessile-abbigliamento (area del Montefeltro in cui è noto per la lavorazione della lana, mentre Urbania, S. Angelo in Vado e Mercatello per la produzione di jeans) e nella lavorazione ceramica (aree del Montefeltro e del Metauro). L’asse portante dello sviluppo economico della Provincia è rappresentato dal distretto del mobile, che è anche uno dei principali in Italia (insieme a quello della Brianza e del Veneto). Le aziende che lo costituiscono sono 1380, ma, considerando anche gli altri componenti della filiera, si arriva alla cifra di oltre 2000, con più di 10000 addetti 11 . Il 30% circa della produzione si concentra proprio nel comune di Pesaro, per il quale una lettura dei dati Istat relativa all’intero comparto dell’industria manifatturiera mette in evidenza una crescita costante delle imprese e degli addetti:

NUMERO DELLE IMPRESE E DEGLI ADDETTI ALLA PRODUZIONE NEL COMUNE DI PESARO (dati assoluti) 1971 1981 1991 IMPRESE 3699 5226 5640 ADDETTI 24488 38513 41238 Istat, Dati sulle caratteristiche delle imprese e unità locali della produzione . Censimenti 1971, 1981, 1991

10 Tale distrettualizzazione è stata individuata in riferimento al D.M. 21 aprile 1993, che si basa sul riconoscimento dei Sistemi Locali del Lavoro effettuato dall’Istat con i dati del censimento del 1981 (cfr. Angelini R., Distretti e poli industriali. Schede . Astac 1997. 11 Cfr. Consorzio A.A.S.TER, Rapporto sui principali distretti italiani , Milano 2000. 23

NUMERO DELLE IMPRESE E DEGLI ADDETTI ALLA PRODUZIONE NEL COMUNE DI PESARO (dati percentuali) 1971 1981 1991 IMPRESE 22,0 23,0 21,5 ADDETTI 43,9 46,4 44,5 Nostra elaborazione su dati Istat, maggio 2003

Come pure è superiore il dato relativo alla densità imprenditoriale: nell’area esistono 9,4 unità locali ogni 100 abitanti (nell’intera Provincia 9,3; nelle Marche 8,8; in Italia 6,8). 12

Ma al rapido sviluppo produttivo non ha fatto seguito un adeguato ammodernamento della rete infrastrutturale, che rappresenta un freno capace di incidere negativamente sulla produttività delle aree-sistema. Il telaio infrastrutturale della Provincia è costituito da una serie di collegamenti in prevalenza trasversali. Si tratta di strade statali e provinciali che, per la particolare conformazione orografica del territorio, si sviluppano seguendo l’andamento delle valli fluviali: esse sono la SS 258 Marecchiese, da S. Sepolcro a Rimini, che collega il Montefeltro con l’Adriatico, la SS Urbinate, la SS Apecchiese (Città di Castello-Acqualagna), la S.G.C. Fano-Grosseto , la SP Montelabbatese, la Flaminia .

Ad unire longitudinalmente questi tracciati e a connetterli con il circuito nazionale sono il fascio infrastrutturale lungo la costa, in direzione nord-sud (autostrada A14 , ferrovia, SS 16 Adriatica ) e, verso l’interno, le due dorsali centrali nel versante umbro, rappresentate dall’autostrada A1 Roma-Firenze e dalla E45 Orte-Ravenna, che in parte alleggeriscono dal carico viabilistico la fascia adriatica (vd. fig. 4).

12 Istat, Censimento delle unità locali e delle imprese , 1996. 24

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Bisogna, però, notare come questo territorio possa svolgere, per la posizione che occupa, un importante ruolo di cerniera tra le regioni contermini dell’Emilia Romagna, della Toscana, dell’Umbria e del Lazio, ma anche agganciare i grossi flussi nazionali ed internazionali. Tra gli elementi trasversali sopra citati l’unico che, una volta completato, potrebbe rivestire la funzione di collegamento con il versante tirrenico è rappresentato dalla E78 Fano-Grosseto, inserita, in base alla L.922/80, tra gli itinerari internazionali. Lo sviluppo viario coincide, o quantomeno costituisce variante, di alcune strade statali esistenti: la sua giacitura coincide, infatti, con la SS 73 bis di Bocca Trabaria sino a Urbania, dove si innesta su una strada provinciale che viene percorsa sino al bivio con la SS73 bis da Urbino per congiungersi, infine, con la SP 3 Flaminia. Questa antica strada consolare, declassata a provinciale, non costituisce più un rapido collegamento Roma-Fano come in origine; la E78 rimane, quindi, l’unica arteria della Provincia verso il Tirreno ed una delle poche della Regione, insieme alla SS 76 nella Vallesina, alla SS 77 nella valle del Chienti e alla SS 4 Salaria nella valle del Tronto.

Il Corridoio Adriatico potrebbe costituire un’altra opportunità, sempre che non venga visto solo come “progetto di infrastrutture”, ma di territorio, con innervamenti che siano di contatto con le realtà locali. L’ipotesi recentemente avanzata di un suo arretramento rispetto alla linea di costa avalla ulteriormente la tesi della promozione ed integrazione delle realtà interne, e potrebbe fungere da medium anche per il sistema naturalistico- ambientale e da traino per un turismo orientato in tal senso.

DINAMICHE DEMOGRAFICHE, SOCIO-ECONOMICHE ED ABITATIVE A SCALA REGIONALE

L’esclusione di questa area da fenomeni di sviluppo è suffragata da un’analisi che si è effettuata, in grado di rendere efficacemente il grado di sviluppo o di marginalità della zona in esame. Tale analisi propone l’aggiornamento di un’indagine statistica compiuta nel 1989 dal Cnr per il

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Progetto Ipra. 13 Il metodo seguito si basa sull’uso di una serie di indicatori socio-economici raccolti per ogni Comune appartenente alla Comunità Montana e sintetizzati con dei valori raffrontabili a livello di “area problema”. La ricerca Cnr costruisce i propri indicatori a partire dai dati Istat 1981 (vd. tab. 1) ; di seguito si propone invece l’aggiornamento con i dati 1991 (vd. tab.2). Dalla comparazione dei dati contenuti nella tabella n° 2 con quelli costruiti su dati del 1981, risulta che le dinamiche demografiche intercensuarie mostrano come le aree dell’interno stiano subendo dei cali significativi della popolazione. Il confronto tra la popolazione residente nel 1981 e nel 1991 fa emergere variazioni negative per tutta l’area della Comunità Montana in esame, con la situazione critica di Cantiano che perde il 16,7% della popolazione. Nonostante questo dato la popolazione residua tende comunque ad accentrarsi nei nuclei urbani di Cantiano e Chiaserna, abbandonando la condizione insediativa dispersa. Anche l’indice di vecchiaia, che è dato dal rapporto tra popolazione con età >65 anni e quella con età <14 anni, registra dei valori molto alti in queste aree: a Serra S.Abbondio e Cantiano tale indice è addirittura superiore al 200% ed evidenzia anche una dipendenza alta e, per contro, un indice di ricambio tra le suddette fasce di età molto basso. Cantiano, in particolare, si riconferma il comune più arretrato, ma il suo livello di marginalità è ulteriormente peggiorato, soprattutto perché perde in densità abitativa (vd. fig. 5). Altro indicatore molto importante è quello degli addetti in attività extragricole sul numero complessivo di occupati, in quanto evidenzia i comuni che attraggono addetti da quelli che invece li forniscono. Il comune di Montelabbate, con un valore di 257,7% risulta essere quello che maggiormente attrae forza lavoro dall’esterno, e ciò è indicativo di come ormai tutta l’area della media e bassa Valle del abbia ormai assunto una connotazione fortemente produttiva e distrettuale. Allarmante è, al contrario, la dipendenza che marca alcuni comuni dell’entroterra

13 I risultati di tale ricerca sono stati pubblicati in: Cassano C., Pennacchi F., Sistemi agricoli marginali . CNR – Progetto finalizzato IPRA (Incremento della Produttività delle Risorse Agricole). Perugia 1989 27

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appenninico come Cagli (73,4%), Cantiano (67,6%), Serra S. Abbondio (66,7%), (vd. fig. 6).

Un ulteriore zoom sulla realtà comunale di Cantiano, compiuto sulla base dei dati relativi alle dinamiche demografiche forniti dall’Istat, evidenzia, oltre al dimezzamento dei residenti nel periodo che va dal 1961 al 1991, anche il corrispondente dimezzamento dei presenti (da 4011 a 2698) con una rarefazione della densità abitativa che passa da 48,7 ab./kmq a 33. Cala di poco il numero complessivo delle famiglie, mentre a diminuire sensibilmente è il numero medio dei componenti che si allinea con i valori nazionali di circa 2,6 (vd. tab. 3). La popolazione invecchia con un ritmo sostenuto tanto che l’indice di vecchiaia dal 1961 al 1991 subisce una variazione percentuale del 80% e quello di dipendenza (ottenuto dal rapporto tra l’insieme dei minori di 14 anni e dei maggiori di 65 ed il resto della popolazione) del 30% (vd. tab. 4). Si assiste ad un abbandono della condizione abitativa dispersa a favore del centro abitato, dove nel 1991 si accentra il 73% della popolazione residente. Il numero delle abitazioni occupate rimane sostanzialmente invariato, mentre cresce il numero di quelle non occupate (vd. tab. 5). L’epoca di costruzione dei fabbricati rileva che la maggiore consistenza edilizia si è avuta nel periodo dopo gli anni ’60 ed in particolare tra gli anni ’60 ed ’80. Attualmente si assiste ad un ritorno della popolazione nei centri abitati piuttosto che in condizioni di dispersione (vd. tab. 6). Un dato interessante riguarda la popolazione attiva che scende, forse a causa del processo di invecchiamento dei residenti rimasti, con una distribuzione nei diversi settori che nel trentennio in esame varia, depauperando l’agricoltura a vantaggio delle attività manifatturiere, ma soprattutto dei servizi e dell’impiego nella pubblica amministrazione (vd. tab. 7). Un indagine sulla trasformazione del settore agricolo dimostra la contrazione del numero delle aziende (soprattutto di quelle con allevamenti) e della loro superficie e la riduzione della S.A.U. o superficie agricola utilizzata (vd. tabb. 8 e 9).

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LA PROVINCIA DI PESARO-URBINO: I SISTEMI INSEDIATIVI, PRODUTTIVI, INFRASTRUTTURALI

Dalla lettura della cartografia relativa alla provincia di Pesaro-Urbino, ed in particolare dalle mappe riguardanti la morfologia del costruito, l’orografia e le reti di infrastrutture della mobilità (vd. fig. 7) , si evince che in tale Area vasta sono riconoscibili almeno sette sistemi insediativi:

1 il sistema Gabicce-Pesaro-Fano-Marotta , lineare-costiero, la cui urbanizzazione tende a saldarsi fino a formare una sorta di ininterrotta città lineare e a determinare l’ipertrofia insediativa della costa rispetto all’interno. Tale fenomeno è favorito dalla conformazione pianeggiante della costa marchigiana e dalla presenza di un consistente fascio infrastrutturale (ferrovia, autostrada A14, strada statale 16 Adriatica), che costituisce il principale collegamento nord-sud della Regione. La caratterizzazione di questi insediamenti è prevalentemente residenziale e turistico-balneare; 2 i sub-sistemi Pesaro-Urbania e Fano-Fossombrone . Si tratta in realtà di due sub-sistemi di un sistema più ampio, che si potrebbe definire lineare-produttivo delle valli parallele tra loro le quali costituiscono i cosiddetti denti del pettine costiero-vallivo. Essi sono percorsi dalle aste fluviali che dalla catena appenninica si muovono in direzione est verso l’Adriatico. La spina infrastrutturale delle strade e delle ferrovie che penetrano all’interno delle valli ha funzionato come “attrattore” per l’urbanizzazione e per una serie di grandi funzioni, ma soprattutto per gli insediamenti produttivi che, seguendo logiche di razionalità minimale, si sono localizzati sfruttando il capitale fisso sociale già esistente. L’insediamento più consistente è situato lungo la valle del Foglia da Pesaro a Urbania, passando da Montelabbate-S.Angelo in Lizzola-Colbordolo. L’altro, più a sud, si svolge lungo la valle del Metauro ed è il subsistema di Fano-Serrungarina-Fossombrone; 3 il sistema Fano-Fossombrone-S.Angelo in Vado , lineare-residenziale. Si tratta di una direttrice molto forte fino a Fossombrone, punto in cui

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subisce una diramazione: si biforca in un tratto nord che prosegue, per l’appunto, fino a S. Angelo in Vado, ed in uno sud, molto più debole e meno visibile, fino a Cagli; 4 il sistema del Montefeltro , strutturato da una direttrice proveniente dalla Valmarecchia, quindi enclave intercomunale (tra Pesaro e Rimini) che non ha matrice regionale, in quanto sistema atipico rispetto alla classica alternanza di valli e crinali delle Marche; 5 il sistema del Catria , appendice sud della provincia, in cui è ubicato Cantiano. Anch’esso è un sistema che si potrebbe definire atipico, poiché si affaccia come un cuneo tra i sistemi umbro, pesarese ed anconetano. Così come il sistema del Montefeltro anche quello del Catria presenta delle notevoli potenzialità ambientali e, per contro, da questo punto di vista è gravato da molti vincoli. A tal proposito risulta facile prevedere come questi sistemi rimarranno tagliati fuori dalle logiche di sviluppo produttivo che, invece, investono le valli; essi potranno, tuttavia, investire sulle proprie risorse ambientali da valorizzare e promuovere con politiche mirate; 6 il sistema dell’ area del Torrente Apsa e dell’ area del Fiume Cinisco , che sono delle vaste aree nella fascia “mediana” della provincia, caratterizzate dalla mancanza di polarità insediative. Una di esse si trova ad ovest di Urbino ed è compresa tra la direttrice che proviene da Pesaro e quella che da Fano procede fino a S. Angelo in Vado, mentre l’altra, più a sud, è delimitata dalla direttrice Fossombrone- Acqualagna e dai comuni di Cagli e Pergola. La morfologia del costruito in queste aree mostra solo edificazione sparsa e ciò è giustificato anche dalla mancanza di infrastrutture viarie attorno alle quali possa addensarsi una qualche polarità; 7 l’ultimo sistema riconosciuto, infine, è quello dell’Appennino , caratterizzato dalla scarsa antropizzazione e, di conseguenza, da rarefazione insediativa.

Il riconoscimento di tali sistemi mostra come spesso le scelte di posizionamento di infrastrutture strategiche seguano delle linee già ben evidenti e presenti nel territorio. E’ il caso della Fano-Grosseto, il cui

39 tracciato di fatto ratifica una tendenza allo sviluppo già esistente lungo la direttrice Fano-Fossombrone-S.Angelo in Vado: questa traiettoria è, infatti, densamente urbanizzata ed attrezzata con servizi e reti tecnologiche.

L’ESCLUSIONE DI CANTIANO DA DIRETTRICI DI SVILUPPO

La marginalità di Cantiano è dovuta in parte anche alla difficile accessibilità a livello regionale ed interregionale. La struttura fisiografica conferma la conformazione a pettine tipica del modello marchigiano anche nella valle del Metauro da Fano a Fossombrone (vd. fig. 8) , nei pressi del quale il Massiccio del Furlo costituisce un ostacolo naturale che biforca la direttrice di sviluppo proveniente da Fano in due rami: uno forte verso S. Angelo e Grosseto, l’altro debole verso Cantiano e Gubbio. Nel delinearne il tracciato, è stata accordata preferenza alla prima delle due direttrici, sancendo, così, di fatto l’esclusione di Cantiano da ogni futura strategia di sviluppo nell’ambito dei distretti produttivi, che, peraltro, gli sarebbe comunque precluso per mancanza di aree e di collegamenti viari efficienti con l’Umbria, la Toscana e il Lazio. Tale scelta ha riconosciuto le dinamiche in atto: dalla carta di PTC in cui si rappresenta la qualità biologica dei fiumi emerge l’indicazione di un tratto inquinato (Fano-S.Angelo) e ciò è imputabile ad un maggior carico insediativo e, conseguentemente, ad un maggior carico di attività (anche questo è documentato dalla matrice insediativa di Piano).

LE IMMAGINI DEL TERRITORIO REGIONALE DAL DOPOGUERRA AD OGGI

Un contributo importante nella redazione di un quadro conoscitivo delle dinamiche di sviluppo regionale è rappresentato dalla rassegna “storica” degli studi e dei piani che hanno interessato il territorio marchigiano. Tali strumenti si dividono in due grandi categorie: quelli che appartengono ad una pianificazione a vasta scala e quelli propri della pianificazione

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41 funzionale o di settore. Entrambe le categorie, però, si basano su una lettura del territorio quasi esclusivamente distrettuale.

Il PTC delle Marche redatto dal Provveditorato alle OO.PP. nel 1953 contiene una proposta di articolazione del territorio regionale in comprensori urbanistici, ovvero “territori intercomunali dimensionati per le convergenze a largo raggio, in relazione alle multiple esigenze diuturne per la vita delle comunità e suscettibili, entro i propri limiti, di raggiungere un adeguato equilibrio economico-sociale”. 14 L’esperienza del PTC confluirà in parte nel “Rapporto sullo stato dell’urbanizzazione in Italia negli anni ‘80”, una ricerca condotta a livello nazionale e coordinata dal Prof. G. Astengo. Da questo studio, che si proponeva di costruire un quadro comparativo delle trasformazioni fisiche intervenute dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Ottanta, emerge che in questo lasso temporale il consumo di suolo nelle Marche si è triplicato, incidendo pesantemente sulle aree costiere e quelle di fondovalle. Ciò determina la sottrazione all’uso agricolo di zone tradizionalmente vocate a questo utilizzo e la progressiva anemizzazione antropica degli ambiti montani.

Nel 1996 vengono pubblicati i risultati della ricerca Itaten 15 promossa dal Dicoter del Ministero dei LL.PP. per sollecitare riflessioni sulle trasformazioni degli assetti insediativi. E’ uno dei più importanti tentativi di restituire un’immagine complessiva a livello nazionale delle strutture insediative e delle loro trasformazioni che vengono a comporre un atlante delle rappresentazioni (vd. fig. 9) . Ne emerge un’immagine attenta a rendere conto delle varie identità locali e delle loro prospettive di sviluppo, delle diverse morfologie fisiche e sociali e delle relative sedimentazioni storiche. Si introduce qui la nozione di “ambiente insediativo locale” 16 che

14 M. Pallottini, G. Tardella , Le aree comprensoriali nel PTC delle Marche . 1962 15 A. Clementi, G. Dematteis, P.C. Palermo (a cura di), Le forme del territorio italiano . Laterza, Bari 1996. 16 La definizione adottata dalla ricerca Itaten è “ Una struttura che evolve nel tempo e nello spazio, assumendo confini mutevoli e sfumati, e che si configura come nucleo identitario aperto a differenti percorsi evolutivi, determinati dalle condizioni di contesto e dalle 42

strategie dei soggetti locali e sovralocali ” (dal Bilancio sintetico del primo anno di ricerca , presentato al Convegno del Ministero dei LL.PP., Roma 7 settembre 1995). 43 consiste in una rete dinamica di relazioni tra quadri ambientali (che rinviano all’insieme delle strutture di lunga durata), matrici storiche territoriali, forme sociali e dell’urbanizzazione. La ricerca è impostata secondo questo percorso: “dalla ricognizione preliminare delle tendenze generali dei processi di urbanizzazione in Italia […] verso una descrizione interpretativa delle trame insediative e delle formazioni sociali a una scala infraregionale, con particolari approfondimenti per un certo numero di ambiti di plausibile interesse […]; per tendere , infine, alla formulazione di un nuovo quadro problematico d’insieme, secondo un’interpretazione delle molteplici ‘stanze’ del territorio italiano come ‘ambienti insediativi’ emergenti ”17 . Lo studio indaga la creazione di nuovi paesaggi rapportando gli ambienti insediativi alla frequenza di alcune figure e fatti urbani, intesi nell’accezione che ne danno Stefano Boeri, Arturo Lanzani e Edoardo Marini 18 , cioè di confronto tra fenomeni fisici e pratiche d’uso. Sono proprio quest’ultime ad offrire una visione coerente dei processi di mutamento che investono il territorio in maniera discontinua e scomposta. Ma il territorio non viene restituito solamente dal riconoscimento delle varie figure o delle “tessere del mosaico”, poiché esso ha piuttosto la “mobilità imprevedibile del caleidoscopio”, di uno spazio in cui le reti di interazione sociale, economica, culturale che lo attraversano travalicano i confini locali per agganciarsi a contesti e circuiti globali. Queste metafore, utilizzate da Giuseppe Dematteis in uno dei saggi introduttivi all’opera, suggeriscono l’influenza che nella creazione del saggio ha avuto la stagione di studi sul concetto di rete , inaugurata, a dire il vero, proprio dallo stesso Dematteis. Un limite che deriva dalla lettura del territorio in base alla categoria interpretativa degli ambienti insediativi locali è che essi vengono costruiti privilegiando i quadri ambientali e la geologia dell’area: la rappresentazione si risolve in una cartografia che perimetra tali ambienti in modo alquanto schematico, senza rendere la complessità delle relazioni territoriali.

17 P.C. Palermo, Interpretazione di forme in A. Clementi, G. Dematteis, P.C. Palermo (a cura di), Le forme del territorio italiano, op. cit., pag.212. 18 S. Boeri, A. Lanzani, E. Marini, Il territorio che cambia . Segesta, Milano 1996. 44

Ma uno dei primi riferimenti importanti per l’interpretazione dei caratteri strutturali della Regione è la “Ricerca sull’assetto territoriale delle Marche” elaborata dall’Issem nel 1967. Anch’essa, come il Progetto ’80, presenta delle similitudini con il PTC del 1953, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione di coalescenze sovracomunali, sistematizzate in una griglia costituita da “fasce” e “settori”. Tali ripartizioni mirano a promuovere uno sviluppo verso l’interno della Regione, la cui spinta propulsiva è costituita dai nodi della griglia stessa.

