Le Antiche Mulattiere
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Guido Ferretti LE ANTICHE MULATTIERE vie di carovane commerci e saperi Terza Edizione 2012 2 L’autore ringrazia: Giulia Petracco Sicardi, Giovanni Ferrero, Sandro Sbarbaro, Mauro Casale, Giovanni Rocca e Danilo Barbagelata e, i collaboratori per la toponomastica dialettale, Fulvio Tuvo, Claudio Mangini e Renzo Molinelli. Proprietà Grafica e letteraria © G. Ferretti In copertina, G. Fattori “Le coperte rosse” (particolare) Impaginato in proprio Non in vendita 3 L’idea di scrivere queste pagine mi è venuta alcuni anni fa, quando era ormai evidente l’abbandono delle antiche mulattiere dei nostri monti. Queste, dopo aver persa la loro importanza, stavano scomparendo sepolte dalla vegetazione e cancellate dalle frane. Ciò che si poteva ancora fare era salvarne la memoria; ma in quale modo? Io ricordavo molte mulattiere che avevo percorso in passato, però tutto questo era piccola cosa rispetto alla grande rete di strade che, dal litorale compreso tra Genova e Chiavari, salivano a valicare i passi appenninici e scendevano verso la pianura, percorrendo le nostre valli. Il problema poteva trovare una soluzione consultando le carte topografiche; ma quali carte? Molte delle attuali non riportano più fedelmente i percorsi carovanieri del passato. Allora, per caso, mi sono ricordato di alcune vecchie carte militari, ereditate da mio suocero ch’era stato ufficiale di fanteria durante la prima Guerra Mondiale. Dopo varie ricerche, le ho trovate, ancora chiuse dentro la custodia di pelle che gli ufficiali portavano appesa al collo durante gli spostamenti. Erano “tavolette” dell’Istituto Geografico Militare a scala 1: 25.000, rilevate nel 1886 ed aggiornate nel 1912, riguardanti l’Altopiano d’Asiago e il Pasubio. Per il lavoro che intendevo fare occorrevano carte simili a queste, dove le antiche mulattiere sono chiaramente evidenziate, e tutti i percorsi sono disegnati con linee diverse, secondo la loro importanza. Sono riuscito a procurarmi analoghe carte topografiche, riguardanti l’area attraversata dalle mulattiere che intendevo descrivere. Erano anch’esse della vecchia serie rilevata nell’800, con la sola differenza che queste portavano aggiornamenti più recenti, ossia del 1936, ma le mulattiere segnate erano quelle esistenti da secoli, come io desideravo. Avendo trovato validi documenti su cui lavorare, ho iniziato a descrivere sette importanti mulattiere che collegavano il litorale ligure con la Val Padana. 4 Ho immaginato di percorrere le sette vie commerciali insieme a una carovana di mulattieri d’altri tempi. Infine ho descritto, con particolare attenzione ed interesse, la viabilità delle principali convalli dell’Alta Val Trebbia. Per esaminare l’intera rete viaria che intendevo ricordare, ho percorso, passo dopo passo (in questo caso, trattandosi di carte, diciamo millimetro dopo millimetro), circa un migliaio di chilometri di antiche mulattiere. Nella descrizione dei percorsi, oltre a tener conto delle caratteristiche geografiche, quali: altitudini, distanze, pendenze e tempi di percorrenza, ho ritenuto interessante completare l’argomento, con avvenimenti storici accaduti lungo questi itinerari e con brevi notizie riguardanti i paesi che incontravo, tra cui alcuni aneddoti tratti dalla tradizione orale, ascoltati direttamente dai protagonisti. In tal modo le antiche mulattiere sono diventate vie di collegamento che uniscono idealmente frammenti di storia e tradizioni delle nostre valli. Molti di questi itinerari, che furono per secoli importanti rotte commerciali, oggi non sono più percorribili. Parte di essi sono stati sostituiti dalle strade carrabili che li hanno parzialmente cancellati, altri sono nascosti e ostruiti dalla vegetazione o interrotti da corsi d’acqua e smottamenti del terreno. Pertanto non è consigliabile avventurarsi a riscoprirli senza le necessarie precauzioni. Questa è una raccomandazione, forse superflua, ma che ritengo utile ricordare. L’Autore 5 PATRANIA, CROCEVIA D’ANTICHE STRADE Patrania era una regione attraversata da diverse vie commerciali che univano il litorale ligure con la pianura padana. Questi itinerari, che interessavano la regione, furono chiamati “percorsi patranici” : ciò è quanto si può dedurre dalla documentazione che fino ad oggi conosciamo. La regione, secondo documenti certi, era situata sull’Appennino genovese e si estendeva nell’Alta Valle Scrivia (zona di Torriglia) e nell’Alta Val Trebbia (Montebruno). Il territorio, probabilmente, fu utilizzato per secoli come pascolo montano dai pastori che vivevano nell’entroterra genovese. Su di esso gli antichi percorsi convergevano principalmente nella zona dove oggi si trovano Torriglia e il paese di Donetta. Torriglia divenne ben presto un importante centro viario, in cui sorse un’abbazia dedicata