L'iconografia Del Paesaggio Agrario
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L’iconografia del paesaggio agrario: uno strumento di conoscenza e tutela del territorio attraverso i secoli The iconography of the agricultural landscape: an instrument to know and preserve the territory throughout the centuries L’agricoltura per secoli ha connotato e modellato il nostro territorio e quello di tutti i paesi fortemente antropizzati, non solo determinando la percezione complessiva del paesaggio di quei luoghi, ma coinvolgendo anche gli aspetti sociali, culturali, insediativi, infrastrutturali, architettonici. La sua rappresentazione, dal disegno alla fotografia, è legata a motivi pratico-conoscitivi (catasti, perizie, indagini governative), ma anche artistici. L’indagine di questi materiali è indispensabile per la conoscenza del nostro territorio e della sua tutela, per il recupero delle biodiversità, dei piccoli paesi, delle reti stradali e ferroviarie dismesse, delle architetture rurali, del rapporto fra terra e acqua. Throughout the centuries, agriculture characterized and shaped our territories and all anthropized lands, not only by determining the general perception of the landscape of those places, but also by including social, cultural, infrastructural and architectural aspects. The iconography of the agricultural landscape, starting from drawing up to photography, is linked to artistic and cognitive-practical reasons (such as registers, surveys and government investigations). The investigation of these sources is essential for the knowledge of our territories and their protection, in order to recover biodiversities, villages, disused roads and railways networks, together with rural architectures and some ancient relationships between land and water. Delli Aspetti de Paesi Vecchi e nuovi Media per l‟Immagine del Paesaggio / Old and New Media for the Image of the Landscape - I Dal paesaggio agrario all’architettura paesaggistica: uno strumento di conoscenza e tutela del territorio attraverso i secoli From the agricultural landscape to the architecture landscape: a knowledge tool and protection of the territory over the centuries DANIELA STROFFOLINO CNR Istituto di Scienza dell‟Alimentazione - Avellino Una calda mattina di giugno del 2007 attraversando il corridoio del primo piano di Palazzo Gravina, mi accorsi che nell‟Aula Magna si stava svolgendo un convegno: curiosa mi soffermai a leggere la locandina affissa davanti alla grande porta d‟ingresso. Il titolo attirò immediatamente la mia attenzione: Emilio Sereni 1907-2007. La storia del paesaggio agrario italiano. In esso si ricordava la figura di Emilio Sereni come uomo politico e di cultura, ma anche le tante attività promosse dall‟Istituto Alcide Cervi di Gattatico che ospita la biblioteca dedicata proprio ad Emilio Sereni in cui ha trovato spazio il suo ricchissimo archivio e patrimonio librario [Alinovi 2010]. Ciò che scoprii quel giorno riguardava lo stretto legame che Emilio Sereni ebbe con la nostra terra, tanto da essere definito „napoletano‟ da Italo Calvino [Albenese 1997, 199]. Nel 1924 s‟iscrisse all‟Istituto Superiore Agrario di Portici, per poi rimanere a vivere nella città insieme alla moglie Xenia Silberberg. A partire dal 1927 iniziò ad occuparsi della questione agraria, sociale, economica del Mezzogiorno, interesse che lo seguì per tutta la vita e che ben presto divenne impegno politico e civile. A Napoli negli anni successivi dedicò un volumetto di storia dell‟alimentazione: I napoletani da «mangiafoglia» a «mangiamaccheroni», in cui attraverso un‟attenta analisi del contesto socio-economico fra la seconda metà del Quattrocento e l‟Ottocento, ricostruisce le cause che provocarono questa fondamentale trasformazione delle abitudini alimentari del popolo napoletano [Sereni 2013]. Questa breve premessa ci è sembrata indispensabile per introdurre una sessione in cui è presente la direttrice della Biblioteca di Gattatico Gabriella Bonini e in cui molti interventi fanno esplicito riferimento ad Emilio Sereni, citando soprattutto la sua definizione di paesaggio legata all‟attività agricola: «Il paesaggio agrario è quella forma che l‟uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale» [Sereni 1961, 21]. Di Sereni si recupera in questo settore anche e soprattutto l‟approccio interdisciplinare per cui la storia del paesaggio agricolo va ricostruita analizzando diversi fattori che riguardano svariati settori disciplinari come l‟economia, l‟urbanistica, la storia, l‟agronomia, la geografia, l‟archeologia, ma anche la filosofia, la sociologia, l‟antropologia, l‟arte, la letteratura. Altra definizione di paesaggio citata in più relazioni, è quella contenuta nella Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000: «Il termine paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall‟azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». Il tema di questa sessione, l‟iconografia del paesaggio agrario, cioè la ricostruzione del paesaggio agrario attraverso la lettura delle fonti iconografiche, ha captato l‟interesse di numerosi studiosi che, pur con lavori differenti per epoca e strumenti, hanno comunque dato la possibilità di realizzare una sessione omogenea, per rispondenza al tema proposto, e ricca di spunti interessanti. Se da un lato la Storia del paesaggio agrario italiano fu compilata, per diretta ammissione dell‟autore «facendo più sovente ricorso alla citazione di un poemetto, georgico od altro, od alla più o meno casuale testimonianza di un viaggiatore italiano o straniero, piuttosto che a quella di un documento d‟archivio», così come per il materiale iconografico furono usate non le mappe catastali («le quali rappresentano, senza dubbio, non solo il materiale illustrativo più pertinente, ma addirittura una delle fondamentali fonti documentarie»), ma «una rassegna di fonti di tutt‟altra origine, qual è quella della descrizione artistica», i lavori presentati nelle relazioni di questa nostra storia del paesaggio agrario, all‟opposto, fanno quasi tutti riferimento a fonti archivistiche [Sereni 1961, 17]. 751 Dal paesaggio agrario all’architettura paesaggistica DANIELA STROFFOLINO Si tratta di studi su settori territoriali relativamente piccoli e quindi sui quali è possibile condurre una ricerca d‟archivio, o su fondi cartografici di archivi poco noti, ma anche letture comparate di cartografia storica o immagini di corredo di testi scientifici, catalogazione di manufatti territoriali e archeologia rurale. Come scrive Carlo Tosco nel suo Il paesaggio storico. Le fonti e i metodi di ricerca, testo fondamentale per chi vuole affrontare uno studio su questo tema - vero manuale operativo per indagare il paesaggio -: «In una ricerca finalizzata alla comprensione del paesaggio le indagini non possono fermarsi alle fonti scritte e figurate, ma si rivolgono ai resti della cultura materiale, alle strutture architettoniche, alle sistemazioni agrarie, ai reperti archeologici conservati sul territorio» [Tosco 2009, 76]. Le conclusioni, poi, inserite alla fine dei saggi proposti, concordano nell‟evidenziare l‟importanza di una conoscenza storica del paesaggio quale base imprescindibile per la salvaguardia, la valorizzazione, la pianificazione dei nostri territori e per accrescere la coscienza, nelle generazioni presenti e future, di quanto l‟opera dell‟uomo è stata determinante nel modellare il territorio e di quanto bisogna sentirsi partecipi e responsabili di questo processo. In tal senso Daniela Poli nel volume da lei curato, Agricoltura paesaggistica, pone l‟accento sul rinnovato interesse per la qualità estetica, connaturata in passato all‟attività agricola, e attualmente perduta a causa di un‟agricoltura industrializzata che assoggetta tutto alle regole produttive. L‟autrice conclude il suo lavoro scrivendo: «Creare un‟agricoltura paesaggistica non significa allora produrre una banale estetizzazione del territorio, sostituendo alla produzione agricola dei simulacri di agricoltura collocati all‟interno di un parco pubblico. Significa, viceversa, individuare azioni e politiche lungimiranti che consentano a tutto il territorio agricolo (rurale, urbano e periurbano) di ritessere legami in grado di produrre bene comune e al tempo stesso qualità del paesaggio, rinsaldando e declinando in forme nuove la connessione fra governo e paesaggio, dipinta da Ambrogio Lorenzetti nell‟allegoria del buon governo» [Poli 2012, 27]. Un esempio concreto di „agricoltura paesaggistica‟ lo possiamo recuperare proprio nel nostro territorio, attraverso l‟analisi di una delle espressioni più spettacolari e più decantate di paesaggio agrario: la vite maritata. Quasi un anno fa, la Commissione agricoltura della Regione Campania, ha approvato la proposta di legge dal titolo: «Conservazione e valorizzazione delle Alberate aversane e delle viti maritate al pioppo: Istituzione vincolo ambientale». Pertanto la Regione incentiva l‟incremento di questa coltura, quasi completamente scomparsa per valorizzare il paesaggio e per recuperare il metodo tradizionale di lavorazione e la modalità di conservazione, con agevolazioni e finanziamenti per gli imprenditori agricoli che decidono di recuperare l‟alberata. La vite maritata era infatti, già stata acclusa fra i Paesaggi rurali storici. Per un catalogo Nazionale, volume pubblicato nel 2011 a cura di Mauro Agnoletti, per essere una delle forme originarie del paesaggio agrario italiano, Sereni la fa discendere dall‟arbustum galicum etrusco [Agnoletti 2011, 440-441].