Acc. Sc. Torino Memorie Sc. Fis. 36 (2012) GEOMORFOLOGIA

Introduzione alla morfologia glaciale della Valle di (Alpi Marittime)

Memoria del Socio corrispondente PAOLO ROBERTO FEDERICI* presentata nell’adunanza dell’11 gennaio 2012 e approvata nell’adunanza del 14 novembre 2012

Abstract . The valley stretches for more than 50 Km be- tween the high mountains of the Maritime before opening out onto the Plain, near . As a southern offshoot of the Alps, the region was in- tensely shaped by the Quaternary glaciations, before the current fluvial morphogenesis came to prevail over other modelling agents. This report, which is intended as an introduction to the study area, illustrates the main morphological lineaments due to glaciation, of which there remain excellent traces of both erosion and deposition. The area’s geological arrangement includes numerous formations of differ- ing erodibility, belonging to the main structural units of the Western Alps, with its tectonic evolution being dominated by the events of the Crystalline Massif, specifically its progressive exhumation. These factors have all deeply conditioned the geomorphological evolution of the Stura Valley, in- cluding the glacial processes. Among the erosive landforms there are more than 80 cirques, excellent ex- amples of parabolic-shaped valleys, hanging valleys, subglacial gorges, stria- tions, roche moutonnées and large rock bars or riegel which, although eroded by the glacier, where not removed. The longitudinal profiles of both main val- ley and numerous tributaries, especially on the hydrographic right, show the typical features of valley steps. An impressive feature is the glacial saddle of Colletto di Valdieri, clearly standing out from the valley bottom, whose primi- tive genesis dates back to the oldest glaciations, or to the Pliocene. Among the depositional landforms there are morainic terrains in all the valleys, often in the form of lateral moraines. There are widespread erratic boulders lying on these forms. In the lower part of the valley there are one or two orders of glacial shoulders, almost always in the form of flattened morai- nic deposits. In this way the valley cross-section shows multiple parabolas, due to elaboration of the valley sides by a number of glaciations. In the geo- metrical arrangement of the moraines the arches of the frontal moraines are particularly significant. A good example of this are the morainic arches of and of Castellan at about 700 m a.s.l., which are the products of the maxima glacial advancements. Preliminary dating with cosmogenic nuclides (10 Be) indicates this structure as being of the last glaciation, the W Ħrmian. The correlations with two fundamental orders of fluvio-glacial terraces (II and I order respectively) of Stura Valley suggest they are referable to two dif- ferent episodes, W Ħrm I and W Ħrm III, of the last glaciation.

* Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Pisa; [email protected] 28 Paolo Roberto Federici

There is another series of frontal moraines at the height of Festiona (750- 800 m a.s.l.) and the cosmogenic chronology gives its age as Late Glacial, very possibly the Gschnitz stadial. Since this stadial the tributary glaciers were disjointed from the trunk valley glacier. Deglaciation subsequently caused the retreat of the main glacier and the confluent glaciers higher up. In the Little Ice Age the glaciers were limited to the cirques and still in the 19th and 20th centuries the Malinvern, Prati del Vallone, Ubac, Corborant and Schiantala glaciers survived. Today there re- mains a relict form covered by detritus only in the latter cirque at 2720 m. This is logical given that the current Equilibrium Line Altitude is at 2800 m. Keywords: glacial morphology, , palaeogeography, Stura Valley.

Riassunto . La corre tra imponenti montagne nelle Alpi Marittime per più di 50 Km prima di sboccare nella Pianura Padana nei pressi di Cuneo. Le Alpi Marittime sono state profondamente plasmate dalle glaciazioni quaternarie prima che l’attuale morfogenesi fluviale prendesse il sopravvento sugli altri agenti modellatori. In questa Memoria, che ha caratte- re e intenti di una introduzione allo studio, si illustrano i principali lineamenti morfologici dovuti al glacialismo della Valle Stura, di cui rimangono superbe tracce sia di erosione che di deposito. Va premesso che l’assetto geologico, con la presenza di numerosissime formazioni a differente erodibilità appartenenti alle unità strutturali principa- li delle Alpi Occidental, nonché l’evoluzione tettonica, dominata dalle vicende del Massiccio Cristallino dell’Argentera con la sua progressiva esumazione, hanno profondamente condizionato l’evoluzione geomorfologica della Valle Stura, compreso il glacialismo. Fra le forme di erosione si menzionano oltre 80 circhi, splendidi tratti di valli a parabola o ad U, valli sospese, forre sottoglaciali, strie, rocce monto- nate e grandi verruche. I profili longitudinali sia della valle principale che dei numerosi confluenti, specialmente in destra idrografica, mostrano la tipica presenza dei gradini di valle. Eccezionale elemento fra tutti è la sella glaciale del Colletto di Valdieri, altissima sul fondo valle, che può risalire nella sua primitiva genesi alle più antiche glaciazioni, se non al Pliocene. Fra le forme di deposito si rinviene terreno morenico in tutte le valli, spes- so come cordoni laterali. Su di esso giacciono diffusi anche giganteschi massi erratici. Nella parte inferiore della valle sono presenti uno o due ordini di spalle glaciali, quasi sempre sotto forma di superfici di depositi morenici spianate. In tal modo sul profilo trasversale della valle sono riconoscibili pa- rabole multiple, dovute all’elaborazione dei fianchi vallivi in seguito al mani- festarsi di più glaciazioni. Fra il morenico geometrico sono significativi gli archi delle morene frontali. Tra questi vanno menzionati a circa 700 m s.l.m. gli archi morenici frontali di Gaiola e di Castellan, che rappresentano i pro- dotti deposti nelle massime avanzate glaciali. Datazioni preliminari con i nu- clidi cosmogenici ( 10 Be) assegnano all’ultima glaciazione, la w Ħrmiana, questi complessi. I rapporti degli archi di Gaiola e di Castellan con due diffe- renti ordini fondamentali di terrazzi fluvio-glaciali della Valle Stura, II e I or- dine rispettivamente, fanno ritenere che essi appartengano a due distinti episodi, probabilmente il Würm I e il Würm III (Ultimo Massimo Glaciale) di una stessa glaciazione, l’ultima. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 29