Le immagini del territorio regionale che oggi vengono proposte insistono molto sulla riconoscibilità dei flussi, nonché sulla struttura morfologica e su quella produttiva. Due di esse, in particolare, ne propongono una lettura per uno sviluppo in chiave sovraregionale: la prima è elaborata da G. De Rita 19 per la Fondazione Merloni nel 1988 (vd. fig. 10) e suggerisce di privilegiare i rapporti con l’Umbria attraverso un riordino delle infrastrutture trasversali (collegamento con la E7, raddoppio Falconara-Orte). L’altra immagine è proposta nel 1993 dalla Fondazione Agnelli 20 (vd. fig. 12) e predilige piuttosto un’eventuale saldatura con l’Abruzzo, verso il quale è già in atto uno scivolamento delle attività produttive. Ciò, inoltre, potrebbe rilanciare le relazioni con l’area balcanica e il Medio-Oriente, mentre le Marche, carenti di infrastrutture, potrebbero agganciare quelle abruzzesi per ricollegarsi anch’esse al Tirreno. Il primo scenario proposto si fonda sulle identità tradizionali, sulla contiguità degli ambienti insediativi delle aree interne, sulla vitalità di alcuni sistemi infraregionali; il secondo si basa, invece, sulla nuova identità delle regioni adriatiche, che scorre sulla direttrice costiera. Sarebbe auspicabile riuscire ad intersecare le due proposte, raggiungendo un equilibrio tra apertura macroregionale e chiusura dei singoli ambienti insediativi. Sarebbe altresì opportuno considerare in queste immagini anche l’occasione offerta dal passaggio del Corridoio Adriatico, non solo ed esclusivamente le “trasversalità”.

19 G. De Rita, Lo sviluppo umbro-marchigiano verso gli anni ‘90 , in “Economia Marche” n°1/1988, pagg. 85-100. 20 Fondazione G. Agnelli, Nuove regioni e riforma dello Stato , in “XXI Secolo” n°1/1993, pagg. 1-20. 45

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Ma una critica da muovere sia alla lettura elaborata da De Rita che a quella della Fondazione Agnelli è che entrambe muovono più da motivazioni produttive che non da immagini territoriali. La prima, infatti, prospetta uno scenario congiunto per le Marche e l’Umbria, volto a replicare, mediante sinergie opportunamente concertate, il successo imprenditoriale delle economie periferiche che, fino agli anni ’80, era fiorito sullo spontaneismo (vd. fig. 11) . La seconda suggerisce una prospettiva neo-regionalista o federalista come criterio di razionalità economica che, accorpando regioni che da sole non riescono a raggiungere adeguate economie di scala, centri l’obiettivo dell’autosufficienza finanziaria.

Ma è possibile effettuare anche un’altra lettura della regione, tripartendo il territorio in fasce dalla costa verso gli Appennini e assumendo come parametro interpretativo la densità abitativa:

1 la fascia costiera rappresenta l’area maggiormente urbanizzata, in cui sono situate le grandi polarità dei centri costieri ed il tessuto residenziale tende a fondersi in un continuum urbano. La concentrazione non è solo abitativa, ma anche di attività terziarie, di servizi in senso lato (commerciali, turistici…); 2 la fascia mediana interseca alcune direttrici forti dal punto di vista produttivo, le quali seguono l’andamento est-ovest delle valli fluviali. Lo sprawl urbano è meno accentuato rispetto a quello presente sulla costa e ciò è dovuto principalmente a ragioni di carattere orografico. Per lo stesso motivo l’urbanizzazione non si dispone secondo modalità di concentrazione, bensì in modo lineare, attestandosi lungo gli assi infrastrutturali di penetrazione all’interno delle valli; 3 l’ultima fascia, la più interna, è quella appenninica, contraddistinta da una evidente rarefazione insediativa: sono rintracciabili solo pochi centri urbani di piccole dimensioni.

Una lettura del territorio regionale è stata effettuata anche da Antonio Calafati, studioso dello sviluppo locale marchigiano, che ha coniato

49 l’espressione di “municipalità virtuali” 21 per designare quei contesti urbani (centroidi) che hanno un’influenza anche oltre i loro confini amministrativi. Si tratta solitamente di nuovi nodi della rete territoriale, formati per coalescenza di comuni contigui. In questi sistemi si è progressivamente concentrata la maggior parte della produzione e del consumo; essi hanno bisogno di riconoscersi in un centro che abbia un valore sociale ancora più che economico. Ecco, quindi, che all’interno di tali sistemi il singolo nodo avrà tanto più peso quanto più saprà divenire luogo dello scambio di beni e servizi, luogo delle funzioni relazionali e sociali: per raggiungere tale obiettivo dovrà investire molto sul terziario e sulla produzione di servizi a tutti i livelli. Sono chiamati municipalità virtuali, perché manca loro un vero ambito di regolazione centrale: le politiche pubbliche sono, infatti, condotte autonomamente dalle singole realtà urbane che compongono la municipalità. Il sistema nel suo complesso ha, comunque, dei propri meccanismi di autoregolazione: la collettività agisce facendo riferimento al sistema e non al territorio comunale. Per individuare questi nuovi sistemi è necessario ricorrere ad una ricerca sul campo, con cui intercettare in particolar modo i flussi e le densità relazionali che si vengono a formare. Calafati afferma, a tal proposito, che “Le informazioni sulla organizzazione spaziale del capitale fisso pubblico e privato sembrano in effetti permettere –insieme alle informazioni sulla configurazione spaziale dei flussi- di identificare i nuovi sistemi urbani delle Marche. In queste nuove città –alcune ancora in nuce, altre stabilmente definite nella loro organizzazione territoriale- si è progressivamente concentrata la maggior parte della produzione e del consumo” 22 . Le municipalità virtuali sono l’esito di nuove coalescenze o densità, che non corrispondono più alla scala del comune, né ai sistemi locali del lavoro, bensì a inedite domande di centralità.

21 A. Calafati, Municipalità virtuali , in “Le cento città” n°10/1997. 22 A. Calafati, Le nuove città delle Marche: coalescenza territoriale e identità urbana . Ricerca condotta presso il Dip. di Economia dell’Università di Ancona 2001. 50

LA CRISI DEL MODELLO DISTRETTUALE

L’intensità e la velocità delle trasformazioni intervenute nelle regioni NEC, le propone come esempio, le abilita a modello. Il modello del distretto produttivo e dello sviluppo periferico. Da qualche anno, però, questo sviluppo accusa dei rallentamenti ed il modello comincia a mostrare segni di crisi rispetto ad alcuni aspetti fondamentali, quali la mobilità, l’ambiente, l’interculturalità, la qualità della vita. Economicamente si ragiona solo in termini di flussi (di merci, di servizi, di informazioni…), ma non ci si interroga sulla sostenibilità degli stessi, né sugli impatti che producono. Il modello mostra tutte le criticità di un sistema normato, ma non pianificato. I primi insediamenti produttivi negli anni ’60 sono stati, infatti, consentiti dai comuni come “industrie nocive in aree agricole”; chi possedeva un’abitazione in campagna con dei rustici per la conduzione del fondo, inoltre, poteva trasformarli in capannoni artigianali per l’integrazione del reddito agrario. Di lì si è assistito ad un progressivo, eccessivo consumo di suolo: capannoni costruiti anche solo come investimento edilizio, ma anche villette, e poi centri commerciali e cinema. Cominciano a farsi sentire i costi dell’urbanizzazione, di una crescita in cui ognuno ha cercato di sfruttare il capitale fisso sociale già costituito, senza prevedere quanto il suo intervento avrebbe inciso su un sistema già congestionato e inquinato, senza avvertire la necessità di aggregarsi con le costruzioni vicine. Cominciano a rivelarsi anche i danni ambientali: dissesti e minor permeabilità dei suoli, inquinamento di aria e corsi d’acqua ridotti a collettori di scarichi industriali. Si aggravano i costi sociali per le comunità locali: il problema risiede nel fatto che oggi ha sempre meno valore la tradizione delle competenze locali che, fino a poco tempo fa invece, costituiva il plus della produzione delle piccole e medie imprese distrettuali: non esiste più, cioè, la territorializzazione del prodotto, poiché le aziende delocalizzano la produzione all’estero. Bisognerebbe sottolineare che l’imprenditore che ricorre a tale escamotage è di solito a capo di strutture produttive obsolete, ragion per cui cerca di aumentare il margine di guadagno col minor costo

51 della manodopera. Ma fino a quando il risparmio che deriva dal non aumentare le condizioni di sicurezza sul lavoro, dal non adeguare gli impianti alle norme antinquinamento, dal non occuparsi del trattamento degli scarti di produzione, sarà ancora da considerare guadagno immediato e non piuttosto mancato investimento? Il valore aggiunto viene, infatti, dato dalla qualità ambientale e dalla valorizzazione delle risorse ambientali.

Altro fattore che rischia di mettere in crisi il sistema urbano e produttivo della città contemporanea è la mobilità. Oggi sembra non avere più valore la metafora idraulica con cui in epoca moderna essa è stata concettualizzata: l’armatura infrastrutturale a disposizione non è più sufficiente a sopportare carichi di traffico sempre più elevati. Il capitale fisso su cui si è appoggiato anche lo sviluppo produttivo dei distretti consta di una fittissima maglia viaria, destinata in origine a supportare un’economia prevalentemente agricola. Essa nel tempo è stata aggiustata con piccole modificazioni incrementali, che non si sono, però, rivelate adeguate a sostenere l’intero carico del traffico produttivo. Le carenze strutturali si palesano in modo evidente nelle Marche, ove risentono anche del vincolo fisiografico: il fascio infrastrutturale cospicuo si trova, infatti, sulla costa, cioè nell’unico tratto pianeggiante in direzione nord-sud, mentre quello che dagli Appennini muove verso la costa sovraccarica ancora struttura destinate al trasporto urbano. Tali carenze influiscono negativamente sulla logistica delle attività industriali e quindi sulla produttività ed aumentano esponenzialmente il rischio di incidenti e lesioni. Le aziende che gravitano sui sistemi vallivi interni sono costrette a ricorrere a “shuttle” di loro proprietà, appositamente predisposti per lo scambio della merce con fornitori e clienti alle uscite dei caselli autostradali, con gravi diseconomie per le aziende stesse. E’, quindi, comprensibile la richiesta avanzata dalle Assindustrie marchigiane per un ammodernamento della rete viaria e per la creazione di interporti e piattaforme logistiche. Molto dipende dalla capacità di risposta degli Enti preposti e dalle politiche che intenderanno perseguire, anche rispetto a progetti già in atto, come

52 quello del Corridoio Adriatico. La Regione sarà in grado di agganciare questa opportunità e di rilanciare, grazie ad essa, l’economia locale a circuiti europei? O si limiterà a far attraversare il suo territorio?

GLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA

L’elaborazione di un piano regolatore comunale non può esimersi dal confronto con gli strumenti di pianificazione sovraordinata, dei quali deve recepire le direttive e le prescrizioni.

La prima cornice di riferimento è costituita dal PPAR (Piano Paesistico Ambientale Regionale), approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n°197/1989. Viene definito dalla L.R. 34/92 23 come “la carta fondamentale delle forme di tutela, valorizzazione ed uso del territorio marchigiano”. Esso è dunque uno strumento d’area vasta a valenza ambientale, che si suddivide in Sottosistemi Territoriali e Sottosistemi Tematici (geologico-geomorfologico, botanico-vegetazionale, storico- culturale), a loro volta articolati in Categorie Costitutive del Paesaggio (vd. fig . 13). La Regione Marche ha elaborato questo piano in adempimento ai disposti della legge 431/1985 24 , detta Galasso, con tempi molto celeri rispetto al resto delle Regioni italiane: gli va quindi riconosciuto il pregio d’aver inaugurato una nuova stagione della pianificazione territoriale e di interessare l’insieme del territorio e non solo aree di particolare pregio ambientale, ma permangono comunque dei limiti imputabili al fatto che è un piano ancora settoriale e non proattivo e che manca di raccordarsi con la pianificazione territoriale. La scala cui opera il PPAR è molto vasta e, di conseguenza, non definisce in maniera puntuale i caratteri complessi del territorio, demandando ai singoli Comuni il compito di effettuare il passaggio dal vincolo al piano.

23 Legge Regionale 5 agosto 1992 n°34, concernente “Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio ”. 24 Tale legge reca il nome “Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale”. 53

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La vaghezza degli indirizzi proposti dal PPAR si manifesta spesso nella rigidità di alcuni vincoli rispetto alle attese di piccole trasformazioni urbanistiche del territorio: ciò è particolarmente evidente nei Comuni di montagna, in cui la pesantezza vincolistica spesso ostacola le opportunità di sviluppo e valorizzazione locali. A ciò ovviano alcune misure legislative che propongono l’erogazione di risorse finanziarie per la valorizzazione delle “aree sensibili”. La L.R. 35/97 25 incentiva la residenza nei Comuni montani ed il trasferimento di attività economiche e produttive negli stessi, affiancando in tal modo alla tutela passiva anche qualche forma di presidio antropico nelle aree salvaguardate.

Altri strumenti sovraordinati sono rappresentati dal PIT (Piano d’Inquadramento Territoriale, approvato con del. C.R. n°295/2000), che ha valenza regionale, e dal PTC (Piano Territoriale di Coordinamento, approvato con del. C.P. n°109/2000), che detta norma in ambito provinciale. La strategia di pianificazione del primo risulta più orientata all’azione che al vincolo e persegue le finalità dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, e cioè la coesione economica e sociale e lo sviluppo sostenibile. La proposta di tale piano non si pone come disegno vincolante, ma come visione guida (vd. fig. 14) e, pertanto, contiene solamente degli orientamenti per sviluppare le identità locali, per migliorare la qualità ambientale e l’efficienza funzionale del territorio. La filosofia del PIT è quella della cosiddetta Progettazione Integrata, del cui processo i tavoli di concertazione costituiscono la struttura centrale, ovvero il momento in cui si confrontano le forze sociali, culturali e politiche per far convergere gli interessi verso obiettivi comuni, per verificare i risultati raggiunti e per impostarne di successivi. Il punto debole di questo processo è, però, rappresentato dal fatto che è forte il rischio che l’Ente sovraordinato rinunci al proprio ruolo di cogenza pianificatoria per demandare scelte e disegni di trasformazione agli altri partners ed attori. Viene, in tal caso, a mancare una visione del modello di sviluppo.

25 L.R. 35 del 20 giugno 1997, “ Provvedimenti per lo sviluppo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio montano e modifiche della L.R. 16 gennaio 1995, n°12 ”, pubblicata nel BUR n°39 del 27/06/97. 56

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E’ quanto accade al PIT della Regione Marche, che per quanto riguarda il sistema ambientale, ad esempio, considera come criticità gli squilibri territoriali tra aree costiere ed interne, e promuove, dunque, progetti integrati quali il Progetto APE (Appennino Parco d’Europa). Cantiano in particolare viene inserito tra i Comuni con territorio totalmente compreso tra gli ambienti a vocazione naturalistica , per i quali si prevede genericamente “l’incentivazione dell’economia vocazionale, soprattutto dell’agricoltura specializzata e dell’agriturismo, il potenziamento dei servizi per il turismo ambientale e culturale e il miglioramento dell’accessibilità fisica con infrastrutture viarie leggere e eco-compatibili ”26 , banalizzando così aspetti importanti delle politiche per le zone montane. E’ interessante notare come a tal proposito si esprima con maggiore incisività la già citata L.R. 35/97 che all’art 15, capo IV dà facoltà alle Comunità Montane di concedere contributi a chi intenda trasferire la propria attività economica, unitamente alla residenza abituale se quest’ultima già non lo fosse, da Comuni non montani a quelli montani con meno di 5000 abitanti. Per la mobilità la logica seguita è più di “progetto di infrastrutture” che non di costruzione di politiche per il territorio. La pianificazione delle infrastrutture viene, cioè, affrontata con una disposizione settoriale, per cui un asse viario è solo un collegamento e non anche l’occasione per mettere in rete dei plus che possano fungere da attrattiva territoriale. I temi d’approfondimento individuati dal PIT sono, infatti, il Grande Corridoio ambientale dell’Appennino centrale e la direttrice Fano-Grosseto E-78 Due Mari. Come ambiti d’intervento esso indica i corridoi vallivi del Metauro, dell’Esino, del Chienti e del Tronto. Per il primo di tali corridoi i contesti di riferimento sono: Fano-Fossombrone, Urbino-Acqualagna, Urbania-, per i quali si propone il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico e la valorizzazione dei tracciati storici come quello della Flaminia, da recuperare anche in previsione di un rilancio turistico del suo itinerario. Anche qui, però, la pianificazione rimane con un carattere molto settoriale: la programmazione per settori tra loro non comunicanti nel caso della

26 Regione Marche, Visioni Guida 5: Strategie Territoriali , in “ Piano d’Inquadramento Territoriale” . BUR 7/99 58

Flaminia, ad esempio, non mostra il possibile collegamento tra la valorizzazione della stessa e lo sviluppo dei sistemi-naturalistici dell’interno. Non fa eccezione la politica per i distretti produttivi, per i quali non emerge ancora una posizione critica, dato che si assume che ogni ambiente locale abbia una peculiare vocazione che deve essere assecondata. “ Il PIT assume inoltre che ogni ambiente locale debba sviluppare le proprie specificità e i cammini di sviluppo che gli sono congeniali, contando sulle proprie risorse endogene e sul principio di sussidiarietà ”. 27

L’articolazione del PTC della Provincia di Pesaro-Urbino si adatta alla traccia del PIT e manca anch’esso della concezione di un modello di sviluppo. Segue la ripartizione operata tra i diversi sistemi: socio- economico, ambientale ed insediativo-infrastrutturale (vd. fig. 15) . Ognuno di essi viene esaminato e analizzato nei suoi tematismi e per ognuno vengono proposti degli indirizzi programmatici, che lasciano, però, piena autonomia decisionale ai Comuni. Il PTC, come il PIT, si riserva dunque un ruolo solamente programmatorio, rinunciando invece a quello pianificatorio. Per quanto concerne la matrice del sistema ambientale, ad esempio, tale strumento censisce ed opera una sintesi cartografica di tutte le risorse locali: - emergenze geologiche (visibilità della serie stratigrafica umbro- marchigiana); - emergenze botanico-vegetazionali dei Monti Catria e Acuto; - aree floristiche protette; - demanio forestale; - aree faunistiche e bioitaly; - parchi naturali (Bosco di Tecchie); - manufatti di rilevanza storica (Ponte Romano a Pontericcioli); - strada consolare Flaminia.

27 Regione Marche, Visioni Guida 5: Strategie Territoriali , in “ Piano d’Inquadramento Territoriale” . BUR 7/99, pag. 16 59

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Per ciascuna di esse indica l’importanza del valore naturale e i rischi per la loro conservazione, limitandosi, però, all’enunciazione di indirizzi di tutela piuttosto che procedere alla definizione di specifiche politiche. Per la viabilità l’obiettivo che si pone è di passare dalla rete “a pettine” allo schema “a maglia”, dando preminenza ai collegamenti interregionali: la E78 Fano-Grosseto, inserita dall’U.E. negli itinerari europei est-ovest, si prefigge di razionalizzare le diseconomie di gestione della logistica del pesarese e dell’intera regione. Il PTC sorvola, invece, sulla problematica dei distretti produttivi, proponendo di diffondere sul territorio funzioni produttive- commerciali –direzionali nell’ottica del perseguimento di uno sviluppo “diffuso e razionale”, salvo poi raccomandare di selezionare “ quelle soluzioni che in prima istanza risultassero idonee a garantire gli impatti più leggeri e più tollerabili possibili ”. 28 Più avanti si specifica: “ …si ribadisce la necessità che tutti i Comuni della Provincia prevedano nei loro strumenti urbanistici generali tale tipo di aree 29 […] Si precisa anche che il sistema delle ‘aree centrali’ prospettato non vuole e non può esaurire il complesso dell’articolazione dei fabbisogni in modo particolare nel settore delle attività industriali ed artigianali; pertanto oltre alle aree produttive industriali ricomprese nelle aree centrali, i Comuni potranno prefigurare scelte per nuove aree produttive…”. 30 Una riflessione condotta sulla strumentazione urbanistica sopra delineata evidenzia come tutti questi piani replichino, ognuno alla propria scala, il settorialismo e l’incapacità di mettersi in comunicazione con gli altri strumenti. Il PTC, in particolare, propone delle tutele, ma senza politiche e si concentra più sugli aspetti visivi che ecosistemici (manca ad esempio del tutto l’aspetto biocenotico).

28 Provincia di Pesaro-Urbino, La “Rete” di progetto , in “Piano Territoriale di Coordinamento”, Supplemento n°38 al BUR 128/2000, pag. 341. 29 Le aree cui si fa riferimento nel testo sono definite come “insieme di luoghi polifunzionali ideali per indirizzare la localizzazione di grandi ed importanti attività imprenditoriali, […] di attività industriali, della grande distribuzione, dei centri della direzionalità e dei servizi alle imprese…” 30 Provincia di Pesaro-Urbino, op. cit., pag. 341. 61

IL PTSE: PIANO TRIENNALE DI SVILUPPO ECOSOSTENIBILE

Al PTC viene affiancato un apposito Piano triennale di Sviluppo Ecosostenibile ( PTSE, approvato con del. n°105/2002), sostenuto da un’approfondita ricerca ambientale condotta dal Prof. Enzo Tiezzi, utilizzando le metodologie dell’analisi emergetica e dell’impronta ecologica. La prima è un’analisi volta a determinare le migliori alternative nell’uso delle risorse; definita emergia solare la quantità di energia solare necessaria ad ottenere un prodotto, quanto maggiore è il flusso emergetico di un processo tanto maggiore sarà il costo ambientale. L’impronta ecologica rovescia il concetto finora utilizzato di “capacità di carico” esercitato da una popolazione su un territorio, del carico massimo, cioè, che il medesimo territorio può supportare senza vedere compromessa permanentemente la sua produttività. Tale metodologia, infatti, equivale al computo del territorio produttivo utilizzato dai residenti 31 , indipendentemente dal fatto che coincida o meno con il territorio su cui vivono. Il PTSE, parte da questa analisi per porre in essere una politica ambientale ben definita: ribadisce l’impegno assunto dalla Provincia all’adesione alla Carta di Aalborg dando l’input a politiche per l’utilizzo di fonti rinnovabili (esiste un accordo di programma con l’Arpam per ricerche applicative finalizzate alla valorizzazione energetica degli scarti legnosi di derivazione industriale), per la tutela di specie faunistiche ed ittiche, per la creazione di una rete di parchi, cui si aggiungerà il Parco del museo delle miniere di zolfo delle Marche. Esso individua dieci piani pivot , cui dare assoluta priorità: tra di essi la promozione della certificazione ambientale per le aziende nel territorio provinciale che operano nel campo del trattamento dei rifiuti, il piano per la sicurezza in campo viabilistico e per l’incentivazione di una mobilità alternativa (pubblica) a quella privata. Il PTSE intavola una politica strutturata anche per i distretti locali, per i quali studia forme di facilitazione della comunicazione d’impresa (introduzione di una complessa rete

31 Il calcolo dell’Impronta Ecologica si compie con la raccolta di informazioni relative ai consumi di risorse, beni ed energia effettuati da una popolazione, uso del suolo, produzione di rifiuti. Cfr. Wackernagel M., Rees W., L’impronta ecologica. Ambiente ed., Milano 2000. 62 telematica, sportelli unici, cablaggio del territorio) e di promozione delle risorse locali (il progetto “Turismo Rurale” e l’esperimento della “fattoria aperta” per promuovere prodotti certificati). Per i distretti produttivi, in particolare, propone di creare un polo di sviluppo tecnologico nel campo del terziario avanzato, collegato al mondo universitario, perché funga da incubatore per l’innovazione delle imprese e la loro competitività nei mercati internazionali. Anche nel PTSE –pure più attento agli aspetti ecosistemici- è rinvenibile una sorta di atteggiamento settoriale nell’affrontare le diverse questioni: è difficile vedervi il territorio, ma anche le dinamiche di sviluppo e le criticità del modello produttivo.