a Santa Maria e, in seguito, a Sant' Onorato abate. A differenza delle altre abbazie che consistono in un solo monastero, questa era costituita da due: uno a Torriglia, dove sorge ora la parrocchiale, l’altro a Montebruno. L’abbazia viene ricordata col nome di Santa Maria di Patrania ed è ritenuta di fondazione longobarda, ma senza l’indicazione dell’anno. Come si deduce da un diploma di Ottone IV del 1210, venne fondata da qualche re, perché in esso è detta di diritto regio . I re Ugo e Lotario (923-947) donarono l’abbazia di Patrania a quella di S. Marziano di Tortona, cosicché l’abate di S. Marziano portava anche il titolo di abate di Santa Maria di Patrania. Nel 1019 era abate di Patrania un certo Giovanni; quindi, in quell’anno, l’abbazia apparteneva ancora ai monaci di S. Marziano; in seguito passerà al clero secolare. Nel 1157 l’abbazia era in possesso del vescovo di Tortona, conferitagli dal papa Adriano IV. Nella bolla papale vengono riportati i confini della Diocesi e l’estendersi del suo territorio, da meridione a settentrione, viene così definito: “ a Patrania usque Cervisiam ”. Ciò conferma che la regione 6 di Patrania si trovava nell’estremo lembo meridionale dell’Episcopato, contrapposta a Cervesina, situata vicino al Po, sul confine settentrionale, a nord di Voghera. Nella bolla di Adriano IV è menzionata la “Crux Patrania”, alzata in qualche trivio, dove anticamente vi erano i simboli di divinità pagane. Una di esse era la “Crux ferrea” che diede il nome alla Scoffera. L’ultima volta che Patrania viene nominata è in un atto del 1266. Dell’abbazia e dei suoi ospizi non rimane nessun vestigio materiale, nessun edificio, nessun mobile, nessun codice; restò invece il sentimento religioso, istillato dai Benedettini. L’abbazia di Patrania possedeva beni descritti nella bolla di Anastasio IV del 1153 (A. Ferretto o.c. Atto XXV): - Abbatiam de Patrania cum licentia baptiandi cum capellis cum decimis cum castro Turricla (Torriglia). - In comitatu ianuensi locus qui dicitur Saltus (Salto nella valle di Recco). - In Mezenia. (Villa Mezzana di Davagna) - In Castellania Paxani seu Segestri et omnes ad ipsa loca pertinentes scilicet rusticos oliveta ficeta villas, servos et ancillas (Sestri Levante). Aveva altri beni, come si rileva da un contratto datato 11 novembre 1019 (Le Carte, vol. I, pag. 22), in cui l’abate di Santa Maria di Patrania affittava al prete Eliprando e al di lui fratello: - Terras, casas cum curtificiis et vineis et castanetis, canneti, saletis, pometis juris ipsius monasterii in loco Salto (Salto nella valle di Recco, già citato nella bolla di Anastasio IV). - In Caruncione vites, ficetis, saletis, castanetis. (?) - In Terricio castanetis, vites, ficetis (Terrusso in Val di Lentro) . - In Mesena ficetis, terris arabilis (Villa Mezzana di Davagna, già citata) . - In Campo Oliva petia una de terra. (Oliveto sopra Zoagli?) - In litore Boziasco Coduerto silvis et terris arabilis (alture di Bogliasco, Poggio Favaro?) . 7 In altri documenti si dice che aveva beni fino a Borzonasca ed a Carasco in Val Lavagna, ove possedeva una chiesa dedicata a S. Marziano, martire e primo vescovo “ in territorio Terdonensi ”. Da un atto di vendita datato 1° luglio 1205 risulta che l’abbazia aveva proprietà anche nella pieve di Bargagli. In esso leggiamo: Il prete Rubaldo della chiesa di Santa Maria di Padragna (Torriglia) vende a Pietro di Orticeto (Neirone) , figlio del fu Lamberto di Orticeto, un pezzo di terra che predetta chiesa ha e si può vedere, sotto la villa de Feleto (villa Ferretto di Bargagli) .…. Fonti: Archivio di Stato di Genova – not. Guglielmo Cassinese, reg. I, f. 285. Arturo Ferretto – “Documenti genovesi di Novi e Valle Stura” – Vol. 1° 946-1230 coll. 39/51. Sempre sulle pubblicazioni di Arturo Ferretto troviamo un documento dove si cita un percorso patranico , l’unico che finora conosciamo. È la registrazione di un contratto del gennaio 1060, dove Oberto, vescovo di Genova, affitta alcuni beni dell’Episcopio genovese situati nella pieve di Santa Maria di Bargagli, in località Tassorello, precisando: … “ via publica que pergit a Taciorello, de alia parte, via que dicitur patranico ” …. Nel definire i confini dei territori affittati si fa riferimento a due importanti vie. La prima, certamente, era la mulattiera che nell’Alta Fontanabuona saliva al monte Lavagnola, passando per il paese di Tassorello e la Stretta del Ciapüssu, mentre l’altra, che viene detta percorso patranico, probabilmente era la mulattiera che percorreva lo spartiacque appenninico, tra il monte Casteluzzo e il Lavagnola dove, poco sotto la cima di quest’ultimo, incontrava la prima e proseguiva entrando in Patrania. Fonte: Arturo Ferretto – “Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia”– Biblioteca della Società Storica Subalpina LI-LII - Pinerolo 1909 –