Un’altra sequenza di morene frontali è presente all’altezza di Festiona (750-800 m s.l.m.) e la cronologia cosmogenica le assegna ad uno stadio tar- doglaciale, verosimilmente lo Gschnitz, dando significato alla comparsa della deglaciazione alpina. Durante questo stadio i ghiacciai delle valli laterali ri- sultavano già disgiunti da quello principale. La deglaciazione ha poi fatto re- trocedere il ghiacciaio principale e quelli confluenti sempre più in alto. Nella Piccola Età Glaciale i ghiacciai erano ormai ridotti nei circhi ma ancora all’inizio del XX secolo sopravvivevano i ghiacciai del Malinvern, dei Prati del Vallone, dell’Ubac, del Corborant e di Schiantala. Oggi solo in quest’ultimo circo a 2720 m rimane un relitto glaciale coperto di detrito. Ciò è logico essendo l’Altitudine della Linea di Equilibrio attuale ormai a 2800 m. Parole chiave: Alpi Marittime, morfologia glaciale, paleogeografia, Valle Stura. Premessa Nel medio e alto bacino della Stura di Demonte, nelle Alpi Marittime, l’azione del glacialismo ha impresso al territorio un modellamento molto in- tenso. Nell’asta principale e nelle valli tributarie vi sono infatti morfologie tipiche e talvolta grandiose dell’azione dei ghiacciai che nel Quaternario hanno periodicamente coperto la regione. Poiché i depositi glaciali sono pre- senti fin quasi alla periferia di , il ghiacciaio della Valle Stura durante l’Ultimo Massimo Glaciale, circa 20 mila anni fa, doveva ave- re una lunghezza di ben 50 km. Le tracce rimaste, infatti, nonostante l’azione rimodellatrice delle acque correnti postglaciali, consentono di ricostruire il paesaggio all’epoca glaciale. In questa nota si vogliono fornire alcuni dati preliminari di sintesi sulla valle Stura, nell’ambito di uno studio intrapreso da tempo nelle Alpi Marittime e che ha riguardato finora in prevalenza l’adiacente Valle Gesso. Solo poche note sono state dedicate finora alla mor- fologia di questa valle, che è invece di sommo interesse. Questa memoria vuol essere quindi una base per future ricerche. 1. La Valle Stura Il Fiume Stura nasce nei pressi del Colle della Maddalena o di Larche a 1996 m, al confine con la Francia, nel punto più depresso dello spartiacque alpino fra le Alpi Marittime e Cozie. Si allunga in direzione nordovest- sud- est lungo le strutture tettoniche, poi, dopo Pianche, con un netto cambio di direzione, taglia le strutture stesse con asse ovest-est fino a Borgo San Dal- mazzo (Cuneo), a circa 600 m s.l.m, per una lunghezza complessiva di oltre 50 km. Infine, con un lungo percorso, anche incassato, corre nella Pianura Padana per gettarsi, presso , nel . Dunque, un primo tratto decisamente montano e un secondo lungo tratto di pianura caratterizzano il percorso dello Stura. L’alto bacino si sviluppa tra imponenti montagne, con rare incisioni: il Colle della Maddalena, il Colle della Lombarda, il Colle di Valcavera, il Colletto di Valdieri. Numerose cime superano i 2900 m s.l.m., soprattutto in 30 Paolo Roberto Federici destra idrografica, alcune i 3000 m. Tra le vette si possono menzionare (in destra idrografica e da nord a sud): il Monte Enciastraia (2955 m), Punta Gorgion (2831 m), Monte Vallonetto (2951 m), Cima di Vens (2931 m), Testa dell’Ubac (2991 m), Becco Alto del Piz (2912 m), Testa Rossa (2994 m), Monte Tenibres (3031 m), Cima di Montagnetta (2949 m), Becco Alto d’Ischiator (2996 m), Cima di Corborant (3010 m), Monte Laroussa (2905 m), Cima della Lombarda (2801 m), Monte Malinvern (2939 m), Rocca della Paur (2921 m), Rocca Pan Perdu (2956 m), Monte Vintabren 2611 m); in sinistra idrografica: Monte Scaletta (2840 m), Monte Oserot (2860 m), Monte Giordano (2766 m), Monte Bodoira (2747 m), Becco Grande (2775 m), Monte Nebius (2550 m), Monte Omo (2615 m), Monte Bram (2357). Da destra scendono quindi lunghi valloni affluenti, i valloni Puriac, For- neris ï Ferriere, Pontebernardo, Piz, Ischiator, che confluisce nel vallone di S. Bernolfo o dei Bagni, S. Anna, Rio Freddo, Valletta, Palla, Combafere, dai quali scendevano altrettanti notevoli ghiacciai tributari di quello princi- pale ed ora occupati da torrenti ricchi di acque, in parte sfruttati per l’energia idroelettrica. Il maggior affluente, il Cant, tuttavia, arriva da sinistra, dal Vallone dell’Arma, sboccando in Valle Stura presso Demonte; offriva un grosso con- tributo al Ghiacciaio della Valle Stura, ora un notevole apporto idrologico (fig. 1). La primitiva conformazione del Vallone dell’Arma, ora asimmetrica, è stata parzialmente modificata da una serie di catture fluviali (Spagnolo, 2005). L’altra valle tributaria di sinistra di un certo rilievo è il Vallone di Ne- raissa, che si getta nello Stura presso . Proprio il Vallone dell’Arma, di fatto parallelo all’alto corso dello Stura, è una testimonianza di una delle più antiche traiettorie fluviali e glaciali di tipo conseguente, che ha lasciato una traccia nella grandiosa sella del Collet- to di Valdieri (Federici & Malaroda, 2006). Il corso dello Stura nel suo tratto più alto è infatti conseguente, come il Vallone dell’Arma, e per di più condi- zionato dalla grande faglia di Bersezio, mentre nel tratto fino a Borgo S. Dalmazzo il suo percorso è il risultato di un progressivo processo di ante- cedenza attraverso le strutture tettoniche. 2. I lineamenti morfologici I lineamenti morfologici della Valle Stura sono stati decisamente condi- zionati e “controllati” dalla litologia e dalla tettonica. Per quanto riguarda la litologia essa ha avuto un forte ruolo, sia pure passivo, rispetto all’azione di degradazione meteorica del rilievo con una forte detrizione, specialmente nei momenti in cui è stato (e nelle aree più alte è ancora) molto attivo il model- lamento periglaciale, e sia rispetto alle azioni glaciale e fluviale, offrendo un Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 31 grande panorama di erosione differenziale. Ciò in dipendenza delle numero- se formazioni geologiche presenti. Va rimarcata infatti la presenza di terreni autoctoni del Massiccio Cristal- lino dell’Argentera, di formazioni sedimentarie di copertura aderenti al Mas- siccio, di formazioni sedimentarie non aderenti al Massiccio e, ancora, di terreni appartenenti alle unità tettoniche subbrianzonesi, alle unità brianzo- nesi, alla zona dei Calcescisti e alla zona del Flysch ad Elmintoidi (Faure- Muret, 1955; Malaroda, 1957, 1970; Carraro, 1961; Carraro et al. , 1970; Crema et al. 1971; Dal Piaz, 1995; Sacchi, 1959, 1995; Sturani, 1963), con una straordinaria varietà di litotipi, ognuno con una propria risposta alle a- zioni geomorfiche esogene (fig. 2). Esse sono il prodotto della messa in posto di più Unità alpine Interne, che includono anche relitti di crosta oceanica, sulle Unità Esterne corrispondenti al bordo del margine continentale europeo, rappresentato dalla Zona Delfi- nese, all’interno della quale affiora il Massiccio Cristallino dell’Argentera. L’esempio più classico di morfoselezione è dato dal contrasto fra le mor- fologie dolci a bassa energia di rilievo, in corrispondenza dei calcescisti, e quelle a fortissima energia, in corrispondenza delle dolomie triassiche. Così diviene molto forte il contrasto fra i versanti dell’alta valle. Il versante de- stro, occupato estesamente dal Flysch Nero brianzonese e subbrianzonese e dal Flysch d’Annot nonché dagli scisti varicolori del Complesso di Base del Flysch ad Elmintoidi, è più dolce, con una costante copertura di suolo che ha permesso l’instaurazione di un mantello erbaceo e di conifere. Inoltre il ver- sante è soggetto a movimenti gravitativi, tuttora attivi, per esempio poco a valle del Colle della Maddalena. Lo stesso Lago della Maddalena è il prodot- to dello sbarramento dell’impluvio principale della valle ad opera di frane. Il versante sinistro è acclive, quasi precipite, per l’affioramento delle formazioni calcaree e dolomitiche, interrotte da fratture trasversali da cui di- scendono grandi coni detritici sia gravitativi che periglaciali ed anche coni paraglaciali, il più grande dei quali si trova a Bersezio. Il versante è soggetto a imponenti fenomeni di detrizione (Franceschetti, 1959, 1961). Una partico- larità è data dalla presenza di doline a imbuto in corrispondenza dei gessi, verso l’apice della valle Stura, e di doline “ereditate” nelle alluvioni terraz- zate o nelle conoidi presso Bersezio nell’alta valle e Rialpo nella bassa, per la presumibile presenza di gessi e carniole al di sotto di esse (Marrucci, 2008). Ugualmente intensi i rapporti della morfologia con la tettonica. Secondo gli studi, le Alpi Occidentali sono state interessate da una compressione alla fine dell’Oligocene-inizio del Miocene, che ha causato la deformazione, il distacco ed il carreggiamento delle coperture da NE verso SO ed anche dello zoccolo, con relative interferenze con la soprastante copertura. Durante il Miocene Superiore, probabilmente in relazione ad una variazione nella dire- 32 Paolo Roberto Federici zione di compressione, che diviene N-S, si ha anche un parziale retroscorri- mento di una parte della copertura nord-orientale del Massiccio dell’ Argen- tera. Questa variazione di direzione è stata importante per la morfologia poi- ché si è manifestata con faglie trascorrenti (destre) N 120-140, che hanno riattivato copertura e zoccolo. Infatti, per quanto riguarda i rapporti con la tettonica, un ruolo decisivo è dato dall’influenza della grande Faglia di Ber- sezio sul tracciato dello Stura, che ne segue sostanzialmente la direzione nordovest-sudest, tenendo presente che il grande accidente tettonico, che si allunga fino alla regione di Fremamorta nel Massiccio dell’Argentera, si suddivide in alcuni rami vicarianti. Come già sottolineato da Ribolini (1998), anche la morfologia glaciale, specialmente nel Cristallino, si è sviluppata adattandosi alle strutture di deformazione erciniche e alpine. Naturalmente sia il modellamento glaciale che quello fluviale hanno poi preso sviluppo au- tonomo rispetto alle strutture, come è dimostrato dall’antecedenza dello Stu- ra attraverso le strutture longitudinali dei complessi tettonici di copertura. Una fondamentale funzione di condizionamento morfologico è stata svol- ta, come è ovvio, dai tempi del sollevamento del Massiccio dell’Argentera e dalle sue modalità, poiché l’esumazione è stata differenziata (Stuwe & Barr, 1988; Gilchrist & Sommerfield 1992; Bogdanoff, 1995; Bogdanoff et al. , 2000; Musumeci et al. , 2003) nello spazio oltre che nel tempo. Una dimo- strazione è data, per esempio, dalla non coincidenza della superficie delle vette con l’attuale spartiacque (Ribolini, 2001), con un complesso gioco di movimenti verticali recenti, traslazione di parti di bacini idrografici e catture fluviali, che hanno vivacizzato i rapporti fra le valli provenzali della Tineé, Vesubie e della Roja con le valli italiane del Gesso e della Stura (Malaroda, 2000 a, b, c; Federici & Malaroda, 2006; Ribolini & Spagnolo, 2008). 3. La morfologia glaciale In questo quadro geografico, geologico e morfostrutturale nel Quaterna- rio ha preso sviluppo, nell’ambito della potente coltre ghiacciata che ha co- perto la regione alpina, la glaciazione di tutto l’alto bacino della valle Stura, dallo spartiacque italo-francese alla Pianura Padana. Il territorio è stato così sottoposto ripetutamente all’azione morfogenetica dei ghiacciai, ma le tracce di questa azione sono essenzialmente riferibili a quanto è successo durante l’Ultimo Massimo Glaciale (circa 20 mila anni fa) e successivamente. Ri- mangono tracce sia di erosione che di deposito. Le tracce delle glaciazioni più antiche, benché presenti, sono nettamente subordinate rispetto a quelle dell’ultima glaciazione. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 33