Altri strumenti innovativi per porre in essere delle politiche efficaci sono costituiti dai Fondi Strutturali Europei , che sono risorse impiegate per riequilibrare le disparità esistenti a livello di sviluppo economico e tenore di vita. Essi individuano degli obiettivi prioritari su cui intervenire e delle aree da sostenere e ad essi si affiancano i PIC (Piani di Iniziativa Comunitaria), che sono:

Interreg , per la cooperazione transfrontaliera; Urban , per il recupero economico e sociale di quartieri in crisi; Leader , per lo sviluppo rurale; Equal , per combattere le discriminazioni nel mercato del lavoro.

L’art. 158 del Trattato di Amsterdam –che costituisce la base giuridica per la rivalutazione delle strategie degli investimenti europei- dispone che i Fondi debbano servire a ridurre le disparità di sviluppo e l’arretratezza delle regioni meno favorite. Tale mandato è stato, però, finora interpretato in modo molto limitato, ricorrendo ad indicatori quali il PIL o il debito estero e prescindendo dai temi dello sviluppo locale o eco-compatibile. L’inadeguatezza di un simile approccio determina spesso un uso inappropriato dei Fondi Strutturali, la cui gestione necessiterebbe invece che sia rafforzata la capacità programmatoria e che vengano attivati partenariati tra le pubbliche amministrazioni e gli attori sociali.

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CANTIANO: TUTELA AMBIENTALE SENZA SVILUPPO?

L’area di Cantiano viene tagliata fuori dalle politiche di sviluppo produttivo, ma le viene riconosciuta una valenza ambientale da sfruttare come vantaggio competitivo. Gli indirizzi che provengono dagli strumenti di pianificazione d’area vasta suggeriscono di mettere in rete e valorizzare le risorse ambientali di cui è ricca la zona: le aree BioItaly (a Cantiano), i parchi naturali del Monte Nerone e Monte Acuto, i manufatti storici (nella fattispecie i ponti romani di Pontericcioli), la strada consolare Flaminia che, nel tratto Ponte Grosso-Fiume, interessa Cantiano. Tali strumenti, per la verità, mancano di un progetto integrato e si basano su un’ottica che potremmo definire prettamente distrettocentrica; le politiche ambientali vengono appiattite sulla semplice enunciazione di slogan privi di consistenza concreta. Lo slogan “salvaguardiamo la montagna” si fonda inoltre su un pregiudizio pericoloso, in quanto, riconoscendo valenza produttiva solo ai distretti o alle risorse agricole, rischia di marginalizzare ancora di più il territorio montano. Non si riconosce che anch’esso ha delle potenzialità che, se opportunamente sfruttate, possono senz’altro costituire un modello alternativo di sviluppo. Il ripristino della Flaminia, ad esempio, debole per essere considerata una valida direttrice di valico della barriera appenninica, la riproporrebbe come asse scarico dai flussi produttivi, ma funzionale a quelli quasi esclusivamente storico-turistici. Cantiano potrebbe, dunque, con un’attenta politica di valorizzazione dei grandi sistemi ecologico-naturalistici e storico-ambientali, candidarsi a divenire la porta turistica delle Marche.

Le polarità turistiche consolidate della Provincia si coagulano attorno ad un turismo balneare sulla costa (Pesaro, Gabicce, Fano, che con i suoi 56000 abitanti è la terza città delle Marche per popolazione), a un turismo culturale (Urbino, ma anche Pesaro con l’evento del Rossini Opera Festival), a un turismo collinare in pieno sviluppo, grazie alla formula agrituristica.

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Per quanto riguarda Cantiano si è ritenuto interessante rielaborare dei dati relativi ai movimenti turistici che interessano la Comunità Montana del Catria e Nerone (cui Cantiano appartiene insieme ad Acqualagna, , Cagli e ) e la contigua Comunità Montana del Catria e Cesano (comuni di , , Pergola, S.Lorenzo in Campo, Serra S.Abbondio).

MOVIMENTO TURISTICO NELLA COMUNITA’ MONTANA DEL CATRIA E NERONE 2000 2001 2002 ARRIVI 13838 12972 15222 PRESENZE 60363 54427 59255 Elaborazione Servizio Sistema Informativo Statistico Regione Marche

Dalla tabella soprastante si deduce una sostanziale stabilità dei dati relativi alle presenze ed agli arrivi, ad eccezione di una leggera flessione registrata nella stagione 2001 e legata ai timori causati dagli eventi dell’11 settembre, che hanno generato una cautela nel comportamento dei turisti.

Un’attenta valutazione delle relazioni tra i sistemi locali di Marche ed Umbria suggerisce una maggiore vicinanza di Cantiano a Gubbio ed agli ambiti insediativi delle aree interne (e ciò anche in forza di una tradizione di identità culturale perdurante dall’epoca pre-romana) che non ai forti sistemi produttivi pesaresi.

Le stesse strategie interregionali avanzate dal PIT dimenticano Cantiano, proponendo come grande direttrice per il pescarese la Fano-Grosseto (vd. fig. 16) e lasciando nell’indeterminazione il resto del territorio. Con la definizione che, infatti, ne dà di “area industriale-rurale” prende semplicemente atto del fenomeno della diffusione produttiva in ambienti naturalmente vocati all’agricoltura, senza però fornire indicazioni di sviluppo alternativo. Tutte le aree appenniniche vengono, invece, comprese nella definizione di “ambienti a dominante naturalistica”, rinunciando anche qui a

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proporre visioni diverse da quella vincolistica o forme innovative di sviluppo turistico e culturale.

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PARTE SECONDA

QUALE PIANIFICAZIONE E SVILUPPO LOCALE IN UN TERRITORIO “A

DOMINANTE NATURALISTICA” E “A FRAGILITÀ ECONOMICO-SOCIALE”?

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LA CO-PIANIFICAZIONE COME ADEGUAMENTO CRITICO AGLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE SOVRAORDINATA

In una prospettiva di senso, fondata sul tema complesso e articolato dello sviluppo sostenibile vanno analizzate criticamente, nell’ambito del Piano di Inquadramento Territoriale (PIT) delle strategie territoriali intersettoriali, le “Azioni per le aree a fragilità economico-sociali” così di seguito definite: “Sono da considerare in prima approssimazione territori di fragilità economico-sociale gli ambienti riconosciuti a dominante naturalistica. Per questi territori il PIT incentiva forme di economia vocazionale che mettano a frutto le risorse endogene e le specificità degli ambienti locali di sviluppo” 32 .

Per queste aree a fragilità economico-sociale sono, secondo il PIT, da incentivare:

“ Azioni per le aree a fragilità economico-sociale Le strategie proposte riguardano in generale la proposizione di nuovi usi del territorio rurale e montano con lo sviluppo di nuove attività produttive, tra cui l’agriturismo, le coltivazioni biologiche, la forestazione anche produttiva, il presidio ambientale, la conservazione dei biotopi. Saranno da incentivare in particolare: a. sviluppo delle funzioni pertinenti rispetto alla natura ed alle potenzialità di questi particolari ambienti locali e comunque in generale delle attività agricole e zootecniche da salvaguardare prioritariamente; b. difesa e valorizzazione del territorio agricolo , promovendo azioni a favore della specializzazione e della riconversione produttiva anche in senso biologico delle aziende agricole locali e disincentivando con fermezza la proliferazione edilizia; c. previsione di azioni di infrastrutturazione leggera che, compatibilmente con le istanze della sostenibilità ambientale,

32 Regione Marche, Piano di Inquadramento Territoriale. PIT, in “Supplemento n.16 del BUR 35 del 30/03/2000”, pag.22. 69

contribuiscano ad elevare le condizioni di accessibilità fisica e di vivibilità locale, ricorrendo anche alle moderne tecnologie telematiche per l’erogazione di servizi e per il lavoro a distanza; d. sostegno alle attività di recupero del patrimonio edilizio esistente , favorendo in particolare il miglioramento delle prestazioni nelle zone a rischio sismico anche con programmi ed incentivi specifici; e. ripristino e potenziamento delle attività di manutenzione ambientale , soprattutto nelle aree di abbandono, per le quali sono da prevedere specifici incentivi economici e finanziari per mantenere attive le funzioni di presidio ambientale; f. predisposizione di un contesto operativo adeguato per promuovere credibili progetti locali di sviluppo da recepire nel piano e da valorizzare con il sostegno dei fondi comunitari .” 33 .

Se le strategie proposte dal PIT sono condivisibili come punto di partenza, non è però accettabile quel carattere “Distretto industriale-centrico” che lo stesso ha voluto imprimere alle analisi del modello di sviluppo della Regione Marche e alle conseguenti –e coerenti- prospettive di intervento. In particolare, si fa riferimento agli studi elaborati per il PIT da parte delle Università regionali consorziate nell’ASTAC, il Centro Interuniversitario composto da docenti delle Università di Ancona, Camerino, Macerata e Urbino 34 . L’integrazione tra cultura e istituzioni, promossa dall’Università, ha permesso di sperimentare la costituzione di un approccio scientifico non convenzionale agli strumenti conoscitivi e progettuali della pianificazione territoriale e soprattutto la scelta politica di una ”…accettazione del forte vincolo alla discrezionalità rappresentato dal ruolo delle competenze scientifiche nell’identificazione delle risorse e dei bisogni, nella selezione degli obiettivi compatibili e degli strumenti, nella costruzione delle metodiche di verifica e di controllo” 35 .

33 Ibidem. 34 ASTAC, Studi PIT , Vol.1 Problematiche di distrettualizzazione, Vol.2 Ambienti insediativi, trasformazione e potenzialità; Vol.3 Pianificazione condivisa, Regione Marche, Urbania, 1999. 35 M.De Grassi, Presentazione, ASTAC op. cit. Vol.1, pag.5. 70

ASTAC ha optato, in questo caso, per una discrezionalità tendente a descrivere i processi produttivi prevalenti in essere nella Regione. Infatti, gli studi elaborati e coordinati dall’ASTAC sulle problematiche della distrettualizzazione sono meritevoli per il tentativo di cogliere i significati multipli di quei processi produttivi territoriali e ambientali e nello stesso tempo limitativi in quanto non colgono altre forme in fieri o potenziali di distrettualizzazione come quelle turistiche o ambientali.

Sono state indagate le identità storiche, le delimitazioni dei distretti industriali e dei sistemi locali del lavoro, purtuttavia il focus delle ricerche che viene privilegiato è quello della individuazione e catalogazione, in base a differenti metodiche, dei Sistemi locali del lavoro concepiti soprattutto come distretti industriali 36 . E’ mancata la curiosità intellettuale e scientifica di indagare nuove tipologie embrionali e innovative inerenti ai sistemi produttivi e ambientali e ai processi di distrettualizzazione che proprio con l’inizio degli anni ’90 hanno fatto la loro comparsa sia nelle Marche, sia in ambito nazionale ed europeo.

Come non constatare il significato politico e di domanda di pianificazione ambientale costituito dalla imponente crescita della superficie delle aree protette in Italia, dagli anni ’70 agli anni ’90? Si è passati sai 229.996 ettari del 1975 al 2.500.000 ha del 1998, una superficie corrispondente a quasi il 10% del territorio nazionale, secondo un’indagine congiunta del Ministero dell’Ambiente e dell’ISTAT. Trend ancor più significativo se si pensa che l’Italia ha risposto alla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, promossa dall’Unione Europea –riferita alla salvaguardia della bio-diversità con la conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatica- solo nel 1977 con il Progetto Bioitaly , relativo alla stesura di una lista di siti considerati di potenziale importanza comunitaria.

36 Regione Marche, Piano di Inquadramento Territoriale. PIT , op. cit., pag.43-44. 71

Parallelamente alla nuova “distrettualizzazione” negli “ambienti protetti”del territorio italiano e marchigiano si è assistito, sempre negli anni ’90, ad una vera espansione del turismo naturalistico e dell’eco-turismo. Una distrettualizzazione in progress , quella del turismo sostenibile e dell’eco-turismo, alternativa ai turismi tradizionali (balneare, montano, lacuale, città d’arte, termale, ecc.) che nella maggior parte dei casi ha significato la riscoperta di nuove sinergie tra naturalità, storia-cultura e antropizzazione dei territori dell’innovazione dell’offerta turistica. Sulla scia di questa tendenza non poteva mancare una rivalutazione delle risorse colturali, delle tipicità e delle culture enogastronomiche locali. Veri e propri giacimenti di saperi e di sapori , geograficamente delimitati e spesso unici. In questo ambito si colloca l’iniziativa dei Presidi promossa da Slow Food , presentata al Salone del Gusto di Torino del 2000, frutto di un attento lavoro di censimento e catalogazione dei prodotti agroalimentari in via d’estinzione, avviato dall’Arca del Gusto.

Un progetto importante, quello dei Presidi, nato in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, in quanto segna un passaggio storico da una agricoltura di vecchio stampo –incentrata più sulla quantità che sulla qualità- ad una nuova che sperimenta, produce e promuove le eccellenze enogastronomiche dei territori locali: “Il termine giusto per definirla dovrebbe essere primario avanzato, e darà reddito, risorse, tutela del territorio”. Trend is not destiny recita un proverbio anglosassone, e soprattutto le attuali tendenze di incremento costante dell’agriturismo e del turismo eno- gastronomico stanno a dimostrarlo. Tanto più in Italia, dove solo 15 anni fa la produzione enologica era al collasso nei mercati nazionali ed internazionali perché colpita dallo “scandalo del vino al metanolo”. Oggi le produzioni enologiche di qualità del nostro Paese sono all’avanguardia nel mondo, veicolando indirettamente anche il marketing territoriale dei luoghi di produzione. Come sosteneva il poeta portoghese Fernando Nogueria Pessoa: “Nella vita non esistono i destini ma gli appuntamenti”.

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IL NUOVO PRG COME METAFORA DELLO SVILUPPO LOCALE: DALLA REGOLAZIONE URBANISTICA ALLA PROMOZIONE DELLE ECCELLENZE LOCALI

Il Comune di Cantiano non può perdere questo appuntamento epocale che vede coincidere, dopo la fine della società industriale, le qualità ambientali e territoriali con la competitività dello sviluppo locale.

Sotto questa luce l’adeguamento del nuovo PRG agli indirizzi e alle prescrizioni del Piano Paesistico Ambientale Regionale e del PIT, rappresenta non più un vincolo paralizzante, ma un’opportunità strategica. Un’opportunità che, purtuttavia, va vagliata e tradotta criticamente a livello degli ambienti, degli ambiti d’intervento e delle risorse finanziarie e umane locali. Una potenzialità che deve trasformare il riconoscimento dei valori e delle tutele ambientali e territoriali come fondante di un progetto di sviluppo locale partecipato e condiviso. Va rivista, in particolare, quell’ottica assistenzialistica e marginalista che associa -tout court - gli ambienti riconosciuti a dominante naturalistica alle “Aree a fragilità economico-sociale”. Gli attuali trend socio-economici regionali (attinenti non solo alle Marche), stanno a dimostrare un’inedita inversione di tendenza: sono proprio i distretti industriali che cominciano ad avvertire una crisi che, da congiunturale, viene oggi ritenuta da molti osservatori come strutturale. Un’ impasse dei sistemi locali distrettuali del lavoro prodotta da diversi e concomitanti fattori: dalla congestione del sistema relazionale infrastrutturale, alla proliferazione degli impatti ambientali, dalle problematiche inerenti al governo dei processi di costruzione d’interculturalità nei confronti degli immigrati, alla mancata pianificazione razionale delle scelte localizzative delle imprese, dalla incontrollata diffusione urbana ai problemi di coesione e condivisione sociale delle finalità e modalità dello sviluppo locale. I Distretti industriali sembrano oggi avvertire la fragilità di uno sviluppo locale prodotto dallo spontaneismo delle piccole e medie imprese, senza

73 una reale ed adeguata pianificazione ambientale, territoriale, urbanistica e infrastrutturale. Sono queste le motivazioni che hanno spinto l’amministrazione comunale di Cantiano a volere optare per un nuovo PRG da intendersi con finalità più propulsive e promozionali dello sviluppo locale rispetto a finalità semplicemente regolative dell’espansione urbanistica e degli interventi edilizi. In un contesto municipale “regressivo” in termini economico-sociali e insediativi vi è ben poco da regolare; la domanda di trasformazione del territorio, ai fini dell’inserimento di nuovi insediamenti residenziali e produttivi, è veramente poco significativa. Maggiore importanza assume oggi la capacità di tutelare e promuovere quelle eccellenze ambientali- naturali e quelle tradizioni e quelle pratiche storico-culturali che connotano i punti di forza potenziali del territorio di Cantiano. In questo modo la comunità locale si attrezza per la costruzione di una strategia di sviluppo locale.

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LA DEFINIZIONE DEL TERRITORIO DELLO SVILUPPO COME AMBITO DELLO SVILUPPO DEL TERRITORIO: COSTRUIRE RETI DI PROMOZIONE-GOVERNO DELLE RISORSE AMBIENTALI E TERRITORIALI

Il Comune di Cantiano soffre attualmente di una doppia emarginazione, essendo, contemporaneamente, separato “da un territorio contrassegnato da fragilità economico-sociale” e dall’essere un paese di confine. Il termine confine , in questo caso, va letto in senso lato e complesso, dai significati polimorfi, materiali ed immateriali.

I CONFINI STORICI E/O AMBIENTALI: TRA UMBRIA E MARCHE

Cantiano appartiene amministrativamente alla provincia di Pesaro-Urbino, ma intrattiene solide relazioni territoriali, ambientali e di servizio, nonché, in forma minore, nel campo dell’occupazione, con la provincia di Perugia, attraverso i collegamenti veloci con la città di Gubbio. Questo rapporto di dipendenza ha anche un imprevisto risvolto sociologico, la comunità cantianese prende parte direttamente alle vicende della città umbra senza poter partecipare attivamente alle decisioni strategiche a livello locale che la vedono coinvolta. Se si analizza la scarsa considerazione che il PIT ha riservato al potenziamento della direttrice infrastrutturale e di sviluppo umbro- marchigiana costituita dal tracciato della vecchia e della nuova Flaminia, questa “separatezza infrastrutturale” inibisce le possibili potenzialità/politiche di aggancio delle risorse ambientali-territoriali del cantianese alla più forte e consolidata area-sistema costituita dal turismo della città d’arte e da quello culturale e ambientale del versante umbro. E’ più facile pensare/supporre che il piccolo comune marchigiano possa essere maggiormente avvantaggiato da un “turismo di rimbalzo” originato nel territorio umbro, piuttosto che da quello potenziale avente come matrice il sistema balneare della costa e del litorale fanese e pesarese.

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Gioca un ruolo cruciale non solo l’accessibilità agevolata da tempi di percorrenza ridotti, ma soprattutto l’affinità dei target turistici, ambientali, culturali, eno-gastronomici che rafforza le consonanze d’interessi con i comuni umbri. Una simbiosi che riserva, anche, un inquietante risvolto della medaglia.

La continuità e la relativa omogeneità dei paesaggi montani limitrofi rappresentano senz’altro un elemento di coesione e di potenziale pianificazione di una strategia inerente alla costruzione di un distretto turistico umbro-marchigiano, un vero e proprio “corpo territoriale” con valenza turistica, per parafrasare la terminologia del PIT. Nello stesso tempo, nel definire le caratteristiche dei confini amministrativi regionali, non si è tenuto conto, in passato, della particolare conformazione del territorio appenninico e in particolare del fatto che l’Unità di Bacino idrografico del fiume si estende oltre i confini della provincia di Pesaro-Urbino (vd. fig. 17) , quindi la qualità delle acque dello stesso è influenzata dalle attività produttive e antropiche che avvengono nel territorio eugubino. In particolare, negli studi su queste problematiche effettuati da Riccardo Santolini in occasione della stesura del nuovo PRG37 è emerso il grave impatto che le produzioni primarie, specie quelle riferite all’allevamento intensivo dei suini, hanno sulla qualità delle acque del Burano.

Sia il PPAR, sia il PIT, sia il PTC della Provincia di Pesaro-Urbino, bloccano le loro previsioni di pianificazione al confine della Regione Marche. Questo tabù storico della pianificazione, il far coincidere i legami relazionali, territoriali e ambientali con i confini amministrativi, ha nuociuto e continuerà ad influenzare negativamente le strategie di integrazione produttiva, ambientale e territoriale tra la Comunità Montana del Catria e del Nerone ed il territorio umbro confinante.

