<<

_ n.3

Anno VIII N. 72 | Maggio 2019 | ISSN 2431 - 6739

[email protected] n. 72 Il lavoro nell’arte avvolto da splendore e dramma

Jean-François Millet “Le spigolatrici” 1857 olio su tela 83,5×110 cm. Museo d’Orsay Gustave Courbet, “Gli spaccapietre”,1849

Jean-François Millet “L’Angelus” 1858-59 olio su tela, 55×66 cm. Museo d’Orsay, “STEEN Jan Die verberte welt” 1663 olio su tela 105x45 cm Kunsthistoriches Parigi Museum - Vienna

Renato Guttuso “Occupazione delle terre incolte in Sicilia” 1949/50 Luigi Cima “Fabbri” 1896

2 [email protected] Il cinema per noi è un passato che è un grande futuro, se verrà un nuovo tempo per inventare... Il cinema per noi è Tutti gli addetti alla comunicazione non han- o niente; in Italia, proprio niente. Timidezza. una cosa libera, che dà no fatto passi avanti. La cosa più grave, che Incertezza. Timore, autocensura, scarsità di felicità nel ricordo. cementa la situazione, è la penuria di idee e di progetti. Me ne sono reso conto lavorando per Noi di generazioni esperienze utili. In Europa, succede poco o l’Unione Europea a un progetto capace di cre- che sono state avanti niente. I film del cinema e le proposte delle tv are sintesi tra scienza e spettacolo: 12 film di nell’aver cercato, vi- battono strade tradizionali. Però. Il cinema media durata, intitolati “Salviamo il professo- sto, ricordato il cine- si ritrova ai festival, quasi sempre in posti bel- re”, che sono piaciuti perché innovativi e spre- ma (un mondo fatto li, in Italia e nel mondo, ma il menu non scuo- giudicati, creativi. Una esperienza utile dopo prima di immagini e te nessuno. Opere, giurie, premi, spettatori, e il mio “1200 km di bellezza” prodotto da Luce Italo Moscati poi di parole, con mu- soprattutto idee, conquiste di nuovi orizzonti Cinecittà che ha girato il mondo affermando sica), sappiamo forse cosa abbiamo visto e si somigliano in modo impressionante. E’ in modo perentorio e ottimistico la frase di amato; ma non sappiamo, come tutti, dove la sterilità che nasce dalla produzione con po- Dostoevskij: “La bellezza ci salverà”. Sarà ve- stiamo andando nel gran viale asfaltato di de- co rinnovamento e poche idee. La noia vince, ro? Lo sarà se alle analisi fatte di vuote chiac- sideri, emozioni e di sogni. Lo sfor- chiere si sostituiranno risultati zo per dimostrare la vitalità, forse aperti al nuovo pubblico che atten- l’immortalità del cinema, viene fat- de, senza sapere, il suo domani. Le to in nome di una nostalgia che è cose si muovono soltanto se si anche, ancora, un affare in difficol- crea un’offensiva di proposte e tà ma rispettabile. Le sale diminui- obiettivi, tra scienza e narrativa, ci- scono e spesso non sono piene. I fe- nema e tv. Una esperienza, un cer- stival si sbracciano a proiettare, i chio nell’acqua dello stagno. Ma la giornali e le tv sembrano fare una questione deve scavalcare pruden- respirazione bocca a bocca a un ma- za e incapacità di invenzione. Il lato ancora sano che non si preoc- tempo stringe. Le multinazionali cupa del domani, tenta di correre dei Paesi più forti si sono mosse, si ancora e sempre verso il domani. Il muovono. Noi stiamo guardando, domani, in nome di un grande pas- assorti, all’acqua del fiume sottoca- sato secolare, resiste con le unghie e sa che scorre noiosamente nella con i denti,con lo smoking e il red stessa direzione. Così la situazione carpet, con i premi e le feste, come si impantana e i nomi delle multi- gli omaggi e le palpitazioni di chi nazionali fanno bracciate forti e ri- cerca il futuro e non si rassegna. Del solute che rosicchiano le antenne grande attivismo, che un poco sof- degli altri, i perdenti…rassegnati. fre nel cercare nuovi respiri, resta Lo spettacolo a volte spaventa ma a un continuo soprassalto di speran- volte esalta di fronte a un bel film, a ze e di futuro. La grande fabbrica è ancora sti- le feste per i brindisi celebrativi sono stucche- un atto di volontà di fiducia. Non c’è autore mata nel mondo perché regala gioia e speran- voli appuntamenti. Le televisioni non fanno che non sogni il domani e si prepari a cercarlo za di domani. Ma la situazione è chiara. Certo, molto di più, si ripetono e ormai sembrano dopo averlo invocato. Voglio dire che la crisi le cose vanno avanti vanno avanti in tv e nel ancorate a schemi quasi soltanto celebrativi, generale, mai negata, insiste per essere cura- cinema (due amanti che vanno tenendosi per con il rilancio di vecchie testate, vecchi titoli, ta e guarita. Ma non basta. C’è bisogno di fre- mano, nel giro degli ultimi dieci anni e più’, in vecchi personaggi; lo spazio per qualche ini- schezza di pensiero e di velocità di progettare, un modo che non si scosta poi molto dal passato. ziativa originale, autonoma, ispirata da idee e realizzare. Il cinema deve essere la ricerca di sveglia; ma purtroppo si vede, quel che si ve- un nuovo futuro in un mondo che non sta fer- de, spesso sarebbe meglio non fosse mai sta- mo e attende altri ciak, altri battiti del cuore e to messo in produzione. Il pericolo imminen- della sensibilità. te di sterilità ma di grande enfasi nei giornali in crisi e nelle tv che stanno vincendo sfug- ge, viene citato come ripetitività di paure e Italo Moscati negazioni di novità profonde, motivate. La stampa carica l’in- formazione su aziende mon- diali, pronte a tutto, spesso an- tiche (come la Disney, Warner Media, Comcast) o novità che si intrecciano tra loro (Netflix, Amazon, Apple, Hulu…). Tutte forze che lavorano per conqui- stare spazi e potere. La prepara- zione per la conquista definitiva va avanti ma la realtà è ovattata, generica. E si spiega. Nessuna iniziativa, nessuna voce, nessuna volontà si agita in Europa, tante grandi o medie aziende, spesso vincolate agli Stati, fanno poco 1° Maggio a Napoli nel 1956. Détournement di Nicola De Carlo

3 n. 72 Bruno Ganz, l’inquietudine nel cinema senza più confini Sono stati magici gli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80, dell’ormai tra- scorso scorso secolo, per il cinema europeo. Una bella sferzata di vitalità l’ha offerta il ci- nema tedesco e quella, ormai passata, nuova onda di autori capaci di inventare immagi- Tonino De Pace ni che avrebbero per sempre mutato le prospettive di sguardo per migliaia di appassionati e studiosi, che avreb- bero cambiato le coordinate della critica, fa- cendo scoprire quel desiderio di nuovo che coincideva, straordinariamente, con un nuo- vo assetto politico, con un nuovo approccio della coscienza. Tutto sembrava doversi diri- gere verso un inedito esistenzialismo che tra- duceva una nuova sensibilità solidale di- retta anche ad abbattere le barriere fisiche stagioni successive, permeato il nuovo e politiche, per rifugiarsi dentro una asso- sentire che per la prima volta raccontava luta umanità, in una altrettanto originale con intenso orgoglio autoriale lo smarri- forma di umanesimo. D’intorno un pessi- mento e l’inquietudine, il titanismo arti- mismo ancora tutto da esplorare in que- stico e l’amore per l’arte, ma anche l’omo- sto rimettere al centro l’umanità dei senti- sessualità come forma melodrammatica menti, soprattutto quelli fino ad allora dell’esistenza, la memoria e la contempo- inespressi o male espressi. Quei film, quel raneità anche più scottante. Tutto questo vento di rinnovamento che per noi arriva- e molto di più raccontava il cinema tede- va da nord, era il segno di una nuova con- sco di quegli anni e, contemporaneamen- sapevolezza, di un mutamento della dire- te, raccontava di uno sconfinato amore zione del pensiero dopo l’assestamento, “L’amico americano” (1977) di Wim Wenders per il cinema del passato non solo nazio- storicamente avvenuto, della pacificazio- nale, ma quello fondante, d’oltreoceano, ne mondiale che sembrava essere arrivata facendo scoprire agli europei la grandez- nella metà dei ’70, dopo la fine della guerra za di alcuni registi che avevano lavorato a in Vietnam. Guerra questa per antonoma- testa bassa spaziando, con le loro storie, sia e terreno di confronto e di scontro, sul dentro al meraviglioso caleidoscopio dei quale si misuravano le forze in vista del la- generi. Questo avveniva proprio perché voro futuro. Era il vento che avrebbe con- questi autori, prima di essere registi, ave- tribuito alla lunga, a buttare giù le divisio- vano trascorso il loro tempo - prendendo a ni del muro di Berlino e non si trattava prestito la definizione di un innovatore solo di un fatto politico o geografico, ma della critica come Enzo Ungari - a mangia- piuttosto di una spinta generosa che re film riempiendo di immagini il loro avrebbe a sua volta, generato altri mostri e sguardo che le avrebbe metabolizzate in un altri muri. Ma questo non potevano/non “Dans la ville blanche” (1983) di Alain Tanner cinema che sarebbe divenuto indimentica- potevamo saperlo. In questo clima nasce- bile. Bruno Ganz è vissuto dentro questo vano i nuovi registi, gli intellettuali che svilupparsi di idee in movimento, di un ci- con l’occhio alla macchina da presa e un nema che per la prima volta sembrava amore per il cinema che in forma così abolire i confini, non solo fisici o politici, massiccia non si sarebbe più vista, almeno ma anche culturali, per diventare l’anima come fenomeno nazionale, si facevano ca- di un’altra soggettività che si formava. rico di inventare storie e guardare al pre- L’anima di quell’internazionalismo cultu- sente con intensa sensibilità. Tutto acca- rale che sicuramente Herzog, Fassbinder deva in quella Germania ancora dilaniata e Wenders rappresentavano con più evi- da una divisione punitiva, in un Paese che denza di altri. Nel 1977 Wim Wenders affi- avrebbe ancora dovuto pagare per quasi dò a Bruno Ganz la parte principale dell’in- vent’anni gli errori della seconda guerra “La Marchesa von...” (1976) di Éric Rohmer dimenticabile noir L’amico americano, un mondiale. È in questa situazione, che ve- film pienamente calato in quel clima in cui deva i due blocchi politici contrapposti, e nella fatto sbocciare e che il mattino del 20 agosto il genere serviva a riflettere sull’essenza di una quale la Germania sembrava letteralmente 1968 furono per sempre spezzati. Werner vita sempre percorsa sul filo, di una naturale stretta in una morsa, a farsi luce il nuovo pen- Herzog, Wim Wenders, Rainer Werner Fas- inquietudine che nasceva dallo sradicamento e siero non unanime, ma corale, dei registi. Era sbinder, Alexander Kluge, Uli Edel, Marga- dalla curiosità, un cinema, soprattutto, che sul- lo stesso clima nel quale le ferite della Ceco- rethe von Trotta, Edgar Reitz, Volker Schlönd- la lezione del passato (Nick Ray, ma anche Sa- slovacchia erano ancora freschissime e non orff e Hans-Jürgen Syberberg sono i nomi più muel Fuller), fondava quello del presente, rimarginabili, dopo la recisione di quei fiori rilevanti di questa nuova onda di cinema, im- che avrebbe preparato il futuro (Fino alla fine del primaverili che la politica di Dubceck aveva magini e storie che avrebbero con il tempo e le segue a pag. successiva 4 [email protected]

segue da pag. precedente raccontare la coscienza libera del suo mari- mondo). Bruno Ganz con il suo sorriso naio, guardando Lisbona, come dieci anni aperto, ma quella piega di malinconia che dopo l’avrebbe guardata Wenders, come segnava la sua fisionomia che assomiglia- terra di con-fine, estremo lembo di un’Eu- va più a quella di un meridionale d’Euro- ropa malinconica ed eterna, Bruno Ganz pa, piuttosto che ad uno svizzero tedesco, aderisce perfettamente a questa storia del attribuiva ai suoi personaggi quella fami- marinaio senza patria, del protagonista liarità sotterranea che il pubblico ha sem- multilingue, in qualche misura con l’afflato pre percepito e noi (giovani) spettatori che di un uomo pienamente europeo, ma con il lo guardavamo lo sentivamo vicino. E for- desiderio di liberarsi da ogni legame. È un se fu proprio questo film, che fondava la cinema, quello di Tanner, assai affine a sua realizzazione su una giovane cultura “Nosferatu, il principe della notte” (1979) di Werner Herzog quello di Wenders e così come quello del americana, sia letteraria, sia cinemato- regista tedesco è riuscito a trasformare in grafica, a segnare il percorso artistico di immagini la metafisica della costante mu- Bruno Ganz nel mondo del cinema, quello tazione che appartiene alla vita. Tanner teatrale, legato ad una tradizione più stret- traduce nelle sue immagini del superotto la tamente europea, affondava le sue radici coscienza del protagonista, Ganz incarna a nelle antiche forme che hanno dato origine sua volta quel bisogno di dispersione che all’inflessibile mito della strutturata cultu- diventa clima essenziale per un proprio ri- ra tedesca. Il suo personaggio nel film co- trovarsi. Bruno Ganz è stato ed è ancora stituisce l’incrocio di una specificità della nella memoria, il volto di questa irrequie- poetica del Wenders di quegli anni, che tezza del vivere e forse condivide questa re- confinava con la metafisica dell’anima, scan- sponsabilità solo con Hanna Schygulla, dagliando i misteri esistenziali attraverso “Pane e tulipani” è un film del 2000 diretto da Silvio Soldini unica altra attrice che ha assunto su di se una quotidianità che si faceva speciale, l’aura di una testimone di questo rinnova- inattesa e perfino silenziosa. Una quotidianità proprio Eric Rohmer. Nel 1976 il regista e cri- to esistenzialismo. Quanto a Ganz, oggi che la che improvvisamente, nelle tinte fosche del tico francese era da quattro anni lontano da sua assenza ci pesa, pensiamo di non averlo noir, diventava la forma del male del vivere e un set da quel L’amore nel pomeriggio del 1972 mai potuto trovare in un posto che possa esse- nel quale, il protagonista, si trovava a dovere che aveva concluso la serie dei Racconti mora- re considerato consueto, dentro le vesti di un sciogliere d’improvviso l’enigma della vita, il li. La Marchesa Von O…, tratto da un testo di travet ad esempio, fosse anche dello schermo. senso oscuro della morte e il senso di un gene- Heirich von Kleist, diventa uno dei tre o quat- I suoi personaggi tutti un palmo sopra quel rale smarrimento che poteva diventare anche il tro film in costume girati dal regista francese. principio di realtà così consueto, avevano e segno di una benefica crisi. Accanto alle opere Ganz, nelle vesti del conte che diventerà lo posseggono ancora, la forza di sorprendere, precedenti come Falso movimento (1975) o Alice sposo di Giulietta, la Marchesa, conferisce al lanciando lontano l’immaginazione. Bruno nelle città (1973) o ancora e meglio, con l’amico suo personaggio, con quei capelli lunghi e Ganz, ha addensato con il suo lavoro di attore, Handke, con La paura del portiere prima del cal- scarmigliati e le sue ampie vedute in fatto d’a- quel cinema dell’anima, non quello della con- cio di rigore (1972), Wenders preparava la dop- more, un’aria di modernità che fa da contrap- suetudine, la dove i personaggi sentono forte pia summa di questa riflessione. Prima arriva punto alla falsamente rigida etichetta di un il desiderio di guardare oltre, lontani dall’ac- Nel corso del tempo (1976), a seguire L’amico ame- inizio Ottocento già scricchiolante sotto i col- contentarsi. Il cinema che anche Ganz ci ha ricano (1977) che diventano il vero archetipo di pi dell’evoluzione del costume. Quel disagio e insegnato ad amare è quello dentro il quale un cinema in cui la ricerca si fa scandaglio quel pessimismo profondo permea, pur nell’ac- sembrava dovesse svilupparsi una forma di dell’anima, diventando indefinibile il confine centuato romanticismo, anche Nosferatu di vita ulteriore, svelarsi definitivamente l’inco- tra vita e cinema e le immagini diventano il Werner Herzog del 1979, film solo apparente- gnita dell’esistenza. Questo era Bruno Ganz, canale di comunicazione tra le due sfere della mente di genere, quanto invece, film apocalit- così lo abbiamo vissuto nel suo percorso d’at- coscienza. Il primo restituisce il road movie tico e disperato che mette in scena la natura tore, nella sua vicissitudine d’artista compa- ad una dimensione esclusiva che diventa pre- perversa di un male assoluto e un personag- gno di strada, con quel male di vivere che sa di coscienza della solitudine e l’inafferrabi- gio che eternamente ne assume le sembianze. sembrava covare dentro e quella bonomia lità dell’immagine diventa il sintomo evidente Ganz nel film è l’immobiliarista Jonathan esteriore che era il segno di sorta di rassegna- di quella ininterrotta comunicazione; il secon- Harker che si troverà sopraffatto dal seducen- zione al perenne disagio dell’esistenza. Bruno do, attraverso la complessità e la stratificazio- te potere di Nosferatu, confermando la debole Ganz assumeva il volto di un cinema eterna- ne dei generi e del noir come archetipo prima- natura umana e soprattutto il suo annienta- mente disadattato, così come lo aveva imma- rio, utile a indagare e rendere manifesta la mento davanti all’insinuante figurazione del ginato anche Silvio Soldini, altro svizzero, ma metafisica del quotidiano, diventa il brodo di male, non morto e non vivo, privo di ogni se- italiano, nel suo magistrale Pane e tulipani coltura dove coltivare una ampia riflessione gno d’amore. È poi la volta di Alain Tanner, (2000), nel quale il personaggio di Fernando sulla labilità della vita e sulla opposta solidità svizzero come lui, inquieto e a suo modo no- Girasole diventa il mentore della fuga, l’ange- dei sentimenti. La ricerca wendersiana avreb- made, come il suo cinema, come il suo inter- lo annunciatore di una nuova esistenza, di be continuato il suo percorso su questa piega prete di Dans la Ville blanche. Era Bruno Ganz, una nuova pienezza della vita per la casalinga con alterne vicende, la ricerca di Ganz, segna- era il 1983 e il film raccoglie suggestioni varie, napoletana avventurosamente finita nel - so ta da quelle immagini non troppo si sarebbe la prima: il totale anonimato di ogni esisten- gno di una fuga da una routine nella quale discostata negli anni a venire con una solida za, lo sradicamento da ogni tradizione, il fu- non ritrovava alcuna scintilla di vitalità. Vo- continuità. Ma in effetti la carriera cinemato- turo come qui e ora, senza domani. È il cine- gliamo ricordare Bruno Ganz a questo modo, grafica di Ganz non era cominciata con Wen- ma che più traduce un senso di assoluta come Fernando Girasole, pacificato e felice, ders. Il regista tedesco fu quello che meglio solitudine del personaggio che sembra volere mentre vaga nel mondo senza più confini, co- seppe leggere le sue doti e la sua inclinazione dimenticare il proprio passato, ma al contem- me il cinema che ci ha anche insegnato ad verso un atteggiamento aperto e problematico nei po vive due storie d’amore in una città estranea amare, nel quale ci siamo riconosciuti, felici confronti della vita ed è per questa ragione che il che egli fa come propria, assorbendola dalle im- del nostro essere liberi dentro quelle immagi- personaggio di Zimmermann diventava una natu- magini che cattura con il suo dispositivo da ci- ni. rale consecutio della sua esistenza. Ma il primo auto- nematografo antiquato, ma fedele. Tanner sem- re ad affidargli una parte di protagonista fu bra rivolgersi ad un cinema quasi primitivo per Tonino De Pace 5 n. 72 La grande fuga (del pubblico) Dopo una riflessione sul- lungi dall’essere una pretestuosa esibizione (numeri 215 e 216) che prima ha percorso la lo stato della critica cine- intellettuale, serve a estrapolare due categorie storia dello spettatore e poi ha approfondito matografica oggi, non - lo sguardo e lo status di “homo technologi- lo spettatore del futuro. Alcuni illuminanti in- poteva mancare quella cus” - fondamentali per cercare di individuare terventi critici riferendosi all’odierno “spetta- sul pubblico contempo- le identità del pubblico odierno e valutarne re- tore mobile” o “spettatore virtuale”, sollevano raneo, sugli spettatori di alisticamente le prospettive piuttosto che sci- la questione del consumo sfrenato di immagi- Alberto Castellano quest’epoca. Anche per volare nel solito slogan della rassegnazione ni artificiali che non significa che sappiamo evitare qualsiasi malinte- “alla ricerca del pubblico perduto”. Anche se guardarle meglio, dello spettatore pioniere e so sulle sole “colpe” e le “responsabilità” della critica, ormai bisogna parlare di pubblici, non c’è più consumatore al tempo stesso, di esploratore e qualsiasi equivoco circa una consequenziale as- lo spettatore-massa. Da quando un po’ di anni cavia della tecnocrazia, dei molti che ormai soluzione dell’assenza del pubblico, della fuga fa è cominciata l’emorragia degli spettatori, la trattano il cinema come oggetto di una perce- dalle sale degli spettatori. Anzi nella crisi ge- crisi di presenze, il calo vistoso degli incassi zione distratta e superflua. Si è già detto e nerale (di incassi, d’identità, di strategie lun- che colpiva impietoso anche film americani di scritto molto sulla fine della “centralità” della gimiranti) del cinema italiano di oggi, ognu- genere che una volta trionfavano ai botteghi- sala cinematografica, di una comprensibile no dovrebbe fare la sua parte, le varie ni, si sono succedute analisi di vario tipo: la nostalgia per un modo di andare al cinema componenti interagiscono, s’influenzano e pirateria, i dvd piratati, l’offerta di cinema in che non esiste più come anche del paradosso condizionano a catena. “E voi, imparate che tv, la programmazione televisiva su tempi tra che all’alto tasso di tecnologia audiovisiva ga- occorre vedere e non guardare rantita da anni da molte sale in aria; occorre agire e non par- soprattutto dei multiplex non lare. Questo mostro stava una corrisponde un incremento volta per governare il mondo! I del pubblico, la visione perfet- popoli lo spensero, ma ora non ta in termini di risoluzione e cantiam vittoria troppo presto definizione non è sufficiente a il grembo da cui nacque è anco- catturare spettatori di varie ge- ra fecondo”. Sono i versi della nerazioni e formazioni. Il pro- famosa poesia di Bertolt Brecht blema infatti non è questo o al- incisa su un monolite davanti meno passa in secondo piano al museo-monumento al de- rispetto ad altri aspetti che han- portato e ci sono ritornati in no a che fare con la mutazione mente non solo per il riferi- socio-antropologica e l’altera- mento al vedere e guardare, zione psicologica-percettiva ma per l’invito a non abbassa- del pubblico contemporaneo. re la guardia difronte al mo- Anche perché il problema non stro che naturalmente era il è tanto il luogo della visione nazismo e che parafrasando il (fermo restando la priorità as- grande poeta e drammaturgo soluta per una visione adegua- tedesco e forzando inevitabil- ta del grande schermo) quanto mente contesto e situazione, ci piace esten- l’uscita in sala e il passaggio sul piccolo scher- i film, non è tanto l’abbandono della sala quan- derlo alla dimensione tecnologica, informati- mo più brevi di una volta, anche l’uscita sul to quello del cinema tout court. L’allarme per ca e digitale attuale che fagocita tutto e tutti, mercato dei dvd da acquistare o noleggiare una diaspora del pubblico in realtà non è rife- un “mostro” invisibile che si è impossessato di molto ravvicinata, il proliferare dei cineforum rito tanto alla Y o Z generation, quelle fasce di noi, ma molti sono tutto sommato contenti di che danno la possibilità di vedere a prezzi ri- pubblico che viaggiano in automatico nella aver venduto l’anima al “diavolo”. E riecheg- dotti film usciti regolarmente in sala pochi galassia audiovisiva senza fregarsene più di giano anche le parole del Marcuse di “L’uomo mesi prima. Tutto questo è vero ma non basta tanto di distinguere cinema, video, tv, video- a una dimensione” che nel 1964 radicalizzava più. Oggi può essere più utile e interessante game, generi e storie, quanto alla generazione la sua critica della società tecnologica avanza- interrogarsi appunto sulla frantumazione e compresa tra i 50 e i 70, i vecchi appassionati e ta. È chiaro che le sue riflessioni sia pure pre- dispersione dello sguardo, sulla incapacità/ cinefili, i veterani della sala buia molti dei monitrici a distanza di oltre 50 anni possono difficoltà di guardare oltre lo schermo, sulla quali hanno mollato, manifestano spesso una essere gioco-forza un po’ datate e superate scarsa disponibilità e interesse a guardare in- disaffezione, uno scetticismo, una disinfor- dalla rivoluzione tecnologica globale successi- vece di limitarsi a vedere il film, su un rappor- mazione e anche un qualunquismo sconcer- va ma forse paradossalmente riacquistano un to corpo/mente che ridefinisce l’identikit di tanti. Non c’interessano più di tanto le solite, valore di attualità proprio perché in una so- uno spettatore sempre più sballottato tra un ri- noiose motivazioni della raggiungibilità dei cietà sempre più futuribile - nella quale la ve- chiamo, una seduzione, una suggestione e l’altra. cinema, del problema del parcheggio, della locità dei cambiamenti è tale da rendere pre- Uno spettatore risucchiato da una macchina ten- puzza di popcorn, degli impegni familiari, dei sente ciò che fino a qualche anno fa sembrava tacolare e polimorfica produttrice di immagini, bambini da andare a prendere a scuola, dei ancora un futuro lontano – il peso dell’indivi- impossibilitato a individuare un centro di riferi- cani, degli orari della collaboratrice domesti- duo è ulteriormente ridotto a una “monodi- mento che non è solo la (vecchia) sala cinemato- ca e via dicendo. Come non c’interessano le mensionalità” a dispetto dell’apparente demo- grafica per riassaporare/ritrovare la capacità di periodiche, cicliche, consolatorie classifiche crazia digitale. “Il sistema tecnologico ha, penetrare il senso profondo dell’immagine, di vive- degli incassi, i dati numerici che cercano di infatti, la capacità di far apparire razionale re anche inconsapevolmente un’esperienza per- stemperare il problema alludendo alle fisiolo- ciò che è irrazionale e di stordire l’individuo cettiva. Insomma oggi si può parlare di uno giche oscillazioni di presenze che dipendono in un frenetico universo cosmico in cui possa “spettatore paratestuale” che non è di per sé dalle stagioni e dai film distribuiti. L’altro pa- mimetizzarsi. Il sistema si ammanta di forme irrecuperabile, a patto di individuare il punto da radosso è che oggi se comunque si vuole vede- pluralistiche e democratiche che però sono pu- cui ripartire. La rivista “Segnocinema” ha dedica- re un film c’è l’imbarazzo della scelta tra dvd ramente illusorie perché le decisioni in realtà so- to recentemente all’argomento un ottimo spe- falsi ma di buona qualità, possibilità di vedere no sempre nelle mani di pochi” è il concet- ciale curato da Paolo Cherchi Usai e intitolato i film in streaming su alcuni siti o di scaricarli, to-chiave del filosofo tedesco. Questa premessa, “Lo spettatore rivisitato” diviso in due parti segue a pag. successiva 6 [email protected]

segue da pag. precedente d’essai e pensano che sia stato programmato offerta di alcune piattaforme digitali con un per caso o per errore (in parte hanno ragione supporto di piccolo schermo adeguato (chi perché in Italia nell’esercizio c’è ancora una non possiede ormai un televisore da minimo separazione netta tra i multiplex e le sale del 40 pollici?) lasciando naturalmente ai “perver- cinema colto e impegnato) e non sanno che titi” l’opzione dei vari dispositivi (computer in molte città europee al contrario è diventa- portatili, tablet o smart) che alterano di fatto ta una pratica acquisita la programmazione la percezione di un film. Esiste per fortuna mista nei multicinema; quelli snob e radical una minoranza cinefila che ha attrezzato una chic che spesso scelgono la sala d’essai (ga- piccola sala casalinga con maxischermo da 50 ranzia di qualità) piuttosto che un film e ma- – 60 pollici, diffusione dolby, risoluzione 4K gari se lo stesso film viene programmato in ottimale, oscurità necessaria in modo da ren- un’altra sala a 300 metri non ci vanno; quelli dere meno indolore il distacco dalla sala cano- o quelle che sono terrorizzati dall’idea di an- nica. Ma stiamo parlando di un’elite, una goc- dare al cinema da soli o da sole e si lamenta- cia nel mare magnum del pubblico perduto, no che perdono molti film perché non trova- quello delle attendibili campionature che fan- no mai nessuno con cui vederli (senza no sentire la loro assenza indiscriminatamen- sposare le teorie estreme della cinefilia più te per il cinema d’autore più estremo e per ortodossa per la quale al contrario i film van- quello americano più commerciale, per le ci- no visti in religiosa solitudine, non ci sembra nematografie asiatiche, arabe ed europee, per una tragedia a meno che questo disagio non i generi più consolidati (drammi e commedie) ha a che fare con altri problemi); quelli desa- e più classici e spiazzanti (horror, fantascien- parecidos che improvvisamente rispuntano za..). E allora nelle macro-categorie del “vorrei per qualche film-evento; quelli insofferenti ma non posso” e “potrei ma non voglio” tro- alla visione di un film di particolare richiamo viamo di tutto, di più: quelli che sono sincera- in sale affollate perché non sa (più) neanche mente innamorati del cinema e (ri)vedono in cos’è il rito collettivo; quelli che insegnano televisione o con dvd e lettore i classici o i pro- cinema all’Università ma – con le dovute ec- pri personali cult ma non mettono piede in un cezioni - vanno pochissimo al cinema e sono cinema neanche sotto tortura; quelli pigri, ultraselettivi (della serie “Io il cinema lo inse- “Lo spettatore emancipato” di Jacques Rancière ed. pantofolai e casalinghi che vedono quasi ras- gno posso fare a meno di vedere quelli di og- Derive-Approdi anno 2018 pag. 176 segnati solo il cinema programmato dalle va- gi”); quelli fanatici della serialità americana e rie emittenti (e magari spesso non hanno Sky veri dipendenti dalle grandi serie di genere cinematografica si può produrre una neutra- che ha l’offerta migliore); quelli che sentono prevalentemente di Sky (e si può capire vista lizzazione di tipo psicoanalitico: io sono solo forte il richiamo del cinema contemporaneo e la qualità) che arrivano poi a estremizzare la con me stesso, ma anche consegnato al gioco della sala ma poi preferiscono i vecchi film da passione sostenendo che ormai è quello il ve- di tutti i transfert. […] Al cinema, io reagisco vedere a casa o con un pizzico di nostalgia per ro cinema contemporaneo. Insomma un bel “collettivamente”, ma imparo anche a essere la pellicola si ritagliano la piccola cineteca ca- campionario sicuramente non esaustivo ma solo: del resto si tratta di un’esperienza di salinga con tanto di proiettore 16mm e la libi- sufficiente a delineare la deriva patologica dissociazione sociale che senz’altro deve dine del raro film trovato in un mercatino; del pubblico contemporaneo, la desertifica- molto allo stile di vita americano. La solitudi- quelli che drasticamente si rifugiano con zione degenerativa del circuito cinemato- ne di fronte al fantasma è una prova fonda- estremismo cinefilo d’altri tempi in una- di grafico. E allora qual è la terapia per guarire mentale dell’esperienza cinematografica. Ta- mensione da cineteca esclusiva per custodire da questo allontanamento endemico dalla le esperienza è stata anticipata, sognata, il cinema del passato ed esorcizzano la “mi- sala e da tutto il rito di massa? Cosa si può addirittura invocata dalle altre arti, come la naccia” del cinema contemporaneo al loro pu- ipotizzare per recuperare “lo spettatore per- letteratura, la pittura, il teatro, la poesia, la rismo scegliendo di non vedere niente; quelli duto”? È difficile fare qualsiasi ipotesi in pro- filosofia, e ben prima dell’invenzione tecnica agnostici (in alcuni casi pentiti per il loro pas- spettiva futura: ci potremmo trovare in uno del cinema. Diciamo che bisognava proprio sato di consumatori medi di cinema) che si di- scenario post-apocalittico nel quale non ci inventare il cinema, per colmare un certo de- sinteressano di tutto quello che (cinemato- sarà neanche una sala per mancanza di pub- siderio di rapporto con i fantasmi. Il sogno graficamente parlando) succede intorno a blico oppure difronte a un imprevedibile ri- ha preceduto la sua “invenzione”. Jacques loro sia in termini di uscite di film, di eventi sveglio delle masse che prendono d’assalto i Rancièr in Lo spettatore emancipato (Derive-Ap- cinematografici sia di informazioni (cronaca cinema come succedeva negli anni d’oro. prodi, 2018) sostiene che chi guarda non sa o recensioni) sul cinema che si produce e di- Non ci resta che affidarci alle riflessioni di vedere. Per guarire lo spettatore da tale in- stribuisce; quelli che ciondolano senza parti- due grandi filosofi francesi a proposito di fermità, filosofi e rivoluzionari si sono trova- colari motivazioni e quando t’incontrano ti due concetti-chiave della condizione dello ti accomunati nell’intento di strapparlo dalle chiedono puntualmente “Che c’è di buono in spettatore di oggi come di ieri: la solitudine e illusioni percettive e conoscitive che ne fa- giro?” o “Mi consigli qualche film?”; quelli che lo sguardo. Dice Jacques Derrida in Le cinéma rebbero un subalterno. Il libro propone un invece non vanno nelle sale ma sono informa- et ses fantômes, raccolta da Antoine integrale rovesciamento: l’emancipazione tissimi, leggono molto recensioni, anticipa- de Baecque e Thierry Jousse in “Cahiers du della quale la figura dello spettatore è porta- zioni, cronache dai festival sui giornali o sulla Cinéma”, 556, 2001 (Il cinema e i suoi fantasmi, trice passa per lo sguardo e la passività, per Rete e alcuni da vecchi appassionati e cono- “aut aut”, 309, 2002): “Io non amo sapere che un diverso uso delle capacità di percepire che scitori di autori e cinematografie sono capaci c’è uno spettatore al mio fianco, o quantome- sono di ciascuno e la possibilità di tradurre di intavolare una discussione e un confronto no, sognerei di ritrovarmi solo, o quasi, in in pensiero o in azione anche ciò che si guar- su un film come se l’avessero visto; quelli che una sala cinematografica. Quindi, non impie- da senza conoscere. Da questa prospettiva, hanno l’idiosincrasia per le multisale e inorri- gherei la parola “comunità”. Ma nemmeno la quella di una comune incapacità e di una co- discono al solo pensiero di sentire l’odore dei parola “individualità”, che richiama una di- mune ignoranza, si tratta di definire proprio popcorn o sgranocchiare patatine; quelli che mensione troppo solitaria. L’espressione op- altre capacità e altri saperi, passando da un hanno il preconcetto di andare a vedere un film portuna è quella di “singolarità”, perché disfa mondo sensibile dato a un altro mondo sen- iraniano, libanese, indiano o cinese in una mul- il legame sociale, lo sposta e lo rimette in gio- sibile. tisala perché sono i fondamentalisti del cinema co diversamente. È per questo che nella sala Alberto Castellano 7 n. 72 Muros Sui muri, un film mai Proletario nel mio pae- fatto potrebbe avere se in Barbagia, iniziavo inizio dai Condaghes, la sceneggiatura per che sono atti ammini- un murales adesso in strativi in lingua sar- rovina, quasi del tutto da tra l’XI e il XIII se- scomparso. Sui muri colo al tempo dei scrivemmo e pintam- Giudici. Molti Conda- mo la storia dei nostri Natalino Piras ghes sono la descrizio- partigiani. Quel mura- ne dettagliata, come si conviene a una scrittu- les non esiste più. L’a- ra notarile, di linee di confine: Ego “ iudike vremmo potuto mettere Mariane de Laccon chido ad su muristere de Santa a contrasto, per tornare Julia de Kitarone su saltu de Coperclatas…” Su mu- alle barriere tra Sud del ristere, o muristene o moristene, è quanto di mondo e Nord, ad altri struttura muraria rimane adiacente a una ba- muri di sangue e cemen- silica, un santuario, una chiesa campestre: to dove i narcotraffican- una specie di sacro recinto che da semplice ti messicani mettono a sagrestia e ripostiglio si allargava a diventare morte, crocifiggendoli, al- cumbessia, luogo di accoglienza di devoti, no- tri narcotrafficanti. Tutto venanti e pellegrini. Sono necessari i muri. torna al cinema. La sce- Muros è rimasto come nome di un paese, nel neggiatura iniziata dai nord Sardegna e su muru al singolare designa Condaghes allarga l’occhio ancora in tutta l‘Isola tratti di strada, ponti, della macchina da presa persino qualche viadotto. I muri sono nella da un reale/immaginario nostra storia, la pietra con cui sono state re- lontano, uno e tanti Me- Estate 1976. Il Collettivo Proletario a Piazzedda ‘e Leone, davanti al murales da cintati pascoli e terre che da comunitarie sono dioevo, al reale nostro loro realizzato per i Partigiani di Bitti che combatterono nella Resistenza. In prima passati a essere proprietà privata. I muri sono contemporaneo: quanto fila da sinistra a destra: Natalino Piras, Salvatore Orunesu, Bustianu Cumpostu nella nostra narrazione, nelle metafore, nei urge nelle nostre visioni e Nico Orunesu. Nel gradino più su: Diego Asproni, Giovanni Orunesu e Mauro proverbi, in arte e letteratura, nei segni e nelle e rappresentazioni. A Cumpostu. (I due mancanti sono i ragazzini, uno fa le corna,che a loro modo hanno visioni. Sono di materia, sabbia, terra, ancora e proposito di muri, il si- fatto a tempo a mettersi in posa, foto di un passante) sempre pietra, granito e basalto, muri a secco oppure cementati (la loro ripro- Antonius Block (c’è nel nome, inevitabi- duzione abita paesaggi tipo Costa Sme- le, il richiamo a Bosch, Bruegel, Mem- ralda dove regna l’artefatto). Oppure so- ling, l’immaginario medievale reso dal- no immateriali: il silenzio degli uomini la pittura fiamminga e tedesca alle e il silenzio, l’ assenza di Dio: come muri soglie del Rinascimento), costui ha ri- di prigione, insormontabili, come segno verbero nell’oggi e in tutti i nostri ieri. di incomunicabilità. Il discorso si allar- Come, giocando con le assonanze tra ga. Va oltre il mare che l’Isola circonda. muristene, Monastir (stesso nome di un Le campiture sono destinate a trovare, paese del Campidano, alle porte di Ca- nel nostro racconto, altri muri, diverse gliari e di una città tunisina), e la batta- altre insormontabilità. Muri (Falak,1968) glia di Minas Tirith, la città-fortezza, è un film del magiaro András Kovács: altissime mura, creata dal genio di J. R. profezia (il cinema magiaro fu in quei R. Tolkien, terzo volume de Il Signore lontani anni Sessanta-Settanta nella degli Anelli (1937-1949) intitolato Il ri- spina dorsale del tempo) dei muri come torno del re, ultima parte dell’omonima barriera, come respingimento dello trilogia cinematografica (2001- 2003, La “Notre-Dame de Paris” anche “Il gobbo della cattedrale” (1956) di straniero (leggi la politica razziale compagnia dell’anello e Le due torri le prime Jean Delannoy, con Anthony Quinn nel ruolo del protagonista e Gina dell’attuale premier ungherese, il so- due), opera di Peter Jackson. Gollum, Lollobrigida in quello di Esmeralda vranista Orbán). Muri di guerra fredda Aragorn, Frodo Baggins, Sauron, Gan- come quello di Berlino, abbattuto nel 1989 do- lenzio di Dio è la struttura portante di tutto il dalf, sono nomi che appartengono, cinemato- po un trentennio di socialismo reale. Muri di cinema di Ingmar Bergman. Al centro, per di- graficamente parlando, sia ai Condaghes, sia al guerre in corso, in cemento armato,come re di quanto il silenzio di Dio, lo stesso di Au- silenzo di Dio bergmanino, sia ad Auschwitz. quello che separa israeliani e palestinesi nella schwitz, sia più tangibile di quanto si creda, ci Un altro centro del nostro cinematografico striscia di Gaza. Come quello che Trump vor- sono la contemporaneità, Il posto delle fragole muristene è il santuario, le sue mura. In Sarde- rebbe erigere per respingere altre immense (Smultronstället, 1957) al centro del centro. E gna e tanti diversi altrove. Il santuario e, altra folle di senza terra, senza mura domestiche, ancora e sempre, il Medioevo, come un pae- struttura portante del Medioevo che torna, di poveri e diseredati, migranti dal Sud Ame- se-paesaggio portatili, del Settimo sigillo (Det l’abbazia, le sue mura di pietra e sassi e marmi rica e dal Sud del mondo verso il Nord. Muri sjunde inseglet, 1957): la partita a scacchi tra il che sfidano il cielo. L’abbazia-tipo è quella de trovano, come reale e come progetto del Pote- nobile cavaliere Antonius Block e la Morte. Là Il nome della Rosa, il film The( Name of the Rose, re, del dio-denaro, del Capitale, del sovranista arrivano, anche nell’essenza del cinema berg- 1986) di Jean-Jacques Annaud e la serie televi- Trump. Muri e barriere da erigere, come una maniano, condizione necessaria della Storia del siva dell’inverno appena passato diretta da moltiplicazione all’infinito delle tancas serra- Cinema, le proiezioni che partono dai Conda- Giacomo Battiato, entrambi dal capolavoro das a muru della nostra storia, al tempo delle ghes. Un Medioevo tutto da comprendere, non omonimo (1980) di Umberto Eco. Altro centro Chiudende (1820). Muri come maschere d’oppres- solo cinematograficamente. Ma che nei Conda- è Notre-Dame. Come è stata, come è, come sione che ci tagliano la lingua. Così anch’io, nei ghes e nel Cinema ha referenti necessari. Per di- era sino al 15 aprile 2019, prima che il fuoco la lontani anni Settanta, al tempo del Collettivo re della tremendità della guerra, tornando ad segue a pag. successiva 8 [email protected]

segue da pag. precedente annullato. Sintomatico evidenziare, per tor- Bertolucci. Da diversi film su Gengis Khan distruggesse. Dice il grande storico Jacques nare ai Condaghes, come, specie in quello di (uno per tutti I Mongoli, 1961, di André De Le Goff nel suo La civiltà dell’Occidente medieva- San Pietro di Silki, figuri la parola valliclu, che Toth, Riccardo Freda, Leopoldo Savona) al le (1964) che “Notre-Dame fu sede di un vesco- vuol dire piccolo avvallamento ma che ha una cartone animato Disney Mulan (1998) di Tony vado dipendente da Sens, la cattedrale attuale e più attinenze con the Wall, il muro per anto- Bancroft e Barry Cook. Passando per il Marco viene iniziata nel 1163 dal vescovo Maurizio di nomasia. Molto c’entra la canzone (1979) dei Polo televisivo (1982) di Giuliano Montaldo e Sully. Il coro è terminato nel 1177, il transetto e Pink Floyd e il film di Alan Parker Pink Floyd L’ultimo lupo (Wolf Totem, 2015) ancora di Je- la navata nel 1196, la facciata, cominciata nel The Wall (1982): per quanto magistralmente, an-Jacques Annaud dal romanzo autobiogra- 1190, nel 1250. Il XII secolo vede ancora la co- con forte tensione etico-estetica riesce a dire fico, in Mongolia al tempo della rivoluzione di struzione delle cappelle del coro. Il XIV secolo di produzione di mostri e di infernale, la rap- Mao, Il totem del lupo (2004) di Jiang Rong. aggiunge una tribuna, vede ancora la costru- presentazione e la messa in musica di un tru- Muraglia cinese e altri muri della storia e del zione delle cappelle del coro. Il XIV secolo ag- mpismo come catena di montaggio della ba- mito. Magari ripartendo dal Cuzco, Machu giunge una tribuna soppressa da Giulio Picchu, che visto dall’alto dà l’idea di un Hardouin-Mansart. La sobrietà dell’in- giaguaro, animale sacro per gli Inca. terno (lungo m. 130 e alto 35), la bellez- Agli antipodi di narrazione cinemato- za un poco austera delle sculture (il grafica, L’America Latina conquistata Portale del Giudizio al centro, di dagli spagnoli come geografia storica, sant’Anna a sud, della Vergine a nord) potremmo collocare La grande strage fanno dell’insieme un esemplare di go- nell’impero del sole (The Royal Hunt of the tico severo”. La cattedrale di Parigi è Sun, 1969, tratto dall’omonimo testo te- storia nella storia, romanzo nel roman- atrale di Peter Shaffer, Robert Shaw-Pi- zo, cinema nel cinema. Giusto dire di zarro e Cristopher Plummer-Atahual- un archetipo: Notre-Dame de Paris (1831) pa) di Irving Lener a Apocalypto (2006) di Victor Hugo. È la storia così come di Mel Gibson. Gli alti templi sacrificali l’immaginario della corte dei miracoli, “Quelli della San Pablo” (The Sand Pebbles, 1966) di Robert Wise e le piramidi di sangue degli Aztechi le di Esmeralda e Quasimodo che nel film ritroviamo pure in Vera Cruz (1954) we- di William Dieterle del 1939 viene reso stern di Robert Aldrich. I kolossal di magistralmente da Charles Laughton. Hollywood e le loro imitazioni, i pepla Ma Quasimodo è stato anche un grande italiani degli anni Cinquanta-Sessanta, Anthony Quinn, nel film diretto nel sono una rassegna di mura e muraglie, 1956 da Jean Delannoy, dove Esmeralda tutte rifatte in cartapesta, già dal tem- era Gina Lollobrigida e Alain Cuny face- po del muto, nel passaggio dal bianco/ va Frollo. Ricordo bene il Quasimodo e nero al colore: le piramidi d’Egitto, le les gargouilles dei cartoni animati Di- mura di Babilonia, di Gerusalemme, di sney dei film di Natale quando mie -fi Atene e Sparta, di Roma e Cartagine, di glie erano bambine: Il gobbo di Notre-Da- “55 giorni a Pechino” - 55 Days at Peking (1963) di Nicholas Ray tanti altri luoghi reali e immaginari. me (The Hunchback of Notre Dame, 1996) di Gay nalità del male. Alla stregua di Eichmann, Una filmografia sterminata. Le mura per -an Trousdale e Kirk Wise. Notre-Dame. Nel ro- solerte impiegato di Hitler che sapeva come tonomasia restano quelle di Troia, come è giu- manzo I pilastri della terra (The Pillars of the Ear- far funzionare la macchina-morte di Au- sto che sia, considerato che l’Iliade e l‘Odissea th, 1989, da cui la serie televisiva Canada-Un- schwitz e di tanti altri campi di sterminio. alla stregua e più della Bibbia e del Gilgamesh gheria-Germania, 2010) di Ken Follett c’è, Tutti circondati da muri in mattoni rossi, elet- sono la perenne narrazione del mondo. Una come cosa annunciata, la dettagliata cronaca trificati con l’alta tensione che correva lungo ipotetica linea di racconto cinematografico, di un incendio, un rogo che divora la cattedra- chilometri e chilometri di filo spinato. Per in- stando a Omero come fonte, va da Elena di Tro- le, precisa Notre-Dame del 15 aprile 2019. C’è tenderci: non siamo nell’Età di mezzo, il Me- ia (Helen of Troy, 1956) di Robert Wise, Mario una morale in questa narrazione? “Morale: i dioevo, ma mille anni dopo, nel Novecento, Bava e Piero Schivazappa, a Troy (2004) di Wol- muri tendono a fare una brutta fine, Mr. Pre- dopo Riforma e Controriforma, dopo le rivo- fgang Petersen. In mezzo, considerevole ope- sident”. La virgolettatura viene da un articolo luzioni industriali, dopo l’Illuminismo e la Ri- ra, l’Odissea televisiva (1968) di Franco Rossi. di Helena Janeczek (L’Espresso n. 16, 14 aprile voluzione francese: il secolo breve dice lo sto- In mezzo tanto altro Medioevo, le scogliere e i 2019, 62) a proposito di Medioevo che torna, a rico marxista Eric J. Hobsbawm, compreso fossati di Excalibur (1981) di John Boorman, le proposito del ritorno in tv del Trono di spade tra due guerre mondiali che guardano a tante mura di Edimburgo e diversi castelli di Bra- “con stupri, tradimenti e torture, una saga del terze di questo Duemila. I morti a mucchi, a veheart (1995) di Mel Gibson, tante versioni di muri, una infinita muraglia, Giovanna d’ Arco. Un finale provvisorio di que- molto più lunga di quella cine- ste inaccessibili mura, riverberanti dai nostri se. Questa muraglia, come rea- Condaghes e da tutti i nostri Medioevo sta nella le storico (si iniziò a costruirla scalata da parte dei marines americani di intorno al 215 a.C.) e come luo- Pointe du Hoc, spiaggia Omaha, il 6 giugno go dell’ immaginario, popola il 1944, il giorno dello sbarco in Normandia. cinema. Visioni mie personali Una scalata di sangue. Più che Salvate il soldato vanno da Quelli della San Pablo Ryan (Saving Private Ryan, 1998) di Steven Spil- (The Sand Pebbles, 1966) di Ro- berg, Pointe du Hoc, riesce a raccontarlo lo bert Wise a 55 giorni a Pechino spettacolo de Il giorno più lungo (The Longest “The Wall” (1979) album del gruppo musicale britannico Pink Floyd, 1979 (55 Days at Peking, 1963) di Ni- Day, 1962) di Ken Annakin, Andrew Marton, passato che intercetta lo spirito dei nostri cholas Ray, tutti e due ambientati al tempo Darryl F. Zanuck e Bernard Wicki dall’omoni- tempi”. Il presidente in questione, va da sé, è della rivolta dei Boxer contro il colonialismo mo resoconto giornalistico (1959), con qualche Trump, che copiando dal manifesto appunto straniero (1899-1901). Dalla narrazione dello omissione e più di una finzione, di Cornelius del Trono di spade (sul canale HBO e su Sky Ci- Schindler tedesco John Rabe (2009, epicentro lo Ryan. La nostra storia, non solo cinematografi- nema dal 17 aprile 2011) si era messo a fare stupro di Nanchino, dicembre 1937, opera dei ca, sta ancora là, a Pointe du Hoc. muro contro l’Iran, annunciando il ripristino giapponesi) di Florian Gallenberger a L’ultimo delle sanzioni nucleari che Obama aveva imperatore (The Last Emperor, 1987) di Bernardo Natalino Piras 9 n. 72 V. Viaggio all’interno del Centro Sperimentale di Cinematografia Intervista al Preside della Scuola Nazionale di Cinema Adriano De Santis

Al Centro Sperimentale di Cinematografia ogni anno si contano centinaia di richieste di giovani che vogliono imparare i mestieri del cinema. Il Csc è un incubatore culturale dove confluiscono registi, scenografi, montatori, tecnici del suono e maestri della fotografia, attori ma anche stu- diosi, docenti, personalità di fama internazionale che con grande generosità trasmettono le proprie esperienze, le proprie conoscenze a chi rie- sce a superare una lunga e severa selezione. Ogni anno la Scuola si rinnova, offre nuovi programmi, nuove opportunità di studio, di ricerca, di confronto con le altre scuole di cinema presenti in tutto il mondo. Da gennaio scorso Adriano De Santis è stato nominato preside della Scuola, lo abbiamo incontrato per farci raccontare quali saranno le novità del suo programma didattico

Adriano De Santis, presi- culturale per me: mi ha de della Scuola Nazionale veramente aiutato a di Cinema dal primo gen- “crescere”. Grazie a lei, naio di quest’anno, qual è ho potuto frequentare, stato il tuo percorso pro- quando ero giovanissi- fessionale prima di rico- mo, gli ultimi veri sa- prire questa carica? lotti del cinema italiano, Mi sentirei di dire che e con lei ho imparato Susanna Zirizzotti “vengo” dal Centro tantissimo frequentan- Sperimentale di Cinematografia. Ho iniziato do set importanti. Con ad insegnare qui nel ’93-‘94 agli attori, poi in- lei ho avuto l’occasione sieme a Giancarlo Giannini sono passato alla di lavorare sulle bozze direzione del Corso di recitazione. In quegli del suo grande roman- anni al CSC ho fondato delle nuove strutture zo “L’Arte della gioia”, di- come il Service cast artistico, una vera e pro- ventato poi, come pur- pria agenzia e i Csc Lab, un’area didattica, ol- troppo spesso accade tre ai tradizionali corsi triennali, fatta di labo- dopo la sua morte, uno ratori brevi che hanno consentito a tanti dei massimi romanzi allievi di avvicinarsi al mondo del cinema e del secondo novecento dato modo a noi di sperimentare nuovi per- italiano. Con Goliarda corsi di formazione. Al CSC ho ricoperto il ho cominciato a scrive- ruolo di vice preside con Giuseppe Cereda, poi re una serie di lavori di Direttore amministrativo e successivamen- per il teatro ispirati ai te di vice preside con Caterina d’Amico, con la suoi libri che poi pur- quale sono cresciuto in tutti questi anni fino a troppo non abbiamo ter- ricoprire il ruolo di Preside. Al Adriano De Santis, Preside del Csc di fuori del CSC ho lavorato co- sa invece pensi di cambiare. me regista, musicista e soprat- Avendo cominciato ad inse- tutto come organizzatore e pro- gnare al CSC giovanissimo ho duttore in ambito culturale. Ho avuto Caterina come una sorta creato e diretto molti grandi di faro guida. Da Caterina ho eventi. In teatro, ho portato in indubbiamente imparato mol- scena soprattutto lavori di nuo- tissimo, da un lato le strategie vissima drammaturgia. Un la- generali della gestione cultura- voro nell’ambito della musica le e organizzativa di una scuo- che ricordo sempre con piacere la complessa come il CSC e è la composizione delle musiche dall’altro come affrontare tutti originali per l’ultimo film da re- quei piccoli e grandi problemi gista di Giancarlo Giannini, Ti che inevitabilmente si pongono ho cercata in tutti i necrologi. Ho la- nel quotidiano. Più che cam- vorato anche molto nell’ambito biare credo che molte cose va- audiovisivo elaborando format dano innovate, soprattutto per- di nuova comunicazione, nuove ché gli anni passano e viviamo modalità di pubblicità, cortome- in un mondo in costante evolu- traggi, tanti filmati istituzionali, zione, sempre più veloce. Dall’av- Una lezione seguitissima al Csc come regista o anche produtto- vento del digitale in poi i tempi re. Ho cercato una carriera colorata, non tra- minato. Il sapermi muovere in questo mondo del cambiamento si sono estremamente ri- dizionale, passando attraverso molteplici pro- senz’altro lo devo a lei. stretti. Sin da subito ho voluto creare un nuo- fessionalità, nel cinema, teatro, musica; tutte Caterina d’Amico dal 1988 al 1994 è stata Sub-Com- vo corso triennale dedicato alla figura del vi- grandi esperienze che ora mi aiutano a svol- missario del Centro Sperimentale di Cinematogra- sual effects supervisor & producer. Già ora il gere il lavoro di Preside che è un incarico com- fia, con delega per la Didattica e i rapporti cultura- corso è una realtà e ci sta dando molte soddi- plesso e che necessita da un lato di capacità li. Dal 1998 al 1999 ha fatto parte del Consiglio sfazioni. Abbiamo anche creato un grande la- organizzative, dall’altro della conoscenza dei d’Amministrazione della Fondazione Centro Speri- boratorio annuale dedicato al cinema interat- diversi ambiti del cinema. Ci tengo tantissi- mentale di Cinematografia e, dal 1999 al 2018, con tivo. Ne vado particolarmente orgoglioso in mo a dire che molto di questo lo devo a Citto una breve interruzione, è stata Preside della Scuola. quanto è il primo laboratorio del genere atti- Maselli e soprattutto all’attrice e scrittrice Go- Subentrare alla d’Amico è un compito difficile, im- vato a livello internazionale. Siamo riusciti in liarda Sapienza, una vera guida artistica e pegnativo. Cosa raccoglierai dalla sua eredità e co- segue a pag. successiva 10 [email protected]

segue da pag. precedente Felice Laudadio abbiamo scelto una nuova di- La gestazione di un progetto ha infatti tempi tempi molto brevi a rendere il Diploma del rettrice artistica, la regista Costanza Quatri- diversi rispetto a quelli del fonico o dello sce- Centro Sperimentale equipollente alla laurea. glio che ha fatto un ottimo lavoro. Il progetto nografo che esce dalla scuola e si ritrova subi- Questo rappresenta un passo che sto seguendo è quello di dare a tutte le Se- to sul set. Tutti i nostri allievi della sede di To- estremamente importante non rino, di animazione, vengono solo per i nostri allievi, ma an- coinvolti, una volta diplomati, che per la nostra Fondazione. dalle produzioni, in tempo rea- Stiamo lavorando alla ridefini- le. Molto dipende anche da co- zione dei programmi e dei pia- me l’allievo sviluppa la propria ni di studio, non solo per essere carriera. Una giusta dose di for- al passo con i tempi, ma anche tuna è necessaria, come sempre per cercare di trovare delle “vie e come in qualsiasi altro lavoro nuove”, di sviluppare nuovi lin- ci si ritrovi a fare nella vita. E’ guaggi, favorendo il momento importante per il CSC, per i do- interdisciplinare della Scuola e centi e anche per gli allievi, co- perché no, rischiando qualco- minciare a ragionare in una sa, ma sicuramente sperimen- modalità più internazionale. tando. Appunto per questo na- Viviamo in un mondo fatto di scerà a breve un gruppo creativo coproduzioni, tantissimi pro- formato dai talenti più giovani e getti di grande serialità italiani curiosi del CSC. Infine l’altro e stranieri si realizzano in Ita- fronte su cui stiamo lavorando lia. A volte è difficile far capire molto è quello dell’internazio- che il cambiamento non è nel nalizzazione. futuro ma è nel presente, sta av- Lezione pratica al Csc. Foto di Archivio Chi sono i ragazzi che chiedono di venendo, è già avvenuto. Ab- iscriversi ai corsi del CSC ? biamo tantissimi allievi di reci- La formazione di base che rice- tazione, cosa difficile da vono oggi i ragazzi prima di ar- pensare cinque, dieci anni fa, rivare al CSC è forse un pochino coinvolti in produzioni inter- meno solida che in passato. nazionali. Sara Serraiocco che Spesso quando facciamo il test gira negli Stati Uniti una gran- d’ ingresso di cultura generale e de serialità o anche Lorenzo Ri- sulle conoscenze basilari nel ci- chelmy, o Valentina Bellè. Quin- nema, i risultati sono alquanto di perché no, visto che facciamo deludenti. Poi scopriamo però cinema, pensiamo in grande! di avere a che fare con creatività Quest’anno la Scuola ha avviato nuove, con giovani che sono in un nuovo corso: Visual Effects Su- grado di operare delle scelte e pervisor & Producer. Come si arti- delle ricerche in modo estrema- cola? mente rapido, quindi penso che Questo è un dipartimento mol- Alla Moviola. Foto di archivio alla fine poco cambi, anche per- to importante e strategico per ché noi lavoriamo con l’eccellenza. I ragazzi di una visione più unitaria, in passato pur- il CSC, forse è stata una pecca che non siamo che selezioniamo sono sempre degli artisti o troppo sono state sedi distaccate, ora fanno riusciti a farlo partire prima, però finalmente aspiranti tali di alto profilo, che escono dal co- parte di un network che comunica fortemente esiste. E’ partita la prima annualità, il corso ro. I nostri numeri sono molto piccoli e il livel- sia con la sede centrale che con le altre sedi e sta andando veramente bene. La novità ri- lo è sempre molto elevato. Quello che sto no- questo significa travasare conoscenze, program- spetto agli altri corsi che sono diretti da un di- tando ultimamente, su alcuni settori, è che mi, scambiarsi docenze e studenti. L’ obiettivo è rettore artistico, è che su questo dipartimento mentre prima incontravamo aspiranti allievi lavorare su un progetto di comunicazione an- è stato creato un team di coordinamento. De- che avevano fatto studi di carattere più uma- che complessivo più unitario. Come chiudere vo dire che questa cosa ha funzionato molto, nistico, come ad esempio il Dams, ora comin- alleanze e sponsorizzazioni tecniche con anche perché è congeniale alla materia che si ciano ad arrivare ragazzi anche dall’informa- aziende importanti del settore, dalle macchi- va ad insegnare. Il Visual Effects è una mate- tica, da settori molto più tecnici. Credo sia lo ne da presa, ai software, lo facciamo in modo ria che spazia non solo dalla creazione dell’ef- specchio dei nostri tempi. Oggi penso che, unitario, per tutta la Scuola nel territorio na- fetto ma si avvale anche della collaborazione sottrarsi ad una conoscenza profonda e alla zionale. strettissima con il regista, con gli altri settori, capacità di usare la tecnologia, sia impossibile Quali sono i corsi che oggi offrono maggiori oppor- con il mondo della post produzione. Per que- per chi vuole fare questo lavoro. tunità di lavoro? sto motivo abbiamo messo a capo di questo Oltre alla sede storica romana il Csc ha anche sedi Studiare al CSC rappresenta per gli allievi una corso un team composto da un grande artista a Torino dove è attivo da diversi anni il corso di ani- grande possibilità; non solo di formazione ma come Alvise Avati, da Eros Puglielli un regista mazione; a Milano si svolge il corso di fiction televi- anche di posizionamento nel mondo del lavo- che ha una grande visione rispetto alla nuova siva e di comunicazione cinematografica d’impresa; ro. Oggi i tempi sono cambiati, la precarietà tecnologia, da Daniele Tomassetti, un giovane a Palermo il corso di documentario storico artistico e di trovare lavoro a volte insiste su corsi uni- direttore di post-produzione e Renato Pezzel- docu-fiction; a L’Aquila il corso di reportage storico e versitari o professioni che non sono quelle del la, un altro specialista del settore e nostro col- d’attualità. Si tratta di alta specializzazione, quali di cinema. Io stesso quando ho bisogno di ri- laboratore storico. Questo team, coadiuvato questi corsi sono più richiesti attualmente? chiamare a Scuola per delle collaborazioni un da vari docenti, sta portando avanti un per- Abbiamo iniziato a lavorare anche sulle altre ex allievo di produzione, di suono, di costu- corso molto interessante, di grande successo sedi del CSC: su alcune, come quella siciliana me, fatico perché sono tutti al lavoro! Poi ab- che sta coinvolgendo tutti gli altri dipartimenti che si occupa del documentario abbiamo rivo- biamo settori più delicati, come quelli legati della Scuola. E’ un’area che ci darà soddisfazione luzionato il piano di studi elaborando un pro- alla regia, dove inserirsi nel mondo del lavoro e crescerà moltissimo, basti pensare che negli getto totalmente nuovo. Con il Presidente diventa un processo con tempistiche più lunghe. segue a pag. successiva 11 n. 72

segue da pag. precedente cortometraggi che sono in fase di realizzazio- insieme al Csc, è la scuola più antica al mon- Usa e in Inghilterra comincia a svilupparsi ne in questi giorni, e che verranno presentati do. Abbiamo ospitato una enorme delegazio- una generazione di registi che vengono dai vi- da Campari al Festival del cinema di Venezia. ne con masterclass congiunte di regia, foto- sual effects. E’ un mondo che sta veramente Un po’ un ritorno a quei brevi film pubblicita- grafia, produzione, recitazione e tutto siè cambiando. ri firmati dai grandi registi. Ormai tenere al- concluso con una grandissima festa dove, gli Il Centro Sperimentale è una scuola all’avanguar- to il livello di attenzione in uno spot pubblici- allievi del corso di recitazione del Vgik e i no- dia, in continua sperimentazione e ricerca, quindi, tario tradizionale è difficilissimo. stri, sono andati in scena in uno spettacolo quali altre proposte formative avete? Da qualche anno la Scuola propone a professioni- congiunto. Stiamo lavorando a un Master annuale, vedia- sti, critici e tecnici, che intendono aggiornare la In primavera pubblicherete il nuovo Bando di con- mo se riusciremo a farlo riconoscere come propria preparazione, laboratori di specializzazio- corso, cosa consiglia il preside della SNC, una delle master universitario con i crediti formativi, ne e sperimentazione. Di cosa si tratta, chi sono i scuole più antiche e prestigiose al mondo, a quei che si occuperà della figura dello “showrun- docenti? giovani interessati alle professioni cinematografi- ner”: una figura che si è ormai evoluta moltis- I nostri laboratori denominati CSCLab sono che? simo nei paesi di radice anglosassone ma an- variegati: abbiamo i laboratori basic di alfabe- Il nostro è un lavoro che ha bisogno di una che nel nord Europa. E’ colui il quale porta tizzazione del linguaggio cinematografico, e grande passione. Quello del cinema è un me- avanti letteralmente lo spettacolo, è il capo quelli più complessi come p.e. quelli di musica stiere, articolato in tutte le sue componenti, della grande serialità. Di norma è uno sceneg- per film dove lavoriamo con i professionisti: che si deve amare. Un consiglio che vorrei da- giatore che elabora il progetto e che si mette a chi vi accede è già diplomato al Conservatorio re è quello di provarci, se si pensa di avere un capo anche della produzione, gestisce il bud- oppure ha già composto musiche, canzoni, si forte interesse. Molto spesso con i colleghi ci get, decide chi sono i registi della serie, gli at- è già fatto strada. Questo dei CscLab è un ter- rendiamo conto che a venti anni non è così tori, quindi è colui che governa il grande mec- reno molto fertile su cui lavorare, è un luogo semplice capire esattamente quello che vo- canismo della grande serialità. In Italia abbiamo dove possiamo sperimentare, dove in tempi gliamo fare nel futuro. Suggerisco di tentare, dei bravissimi sceneggiatori che spesso sono rapidi possiamo attivare un insegnamento e cercare di capire quale area interessa di più. anche chiamati a fare gli showrunner ma non nuovo che possa diventare anche formazione Ci sono tante aree di studio che sono meno vi- si definiscono con quel nome, Stefano Sardo per formatori del futuro, oppure quel luogo sibili, come il suono, il montaggio, la sceno- per esempio. Questa figura professionale non dove possiamo dar modo a tanti giovani di av- grafia, il costume, la produzione, sono aree è ancora riconosciuta in Italia neanche dal vicinarsi al mondo del cinema, per poi decide- estremamente interessanti per vivere il cine- punto di vista giuridico. Come CSC, porsi in re se questa è la propria strada o no. In questo ma, quindi, il mio consiglio è di prepararsi se- avanti, creare un nuovo settore per la forma- momento ne abbiamo attivi anche tre annuali guendo i materiali che chiediamo e poi di fi- zione dello showrunner, sono convinto sia presso la nostra sede di Valentia in Spagna: darsi di se stessi e del Csc, che è una scuola utile non solo per alimentare il mondo del ci- sono laboratori che stanno andando molto be- importante. nema e della grande serialità con professioni- ne, uno in filmmaking, l’altro in recitazione e Il CSC non è soltanto un luogo di formazione ma sti di livello, ma anche per dare il giusto rico- il terzo in sceneggiatura. Ne partiranno altri rappresenta anche una stretta connessione con isti- noscimento a figure professionali che questo due, uno di costume e l’altro di produzione tuzioni, produzioni, quindi, alla fine dei corsi la lavoro già lo fanno. Un altro corso nuovo, di- creativa digitale. Da settembre si comince- Scuola si adopera in qualche modo per accompa- rei un laboratorio che è partito da febbraio ranno a delineare i tempi per l’apertura di una gnare i propri allievi diplomati nel mondo del lavo- scorso, è il primo laboratorio al mondo di ci- vera sede CSC a Valentia con i nostri corsi ro? nema interattivo. Abbiamo già elaborato un triennali. Stiamo chiudendo gli accordi in Lo facciamo in vari modi, uno è abbastanza fi- primo esercizio in collaborazione con Bulgari, queste settimane con una storica Scuola Spa- siologico: il team dei docenti del CSC è forma- ne faremo un altro in collaborazione con gnola chiamata Barreira Arte + Disegno. to da grandi professionisti del settore quindi Warner. Il detentore del brevetto di questa La Scuola svolge anche un ruolo centrale nel conte- è abbastanza automatico che durante la terza nuova modalità di manipolare l’immagine e sto internazionale, quale membro dell’Associazione annualità i docenti stessi, coinvolti in tutte le renderla interattiva è un ragazzo pugliese, Europea delle Scuole di Cinema e Televisione (GE- produzioni del paese, attingano tra i propri Riccardo Boccuzzi, che ha creato questo siste- ECT) e dell’Associazione Internazionale di Cinema allievi per cercare collaboratori. Un’altra via è ma. Lo abbiamo reso didattica e con i ragazzi e Televisione (CILECT). In questi ultimi anni ci so- quella degli stage; ne organizziamo veramen- stiamo formando in modo transmediale, in- no rapporti di scambio più frequenti, ce ne vuoi par- te tanti per i nostri allievi. Tutte le altre aree terdisciplinare, tutta una serie di figure pro- lare? hanno la possibilità, durante la terza annuali- fessionali in grado di gestire il cinema inte- Il Csc che è stato tra i fondatori del Cilect tà, di andare in stage presso grandi e impor- rattivo. In questa fase non è per il grande (Centre International de Liaison des Ecoles tanti produzioni italiane e internazionali. E schermo, è per il mobile, sfrutta la tecnologia de Cinéma et de Télévision) vive il rapporto devo dire che soprattutto quelli di lunga dura- del mobile senza utilizzare dispositivi annes- con l’associazione come fosse un grande ta danno la possibilità alle persone di talento si, è di facilissimo utilizzo. Questo primo fil- network, con tutti i benefici che ne derivano. di inserirsi nel mondo. Una terza via è data da mato verrà presentato al BiFest di Lecce. Stia- E’ un luogo dove varie scuole si confrontano, una struttura vera e propria: abbiamo creato mo seguendo un altro laboratorio, anche questo dove ci si conosce. Tutti i grandi progetti na- un service cast artistico da ormai 10 anni, una innovativo, a cavallo tra cinema e comunica- scono dai rapporti umani, poi la maggior par- vera e propria agenzia riconosciuta sul mer- zione, creato da noi in collaborazione con te dei progetti che si realizzano, come lo cato da tutti gli operatori del settore, che lavo- Campari, si chiama CampariLab. E’ un per- scambio di studenti o di docenti nascono da ra in primis per gli attori, la professione più corso di formazione dove si è parlato dello svi- rapporti bilaterali che si sviluppano e concre- fragile (!), ma che ora sta cominciando, com’e- luppo di nuovi linguaggi legati al cinema e alla tizzano al di fuori. Auspico la creazione di veri ra il progetto iniziale, a lavorare anche nell’ comunicazione. Come comunicare attraverso progetti da realizzare insieme. Abbiamo orga- ambito delle altre professioni. La funzione, un prodotto filmico, non attraverso uno spot: nizzato qualche mese fa la festa dei 100 anni svolta dal Service Cast Artistico (SCA) negli frutto di questo laboratorio sono stati 5 del Vgik di Mosca qui al CSC a Roma. Il Vgik ultimi 10 anni, è stata estremamente impor- tante, tantissimi grandi nomi che oggi vediamo sui grandi schermi, in tv, hanno mosso i loro primi passi grazie alla nostra agenzia.