Morfologia dovuta all’erosione Circhi Le più evidenti forme di erosione glaciale rimaste sono i circhi, cavità semicircolari circoscritte da ripidissime pareti rocciose, solo aperte dal lato della valle. Un pavimento roccioso piatto o inclinato verso valle con un leg- gero rialzo verso lo sbocco e tale da determinare una contropendenza com- pleta il morfotipo. In questo modo il circo è spesso una vera conca, ingombra di detriti ma in grado di ospitare spesso dei laghi. La genesi dei circhi non è ancora del tutto chiara soprattutto in ordine ai meccanismi di sovraescavazione che devono aver presieduto la formazione della conca. Così, una scuola di pensiero ritiene che la morfogenesi perigla- ciale sia in primo piano per questo lavoro. Per esempio, si può ritenere che il circo sia il prodotto di approfondimento e ampliamento di nicchie di niva- zione, anche se inizialmente sono molto piccole rispetto al circo che da esse prende origine. È certo che ad un certo momento la cavità viene completa- mente riempita dalla massa glaciale e la sua fuoriuscita deve fornire l’impulso iniziale al movimento rotatorio che, secondo Lewis (1954) e Hira- no & Aniya (1988), è indispensabile per generare la cavità dei circhi. Anche le pareti sono scolpite fondamentalmente dalle azioni criergiche, in partico- lare dalle conseguenze dei cicli di gelo e disgelo. I circhi hanno contenuto i primitivi corpi glaciali, che poi con l’aumento delle dimensioni hanno traboccato nella valle sottostante dando origine ai ghiacciai vallivi. Con la deglaciazione i ghiacciai si sono poi ritirati sempre più in alto nelle valli fino a rinserrarsi nei circhi stessi, come era prima che si sviluppasse il clima favorevole alla loro espansione (fig. 3). In un lavoro abbastanza recente (Federici & Spagnolo, 2004), nelle Alpi Marittime sono stati censiti e descritti nella loro geometria 432 circhi: di questi, circa 80 appartengono al bacino della Stura, riconosciuti sul terreno dopo un attento esame delle carte topografiche e la fotointerpretazione e che non sono, come la maggior parte dei tratti morfologici della valle, mai stati descritti. Il maggior numero dei circhi, coerentemente con l’altezza delle monta- gne, si trova nel versante destro, pochi sul fianco sinistro. Va, inoltre, sotto- lineato che l’esposizione dei circhi è prevalentemente a nord-est o a nord, sebbene vi siano anche circhi esposti agli altri quadranti. C’è variabilità nella forma e nelle dimensioni dei circhi. Le correlazioni con i differenti parametri che li caratterizzano (lunghezza, larghezza, area, altezza s.l.m., gradiente, circolarità) indicano statisticamente che le condizioni topo-climatiche legate all’esposizione sono determinanti nel generare la forma tipo, ma questa è an- che fortemente condizionata dall’assetto strutturale locale, come in altre re- gioni del mondo (Evans, 1994). Per dare un’idea, la lunghezza può variare 34 Paolo Roberto Federici da 233 a 2410 m, la larghezza da 211 a 2906 m, l’area da 0,059 a 0,502 Km 2, l’altitudine da 1537 a 3285 m s.l.m. (ma per le elaborazioni statistiche sui valori dei parametri si veda l’articolo del 2004 citato). Circhi molto belli si trovano nei gruppi montuosi principali alla testata delle convalli, nell’area di M. Ventasuso, M. Enciastraia, M. Pebrun, T. dell’Ubac, M. Tenibres, Becco Alto d’Ischiator, C. di Corborant, C. di Colla- lunga - T. dell’Autaret. Seguono verso sud i circhi dell’alto vallone di S. Anna e infine la spettacolare serie di circhi del Rio Freddo dominato dalla mole del M. Malinvern fino ai meno tipici del tratto Rocca La Parur, C. Gor- gia Cagna, M. Ventabren, M. Bourel (fig. 4). Dal tempo della scomparsa dei ghiacciai, le conche dei circhi ospitano la- ghetti come: il L. Gorgion Lungo sotto la cima omonima nell’alto Rio Forne- ris, il L. d’Ischiator sotto il Becco Alto, il L. Ischiator superiore sotto la C. di Corborant, i laghi Lansfero sotto il M. Malaterra, i laghi Seccia e di Mezzo sotto il Colle Seccia, il L. di S.Anna sotto la T. Auta del Lausfer, i laghi d’Orgials presso il Colle della Lombarda, il L. della Valletta del M. Valletta, i laghi d’Aver e Nero sotto il M. dell’Aver. Altri laghi, come i laghi di Robu- rent, Oserot e altri specialmente sul fianco sinistro non sono propriamente di circo, comunque alloggiano in depressioni modellate dai ghiacciai, a parte il differente caso del Lago della Maddalena già citato. I laghi impreziosiscono ulteriormente una regione di grande pregio naturalistico. Valli a parabola Dopo i circhi, la morfologia glaciale più caratteristica è la forma a U o a parabola della sezione trasversale delle valli (fig. 5). Tuttavia, questo morfo- tipo non è sempre presente e spesso viene totalmente o parzialmente modifi- cato dalle azioni morfogenetiche postglaciali, quali le azioni delle acque correnti o i fenomeni gravitativi. In valle Stura sezioni esemplari si trovano con frequenza nelle principali convalli del versante destro mentre poco si può notare di tipico nel versante sinistro. Le valli Puriac, Ferriere, Forneris, Ponte- bernardo, Piz, dei Bagni, S. Anna, Rio Freddo, Valletta hanno alle alte quote e lungo il loro percorso bei tratti conformati a doccia glaciale (fig. 6 e 7). Bisogna considerare, tuttavia, che alcuni fattori condizionano la geome- tria finale delle sezioni. Innanzi tutto, sembra manifesto un forte condizio- namento della forma risultante da parte della litologia, avendosi notato che nei terreni cristallini vi sono valli più strette e acclivi rispetto ai terreni delle coperture, per esempio dei calcari mesozoici. È poi molto influente, anche all’interno dello stesso litotipo, la diffusione e la spaziatura delle fratture, che diventano favorevoli o meno alla detrizione dei versanti. Vi sono studi (Wheeler, 1984; Harbor & Wheeler, 1992; Augustinus, 1992; Harbor 1995) che tendono ad avvalorare quanto sopra. Infatti, alti va- lori dei parametri geotecnici in rapporto alle caratteristiche dei joints delle Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 35 rocce (come Rock Mass Strength) fanno sviluppare valli strette e profonde, bassi valori valli larghe e poco profonde, evidenziando il controllo lito- strutturale sull’evoluzione dei versanti vallivi. Vi è comunque da considerare che le sezioni presentano delle incertezze derivanti dal fatto che i fondi val- livi sono coperti da imprecisate quantità di detriti alluvionali post glaciali (stimabili nella loro potenza solo con metodi geofisici), oltre che da possibili depositi di fondo del ghiacciaio che percorreva la valle e da depositi gravita- tivi franati in basso. In particolare, viene influenzato il rapporto fra la pro- fondità del canale glaciale sotto la trim-line (la soprafascia di sfacelo di Rovereto, 1923) e la larghezza all’altezza della stessa. Come è noto, la trim- line segnala il massimo spessore del ghiacciaio (Florineth & Schluchter, 1998). Ma al di là dei condizionamenti, flussi glaciali concentrati in canali danno origine a truogoli glaciali dai versanti ripidi e le loro pareti troncano frequentemente le valli tributarie. La sezione può essere studiata utilizzando la legge di potenza y = ax b, dove x e y sono, rispettivamente, la distanza orizzontale e verticale dal punto più basso del profilo trasversale della valle, a e b coefficienti, a dell’inclinazione della valle, b esponente che è uguale a 2 se la curva è una parabola. Nelle valli glaciali b è generalmente compreso tra 1,5 e 2,5. La funzione rappresenta una famiglia di curve inclusa la parabola. Su questa base Casarosa (2001), in un lavoro inedito, ha potuto ricavare dalla carta geomorfologica alcune interes- santi sezioni della valle Stura fra Pianche e Demonte (fig. 8). Va ricordato che un controllo del modello o anche di quello ottenibile con la funzione quadrati- ca è qui possibile perché in una località poco a monte di Pianche affiora diret- tamente il substrato cristallino della valle (gola di Dui Gurgium). Tuttavia, nella realtà la geometria delle sezioni della valle Stura è più com- plessa, poiché la valle presenta in maniera marcata versanti ripidi che ad un certo punto verso l’alto si interrompono per la presenza di superfici pianeg- gianti o poco inclinate, vere spalle glaciali che si susseguono lungo la valle per lunghissimi tratti (fig. 9). Un evidente ripiano è posto in alto, a circa 1400 m, all’altezza di Pianche, per poi rimanere visibile spostandosi lungo la valle fino a Demonte, con particolare evidenza fra M. Ciastella e C. Cialancia. Ma questo non è l’unico ripiano. Si trovano ripiani ancora più alti a circa 1950 m di altezza e forme simili si trovano anche in sinistra valle. Nonostante non ci sia una continuità assoluta fra queste superfici, è chiaro che esse sono interpretabili come relitti di precedenti fondi vallivi glaciali posti più in alto e di età più antica, in pra- tica veri residui di precedenti valli glaciali più larghe, che sono state succes- sivamente scavate dal relativo fiume postglaciale e poi ancora dal ghiacciaio più recente e infine dal nuovo fiume postglaciale, nel quadro di una sequenza di più glaciazioni alpine, che in questo modo sono testimoniate anche nella valle Stura. 36 Paolo Roberto Federici