37 R.Santolini, Comune di Cantiano, analisi e destinazioni d’uso delle acque, Cantiano 1998 76

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I CONFINI STORICO-CULTURALI: DAL CAMPANILISMO ALLE STRATEGIE PARTECIPATE E CONDIVISE

Nonostante gli stretti legami esistenti tra la comunità cantianese e il territorio umbro, non vi è dubbio che Cantiano appartenga storicamente e culturalmente al territorio marchigiano, con il quale ha condiviso e continua a condividere valori storici e culturali profondi. E’ pensabile ipotizzare la creazione di un distretto eco-turistico 38 con finalità polivalenti (ambientali, culturali, eno-gastronomiche, ecc.) avendo come principale interlocutore il solo territorio e l’area turistica del versante territoriale umbro? La domanda è retorica. Non si tratta, infatti, di valorizzare in maniera solipsistica e localistica le risorse del proprio territorio, al contrario è auspicabile che si sappia promuovere con altri comuni limitrofi vere e proprie economie di scala , reti di relazioni che sottintendano condivise e partecipate economie di scopo . In questa strategia dell’attenzione relativa alla creazione di un modello di sviluppo non meramente localistico ed autarchico, gioca un ruolo privilegiato la Comunità Montana. Anche se sono tutti da definire i compiti e gli strumenti che questo livello di governo del territorio può mettere in campo. Le Comunità montane in generale, e non fa eccezione quella del Catria e del Nerone, hanno sempre sottovalutato l’importanza che può assumere un Piano di Sviluppo economico e sociale costruito con la partecipazione delle Amministrazioni locali e degli attori pubblici e privati.

Il Piano di Sviluppo, in passato e ancor oggi, è stato inteso come un atto burocratico obbligatorio di programmazione, concepito a livello centralistico, poco dibattuto e, spesso, sconosciuto e/o tenuto in scarsa considerazione nelle azioni di governo degli EE.LL. e degli imprenditori privati Ma si può pensare di attivare processi virtuosi di reti di sviluppo locale partecipato e condiviso, senza la possibilità di riconoscere un tavolo, anche intercomunale e d’Area vasta, di concertazione?

38 P.Galli, M.Notarianni, La sfida dell’ecoturismo , De Agostini, Novara, 2002. 79

Certamente ottenere attraverso un consenso preventivo degli EE.LL. afferenti alla Comunità Montana del Catria e del Nerone alle politiche di pianificazione-programmazione degli interventi di Area vasta permetterebbe di presentarsi con una massa critica più significativa (quantitativamente e qualitativamente) alla creazione di strumenti di concertazione e politiche di intervento, quali: • La creazione di un distretto turistico umbro-marchigiano; • La definizione delle politiche, degli indirizzi di programmazione e gestione delle aree protette e dei Parchi; • Il rafforzamento e il completamento della direttrice infrastrutturale Fano-Cantiano-Perugia.

Queste proposte acquistano maggiore credibilità se è la Comunità Montana a farsi promotrice delle azioni di integrazione e promozione territoriale- ambientale, supportate da un modello di sviluppo partecipato, condiviso e realizzato nel rispetto delle singole specificità ed esigenze amministrative e socio-economiche. Se la Comunità Montana ha stentato e stenta ad avere questo ruolo di coordinamento delle istanze locali, più che di guida centralistica, è perché, in un’ottica tradizionale di istituzione relegata alla distribuzione di fondi, con finalità meramente assistenziali, sono gli interessi particolaristici e campanilistici a prevalere.

Nonostante il persistere di fondamentalismi campanilistici, emerge con più insistenza l’esigenza di promuovere e creare un’Area-Sistema, che veda un ruolo importante della Comunità Montana a livello territoriale allargato ai propri ambiti d’azione istituzionale.

L’esperienza “GAL Montefeltro leader”, promossa in base alle direttive ed ai finanziamenti dell’Unione Europea, per la prima volta ha consentito che 4 Comunità montane 39 e 36 Comuni 40 dell’entroterra pesarese, con oltre 200 tra operatori privati ed enti pubblici, superassero gli steccati storico-culturali

39 C.M. del Catria e del Nerone; C.M. del Montefeltro; C.M. dell’alto e medio Metauro; C.M. dell’alta Val Marecchia. 40 Cfr. “Montefeltro Leader”, Anno 1, n°1, settembre 2000. 80 localistici che tenevano ingessata una programmazione unitaria degli interventi (vd. fig. 18). Da segnalare i progetti finanziati con bandi pubblici nel campo della promozione e controllo dei sistemi di Qualità integrale nei settori agroalimentare, turismo e ambiente, quelli relativi all’Osservatorio agro- ambientale e allo Sviluppo dell’agricoltura biologica, quello relativo alla costituzione di un’unica Agenzia del Turismo Rurale, con la finalità di promozione e coordinamento per tutte e quattro le Comunità Montane . E’ auspicabile che questa “strategia dell’attenzione”, esplicitata a livello consortile in politiche coordinate di intervento, si possa concretizzare anche attraverso i tradizionali strumenti della pianificazione concertata come i Patti territoriali e gli Accordi di programma.

Parafrasando Jean-Pierre Jardel 41 , nel territorio dell’alto pesarese ha preso avvio “un processo di coscentizzazione” relativo alla necessità di “fare sistema” per affrontare in termini innovativi le problematiche ambientali, quelle infrastrutturali e quelle collegate all’occupazione e alla qualità della vita.

41 J.P. Jardel, Ecoturismo, ambiente e sviluppo: un problema di coscientizzazione , in P.Guidicini, A.Savelli (a cura di), Strategie di comunità nel turismo mediterraneo , F.Angeli, Milano, 1999. 81

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LA PROMOZIONE DELLE RISORSE AMBIENTALI E TERRITORIALI: DALLA LOCALITA’ AL TERRITORIO, ALLE RETI LUNGHE

Questo atteggiamento proattivo, di consapevolezza della necessità di “mettere a rete” le risorse ambientali e territoriali, sembra già essere stato recepito nell’ambito degli Enti Locali della Comunità Montana del Catria e del Nerone, che promuovono l’immagine del territorio a scopi turistici. Una rapida rassegna dei depliants divulgativi editi dal Comune di Cantiano e dalla stessa Comunità Montana negli anni ’90 ed oggi mostra come in questo lasso di tempo sia, in effetti, maturata una differente coscienza del territorio e dell’ambiente a tutto vantaggio di un approccio integrato intercomunale e di rete. La stessa visione dell’ambito territoriale, che negli anni ’90 si limitava al paese e al suo collegamento con l’asse infrastrutturale più importante delle Marche (l’autostrada adriatica A14), oggi arriva ad estendersi oltre i confini amministrativi comunali per comprendere un ambito interregionale, collegato con la Regione Umbria.

Si potrebbe dire che si è passati dalla promozione delle singole località, ciò vale sia per Cantiano che per la Comunità Montana, per la quale l’ambiente naturale era considerato solo come cornice, alla promozione di territori estesi oltre i confini comunali.

Le risorse ambientali e territoriali, che prima venivano presentate singolarmente e mescolate in modo indistinto, decontestualizzandole, oggi sono inserite all’interno di percorsi ed itinerari integrati d’Area vasta e promossi unitariamente, costruiti in maniera da garantire un’offerta più completa e consapevole del prodotto turistico, creando così, oltre a nuove economie di scopo, delle motivazioni culturali allargate per la conoscenza delle qualità territoriali, ambientali e storico-culturali.

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Il Monte Catria, il Bosco di Tecchie, il Palazzo Comunale vengono ora valorizzati dai percorsi tematici che li comprendono: itinerari naturalistici (il Sentiero Italia), museali (il museo geo-territoriale, archeologico, delle sabbie), storici (il Corridoio Bizantino). I ritrovamenti archeologici, che negli anni ’90 erano genericamente definiti “2000 anni fa”, oggi rientrano nel tracciato storico e nel parco archelogico diffuso costituito dagli scavi e dai ritrovamenti, nonchè dai resti monumentali lungo “l’antica Via Flaminia”. La Turba (la sacra rappresentazione del Venerdì santo), che in origine era pubblicizzata come manifestazione folkloristica locale, ora, in seguito al riconoscimento dell’Alto Patrocinio della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, è stata immessa nel circuito Europassion , che raggruppa le più prestigiose Sacre Rappresentazioni a livello europeo. I prodotti tipici, che nel depliant di dieci anni fa venivano fotografati tutti insieme sotto il titolo indeterminato “fermarsi a Cantiano”, sono ora promossi con il riferimento a specifiche soste del gusto: la DOP riconosciuta al pane di Chiaserna pubblicizza Cantiano come appartenente alle “Città del pane” e questa tipicità, unita a quella tradizionale delle amarene, del cavallo del Catria, della trota del Duca, del tartufo della vicina Acqualagna, connota il paese come possibile meta enogastronomia. Le attività sportive da praticare in zona vengono promosse con i riconoscimenti ottenuti nel campo del turismo sostenibile: il “no-kill” consente di praticare la pesca di fiume nel rispetto della popolazione ittica e dell’ecosistema costituito dal fiume Burano.

LE NUOVE FORME DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA TURISTICA

La necessità di uscire da logiche di localismo per la promozione delle risorse ambientali-territoriali e storico-culturali è tanto più importante, oggi, per assecondare una domanda turistica in rapida evoluzione.

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Le nuove tendenze della domanda turistica si stanno, infatti, muovendo verso prodotti complementari all’offerta tradizionale (montana, balneare…): l’ecoturismo, il turismo eno-gastronomico, il trekking, il cicloescursionismo, l’agriturismo, le vie verdi, i centri storici minori, gli ecomusei, sono alcune delle soluzioni che favoriscono una “conoscenza lenta” del territorio, in contrapposizione a qualunque forma predatoria di turismo, com’è a volte quello tradizionale e maturo.

Questo tipo di ricerca di esperienze culturali e di autentica conoscenza dei luoghi è la carta vincente per promuovere le risorse locali, con una domanda sempre maggiore a riguardo. Da una ricerca svolta nel 2002 dal Ciset (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dall’UIC (Ufficio Italiano Cambi), in collaborazione con Doxa 42 riferita ai trend del turismo internazionale in Italia, è emerso che proprio il turismo culturale è quello più ricco: genera il 30% della domanda, ma oltre il 36% del fatturato dell’intero settore. L’Umbria è al terzo posto nella graduatoria delle regioni italiane per incidenza di visitatori per vacanze in città d’arte, ma risulta al primo posto per quanto concerne le vacanze nel territorio, seguita da Toscana e Marche.

Anche la Regione Marche riscopre la vocazione turistica e la incentiva con il riconoscimento di dieci Sistemi Turistici Locali (istituiti con delibera 578 del 19 marzo 2002.), che rappresentano degli strumenti di integrazione pubblico/privato per lo sviluppo delle risorse turistiche sia di carattere ambientale-territoriale che storico-culturale.

I sistemi turistici locali, promossi dalla Regione Marche, potranno decollare se sapranno acquisire due prerequisiti fondamentali e strutturali.

1. Il primo consiste nell’approntare progetti-obiettivo basati più sulla qualità che sulla quantità di domanda turistica. Una qualità che deve essere costantemente verificata e, dove possibile, certificata, in

42 CISET- UIC, Paper presentato alla IV Conferenza: L’Italia e il turismo internazionale nel 2002, Venezia, 2003. 89

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riferimento a processi di certificazione/registrazione europea che vanno dagli Eco-label a ISO 14001. a EMAS II, ecc. 2. Il secondo è riferito al valore strategico che ancora una volta è costituito dalla valorizzazione e promozione di reti territoriali, ambientali, percorsi tematici, nell’ambito della ri-scoperta delle risorse d’Area vasta e non solo locali. Bisogna raggiungere una massa critica relativa all’offerta turistica, che sia in grado di motivare la scelta e, nel contempo, il soggiorno prolungato del turista.

Davide Paolini, nel suo recente libro I luoghi del gusto 43 , imperniato sul tema/obiettivo del cibo e del territorio come risorsa di marketing turistico, ha svolto una interessante ed articolata comparazione tra gli aspetti e gli impatti sul territorio del turismo del Gastronauta e di quello del Food trotter . Nel libro si evince come la figura del Food trotter possa avere degli effetti positivi sul territorio non solo di carattere economico, ma più ampi, essendo il Food trotter l’attore privilegiato che permette quella valorizzazione dei prodotti di nicchia. Una valorizzazione che, senza far perdere le qualità intrinseche relative alle eccellenze locali, si estende ad altre componenti economiche e ad altri settori produttivi, investendo un territorio più ampio, ma strettamente coordinato/correlato in una rete.

Paolini cita nel testo come significativo case history quello della promozione e valorizzazione del tartufo di Acqualagna. La cittadina marchigiana è riuscita in poco tempo ad avere una risonanza nazionale ed internazionale nel campo dell’eno-gastronomia di qualità, fino a contendere ad Alba (in Piemonte) il titolo di “capitale” del tartufo.

Dopo la presentazione del libro ad Acqualagna, nel dicembre 2001, Paolini è stato intervistato da un giornalista della cronaca locale e alla domanda: “Cosa manca all’entroterra pesarese per diventare una potenza economica del gusto?”, ha così significativamente risposto: “Manca ancora la coscienza di lavorare in rete. Acqualagna potrebbe essere il centravanti dell’operazione, ma ha bisogno di centro campo e difesa, cioè di altri paesi

43 D.Paolini , I luoghi del gusto , Baldini & Castoldi , Milano, 2000 . 93

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95 che possano garantirle altri prodotti. Vincerà la scommessa del turismo quel territorio che riuscirà a trattenere il turista per più tempo. Altri paesi dovrebbero sviluppare le loro vocazioni come ha fatto Acqualagna per il tartufo e tutti insieme dovrebbero proporsi” 44 .

Ancora una volta viene ribadito un assioma valido anche nel settore del turismo emergente enogastronomico: la valorizzazione dei prodotti di nicchia non significa tout court chiusura campanilistica, perché per trasformare una risorsa da appannaggio della sola gita escursionistica di breve durata a motore di un soggiorno medio-lungo, è necessario saper coinvolgere, in un efficace/efficiente governo delle reti, tutte quelle relazioni articolate e complesse, capaci di valorizzare le poliedriche potenzialità ambientali e storico-culturali di un territorio.

44 D.e., Acqualagna ha vinto il derby dell’economia ma con la r ivalità il territorio non decolla, in “Il Resto del Carlino”, 20 dicembre 2001. 96

PARTE TERZA

IL NUOVO PRG DI CANTIANO: PROCESSI E PRODOTTI DI UN

MODELLO/TIPOLOGIA DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA E SOSTENIBILE

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IL NUOVO PRG DI CANTIANO: LA SPERIMENTAZIONE DI UN METODO TRANS- DISCIPLINARE E PARTECIPATO.

Sistema delle competenze, obiettivi e strumenti del processo di pianificazione

L’idea di coinvolgere le istituzioni universitarie –intese come centri di ricerca- nella redazione del Nuovo PRG di Cantiano è venuta al Sindaco Gino Traversini, nella seconda metà degli anni ’90. Il Sindaco si faceva così interprete di una articolata “domanda di pianificazione” con la quale si sarebbe dovuta confrontare la predisposizione del nuovo strumento urbanistico: 1. Effettuare la verifica e la radicale revisione del Programma di Fabbricazione approvato nel 1982; 2. Cogliere l’occasione dell’adeguamento del nuovo PRG al PPAR e al PTC della Provincia di Pesaro e Urbino come opportunità per riconsiderare/valutare le criticità e le potenzialità ambientali del territorio cantianese; 3. Vedere la possibilità di coniugare la revisione della strumentazione urbanistica con un rilancio socio-economico del comune.

Certamente quest’ultima possibilità all’inizio dell’iter di costruzione del processo di pianificazione era per gli amministratori locali, non solo per il Sindaco, una ipotesi non ben definita nei suoi aspetti strutturali e operativi. Maggiore enfasi ,infatti, veniva data agli aspetti di tutela e valorizzazione del patrimonio/sistema ambientale e del paesaggio rurale. Questa “domanda di pianificazione” si è incontrata con una “offerta di pianificazione” nata nell’ambito della Facoltà di Ingegneria-Istituto di Disegno e Urbanistica-IDAU (Prof. Giorgio Conti, Arch.Rita Colantonio) e di quella della Facoltà di Agraria presso il Dipartimento di Biotecnologie Agrarie e Ambientali (Prof. Fabio Taffetani). Le due strutture universitarie collaboravano già da diversi anni per ricerche aventi tempi e problematiche di comune interesse. In particolare queste ricerche vertevano sui seguenti assi problematici:

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1. In che modo ripensare gli strumenti della pianificazione locale d’Area vasta rispetto ai nuovi paradigmi basati sul concetto/valore di sostenibilità; 2. L’adeguamento del sistema di pianificazione al PPAR come doveva essere concepito anche criticamente, tenendo conto che quello strumento appariva sì importante, per aver inaugurato a livello regionale la stagione della pianificazione paesistica, ma anche datato (1987), soprattutto rispetto ai metodi e agli strumenti per dare valore paradigmatico a questa nuova tipologia di pianificazione in senso ecosistemico; 3. Era possibile, in un piano di sviluppo locale per un piccolo centro montano, implementare vocazioni naturali/agricole/turistiche rispetto ai tradizionali modelli di sviluppo dei distretti produttivi regionali improntati su valori e vocazioni prettamente urbano-industriali?

Si voleva sperimentare, nel caso di Cantiano, un metodo di lavoro che superasse le impasse tipiche dell’approccio multidisciplinare (inteso come semplice sommatoria di punti di vista specialistici) o quello interdisciplinare (certamente più dialogico, ma spesso bloccato nella difesa delle specificità tematiche e disciplinari individuali). Si è quindi optato per un metodo transdisciplinare , dove tutti i componenti della squadra (il riferimento al termine calcistico non è casuale), più che del Gruppo di Lavoro, fossero in grado di condividere metodi, obiettivi e strumenti discussi collegialmente sia in ambito universitario, sia con gli amministratori ed i cittadini. Era necessario, in base a questi presupposti, avere la possibilità di ampliare l’originario Gruppo di Lavoro facente capo all’Università di Ancona e, con il consenso dell’Amministrazione Comunale di Cantiano, si è deciso che fosse così strutturato:

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Nuovo PRG del Comune di Cantiano: il Gruppo di Lavoro

COORDINAMENTO GENERALE E FORMAZIONE IDAU - UNIVERSITA ’ DI ANCONA DELLO SCHEMA DI PROGETTO PRELIMINARE DI Prof.Arch. Giorgio Conti PRG Arch. Rita Colantonio Ing. Massimo Orselli Arch. Giovanna Paci

INDAGINI GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE CIRPEG - UNIVERSITA ’ DI URBINO

Prof. Francesco Guerrera Dott. Alberto ferretti Prof. Daniele savelli Prof. mario Tramontana Dott Sauro Teodoro

DIBIAGA -UNIVERSITA ’ DI ANCONA STUDIO INTEGRATO BOTANICO VEGETAZIONALE Prof. Fabio Taffetani Dott.ssa Silvia Zitti

FORMAZIONE DEL PRG IN DEGUAMENTO AL PPAR Studio Fusco & Scaglioni Associati Arch. Antonio Scaglioni Arch. Vincenzo Fusco

Componenti Zoocenotiche STUDIO INTERDISCIPLINARE DEL TERRITORIO Dott. Riccardo Santolini COMUNALE Elaborazioni GIS Prof. Carlo Bisci Dott.Clemente Folchi Vici

Aspetti giuridico-normativi Avv.Paolo Parisella

Il collegamento tra competenze e ricercatori universitari ai quali era demandato il coordinamento generale e la formazione dello Schema del Progetto preliminare del PRG e gli urbanisti locali (lo Studio Fusco & Scaglioni Associati che aveva partecipato alla redazione del PdF vigente), intendeva essere un segnale che “i professori” avevano uno stretto collegamento con le realtà istituzionali e professionali locali.

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Il carattere sperimentale dell’esperienza di pianificazione era imperniato, infatti, non sull’idea di ricerche universitarie teoriche “applicate” ad un territorio o un ambiente definito, ma su un processo interattivo di conoscenza dove fossero superati i soliti e solidi steccati tra analisi e piano, tra saperi teorici, saperi professionali, saperi tecnici e saperi locali, da intendersi come conoscenze e senso comune della popolazione e dei pubblici amministratori. In base a questi presupposti non doveva esistere una analisi territoriale e ambientale data “a priori”, asettica. Fin dall’inizio del processo di costruzione delle conoscenze e delle azioni del e per il piano era opportuno definire dei progetti-obiettivo per l’interazione continua con la popolazione locale e con i pubblici amministratori. Questo processo partecipativo e interattivo ha portato a individuare quali dovessero essere, in una prima fase, i Tematismi di un Piano di Struttura al quale far riferimento per la redazione del PRG. Si è optato per approfondire due assi di interesse strategico:

1. Il primo riferito alla promozione dello sviluppo socio-economico e alla valorizzazione ambientale e culturale del territorio:

1.1 Progetto Amarena 1.2 Progetto Cavallo-Equitazione 1.3 Progetto Tartufo 1.4 Progetto Forestazione 1.5 Progetto Parco delle Tecchie 1.6 Progetto Agricoltura Sostenibile 1.7 Progetto Beni Culturali e Archeologici 1.8 Progetto Tutela del Paesaggio

2. Il secondo attinente alla riqualificazione del sistema insediativo:

2.1 Progetto Centro Storico 2.2 Progetto Edilizia Pubblica e Privata 2.3 Progetto Frazioni 2.4 Progetto Edilizia rurale 2.5 Progetto Aree Produttive

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2.6 Progetto Aree Verdi 2.7 Progetto Infrastrutture e Servizi 2.8 Progetto Nuovo Regolamento Edilizio

Si voleva, infatti, che le analisi e le proposte di adeguamento del PRG al PPAR potessero rappresentare anche un’occasione di verifica delle criticità e delle potenzialità ambientali-territoriali sulle quali fondare l’ipotesi di un modello di sviluppo sostenibile in senso ambientale e socio-economico. Purtuttavia si era consapevoli che non è sufficiente mettere in evidenza le potenzialità e le risorse di un territorio o di un ambiente per avere un subitaneo processo di decollo produttivo basato su di esse. Era importante saper coniugare le idoneità con le potenzialità, intendendo con idoneità quel processo articolato e complesso attraverso il quale una risorsa ambientale e territoriale o storico-culturale si trasforma in motore dello sviluppo locale. (cfr. Schema 1 e 2 alle pagine seguenti)

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In questa ottica, ad esempio, la redazione della Carta fitoecologica rappresenta sia l’adeguamento indispensabile e obbligatorio al PPRA, sia l’integrazione delle risorse naturali con quelle agro-silvo-pastorali e costituisce anche uno strumento fondamentale per verificare le potenzialità reali dei Progetti- Tematismi scelti come paradigmi dello sviluppo locale. La carta fitoecologica esprime una varietà poliedrica di tipologie che sono contemporaneamente analisi-ambientali-territoriali e meta- progettuali per la definizione delle scelte programmatiche e delle strategie relative ai processi/progetti di valorizzazione dei tematismi strutturanti la sostenibilità/sviluppo. La carta fitoecologica, intesa come conoscenza delle dinamiche territoriali ed ambientali, e della misurazione del grado di naturalità- artificialità sia di ogni singola unità ambientale, sia di aree vaste e complesse, ha costituito uno strumento basilare anche per descrivere tutto il territorio, ivi compresi i contesti più antropizzati, al fine di classificarlo in Unità di Paesaggio: queste ultime vanno intese come aree omogenee dal punto di vista ecologico e strutturanti le diverse forme spaziali e funzionali del mosaico ambientale. Dare pari dignità nelle strategie del nuovo PRG agli aspetti e alle potenzialità ambientali rispetto a quelli urbano- territoriali, non ha significato nel caso di Cantiano trascurare il ruolo che anche le potenzialità e idoneità delle risorse storico –culturali e urbano-territoriali debbono avere nelle strategie dello sviluppo.Anche in questo caso sono stati individuati, nella fase analitico-esplorativa-metaprogettuale del Piano degli ambiti territoriali definiti come Nodi progettuali Gli ambiti territoriali-urbanistici considerati come Nodi progettuali sono: 1. Capoluogo-Pontedazzo 2. Pontericcioli 3. Fossato-Chiaserna. Se si confrontano le tavole classificate come A4 (nell’elenco degli elaborati prodotti per il nuovo PRG) si può constatare come le elaborazioni analitico- metaprogettuali relative all’individuazione/ valutazione degli aspetti, degli impatti, delle potenzialità- idoneità dei nodi progettuali, abbiano costituito una fase fondativa di quel passaggio dalle politiche del vincolo a quelle del valore.