Susanna Zirizzotti 12 [email protected] Abbiamo ricevuto Il Cinema di Francesco “Citto” Maselli Giacomo Martini

Questo volume vuole essere in primo luogo un ringraziamento sincero e affettuoso ad un ar- tista che ha dato tantissimo al cinema e alla : cinema/studi cultura italiana in sessanta anni di impegno e di lavoro rigoroso e appassionato. Un impe- gno che ha segnato la storia del cinema italia- no dal dopoguerra ad oggi e che ci permette di avviare una riflessione approfondita della no- stra realtà culturale, politica, sociale ed etica IL CINEMA DI che da troppo tempo evidenzia fragilità e con- traddizioni non più sopportabili. Citto è stato Francesco “Citto” Maselli ed è un esempio di rigore morale, artistico e culturale, un rigore che riscontriamo nel suo lavoro di regista ed intellettuale. Un lavoro che abbiamo il dovere di recuperare e di ripro- porre al dibattito culturale e politico dei nostri giorni, ci potrà aiutare a comprendere meglio non solo la realtà, molto amara, del nostro tempo, ma soprattutto ad offrirci stimoli inte- ressanti per il futuro. Colgo questa occasione per ringraziare Roberto Cicutto, Presidente e Amministratore Delegato di Cinecittà/Istitu- to Luce che ha sostenuto questo mio lavoro evidenziando ancora la sua sensibilità di in- tellettuale che, come Citto, ha dedicato al Ci- nema tutta la sua vita. Giacomo Martini Interventi di Michelangelo Antonioni Valeria Golino Furio Colombo Mino Argentieri Piero Spila e Bruno Torri Tullio Masoni Steve Della Casa Vito Zagarrio On. Aldo Tortorella Jean A. Gili Wilma Labate Luciana Castellina Giacomo Martini Italo Moscati Giorgio Gosetti Marco Ravera Paolo Taviani Giuliano Montaldo Giacomo Martini I Quaderni del Battello Ebbro I Quaderni del Battello Ebbro Via Marconi, 35 – 40046 Porretta Terme Bo www.iquadernidelbattelloebbro.it ISBN 978-88-86861-99-1 € 20,00

Introduzione

...Il neorealismo per un autore come Maselli, è stato un clima culturale, un punto di riferimento intellettuale, non una formula, non un modulo da applicare passivamente. Di qui l’estraneità ad ogni forma di inclinazione populista così come al gusto per le tranche de vie e al prevalere dell’impulso lirico. Diremo che nei film di Maselli il centro dell’enucleazione graviti attorno ad un ambiente, socialmente connotato, e allo studio di personaggi esplorati nei loro comportamenti, nella psicologia complessa e talvolta tortuosa. I maestri sono riconoscibili in Antonioni e Viscon- ti, in due diverse lezioni che Maselli ha assimilato, maturando uno stile che non rischia di indulgere alla viscontiana tentazione del decorativo e dell’estetismo, né al freddo e sublime compiacimento fotografico antonioniliano. C’è in Maselli la reinvenzione, in chiave analitica, di quelli che sono stati i postulanti e i frutti migliori del cinema nazionale post-bellico... (Mino Argentieri)

Tratta dal volume Francesco Maselli, l’occhio e il ritmo, Istituto Universitario Orientale, Napoli - Associazione Culturale “Il Barattolo”, Centro Speri- mentale di Cinematografia, Cineteca Italiana; Napoli 1994 13 n. 72 Per Agnès Varda, la Vecchia Signora del Cinema Europeo 1. Premessa Venerdì 29 marzo 2019 è morta a Parigi, all’età di novant’anni, Agnès Var- da, ultima donna/ cinea- sta della gloriosa epoca della Nouvelle Vague (in verità, la Varda non si è Stefano Beccastrini mai pienamente iden- tificata con tale Movimento, cui appartenne semmai il suo amatissimo marito, Jacques Demy, autore di allegrissime ma anche tri- stissime commedie musicali). Nata in Belgio da padre greco e madre francese, ella si chia- mava in realtà Arlette ma dopo essersi trasfe- rita in Francia, oltre ad assumere quale accon- ciatura fissa per tutto il resto della vita il suo celebre “caschetto”, assunse quale nome defi- nitivo quello di “Agnès”. In Francia, visse dap- prima a Séte, la città del Cimitero Marino di Paul Valery, e poi a Parigi. Inizialmente, lavo- rava come fotografa presso il The- atre National Populaire diretto da Montparnasse, da Boulevard Jean Vilar ma poi, nel 1955 e con l’a- Raspail al Parc de Monsouris), iuto di Alain Resnais quale monta- cercando di distrarsi (prende un tore, cominciò a fare del “cinema caffè, si prova un cappello) e rin- di strada”, anticipando in tal senso tracciando luoghi e persone del- alcune importanti innovazioni la sua esistenza (torna a casa, fatte poi proprie dalla Nouvelle Va- s’incontra con il suo uomo, parla gue strettamente detta, dalla con il suo paroliere e il suo pia- quale la Varda si distingueva an- nista, canta una canzone bellis- che per un certo permanente sima: “Sans toi”), spiando i segni “gauchisme” della sua ispirazio- del trascorrere del tempo e della ne politica. Il film del 1955,- am presenza della malattia e della bientato tra Séte e Montpellier, morte (va da una cartomante, si era intitolato La pointe courte: reca in farmacia, va a vedere un piacque abbastanza alla critica film piuttosto tetro), infine- sce ma abbastanza poco al grande gliendo di restar sola con se stes- pubblico e segnò l’esordio sullo sa, vagando in un parco inonda- schermo del cinema di Philippe to dalla luce del crepuscolo Noiret, fino ad allora attore uni- estivo. V’incontra uno sconosciu- camente teatrale (proprio del to militare con cui si intrattiene, TNP di Vilar). Qualche anno do- ricevendone ascolto e compren- po, e precisamente nel 1959, con sione. Assieme prendono l’auto- il suo I quattrocento colpi che vinse bus per raggiungere l’ospedale e a Cannes, Francois Truffaut die- ritirare le risposte degli esami de il via ufficiale alla Nouvelle radiologici. Pare, così narrata, Vague. una storia da niente: tendiamo a 1. Cleo dalle 5 alle 7 seguirla superficialmente, ve- Il successivo film della Varda – nendo a conoscere personaggi forse il più celebre e quello al comuni, sentendo dire cose ri- quale dedicherò la maggior at- sapute, lasciando che il tempo tenzione - uscì sei anni dopo, nel scorra tutto intorno a noi. La 1961, e si intitolava Cleo dalle 5 alle malattia, però, o la paura di essa, 7, con Corinne Marchand, can- cambia la comune esistenza, fa tante e giornalista che proprio la guardarla con occhi diversi dal Varda e suo marito Jacques Demy solito, insegna ad usare parole avviarono al cinema. Cleo è una nuove per dialogare con le per- giovane e vispa ragazza la quale sone, anche quelle sconosciute, si lascia vivere senza porsi troppi che però sanno confortarci, far- problemi, circondata da amici ci compagnia. Il film ebbe molto che non glieli pongono. Un giorno però, te- esserlo. L’esame è avvenuto alle 17, le risposte successo: era un ritratto di donna moderna mendo d’avere un cancro, è costretta a recarsi giungeranno alle 19: per due ore – quelle che, non banale, non convenzionale, non scontato. all’ospedale parigino de La Salpietriére per con registica invenzione assolutamente stra- 1. Da Berlino a Venezia farsi delle analisi radiologiche. E’ il 21 giugno ordinaria, coprono praticamente l’esatta du- Nel 1965 Agnès Varda vinse l’Orso d’Argento al del 1961: il tempo è rilevante, nel film così co- rata del film – ella vaga per Parigi (da rue Rivoli Festival del Cinema di Berlino con il bellissimo me nella vita di chi è ammalato o crede di a rue Huygens, dal Café Le Dom a Boulevard segue a pag. successiva 14 [email protected]

segue da pag. precedente Il verde prato dell’amore: film delicato, toccante, storia d’amore d’un giovane uomo per due giovani donne che egli ama parimenti: en- trambe, senza nulla togliere né all’una né all’altra. Almeno, così egli cerca di convincer- le: in realtà, almeno una si sente profonda- mente ferita e si uccide. Ma se fosse vero, ciò che lui sostiene, ossia che un essere umano può possedere e donare così tanto amore da poter fare pienamente felici, contemporanea- mente, due altri esseri umani? Il film è dolce e melanconico a un tempo, riflessivo e capace di turbare. In seguito, la Varda si reca negli Stati Uniti ove diventa amica di Jim Morrison - di cui, in seguito filmerà il funerale parigino – e girerà, a Los Angeles, un film/documentario sulle Black Panthers, uno dei gruppi più arrab- biati e rigorosi del movimento afro-americano

“Les Créatures” (1966) di Agnès Varda con Catherine Deneuve

“Garage Demy” (1991) di Agnès Varda produttiva di film di documentazione che in questa occasione richiederebbe una ricostru- zione e un’analisi ben più impegnative di quel che, anche sotto la spinta urgente dell’emo- zione – io l’ho sempre amata intensamente, ritenendola, fino a questa sua recente morte, la “gran dama” del cinema mondiale - , non possa permettermi di fare. 1. Conclusioni Voglio però ricordare di nuovo una persona alla quale Agnès Varda, negli anni Novanta, Agnès Varda e Jacques Demy ha dedicato più di un film, a testimonianza di tendenza apertamente rivoluzionaria. Nel dell’amore da lei provato nei suoi confronti. Si 1985, infine, presenterà a Venezia, vincendo il tratta di Jacques Demy, suo marito troppo Leone d’Oro, Senza tetto né legge, sorta di la- presto scomparso, appunto, nel 1990: oltre che mento funebre – carico di tristezza e di rabbia due documentari quali Les demoiselles ont eu 25 – sull’omicidio di una donna che vorrebbe es- ans (1993) e L’univers de Jacques Demy (1995), ella sere libera ma finisce schiacciata da una so- ha girato in sua tenera e sofferta memoria Ga- cietà ingiusta, disinteressata al destino esi- rage Demy (1991). Un vero capolavoro, che ogni stenziale degli esseri umani, tutti riducendoli cinefilo appassionato, come me, di Jacques a strumenti, servitori, oppressi. L’ultima parte Demy dovrebbe vedere e rivedere. della vita di Agnès Varda è stata intensamente Stefano Beccastrini 15 n. 72

N o t i z i e d a S h e r w o o d Ascolta Radio Amiche Diari di Cineclub Roma. La program- Sul sito di Diari di Cineclub (www.cineclubroma.it/diari-di-cineclub- mazione CSC-Cinete- roma/radio-amiche) una pagina dedicata alle radio sostenitrici ca Nazionale riprende

L’intento è quello di offrire ai lettori, ovunque Radio degli studenti universitari di Cagliari presso la Sala Rocca siano, un luogo di ascolto di radio sostenitrici Nata l’8 ottobre 2007 è la prima radio interamente curata della Direzione Gene- del nostro periodico. Vogliamo promuoverle, da studenti ed ex studenti appartenenti all’Ateneo per contribuire, attraverso la cultura diffusa, a cagliaritano. Fatta dagli studenti per gli studenti per rale Cinema - MiBAC, creare bellezza e più solidarietà moltiplicando raccontare la città che cambia. Suo intento è creare a piazza Santa Croce le idee in modo che non vi siano guardiani uno spazio di informazione culturale, espressione, sufficienti per controllarle. Tra le nostre oltre confronto e riflessione su temi di interesse comune e in Gerusalemme 100 edicole virtuali troverai, per adesso perché stimolare la socializzazione e la partecipazione. la lista potrebbe aumentare, queste quattro Il 10 dicembre 2018 è una data storica per la radio libere che trasmettono in diretta o po- radiofonia universitaria italiana. Unica Radio, la radio dcast e che invitiamo a seguire: degli studenti universitari di Cagliari,è la prima radio RadioBrada | La web radio che dà voce alla tua universitaria italiana a trasmettere in DAB+ vita Unica Radio | University Web Radio Radio Venere Sassari | Solo grandi successi Radio Sardegna Web | Resta in ascolto Diari di Cineclub usufruisce di propri fondi neri per Si è iniziato con un omaggio a Gillo Pontecor- questo non chiede finanziamenti e rifiuta la pubblicità. vo nei cento anni dalla nascita. La Cineteca Infatti tutti i collaboratori sono volontari, il costo è zero e Nazionale, che quest’anno compie 70 anni (è il periodico è distribuito gratuitamente. Prenota la tua stata istituita per legge nel 1949) ed è parte in- copia online scrivendo a: Radio Venere. Un servizio per tutta la provincia di tegrante del Centro Sperimentale di Cinema- [email protected] Sassari. Siamo l’unica radio nel territorio che ha tografia, riprende le programmazioni. Dopo la nella sua programmazione dj, speaker e giornalisti chiusura del cinema Trevi, che è stato per anni rigorosamente in diretta. Ogni giorno manteniamo la sede delle proiezioni delle pellicole conser- un contatto costante con il nostro pubblico. vate in Cineteca, si è ripartiti il 16 aprile dalla Attraverso rubriche, ospiti e artisti, diamo un servizio Sala Rocca del MiBAC, nello splendido scena- di informazione e di intrattenimento: quattordici rio di Santa Croce in Gerusalemme dove il edizioni del notiziario; una varietà di programmi che Centro Sperimentale di Cinematografia ha or- coinvolgono ogni target di ascolto; la migliore musica, ganizzato l’anno scorso la rassegna “Per il ci- Radio Brada è la web radio delle Comunità. Comunicare in italiana e straniera, senza trascurare la passione per nema italiano”. La Sala Rocca ha 42 posti ed è modo diretto e trasparente il proprio mondo, le aspirazioni, il passato. una saletta di proiezione estremamente con- le ambizioni, i risultati ottenuti, ha un significato profondo, è fortevole e tecnologicamente all’avanguardia. un segno di grande speranza. Offriamo alle Comunità più Le proiezioni sono ad ingresso gratuito, fino a differenti la possibilità di raccontarsi, di mettere in comune le disponibilità di posti. Nei giorni dal 16 al 18 proprie identità. Creiamo una rete di valori che, moltiplicati, aprile la Cineteca ha organizzato in questo realizzano un cambiamento radicale nel modo di intendere il spazio del Ministero un omaggio a Gillo Pon- futuro. Radio​ Sardegna soprannominata Brada, selvaggia, è tecorvo, artista del quale quest’anno ricorre (il stata la prima radio libera in Italia. Il 7 maggio del 1945 Radio 19 novembre) il centenario della nascita. Sono Sardegna entra nella leggenda. E’ la prima radio al mondo stati proiettati i cinque lungometraggi da lui a dare la notizia della resa dei tedeschi e della fine della diretti e due documentari/interviste realizzati seconda guerra mondiale. Venti minuti prima della BBC e da Marco Turco e Lidia Ravera. sei ore prima di Radio Roma. Radio Sardegna ha un altro Martedì 16 primato: è stata la prima “voce libera” dopo l’8 settembre del Lo sguardo sull’uomo. Incontro con Gillo Pontecor- 1943. La pace, la libertà e lo sguardo rivolto al futuro sono i vo di Marco Turco (2001, 52’) valori che vogliamo trasmettere con il progetto Radio Brada. Intervista a Gillo Pontecorvo (2004, 47’) a cura di Lidia Ravera a Gillo Pontecorvo alla Casa del Cinema. Sardi nel mondo La grande strada azzurra di Gillo Pontecorvo Radio Sardegna Web è una ERM (Emittente Radiofonica (1957, 95’) Multimediale) incentrata sulla promozione culturale, Mercoledì 17 sociale e artistica, che si pone come alternativa al Kapò di Gillo Pontecorvo (1960, 117’) circuito radiofonico tradizionale, proponendo contenuti La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (1966, 121’) originali con un occhio rivolto verso la Sardegna e il Giovedì 18 popolo Sardo, ovunque esso risieda nel mondo. Per Queimada di Gillo Pontecorvo (1969, 129’) capire meglio le finalità del progetto consultate il nostro Ogro di Gillo Pontecorvo (1979, 100’) sito a questo indirizzo: http://www.radiosardegnaweb. La programmazione riprenderà dopo le feste, csmwebmedia.com/about-us/ il 2 maggio, con modalità e cadenze che ver- Radio Sardegna Web ist ordnungsgemäß bei der ranno tempestivamente comunicate. Ulteriori GEMA angemeldet. GEMA Lizenz für Webradios. info nel sito internet: www.fondazionecsc.it 16 [email protected]

segue da pag. precedente N o t i z i e d a S h e r w o o d

Franco Mariotti a Tra- Il primo film sardo del dopo guerra ni per “Il mio cinema” Altura - Rocce insanguinate A Marzo nella suggestiva Trani, un gran bell’in- contro su racconti, aneddoti legati alla sua lunga Diretto da Mario Sequi (Cagliari 1913 - Roma 1992) musiche di Ennio Porrino (Cagliari 1910 - Ro- attività al servizio del grande cinema italiano. ma 1959) con Eleonora Rossi Drago, Massimo Girotti e Roldano Lupi Nel circolo del cinema Dino Risi di Trani (Centro Studi Cinematografici) nell’ambito della rasse- Caro direttore, stegno della conservatrice Daniela Currò. gna “Franco Mariotti - Il mio cinema” alla pre- da quando ho iniziato a lavorare nel 2015 per Al Gremio sabato 27 aprile abbiamo dedicato la senza del presidente Lorenzo Procacci Leone e la stesura del libro sulla storia ultra centenaria Giornata della Sardegna, Sa Die de sa Sardi- del critico cinematografico Anton Giulio Man- dell’Associazione dei Sardi di Roma, denomi- gna, al ricordo di Mario Sequi proiettando il cino (Università di Macerata, “La Gazzetta del nata Il Gremio a partire dal 1948, mi sono im- suo “Altura” alla presenza dei soci, degli amici Mezzogiorno”) si è tenuto un dibattito con il battuto in alcuni protagonisti della ripresa del Gremio, di critici cinematografici e dei fami- pubblico sul lungo, inossidabile e affascinante dell’Associazione sarda nella Ca- rapporto fra Franco pitale a partire esattamente dal Mariotti e il cinema giorno di Pasquetta del 48. Due nelle sue sfaccettatu- di questi soci cofondatori era- re giornalistiche criti- no un regista cinematografico che e istituzionali. Il Mario Sequi e un maestro mu- protagonista della sicista Ennio Porrino. Entram- serata ha raccontato bi all’epoca già attivi e riconosciu- i suoi inizi, il legame ti nei rispettivi settori artistici. con Cinecitta’, con la Nell’approfondire trovai un arti- Franco Mariotti Mostra internaziona- colo intervista della Nuova Sarde- le del cinema di Venezia, con il Sindacato Na- gna, che ho trascritto nel libro il zionale Giornalisti e i Nastri d’Argento, fino alle Gremio, con la foto di Mario Se- prime 35 edizioni del “Primo piano sull’autore”, qui e Alberto Moravia. importante rassegna cinematografica da lui In quella intervista Sequi pre- fondata ad Assisi, che ha visto la partecipazio- sentava il suo progetto per la ne dei più grandi rappresentanti del cinema realizzazione di un film, sotto Italiano. Il pubblico ha partecipato con entu- l’egida del Gremio da girare in siasmo, curiosità e passione ai racconti di Sardegna su un tema sardo. Da Franco Mariotti, sollecitando sul finire alcuni lì la curiosità e l’interesse per approfondimenti di regia sul docufilm “Alcide approfondire la figura e la fil- De Gasperi - il miracolo incompiuto” da lui di- mografia del regista, autore del retto nel 2016 e presentato al BifEst di Bari lo primo film sardo del dopoguer- stesso anno. Una serata di cinema, un po’ speciale, ra: Altura. Il desiderio di capire in cui il protagonista ha ricostruito attraverso i ulteriormente cresce non appe- suoi racconti il suo impegno culturale al servi- na leggo in una scheda del film zio dello spettacolo, di un mondo non sempre in Internet che il commento dorato come appare, ma ricco di sfaccettature, musicale era stato eseguito da contraddizioni come il paese che gli ha fatto Ennio Porrino. A quel punto da sfondo. scatta la ricerca del film che affi- DdC dai a Franca Farina che per il Gremio cura la rubrica Incontro “Altura” girato nel 1949 in Gallura, sotto l’egida del Gremio e recuperato con il cinema sardo in collabora- su iniziativa dello stesso Gremio grazie a Franca Farina e al CSC Centro zione con il Centro Sperimen- Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale. Alla serata di tale di Cinematografia - Cinete- presentazione del film, sabato 27 aprile, in via Aldrovandi 16 sede ca Nazionale. dell’Associazione dei Sardi di Roma, Erano presenti critici cinematografici Negli archivi della Cineteca Na- e alcuni familiari del regista. Dopo la proiezione e il dibattito ha fatto zionale non è conservato, ma seguito un buffet “in sardo” Franca riesce con non poca fatica a reperire e liari di Sequi e di Porrino. Nel prossimo nume- farsi portare il negativo da un privato, Paolo ro un dettagliato resoconto della giornata. Martinelli della società Broad Media che verrà scansionato con il prezioso e determinante Antonio Maria Masia aiuto del tecnico Antonio Commentucci e il so- Presidente de Il Gremio dei Sardi di Roma

17 n. 72

La memoria di ieri e oggi: articoli ritrovati. Liberazione / mercoledì 9 febbraio 2005 - Non solo le foibe. Silenzi, omissioni e difficoltà hanno contraddistinto la narrazione cinematografica della Seconda guerra mondiale Cinema e memoria, un incontro mancato La guerra e i grandi con- non insignificanti, non flitti generano dolori, di- casuali. Uno di questi è struzioni e abiezioni, la Shoah, assente sugli rumori assordanti e schermi sino al ’45. Non molti silenzi. Non ne è che nei film precedenti esente il cinema, che, il ’41 mancassero gli ac- direttamente o indiret- cenni all’antisemitismo, tamente, rispecchia la alle discriminazioni e ai società nei suoi slanci, campi di concentra- Mino Argentieri nelle sue paure, nei suoi mento in cui venivano pregiudizi, nei suoi tabù, nelle sue reticenze e rinchiusi gli ebrei e gli censure. E’ occorso molto tempo prima che oppositori alla dittatura. nei paesi democratici i film di finzione si -ac Ma è stato solo Chaplin, in corgessero del fascismo e del nazismo. Elusivi II grande dittatore, a mette- i francesi e gli inglesi, gli americani si sono re in bocca a un perso- svegliati solo dopo il 1938. A rompere gli indu- naggio il presagio dello gi è stato , il cui Una scena della fiction televisiva “Il cuore nel pozzo” (2005), sul dramma delle foibe semplice annuncio di una sati- per il Vaticano, “la soluzione fi- ra su Hitler, Il grande dittatore, nale” non era un mistero, né ha avuto nel ’39 il potere di sca- un’ipotesi vaga. Ciò malgrado, tenare reazioni innervosite ne- l’argomento non è stato ritenu- gli ambienti più conservatori. A to spendibile neanche sul piano contrastare la diffusa indiffe- propagandistico per ragioni renza delle majors ha provve- che rimangono oscure e relati- duto una smilza pattuglia di vizzano le responsabilità mora- film usciti mentre l’Europa e li attribuite a Pio XII, assimi- l’Asia già stavano andando a landole ad altre elusioni. Si fuoco: Marco il ribelle di William ricorda appena un opuscolo in- Dieterle (’38), Le confessioni di glese sulle infamie compiute in una spia nazista di Anatole Lit- Polonia, stampato nel ’43. Lo vak(’39), Il prigioniero di Amster- sterminio degli ebrei, a cui non è darm di Alfred Hitchcock (’40), stato accordato alcun rilievo. Bufera mortale di Frank Borzagé Del resto, la comunità ebraica (’40), Duello mortale di Fritz si è ripetutamente interrogata Lang (’41) Così finisce la nostra sullo strano e incomprensibile storia di John Cromwell (’41). comportamento degli ebrei che Era una manciata di titoli che nella cinematografia americana apriva una breccia in una pro- avevano una ragguardevole in- duzione quantitativamente ri- cidenza nel determinare gli in- levante circa 500 film all’anno dirizzi e le scelte editoriali. L’u- ma in altre faccende affaccen- nico grido di rabbia e di data. Voci isolate, dunque, ma protesta è giunto, nel ’45, meritorie che infrangevano una dall’Unione Sovietica, da un noncuranza che nasceva da due film di Mark Donskoij,Gli indo- preoccupazioni: non deludere miti, che rievocava l’eccidio di l’isolazionismo allora dominan- Babi Yar in cui morirono mi- te, nonostante Roosvelt e il New gliaia di ebrei. Squarciata la Deal, e non compromettersi cortina nebbiogena dai docu- con iniziative che avrebbero po- mentari americani e russi, che tuto pregiudicare la circolazio­ hanno portato alla luce del sole ne dei film americani nei mer- il martirio delle camere a gas e cati italiano e tedesco. C’è voluta dell’annientamento pianificato l’aggressione di Pearl Harbor degli inermi, il tema ha stenta- affinché avvenisse un cambia- to ad esser preso dì petto nella mento di 360 gradi e l’industria dello spetta- sterminio. Non ci sono altre tracce nella me- fiction. Qualcosa di penoso è avvenuto nel ’45: colo, non rinunciando ai suoi imperativi com- moria di Hollywood. Eppure, già nel settem- lo ha svelato una studiosa italiana, Benedetta merciali e ai suoi canoni comunicativi, si bre ’42, dai microfoni della Bbc, Thomas Guerzoni, in un saggio su un film documenta- ponesse al servizio del governo e della propa- Mann aveva lanciato un messaggio inequivo- ristico inglese, The Memory of the Camps, so- ganda democratica e diventasse la più pos- cabile: “Su nessun gradino la smania della tor- speso improvvisamente e bloccato dopo la sente ed efficace macchina da impiegare nella tura si arrestò. Ora si è giunti alla distruzione, conferenza di Postdam. A tanto non si è arri- guerra psicologica. L’abilità consistette nell’im- alla maniaca decisione di estirpare il popolo vati in altri comparti, ma è innegabile che la mettere all’interno dei generi su cui Hollywood ebraico dall’Europa”. Ai giorni nostri, gli sto- condizione concentrazionaria, l’eliminazione ha costruito le sue fortune riferimenti allo rici sono pervenuti a una conclusione amata: programmata di milioni di individui non hanno scontro bellico. Tuttavia, ci sono stati dei vuoti, che dal’42, per le autorità alleate ed ebraiche e segue a pag. successiva 18 [email protected]

segue da pag. precedente sollecitato le case cinematografiche, partecipi del clima postbellico segnato da opposte pro- pensioni: a fuggire da una dura realtà, a di- menticare e a rintanarsi in un immaginario consolatorio oppure accrescere la consapevo- lezza critica per mutare il mondo e impedire che si ricreassero le premesse di un nuovo ca- taclisma. Alla Shoah ci si è accostati assai di rado e con circospezione, dominati dalla pre- venzione per cui il pubblico non avrebbe retto alla raffigurazione di un orrore non confondi- bile con le baracconate grandguignolesche a cui il clima ci ha abituato. La Polonia, nel ’48, ha editato un film indimenticabile, L’ultima tappa di Warida Jakubowska, mentre nello stesso anno, in America, Fred Zinnemann ha diretto Odissea tragica, ritratto psicologico di un ragazzo sopravvissuto all’inferno di Au- schwitz, ma ferito nella psiche. I film realizza- ti successivamente Obiettivo X di George Sher- man, ’51, La croce di Lorena di Tay Garnett, ’53, Stalag 17 di Billy Wìlder, ’53, sono stati pretesti per imbastire rocamboleschi racconti di eva- Mino Argentieri in una foto di Anna Calvelli scattata a Lisbona sione dalla prigionia, hanno avuto per prota- gonisti i militari alleati dietro il filo spinato. I liberale, monarchica, socialdemocratica, co- deperire nella sensibilità col­lettiva, ancora ali- tedeschi, anziché misurarsi con le loro colpe, siddetta indipendente. La Settimana Incom mentate tuttavia dai neo fascisti. Un film tele- in Il prigioniero di Stalingrado di Geza von Bol- non ha mai perso un’occasione per interveni- visivo come Il cuore nel pozzo di Alberto Negrin vary (’57) e in Taiga, inferno bianco di Wolfgang re con servizi e reportages ad alta temperatu- cerca di ridestarle insieme a un anticomuni- Liebeneir (’57), hanno preferito gettare uno ra emotiva. A formare una atmosfera surri- smo con accenti quarantotteschi e con corre- sguardo in casa altrui, in Russia. E’ sulla fine scaldata ha concorso un pugno di film do di orchi rossi a caccia di bambini, uno del decennio Cinquanta che una problemati- destinato alle platee popolari, di scarso o di spunto che si direbbe uscito dalle fantasie ma- ca a lungo evitata torna alla ribalta con alcuni nessun spessore artistico ma che ha proposto late del dottor Goebbels. Nascondere che in film che rianimano la riflessione su una pagi- una visione semplicistica e manichea di un queste traversie tumultuose la Sinistra ha vis- na storica atroce: gli americani Verboten, For- dramma umano e politico: La città dolente di suto imbarazzi, ambivalenze e contraddizio- bidden, Proibito di Samuel Fuller (’59), Il diario di Mario Bannard (‘49), Cuori senza frontiera di Lu- ni, sarebbe disonestà intellettuale, ma c’è un Anna Frank di George igi Zampa (’49), Trieste silenzio di cui non si parla e che non è addebi- Stevens (’59), I giovani le- “Un film televisivo comeIl cuore nel pozzo di mia di Mario Costa tabile ai torti del Pci e del Psi. Quanti, fuori da oni di Edward Dmytryk Alberto Negrin cerca di ridestare le culture (’51), Clandestino a Trie- ristretti ambiti specialistici, hanno portato a (’59), Vincitori e vinti; di del nazionalismo, insieme a un anticomuni- ste di Nerino Bianchi conoscenza delle masse, nella scuola, nei Stanley Kramer (’61), smo con accenti quarantotteschi. Siamo al (‘52), Le campane di San mass media, le pulizie­ etniche, le atrocità Operazione Eichmann di cospetto, su larga scala, di un fenomeno di Giusto di Mario Amen- commesse dagli italiani nei confronti delle­ R. G. Springstein (’61), rimozione aggravato dalla reviviscenza di un dola e Ruggero Macca- popolazioni slave prima e dopo l’8 settembre gli italiani Kapò di Gillo armamentario in cui non c’è spazio né per un ri (’54), Cantico d’amore ’43? Quanti hanno avuto il coraggio di condur- Pontecorvo (’60) e L’oro senso tragico della Storia né per una briciola di Max Calindri (’54). re a fondo un esame di coscienza che sgombri di Roma dì Carlo Lizza- dì lucidità” A questi vanno aggiun- il campo dal luogo comune che vuole gli italia- ni (’61), il polacco La ti i film nostalgici sulla ni tut­ta brave gente? Perché a distanza di oltre passeggera di Andrzey Munk (’61). Nel gioco Prima­ guerra mondiale, in cui ser­peggiava il mezzo secolo si impedisce­ la circolazione di delle intermittenze mnemoniche, in cui la po- motivo di Trento e Trieste e delle terre da un film sul­la repressione antilibica coman­ litica tiene i fili, ci sono i finti silenzi dietro i riguada­gnare alla patria. A completare il qua- data dal generale Graziani? Perché la Rai non quali si dischiudono scenari tutt’altro che mu- dro ci sono stati i film che, nell’arco di circa un trasmette un fa­moso documentario inglese ti. La Jugoslavia di Tito e la “questione giulia- decennio, hanno riesumato episodi della Se- sul­l’impiego dei gas in Etiopia? Perché non si na” ha offerto, e offre ancora, il fianco ad acro- conda guerra mondiale in una chiave semia- doppia e non si diffonde un film-tv coprodot- bazie di ogni sorta. In un suo recente volume, pologetica, riassu­mibile nel comune assunto: to da Rai 3 (Bolzano), in lingua tedesca, sul­le Giampaolo Pansa, con l’aria di chi scopre sco- “non mancò il coraggio, mancò la fortuna”: sopraffazioni fasciste in Alto Adige? Nessun modi altarini, ha rovistato nelle piaghe della Carica eroica di Francesco De Robertis (’52), I malinteso: chiamando in causa le malefatte staliniana repressione antistalinista jugosla- sette dell’Orsa maggiore di Duilio Coletti (’54), nazionali, che hanno innescato la spirale or- va, come se le sinistre su quelle piaghe avesse- Mizar dì De Robertis (’54), Siluri umani di Anto- renda di una controviolenza senza freni, non ro taciuto. Si dà il caso che su quelle tristi vi- nio Leon Viola (‘54), Uomini ombra di De Ro- si intende avallare alcun giustificazionismo. cende di comunisti, italiani e no, finiti male a bertis (’54), Divisione Folgore di Goletti (’54), Ma Veltroni sembra non capirlo, invitando causa dei confratelli titoisti si erano dilungati, Ciao Pais di Osvaldo Langini (’54), El Alamein di solo la Sinistra a bat­tersi il petto. Al contrario oltre a L’Unità, l’edizione italiana dell’organo Guido Malatesta (’57), La donna che venne dal non va dimenticato che siamo al cospetto, su del Cominform e libri e fascicoli di intonazio- mare di De Robertis (’57), Il cielo brucia di Giu- larga scala, di un fenomeno di rimozione ag- ne filo-sovietica in cui non si usavano mezze seppe Masini (’57). Il frastuono su Trieste e gravato dalla reviviscenza di un armamenta- tinte nell’associare gli jugoslavi ai nazisti. Le foi- dintorni è cessato in seguito alla rottura­ di Tito rio in cui non c’è spazio né per un senso tragi- be, le pene della Dalmazia, l’esodo degli istriani, con Mosca, man mano che gli americani e i no- co della Storia né per una briciola di lucidità. Trieste e il suo destino sono stati dal ’45 in poi al stri governi centristi correggevano il tiro verso centro di un baccano orchestrato dalla stampa fa- la Jugoslavia e l’Italia iniziava a trasformarsi e scista rifiorita immediatamente cattolica, le culture del nazionalismo cominciavano a Mino Argentieri 19 n. 72 Francesco De Robertis, ufficiale della Regia Marina, regista, a 60 anni dalla sua scomparsa San Marco in Lamis presso la Villa Peripato. Qui ricostruisce (Foggia) nel 1902 ave- l’ultima fase della guerra e rievoca un va 18mila abitanti episodio vero della storica data 8 Settem- (molti di più di oggi): bre 1943. È il viaggio compiuto dalla nave il 16 Ottobre nasce, in “Giulio Cesare” da Pola a Malta. Protago- questo paese del Gar- nisti gli attori pugliesi Raf Pindi e Um- Adriano Silvestri gano, quello che sa- berto Raho: “L’Ufficiale Capo Arena co- rebbe diventato un uomo di mare e di cinema: manda la nave, sulla quale è imbarcato il prima ufficiale della Marina militare e, poi, re- figlio, ed è costretto a prendere una gista e sceneggiatore. Francesco De Robertis drammatica decisione, che riguarda le sarà in assoluto il primo regista pugliese ad sorti dell’equipaggio”. De Robertis cura aver scelto la Puglia come set per un proprio anche il montaggio e partecipa al sogget- film. Dopo alcune esperienze teatrali, la svolta to ed alla sceneggiatura (con Giorgio Pa- avviene nel 1939, quando è direttore del Cen- stina e Nicola Morabito). Il film è impor- tro cinematografico del Ministero della Mari- tante anche perché costituisce la prima na. Esordisce con la regia di Mine in vista, un compiuta riflessione sui tragici avveni- documentario di informazione e propaganda. menti italiani al momento dell’Armisti- Dedicherà una vasta filmografia all’ambiente zio. I titoli successivi sono: Marinai senza della Marina e realizzerà molte pellicole di stelle, Il Mulatto (1949) e Gli Amanti di Ra- ambientazione bellica. C’è una altra data im- vello (1950). Nell’articolo di “Liberazione”, portante nella sua vita: nel 1940 gira a Taranto Mino Argentieri cita con convinzione per il suo primo lungometraggio, nell’area por- primo, tra i film italiani che “hanno rie- tuale e nel Mar Piccolo, che presto sarebbe sumato episodi della seconda guerra stato uno dei bersagli degli aerei britannici. Il mondiale in una chiave semiapologetica” titolo è La Nave Bianca (Italia 1942, 69’). È il pri- il lungometraggio Carica Eroica, diretto mo film sonoro girato in Puglia: dopo la pre- sentazione al Festival di Venezia, esce nelle da De Robertis, che ne cura anche la sceneg- sale il 14 Settembre 1942: “I marinai imbarcati giatura. Più che una commedia, è un docu- intrattengono una corrispondenza con le ma- mentario di viaggio. L’incrociatore “Raimon- drine di guerra. Il marò Augusto scambia le do Montecuccoli” parte da Livorno con lettere con Elena, una maestrina. I due si dan- giovani marinai e cadetti dell’Accademia Mili- no appuntamento alla stazione di Taranto, e - tare per una crociera intorno al mondo. Pro- quando il marò sta per sbarcare - la nave salpa tagonista è l’attore barese Silvio Noto (che improvvisamente per Punta Stilo e Capo Teu- all’epoca presenta in Rai “Telematch” con En- lada.” (Nel montaggio vengono inserite im- zo Tortora e Renato Tagliani). Nel cast pitto- magini inedite delle battaglie navali combat- reschi personaggi, nativi di tanti diversi pae- tute in queste due località). Non si riesce si: Eritrea, Svezia, Cina, Venezuela, Capo ancora a comprendere se questo film sia sol- Verde, nonché danzatrici hawayane e indone- tanto supervisionato da Roberto Rossellini, o siane. Prodotto negli Stabilimenti Incir De diretto dal regista del neorealismo, e non è Paolis da uno staff tecnico, ormai affiatato e chiara la natura della reciproca collaborazio- collaudato negli anni, che comprende per la ne. Forse De Robertis scrive il soggetto, lo su- fotografia Carlo Bellero, e per la colonna so- pervisiona e solo in parte lo dirige, e poi lo la- nora il compositore aretino Annibale Bizzelli. scia nelle mani di Rossellini, a cui ne affida il Francesco De Robertis scompare a Roma il 3 compimento. Secondo alcuni il filmaker pu- Febbraio 1959. Poca retorica, idee innovative, gliese cura solo la supervisione alla regia di taglio documentaristico dei racconti, profon- Rossellini. Altri attribuiscono il film esclusiva- Francesco De Robertis in divisa da conoscenza degli ambienti in cui si svolgo- mente a Rossellini, suffragati dal fatto che la da De Robertis nel 1952. Da segnalare che in no le vicende, attenzione rigorosa per la mes- Scalera Film, quando richiederà il nulla osta questa opera filmica, dedicata alla campagna sa in scena e impiego di molti attori non di esportazione per la pellicola, dichiarerà - di Russia, l’allora dilettante Domenico Modu- professionisti o al loro debutto. Per questi per convenienza politica e commerciale - che gno, nel ruolo di un soldato siciliano, canta la motivi il suo nome rimane indissolubilmente essa è realizzata “dal regista Rossellini”. Se- ninna nanna brindisina “Ulìe ci tene ulìe”, per legato alle origini del Neorealismo. Resta un condo la figlia Daniela, in realtà l’idea, il sog- addormentare un bambino e conferire un cli- personaggio controverso e, per molto tempo, getto, la sceneggiatura e la direzione del film ma più popolare alla vicenda narrata. Gli altri del regista garganico non se ne parla più. Nel furono tutte del padre, che “se ne sentì quasi titoli evidenziati nello stesso articolo sono: Comune ove è nato, è operativa una sala con scippato”. De Robertis aderisce alla Repubbli- Mizar (Sabotaggio in mare, 1954, dedicato alle l’insegna “Sala polivalente Cinema Comunale ca di Salò e dalla data 8 Settembre 1943 lavora missioni dei sommozzatori nei mari al largo F. De Robertis”. L’apertura del Cinema, ora di per il Cinevillaggio di Venezia ai film Vivere della Turchia); Uomini Ombra (1954: dedicato circa 100 posti, nei locali ubicati in Piazza Mu- ancora, Uomini e cieli, La Vita semplice (1945) ed al controspionaggio, con protagonista Gior- nicipio a San Marco in Lamis risale al 1991/1992 al documentario La Voce di Paganini, tutti di- gio Albertazzi, al suo primo successo al cine- con delibera comunale a seguito della ristruttu- stribuiti soltanto dopo il termine del conflitto ma) e La Donna che venne dal Mare (1957, con razione della sala che era chiusa da oltre 10 anni. mondiale. Ritorna a Taranto e gira Fantasmi Vittorio De Sica, tra gli agenti segreti operan- Successivamente la programmazione si è inter- del Mare (Italia 1948, 95’- titolo provvisorio: ti a Gibilterra). Seguono I sette dell’Orsa Mag- rotta per un paio d’anni per problemi tecnici Rotta Sud), in un set allestito ancora una volta giore e Yalis, la Vergine del Roncador. Ragazzi della poi risolti con la ripresa della programmazione all’interno dell’Arsenale Militare Marittimo e Marina (Italia 1958, 91’) è l’ultimo film realizzato segue a pag. successiva

20 [email protected]

segue da pag. precedente da parte di ARCI in collaborazione con l’eser- Un affettuoso saluto a Marina D’Andrea cente Cicolella di San Severo. Ora che ricorre il sessantennale della scomparsa del regista, la Già direttrice del settore promozione cinematografica – DGC MiBAC Fondazione Soccio con il suo presidente Mi- E’ scomparsa il 3 aprile Marina D’Andrea, spo- chele Galante e Apulia Film Commission han- sata con Ugo Baistrocchi ne ha condiviso sem- pre l’amore per l’arte in tutte le sue declinazio- ni. Marina D’Andrea si è diplomata al Liceo Mamiani di Roma nel 1969. Durante il liceo ha anche studiato pianoforte e ha sostenuto an- nualmente, da privatista, gli esami del conser- vatorio ma si è poi iscritta alla facoltà di Giuri- sprudenza dell’Università La Sapienza di Roma, conseguendo la laurea con il massimo dei voti e la lode, con una tesi sulla responsa- bilità civile in caso di incidente nucleare. Nel 1976, dopo aver vinto il concorso pubblico, ha preso servizio come funzionario direttivo di ruolo presso il Ministero del turismo e dello Cinema De Robertis San Marco in Lamis - Fg (foto di spettacolo (le cui competenze, dopo il referen- Luigi Giuliani) dum abrogativo del 1993, sono oggi del Mini- stero dei beni e delle attività culturali) . Si è oc- cupata inizialmente di turismo e sport per poi lavorare presso gli uffici del cinema e dello spettacolo dal vivo. Come funzionaria si è oc- cupata di enti lirici, teatri di tradizione, or- chestre, danza, bande, ricoprendo l’incarico promozione (festival, rassegne, sale e premi di segretario della commissione musica e di d’essai, associazioni nazionali e circoli del ci- quasi tutte le commissioni del settore (prosa, nema, Biennale di Venezia, CSC, Luce, ecc.). A revisione teatrale, ecc.). Dal 1980 è stata anche seguito della unificazione dei settori produ- segretaria della commissione di revisione ci- zione e promozione è stata costretta a dimet- nematografica (ex-censura, pubblicando- an tersi nel 2015 per far posto a candidati più gra- che articoli sugli aspetti giuridici e psicologici diti ai vertici ma non di ruolo. È stata una Francesco De Robertis sul set “Il Mulatto” (1950) della revisione cinematografica ) e delle com- dirigente indubbiamente originale che resti- missioni per i premi di qualità ai cortome- tuiva le tessere di favore per le sale, risponde- traggi, per i film per ragazzi, per la program- va al telefono dell’ufficio quasi sempre diretta- mazione obbligatoria, ecc.. Dopo aver superato mente e senza filtri, riceveva chiunque glielo il concorso è divenuta dal 1989 dirigente di ruo- chiedesse e non lasciava mai senza risposta qualunque lettera o mail ricevesse. Cercava di venire incontro ai problemi dell’utenza senza preferenze o discrimi- nazioni e applicando imparzialmente leggi e regolamenti. Nella gestione dei procedimenti rispettava l’ordine cro- nologico delle domande e i termini di scadenza. Si poneva come obiettivo “Uomini sul fondo” ((1941) di Francesco De Robertis quello di non creare arretrati o di recu- no organizzato due giornate di studio, con il perarli quanto prima possibile e di li- patrocinio dell’Università di Foggia e del Co- quidare celermente e senza favoritismi mune di San Marco in Lamis, per la presenta- i contributi assegnati. Era una buroso- zione dalla monografia “Il Cinema di France- fa piuttosto che una burocrate e per ta- sco De Robertis”, pubblicata da Edizioni dal le ragione si è spesso dovuta scontrare Sud e scritta da Massimo Causo, critico cura- con suoi diretti superiori. Integerrima tore della sezione “Onde” del Torino Film Fe- e scrupolosa, indifferente a pressioni stival e collaboratore dell’Enciclopedia del Ci- di qualunque genere e limpida nei giu- nema Treccani e di diverse riviste di cinema. E dizi, brillante negli interventi ai conve- così lo scorso 14 Marzo Floriana Conte ha in- gni e alle riunioni cui prendeva parte, trodotto al Cineporto di Foggia la proiezione spesso ironica e a volte sarcastica, è del film più noto, Uomini sul fondo (sottotitolo sempre stata un punto di riferimento “SOS 103” del 1938: nei titoli di coda compare il per i colleghi e per gli operatori dei di- nome di Rossellini, come assistente del regi- versi settori dello spettacolo dal vivo e sta), mentre il giorno successivo, proprio nel lo. Assegnata alla direzione spettacolo dal vivo del cinema da lei diretti. Allontanata dal lavo- cinema di San Marco in Lamis, si è svolto un ha diretto le divisioni e i servizi per la musica, ro se n’è andata, dopo un periodo di malattia incontro con una mini rassegna di tre titoli: i teatri di traduzione, la danza. La sua passio- durato un anno, ascoltando la lista della sua Uomini sul Fondo (1941), Alfa Tau (1942) e Fanta- ne e le sue competenze si sono così fuse con il musica da coma, che aveva distribuito a tutti i smi del Mare (1948). suo scrupoloso impegno di civil servant. Tra- parenti per utilizzarla in caso di necessità. Adriano Silvestri sferita alla direzione cinema ha diretto, con Un ringraziamento particolare a Michele Galante e a Ema- medesimo impegno e competenza, i servizi per nuele Leggeri per la disponibilità la promozione all’estero e poi tutto il settore DdC 21 n. 72 Un film di : Giulietta degli spiriti Introduzione alla tesi di laurea anno accademico 1987 -1988 – Università degli Studi di Napoli L’Orientale, Relatore Prof. Domenico Argentieri. Candidata Maria Rosaria Capozzi La tesi chiesta al Prof. intellettualismi, con candore ed autenticità, Mino Argentieri, do- descrivendo le scene così come le ho vissute cente di Storia del Ci- alla luce della mia identità. E’ stato un lavoro nema all’Istituto Uni- di “cesello” in cui ogni film da me visionato, versitario Orientale di dallo Sceicco Bianco ai Vitelloni a 8 e mezzo alla Napoli, è stata una Città delle donne, ha avuto il fine di scoprire scommessa con me perchè il regista abbia fatto emergere Giuliet- stessa: “Sarei riuscita ta, la protagonista del film interpretata dalla Maria Rosaria Capozzi in qualche modo a magistrale , vincente e libera scrivere qualcosa di particolare, di originale di essere quello che lei veramente voleva esse- su di un regista, Federico Fellini, già tanto re: se stessa. All’epoca mi sembrava normale studiato e celebrato?!” Con mesi di studio tra che Fellini la pensasse così. Oggi sono consa- documentazioni, consultazione di libri e pre- pevole che l’autore è stato eccezionale per quel sa visione di films del grande regista al Centro tempo: lui, immerso in una cultura maschili- Sperimentale di cinematografia di Roma, il sta, ha saputo trovare il bandolo della matas- lavoro di scrittura si concretizzò. Lo conse- sa: ha dato l’unica lettura possibile per la libe- gnai nelle mani della mia relatrice: dott.ssa razione di Giulietta, quella femminista. Silvana Valerio assistente del Prof. Domenico Ricordate la sequenza del film8 e mezzo quan- Argentieri. I giorni intercorsi tra la consegna do il protagonista volava fuori dalla macchi- del manoscritto e la valutazione che ne avreb- na?? Anche lui, Fellini uomo, si è sentito “scol- be fatto il Professore, furono colmi di una sor- lato” da una realtà troppo stretta in cui la ta d’inquietudine densa che si sciolse nel gior- superficialità, la grettitudine e il vuoto di esi- no in cui la Dott. ssa Valerio mi annunciò: “Ma stenze esclusivamente fisiologiche gli avranno lo sai che il tuo lavoro ha fatto fare un bel pò di procurato non pochi sensi di nausea. Ecco, que- risate a Mino? dice che non si è mai divertito sto deve essere piaciuto a Mino Argentieri, questa mia leggerezza nel leggere nelle pieghe non tanto a leggere una tesi. Come intendere la tanto nascoste di un film che valuto un mani- “risata” del mio professore? Positivamente? festo di amore e sincero affetto per le donne “Si” confermò la mia relatrice. “E perchè?” è tutte. Oggi ho la consapevolezza per dire che stata la mia domanda seguente. Il professore l’acutezza di Mino Argentieri è stata la capaci- in persona mi rispose: “È una lettura profon- tà di saper accogliere anche questo punto di damente femminista che lei ha fatto e per vista e valorizzarlo. Ricordo il caldo asfissian- questo originale, nuova, fuori dai cliché abi- te di una Napoli assolata e semideserta di fine tuali”. All’epoca non avevo la minima idea di giugno. Ricordo l’aula dell’Istituto Orientale cosa fosse il femminismo. Sapevo, ero certa, di Napoli e una ragazza che seduta di fronte che nello scrivere mi ero tanto divertita an- alla Commissione di Laurea discuteva con ci- ch’io. E’ trascorso tanto tempo da quel mo- piglio e sicurezza la tesi: “Un film di Federico mento, fine anni ottanta, e penso che ciò che Fellini: Giulietta degli spiriti”. Ricordo un a Mino è piaciuto (mi permetto di chiamarlo chiarissimo compiaciuto Prof. Argentieri sor- con nome per i lunghi anni di frequentazione ridente per la sua allieva che rispondeva sicu- ed affettuosa amicizia), è stata la mia capaci- ra ed orgogliosa ad ogni domanda che le fosse tà di umanizzare la figura di Fellini e le sue posta dai membri della commissione. Una opere. Il Maestro ha utilizzato l’arte cinema- giovane donna che ha voluto apprendere l’a- tografica in un suo personalissimo tentativo more per la ricerca e l’insegnamento da una di comprendere la sua vita, il mondo comples- persona eccezionale: Mino Argentieri. so e sfaccettato delle donne, la religione con tutte le sue contraddizioni e il suo tempo. For- La tesi “Un film di Federico Fellini: Giulietta degli spiriti” se, gli è piaciuta anche la spontaneità con la può essere letta cliccando qui: www.cineclubroma.it/ quale ho decodificato i suoi films, senza images/tesi/pdf/tesi-capozzi.pdf