In sintesi, è chiaro che laddove i ripiani sono in numero superiore ad uno bisogna aggiungere un numero di cicli glaciale-interglaciale (pari a quello dei ripiani che interrompono la continuità del versante) a quello che ha mo- dellato la valle per ultimo e che ha lasciato la sua forma nella parte più bassa della valle. La sella del Colletto di Valdieri La dorsale montuosa che separa le valli della Stura di Demonte da quella del Gesso è caratterizzata da una spettacolare depressione, chiamata Sella del Colletto di Valdieri, che a 1305 m di quota interrompe la continuità della dorsale stessa tra la C. Pissousa (1673 m) e il M. La Piastra (1832 m) (fig. 10). Essa ha un profilo a parabola così evidente che ha sempre fatto sorgere il dubbio che sia di origine glaciale. Tuttavia, in passato c’è stata più la ten- denza a non considerarla tale, sia perché sulla sella non vi sono depositi mo- renici sia perché molto elevata, non solo rispetto al fondo valle ma anche sui più sicuri depositi morenici di Tetti Baut, sopra Festiona, che si trovano sotto forma di cordone laterale a 1050 m. Oltre alla sella con la sua particolare conformazione, che da nuovi calcoli risulta perfettamente inquadrabile nelle più classiche parabole dei truogoli alpini (Penck 1905; Wheeler 1984, e gli altri autori precedentemente citati), è emerso nel corso di uno studio recente (Federici & Malaroda, 2006) un e- lemento geometrico aggiuntivo di notevole importanza. Infatti spostandoci dalla sella, che è impostata nel Flysch di Annot, il profilo del versante al di sotto dell’adiacente Costa dell’Arp, costituita da Calcari del Pùriac, mostra un'evidente ed esemplare concavità in un intervallo fra 1300 e 1400 metri. Essa si sviluppa indipendentemente dalla direzione N-S e dall’inclinazione delle bancate di strato (50° - 70°): la concavità dunque, non può trovare una giustificazione né in una erosione selettiva né in una particolare disposizione strutturale ed ha la forma dei truogoli glaciali relitti. Il versante dell’Arp, quindi, è la prosecuzione dell’apertura del Colletto, della quale prolunga la geometria. Una possibile interpretazione, posta le genesi glaciale della sella, è di as- similarla ad una sella di trasfluenza glaciale fra i possenti ghiacciai del Ges- so e della Stura. La sella, tuttavia, sembra piuttosto il risultato dell’abrasione di un flusso glaciale ad essa quasi perpendicolare. Il flusso doveva pertanto provenire da nord-ovest ed esso risulta allineato con la direzione del medio e alto Vallone dell’Arma, non solo ma sia il Vallone che la Sella del Colletto sono impostati lungo le superfici di scorrimento del Brianzonese sul Sub- brianzonese e sull’Elvetico. Viene quindi spontaneo pensare che le più anti- che linee di deflusso fluviale e glaciale siano state quelle lungo le direzioni delle grandi strutture tettoniche, come è comune nelle catene subalpine fran- cesi e come è lo stesso alto corso della Valle Stura. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 37