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L’intero territorio di Cantiano è ingessato da vincoli di tipo paesistico- ambientale, quali quelli ex L.1497/39 e anche lo stesso PPAR ha ulteriormente articolato e diversificato questo regime vincolistico segnalando componenti ambientali di grande valore da tutelare senza agganciarle a nessuna logica e/o politica di sviluppo locale. Le Unità di Paesaggio, da un lato, e i Nodi progettuali, dall’altro, assieme ai dibattiti pubblici per l’individuazione dei tematismi progettuali relativi alle risorse potenziali ambientali-territoriali e storico- culturali hanno permesso la costruzione del sistema degli obbiettivi da perseguire attraverso una complessa ma puntuale pianificazione strategica. Spesso si sottovaluta che i processi di co- pianificazione o di pianificazione concertata negoziata avvengano tra vari livelli di pianificazione e che un PRG essendo l’anello finale della filiera della pianificazione è quello che, più di altri, deve essere in grado di dialogare contemporaneamente su più tavoli e di motivare coscientemente le proprie scelte e politiche di pianificazione. Quelle che interessano diversi livelli sovraordinati di pianificazione sono tipologie di co-pianificazione esogene al contesto nel quale si sono confrontate e dibattute a livello locale, forme di conoscenze, pratiche professionali e forme d’azione per la definizione delle politiche del piano. A questo livello, più endogeno al piano, essersi posta la domanda: “Quale conoscenza per l’azione?” ha significato – come suggerisce Pierluigi Crosta 45 -ridefinire i contenuti e il modello di divisione del lavoro tra discipline scientifiche e professioni tecniche.In questo modo sono caduti i pre-giudizi esistenti tra discipline e nello stesso tempo ogni componente della squadra dei pianificatori ha dovuto rendersi disponibile a dover falsificare, anche con idee e saperi appresi in un pubblico dibattito, i propri costrutti teorici e strategici. Il risultato di questa continua interazione tra conoscenza ed azione si è alla fine concretizzato in una pianificazione strategica strutturata mediante Progetti speciali e Progetti qualità (sulle modalità di attuazione e gli obiettivi di detta pianificazione strategica si rimanda ad un apposito capitolo di questa relazione).

45 P.L. Crosta, Politiche , F.Angeli, Milano, 1998. 106

Una pianificazione strategica pensata per l’azione deve essere riconosciuta dai cittadini di Cantiano come un bene comune alla definizione e realizzazione del quale deve contribuire l’intera comunità: “…il termine bene comune viene utilizzato come riferimento che giustifica e definisce il carattere doppiamente pubblico (per il pubblico, ed ad opera del soggetto pubblico) delle diverse forme di intervento dello Stato (…) “il bene comune” tende a presentarsi sempre con una connotazione positiva e olistica –si potrebbe dire, cioè, che il bene comune “è bene comune perché è comune” 46 .

46 P.L.Crosta, Op.cit., pag.85. 107

Significato della carta fitoecologica e integrazione delle risorse naturali ed agro-silvo-pastorali

108

CRITERI PER IL DIMENSIONAMENTO DEL NUOVO PRG: QUANTITA’, QUALITA’, COSTRUTTI STRATEGICI

Verifica della efficacia previsionale e della efficienza operativa relative al Programma di Fabbricazione vigente

Esiste uno stretto legame tra la stima del fabbisogno abitativo e le dinamiche del patrimonio edilizio comunale. Il Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni realizzato dall’Istat con cadenza decennale, costituisce una fonte “certificata” e attendibile per ricavare informazioni sulle quantità e le qualità degli insediamenti residenziali. Purtroppo a tutt’oggi non è stato ancora possibile avere dall’Istat i dati disaggregati dell’ultimo Censimento, svoltosi nel 2001, sono stati diffusi solo i dati generali relativi alla popolazione residente e alle abitazioni rilevate. Il confronto tra il censimento 2001 e quello del 1991 fornisce, sia pure sui dati generali, alcuni elementi di riflessione.

La popolazione residente Se, da un lato, la popolazione residente di Cantiano fa registrare una diminuzione di 195 abitanti nel decennio intercensuario (-7,1% rispetto al 1991), il numero delle famiglie risulta incrementato del 6%, passando da 1052 a 1115 nuclei. Ma è la composizione dei nuclei familiari a far registrare il maggior cambiamento: le famiglie aumentano di numero anche a causa di una parcellizzazione dei nuclei. Si creano così nuove famiglie di dimensioni inferiori, il numero medio dei componenti passa dal 2,6 del 1991 al 2,26 (arrotondato a 2,3) del 2001. Le nuove famiglie che si creano spesso sono giovani, senza figli, oppure sono famiglie monoparentelari (vedove/i o divorziate/i).

109

Le abitazioni D’altro lato, pur in presenza di un decremento demografico, il Censimento delle Abitazioni fa registrare un aumento complessivo del 4,6%. Aumentano, infatti, passando da 1052 a 1083 (+2,9%) le abitazioni occupate, proprio per soddisfare la domanda proveniente dalle famiglie di nuova formazione ed i nuovi bisogni abitativi della popolazione residente che non si accontenta più del mero soddisfacimento quantitativo del fabbisogno (una stanza per abitante), ma ricerca una soluzione qualitativa : le abitazioni da macchine per soddisfare i fabbisogni residenziali primari, diventano strumento per soddisfare anche le esigenze del tempo libero (ad es. stanza per gli hobbies, ecc.) o del lavoro (spesso svolto anche all’interno dell’abitazione). Ma aumentano anche le “altre abitazioni”, vale a dire “le abitazioni non occupate o quelle abitate da persone che non hanno la dimora abituale nelle stesse” (secondo la definizione Istat), in pratica le seconde case che passano da 586 a 630 (+7,5%). Non sono stati rilevati, invece, nel territorio comunale di Cantiano alloggi inidonei o altri tipi di ricoveri non classificabili come abitazioni. Ogni 100 abitazioni censite a Cantiano nel 2001, quelle occupate da residenti rappresentano il 63,2%, quelle non occupate il 36,8%, una percentuale molto superiore a quella della media provinciale che per la provincia di Pesaro e Urbino è pari al 19,4% di abitazioni non occupate. Il dato relativo al mancato o parziale/stagionale utilizzo di circa 4 abitazioni ogni 10 esistenti, può preludere ad un ripensamento complessivo delle strategie insediative della popolazione di Cantiano, ma solo quando saranno disponibili i dati disaggregati sul patrimonio edilizio censito (per tipologia, sistema costruttivo, localizzazione, vetustà, dotazioni strutturali) si potranno segmentare le politiche comunali per la residenza ragionando in termini più precisi sulle scelte

110 tipologiche da attribuire al dimensionamento teorico del fabbisogno abitativo.

111

Comune di Cantiano: dati statistici generali, confronti intercensuari

- Superficie complessiva territorio comunale Kmq. 83

- Abitanti . anno 1981 3106 . anno 1991 2744 . anno 2001 2549

- Densità popolazione . anno 1981 ab/kmq 37,3 . anno 1991 ab/kmq 33,0 . anno 2001 ab/kmq 30,71

- Distribuzione della popolazione

1991 Centri 2005 73 Nuclei 423 16% Case sparse 316 11%

- Famiglie Anno N° nuclei Dimensione media 1981 1.207 2,5 1991 1.052 2,6 2001 1.118 2,3

- Popolazione attiva

. anno 1981 941 . anno 1991 919

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Comune di Cantiano: dinamiche relative alla popolazione ed alle abitazioni, 1991- 2001

1991 2001

Popolazione residente ab. 2.744 2.549

Popolazione presente ab 2.698 ------

Numero totale delle famiglie n 1.052 1.115

Composizione media famiglia n 2,6 2,3

Abitazioni occupate n 1.052 1.083

Abitazioni inidonee n 586 630

Abitazioni totali n 1.638 1.713

Fonte: Istat, Censimento Popolazione e Abitazioni, 1991, 2001

Le informazioni statistiche di carattere generale sono state integrate da una analisi diretta sui singoli fabbricati e sulle aree “fabbricabili” in relazione alle previsioni del vigente Programma di Fabbricazione. In particolare l’attenzione è stata rivolta all’analisi della domanda reale, al di là di quella meramente quantitativa, di nuove abitazioni e di rifunzionalizzazione di quelle esistenti, di ristrutturazioni globali o parziali, di riuso e recupero del patrimonio esistente. Nonostante il Comune di Cantiano sia considerato tra le realtà locali in declino o, più eufemisticamente, “in ritardo di sviluppo”, non si è mai registrato negli ultimi 20 anni un particolare e grave disagio abitativo. Certamente hanno contribuito a rendere meno problematico il soddisfacimento del fabbisogno abitativo –sia quello regresso, sia quello contemporaneo- le previsioni relative agli insediamenti residenziali contenute nel Programma di Fabbricazione (PdF).

113 Il PdF di Cantiano è stato redatto dagli architetti Giuseppe Panichi e Antonio Scaglioni alla fine degli anni ’70, il piano è stato approvato dalla Regione nel 1982. Nonostante le limitazioni giuridiche e normative specifiche di questo tipo di strumento urbanistico, le previsioni relative alle aree Peep ed alle lottizzazioni pubbliche (su terreni di proprietà comunale) hanno permesso di calmierare il prezzo delle aree e, nello stesso tempo, di orientare, attrezzare e regolare l’espansione delle aree residenziali secondo i principi della densità insediativa e della relativa predisposizione –come sarà approfondito in seguito- degli standard urbanistici. Più problematiche, in senso realizzativo, si sono rivelate le previsioni e le politiche di intervento finalizzate alla riqualificazione e ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, specie quello attinente al tessuto urbanistico e alle tipologie edilizie del Centro storico e delle frazioni. Come è stato rilevato da una apposita indagine 47 condotta dall’avv. Paolo Parisella, il rimando a Piani attuativi, come i Piani particolareggiati e i Piani di recupero, non predisposti dall’Amministrazione comunale per ragioni inerenti al reperimento del budget finanziario –impegnativo rispetto alle dimensioni economiche del bilancio comunale- per redigere e rendere operativi gli stessi, ha penalizzato alcune parti del tessuto urbanistico del Centro storico e delle frazioni più periferiche.

Governare il processo di ri-centralizzazione degli insediamenti residenziali

Una ricognizione fatta sul campo e articolata attraverso ambiti territoriali specifici: capoluogo, frazioni, nuclei e case sparse, ha consentito di arrivare ad un dimensionamento del Nuovo PRG non in termini puramente “notarili” o “ragionieristici”, ma come costrutto strategico, come obiettivo delle politiche di piano da perseguire. Nell’ottica del recupero della funzionalità produttiva e della qualità ambientale e paesistica si è optato per il non incremento di nuove abitazioni nelle frazioni e nei nuclei più decentrati, nonché nel territorio a prevalente destinazione agricola.

47 P.Parisella, Comune di Cantiano, Le principali problematiche del vigente PdF sotto il profilo normativo, Cantiano, 1998 114 Una spia delle tendenze abitative in atto è data dal rilevante numero di case non occupate, per lo più ubicate nelle parti montane o poco accessibili del territorio comunale. Si è riscontrato, inoltre, da un lato una tendenza alla concentrazione della popolazione residente nel capoluogo e nelle frazioni ad esso adiacenti e, dall’altro, l’inizio di un recupero funzionale e paesistico, per lo più a fini agrituristici e/o di seconde case, per i piccoli nuclei isolati ubicati in territorio collinare o montano. Si è ritenuto opportuno assecondare questa tendenza al ri-accentramento della popolazione per 1. dare la possibilità ai residenti nel capoluogo di usufruire di mezzi di trasporto pubblico per accedere ai luoghi di lavoro, del commercio, del tempo libero, alle strutture di servizio pubblico, in un’ottica di Area vasta, regionale e interregionale, 2. realizzare delle economie di scala nella fruizione dei servizi urbani, collocati per lo più nel capoluogo; 3. attuare una drastica riduzione dei costi di investimento e gestionali per le infrastrutture a rete e per quelle viarie.

Purtuttavia questo auspicabile processo di ri-centralizzazione residenziale deve essere governato al fine di limitare incongrui impatti ambientali e dannosi sprechi del suolo. In base a queste considerazioni strategiche la previsione dei nuovi insediamenti residenziali, impostata secondo la particolare morfologia del territorio di Cantiano, va ad integrare il tessuto urbano esistente nelle aree di fondovalle, ridefinendone in genere i margini o, in alcuni casi, siti già di fatto inglobati nei centri abitati. L’intervento più strutturato riguarda il capoluogo dove il Piano prevede quattro aree di nuova edificazione: - Flaminia, - Morena, - Tenetra, - Col di Raggio. Tutte quattro le aree vanno a definire il margine dell’abitato nella zona verso monte e si poggiano sulla previsione di una nuova viabilità locale di supporto, che servendo anche altre zone residenziali esistenti

115 consentirà di rendere sostanzialmente libera dal traffico veicolare la grande zona di verde pubblico posta all’ingresso del centro storico. A Chiaserna è stata prevista una modesta zona di nuova edificazione posta proprio a ridosso del centro funzionale della frazione, mentre a Pontericcioli la zona di nuova edificazione è posizionata in prossimità di un’ampia zona per attrezzature pubbliche già in parte esistente. Il Piano prevede, per ognuna delle zone sopra citate, una sintetica Scheda oltre il Progetto indicante, prescrizioni ed indicazioni, tracciati stradali, zone alberate, zone verdi e per servizi, allineamenti, distacchi ecc. La Scheda Progetto insieme alla previsione dei tipi edilizi ed agli indici previsti dalle NTA regolano l’assetto e l’edificazione nelle zone di nuova edificazione. Il Piano adegua inoltre tutte le zone di completamento distinguendole in: - Zone di Conservazione nelle quali sono consentiti gli interventi di cui all’art.30 (commi a, b, c, d) della Legge 457 del 5-8-1978 ed ampliamenti contenuti nel limite del 20% dell’esistente. - Zone di Trasformazione in cui è prevista la nuova edificazione a completare l’edificazione esistente.

Per quanto riferibile alle zone “A” il Piano, pur confermando la previsione di redigere un Piano Particolareggiato, fornisce una serie di prescrizioni e suggerimenti contenuti nel Progetto Qualità Urbana e nelle schede relative ai manufatti extraurbani di interesse storico- paesistico.

116 Dimensionamento del piano: calcolo del fabbisogno residenziale

Popolazione ipotizzata dal Piano ab 3.780

Composizione media famiglia n 2,2

Incremento popolazione ab 1.233

Volume medio teorico per alloggio mc 264

Volume medio per abitante mc 120

Fabbisogno teorico complessivo mc 453.600

Dimensionamento del piano: stima del fabbisogno abitativo

ZONE A PREVALENTE DESTINAZIONE RESIDENZIALE Zon a -ST- -ST- -SUL- -V- Urbanistica Superficie Disponibile Superficie Utile Volume Territoriale- all’edificazione Edificabile Edificabile

“A” Mq ------Mq ------Mq ------Mq ------

“B1” °° Mq * Mq * Mq * Mc *

“B2” Mq 453.900 Mq 39.030 Mq 23.400 Mc 70.200

“C1/C2” ** Mq ** Mq ** Mq ** Mc **

“C3” Mq 82.500 Mq 52.490 Mq 25.900 Mc 77.700

TOTALE Mq 536.400 Mq 91.520 Mq 49.300 Mc 147.900

°°Nelle zone B1 è consentita la conservazione delle volumetrie esistenti o ampliamenti nel limite del 20% del volume esistente ** Le zone C1 e C2 sono zone di nuova edificazione con piani attuativi vigenti e sono praticamente sature

117 Riqualificare le aree produttive esistenti e promuovere quelle turistico-ricettive

Già in precedenza si è analizzato il rapporto continuità-discontinuità esistente tra le previsioni del Programma di Fabbricazione vigente e quelle del nuovo PRG. Certamente un elemento rilevante e strategico della discontinuità è costituito dal tema delle aree produttive. Potremmo affermare che il PdF supportava un possibile sviluppo locale del territorio cantianese esclusivamente in termini di nuove opportunità localizzative di stabilimenti industriali e artigianali. Questi ultimi erano previsti all’ingresso e alla periferia del capoluogo con impatti ambientali, ad es. quelli relativi alle aree golenali, e visivi di difficile controllo. Del tutto marginalmente era presente un ipotetico sviluppo turistico in riferimento alla valorizzazione delle qualità ambientali che oggi si articola in un sistema complesso: • Qualità ambientali attinenti alle parti più naturalistiche del territorio, come ad es. il Parco di Tecchie, l’ippo-escursionismo ed i percorsi e itinerari natura; • Risorse storico-culturali, come l’itinerario archeologico e delle rocche (restaurate di recente) e la creazione di un nucleo museale comunale dedicato sia al patrimonio archeologico e alle rilevanti e specifiche risorse geo-territoriali del Cantianese. Se si considera, inoltre, che Cantiano ha visto il riconoscimento, a livello di DOP (Denominazione d’Origine Protetta) di ben tre prodotti tipici locali: -Il pane di Chiaserna, -Le amarene e le visciole -Il cavallo del Catria si può ben comprendere come un ipotetico sviluppo basato sulle risorse dell’eco- turismo e delle qualità/tipicità gastronomiche locali sia potenzialmente attuabile ed auspicabile. Questa nuova espansione delle potenzialità turistiche è già in atto se si considera che solo dal 2001 al 2002 gli arrivi negli esercizi alberghieri sono triplicati e le presenze sono più che raddoppiate, pur restando inalterata l’offerta ricettiva, ovvero il numero di posti letto.

- Comune di Cantiano: numero degli esercizi alberghieri esistenti, arrivi e presenze, 2001-2002

Anno Numero Posti letto Arrivi Presenze 2001 5 177 579 2.337 2002 5 177 1.418 5.180

Questo incremento delle attività turistiche ha già prodotto la realizzazione di strutture ricettive di vario tipo, localizzate nei centri abitati e diffuse nel territorio agricolo, indirizzate a diversi tipi di utenza. Il Piano prevede un generale potenziamento dell’offerta turistica attraverso il potenziamento e la valorizzazione delle aree esistenti ed attraverso previsioni e nuove localizzazioni così diversificate: - La Porta Territoriale delle Marche nella zona di Pontericcioli, lungo la strada della Contessa, con la previsione di spazi espositivi strutturati al fine di valorizzare i prodotti locali e regionali tipici e di spazi informativi inerenti alla valorizzazione dei sistemi ambientali e storico culturali locali, d’Area vasta, regionali. - Un’area Turistico-ricreativa in località Ponte Grosso relazionata al Percorso Archeologico della antica via Flaminia ed al sistema naturalistico del Fiume e della Gola del Burano. - Un’area Turistico-ricreativa in località Cà Strada in relazione con il sistema ambientale del monte Catria, dell’Acuto e del Cucco. - Area Turistico-ricettiva alle porte del capoluogo, in una zona dotata di attrezzature sportive e ricreative, destinata più specificamente alla ricettività di tipo alberghiero. - Valorizzazione del patrimonio edilizio di rilevanza storico-ambientale, diffuso nel territorio comunale, da utilizzare per una ricettività alternativa a quella alberghiera e /o agrituristica.

Le previsioni di nuove tipologie ricettive turistiche sia di tipo alberghiero, sia quelle relative all’aria aperta (camping, bungalow, ecc.) sono strettamente connesse, assieme alla valorizzazione delle tipologie degli insediamenti rurali più idonei ad essere trasformati in agriturismi per soddisfare le esigenze sia del ricco turista “stanziale”, sia quelle più modeste dell’eco-

74 turista che, avendo come base logistica il territorio di Cantiano, potrà accedere a itinerari ed escursioni tematiche d’Area vasta. Per assecondare questa segmentazione potenziale della domanda turistica sono previste tipologie articolate di offerta relativa alla ricettività turistica. Inoltre, per promuovere il turismo e le qualità di “giacimento gastronomico” del territorio cantianese si è proposto –come specificato in precedenza- di localizzare idonee strutture, pensate ad hoc, nella zona di Pontericcioli, lungo la strada della Contessa che delimita anche il confine tra le regioni Marche e Umbria, la Porta Territoriale delle Marche. Una vera e propria “porta informativa ed espositiva” sia riferita al “Made in Marche” relativa ai prodotti tipici, all’eco-turismo e al turismo storico-culturale, sia correlata alle risorse turistiche locali.