In memoria di Mino Argentieri Appena laureata, nel 1988 cominciò la collabora- la biblioteca. Un inquilino lo fermò chiedendo- cinese e russa, le abbiamo organizzate insieme zione con Mino Argentieri. Ho curato la “sua Bi- gli le cose più disparate. Chissà, forse una perso- con la collaborazione del mitico Sergio Proietti, blioteca”, la Barbaro a piazza dei Caprettari, nel na in difficoltà. Pensavo che Mino, sempre su- persona mite e gentile e caro amico di Mino. Ri- cuore di Roma. Ho messo libri in ordine, ho in- per impegnato, lo avrebbe troncato in qualche cordo che per ottenere le pellicole cinesi ho do- serito etichette, ho comprato ed ordinato libri modo. E invece no, si fermò a parlare, a chiac- vuto chiamare l’archivio cinematografico cinese, alla libreria “Il Leuto” insieme a lui. Ho curato e chierare con amabilità e sincero interesse. La in Cina. Era il 1989 un momento estremamente organizzato gli eventi annuali che in quel luogo sua profonda umanità, gentilezza d’animo e ac- delicato e difficile. Gli scontri in Piazza Tienam- si sono svolti. Sono stata sua collaboratrice per coglienza sono delle caratteristiche rare da tro- men rendevano ogni contatto quasi impossibi- tanti anni e ho avuto modo di conoscere Mino vare tutte insieme in un‘unica persona. Tutte le le. Eppure con Mino, che, con entusiasmo incal- come persona oltre che come docente. Tanti gli rassegne annuali riguardanti il cinema internazio- zava affinchè le pellicole arrivassero nonostante aneddoti. Ricordo un giorno in particolare, sulle nale a partire dalla fine degli anni ottanta ai primi i tragici eventi, ed io, sua giovane allieva, piena scale del bellissimo palazzo antico in cui risiedeva anni novanta, in particolare la cinematografia segue a pag. successiva 22 [email protected]

segue da pag. precedente Umberto Barbaro, Cesare Zavattini spesso ci- di forza ed energia da lui coadiuvata, le pellicole tato da Mino per la sua fantasia come sceneg- arrivarono! E che dire dei lavori di ricerca da lui giatore e precursore di atteggiamenti moder- assegnatemi su un prezioso collaboratore di “Ci- ni: ogni persona avrebbe dovuto essere dotata nemasessanta”: Lorenzo Quaglietti figura di ri- di telecamera per riprendere la realtà!, danno lievo nell’ambito della rivista, recensionista dallo l’idea di quanto Mino stimolasse e aprisse a stile graffiante e ironico, ricordato e commemo- un mondo di studiosi, pensatori del cinema. rato nell’ambito di un incontro tenutosi nella Bi- In genere, dopo la lezione, la cattedra era pre- blioteca. Mino ha avuto la capacità di stimolare sa d’assalto, come una “zattera” in mezzo al la mia fantasia ed il mio intelletto. Mi ha propo- mare. Ogni studente doveva chiedere qualco- sto la ricerca su di un altro grande critico cine- sa. A me sembrava più un bisogno di esprime- matografico degli anni del fascismo: Filippo re gratitudine, affetto, simpatia nei suoi con- Sacchi. Sacchi, recensionista del giornale il Cor- fronti. Lui rispondeva a tutti, uno per uno. La riere della Sera, si è opposto alla censura del re- sua semplicità, la sua umanità e disponibilità gime ed è stato duramente perseguitato. E’ Mi- emergeva costante. Mi sono trovata anch’io a no che mi ha raccontato di come lui stesso fare la fila, a chiedere un chiarimento, una bi- avesse creduto nel fascismo. “Sono stato un ba- bliografia. E poi un giorno decisi: la tesi l’avrei lilla” mi diceva e mi spiegava il perchè. “La forza fatta con lui, il professore! Pensavo: “Troppo di attrazione di una ideologia che ti mostrava la bello lavorare con quest’uomo...non posso forza, la potenza a portata di mano, tutto ciò per perdere l’occasione”. Dopo la laurea gli chiesi un giovane aveva una fascinazione particolare e di collaborare alla Biblioteca Barbaro. Accet- poi, indossare la divisa, e i rituali... ” La sua capa- tò. Ero al settimo cielo. Ancora oggi, dopo cità di ammettere, quello che lui era stato e come trent’anni, ricordo l’esperienza come straor- lo aveva superato, semplicemente. Con il suo li- dinaria! Arrivavo puntuale in biblioteca nel Mino Argentieri al matrimonio di Maria Rosaria Capozzi, ex bro “L’asse cinematografico Roma-Berlino” edi- primo pomeriggio tre volte a settimana e a studentessa e collaboratrice. Sede del Municipio di Napoli zione Libreria Sapere, 1986, ho imparato cosa una certa ora della sera sentivo la chiave nella – Luglio 1988 (Archivio famiglia Capozzi) fosse la censura, l’autarchia cinematografica de- toppa: Mino. Lui veniva in biblioteca per un gli anni 1938-1941, la potenza del cinema come resoconto serale. All’epoca eravamo coinquili- immagine capace di influenzare il pensiero e le ni con la FICC e il saluto con Riccardo Napoli- scelte delle persone. Ho conosciuto il terribile, tano, Susanna Zirizzotti e Amedeo Mecchi era diabolico Goebbels, ministro tedesco della pro- inevitabile. Ricordo l’odore della carta dei li- paganda. Mino riporta più stralci del diario di bri. Ricordo la sua passione per quei libri e costui e riesce a dare un nitido tracciato storico quanti ne ordinasse di nuovi ogni mese alla li- di ciò che accadde in quel periodo: il controllo breria “Il Leuto”. Un nostro rituale, dopo il la- della cinematografia tedesca sulla produzione voro in biblioteca era il bar di Piazza dei Ca- europea, la pretesa di condizionare le masse con prettari, quello appena si scende, di fronte. la produzione di “film leggeri” che hanno il fine Lui prendeva il thè solitamente. E io ero trop- di distrarre e non far pensare: “Nei diari, un as- po presa dall’ascoltarlo. Un giorno gli accen- sillo serpeggia: l’incapacità di produrre film leg- nai per telefono che avevo visto il Maestro, Fe- geri e di evasione, utili al box office e necessari derico Fellini, agli studi di Roma dove lavorava anche a ricaricare il morale delle popolazioni sfi- e gli avevo dato la mia tesi. Ricordo Mino cu- brate e ossessionate dalla guerra” op.cit. pag.21. riosissimo. Mi invitò al solito bar. Io non ave- E ancora: “Il progressivo isolamento dell’Europa vo molto da dire se non il fatto che il Maestro dal cinema americano, richiede un aumento si era incuriosito per come fossi riuscita ad della produzione europea e soprattutto di quella entrare negli studios senza incontrare alcun italiana e germanica.” Op.cit. pag.24. Citare bre- ostacolo. “Per la porta”, risposi al Maestro. Rac- vemente uno dei libri di Mino Argentieri è per contai a Mino che scoppiò in una di quelle sue me doveroso in quanto mi da l’opportunità di risate cristalline che aprono il cuore. A distan- rendere visibile il suo insegnamento seguito per za di tanto tempo mi dispiace non avergli det- due anni presso l’Istituto Orientale di Napoli. to che Fellini, per quei pochi momenti che lo Insegnamento che mi ha forgiato e non mi ha vidi, mi scrutò intensamente. Forse, il Mae- più lasciato. La preparazione all’esame di “Storia stro in cosi breve tempo avrebbe voluto capire del Cinema” con Mino era l’intreccio tra la visio- chi ero. Impossibile in pochi minuti. La sua ne di pellicole cinematografiche rare che prove- segretaria, Fiammetta, prese in consegna la nivano dal centro Sperimentale di Roma, Ger- tesi ed io mi congedai. Ho rivisto Mino dopo mania anno zero, Stromboli di Rossellini ne sono tanti anni, nel 2015, insieme ad Anna, sua mo- un esempio, e insegnamento del linguaggio fil- glie, a casa sua. E’ stata una grande gioia rive- mico. Lui insegnava a leggere e decodificare derlo contento insieme alla donna che amava. un’opera come prodotto di un autore ma an- Ci siamo sentiti spesso telefonicamente per che come risultato del contesto storico, econo- Anna Calvelli Argentieri in una foto del 2012 scattata da chiacchierare, per le recensioni. Mino aveva mico e sociale. La grande aula dell’I.U.O dove Mino Argentieri un’energia inesauribile ed io un gran deside- Mino teneva lezione era sempre stracolma di rio di ascoltarlo sempre e comunque. In una studenti e dopo un brusio iniziale il silenzio ca- Mino ti faceva letteralmente entrare nei pe- delle nostre ultime conversazioni abbiamo lava senza alcun bisogno che lui dicesse nulla. La riodi storici associando film, storia e aneddoti: parlato della sua famiglia, del fatto che lui fos- sua presenza bastava. La sua capacità di portare i telefoni bianchi, il neorealismo, il fascismo se figlio unico e alla mia domanda: “sei stato contenuti, di descrivere le trame dei film e ne sono un esempio. Dopo aver seguito le sue una persona, un figlio amato?” Lui mi rispose; spiegare perchè sono esistiti e cosa hanno si- lezioni, guardare un film non era più la stessa “sono stato una persona molto amata”. gnificato per quel tempo: Umberto D. o Ladri di cosa. Lui sollecitava una visione delle immagini biciclette di Vittorio De Sica, per citarne alcuni. consapevole, attiva. Studiosi di cinema come Maria Rosaria Capozzi 23 n. 72 La Biblioteca del Cinema Umberto Barbaro La Biblioteca è nata a Roma nel 1962, grazie all’impegno di importanti intellettuali, tra i quali, oltre a Mino Argentieri, Alberto Abruzzese, Giovan- ni Angella e Lino Miccichè. E’ dedicata a Umberto Barbaro (1902- 1959) che è stato fra i primi, nel nostro paese, a capire che il cinema sarebbe sta- ta l’arte del XX secolo. A partire dagli anni ‘30, senza abbandonare del tutto gli altri suoi interessi (narrativa, drammaturgia, critica dell’arte figu- rativa) Barbaro fece della definizione di una teoria del cinema la sua priorità. Distante anni luce dalle direttive culturali del fascismo, nel 1936 è insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia, di cui diventa, nel 1944, direttore, carica dalla quale viene esonerato nel 1947, in conse- guenza di quel disegno democristiano di clericalizzazione delle istituzioni culturali che porta all’estromissione dagli incarichi pubblici degli in- tellettuali non allineati. Per la sua coerenza e per il valore dei suoi studi, si è deciso di ricordarlo attribuendo il suo nome ad una Biblioteca

Per importanza e do- (1972). Si cimentò anche nella regia (L’ultima tazione di materiali è nemica del 1937) e in sceneggiature per Luigi Giovanni Angella la seconda biblioteca Chiarini e Giuseppe De Santis. Il patrimonio di cinema a Roma, do- della Biblioteca è costituito da libri, sceneg- Tra i fondatori della Biblioteca po quella ben provvi- giature, riviste, giornali, foto. Parte dei docu- sta e attrezzata, e con menti sono ancora custoditi in contenitori del Cinema Umberto Barbaro una lunga storia alle per mancanza di spazio. Nel febbraio 2016 per spalle, della Scuola il generoso gesto di solidarietà da parte della nazionale di cinema, SIAE e del suo Direttore Blandini, la Bibliote- ex Centro sperimen- ca ha autorizzato il prelievo di circa 370 scato- tale. E’ un’associazio- le di cartone contenenti libri, riviste e docu- ne culturale senza fini mentazioni per un totale complessivo di 23 di lucro nata nel 1962. Mino Argentieri ne è Biblioteca del Cinema Umberto Barbaro - Servizio stato tra i fondatori e consultazione libri e riviste: Casa dei Teatri - Villino Direttore fino alla sua Corsini Villa Doria Pamphilj; largo 3 giugno 1849 - scomparsa avvenuta ROMA il 22 marzo 2017. L’at- Apertura al pubblico: mercoledì - giovedì - sabato (ore Giovanni Angella (foto archivio famiglia Angella) tuale presidente è Anna Calvelli Argentieri 10-14). Per appuntamenti e per consultazioni pomeri- che ha preso l’incarico dopo la scomparsa di Nasce a Roma il 18 Febbraio 1930, sin da diane scrivi a Giovanni Angella. Ha per fine la diffusione [email protected] giovane sviluppa una passione per il cine- della cultura cinematografica, mediante l’isti- ma e l’arte contemporanea che lo vedrà Referente alla Biblioteca Angelo Salvatori. tuzione di una biblioteca specializzata aperta personalmente attivo su entrambi gli argo- Si ringrazia Anna Righini, Direttrice della Biblioteca al pubblico, i cui servizi sono offerti gratuita- menti. Nel 1950 è cofondatore insieme a Villino Corsini; Anna Barenghi, Attività Culturali e mente. Inoltre, la Biblioteca Umberto Barbaro Mino Argentieri del circolo cinematografi- Promozione della Lettura-Villino Corsini luogo dove è si prefigge di contribuire allo sviluppo degli co Charlie Chaplin e nel 1962 della bibliote- ospitata la Biblioteca del Cinema Umberto Barbaro. studi cinematografici mediante l’organizza- ca del cinema Umberto Barbaro di cui rico- zione di seminari, centri per animatori di at- prirà il ruolo di direttore. Negli anni 60 tività culturali cinematografiche, scrive, produce e dirige documentari d’arte proiezioni di studio, “e altresì - come concentrando la propria attenzione sull’ar- da statuto - contempla la pubblicazio- te dal carattere socio politico ed in partico- ne di periodici, libri, schede filmogra- lare sui muralisti messicani (Diego Rivera, fiche e biografiche attinenti alla vita Alfaro Siqueiros, José Clemente Orozco) del cinema”. La Biblioteca è stata de- ma anche sull’espressionismo di Oskar dicata a Umberto Barbaro per rende- Kokoschka e di Max Beckmann e ancora re omaggio a uno di quegli intellet- sul dadaismo tedesco. Il suo principale tuali italiani che hanno contribuito contributo è quello di aver cercato un dia- alla elaborazione di una teoria del ci- logo serrato tra arte e società, l’arte come nema e si sono battuti contro pregiu- risposta alle condizioni sociali in cui gli ar- dizi e prevenzioni che negavano l’ar- tisti vivono e come urgenza espressiva del tisticità dei film. Umberto Barbaro, proprio pensiero e ancora come guida per nato ad Acireale nel 1902 e morto a il pubblico alla risoluzione delle stesse pro- Roma nel 1959, è infatti uno dei mag- blematiche analizzate. I suoi lavori diven- giori teorici e critici cinematografici Casa dei Teatri - Villino Corsini Villa Doria Pamphilj; largo 3 giugno tano più dei cortometraggi col passare del italiani. Fu prima insegnante (dal 1849 - Roma tempo e non si limitano ad una lettura filo- 1936) e poi direttore (1944-1947) del logica del lavoro del o degli artisti analizza- Centro sperimentale di cinematografia e fon- bancali. Detto materiale è stato concesso in ti, sono sempre le ragioni profonde espres- dò con Luigi Chiarini la rivista “Bianco e Ne- custodia alla SIAE ed è custodito nei suoi ar- se dalle opere e l’insegnamento che ci ro”. In “Film: soggetto e sceneggiatura” (1939) chivi di Ciampino, fermo restando il proposi- offrono gli artisti con il loro pensiero filo- espresse le proprie teorie sulla funzione del to di giungere a una forma concordata di col- sofico gli elementi che vengono analizzati, montaggio come specifico filmico e dell’attore laborazione con la SIAE al fine di ricomporre discussi, fatti propri e trasmessi. I docu- come elemento creativo. Divulgatore del cine- l’insieme del patrimonio librario per offrirlo mentari di Giovanni Angella sono stati mo- ma sovietico del periodo muto e dei suoi gran- al pubblico nella sua interezza. La Biblioteca strati e premiati da tante istituzioni tra le di maestri, fu traduttore di Arnheim, Balàzs, Barbaro ha promosso Cinemasessanta, una maggiori: Nastro d’argento al festival del Eisenstein e Pudovkin, fu teorico del neoreali- rivista trimestrale che usciva da oltre qua- cinema di Venezia nel 1964, al Leipzig in- smo e critico de l’Unità. Postumi sono stati rant’anni e ha cessato di uscire nel 2017 con la ternational documentary di Berlino est nel pubblicati i suoi scritti: “Il film e il risarcimen- scomparsa del direttore Mino Argentieri. 1965. Muore il 2 Settembre del 2011 a Seni- to marxista dell’arte” (1960), “Servitù e gran- gallia (AN). dezza del cinema” (1962) e “Il cinema tedesco” DdC 24 [email protected] Mi chiamo Sergio Leone e faccio Western! Omaggio al grande maestro del cinema, a novant’anni dalla nascita e a trent’anni dalla morte, con una carrellata sui western all’italiana Quando, durante le nel mondo del cinema; comparve per la prima James Coburn, Charles Bronson, Cliff Robert- interviste, si chiedeva volta nel film del padreLa Bocca sulla strada, ri- son); ma avendo molti rifiutato l’offerta, op- al grande regista ame- salente al 1941; fu tra i seminaristi tedeschi, pure costando cifre esorbitanti, Leone fu co- ricano John Ford di che si riparano dalla pioggia, incontrati da stretto a “ripiegare” su un attore televisivo auto-definirsi, egli era Antonio e dal piccolo Bruno in Ladri di biciclet- statunitense assolutamente sconosciuto: Clint solito rispondere: “Mi te (1948), e fece delle “comparsate” in altri film. Eastwood. E mai scelta fu più azzeccata! Un chiamo John Ford e Ma, ben presto, comprese, che non era “taglia- caso fortuito, dunque, ma anche fortunato, faccio western!”. Para- to” per fare l’attore, per cui - dopo aver colla- sia per Eastwood che per lo stesso Leone, che Nino Genovese frasando questa espres- borato a due kolossal americani, girati in gran aveva trovato l’interprete ideale per il suo we- sione, potremmo farla pronunziare anche a parte in Italia, come Quo Vadis (1951) di Mer- stern “atipico”, capace di dare vita a un perso- Sergio Leone, che pure lui avrebbe potuto di- vin Le Roy e Ben Hur (1959) di William Wyler - naggio freddo, ermetico, senza espressione chiarare: “Mi chiamo Sergio Leone e faccio passò dietro la macchina da presa. L’occasio- (anzi – per dirla con lo stesso regista – “Ea- western!” Infatti, sui sette film da lui diret- stwood aveva due sole espressioni: con il ti, ben cinque sono western: la cosiddetta sigaro e senza!”, oppure, secondo un’al- “trilogia del dollaro” (Per un pugno di dolla- tra versione, “con il cappello e senza!”). ri, Per qualche dollaro in più, Il Buono, il L’incredibile successo – anche interna- Brutto, il Cattivo), che diventa una “penta- zionale – del film attirò l’attenzione su di logia” con l’aggiunta di altri due film Giù( esso. Ed anche quella del regista giappo- la testa e C’era una volta il West); questi cin- nese Akira Kurosawa, il quale si accorse que film sono preceduti dalla sua prima che il film era molto simile al suo La Sfida opera, un peplum, dal titolo Il Colosso di Ro- del Samurai / Yojimbo del 1961. Leone non di, e chiusi dal grandioso “gangster-mo- l’ha mai negato (anche se c’è chi parla an- vie” C’era una volta in America. Quando si che dell’influenza della commedia di Car- fa riferimento al primo western italiano, si lo Goldoni Arlecchino servitore di due padro- dice comunemente che sia Per un pugno di ni); ma questo riconoscimento non servì dollari, da lui diretto nel 1964: ed è un’af- a placare “l’ira furente” di Kurosawa, che fermazione tanto “scontata” quanto “er- gli intentò causa, accusandolo di plagio. rata”. Infatti, il primo western italiano, E il Tribunale gli diede ragione, per cui si molto probabilmente, è sì di un regista arrivò ad un accordo, in seguito al quale che si chiamava Leone, ma non era Ser- Kurosawa ottenne come risarcimento i gio, bensì un altro Leone: Vincenzo, pa- diritti esclusivi di distribuzione di Per un dre di Sergio, che (sulla scorta del noto at- pugno di dollari in Giappone, Corea del tore teatrale Ruggero Ruggeri) si firmava Sud e Taiwan, oltre al 15% dello sfrutta- Roberto Roberti (oppure Roberto Leone mento commerciale del film in tutto il Roberti). Stiamo parlando del film La mondo, guadagnando, in tal modo, mol- Vampira Indiana, girato nel 1913 e uscito to di più di quanto non avesse incassato nel dicembre di quell’anno (epoca del con tutti i suoi film. Ed eccoci agli altri muto, che va dal 1895 al 1927), interpreta- due film della cosiddetta “trilogia del dol- to da Bice Waleran (a volte attestata an- laro”: Per qualche dollaro in più (1965) e Il che come Bice Valerian), pseudonimo Buono, il Brutto, il Cattivo (1966); film – in- dell’attrice Edwige Valcarenghi, a sua vol- sieme con il primo – impreziositi dalle ta madre di Sergio Leone, che nasce a Ro- eccezionali, stupende musiche di Ennio ma il 3 gennaio 1929: il che sta a dimostra- 1964 Morricone (compagno di classe di Sergio re che il cinema era iscritto a caratteri ne gli fu offerta in seguito alla richiesta di Leone nelle Scuole Elementari, che collabora a indelebili nel suo DNA, tanto che lo stesso completare il film Gli ultimi giorni di Pompei tutti i suoi film, ad eccezione de Il Colosso di Sergio ebbe a dire: “Sarei potuto nascere in un (1959), con Steve Reeves, la cui lavorazione Rodi), entrati nell’immaginario collettivo della cinema!”…Vincenzo Leone, alias Roberto Ro- Mario Bonnard dovette abbandonare per mo- gente, a cui diedero il loro apporto non solo berti (nato a Torella dei Lombardi – AV – nel tivi di salute; ma il nome di Sergio Leone non Gian Maria Volonté (già presente in Per un pu- 1879 ed ivi morto nel 1959), fu molto attivo venne accreditato. Per questo motivo, il suo gno di dollari), ma alcuni noti attori americani, nell’epoca del muto (ma anche negli anni suc- vero primo film è un altro peplum, dal titolo Il che si sono successivamente aggiunti, come cessivi), dirigendo diversi film: alcuni con la Colosso di Rodi, diretto nel 1961 ed interpretato Lee Van Cleef (Per qualche dollaro in più) e Eli famosa diva del muto Francesca Bertini, tra dall’attore statunitense Rory Calhoun (che so- Wallach (Il Buono, il Brutto, il Cattivo). E sono cui Consuelita (girato nel 1921 ed uscito nel stituì il più noto John Derek, che abbandonò il ricordati anche per alcune situazioni partico- 1925, che aveva altri titoli: La Fanciulla di Amal- set per contrasti sorti con lo stesso regista). Il lari (come il famosissimo “triello”, inventato fi e poi Amore vince il timore; il titolo poi venne successo del film, realizzato con pochi mezzi, proprio da Leone, con Clint Eastwood, Lee Van modificato in Consuelita e l’ambientazione ma ugualmente spettacolare, fece sì che Leo- Cleef ed Eli Wallach che si affrontano in una spostata dall’Italia alla Spagna per motivi di ne ottenesse la fiducia dei produttori, che gli sorta di arena circolare, all’interno di un vec- censura); venne presentato nel 1985 alle “Gior- affidarono altri film. Ed eccoci al famoso, -di chio cimitero); per alcune espressioni ormai nate del Cinema Muto” di Pordenone, con rompente Per un pugno di dollari , diretto nel famose: “Quando un uomo con la pistola incontra l’aggiunta delle musiche di Ennio Morricone, 1964, per il quale aveva pensato allo stesso un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uo- alla presenza dello stesso Sergio Leone, che, in Rory Calhoun, che già conosceva per il film mo morto” (Ramòn / Gian Maria Volontè a Joe/ quell’occasione, ho avuto il piacere di conosce- precedente; ma anche ad altri attori noti, tutti Clint Eastwood, in Per un pugno di dollari); “Al re…Fin dall’infanzia, i genitori lo introdussero americani (Richard Harrison, Henri Fonda, segue a pag. successiva 25 n. 72

segue da pag.precedente (Richard Gere e Mickey Rourke), le cui vicen- Germania dell’Ovest, quando, nei primi anni cuore, Ramòn! Se vuoi uccidere un uomo, devi col- de si svolgono sullo sfondo di un grande affre- Sessanta del secolo scorso, la produzione hol- pirlo al cuore!” (Joe/Eastwood a Ramòn/Volon- sco storico, la Guerra di secessione america- lywoodiana di un genere molto amato e diffuso tè, sempre in Per un pugno di dollari); Al Monco na. Ma questi due ultimi, grandiosi progetti come il western “classico” e tradizionale co- /Clint Eastwood - che, dopo aver caricato su non poterono essere realizzati, perché la mor- minciò a ridursi notevolmente, i Tedeschi un carro i cadaveri degli uomini che aveva uc- te lo colse - improvvisamente e prematura- pensarono bene di realizzarli sul proprio ter- ciso, comincia a contarli (per l’ammontare mente - il 30 aprile 1989, all’età di soli 60 anni, ritorio. Così, a partire dal 1963, in collabora- delle taglie, dato che era un bounty-killer) e poi essendo nato – come abbiamo visto – il 3 gen- zione con la Francia e la ex-Jugoslavia, realiz- spara a un altro bandito che voleva sorpren- naio 1929, per cui, proprio quest’anno, si cele- zarono i film della serie “Winnetou il derlo alle spalle - al Colonnello Douglas Morti- bra un doppio anniversario: i novant’anni dalla guerriero”, personaggio mutuato dai romanzi mer/Lee Van Cleef, che si sta allontanando a sua nascita e i trent’anni dalla sua scomparsa. d’avventura dello scrittore tedesco Karl May; e cavallo e gli chiede cosa sia successo, rispon- Per ritornare al suo film più famoso,Per un pu- tale “saga tedesca” diede il là alla produzione de: “Niente, vecchio! Non mi tornavano i conti! Me gno di dollari, realizzato nel 1964, tutti i nomi di alcuni film italiani, come Buffalo Bill, l’Eroe ne mancava uno!”; in Per qualche dollaro in più; dell’intero cast (interamente italiano, a parte il del Far West (1964) di John W. Fordson (pseu- “Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Di una grandissi- protagonista, Clint Eastwood), erano “angli- donimo di Mario Costa), con Gordon Scott. Il ma puttanaaaaa!!!...” (Tuco/Eli Wallach a Il cizzati”, e Leone scelse per sé lo pseudonimo primo western italiano dell’epoca sonora, co- Biondo/Eastwood che si allontana, lasciando- di Bob Robertson (che significa, più o meno, munque, dovrebbe essere Una Signora dell’O- lo a penzolare da una forca con i piedi in vest (1942), diretto da Carl Koch (tratto precario equilibrio). E poi un altro we- dal romanzo di Pierre Benoît), con Mi- stern, di tipo diverso, rivoluzionario e ide- chel Simon, Isa Pola, Rossano Brazzi e ologicamente “politicizzato”: Giù la testa, Valentina Cortese, prodotto dalla “Scale- diretto nel 1971, con protagonisti altri due ra Film”, nei cui stabilimenti è stato gira- noti attori americani, James Coburn e to, mentre gli esterni si avvalgono dei pa- Rod Steiger, che sceglie dei we- esaggi del basso Lazio. Di una sorta di stern sulla rivoluzione messicana o co- “protowestern” all’italiana, poi, si può munque cosiddetti “terzomondisti”, dif- parlare a proposito del film del 1949 di fusisi precedentemente con titoli come Pietro Germi, In nome della legge, che tra- Quien sabe? (1966, Damiano Damiani), La spone le atmosfere tipiche del John Ford Resa dei conti e Faccia a faccia (1967, Sergio di My Darling Clementine (Sfida infernale, Sollima), Tepepa (1969, Giulio Petroni), 1946) nel contesto della lotta tra mafia e Vamos a matar compañeros (1970, Sergio giustizia in un piccolo, rurale e isolato Corbucci), e così via. Ma prima - come de- paesino dell’entroterra siciliano. Inoltre, gno completamento del genere western a prima di Per un pugno di dollari, la Jolly lui così caro - vi era stata la grande, strug- Film aveva prodotto il suo primo western, gente epopea di C’era una volta il West del dal titolo Duello nel Texas (1963) di Ricardo 1968, uno dei film più belli sul mito del Blasco (e Mario Caiano, non accreditato), West, una lunga “rivisitazione” (nella ver- con Richard Harrison e Giacomo Rossi sione originaria durava ben 175’, poi dra- Stuart (che la Produzione fece vedere a sticamente ridotti) e onirica meditazione Leone, che ne rimase molto deluso). La sul mito del Far West, di cui costituisce stessa Jolly – prima di accettare la realiz- un’opera assai avvincente, cui collabora- zazione del film di Leone – aveva prodot- rono Bernardo Bertolucci e Dario Argen- to un altro western, dal titolo Le Pistole non to per il soggetto e Sergio Donati per la discutono (1964) di Mario Caiano, che ven- sceneggiatura, che si avvalse della pre- ne girato in Spagna, a Colmenar Viejo (a senza di attori famosi, come Charles circa 35 km. a Nord di Madrid); la stessa Bronson (con la sua famosa armonica), location venne assegnata alla troupe di Le- Henry Fonda, Claudia Cardinale. Infine, 1965 one, per questo film (che, durante la lavo- ecco il suo ultimo film, risalente al 1984, razione, si intitolava Il Magnifico Stranie- C’era una volta in America, altro capolavoro, che “figlio di Roberto Roberti”), in omaggio al pa- ro), considerato per così dire “di riserva”, può rientrare nel genere “gangster-movie”, dre. L’esigenza di questa anglicizzazione fu minore, secondario rispetto a quello di Caia- della durata di ben 220’ (drasticamente ridot- determinata dall’intento di dare maggiore no, che era dotato di un budget decisamente to negli Stati Uniti e montato in ordine crono- credibilità a un genere, quello western, che si superiore e di attori di alto livello e, pertanto, logico, mentre la struttura originaria era tutta riteneva fosse appannaggio unico del cinema secondo le previsioni, destinato a grande suc- a flash-back), interpretato da Robert De Niro e statunitense. In realtà non è così. Infatti, il cesso. Ed invece la vita spesso stravolge le co- James Woods. Prima della morte, stava lavo- western ha una tradizione lunghissima, tale da se e si fa beffe delle nostre valutazioni: nella rando a un altro, ambizioso progetto, La Batta- farlo risultare presente non solo nel cinema realtà, infatti, quest’ultimo film venne ben glia di Leningrado, che sarebbe stato un kolossal e americano delle origini e dei primi tempi, il presto dimenticato, mentre il film di Leone – presumibilmente un altro grande capolavoro; che è perfettamente comprensibile (ricordia- con la sua originalità e genialità, con la sua ma – cosa poco nota – il suo ultimo progetto ri- mo il primo western in assoluto della storia del trasformazione eversiva del tipo di protagoni- guardava un altro western (a dimostrazione – cinema, The Great Train Robbery /Assalto al tre- sta – avrebbe scardinato le convenzioni del se ce ne fosse bisogno – del suo grande amore no, diretto nel 1903 da Edwin S. Porter ed in- genere, dandogli una svolta epocale e rag- per il genere), che, nel 2004, è stato reso pub- terpretato da Max “Broncho Bill” Anderson, giungendo l’incredibile successo internazio- blico dal figlio: un lungo trattamento inedito, incentrato su un fatto veramente accaduto), nale che conosciamo. Naturalmente, un gene- quasi una pre-sceneggiatura, di una cinquan- ma – per quanto ciò sia davvero poco noto - re dai tratti ben delineati – come il western tina di pagine, intitolato Un Posto che solo Mary anche nel cinema italiano, dove il genere we- - non può non fregiarsi di essere stato oggetto conosce (pubblicato poi, in esclusiva mondiale, stern fa la sua apparizione con alcuni film (tra di parodia: ed ecco allora film comeIl Fanciullo dal mensile di cinema italiano Ciak), scritto i quali quello di Roberto Roberti, già citato, del West (1942, Giorgio Ferroni), con Macario; insieme con Luca Morsella e Fabio Toncelli, e costituisce un significativo esempio). Non so- Il Bandolero stanco (1952, Fernando Cerchio), con pensato per due grandi attori statunitensi lo. In Europa, e precisamente nell’allora segue a pag. successiva 26 [email protected]

segue da pag. precedente che si cimentano col western anche registi noti lo conosceva ed amava tutto: come non citare Renato Rascel; Il Terrrore dell’Oklaoma (1959, per le loro opere più “impegnate”, come il già il suo Django Unchained del 2013 (dichiarata- Mario Amendola), con Maurizio Arena; La citato Damiano Damiani (Quien sabe? 1966), mente ispirato al Django del 1966 di Sergio Sceriffa (1959, Roberto Bianchi Montero), con Carlo Lizzani (Requiescant, 1967, firmato con lo Corbucci, con protagonista Franco Nero) e Tina Pica; Per qualche dollaro in meno (1966 di pseudonimo di Lee Beaver, con un ruolo an- The Hateful Eight del 2015?!? E proprio Taranti- Mario Mattoli), con Lando Buzzanca e Rai- che per Pier Paolo Pasolini), Florestano Vanci- no, mentre stava dirigendo Le Jene (1992), es- mondo Vianello; e – soprattutto – Un Dollaro di ni (I Lunghi giorni della vendetta, 1967, nel quale sendo ancora inesperto di termini tecnici, fifa (1960), parodia dichiarata di Rio Bravo (Un il regista si firma con lo pseudonimo Stan quando aveva bisogno della ripresa di un det- dollaro d’onore, 1959, di Howard Hawks), con la Vance), Tinto Brass (Yankee, 1966), Giulio Que- taglio, si rivolgeva ai suoi cameramen, dicendo coppia Walter Chiari e Ugo Tognazzi, che – sti (Se sei vivo spara!, 1967), Pasquale Squitieri loro: “Give a Leone”, vale a dire “Datemi un Leo- con l’aggiunta di Raimondo Vianello – ri- ne”, intendendo i primissimi piani e i tornerà anche né I Magnifici Tre, parodia dettagli in cui il Nostro era, per così dire, di The Magnificent Seven (I Magnifici sette, “specializzato”; e non è certo un caso che, 1960, di John Sturges), entrambi di Gior- nell’elenco stilato dallo stesso Tarantino gio Simonelli; sempre per la regia dello sui 20 western italiani da lui preferiti, ai stesso Simonelli, gli immancabili Franco primi due posti vi siano Il Buono, il Brutto, Franchi e Ciccio Ingrassia saranno Due il Cattivo e Per qualche dollaro in più; al mafiosi nel Far West (1964) e I Due Sergenti quinto posto C’era una volta il West (dopo del Generale Custer (1965); ed ancora Fran- Django e Il Mercenario di Sergio Corbuc- co e Ciccio interpreteranno altre parodie ci). Quando Clint Eastwood ritornò negli “western”, come Per un pugno nell’occhio Stati Uniti, non potendo dimenticare l’e- (1965) di Michele Lupo, Il Bello, il Brutto, il sperienza italiana, che gli aveva dato la Cretino (1967) di Giovanni Grimaldi, Due celebrità, interpretò due filmwestern (Im- Rrringos nel Texas (1967) di Marino Girola- piccalo più in alto, 1968, di Ted Post; La Bal- mi, Ciccio perdona… Io no! (1968) di Marcel- lata della città senza nome, 1969, di Joshua lo Ciorciolini. D’altronde, in un’Italia in Logan) e – oltre ad esserne l’interprete – cui il “mito del West”, sotto diversi aspet- ne diresse altri quattro (Lo Straniero senza ti, esercitava un fascino irresistibile (si none, 1973; Il Texano dagli occhi di ghiaccio, pensi anche ai fumetti, allora molto letti, 1976; Il Cavaliere pallido, 1985; Gli Spietati, come Tex, Pecos Bill, Capitan Miki, Il 1992), prima di dedicarsi ad un’ampia e Grande Blek, ecc.), è proprio l’enorme variegata, ma sempre eccellente, carriera successo al botteghino di questi film, che, di regista di un certo livello. Il suo ultimo per quanto possa sembrare strano, rivita- western - Gli Spietati - lo dedicò proprio “A lizza la produzione della penisola e dà la Sergio”, e lo stesso farà, nel 2003, Quen- stura al fenomeno del “western all’italia- tin Tarantino, nel film Kill Bill Volume 2. na”, con il nostro Sergio Leone che, se Leone - che si dilettò anche nella realiz- non dirige il primo western italiano, dirige zazione di spot pubblicitari per la TV - era sicuramente il primo “western all’italiana”, anche un tipo “generoso”: infatti, diresse cioè un tipo di western che scardina i topoi varie sequenze del film di Tonino Valerii del western classico tradizionale america- 1966 Il Mio nome è Nessuno (1973, con Terence no, sostituendo alla manichea divisione tra (Django sfida Sartana, 1970), Enzo G. Castellari Hill ed Henry Fonda) ed aiutò anche Damiano buoni e cattivi e all’eroe “senza macchia e sen- (Keoma, 1976, con Franco Nero), ecc. Anche i Damiani per le riprese di Un genio, due compari za fango”, il pistolero senza nome, silenzioso, dati numerici sono testimonianza della fortu- e un pollo (1975); ma, per sua stessa volontà, il freddo e misterioso, attorniato da cow-boy e na senza precedenti che ebbe questo genere: suo nome non venne accreditato nei titoli, se banditi brutti, sporchi, sudati, con la barba nel periodo tra il 1962 e il 1967 vengono girati non come “produttore esecutivo”. Così, in non rasata: come – d’altronde – erano nella re- oltre 450 western (tra film interamente italia- qualità di produttore, con la Casa “Rafran” da altà! Poi – dopo il “fenomeno-Leone” e l’exploit ni e co-produzioni internazionali, nella mag- lui fondata (a cui seguì la “Leone Group Film”), del “Western all’italiana” durato diversi anni gior parte dei casi con la Spagna); gli anni di produsse Il Gatto (1977) di Luigi Comencini, Il – l’inevitabile stanchezza e il declino del gene- più elevata produzione nel nostro Paese sono Giocattolo (1979) di Giuliano Montaldo; inoltre re portarono a un western, per così dire, “cre- compresi tra il 1966 (con 40 titoli) e il 1972 (48 – essendo molto amico del docente universi- puscolare” o “esistenziale”, come Il Mio Nome è titoli), con picchi toccati nel 1967 (con 74 titoli) tario e studioso di cinema Mario Verdone – Nessuno (1973, Tonino Valerii), interpretato da e nel 1968 (con 77 film). Così, in questo perio- produsse i primi film di Carlo Verdone, Un Henry Fonda e dal “nostro” Terence Hill (Ma- do, l’industria cinematografica italiana divie- sacco bello (1980), Bianco, rosso e… Verdone (1981) rio Girotti); proprio quest’ultimo, insieme con ne la più grande esportatrice di lungometrag- e successivamente, nel 1986, anche Troppo for- Bud Spencer (Carlo Pedersoli), era già stato gi, subito dopo quella statunitense, proprio te. In conclusione, non ci resta che rimarcare protagonista di un’altra fortunata e popolare grazie a questo filone, che supera, a livello di che, nonostante le opere di Leone siano solo serie di “western all’italiana”, vale a dire il “we- incassi, qualsiasi altro genere coevo. In ogni sette (il primo film, la trilogia del dollaro, i due stern-commedia”, che elimina il lato violento caso, il “western all’italiana” – che negli Stati filmwestern seguenti e l’ultimo), esse, per le lo- e sanguinario del genere sostituendolo con Uniti, con un’accezione negativa, viene chia- ro caratteristiche peculiari e per il loro livello fagioli, risse ed esilaranti scazzottate: ed ecco mato “spaghetti-western” - costituisce un fe- stilistico-espressivo, sono bastate (e bastano) film come Dio perdona… io no! (1967, Giuseppe nomeno di grande rilevanza, anche per l’in- a farlo considerare un “maestro” del cinema e Colizzi), I Quattro dell’Ave Maria (1968, G. Co- flusso che eserciterà proprio sul “nuovo” ad iscrivere il suo nome tra quelli che rimar- lizzi), La Collina degli stivali (1969, G. Colizzi), western americano. Leone, in particolare, in- ranno indelebilmente inseriti nella storia del Lo chiamavano Trinità (1970, Enzo Barboni, fir- fluenzò grandi registi americani di western cinema mondiale. Come “recita” giustamente mato con lo pseudonimo E. B. Clucher), …Con- (ma non solo), come Sam Peckinpah, John l’epitaffio, scolpito sulla sua tomba maestosa, tinuavano a chiamarlo Trinità (1971, E. Barboni); Woo, Martin Scorsese, Brian De Palma e altri, realizzata nel 1989, all’ingresso del cimitero e lo stesso Terence Hill era presente, insieme tra cui Quentin Tarantino, che - forse ricor- del borgo di Pratica di Mare, alle porte di Po- con Rita Pavone, nel western musicale Little Rita dando le sue origini italiane, rimaste impres- mezia: “C’era una volta, c’è, ci sarà sempre…”. nel West (1967, Ferdinando Baldi). Da ricordare se nel cognome - il cinema “di genere” italiano Nino Genovese 27 n. 72 Luci e ombre sul film Dolor y Gloria di Pedro Almodóvar In determinate situa- conosciute, come Los abrazos rotos (2008), La laconico e crepuscolare porta il film in molte zioni i critici pensano piel que habito (2011) o Julieta (2016), sono il occasioni ad un puro autocompiacimento che la perfezione nell’ar- prodotto di una ricerca, di un’intensa lotta personale. Dolor y gloria, come ho provato a di- te sia possibile. E’ così per non essere omologate. Il merito di questi re, è un film chiaramente crepuscolare; Almo- che nascono certe sempli- film sta proprio nel fatto che essi non cercano dóvar penetra in quel territorio letterario ficazioni circa la ipotizzata di riprodurre la loro realizzazione con un chiamato autoficción, cioè in quel campo in cui maestria di determinate marchio di origine, ma assumono la loro stes- la narrazione autobiografica si incrocia con le opere, contrapponendosi sa imperfezione e ipotetica debolezza creativa tre identità del narratore, dell’autore e del così a un razionale pensie- per provare strade nuove e incerte. Tutti que- personaggio principale. Ma invece di acquisi- ro critico su un’idea chi- sti film hanno momenti che con semplicità re col film quell’effetto terapeutico già visto Àngel Quintana merica di perfezione. cadono nel ridicolo, ma si accompagnano pu- con Federico Fellini, Almodóvar sviluppa tut- L’idea della perfezione re ad altri che hanno del sublime. Il disordine to ciò come semplice indicazione dimostrati- e quindi del capolavoro diventa un argomento interiore dà loro forza e fanno per questo di va. Sembra infatti che nel personaggio di Sal- critico, generando inutili crisi di nervi. L’uni- Almodóvar un grande regista. Dolor y gloria è vador Mallo risalti un eccesso di caratterizzazione co capolavoro che può esistere è il semplicistica, come se si volesse da- non conosciuto, l’ignoto. Va sottoli- re forma a un personaggio male- neato e chiarito che un’opera per- detto, prigioniero di se stesso, sul fetta è sempre un’opera sterile, per- quale purificare una cattiva- co ché il desiderio dell’artista alla scienza maturata da Almodóvar perfezione conduce all’impotenza quale autore cult postmoderno in creativa, mentre proprio l’imperfe- ambito europeo. La autoficción inve- zione è il grande segreto dell’arte. ce di essere una confessione inte- Le grandi opere nascono sempre da riore finisce per snaturarsi, in par- una ricerca i cui percorsi possono ticolare in alcuni momenti del film, portare chi li crea ad articolare pas- in una eccessiva posa personalisti- si falsi o ad assumere insuccessi so- ca, come se, nonostante tutto, Al- nori. Tuttavia, senza la ricerca non modóvar volesse dimostrare anco- c’è arte e senza prevedere l’imperfe- ra al pubblico che la fama del zione come qualcosa di innato, è regista maledetto non fosse finita. impossibile che si realizzino grandi Dolor y gloria si struttura narrativa- opere. La grandezza di alcuni film mente come la storia di una serie di come ad esempio Johnny Guitar di incontri. La formula è intelligente e Nicholas Ray, A bout de souffle di Go- la costruzione interna del film è dard o F for Fake di Orson Welles, uno dei suoi principali meriti. Sal- sta nel convertire l’imperfezione in vador Mallo comincia col rincontra- una ricerca visionaria. La prima re un vecchio attore (Asier Etxan- uscita di Dolor y gloria di Pedro Al- dia) con il quale aveva lavorato e modóvar è stata battezzata da ampi bisticciato qualche anno prima. C’è settori della critica come autentico in questo primo incontro un richia- capolavoro, al punto che alcuni mo al filmLa ley del deseo (1987), che hanno addirittura presagito la Pal- mette in luce il problema della di- ma d’oro al festival di Cannes 2019 pendenza dall’eroina dell’attore e il senza sapere neppure quali altre modo in cui lo stesso Salvador Mal- opere fossero in concorso. Questa lo si inietta l’eroina per calmare il forma di consenso acritico non è suo terribile mal di schiena. Un se- emersa ad esempio nel suo filmVol - condo incontro lo determina sulla ver (Tornare, 2006). Curiosamente, base dei possibili ricordi di gioven- insieme a Dolor y Gloria è proprio tù, negli anni della cosiddetta mo- Volver il lavoro più semplice e ac- vida madrilena, in cui debuttò bru- condiscendente che il regista abbia fatto negli anche un film su una crisi. In questa crisi se- ciando tutte le tappe come regista. Nel ricordare ultimi anni. A volte il consenso non fa altro guiamo la storia di Salvador Mallo (Antonio questo periodo, sviluppato attraverso un mo- che certificare l’ovvietà oppure ciò che viene Banderas), un regista che ha avuto molto suc- nologo teatrale interpretato dall’attore con il fatto e detto serve per omogeneizzare i gusti cesso nel passato e che si ritrova a vivere un quale aveva lavorato in precedenza, fa riappa- ipotetici. I film realizzati da Pedro Almodóvar processo di introspezione personale, che lo rire un vecchio amore (Leonardo Sbaraglia), negli ultimi anni, da Hable con ella (2002) a Ju- porta a tentare di superare la crisi creativa che resuscitando altre ferite del passato. Il terzo lieta (2016), sono i più interessanti della sua lo ha colpito mentre incombe la sua vecchiaia. incontro riemerge incastonato dalla storia e filmografia e i più innovativi. Probabilmente Si sommano in modo malinconico il dolore che ha a che fare con il tempo dell’infanzia di Sal- proprio i suoi primi film furono i più spiaz- annienta il suo corpo e i ricordi di tutto ciò che non vador Mallo, quando parte con la sua famiglia zanti e le produzioni degli anni ottanta tra le si può più recuperare. Salvador Mallo appare come per la città di Paterna (Valencia), in cui scopre più provocatorie; tuttavia è molto interessan- l’alter ego di Pedro Almodóvar stesso, che dalle pare- la sensualità di altri modi di vivere la vita. Per te osservare come il giovane di quella contro- ti del suo appartamento fa riemergere le sue questi momenti è fondamentale il rapporto cultura degli anni ottanta sia riuscito ad in- paure, le sue ossessioni e il suo dolore. L’idea con la figura della madre (Penelope Cruz), che vecchiare senza ripetersi goffamente e con la ha una evidente coerenza con i suoi ultimi film, finisce per riscoprire nella sua maturità (Julieta chiara volontà di mettere sempre in tensione il in quanto ci riporta a una ricerca di tipo persona- Serrano), con la quale realizzerà un processo proprio cinema. Alcune delle sue opere meno le, con la differenza che il tono marcatamente segue a pag. successiva 28 [email protected]

segue da pag. precedente di catarsi personale che gli servirà per rievoca- Alba tragica di Marcel Carné (1939) re, ancora una volta, ciò che la vita ha lasciato Cast: Jean Gabin, Arletty, Anne Carriel, Gabrielle Fontan, Bernard Blier, Jules Berry indietro e che non tornerà mai più. Salvador Mallo come Almodóvar si sentirà indifeso dal- Alba tragica è uno dei accettando l’inevitabile castigo, affrontando la mancanza della madre. La vecchiaia nasce capolavori del cinema dall’uomo retto che è sempre stato la pena per dalla consapevolezza delle molteplici perdite. francese anteguerra, l’atto commesso, ma neppure questo gli basta Almodóvar utilizza gli incontri per dare forma un capolavoro diretto per superare il momento che sta vivendo. Or- alla sua autoficción, assumendo in modo troppo da Marcel Carné e che fano, un lavoro duro, le amate sigarette, certo ovvio i codici della proposta cinematografica. si è avvalso della sce- la sua vita non è mai stata un granché, ma lui L’opzione non risulta adatta perché dopo tale neggiatura di Jacques è sempre stato una persona onesta, un opera- rappresentazione risalta un eccesso di serietà Prevert e Jacques Viot. io dedito al suo lavoro, mai grilli per la testa, e di auto-promozione. Su una base piatta sem- Giuseppe Previti Il film inizia con un fino a un incontro fatale che lo ha portato a uc- bra quasi che Almodóvar voglia dimostrare al- uomo asserragliato in casa dalla polizia dopo cidere un uomo e a essere li in quell’apparta- lo spettatore che egli si stia cimentando con la che ha ucciso il suo rivale in amore. E lui ha il mento assediato dai poliziotti. Un film del sua opera più trascendente, col suo film più in- tempo di rievocare l’ultima fase della sua vita, 1939, certamente una visione di vita pessimi- timo. Questo tono eccessivamente serioso po- quando si è fatto divorare dalla passione, tra- sta, dove il fatalismo prende sempre più la co si adatta a una storia che a volte utilizza op- dita, per una brava ragazza e una ballerina. In mano, anche se la grandezza della pellicola è zioni narrative di script basati su giochi Alba tragica raggiungono la loro massima anche nel coniugare un realismo esasperato e casuali difficili da accettare. In altre occasioni espressività il regista Marcel Carné e il poeta e un romanticismo che dovrebbe rendere la vita sceneggiatore Jacques Prévert. I due avevano più bella, più accettabile. Ripetiamo, siamo prevale la vocazione di Almodóvar come film- già raggiunto un grande risultato con Il Porto nel 1939, la Guerra è annunciata da tanti venti maker decoratore, trasformando le grotte in delle nebbie, avvalendosi sempre di Jean Gabin sinistri, sembra quindi sempre più difficile es- cui vivevano le famiglie povere di Paterna in protagonista. Questo film è la dimostrazione sere romantici, la paura della tragedia incom- design di piccoli appartamenti turistici. Come di quanto possa giungere al collasso e alla fine be e non evoca certo atmosfere da lieto fine, succede di solito nel cinema di Almodóvar, il un uomo per bene, innamorato, che si rende rapportando quindi l’aria di quei giorni e la film non rientra nel tempo della Storia. Sebbe- colpevole di un omicidio e si scopre solo e ab- storia del nostro protagonista, si fa fatica a ne in altre occasioni il cineasta abbia fatto ri- bandonato, dopo il tradimento in amore e il pensare che la notte del nostro giovanotto saltare proprio la sua impotenza di fronte alla crollo per lui di ogni ideale e speranza. Una re- possa avere un lieto fine. Certamente un film Storia, vedi Carme trémula, (1998) o Los amantes altà che si manifesta sempre più malinconica che è anche il quadro di un’epoca, quegli spen- pasajeros (2013). Questa volta egli pone invece e inaccettabile per il nostro protagonista or- sierati anni Trenta che non sono più tali, l’in- la sua esperienza personale in un ambiente ec- mai incapace di accettare il corso della vita. certezza sull’avvenire pesa su tutti, il confine cessivamente astorico. L’infanzia è presentata Film tenero, anche un po’….spezza cuori, ma tra il bene e il male è sempre meno netto, la ca- come un semplice paradiso, ma non c’è alcuna che vede lo sprofondare in un abisso senza ri- tastrofe incombe per tanti, anche se ovviamen- ombra che richiami ad esempio al franchismo. torno quest’uomo sin li dalla vita irreprensibi- te in quel momento non lo sanno. Il primo giu- La gravità del tono dà fastidio e impedisce al le ma poi colto da un irrefrenabile impulso gno 1939 il film fu proiettato in anteprima in film di fluire.Dolor y gloria ha momenti brillan- omicida e che poi si rende conto che per lui Francia a Parigi, qualche mese dopo la Germa- ti, Almodóvar gira con eleganza e Antonio non c’è più alcuna speranza di salvezza. Lui è nia invadeva la Francia, e il film fu tolto dalla Banderas fa una rigorosa composizione dell’al- il primo che capisce che niente può redimerlo, circolazione perché ritenuto diseducativo e ter ego di Almodóvar, ma nel profondo c’è un né sollevare la sua anima ferita anche dall’atto disfattista. Con il senno del poi i nostri autori eccesso di sintesi. I momenti più brillanti di che ha commesso. In questo suo attendere la avevano, sia pure con la chiave di una storia Dolor y gloria non hanno nulla a che fare con il fine ha portato con se un orsacchiotto che gli tra il noir e l’amore, dato una visuale di quello laconismo ma con la ricerca di un paradiso ricorda la giovane fioraia in cui lui avevo ripo- che sarebbe stato il mondo degli anni quaran- perduto, che nel film è esemplificato -al mo sto la speranza di costruire insieme una vita ta. Un grande film, ottimamente sceneggiato, mento dell’apparizione del primo desiderio. felice. Però il tradimento di lei lo ha completa- girato in un bianco e nero dalle sfumature tipi- Dolor y gloria diventa un buon film quando di- mente accecato sino a renderlo un assassino, che della cinematografia del tempo, specie quel- mostra che è possibile riscoprire la ricerca, ri- e a questo punto neppure il ricordo dell’amore la americana anni ’40. Un espressionismo che uscendo a far rivivere i recessi più nascosti serve a dargli pace e voglia di un riscatto. Or- privilegia la realtà delle inquadrature e della dell’infanzia. Esiste in Dolor y gloria una mag- mai sente la sua colpa, ma anche il disincanto vicenda, in un alternare di toni grigi e nebbio- dalena proustiana, una sorta di memoria invo- di una rinuncia a ogni speranza, neppure l’a- si che fanno tanto atmosfera, pur se non man- lontaria, che prevale nei momenti finali. Salva- more serve più a placarlo o a dargli la forza di cano momenti più folgoranti quando trionfa dor Mallo scopre qualcosa di concreto che va affrontare un destino diverso, e se fissa la sua l’amore. Va aggiunto che nel dopoguerra uscì oltre il dramma della crisi creativa. Scopre il immagine o se fissa i suoi pensieri non riesce un remake girato negli Stati Uniti da Anatole momento in cui il suo desiderio omosessuale è più a distinguere la parte lieta e la parte tragi- Litvak, protagonista Henry Fonda, La dispera- stato rivelato, l’istante in cui ha sentito una ca della sua esistenza. Il film ricorre a molti ta notte, senza però raggiungere il lirismo di forza interiore che ha trasformato tutta la sua flashback, lo vediamo sulla Costa Azzurra ri- quel capolavoro che fu Alba tragica. cordando così i momenti felici della sua vita. vita. Dolor y gloria si esalta quando la rivelazio- Una vita che potrebbe benissimo continuare, Giuseppe Previti ne del desiderio d’amore si contrappone all’ec- cesso del compiacimento della gloria vissuta dal personaggio. Tuttavia, tale considerazione vale come auspicio per un altro diverso film possibile, quello che esplode con forza dal fina- le di Dolor y Gloria. Quando sarebbe stato ma- gari necessario ricominciare da capo.

Àngel Quintana Traduzione dallo spagnolo di Marco Asunis

29 n. 72 C’era una volta un regista. Ricordando Sergio Leone a Oristano C’era una volta Sergio “romanticismo” delle produzioni hollywoo- linguaggio. Leone ritiene più importante uti- Leone, moderno canta- diane, a suo dire ormai scadute nella conven- lizzare il CinemaScope per studiare i volti storie che amava rac- zione. Pur avendo presente la lezione di Ford, piuttosto che per inquadrare panorami e oriz- contare favole per adulti egli guarda a narrazioni dalla concezione più zonti, cosicché primissimi piani e dettagli si e tramandare lo spetta- moderna (i film di Anthony Mann, per esem- trasformano in marchio di fabbrica. Tutto ciò, colo del mito attraverso pio), ma essendo convinto che le radici del we- sopratutto nei duelli, porta, da un lato, ad ac- il cinema. Sono passati stern affondino nelle origini del mito, dà vita crescere la tensione, con i contendenti che si novant’anni dalla sua a personaggi che rimandano a quelli omerici. squadrano sotto ogni prospettiva; dall’altro, a nascita ed è appena tra- Così il pistolero solitario incarnato da Clint dar vita a un nuovo ritmo del racconto. Il tem- scorso il trentennale Eastwood deriva anche dai grandi trattamen- po viene dilatato in modo inedito e lo schermo della sua scomparsa. ti mitologici dell’eroe individuale, nonostante è pervaso da una sinfonia visiva nella quale i Paolo Licheri In occasione di questi il riferimento più diretto sia quello al protago- rumori e la scomposizione dell’immagine di- anniversari, l’Associa- nista de Il cavaliere della valle solitaria (1953) di ventano presagio dell’azione futura. Apice di zione Culturale Cinematografica Band Apart George Stevens. Ma l’“eroe” senza nome di Le- questo climax è la violenza, mostrata per la (ficc) di Oristano gli ha dedicato la rassegna one è atipico: doppiogiochista2, agisce per il prima volta in maniera non edulcorata. Tale C’era una volta un regista. Ricordando rappresentazione risponde a un Sergio Leone, svoltasi nel marzo scor- bisogno di realismo del regista, so. Figlio d’arte (il padre Vincenzo, che vuol far chiarezza su un’e- alias Roberto Roberti, era un regi- poca e i suoi aspetti più crudi sta; la madre Bice Valerian un’attri- anche esplicitando gli effetti di ce), Leone passa dalle esperienze di un proiettile sulla persona col- assistente e comparsa (Ladri di bici- pita. Da qui l’amplificazione de- clette, 1948; Hanno rubato un tram, gli spari, le grida, il sangue3. Il 1954) al farsi le ossa in veste di ap- tutto immerso nella suggestio- prezzato aiuto regista (Quo vadis, ne musicale di Morricone, che 1951; Ben-Hur, 1959), imparando il contribuisce ad aumentare la mestiere sul campo e iniziando a sensazione già forte di attesa e plasmare quello sguardo particolare di enfasi grazie soprattutto alla che diverrà stile inconfondibile. Ha valorizzazione di uno strumen- fatto un cinema popolare e insieme to come la tromba. Ma questa d’autore, attraversando i generi e al violenza, a volte esasperata- contempo rivisitandoli: il peplum de- mente accentuata, è stemperata gli esordi (Il colosso di Rodi, 19611) e il da una buona dose di ironia western della consacrazione, con il (trasteverina) e dal ricorso a quale ha saputo rappresentare la fac- dialoghi aforistici in seguito en- cia violenta dell’epopea americana trati nel linguaggio comune. Il (Per un pugno di dollari, 1964; Per qual- resto è storia. Nato come film di che dollaro in più, 1965; Il buono il brut- recupero, Per un pugno di dollari to il cattivo, 1966) e la fine del mito ottiene un successo inaspettato (C’era una volta il West, 1968); poi e clamoroso. Per Eastwood è l’i- passa all’avventura picaresca sullo nizio di una prestigiosa carriera sfondo della rivoluzione messicana internazionale, per Leone la pos- (Giù la testa, 1971) e infine al grande sibilità di fare cinema conser- affresco dal sapore proustiano, per vando lo sguardo di uno spetta- narrare ancora speranze e contrad- tore-bambino. Con lui termina dizioni del paese tanto amato attra- forse l’idea di un cinema “pensa- verso sogni, amicizie, tradimenti di to in grande”, ma la visione che giovani gangster in ascesa (C’era una seppe portare, capace di ragio- volta in America, 1984).Una figura sfac- nare in termini di “postmoder- cettata la sua, che Band Apart ha no” per superare il “moderno” omaggiato proponendo il docu- del neorealismo e della comme- mentario I sogni nel mirino (2002) di dia all’italiana4, continua ancora Luca Morsella, sincero tributo al a lasciare il segno. percorso umano e artistico dell’autore, cui ha proprio interesse, è un vendicatore degli op- Paolo Licheri fatto seguito Per un pugno di dollari, punto di non pressi per caso e non per “vocazione”. Una figu- ritorno per un genere che in quegli anni sem- ra ambigua, cucita addosso a Eastwood, che di- brava giunto ai titoli di coda. Con questo film il venterà maschera/icona: impassibile, laconico, Band Apart - Via Canalis 10, 09170 Oristano cineasta romano punta infatti a scomporre i co- barba incolta; si presenta con in dosso un pon- www.associazionebandapart.it dici della classicità e a reinventarli in forme e sti- cho e il sigaro costantemente in bocca. L’inno- Edicola di Diari di Cineclub lemi nuovi. Il suo è un western antitradiziona- vazione più rilevante introdotta dal film è le, venato di realismo, calato in uno scenario però da ricercarsi sul piano della tecnica e del 3 Mostrare nella stessa inquadratura chi spa- desolato e polveroso, nato per contrastare il 2 Alla base c’è il ronin di Kurosawa – derivato ra e chi è colpito rappresenta un’altra innovazione intro- 1 Leone prese parte a diversi film pseudo storici dal romanzo Red Harvest (1929) di Dashiell Hammett – dotta da questo film. Una soluzione improponibile nel e/o mitologici in qualità di direttore della seconda unità, che si arricchisce alle spalle di due clan rivali in un villag- western classico, date le ristrettezze imposte dal Codice ma la prima regia effettiva fu quella de Gli ultimi giorni gio giapponese del Seicento (La sfida del samurai, 1961); Hays. di Pompei (1959), dove sostituì Mario Bonnard e al quale la matrice comune è invece l’Arlecchino servitore di due 4 Cfr. Marcello Garofalo, Tutto il cinema di lasciò la firma del film. padroni (1745) di Goldoni. Sergio Leone, Baldini & Castoldi, Milano, 1999, p. 10. 30 [email protected] La logica del vedere e dello sfuggire in Anon Anon, pellicola del 2018, essi stessi. Il tema della visione ad ogni costo e ben costruito (dov’è l’assassino?). Sorvolando ad opera del gigante del- della memorizzazione fotografica ossessiva sulle sfumature minori, per quanto belle, che la fantascienza dram- viene espletato in modo completo in Anon e fa suggeriscono la stessa tecnocrazia come sim- matica e filosofica, - An da contraltare all’altra tematica fondamentale bolico boia per l’umanità intera, e sulla solu- drew Niccol (Gattaca, In del film: la possibilità di non essere visti, di zione finale, un po’ zoppa, della cecità tempo- Time), è un lavoro mino- sfuggire alla tecnocrazia inumana, pur re- ranea come rude panacea all’occhio onniveggente re ma sempre estrema- standone incatenati a causa della costrizione della mente-tecnocratica, ci troviamo davanti mente interessante; se- a vedere. Ecco quindi che il protagonista in- ad un lavoro molto ben costruito, godibilissi- rio e godibile film, dal gaggia una lotta sottile e durissima contro un mo e ben approfondito nella tematica un po’ ritmo lento e cadenza- improbabile hacker della realtà aumentata, il trita del vedere-non vedere; un film minore, to, con due interpreti quale vede restando invisibile, e uccide riflet- di nicchia, realizzato col respiro ampio di un molto azzeccati. Da tendo come uno specchio rotto la visione della colossal ma con l’umiltà necessaria a non tra- Giacomo Napoli un lato Clive Owen vittima anziché la propria. Il plot della pellico- valicare i propri limiti strutturali, trasparenti nella parte di un detective della polizia disillu- la è principalmente questo; e se da un lato e onestamente evidenti fin dalla prima inqua- so e tragico, in perfetta armonia con le fi- dratura. Le correnti di pensiero postmo- gure classiche del genere Noir. Dall’altra, la derniste e poststrutturaliste come il Tran- talentuosa Amanda Seyfried, che in questo sumanesimo e lo stesso Postumanesimo, film ha fatto del suo corpo la sua stessa effi- appaiono finalmente chiare e spietate per cace maschera attoriale. Prendendo spunto chiunque abbia almeno un sufficiente sub- da tematiche complesse e già ampiamente strato culturale “fin de siècle”. Infine, aspet- studiate (Total Recall e Minority Report sono to quasi altrettanto importante, vediamo due monumenti di esempio), il nostro ori- l’applicazione coatta dei temibili princìpi ginale regista ci presenta un mondo al tem- transumanisti farsi norma e regola, asso- po stesso contemporaneo e futuribile, in ciando simbolicamente (ed automatica- una elegante fotografia maestosa, limpida mente, roboticamente persino) la spessa (anche nel concetto) e quasi bicromatica, in maglia sinaptica della percezione umana, cui il Grande Fratello di orwelliana memo- alla quasi altrettanto spessa, ma gelida e ria si è frantumato e moltiplicato in ogni implacabile, maglia delle connessioni al si- singolo cervello umano, rendendo la pri- licio di una colossale rete mondiale elettro- vacy un mito lontano nel tempo e azzeran- nica; un internet della realtà aumentata di- do qualsiasi diritto alla singolarità perso- venuto sfondo e finalità stessa dell’essere al nale in nome di un altro mito, stavolta mondo, in cui anche i ricordi più personali moderno e agghiacciante col quale tutti vengono trattati alla stregua di filmati di dobbiamo convivere ogni giorno: l’illusione videosorveglianza, e come tali possono es- della sicurezza. Il falso diritto della regi- sere arbitrariamente cancellati o contraf- strazione della memoria viene qui eretto a fatti. Come poterne uscire? Come poter ri- sistema; ognuno è specchio fedele e impla- vendicare il diritto non tanto alla propria cabile del prossimo e della società che lo sfera privata quanto, più semplicemente, al circonda, rendendo crimini, delitti, inci- proprio desiderio di non essere costante- denti imprevisti ed eventi inaspettati (ma mente sorvegliati? Alla fine, quasi genero- anche lo stesso libero arbitrio umano) un samente direi, con la scoperta del vero col- qualcosa che di fatto è inattuabile, pur re- pevole, Niccol suggerirà allo spettatore un stando comunque progettabile. Con una trucco per poter conoscere il proprio, per- computer grafica estremamente elegante e sonale punto di vista, senza necessaria- impeccabilmente monocromatica, l’autore in- sembra esiguo, vi assicuro che è molto ben ap- mente far parte di un macrocerebro tecnolo- clude lo spettatore nell’incubo globalista ad profondito. Andrew Niccol ci immerge ini- gico e disumano. occhi aperti, mostrando ciò che vedono gli in- zialmente in un giallo con tutti i crismi (chi è Un film bello. E consigliato. terpreti (simulacri dello spettatore stesso) o l’assassino?), per poi traslare sapientemente per meglio dire, ciò che non possono non vedere di genere mostrandoci un thriller, altrettanto Giacomo Napoli