In conclusione, si può considerare la morfologia della Sella del Colletto di genesi glaciale. Per la sua posizione elevata essa deve essere considerata un relitto di una morfogenesi glaciale molto antica, che può risalire anche al Pleistocene inferiore se non, per la sua impostazione preglaciale, al Pliocene. Profili longitudinali delle valli, gradini di valle e valli sospese Lo studio dei profili longitudinali delle valli ci permette di osservare quanto un corso d’acqua sia prossimo ad avere un profilo regolarizzato o profilo di equilibrio, naturalmente fermo il livello di base. Nel caso, il gra- diente tende a diminuire verso valle, con pendenze via via minori da monte a valle, con una forma concava, dimostrando così che il fiume ha eliminato le asperità e raggiunto la capacità di trasportare la stessa quantità e lo stesso ca- libro di carico sedimentario verso valle (con diminuzione di gradiente e au- mento di portata). Lo studio delle irregolarità del percorso può farci inoltrare nella interpre- tazione dei profili, anche se non è semplice districarsi tra i fattori (litologia, struttura, tettonica, clima, eredità morfologica) che potenzialmente influi- scono sui parametri fluviali. Nel caso dello Stura vi è poi da tener conto delle mutazioni idrologiche indotte dalla cattura del Tanaro (Gabert, 1962; Casti- glioni, 1981; Biancotti, 1979 a e b). Il profilo longitudinale della valle Stura, costruito da Marrucci (2010) che lo ha estratto dalla Carta Tecnica Regionale del Piemonte e corredato dai va- lori delle quote presi dal relativo DEM (Digital Elevation Model), mostra di- verse irregolarità, date da rotture di pendenza o cambi di gradiente, che possono essere puntuali ( knick points ) o areali ( knick zones ) (fig. 11). Queste si riscontrano soprattutto nella porzione più alta della valle, a monte di Ar- gentera e nella zona di Bersezio. Un’altra zona di scostamento dal profilo di equilibrio si trova a monte di Pontebernardo ed un’altra immediatamente a monte di Pianche (dov’è il canyon di Dui Gurgium). Infine, un altro chiaro scostamento si trova fra Gaiola e nella bassa valle. Le interpretazioni possibili di questi knick points e knick zones esulano dagli scopi di questo lavoro. Per limitarsi alla possibile influenza glaciale, effettivamente le irregolarità maggiori nell’alto bacino possono ricondursi a dei gradini di valle. Queste rotture di pendio furono già notate da Sacco (1912) e sono riflesse nella viabilità con la comparsa di sequenze di numero- si tornanti (Grange, Ponte Cavagna). Fra le cause generatrici di questi gradi- ni di valle si possono annoverare: una differenza di litologia, un motivo strutturale, un abbassamento del livello di base del fiume, delle catture flu- viali, la confluenza di valli fluviali tributarie, la conseguenza della differente capacità di escavazione glaciale fra le valli tributarie e quella principale. Va sottolineato che proprio in corrispondenza dei due knick di Argentera e di Pontebernardo vi è la confluenza di due importanti tributari, più grandi 38 Paolo Roberto Federici del tratto dello Stura a monte di essi, il Puriac e il Ferriere- Forneris, che hanno sviluppato una forte erosione differenziale rispetto allo Stura. Quello che è ancora difficile stabilire è se questo approfondimento sia di genesi flu- viale o glaciale, perché è pacifico che anche l’erosione glaciale diviene ecce- zionale nelle aree di confluenza di due ghiacciai (Stura e Puriac, Stura e Ferriere-Forneris), cosicché appare molto suggestiva l’ipotesi che i gradini di valle della Stura siano di genesi glaciale. L’influenza del fattore glaciale sui profili longitudinali è manifesta nelle valli minori, che oltre ad essere sospesi, hanno profili sempre con contro- pendenze dovute a sovraescavazione non ancora eliminate e regolarizzate. Valli sospese e forre Un elemento caratteristico, anche se non esclusivo, dei lineamenti geo- morfologici delle regioni glacializzate è dato dalle valli sospese. Infatti, i ri- pidi fianchi vallivi del solco glaciale principale troncano spesso le valli affluenti, a loro volta glacializzate, che rimangono con uno sbocco posto più in alto, “sospeso” sul fondo valle principale. Le valli affluenti della Stura so- no tutte sospese, specialmente in destra idrografica. In Valle Stura sono possibili varie soluzioni per giustificare un tale asset- to morfologico (Marrucci, 2010), ma l’allineamento dei numerosi knick points allo sbocco delle valli sospese sullo Stura in corrispondenza della massima altezza raggiunta dal ghiacciaio principale indica appunto il mecca- nismo con il quale furono modellate le valli prima del dominio di quello flu- viale successivo alla glaciazione. Quando le acque correnti hanno preso il posto dei ghiacciai dopo un primo momento in cui il fiume tributario ha dato origine ad una cascata, l’erosione regressiva ha poi inciso una forra di de- flusso per raccordare i livelli di base. Va detto tuttavia che è discusso se le forre incise nelle valli sospese siano forme fluviali postglaciali o forre su- bglaciali. Tra tutti si può prendere come esempio migliore la forra del Vallo- ne dei Bagni, che si osserva al suo sbocco nello Stura presso Pianche. In definitiva le valli sospese e i relativi knick che a destra bordano la valle Stura sono un classico caso di risultanze di una diversa capacità di erosione del ghiacciaio della Stura rispetto a quella delle convalli. Fra le forre, tuttavia, ve ne è una, denominata Dui Gurgium, che si trova sul fondo della valle principale dello Stura poco a monte di Pianche. Si tratta di una breve, circa 500 m, ma spettacolare incisione del substrato roccioso cristallino, qui costituito da anatessiti biotitiche. Alta alcune decine di metri, la forra è conosciuta come “salto del camoscio” ed è usata per arrampicate in roccia. Lo Stura, poco dopo , aumenta l’inclinazione del proprio letto e fra Besaut e Boisson (si veda il profilo di fig. 11) si incanala vistosamente creando un vero canyon a pareti verticali (fig. 12). È già stata data una in- Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 39 terpretazione di forra sottoglaciale (Federici et al. , 2007): infatti, sulle pareti rocciose sono ancora presenti i relitti semicircolari di marmitte dei giganti. Esse indicano chiaramente la genesi dovuta ad acque in pressione sotto la copertura di un corpo ghiacciato. In effetti, sopra la strada del Colle della Maddalena, che sovrasta la forra, affiorano depositi morenici (fig. 13) e così sull’opposto versante, oltre a massi erratici e rocce montonate, a completare la testimonianza della presenza, del resto indubitabile, del corpo glaciale so- vrastante, che ha fornito la necessaria pressione idraulica. Rocce montonate, Strie e Verrous I ghiacciai possono lasciare testimonianze limitate del loro passaggio, quali le strie glaciali sugli affioramenti rocciosi o sugli stessi clasti del depo- sito. In valle Stura sono sparse un po’ ovunque e se si vogliono vedere con frequenza bisogna osservare le rocce montonate nei circhi, soprattutto presso i gradini di uscita. Vi sono comunque incisioni e strie sulle rocce anche lun- go la valle principale, sui fianchi dove le rocce appaiono chiaramente leviga- te e lavorate dal ghiacciaio o in basso sulle rocce montonate, come sul terrazzo a monte di Pianche non lungi da Besaut o sopra il terrazzo orografi- co in litotipo cristallino di Fontan, nella media valle, presso la chiesa di Ma- donna del Bosco su gneiss ed anatessiti ed anche su dolomie presso Genet nei dintorni di Demonte. Una situazione interessante è quella di Barcia all’uscita del vallone dell’Arma, dove su una roccia montonata sono conservate strie distribuite secondo due direzioni. Queste famiglie indicano una complessa paleogeogra- fia dell’area di sbocco del Vallone dell’Arma, dove, oltre al flusso del ghiac- ciaio del vallone ad un certo momento deve essere stata sottoposta anche ad un flusso diverso, quello laterale del ghiacciaio principale della valle Stura, che deve aver trasfluito in sinistra e venuto a contatto con il suo grande af- fluente. Sempre in questa zona sono presenti alcuni piccoli rilievi (20-30 m di lun- ghezza e 3-4 m di larghezza) che hanno una tipica forma a dorso di cetaceo, caratterizzati da una geometria allungata senza mostrare, come nelle più tipi- che rocce montonate, una differenza fra il lato rivolto sopracorrente e quello sottocorrente rispetto al flusso glaciale, in questo caso del Vallone dell’ Ar- ma. Sono quindi simmetriche ed attribuibili a prodotti dell’azione sub- glaciale. Poiché hanno una direzione di allungamento diversa dalle rocce montonate, sembrano prodotti dal flusso di un solo ghiacciaio, mentre sulle rocce montonate vi sono strie attribuibili a due flussi distinti. In valle Stura assumono un ruolo rilevante nel paesaggio i verrous , vere e proprie macroforme glaciali. Questi relitti della distruzione del fondovalle ad opera del ghiacciaio si ergono improvvisamente sopra di esso come rilievi testimoni del profondo quarrying cui è andato soggetto. 40 Paolo Roberto Federici