In base a queste strategie, l’handicap costituito dall’essere Cantiano una città di confine si ribalta in una grande occasione, in quanto viene riconosciuto alla Porta Territoriale delle Marche ubicata a Cantiano il ruolo di medium per la valorizzazione delle potenzialità ambientali e territoriali d’Area vasta (in particolare quelle costituite dalle Comunità Montane dell’Alto Pesarese e dei limitrofi distretti turistici ubicati in territorio umbro.

Il nuovo PRG, pur assecondando e promovendo in maniera marcata una riqualificazione ed espansione delle attività ricettive e delle risorse turistiche, non trascura la ri-organizzazione e l’espansione limitata delle aree produttive esistenti. Il Piano, infatti, prevede la riorganizzazione delle aree produttive attraverso una serie d’interventi: - Conferma delle aree esistenti a Cantiano e Pontericcioli ed il loro riassetto attraverso modesti adeguamenti di perimetro e di Norme Tecniche; - Riuso dello storico insediamento della “Baldeschi e Sandreani” consentendo, di fatto, una riconversione ad uso terziario e/o espositivo; - Previsione di una nuova area, di proprietà pubblica, in località S.Rocco con destinazione mista, produzione e terziario.

75 In questa operazione di riqualificazione delle aree produttive, si è pensato che dovessero essere accentuate le destinazioni attinenti alle attività artigianali (sia di produzione, sia di servizio) e a quelle terziarie (in particolare quelle relative a esposizioni di prodotti collegati alle risorse turistiche e all’artigianato di qualità, ecc.). Questa strategia si colloca nell’ambito di un’auspicabile integrazione tra il territorio cantianese e quello limitrofo del distretto turistico-artigianale del versante umbro. In particolare, visto il blocco delle aree artigianali e delle strutture espositive nel quale si trova, ad esempio, il comune di Gubbio, non è privo di significato approntare un’adeguata offerta di queste tipologie produttive che potrebbero far capo al mondo dell’imprenditoria turistico- artigianale dell’area umbra. Sempre in quest’ottica debbono essere adottati tutti quei miglioramenti ambientali, funzionali e infrastrutturali che consentano la riqualificazione radicale delle zone produttive esistenti che sono sorte, in molti casi, senza un adeguato controllo di qualità delle tipologie edilizie, degli spazi per l’accessibilità e la sosta, dell’arredo urbano, ecc. Questa strategia è riscontrabile anche nei Progetti speciali e nei Progetti qualità, ai quali si rimanda per gli aspetti e le azioni d’intervento più specifiche.

Dimensionamento del piano: stima del fabbisogno per attività turistico-ricettive (DT)

ZONE PER ATTIVITA’TURISTICO-RICETTIVE Zona Urbanistica Superficie Territoriale- Superficie Utile disponibile ST SUL

DT1 Mq 4.075 Mq ------

DT2 Mq 11.060 Mq 500

DT3 Mq 379.400 Mq 7.200

Totale Mq 394.535 Mq 7.700

N.B. Nelle zone DT non è prevista la realizzazione di residenze di tipo turistico

76 Dimensionamento del piano: stima del fabbisogno per attività produttive non agricole (D)

ZONE PER ATTIVITA’ PRODUTTIVE NON AGRICOLE Zona Urbanistica Superficie Territoriale- Superficie Coperta ST- SC

D1 Mq 95.485 Mq 57.291

D2 Mq 9.160 Mq 5.508

D3 Mq 33.700 Mq 16.850

D4 Mq 27.500 Mq ------

Totale Mq 165.845 Mq 79.694

77

La qualità urbana: da standard a motore dello sviluppo locale

Nonostante la limitata efficacia operativa che –per sua natura giuridica- un Programma di Fabbricazione possa avere nella previsione di vincoli urbanistici relativi a finalità pubbliche, il PdF del Comune di Cantiano ha rappresentato uno strumento fondamentale per incrementare e qualificare la dotazione di standard urbanistici ex DM 2-4-1968, n° 1444. Il PdF, infatti, ha affrontato il tema della dotazione e del dimensionamento delle attrezzature di interesse collettivo non in maniera burocratica (perché obbligato). Nei confronti del dimensionamento sono invece state affrontate due questioni strutturali relative alla: - Valutazione del fabbisogno; - Localizzazione nel territorio delle strutture collettive. La Valutazione del fabbisogno è stata concepita ben oltre l’applicazione minimale e obbligatoria degli standard di legge, in riferimento alla capacità insediativa residenziale teorica. In particolare, le strutture sportive e per il tempo libero sono state super- dimensionate (105.850 mq), assieme a quelle per il verde attrezzato (82.350 mq) e al Parco urbano (50.900 mq). In base a queste previsioni urbanistiche il Comune di Cantiano può vantare un invidiabile primato, quello di essere tra i comuni d’Italia con la maggior dotazione di aree pubbliche e di interesse generale (28 mq per abitante) e di aree a Verde attrezzato e Parco urbano (39,90 mq per ciascun residente). Le quantità di dotazioni di standard urbanistici costituiscono, però, una condizione necessaria ma non sufficiente per valutare la qualità degli stessi. Un ruolo importante gioca anche l’ubicazione delle attrezzature di interesse collettivo in rapporto alle zone destinate al soddisfacimento dei fabbisogni residenziali futuri, anche in rapporto alla struttura insediativa esistente. La qualità delle attrezzature deve essere strettamente collegata al dimensionamento della domanda e al raggio d’influenza relativo alle parti del territorio urbanizzato che le strutture debbono servire. Dimensionamento, raggio d’influenza e, last but not least , l’accessibilità agevolata e la possibilità –offerta anche ai privati- di gestire e mantenere in efficienza i servizi, gli impianti e le aree, costituiscono i fattori decisivi per un uso funzionale corretto degli standard urbanistici.

78 Nonostante il PdF non avesse nella propria agenda di interessi una reale valorizzazione delle risorse turistiche, articolate e complesse, del territorio cantianese, quella politica lungimirante e in gran parte realizzata fino ad oggi, relativa al super-dimensionamento delle Aree per il Verde pubblico e attrezzato, si è rivelata finora e lo sarà ancor più in futuro, un plus urbanistico per coniugare la qualità urbana con le strategie del nuovo modello di sviluppo locale proposto dal Nuovo PRG. Se si considera che il turista, vuoi semplice escursionista o soggiornante, deve essere considerato a tutti gli effetti un “cittadino temporaneo”, quella dotazione di Aree verdi attrezzate e per il tempo libero vanno a costituire, tout court , un fattore importante di arricchimento e non una semplice cornice dell’offerta turistica del territorio cantianese. Un Verde attrezzato, specie quello riferito alla struttura per la valorizzazione dell’Ippo- turismo, che costituisce una vera e propria risorsa turistica, rara se non esclusiva –per dimensioni e qualità- nell’ambito delle Comunità Montane dell’Alto Pesarese. Anche gli 84.000 mq che il Nuovo PRG destina alla tutela e valorizzazione del Verde Archeologico debbono essere considerati sia in termini di doverosa e responsabile conservazione dei siti archeologici, sia in termini di potenziale risorsa turistica da valorizzare nell’ambito della più complessiva politica di rilancio del turismo archeologico, imperniato sulla valorizzazione dell’intero sistema turistico costituito dal tracciato dell’antica Via Flaminia. Nonostante questo impegno eccezionale profuso per la realizzazione e gestione delle strutture collettive relative al Verde pubblico e attrezzato ed a quello attinente alle aree dei ritrovamenti archeologici, le Amministrazioni comunali di Cantiano –che si sono succedute dopo l’approvazione del PdF- non hanno trascurato gli spazi e gli edifici da dedicare alle strutture scolastiche di base ed ai nuovi bisogni sociali, come ad esempio quelli emergenti inerenti la costruzione della Casa di Riposo. Struttura, quest’ultima, di grande valore sociale per dare una decorosa ed efficiente dimora e servizi sanitari a quelle persone anziane che costituiscono un problema di grande attualità in comuni a marginalità economico-sociale e di declino demografico come Cantiano.

Dimensionamento e qualità degli standard urbanistici

ZONE A DESTINAZIONE PUBBLICA E DI INTERESSE GENERALE Zona Destinazione Superficie

F1 Scolastica Mq 7.150 F2 Amm.Sanitari.Cult. Mq 6.600 F3 Sportiva-Tempo libero Mq 105.850

79 F4 Cimiteriale Mq 9.300 F5 Impianti tecnologici Mq 2.500 F6 Parcheggi Mq 11.550 Totale Mq 142.950

V1 Verde pubblico attr. Mq 82.350 V2 Parco urbano Mq 50.900 V3 Verde di rispetto Mq ------V4 Verde archeologico Mq 84.000

Totale Mq 150.850

VERIFICA DEGLI STANDARDS URBANISTICI

ZONE MQ MQ/AB

- AREE PER ISTRUZIONE E CULTURA 13.750 3,63

- AREE PUBBLICHE E DI INTERESSE GENERALE 105.850 28,00

- AREE A VERDE ATTREZZATO, PARCO Ecc. 150.850 39,90

- PARCHEGGI 11.550 3,05

TOTALE 282.000

N.B. Non concorrono alla dotazione degli standard urbanistici la zona cimiteriale, ad attrezzature tecnologiche, le aree verdi di rispetto.

80

Infrastrutture viarie, spazi di sosta e un innovativo arredo urbano e territoriale

Il sistema della mobilità afferente al Comune di Cantiano si articola in due principali sub- sistemi: 1. Un sub-sistema relativo alle infrastrutture viarie di attraversamento veloce, di recente realizzazione, costituito dal tracciato della nuova SS Flaminia; 2. Un sub-sistema inerente alla mobilità lenta e locale che ha un asse viario portante nel tracciato della vecchia SS Flaminia ed un altro principale di collegamento in direzione della frazione di Chiaserna. Certamente la realizzazione della cosiddetta “Tangenziale” veloce ha permesso di scaricare il traffico pesante –inquinante e a volte di rilevanti dimensioni- esternamente al perimetro del centro abitato e in particolare di quello del Centro Storico. Questa struttura viaria ha comportato, però, una sorta di esclusione del centro del paese dalle potenziali attenzioni degli utenti dei mezzi di trasporto privato. Il paese si è trasformato in un anonimo skyline che viene intra-visto sfrecciando lungo la nuova SS Flaminia a oltre 130 Km/ora. Lungo lo stesso tracciato si collocano due aree strategiche per la valorizzazione delle risorse turistiche del cantianese: l’area archeologica di Pontericcioli e quella di Pontedazzo, in due zone che il PRG intende attrezzare anche come luoghi di sosta per la valorizzazione e la conoscenza complessiva di tutto il territorio comunale e di quello della Comunità Montana del Catria e del Nerone. A Pontericcioli, inoltre, è ipotizzata la localizzazione della Porta Territoriale delle Marche che si candida a diventare il biglietto da visita, d’informazione e d’esposizione, delle risorse regionali afferenti all’eco-turismo, al turismo eno-gastronomico e a quello storico-culturale. Per segnalare queste variegate opportunità che potrebbero essere offerte dalla Porta Territoriale delle Marche è importante avviare delle operazioni di marketing territoriale, promozioni e pubblicità, a scala regionale e interregionale. Nello stesso tempo è opportuno progettare anche dei segnali visivi che sappiano attrarre l’attenzione dell’automobilista distratto o troppo veloce.

81 Il Nuovo PRG opta per la creazione di segnali visivi concepiti a scala territoriale, collocati lungo il tracciato della nuova SS.Flaminia, in luoghi strategici. Queste opere d’arte ambientale o di land art potrebbero avere una doppia funzione: a- costituire, come si è detto in precedenza, dei segnali visivi a scala territoriale per far convergere l’attenzione sulla qualità dei luoghi e sulle risorse ambientali, territoriali e storico-culturali che essi ospitano; b- essere esse stesse una risorsa turistica, un vero e proprio Parco di sculture . Un percorso imperniato sul rapporto arte contemporanea e ambienti-territorio locale. Delle opere originali concepite per essere fruite in questi luoghi, per integrarsi con le loro caratteristiche peculiari, in particolare per quelle creazioni artistiche che dovrebbero dialogare con i resti archeologici della civiltà romana. Da questo connubio di storia antica e di contemporaneità dovrebbe nascere la possibilità di dare una continuità artistica attuale a quei gloriosi ritrovamenti. Visioni retrospettive e visioni prospettive trovano comuni luoghi di incontro e di dialogo. Certamente questo è un progetto importante –nello stesso tempo ambizioso e difficile- perché è molto più facile tutelare un paesaggio esistente (di valore) che crearne un altro originale e di pari valore dal nulla. Una sfida che l’Amministrazione comunale di Cantiano sicuramente non può affrontare con le sue sole forze (economiche, finanziarie, organizzative) e con le sue attuali competenze in campo artistico. Per queste ragioni sarebbe auspicabile un progetto di collaborazione con il Comune di Cagli che già da qualche anno ha affrontato il problema relativo al rapporto della scultura e delle installazioni artistiche contemporanee in contesti urbani e territoriali 48 . In questa ottica di riqualificazione delle strutture viarie al fine del rafforzamento delle identità locali e dell’offerta turistica, si collocano anche le proposte che il Nuovo PRG prevede per il sistema della mobilità locale. Il tratto del viale urbano della vecchia Via Flaminia, compreso tra la rotatoria di Via dell’Industria e quella di Via Gramsci, dovrebbe costituire il nuovo viale di ingresso al Capoluogo, denominato Viale delle Amarene per le essenze arboree che si intendono piantumare su entrambi i lati, dovrà essere concepito con grande rigore nella scelta dei criteri progettuali e dei materiali. Oltre alla dimensione simbolica-identitaria delle

48 Un moderno centro di scultura , in “Catria e Nerone”. Periodico informativo della Comunità Montana del Catria e del Nerone, ottobre 1997. 82 infrastrutture, non debbono essere sottovalutati gli aspetti funzionali, quali i percorsi carrabili e gli spazi per la mobilità ciclabile e pedonale che debbono essere resi sicuri. Sempre nell’ambito di una riqualificazione delle infrastrutture relative alla mobilità locale è stato progettato un nuovo tracciato viario di supporto alle nuove edificazioni, lungo il quale si andranno a collocare tutte le aree di Tipo “C” previste dal Nuovo PRG per il Capoluogo. Anche in questo caso il sistema infrastrutturale non assolve alla semplice funzione di collegamento agevolato. Esso tende, invece, ad assumere il carattere di vero agente della riqualificazione urbanistica e architettonica dei territori periferici. Agire sui margini, per raggiungere una nuova ricomposizione funzionale e formale degli insediamenti, significa porsi il problema della eliminazione di tutti quegli spazi urbani interstiziali , quelle terre di nessuno , che tanto concorrono a decretare la qualità degli insediamenti residenziali e degli spazi aperti pubblici.

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UNA PIANIFICAZIONE STRUTTURALE E STRATEGICA PER PROMUOVERE LO SVILUPPO LOCALE

Nella seconda parte di questa relazione si è affrontato il tema-problema dell’adeguamento del nuovo PRG agli strumenti della pianificazione sovraordinata. Un adeguamento critico e dialogico che non può essere concepito come semplice obbligo burocratico. Gli strumenti della pianificazione sovraordinata debbono costituire dei punti di partenza e non prefigurare dei fini “indiscutibili” ai quali attenersi per la redazione degli strumenti urbanistici di livello locale. Il PPAR è troppo datato perché abbia potuto affrontare il tema della co- pianificazione, presente, invece, nel PIT e nel PTC. Una co-pianificazione che non voglia essere strumento autoritario al quale far sacro riferimento, deve saper sottoporsi a processi di falsificazione, specie nei confronti degli strumenti di pianificazione comunale, concepiti più di altri per avere una cogenza operativa. E’ stato più volte ribadito che, nel caso della redazione del nuovo PRG di Cantiano, dovesse avere un valore prioritario coniugare gli obiettivi e gli strumenti della tradizionale pianificazione urbanistica con i fondamenti di uno sviluppo locale sostenibile. In base a questi presupposti, il processo di piano ha assunto i caratteri, distinti ma non distanti, di piano strutturale e di piano strategico. Gli elementi che strutturano il piano sono stati tratti da quelle conoscenze ambientali, territoriali e urbanistiche che, per citare J.McHarg 49 , costituiscono una specie di “determinismo geografico e fisiografico” al quale fare costantemente riferimento per enucleare le scelte fondanti il processo di pianificazione operativa. Aver messo in rilievo la dialettica esistente tra gli elementi strutturanti dell’ambiente e le risorse portanti del territorio, non rappresenta, tout court , poter attuare il passaggio dalla pianificazione strutturale a quella operativa.

49 J.McHarg, Progettare con la natura , Muzzio ed., Padova (1969) 1989. 84 Il cosiddetto “Piano del Sindaco” proposto recentemente dall’INU, rischia, se male interpretato, di trovarsi nella condizione di dover negoziare tutto, anche gli aspetti strutturali, pur di accedere alle risorse di un mercato più attento agli aspetti finanziari che a quelli relativi alla sostenibilità. La pianificazione strategica può costituire un medium importante per stabilire questo rapporto dialettico tra il determinismo geografico e la flessibilità operativa. Se si vuole sconfiggere il trend del “disposti a tutto” pur di attivare uno sviluppo locale (che in questo modo viene pensato solo a posteriori), su sollecitazione di occasioni date caso per caso dalle logiche di mercato, è indispensabile dotarsi di uno strumento guida , discusso a priori, flessibile sì, ma anche fermo su alcuni principi strutturanti e fondativi, nonché condivisi dalla comunità locale. E’ necessario far riferimento, inoltre, all’evoluzione che nel dopoguerra ha assunto la pianificazione strategica 50 . Si è passati dai rigidi e gerarchici Structure Plan (degli anni ’60), delimitanti i grandi piani di indirizzo relativi ai temi e agli obiettivi preminenti, soprattutto d’Area vasta e con una dimensione temporale di medio-lungo termine ai Piani Strategici (degli anni ’80) dove a prevalere erano le politiche e gli stili operativi di origine aziendale. In questa ottica, le amministrazioni locali avrebbero dovuto assumere il ruolo di “comune-impresa”, pronto a sacrificare –attraverso la deregolazione pianificatoria urbanistica- sia gli aspetti identitari, sia la stessa sostenibilità dello sviluppo locale. Negli anni ’90 le esperienze più significative relative ai piani strategici si orientano verso un modello “reticolare e visionario” Si ipotizzano relazioni di sinergia e complementarietà, sia tra livelli di pianificazione, sia tra territori. Se la sinergia tende ad integrare territori con vocazioni e potenzialità omologhe in una condivisa e reticolare “economia di scopo”, la complementarietà, attraverso la divisione del lavoro, sia spaziale che funzionale, tende a realizzare delle “economie di scala” al fine di favorire la cooperazione infra e inter-territoriale.

50 F.Curti, M.C.Gibelli, Pianificazione strategica e gestione dello sviluppo urbano, Alinea, Firenze, 1996. 85 Se si vogliono superare le rigidità e l’autoritarismo degli Structure Plan e se, nel contempo, non si vuole ricadere nel pragmatismo (a volte irresponsabile) della pianificazione di stampo aziendalista, è indispensabile porsi il problema della costruzione dal basso dei processi di pianificazione strategica. E’ auspicabile che i cittadini siano coinvolti non come semplici spettatori, ma come attori dello sviluppo locale. Non si deve tentare di carpire ad essi un consenso di massima sugli obiettivi, ma è opportuno che si attui quel processo di condivisione dei principi ispiratori e delle azioni da realizzare che solo il community visioning” può produrre.

PROGETTI SPECIALI E PROGETTI QUALITÀ

Nel caso della pianificazione strategica proposta anche come parte integrante della struttura e dell’apparato normativo del nuovo PRG di Cantiano, si è pensato che né le singole Unità di intervento, né gli aggregati Nodi progettuali, potessero costituire delle Unità territoriali appropriate 51 in grado di allocare le scelte più significative della domanda potenziale in riferimento all’offerta reale di valorizzazione relativa a quei tematismi- obiettivo che strutturano lo sviluppo locale. Si è pensato fosse più giusta ed operativamente più valida la suddivisione del territorio in tre grandi sistemi: 1. Il sistema naturalistico-ambientale 2. Il sistema agricolo-ambientale 3. Il sistema urbano-ambientale

La pianificazione strategica passa così dalla pratica della zonizzazione al ben più complesso riconoscimento delle Unità di paesaggio aggregate in sistemi ambientali, che rappresentano ambiti territoriali con specifiche, distintive ed omogenee caratteristiche di formazione ed evoluzione. Essa riconosce, infatti, tre sistemi cui riferirsi:

51 F.Archibugi, La città ecologica , Bollati-Boringhieri, Torino, 2002. 86 - Sistema naturalistico-ambientale: sono fornite le politiche in merito alla conservazione della biodiversità e alla valorizzazione degli itinerari naturalistici, ippo-turistici, didattici, nonché delle risorse locali; - Sistema agricolo-ambientale che prevede l’incentivazione delle politiche di gestione agricola e forestale, la valorizzazione delle tipicità gastronomiche, agriturismo, ecc; - Sistema urbano-ambientale , imperniato sulla realizzazione di due Porte, una territoriale a scala regionale e l’altra urbana, strettamente collegata alla ridefinizione dell’arredo urbano del Capoluogo, attraverso la creazione del Viale delle Amarene, .e sulla valorizzazione dell’itinerario archeologico della Via Flaminia e dell’ecosistema fluviale, ecc. Il Nuovo PRG di Cantiano adotta come assunto programmatico lo slogan “Pianificar facendo”, per sottolineare come il fattore tempo sia un paradigma fondamentale della pianificazione, ma anche come quest’ultima non possa mai essere disgiunta dalla pratica fattiva. Molte delle proposte presenti nelle schede relative alla pianificazione strategica o sono già in parte realizzate o sono in via di realizzazione. In questo caso non è il Piano che arriva a posteriori , ma è la programmazione degli interventi locali che anticipa politiche d’azione dibattute e affinate durante la lunga gestazione e la redazione dello strumento di piano. Per rendere ed accentuare ancor di più il valore operativo della pianificazione strategica si è pensato di articolare la stessa in Progetti speciali e Progetti di qualità (Cfr. Allegato). Si è ritenuto che i Progetti speciali e i Progetti qualità dovessero essere parte integrante della struttura relativa alle Norme tecniche di attuazione. Questa scelta è stata fatta per rimarcare una modalità forte relativa ai protocolli ai quali riferire l’operatività degli attori pubblici e privati. In questa Normativa specifica trovano implementazione le quattro sfere d’azione privilegiate dal processo di pianificazione strategica proposto 52 : • L’azione strutturale riferita prevalentemente agli obiettivi di tutela e valorizzazione inerenti alle potenzialità ambientali e territoriali, storico e culturali.