31 n. 72 Hal Roach, il papà di Stanlio e Ollio Hal Roach (1892-1992), alcune delle esperienze Todd, Patsy Kelly, Jean il produttore che sco- infelici, precarie e squat- Harlow, Fay Wray, e Pau- prì e lanciò attori e re- trinate da lui patite in lette Goddard. Ma fu so- gisti del calibro di Ha- prima persona quando prattutto conosciuto rold Lloyd, Charley era giovane. Nato ad El- per il suo connubio con Chase, Laurel & Hardy, mira, nello stato di New Laure e Hardy, dei quali Will Rogers, Our Gang York, nel 1892, Hal Roa- Everson afferma: “Nes- (Le Simpatiche Canaglie), ch era inizialmente in- sun attore è stato capa- Enzo Pio Pignatiello Leo McCarey e George tenzionato a diventare ce di creare tanta mate- Stevens svolse una attività che copre un perio- un pompiere ferrovia- ria comica partendo do di oltre un quarto di secolo, dal 1915 al 1940, rio. Fortunatamente per esclusivamente dalla pro- proseguendo poi per diversi anni nell’ambito milioni di spettatori, in- pria personalità, tutto delle produzioni televisive. Roach, noto anche vece, dopo aver tentato sommato abbastanza or- per la serie televisiva statunitense Topper – sit- di sbarcare il lunario co- dinaria”. Roach ravvisò il com a sfondo fantastico – rivaleggiò col pio- me mulattiere, garzone loro talento e gli conferì niere delle prime comiche Mack Sennett; e ciò di bottega, cercatore d’o- grande libertà nella rea- che sostenne le sue produzioni, mentre la po- ro e pescivendolo, finì lizzazione del loro lavo- polarità delle altre comiche andava sceman- nel mondo della settima ro. Negli anni Trenta do, fu il modo in cui esse erano strutturate. arte. Nel 1912 fu comparsa Roach spostò il suo rag- William K. Everson1 sottolinea che “il mondo di cowboy e controfigu- Inserzione pubblicitaria delle comiche di Lonesome gio d’azione dai 2,3 e 4 di Roach era serio e ordinato…molto più pros- ra agli Studi Universal, Luke, prodotte dalla Rolin, in Moving Picture (aprile- rulli alla produzione di simo all’incubo quotidiano delle frustrazioni dove incontrò Harold giugno 1917) lungometraggi, raggiun- e dell’imbarazzo” che ai “tradizionali insegui- Lloyd, attore di partici- gendo un picco di pro- menti e alle altre consuete gag visuali”. Perfi- ne, e giovane determi- duttività nel 1939-1940. no le più semplici comiche di Roach presenta- nato come lui. Entram- Occasionalmente fre- vano sempre alla base una trama e delle bi guadagnavano 25 quentò anche generi di- caratterizzazioni, a fronte di gag non neces- dollari a settimana. I versi dalla commedia, sariamente così significative. Il mondo della due iniziarono a colla- come nel caso di “One comica muta, indica Everson, per sua propria borare e quando Roach Million B.C.” (tit. it. Sul natura, “determinava una barriera che andava ebbe guadagnato capi- sentiero dei mostri), un a dissolvere tempo, realismo e logica”. I con- tale a sufficienza, nel monster-movie epico per temporanei di Roach, Charlie Chaplin, Buster 1915, produssero a sor- il quale, in un primo mo- Keaton e Harry Langdon, al pari di lui, erano presa alcune comiche da mento, era stato desi- sufficientemente esperti e abbastanza giovani un rullo in proprio, sot- gnato come produttore da risultare originali e disinibiti. Era un mo- to gli auspici della Rolin D.W.Griffith. Questi si mento felice e propizio per i produttori cine- Film Company, sorta oppose poi all’utilizzo del matografici, scrive Everson, il quale ipotizza che grazie alla partnership proprio nome e, quando Roach abbia probabilmente “rivissuto” attraverso con Dan Linthicum. Ne nell’aprile del 1940 il film gli assurdi comportamenti di Stanlio e Ollio risultò il personaggio di fu distribuito, Roach Willie Work, che più tar- comparve da solo come di si sarebbe evoluto produttore, condividen- nelle comiche di Lone- do i crediti di regia col fi- some Luke, dirette dallo glio Hal Roach jr. Ma la Manifesto (100x70 cm) della prima edizione italiana stesso Roach e pubbli- sua più nota avventura di One Million B.C., disegnato da Averardo Ciriello cizzate come “Film di- drammatica fu senza dub- (distribuz. ICI, 1946) vertenti” o “Phunfilms”. bio Of Mice and Men, rea- Qualunque rassomiglianza con Chaplin non era lizzato nel 1939, dopo il suo passaggio dalla voluta, dato che “tale operazione di plagio ri- Metro Goldwyn Mayer alla United Artists. sultava insignificante” nell’industria cinema- Versione filmica dell’omonima novella di John tografica primitiva, dove le norme sul copyri- Steinbeck, pubblicata nel 1937, viene definita ght erano ancora completamente ignote. Con da Everson “un superbo esempio di come si le comiche di Lonesome Luke iniziarono ad possa rimanere assolutamente fedeli al conte- emergere alcune caratteristiche di Hal Roach, nuto e alla struttura di un lavoro letterario, in particolare l’accento dato alla struttura o a mediante la trasposizione in termini visuali e storie, situazioni e personaggi ben ponderati spesso poetici di una storia narrata esclusiva- e concepiti. Roach voleva un eroe comico che mente attraverso dialoghi”.Lo stesso Roach non fosse una banale fotocopia di Chaplin, e ebbe a dire: “Ho sempre considerato la strut- così scelse di abbigliare Lloyd come un “nor- tura della comica di importanza primaria… male” essere umano la cui unica caratteristica devi creare situazioni credibili e personaggi distintiva era costituita da un paio di enormi che il pubblico conosce”. A onor del vero, mol- occhiali da civetta che ne enfatizzavano l’in- tissimi spettatori non solo conoscono, ma nocenza. Oltre a Lloyd, dopo che nel 1919 Roa- non dimenticheranno mai personaggi come ch ebbe creato gli Hal Roach Studios e costrui- Laurel & Hardy, Harold Loyd, Will Rogers, Stampa commemorativa dei primi 20 anni delle to i propri impianti di produzione all’8822 Our Gang e i molti altri che Hal Roach seppe produzioni comiche di Hal Roach (1914-1934) West Washington Boulevard di Culver City, la- condurre alle ribalte del grande schermo. vorò con dozzine di comici e future star, quali 1 Everson William K., The films of Hal Roa- Snub Pollard, Bebe Daniels, Zasu Pitts, Thelma Enzo Pio Pignatiello ch, New York 1971. 32 [email protected] Festival Sardinia Film Festival - International Short Film Award - XIV edizio- ne Festival itinerante Sardegna con anteprima a Sassari il 14/15 e 24/25 giugno. Villanova Monteleone, Bosa, Alghero. 28 giugno –7 luglio 2019 (senza dimenticare Nando Scanu)

Béla Tarr premio alla carriera 2017

Andrej Končalovskij premio alla carriera 2018 Internazionale, realizzato dal noto artigiano di Alghero Agostino Marogna. Nelle due pre- cedenti edizioni il premio è stato assegnato a Béla Tarr e ad Andrej Končalovskij che lo han- no ritirato personalmente vivendo per alcuni giorni nell’armonia del festival con master- class e incontri con il pubblico e godendosi le L’appassionato staff del Sardinia Film Festival bellezze del Territorio. Quest’anno il festival è in piena attività dopo che il 20 febbraio si è avrà un’anteprima a Sassari nei giorni 14 e 15 chiuso il Bando per partecipare al concorso. (Accademia di Belle Arti), 24 e 25 giugno (Pa- La raccolta delle opere è stata veramente im- lazzo di Città) e inizierà ufficialmente il 28 portante con la partecipazione di 83 nazioni giugno a Villanova Monteleone (28.29.30 giu- presenti con circa 1900 opere pervenute tra gno, sezione documentari) per proseguire a cui la Spagna con oltre 400, Italia 276, Francia Bosa (1.2 luglio, seziona animazione) e con- 150. Ecco le tipologie: 173 animazioni, 320 do- cludersi ad Alghero nei giorni 3, 4, 5, 6 e 7 lu- cumentari di cui 30 italiani, 70 experimental, glio (sezione fiction, vetrina Sardegna). Nelle 1000 fiction di cui 170 italiane, 80 scuola over diverse tappe, ospiti, masterclass, eventi spe- 18 di cui 4 italiani, 21 scuola sotto 18 di cui 18 ciali, tutti ad ingresso gratuito. Con un dove- italiani; 140 V Art; 18 Vetrina Italia (dedicato roso e affettuoso saluto sarà ricordato Nando ai lungometraggi), 12 Sardegna, 200 premiere Scanu fondatore del Cineclub Sassari recente- Europa, 320 premiere Italia, 500 opere prime. mente scomparso. Diverse le giurie autorevoli Oltre 400 filmakers donna. Ricordiamo che ll e con nomi internazionali chiamate a delibera- Sardinia Film Festival è organizzato dal Cine- re i vincitori delle differenti sezioni e il premio club Sassari, con la direzione artistica di Carlo in assoluto della edizione 2019. Il Sardinia Film Dessì e la presidenza di Angelo Tantaro. E’ un Festival è sostenuto tra gli altri, oltre che dalle premio cinematografico internazionale che Amministrazioni dei comuni che attraverserà, giunge quest’anno alla XIV edizione il cui sco- anche dalla Fondazione Sardegna Film Com- po primario è quello di promuovere e valoriz- e Mibac. Ha ricevuto inoltre il patrocinio mission e da importanti partner privati. zare la cinematografia internazionale indipen- dell’UNESCO Commissione Nazionale Italia- DdC dente. Nelle precedenti edizioni ha ricevuto le na, Regione Autonoma della Sardegna, e la www.sardiniafilmfestiva.it medaglie della Presidenza della Repubblica Ita- partecipazione di tutte le amministrazioni co- Il festival è presente su tutte le principali liana, Presidenza della Camera, Presidenza del munali interessate. il SardiniaFF ha come sim- piattaforme social Senato e della Presidenza del Consiglio, Ministe- bolo Il suonatore di launeddas scelto quale pre- Diari di Cineclub | Media Partner ro Affari Esteri, Ministero di Grazia e Giustizia mio dedicato a una personalità del cinema *Le foto sono di Marco Dessì 33 n. 72 18 anni a Maggio. Incontro al Cineclub Alphaville L’importanza di una piccola sala a Roma quartiere Pigneto dove vedere i più grandi film della storia del cinema. Un circolo che è una sorta di cinemontaggio caleidoscopico degno di Dziga Vertov Il prossimo 8 maggio Al- di gadget, oggetti strani e raffi- phaville Cineclub festeg- nati legati al cinema, VHS, libri, gia il suo diciottesimo vecchie locandine di film, -po compleanno, una data sters, affiches internazionali. Ho importante per questo chiamato il numero indicato Cinecircolo, particolare sull’articolo, mi rispose Amedeo ed accogliente. Nato e Mecchi, attuale segretario am- cresciuto al Pigneto, tra ministrativo della FICC, che mi le vie dove nacque il diede appunto ulteriori indica- Neorealismo italiano, zioni accessibili e lineari. Sem- Alphaville è oggi un brava una cosa davvero sempli- Irene Muscarà luogo di incontro, un ce, così insieme ad altri tre Da sx a dx Patrizia Salvatori intervistata da Irene Muscarà punto di riferimento per chi ama il grande cinema e anche un luogo di for- future e la FICC da decenni è ambascia- mazione per giovani sceneggiatori, cri- trice di quella scuola e di quel sentire. tici e registi. Abbiamo incontrato Patri- Mi piacerebbe che, in un futuro vicinis- zia Salvatori, fondatrice e Presidente di simo, la nostra Federazione potesse de- Alphaville, e le abbiamo fatto alcune dicarsi ad ampliare la sua offerta cultu- domande. rale, potessero essere restaurati film, Patrizia, puoi raccontare ai lettori di Diari potessimo lavorare ad attività di tipo di Cineclub come è nato l’Alphaville? cineletterario. La FICC cerca di forma- Alphaville e’ nato quando, dopo aver re un nuovo pubblico e questo è diffici- compiuto gli studi giuridici di pram- le e non può essere fatto solo in saletta. matica per una ragazza di buona fami- Io stessa da oltre dieci anni sono tutor glia tradizionalista anni’ 80 (!), final- europeo addetto alla formazione di mente avevo deciso di dedicarmi al operatori culturali nel campo del cine- teatro, mia vera grande passione da Patrizia Salvatori presenta il film in programmazione ma e provo a dare un bagaglio a questi sempre, iscrivendomi alla Facoltà di ragazzi, perchè la Cultura, la Storia, la Lettere. Nel programma di studi dell’e- conoscenza sono la base di qualsiasi poca (il DAMS non era stato ancora co- esperienza artistica. dificato in quanto tale, il mio corso era Quando posso vengo all’Alphaville a guar- Lettere- indirizzo Spettacolo) bisogna- dare i vostri film. Colpisce l’attenzione con va inserire tra le materie obbligatorie cui scegliete le pellicole da proiettare, la cura anche la Storia del Cinema. Quasi a ma- e la non casualità della programmazione. lincuore, costretta dagli eventi, ho dun- Come crei le rassegne dei film, quali sono i que iniziato a visionare i film in lista criteri? Non sono mai film messi a caso, que- per la preparazione agli esami secondo sto si nota. il piano didattico del mio docente di ri- Io amo molto ri-guardare i film del pas- ferimento, Orio Caldiron. Avremmo do- sato… sono affascinanti, indimentica- vuto poi scegliere, tra una lista di grandi bili, formativi per le nuove generazio- autori, due o tre figure da studiare e di- ni… e dunque li propongo ad Alphaville scutere meticolosamente in sede d’esa- Una parete all’interno della sala perchè per formare un nuovo pubblico me. Scelsi Lars Von Trier. Siamo nel 1995, era ragazzi appassionati abbiamo deciso di fon- bisogna costruire un nuovo humus con tutti i appena uscito il Manifesto del Nuovo Cinema dare il Cineclub. Ed e’ stato in questo modo nutrimenti della Storia … Da noi sono cresciu- Danese chiamato Dogma , da Von Trier ideato che abbiamo smesso di vendere affisches e, ri- ti registi anche molto conosciuti, sceneggia- e condotto per rilanciare il cinema di quel Pa- spondendo alla fame di cinema del quartiere tori, critici cinematografici. Jean - Luc Godard ese, conosciuto dai più ancora e ‘soltanto’ per che aveva perso nel tempo tutte le sue sale e diceva che il cinema è un atto politico, io sono il Maestro Dreyer. Per l’esame avremmo do- salette , siamo diventati un Cineclub a tutti gli d’accordo. La politica sta nel riflettere sul te- vuto leggere ed analizzare un’intervista al mi- effetti. Ufficialmente nati l’8 maggio del 2001, ma e proporne le declinazioni. Non serve par- tico Lars che era stata pubblicata in un agile ci siamo subito annessi alla Federazione Ita- lare di politica direttamente, sarebbe ideolo- volume anche grazie all’aiuto della Federazio- liana dei Circoli del Cinema. E la nostra vita è gia. Per parlare seriamente di politica bisogna ne Italiana dei Circoli del Cinema. Andai con cambiata. Io mi commuovo sempre quando mostrare quello che è stato fatto, quali sono Giuseppe, cofondatore di Alphaville e Vice- penso a come nel 1947, con Cesare Zavattini state le riflessioni di un autore, quali sono sta- presidente da sempre, alla libreria Fahrenheit tra i suoi primi fondatori, sia nata la FICC, mi ti gli sguardi in macchina che ci ha voluto co- 451 in Piazza Campo dei Fiori per comprarlo. commuove pensare che il Neorealismo italia- municare, perchè ha insistito su un lungo pia- Nell’ultima pagina di questa intervista monu- no sia nato qui, al Pigneto, dove ci troviamo no sequenza, perchè ha scelto un tipo di mentale che ho studiato e portato poi alla ses- adesso, mi emoziona questo detour FICC/Al- montaggio piuttosto che un altro. Questi sono sione d’esame c’era un articolo che mi incuriosì phaville/Pigneto/Neorealismo, un vero tour- atti politici, capaci di identificare la volontà di “Come fare ad aprire un Cineclub”. Leggendolo mi billon di passato e presente e futuro da far gi- chi ti vuole fare riflettere su quella cosa. Noi sembrò a tal punto facile aprirne uno che, con Giu- rare la testa! Il Neorealismo è il cinema nel non ce ne accorgiamo nemmeno, ma questa è la seppe, pensammo di farlo subito, anche per rilan- mondo, la tecnica ed il cuore di quegli autori so- politica. Nelle mie rassegne scelgo personalmente ciare il nostro negozio dell’epoca al Pigneto, carico no tuttora esempi di cinema per le generazioni segue a pag. successiva 34 [email protected]

segue da pag. precedente stimolo e la conoscenza, le sale attuali potreb- come diceva Pasolini, lo sviluppo tecnologico i film a tema o d’autore e li scelgo con l’intento bero riempirsi di un nuovo desiderio di cine- c’è stato, il progresso no. In questo momento di far riflettere su una determinata situazio- ma da parte delle future generazioni di spet- c’è un grande, spasmodico sviluppo tecnolo- ne, spesso in relazione ad un periodo storico tatori. I produttori ed i distributori si chiedono gico, possiamo fare un piano sequenza infini- oggi tornato ad essere contemporaneo, i fa- sempre in ritardo perchè il pubblico non fre- to e inquadrature offlimits tuttavia ci manca mosi ‘corsi e ricorsi della storia’ di vichiana quenta le sale. Io credo che la domanda vada un nuovo progresso culturale/intellettuale memoria. Mi chiedi come nasce praticamente pensata ben prima, credo che le strutture fe- che, supportato da questo incredibile svilup- una rassegna? Leggo molte riviste, navigo derative possano davvero, di concerto con le po possa creare il cinema del futuro. Io sono online, cerco di capire cosa sta accadendo nel esigenze dell’oggi, cercare di offrire un nuovo convinta che questo avverrà, bisogna aspetta- mondo, quali sono i temi da affrontare. Spes- modello culturale/divulgativo che contribui- re che lo sviluppo entri nelle nuove generazio- so propongo documentari ma più spesso an- sca alla affermazione del cinema in sala in ni. Oggi per fare un film basta avere uno cora il cinema di finzione, capace di condurci quanto rito e rinnovata rappresentazione. smartphone, Rossellini dovette vendere l’ere- a ragionamenti e sottotesti attraverso la bel- Patrizia, Alphaville è ormai maggiorenne, ma qua- dità di famiglia, vendere i materassi per gira- lezza di una storia, di un personaggio, di li sono i tuoi desideri, cosa vorresti ancora fare? re un film. Quando ci sarà un progresso anche un’atmosfera scoprendo quello che l’autore ha Qual è il tuo sogno? culturale ne vedremo delle belle. Mi dispiace voluto farci arrivare attraverso affabulazioni C’è tanto da fare. Il mio sogno sarebbe pro- che le sale stiano chiudendo, ma credo che ci primarie e segni ad hoc. Certo ci vuole un mi- durre materiale didattico/formativo per il sarà un rinascimento. E’ una grande emozio- nimo di decodifica, l’arte non si può compren- nuovo pubblico di cui abbiamo detto, io stessa ne guardare un film dentro una sala. Gente dere solo istintivamente. Dunque, creando le sto mandando in stampa sei saggi su grandi che non si conosce e che va a vedere lo stesso rassegne cerco di proporre film del passato e autori della Storia del Cinema indirizzati alla film, crea un’atmosfera comune, paura, gioia, contemporanei che a mio avviso facciano ri- formazione contempo- felicità, sospiri tutti in flettere su condizioni, situazioni, stati d’ani- ranea attraverso un lin- sincrono, a luci spente, mo, momenti storici film che facciano diverti- guaggio semplice, nato tra sconosciuti... ecco, re in modo salutare, che strappino risate dai corsi ciclici che ten- nessuno schermo a casa amare o che, al contrario, procurino irresisti- go in saletta a cadenza può darti tutto questo, bile, intelligente ilarità Poi certo, mi diverto a semestrale. In queste nemmeno se guardi un mettere film che mi piacciono, tutti sanno che lezioni ci sono delle film con gli amici. Il ci- sono un’appassionata della Nouvelle Vague. Il persone che redigono nema non è solo la pelli- cinema francese mi colpisce molto, ma del re- ciò di cui io parlo, lezio- cola che scorre. Il cine- sto anche il cinema francese è nato grazie al ne per lezione. Alla fine ma è il luogo, è lo spazio, nostro neorealismo e certo non è un caso che del ciclo sbobino tutto è l’allestimento scenico, mi appassioni così tanto e allora mi diverto a personalmente, lo ri- la sala, le persone. Ades- presentare rassegne dedicate a quel periodo e monto e creo dei saggi so stiamo tornando alle dunque vai con Truffaut, Godard, Rohmer che legati agli autori proposti nel ciclo. Adesso ini- origini della storia del Cinema. Quando il ci- è il mio preferito. Cerco in ogni caso di offrire zieremo con Pier Paolo Pasolini e dunque tra nema iniziò, lo spettatore guardava dentro un una panoramica a 360 gradi, una proposta mi- poco uscirà Le barricate dell’anima, il primo monocolo le immagini in movimento, perchè rata ad una luccicanza. Ad esempio si parla di saggio “parlato” da me e redatto da Liliana non si era scoperto ancora come proiettarlo migrazione? Faccio vedere film che hanno Cantatore che affronta questo grande intellet- per tutti. La grande invenzione fu quella di dentro un seme che può portare a ragionare tuale della storia italiana. Poi ci sarà Hi- proiettare per più persone contemporanea- sulla contemporaneità. Oppure si parla molto tchcock. Il futuro è pure una piccola produ- mente in una sala ed è così che è nato il cine- di universo femminile in questo periodo … e zione editoriale trasversale dedicata a tutti gli ma in quanto spettacolo. Oggi stiamo tornan- proprio di recente abbiamo fatto vedere Don- spettatori. E poi un libro di cineracconti su do indietro, alle origini, guardiamo da soli, ne in amore di Ken Russel dove Glenda Jack- certi mutati THE END di grandi pellicole doc, dentro un telefono. Questo non è il cinema. ll son, una delle più grandi interpreti del teatro soggetti, sceneggiature e realizzare un corto- mio amato teorico di riferimento, André Ba- elisabettiano protagonista di questo film del metraggio da un breve racconto scritto poco zin, scriveva nei suoi saggi che il cinema è ‘69, decide di non sposare l’uomo che avrebbe tempo fa. un’esperienza globale, non attiene al solo pro- dovuto sposare, ma di fare l’artista. E’ un se- Cosa pensi degli attori contemporanei? Quali sono i iettare (qui Pino, che assiste all’intervista, an- gno questo, ancora oggi. A volte è difficile at- tuoi attori preferiti? nuisce con la testa e deplora le visioni TV di trarre i giovani perchè non conoscono i nomi Degli attori contemporanei penso che in ge- film non adatti affatto all’elettrodomestico ca- dei vecchi autori, tuttavia esiste anche oggi nerale siano un po’ troppo narcisisti. Mi piac- salingo e aggiunge: ‘ma poi quale film è adatto un nutrito gruppo di giovani che studia cine- ciono gli attori che lavorano per sottrazione, per la TV!?!’). Una pellicola va condivisa, è l’in- ma e vuole vedere il passato perchè il passato quelli che ‘tutti per uno, uno per tutti’, amo tera esperienza a chiamarsi Cinema la sala, la è il futuro, se non siamo consapevoli di questo pensarli parte di un progetto e non unici pro- luce spenta, le persone che non si conoscono, sarà difficile dar forma ad un nuovo mondo tagonisti del progetto stesso. Mi piacciono ridere insieme, piangere insieme, sospirare non soltanto cinematografico! Oggi fare que- molto gli attori del nord Europa, amo le attrici insieme. Il resto è un’immagine che si proiet- sto è difficile, molti nomi cadono nel vuoto, che fanno ridere con stile e studio, vedi alla ta o, come direbbe Pasolini, è un cinema, all’epoca tutti sapevano chi fosse Bresson. Ci voce Kristin Scott Thomas, per esempio. Amo un’immagine che si muove, non un’esperien- vuole un certo coraggio, i Cineclub stanno Charlotte Rampling, che appartiene ormai ad za totale. Ci sarà un ritorno al cinema in que- drammaticamente diminuendo. Le difficoltà un’altra generazione; basta la sua presenza sto senso, sono ottimista. non nascono solo dai nomi che sono nelle ras- per dare un tocco diverso al film. Mi piacciono Grazie a Patrizia e a Pino per questa intervista. segne. Sarebbe necessaria una legislazione Michael Fassbender e Isabelle Huppert. Amo Buon compleanno Alphaville! che aiutasse i Cineclub in quanto formatori di molto le attrici del cinema di Bergman, le tro- nuovo pubblico, come in Francia, con delle fa- vo inarrivabili. Mi piacciono gli attori che fan- Irene Muscarà cilitazioni. Il Cinecircolo dovrebbe essere no parte dell’ensemble senza inutili istrioni- considerato d’aiuto alla formazione del nuovo smi. Mi piacciono le star hollywoodiane anni spettatore, non concorrenziale alle sale con- ’50 e i personaggi dei Dardenne, sono cineon- Cineclub Alphaville venzionali. Le Federazioni dovrebbero poter nivora, tutto mi incuriosisce dell’immagine in Via del Pigneto, 283, 00176 Roma RM ottenere una normativa dedicata alla forma- movimento! Credo che il futuro del cinema sia www.cineclubalphaville.it zione in tal senso solo così , attraverso lo qualcosa di cui non abbiamo contezza, perché, Edicola virtuale di Diari di Cineclub 35 n. 72

Un treno, un film #1 The General (1926) di Clyde Brookman e Buster Keaton The General è un film del 1926. Legatissimo al suo ricordo, Buster Keaton lo considerava il suo capolavoro; nel 2007, un comitato for- mato dai più autorevo- li critici cinematografici americani riuniti sot- Federico La Lonza to l’egida dell’Ameri- can Film Institute, sti- lando l’elenco dei 100 film americani migliori del Novecento, l’ha inserito al 18° posto: il buf- fo che per il regista che guidava quella classifi- ca con Quarto potere, cioè per Orson Welles, The General era sempre stato il film preferito, un’opera che egli giudicava tra gli esempi di cinema puro più riusciti di sempre. In Italia esso è apparso col titolo Come vinsi la guerra: accattivante ma inadeguato, perché la vicen- da che tratta è ambientata durante la guerra di secessione americana, e Buster vi figura co- me un sudista. La trama è ispirata piuttosto fedelmente a un episodio di quella guerra av- venuto tra la città di Marietta a nord di Atlan- ta, in Georgia, e quella di Chattanooga, la più meridionale del Tennessee, mancanza di carburante, Andrews ed evocato nel 1889 nel libro A e i suoi uomini furono costretti ad Great Locomotive Chase scritto abbandonare il treno; la maggior da William Pittenger, uno dei parte di loro venne catturata do- suoi protagonisti di parte nor- po pochi giorni, ed otto, lui inclu- dista. The General non è un mi- so, furono processati e impiccati litare, bensì una locomotiva, come spie; altri riuscirono fatico- oggi conservata nel museo di samente a rientrare nel Nord. Più Chattanooga, che è con Buster tardi, Andrews e altri uomini del la vera protagonista della sto- raid vennero premiati alla memo- ria. Per tentare di contrastare ria con una Medaglia d’Onore da l’espansione della Confedera- parte del Congresso degli Stati zione verso i confini setten- Uniti. Innamoratosi della vicen- trionali e occidentali delle valli da, Keaton decise di trasporla fil- dell’Ohio e del Mississippi ta- micamente, con la sola variante gliandone il nodo ferroviario di vederla dalla parte sudista: ri- di Chattanooga, il 12 aprile servando quasi solo al macchini- 1862 un gruppo costituito da sta di The General il recupero del diciassette volontari dell’e- treno, e affiancandogli un’inna- sercito dell’Unione, guidati morata, Annabelle Lee, alla quale dallo scout civile James J. An- attribuisce anche una piccola par- drews, entrati in Georgia dal- te del merito. Per le riprese del lo stato neutrale del Tennessee, film, egli tentò di farsi dare in af- a Big Shanty (attuale Kenne- fitto la vera The General a Chatta- saw) s’impossessarono di un nooga: ma i proprietari della loco- treno, condotto dalla locomo- motiva, appreso che la vicenda tiva The General, e lo diresse- sarebbe stata trattata sotto forma ro verso Chattanooga, a nord, di commedia, non gliela concesse- danneggiando nel contempo ro, sicché dové ripiegare su un’al- pista, ponti, fili del telegrafo tra automotrice d’epoca. Il film e interruttori di pista della li- venne girato dall’8 giugno al 13 nea ferroviaria lungo la quale settembre del ’26 a Cottage Gro- si muovevano, di vitale im- ve, nell’Oregon, e comportò il tra- portanza per il Sud. Inseguiti sporto di 18 vagoni carichi di ma- per circa 140 km, prima a pie- teriale, nonché l’impiego di 1.500 di, giacché la velocità delle locomotive allora Allen Fuller, il personaggio che interpreta Ke- comparse, oltre alla partecipazione volontaria non superava i 24 km orari, poi su alcune loco- aton col nome di Johnnie Gray), e in seguito di moltissimi abitanti del paese. Le scene più motive, da tre coraggiosi impiegati delle ferro- anche da una truppa sudista, a Ringgold, in spettacolari riguardanti i treni vennero girate vie (tra cui il macchinista del treno, William Georgia, a meno di 26 km da Chattanooga, per segue a pag. successiva 36 [email protected]

segue da pag. precedente venne gradito, e che ha poi fatto la fortuna degli elementi comici, con a dirigerla anziché una volta sola, giacché non venne mai fatto ri- della pellicola, è l’anomalia della sua natura, Clyde Bruckmann e lo stesso Keaton un regi- corso a modellini: tutto quello che succede ai dove la componente drammatica non ha mi- sta alla John Ford, e quale interprete anziché treni sul set è accaduto veramente, e la scena nor peso di quella comica, tanto che, depurata Buster un attore a lui molto simile nella verve più impegnativa - il crollo del come James Cagney, avrebbe po- ponte sul Rock River e della lo- tuto uscirne un capolavoro dram- comotiva Texas che vi passava matico. Quel fiasco amareggiò sopra (la cui carcassa rimase sul Keaton oltre ogni dire: benché fiume in cui era caduto per quasi The General fosse il suo film pre- vent’anni) - venne a costare ben ferito, nel libro Memorie a rotta 42.000 dollari, la cifra più alta di collo, scritto in collaborazione mai pagata per la singola scena con Charles Samuels, egli quasi di un film nella storia del cinema non lo citò. Ma dopo la sua muto. Nell’interpretare Johnnie morte, nel ’66, nel quadro della Gray, costantemente all’opera generale riscoperta delle sue sul treno e lungo i binari della opere, esso si prese la sua bella ferrovia, in più di un’occasione rivincita: il film infatti costitui- Keaton rischiò la vita: sarebbe sce una prova mirabile di come bastato un indugio o una mossa Keaton concepiva gli effetti co- sbagliata perché finisse travolto mici, affidati a un costante stra- dalla motrice, nonostante la scar- volgimento della logica, sicché sa velocità in cui essa procedeva. non è fuorviante né inopportu- Ad esempio, nella scena in cui, no parlare di surrealismo invo- svagato perché disperato, egli sie- lontario. Per rendersi conto del- de su un’asta di accoppiamento la grandezza di The General, della locomotiva mentre questa occorre vederlo più volte: non si entra in rimessa, se la ruota tratta, infatti, soltanto del suo avesse subìto un’improvvisa ac- incalzante meccanismo dram- celerazione - non sempre con- matico, che balza subito in evi- trollabile dal manovratore – le denza (altro che “lungo e noioso”!), conseguenze per lui avrebbero bensì di cogliere certe finezze che a potuto essere nefaste. Nel film, tutta prima possono essere trascu- dove nel piccolo ruolo d’un ge- rate. Come quando, recuperata nerale nordista lavora tra gli at- la locomotiva e in viaggio verso tori anche Joe Keaton, suo pa- Marietta, inseguiti dai nordisti, dre, Buster si mostra per la prima Annabelle Lee, a cui Johnnie e forse unica volta coi capelli lun- Gray ha chiesto di porgergli del- ghi, fatti crescere apposta. Per il la legna per alimentare la calda- ruolo di Annabelle Lee egli scelse ia, trovando una vecchia traver- Marion Mack (Joey Marion Mc- sina che in mezzo ha un buco la Creery, 1902-89), un’ex ‘bellezza getta via, forse giudicandola al bagno’ di Mack Sennett, che ‘inelegante’, eppoi, da brava prima di ritirarsi dal set nel ’28 donnina di casa, non sapendo apparve in una decina di pelli- stare con le mani in mano, pre- cole, delle quali The General fu sa una scopa, si mette a spazza- senz’altro la più importante, e re il vano motore. E di cogliere dove offrì una prova maiuscola. anche un venialissimo (e forse Sposata col produttore Louis volontario) ‘peccato’: Gray ap- Lewyn, in seguito ella divenne prende che la locomotiva è sta- un’abilissima immobiliarista e ta rubata mentre si sta lavando una brava sceneggiatrice, tanto le mani in un catino all’aperto: e che lo stesso Keaton diresse nel per dare l’allarme balza via con ’38 il cortometraggio Stramlined le mani tutte insaponate, ma nel- Swing, da lei sceneggiato. The Ge- la sequenza successiva, quando neral è un film girato in larga pre- avverte del furto i soldati le sue valenza in esterni. Per realizzar- mani sono asciutte. La vicenda lo vennero spesi circa 750.000 della locomotiva The General è dollari, ma esso (proiettato per stata poi riproposta, stavolta sul la prima volta il 31 dicembre del piano esclusivamernte dram- ’26 in due cinema-teatri di Tokio, matico, nel film Le ventidue spie in Giappone, e in prima america- dell’Unione (The Great Locomo- na il 5 febbraio del ’27 nel presti- tive Chase,1956) diretto da Fran- gioso teatro Capitol di New cis D. Lyon, prodotto dalla Walt York) venne frainteso e bistrat- Disney e interpretato da Fess tato dalla critica (“lungo e noio- Parker (Andrews) e Jeffrey so” lo definì addirittura il “New Hunter (Fuller). York Herald Tribune”!) e incas- sò appena 474.264 dollari: fu un vero fiasco. Ciò che allora non Federico La Lonza 37 n. 72

A partire da questo numero, grazie ad Aziz Arbai, operatore dei circoli del cinema del Marocco e membro della IFFS – International Federation of Film Societies, la rivista Diari di Cineclub può avvalersi di una gradita collaborazione utile ad aprire attraverso il cinema un nuovo interessante sguardo verso una realtà sociale e culturale a noi non del tutto conosciuta. Per l’occasione, il testo di Abdelkarim Ouakrim, che da inizio alla collaborazione, racconta del film Sophia della regista di origine marocchina Meryem Ben M’Barek. Sul film la rivista è già intervenuta nel precedente numero grazie a Giulia Marras. Insieme alla traduzione in italiano sarà pubblicata anche la versione in arabo al fine di facilitare la circolazione e la lettura anche in Marocco e in altri paesi arabi. Sophia: una visione diversa della società marocchina Dall’inizio del Duemi- nuovo e se vogliamo microscopico su storie sentimenti interiori tra l’amore per la figlia e la, il cinema maroc- che la gente comune vive quotidianamente. Il il rifiuto dell’idea della nascita del bambino e chino ha visto emerge- film racconta bene la vicenda drammatica del del matrimonio riparatore. Da menzionare re alcune registe i cui conflitto, che si intensifica gradualmente sen- l’attrice Sarah Perles, distintasi in modo ec- film hanno influenza- za perdersi nella sceneggiatura e nella storia cellente in un ruolo centrale del film. A lei la to non poco la condi- raccontate. La regista agli inizi abbozza del regista ha affidato il personaggio della cugina zione cinematografica dramma del film solo alcune informazioni di Sophia, che la sostiene ingenuamente du- del Marocco e più in ge- importanti, per svelarle pian piano nel tempo rante tutta la storia fino a quando scoprirà la Abdelkarim Ouakrim nerale del mondo ara- e nel finale del film. Meryem Ben M’Barek non verità sul reale responsabile della gravidanza bo, tra queste si possono citare Narjiss Nejjar, rende lineare ed elementare la storia per il della cugina. Sembra per altro che il 2019 sia Laila Al-Kilani e Yasmine Kassari, tra diverse pubblico, non la svela tutta immediatamente, per il cinema del Marocco proprio l’anno di altre. Oggi si unisce a loro Meryem Ben M’Ba- cosa atipica per la cinematografia marocchi- Sarah Perles, avendo lei magistralmente reci- rek, che si è affermata prepotentemente con na, rendendo forte l’originalità di uno stile di tato in altri due ottimi film, ne Il silenzio delle un film particolare e originale, dal titolo scrittura cinematografica che appare in un ta- farfalle di Hamid Basket e in Burnout di Nou- Sophia. Senza conformismi, ne ab- reddine Lakhmari. C’è da dire anco- bracciando in modo acritico la ra del personaggio di Sophia, inter- questione femminile, Meryem Ben pretato molto bene dalla giovane M’Barek ha scelto di schierarsi dal- attrice Maha Alemi, che è riuscita a la parte del cinema e non di un’ide- trasmettere le sofferenze di una ologia che avrebbe potuto condi- giovane ragazza senza che si pro- zionare e danneggiare sul piano ducesse in molti dialoghi. Sophia estetico tutto il suo film. In questo possiamo certamente considerarlo suo primo lungometraggio Sophia per il cinema marocchino e più in non risponde pienamente alle generale per il cinema arabo come aspettative dei movimenti femmi- un film qualitativamente bello, la nisti. Sebbene il suo film inizi da cui regista Meryem Ben M’Barek è subito con l’idea di far credere (e il da aggiungere al gruppo delle brave pubblico questo si aspetta) che ci cineaste che stanno rendendo oggi sarà un andamento scontato di un La marocchina Meryem Benm’Barek, regista di “Sophia” film vincitore della Palma a particolarmente ricca la cinemato- percorso “classico” sufficientemen- Cannes per la migliore sceneggiatura, una profonda critica sociale della situazione grafia in Marocco, dandole un im- te codificato, succede che nel bel della donna (e non solo) nel Marocco di oggi. Una legge oscurantista impedisce alle pulso e una prospettiva nuova con mezzo della storia si inverte tutto donne di avere figli al di fuori dal matrimonio. belle speranze per il futuro. Il fatto quanto, facendo sì che la vicenda stesso che questa nuova generazio- acquisti e passi su contorni più in- ne di registe marocchine risieda in timi, mostrando i protagonisti del- Europa, come nel caso di Meryem la storia raccontata più credibili, Ben M’Barek, è un particolare in autentici e vicini alla realtà che si più per sperare e auspicare passi in vive. Il ragazzo che appare in un avanti per un’idea di un nostro ci- primo istante come il colpevole e il nema nazionale dalle caratteristi- ‘cattivo’ della storia, viene trasfor- che universali. mato invece come la vera vittima di tutto quello che si svilupperà. Vice- Abdelkarim Ouakrim versa la ragazza con la quale il pub- Giornalista e critico cinematografico in Ma- blico immediatamente simpatizza, rocco. Redattore capo della rivista cinema- che quasi alla fine farà emergere di tografica Cinephilia - www.cine-philia. sé un atteggiamento arrogante e com. Segretario editoriale della rivista lette- immaturo, nasconde la verità sulla raria Al Adabiya, www.aladabia.net. Ha persona accusata la cui unica colpa era quella lento tra i più promettenti in questo settore, fatto diverse pubblicazioni culturali e di studi cinemato- di aver provato un giorno simpatia per lei. Ed comprovato dal giusto riconoscimento del grafici, tra queste: Domande sul cinema in Marocco è questa parte contraddittoria della trama che Premio per la miglior sceneggiatura nella se- (2003); Scritture sul cinema (2010); Nuove esperienze nel ha fatto emergere la sua forza, quella che ha zione Un certain regard all’ultimo Festival di cinema marocchino (2013); Film e registi cinematografici rotto gli schemi prevedibili e ipotizzabili dal Cannes. L’interpretazione della maggior par- internazionali... Letture in diverse esperienze (2017). pubblico dopo la visione del primo quarto di te degli attori del film è stata convincente e Membro di giuria di numerosi festival cinematografici film. Qualcuno potrebbe obiettare che -la vi spontanea, in particolare quella di Fouzi Ben- nazionali e internazionali, tra questi: il Festival of Cine- sione della realtà marocchina in questo film saïdi, che incarna il personaggio del padre di matic Tracks in Portugal (2014); la Settimana dei critici; di Meryem Ben M’Barek sia estranea ai fatti Sophia senza fatica, con il minimo sforzo, il XXXIX Cairo International Film Festival (2017). Ha concreti che accadono nella nostra vita, come esprimendo solo attraverso l’espressione fac- inoltre organizzato e diretto numerosi seminari in mani- se lo sguardo venisse da chi non conosce la so- ciale, la rabbia e l’angoscia di un genitore festazioni e festival cinematografici in Marocco. cietà marocchina. In verità ci sembra che quando riceve la notizia inaspettata della gra- quello della regista sia uno sguardo diverso, vidanza della figlia, o, per altri contesti, i suoi Traduzione dal francesce di Marco Asunis 38 [email protected] Sophia (2018) di Meryem Ben M’Barek Nel rispetto del paese di origine della storia raccontata, della regista che firma il film e del critico che recensisce Sophia, pubblichiamo il testo anche in lingua araba affinchè possa essere letto nei paesi della stessa lingua

39 n. 72 Comicità nel cinema è anche donna […]“La donna, una di umoristico di attrici, accomuna molte donne Giovanni e Giacomo, diretto da loro e da Mas- quelle che vengon chia- (ma anche uomini) portandoci a una riflessio- simo Venier. Il disarmante candore di Marina mate allegre, era rino- ne. A parte la vis comica, diciamo, fine a se Massironi di fronte alle malefatte del fidanza- mata per la sua floridez- stessa all’epoca del muto e oltre (Larry Semon, to (Aldo), che muove al riso, ci porta a sodaliz- za, che le aveva procurato -qui Ridolini -, Stanlio e Ollio, Macario, Buster zare con lei, ma anche a sperare che il malan- il soprannome di Palli- Keaton, per citarne alcuni), dietro la masche- drino non venga smascherato per non far na.” […] ra della comicità esiste sempre un filo di ri- cadere il gioco di tensione e sconfinare nella E Mapassant “Boule mando allo spicchio meno giulivo della vita. E delusione della ragazza. Infatti, come afferma Lucia Bruni de suif”, ovvero, “Palli- la donna sembrerebbe risultare più sensibile a Bergson, “il più grande nemico del riso è l’emo- na”; lo stesso che Gu- questo aspetto della comicità. E’ la lacrima del zione”. Stessa cosa accade per Angela Finoc- stav Flaubert ebbe a definire “l’opera di un Pierrot che scivolando nella malinconia, smor- chiaro, la Silvia nei filmBenvenuti al sud (2010) e maestro”. E porge un messaggio di grande si- za la risata e fa pensare? Viene in mente Athi- Benvenuti al nord (2012), entrambi diretti da gnificato, non solo nei confronti dei costumi na Cenci in Speriamo che sia femmina, del 1986, Luca Miniero, dove la comicità si regge anche dell’epoca ma anche dei nostri. Lo raccoman- di Mario Monicelli, la quale accetta con amaro sugli espedienti della donna per affrontare le do a chi non lo conoscesse. Una ragazza alle- sorriso la nuova realtà. Ma è anche il Totò di varie circostanze e, tutto sommato, sul suo gra, appunto, una di quelle che se ridono non Guardie e ladri (1951) diretto da Monicelli e Ste- ostinato ottimismo, anch’esso fonte di ilarità. possono essere persone affidabili né donne no, che assieme ad Aldo Fabrizi, disegna una Negli ultimi vent’anni la comicità al femmini- perbene. Questo concetto, che ci riporta a più finale malinconica. Oppure Milena Vukotic, le in Italia è andata via via prendendo campo. di centocinquant’anni fa, non deve stupirci che nel faceto ruolo di Pina Fantozzi di quasi Tendenzialmente però le attrici comiche non poiché è pesato sulla donna fino al secondo tutti i film della saga fantozziana, riassume il fanno più “palestra” sulle tavole del palcosce- dopoguerra. Oggi per fortuna, tutto si è ribal- lato crudele della propria figura. Oppure è la nico o nel Cabaret ma sui canali TV, come il tato e l’allegria nella donna è segno di apertu- statunitense Whoopi Goldberg, di Sister Act programma Zelig, in onda dal 1997. Partito ra e intelligenza; soprattutto se sa ridere di se (“Sister Act –Una svitata in abito da suora”) proprio con lo spirito del Cabaret ha dato voce stessa. Nell’articolo del numero precedente del 1992, diretto da Emile Ardolino, che dopo ad attrici come la stessa Finocchiaro Alessan- della rivista, citavo lo psicologo australiano le rocambolesche scene fra farsa e commedia dra Faiella, Anna Maria Barbera, ovvero Scon- David Cheng e le sue teorie sullo stato di be- giunge allo struggente canto finale. O ancora, sy, Geppy Gucciari, solo per citarne alcune. Al- nessere che la risata può favorire, le stesse che sempre la statunitense Lily Tomlin in Nine to tre, come Luciana Littizzetto o Carla Signoris, secondo Freud allentano le tensioni e predi- Five (“Dalle 9 alle 5... orario continuato”), oltre a cimentarsi nel cinema e alla TV “osano” spongono l’animo alla migliore comunicazio- film del 1980 diretto da Colin Higgins, che av- anche nel panorama editoriale, sfornando li- ne. Tantissimi attori comici del cinema (e del valendosi di intrecci da pseudogiallo, approda bri (non proprio capolavori) che tentano di mondo dello spettacolo in generale) avvalora- a un “pallido” finale. Vorrei ricordare anche la coniugare l’humor con la vita di tutti i giorni. no queste tesi; il lato comico di talune circo- francese Mimie Mathy, la quale, incurante e Altre si cimentano in monologhi tipo Marco stanze spezza gli attriti, smorza le ostilità, imperturbabile per il suo handicap, è nota più Paolini o Riccardo Rossi. E’ il caso di Paola Cor- smonta i turbamenti ed è capace di generare che per la sua comicità, per il ruolo di prota- benessere. Perché fino a diversi decenni fa, gonista nella fiction televisiva Joséphine, ange tutto ciò era prerogativa legata all’universo gardien ( “Joséphine, angelo custode”) in on- maschile? Pochissime attrici erano disposte a da per la TV francese alla fine degli anni No- mettersi in discussione, a ridere di se stesse, a vanta e in Italia nel 2013: una serie di episodi lasciare che gli spettatori le vedessero nei loro che affrontano in modo surreale, i tanti acci- lati meno “nobili”, nelle loro nudità dell’animo denti della vita quotidiana e che Joséphin è e le apprezzassero proprio per questo. Il lato chiamata a risolvere con i suoi poteri occulti, comico dell’attrice, veniva fuori talvolta dall’e- spesso ammantati di un certo struggente strema ingenuità della protagonista (magari umorismo. L’Italia sembra annoverare un simulata) portata al punto da sconfinare nella numero consistente di attrici che dell’humor, dabbenaggine oppure alla ricerca di espe- ma più che altro dell’insofferenza alla serio- dienti per affermare, in modo assai inusuale, sità, hanno fatto il loro modus operandi nel le attrattive del proprio sesso. Pensiamo a mondo del cinema e dello spettacolo. In ef- Bringing Baby (“Susanna”) del 1938 diretto fetti, a ben pensare, forse rientra nel caratte- da Howard Hawks, con una svampita Katha- re della donna italiana quel modo di affron- rine Hepburn e uno strampalato Cary Grant; tare i problemi del quotidiano tentando di oppure, sempre con Cary Grant affiancato da stemperare i lati più ostici e dar loro una ver- Irene Dunne, My favourite wife (“Le mie due niciatina di ottimismo, ossia studiare per- Il monologo di Paola Cortellesi contro la violenza sulle mogli”) del 1940, per la regia di Garson Kanin; corsi meno faticosi per aggirare i punti più donne al David di Donatello 2018 oppure True confession (“La moglie bugiarda”) spigolosi della vita. Il filosofo francese Henry del 1937, diretto da Wesley Ruggles con l’affa- Bergson, nel suo libro “Il riso. Saggio sul si- tellesi, con all’attivo una bella carriera nel ci- scinante diva della screwball comedy, Carol gnificato del comico” (1900), mette in luce le nema e che in un “raffinato” e divertente mo- Lombard; e del 1952, ancora diretto da Howard caratteristiche dell’attore comico identifican- nologo, gioca sulle parole traslate dal maschile Hawks e ancora con Cary Grant, Monkey Busi- dole come la capacità di creare un nodo, vale a al femminile. L’elenco sarebbe lungo e mi fer- ness (“Il magnifico scherzo”), dove accanto alla dire di legare insieme sentimenti o situazioni mo qui invitando ancora a una riflessione: protagonista Ginger Rogers, compare una apparentemente opposti. In altre parole, l’u- forse un tantino più prudente (o cosciente dei Marylin Monroe alla sua prima importante morismo troverebbe una sua precisa utilità tanti limiti riferiti al genere) dei colleghi uo- interpretazione. E a distanza di vent’an- nel correggere tutte quelle forme di irrigidi- mini, la donna sfrutta la comicità con un’ata- ni, What’s Up, Doc? (“Ma papà ti manda sola?”) mento contro la vita sociale, che sono troppo vica istintiva saggezza, non facendo uso del del 1972, diretto da Peter Bogdanovich, con la blande per essere evidenziate dalla morale ma volgare ma donando con sagacia un lato sim- spumeggiante Barbra Streisand e uno stralu- che nondimeno limitano il buono del nostro patico e inusuale della propria femminilità. nato Ryan O’Neal; solo per dare qualche esem- vivere fra gli altri. Viene in mente il film Chie- pio. Questo modo di mostrare il proprio lato dimi se sono felice (2000) del trio comico Aldo, Lucia Bruni 40 [email protected] I dimenticati #53 Charles Farrell Nel cinema america- e l’aria da bravo ragazzo campione di college, con la Fox Corporation. Dopo avere interpre- no, gli anni Venti fu- Charlie aveva tutto per sedurre il pubblico tato il piccolo ruolo di Timmy nel drammatico rono la fucina di molti femminile. Ciò nondimeno, il suo ingresso Sandy (id.) di Harry Beaumont e la deliziosa futuri bravi e bravissi- nel mondo in celluloide avvenne con discreta commedia A Trip to Chinatown di Robert P. mi attori: basti pensa- lentezza e una certa gradualità: grazie all’ami- Kerr, la Fox lo prestò alla Paramount Pictures re a Edward G. Robin- cizia con l’attore Richard Arlen riuscì a farsi per L’aquila dei mari (Old Ironsides) di James son, Clark Gable, John ingaggiare come comparsa, e apparve non ac- Cruze, che lo promosse protagonista accanto Wayne, , creditato in pellicole di una certa notorietà alla bella Esther Ralston, a Wallace Beery e Ge- George Raft e Hum- quali La vampa (The Cheat) di George Fitz- orge Bancroft (e con comparsate degli allora Virgilio Zanolla phrey Bogart. Ma non maurice, Il gobbo di Nôtre-Dame (The Hun- ignoti Boris Karloff e Gary Cooper) di un’av- tutti coloro che ebbero successo nei Twenties chback of Notre-Dame) di Wallace Worsley, venturosa vicenda di lotta ai pirati ambienta- riuscirono a mantenerlo o incrementarlo nel con Lon Chaney, Rosita (id.) di Ernst Lubitsch, ta nel Mediterraneo e girata con un sistema decennio che seguì: uno dei casi più clamorosi con Mary Pickford, La donna di Parigi (A Wo- brevettato dalla stessa Paramount chiamato è stato quello del personaggio Magnascope. Per Charlie esso che presento oggi, Charles Far- costituì un ottimo biglietto da rell. Nato il 9 agosto 1891 a Wal- visita, che lo rese subito popola- pole, una piccola cittadina del re al grande pubblico cinemato- Massachussetts situata una venti- grafico. A quel punto i dirigenti na di chilometri a sud-est di Bo- della Fox finalmente si sveglia- ston, Charles era figlio di Estel- rono, e capito chi avevano in ca- le e di David, immigrati irlandesi sa utilizzarono l’allora trenta- appartenenti alla classe operaia, seienne attore quale protagonista che grazie all’intelligenza e al del romantico melodramma Set- senso degli affari erano divenu- timo cielo (Seventh Heaven; ’27) ti proprietari di una taverna e di Frank Borzage, affiancando- di un’edicola, e più tardi avreb- gli un’attrice ventenne di Fila- bero ampliato il loro àmbito delfia che aveva esordito sul set commerciale anche nel mondo soltanto l’anno prima ed era al del teatro. Egli vide la luce pro- suo settimo impegno cinema- prio nella taverna dei genitori, tografico: Janet Gaynor. Senza in un appartamento occupato potersi dir bella, Janet era bru- da vicini, che era il luogo più ri- na, aveva un corpo flessuoso, scaldato dcll’edificio. Grazie un volto dolce e un bellissimo all’attività impresariale del pa- sorriso; impersonava a meravi- dre, fin da bambino si sentì for- glia i ruoli di ragazza sensibile tissimamente attratto dalla re- messa in difficoltà dalla vita. La citazione, tanto che, nonostante vicenda del film, che è ambien- altre opportunità di lavoro che tato a Parigi, e nel quale i due gli offrivano gli affari della fa- giovani - lui, Chico, pulitore di miglia, pur di ‘respirare’ l’odore fogne, e lei, Diane, una povera del palcoscenico si ridusse a orfana vagabonda - vivono il lo- spazzare il locale teatro, giu- ro amore e i loro sogni da una rando però a se stesso, come misera soffitta, aveva tutto per poi raccontò, ogni volta che ve- colpire la sensibilità degli spet- deva qualcuno acquistare i bi- tatori: la bravura degli interpre- glietti per uno spettacolo, “un ti e la regia attenta e misurata giorno quella persona andrà a di Borzage fecero il resto. Setti- teatro per vedere me”. I genitori mo cielo ottenne un clamoroso avrebbero voluto avviarlo alla successo di pubblico e di critica, professione di dentista, e lo spin- incassò montagne di dollari fa- sero a iscriversi all’università di cendo della Fox la prima casa di Boston: ma una volta là, anzi- produzione americana, e due ché alla facoltà di medicina Charlie s’iscrisse a man of Paris. A Drama of Fate) di Chaplin, anni dopo ottenne dalla ben quella di economia, e quando giunse all’ulti- con Edna Purviance, e I dieci comandamenti tre premi Oscar: per la migliore regia, per la mo anno di corso abbandonò gli studi per la- (The Ten Commandments) di Cecil B. De Mil- migliore attrice protagonista e per la migliore vorare nello spettacolo come valletto di Little le, dove rivestì i panni dello schiavo ebreo: tut- sceneggiatura non originale. Charlie trasse Billy, un celebre nano attivo nel vaudeville; e ti del 1923. Nei due anni successivi comparve grandi vantaggi anche dalla conoscenza della valendosi dei suoi studi di economia, divenne in ruoli minori in film come Il letto d’oro (The Gaynor e di Borzage: con la prima inaugurò responsabile amministrativo della compa- Golden Bed; ’25), ancora di De Mille, Whings of una fortunatissima coppia cinematografica, gnia, che seguì nella sua tournée in varie città Youth di Emmett J. Flynn (id.), e in altre tre destinata ad essere riproposta in ben undici degli States. Giunta a Los Angeles, la compa- pellicole tra cui Viva lo sport (The Freshman; altri film; col secondo lavorò in altre sei pelli- gnia si sciolse e Charlie decise di fermarsi in id.) di Fred C. Newmeyer e Sam Taylor, accan- cole, alcune delle quali si rivelarono nuovi suc- California, per tentare l’avventura nel cinema. Alto to ad Harold Lloyd e Jobyna Ralston. Nel ’26 ri- cessi. Ma con la Gaynor ci fu di più, e la scintilla 187 cm., snello e atletico, il viso regolare dai linea- uscì finalmente a mettersi in luce, grazie a un scattò proprio in Settimo cielo: la loro relazione, menti fini, un’ eleganza naturale nel portamento contratto filmato alla fine dell’anno precedente segue a pag. successiva 41 n. 72

segue da pag. precedente Santell, ancora con la Gaynor - non riscossero ex stella del muto, al suo secondo matrimo- tenuta segretissima, si avvalse dell’‘assisten- più il successo incondizionato delle prime. nio. La loro unione durò fino alla morte di lei, za’ del loro comune amico Douglas Fairbanks Sicché nel ’32, dopo aver rifiutato un ruolo nel avvenuta per un ictus il 24 settembre 1968, ma Jr., che prestò per i loro incontri una piccola e film The Face in the Sky, l’attore decise saggia- non fu priva di momenti burrascosi. Tant’è romantica casa di legno a sud di Los An- vero che, riallacciati nel ’34 i rapporti con geles, vicino al mare. A dispetto dei molti la Fox, interpretò un ultimo film con que- scrupoli, però, qualcosa dové trapelare. sta casa di produzione, che fu anche l’ul- Fatto sta che il pubblico li considerò sem- timo in coppia con la Gaynor: Primo amore pre come il modello degli eterni fidanza- (Change of Heart) di John G. Blystone, un ti, e la Fox, assecondando abilmente que- drammone sentimentale con James sta credenza confermata dalle molte Dunn, Ginger Rogers e Shirley Temple: lettere di ammiratori che giungevano al questo perché la Valli, scoperto una sua loro indirizzo, a un certo punto fece cau- avventura extraconiugale, lo indusse con tamente circolare la voce che essi fossero minacce ad abbandonare quell’ambiente sposati, e per alimentarla fece inviare loro di lavoro e, in pratica, Hollywood. Charlie “da ammiratori” dei fasci di rose alla pre- si recò a Londra, dove interpretò vari film suntissima data del loro matrimonio. Ma britannici, tra i quali Ardente fiamma (Mo- le nozze non avvennero mai, anche se è onlight Sonata; ’37) di Lothar Mendes, ac- vero che Charlie - rimasto molto scosso canto a Marie Tempest e, nella parte di se dalla morte dell’attore Fred Thomson, stesso, al pianista, compositore,politico e marito della sceneggiatrice e regista Charles Farrell e Bette Davis “The Big Shakedown” (1934) diplomatico polacco Ignacy Jan Pade- Frances Marion e suo intimo amico, av- rewski. Nel ’38 tornò negli Stati Uniti, e venuta nel Natale 1928 a causa del morso d’un prese parte ad altri quattro film: l’ultimo, The serpente - durante le riprese del film La stella Deadly Game di Phil Rosen (’41), fu il cinquan- della fortuna (Lucky Star, ’29), diretto dal co- taquattresimo ed anche l’ultimo della sua car- mune amico Borzage, la proposta di sposarlo riera. Infatti, scoppiata la guerra, poco dopo gliela fece. Fu lei che non accettò, sicché inter- lasciò il cinema e si arruolò in Marina: venne ruppe la loro relazione, anche se i due restaro- assegnato alla portaerei USS Hornet (CV-12) no per tutta la vita ottimi amici. Molti anni al comando di Marshall Beebel, affrontò pe- dopo la Gaynor chiarì: - Penso che con Charlie santi combattimenti e si portò sempre con ci si sia amati più di quanto si sia stati assie- onore, tanto che a guerra finita fu ricevuto dal me. Lui giocava a polo, passava i fine settima- presidente Truman che volle pubblicamente na al ranch di Hearst con lui e Marion Davies, elogiarlo: un bell’imbarazzo per lui, uomo sin- faceva il giro delle feste... Era un ragazzo ai- golarmente modesto e del tutto sprovvisto di tante e muscoloso, cresciuto all’aria aperta. ambizioni. Subito dopo, Charlie si ritirò in Tra noi c’erano troppe differenze, io non ero California, a Palm Spring; con l’amico attore una ragazza da feste. Così, ho sposato un uo- Ralph Bellamy, suo socio in affari, egli aveva mo d’affari di San Francisco, Lydell Peck [il scoperto questa località dal clima assai favo- primo dei suoi tre mariti], solo per scappare revole, allora poco più che un villaggio, fin dal da Charlie. Nel ’29, con l’avvento del sonoro, 1934, e ne aveva promosso lo sviluppo, fon- sia Farrell che la Gaynor superarono a pieni dando il celeberrimo Palm Springs Raquet voti il cosiddetto ‘test del microfono’: ma pa- Club. Grazie ai suoi costanti sforzi, la cittadi- radossalmente, per lui i guai cominciarono Charles Farrell e Janet Gaynor “Primo amore” (1934) na divenne presto un rinomato luogo di sog- proprio allora; col sonoro era infatti venuta al- giorno di personalità del mondo dello spetta- la ribalta una nuova generazione di attori, ru- colo; di Palm Springs egli fu pure eletto nel ’46 vidi e sfrontati come Gable e Cagney o, se roman- consigliere comunale e nel ’48 sindaco, re- tici, dal fascino più definito e dalla personalità più stando in carica fino al ’53. Charlie tornò a re- ricca di sfumature come Gary Cooper: i melo- citare ma scelse la televisione: acquisendo va- drammi romantici interpretati da Charlie ne- sta popolarità nel ruolo del vedovo Vern gli anni del muto erano stati rapidamente rim- Albright nella serie La mia piccola Margie (1952- piazzati dai musical e dalle commedie brillanti, 56, 126 episodi), in The Charles Farrell Show (’56- godevano di gran voga i film d’avventura, e le 57), e in un episodio della serie Navy Long (’57). storie d’amore che venivano proposte sugli Dopodiché abbandonò per sempre lo spetta- schermi offrivano altri protagonisti e situa- colo, ritirandosi a vita privata e riservandosi zioni più legate alla realtà di tutti i giorni. In solo qualche apparizione pubblica, in genere a breve, nonostante gli altri film di successo in- fianco alla sua vecchia amica Janet Gaynor: terpretati negli ultimi anni del muto come ma alla morte di lei, nell’84, rinunciò anche a L’angelo della strada (Street Angel; ’28) e il già quelle. Morì per infarto il 6 maggio 1990 a citato La stella della fortuna, entrambi di Borza- Palm Springs, ed è sepolto lì nel Welwood ge e con la Gaynor (nel primo, ambientato in Murray Cemetery, accanto alla moglie Virgi- una Napoli ricostruita in studio, lui era Gino, nia Valli. Ad Hollywood due stelle, la prima al un pittore, e la Gaynor, la sua musa Angela, 7021 dell’Hollywood Boulevard e la seconda al veniva inseguita dai carabinieri Guido Trento 1617 di Vine Street, ricordano il suo contributo e Alberto Rabagliati; nel secondo egli inter- dato rispettivamente al cinema e alla televi- pretò con straordinaria bravura Tim, un redu- sione. ce di guerra costretto su una sedia a rotelle), a Charles Farrell e Virginia Valli partire dal ’30 le pellicole alle quali prese parte mente di lasciare la Fox e lavorare come free- - con poche eccezioni quali La madonnina del lance. Intanto, il 14 febbraio del ’31 si era sposato porto (Tess of the Storm Country; ’32) di Alfred con la trentacinquenne attrice Virginia Valli, un Virgilio Zanolla 42 [email protected] A Monaco di Baviera ricordato Primo Levi In occasione della Giornata della Memoria riflessioni critiche sul film La tregua di Francesco Rosi “Die Erinnerung darf nicht enden; sie muss auch künftige Generationen zur Wachsamkeit mahnen.“, ovvero “Il ricordo non deve finire; deve avvertire anche le generazioni future ad essere vigili”