Un verrou vistoso si trova non lontano da in località Foran in de- stra valle, nota come Morra di Perolar. Circondata dalle alluvioni del conoi- de allo sbocco del Vallone della Valletta di Luserna sfociante nella valle principale, questo dosso roccioso si alza di 70 m sul fondovalle arrivando così a 870 m s.l.m. È lungo quasi 500 m longitudinalmente. In realtà è un cuneo listrico di materiale cristallino insinuato nelle formazioni calcaree del- finesi, più resistente rispetto agli altri litotipi. Il lato a monte è smussato, mentre il lato a valle è più ripido, mostrando così un’asimmetria tipica delle superfici rocciose, come le rocce montonate, sottoposte allo stress del flusso glaciale, essendo comunque la risposta delle rocce differenziata a seconda della litologia e del grado di fratturazione. La Morra di Perolar è ricoperta da depositi glaciali sparsi. Vicino ad essa vi è un secondo più modesto verrou , la Morra di Paluch, ricca di strie e incisioni dovute allo scorrimento del detrito glaciale. Più a monte vi è poi la Morra di Foran, sempre sul lato destro non lontano da C. Tolinon. È interessante anche perché è un relitto di calcari neri oxfordiani- retici, ben abraso dalla corrente glaciale, quasi spianato e ingombro di detriti glaciali. Il più imponente dei verrous è il cosiddetto Podio di Demonte. È costi- tuito da due prominenze, il Colle del Forte e il Colle del Podio, parzialmente distinte da una insellatura di origine glaciale. Si alzano rispettivamente a 822 m e 873 m e sbarrano quasi completamente la Valle Stura. Sono dei lembi di calcari giurassici sub-brianzonesi tettonicamente sovrapposti a Flysch d’Annot oligocenico. Sotto il Forte, così chiamato per la passata presenza di una fortificazione, eretta nel 1588 da Carlo Emanuele I, affiorano probabili carniole. Soprattutto la collina del Podio, è completamente ammantata da de- triti glaciali, molti di natura cristallina. I verrous del Forte e del Podio (fig. 14) sono interessanti per la ricostru- zione paleogeografica locale. Esse hanno costituito nelle fasi di moderato sviluppo glaciale una barriera alla confluenza del ghiacciaio del Cant (vallo- ne dell’Arma) nel collettore principale della Valle Stura. Ma quando i ghiac- ciai erano in fase di espansione, il principale si è aperto un varco fra il Forte e il Podio (la sella che li divide parzialmente ha una forma a parabola glacia- le) ed ha cominciato a defluire anche verso sinistra, verso il Vallone dell’Arma, che discendeva per conto proprio nella zona Genet- Barcia- Rua, tuttora chiaramente piatta e abrasa dal modellamento glaciale. Quando si eb- be il massimo glaciale i verrous furono ricoperti completamente dal ghiac- ciaio dello Stura che, avendo uno spessore di quasi 500 m, si riversò anche oltre la dorsale della Madonna del Pino (1022 m ) invadendo la zona di sbocco dell’Arma. In questa fase il ghiacciaio dello Stura poteva avere 3 km di larghezza, la massima riscontrata. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 41

Morfologia di accumulo Le classiche forme di accumulo glaciale, che si definiscono morene, sono importanti per la loro potenziale capacità di documentare, ancor meglio delle forme di erosione, l’azione morfogenetica dei ghiacciai, la cinematica glacia- le e sono fondamentali per ottenere dati cronologici. I depositi glaciali sono diffusi in tutta la valle Stura, anche se spesso sono stati asportati dalle azioni esogene postglaciali oppure mescolati ad altri detriti di varia genesi (depositi paraglaciali più di altri). Il terreno morenico si rinviene nella valle principale e nelle valli tributa- rie, soprattutto in quelle del versante destro. È possibile osservare detrito morenico sparso, che tappezza fondo valle e versanti, cordoni morenici lon- gitudinali ben sviluppati e archi morenici frontali, a varie quote, dagli alti circhi montani fino allo sbocco nella Pianura Padana, poco lungi da Borgo San Dalmazzo. Non vi sono studi appositi, salvo quanto riportato in Federici et al. (2007), oltre agli scarni riferimenti di Sacco (1912, 1932), di Malaroda (1967, 1970) e di Carraro et al. (1970). Dati di terreno molto più dettagliati sono riportati nella carta di Malaroda (1970), ma la carta non aveva finalità geomorfologiche e le attribuzioni cronologiche risentono di una impostazio- ne molto teorica, non suffragata da datazioni radiometriche. Per questo mo- tivo in anni recenti (2007-2008) sono state eseguite delle campagne di raccolta di campioni per eseguirvi delle datazioni cosmogeniche (metodo del 10 Be), eseguite presso i laboratori della Purdue University, West Lafayette, Indiana. I risultati preliminari impongono di riconsiderare il quadro cronolo- gico, che si sostanzia ora nell’attribuire il morenico della Valle Stura all’ultima glaciazione, la würmiana, e agli stadi di ritiro tardoglaciali e olo- cenici. Solo limitati affioramenti di detriti molto cementati allo sbocco della valle o qualche cordone relitto posto sulle spalle glaciali potrebbero essere prewürmiani. Resta inteso che la valle Stura è stata più volte glacializzata, come dimostrano le scarpate glaciali presenti a varie altezze lungo la valle, di cui si è già parlato in precedenza, e che dovrebbero contenere appunto lembi di depositi antichi. Ma, come è ovvio, sul fondo valle restano le morene più consistenti e meglio conservate essendo state deposte nell’ultima glaciazione, la würmia- na, e nelle fasi di ritiro tardoglaciale e oloceniche. Non potendo descrivere tutti gli affioramenti delle valli tributarie, dove pure si trovano esemplari splendidi di morene frontali, data la loro posizione strategica, verrà qui espo- sta, sia pure in forma sommaria, la situazione dei depositi morenici di De- monte - Festiona e soprattutto quella del grande apparato terminale di Gaiola e Castellan. 42 Paolo Roberto Federici

Le morene frontali di Gaiola e Castellan Presso l’abitato di Gaiola, ad una quota media di 720 m s.l.m., si osserva nettamente distinto nel paesaggio un doppio arco morenico frontale ed altre dolci eminenze collinari che sono culminazioni di morene parzialmente se- polte. Queste colline moreniche, disposte trasversalmente alla valle, la sbar- rano completamente. Il fiume Stura le ha incise sulla destra, al contatto con la roccia in posto, che è data da calcari compatti e lastroidi talvolta selciferi mesozoici della Formazione dei Calcescisti, ed ha formato una spettacolare gola con cateratte, usata per lo sport ( Rafting ). L’arco morenico principale è il più interno, fra Gorgia Grande e Gaietto, tocca i 727 m di quota ed è sopraelevato di una decina di metri rispetto alla superficie superiore del terrazzo di 2° ordine della Valle Stura, che costitui- sce la piana di Gaiola, per uno sviluppo longitudinale di 800 m. Meno evi- denti sono i residui di due cordoni morenici latero-frontali, rialzati di pochi metri sul piano di campagna. Sebbene separati dal fiume, vi sono sul versan- te destro presso Bedoira altri lembi morenici, in parte appoggiati al versante, che per la posizione sono collegabili alle morene più avanzate di Gaiola, a completare una sorta di anfiteatro (fig. 15). Su alcuni grandi massi erratici presso Bedoira sono stati prelevati campioni per le datazioni con il metodo del 10 Be. Nelle retrovie degli archi, il complesso delle morene frontali di Gaiola ï Be- doira si connette chiaramente con il terrazzo in depositi glaciali di Tetti Mar- tin, in destra valle, e con il terrazzo di contatto glaciale presso , in sinistra. La composizione dei depositi è data soprattutto da clasti di natura cristal- lina provenienti dall’Argentera e dalla sua copertura e da clasti di natura cal- careo-dolomitica dei complessi subbrianzonesi e brianzonesi. La matrice è limoso-sabbiosa con argilla. Il suolo sopra i depositi ha uno spessore inferio- re al metro ed è di colore rossastro in alto, giallastro più in profondità. È in- teressante la presenza di clasti, di una decina di cm di dimensioni massime, ben arrotondati con indici morfometrici simili a quelli fluviali. Dovrebbe trattarsi di ciottoli di vecchie alluvioni, prelevati dal ghiacciaio würmiano e inglobati nel detrito principale di pura elaborazione glaciale. Come già esposto in precedenza (Federici et al. , 2007), l’interpretazione della morfologia dell’area è facilitata dal fatto che, per gli studi di progetta- zione di una diga nelle gole dello Stura presso Ponte Olla, furono eseguiti, 60 anni fa, 14 sondaggi, alcuni pozzi e gallerie esplorative alla base dei ver- santi (Ognibeni & Venzo, 1951) (fig. 16). I sondaggi hanno rivelato la natura glaciale delle colline di Gaiola (altro terreno glaciale allineato con quello di Gaiola si osserva sopra la strada ex militare in destra Stura oltre a quello di Bedoira appena citato). Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 43

