Primer Retrato De Cromo-Holograma Cilíndrico Del Cerebro De Alice Cooper” “
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“Primer retrato de cromo- holograma cilíndrico del cerebro de Alice Cooper” “First Cylindric Chromo- Hologram Portrait of Alice Cooper’s Brain”* … per sempre a squassare gli immaginari pigri e le etichette appiccicose * Il titolo è volutamente nelle due lingue madre dei protagonisti, in riferimento anche all’uso di più lingue mescolate da parte di Dalì Il musicista Valerio Michetti, per accompagnare e definire la lettura, ha creato una esclusiva playlist dedicata a Dalì & Cooper: Dalì’s Hell Dalì Hologram of Alice Cooper “La tagliente performance di Alice Cooper del 1972 “School’s Out” in Top of the Pops” ha segnato la fine dell’obbrobrio Mary Whitehous 1 e un camion che trasportava un cartellone pubblicitario di Alice che indossava solo un serpente misteriosamente si ruppe ad Oxford Circus, causando il caos” attirarono la vivace attenzione di Salvador Dalì. Cooper: “I collaboratori di Dalí chiamarono il mio manager e spiegarono che aveva visto uno dei miei show” spiega Cooper. “Disse che gli sembrava di aver visto uno dei suoi quadri prendere vita, e che quindi voleva che lavorassimo insieme.“ Il Maestro invita Alice Cooper ad una cena e gli propone di posare per un servizio fotografico, vuole realizzare uno dei primi ologrammi al mondo, facendolo posare con “un cervello di gesso ricoperto di formiche sormontato da un éclair di cioccolato” posto su un cuscino di velluto dietro la testa di Cooper, che “sedeva su un giradischi rotante con addosso oltre un milione di dollari di diamanti dai famosi gioiellieri di Harry Winston sulla Fifth Avenue” e brandisce una statuetta con il “shish-kebabbed” della Venere di Milo come microfono. Dalí fin dall’inizio compie un’azione artistica, interpreta il suo surreale vissuto emotivo e la sua concezione del mondo, che supera il ruolo del pittore. È il Dalì che afferma: “Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio provo sempre lo stesso ed immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì” a presentare il “Primo cromo-ologramma cilindrico del cervello di Alice Cooper“ in una lingua puramente inventata. Cooper stesso racconta: “Una parola era in italiano, una in francese, una in spagnolo e una in portoghese. Non aveva senso in alcun modo. Riuscivi a capire un quinto di quello che diceva!“, ma Cooper era l’ascoltatore perfetto, da anni condivideva con Dennis Dunaway, bassista della sua band, una vera ossessione per il Maestro: “Dalí era il nostro eroe”. Dunaway: “Prima che arrivassero i The Beatles, lui era tutto ciò che avevamo. Guardavamo i suoi dipinti e ne discutevamo per ore. Al loro interno era contenuta anche una buona dose di ironia. Quindi, quando formammo la nostra band, venne piuttosto naturale prendere alcune delle sue immagini – come la stampella – e usarle nelle nostre performance.“ Si compie così l’inevitabile destino di uno dei più surreali e stupefacenti sodalizi artistici del XX secolo tra una 25enne rockstar destabilizzante, che concludeva i suoi macabri concerti con la sua decapitazione sulla ghigliottina, e il già grandissimo e celebrato Salvador Dalì, che vuole rendere entrambi i “sovrani dell’assurdo del pianeta Terra”. L’incontro si svolse all’Hotel St. Regis di Manhattan, un edificio del 1904 frequentato da grandi nomi come Marlene Dietrich ed Ernest Hemingway, dove Dalí passava tutti gli inverni sempre nella stanza 1610, e dove nel 1971 aveva incontrato l’artista Selwyn Lissack , da cui apprese le nuove tecniche olografiche e la possibilità per l’arte di superare lo spazio lineare, ottenendo figure volumetriche. Dalì aveva già lavorato con la lente di Fresnel per ottenere immagini stereoscopiche, ma è il Premio Nobel del 1971 aDennis Gabor per la sua ricerca sui laser, lo spinge definitivamente verso l’olografia. Con gli ologrammi riesce a dare il movimento all’opera in tre dimensioni, il dipinto esce dalla sua sede naturale e si pone sullo stesso piano dimensionale dello spettatore, creando un nuovo stato di aggregazione tra l’artista, l’opera e il pubblico. Lissak scrive: “Sapevamo che per introdurre l’olografia nel mondo come mezzo artistico, avremmo avuto bisogno di un artista noto che potesse comprendere gli aspetti tecnici dell’olografia. Sono stato affascinato da Salvador Dalì sin da quando ero bambino. La sua ossessione per la ricerca e la creazione in altre dimensioni e la sua grande comprensione della simmetria tridimensionale e della prospettiva su un piano piatto lo hanno reso la scelta perfetta.”. (Testo completo, english version ) Per Cooper è l’epifania di se stesso come alter ego di quel Vincent Damon Furnier che scende dal palco per tornare a casa dopo un concerto, e della propria visione artistica, benedetta dalla geniale follia del Maestro del surrealismo integrale. “Alice Cooper”, con quel “nome che in qualche modo mi si era appiccicato addosso, evocava l’immagine di una ragazzina con un lecca lecca in una mano e un coltello da macellaio nell’altra”, materia dell’assurdo perfetta nelle mani di un visionario “che sa dipingere pazientemente una pera in mezzo ai tumulti della storia”. 