Con queste ed altre paro- tedeschi ci eravamo preparati all’evento leg- modo rigoroso al punto tale che fu lo stesso Pri- le significative il 3 genna- gendo entrambi i testi, sia Se questo è un uomo mo Levi, in occasione di un colloquio telefoni- io del 1996, a cinquant‘an- che La tregua. Scrivo di questo ricordo lontano co, a dichiarargli: “Lei porta un po’ di luce in ni dalla Liberazione del ormai tanti anni fa. Il regista non fu presente, un momento molto buio della mia esistenza”. campo di concentra- ma fece pervenire tramite un videoregistrato Eppure, pur non volendo nulla togliere alle mento di Auschwitz (27 il suo saluto al pubblico monacense. A distan- doti artistiche di un regista che ho sempre ap- gennaio 1945) divenuto za di anni la figlia di Francesco Rosi, Carolina, prezzato, ci sono dei punti critici del film sui simbolo dell‘orrore nazi- da noi contattata in occasione della comme- quali ho sentito l‘esigenza di analizzare e ap- sta, l‘allora presidente morazione alla Literaturhaus del Gennaio scor- profondire. In particolare, in una scena finale Ambra Sorrentino-Becker della Repubblica Fe- so, ci ha rilasciato una interessante dichiara- del film, alla stazione di Monaco durante il ri- derale Tedesca, Prof. zione: „L’incontro tra mio padre, regista di torno del protagonista, è apparso stridente Roman Herzog, dichiarò il 27 gennaio Gior- tanti film che hanno narrato problemi della come un tedesco si inginocchi guardando Pri- nata dedicata alla Memoria delle vittime del società contemporanea, e lo scrittore Primo mo Levi dopo averlo riconosciuto quale ebreo Nazionalsocialismo. Quest‘anno per questa Levi, autore di opere narrative preziose, ha reduce dal lager. Diversa è la descrizione di Pri- specifica occasione la Literaturhaus di Monaco prodotto, a mio parere, una valenza espressi- mo Levi nel romanzo quando lui arriva a Mo- di Baviera, in collaborazione con la no- naco. Levi descrive l’indifferenza di quei stra associazione Circolo Cento Fiori, ha tedeschi che non guardavano e non vo- dedicato la Giornata della Memoria a Pri- levano riconoscere il dolore di quanti mo Levi nel centenario della sua nascita invece sentivano „il numero tatuato sul (31 giugno 1919 - 11 aprile 1987). L‘opera braccio stridere come una piaga“. Il film autobiograficaSe questo è un uomo dell‘au- é uscito diversi anni dopo la scomparsa tore torinese è una delle testimonianze di Levi, nel 1997. Cosa avrebbe detto lui più incisive e sconvolgenti sull‘orrore di nel vedere la scena finale realizzata da Auschwitz, seppure scritta con linguag- Rosi che contrastava con questo pensie- gio composto e analitico-riflessivo che fa ro? Era questa la domanda che mi ribolli- di essa un capolavoro letterario. Il nostro va dentro da tanto tempo. Così ho preso lavoro su Levi si è però indirizzato su coraggio e di questo e di altro ancora ho un’altra sua opera: La tregua, anch’essa voluto parlarne con la dottoressa Silvia opera autobiografica, che racconta del Cresti, studiosa ed esperta di storia della lungo e travagliato viaggio da ex interna- cultura ebraica in Europa. Le ho posto to fino a Torino, dopo aver attraversato così le mie perplessità sul film. Interes- buona parte dell‘Europa. Nonostante sia- santi sono state le sue osservazioni: “La no trascorsi alcuni mesi da questo spe- mia opinione è che Rosi ha fatto un film ciale evento, ci sembra utile tornare su diverso rispetto all’impostazione del li- questa importante iniziativa per alcune bro. Il libro di Levi fa delle profondissime brevi riflessioni. Intanto è utile ricordare analisi storico-socio-psicologiche dei va- che la serata è stata moderata dalla gior- ri caratteri nazionali, mentre, ad esem- nalista, scrittrice e critica letteraria Make pio, nel film i personaggi russi e italiani Albarth e che gli ospiti intervenuti sono appaiono per certi aspetti caricaturali. stati Marco Belpoliti (Università di Ber- Non solo la scena citata da lei non esiste gano), curatore dell‘opera completa di nel libro, ma tutto l’impianto che para- Primo Levi edita da Einaudi, e Michael gona i (soldati) tedeschi alla superiore Krüger, scrittore e traduttore, nonchè moralità dell’armata rossa è distorto ri- presidente dell‘Accademia Bavarese delle spetto al libro: nel film i russi diventano Belle Arti. Sono stati loro ad offrirci con delle macchiette. Per altro anche il per- letture di alcuni scritti, saggi, poesie e rifles- va potente.“. Primo Levi aveva raccontato di sonaggio romano spaccone di Cesare è rap- sioni, un quadro completo sulla poliedrica come quel viaggio di ritorno dal campo di presentato come il solito italiano piagnone, personalità del chimico e scrittore Primo Levi. concentramento gli avesse dato l’occasione di scansafatiche ed addirittura ladro. Ruba un La visione del filmLa tregua di Francesco Rosi, trovarsi amaramente al centro di un mondo violino ad una vecchietta che voleva aiutarli. tratto appunto dall‘omonimo romanzo di Le- che raramente si ha l’occasione di conoscere. Presumo che l’animo del vero Cesare non vi, ha concluso la serata. La nostra associazio- D’altro canto Francesco Rosi aveva ben chiari- avrebbe mai fatto una cosa così abietta; pote- ne aveva già omaggiato il grande regista na- to che con La tregua lui non intendeva realiz- va anche far emergere uno spirito da commer- poletano nel dicembre del 2015, dedicandogli zare un film sull’Olocausto, ma in modo più ciante che tende a fregare quando se ne pre- una rassegna che aveva incluso anche questo diretto “raccontare il ritorno alla vita” del no- senta l’occasione, ma l’idea di rubare in quel suo ultimo film La tregua. Era per me la terza stro protagonista. Carolina ci ha chiarito ulte- modo ignobile no! Anche l‘analisi del perso- volta che lo rivedevo. La prima volta, ricordo riormente che proprio per questa ragione suo naggio ebreo greco Mordo Nahum viene de- che lo vidi insieme a tutti i miei corsisti tede- padre considerava questa opera “il film più scritta in modo superficiale, come avrebbe po- schi del corso di italiano di conversazione al difficile da realizzare”. Prima e durante la lavo- tuto lui, ad esempio, farsi crescere ad Auschwitz festival del cinema di Monaco, proprio in occa- razione, Rosi fu attentissimo a seguire la trama la bella chioma che aveva? Certamente, il soldato sione dell’anteprima del film. Con i miei corsisti del libro, come suo solito documentandosi in segue a pag. successiva 43 n. 72

segue da pag. precedente Teatro nazista costretto ai lavori forzati che si ingi- nocchia di fronte ai sopravvissuti con l’unifor- me da deportati, mi sembra sinceramente una Santo Piacere di Giovanni Scifoni scena alquanto ridicola. Sarò cinica, ma sarà Il piacere è un peccato o il peccato è un piacere? forse che il film è stato cooprodotto dalla Ger- mania e di questo Rosi ne ha voluto tenere Non c’è sesso senza amore è solo il riff di una canzone o una verità assoluta? conto?”. Questo giudizio ultimo della d.ssa Come la mettiamo con il VI Comandamento? Cresti è forse eccessivamente ingeneroso, ma in generale dalle sue osservazioni ho avuto Tutti dobbiamo fare i sempre, svelando anche il legame profondo tra conferma della bontà di alcune mie perplessi- conti con la nostra car- i suoi genitori. Commovente pure, divertente, tà. In verità personalmente preferisco inter- ne e troppo spesso i riflessivo, senza schemi rigidi, Scifoni vede nel- pretare quella del grande regista italiano come conti non tornano.Uno la sessualità un bene, un dono divino da coglie- una pura licenza artistica, pensando che Fran- spettacolo nello spetta- re, da non strapazzare o demonizzare ma da cesco Rosi abbia voluto immaginare quella colo da tutto esaurito, godere nella libertà. Quale è la libertà che pia- scena della stazione di Monaco come deside- prima alla romana Sa- ce a Scifoni e che sotto le righe aleggia nello rio auspicato. Come una sorta di speranzosa la Umberto e poi al spiritello caustico e irriverente dell’attore-au- proiezione inconscia del protagonista dopo Brancaccio. Da porta- tore? E’ quella del buonsenso umano e cristia- aver vissuto tanto orrore. Francesco Rosi, co- re in giro per l’Italia. no. Perché a Scifoni, credente quale è, non ba- me tanti altri grandi del cinema italiano di Mario Dal Bello Santo Piacere ovvero Dio sta scimmiottare i perbenisti o gli quella generazione maturata nel dopoguerra, è contento quando godo è una performance scrit- individualisti, ma ridendo e scherzando senza riponeva speranze ed ottimismo per un futuro ta e interpretata dal vulcanico attore romano, troppe pause se non quelle giuste magari dopo migliore. Il futuro per una società diversa che già noto per le fiction ma soprat- usciva dalle macerie di una tremenda e tragica tutto per questi spettacoli dove una guerra. Una consapevole assurdità degli effetti comicità esilarante, un vortice di mostruosi di quella guerra che invece Levi non battute veicolano messaggi molto coglie nello sguardo omertoso e pieno di odio seri e contemporanei. Il titolo è dei tedeschi che incrocia alla stazione di Mo- volutamente provocatorio e naco. Un sentimento che Primo Levi molto be- canzonatorio su una educazio- ne descrive drammaticamente nell’ultimo ca- ne sessuale passata piuttosto re- pitolo de La tregua intitolato Il risveglio: “… strittiva e su una sessualità at- Errando per le vie di Monaco piene di macerie, tuale senza freni, separata intorno alla stazione dove ancora una volta il dall’amore. Scifoni attinge dalle nostro treno giaceva incagliato, mi sembrava esperienze personali, dai me- di aggirarmi fra torme di debitori insolventi… dia, dalla vita reale di gente Mi sorpresi a cercare fra loro, fra quella folla che conosce, dalle letture, per anonima di visi sigillati, altri visi, ben definiti, raccontare – fingendo di improvvisare– - sto una battura scioccante, dice quello che tanta molti corredati da un nome: di chi non poteva rielle divertenti ma non troppo sull’amore e i gente dovrebbe voler sentirsi dire: il sesso è re- non sapere, non ricordare, non rispondere; di rapporti sentimentali, ma anche su una cultu- galo, il piacere pure, perché l’ha fatto Dio. E se chi aveva comandato e di chi aveva obbedito, ra, anche cattolica, o della repressione o dell’a- uno lo vive dentro una storia d’amore che du- ucciso, umiliato, corrotto. Tentativo vano e narchia molto in uso fra passato e presente. Il ra per sempre- come i suoi genitori – allora la stolto: ché non loro, ma altri, i pochi giusti filo dell’ironia è sottile, lo scherzo mai banale felicità è raggiunta, ed anche la libertà. E Dio è avrebbero risposto in loro vece”. ed alla fine lo spettacolo di oltre un’ora mostra contento. Che si vuole di più? Ambra Sorrentino-Becker il suo vero volto: la bellezza dell’amore per Mario Dal Bello Il Circolo Cento Fiori è un‘associazione culturale che opera dal 1980 a Monaco, dal 1994 è affiliata alla FICC ed inte- grata da decenni nella vita politica, culturale e sociale del- la città in cui opera, Monaco. Le sue iniziative sono mirate a coinvolgere e sensibilizzare tanto i cittadini monacensi quanto i connazionali presenti a Monaco che ammontano a circa 28.000. L‘ultima rassegna cinematografica CON- TROCORRENTE è stata dedicata a Maria Montessori, Adriano Olivetti, Franco Basaglia, Don Puglisi, Antonio Gramsci e Luigi Nono, sei personaggi del mondo artistico, politico e scientifico che hanno influenzato la vita ed il pensiero del nostro paese. La prossima iniziativa culturale è intitolata Un‘Altra Italia per un‘Europa libera ed unita (il riferimento al Manifesto di Ventotene è ovviamente vo- luto). Partendo dall‘integrazione nel paese che ci ha accol- to, (molti di noi possiedono la doppia cittadinanza), ci siamo attivati sul versante politico culturale per motivare gli italiani di Monaco e della Baviera alla partecipazione attiva delle prossime elezioni europee del 26 maggio. Inve- ce, per la prossima stagione autunno/inverno è già in pro- gramma una rassegna cinematografica su Antonio Pie- trangeli, primo presidente e tra i fondatori della FICC, a ricordare il centenario della sua nascita. www.cms2.centofiori.de/index.php/it/ E’ edicola virtuale di Diari di Cineclub 44 [email protected] I fratelli Sisters, di Jacques Audiard Un western “filosofico”, in cui le passioni si scontrano con problemi di identità, conferma un autore che ama creare personaggi resilienti I fratelli Sisters (The Sisters forti, al limite del ricatto emotivo. Si è dimo- dopo due anni di carcere, e Carla (Emmanuel- Brothers), ottavo lungo- strato capace di affrontare, esaltare, trasfor- le Devos), un’efficientissima segretaria tutto- metraggio del sessanta- mare e intrecciare molti generi cinematogra- fare di uno studio immobiliare, perspicace e seienne Jacques Au- fici, dal thriller al polar, al dramma esistenziale intelligente, ma frustrata, vittima di pregiudi- diard, è il primo film del e al melodramma, reinterpretandone i canoni zi e soprusi, a causa della sua sordità, e peral- regista francese parlato classici senza sterili sperimentalismi. La mes- tro capace di leggere sulle labbra le conversa- Giovanni Ottone in lingua inglese. Do- sa in scena dei suoi film, anche nel caso di zioni degli altri. De battre mon coeur s’est arrêté po aver ottenuto il Premio per la miglior regia quelli meno convincenti, è affascinante per il (2005), remake di Fingers (Rapsodia per un kil- alla 75. Mostra d’Arte Cinematografica la lavoro sulle tempistiche e per il corposo ed es- ler) (1978), dell’americano James Toback, è un Biennale di Venezia, dello scorso settembre, è senziale virtuosismo dei movimenti della mac- noir psicologico, sporco, brutale e “romantico”, stato presentato in anteprima ad inizio aprile china da presa. È molto lontana dagli archetipi popolato da personaggi scettici e immorali, che al Festival Rendez Vous - Nuovo Cinema Fran- del cinema di Hollywood ed evita il narcisismo si muovono nei luoghi delle notti parigine dove cese, svoltosi nelle principali città italiane, ed è compiaciuto. si incontrano glamour e malaffare, sesso, vio- programmato nelle sale cinematografiche a L’affascinante e originale noir di esordio di lenza e vendetta. Descrive, con grande effica- partire dal 2 maggio. Jacques Audiard, Regarde les hommes tomber cia e qualche caduta prosaica, il febbrile per- Jacques Audiard, figlio del regista e sceneg- (1994), propone l’incontro - scontro tra quat- corso di Tom (Romain Duris), un ventottenne, giatore Michel Audiard, dopo aver abbando- tro personaggi, attra- intrappolato nel ruolo di nato gli studi universitari in Lettere entra nel verso un originale in- esecutore degli ordini di mondo del cinema dove acquisisce grande crocio di avvenimenti suo padre Robert (Niels esperienza, prima, durante gli anni ’70, come che si dipanano con Arestrup), un palazzina- editor di Roman Polanski e di Patrice Chéreau una narrazione fram- ro senza scrupoli che lo e poi, durante gli anni ’80, come abile sceneg- mentaria ed ellittica, utilizza per terrorizzare giatore di oltre una decina di film, realizzati ma con una meccanica e sloggiare inquilini e da diversi registi, quali Claude Miller, Jean-Ja- e un ritmo progressiva- occupanti dalle case su cui cques Andrien, Jérôme Boivin e Michel Blanc. mente incalzanti: Marx vuole speculare, ma che, Fin dal suo esordio alla regia, Jacques Audiard (Jean - Louis Trinti- ossessionato dal passato, si è dimostrato autore di un cinema vigoroso, gnant), un vecchio im- persegue il sogno impossi- elegiaco, viscerale, assolutamente non contem- broglione pieno di de- bile di diventare un piani- plativo e sostanzialmente naturalistico, nel biti, affiancato da Johnny sta professionista, seguen- senso migliore del termine. Al centro della sua (Mathieu Kassovitz), un do le orme della madre poetica vi sono antieroi, oppressi dalla piega giovane ozioso a lui molto scomparsa e riprendendo negativa delle loro esistenze e rappresentati devoto, di fronte a Simon gli studi abbandonati du- con particolare attenzione sia al loro aspetto (Jean Yanne), un rappre- rante l’adolescenza. Un fisico, sia a quello psicologico e alla loro condi- sentante di commercio prophète (2009), Gran Pre- zione materiale. Sono uomini e donne coin- cinquantenne che si tra- mio della Giuria al Festival volti in circostanze “eccezionali” e protagoni- sforma in un giustiziere di Cannes, è senza dub- sti di un itinerario di cambiamento e di sui generis per individua- bio il miglior film di Ja- crescita, realizzato con costi umani sempre ri- re il killer che ha assassi- cques Audiard. È un levanti. Sono personaggi stereotipati, ma ma- nato Mickey (Yvon Back), dramma carcerario che gnificamente illustrati in termini antropolo- un poliziotto che era il diventa un polar e che gici: balordi, socialmente marginali o segnati suo unico amico. Un reinterpreta le regole dalla violenza, spesso vittime di handicap fisi- héros très discret (1996), Premio per la miglior del genere con forza muscolare e cupa materia- ci o di traumi psicoemotivi, che, poco a poco, sceneggiatura al Festival di Cannes, fonde rie- lità, ma anche un ritratto antropologico varie- si rivelano ambiguamente romantici o epici, vocazione storica, tracce documentaristiche e gato, crudo e tragico, venato di lirismo. Rac- perdenti, ma ostinati e mai rassegnati, finché d’archivio e dramma esistenziale, raccontan- conta il percorso di formazione criminale e di un incontro inconsueto offre loro la possibili- do un momento storico collettivo, a Parigi, cambiamento di Malik (Tahar Rahim), un gio- tà di rimettersi in piedi. Audiard ripone mas- nell’inverno del 1944, quando molti cercavano vane teppistello francese di origine nordafri- simo impegno nella scrittura e tratteggia con di redimersi dopo quattro anni di collabora- cana che entra in prigione a 19 anni per scon- grande cura i propri protagonisti i quali sono zione con i nazisti. Narra la vicenda di Albert tare una pena detentiva di sei anni. Resosi il vero motore delle trame dei film. Mostra Dehousse (Mathieu Kassovitz), un trentenne rapidamente conto delle dure regole del car- pienamente i loro travagli fisici ed emotivi e senza qualità che, alla vigilia della Liberazio- cere e del rischi che corre, essendo disorienta- quanto siano dominati da impulsi e passioni. ne, diventa un artista della menzogna e del to, ma intelligente e perspicace, individua ra- Nel suo cinema si intrecciano la brutalità trasformismo e si costruisce attraverso omis- pidamente la gang dei detenuti corsi che dell’azione e la tenerezza dei sentimenti, la sioni e allusioni, un’ identità di eroe della Re- domina la vita carceraria, anche grazie alla col- sofferenza rispetto a un contesto ostile o mi- sistenza che gli procura ammirazione, amici- laborazione di alcuni secondini corrotti, guida- naccioso, che stimola a mostrare capacità di zie, potere e persino l’amore. L’avvincente ed ta da Luciani (Niels Arestrup), un anziano lea- resilienza e di sopravvivenza, e lo sviluppo emozionante dramma dell’anima e thriller der assoluto ed autorevole, suadente e spietato. inaspettato e tortuoso di un legame affettivo criminale Sur mes lèvres (2001) narra, con ma- Dopo un cruento rito di iniziazione, avendo e di amore che diventano salvifici. Audiard gnifica tensione e dirompente fisicità, la storia assolto il truce incarico commissionato dal non si preoccupa degli aspetti politicamente di uno strano rapporto umano, dalla solidarietà padrino, Malik percorre le tappe di un pro- corretti, evita largamente la deriva didascali- alla complicità, fino al legame sentimentale, tra gressivo miglioramento di condizione. Co- ca e punta chiaramente a coinvolgere lo spet- due trentenni diversissimi: Paul (Vincent Cas- stantemente in bilico tra rischio di insuccesso tatore, giungendo spesso a stimolare reazioni sel), un piccolo delinquente, in libertà vigilata segue a pag. successiva 45 n. 72

segue da pag. precedente realistici e un sentimentalismo non privo di un altro hitman con competenze di detective e conseguimento di piccoli vantaggi, affronta una certa retorica, ma fortunatamente scevro che li precede con il compito di individuare, terribili prove con la pervicace volontà di libe- di accenti romantici stereotipati. La rappresen- pedinare e trattenere Hermann in attesa del lo- rarsi dalla condizione servile e di salvarsi a mo- tazione della “famiglia” protagonista è marcata ro arrivo. In effetti il taciturno e acculturato do suo. È un film duro e affascinante, con una dall’efficace continua evidenziazione del disa- Morris riesce a catturare la preda, ma si lascia trama mai scontata e una messa in scena magi- gio e della paura che originano dal terribile se- convincere dal racconto di quell’uomo bizzar- strale, per il lavoro sulle tempistiche e la mobi- greto del trio, dall’ossessiva memoria dell’orri- ro che ha scoperto una formula prodigiosa per lità dei piani di ripresa e delle inquadrature, tra bile tragedia e della sconfitta umana ed etnica produrre un liquido che, versato nell’acqua dei tensione dosatissima, accelerazioni brutali e che hanno subito e dalla coscienza che non vi ruscelli, fa comparire immediatamente l’oro de- ambizioni ascetiche, che consente allo spetta- sono alternative se non una forzata integrazio- positato, consentendo la facile raccolta di un’e- tore un’immersione estrema, più che coinvol- ne in un Paese di cui non comprendono cultura norme quantità di pepite. Herman non aspira gente. Audiard descrive la sinistra realtà carce- e convenzioni. Anche il contesto ambientale e egoisticamente a diventare ricco, ma intende raria senza alcuna ostentazione, né volontà sociale degradato e le dinamiche delle bande usare il denaro ricavato dall’oro per costruire dimostrativa: fa emergere le atrocità criminali, criminali che si combattono ferocemente per il un falansterio, ispirandosi a idee di socialismo gestisce benissimo le scene d’azione e di vio- controllo del territorio sono raccontati con cre- utopistico, nella versione propugnata da un lenza, ma mostra anche le opportunità “educa- dibilità. Purtroppo l’epilogo del film configura personaggio storico, il francese Charles Fou- tive” colte da Malik. De rouilles et d’os (2012) è in- uno scarto repentino che rappresenta certamen- rier, effettivamente approdato a Dallas nel vece un feuilleton melodrammatico ben poco te la strenua difesa, da parte di Dheepan, di 1832. Quindi i due si associano e fuggono. I fra- convincente, più paradigmatico che poetico. una prospettiva esistenziale diversa, ma, al telli Sisters li inseguono, ma nel frattempo so- Ambientato ad Antibes sulla Costa Azzurra tempo stesso si sostanzia in una roboante e no cambiati, soprattutto Charlie, il quale, sen- racconta la controversa relazione tra due tren- forsennata resa dei conti salvifica degna di un za ammetterlo, ha fatto un passo indietro tenni. Alain (Matthias Schoenaerts), segnato western o di un film degli anni ’70 sul tema del- rispetto alla propria indole. A quel punto l’in- da più di un fallimento umano, lavora come la giustizia privata e dell’eroismo virile. contro tra i quattro uomini apre una prospetti- buttafuori in una discoteca e come vigilante I fratelli Sisters (The Sisters Brothers), scritto dallo stes- va inaspettata. La storia procede con lo svelamen- nello stesso supermarket e poi accetta di entra- so Audiard, con la collaborazione di Thomad Bide- to di vari segreti, tra colpi di scena, ribaltamenti, re in un giro di combattimenti clandestini di gain propone un adattamento dell’omonimo ro- sparatorie, inseguimenti ossessivi e un pro- una sorta di kick boxing molto selvaggio e sen- manzo del canadese Patrick deWitt, pubblicato nel gressivo rovesciamento narrativo, fino a un za regole. Stéphanie (Marion Cotillard), già ad- 2011. È un western che si sviluppa come racconto epilogo inconsueto. Jacques Audiard, alla sua destratrice di grandi orche nell’aqua park loca- “filosofico” e itinerario di formazione, ovvero prima esperienza con il western, peraltro gira- le, è ridotta su una sedia a rotelle dopo che, in un’opera anomala, antiromantica e malinconi- to in Spagna (alla maniera di Sergio Leone), seguito ad uno spettacolare incidente ha subito ca, che reinventa il genere. O meglio che lo usa confeziona un film ben impaginato e diverten- l’amputazione degli arti inferiori all’altezza come pretesto, rispettandone molti canoni e te. I fratelli Sisters (The Sisters Brothers) conferma delle ginocchia. Audiard enfatizza eccessiva- alcuni clichés, per confezionare un puzzle psi- in buona parte la linea poetica di Jacques Au- mente alcuni valori “forti”: il vitalismo dettato cologico in cui le passioni umane si scontrano diard. È un’opera che inizia come un classico dall’istinto che spinge a superare le disgrazie, con problemi di identità e di posizione nel revenge film e si converte in adventure tale, so- la solidarietà tra discriminati e antisociali, il mondo. Un contesto visto sotto un’angolazio- lido, apparentemente faceto e spiritoso, ma culto del corpo, benché ferito o mutilato, e il ne che ha molti punti in contatto con la realtà con un’accattivante vena sentimentale. Priva- sesso senza coinvolgimento emotivo. Evita la moderna. Racconta una storia itinerante che to degli aspetti più epici, coniuga i temi classici deriva patetica e pietistica dei buoni sentimen- si sviluppa dall’Oregon alla California, da San del western con altri che vengono dal miglior ti, si perde tra motivi prosaici e subplot artifi- Francisco fino a Tucson, proponendo tutte le cinema, americano e non, degli anni ’70 e ’80: le ciosi che rompono la coerenza narrativa e stru- location classiche dei western: i saloon bordel- regole del potere nelle terre di frontiera, la fa- mentalizza alcune fra le situazioni rappresentate, li; la vibrante Frisco intorno al 1850, nuova Ba- ma di hitman da difendere, l’avidità, la sopraf- con soluzioni ad effetto e un ambiguo happy bilonia con le sue tentazioni, attrazioni e i lussi fazione, la lotta spietata per la sopravvivenza, end che puntano a suscitare facili emozioni inconsueti per i pistoleros, i delinquenti e i cer- la misoginia, la giustizia privata, ma anche il nello spettatore. Dheepan (2015), Palme d’Or, catori attirati dalla febbre dell’oro; le praterie; i fascino della natura e il gusto e il senso dell’av- quale miglior film, al Festival di Cannes, è una fiumi da setacciare; i pellerossa, ecc. Charlie Si- ventura, la solidarietà virile, la riflessione su sé parabola esistenziale dove si intrecciano com- sters (Joaquin Phoenix) e suo fratello maggiore stessi e sui vincoli familiari, l’utopia e l’aspira- pulsivamente melodramma, ambiguo itinera- Eli Sisters (John C. Reilly), non sono più ven- zione a un porto sicuro dopo le tempeste della rio di redenzione e gangster movie. Racconta tenni. Sono due hitmen, assassini a pagamen- vita. Costituisce un’operazione abbastanza ar- la storia di un uomo e una donna trentenni di to che hanno le mani sporche del sangue di cri- dita, anche se il regista mostra alcuni limiti: etnia Tamil che non si conoscono, si fingono minali, ma anche di innocenti. Non hanno troppi elementi prosaici e picareschi, un certo coniugi e accettano di fuggire insieme dallo scrupoli a uccidere e, nel corso degli anni, hanno autocompiacimento e segni di un’ottica mora- Sri Lanka, poco prima della sconfitta definitiva acquistato esperienza e una certa nomea. Vivono leggiante che si accentuano in un epilogo più della guerriglia separatista della loro minoran- in simbiosi e si proteggono a vicenda, fidandosi consolatorio che genuinamente crepuscolare. za ad opera dell’esercito singalese, nel 2009. l’uno dell’altro, quantunque siano diversi. Charlie La regia lavora come sempre, nei film di - Au Dheepan (Jesuthasan Antonythasan) e Yalini è alcolizzato, scostante, spericolato, amorale e diard, sulle tempistiche, tra tensione ben dosa- (Kalieaswari Srinivasan) a cui si è aggiunta Il- spietato e accetta fatalisticamente la propria ta, venature liriche e accelerazioni brutali, con layaal (Claudine Vinasithamby), un’orfana di 9 condizione di “uomo nato per uccidere”, senza la scelta di rappresentare la violenza più estre- anni che presentano come loro figlia, giungono porsi problemi di futuro. Eli, al contrario, pur ma spesso fuori campo, attraverso le voci e i ru- in Francia e si installano a a Le Pre-Saint-Ger- essendo anch’egli micidiale ed efficiente, è più mori. E si caratterizza attraverso la consueta vais, un “blocco” di palazzoni popolari degrada- riflessivo e timido, manifesta una sensibilità mobilità della macchina da presa, con inqua- ti in una squallida banlieu a nord est di Parigi. meno rozza e sogna una vita normale. Da anni drature sempre precise e dinamiche e virtuo- L’uomo lavora come portinaio e addetto alle sono al servizio del Commodore (Rutger Hauer, se composizioni di piani e di angolazioni. È co- pulizie in un grande caseggiato. Ben presto appena intravisto) un potente e temibile boss del- adiuvata dall’ottima fotografia di Benoît Deble, scoprono che il quartiere è dominato dalla vio- la frontiera che ora li incarica di catturare Her- dal sempre notevole lavoro di costume desi- lenza delle gang dei trafficanti di droga, con mann Kermit Warm (Riz Ahmed), un chimico gner di Milena Canonero, dal montaggio mol- continue provocazioni e scontri a fuoco, senza che conosce un secreto, di farlo parlare e di ucci- to ben risolto di Juliette Welfling e dalla sedu- che la polizia abbia la possibilità e la forza per derlo. I due fratelli cavalcano verso ovest essendo cente colonna sonora di Alexandre Desplat. sradicarla. Audiard intreccia convincenti toni in contatto con John Morris (Jake Gyllenhaal), Giovanni Ottone 46 [email protected] Resoconto sull’assemblea nazionale CGS (Cagliari, 6-7- aprile 2019)

SpettAttori a Cagliari, tra pioggia e fenicotteri L’Assemblea Nazionale dei Cinecircoli Giovanili Socioculturali Un weekend piovoso ed filmaker cagliaritano Andrea Mura ha intro- intenso, quello del 6 e 7 dotto la visione della puntata pilota della sua aprile scorsi, con tanti serie web Sardinia green trip, la narrazione esponenti “continenta- dell’esperienza di un giovane regista che deci- li” dei C.G.S. (Cinecirco- de di girare un progetto video in Sardegna se- li Giovanili Sociocultu- guendo personaggi, aziende e realtà impe- rali) volati a Cagliari da gnate nella ricerca di un modo di vivere e di Nadia Ciambrignoni Lombardia, Liguria, Ve- consumare rispettoso della natura, usando neto, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Puglia, mezzi a loro volta “sostenibili”, che gli fanno Campania, e anche dalla Sicilia per condividere il imparare alla fine nuove pratiche rispettose momento dell’Assemblea Nazionale Ordinaria e, dell’ambiente. Molto coinvolgente anche la vi- quest’anno, anche Straordinaria. Importanti gli sione del corto conseguente ad un laboratorio adempimenti statutari, tra cui i necessari ade- di scrittura filmica collettiva con un gruppo di guamenti al Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 3 lu- mutuo aiuto...Una convincente interpretazio- glio 2017, n.117) e alla Circolare Ministeriale del ne del titolo scelto per l’Assemblea, “SpettAtto- 27.12.2018, che rendono i C.G.S. esplicitamen- ri”. Anche il sottotitolo “Non stare a guardare, te APS (Associazione di Promozione Sociale). entra in scena!” si è concretizzato subito nella Poi relazioni e bilanci dei Coordinamenti ter- presentazione di “Senza figli - Storie di paterni- ritoriali in cartella e, a viva voce, i resoconti tà controcorrente”, da parte di don Enrico Cas- del Presidente Cristiano Tanas e del tesoriere sanelli (Delegato per le Comunicazioni sociali Emilio Santoro, la storia associativa recente dell’Ispettoria Salesiana Italia Centrale) snodata nel percorso dell’ultimo anno, con la co-autore, con Fabrizio Marini del corto-docu fatica e la convinta perseveranza di molto controcorrente, di chi si met- tutti: rassegne cinematografiche, te a servizio, sulla strada, accanto a laboratori di Cinema e Teatro, spet- quelli che disturbano una nuova, tacoli, campi di formazione al Fe- egoistica “sicurezza” fatta di re- stival di Giffoni e alla Mostra del Ci- spingimenti e chiusure. A sera, do- nema di Venezia, produzione di po un caparbio giro cagliaritano cortometraggi, progetti ministeria- sotto l’acqua battente, il palcosceni- li, editoria, convegni, incontri con co si è concretamente animato, nel registi, corali e spettacoli musicali, salone-Teatro dell’oratorio salesia- iniziative con le scuole e per le città, no San Paolo, con lo spettacolo cu- siti web. Per essere sempre “sul rato dai CGS della regione Sarde- pezzo”, anche l’avvocato Emanuele gna: Il Mosaico, Mario Serafin con il Tanas ha aggiornato l’assemblea piccolissimo coro “Pikku Peikko” e sul GDPR in materia di protezione il “Piccolo Coro Non Siamo Angeli”, dei dati personali; l’identità “civili- CGS Phoenix, CGS Black Soul Gospel stica” cala fino in fondo il percorso Choir, CGS La Giostra. Abolita la associativo nel contesto legislativo “quarta parete” grazie alla forza co- italiano ed internazionale, in conti- Spettacolo dei CGS della Sardegna (foto di Andrea Rocca) municativa e alla professionalità nua evoluzione sulla questione “da- messa in scena, indipendentemen- ti”. Dietro l’angolo, nelle vicinanze, te dalle età anagrafiche degli “Atto- talvolta luogo delle sedi C.G.S., un ri”, subito gli “Spettatori” sono di- oratorio, una scuola, una sala cine- ventati quegli SpettAttori del “brand” ma o teatro dei salesiani… Il sigillo scelto per questa Assemblea Nazio- dell’inizio, celebrato nel 50° dello nale CGS 2019, fatta di incontri, ri- scorso anno, continua a rivelarsi vi- flessioni, formazione, grande ospi- tale e con lui la spinta a comunica- talità, definizione di altre distanze re, sempre, da protagonisti, anche da attraversare, seguendo i voli dei contro ogni speranza ragionevole. fenicotteri e degli aerei che hanno In questa direzione sono andati gli riportato i Circoli al proprio lavoro interventi degli ospiti, a partire da quotidiano nel complesso mondo quello di Mons. Giulio Madeddu, della Comunicazione. direttore dell’Ufficio Comunicazio- ni Sociali dell’Arcidiocesi di Caglia- Nadia Ciambrignoni ri e di “Radio Kalaritana”, realista (Vice Presidente CGS) nella fotografia dell’esistente quan- to profetico nell’affermazione della Cinecircoli Giovanili Socioculturali Associa- necessaria “resilienza” cristiana e zione di promozione sociale promossa dal salesiana in campo comunicativo. E Gruppo partecipanti assemblea nazionale CGS (foto di Andrea Rocca) Centro Nazionale Opere Salesiane e dal questa capacità di ridefinizione hanno trasmes- fiction di 20’ su tre figure di “padri” degli ulti- Centro Italiano Opere Femminili Salesiane so le realizzazioni presentate all’Assemblea nel cor- mi, sulla scia di Don Bosco: don Ricca, Marco www.cgsweb.it so del pomeriggio di sabato 6 aprile. Il giovane Naso e don Faoro. Storie oggi coraggiose e Edicola virtuale di Diari di Cineclub 47 n. 72 Nonostante il noir. Riflessioni su Fernando Di Leo Il cinema degli arti- modo tale che all’epoca dell’uscita fece scan- giani è, perlopiù, dif- dalo. Un approccio alla cinematografia con- ferente da quello degli creto, diretto, quasi carnale, in cui sullo scher- artisti. È come se esi- mo la rappresentazione dei temi trattati è stesse una distinzione vivida, vibrante e soprattutto realistica come seppur labile fra que- non mai. Da lì in poi si apre il Post-Sessantot- Andrea Fabriziani gli autori che il cine- to, il periodo delle rivoluzioni e le loro conse- ma lo fanno con la pancia e chi invece lo fa con guenze. Nei primi anni del decennio, Di Leo si la testa, chi con la mano e chi con l’occhio. Un cimenta nella celebre Trilogia del Milieu, ispi- pomeriggio, mentre accompagnavo Deborah rata alla letteratura di Giorgio Scerbanenco, Farina, regista del documentario ormai cult costituita da Milano Calibro 9, La mala ordina e Down By Di Leo, abbiamo iniziato a chiacchie- Il boss, tutti girati nel giro di un paio d’anni. rare di Di Leo. La domanda fu: “Quanto vai al Nonostante i racconti noir dello scrittore di cinema?”. “Piuttosto spesso”, risposi, ma sul cine- origine ucraina come Stazione centrale ammaz- ma di serie b, per capirci, quello degli artigia- zare subito, il soggetto e la sceneggiatura del ni, non quello degli artisti, non ero ferrato. primo film sono originali, frutto dell’inven- Fernando Di Leo sì, lui lo conoscevo già. Negli zione di Di Leo che non fa un vero e proprio ultimi anni una fortunata intervista che Bar- adattamento delle opere di Scerbanenco. Si bara Bouchet ha condotto con Quentin Taran- tratta di pellicole molto fortunate per l’autore tino durante il periodo festivaliero di Venezia, e per il cinema italiano nella sua totalità: a li- lo ha riportato in auge. Il popolare regista vello di pubblico e apprezzamento, il cinema americano ha parlato proprio di Di Leo e del di genere prospera così lungo fino alla fine del suo cinema, di quanto lo abbia ispirato e di decennio, fra poliziesco, cinema erotico, il come Milano Calibro 9 sia il miglior film noir giallo, l’horror e la commedia nel suo periodo italiano. Ai cinefili tali affermazioni non- sa del tramonto della Commedia all’italiana. Al ranno passate inosservate. Lo stesso regista tempo stesso, per i produttori, il cinema di ge- pugliese, prima di lasciarci, dichiarò di essere nere di Di Leo è un’occasione da non manca- sinceramente lusingato dall’ammirazione di re, fatto di film dal budget contenuto, spesso Tarantino nei suoi confronti, ma aggiunse coprodotti con l’estero e quindi distribuiti sia anche che la rivalutazione critica del suo cine- in Italia, dove ovviamente avevano ampio ma è qualcosa che non lo toccava poi molto. mercato, sia all’estero. Questa forte interna- Lui sapeva quanto valeva il suo lavoro, o alme- zionalità del suo cinema attira anche celebrità no così disse. Di certo non si è mai sentito un artista, uno di quelli ispirati dall’onirico o da dimensioni altre. Umile e prag- matico, si dimostrò lucidamen- te, anche dopo anni e anni di carriera, un vero mestierante. Un artigiano del cinema, ap- punto. È anche vero che se Ta- rantino parla di Milano Calibro 9 con parole così appassionate, allora il film dev’essere davvero qualcosa di valido oltre la sfera del cinema di serie b o di genere. Ed è proprio così. Il suo percorso è lungo e parte da lonta- no, dai paesini della provincia di Foggia dove conosce e frequenta Renzo Arbore, tra il circo- straniere disposte con entusiasmo a girare lo Daunia con il grammofono che mandava film in Italia che parlassero di mafia, di spara- musica da ballare e i pomeriggi a sedurre ra- torie e di crimine. E forse proprio da questa gazze. Nonostante l’avversione per l’ambiente sua forte internazionalità deriva la capacità di scolastico, passa per gli studi di giurispruden- raccontare storie così particolari, radicate al za e quelli di cinema al CSC di Roma. Lì inizia territorio e al milieu italiano, eppure al tempo come sceneggiatore e, contemporaneamente stesso così universali. Nonostante il noir, no- all’apprendimento degli strumenti della scrit- nostante Scerbanenco e la fama, tutti amano tura (tra cui la poesia), inizia anche a svilup- ricordare Fernando Di Leo come un uomo pare il suo occhio registico, la sua particolare umile e gentile: quando fondò la sua casa di visione da storyteller, per così dire. Nei primi produzione, la Daunia, diede lavoro a molte ’60 scrive non accreditato anche per Sergio persone ma arrivato il fallimento dell’impre- Leone, per poi passare ai western con Vincen- sa, il dolore di togliere lavoro a quelle stesse zo Dell’Aquila, ma è alla fine del decennio, con persone lo distrusse. Un uomo umile e prag- i film Brucia ragazzo, brucia e Amarsi male che matico. Un artigiano del cinema, appunto. Di Leo inizia davvero a porsi al centro dell’at- tenzione. I due film sono figli del tempo, della rivoluzione quasi, ed esplorano la sessualità nei rapporti borghesi fra uomo e donna in un Andrea Fabriziani 48 [email protected] Robinù Caro Michele Santoro, Sono rimasto in piedi, ad ascoltarti con la va- irrorando i più lontani vasi del cervello, ne è la nel tempo, ho realizza- ligia in mano. Subito mi accorgo che non stavi Verità. Tutte queste cose, apparentemente to due film lungome- facendo giornalismo, ma che stavi presentan- così semplici, che come ben sai sono le più dif- traggi Vrindàvan Film do una tua opera. Mi tornava alla mente di ficili, sono nel tuo film in somma copia. Sono Studios, con Enzo De averne sentito e letto, un paio d’anni prima convinto che oggi la commozione sgorghi so- Lamberto Lambertini Caro (a Calcutta) e Fuo- (ormai mi capita più di leggere, nell’unico lo dalla verità, unica fonte primaria. Non per co su di Me, con Omar giornale che leggo, che di vedere, i film che forza fonte di pianto. Assolutamente no, an- Sharif (negli anni di Gioacchino Murat, a Na- escono). Ed ecco infatti il titolo e le prime, fol- che se io, alla fine, ho pianto. Solo alla fine, poli e a Procida). Tutti e due furono un modo, goranti, immagini. Nei minuti della pubblici- trattenuto dal ritmo della visione e dalla nota la ricerca di un modo, per testimoniare e rac- tà mi sono tolto il cappotto, lavato le mani e continua della compassione. Dagli occhi che contare il mio amore per Napoli. Una Napoli rimesso comodo. Così sono rimasto, immobi- mi guardavano di ogni personaggio, anche il di Storia, di Letteratura, di Teatro, di Favola, le, al buio, a pensare e ripensare. Mi turbava, più marginale. Ho pianto alla fine, perché di Sogno, un popolo dalle radici multiformi, attraendomi, ogni volto, ogni moto, ogni pa- quei fuochi d’artificio dedicati ai carcerati, soprattutto orientali. Adesso ci provo per la rola, ogni immagine. Ho sempre sofferto le così sinceri e insieme così paradossali, mi terza volta, nella speranza di riuscirci. hanno scosso. Il pianto anche quan- E’ in preparazione un film ispirato al do sembra per gli altri, si scatena principe di Sansevero, ambientato dentro di noi, smuovendo il rimosso nei nostri giorni. Questa volta non di antichi dolori, desideri, persone, vuole essere l’utopia del “cinema”, e figure, momenti. Cose dimenticate e nemmeno l’utopia della “rivoluzione”. invece ben nascoste nel buio della Sarà l’utopia della “salvezza”. Dun- mente. Come posso star calmi e do- que, come vedi, non sono un critico, minarmi, quando la musica, e che ac- in verità nemmeno un cinefilo, uno compagnamento, duramente acca- studioso di arte cinematografica. Tut- rezza le distese dei tetti e delle tavia, quando vedo Napoli che “si rap- cupole, frugando in dettaglio, angoli presenta” troppo, come dice il caro e scorci notturni? Quando si allarga amico e professore Aldo Masullo, in- nelle strade luminose, trafficate e vece di “presentarsi”, anch’io alzo le vuote della nostra città? Quando si mani. “Ma non è la città che si rappre- addentra con timido passo e lucido senta – continua Masullo - sono i suoi sguardo nell’invivibile povertà delle cittadini a rappresentarla, caricando- stanze? Quando, dalla più elegante la di una serie di maschere, potrem- delle inquadrature, ti fissano due oc- mo dire, che sono teatro. Ma la città, chi intelligenti, pesti di sfida ango- quella autentica, non è teatro, è uma- sciata e spavalda, infantile e guerre- nità sofferta. E queste strade, questi sca, di paura e di rassegnazione, di vicoli, queste scale sono il documento ansia e di coraggio? Pesti di sangue di questa sofferenza.” Dopo i film di versato, di destini segnati, di vite Vittorio De Sica, rarissimi sono stati senza più riscatto, senza più speran- casi di divertimento, amore e verità za? Occhi pesti di inaudita bellezza, sul palcoscenico naturale di Napoli. come quelli del protagonista, che ci Qualità che invece ho trovato, a sor- fanno sperare per un attimo che sia- presa, nella visione del tuo Robinù. no di un bravissimo attore e non di Non vado molto al cinema, né fre- un ragazzo perduto in carne e ossa? quento la nostra televisione, ma non è Con i titoli di coda il messaggio poli- la mia un’assenza snobistica, è solo tico, per quanto necessario e sentito, colpa dei lunghi viaggi della mente, svanisce, sommerso dai temi, più degli oscuri labirinti del fare (ultima, universali, dei grandi romanzi clas- una monumentale Divina Commedia sici dell’ottocento: delitto e castigo, cinematografica, che mi ha travolto, “Robinù” (2016) di Michele Santoro luce e tenebre, genitori e figli, scuola con fatica e ardore, per dieci anni di intenso cosiddette regole, fin dagli inizi dei miei lavo- e degrado, l’allegria, il dolore, la vita, la morte, cammino). A sorpresa dico, perché adesso, è ri in RAI, con l’indimenticato Enrico Zummo, il sogno... basta, chiudo questa mia lettera, di- un sentito dovere, o una patetica furbizia, e Pinotto Fava e Gianni My, ed anche altri un retta e personale, anche se la nostra amicizia, parlare della miseria, del crimine, del dram- poco più dimenticati. Obbligavo l’operatore, il oltre che spirituale, si riduce ai saluti incro- ma della sopravvivenza, dell’obbrobrio delle fonico, il montatore, per non parlare dei pro- ciati in vecchi, radiofonici, corridoi. Se fossi il politiche, della disperazione dei vecchi e dei duttori, a sperimentare interviste senza do- critico che non sono, ti darei (poi che oggi si bambini, del dolore delle mamme. Tutto giu- mande, spudoratamente tacendo al fianco usa dare il voto) 10 con lode e abbraccio acca- sto. Ma con quali risultati, quando invece della cinepresa, fino a che il malcapitato, im- demico, oltre a una forte stretta di mano di fe- d’esser cronaca, si tratta di arte? Ma se ho vo- barazzato, ma anche divertito, se non addirit- lice, stupefatta sorpresa, per aver trattato, glia di scriverti, non è certo per dolermi degli tura scosso da irrefrenabile “fou rire”, non si contro ogni comune andare, un tema così sa- errori altrui, ma per congratularmi del tuo decidesse a partire da sé, da chissà dove, che cro e dolente. successo, della tua perfetta riuscita. Ero appe- poi si rivelava un punto profondo, ignoto an- Lamberto Lambertini na tornato a casa da una tappa del mio tour che a lui stesso, ricco di coraggiosa, impudica Pittore, scrittore, regista. Napoli, Parigi, Roma, Napoli. che porta il “mio Dante” nelle scuole d’Italia, verità. Questa stessa modalità tecnica è la Spi- Originali radiofonici intorno a Casanova, Sade, Proust e quando, sullo schermo ho visto te che, con rit- na Dorsale del tuo magnifico racconto. L’Ani- Diabolik. Dodici anni di teatro, autore e regista, con Pep- mo di raffinato duellante, due passi indietro e ma sta in quel nonsoché, che quando non è pe e Concetta Barra. Cinema a Calcutta, Napoli e Proci- tre attacchi in avanti, altalenavi desuete paro- rabbia è amore. Lo stile, il linguaggio, la caden- da. Voce e regia di una lettura cinematografica dell’intera le in lingua, con aggressivi epiteti dialettali. za ne formano il Cuore. Il Sangue che scorre, Divina Commedia 49 n. 72 Firenze FilmCorti Festival 30 aprile. Stop iscrizione opere in concorso per la VI edizione edizione del Festival dei Corti - Le Murate PAC, Piazza delle Murate | Firenze, 30 maggio - 2 Giugno orario 10.00-23.00 Anche quest’anno si svolgerà l’ormai tradizio- nale e sempre più atteso appuntamento con i film corti a Firenze. Infatti il Firenze FilmCor- ti Festival, presieduto da Marino Demata con la V.presidenza di Angelo Tantaro e organiz- zato da Rive Gauche di Firenze, è giunto or- mai alla sesta edizione, forte dei grandi suc- cessi delle edizioni precedenti e si aprirà il 30 maggio mattina, per proseguire fino alla do- menica del 2 giugno notte, con le premiazioni dei migliori film. Le sezioni di scena dal 30 maggio al 2 giugno sono quella generale dei Film Corti in concorso e le Opere Prime. Si so- no iscritti al concorso circa 700 film prove- nienti da tutto il mondo, dagli Stati europei, all’America Latina, all’India, all’Australia. Sen- za dimenticare la Cina, già vincitrice della quarta edizione del Festival, il Giappone ed altre importanti presenze asiatiche. Segnalia- mo anche la partecipazione di importanti ca- se di distribuzione, che hanno scelto il Festi- val di Firenze per portare alla ribalta le opere migliori. Ricordiamo che la scadenza per la presentazione delle opere è fissata per il 30 aprile. Durante il Festival saranno proiettati circa 100 film, tra quelli a concorso e quelli fuori concor- so. Non mancheranno ospiti di grande prestigio in una serie di incontri introdotti dalla Diret- trice Artistica Cristina Puccinelli: – Il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, prof. Claudio Rocca, discuterà con Valentina Gensini, Direttrice Artistica de Le Murate, di Arti Visuali e Cinema – La presidente dell’Assemblea legislativa Emilia-Romagna, Simonetta Saliera presen- terà il film realizzato dal Consiglio Regionale “Cantiere 2 agosto”. Parteciperanno, tra gli al- tri, il regista Matteo Belli e la storica Cinzia Venturoli , oltre ad un rappresentante dell’As- sociazione parenti delle vittime. Partecipe- ranno inoltre il Presidente del Consiglio Re- gionale della Toscana Eugenio Giani, il Comune di Firenze e la Toscana Film Com- mission. – L’attore David Riondino sarà protagonista del monologo “Corti di carta. Digressione su sonetti strambotti e affini.” prof.ssa UniFirenze; Federi- – Panel CNA cinema e audiovisivo Toscana e co Micali, regista; CNA agroalimentare. Dialogo tra settori per 6° Firenze FilmCorti Festi- la valorizzazione del territorio val 30 maggio-2 giugno , Le – Voci-Volto (Incontro col regista Matteo Belli Murate PAC, Piazza delle sulla voce dell’attore) Murate, Firenze, orario – Il pubblico incontra il regista Paolo Sassa- 10.00-23.00 nelli www.firenzefilmcortifesti- – Proiezione straordinaria del lungometrag- val.com è presente sulle gio di Paolo Sassanelli “Due piccoli italiani”. principali piattavorme so- – Incontro col Festival di Edimburgo, gemel- cial lato col Firenze FilmCorti Festival E’ sostenuto da Diari di Ci- – Incontro col regista Mimmo Calopresti, Pre- neclub | Media Partner per- sidente della Giuria del Festival composta da ché è uin fesival d’eccellenza Elisabetta Pandimiglio, regista; Silvia Pezzoli, DdC 50 [email protected] Qualche goccia del tuo sangue: alcune riflessioni sui vampiri nella fiction Il vampiro è uno degli dall’altro il conte Orlock, una figura che nasce degli anni ‘80 e ‘90 e ci sbatterà davanti agli archetipi che affonda sì per evitare una violazione di diritti ma che occhi il dazio che come società abbiam pagato le sue radici nella sto- diverrà a sua volta un archetipo: il Nosferatu, senza rendercene conto. Non importa il nome ria dell’umanità: un il vampiro mostruoso. Ormai la rivoluzione è che prenderà, ormai non è più il signore del cacciatore di forze vi- in atto e non vi è spazio per i rimasugli di un creato, il demone antico da cui ci si doveva tali, un essere che in passato di superstizioni e tradizioni. Il Positi- proteggere o il nobile seducente che chiedeva qualche modo rompe vismo ha spazzato via il mondo statico e grot- il suo tributo, esattamente come noi deve fare le regole del creato an- tesco della tradizione, o almeno così sembra, i conti con una forza ancora maggiore rispet- Nicola Santagostino dando oltre la morte, poiché il vampiro con tutta la sua carica di or- to a quella della morte, cioè quella dello Spiri- ultimo confine dell’umanità, e per questo co- rore tornerà negli anni dell’eroina, nel benessere to del Tempo. Prodotti come The Addiction di stretto a pagare dazio sottraendo il tempo Abel Ferrara o il Diciottesimo Vampiro di di cui abusa ad altre vite. Una creatura Claudio Vergnani (edito da Acheron Bo- perfettamente in linea con un mondo dif- oks) portano avanti questa linea di pen- ferente e meno legato alla razionalità, do- siero: in essi ormai possiamo solo parlare ve è ovvio che il più grosso taboo da rom- di “succhiasangue” privi della nobiltà del pere, cioè quello del cerchio della vita, passato, mostri veri e proprio divorati da richiede una punizione drammatica. La una fame che non lascia spazio ad altro. forza vitale, sia essa sotto forma di san- Anche la stessa Anne Rice nella sua saga gue, respiro o anche solo semplice energia che si aprirà con “Intervista col vampiro” spirituale, diviene quindi il nutrimento di ci mostrerà da una parte una grande di- un essere che non segue più le regole del gnità e una elegante raffinatezza in que- mondo dei vivi, che non è in grado di me- ste figure, ma nel contempo ci mostrerà tabolizzare dal normale nutrimento ciò davvero il lato oscuro di un essere che vive che a lui serve per sostenersi e deve quin- la sua condizione come una maledizione di attingere ad esso in una forma già raffi- aberrante che lo rende distante dagli altri nata (non è un caso se Ulisse userà pro- e che lo imprigiona in un mondo interiore prio il sangue per attrarre gli spettri statico da cui cerca di fuggire nasconden- dell’Ade nell’Odissea), obbligando quindi dosi in società di suoi simili, veri e propri il grande ribelle a dover togliere vite, con- ghetti di individui superiori agli uomini e tinuando quindi in una forma spietata di allo stesso tempo inferiori ad essi. Con- contrappasso a cercare di rompere il con- cludiamo quindi questo breve (e limitato) testo sociale in cui vive. Una punizione excursus toccando uno dei capolavori del perfettamente in linea con un mondo do- mondo del gioco di ruolo: Vampiri la Ma- ve sì vi era fermento culturale, ma l’ordine squerade. Questo gioco, edito alla casa richiedeva staticità (pensiamo alla Repub- editrice White Wolf nel 1991 e giunto or- blica di Platone, un regno utopico secon- mai alla sua quinta edizione, localizzata do il suo autore ma di cui Aldous Huxley in Italia dalla Need Games, può vantarsi farà una sua rilettura nel Nuovo Mondo di essere riuscito a riunire tutti gli arche- mostrandolo con gli occhi e la sensibilità tipi vampirici sotto un’unica bandiera, in- di una nuova epoca). Passano gli anni fatti sarà possibile impersonare esseri co- (scusate i salti temporali così repentini, me i seducenti Toreador, amanti dell’arte ma la storia del vampirismo antico parte e del vizio, i mostruosi Nosferatu, male- dalla mitologia della Lilith ebraica e in al- detti da un aspetto disumano e grottesco, cune zone del mondo ancora prima) e as- gli economicamente possenti Ventrue, i sistiamo alla nascita di Lord Ruthven di ribelli Brujah e altri ancora, costretti, John William Polidori, nato la stessa notte nell’ultima edizione, a convivere sotto lo di tempesta della Creatura di Frankestein stesso tetto di una grande organizzazione ed entrambi figli di un nuovo sentore gestita da membri più anziani: la Cama- nell’aria, il famoso vento dell’Est di cui rilla. Il gioco però non si limita solo alla Percy Bissey Shelley scriverà. Sta arrivan- politica di un mondo alieno ai mortali, do un nuovo mondo e la nobiltà agli occhi detti comunemente vacche, ma pone da- del popolo è sì conturbante, ma è pure vanti al giocatore l’orrore personale di do- oscura e perversa, un passato che deve es- versi confrontare costantemente con la sere spazzato via, e quindi affinché essa si Bestia, un lato dell’animo del vampiro fe- artigli al suo status è necessario pagare rocemente ferale che scalpita per uscire e dazio, ma quale? Il sangue. Si comincia a trattenuto solo dalla gabbia dell’Umanità. notare un certo filo rosso, non credete? Ma un essere che deve nutrirsi di esseri Passano gli anni e dalla carta si passa al ci- umani non può fare altro che vedere que- nema, dove il vampiro diviene un mostro sta gabbia lentamente consumarsi, per- vero e proprio, ma la sua aura di terrore si dendo un pezzo alla volta se stesso davan- affievolisce, merito forse dei lumi della ra- ti alla crudeltà di un mondo dove sei gione e dell’ottimismo nei confronti di un preda o predatore, sia nella politica vam- mondo che potrebbe essere il migliore di pirica che rispetto agli umani. quelli possibili, quindi abbiamo da una parte il Dracula che sfiora la macchietta e Nicola Santagostino

51 n. 72 Freaks: il folle circo di Tod Browning Ci sono dei film che del produttore Irving sono dei piccoli mira- Thalberg della MGM per coli e sicuramente Fre- portarlo a compimento. aks di Tod Browning, La storia, ambientata in uscito nel 1932, rientra un circo francese, parla tra questi. Si tratta, di due nani di origine Ignazio Gori come è stato impro- tedesca, Hans (Harry priamente e più volte Earles) e la sua compa- ribattezzato, di un film maledetto, in quanto gna Frida (Daisy Earles), ha dovuto fronteggiare dei feroci oppositori fratello e sorella nella vi- sin dall’inizio. I giudizi andavano dal profon- ta reale, che attraversa- damente sgradevole, all’immorale, all’offensi- no una crisi sentimen- vo. Sin dal titolo infatti – in inglese freak ha tale. Harry infatti si l’accezione di mostriciattolo, di deforme, di invaghisce della bella e sempliciotto, ma anche di reietto della società, diabolica trapezista Ve- di indegno, di qualcuno costretto a vivere da nus (Leila Hyams), la circense solo per il sollievo e lo scherno di chi quale, speculando sull’a- è o si ritiene “normale”. In realtà il film di more del nano, tenero e Browning – genio assoluto, appassio- nato di horror e autore nel 1931 del pri- mo film hollywoodiano sui vampiri, Hercules in un cadavere mutilato e Ve- Dracula, con Bela Lugosi – non ha nulla nus, chissà per quale castigo divino, in di grottesco, anzi, semmai si tratta di un mostro metà donna metà gallinac- un’opera limpida, trasparente, sul vero cia – una sorta di arpia moderna – essa amore e sulla fratellanza, con il quale si stessa attrazione futura, come un eter- vuol dire – ed è stato forse questo l’a- no supplizio di Tantalo, del circo. Quel- spetto più “scandaloso” percepito all’u- lo che probabilmente sconvolse il pub- scita della pellicola – che la “mostruosi- blico alla prima proiezione del film non tà”, the freakness, non è necessariamente fu probabilmente solo il fatto che i frea- nel mostrare in pubblico un corpo sgra- ks fossero interpretati da veri freaks ma ziato e giocare con esso, ma si nasconde come fosse stata palesata in maniera nei comportamenti quotidiani degli spietata e cruda la morale della storia. uomini, nel tradimento, nel raggiro, Gli spettatori di San Diego, California, nella mancanza di rispetto e di umani- dove si svolse la premier, inorridirono di- tà. Per raccontare meglio il passaggio fronte a certe scene e fuggirono dalla sa- dal mostruoso al mutante (vedasi Lon la, altri addirittura svennero. Browning Chaney, ammirato dal regista) Brow- e Thalberg furono costretti a tagliare al- ning aveva bisogno di una parabola cri- cune scene, come la celeberrima castra- stiana, la parabola del “diverso”, il qua- zione di Hercules nel finale – castrazio- le, conscio della sua “passività”, della ne/vendetta per la sua distorta virilità sua “posizione subordinata” rispetto al – finendo per avere, ed è questa la ver- resto del mondo, vorrebbe, solo munito sione che circola da sempre anche in di puri sentimenti, farsi “uguale”, non dvd, un’opera di appena 62 minuti. Un attraverso la ribellione – come nel cini- vero peccato, non solo per i cinefili, ma co e spietato Anche i nani hanno comin- per uno studio antropologico più ap- ciato da piccoli di Werner Herzog (1970) profondito. Freaks infatti non è solo un – ma facendo valere i propri diritti, fino capolavoro cinematografico, ma è un alla violenza necessaria, fino a un finale esperimento “trans-umano” mai più ri- da perfetta legge del contrappasso dan- petuto, uno sbalorditivo “ponte emo- tesco e dunque con un’inversione dei zionale”, uno stargate tra le due intimità ruoli: i castigatori saranno castigati e principali di un uomo: la compassione con eterno sberleffo. Il regista, nativo di sentirsi uguali e la compassione di di Lousiville – patria della rinomata università ingenuo, si mette d’accordo con il suo vero sentirsi unici. Stranamente, forse per lo scan- Kentucky University e della blasonata squa- amante, il forzuto Hercules (Henry Victor) dalo che circolava intorno alla pellicola, il film dra di basket per tanti anni condotta dal raz- per spennare il piccoletto e poi ucciderlo. Per tagliato incassò molto più del previsto in mol- zista Adolph Rupp – aveva la sfrenata passio- la disperazione di Frida, Hans si lascerà in- te città degli Stati Uniti, contrariamente alla ne del circo e da adolescente scappò di casa gannare e sposerà la donna ingannatrice, la critica che non esitò a stroncarlo come una per unirsi a baracconi itineranti, spettacoli di quale lo avvelena sperando di sottrargli tutto immorale baracconata. Il film sconvolse an- vaudeville e a minstrel shows come comico, bal- il denaro e fuggire con il forzuto. Ma gli amici che oltreoceano, e precisamente in Inghilter- lerino e attore. E dunque quale miglior occa- del circo, i colleghi di scherni e di disgrazie, il ra, tanto che fu vietato per trent’anni, dove il sione di girare un film ambientato in un cir- negro-moncone (il leggendario guyanese pubblico puritano invece che sul valore della co? Di raccontare, con un taglio assolutamente Prince Randian), le sorelle siamesi, la donna pellicola preferiva soffermarsi su alcuni frivo- innovativo, una famiglia allargata di veri frea- barbuta, l’ermafrodito e gli altri omuncoli pri- li e pruriginosi quesiti che esso poneva in for- ks da coordinare con precisa maestria? La sce- vi di mani o piedi, intuiscono il malaffare e ma provocatoria. Il figlio della donna barbuta, neggiatura è tratta da un libro di Clarence non solo salveranno Hans, benedicendo il ve- avrà la barba anche da neonato? Come fanno Robbins, Spurs, e ci volle tutto il coraggio e la de- ro amore che lo unisce a Frida, ma, in un fina- sesso due donne siamesi se si sposano con due terminazione di Browning nonché l’appoggio le sconvolgente e spericolato, trasformeranno segue a pag. successiva 52 [email protected] segue da pag. precedente Sguardi dal Nord uomini diversi? Verso quale sesso propende un ermafrodito? Per non dire di come avesse fatto il circense uomo-moncone e già citato Border – creature di confine Prince Randian a sposare una donna cono- Ali Abbasi – regista sve- sciuta solo come Princess Sarah, una specie di dese di origini iraniane strega hindù, che gli diede quattro figli, a Pa- – ha adattato per il terson, New Jersey, cittadina che ha ispirato grande schermo la sto- Paterson, poetico film tributo di Jim Jarmusch, ria, travolgente e di- il quale però ha dimenticato di menzionare tra sturbante al contempo, gli illustri cittadini (Allen Ginsberg, Lou Co- Giorgia Bruni che lo scrittore John stello …) il misterioso Prince. Insomma, quella Ajvide Lindqvist – nativo di Stoccolma e defi- di Freaks sembrava essere una vera e propria nito lo “Stephen King scandinavo”- racconta maledizione, e c’è voluto il Festival di Cannes nel romanzo omonimo Border. Nel film il sur- del 1962 e cinque anni dopo quello di Venezia reale si mescola mirabilmente al reale laddove per rivalutare appieno e meritatamente, anche la dimensione – quasi filosofica - di un confi- da parte della critica, questo autentico gioiello ne fisico e metafisico, diviene l’esoscheletro ineguagliato, tanto da attirare il visibilio di Al- su cui si struttura mano a mano, la narrazio- berto Lattuada e di Federico Fellini. Ma il circo ne. La vegetazione maestosa e fredda dei bo- di Browning non è il circo del nostro Federico, schi nord europei si trasforma nella perfetta non è la posticcia rappresentazione, crassa e ambientazione per una sorta di favola gotica carnevalesca, di una massa popolare; quella di sulla diversità dai risvolti inquietanti. Tina, eroina diametralmente opposta al precetto greco del kalos kai agatos, è affetta da una defor- mità concentrata soprattutto sui connotati fac- ciali che le conferiscono un’aura bestiale e primiti- va. L’aspetto esteriore, d’altronde, si contrappone fortemente alla sua personalità ed entra in col- lisione altresì con il dono sopranaturale di cui è cui può spingere la malvagità, umana e non. dotata: il suo fiuto infallibile per il male o, me- Ciò che colpisce maggiormente di Border è il glio, per l’odore del male. Peculiarità accolta respiro teso dall’inizio alla fine, è la creazione senza segni di stupore nell’apparente normali- di un’armonia spettrale, grottesca eppure im- tà da cui è circondata. La straordinaria abilità peccabile dove i tasselli della storia danzano e è stata da lei sfruttata in un vero e proprio la- si esibiscono sullo schermo – deformandosi voro: Tina, infatti, è la super addetta ai con- per attirare l’attenzione dello spettatore su trolli della frontiera. Seppure i cani del ragaz- uno o due particolari – per poi tornare al loro Browning è diversamente la rappresentazione zo che vive sulle sue spalle, e in generale tutti posto. Abbasi si muove agilmente nello spazio sincera, senza filtri, e dunque tenera, crudele, gli animali in cui incappa, le abbaino senza valorizzandolo e mistificandolo al tempo stes- spietata, malinconica, ambigua … della vita nel pietà o la fuggano impauriti, la donna ama so per usarlo come mezzo di connessione tra suo intero complesso sentimentale. I mostri- immergersi nella natura dove sembra perce- lo schermo e la psiche degli spettatori: le in- ciattoli di Browning non sono maschere di pire almeno un briciolo d’appartenenza. Do- quadrature claustrofobiche in cui la macchina sentimenti, non sono i clowns che Fellini tanto cile e assuefatta al cosiddetto “mondo degli da presa sembra letteralmente posarsi sui amava; il nano Hans dice infatti, tra lo scherno umani”, Tina non ha ancora scoperto davvero corpi ferini di Tina e Vore, non offuscano l’in- generale del circo, che lo irride per la sua illu- se stessa ma neppure pare desiderosa di intra- canto dello specchio d’acqua dove i due si ap- sione amorosa: “Gli altri ridono, credendo che prendere quello che – a giudicare dai fattori partano giocando proprio sul contrasto estre- non possa avere sentimenti come un uomo contingenti esterni – si configura a tutti gli ef- mo, disturbante tra la bellezza incontaminata normale, ma io provo gli stessi sentimenti de- fetti come un doloroso percorso interiore. L’in- del bosco atavico – quasi fiabesco – e la coppia gli altri.” Un mostro questo non lo dice, un contro con l’ambiguo Vore, segnerà un punto fisicamente mostruosa che ne gode. Opere di clown non dice queste parole, preferendo di non ritorno. Il raggiungimento della piena questo calibro incrementano le speranze di prendersi gioco di se stesso, perché è quella la cognizione del suo essere “altro” - appunto un futuro più luminoso e meno incerto per la sua dimensione. Browning dunque ha saputo creatura “di confine”- e del drammatico pas- settima arte. dare – ed è questa la forza miracolosa di Freaks, sato subito dalla sua specie, combacerà per Ti- attuale dopo 96 anni! – a personaggi del som- na con la rivelazione di uno dei più orridi lati Giorgia Bruni merso, marginali e folkloristici, come pappa- galli sul trespolo o scimmiette ammaestrate, una vera dignità umana. L’apice del film è rap- presentato da una battuta pronunciata dalla madrina del circo, Madame Tetrallini (Rose Dione) che ha in cura alcune buffe creaturine, la quale rimprovera i suoi “bambini” pubblica- mente dicendogli che non devono nascondersi e vergognarsi dello scherno e dello sprezzo delle persone “normali”, perché “Dio non di- mentica nessuna delle sue creature”. Altro che film maledetto,Freaks è un miracolo moderno, sudato, sofferto, profondamente umano, ispi- rato ai salmi biblici.