A partire dalla parte a monte della collina morenica, la situazione muta. Le quote si abbassano e compare una distesa prativa di depositi alluvionali grossolani, per uno spessore da 4 a 12 m. I sondaggi rivelano che al di sotto sono presenti argille azzurre consolidate di natura limnica fino a 136 m di profondità, che negli ultimi metri passano ad argille sabbiose e sabbia fine che, sebbene i sondaggi non abbiano toccato il substrato roccioso pre- fase lacustre, segnalano la prossimità del fondo lago. In conclusione, al di là delle attribuzioni cronologiche da parte degli ese- cutori dello studio, sicuramente errate, questi sondaggi hanno permesso di ricostruire con sicurezza le dimensioni non solo del corpo morenico ma an- che di un vasto deposito lacustre, ricoperto da alluvioni. Questo corpo morenico, che come si è visto culmina in alto sotto forma di modeste colline, si sviluppa poggiando sulla roccia in posto da un fianco all’altro della valle, rivelando, tra l’altro, la forma a parabola della sezione. Verso monte si rinviene il lacustre fino alla zona di Pianetto, 1,2 km a monte di S. Membotto. In definitiva il lago doveva avere una larghezza massima di 600 m, una lunghezza di quasi 8 km, una profondità di circa 140 m nel punto massimo. Si trattava di un classico lago di sbarramento morenico, poi svuo- tato per la sua incisione fino alla roccia di fondo da parte dello Stura, che ha creato le gole di Olla odierne. A valle di Gaiola si trova un arco frontale disgiunto e più avanzato rispet- to a quello di Gaiola stesso ora descritto. Esso comprende, da sinistra Stura a destra Stura, i depositi di Castelletto, l’Isola, T. Beraudi, Casali e Castellan (fig.16 e17). Nel complesso, ricollegando i vari lembi collinari, si può rico- struire un ampio apparato frontale, con creste allineate in almeno due fronti di oscillazione glaciale, completi di cordoni latero-frontali, ricchi di clasti cristallini e calcarei ma anche di numerosi massi erratici. I lembi morenici più esterni si arrestano con le alluvioni appartenenti al magnifico terrazzo di Borgo S. Dalmazzo, che è il terrazzo di I ordine della Valle Stura, per cui si deve pensare che l’arco frontale sia stato parzialmente seppellito con la deposizione dei materiali alluvionali di questo terrazzo di I ordine della valle Stura. Pur non escludendo che vi sia morenico sepolto più oltre, l’arco di Castellan può essere considerato l’arco morenico più avanzato del ghiacciaio della Valle Stura. Infine, poiché l’arco di Castellan e l’arco di Gaiola sono ben separati e ad una certa distanza fra di essi, ma soprattutto connessi con due fondamentali e differenti ordini di terrazzi della Valle Stura, il terrazzo di Borgo S. Dalmaz- zo e il terrazzo di Gaiola, la loro deposizione è da attribuirsi a due momenti distinti della glaciazione di Würm. Può essere suggestivo, ma solo compro- vabile con datazioni assolute, pensare che la duplice fronte morenica sia il prodotto delle due principali avanzate dei ghiacciai würmiani, il Würm I ed il Würm III. 44 Paolo Roberto Federici

L’arco morenico di Festiona A monte di Gaiola si trovano depositi glaciali a Moiola e, di fronte sull’opposta sponda, a Tetti Martin, molto rimaneggiati e ricoperti dal flu- vio-glaciale e fluviale delle valli laterali che ivi discendono, in particolare della Valle dei Colli a Moiola stessa. Dopo un altro hiatus, a partire da Tetti Maigre (in destra) e C. Biancot (a sinistra), il morenico si sussegue lungo la valle, ma senza indizi di arcuature. Quattro km a monte di Moiola e Tetti Martin, nei pressi dell’abitato di Festiona in destra idrografica, si ha invece un’altra zona della valle con mo- rene frontali, che però hanno altezze e dimensioni molto più ridotte rispetto a quelle prima descritte. Si rinviene un complesso di tre distinte morene arcua- te. Due archi frontali si osservano lungo la strada tra Fiandin e Festiona ad una quota media di circa 730 m. Essi si allungano verso il centro della valle fino al nucleo abitato di Ciardola, che si adagia sul deposito, che qui è più basso di 10 m. Sul fianco della valle gli archi si interdigitano tra loro, mentre divergono verso l’asse della valle, ma si interrompono comunque con l’orlo della scarpata di erosione fluviale prodotta dallo Stura. Nessun cordone né arco morenico si rinviene sul fianco sinistro della valle nella zona di S. Lo- renzo, senz’altro distrutti od obliterati dall’azione fluviale (Capitani & Mar- rucci, 2008). A Festiona si osserva, a circa 727 m di altezza s.l.m. e leggermente più avanzato verso valle, un terzo arco morenico che da S. Antonio si sviluppa verso il nucleo abitato di Rueita per poco meno di 100 m. È una collinetta tipicamente allungata ortogonalmente alla valle e rastremata, composta di detrito glaciale ricco di clasti cristallini eterometrici, sostenuti da una matrice sabbiosa, superficialmente bruno-rossiccia, in profondità grigio scura. Anche in questi depositi morenici sono presenti clasti ben arrotondati di genesi flu- viale, evidentemente rimaneggiati da un più antico (rispetto al glaciale) ter- razzo fluviale. Gli archi morenici sono completati da un evidente cordone morenico late- ro-frontale che si sviluppa a destra di Fiandin, fra 800 e 750 m di altezza s.l.m. Anche in questa zona sono presenti tipici massi erratici. Datazioni preli- minari su questi massi hanno fornito con il metodo 10 Be un’età di circa 15505 ± 1109 yr BP. Sia per la posizione più interna rispetto all’anfiteatro di Gaiola sia per le dimensioni più modeste, sia per l’età (sia pure da conferma- re) è chiaro che l’arco di Festiona dovrebbe rappresentare un significativo stadio di ritiro tardoglaciale. La cronologia lo identificherebbe con lo stadio di Gschnitz. Lo stadio di Bühl, che attualmente è ritenuto una fase dell’UMG, potrebbe celarsi o nelle morene di Moiola-T. Martin o in quello Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 45 di T. Maigre-C. Biancot, nessuna delle quali peraltro ha le caratteristiche di depositi di sosta glaciale). Una situazione simile, già nota allo scrivente e ai suoi collaboratori, è sta- ta defintivamente messa in luce nell’adiacente Valle Gesso, con l’ identifica- zione del Massimo Glaciale nelle morene di Andonno-Tetti del Bandito a 700 m di quota ed età di 20 140 ± 1080 yr BP e del Tardo Glaciale Gschnitz nelle morena di Ponte Murato a 820 m di quota ed età di 16590 ± 970 yr BP, con la possibile presenza del Bühl nelle morene poco tipiche di Valdieri (Fe- derici et al. , 2011), poste ad altitudine s.l.m. intermedia fra le due località precedenti. Cordoni morenici laterali Sopra Festiona sono presenti due evidenti depositi morenici allungati nel- la direzione valliva, tali da essere definiti cordoni. Il cordone posto più in al- to si trova a circa 980 m di quota nei pressi di Tetti Baut, dove intercetta la strada che sale al Colletto di Valdieri. Si allunga per circa 400 m ed è costi- tuito soprattutto di grossi blocchi (anche maggiori di 1,5 m 3) subangolosi di migmatite biotitica e granito e anche qualche blocco calcareo di provenienza locale. È significativa l’alterazione con colore rossastro dei primi 30-40 cm di suolo. Localmente questo cordone ha importanza perché ha occluso la val- le del Rio Baut, scendente dal Colletto, ed ha generato un piccolo ripiano di origine fluvio-lacustre (Federici & Malaroda, 2006). Nella parte opposta della valle e sul fianco sinistro nei pressi di Demonte vi è un’altra morena laterale lunga più di 450 m, posta a 840 m di quota. È 70 metri più bassa rispetto alla scarpata di erosione glaciale di Saret nella zona di confluenza Arma-Stura. Questa morena è costituita da anatessiti e calcari subangolosi o angolosi immersi in una matrice sabbiosa ï siltosa. Il morenico sparso nel resto della valle Nel resto della valle Stura si rinvengono in continuazione terreni moreni- ci, ma in nessun caso vi sono archi frontali capaci di significare stadi di sosta o riavanzata durante il ritiro che si è manifestato nelle Alpi a seguito della deglaciazione successiva all’acme di 20 mila anni fa. I depositi più interes- santi per posizione sono quelli del Podio di Demonte, ma sono semplici resti della copertura di quella verruca glaciale e sulle opposte sponde vallive vi è terreno morenico, ma non vi è la minima geometria ad arco frontale. La zona a nord di Demonte è ampiamente coperta da morene ma esse sono piut- tosto morene di spinta, dovute alla confluenza del ghiacciaio della valle principale nella zona di sbocco del ghiacciaio del Vallone dell’Arma. Anche un deposito in sinistra Stura a monte di Vinadio e poco prima di Pianche, che è disposto trasversalmente alla valle, appare più un prodotto gravitativo che glaciale. 46 Paolo Roberto Federici