4 Aprile 1973, Dalí si presenta nella sua personale singolarità surrealista e celebra definitivamente il premeditato addio alla psicoanalisi freudiana e al “Metodo paranoico-critico”. L’intera realizzazione fa da palcoscenico all’ego smisurato di un artista poliedrico, che accoglie i mutamenti del tempo e muta se stesso in nuove forme d’arte, dove i confini tra cultura elitaria e cultura popolare si rimescolano, l’artista è primo attore e l’arte diventa spettacolo. Arrivò al King Cole Bar dell’Hotel St. Regis su una limousine bianca, che doveva abbinarsi alla sua candida veste ricamata in oro. Cooper, che arrivò con un ampio rifornimento di birra Michelob, racconta: “All’improvviso queste cinque ninfe androgine vestite di chiffon rosa fecero il loro ingresso. Erano seguite da Gala, la moglie di Dalí, che indossava un tuxedo da uomo con coda, un cappello a cilindro e portava un bastone d’argento. Poi arrivò Dalí. Lui indossava un gilet animalier (tipo pelle di giraffa), scarpe da Aladino dorate, una giacca blu di velluto, e calzini viola scintillanti che gli furono regalati da Elvis Presley.” Sempre totalmente liberato dalle regole del senso, Dalì entrò per ultimo pronunciando distintamente le sillabe Da-lí“ … è qui!“. Ordinò per gli ospiti uno Scorpion servito in una conchiglia. Per sé chiese un bicchiere di acqua calda, lo appoggiò su un piedistallo e cominciò a versarvi del miele, da una tasca estrasse un paio di forbici con cui ne tagliò il filo. Cooper: “Io e il mio manager ci guardammo esterrefatti. Realizzai a quel punto come tutto riguardasse Dalí! Il mondo girava intorno a lui. Io non lo stavo semplicemente incontrando. Stavo entrando nella sua orbita.“ Un uomo con cappello a bombetta arrivò con la una valigetta nera contenente la preziosa tiara e la collana di diamanti. I gioielli furono presentati da una modella protetta da una guardia del corpo armata di pistola. Dalí disse poi a Cooper di togliere la maglietta, indossare i gioielli, sedersi a gambe incrociate sulla pedana rotante e cantare usando il microfono-kebab-Venere di Milo. Dalí regala a Cooper l’opera Il“ cervello di Alice”, la scultura di ceramica raffigurante un cervello umano con un pasticcino di cioccolata sul retro, su cui erano disegnate le formiche che componevano le parole “Dalí e Alice”. “The Alice Brain” è scomparso: Cerco“ da sempre questo cervello” dice Cooper. “È il mio Santo Graal. Si può credere che qualcuno lo stia usando come fermacarte per quanto ne so. Pagherei qualsiasi cosa per averlo.” 21 aprile 1973, l’opera fu presentata allaKnoedler Gallery (una delle più antiche concessionarie d’arte di New York, fondata nel 1846, venne chiusa nel 2011, dopo 165 anni di attività). Excerpt of The Dali & The Cooper Annie Leibovitz – “Dalì et Alice Cooper”, 1973 Oggi, “First Cylindric Chromo-Hologram Portrait of Alice Cooper’s Brain” si trova esposta al Dalí Museum a Figueres, in Spagna. Il Marchese Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech ci ha lasciato il 23 gennaio 1989 ad 84 anni. Alice Cooper, che oggi è diventato “un cristiano che gioca a golf”, lo ricorda così: “Era il personaggio più bizzarro che io abbia mai incontrato, e ancora oggi dopo tanti anni ti senti vicino a lui. Lavorare con lui fu uno dei più importanti momenti della mia vita.”. Video indispensabili: Questo articolo esce in simultanea su La Bottega del Barbieri 1- Mary Whitehouse – all’anagrafe Constance Mary Hutcheson – fu una celebre attivista inglese che si impegnò per imporre moralità e decenza, secondo la sua idea (bigotta al massimo) di “cristianesimo”. S1:E8 “Kowloon, l’Oceano parallelo di Roger Dean” Per accompagnare la lettura del sesto episodio della serie sui grandi designer di cover art, come di consuetoValerio Michetti ha preparato la sua esclusiva playlist: Mondi lontanissimi. La copertina di Aoxomoxoa (1969), creata da Rick Griffin per i Grateful Dead fu il “primo grande shock visivo” di Roger Dean, comprò l’album prima di possedere un giradischi. – William Roger Dean è nato il 31 agosto 1944 ad Ashford, Kent. Insieme al fratello Martyn e alle sorelle Penny e Philippa, è cresciuto tra Grecia, Cipro e Hong Kong al seguito del ruolo del padre, ingegnere dell’esercito. La storia naturale lo ha affascinato fin da piccolo e ad Hong Kong ha conosciuto il Shan Shui, l’antica arte della pittura paesaggistica cinese, che influenzerà in modo determinante il suo futuro d’artista e a cui dedico una breve parentesi: Shan Shui, ‘montagna e acqua’, le montagne sono vicine al cielo e sono le dimore degli immortali. Secondo la filosofia taoista, cielo e terra coesistono in perfetta armonia generando l’immenso flusso cosmico della natura, rispetto al quale gli esseri umani sono insignificanti. L’antica pittura paesaggistica cinese esprime questa filosofia ritraendo la relazione tra il creato e il cosmo, con estrema venerazione per le forze della natura e rispetto per equilibrio tra yin e yang: le montagne sono alte e forti e rappresentano lo yang, mentre l’acqua, morbida e fluente, rappresenta lo yin.