Ignazio Gori 53 n. 72

Due film a confronto Trovandomi a scrivere del film Domani é un altro giorno, diretto da Simone Spada e interpretato da Marco Giallini e Valerio Mastandrea, versione nostrana del film Truman, un vero amico è per sempre (uscito nel 2015 per la regia di Cesc Gay), ho ravvisato una somiglianza tale da ritenere giusto proporre di ripubblicare lo scritto che avevo elaborato in occasione dell’uscita del film ispano-argentino. L’operazione non é priva di malizia. È quasi inutile aggiungere che produrre film fotocopia non giovi al nostro cinema, almeno quanto sia poco proficua un’operazione come questa italiana, destinata ad essere ricordata solo come “remake di...”; ed é un peccato, soprattutto per la bravura di Giallini e Mastandrea. I due infatti, hanno dato prova di essere credibili, profondi e malinconici, al punto da poter essere riconosciuti come una delle migliori coppie che il nostro cinema Giulia Zoppi possa vantare

Giulia Zoppi Truman, un vero amico è per sempre Regia di Cesc Gay. Con Ricardo Darín, Javier Cámara, Dolores Fonzi, Eduard Fernández, Alex Brendemühl. Titolo originale Truman. Commedia, durata 108 min. - Spagna, Argentina 2015

Come accade di frequente e spesso non è una tanti anni di assenza e le ragioni sono diverse: subito si capisce che Julian cerca complicità e scelta felice, anche per questa pellicola ispano rivederlo, dargli il conforto di cui ha bisogno e vicinanza da Tomas, per quanto non sia affat- argentina che ha fatto incetta di premi Goya e tentare di convincerlo a rinunciare alla sua de- to disposto a recedere di un millimetro rispet- girato con favore molti festival internazionali, cisione rispetto alle terapie. I due amici non to alle sue decisioni. Julian è l’amico più co- l’uscita italiana aggiunge al titolo originale potrebbero essere più diversi, timido e quasi raggioso che abbia, sostiene Tomas, mentre Truman un sottotitolo banale, quasi puerile ed impacciato Tomas (perfetto deuteragonista che Tomas è il compagno generoso, colui che ha è un peccato, perché la sto- sempre dato senza mai chie- ria non lo merita (e c’è da dere niente in cambio e chiedersi il perché di questa quest’alchimia è una delle sciocca abitudine, che in- ragioni della loro lunga ed sieme al doppiaggio, altera inossidabile amicizia. La vi- il messaggio del film pena- ta di ognuno di noi è costel- lizzandolo sistematicamen- lata di incontri più o meno te). Cesc Gay qui alla sua fugaci e fortunati ma sono prima opera, grazie soprat- poche le persone che voglia- tutto ad un cast ecceziona- mo vicino nel momento del le, riesce a confezionare un bisogno. Questa riflessione film quasi perfetto per deli- è il frutto di tante notti in- catezza e profonda sensibi- sonni per Julian, tra una boc- lità, traendo dalla quotidia- cata di marjuana e un bic- nità di una coppia di amici, chiere di whisky, e per ogni più di una lezione di vita, atto coraggioso che riuscirà sorprendentemente. I temi a compiere, c’è la rinuncia a affrontati sono molteplici e si riassumono in lascia al suo comprimario la scena, agevolan- qualcosa per contrapposizione, insieme alla una trama lineare che vede lo spagnolo Tomas done la purezza della performance, come in consapevolezza che in ogni rapporto umano (un efficace e misurato Javier Càmara) lascia- un gioco di rimandi e specchi perfettamente ognuno dà quello che può e che non tutti sono re di buon mattino la sua famiglia canadese, congegnato), istrionico affascinante e sfron- in grado di rispondere al dolore e alla paura per raggiungere l’amico di una vita Julian a tato Julian (come sembra poter essere lo stes- con la stessa forza e la medesima lucidità con Madrid dove si è gravemente ammalato, allo so Ricardo Darín, interamente calato nel ruo- la quale lui stesso sta organizzando la sua scopo di congedarsi dal loro lungo legame nel lo, intenso, sottile e magnifico interprete drammatica dipartita. La malattia, percorso miglior modo possibile. Julian è un attore ar- come in ogni suo film, tanto da chiedersi cosa quasi obbligato nell’esistenza umana, ha un gentino oramai stabilitosi in Spagna dove si è ne sarebbe della pellicola senza di lui), alle solo risvolto positivo, aiuta a perfezionare la sposato, ha divorziato e ha cresciuto un figlio prese con la scelta più difficile tra tutte, mori- propria individuale lista di priorità e rimette di 20 anni Nico che ora studia ad Amsterdam. re, anticipare la propria morte, con la piena ogni casella al proprio posto. Così accade per Vive in un disordinato appartamento del cen- consapevolezza del gesto, lasciando questo il valore dei nostri rapporti affettivi che si de- tro storico e condivide la sua esistenza con un mondo per un altro (non è più ateo come una lineano magicamente davanti ai nostri occhi bellissimo esemplare di boxer, Truman, che volta) e con esso i suoi legami più profondi, nella loro cruda verità, mostrandosi per quel- seppur affaticato dall’età, mantiene intatte le sua cugina Paula, Nico, la ex moglie, l’amico lo che realmente sono, a volte sinceri altre vol- sue doti espressive e la sua dolcissima carica del cuore Tomas e naturalmente Truman, il te meno. La poca energia di Julian lo costringe emotiva (per quanto siano poche le scene in compagno fedele, il secondo figlio a quattro a selezionare le relazioni e nel contempo lo fa- cui compare, Truman è perfettamente calato zampe che deve trovare un’altra casa dove ri- cilita a liberare pensiero e parola come un per- nella parte e affatto secondario è il suo contri- prendere la sua routine canina, circondato da fetto parresiasta (colui che dice tutto ciò che buto alla storia), a cui è legato da un senti- amore e rispetto. L’incontro tra Julian e To- pensa), alle prese con l’evitabile e l’inevitabile mento stretto e sincero, tanto da considerarlo mas è commovente e delinea subito la netta ipocrisia che permea il nostro vissuto. Assi- come un secondo figlio. Il fatto è che Julian ha demarcazione dei due caratteri e la tragicità stiamo così a diverse scene in cui Julian non si deciso, dopo vari cicli di chemioterapia che del momento. L’attore sfodera un tono sarca- trattiene e dice ciò che non avrebbe mai detto non hanno fermato un tumore ai polmoni stico al cospetto dell’amico che non vede da in altre circostanze, mentre Tomas tace imba- oramai estesosi al fegato, di non continuare le tempo, lo incalza, sforna battute a raffica in- razzato, pur comprendendo che un morituro ha cure, anche se questo, probabilmente, accele- capace di trattenere i moti tumultuosi del suo sempre ragione, niente lo deve e lo può trattenere rerà la sua scomparsa. Per Tomas è quindi umore ballerino, Tomas dal canto suo è sopraf- dall’esprimersi con la franchezza di cui sente giunto il momento di affrontare l’amico dopo fatto dalla tenerezza, vinto dall’imbarazzo. Da segue a pag. successiva 54 [email protected] segue da pag. precedente consapevolezza di perdere il padre, Paula nel- e accettare il dolore della perdita e l’ingiusti- il bisogno. Per quanto la storia si dipani tra la difficile elaborazione di un lutto che rifiuta. zia della malattia. Si ride e spesso si piange in scenari domestici e poco eclatanti (salvo le E’ importante sapersi congedare, dare alle Truman ed è questo a renderlo un bel film, per scene dal palcoscenico dove Julian recita in persone amate qualcosa di sé che possano la totale mancanza di artificio, per la bellezza una piece teatrale o gli esterni ad Amsterdam conservare per sempre. Julian sente il bisogno dei rapporti di cui è intessuto, per la verità del dove egli raggiunge Nico insieme all’amico, di terminare la sua vita con garbo e gentilez- suo linguaggio meravigliosamente espresso per festeggiare il suo compleanno-regalando- za, al punto di essere capace anche di scusarsi da un gruppo di attori sempre in parte, bra- ci una delle tante scene commoventi e delicate con un amico per aver fatto sesso con la mo- vissimi. A proposito, alla fine Truman partirà di cui la pellicola è costellata-), ciò che risulta glie, finendo per commuoversi quando l’uomo alla volta del Canada insieme a Tomas, per de- impagabile in Truman è la verità con cui agi- gli presenta la sua attuale compagna felice- cisione dello stesso Julian che a sorpresa, lo scono i rapporti umani, sempre credibili, mente incinta, a dimostrare che non sempre i accompagna all’aeroporto, terminati i fatidici sempre sinceri e naturali. Eppure di naturale nostri errori hanno ricadute negative. La quattro giorni di rimpatriata con l’amico spa- nella decisione di morire anzitempo non c’è morte palesa inesorabilmente la nostra limi- gnolo. Julian presto morirà ma per Tomas il niente, anzi, c’è un lungo lavorìo interno este- tatezza, per questo è importante evitare le fol- cane rappresenterà la testimonianza dell’ami- nuante e faticoso; tuttavia se c’è qualcosa di le e ricongiungersi con i pochi testimoni sin- cizia tra lui e il suo vecchio compagno di bevu- veramente riuscito in quest’opera prima non ceri e premurosi della qualità della nostra te, incarnazione affettuosa di un legame pro- sono tanto le elucubrazioni filosofiche di -Ju vita: ognuno di loro ha potuto apprezzare e fondo e imperituro. lian sulla morte, ma la rete con la quale essa godere della nostra compagnia, amandoci per Giulia Zoppi lega a sé tutti quanti: in primis lui stesso nel quelli che siamo, con i nostri limiti e le nostre drammatico ruolo di condannato, Truman paure, pregi e difetti. Il film è disseminato di Articolo pubblicato su Diari di Cineclub n. 40 - Giugno ignaro del suo futuro, Tomas testimone scomodo piccole prove di forza che Julian impone a se 2016 di un congedo definitivo, Nico nella lacerante stesso e agli altri, è un modo per farsi coraggio

Domani è un altro giorno

Regia di Simone Spada. Con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Anna Ferzetti, Andrea Arcangeli, Jessica Cressy. Genere Commedia - Ita- lia, 2019, durata 100 minuti, distribuito da Medusa

Nelle sale da fine febbraio Domani è un altro con il suo sguardo limpido, ogni storia in cui è storico...-perché le riprese sul lungo Tevere giorno, la pellicola di Simone Spada, arrivato coinvolto) e la capacità, tra regia e sceneggia- non aggiungono granché alla storia-), ha dalla alla ribalta del pubblico con la commedia Hotel tura, di svolgere questioni affatto semplici, sua due attori come Marco Giallini e Valerio Gagarin (2018), ricalca senza rischi apparenti con una facilità e una profondità che sono ra- Mastandrea, rispettivamente Giuliano e Tom- l’opera ispano-argentina Truman, un vero ami- re nell’ambìto del cinema a larga diffusione. maso (ovvero Julian, Ricardo Darin e Tomas, co è per sempre (regia del catalano Cesc Gay, Truman non aveva e non ha difetti di sceneg- Javier Camara) che poco fanno rimpiangere 2015), che, a dispetto del titolo italiano (che ri- giatura, i due protagonisti (compreso il dol- l’argentino e lo spagnolo. Era difficile rim- porta ad un immaginario infantile, edifi- piazzare il carismatico talento di Darin e cante e banale) , affrontava temi partico- Giallini ci riesce egregiamente (il solo at- larmente difficili come il fine vita (e tore italiano la cui personalità strabordi, questioni morali ad esso afferenti), con al pari solamente di Fabrizio Gifuni, rara- una delicatezza e una misura piuttosto in- mente sugli schermi cinematografici), solite per un film della durata di meno di così pure per Mastaandrea che qui incar- due ore. I titoli di coda dell’operazione ita- na pienamente la bonomia del suo omolo- liana informano che il film è tratto da…, go iberico, senza cadere nel rischio di rap- ma sfido chiunque (salvo rivederli- en presentare se stesso (è forse il nostro trambi contemporaneamente) a trovarvi unico attore che se pur molto bravo, è im- differenze, scarti, guizzi originali in più, mutabile in ogni film che interpreti, e in questa nostra pellicola. Il film italiano questo a volte risulta limitante). Dobbia- infatti è identico a quello spagnolo e, an- mo la riuscita di queste interpretazioni ef- che se è un film riuscito (come potrebbe ficaci e realistiche alla maestria del regi- non esserlo, visto che Truman è un film sta, alla bravura attoriale della coppia e bellissimo?), dispiace un po’ compiacersi soprattutto, all’alchimia tra i due protago- dell’ennesimo remake, segno sempre po- nisti che nella vita vera sono legati da co vivificante per l’industria del cinema. un’amicizia profonda e molto antica. Si Non è un problema solo italiano però. Da nota e si vede. La commozione che irra- un pezzo un po’ ovunque fioccano film -fo diano gli sguardi tra i due amici sembra tocopia in ogni angolo tra Europa e Usa, reale, palpabile e sincera. Di buon impatto ma qui, più che altrove, non c’è stato alcun cissimo molosso Truman), sono diretti man- le prove di Anna Ferzetti nel ruolo della sorella tentativo, nemmeno il minimo, di rendere la tenendo alta la tensione e tenendo a bada il di Giuliano e di Andrea Arcangeli, il figlio del- nostra pellicola un po’ meno uguale e un po’ melodramma, dosando la commedia e la tra- lo stesso. Quanto a Paco, il pastore bovaro che più “italiana” (ovvero caratterizzata, sempre gedia in proporzioni perfette. Possiamo affer- qui rimpiazza Truman, è altrettanto buono, che l’aggettivo possa voler dir qualcosa…). Di mare la stessa cosa per il film italiano che, pur dolce e paziente…il perfetto deuteragonista Truman ho scritto in passato proprio per Diari non avendo dalla sua niente di nuovo (spiace (consideriamo la coppia un unicum inscindi- di Cineclub (e potete rileggere l’articolo ripub- constatare che anche la città dove è girato, Ro- bile), sul quale la trama si dipana, tra qualche blicato qui sopra) perché mi colpirono l’inten- ma, non sia caratterizzata quasi mai, salvo lo risata e la tenera malinconia che pervade ogni sità degli attori (su tutti Ricardo Darin, attore scorcio mozzafiato sul Colosseo, tra i vicoli di battuta dei nostri personaggi. “luminescente”, se la definizione può essere cu- un Esquilino stranamente silenzioso, una ri- cita addosso ad un attore in grado di illuminare presa dall’alto e al crepuscolo del magnifico centro Giulia Zoppi 55 n. 72

Ritratto di diva #1 Greta Garbo Il 18 settembre 1905, a Stoccolma, da Karl Al- fred Gustafsson, net- turbino, e Anna Lovisa Karlsson, lavandaia d’o- rigine lappone, nasce Barbara Rossi Greta Lovisa Gustafs- son, in arte Greta Garbo. Bambina e poi adole- scente timida e introversa ma già con la passio- ne del teatro, diventerà - tra gli anni Venti e i Trenta - una delle più grandi dive internaziona- li, espressione di un erotismo ambiguo e ma- gnetico sotto la maschera di freddezza e perbe- nismo. Di una bellezza elegante ma androgina, malinconica e misteriosa, Greta rimarrà nell’im- maginario collettivo come una vera e propria dea, discesa sulla Terra a incarnare figure fem- minili disincantate e predominanti. “La Garbo mi ha sempre provocato una grande soggezione per il suo volto solenne da imperatrice monaca che incuteva grande rispetto”, disse di lei Federi- co Fellini, mentre Roland Barthes la definì un volto “di neve e solitudine”. Greta viene scoperta e lanciata nel mondo del cinema da Mauritz Stil- ler, il più grande regista svedese degli anni Ven- ti. È lui che ne intuisce il fascino nascosto sotto il ruolo di commessa dei grandi magazzini, consi- gliandole i libri da leggere, fornendole nozioni di dizione, di comportamento e obbligandola a perdere dieci chili, per assumere in viso quell’a- spetto scavato che diventerà uno dei suoi tratti distintivi. È sempre Stiller a trovarle anche il no- me d’arte, che a suo parere deve essere “moder- no, elegante, breve, internazionale”. Il successo arriva dapprima in Svezia, nel 1924, con il film della durata di quattro ore La leggenda di Gosta Berling per la regia di Stiller, poi a Hollywood, dove la Metro Goldwyn Mayer la mette sotto contratto, imponendole un ulteriore dimagri- mento. La carne e il diavolo di Clarence Brown, suo quarto film del 1927, la consacra come novel-

“La carne e il diavolo” (1926) di Clarence Brown “Ninotchka” (1939) di Ernst Lubitsch “Anna Christie” (1930) di Clarence Brown la icona di seduzione, misogina e spregiudicata. roca, attraente, conquistando nuovamente sia il - sino alla morte sopraggiunta all’età di 85 anni, In tutta la sua carriera la Garbo gira ventisette pubblico che la critica. Nell’ultima parte della il giorno di Pasqua del 1990 - in solitudine, a fug- film, dieci muti, ricevendo ben quattro candida- sua carriera passa alle commedie, a ruoli leggeri gire gli sguardi e le presenze indiscrete, viag- ture all’Oscar senza mai vincerlo, se si esclude che, invece, non convincono del tutto, come av- giando da un capo all’altro del mondo. “La mia quello alla carriera nel 1955. In breve tempo Gre- viene nel 1939 in Ninotchka di Ernst Lubitsch fortuna era fondata sulla mia giovinezza, ta diventa l’attrice più pagata di Hollywood, con (“Garbo ride!”, annuncia la pubblicità del film) e sull’apparire levigata”, dirà un giorno. “È stato un cachet di 250mila dollari a film. “Garbo in Non tradirmi con me di George Cukor, sua ulti- davvero un bene che io mi sia fermata in tem- talks!”, “La Garbo parla!”: nel suo primo film so- ma apparizione sul grande schermo, nel 1941. po… Sono invecchiata in fretta. Succede in noro, Anna Christie - sempre diretto da Clarence Così, a soli 36 anni, la divina scrive la parola fina- America”. Brown, nel 1930 - la diva fa conoscere al mondo le su una carriera che non la soddisfa più e in cui per la prima volta la sua voce calda, lievemente non si riconosce, trascorrendo il resto del tempo Barbara Rossi 56 [email protected] Perchè Limba perchè antiga Una tiepida serata di gioia, il dolore, la vita e la morte. E la lingua Gaspare Mura, filosofo e accademico, figlio di primavera ospita, pres- materna, quella con la quale siamo venuti al Antonino Mura Ena, considerato il più gran- so il Gremio dei Sardi mondo, quella tramandataci dai genitori e da- de poeta in lingua sarda del secolo scorso, par- di Roma, la presenta- gli avi, parlata da ciascuno di noi secondo va- la di parola poetante e pensante. Cita Heideg- zione di un’opera di rianti che possono essere molto diverse tra lo- ger che verso gli anni 50 del secolo scorso ha Antonio Maria Masia, ro e secondo contaminazioni legate ai contesti inaugurato nel pensiero contemporaneo una Antiga Limba, che nu- territoriali e generazionali, ma impronta delle nuova ontologia della parola e del linguaggio, merosi amici e soci so- nostre radici e cuore dei valori che hanno for- che vede la fonte primigenia del pensiero vici- no venuti ad ascoltare, mato la nostra identità. Il sardo, come dice na alla sorgente poetante e lontana dalla sua sfidando la difficoltà di l’antropologo di Bitti Bachisio Bandinu, ha sistemazione logico concettuale. L’intuizione Luisa Saba attraversare una città cominciato a perdere il suo valore di lingua poetica e la meditazione filosofica sono molto bloccata da manifestazioni e da una mobilità identitaria per coprire un utilizzo strumenta- vicine e affini, il linguaggio poetico porta sul disastrata. Eccoci tutti attorno al libro di An- le che consentisse ai sardi di integrarsi nella cammino ermeneutico e sulle riflessioni in- tonio che raccoglie Poesias e meledos peri sas ànd- lingua nazionale e traghettare a pieno titolo torno al senso del percorso di vita, meledos peri alas de sa vida, poesie e riflessioni lungo i sentie- di cittadini prima nella Italia unificata e poi sas àndalas de sa vida! Come non vedere che sa ri della vita, in una elegante edizione della nella Repubblica italiana. Tuttavia, mentre l’i- Limba è intimamente riflessiva e trasferisce Nemapress, casa editrice algherese-romana taliano viene usato nelle Istituzioni, a scuola, questa riflessività nella poesia: Su tempus, di Neria De Giovanni, editora, critica lettera- nella pubblica amministrazione, nell’esercito, it’est? Sa vida, unu misteriu? Sa fide e su liberu ar- ria, inesauribile scrittrice di Grazia Deledda bitriu. La presenza di una poesia pensante, di impegnata nella valorizzazione e diffusione una filosofia cantata, copre e compensa nella della cultura letteraria sarda. In copertina im- realtà sarda il vuoto di soggetti e scuole filo- magini molto belle, il Nuraghe Majore del sito sofiche; l’Isola è una realtà ricchissima di po- archeologico di Musellos, una secolare pianta eti, di pittori, di cantori, di aedi, di facitori di di ulivo della campagna di Ittiri, città natale versi. Masia ne ricorda alcuni: Zuseppe Pira- dell’autore e un quadro del fratello maggiore stru, su poeta mannu de Otieri, che insegna a po- Salvatore, che rappresenta il mare di Alghero etare al figliastro, suo zio Baingio, che sempre confinante con il golfo di Capocaccia. L’opera gli regalava carignos e saludos poetende, Maria alterna saggi, notizie storiche, brani di autori Carta, cosi bella, cosi mediterranea, madre sarda e commenti sui temi trattati dalle poesie, rac- di tutti i sardi, icona della potenza della voce e colte in quattro grandi parti scritte in sardo della forza della parola sarda, l’ittirese Gio- con frontespizio italiano, curato dallo stesso vanni Fiori fra i più noti poeti-scrittori con- Masia per evitare che una versione libera in- temporanei dell’Isola, Paolo Pillonca, che ha taccasse l’integrità del testo originale. Tante conservato il mistero dei versi a volo. Placido e belle poesie rimate, la cui struttura, come di- Cherchi, allievo di De Martino e profondo stu- ce il poeta Giovanni Fiori nella appassionata dioso della cultura sarda, da poco precoce- prefazione che apre l’opera, si modella sul ge- mente scomparso, spiega che la Sardegna è nere poetico scelto dall’autore per scriverle, o una delle zone del mondo più ricca di poeti e meglio, per cantarle! Genere poetico appreso artisti poichè il bisogno di esprimersi esteti- e assimilato da Antonio Maria, il bambino To- camente, compresso e spesso stigmatizzato toi, nella quotidianità di una infanzia vissuta da una Comunità chiusa e rigida, trova nell’ar- accanto ad un padre ed a uno zio che poetava- te lo spazio per sublimare i bisogni e per supe- no mentre lavoravano,componevano in ma- rare i limiti di un rapporto conflittuale tra l’Io niera estemporanea ed a un nonno che parte- sa Limba antiga è rimasta nei rapporti infor- e la sua Comunità. In quale Comunità è nata cipava attivamente a gare poetiche in lingua mali della comunità, nella vita di molte fami- la poesia di Antonio Masia? Una Comunità sarda. Il linguaggio poetico di Antonio Masia glie, soprattutto nei paesi dell’interno,nella pastorale e contadina, austera e operosa, è inverato nel lessico familiare, si rivolge al dimensione della festa, della poesia. E allora , quella di Ittiri, paese meu a bentu solianu, ada- padre Pedru, ai due figli Pietro e Pietro, il pri- come dice Antonio Maria a Bandinu nel dialo- giato su una collina coronata di antichi olive- mo volato in cielo a soli 5 anni, al nonno Baro- go-intervista citato nell’opera, il sardo è: come ti”, profumadu che rosa in beranu in una casa do- re, al fratello Doddore, alla sposa Toia. Ad essi la casa aperta a tutti, ospitale, con la tavola ben ap- ve entravano e uscivano otri pieni d’olio, dove ed al paese natio, Ittiri, è dedicata Antiga Lim- parecchiata memoria della famiglia e degli amici, il padre Pietro e lo zio Baingio lavoravano e ba, opera, dichiara con pudore l’autore: “che memoria di quel luogo dove siamo nati. Anche nel- cantavano poesia in ottava improvvisando a ho voluto scrivere per lasciare a mio figlio e ai le pagine dedicate a Gramsci, Masia cita la let- bolu come aveva gia fatto il nonno Barore, sti- miei nipoti memoria degli affetti e testimo- tera scritta dal carcere alla sorella Teresina, mato poeta di gara ai tempi di Cubeddu, Cuc- nianza dei miei sentimenti, paventando la pos- dove il politico le consiglia di coltivare la lin- ca, Moretti, Andrea Ninniri, nei primi anni sibilità che i ricordi siano dispersi nei self, gua nativa, non per sottrarla alla assimilazio- del 900. Anche quando i sentieri della vita lo nelle carte e nei messaggi frammentari che ne dell’italiano, ma per contribuire ad accre- conducono lontano da Ittiri, sa Limba poeti- caratterizzano la volatilità della comunicazio- scere la formazione del carattere e dell’umanità ca, il suo lessico familiare, Masia la porta con ne virtuale. “Ecco cosa è Antiga Limba, è il lin- dei bambini con la ricchezza delle tradizioni sè, scandendo con essa i momenti esistenziali guaggio del cuore e degli affetti, quella che at- popolari. Quindi, professa l’autore, per me più gioiosi o tristi: Tra risos e lamentos, Su dolo- traverso un nuraghe ti narra la storia della tua “Antiga Limba ‘e s’isula nadia”, è la Sardegna, re, sa pena e sa morte, Chent’annos a tie, le passio- terra, attraverso un ulivo il lavoro di tuo padre che da: “ammentos mai drommidos e memorias ni civili: Ómine contivìzadi sa terra, gli affetti e di tuo nonno, attraverso un quadro il ricor- chi non poto ismentigare”. Sa Limba Antonio la più cari messi alla prova da eventi drammati- do per quel fratello con cui hai diviso la mera- parla in poesia. Poesia rimata, fonetica di mil- ci, come la morte prematura del piccolo Pie- viglia di una natura e di un mare che hanno le musiche, con le cadenze e i ritmi delle mo- tro: Sa domo in su chelu, Si podes dali dulche s’an- colorato la tua adolescenza e le tue prime espe- das, dei sonetti, delle ottave, delle terzine, ninnia. Abbiano ascoltato queste poesie dalle rienze amorose. È la lingua generativa di valori e delle quartine, ma soprattutto poesia pensan- voci di Alessandro Pala, per la versione italiana, di parole per narrare il tempo, l’ amicizia, la te. Nella presentazione dell’opera di Masia il Prof segue a pag. successiva 57 n. 72

segue da pag. precedente e da quella di Clara Farina per la versione in È uscito il n. 51-52 di Cin&Media la rivista di Limba. I due artisti hanno dato vita a bolu ad un vero e proprio concerto vocale, nella mi- Cinit – Cineforum italiano glior tradizione della gara poetica sarda de sos La rivista, diretta da Giuseppe Barbanti e Ora- di Venezia. La sezione mondo Cinit traccia, poetas antigos e mannos. Poetare in sardo non è zio Leotta. È uscito il n. 51-52 di Cin&Media poi, un quadro d’insieme delle attività svolte semplice. La esecuzione de su cantigu, nei suoi che dà, come al solito, ampio spazio a premi dai nostri circoli nel corso dell’anno 2018. Si vari generi, alla nuoresa, a s’othieresa, a chi- assegnati e recensioni dei film visti alla 75° può leggere cliccando sull’apposito link del si- terra etc, ha regole piuttosto rigide, codificate Mostra Internazionale d’Arte cinematografica to www.cinit.it dalla tradizione, con cadenze stabilite e ricor- renze obbligate, cosi come determinanti sono Sommario i vincoli della rima e del metro, l’obbligo del gi- zoom speciale Venezia cinema Dalmata . . 20 ro ritmico che governa e disciplina il movi- I premi della 75ma Mostra del Cinema di Ve- I Festival. Garda-Zabut-Coe-Vicenza-Vittorio mento del pensiero. Le variazioni sono con- nezia 2 Veneto . . . 21-24 sentite solo all’interno e sono la vera cifra del Leone d’oro alla carriera 3 Mondo Cinit 25-28 cantore e della sua potenza artistica. Clara è Le recensioni dei film di Venezia 75 4 – 17 arrivata da Sassari per fare onore al suo amico mondo cinit In copertina Lady GaGa (foto Silvia Cappelletto) Antonio, la sua interpretazione è arte nell’arte. I premiati dei concorsi Gagliardi e Dorigo Rivista trimestrale edita dal CINIT - Cineforum Italiano Fa piangere, fa sognare, fa pensare, coinvolge, 18 Segreteria CINIT: Via Manin, 33/1 commuove e affascina. Già dai primi versi dei Un ricordo di Vincenzo Gagliardi 19 30174 MESTRE (Venezia) brani che interpreta, Clara riesce a modulare “Aspettando i Barbari” e il Catalogo del un arco melodico la cui intensità perdura fino [email protected] alla chiusura della sequenza raccordo. La forza imbrigliante del genere modale niente può contro la ricchezza di movimenti e contro la intonazione appassionata che Clara Farina ri- esce imprimere ai suoni e ai ritmi di una Lim- ba che ricorda il canto dei tenores, il lamento del flamenco, la nostalgia del nostos. Sì, per- chè sa Limba antiga è quel patrimonio di mol- teplicità fonetiche, lessicali e musicali che ha conservato nel tempo una struttura unitaria, un patrimonio identitario forte e riconoscibi- le, che ci serve per dare forza alle ragioni di chi pensa che i caratteri di una peculiare unicità, linguistica, ambientale, naturalistica e cultu- rale dia ai sardi il coraggio per aprirsi a nuove esperienze, linguistiche, economiche, relazio- nali, politiche senza indebolire ma invece ar- ricchendo e facendo crescere un nuovo pro- getto identitario. Grazie a chi, come ha fatto Antonio Masia con la sua opera, ci dà la possi- bilità di tornare sulla nostra Limba antiga, non per ripiegarci malinconicamente nel passato ma per riattraversare i momenti nei quali la lingua della nostra identità isolana si è genera- ta e, attraverso di essa, trasmettere quei valori che vorremmo ispirassero la creatività cultu- rale e sociale delle nuove generazioni. Luisa Saba

Antiga Limba, poesia e meledos peri sas àndalas de sa vida Antonio Maria Masia Finito di stampare nel mese di febbraio 2019 Presso Services4Media srl – Bari Per conto della Associazione Salpare, copyright by Ne- mapress Edizioni Via Manzoni 67, 07041 Alghero Tel e fax 0039.079.981621 via del Politeama , 32 00153 Roma tel e fax 0039. 06 58334467 www.nemapress.it – [email protected] ISBN 978-88-7629-208-8 Aderente al Forum degli Editori della Comunità Euro- pea Lussemburgo Pagine 289. Prezzo di copertina € 18

58 [email protected] (1941) Florida, anni ’40. Nei nella realizzazione dei fondali, per quanto consentendo alla fantasia di fare il suo ingres- quartieri invernali del eseguiti ad acquerello, con gli animali veri e so nel reale e contaminarlo felicemente, of- circo planano giù dal propri protagonisti, emozionante e commo- frendo incursioni immaginifiche fra l’onirico cielo le cicogne, recano vente come pochi nel suo poetico assunto di ed il lisergico, vedi l’impareggiabile sequenza nei loro becchi, avvolti “bella favola” idoneo ad esternare una vivida della parata degli elefanti rosa, coincidente in candidi fagottini, i allegoria sul valore della diversità quale ele- con la visione, in soggettiva, di Dumbo e Ti- cuccioli da consegnare mento fondante di una sostanziale eguaglian- moteo dopo l’involontaria ciucca. Da non sot- alle signore in attesa: da za. Il tenero elefantino muto, nel volgere tovalutare poi l’apporto conferito alla narra- mamma orsa a mamma espressivi sguardi al mondo che lo circonda, zione dallo stormo dei corvi canterini, tacciati giraffa tutte hanno avu- colmi di purezza nell’approccio ma anche all’epoca e negli anni a venire di venature raz- to ciò che aspettavano, gonfi di tristezza nel constatare una mancata ziste, in quanto resa antropomorfica di perso- Antonio Falcone tranne l’elefantessa Jum- corresponsione, si rende simbolo di tutti colo- ne di colore, ma che in realtà, una volta dive- bo, che il mattino dopo s’incammina mesta insieme ro che vengono superficialmente giudicati nuti consapevoli della comune condizione alle compagne verso il vagone del treno, la locomoti- quali inetti, indegni di essere compresi nel no- d’esclusione sociale, saranno gli artefici della va Casey Jr. (Casimiro), in partenza per la consueta vero sociale solo perché non hanno ancora avu- trasformazione del brutto anatroccolo in ci- tournée. Ma anche per lei il messo piumato to modo di esprimere le proprie reali potenzia- gno, sorta di riscatto per conto terzi, lo stesso non si farà attendere, nel corso del viaggio po- lità, così da guadagnarsi anch’essi una piccola che Dumbo potrà realizzare nei confronti del- trà infatti dare il benvenuto ad un grazioso fetta di felicità. Ove poi manchi, per cause va- la madre, sempre lavorante in un circo ma che elefantino dagli espressivi occhi azzurri e, lo riabili, il sostegno genitoriale, un amico fida- nel finale potrà godere delle comodità garan- si scoprirà dopo un sonoro starnuto del pic- tite da un vagone riservato. La versione ita- colo, dotato anche di enormi orecchie, subi- liana, curata da Roberto De Leonardis, vede to oggetto di scherno da parte delle malevo- il mitico Quartetto Cetra sostituire l’origina- le elefantesse. Ma la mamma sa come impiegare rio Hall Johnson Choir (affiancato dai King’s quelle insolite appendici, per esempio le può Men), rispettando le melodie originali della avvolgere intorno al corpo di Jumbo Jr., a colonna sonora opera di Frank Churchill ed guisa di coperta, per poi cullarlo trattenen- Oliver Wallace (premiata con l’Oscar, men- dolo con la proboscide. Purtroppo il giorno tre un altro riconoscimento fu la Palma d’O- in cui s’inaugura lo spettacolo avviene un ro alla II Edizione del Festival di Cannes co- episodio increscioso: innervosita per gli me Miglior Film d’Animazione, nel 1947). Nel scherni rivolti alla creatura da alcuni giovi- mese di marzo è stata distribuita al cinema nastri, la signora Jumbo si lancia contro di la tanto attesa versione live action, sempre loro, creando scompiglio e terrore. Per lei si ad opera della Disney, per la regia di Tim prevede l’isolamento, rinchiusa ed incate- Burton su sceneggiatura di Ehren Kruger, nata all’interno di un carrozzone, lasciando la cui visione non mi ha particolarmente en- il piccolo, subitamente soprannominato tusiasmato. Protagonisti gli esseri umani ri- Dumbo (storpiatura del termine dumb, stupi- spetto agli animali, assecondando in sog- do) dalle solite elefantesse pettegole, triste- gettiva ora la visione dell’elefantino (reso in mente solo. Sarà il topolino Timothy (Timo- CGI) ora quella del direttore del circo Max teo) a prendersi cura di lui, ad infondergli Medici (un ottimo Danny De Vito), il film fiducia, il necessario coraggio per prendere appare diviso in due parti: la prima offre parte ad un nuovo numero che si prodi- più di un richiamo all’originale, ma con un gherà di suggerire, con un metodo persona- assiduo ricorso alla razionalità e alla plausi- le, al direttore del circo; non tutto però an- bilità, eliminando la sorpresa del volo ed drà per il meglio e il sempre più triste annullando quindi l’impianto favolistico elefantino, deriso ed ignorato dai suoi simi- proprio del cartoon, mentre la seconda, che li, verrà declassato al ruolo di clown. Un bel vede l’elefantino acquistato da un ghignan- mattino, dopo una sbornia involontaria, i te impresario (Michael Keaton) insieme due si ritroveranno su di un albero, insieme all’intero circo per esibirsi in un tetro parco ad uno stormo di gracchianti corvi … Ma come to, qualcuno a sua volta di cui gli altri hanno dei divertimenti denominato Dreamland (an- sono finiti lassù? Volando, forse? Vuoi vedere timore o provano ribrezzo alla sua vista, può che la fotografia muta tonalità, dal pastello a che quelle spropositate orecchie… Adatta- certo costituire un valido apporto per soste- toni più cupi, spenti) è volta a dimostrare che mento di una storia scritta da Helen Aberson nere i forti marosi che vanno ad infrangersi “a volte il sogno può divenire un baratro fata- ed illustrata da Harold Pearl per il prototipo di sulle sponde della quotidiana ritualità, infon- le” (Lo sceicco bianco, Federico Fellini, 1952), se un giocattolo denominato Roll-a-Book (in sin- dendo una briciola di ottimismo. Ecco allora, viene a contatto con il puro e semplice mer- tesi un libro illustrato le cui pagine scorrono immagine indimenticabile, Dumbo seguire il chandising. Tutto si fa freddo, calcolato, mec- in verticale agendo su di una rotella), Dumbo è topolino Timoteo, tenendosi ben stretto con canico, fino a giungere all’apoteosi del politi- il quarto film d’animazione realizzato dallo la proboscide alla sua coda, due esseri che si camente corretto in un finale formalmente Studio Disney, ad opera di un nutrito team di re- completano a vicenda nel portare avanti il lo- animalista ma fondamentalmente ruffiano, gisti (con a capo Ben Sharpsteen) e sceneggia- ro diritto ad essere “diversi”; egualmente è im- pubblico lavacro di coscienza a nascondere tori (fra i quali Joe Grant e Dick Huemer), che possibile non commuoversi nel vedere mamma conformistica ipocrisia; nessuno slancio pro- si mantennero fedeli alle disposizioni ricevu- Jumbo rinchiusa in catene all’interno di un an- priamente immaginifico (gli elefanti rosa ora te, ovvero prediligere uno stile semplice, sti- gusto carrozzone, pronta a far uscire la probo- nascono da bolle di sapone), niente afflati po- lizzato più che ricercato o realistico, così da scide da una piccola inferriata per cullare l’ama- etici ma solo tanta ordinarietà in nome di una mantenere le spese, vuoi per il II conflitto in to figlioletto, sulle note diBaby Mine, e confortarlo facile resa visiva, tralasciando di dare adito ai corso, vuoi per i non i felici incassi ottenuti dai delle tante amarezze subite. Dumbo scorre veloce, palpiti del cuore. precedenti Pinocchio e Fantasia. Il risultato fu un sembra proprio che le pagine di un libro illustrato film dalla breve durata, un’ora circa, semplificato si aprano e si susseguano sotto i nostri occhi, Antonio Falcone 59 n. 72 Riecco Il Mereghetti: mondo vecchio sempre nuovo Ridendo e scherzando, tempo riconfermata e innovata. Rispetto a ma alla fine le stellette sono tutte mie”. Un’o- Il Mereghetti, nel senso due anni fa, si confermano infatti Mazzarella, biezione di fondo che l’inarrestabile volgere ormai del maxi-dizio- Curti, Bocchi, Stellino, Amadei, Pezzotta, Cal- delle cose induce ormai ripetutamente a muo- nario, oltre che dell’i- zoni e la Persico; si aggiungono Manassero e vere all’impostazione del repertorio, è quello dentità personale dell’a- Poltronieri. Il gruppo ha via via prodotto, con- dell’esclusione delle serie tv: “per un motivo mico Paolo, viaggia sui tinuando a emendare e perfezionare grazie tautologico: si tratta di film, non di altro. Una Nuccio Lodato tavoli o negli scaffali di anche alla collaborazione dei lettori utenti più scelta sindacabile e comprensibile” come ha tutti noi da più di un acribici e affezionati, qualcosa come 35.000 annotato Mauro Gervasini su “FilmTV”. Ben quarto di secolo: la prima edizione (in volume schede di film (cui fa riscontro un elenco di 850 schede proprio delle serie sono infatti il unico piuttosto smilzo) risale infatti, presso la ben 25.000 relativi titoli originali…), rafforza- punto di forza caratterizzante dell’opera con- medesima sigla editoriale -che non significa, te da un indice annoverante più o meno corrente, Il Morandini 2019 (Zanichelli), che la lo si vedrà, lo stesso editore- addirittura al 48.000 voci attoriali e 10.000 registiche, cor- figlia Luisa porta avanti dopo le dipartite dei 1993. Eppure ogni sua nuova comparsa rap- redate tutte, queste ultime, dei dati biografici due cofirmatari e indimenticabili genitori presenta obiettivamente, nel complesso, una essenziali -alfa ed eventuale omega…- tutte le Laura e Morando, ed è costituito dall’aggiunta novità assoluta: ecco cosa può giustificare la ci- volte che sia stato possibile individuarli. L’a- di un fascicolo di aggiornamento al corpo del tazione del volume conclusivo del capolavoro ver lamentato l’impossibilità di farlo anche precedente 2018. Altra peculiarità preziosa di Bacchelli nel titolo. Non so voi, ma perso- per gli attori, come ha annotato di recente un dell’opera concorrente (per il mercato: specu- nalmente non posso che essere soddisfattissi- pur assai autorevole recensore, ci è parso sin- larmente collaborante per l’appassionato…) è mo di questa persistenza/innovazione. Come ceramente ingeneroso… Si pensi solo che nel il ricchissimo elenco di autori letterari e tea- ebbi a dire una volta conversando scherzosa- volume unico del ’93 dell’allora “Baldini e Ca- trali di testi alla base di film, prezioso sussidio mente con l’autore, il suo acquisto sistema- in cui si rivela tutta l’impagabile vocazione tico (non mi sono fatto sfuggire nessuna di Morando alla completezza controllata e delle tredici versioni apparse a tutt’oggi) ha precisa. Certo, i film annoverati sono 16.500 costituito il miglior investimento finanzia- nella versione cartacea e 27.000 in quella rio, oltre che culturale, della mia esistenza. on line, che ha sostituito i dvd-rom delle E’ infatti in assoluto l’unica opera della mia edizioni precedenti. Con uno sforzo in tutt’altro che striminzita biblioteca che ho proporzione insigne, perché ancora nella maneggiato e maneggio, male che vada, al- 2014 i titoli annoverati erano solo 25.400. meno una volta al giorno: si può dire quindi Ma certo, come si vede, dal punto di vista che mai forse onere possa venire così bril- almeno quantitativo non c’è obiettivamen- lantemente ammortizzato. Talora, in pas- te gara, e la scelta editoriale di non supera- sato, questo immenso work in progress pluri- re mai nel cartaceo il limite del volume uni- decennale ha dovuto segnare il passo per le co di poco più di 2000 pagine, demandando ricorrenti difficoltà in cui versava la casa a digitale e rete il resto ha obiettivamente editrice dalla cui sigla era stato contraddi- condizionato la competitività del lavoro di stinto fin dal debutto. Nell’immediatamen- Morandini. Che ha peraltro rivendicato, te precedente versione -2017- si era aggiunta non smentito -nei reiterati, splendidi e ca- l’inconsueta e un po’ paradossale procedura, vallereschi confronti con Mereghetti che in ragione della quale l’acquirente dei due ho avuto lo straordinario privilegio di “mo- ormai consueti volumi alfabetici (Dizionario derare” senza che ci fosse la necessità di dei film A-Le M-Z) normalmente acquisiti in farlo in più di un’occasione- il merito di libreria era invitato -per la prima volta- ad aver pensato per primo a una simile gigan- aggiungervi on demand il fondamentale ter- tesca e indispensabile operazione lessico- zo di Indici ordinandolo per corrisponden- grafica, anche se Mereghetti riuscì a taglia- za direttamente all’editore (espediente che re in testa il traguardo di darvi concreta oltretutto, si teme, non avrà esaltato gli forma editoriale. Morando ci ha purtroppo sparuti librai indipendenti superstiti, ma lasciati ormai da tempo (producendo un neppure le predominanti catene della tria- vuoto che una volta tanto è meramente let- de Mondadori-Feltrinelli-Giunti). Questa terale definire incolmabile!), ma chi pren- versione 2019 salta invece a piè pari tutte le desse o continuasse l’abitudine di perpe- difficoltà, esibendo il nuovo logo “Baldini+Ca- stoldi” (dopo il fallito tentativo dell’ideatore di tuare il confronto tra i due consultando di stoldi” che attesta come fruisca del vento in indurne alla pubblicazione il non agevole Li- volta in volta le rispettive schede riguardo allo poppa che soffia ininterrottamente a favore vio Garzanti…) i film schedati non arrivavano stesso film, si accorgerà che il confronto con- del gruppo La Nave di Teseo che ha acquisito ai 10.000: “ne vengono tirate cinquemila co- tinua eccome. Poche cose sono divertenti e il marchio, grazie all’intraprendenza manage- pie, se ne vendono sessantamila: un successo istruttive come raffrontare i giudizi dell’uno e riale e al fiuto incontenibile di Elisabetta sorprendente”. Ed è interessante, per quanto dell’altro M (ME e MO, li abbrevio abitual- Sgarbi. E lo dimostra il fatto che, grazie anche concerne il metodo di lavoro, quanto ha preci- mente nei miei appunti di home-visioni…) a alla messa in campo di una carta, se possibile, sato Mereghetti, sempre a Cristina Piccino proposito di moltissimi titoli che costituisco- ulteriormente sottile -delicatezza nello sfo- che lo intervistava in merito per “il manifesto” no motivo di contrasto critico. Provare per gliare, please!- le pagine complessive dei tre (22 gennaio): “Ogni giudizio riflette la mia credere: ad averne il tempo e la pazienza, ci tomi indivisibili in cofanetto siano diventate idea del cinema, lavoro con un gruppo di col- sarebbe di che costruirne un magnifico saggio addirittura quasi 8000, aggiungendone circa laboratori scelti perché siamo in sintonia ma di comparazioni illuminanti. E sarebbero gli 1100 alla pur fino ad allora massima versione le schede le rivedo tutte io, spesso intervengo, strumenti critici dell’uno e dell’altro conten- di due anni fa. E’ un lavoro di sconvolgente riscrivo, sono generoso coi film, cerco di tro- dente ad illuminare, beninteso, non il servizio imponenza, che l’autore-ideatore-coordinato- vare una possibile qualità anche in quelle in compilativo dell’eventuale saggista. re riesce a pilotare anche grazie al sapiente cui il giudizio si sintetizza in poche stelle. Ci governo di un’équipe che viene di tempo in sono casi ‘controversi’ che discutiamo molto, Nuccio Lodato 60 [email protected] Leonardo, da Mantova a Venezia a Firenze Una volta lasciata Mila- Etas, Milano, 1991-1992). L’incarico è di enorme verrà considerata una sorta di scuola da tutti no Leonardo approda a prestigio e la sala con le opere dei due Maestri gli artisti dell’epoca che hanno la fortuna di Mantova. La città è uno vedere i due capolavori. La batta- scrigno di capolavori, dal- glia di Anghiari è un avvenimento la Camera degli Sposi di An- storico da Machiavelli ridimensio- drea Mantegna nel Palaz- nato in maniera decisa: “egli stesso, zo Ducale a Palazzo Te nelle Istorie fiorentine, attenendosi con la famosa Sala della ai documenti, descrive l’evento in Fabio Massimo Penna Caduta dei Giganti di modo molto più veritiero, come Giulio Romano, e la marchesa Isabella d’Este una scaramuccia di secondaria im- desidera un proprio ritratto dell’artista di portanza in cui morì un solo cava- Vinci. Leonardo realizza uno schizzo su carta, liere a causa della caduta da caval- a carboncino e pastello, che raffigura la donna lo” (Carlo Vecce, Leonardo, Salerno di profilo (conservato al Louvre) e poi si rimet- editrice, Roma, 1998). A prescinde- te in cammino alla volta di Venezia. Nel suo re dal valore dell’impresa militare soggiorno in Laguna Leonardo è chiamato a della Battaglia di Anghiari ci è perve- dimostrare le proprie qualità di ingegnere mi- nuta solo una copia del gruppo cen- litare poiché gli viene richiesto di progettare trale dei cavalieri realizzata da Pie- la difesa della città contro un eventuale attac- ter Paul Rubens. Anche in questo co da parte dei Turchi. L’artista elabora un si- caso Leonardo si trovò a dover af- stema integrato che prevede fortificazioni, frontare la propria idiosincrasia canali e aree allagabili la cui attuazione viene nei confronti della tecnica dell’af- delegata a ingegneri della Serenissima. A Ve- fresco. Per superare i suoi problemi nezia Leonardo ha l’occasione di ammirare il Leonardo pensò di impiegare l’an- capolavoro del suo maestro Verrocchio, il mo- tica tecnica dell’encausto che pre- numento equestre di Bartolomeo Colleoni, e incon- vedeva la mescolanza a caldo di ce- trare il padre del tonalismo veneto, Giorgio- ra, resina e sostanze oleose. Per ne. Ben presto, però, il genio toscano riprende ottenere che la pittura si asciughi la via per Firenze. Le cronache riportano che velocemente sulla parete l’artista la sua presenza nella città toscana è attestata pone sotto l’opera dei grandi bracie- a partire dall’estate del 1500. A questo periodo ri ma sfortunatamente “Il cartone si ‘straccò’, cioè si allentò sull’intelaia- appartengono due opere di notevole valore ar- Sant’Anna, la Madonna, il Bambino e san Giovannino (Londra, National tura che lo teneva sulla parete, e fu tistico: un cartone a carboncino e biacca con Gallery) Sant’Anna, la Madonna, il Bambino e san Giovan- necessario riportarlo nella posizio- nino (Londra, National Gallery), e l’olio su ta- ne corretta” (Carlo Vecce, op. cit.). vola Sant’Anna, la Madonna e il Bambino (Parigi, L’opera, seppure rimasta incompiu- Louvre). La prima probabilmente non fu ese- ta, nella parte realizzata fu ammirata guita a Firenze ma nell’ultimo periodo mila- da tutti e considerata un capolavoro nese mentre la seconda è databile ai primi an- che ogni artista doveva conoscere. ni del Cinquecento. Il cartone è connotato da Fatto sta, però, che il dipinto origina- un insieme piramidale formato dai corpi stra- le non è giunto fino a noi. Questo pe- ordinariamente fusi in un unico blocco della riodo è funestato da un’altra scom- Vergine e Sant’Anna uniti anche da un incro- parsa: il 9 luglio 1504 muore il notaio cio di sguardi e gesti che sembra elevare al Ser Piero, lasciando al figlio Leonar- massimo grado l’attenzione di Leonardo per i do la preoccupazione di dover com- moti dell’animo mentre la tavola del Louvre è battere con i fratellastri per la spar- connotata da un movimento rotatorio avvol- tizione dell’eredità paterna. Agli gente che, facendo perno sulla figura centrale anni compresi tra il 1503 e il 1508 si di Sant’Anna coinvolge la Vergine, il Bambino è soliti far risalire la realizzazione e un agnello. Sullo sfondo un eccellente im- (forse parziale) della Monna Lisa, piego dello sfumato ci restituisce un onirico e uno dei ritratti più famosi al mon- metafisico paesaggio roccioso. Il periodo fio- do. Secondo Giorgio Vasari l’artista rentino vede anche una commissione di gran- avrebbe lasciato l’opera incompleta, de importanza che conferma la fama di cui in particolare avrebbe realizzato il ri- gode l’artista ma che, per la sua lentezza nel tratto ma il paesaggio sullo sfondo dipingere, finirà per rivelarsi un autentico di- sarebbe stato realizzato in un secon- sastro: “È significativo che proprio a Leonar- do tempo. La Gioconda porta a compi- do e Michelangelo (nell’aprile del 1503 il pri- mento le principali ricerche leonar- mo, probabilmente pochi mesi più tardi il dasche: il paesaggio sullo sfondo è secondo) venga affidato l’incarico di rappre- dominato dallo sfumato mentre la sentare in forme monumentali due vittoriosi donna ritratta con il suo ambiguo fatti d’arme dei fiorentini - la battaglia di An- sorriso esalta l’attenzione dell’artista ghiari e la battaglia di Cascina (combattute ri- per i moti dell’anima. In questo caso spettivamente contro i milanesi e i pisani ) nella consegnando alla storia l’espressione Sala Grande del Consiglio in Palazzo Vecchio” La Gioconda, nota anche come Monna Lisa, dipinto a olio su tavola di più enigmatica mai raffigurata da ar- (Pierluigi De Vecchi- Elda Cerchiari, Arte nel tempo, legno di pioppo di Leonardo da Vinci, (1503-1504) conservato nel Museo tista. Gruppo editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, del Louvre di Parigi. Fabio Massimo Penna 61 n. 72 Oltre il giardino (1979) di Hal Ashby. Chance, l’enigmatico alter ego di Peter Sellers È l’alba, e – di là, in ca- un papero. Lui, dal canto suo, si dà alla vita sedurlo, cede infine all’autoerotismo. Di lì a mera – il “vecchio” già mondana e alle interviste. Ai sma- poco, Benjamin Rand muore. Alle esequie, tra non respira. Ma Chan- niosi di conoscere la sua opinione sulla stam- i soci è un bisbiglio senza posa. Chi sarà mai il ce (Peter Sellers), in- pa, ribatte: “io non leggo i giornali; guardo la degno sostituto, sì da poter aspirare finanche cantato, accenna ad tivù”. E, se pare indubbio il suo debole per i alla poltrona presidenziale? Giardiniere, sen- un sorriso: in tivù rie- media televisivi, di nuovo la verità è altrove: za dubbio. Sempliciotto o scaltro impostore, cheggia, stridente, la non è mai andato a scuola. In ansia per le sue non importa. Conta, invece, che alle sue spalle nenia di un program- frequenti incursioni in politica, il “sistema” si non vi sia il segno del suo passaggio. E mentre ma per bambini. I le- mobilita in forza. CIA ed FBI, però, non ven- rintoccano gli ultimi versi dell’omelia, Chance gali, giunti a requisire gono a capo di alcunché. Giardiniere è scono- si allontana sereno, camminando sulle acque Demetrio Nunnari la magione, s’accorgo- sciuto all’anagrafe e non è schedato; non ha di un lago. Accade, talvolta, che un film -ri no presto che del sponda più a ragioni di mercato che serafico orticoltore non v’è traccia sui re- all’intima urgenza di raccontare o rac- gistri. E l’uomo è messo in strada senza contarsi. Dopo la scomparsa di Peter indugio. Trascorsa l’esistenza a curarsi Sellers, il venale Blake Edwards tenta – dei fiori del padrone, si sperde in un’urbe con magri risultati e strascichi penali – fatiscente e violenta. E fra le cose portate di riportare in vita il mitico personaggio con sé, quel telecomando - compagno dell’ispettore Clouseau. Ma quella di Ol- d’una vita – con cui s’illude di cambiare tre il giardino è tutta un’altra faccenda. ciò che osserva e non gli piace. Appena Nei primi anni ’70, Sellers ne ricava il fuori dal ghetto, ha un infortunio: una li- soggetto dal romanzo di un oscuro auto- mousine lo getta sul selciato. La facoltosa re polacco. Prende, così, corpo l’idea di proprietaria è imperativa con lo chauffeur; portare sul grande schermo un “caratte- Chance sarà condotto nella loro dimora, e re” solo in apparenza lontano dalla sua lì assistito da una equipe. La bella Eve spumeggiante recitazione. Giardiniere (Shirley MacLaine) è moglie di Benjamin è impacciato come Stan Laurel ed ha sul Rand (Melvyn Douglas); imprenditore volto la maschera impassibile di Keaton; malaticcio ma potente e vicino alla Casa due colonne portanti della comicità di Bianca. Per un curioso equivoco, l’ospite Sellers. Il re dei Goons – fortunato pro- sarà qui per tutti Mr. Chance Giardiniere. gramma radio che regge per un decen- Ma egli è davvero quel che dice di essere: nio - è attratto dalle incongruenze di un “figlio della colpa”, che – alla morte quella comunicazione mediatica su cui della madre – un cinico seduttore tira su ha costruito il suo successo. Come in come fosse solo un lavorante. Il giardi- Quinto potere, del ‘76, l’indice è qui punta- naggio è tutto per lui, ed accenna più vol- to sui mezzi d’informazione che, con te a forti radici e prosperosi frutti. Ma grezzo cinismo, decidono del destino di non è un parlar figurato. Vista l’esiguità un uomo. Nel capolavoro di Lumet, tut- della sua esperienza, limita l’eloquio tavia, Beale è un cronista che cono- al tratto denotativo della parola, elu- sce l’ingannevole ebbrezza delle luci dendo quei connotati che danno della ribalta. Giardiniere è invece un spessore alla stessa. E però, chiun- povero diavolo che rimane se stesso que lo ascolti percepisce nei suoi di- in virtù di una toccante franchezza. scorsi un valore simbolico profondo; E non è difficile scorgere in lui l’e- una “convergenza” di significati. In- nigmatico alter ego di Sellers; avve- temperanze del linguaggio. Se le fi- duto e professionale sul set quanto gure retoriche alludono soltanto alla indifeso e infantile nel privato. An- realtà, al nostro Chance non serve che la stoccata sulla dietrologia che certo ricamare con le parole per na- avvelena la società moderna va in tal scondercisi dietro. Instaura una so- direzione: la vera natura delle cose è lida amicizia con l’anziano Ben, che troppo preziosa per mostrarsi senza lo stima al punto di volerlo ad un in- veli alla nostra cupidigia, e deve contro col Presidente degli Stati quindi albergare oltre le apparenze. Uniti. E quando questi gli chiede co- Perciò, l’esilarante comico dalle mil- sa ne pensi degli incentivi all’economia del beni né conti bancari. Sembra venuto dal nul- le voci e dai mille volti attende otto anni prima Paese, la risposta è di un candore disarmante: la. Se anche davanti all’occhio indagatore dei di incarnare in quell’umile omino la sua se- “ci sarà la crescita, in primavera!”. Da quel servizi segreti quest’uomo è un alieno, davve- greta indole. Giunto ormai all’apice di una fa- momento, senza volerlo, è il consigliere della ro deve celarsi nel suo passato qualcosa di gra- ma senza pari, può concedersi anche questo. Stanza Ovale. Partecipa persino ad un talk- ve, e qualcuno in alto ha interesse a coprirlo. È E il pubblico, scosso sulle prime, approva. Nel show; protagonista di quella scatola magica la psicosi di una nazione cresciuta nella sotto- finale, sono nell’aria le ultime battute del per cui nutre da sempre una vera ossessione. cultura del sospetto. Intanto, col muto assenso commiato a Rand – “la vita è uno stato menta- Intanto, nel salottino di una casa di riposo, del cagionevole Ben – che sa di avere i giorni le” -, e Chance si dilegua fluttuando su uno davanti al televisore, un’attempata balia lo ri- contati -, Eve si getta fra le braccia del fascino- specchio d’acqua. È il commovente anelito ad conosce. Ed è inesorabile: Chance è uno scher- so Chance. La scena è grottesca. Lui, seduto sul una insostenibile leggerezza dell’essere. E so- zo del Padreterno; un mezzo deficiente con dei bordo del letto a due piazze, rapito da una le- lo all’illusione del cinema poteva riuscire. fichi secchi al posto del cervello, e cretino come zione di yoga in tivù; lei che, non riuscendo a Demetrio Nunnari