52 S.Arnolfi, A.Filpa, L’ambiente nel piano comunale , Il Sole24Ore Ed., Milano, 2000. 87 • L’azione operativa riferita alle azioni e alle procedure da porre in essere per conseguire gli obiettivi strutturali. • L’azione regolamentativa attenta a definire le regole, le norme da seguire nella realizzazione delle azioni di intervento. • L’azione dell’incentivazione , inerente alla promozione e implementazione di obiettivi innovativi, sperimentali e, in parte, più onerosi delle modalità di intervento tradizionali.

Si auspica che la tipologia di pianificazione strategica proposta possa contribuire, se non altro, a invertire una tendenza, quella che vede i territori di montagna “a dominante naturalistica” e di grande “fragilità economico- sociale” come territori poveri per poter competere con le dinamiche dell’attuale sviluppo regionale. In riferimento a questi tradizionali pre-giudizi veicolati dalla società industriale e tuttora ben saldi nell’opinione pubblica e nelle scelte della P.A., lo sviluppo locale sostenibile di Cantiano si pone come alternativa strategica, da attuarsi in un medio-lungo periodo, alla crisi dell’attuale modello distrettuale-industriale della Regione Marche.

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ALLEGATO

STRALCIO DELLE NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE

TITOLO V

INDIRIZZI DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA RIFERITI AI SISTEMI AMBIENTALI – TERRITORIALI

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TITOLO V - INDIRIZZI DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA RIFERITI AI SISTEMI AMBIENTALI-TERRITORIALI

CAPO I - PROGETTI SPECIALI

I progetti speciali sono riferibili ai tre sistemi ed ai relativi sottosistemi. Per ogni progetto speciale vengono indicati ambiti di intervento, elementi prescrittivi e suggerimenti guida alla formulazione ed all’attuazione dei progetti stessi. I progetti speciali saranno soggetti ad approvazione del Consiglio Comunale e potranno essere attuati secondo tempi e modalità stabiliti dall’Amministrazione Comunale.

ART. 76 - PROGETTI DEL SISTEMA NATURALISTICO-AMBIENTALE

I progetti speciali del sistema naturalistico-ambientale sono riferibili ai sub-sistemi localizzati relativi alle unità di paesaggio delle serie calcaree e calcareo-marnose. Per ogni progetto speciale vengono indicati ambiti di intervento, elementi prescrittivi e suggerimenti guida alla formulazione ed all’attuazione dei progetti stessi. I progetti speciali saranno soggetti ad approvazione del Consiglio Comunale e potranno essere attuati secondo tempi e modalità stabiliti dall’Amministrazione Comunale. Il Piano individua i seguenti progetti speciali: 1. Progetto tartufo nero pregiato 2. Progetto amarena 3. Progetto piccoli frutti 4. Progetto itinerari natura

PROGETTO TARTUFO NERO PREGIATO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – Nella valutazione dei • Progetti di iniziativa è quella corrispondente alla progetti occorre verificare che privata miranti al recupero serie edafoxerofila della siano state produttivo dei terreni roverella su suolo calcareo ed rispettate le seguenti terrazzati, dei campi in particolare interessa i terreni indicazioni: abbandonati e dei pascoli posti alla base del versante del • Il progetto, elaborato non più recuperabili. Petrano (a monte di Palcano) da tecnici competenti, • L’incentivazione da e tutta la fascia basale dei deve prevedere un parte dell’amministrazione versanti Sud del Tenetra, impianto che abbia una locale può realizzarsi Acuto e Catria (a monte di struttura naturaliforme e anche utilizzando le misure Pontedazzo, Cantiano, che al termine del periodo di sostegno all’agricoltura Fossato, Chiaserna, Pian di di coltivazione possa e le forme di Lucchio), oltre che il piccolo inserirsi nel paesaggio cofinanziamento regionali versante occidentale del naturale; e comunitarie Monte Petria. • La scelta del tipo di impianto e delle specie da

90 utilizzare va fatta sulla bese di uno studio specifico orientato alle finalità del punto precedente; • Il materiale micorrizato deve essere certificato sia dal punto di vista sanitario che dell’origine geografica, che deve ovviamente garantire una provenienza locale; • La micorrizazione delle plantule deve essere certificata da un idoneo organo di controllo.

PROGETTO AMARENA

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – Progetto unitario di • Progetti di iniziativa va precisata attraverso un iniziativa pubblica o privata di privata miranti al recupero apposito studio finalizzato alla tipo consortile, che dia seguito produttivo dei terreni definizione delle caratteristiche alle indicazioni degli studi già terrazzati e dei campi di qualità e di tipicità condotti negli anni passati e abbandonati. dell’amarena di Cantiano. finalizzati al riconoscimento di • L’incentivazione da qualità dai quali emerge la parte dell’amministrazione necessità di particolare locale può realizzarsi attenzione ai seguenti aspetti: anche utilizzando le misure • Caratteristiche di di sostegno all’agricoltura qualità dal punto di vista e le forme di genetico e varietale del cofinanziamento regionali cultivar; e comunitarie • Caratteristiche produttive sulla base del substrato di coltivazione, delle forme di allevamento e del tipo di impianto; • Pratiche di coltivazione di tipo integrato o biologico; • Modalità di raccolta, conservazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione delle amarene.

PROGETTO PICCOLI FRUTTI

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – Progetto di iniziativa • Progetti di iniziativa è quella attualmente utilizzata privata di tipo consortile, che privata miranti al a scopo agronomico e limitata permetta l’integrazione miglioramento delle ai versanti detritici a contatto produttiva delle aziende 91 con il fondovalle e alle rare agricole attraverso la aziende agricole produttive superfici delle pianure produzione e la e al recupero dei terreni alluvionali.. commercializzazione di piccoli terrazzati e dei campi frutti, come more, lamponi, abbandonati. ciliegie, corniole, ecc. Occorre • L’incentivazione da porre attenzione ai seguenti parte dell’amministrazione aspetti: locale può realizzarsi • Caratteristiche di anche utilizzando le misure qualità dal punto di vista di sostegno all’agricoltura genetico e varietale del e le forme di cultivar; cofinanziamento regionali • Caratteristiche e comunitarie produttive sulla base del tipo di coltivazione, delle forme di allevamento e del tipo di impianto; • Pratiche di coltivazione di tipo integrato o biologico; • Modalità di raccolta, conservazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione.

PROGETTO ITINERARI NATURA

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – I progetti debbono • Progetti di iniziativa è quella corrispondente alle prevedere i seguenti punti: pubblica miranti alla diverse serie su suolo calcareo • Studio di un itinerario valorizzazione del ed in particolare vengono ad anello con partenza da patrimonio naturalistico e privilegiati due percorsi: un un’area urbanizzata dove paesaggistico dell’area. itinerario che si svolge sul possano essere realizzati • L’intervento da parte versante del Petrano a partire ed offerti alcuni servizi dell’amministrazione locale dall’abitato di Palcano ed un essenziali (informazione, può realizzarsi anche in altro itinerario che interessa i ristoro, alloggio); collaborazione con versanti occidentali del • Realizzare una associazioni e gruppi Tenetra, Acuto e Catria con monografia naturalistica privati che si impegnano a partenza da Cantiano e da con adeguata base gestire le attività Chiaserna. cartografica, ben escursionistiche, a fornire documentata e ben adeguato sostegno organizzata dal punto di informativo, a predisporre vista scientifico e servizi logistici, di alloggio divulgativo; e di ristorazione. • Realizzare una adeguata cartellonistica, alcune aree di sosta attrezzate; • Incentivare la costituzione di gruppi e cooperative che forniscano qualificati servizi di guida, informazione, , manutenzione dei sentieri, ristorazione e alloggio.

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ART. 77 - PROGETTI DEL SISTEMA AGRICOLO-AMBIENTALE

I progetti speciali del sistema agricolo-ambientale sono riferibili ai sub-sistemi localizzati relativi alle unità di paesaggio delle serie arenacee e marnoso-arenacee. Per ogni progetto speciale vengono indicati ambiti di intervento, elementi prescrittivi e suggerimenti guida alla formulazione ed all’attuazione dei progetti stessi. I progetti speciali saranno soggetti ad approvazione del Consiglio Comunale e potranno essere attuati secondo tempi e modalità stabiliti dall’Amministrazione Comunale. Il Piano individua i seguenti progetti speciali: 1. Progetto Bosco di Tecchie 2. Progetto raccolta e valorizzazione funghi e frutti selvatici 3. Progetto piante officinali 4. Progetto itinerari natura

PROGETTO BOSCO DI TECCHIE Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata è quella che 1 – Aggiornamento del • Progetti di iniziativa il Comune di Cantiano dal progetto unitario a suo tempo pubblica miranti allo 1986 ha destinato a Parco (22 maggio 1986) approvato sviluppo delle conoscenze pubblico del Bosco di Tecchie. che si preoccupi di: naturalistiche, di • Ridefinire i criteri e le aggiornamento dei dati modalità di raccolti e delle modifiche conservazione e di intervenute dall’attivazione gestione del territorio del Parco, di alla luce delle nuove valorizzazione del conoscenze patrimonio naturalistico e scientifiche e della paesaggistico dell’area. migliore conoscenza • L’intervento da parte delle dinamiche dell’amministrazione locale evolutive economico- può realizzarsi anche in sociali, della collaborazione con altri vegetazione e delle enti pubblici, associazioni cenosi faunistiche; e gruppi privati che si • Valutare con impegnano a gestire le attenzione attività escursionistiche, a l’opportunità di una fornire adeguato sostegno verifica a distanza di informativo, a predisporre tempo (10-15 anni) dei servizi logistici, di alloggio risultati delle azioni di e di ristorazione. gestione e di conservazione che sono state intraprese; • Preveda la prosecuzione e l’ampliamento delle attività di ricerca sia dal punto di vista floristico-vegetazionale (quadrato permanente) che faunistico; • Preveda lo sviluppo delle attività didattico-

93 naturalistiche, attraverso il potenziamento del centro di Ca Tecchie e l’adeguamento (attraverso lo sviluppo di attività di conservazione in situ e la creazione di un vivaio per la flora locale) e la manutenzione del Giardino Botanico.

PROGETTO RACCOLTA E VALORIZZAZIONE FUNGHI E FRUTTI SELVATICI

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – Progetto di iniziativa • Progetti di iniziativa è quella dei boschi e delle privata e di tipo preferibilmente privata miranti formazioni legnose marginali consortile, che permetta all’integrazione economica dei campi delle serie l’integrazione produttiva delle delle aziende agro- vegetazionali dei substrati aziende agricole attraverso la forestali. arenacei e marnoso-arenacei. raccolta, il confezionamento e • L’incentivazione da la commercializzazione di parte dell’amministrazione funghi e di piccoli frutti locale può realizzarsi selvatici, come more, corniole, anche utilizzando le misure nocciole, ecc. Occorre porre di sostegno all’agricoltura attenzione ai seguenti aspetti: e le forme di cofinanziamento regionali • Vanno concertate e comunitarie norme e modalità di raccolta, sulla base dei regolamenti vigenti. • Vanno avviate attività di studio e di sperimentazione che permettano di valutare la percentuale minima di frutti da lasciare per l’alimentazione della fauna selvatica. • Vanno avviate attività di studio e di sperimentazione che permettano di valutare le migliori pratiche di conservazione e di eventuale trasformazione per una ottimale immissione nel mercato.

PROGETTO PIANTE OFFICINALI

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – Progetto di iniziativa • Progetti di iniziativa 94 è quella delle zone interessate privata e di tipo preferibilmente privata miranti al recupero dalle attività agricole all’interno consortile, che permetta produttivo dei terreni delle serie vegetazionali dei l’integrazione produttiva delle terrazzati e dei campi substrati arenacei e marnoso- aziende agricole attraverso la abbandonati. arenacei.. coltivazione, la trasformazione • L’incentivazione da ed il confezionamento di parte dell’amministrazione prodotti officinali che godono locale può realizzarsi della favorevole condizione di anche utilizzando le misure basso impatto chimico delle di sostegno all’agricoltura attività produttive in atto nel e le forme di territorio e la recente cofinanziamento regionali costituzione in ambito e comunitarie regionale di servizi per la distillazione di piccole e medie quantità di piante officinali. Occorre in questo caso dedicare particolare attenzione ai seguenti aspetti: • Caratteristiche di qualità dal punto di vista genetico e varietale del cultivar; • Caratteristiche produttive sulla base del substrato di coltivazione, delle forme di allevamento e del tipo di impianto; • Pratiche di coltivazione di tipo integrato o biologico; • Modalità di raccolta, conservazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione delle diverse coltivazioni officinali adatte al territorio.

PROGETTO ITINERARI NATURA

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’area interessata dal progetto 1 – I progetti debbono • Progetti di iniziativa è quella corrispondente alle prevedere i seguenti punti: pubblica miranti alla diverse serie su suolo • Studio di un itinerario valorizzazione del arenaceo e marnoso-arenaceo ad anello con partenza da patrimonio naturalistico e ed in particolare viene un’area urbanizzata dove paesaggistico dell’area. privilegiato un percorso: possano essere realizzati • L’intervento da parte l’itinerario ad anello che si ed offerti alcuni servizi dell’amministrazione locale svolge all’interno delle Serre, essenziali (informazione, può realizzarsi anche in attraversa il Bosco di Tecchie ristoro, alloggio); collaborazione con (lungi il percorso didattico) ed • Realizzare una associazioni e gruppi ha come punto partenza e di monografia naturalistica privati che si impegnano a arrivo l’abitato di Pian di con adeguata base gestire le attività Balbano. cartografica, ben escursionistiche, a fornire documentata e ben adeguato sostegno organizzata dal punto di informativo, a predisporre vista scientifico e servizi logistici, di alloggio 95 divulgativo; e di ristorazione. • Realizzare una adeguata cartellonistica, alcune aree di sosta attrezzate; • Incentivare la costituzione di gruppi e cooperative che forniscano qualificati servizi di guida, informazione, , manutenzione dei sentieri, ristorazione e alloggio.

ART. 78 - PROGETTI DEL SISTEMA URBANO-AMBIENTALE

I progetti speciali del sistema urbano-ambientale sono riferibili ai sub-sistemi fluviali, delle direttrici infrastrutturali, dell’itinerario archeologico e degli insediamenti. Il Piano individua i seguenti progetti speciali: 1 – Porta territoriale delle Marche 2 – Viale urbano centrale “Delle Amarene” 3 – Valorizzazione dell’itinerario archeologico 4 – Porta urbana di Cantiano 5 – Progetto fiume

PORTA TERRITORIALE DELLE MARCHE

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi La Porta delle Marche si 1 - Progetto unitario di • Gli spazi espositivi localizza nell’area DT3 in loc. iniziativa pubblica esteso a dovranno essere strutturati Tranquillo lungo la S.S. 452 tutta l’area che definisca: al fine di valorizzare i della Contessa • L’assetto urbanistico prodotti locali e regionali dell’area e le relative tipici funzioni • Gli spazi informativi • Definizione e dovranno essere strutturati strutturazione degli per la valorizzazione dei spazi espositivi ed sistemi ambientali e storico informativi culturali • Definizione di segnali visivi • Progettazione ed individuazioni dei materiali • Progettazione ed individuazione degli elementi di arredo

VIALE URBANO DELLE AMARENE

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il viale urbano delle amarene 1 - Progetto unitario di • Contenimento delle interessa il tratto della via iniziativa pubblica esteso a dimensioni della sede

96 Flaminia compreso tra la tutta l’area che definisca: carrabile al fine di ridurre la rotatoria di via dell’Industria e • Dimensioni dei velocità di percorrenza. la rotatoria di via Gramsci percorsi carrabili, • Percorso ciclabile e ciclabili e pedonali pedonale posti sul lato • Progettazione ed fiume integrati con il verde individuazioni dei di rispetto fluviale materiali • Progettazione ed individuazione degli elementi di arredo 2 - Piantumazione con amarene su entrambi i lati del viale

ITINERARIO ARCHEOLOGICO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi L’itinerario archeologico è 1 - Progetto unitario riferito alla I progetti dovranno essere riconducibile prevalentemente segnaletica ed al sistema di finalizzati alla integrazione con a tre ambiti definiti: informazione e valorizzazione il sistema museale provinciale, Ponte Grosso dell’intero patrimonio e dovranno riferirsi al sistema Pontericcioli 2 – Progetto unitario di della viabilità lenta di interesse Cantiano Centro intervento per ogni ambito locale ed al sistema dei individuato. percorsi tematici

PORTA URBANA DI CANTIANO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi La Porta urbana di Cantiano 1 - Progetto unitario di iniziativa Il progetto dovrà perseguire interessa l’area compresa tra pubblica esteso a tutta l’area l’obbiettivo di riqualificare lo svincolo della SS. N.3 che definisca: l’intera area in relazione ai Flaminia di Cantiano centro e • La nuova sede stradale e manufatti esistenti, alle aree la rotatoria di via l’arredo urbano(marciapiedi, libere, al rapporto con il fiume Dell’Industria alberature, illuminazione, ed alla connessione con la segnaletica) viabilità lenta. • Gli elementi per la mitigazione degli impatti visivi • Ubicazione segnali visivi

PROGETTO FIUME

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il progetto dovrà riguardare le Il progetto dovrà dare indicazioni Il progetto speciale potrà zone poste lungo il corso del su: essere elaborato per parti fiume Burano e del torrente 1. Riqualificazione delle zone omogenee. Bevano in riferimento di margine fiume-abitato Sino all’approvazione del particolare agli ambiti di 2. Valorizzazione delle attività progetto speciale valgono le contatto con le zone urbane turistiche e del tempo libero norme delle zone V3 3. Creazione di aree di sosta 4. Riqualificazione degli accessi al fiume e degli attraversamenti

97 5. Individuazione e segnalazione percorsi naturalistici 6. Valorizzazione dell’itticoltura delle specie autoctone

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CAPO I I - PROGETTI QUALITA’

I Progetti di Qualità riguardano temi trasversali ai vari sottosistemi e costituiscono un “valore aggiunto” nel senso della valorizzazione del territorio, delle attività e dell’insediamento Per ogni progetto vengono individuati ambiti, principi, condizioni, parametri guida per la redazione e l’attuazione dei progetti stessi.

ART. 79 - PROGETTI DEL SISTEMA NATURALISTICO-AMBIENTALE

PASCOLI ED ALLEVAMENTI

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle utilizzazione dei pascoli e della di tipo consorziale, miranti serie calcaree e marnoso- politica di sostegno alle attività alla conservazione del calcaree del sistema zootecniche vanno affrontate in patrimonio dei pascoli e naturalistico-ambientale, ed in forma unitaria. Si tratta di alla valorizzazione delle particolare si rivolge alle elaborare un piano di interventi attività zootecniche. superfici di prateria ancora da parte dell’Amministrazione • L’intervento da parte utilizzate, insieme a quelle Comunale congiuntamente con dell’amministrazione abbandonate ed a diverso l’Azienda del Catria, insieme ad locale può realizzarsi grado di colonizzazione da aziende e soggetti privati che anche in collaborazione parte delle specie legnose. svolgono attività nel settore. con l’Azienda del Catria e I principali obiettivi da aziende private. raggiungere sono: • Conservazione del patrimonio naturalistico ed economico costituito dalle diverse superfici di pascolo presenti nel territorio; • Sviluppo delle attività zootecniche fuori stalla attraverso il potenziamento dei punti di abbeveraggio, la migliore utilizzazione delle aree pascolive, la diversificazione qualitativa del carico zootecnico, anche attraverso l’introduzione del pascolo ovino.

PROGETTO FORESTAZIONE E GESTIONE FORESTALE

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle utilizzazione dei boschi e della e di tipo consorziale, serie calcaree e marnoso- politica di sostegno alle attività miranti alla conservazione calcaree del sistema forestali vanno affrontate in del patrimonio dei boschi e

99 naturalistico-ambientale, ed in forma unitaria. Si tratta di alla valorizzazione delle particolare si rivolge alle elaborare un piano di interventi attività forestali. superfici forestali,. da parte dell’Amministrazione • L’intervento da parte Comunale congiuntamente con dell’amministrazione l’Azienda del Catria, insieme ad locale può realizzarsi aziende e soggetti privati che anche in collaborazione svolgono attività nel settore. con l’Azienda del Catria e I principali obiettivi da aziende private per raggiungere sono: l’incentivazione dei • Conservazione del progetti di miglioramento patrimonio naturalistico ed delle modalità di economico costituito dalle utilizzazione forestale: diverse superfici di bosco e - avviamento dalle diverse tipologie all’alto fusto di forestali presenti nel faggete, cerrete e territorio; boschi di roverella; • Sviluppo delle attività di - inserimento di utilizzazione forestale tecniche di attraverso l’incentivazione a: utilizzazione di - avviamento all’alto fusto legname di qualità delle tipologie forestali e all’interno di turni e delle condizioni locali modalità di idonee; ceduazione - sviluppo di metodologie, sperimentali; anche sperimentali, di - incentivazione di utilizzazione alternativa del tecniche di esbosco su ceduo che permettano una mulo; valorizzazione delle - incentivazione al produzioni legnose di qualità miglioramento della insieme a forme di viabilità forestale. utilizzazione tradizionale dei soprassuoli.