62 [email protected] L’abito fa il monaco, altroché! Ma ancora di più fa il prete, il vesco- vo, il cardinale Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,/Silenziosa luna?/Sorgi la sera, e vai,/Contemplando i deserti; indi ti posi./Ancor non sei tu paga/Di riandare i sempiter- ni calli?/Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga/Di mirar queste valli?/Somiglia alla tua vita/La vita del pastore./Sorge in sul primo albore/Move la greggia oltre pel campo, e vede/Greggi, fontane ed erbe;/Poi stanco si riposa in su la sera:/Altro mai non ispera./Dimmi, o luna: a che vale/Al pastor la sua vita,/La vostra vita a voi? dimmi: ove tende/Questo vagar mio breve,/Il tuo corso immortale? (Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, in Canti Pisano-recanatesi, 1829/30, prima pubblicazione Firenze, 1931)

Lo sapete, signora Inez, che per la Gloria di nostro Signore la Chiesa deve stare sempre dalla parte del più forte. (Aguirre furore di Dio, regia di Werner Herzog, Germania Ovest, 1972, Gaspar de Carvajal [Del Negro] a Inez [Helena Rojo])

Premetto, non promet- territorio. È il progresso, la razionalizzazione, Continuiamo a non vedere un potere che cre- to, penso, stavo per dire, il taglio agli sprechi, vuoi mettere? Riempie di sce fino al dominio incontrastato e un potere per atavica abitudine, più la bocca, e svuota i cervelli: centri territoria- che cala; uomini, sette, congreghe, chiese, che credo, riflesso condizio- li per l’impiego, in breve CTI, pare un tram, al- dicono di prodigarsi per i poveri, e i poveri co- nato culturale; ma da tro che ufficio di collocamento, UC, sembra la me i pani e i pesci di Gesù di Nazareth per mi- tempo mi son ripro- corrente di un partito del dopoguerra! Pare racolo si moltiplicano; dicono di agire per vin- messo di esiliare la pa- che l’incombenza dei sorpassati uffici, così co- cere l’ingiustizia nel mondo, e le ingiustizie, rola credo dal mio vo- me altre, in tempi remoti, (cinquanta anni fa), più salgono in alto e sempre nel nome dell’Al- cabolario pratico, devo svolte dalla politica sindacale, sia stata presa to, par che aumentino. Dopo il Congresso di tenerne conto da stori- in carico dalle parrocchie. Sempre più il par- Vienna, sono migliorate le condizioni dei po- Antonio Loru co della filosofia, per roco passa più ore nel bureau ch’è sempre pre- poli europei, quando le vecchie case regnanti quel poco che conosco sente dietro l’altare, a ricevere mamme, spes- hanno posato di nuovo sugli scranni del pote- non si può dare ragione del nostro spirito oc- so nonne; che vanno a chiedere? A invocare? re i loro fondoschièna altrimenti detti buona- cidentale, se non si ri-conoscono le forme in Chissà! Lavoro, per i figli, i nipoti? Non sareb- sorte, con la benedizione dell’allora Santo Padre cui il credere si è concretizzato nella nostra be una novità. Negli Anni dal Cinquanta al di Roma, (Pio VII, al secolo Barnaba Niccolò realtà, con effetti per tanti aspetti, ma non per Settanta del secolo scorso, durante la grande Maria Luigi Chiaramonti: quanti nomi per tutti, devastanti per il progresso dello spirito, industrializzazione e la riforma agraria, si an- l’umile servo dei servi di Dio! Chissà di che nazional popolare, sovranazionale, e chi più dava dal parroco a chiedere raccomandazioni estrazione sociale era?), rimesso anche Lui sul ne ha. Progresso che non si può fermare, ma per le assunzioni; ma non solo dal parroco: trono, dopo lo spaghetto repubblicano, e che rallentare si. Le generazioni che abitano tem- una quota al Sindaco e al Comitato Centrale però non aderisce alla più mostruosa delle pi più che liquidi vischiosi, scontano l’essersi Comunista e Socialista locale, ai notabili de- creature del Congresso di Vienna del 1814, La ri-trovati gettati in un tempo che ha l’aspetto, mocristiani, non sempre in accordo col reve- Santa Alleanza, ma solo perché non vuole mi- la condanna percepita del non poter essere al- rendo o il Monsignore, al farmacista, ai vecchi schiarsi a Luterani e Patriarchi d’Oriente, o trimenti, e vivono una non vita, bellissimi in- prinzipàles. La grande industria è un lontano non è così? Sono diminuiti i crimini, le porca- setti, pesci o rettili invischiati nell’ambra, og- ricordo, il lavoro nelle campagne è completa- te del fascismo, quando il Santo Padre di allo- getto e motivo interessantissimo di studi per i mente deregolato, il pubblico impiego chiude ra, nel 1929, firmò il concordato con il Regime, futuri archeo-zoologi e i paleo-antropologi. gli accessi, i finanziamenti affluiscono copiosi o sono aumentati? En passant, i nazisti tede- Questi siano giorni di dominio sulle nostre al volano dell’attuale economia, dalle nostre schi sono diventati buoni dopo la firma del società civili delle più scaltre forze dell’oscu- parti: l’assistenza alla persona, il volontariato Concordato con la Santa Sede, perché tra San- rantismo che da secoli agiscono, fanno e di- professionale, l’accoglienza; un mare di soldi, ta Sede di Roma e Germania nazista di Hitler sfano la trama del tessuto sociale, in Italia in è qui il lavoro. A chi fanno capo tante imprese, nel 1933, fu firmato un Concordato: Il - Rei maniera badiàle più che altrove in Europa e fondazioni, cooperative che svolgono la loro chskonkordat, da Eugenio Pacelli, futuro Pa- nel mondo, perché, per antica tradizione, noi: opera in questi settori nevralgici, e strategici, pa Pio XII solo 6 anni dopo, e Franz von Pa- o Franza o Spagna, purché se magna! La vulgata dell’economia italiana? Fate Vobis! Continu- pen, per conto di Pio XI e del Presidente vuole che a coniare questo cammeo sia stato iamo a guardare la luna e la marea che avanza, tedesco Paul von Hindenburg, (solo due anni Francesco Guicciardini, progenitore della sto- continuiamo a non chiederci se la luna e le sue dopo, nel 1935, il Regime nazista varava le Leg- riografia moderna, oggi quasi dimenticato, al fasi siano in qualche coniùgio con la marea, gi razziali di Norimberga, nel 1938 fatte pro- contrario del suo rivale, Niccolò Machiavelli, Che fai tu, in ciel, dimmi che fai,/Silenziosa luna? Noi prie anche dai vicini di casa romani dei suc- forse a causa dello sprezzante giudizio che qui sulla terra bagnata dal mare, che facciamo? cessori di San Pietro). Il concordato tra la sulla tenuta morale, sull’assenza nella sua Germania e la Città dello Stato del Va- analisi politica di partigianeria, di prese ticano è tuttora valido; lo sapevate? d’atto, espresse Francesco De Sanctis. Francesco, il Papa comunista, penso di Disvalore comune agli italiani, rilevato si. E dopo la fine della guerra, il trasfe- nell’Ottocento dal letterato irpino, nel rimento armi e bagagli del Concordato tramonto dello stesso secolo dal monre- clerico-fascista dentro la Costituzione galése Giovanni Giolitti: governare gli Repubblicana e democratica, permes- italiani non è difficile, è inutile! Ricordate i so, e quindi voluto, dal bizantinismo vecchi uffici di collocamento? Uno per dei comunisti togliattiani, ha reso for- paese. Aperti ogni giorno feriale. L’im- se l’Italia a dittatura democristiana, il vero piegato presente allo sportello: una fi- fascismo, sosteneva Pier Paolo Pasolini, gura familiare, come l’impiegato dell’a- non io, ci mancherebbe, più libera e so- nagrafe, dell’abigeato, il farmacista e il prattutto più giusta? E quando anche il parroco. Era un posto di lavoro: uno vale Il Reichskonkordat è il concordato tra la Santa Sede e la Germania socialista mangia preti, Bettino Craxi, uno, nei piccoli centri, un paese, un im- nazista. Fu firmato il 20 luglio 1933 da Eugenio Pacelli, il futuro papa Pio che mostra gli attributi agli americani, piegato. Non esistono più, sostituiti dai XII, e da Franz von Papen per conto rispettivamente di papa Pio XI e del a Sigonella nel 1985, senza paura anche Centri Territoriali per l’Impiego, uno per presidente tedesco Paul von Hindenburg. segue a pag. successiva

63 n. 72

segue da pag. precedente ebrei. L’altro, di Sergio e Beda Romano, babbu e La bustina del Dott. Tzira Bella se di fronte si trova un pistolero di grande fillu, ex ambasciatore il primo, corrisponden- esperienza cinematografica, Ronald Reagan, te da Bruxelles per il Sole 24 ore Beda, si inti- Scrivete a: Dott. Tzira Bella, C/O Laboratorio Veterinario con La Chiesa Cattolica ribadisce tutte le gua- tola, La chiesa contro. Dalla sessualità all’eutana- della Dott.ssa Zira, Planet of the Apes rentigie concordatarie? E oggi, che in TV i preti sia tutti i no all’Europa moderna, Longanesi, Il Dott. Ubaldugo Tzira Bella veri, o i preti ex spaghetti western, le suore Milano, 2012. Veramente interessantissimo. Primo bollettino medico: niente paura, non è provato in show girl, cicloniche conventuali o teutoniche Infine i film:Amen di Constantin Costa-Gavras e letteratura scientifica che la testa di un appartenente alla badesse, leggono pure le previsioni del tempo, Novecento di Bernardo Bertolucci. Il film del regi- specie Homine Orator sia un organo necessario alla vita, oggi che nelle scuole i Pastori del gregge del sta greco-francese è un terribile j’accuse del costoro possono vivere tranquillamente senza bisogno di Signore e i loro aiutanti in campo impongono silenzio della Chiesa cattolica su quanto stava usare la testa, il loro cervello, un piccolissimo organo atro- pesantemente la loro presenza, entrano e succedendo agli ebrei in Germania e nell’Eu- fizzato, non espleta funzioni vitali; è un fenomeno ch’è allo escono quando gli pare, che negli ospedali de- ropa occupata dal nazismo. Basato sull’opera studio in tutti gli istituti di ricerca del mondo, fioccano le tengono il monopolio delle coscienze di tanti teatrale Il Vicario di Rolf Hochhut del 1963, gira- pubblicazioni nelle più prestigiose riviste scientifiche. medici, obiettori di coscienza, appunto, ce la to nel 2002 in Germania, Francia e Romania, passiamo bene, in Italia, per non andar lonta- (i palazzi del Vaticano sono stati ricreati nel Bossi cade in casa e no? Ce la spassiamo alla grande? Al di là della palazzo di Nicolae Ceaușescu a Bucarest), è sbatte la testa retorica della speranza, che un film di denuncia, an- speranze, (in concreto, che se non rinuncia del Niente di serio qui su questa Terra e ades- tutto all’invenzione poe- so, e non nel cielo dei de- tica, (il personaggio del Possono individui di una specie erroneamente sideri, in quelle proiezio- giovane prete gesuita è ritenuta umana, campa- ni psichedeliche che per un personaggio di fanta- re anche fino al traguar- brevità chiamiamo para- sia), ma Kurt Gerstein, do dei cent’anni e passa, diso), hanno i giovani? ufficiale delle SS e mem- pur essendo totalmente Tra parentesi: vogliamo bro dell’Istituto di Igiene privi del sistema nervoso smetterla, tutti, di chia- delle Waffen-SS è real- centrale, popolarmente marli, i nostri, giovani! mente esistito. Da vedere detto cervello? Siamo an- Luogo, libro, film? -Do assolutamente per capire cora alle fasi embrionali manda alle quali ognuno, di che cosa stiamo par- della ricerca, ma le mi- come il Dottor John Hol- lando. Novecento Atto I e II gliori menti scientifiche liday-Kirk Douglas in Sfi- del regista italiano recen- Il Dott. Tzira Bella del mondo sono interes- da all’O. K. Corral, (we- temente scomparso è il sate al problema, e state stern del 1957 diretto da più grande affresco poe- certi che ne scopriranno delle belle. Qualcuno, John Sturges, con Burt tico sul Novecento italia- ma il protocollo è poco chiaro, ipotizza per il ge- Lancaster e Kirk Dou- no mai realizzato prima, notipo Ducibus Dedebantur una linea evolutiva glas) risponde con le carte e anche dopo, corrispon- diversa rispetto a quella del comune homo sa- che gli hanno dato, Paolo de per intenderci all’af- piens sapiens. Secondo una suggestiva ipotesi, Mieli che imperversa a fresco del Seicento italia- che però non è ancora suffragata da sufficien- tutte le ore nella tv di Sta- no-lombardo realizzato ti prove, i politici di professione sarebbero cu- to, con le sue, nelle sue da Manzoni con I pro- gini genetici, avrebbero cioè una linea comune trasmissioni di pseudo storia, noi con le no- messi sposi. Entrambi i poemi sono di parte, di discendenza con le scimmie bonobo, forse stre, meno fantasmagoriche, più paesane. certo, ma la poesia è scelta di campo, è geneti- anche una discendenza diretta da questi scim- Luogo: certamente Roma e la sua e l’enclave di camente partigiana, il poeta è artefice, crea panzé. Quello che non convince la comunità San Pietro, dal 1929 in poi, per accordi tra il secondo un suo modello ideale. In tutto lo scientifica internazionale è che i bonobo sono governo fascista, la succube monarchia italia- scorrere del film, lo svolgersi della storia, la senza ombra di dubbio animali di intelligenza na e la Chiesa cattolica romana, Città dello Chiesa cattolica è presente con scelte ben pre- superiore, gentili e accoglienti, le loro comuni- Stato del Vaticano; postazioni privilegiate per cise: innalza alti inni di gioia alla nascita di un tà sono del tutto aperte ai nuovi arrivati, che vedere da vicino, toccare con mano, quanto i nuovo padrone, festeggia l’evento con riti reli- vengono accolti, alla loro maniera, con grandi successori di Pietro facciano il bello e cattivo giosi e gozzoviglie civili, che si ripetono iden- manifestazioni di giubilo. Se davvero l’origine tempo urbi et orbi. Libri, in realtà: I segreti del tici ai matrimoni, dei padroni, accoglie nelle fosse comune, quando, come, e soprattutto co- Vaticano. La Santa Sede e il nazismo, di Pierluigi sue basiliche gli agrari preoccupati e i giova- sa è successo ai politici di governo che allo sta- Tombetti, edizioni Arkadia, Cagliari, 2015. Si par- notti squadristi che si offrono di mettere a po- to attuale non possono vantare certo l’intelligen- la dei rapporti intercorsi tra i massimi espo- sto i comunisti che vogliono sovvertire l’ordi- za e i comportamenti sociali delle simpatiche nenti della Chiesa cattolica con il regime nazi- ne verticale stabilito da Dio, come in cielo così scimmiette? Vero è che tutta la teoria si basa sta tedesco, ma anche di quelli, secondo in Terra; e quando qualcuno stanco dei sopru- sullo smodato amore per la trifola che accomu- l’autore intercorsi tra ministri secolari e rego- si e delle porcherie fasciste, gli stupri e le vio- na bonobo e parlamentari scalda cadrèga. Non lari cattolici con gli ultras nazifascisti ustascia lenze, li denuncia in confessione, non ascolta, pare casuale che quest’ultimo incidente al Sena- croati, libro corredato da un’Appendice icono- e per non sentire, innalza con voce stentorea tur sia occorso il 14 di febbraio, festa degli in- grafica di ben 50 pagine. Durante la Seconda canori salmi rituali al Signore. Luoghi, libri e zuzzurritti. Incidente analogo accadde all’Um- Guerra Mondiale, (stime della United States film che con la forza degli argomenti- dimo bertun naziunal padan l’11 di marzo del 2004, Holocaust Memorial Museum di Washington, strano che la Chiesa cattolica, nel nostro caso, ma solo perché, come lui stesso pare abbia con- Museo Ufficiale dell’Olocausto negli USA), dal è sempre stata, è, al fianco dei potenti, delle fidato ad amici fidati, coi numeri non ci ha mai regime degli ustascia, dello Stato Indipenden- classi dominanti. Certo, ha un grande atten- flirtato, e leggendo dal calendario, scambiò te di Croazia, collaborazionista delle forze di zione verso i poveri, i malati, l’umanità in dif- quella data con l’ormai passato 14 febbraio occupazione nazifasciste in Jugoslavia, furo- ficoltà. Ha un vero e proprio interesse verso i 2004. Cose che capitano. Auguriamo al vecchio no uccise tra le 330.000 e le 700.000 persone, derelitti: bisogna crearli, e sempre in numero aurìga del Carròccio un grande in culo alla ba- 250.000 furono espulse e altre 200.000 co- crescente, i poveri, i malati, i disagiati, i dere- lena, che in bocca al lupo sarebbe pericoloso. Il strette a convertirsi al cattolicesimo. Tutte vit- litti. Ne va della sua esistenza. cielo non voglia. Facciamo le Corna. time di etnia serba, molti ortodossi, e 37.000 Antonio Loru Sennon L’è Siuppa L’è Pen Bagnà Orco Can 64 [email protected] Roma. Tra il Quarticciolo e il West. La storia di Remo Capitani Il 20 aprile del 1944, a a piedi e in quegli anni si girano i grandi kolossal in piazza dei Mirti, un grup- costume. Remo si inventa un mestiere, parte po di uomini a cavallo da stuntman e finisce nella stiva della triremi consegna agli abitanti di di Ben Hur, fa il pirata in Totò contro il Pirata Centocelle una mandria nero, fa la controfigura di Orson Wells. Ma Re- di mucche, le hanno re- mo è cresciuto tra città e campagna, nella borgata quisite verso Tivoli, gli che sembra un pueblo. Le case basse e le strade uomini a cavallo sono sterrate, piazza del Quarticciolo su cui si af- Dario Mariani di Bandiera Rossa e del- faccia la casa dello sceriffo (l’ex questura) e i la Banda Napoli (socialisti) e da mesi sfamano le bar con il doppio ingresso: davanti con il por- famiglie dell’ottava zona oltre a dare filo da tico proprio come quello dei saloon e dietro, torcere ai nazisti. L’operazione si chiamerà “la per uscire senza dare nell’occhio. Remo è nato grande cavalcata”. La scena ce la immaginia- per i western. Dio perdona, io no, I quattro dell’A- mo come la fine di uno spaghetti western: una ve Maria, Django e poi Lo chiamavano trinità con nube di polvere e il frastuono degli zoccoli che Bud Spencer e Terence Hill dove interpreta mano mano sono più vicini, i partigiani con Mezcal. Per tutti gli anni sessanta e settanta una mano sulle redini e l’altra sulla pistola, porta gli stivali e il cappello da cowboy, poi il Piazza dei Mirti sterrata ed assolata, prima in- genere declina, il cinema italiano entra in cri- credula e poi festante. Chissà se tra gli uomini si e anche il Quarticciolo non è più lo stesso. a cavallo quel giorno c’era anche Remo Capita- Alla fine Remo se ne va il 14 febbraio del 2014, ni, 17 anni, del Quarticciolo. Dall’inizio dell’oc- dopo aver recitato anche in Gangs of New York e cupazione tedesca è attivo nella banda Napoli nella Passione di Cristo. Mel Gibson gli aveva ( con Giuseppe Albano, appunto il Gobbo del dato il ruolo del ladrone. La sua incredibile vi- Quarticciolo ) e già ha avuto modo di conosce- ta racconta che i partigiani borgatari assomi- re “i metodi dello sceriffo”, arrestato dai tede- gliano un po’ ai briganti in Palestina, ai Messi- schi e torturato è riuscito a scappare da via cani, agli schiavi nell’antica Roma, ai pirati, ai Tasso. Quello che è certo è che Remo Capitani poveri di New York: in comune hanno le mani dei film western farà il proprio mestiere. Fini- grosse e i baffi folti, hanno il sorriso di Remo ta la guerra al Quarticciolo manca tutto, dalle Capitani. fogne all’acqua corrente, chi ha combattuto i Dario Mariani tedeschi viene perseguito dalle autorità giudi- Quasi 65 anni, romano ritiratosi in campagna, bancario ziarie della nuova repubblica nata dalla resi- finalmente in pensione, sedicente “esperto”, piu’ giusto stenza, i carabinieri effettuano periodicamen- dire “dilettante appassionato”, di politica (ma rigorosa- te rastrellamenti che spesso culminano con mente senza partito), letteratura, musica, cinema, costu- scontri a fuoco con gli abitanti e arresti di me e storia contemporanea. massa. Andare a cercare fortuna altrove, ma- gari in America, per chi non ha niente è im- Parleremo di Roma Partigiana con Davide Conti mercole- possibile. Ma è l’America a bussare alla porta del dì 2 Maggio, ore 17.00 Roma facoltà di lettere, università Quarticciolo: gli studi di Cinecittà sono a 10 minuti La Sapienza, Aula a Vetri.

Remo Capitani, conosciuto anche come Ray O’Connor (1927 – 2014), conosciuto come il ‘Mezcal’ (il ladrone messicano de ‘Lo chiamavano Trinità’) del Quarticciolo. Più di trecento film: dal western spaghetti con Terence Hill e Bud Spencer a Martin Scorsese a ‘La passione di Cristo’ di Mel Gibson, passando per Frà Tazio da Velletri (1973) 65 n. 72 Il professore e il pazzo Titolo originale: The Professor and the Madman. Regia: Farhad Safinia. Interpreti: Mel Gibson, Sean Penn, Eddie Marsan, Natalie Dormer, Jen- nifer Ehle, Steve Coogan. Durata: 124’ (2019)

Ambientato nel 1878 e per l’altro raccontando le vicende di Minor, intenerita dalla sofferenza dell’uomo che le ha tratto dal libro di Si- un assassino che uccide a sangue freddo? Ma ucciso il marito e in grosse difficoltà economi- mon Winchester:“Il chi- Minor uccide in preda ai sintomi della sua che accetta l’offerta e inizia a frequentare l’uo- rurgo di Crowthorne: una malattia che sembra diminuire quando con mo in manicomio. Tutto sembra propendere storia di omicidio, follia e tanta enfasi invia oltre 10.000 voci a Murray verso una soluzione positiva fin quando la -fi amore per le parole” con la che aveva chiesto aiuto a tutti i cittadini per la glia della donna che su consiglio del dottore regia di Farhad Safinia realizzazione della gigantesca opera della lin- che ha in cura il dottor Minor, si reca all’Ospe- (accreditato come P. B. gua inglese. “Quando leggo sono libero. Nes- dale insieme ai suoi fratelli, gli dà uno schiaf- Shemran), che per Gi- suno mi insegue” E la frase sembra fare da eco fo. Sensi di colpa, sofferenza, punizioni corpo- Paola Dei bson ha co-prodotto e ad un’altra: “In ognuno di noi risiede una buo- rali fanno piombare l’uomo in una profonda co-sceneggiato Apo- na dose di pazzia conviverci è obbligatorio per prostrazione mentre Murray cerca in ogni mo- calypto, con la partecipazione di due premi essere consci di Sè”. La vita di Minor si tra- do di riportarlo all’entusiasmo di quando fre- Oscar: Mel Gibson e Sean Penn, Il Professore e il sforma ulteriormente quando decide di dare neticamente cercava parole del lessico britan- pazzo narra le vicende realmente accadute di tutti i suoi averi alla vedova del passante ucci- nico. Ma Minor é nel buio e anche Murray sta due studiosi che si incontrano e che in manie- so. La donna in un primo tempo rifiuta ma poi per cedere ai complotti di colleghi che usano ra del tutto improbabile riescono a le- metodi non proprio ortodosso per im- gare indissolubilmente le loro vite per pedire al professore di raggiungere il realizzare una delle Opere più com- meritato successo per il suo duro lavo- plesse della lingua inglese; la prima ro. I due per un periodo si perdono di edizione dell’Oxford English Dictio- vista immersi ciascuno nel buio delle nary, un lavoro monumentale che riu- loro vite ma nulla potrà ormai ostaco- scì a vedere la luce grazie ad una colla- lare un’amicizia destinata a superare borazione. I personaggi sono James le barriere sociali e architettoniche che Murray interpretato da Mel Gibson li separano. Murray riesce infatti a e William Minor interpretato da Sean portare a termine il lavoro é spronato Penn. Il primo é un autodidatta poli- dalla moglie anche a salvare Minor dal- glotta e filologo scozzese con una co- le cure violente e distruttive alle quali noscenza enciclopedica, l’altro é un viene sottoposto. Come non commuo- dottore rinchiuso nel manicomio cri- versi davanti a questa storia vera che minale di Broadmoor in seguito all’o- mescola tenerezza, timidi approcci micidio di un passante, compiuto per amorosi, storia della letteratura e pre- errore e scambiato da Minor per il suo giudizio. Impossibile non innamorar- persecutore immaginario. L’omicidio si dei due personaggi principali e non lasciò la moglie dell’innocente passan- provare antipatia per coloro che tenta- te vedova e con sei figli da sfamare. no di ostacolare la competenza e la sa- Una storia dalle atmosfere che trasu- na ambizione, impossibile non prova- dano di dolore, sensibilità, tenerezza, re disgusto verso quei metodi così soprattutto per l’amicizia che nasce fra incivili con i quali nell’Ospedale rite- i due uomini capaci di oltrepassare nevano di poter curare le ferite di un’a- macerie mentali e ameni luoghi della nima infierendo ancora contro la stes- cura dove le acerbe di una vita vengo- sa anima. C’é tanto in questo film, c’è no ulteriormente massacrate con quel- la storia di due vite, la storia di amori le cure controverse contro le quali tan- impossibili, la storia di una malattia, to si batté Franco Basaglia insieme a la storia della letteratura, la storia dei tutta la psichiatria democratica. Come manicomi, e andando oltre alle recita- non associare tutto questo alla canzo- zioni un pó troppo calcate dei due per- ne di De André che recita: dai diamanti sonaggi giudicati gigioneggianti, an- non nasce niente dal letame nascono i dando oltre alla retorica di alcune fior. Questo é infatti quanto accade scene, alle parti didascaliche, si rie- nell’opera che vede nel mondo degli scono a percepire le atmosfere di un intellettuali di Oxford emozioni e incontro rimasto indelebile negli sensazioni dettate da invidie, com- anni. “Di cosa avete paura? Che un petizioni, tentativi di boicottamento uomo malvagio possa redimersi?” ai danni del professor Murray men- dice Murray evocando una frase ad tre in quello del manicomio crimina- effetto, sì certo, ma che a sua volta le di Broadmoor vissuti intensi, tene- evoca profonde riflessioni sul fatto rezze, amore e amicizia vera. Una che la bontà e la vera cultura possa- differenza che il regista evidenzia at- no far più paura della malvagità, traverso un contesto sociale compe- dell’arrivismo e dell’ostentazione titività e quello del valore reale, della della cultura fatta di stereotipi e fal- lealtà, della sofferenza. Forse ciò che si miti. accomuna i due uomini é proprio questo; il coraggio e il rispetto per l’al- tro. Come si puó parlare di rispetto Paola Dei 66 [email protected] Ricordi? Il secondo lavoro del regista Valerio Mieli è una prova rara di sperimentazione italiana; presentato a Venezia e uscito il 21 Marzo distribuito da BIM, è retto da un ottimo lavoro di squadra, grazie alle intense prove di Luca Marinelli e Linda Caridi, oltre che a un montaggio di Desideria Ray- ner calcolato (perfettamente) al millesimo e alla fotografia (Daria D’Antonio) fatta della stessa materia evanescente dei sogni e della memoria. Mentre dietro la macchina da presa si nasconde un talento sempre più grande. Ricordi? sbocciavan le viole con le nostre parole “Non ci lasceremo mai, mai e poi mai”

“Siamo fatti di memoria, siamo insieme infanzia, adolescenza, vecchiaia e maturità” Federico Fellini

Il cinema è l’arte per ec- piuttosto che altri, è vero anche che col tempo interiore, dove ciò che si materializza sullo cellenza che parla ne- i nostri stessi ricordi sfumano e cambiano; schermo potrebbe essere accaduto in un mon- cessariamente di tem- emergono nuovi elementi, nuove sensazioni a do esterno ed oggettivo. Come Resnais, non è po, attraverso il tempo essi legati. Alain Resnais diceva che il cinema realmente interessato ai personaggi, tanto da stesso, che lo caratte- era il mezzo migliore per replicare il funzio- non assegnargli neppure un nome, come i rizza come principio namento psichico: pur avvicinandosi più al protagonisti di Hiroshima Mon Amour o fondante; trattandosi guizzo stilistico e immaginifico di Michel Gon- L’anno scorso a Marienbad. Per dirla alla De- Giulia Marras di immagine in movi- dry, Mieli abbraccia il pensiero del regista della leuze, che aveva inserito Resnais tra i maestri mento, il cinema di- Nouvelle Vague e gira un film completamente della costruzione dell’immagine-tempo, dopo spiega il tempo, lo frammenta e lo Orson Welles, la spirale di amplia, inevitabilmente riflette sul Ricordi? procede attraver- tempo. Il cinema di Valerio Mieli lo so la “coesistenza di falde fa in maniera esplicita: solo al suo di passato”, creando “una secondo lungometraggio, è già un memoria-mondo a più per- autore consapevole di frammenti, sonaggi e più livelli che si attimi e attese, di discorsi amorosi. smentiscono, si denuncia- Il suo primo film Dieci inverni nar- no, si ghermiscono”. Mieli rava infatti la storia di una relazio- non solo viaggia tra la dia- ne cercata, repressa, inseguita nel lettica dei ricordi dei due corso di dieci anni, tra bivi che ma- personaggi principali ma no a mano separano e riuniscono mette in scena che una sfe- gli amanti mancati. Con una coin- ra del pensiero più indivi- cidenza curiosa, sono passati esat- duale, come la rappresen- tamente altri dieci inverni prima di tazione mentale di una un’altra storia d’amore, di un’altra scena del Barone Rampan- elaborazione temporale di senti- te di Calvino o del vortice menti per immagini. “Volevo tenta- emotivo, sfumato e com- re un film in soggettiva emotiva”: presso in pochi istanti, del- così Mieli introduce Ricordi, pre- la propria memoria infan- sentato alle Giornate degli Autori e tile. Si compie qui un vero vincitore del Premio del Pubblico. e proprio errando di ricor- Così traghetta lo sguardo dei suoi di, tra canzoni dimentica- due personaggi, ognuno perso nel- te, finali di film confusi, la propria memoria che percorre a persone scambiate; non- ritroso la storia del loro incontro, ché ritorni continui al pas- dell’innamoramento, dell’abbando- sato, per non scordare nul- no. Entrambi con le proprie diffe- la di ciò che è stato e non renze e interpretazioni del passato, potrebbe essere più, esat- della vita. Lui e lei non hanno no- tamente come succedeva me. Lui è un malinconico professo- in Eternal Sunshine of the re, ossessionato dai brutti ricordi e Spotless Mind (Se mi lasci incapace di credere al futuro. Lei è ti cancello) di Gondry; se una serena illusa, ignara della tri- Jim Carrey correva lette- stezza e perennemente fiduciosa ralmente tra le stanze della nel prossimo. Non si tratta di una mente per tenersi stretto semplice struttura di flashback e ricordi anche scomodi, flashforward ma di una spirale in qua Luca Marinelli, in una cui il presente non esiste ed è sosti- delle scene più belle, in tuito da un susseguirsi di momenti una profumeria, reale o rivissuti da diverse angolazioni e immaginaria che sia, si af- soprattutto da diversi occhi. Anche fida semplicemente all’o- i ricordi di un solo personaggio dore nella ricerca di abbrac- cambiano da un attimo all’altro: ci, baci e amori perduti. perché se è vero che tra di noi ten- diamo a ricordare certi particolari Giulia Marras 67 n. 72 La parola e la trama – Dal teatro al cinema Il tempo e lo spazio acqui- maniera estemporanea; l’altro (il teatro) pro- componga quell’insieme complesso e, soprat- siscono solidità nell’acce- mosso da un pubblico innumerabile, correla- tutto, dotato di duttilità. Una dimensione zione delle faccende con- to ad un anonimato avvolgente ed esso stesso esaustiva rimanda a una realtà che resta, nuo- suete, ma mantengono avvolto nell’oscurità di una sala. Che si tratti vamente, altra e, talora, appiattita. Epperò, una dimensione eterea e di teatro o di cinema – senza considerare la sovviene un nuovo quesito: che si tratti, cioè, di distaccata se considera- misurazione del valore tanto di un’opera rap- vera omogeneità di interessi e che tra tali inte- ti nell’estremizzazione presentata dal vivo, che di una realtà altra ressi emerga una qualifica che assolva qualsia- immaginale di parola e espressa su un pannello frontale intangibile – si criterio tendente a soddisfare un qualsivo- trama. Nell’attualità te- il pubblico si formula in un’interezza quasi glia equilibrio si cimenti per spiegare il motivo sa al visuale, laddove l’e- magmatica e a nulla vale se non l’etereo chie- per il quale l’opera attragga. Invero, l’equilibrio sistente non sempre si dersi di come nella sua totalità si possa estin- della struttura (tanto teatrale, che cinemato- Carmen De Stasio coniuga con verificabili- guere l’unicità corporea e distinguere identità grafica) è disposto da un’organizzazione che tà, tanto il tempo-paro- specifiche, provenienze e quant’altro. Resta la con distintiva discrezionalità corrisponde la che lo spazio-trama colgono realtà rapida- sfericità priva di numeri e di nuclei, con l’equivoca non tanto al piacere, quanto all’accorgimento mente riflesse in aspetti che restano imbrigliati richiesta sospesa di quali personalità si che propende da una parte o dall’altra in ordi- in un’evanescenza tutt’altro che ten- ne alla tipologia dell’esecuzione. E for- dente a saziare la curiosità e l’attesa, se sta in questo l’assoluzione o meno convergendo nell’espressione deside- del dilemma: se, cioè, in altro modo, la rale e topica di un’invenzione da vivere trasposizione cinematografica riesca a con discutibile distacco. Un distacco conciliare la vitalizzazione di una real- che sovente s’interpone tra quella che tà conferita sul palcoscenico teatrale, è intesa come magia – nel caso del ci- o, piuttosto, venga a disperderne il nema – e di realtà figurale e meramen- quid introspettivo, pulsionale, in linea te intellettuale nella sua espressione, con le attese silenti di coloro i quali si- nel riferimento al teatro. In ogni caso, ano in attesa di un’attività che promuo- di distacco si tratta allorquando sia il va il proprio interesse. Quali, dunque, tempo-parola che lo spazio-trama ven- se non i riscontri degli effetti e delle gono correlati a quanto si vive seppur tensioni nel percorrere la trama. Amal- indirettamente, ovverosia, come sol- gamata a una sensibilità appercettiva, chi immaginali tanto che si prospetti oltre la chiusura spaziale di un palco- la dimensione teatrale, che cinemato- “Hamlet” (1996) di Kenneth Branagh scenico sovente la trasposizione teatra- grafica. In entrambi i casi si tratta di trasposi- le risponde con assenze tuttavia enucleate nel zioni sceniche complesse in una finitezza a rigore dell’attesa mentale, affinché alle assen- regime che dispone, per un verso, una concre- ze visuali non cedano le assenze prospettiche. tezza immediatamente rilevabile nella posi- Lo scenario varia totalmente nel cinema, là zione frontale rispetto a un palcoscenico sul dove i luoghi mutano repentini, talora proce- quale le azioni si aprono dal vivo, nel caso del dendo a sfoltire dialoghi e narrazioni che ap- teatro; e che dispone dinnanzi a uno spazio pesantirebbero oltre misura lo svolgimento. che conquista una dimensione non quantifi- Nella sfericità delle occasioni, la prospettiva cabile, invece, al cinema, dove l’immaginazio- flette sulla variabilità; si dota di una dinamici- ne, proprio in virtù della limitazione tempo- tà gestita da mezzi meccanici e mediatici, as- rale, si dilata, senza per altro risolversi, in una solvendo alle mancanze che trattengono l’atten- circolarità necessaria a congegnare simulta- zione attraverso le parole ferme che animano lo neamente non soltanto l’eventuale scenario spartito teatrale. E dunque, si parlerà di gesto e appagante quanto anche enigmatico, basato, parola lucrosi nei termini di trama per il tea- cioè, su una visualità che colma con lo stru- tro e, per quanto afferisce il cinema, di me- mento immaginale le alterità invisibili e che, ta-estensibile immaginazione volta ad ampli- d’altro canto, si solidificano dinnanzi a un ficare luoghi e percorrenze che facilitino la palcoscenico che tutto deve contenere. E allo- dilatazione e la diluizione, allorquando neces- “Miseria e nobiltà” (1954) di Mario Mattoli ra, dove divengono consistenti le diffe- saria, dei tempi. Su tutto prevale una renze e, soprattutto, come offrire un’al- calligrafia puntuale che consente di terazione sensibile affinché dall’opera evitare l’attrito tra attesa e visualizza- realizzata in funzione di uno spazio li- zione per accedere, infine, all’incanto mitato a tre dimensioni chiuse si pos- che soltanto la mente individuale, alle- sa consentire la diffusione di una fanta- nata alla creazione incessante, può sia in grado di mediare con la fissità soddisfare per partecipare così alla dello sguardo e giungere poi a colmare continuità dell’aspetto essenziale del gli spazi intellettualmente interattivi? pensare, intorno al quale gravita l’uni- Ancora una volta sono in scena tem- verso di occasioni che l’intelligibilità po-parola e spazio-trama. Intesi nel allena allo scibile. vortice di azioni sviluppate secondo una trama specifica e come luogo di Carmen De Stasio svolgimento visuale, entrambi si di- stribuiscono come momenti particola- ri integrati da ambiti di scelta: l’uno (il cine- * Prossimo numero: ma) inteso dal regista e sviluppato in una Il silenzio, la pausa e l’attesa nell’immaginazio- traiettoria impossibile da individuare in “Un americano a Parigi” (1951) di Vincente Minnelli ne 68 [email protected] Stanley Donen Un grande artista americano Scomparso pochi me- di scapolo/marito o vice- si fa, Stanley Donen, versa. A seguire i due si fu, con Gene Kelly, ritrovano per L’erba del vi- co-creatore di uno dei cino è sempre più verde, gi- capolavori del genere rato nella perfida Albio- musical, Un giorno a ne, co-protagoniste due New York. Di esso en- attrici mitiche come De- Maria Cristina Nascosi trambi furon anche i borah Kerr e la shakespe- coreografi. Donen è il ariana Ophelia-Jean Sim- regista e, per l’appunto, coreografo america- mons, cui fa da ottimo no che spesso venne definito ‘il re dei musical contraltare una ‘magnifi- hollywoodiani’, uno dei padri fondatori di un ca preda’ come l’america- genere che ebbe un successo planetario all’e- no Robert Mitchum - i poca, poi cadde un po’ nel dimenticatoio. due mondi, uno ‘figlio’ Grandi registi, ancor più grandi musicisti, tra dell’altro, che si conten- cui val la pena di ricordare almeno Cole Por- dono lo scettro dell’ele- ter e George Gershwin, ne furono grandi testi- ganza e dello stile anche monials. Qualche anno fa, a Venezia, con La la performativi. E tre anni land, di Damien Chazelle, fu riesumato ed è dopo, nel 1963, un altro stato ancora un successo, anche se gli inter- cult-movie, Sciarada, con “Sciarada” (1963) di Stanley Donen preti non son sicuramente all’al- tezza di quei grandi che l’avevano - l’altra eccezione simile era sta- ‘inventato’. Nato il 13 aprile 1924 a ta in Strangers when we met - Noi Columbia, nella Carolina del Sud, due sconosciuti, del 1960, di Ri- da genitori di religione ebraica, chard Quine. Per Sciarada l’indi- Donen si trasferì molto giovane a menticabile compositore Henry New York e a soli 16 anni iniziò la Mancini scrisse un tema musi- sua carriera come ballerino nello cale ed una colonna sonora tra le spettacolo Pal Joey di Rodgers e sue più commoventi. Enfin, a Hart dove recita assieme all’ami- chi scrive, piace concludere con co Kelly. Nel 1943 venne assunto un ricordo personale di Stanley dalla Metro Goldwyn Mayer come Donen, per un umile omaggio coreografo, apparendo assieme a non solo a lui, ma anche alla lui in Cover Girl nel 1944. Dirige il grande Settima Arte di cui fu, suo primo lungometraggio nel per davvero, un grande rappre- 1949, On the Town, un musical mol- sentante. Nel 2004, l’anno in cui to ambizioso, musicato da Leo- gli fu attribuito il Leone d’oro al- nard Bernstein, ambientato a New la carriera alla Mostra Interna- York: il primo musical girato in zionale del Cinema di Venezia, esterni. Stanley Donen ha diretto ebbi modo di parlargli, almeno una trentina di film. Ha preso un per pochi indimenticabili minu- Oscar solo alla carriera nel 1997. ti, in conferenza-stampa. E mi Ad un certo punto della sua car- parve di aver comunicato - gra- riera professionale, Donen passò zie a quelle poche frasi intercor- alla commedia romantica. E na- se fra lui e me - con la Storia, con sce un’altra incredibile liaison ar- la Cultura, perché da tempo la tistica con Cary Grant, attore Cultura, quella Cinematografi- eclettico - non a caso il britannico ca, è entrata nell’uso comune, Archibald Alexander Leach veniva nell’immaginario di chi può ap- dal circo dove aveva lavorato co- prezzare quella Settima Arte, me acrobata - impagabile feticcio che contiene le altre sei che la anche per Alfred Hitchcock, come precedono, perché tutte ( e mol- è noto. Così nel 1958 recita con to più ) le contiene. Furono po- Donen per la Warner Bros in che parole - dicevo - scambiate quella pellicola splendida che è In- con un vero signore, un gentle- discreto, in coppia con Ingrid Berg- man dello spettacolo che, inna- man: in essa, ad un certo punto i morato delle donne, delle attrici due ballano, felici come se recitas- che come Audrey Hepburn, In- sero, per un attimo, in un musical grid Bergman, Sofia Loren ave- della MGM, una scena che da sola sarebbe da una sempre evanescente e filiforme Audrey - vano interpretato i suoi film, eran per sempre Oscar, con un Cary Grant infantilmente felice Sabrina post-litteram, quasi ancora modella rimaste nel suo raffinato ed affettuoso cuore che ironizza ed auto-ironizza sul proprio gof- di Givenchy, ed altri comprimari di gran rilie- di artista e di essere umano. fo personaggio dinanzi agli occhi di una quasi esa- vo come James Coburn, George Kennedy, sperata Ingrid che sta solo aspettando, con impa- ‘braccio-di-ferro’, ed un Walter Matthau fuori zienza, di smascherare il suo doppiogiochismo dalle sue solite righe di comico ebreo di razza Maria Cristina Nascosi Sandri 69 n. 72 Utopie, illusioni e underground nel cinema italiano degli anni Ses- santa e Settanta Negli anni Sessanta la interiore con I giorni contati, società italiana sta at- 1962; Il maestro di Vigevano, traversando un pro- 1963; A ciascuno il suo, 1967, fondo mutamento di non dimenticando ancora costume, di abitudini, Pier Paolo Pasolini, scritto- di rinnovamenti. La re e letterato di grande ta- vecchia Italia contadi- lento e solida preparazione na si sta trasformando culturale in grado di trava- in un’Italia industria- sare nel suo cinema i grandi Pierfranco Bianchetti lizzata. L’emigrazione miti della storia. La sua sen- dal sud al nord è in pieno svolgimento provo- sibilità lo porta a privilegia- cando nelle città settentrionali una vera e pro- re gli aspetti di vita del sot- pria rivoluzione urbanistica e antropologica. I toproletariato con Accattone, meridionali, che con il passare degli anni si 1961 e Mamma Roma, 1962, “I pugni in tasca” è un film del 1965, scritto e diretto da Marco Bellocchio integrano soprattutto nelle periferie delle me- ma è anche sensibile alle tropoli, contribuiscono a formare una nuova problematiche del Terzo nazione. Il cinema, come sempre molto atten- Mondo con Il vangelo secondo to alla realtà, è influenzato da questi cambia- Matteo, 1964. Di altro tenore menti che gli permettono di uscire da quel cli- è il pensiero cinematografi- ma stagnante nel quale è immerso da tempo. co di Ermanno Olmi, gran- Una situazione di stallo responsabile di fatto de documentarista e poeta della mancata nascita come in Francia di un della cinepresa, che trae movimento d’avanguardia simile alla Nouvel- ispirazione dalla sua espe- le Vague. Sono gli anni del cosiddetto “cinema rienza di vita lavorativa ini- “Baba Yaga” (1973) di Corrado Farina del centrismo” secondo il critico Lino Micci- ziata come impiegato alla ché; un cinema immerso nel grigiore che solo Edisonvolta a Milano prima nel 1959 sembra avviato verso una rinascita. di diventare in breve tempo Dopo la caduta del governo Tambroni nel 1960 il responsabile della Sezio- e la nascita del centrosinistra nel 1963, la pro- ne Cinema dell’azienda. Il duzione cinematografica è in pieno fermento. posto, 1961; I fidanzati, 1963; Nuovi giovani registi appaiono sulla scena. Un certo giorno, 1968, sono Marco Bellocchio scuote le coscienze e colpi- opere ancora oggi studiate sce la critica con il suo I pugni in tasca del 1965, nelle cineteche di tutto il seguito due anni più tardi da La Cina è vicina, mondo per la loro straordi- lucida analisi delle ipocrisie borghesi e di un naria riflessione sull’ aliena- velleitarismo rivoluzionario incapace di co- zione nel mondo del lavoro. struire una vera alternativa al potere domi- E ancora indimenticabile è nante. Il clima culturale e sociale di irrequie- il cinema dei fratelli Taviani “Grazie zia” (1968) di Salvatore Samperi tezza di fatto si avverte ormai in tutto il incentrato su di un’Italia cinema europeo. In Francia Jean-Luc Godard che non si piega al sopruso dei potenti come discussione. La ricerca di un linguaggio cine- firma La Cinese e Alain Resnais La guerra è fini- in Un uomo da bruciare, 1961-62 dedicato al sin- matografico profondamente diverso è quella ta, mentre in Inghilterra Peter Watkins è l’au- dacalista siciliano Salvatore Carnevale in lotta di Nelo Risi, medico, cineasta, letterato, che tore di Privilege. Da noi nuova linfa arriva da con la mafia eI sovversivi, 1967, le difficoltà esi- nel 1968 realizza il suo secondo lungometrag- Francesco Rosi, portatore di un cinema d’ im- stenziali e sentimentali di quattro militanti gio Diario di una schizofrenica, ricostruzione di pegno sociale e civile che si manifesta già ne del PCI sullo sfondo dei solenni funerali di un episodio avvenuto nel 1930 ed un caso fa- La sfida,1958; I magliari, 1959; Salvatore Giulia- Palmiro Togliatti; un film, che fotografa con moso della letteratura medica psichiatrica. La no, 1962; Le mani sulla città, 1963. Non da meno è acuta limpidezza un’epoca, quella delle cer- pellicola è considerata uno degli esempi più Elio Petri, regista capace di esprimere un realismo tezze ideologiche ormai essere messe in segue a pag. successiva

“I sovversivi” (1967) di Paolo e Vittorio Taviani “Il posto” (1961) di Ermanno Olmi 70 [email protected] segue da pag. precedente Teatro riusciti sul tema del disagio mentale e sulla psicopatologia. Nel panorama cinematografi- co di quegli anni emergono anche altri cineasti I nuovi volti della solitudine in Si nota all’im- atipici, Tinto Brass, esordiente dietro la mac- brunire china da presa con Ca Ira, il fiume della rivolta, “A teatro deve tornare a prende per le corna il tema della solitudine so- 1964, carrellata sugli orrori della guerra e Sal- succedere qualcosa. Gli ciale, vera e propria patologia individuata dalla vatore Samperi, autore nel 1967 di Grazie zia, spettatori devono tornare socio-psicologia. Una silenziosa epidemia che con il quale amalgama l’impegno sociale e po- a commuoversi non per ha preso le mosse dal Giappone e sta invaden- litico con l’erotismo aprendo poi la strada a un quello che succede in sce- do l’Europa. Diversamente da quanto si po- fortunato filone di commedie sexy di grande na, ma perchè quello che trebbe pensare, la solitudine sociale non ri- successo. Operando un po’ ai margini dell’in- succede ti ricorda quello guarda, poi, solo le fasce della popolazione più dustria filmica altri registi sono alla ricerca di che è successo a te – ag- anziana: sono sempre più frequenti i casi che nuove strade espressive. Ingiustamente tra- giunge Lucia Calamaro interessano persone di mezza età o, addirittu- scurato dai critici e dagli studiosi, Corrado Fa- - con i miei lavori io dico ra, giovani. Certo la riunione di famiglia dà un rina torinese, dopo una lunga carriera nel Giuseppe Barbanti che quello che mi è suc- taglio anche generazionale allo spettacolo, ap- mondo della pubblicità e del documentario di- cesso potrebbe toccare o ha toccato anche te, profondendo, nel solco dell’approccio seguito venta all’inizio degli anni Settanta autore di quindi reagisci e sentiti vicino a noi”. Così, per il protagonista, la condizione esistenziale due cult, Hanno cambiato faccia, 1971, Pardo d’ qualche tempo fa dichiarava ad un periodico, di ciascuno dei figli di Silvio in cui ritroviamo oro al festival di Locarno, opera cult a tinte Lucia Calamaro autrice e regista di Si nota analogie di carattere e di percorsi con perso- horror che racconta senza mezzi termini gli all’imbrunire (Solitudine da un paese spopola- naggi di altri testi di Calamaro: sono i dialoghi spietati meccanismi del mondo capitalistico e to), una coproduzione di Cardellino srl e Tea- a svelarci la diversa indole delle due figlie. Si in- Baba Yaga, 1973, film psichedelico ispirato al tro Stabile dell’Umbria in collaborazione con tuisce così che per Maria Laura la dedizione di personaggio di Valentina ideato da Guido Cre- il Napoli Teatro Festival. Calamaro non perde cui dà prova verso la famiglia è espressione di pax, che ha conosciuto una nuova popolarità occasione di sottolineare l’importanza che ha un senso del dovere ancora esteriore non riela- dopo l’uscita in Dvd. Farina, autore geloso del- rivestito nella sua formazione di donna di te- borato in chiave personale, mentre Alice, che la sua autonomia artistica, non ha esitato a atro la pratica teatrale: e la scelta più felice dell’autrice è sicuramente quella di costruire tutto l’allestimento sull’interpretazione di un Silvio Orlando (Silvio anche nella finzione) stupefacente, da lei stessa definito”. Unico … capace di scatenare …le empatie di ogni spet- tatore” per cui ha scritto deliziose pillole di monologhi, che interrompono, stemperando- ne il livore, le discussioni, a volte un po’ sopra le righe, dei componenti di una famiglia, i tre “Morire gratis” (1968) di Sandro Franchina figli e il fratello per l’appunto del protagoni- sta, riunitisi per qualche giorno. Il pretesto è (foto di Claudia Pajewski) scontrarsi con produttori e distributori che in la messa per il decimo anniversario della mor- continua a misurarsi senza successo con la po- qualche modo lo hanno costretto all’emargina- te della moglie di Silvio, medico isolatosi vo- esia, non ha talento. Completano il contesto fa- zione. Anche Sandro Franchina, già attore bam- lontariamente da anni in un piccolo centro. miliare Riccardo, il figlio precario che ha tradi- bino in Europa ’51 di Roberto Rossellini, nel Lucia Calamaro anche in questa occasione to le aspettative del padre, e il fratello Roberto, 1968 gira un unico lungometraggio Morire gra- con grande efficacia ha buon gioco a raccon- con la sua mania delle citazioni. L’approccio di tis, on the road girato con pochi mezzi e mai tarci uno “stare”, ad approfondire in primis la Calamaro analizza i mutamenti che si registra- distribuito in Italia, metafora sull’irrequietez- condizione esistenziale del protagonista e no all’interno della compagine “famiglia” nei za di una generazione, quella del ’68 pronta ad poi, di riflesso, dei figli e del fratello. Una fa- passaggi attraverso le diverse età della vita: an- esplodere. Impossibile dimenticare soprattut- miglia che si ritrova , quindi, è il contesto col- che la confidenza che dovrebbe legare i compo- to Alberto Grifi, storico filmmaker, cui si deve laudato in precedenti lavori e utilizzato da Ca- nenti del nucleo familiare, perde ogni afflato, una coraggiosa sperimentazione. Nel 1965 gira lamaro per sviluppare sul palcoscenico un “tutto sommato fa schifo” dice ad un certo pun- La verifica incerta, in collaborazione con Gian- tema a lei carissimo, l’incidenza che esercita il to Silvio. Si sarebbe soli anche quando si è in- franco Baruchello, un’opera fatta con collage peso, a volte opprimente, della memoria sulle sieme alle persone che ci sono state accanto di materiali tratti da spezzoni di pellicole de- relazioni fra parenti: la sua pièce non è una tutta la vita. A tener viva la speranza è il finale stinate al macero e nel 1975 insieme a Massimo costruzione proiettata sul futuro. Per tutta la della nota di presentazione di Calamaro, che Sarchielli, Anna, la vera storia di una ragazza durata dello spettacolo la drammaturga e re- tradisce la più segreta ambizione del suo fare minorenne incinta che vagabonda per Roma. gista fa riemergere lentamente, attraverso i teatro “…ci piace pensare che gli spettatori, gra- Molto apprezzato ai festival di Berlino e di Ve- dialoghi, le precipitose uscite di scena, le in- zie ad un potenziale smottamento dell’animo nezia, il film non è mai stato distribuito in Ita- tromissioni sulle prime di difficile compren- dovuto speriamo a questo spettacolo, magari la lia. Farina, Grifi, Sarchielli, Franchina forma- sione tutto un universo di avversioni, pre- sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chia- no con altri, un vero e proprio movimento giudizi, critiche, torti pretesi o inflitti che meranno di nuovo quel padre, quella madre, sperimentale underground e a basso costo, sono maturati in un passato che vive nel tram- quel fratello, lontano parente o amico ormai che ha cercato di ritagliarsi vanamente uno busto di uno spettacolo percorso dal rumore, isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo usci- spazio all’ intero del cinema tradizionale. Poco a volte intrigante, ironico, talora fastidioso re di casa. O per fargli solamente un po’ di com- apprezzati dagli addetti ai lavori, questi autori della vita che continua a scorrere. Certo Cala- pagnia”. Accanto a Orlando gli interpreti sono hanno invece contribuito a rivoluzionare il lin- maro in questa pièce, proprio partendo dalla Riccardo Goretti, Roberto Nobile, Alice Redini, guaggio cinematografico inseguendo utopie e storia personale di Silvio, della sua decisione di Maria Laura Rondanini. Le scene sono di Ro- illusioni su di un mondo che avrebbero voluto anni addietro di isolarsi dalla famiglia e dalla berto Crea, i costumi di Ornella e Marina Cam- cambiare con l’utilizzo della loro cinepresa. recente propensione a ridurre al minimo i mo- panale, le luci di Umile Vainieri. vimenti, che tanto preoccupa i suoi congiunti, Giuseppe Barbanti Pierfranco Bianchetti 71 n. 72 Gianni e Pinotto Una acquisizione oc- Roland V. Lee nel 1945 e interpreta- casionale, una sorpre- to dallo stesso Charles Laughton, sa inattesa, un tassello Kidd il pirata ci riporta all’epoca che fino ad oggi ci delle galee e dei pirati. Girato nel mancava… pochi gior- 1952 col nuovo sistema in SuperCi- ni fa, proprio quando neColor, dopo Lost in Alaska (Gian- meno te lo aspetti, in ni e Pinotto al Polo Nord) e prima una vecchia valigia “dei di Abbott and Costello go to Mars sogni” venduta per po- (Viaggio al Pianeta Venere), Kidd il Pi- chi Euro, dall’etichetta rata rappresenta assieme al Giardino Simone Santilli insolita ma con i loro Incantato dello stesso anno, un dit- nomi, ecco venirne fuo- tico inusuale nella lunga filmogra- ri due bobine di pellicola safety in formato 16 fia di Gianni e Pinotto. Entrambi i mm contenente la versione italiana di Kidd il film nacquero come film indipen- pirata ( and Meet denti, dato che la major Universal che Captain Kidd, 1952), una vera ghiottoneria per ha sempre tenuto sotto contratto Fotobusta italiana di “Abbott and Costello meet Captain Kidd” (1952) me che la cercavo da anni e per i fi- lologi e gli appassionati di due atto- Bud e Lou, tollerava che la coppia ri che negli anni Cinquanta hanno girasse di tanto in tanto film sotto dato vita a una coppia fortunatissi- altre distribuzioni e produzioni. E ma della comicità cinematografica fu così che assieme, Gianni e Pinot- e della parodia: Gianni e Pinotto, al to, decisero di autofinanziare i due secolo Bud Abbott e Lou Costello! progetti cinematografici più ambi- Uno grasso, l’altro magro, rinnova- ziosi, a colori, della loro carriera, a rono il successo di altre coppie cele- patto di detenere individualmente bri ed egualmente assortite, Stan le future royalties. Bud Abbott fi- Laurel ed Oliver Hardy in primis. nanziò questo Kidd il Pirata, la cui Per tutti gli anni Quaranta fino al versione italiana uscì nei cinemato- 1957 (anno della loro separazione grafi tra il 1953-1954, e da allora è artistica) Bud e Lou seppero tenersi sparita dalla circolazione senza po- sulla cresta dell’onda facendo il ver- Gianni e Pinotto con in mano la mappa del tesoro... ter essere più vista fino ad oggi, so ai generi cinematografici di mo- grazie al rinvenimento del 16 mm da; film western, gialli, di avventura italiano in bianco e nero, che ha e del terrore vennero presi brava- conservato integralmente lo splen- mente per il bavero, ma senza la dido doppiaggio con le voci di Carlo puntualità e la acredine necessarie. Romano (Pinotto) e Lauro Gazzolo Poiché mancavano loro statura di (Gianni), mentre al mitico Lau- protagonisti e qualità di “masche- ghton fu affidata la voce di Mario re” avrebbero avuto bisogno di buo- Besesti. Una riscoperta che contri- ni soggettisti, inventori di “gags” e buisce a ridurre il numero dei dop- registi e, non avendoli trovati, si piaggi italiani introvabili dei film di sfogarono in un umorismo rivista- Gianni e Pinotto, e che fa ben spe- iolo e tutto verbale, destinato tra rare in altri rari rinvenimenti. Digi- l’altro ad andare in gran parte per- talizzata in alta definizione per ot- duto quando i loro film arrivarono, tenerne un clone in ottima forma, il doppiati, da noi. Tuttavia i loro film I due comici in costume in “Kidd il pirata” (Abbott and Costello Meet Captain Kidd, prezioso film verrà a breve presen- contengono una vastità di trovate 1952) tato ufficialmente per continuare a (moltissime riprese dai film di regalare risate e divertimento an- Stanlio e Ollio e dai grandi del mu- che agli spettatori italiani. In sinte- to), di spunti, di situazioni ridicole si, la trama: due servitori, Rocky che, seppure in chiave clownesca, Stonebridge (Gianni) e Oliver John- restano validi esempi di una comi- son (Pinotto), inservienti nella Ta- cità senza problemi. Ma al tempo verna della Testa di Morto, sono stesso, facendo il verso ai film e alle fermati da Lady Jane che chiede lo- mode del tempo, i due attori, dietro ro di consegnare un biglietto d’a- la bonarietà dei loro volti e delle lo- more a Bruce Matingale, un can- ro immagini, uno ingenuo e sprov- tante della taverna. Nel frattempo il veduto, l’altro furbo e svelto, hanno Capitano Kidd che pranza con la finito per fare una sorta di satira di Capitano Bonney (una donna) sta costume, che oggi si può leggere passando un brutto quarto d’ora. come singolare testimonianza di Bonney vuole che egli le consegni il un’epoca che fra guerra, dopoguer- tesoro delle navi da lui assaltate ra e guerra fredda non spingeva nella sua zona. Kidd la informa che certo all’ottimismo. Secondo film a il tesoro è nascosto nell’isola del te- colori di Gianni e Pinotto, distribui- schio e che egli ne ha la pianta. Viene to dalla Warner Bros, parodia del ce- deciso che Bonney si recherà all’isola lebre film Capitan Kidd realizzato da Il Capitano Kidd (Charles Laughton) e la Capitano Bonney segue a pag. successiva 72 [email protected] segue da pag. precedente con la nave di Kidd, e il suo vascello seguirà Documentari, un genere sottovalutato pronto per attaccare se Kidd tenta di imbro- Un premio alla Carriera come Green Man, proprio per aver realizzato testimonianze uniche de- gliarla. Nel servire Kidd, Oliver inciampa sul gli spettacoli della Natura, a Luca Bracali

Free Solo, è uno degli la premiazione del 23 marzo. Un esempio di esempi, che testimo- spettacolo della natura davvero unico, verifi- nia quanto può essere catosi quasi come un segno del destino, alcuni importante il reporta- giorni prima del Festival, ad Alta in Norvegia, ge filmico. La produ- e naturalmente colto ed immortalato: un vero zione di National Geo- Anello verde di Aurora Boreale, quasi un’aure- graphic, ha vinto l’Oscar ola. Altra chicca offerta da Bracali al Festival è 2019 per la categoria do- stato il suo video The best of Luca Bracali Green Tiziana Voarino cumentari. Ripercorre Man con il montaggio esclusivo per Anello la storica scalata in free verde, a cura di Roberto Sessoli, contenente il solo dell’arrampicatore statunitense Alex Hon- meglio delle immagini mozzafiato realizzate nold sulla parete di El Capitan, nel Parco nazio- nel suo percorso professionale: dagli orsi po- nale di Yosemite, dal periodo di preparazione lari, ai baobab in un crescendo davvero emo- fino all’impresa compiuta il 3 giugno 2017. zionante. Bracali ha profuso gli ultimi dieci Il sistema Supercinecolor era un sistema americano di Senza di esso non avremmo potuto compren- anni della sua attività soprattutto per dare ri- cinematografia a colori di tipo sottrattivo, usato dalla dere cosa stia dietro a un’impresa ardua come salto alla necessità di salvaguardia dell’am- Warner Bros fino alla metà degli anni Cinquanta ed questa prova fisica e mentale in cui ogni mo- biente delineandosi quasi come un precurso- oggi in disuso vimento, anche il più minuscolo, e ogni esita- re. Ha portato e porta avanti la sua mission, zione possono fare la differenza tra la vita e la anche come Ambasciatore di Save the Planet. morte quando si scala con niente addosso, se Bracali non ha alcun dubbio, riconosce il pote- non i vestiti e la magnesite. Ma, ora lo com- re che la tecnica e l’esperienza, la bravura nel prendiamo. Lo abbiamo potuto guar- dare e condividere, quasi un po’ imme- desimarci. Non solo gli Oscar hanno categorie di assegnazione dei loro rico- noscimenti ai documentari, anche mol- ti altri Premi, in Italia per esempio il David di Donatello, il Nastro d’Argen- to. Eppure, spesso, si sottovaluta la for- ma artistica del documentario e si tra- scura la finalità sociale del genere. I fotogrammi documentari, lo dice il termine, “docu- mentano” al grande pubblico accadi- pirata e nella confusione la pianta di Kidd e il menti, fatti, scenari che non potrem- biglietto d’amore di Oliver vengono confusi. mo guardare altrimenti, dinamiche e Voarino consegna il premio a Bracali. Biggi presenta sul palco Rocky scopre che Oliver ha la pianta e lo con- informazioni che non conosceremmo, vince ad appropriarsi del tesoro. Frattanto con la peculiarità di aprire nuove pro- Kidd, resosi conto di aver perduto la pianta spettive e bilanci portando alla luce, di del tesoro, sequestra i due che ritiene colpe- estendere gli orizzonti visivi su realtà voli di avergliela rubata e li porta sull’isola do- lontane, irraggiungibili, poco tangibili. ve si trova il bottino, minacciandoli di darli in Perché il documentario è testimonian- pasto ai pescicani e tentando di liberarsi di za. I docu possono riprodurre retro- loro. I prigionieri, invece, lo metteranno nel scena, conflitti, indagini, costruzioni e sacco: il biglietto d’amore e la mappa del teso- percorsi, narrazioni, vite, opere, mo- ro cambiano proprietario parecchie volte fin- menti unici, cambiamenti. Un mago ché Oliver e Rocky riescono a impadronirsi del documentario e della regia di que- del tesoro e fuggono sulla nave di Kidd, con sto genere, Luca Bracali, è stato pre- Oliver al comando, e Kidd appeso per i piedi miato a Finale Ligure durante Anello Luca Bracali dal trinchetto. Una modesta farsa, costruita Verde, il Festival dell’ Ambiente e della So- per i due comici nel pieno del loro successo e stenibilità. Luca Bracali è un regista, autore, realizzare “scatti e riprese uniche” apporta fa- con un Charles Laughton negli insoliti panni esploratore, giornalista, scrittore di dodici li- cendo aprire gli occhi e battere il cuore a chi lo di un personaggio buffo, Kidd il pirata si con- bri e ne ha due in preparazione, toscano. Pos- segue nelle sue imprese. Potere che si rintrac- figura quindi come una inconsueta ed atipica siamo ammirare i suoi filmati documentari- cia anche nella forza che ha forgiato se stesso commedia musicale, che nell’arco di 70 minu- stici nei programmi di punta dei canali Rai e e in se stesso, fino a fargli raggiungere autore- ti procede piana e scorrevole verso l’happy en- anche del National Geographic. Ha realizzato volezza, fino ad attribuire a questa facoltà un ding. Ora è salva anche nella sua straordinaria in trentatré anni di carriera un archivio incre- ruolo così preponderante nella scelta di vita: edizione italiana d’epoca dei primi anni 50, dibile. Sono molte le parti del mondo lontane viaggiare, documentare, proporre workshop in 16mm, per il momento in unica copia. Con ed ostili che per lui non hanno più segreti. E’ fotografici in giro per il mondo, riportare la la speranza di rinvenire in un futuro prossi- un cacciatore, dell’unico tipo green possibile, necessità di tutelare il nostro Pianeta. Consa- mo un nuovo controtipo italiano del film in ossia di aurore boreali. Ha regalato, per l’occa- pevolezza che lo ha cambiato, facendolo di- pellicola 35mm a colori, la ricerca continua…” sione del suo terzo premio alla carriera, una ventare il grande uomo che è e che ama esse- Giaaanniiiiiiiiii!!!!!!” foto speciale dal titolo Anello Verde di aurora bo- re. reale proiettata sul palco dell’Auditorium di Simone Santilli Santa Caterina in Finalborgo proprio durante Tiziana Varino 73 n. 72 Un appello ragionato in un grande film: Capire il passato per vivere felici Helena Norberg-Hod- sviluppo ha fatto passi da gigante impadro- senso di rimpianto da parte della regista dei ge è una scrittrice, re- nendosi di questa regione come di ogni altra valori perduti, quasi un irrealizzabile e ro- gista e attivista per la regione del mondo. Sono state costruite stra- mantico desiderio di ritorno al passato. Sotto difesa dell’ambiente e de che valicano i passi montani e portano una questo aspetto la Norberg-Hodge ha le idee delle culture locali; di- buona parte dei prodotti della terra molto più molto chiare: lo sviluppo, la globalizzazione, il rige la International a buon mercato e con minore fatica; e sono ar- consumismo hanno portato in tutte le realtà Society for Ecology and rivati anche i segni forti della globalizzazione. del pianeta danni incalcolabili. E non si ritor- Culture (ISEC). Ha la- Sui nuovi negozi di DVD o di prodotti elettro- na più indietro. È in atto un processo di di- vorato per molti anni nici campeggiano i manifesti di Rambo e de- struzione diffusa e globale che al momento a contatto con le po- gli attori più popolari di Hollywood. Ma lo svi- sembra inarrestabile e può portare al collasso Marino Demata polazioni del Ladakh luppo fino a che punto è stato progresso? Il del nostro pianeta. Il problema è che molti di (o Piccolo Tibet) e per prezzo pagato, così come ci mostrano le elo- noi pensano che la catastrofe possa arrivare in il suo impegno le è stato consegnato nel 1986 il quenti immagini del film, è la perdita da parte futuro, ad un certo momento, senza rendersi Premio Nobel Alternativo (Right Livelihood di ciascuno del senso di appartenenza al terri- conto che non c’è un’ora X in cui un giorno la Award). Linguista di formazione, allieva di torio e alla comunità. Si è sviluppata, come catastrofe arriverà. Come non capire invece Noam Chomsky, parla sette lingue ed è stata nel resto del mondo, la competitività, l’invidia che non esistono scadenze precise, perché noi la prima straniera ai tempi stessi, oggi, siamo immersi in moderni a padroneggiare l’an- un processo di continua auto- tico dialetto tibetano del Lada- distruzione che ci coinvolge tut- kh. Il film Capire il passato per ti? Sono di oggi, e non rinviate vivere felici è la trasposizione ci- ad un futuro imprecisato, l’accu- nematografica del suo best-sel- mulo di rifiuti indistruttibili, la ler internazionale “Ancient fu- eliminazione di specie animali e ture”, tradotto in 42 lingue. Il di ecosistemi, l’alterazione dell’at- film è interamente girato in mosfera terrestre e la tragedia del Ladakh, una regione dell’India riscaldamento progressivo del settentrionale a ridosso con le pianeta. Ma la Helena Nor- grandi montagne tibetane. È berg-Hodge, lungi dall’invita- una regione a prevalenza bud- re lo spettatore a rimpiangere dista, ma anche con una forte il passato o a piangersi addos- presenza islamica. E la prima so, intende lanciare, attraver- cosa che colpisce vedendo la so questo film, un messaggio prima parte del film, riferita di speranza e di lotta. Nessuno ad un passato di solo qualche vorrebbe lasciarsi morire e lo decennio fa, è la assoluta reci- spirito di conservazione, pri- proca tolleranza tra le due con- ma o poi, spingerà gli abitanti fessioni religiose. La popola- del nostro Pianeta a fare qual- zione viveva uno stato di grande cosa. È interessante però, pri- reciproca solidarietà. L’attività ma di ogni altra cosa, capire in prevalente, se non l’unica, era base a quali meccanismi sia- l’agricoltura e i momenti topici mo arrivati alla disastrosa dell’anno agricolo, in partico- condizione attuale. Un tempo lare la semina e il raccolto, so- gli uomini erano poco attivi: no momenti dove si sperimen- nel Medioevo l’umanità crede- ta una grande coesione collettiva. va che ogni evento o trasfor- Al punto che ciascun agricolto- mazione dipendesse da Dio. re, prima di procedere alle Non ci furono grandi inter- operazioni di raccolta, avverte venti di modifica degli assetti tutte le famiglie del villaggio, e del pianeta. Con l’Umanesimo tutti saranno presenti ad aiu- è nata la centralità dell’uomo: tare. E addirittura si calenda- l’uomo è fabbro della propria rizzano in anticipo le opera- fortuna ed anche del dominio zioni agricole di ciascuno, in sulla natura. Questi concetti, modo che non possano mai av- validissimi nel loro spirito di ri- venire in contemporanea, per valutazione dell’operato dell’uo- far sì che gli agricoltori dell’in- mo, hanno spinto però, col pas- tero villaggio possano parteci- sare del tempo, alla creazione parvi in massa. Tutto questo di modelli di società ( es. alla alimenta con forza, dice la voce fuori campo da parte di chi non possiede quello che pos- fine del ‘700 la rivoluzione industriale) ove il della regista, il senso dell’appartenenza alla seggono gli altri; i giovani in particolare rin- dominio dell’uomo ha cominciato a dispie- stessa terra e il senso della comunità, che sono negano i vecchi modelli comunitari e guarda- garsi a danno della natura. Si tratta di un ego- considerati beni primari in una realtà come no, attraverso la TV, al mondo occidentale centrismo irrefrenabile che non tiene conto era quella del Ladakh, fatta di persone sorri- come ad un paradiso cui sperare di avvicinar- dell’altro polo della realtà, la natura stessa. denti e felici. Mai in competizione. La secon- si. Sbaglierebbe lo spettatore che vedesse, nel- Come hanno sottolineato due studiosi presenti da parte del film ci mostra il Ladakh di oggi: lo la differenziazione delle due parti del film, un segue a pag. successiva

74 [email protected] segue da pag. precedente Musica alla proiezione del film a Firenze, Guido Dalla Casa, ingegnere e docente di Ecologia profon- da, e Max Stata, ecologo e scrittore, non c’è E’ una donna… gelosa speranza se all’EGOcentrismo non si sostitui- “Non mi interessa se tu delle false lacrime ora berrai. /Ti posso dire sono salate le ho già /bevute oramai / sce l’ECOcentrismo. E non a caso, graficamen- comunque, tutto quello che dice lei non è verità /la sua dolcezza è stata ancor più forte della mia onestà / te, il primo concetto viene metaforizzato da un ed ora /le crederai, /le crederai. /Povero amico ingenuo, /io lo so, /le crederai. /Io non so /io non so più /a triangolo che ha al suo vertice superiore la fi- chi credere /so solo che, /so solo che di /tutti e tre /soltanto uno, uno soltanto morirà /lei era mia, /non è più gura dell’uomo, e nelle parti più basse la sago- mia, ora di chi è chi lo sa? /andate via, /andate via, via!” ma della donna e delle più comuni specie anima- Le tre verità, -Lucio Battisti li. Al contrario, l’Ecocentrismo viene raffigurato come una circonferenza al cui interno trovia- Segno del talento di un due artisti operarono: Infatti l’Italia in cui mo, alla rinfusa e senza un ordine gerarchico, artista è saper creare con Puccini crebbe era diversa dal paese che Verdi l’uomo, la donna e le varie specie animali. Il la fantasia un mondo che aveva conosciuto nella sua giovinezza. All’in- domani non può che andare nella direzione siamo costretti a ricono- terno dell’arte Verdiana vi è sempre l’origine della circonferenza, altrimenti, purtroppo, il scere come peculiarmen- contadina, che mira ad una lotta per l’unità domani non ci sarà. Il discorso brutalmente te suo. Ciò non è necessa- nazionale; invece Puccini dal canto suo, si ri- realistico è questo. Ma il film, l’opera e le paro- riamente sinonimo di trova in una borghesia ormai “consolidata”, le della Norberg-Hodge sono ricchi di un otti- grandezza, ma esige un lontana dalla lotta e dal clima risorgimentale. mismo sensato e basato sulla crescente ragio- alto grado di personalità. L’opera italiana raramente aspirerà a divenire nevolezza di tanti esseri umani: occorre Puccini non ci impegna un dramma d’idee, come l’opera tedesca da invertire la rotta prima che sia troppo tardi. su parecchi livelli come Wagner in poi. Essa eviterà ogni intellettuali- Mozart, Wagner, Verdi. smo, complessità psicologiche e elaborate Gli otto anni della Presidenza Obama hanno Danilo Loddo fatto crescere la sensibilità americana su que- Tuttavia resta un mae- concezioni letterarie. Quindi nell’opera italia- sti problemi, anche se, purtroppo, la posizione stro insuperabile a livello che gli è proprio, na il soggetto sarà un semplice dramma uma- di Trump costituisce uno stop a tutto questo. quello in cui la passione erotica, la sensualità, no, il libretto di conseguenza sarà elaborato in Come afferma la Norberg-Hodge in una re- la tenerezza, il pathos e la disperazione si in- modo da fornire al compositore una trama, cente intervista in Italia, “purtroppo assistia- contrano e si fondano. Ciò che provoca resi- dei personaggi e delle situazioni dalle quali si mo a una tragica manipolazione da parte di le- stenza nei suoi confronti è l’ethos, o piuttosto ader come Trump che, anziché illustrare le la mancanza di ethos della sua arte. Per un ragioni reali dell’insicurezza generale, dicono compositore d’opera, come del resto per ogni alla gente che il problema principale sono gli autore drammatico, la prova suprema è nel immigrati, le persone diverse da loro”.(1) Al costringere gli spettatori, anche contro la loro contrario, invece, dobbiamo premere per co- volontà, ad identificarsi con i suoi personaggi. struire un forte movimento di base della new Il compositore teatrale nato è quello che ha in economy che abbia una comprensione precisa sé il potere di risvegliare la nostra simpatia dell’importanza dell’agricoltura, delle risorse verso le sue drammatis personae, non nel senso naturali e dell’urgente bisogno di rendere l’uso corrente di “provare simpatia per”, ma in delle tecnologie al servizio degli esseri umani e quello originario di “sentire con”. Puccini rie- non viceversa.” (2) Ma oltre a questo, non va sce a compiere questa operazione. Puccini Giacomo Puccini (1858 - 1924) trascurato l’impegno di filosofi, uomini di cul- commuove lo spettatore per vie drammatiche. tura, scienziati. Ed anche le religioni stanno Puccini è stato spesso definito come il succes- possa trarre il massimo dell’espressione emo- facendo la loro parte. Innanzitutto, il Buddi- sore di Verdi. Verdi fu attraverso il suo genio tiva e drammatica. Considerando questo, Ver- smo, nei cui principi troviamo da sempre il apparentato alla grandezza di Michelangelo e di crea situazioni potenti e ricche di spirito e concetto dell’unità (e la non dualità) tra mente Beethoven. Bisogna notare che Verdi era un pathos, invece Puccini esige qualcosa di ap- e materia, che sono, e non possono che restare, prodotto del Risorgimento, che spinse l’Italia passionato e commovente. Il libretto che sod- un’unica cosa. Fino ad arrivare alle recenti po- a combattere per la libertà politica e l’unità disfa a pieno queste richieste è sicuramente sizioni di Papa Francesco, col suo richiamo nazionale, che portò alla realizzazione del so- quello melodrammatico. Generalmente i li- all’ecologi e all’arcivescovo di Canterbury, in gno Machiavellico. Verdi stesso, con la sua ar- bretti vengono tratti da romanzi contempora- Inghilterra, che parla di povertà e ingiustizia te, fu un promotore di questi ideali nazionali. nei di romantici come Victor Hugo e Walter sociale. (3) Con questa nota di speranza e di fi- Le sue aspirazioni si riflettono chiaramente Scott. Questi testi diventano la commistione ducia nei milioni e milioni di individui impe- nella sua arte: dai suoi ideali di giustizia, al te- di intrighi di ogni genere, amorosi, religiosi, gnati in tanti progetti che vanno nella direzio- ma della lealtà dell’uomo verso l’uomo. Puccini politici ecc. Un tardo discendente di questi li- ne della salvezza del pianeta, si chiude il film al contrario era una personalità abbastanza bretti è quello della Tosca, dove sesso e religio- Capire il passato per vivere felici. Un film che nes- complessa. Femminea per molti aspetti. Un ne fanno sfondo ad avveni menti storici di ri- sun essere pensante dovrebbe perdere, “Un ‘esempio che fa emergere la differenza psichi- lievo. Con l’avvento del realismo in letteratura, film straordinario…vederlo dovrebbe essere ca/artistica dei due artisti lo si può ritrovare fu inevitabile che il libretto d’opera si modifi- obbligatorio” , come ha scritto entusiastica- nei bassi delle loro opere: da una parte il basso casse, mescolando ai vecchi ingredienti ro- mente il “The times”, a cui ha fatto eco il The delle opere di Verdi è un grido di battaglia, mantici, temi più “piccanti”, tolti dalla vita di Guardian: “Tutti coloro che hanno a cuore il dall’altra quello di Puccini è un richiamo eroti- tutti i giorni. Il realismo per Puccini non sta futuro di questo pianeta, dei loro figli, e temo- co. Altre due differenze incentrate sul livello propriamente nella musica, ma nell’argomen- no il peggioramento della qualità della nostra psicologico si possono riscontrare di fronte al to scelto e nella quantità di personaggi portati società, dovrebbero vedere questo film”. libretto originale della Tosca: infatti mentre in scena. La Tosca concentra questi temi: il re- Marino Demata Verdi si commosse soprattutto di fronte alismo dei suoi soggetti e la brutalità di certe ( “All’inno di Addio alla Vita e all’arte”, Puccini situazioni. L’apparizione di Flora Tosca sul 1) Barbara Ciolli: “Helena Norberg-Hodge sfida la globa- non seppe che farsene, e lo mutò in un lamen- palcoscenico romano, la sera del 14 Gennaio lizzazione” – Intervista su LETTERA 43 – 7 ottobre 2018 to in cui il protagonista, ricorda le ore di pas- 1900, fu un avvenimento di singolare rilievo. (2) ibidem sione trascorse con l’eroina. Un’altra differen- Ma la prima testimonianza di un interesse da (3) ibidem za fondamentale è il luogo e il tempo in cui i segue a pag. successiva 75 n. 72

segue da pag. precedente parte di Puccini per il dramma di Victorien Sar- Il velo dipinto dou, sul suggerimento di Ferdinando Fontana, risale al tempo dell’Edgar. Nella lettera, prove- Una trama complessa tra storia e vicende umane niente dalla collezione Gallini, del 7 maggio Due ottimi attori ren- Edward Norton nelle vesti di Walter Fane. Un 1889, vediamo come Puccini scongiura Giulio dono con bravura una film quindi, di recente proposto su Iris, che Ricordi per ottenere l’autorizzazione a trarre realtà intricata. Alla lon- merita l’attenzione del pubblico interessato un’opera lirica dal dramma che andava trion- tana, l’incipit ricorda la ad opere di valore. Il velo dipinto è tutto questo, fando nell’interpretazione di Sarah Bernhardt: vicenda, in altre pro- narrazione di fatti storici, gli accadimenti che Carissimo signor Giulio, spettive e in mutati con- segnano la Cina, assai intricati, nei quali si in- dopo due o tre giorni di ozii campestri per riposarmi testi storico-geografici, seriscono le vicende personali e di coppia vis- di tutte le strapazzate sofferte, mi accorgo che la vo- della manzoniana mo- sute da Kitty e Walter, due coniugi diversi per lontà di lavorare invece d’essersene andata, ritorna naca di Monza. Nel film carattere e per l’approccio alla vita. Per la mo- più gagliarda di prima… penso alla Tosca! La scon- Il velo dipinto il presup- glie, annoiata da un rapporto che non ha mai giuro di far le pratiche necessarie per ottenere il per- posto dello sviluppo tollerato, l’approdo al tradimento è determi- Giacinto Zappacosta messo da Sardou, prima di abbandonare l’idea, cosa degli eventi è in quella nato fin dall’inizio. A questo contribuisce, an- che mi dovrebbe moltissimo, poiché in questa Tosca frase, lasciata cadere lì quasi con fare distratto, che se non lo giustifica, la presenza non certo vede l’opera che ci vuole per me, non di proporzione ma non per questo meno allusivo: Per quanto vivace del marito, uomo probo, infaticabile eccessive né come spettacolo decorativo né tale da dar tempo tuo padre ti dovrà mantene- luogo alla solita sovrabbondanza musicale. A giorni re? La madre, nel sontuoso salot- sarò a Milano per mettermi subito alla correzione ed- to borghese dell’Inghilterra, nei gariana, anzi ho qui con me Carignani che mette in primi decenni del XX secolo, ordine la riduzione del 3° atto. Accetti i più cordiali sa- presente il capo-famiglia, che luti da Fontanta, Carignani e le signore femmine. Ri- pure approva e sostiene quello spetti alla signora Giuditta e alla signorina e al Tito. che si palesa essere un vero e Iniziata nel 1896, terminata nella villa di Chial- proprio piano, si rivolge così al- tri nel settembre del 1899, la Tosca, ha soprat- la giovane figlia, bella, colta e tutto un taglio scenico, dove ritroviamo un im- viziata. Soprattutto, in età da piego simbolico dei tagli tonali e delle qualità marito. Lo sbocco, tra contrasti e cangianti del suono orchestrale fra le creazioni conflitti interiori, è nell’imman- più vive di un Puccini che ci condurrà alle voci cabile matrimonio tra quest’ulti- bianche della Turandot. Sono evidenti nell’ope- ma e un promettente medico di ra le successioni di accordi, già lontane da ogni belle speranze, seriamente in- funzione armonica nel senso tradizionale. Mol- tenzionato, introverso e mite to evidente è nel primo atto l’uso nervoso dei le- laddove la promessa sposa, poi gni, nel secondo atto il nuovissimo effetto del moglie, che non ricambia gli af- “piatto sospeso” fra dei gelidi accordi che sotto- fetti, è al contrario disinvolta, lineano la messinscena ideata da Tosca, inoltre brillante e vivace. Anche trop- alla fine del secondo atto ritroviamo la famosa po, come dimostrerà la succes- frase “E avanti a lui tremava tutta Roma”, frase che siva vicenda della coppia. Così viene intonata rigorosamente sulla nota e sulla Kitty Garstin e il dottor Walter figura ritmica indicata da Puccini. Tutto il terzo Fane, batteriologo, per ragioni atto presenta modulazioni tortuose, e una sorta legate alla professione di lui, si di “marcia del supplizio” che ha un equilibrio trasferiscono in Cina, a Shan- sottilmente ricercato di sestine. Oltre gli stretti ghai. Qui il quadro muta prepo- confini del verismo, oltre i limiti di gusto della tentemente, ed in modo violen- società, Tosca discende, come Turandot, dalle to nella mente della novella grandi eroine drammatiche verdiane. La più ef- sposa. L’incipiente crisi familia- ficace e minuziosa cronaca della prima rappre- re, peraltro scontata, dati i pre- sentazione di Tosca è nel seguente telegramma supposti, si inserisce a sua vol- alla Gazzetta Musicale di Milano: ta nella tumultuosa situazione Iersera andò in scena Tosca. Folla enorme fino dalle storica della Cina di allora, lacerata da conflit- professionista, portato all’impegno a favore ore 11 del mattino pigiavasi contro porte ingresso tea- ti interni ed esterni, da pulsioni di ogni tipo, del prossimo, ma incapace di suscitare nella tro. Appena principiò orchestra, rumori, grida di per- che vanno dal nazionalismo al marxismo, fino consorte la fiamma della passione. Il dramma sone che non possono penetrare platea non permetto- a comprendere, in una società variegata e è tutto lì: mentre Kitty si diletta a letto con un no di proseguire. Deversi calare sipario tornando da complessa, credenze popolari che sfociano altro uomo, un funzionario dell’ambasciata capo. Appena ristabilitosi silenzio. (…) Esecuzione nella superstizione e in atteggiamenti conno- inglese, al di fuori, in una regione lontana del- complessivamente eccessivamente nervosa, causata tati da palese arretratezza umana e culturale. la Cina, scoppia un’epidemia di colera. La vi- parte da emozione prima sera, parte del panico per Ma su tutto, ed in questo la sceneggiatura di cenda sanitaria, con pesanti ricadute sociali e lettere minacciose mandate esecutori e voci di proba- Ron Nyswaner è magistrale, domina sugli politiche, non è solo lo scenario, lo sfondo nel bili attentati. Queste sono le arti cui ricorsero, inutil- eventi la presenza ingombrante, in quella par- quale si muovono e si agitano i personaggi, mente, invidiosi della fama autore. te del mondo, dell’imperialismo inglese. Allo ma assume le caratteristiche, esso stesso, di Si era diffusa la voce che al Teatro Costanzi sa- stesso livello la regia di John Curran, mentre, un fatto, di un accadimento, al pari dei con- rebbe stata lanciata una bomba. Invece alla fine a dare forza espressiva alle immagini e ai dia- flitti che dilaniano quella società, idoneo ad tutto andò liscio, con buon successo per Pucci- loghi, la colonna sonora di Alexandre De- incidere significativamente nella relazione di ni, per i cantanti e per Leopoldo Mugnone. splat, vincitore del Golden Globe, contribuisce coppia. Con esiti imprevedibili, come ci di- in maniera significativa all’ottima riuscita della mostra la trama del film. Walter, già da tem- pellicola. Impareggiabili i due attori protagonisti, po accortosi del tradimento della moglie, senza Danilo Loddo Naomi Watts, che interpreta Kitty Garstin, ed segue a pag. successiva 76 [email protected] segue da pag. precedente Teatro averne mai fatto parola, all’improvviso le esterna la sua decisione, mettendo la consorte di fronte ad un ultimatum: se non vorrà se- Il grande Umberto Orsini fa Sold Out anche guirlo nella regione flagellata dal colera, per la con un libro quale si è offerto quale volontario in assistenza Nell’intervista all’edizione milanese del “Cor- io”. Si potrebbe completare, volendo, il poker medica, presenterà istanza di divorzio per adul- riere” (16 aprile, in occasione della prima mi- con l’aggiunta di Gian Maria Volonté, coeta- lanese al Piccolo del suo Costruttore Solness di neo dello stesso Ronconi (1933), aggiungendo- Ibsen) Umberto Orsini ha dichiarato che la lo appunto ad Orsini (1934) e Pani (1936). Ma scelta di quel testo va attribuita a un consiglio mentre gli altri tre hanno purtroppo salutato di Luca Ronconi. La cosa non sorprende parti- anzi tempo, Orsini è tuttora presente e attivo, colarmente chi abbia già avuto occasione di pur ipotizzando nel libro che il Solness in tour- vedere lo spettacolo, perché in particolare la née potrebbe essere uno degli ultimi se non peculiarità della scelta scenografica mobile e l’ultimo suo spettacolo. Lo fa in intelligente verticale denota una netta familiarità con dialogo preliminare con un discretissimo e quelle esperienze e ricerche. Ma in qualche coinvolto Paolo di Paolo in queste leggere e fe- modo questo riconoscimento chiude un cer- lici in queste quasi 200 scorrevolissime pagi- terio. Il giovane medico si spinge fino a propor- chio, perché lo ha aperto poche settimane pri- ne, che ne illuminano in maniera assai schiet- re alla consorte, sempre in alternativa al trasfe- ma la pubblicazione postuma delle Prove di au- ta e spesso preziosa il passato, ma anche la rimento nella zona colpita dal morbo, che sia tobiografiadello stesso Ronconi essa stessa a presentare istanza di divorzio, nel (Feltrinelli: se n’è scritto il me- caso in cui l’amante dovesse ottenere a sua volta se scorso) e lo chiude ora que- la separazione dalla legittima moglie. In realtà, sto magnifico libro autobio- e qui la capacità di introspezione si fa alta, nello grafico sprizzante autenticità: stile, appunto, manzoniano, Walter sa che l’a- Sold Out appunto di Orsini (La- mante della propria compagna di vita, uomo terza). Negli anni più recenti il piatto ed inadeguato agli slanci morali, nella genere autobiografico di atto- circostanza insensibile alle necessità impellenti ri (e soprattutto di attrici) di di una popolazione locale vessata, da ultimo, non teatro ha preso notevole piede, bastasse la presenza straniera, dal dilagare del con precisa attenzione loro ri- contagio, non giungerà mai a concepire nemme- volta sia da parte degli editori no l’idea di poter pubblicamente abbandonare la che dei lettori. Non sempre propria moglie. La scelta di Kitty è dunque quella però, sinceramente, i risultati di seguire il marito. Il quale continua a trattarla delle operazioni sono apparsi con comprensibile freddezza. Nella nuova real- proporzionali alle attese: an- tà, in uno sperduto villaggio dove la malattia che perché chi si accosti a que- miete vittime su vittime, Walter dispiega tutto sto tipo di “messa in pubblico” il suo altruismo, come medico e come uomo, pre- si aspetta legittimamente un occupandosi, mediante un ingegnoso sistema duplice registro conoscitivo, atti- idraulico, di approvvigionare gli abitanti di ac- nente cioè sia alla parabola esi- qua corrente, indispensabile ad un corretto sti- stenziale del personaggio-auto- le di vita ed efficace antidoto per arginare un’e- re che all’approfondimento della pidemia che sembra inarrestabile. Il medico realtà del mondo dello spettaco- collabora pure, facendosi apprezzare per le sue lo (e, segnatamente, di quello doti umane e professionali, con le suore france- scenico) del nostro paese. Al si cattoliche che gestiscono un orfanotrofio. contrario, ad esempio, hanno Qui Kitty, giunta in visita per invito della madre funzionato in positivo -anzi, superiora, ha modo di vedere il marito sotto in… insostituibile, se così si un’altra luce. Quello che prima le appariva un potesse dire- proprio le recen- uomo sbiadito, ai suoi occhi troppo spento per tissime Prove citate Ronconi. essere un amante, si palesa ora per una perso- Pur essendo costituite sostan- nalità ricca di risvolti e di interiorità. I due co- zialmente dalle riflessioni di niugi alla fine si riconciliano, avendo un rappor- un regista, ricche di apporti in to. Di lì a poco, la donna si accorge di aspettare entrambe le direzioni, le sue un bambino, non essendo sicura se quel che le Umberto Orsini rimette in ordine le tessere della propria storia. pagine illuminano non poco matura in grembo sia il frutto della relazione Umberto Orsini - Sold out del destino comune di attori. con l’amante o col marito. Quest’ultimo, nella a cura di Paolo Di Paolo Con particolare riguardo a un ovvia consapevolezza del dubbio, non si scom- con ill. - disponibile anche in ebook formidabile tris di loro, so- pone e, in un gesto estremo, accetta che quel fi- Edizione Laterza 2019 stanzialmente coetanei e acco- glio, una volta nato, entri a pieno titolo nel nu- Collana: i Robinson / Letture; pag. 208; munati dalla comune frequenza cleo familiare. Del tutto riappacificati, i due ISBN: 9788858135297 -conclusa o meno che sia stata...- ritrovano l’amore e la concordia, fino al punto dell’Accademia d’Arte Drammatica fondata da scena nazionale e lo schermo dentro e fuori i che Kitty condivide l’impegno umanitario del Silvio d’Amico e dominata all’epoca dalla confini. E’ forse onesto confessare a priori che marito, aiutando essa stessa, per quello che grande figura, didattica e registica, del troppo questo punto di vista può essere di parte. All’ può, le suore e i bambini ivi alloggiati. Il bimbo dimenticato Orazio Costa Giovangigli. Ha in- ammirazione tributatagli fin dall’adolescenza nasce, non prima che Walter, stremato dal con- fatti dettato Ronconi: “I tre giovani attori del l’attore grazie alla tv (il Tallien dei Grandi ca- tagio che stava combattendo, venga sepolto in momento, in quel teatro degli anni Cinquan- maleonti di Zardi, terra straniera. ta, eravamo Corrado Pani, Umberto Orsini ed segue a pag. successiva Giacinto Zappacosta 77 n. 72

segue da pag. precedente de I masnadieri di Schiller: “la presenza di Mo- l’aver assistito a una replica di Morte di un com- ’64; la gelida intensità del suo Ivan nei Fratelli nica Guerritore era una gioia per gli occhi. Un messo viaggiatore di Miller, con la Morelli-Stop- Karamazov televisivi del grande Sandro Bol- trionfo…”); le ben 250 repliche di Servo di scena pa comprendente Mastroianni e De Lullo e la chi: è passato esattamente mezzo secolo...), è con Gianni Santuccio (“uno dei più grandi at- regìa di Visconti, teatro Nuovo di Milano seguita la buona sorte recente di poterne se- tori che mi sia capitato di incontrare. L’ho 1951…). Mai più immaginando che da lì a po- guire a distanza ravvicinata l’attività. Così lo amato come forse non ho mai amato nessu- chissimi anni si sarebbe ritrovato a lavorare si può ricordare -accedendo ai camerini per no”): peraltro battute dalle ben 450, in più ri- in palcoscenico proprio con tutti loro: la fedel- un saluto ad altro attore amico- mentre pren- prese nell’ultimo ventennio, appunto di Co- tà a Miller ne avrebbe caratterizzata poi, in de congedo dai presenti con borsa a tracolla e penhagen (“non è forse quello che preferisco, prima persona, l’intera teatrografia fino al -re un “vado a prendere il treno” da ragazzino do- ma certamente quello cui sono più legato”); la centissimo Il prezzo. Non si vuole togliere a chi po l’incredibile performance nel Prezzo di Ar- prima intervista (con una giovanissima Nata- lo farà il piacere del leggerselo, citando i molti thur Miller (Genova, Corte, 2016). Oppure lia Aspesi allora alla “Notte”, il quotidiano mila- spettacoli e film, attori e registi che Orsini via quando, già in abito di scena, viene in prosce- nese della sera cessato da un’eternità); la pri- via evoca e cita, e tanto meno i moltissimi del- nio a scusarsi per il ritardo della compagnia ma conoscenza con l’amico non facile Volonté; la sua infinita parabola di titoli che lascia mo- (ingorgo stradale...) la sera della prima napo- la prima “voglia di scappare” (dal Buio in cima destamente da parte. (Ma non riesco a tratte- letana di Copenhagen (Teatro Diana, 2017) e av- alle scale con De Lullo e la Guarnieri); il primo nermi dall’evocarne, tra questi ultimi, almeno verte, a discorso in svolgimento, la necessità film Marisa( la civetta di Bolognini con la Alla- uno: l’indimenticabile commissario Spada di di aggiungere due parole esplicative sul ma- sio: da lì a non molto una microparte nella Notti e nebbie di Giordana da Castellaneta, gnifico ma non semplicissimo testo, avendo Dolce vita…); le prime lacrime (per la durezza 1984). Ne tanto meno mi arrogherò la messa a potuto “pesare” a instinto, lo sguardo rivolto registica proverbiale proprio di Ronconi, pro- punto pedante di qualche inevitabile inesat- alla platea, la prevalenza di un pubblico non vando il Besucher di Strauss: “Luca aveva una tezza (non corrisponde al vero, ad esempio, automaticamente sintonizzabile sulla neces- crudeltà sottile che ti arrivava violenta come che i dati inerenti le prestazioni attoriali e re- saria lunghezza d’onda. O la recentissima de- un pugno in faccia”). Ma importantissimo il pri- gistiche di un ventunenne Strehler nella No- dizione mostrata nella tournée tuttora in cor- mo gatto (“l’ho raccolto in un vicolo di Trasteve- vara 1943 -il novarese Orsini aveva nove an- so, impersonando appunto Il costruttore Solness, re”…). Il lettore a questo punto avrà colto con- ni…- non sia riportato nelle relative biografie: in un’operazione ardita e meditata, i cui esiti cretamente la chiave del volume, ma anche tutte ne parlano, già dalle più remote di Gaipa sinceramente ci sono parsi un po’ inferiori al- dell’uomo Orsini: serietà e generosità, schiet- e Battistini). Ma è straordinariamente vero le ipotizzabili attenzioni (Fraschini di Pavia, tezza e netto calore umano. Chi conosce mini- l’episodio del viaggio decisivo e senza ritorno 2018). Ma che forse sarebbe suscettibile di una mamente dall’interno l’ambiente dello spetta- per Roma -alla maniera del finale felliniano de seconda e più meditata visione, anche alla lu- colo, e in particolare del teatro, sa che un - incocciando in treno niente meno ce delle riflessioni in atto su questo spettacolo attore importante intento a parlare magnifi- che l’allora aspirante italiano Orson Welles. E nelle varie fasi della sua preparazione, da cui camente, pagina dopo pagina, di tanti colle- sono toccanti le magnifiche pagine dedicate prende le mosse la tessitura e che fa un po’ da ghi con una stima che suona non di maniera è all’irripetibile collaborazione col purtroppo motivo unificante del libro. Che si divide in già di per sé cosa più unica che rara. E glielo nel frattempo scomparso Bobò della compa- cinque parti. Verrebbe da consigliare a chi lo confermeranno tutte le altre quattro parti gnia di Pippo Del Bono. Chiudere un libro leggerà di partire eventualmente dall’ultima, precedenti/successive (Storia; Sogni; Desiderio; nuovo pieni del piacere di averlo letto non è che non a caso s’intitola… Prime. E che parla Destino), con particolare risonanza delle prime cosa che di questi tempi capiti tutti i giorni: conseguentemente nei suoi numerosi debut- due, dove Orsini narra, insieme con obiettività ne illustra bene le ragioni preliminari la som- ti: quello scenico sostituendo proprio il rinun- e con tenerezza, delle proprie tutt’altro che fa- messa ma chiarificante postfazione di Di Pao- ciante Ronconi (Il diario di Anna Frank dei cili infanzia, adolescenza e giovinezza. Insi- lo (Dietro le quinte) che forse per questo potreb- “Giovani”, 1957); la prima collaborazione con stendo particolarmente sulle emozioni, anche be essere opportuno… promuovere a prefazione. l’amatissimo Zeffirelli (Chi ha paura di Virginia personalissime, e non celando l’assoluta casua- E scorrere prima della stessa ultima parte di Woolf, 1963: l’immensa Sarah Ferrati); la prima lità, quasi involontaria, della successiva scelta pro- cui si è suggerita l’antecedenza. direzione di un grande teatro (l’Eliseo di Roma, fessionale. Peraltro anticipata appunto da un forte con l’emergente Gabriele Lavia regista e il vertice coinvolgimento iniziatico e immedesimativo: N.L.

1° maggio, 89 anni dopo. Come è cambiato il mondo del lavoro e come il precariato ha destabilizzato tutte le professioni. (Pierfrancesco Uva) 78 [email protected]

E’ uscito Cineforum 583 SOMMARIO 583 partenza di ricono- Editoriale scere lo spessore del La materia oscura del contendere p-03 testo, anche per quan- Adriano Piccardi to riguarda la com- Quello di Lars von Trier è un cinema che divi- plessa tessitura della de al punto da muovere talvolta i suoi detrat- sua messa in scena, tori a reazioni forse un po’ troppo impulsive. non ci sembra l’ap- Ciò vale anche per il suo ultimo La casa di Jack, proccio migliore per la cui uscita non ha mancato di riaprire la po- interloquire a ragion lemica intorno all’attitudine manipolatoria veduta anche su ciò del regista danese (ma “nella regia sempre di che di esso possa even- manipolazione si tratta”) e alla gratuità delle tualmente risultare in- sue provocazioni, atte soltanto a sostenere digesto. uno sguardo – e dunque un discorso sulla re- primopiano altà – profondamente immorale. “Cinefo- La casa di Jack p. 04 rum”, dal canto suo, anche questa volta prefe- Tina Porcelli risce un approccio più ragionato. Collocare il Il coraggio dell’im- film nella sezione di apertura del numero ci perfezione p. 06 permette di condurne un’analisi articolata, in Roberto Chiesi grado di entrare nel merito sia degli elementi L’Inferno di von Trier di linguaggio e stile della messa in scena sia p. 09 delle questioni di contenuto relative ai temi e Alessandro Lanfran- alle domande di cui La casa di Jack è portatore. chi Abbiamo una nostra posizione rispetto al ci- Le figure del deside- nema di von Trier, ma non intendiamo pro- rio p. 12 porla con le modalità da stadio (o da social); ci Sporcare la visione interessa esporla ragionando, analizzando romantica l’oggetto della nostra attenzione e argomen- Intervista a Manuel tando i motivi delle nostre convinzioni. Rite- Alberto Caro, diretto- niamo von Trier un autore importante non re della fotografia di soltanto perché in grado di consegnarci un’i- La casa di Jack, a cura dea di cinema forte, risultato di una rielabora- di Fabrizio Liberti e zione assolutamente personale che non di- Tina Porcelli p. 15 mentica i modelli importanti cui fa riferimento, ma anche perché ci costringe ad affrontare la i film p. 42 radicalità di una posizione, rispetto al nostro Mariangela Sansone Giuseppe Ghigi mondo, insieme esistenziale e politica: una Copia originale di Marielle Heller p. 21 Tutte le storie celano una menzogna? p. 48 posizione di condanna senza appello dell’”im- Claudio Gaetani Giuseppe Ghigi barbarimento che sta avvenendo ora”, accompa- The Front Runner – Il vizio del potere di Jason Palinsesti, dal teatro al cinema. Les Carabi- gnata non da appelli di circostanza all’impegno o Reitman p. 24 niers: un copione di Beniamino Joppolo e un alla buona volontà ma da una “disperazione rab- Sergio Arecco film quasi invisibile di Jean-Luc Godard p. 60 biosa e profonda” al cui colpo non possiamo I nomi del signor Sulčič di Elisabetta Sgarbi p. 27 Nuccio Lodato sottrarci. Si tratta di un cinema che cerca – Roberto Lasagna David Cronenberg. Silenzio e rivendicazioni anche sgarbatamente – un pubblico in grado Gloria Bell di Sebastián Lelio p. 30 da un “artista intellettuale” p. 68 di guardarlo con intelligenza sempre attiva. Andrea Pesoli Nicola Santagostino Un cinema violento e scostante, che però por- High Flying Bird di Stephen Soderbergh p. 33 La carne e il metallo. Cronenberg e i confini ta con sé la forza di una provocazione mai fine Elisa Baldini della realtà p. 74 a se stessa. Il verbo “pro-vocare”, troppo spes- I villeggianti di Valeria Bruni Tedeschi p. 36 so usato a sproposito, è d’altra parte latore di Giancarlo Mancini, Massimo Lastrucci festival una richiesta rivolta al destinatario dell’azio- Momenti di trascurabile felicità – L’ingrediente se- Emanuela Martini/Berlinale. Concorso p. 83 ne: quella di una risposta, non necessaria- greto p. 39 Massimo Causo/Berlinale. Panorama p. 85 Chaira Borroni e Alessandro Uccelli/Berlina- mente di un consenso ma di un confronto le. Forum p. 87 dialettico che non si rifiuti di considerare nel- percorsi Paolo Vecchi/Trieste p. 89 la sua reale importanza la materia del conten- Giuseppe Previtali dere. Così è nel caso del cinema di Lars von Trier Dietro la maschera e sotto la pelle. Alcune os- le lune del cinema e, nella fattispecie, di questo film: rifiutarsi in servazioni sul “divenire altro” nel filoneslasher a cura di Barbara Rossi p. 92 79 n. 72 Diari di Cineclub | YouTube www.youtube.com/diaridicineclub Ultimi programmi caricati sul canale Diari di Cineclub di YouTube mese di Aprile. Inizia a seguire i nostri programmi video. Iscriviti, è gratuito Il canale YouTube di Diari di Cineclub è a cura di Nicola De Carlo

Premio Zavattini vincitori del premio nel 2016. Volonté, il mili- 4q7bPI Massimino di Pierfran- tante. Quanti conoscono questo singolare e cesco Li Donni importante aspetto della vita del grande atto- Opere di Angelo Tantaro Massimino è uno dei re milanese? Dimenticata Militanza tenta di ri- Frenando la vita |1990 VHS 28’ cortometraggi vinci- costruire un particolare profilo dell’attore Ambientato in una clinica di riabilitazione tori del premio nel Gian Maria Volonté, quello riguardante il suo motoria, (Santa Lucia di Roma grazie alla di- 2016. Ettore Scola, nel impegno politico. Un aspetto spesso trascura- sponibilità del dr. Ezio Morelli) dove la voglia 1973, realizza il film to e ignorato. Una vita spesa per la recitazione di essere oltre l’handicap scaturisce da un Nicola De Carlo Trevico-Torino, storia di la sua, ma allo stesso tempo per la politica, con contrasto parallelo. Chi deve curare i malati è Fortunato, ragazzo meridionale in cerca di la- l’idea fissa di voler cambiare le cose e dire ferito dentro e chi è malato ricuce la propria voro e certezze nella capitale italiana della ca- sempre la propria, denunciando gli abusi del vita con rinnovato amore, un paradosso che tena di montaggio. Dieci anni dopo, Scola tor- potere – come nel caso dell’anarchico Pinelli - insaporisce il film di un gusto particolare, un na a Torino per girare il documentario di e le disuguaglianze sociali. Un personaggio po’ dolce e un po’ aspro. (Antonio Mazza dal propaganda Vorrei che volo commissionato- definibile a tutti gli effetti come un combat- Tempo 7 gennaio 1993). https://youtu.be/EtnL- gli dal Partito Comunista Italiano. In quel tente, un “rivoluzionario in divisa di attore”, g5SWsi8 film, il piccolo protagonista, Massimino,- in che si esponeva senza cercare di mediare le carna la speranza di un futuro migliore. Qua- proprie posizioni, talvolta estreme e da vero La ribellione degli amanti | 1991 VHS 16’ rant’anni dopo, Massimino ha passato più di outsider. Dunque un personaggio scomodo E’ un opera veramente ricca di discorsi che si metà della sua vita tra il carcere e il collegio. all’epoca e che resta scomodo ricordare anco- intrecciano, che vanno e vengono, che sfuma- Massimino parte dalla rielaborazione del ma- ra oggi a oltre vent’anni dalla morte. no e poi ritornano. Si tratta di una ipotesi su teriale d’archivio di Trevico e Vorrei che Volo, https://youtu.be/kGWlEOvrg2I quella che è la vita come viene vissuta, ma con tessendo un confronto impietoso tra passato la serena consapevolezza che deve essere os- e presente, attraverso la paradigmatica condi- Cesare Zavattini | Vittorio De Sica servata anche con occhio rivolto al suo termi- zione umana di quel bambino divenuto adul- La violenza subdola e ignorata delle mine antiuo- ne naturale, cioè la morte. Viene qui espresso to. | https://youtu.be/CMmOfMt6QdU mo il senso tragico dell’esistenza, che viene esal- La Campagna Italiana contro le mine e l’Asso- tato da una esibizione strettamente teatrale Premio Zavattini | Blue Screen di A. Arfuso e R. Bo- ciazione Vittime Civili di Guerra organizzano che offre spunto per disquisire sulla profes- lo la Conferenza Mine Action: un investimento sione dell’attore cinematografico o teatrale Blue Screen è uno dei cortometraggi vincitori sull’umanità, oggi 4 Aprile presso il Senato che sia. Ciò che più intriga rimane però la sa- del premio nel 2016. Il documentario, ritrova- della Repubblica. Nel riflettere su questa for- piente citazione, e in fondo piccolo remake di to in un nastro vhs, racconta attraverso l’espe- ma di violenza ignorata da politica, media e Lo zoo di venere di Peter Greenaway, sia per l’u- rienza dell’autore la ribellione dei droidi di società, danno la loro testimonianza Alberto tilizzo dell’identica colonna sonora di Michael servizio Mk3 contro l’egemonia degli esseri Cairo, responsabile della Croce Rossa Inter- Nyman, sia per progressiva e violenta degra- umani. L’opera è un caso inedito che mostra la nazionale in Afghanistan, e Nicolas Marzoli- dazione della mela con tanto di vermi, identi- storia dal punto di vista di chi l’ha subita e re- no, vittima dell’esplosione di un ordigno ine- ca al film sopra citato. Pagato il tributo al cine- stituisce dignità e umanità agli androidi, sploso, in Piemonte. Quasi sconosciuto, per la ma di Greenaway, si arriva a poter raccontare spesso relegati ad uno stato di subordinazio- prima volta viene presentato in rete il prezio- con la medesima complessità espressiva e di ne. Le speranze, i sogni e le paure degli uomi- so documentario di Cesare Zavattini e Vitto- rielaborazione del materiale, senza però ab- ni d’acciaio sono raccolte in questo archivio rio De Sica I bambini ci giucano (1950) | https:// bandonare una perfetta decodificabilità delle del futuro, che svela gli aspetti meno cono- youtu.be/-tDhtFAjr5k immagini esposte e dei discorsi che si inten- sciuti della Rivolta del Silicio | https://youtu.be/ dono approfondire. (Maurizio Ferrari, redat- TwOYad56a8M “I bambini ci giuocano” (1950) tore cinema de “L’ultimo buscadero”) | https:// Documentario voluto agli inizi degli anni youtu.be/Sp_giEZUOaU Premio Zavattini - Fuori Programma di Carla Op- Cinquanta da don Carlo Gnocchi, affidato a po Vittorio De Sica e Cesare Zavat- Fuori Programma è uno dei cortometraggi vin- tini per sensibilizzare i bambini citori del premio nel 2016. Colonie estive, anni e i ragazzi di quegli anni al ‘50. I giochi di prestigio di un bambino diver- dramma delle bombe e delle mi- tono i compagni.Una voce matura intrapren- ne inesplose. È contenuto nel de un viaggio nella memoria: i giochi, i doveri, doppio DVD Accanto alla vita. le aspettative, le incursioni degli adulti nell’u- Sempre, prodotto dalla Fonda- niverso infantile. Un intimo resoconto delle zione Don Gnocchi in occasione vacanze, fino a quando i ricordi non perdono della beatificazione di don Car- solidità per farsi onirici, liquidi, liberi. | ht- lo, il 25 ottobre 2009. | https:// tps://youtu.be/ESy6I5L3Ahw youtu.be/vvI37ZOfeKI

Premio Zavattini - Dimenticata Militanza di Pa- Roberto Perpignani trizio Partino Seminario di Montaggio | Secondo Dimenticata militanza è uno dei cortometraggi Incontro https://youtu.be/hre5f- 80 [email protected]

“Tempi moderni” - Modern Times (1936) interpretato, scritto, diretto e prodotto da Charlie Chaplin

Truffaut (1970) distribuisce insieme a Godard, Sartre e S. de Beauvoir il giornale di sinistra “La Cause du Peuple” (détournemen di Nicola De Carlo) 81 n. 72

Ripubblichiamo con new entry segnalate dai lettori offesi per alcune involontarie esclusioni La televisione del nulla e dell’isteria (XXVII) La Rai Tv, insieme al cinema, è stata la più grande industria culturale del paese, che ha favorito l’integrazione nazionale, una lingua comune a tutti, il superamento dei dialetti locali, la possibilità di accesso ad una qualità formativa prima riservata a pochi. L’avvento della tv commerciale ha portato al ribasso senza alcuna resistenza da parte di un pubblico ormai educato ad essere oggetto di consumo in una società dello spettacolo, effimero, volgare, evasivo che conduce alla resa. La Tv è anche il più importante mezzo di comunicazione capace di mutare i costumi e le abitu- dini degli spettatori. E il massacro è avvenuto con la responsabilità dei politici interessati alle logiche di spartizione del potere e di favorire risor- se senza un progetto culturale. Ma oggi, quale è la responsabilità di questa ex industria culturale sulla formazione e lo sviluppo del bullismo ita- lico? Chi sono e cosa hanno in comune tra di loro questi personaggi, quale è il loro contributo alla cultura del nostro paese e al resto del pianeta. Perchè la Tv dedica molta attenzione a questi personaggi che tutta questa bellezza non hanno e quindi incapaci di condurre e donare bellezza e garbo? Contiamo sui vostri contributi per capirci qualcosa su questa unica “buona scuola” del nulla e dell’isteria. Quale può essere il nostro im- pegno verso la TV che va difesa dai partiti e aiutata a migliorare nella capacità di produzione culturale contro sprechi, clientele e lottizzazioni.

“...Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione... “ (Profezia avverata)

Mauro Corona

Marco Amleto Belelli noto Alessandro Cecchi Paone Alessia Marcuzzi Alfonso Signorini Antonella Clerici come divino Otelma

Barbara D’Urso Fabio Fazio Gigi Marzullo Flavio Insinna Bruno Vespa

Maria De Filippi Mario Giordano Massimo Giletti Maurizio Costanzo Vittorio Sgarbi

Simona Ventura Teo Mammucari Mara Venier Mara Maionchi Tina Cipollari segue a pag. successiva 82 [email protected]

segue da pag. precedente

Gigi e Ross Gialappa’s Band Tiziano Crudeli Angela Troina (Favolosa cubista) Luca Barbareschi

Cristiano Malgioglio Platinette (M. Coruzzi) Daniela Santachè Rocco Siffredi Iva Zanicchi

Emilio Fede Valeria Marini Alba Parietti Vladimir Luxuria Paola Perego

Morgan Marco Castoldi Flavio Briatore Antonino Cannavacciuolo Alda D’Eusanio Alessandro Sallustri

D. Parenzo e G. Cruciani Lele Mora Maurizio Belpietro Federica Panicucci Patrizia De Blank & f.

Vittorio Feltri Mario Adinolfi Piero Chiambretti Loredana Lecciso Costantino della Gherardesca Dalla TV Italiana con qualche imbarazzo

83 n. 72

Omaggio Full Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick

Chi ha parlato?! Chi cazzo ha parlato?! Chi è quel lurido stronzo, comunista, checca e pompinaro che ha firmato la sua condanna a morte?

Il sergente Hartman (Lee Ermey) dopo che una recluta gli ha fatto il verso

Diari di Cineclub Periodico indipendente di cultura e informazione www.passaggidautore.it www.laboratorio28.it cinematografica www.cineclubalphaville.it www.cinergiamatera.it XXIV Premio Domenico Meccoli ‘ScriverediCinema’ www.consequenze.org www.calamariunion.it Magazine on-line di cinema 2015 www.educinema.it www.cineconcordia.it/wordpress E’ presente sulle principali piattaforme social www.cinematerritorio.wordpress.com www.parrocchiamaterecclesiae.it ISSN 2431 - 6739 www.centofiori.de www.manguarecultural.org Responsabile Angelo Tantaro www.circolozavattini.it www.infoficc.wordpress.com Via dei Fulvi 47 – 00174 Roma [email protected] www.facebook.com/diaridicineclub www.plataformacinesud.wordpress.com www.facebook.com/diaridicineclub/groups www.hermaea.eu/it/chi-siamo www.officinavialibera.it www.alexian.it www.ilpareredellingegnere.it www.corosfigulinas.it www.AAMOD.it/links www.cineclubpiacenza.it Comitato di Consulenza e Rappresentanza www.gravinacittaaperta.it www.vocinellombra.com/diari-di-cineclub Cecilia Mangini, Giulia Zoppi, Luciana Castelli- www.ilclub35mm.com www.crcposse.org na, Enzo Natta, Citto Maselli, Marco Asunis www.suburbanacollegno.it www.cineclubinternazionale.eu www.sababbaiolaarrubia.blogspot.it a questo numero hanno collaborato in redazione www.anac-autori.it www.cinemanchio.it Maria Caprasecca, Nando Scanu www.asinc.it www.cineclubclaudiozambelli.org il canale YouTube di Diari di Cineclub è a cura di www.usnexpo.it Nicola De Carlo www.officinakreativa.org www.bandapart.altervista.org/diari-di-cineclub Edicola virtuale dove trovare tutti i numeri: www.monserratoteca.it www.laspeziashortmovie.wordpress.com www.cineclubroma.it www.prolocosangiovannivaldarno.it www.laspeziaoggi.it La testata è stata realizzata da Alessandro Scillitani www.cineclubgenova.net www.bibliotecaviterbo.it Grafica e impaginazione Angelo Tantaro www.centroesteticolacrisalidesassari.it www.cinalmese35.com La responsabilità dei testi è imputabile esclusiva- www.losquinchos.it www.cinenapolidiritti.it mente agli autori. www.associazionearc.eu www.unicaradio.it/wp I nostri fondi neri: idruidi.wordpress.com www.cinelatinotrieste.org Il periodico è on line e tutti i collaboratori sono vo- www.suonalaancorasam.wordpress.com lontari. www.upeurope.com www.domusromavacanze.it www.cosedaintolleranti.it Il costo è zero e viene distribuito gratuitamente. www.russiaprivet.org/ita Manda una mail a [email protected] www.rivegauche-artecinema.info www.firenzefilmcortifestival.com per richiedere l’abbonamento gratuito on line. www.isco-ferrara.com www.lombardiaspettacolo.com Edicole virtuali www.bookciakmagazine.it www.bibliotecadelcinema.it www.laspeziafilmfestival.it (elenco aggiornato a questo numero) www.cagliarifilmfestival.it www.tottusinpari.it dove poter leggere e/o scaricare il file in formato PDF www.globalproject.info/it/resources www.retecinemaindipendente.wordpress.com www.cineclubroma.it www.cineforum-fic.com www.anelloverde.it www.ficc.it www.senzafrontiereonlus.it www.premiocentottanta.wixsite.com/contest www.cinit.it www.hotelmistral2oristano.it www.scuoladicinemaindipendente.com www.cineclubsassari.com www.ilgremiodeisardi.org il marxismo libertario www-pane-rose.it www.amicidellamente.org www.armandobandini.it www.umanitaria.ci.it www.carboniafilmfest.org www.radiobrada.com blog.libero.it/Apuliacinema www.teoremacinema.com www.radiosardegnaweb.csmwebmedia.com www.ilquadraro.it www.cinecircoloromano.it www.sardiniafilmfestival.it www.davimedia.unisa.it www.cgsweb.it/edicola www.radiovenere.com/diari-di-cineclub www.babelfilmfestival.com www.teatrodellebambole.it/co www.lacinetecasarda.it www.perseocentroartivisive.com/eventi www.retecinemabasilicata.it/blog www.romafilmcorto.it www.cinemafedic.it www.piccolocineclubtirreno.it www.moviementu.it www.greenwichdessai.it www.giornaledellisola.it www.cineforumorione.it

84