PROGETTO RIQUALIFICAZIONE FASCE SPONTANEE IN AMBIENTE AGRICOLO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • L’intervento da parte quello corrispondente alle gestione degli agroecosistemi si dell’amministrazione serie calcaree e marnoso- basano sul mantenimento di locale può realizzarsi con: calcaree del sistema fasce di vegetazione spontanea - attività di servizio naturalistico-ambientale, ed in al margine dei campi che e consulenza da particolare si rivolge alle permettano il funzionamento del mettere a disposizione fasce di vegetazione sistema idrico minore e quello dei singoli proprietari e spontanea marginale delle degli ecotoni di rifugio della delle aziende del aree agricole. fauna utile. settore agricolo; I principali obiettivi da - incentivi e criteri raggiungere sono: di selezione per i • Conservazione degli ecotoni contributi regionali e erbacei, arbustivi e arborei comunitari destinati prevalentemente di origine all’agricoltura legati selvatica che si trovano al alla qualità della margine delle aree coltivate; gestione ambientale • Sviluppo delle attività di dell’azienda e non utilizzazione legnosa delle solo al tipo di fasce arbustive ed arboree coltivazione sostenuta. marginali.

100 PROGETTO AGRITURISMO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Nelle aziende interessate a • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle svolgere attività agrituristica e di tipo consorziale, serie calcaree e marnoso- occorre che il paesaggio agrario, miranti alla conservazione calcaree del sistema che si basa sulla corretta o alla ricostruzione del naturalistico-ambientale, ed in gestione degli agroecosistemi, paesaggio agrario. particolare si rivolge alle sia legato al mantenimento (o • L’intervento da parte superfici forestali,. eventualmente al recupero e alla dell’amministrazione ricostruzione) delle fasce di locale può realizzarsi con: vegetazione spontanea al - attività di servizio margine dei campi che e consulenza da permettano il funzionamento del mettere a disposizione sistema idrico minore e quello dei singoli proprietari e degli ecotoni di rifugio della delle aziende del fauna utile. settore agricolo; I principali obiettivi da - incentivi e criteri raggiungere sono: di selezione per i • Conservazione degli ecotoni contributi regionali e erbacei, arbustivi e arborei comunitari destinati prevalentemente di origine all’agricoltura e selvatica che si trovano al all’agriturismo legati margine delle aree coltivate; alla qualità della • Diversificazione ed gestione ambientale e arricchimento della struttura al livello di degli ecotoni di margine; organizzazione della • Diversificazione e rotazione stessa azienda. delle colture, con particolare riguardo alle coltivazioni foraggere; • Creazione di itinerari tematici ed escursionistici; • Recupero e miglioramento delle strutture edilizie a fini abitativi; • Recupero di attività produttive e di lavorazione e/o trasformazione tradizionali; • Potenziamento e diversificazione delle attività di allevamento zootecnico non intensivo; • Organizzazione delle attività produttive e scelta della produzioni utili a soddisfare le necessità quali- quantitative all’interno della filiera produttiva dell’azienda.

101 PROGETTO CONSERVAZIONE DEL GERMOPLASMA E BIODIVERSITÀ

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è • Sia per quanto riguarda la • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle biodiversità di origine e di tipo consorziale, serie calcaree e marnoso- antropica che per quella di miranti alla conservazione calcaree del sistema origine naturale, il primo e alla valorizzazione del naturalistico-ambientale, ed in obiettivo è quello della patrimonio genetico sia di particolare si rivolge alla ricerca e della catalogazione origine antropica che degli biodiversità di origine (se necessario anche ambienti naturali. antropica (ecotipi, cultivars e attraverso lo studio del varietà locali) e alla patrimonio genetico e delle biodiversità degli ambienti modalità riproduttive). naturali. • Successivamente si possono affrontare le problematiche di valutazione dello stato di conservazione e le necessità o le possibilità di riproduzione e di moltiplicazione. • Infine vanno prese in considerazione le opportunità di miglioramento genetico e quelle di reintroduzione produttiva, nel caso di specie coltivate, oppure le opportunità di conservazione in vivo e/o in vitro e di una eventuale coltivazione e reintroduzione, nel caso di piante selvatiche; • Si tratta dunque di valutare l’opportunità di allestire una banca del germoplasma, una struttura a servizio dei comuni appartenenti alla medesima comunità montana.

ART. 80 - PROGETTI DEL SISTEMA AGRICOLO-AMBIENTALE

I progetti di qualità riferibili al sistema agricolo ambientale individuati dal Piano sono: 1. Attività di allevamento e pascolo 2. Forestazione e gestione forestale 3. Riqualificazione fasce di vegetazione spontanea in ambiente agricolo 4. Agriturismo 5. Conservazione del germoplasma 6. Biodiversità

102 PASCOLI ED ALLEVAMENTI

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle utilizzazione dei pascoli e della di tipo consorziale, miranti serie arenacee e marnoso- politica di sostegno alle attività alla conservazione del arenacee del sistema zootecniche vanno affrontate in patrimonio dei pascoli e agricolo-ambientale, ed in forma unitaria. Si tratta di alla valorizzazione delle particolare si rivolge alle elaborare un piano di interventi attività zootecniche. superfici di prateria ancora da parte dell’Amministrazione • L’intervento da parte utilizzate, insieme a quelle Comunale congiuntamente con dell’amministrazione abbandonate ed a diverso l’Azienda del Catria, insieme ad locale può realizzarsi grado di colonizzazione da aziende e soggetti privati che anche in collaborazione parte delle specie legnose. svolgono attività nel settore. con l’Azienda del Catria e I principali obiettivi da aziende private. raggiungere sono: • Conservazione del patrimonio naturalistico ed economico costituito dalle diverse superfici di pascolo presenti nel territorio; • Sviluppo delle attività zootecniche fuori stalla attraverso il potenziamento dei punti di abbeveraggio, la migliore utilizzazione delle aree pascolive, la diversificazione qualitativa del carico zootecnico, anche attraverso l’introduzione del pascolo ovino.

PROGETTO FORESTAZIONE E GESTIONE FORESTALE

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle utilizzazione dei boschi e della e di tipo consorziale, serie arenacee e marnoso- politica di sostegno alle attività miranti alla conservazione arenacee del sistema forestali vanno affrontate in del patrimonio dei boschi e agricolo-ambientale, ed in forma unitaria. Si tratta di alla valorizzazione delle particolare si rivolge alle elaborare un piano di interventi attività forestali. superfici forestali,. da parte dell’Amministrazione • L’intervento da parte Comunale congiuntamente con dell’amministrazione l’Azienda del Catria, insieme ad locale può realizzarsi aziende e soggetti privati che anche in collaborazione svolgono attività nel settore. con l’Azienda del Catria e I principali obiettivi da aziende private per raggiungere sono: l’incentivazione dei • Conservazione del progetti di miglioramento patrimonio naturalistico ed delle modalità di economico costituito dalle utilizzazione forestale: diverse superfici di bosco e - avviamento dalle diverse tipologie all’alto fusto di forestali presenti nel faggete, cerrete e territorio; boschi di roverella; • Sviluppo delle attività di - inserimento di utilizzazione forestale tecniche di attraverso l’incentivazione a: utilizzazione di 103 - avviamento all’alto fusto legname di qualità delle tipologie forestali e all’interno di turni e delle condizioni locali modalità di idonee; ceduazione - sviluppo di metodologie, sperimentali; anche sperimentali, di - incentivazione di utilizzazione alternativa tecniche di esbosco su del ceduo che permettano mulo; una valorizzazione delle - incentivazione al produzioni legnose di miglioramento della qualità insieme a forme di viabilità forestale. utilizzazione tradizionale dei soprassuoli.

PROGETTO RIQUALIFICAZIONE FASCE SPONTANEE IN AMBIENTE AGRICOLO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Le problematiche della corretta • L’intervento da parte quello corrispondente alle gestione degli agroecosistemi si dell’amministrazione serie arenacee e marnoso- basano sul mantenimento di locale può realizzarsi con: arenacee del sistema fasce di vegetazione spontanea - attività di servizio agricolo-ambientale, ed in al margine dei campi che e consulenza da particolare si rivolge alle permettano il funzionamento del fasce di vegetazione sistema idrico minore e quello mettere a disposizione spontanea marginale delle degli ecotoni di rifugio della dei singoli proprietari e aree agricole. fauna utile. I principali obiettivi da delle aziende del raggiungere sono: settore agricolo; • Conservazione degli ecotoni erbacei, arbustivi e arborei - incentivi e criteri prevalentemente di origine di selezione per i selvatica che si trovano al margine delle aree coltivate; contributi regionali e • Sviluppo delle attività di comunitari destinati utilizzazione legnosa delle fasce arbustive ed arboree all’agricoltura legati marginali. alla qualità della

gestione ambientale dell’azienda e non solo al tipo di coltivazione sostenuta.

PROGETTO AGRITURISMO

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è Nelle aziende interessate a • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle svolgere attività agrituristica e di tipo consorziale, serie arenacee e marnoso- occorre che il paesaggio agrario, miranti alla conservazione arenacee del sistema che si basa sulla corretta o alla ricostruzione del agricolo-ambientale, ed in gestione degli agroecosistemi, paesaggio agrario. particolare si rivolge alle sia legato al mantenimento (o - L’intervento da superfici forestali,. eventualmente al recupero e alla parte

104 ricostruzione) delle fasce di dell’amministrazione vegetazione spontanea al locale può realizzarsi margine dei campi che con: permettano il funzionamento del - attività di servizio sistema idrico minore e quello e consulenza da degli ecotoni di rifugio della mettere a disposizione fauna utile. dei singoli proprietari e I principali obiettivi da delle aziende del raggiungere sono: settore agricolo; • Conservazione degli ecotoni - incentivi e criteri erbacei, arbustivi e arborei di selezione per i prevalentemente di origine contributi regionali e selvatica che si trovano al comunitari destinati margine delle aree coltivate; all’agricoltura e • Diversificazione ed all’agriturismo legati arricchimento della struttura alla qualità della degli ecotoni di margine; gestione ambientale e • Diversificazione e rotazione al livello di delle colture, con particolare organizzazione della riguardo alle coltivazioni stessa azienda. foraggere; • Creazione di itinerari tematici ed escursionistici; • Recupero e miglioramento delle strutture edilizie a fini abitativi; • Recupero di attività produttive e di lavorazione e/o trasformazione tradizionali; • Potenziamento e diversificazione delle attività di allevamento zootecnico non intensivo; • Organizzazione delle attività produttive e scelta della produzioni utili a soddisfare le necessità quali- quantitative all’interno della filiera produttiva dell’azienda.

PROGETTO CONSERVAZIONE DEL GERMOPLASMA E BIODIVERSITÀ

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Il territorio interessato è • Sia per quanto riguarda la • Progetti di iniziativa privata quello corrispondente alle biodiversità di origine e di tipo consorziale, serie calcaree e marnoso- antropica che per quella di miranti alla conservazione calcaree del sistema origine naturale, il primo e alla valorizzazione del naturalistico-ambientale, ed in obiettivo è quello della patrimonio genetico sia di particolare si rivolge alla ricerca e della catalogazione origine antropica che degli biodiversità di origine (se necessario anche ambienti naturali. antropica (ecotipi, cultivars e attraverso lo studio del varietà locali) e alla patrimonio genetico e delle biodiversità degli ambienti modalità riproduttive). naturali. • Successivamente si possono affrontare le problematiche di valutazione

105 dello stato di conservazione e le necessità o le possibilità di riproduzione e di moltiplicazione. • Infine vanno prese in considerazione le opportunità di miglioramento genetico e quelle di reintroduzione produttiva, nel caso di specie coltivate, oppure le opportunità di conservazione in vivo e/o in vitro e di una eventuale coltivazione e reintroduzione, nel caso di piante selvatiche.

ART. 81 - PROGETTI DEL SISTEMA URBANO-AMBIENTALE

I progetti di qualità riferibili al sistema urbano ambientale individuati dal Piano sono: 1. Progetto edilizia bioclimatica ed ecosostenibile 2. Progetto qualità urbana 3. Progetto segnali visivi ed arte ambientale 4. Progetto direttrici infrastruturali 5. Progetto fitodepurazione e qualità delle acque 6. Progetto inquinamento luminoso e risparmio energetico

EDILIZIA BIOCLIMATICA ED ECOSOSTENIBILE

Il Piano introduce una normativa e dei parametri premiali per progetti d’edilizia ecosostenibile e bioclimatica ed in particolare:

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi La normativa premiale ha Tutti i progetti di edilizia L’utilizzo dei parametri validità all’interno delle aree ecosostenibile e bioclimatica premiali è subordinato alle zonizzate come B-C-D, possono usufruire di un seguenti condizioni: limitatamente ai casi di nuova incremento della SUL pari al • Adozione da parte del edificazione e di demolizione 10% rispetto a quanto previsto C.C. del “Regolamento e ricostruzione nelle singole zone. sugli incentivi ai progetti di (Per le zone c l’,incremento va edilizia ecostenibile e applicato sui singoli lotti previsti bioclimatica • La validazione dei progetti di cui al punto 1 dovrà essere certificata da apposito ente o organismo accreditato nel Regolamento • Al momento del rilascio dell’atto autorizzativo dovrà essere ratificata da parte dell’UTC la validazione di cui al punto 2 • Il Regolamento stabilirà quali procedimenti

106 saranno necessari per la vigilanza sulla realizzazione dei progetti.

QUALITA’ URBANA

Ambiti Prescrizioni Indirizzi Il progetto dovrà riguardare le Il progetto dovrà dare indicazioni Il progetto speciale potrà zone A del Capoluogo e delle su: essere elaborato per parti frazioni • Arredo urbano omogenee. • Trattamento delle facciate Sino all’approvazione del • Colori progetto speciale valgono le • Segnaletica e informazione norme transitorie riportate di pubblicitaria cui ai punti A.B.C.D.E.F.G • Pavimentazioni • Illuminazione

A - Facciate e muri esterni in genere Le facciate e muri esterni in genere in pietra locale, non potranno essere alterate. E' consentita soltanto la stuccatura con malta di calce. Qualora sottostante alle facciate attualmente intonacate, il muro sia in pietra, è fatto obbligo, di norma, nella manutenzione straordinaria, di riportare alla luce file paramento. Qualora venga accertato scarso magistero delle murature in pietra sottostanti all'intonaco e/o nel caso di costruzioni intonacate con sottostante muratura in laterizio, è fatto obbligo di utilizzare negli interventi, intonaci tradizionali lisci a calce o similare. Sono esplicitamente esclusi, anche negli interventi su costruzioni recenti e/o da effettuarsi ex novo trattamenti del tipo " graffiato", "a spruzzo”, "buccia d'arancia" "al quarzo" etc. E' vietato l'uso di pietre artificiali, rivestimenti di materiale vario, pannelli etc.

B - Tinteggiatura Nel caso che l'involucro dell'edificio sia intonacato, i colori da usarsi sugli intonaci tradizionali, debbono essere eseguiti a calce e/o a tempera, con imprimitura chiara sulla base di terre e pigmenti vegetali (sono esclusi i colori plastici e sintetici). Sono vietati tutti i sistemi di tinteggiatura a legante acrilico (sono ammessi sistemi a base di silicati di potassio con un massimo del 5% di resina acrilica). Sono da privilegiare : - le colorazioni oscillanti tra il giallo-ocra e il rosa-rosso con possibilità dell’uso dei toni caldi del grigio nelle zone ove prevale la presenza della pietra. Sono invece escluse le tinteggiature della gamma dei colori freddi con particolare riferimento al colore bianco

C - Infissi, finestre e porte esterne Dovranno essere realizzati in legno verniciato, secondo la tipologia esistente e/o prevalente nella zona. I colori degli infissi, dovranno essere congrui alle superfici (intonacate e/o in pietra) dell'edificio e/o degli edifici contermini: di preferenza grigio, verde scuro, marrone (con esclusione di colori vivaci). E' fatto divieto di utilizzare l'uso di serramenti in alluminio anodizzato. E' vietata l'installazione di serrande metalliche non grigliate per le aperture sulle pubbliche vie o comunque visibili dalle medesime. Dovranno essere poste in opera porte in legno del tipo più diffuso nella zona (in genere a doghe larghe in orizzontale).

107 Viene consentito l'uso di cancellate in ferro.

D - Cornicioni e manti di copertura I cornicioni potranno essere in pietra, in cotto e/o intonacati (modanati semplicemente). I manti di copertura dovranno sporgere dal filo del muro esterno secondo le dimensioni dei vecchi edifici esistenti e comunque non oltre la misura massima degli edifici non manomessi nel tratto di strada o tessuto urbano in cui l'edificio è inserito. Per qualsiasi tipo di copertura è prescritto il reimpiego - qualora possibile - delle parti di manto ancora fruibili, e, comunque, l'uso esclusivo delle tegole a canale in cotto (coppi). Per manti esistenti di natura diversa è omessa la riparazione se l'intervento non supera il 30% della superficie del coperto; nel caso contrario il rifacimento del coperto dovrà essere effettuato in coppi (obbligatorio anche nella straordinaria manutenzione per edifici soggetti a restauro o risanamento conservativo). Non sono ammesse coperture a terrazzo (le terrazze esistenti, possono mantenersi soltanto per interventi di ordinaria manutenzione); la loro copertura è ammessa con la realizzazione di falde che non modifichino la linea di gronda e che non abbiano pendenza maggiore della media degli edifici circostanti e che, comunque non modifichino i volumi. E' fatto esplicito divieto di utilizzare tegole piane e/o alla marsigliese, nonché lastre ondulate di fibrocemento o simili.

E - Stipiti, porte e finestre, davanzali Gli eventuali stipiti o mazzette dovranno essere in pietra naturale (vedi punto F) e/o legno verniciato con riferimento alle tipologie esistenti. Tali elementi non dovranno, di norma, sporgere rispetto al filo esterno delle superfici murarie e la forma dovrà essere semplicemente modanata. E' fatto assoluto divieto di utilizzare materiali estranei alla tradizione locale. I davanzali dovranno essere realizzati in lastre di pietra (con limitata sporgenza rispetto al filo esterno, del muro) e/o legno. E' ammesso il ripristino degli elementi esistenti fermo restando che è fatto divieto assoluto di utilizzare materiali estranei alla tradizione locale..

F – Comignoli,canali di gronda, discendenti etc I comignoli dovranno essere in pietra e/o in mattoni intonacati e dovranno uniformarsi alle tipologie esistenti. Qualora vengano eventualmente utilizzati comignoli prefabbricati, dovranno essere intonacati. I canali di gronda dovranno essere in rame o lamiera zincata verniciata (se esterni) con esclusione di materiale plastico. La forma dovrà essere circolare. La parte finale del discendente potrà essere in ghisa o in ferro, per un’altezza di ml. 2,50.

G - Forma dei tetti Le pendenze dovranno essere di norma: - ad una o due falde (per consentire ’edificazione in aderenza lungo la direzione stradale) - a due falde o a padiglione (nelle costruzioni isolate)

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SEGNALI VISIVI – ARTE AMBIENTALE

Localizzazione Prescrizioni Indirizzi Segnali visivi ed elementi di La definizione dell’ubicazione Il progetto dovrà essere arte ambientale sono da e delle caratteristiche dei attuato in forma organica localizzare nelle seguenti aree: segnali visivi dovrà avvenire mediante l’individuazione della Pontericcioli–Porta territoriale contestualmente alla figura di un unico “curatore delle Marche progettazione delle singole generale”, con la finalità di Rocca S.Ubaldo aree. realizzare un “parco delle Rocca Col Matrano sculture”, rivolte Cantiano-Porta urbana essenzialmente all’arte Ponte Grosso contemporanea,

PROGETTO DIRETTRICI INFRASTRUTTURALI

Ambiti Prescrizioni Indirizzi Il progetto dovrà riguardare: Il progetto dovrà indicare Il progetto potrà avvenire per Direttrici di mobilità veloce soluzioni su: stralci funzionali con Ambiti di mobilità lenta • Mitigazione degli impatti l’avvertenza di mantenere una d’interesse locale delle direttrici di traffico omogeneità di intervento nelle veloce varie zone, sia attraverso le • Valorizzazione dei percorsi soluzioni progettuali sia di mobilità lenta attraverso la attraverso l’uso dei materiali. realizzazione di percorsi La mitigazione degli impatti ciclabili, percorsi pedonali, visivi e sonori delle strade di aree di sosta, arredo percorrenza veloce dovrà, ove urbano, alberature possibile, essere attuata con l’uso di barriere naturali (Alberature, terrapieni, siepi). Solo in casi particolari andrà previsto l’uso di schermi visivi ed antirumore artificiali. Per la realizzazione dei percorsi pedonali e ciclabili andrà curata in particolare l’omogeneità dei materiali e degli elementi di arredo urbano.

PROGETTO FITODEPURAZIONE E QUALITA’ DELLE ACQUE

Ambiti Prescrizioni Indirizzi Il progetto riguarda le aste Il progetto dovrà indicare Il progetto potrà essere attuato fluviali del Bevano e Burano soluzioni relativamente a: per stralci funzionali con ed in genere il sistema • Depuratore esistente l’avvertenza di mantenere una agricolo-ambientale e valutandone efficienza e omogeneità di intervento naturalistico ambientale. Per prospettive tale da garantire un razionale quel che riguarda la • Fitodepurazione e sua intervento sul territorio. fitodepurazione e la applicabilità a frazioni ed permeabilità dei suoli gli insediamenti sparsi ambiti sono quelli del sistema • Permeabilità dei suoli urbano ambientale. • Captazioni • Approvvigionamento idrico puntuale per usi zootecnici • Monitoraggio delle acque con uso di

109 “macroinvertebrati” • Creazioni di “buffer-zone”

PROGETTO INQUINAMENTO LUMINOSO E RISPARMIO ENERGETICO

Ambiti Prescrizioni Indirizzi Il progetto riguarda tutto il Il progetto dovrà essere Il progetto può essere sistema urbano-ambientale e finalizzato alla riduzione predisposto ed attuato per tutti gli altri ambiti dotati di dell’inquinamento luminoso ed al stralci. illuminazione pubblica. risparmio energetico attraverso Il Comune può dortarsi di un interventi relativi a: apposito regolamento . 1. Tutela dei siti anche non professionale di osservazione astronomica 2. Utilizzazione di lampioni con ottiche non disperdenti luce in alto e lateralmente 3. Adozione di dispositivi per la riduzione dei flussi di potenza o del numero dei punti luce funzionanti nelle ore centrali della notte. 4. Regolamentazione dell’uso di sorgenti di luce diretta verso l’alto 5. Adozione di lampade di potenza commisurata alle reali esigenze per cui sono destinate

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