I terreni morenici, che sono presenti soprattutto in destra valle, sono de- positi massivi, completamente disorganizzati, privi di strutture interne. Spes- so il deposito è matrice-sostenuto molto abbondante, fatto di sabbia e silt di colore grigio chiaro, giallastro se alterato. I clasti sono di dimensioni variabi- li da centimetrici a metrici (fig. 18). La litologia dominante è data dai terreni del cristallino dell’Argentera, anatessiti biotitiche, agmatiti ed embrechiti ed anche clasti di rocce sedimentarie delle Serie Delfinese. Una notazione deri- va dal fatto che i clasti medi sono spesso subarrotondati, i piccoli sono più spigolosi. Secondo lo schema di Eyles et al. (1983) il morenico è classifica- bile come Dmm (Diamictico, matrice-sostenuto, disorganizzato) e in genera- le c’è un aumento di tipo grano-sostenuto con l’altitudine, come è naturale. I massi erratici sono una costante sia nelle morene geometriche come ac- cennato prima e sia nel morenico sparso. Il più voluminoso di tutti si rinvie- ne a , tanto che è servito da contrafforte per la piccola diga sullo Stura ivi presente (fig. 19), ma molti altri massi posti anche sui cordoni mo- renici sono di dimensioni cospicue. Di certo, alcuni non sono stati divelti dal ghiacciaio, ma caduti per gravità in seguito a qualche rovinosa frana, come quella che ostruisce il Piano della Regina nella valle del Piz a 1400 m s.l.m., ove una gigantesca catasta di massi si è depositata su un arco morenico. Morene laterali e Terrazzi in depositi glaciali Nella Valle Stura sono ben visibili lungo i versanti dei terrazzi costituiti da materiale tipicamente glaciale. Essi sono da attribuire al rimaneggiamento dei depositi morenici posti sui fianchi vallivi ed al seppellimento dei cordoni morenici laterali. Sono costituiti da corpi sedimentari di blocchi eterometrici, matrice-sostenuti, di natura cristallina. Sul ripiano dei terrazzi, infatti, vi è una coltre di materiale derivante sia dall’alterazione delle formazioni rocciose so- prastanti sia dalla degradazione del materiale glaciale e, secondo Capitani (2002), il creeping può aver giocato un ruolo attivo nella rimobilizzazione dei componenti dei depositi. Un terrazzo glaciale di questo tipo sta sul versante destro (fig. 20). Lungo circa 2 km, tra la Colla della Piastra e M. la Piastra, scende da 1050 m a 1000 m e si ricongiunge a monte con la morena laterale di Tetti Baut. Più a valle il terrazzo ricompare per oltre 1 km. Terrazzo glaciale e cordone more- nico sono dunque uno sulla linea dell’altro, con un gradiente medio di 0,030%. L’allineamento dei terrazzi e delle morene e il valore della penden- za fanno si che sul prolungamento verso valle si intercettino le morene late- ro-frontali dell’arco morenico frontale di Castellan. Ad una quota più bassa rispetto a questo terrazzo glaciale, se ne rinviene un altro posto a circa 870 m, subparallelo al precedente e con un gradiente di 0,025 %. Esso si correla facilmente con un altro lembo presso Tetti Martin a 740 m e, con lo stesso criterio del precedente, questo terrazzo posto più in Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 47 basso si può agevolmente prolungare fino ad intercettare le morene latero frontali di Gaiola.Queste osservazioni rafforzano l’ipotesi che gli archi fron- tali di Castellan e Gaiola non siano coevi. Per quanto riguarda la genesi, si può ritenere che i terrazzi glaciali siano il risultato della rielaborazione di cordoni morenici, che, secondo Capitani, si realizza, al contrario delle zone meno acclivi che consentono di conservarne la geometria originaria, nelle zone più acclivi. In questo caso il creeping e il dilavamento rimaneggiano i cordoni morenici, con il risultato di spianare le sommità delle morene stesse. Terrazzi di contatto glaciale Lungo la valle principale, specialmente allo sbocco delle vallette laterali come quelle di Moiola, e in sinistra idrografica, ormai vi- cino all’anfiteatro terminale della valle, si rinvengono alcune superfici ter- razzate che sono state interpretate come il frutto di riempimento di vecchi laghi di sbarramento ad opera del ghiacciaio della valle principale (Crema et al. , 1971). Un esame da parte di Capitani (2002) ha condotto a ritenere più complesso il quadro locale, in ragione dell’assenza degli ipotizzati sedimenti lacustri e della presenza invece di depositi glaciali cementati di dump moraine con clasti di cristallino, chiaramente esotici, dell’Argentera, e di depositi al- luvionali, sia di rielaborazione di materiale del ghiacciaio sia di materiale di natura locale provenienti dall’interno delle valli. Al ritiro glaciale i torrenti delle valli Moiola, Valloriate e Rittana hanno inciso i depositi alluvionali e glaciali fino a toccare il substrato roccioso. 4. Il glacialismo e il clima nelle Alpi Marittime Il cambiamento climatico che ha generato il fenomeno glaciale nel Plei- stocene è sempre stato oggetto di studi e varie ipotesi sono state emesse pri- mariamente per dare ad esso una spiegazione, estremamente complessa anche per il suo molteplice manifestarsi nel corso dell’ultimo periodo della storia geologica del pianeta. Su ciò si sempre sviluppato un dibattito che ov- viamente esula dagli scopi del presente lavoro. Un secondo aspetto del problema è la quantificazione del cambiamento climatico che ha generato il glacialismo ed anche su questo punto si sono avute idee diverse, soprattutto sulla entità della variazione della temperatura e sulla variazione, pur essenziale, delle precipitazioni rispetto alla situazione odierna, che ovviamente può servire come riferimento. Se enigmatiche sono le ragioni delle glaciazioni, così rimangono tali anche le ragioni dei successivi miglioramenti climatici che hanno condotto ai pe- riodi interglaciali. Così è anche per tutto ciò che ha riguardato la Valle Stura e le Alpi Marittime. Per ora possiamo solo indagare sulle tappe di questi cambiamenti. 48 Paolo Roberto Federici

Un elemento prezioso è dato dallo studio dell’ Equilibrium Line Altitude (ELA), che può essere calcolata anche in assenza di bilanci di massa dei ghiacciai (Federici et al. , 2000). Essa permette, tramite facili calcoli, di rico- struire le masse glaciali e di stimare le altezze oltre le quali il fenomeno gla- ciale è o è stato attivo. Sono stati proposti diversi metodi per il calcolo dell’ELA, ora anche con moderne tecniche GIS, ed è confortante che essi conducono a risultati non molto differenti fra loro (Federici, 1997). Nella vi- cina Valle del Gesso sono stati usati sia il metodo Balance Ratio (BR) (Fur- bish & Andrews, 1984) applicando la procedura d’uso di Benn & Gemmell (1997) e il metodo Area x Altitude Balance Ratio (AABR) (Osmaston, 2005). In questa introduzione alla morfologia glaciale della valle Stura è sta- to applicato in via speditiva il metodo di Höfer (1922), riservandosi di fare i calcoli con gli altri metodi successivamente. Del resto il metodo di Höfer è stato sempre usato nei versanti francesi delle Alpi Marittime e così è più fa- cile fare correlazioni. Comunque sia, è il calcolo dell’ELA che ha permesso di farci un’idea della paleogeografia glaciale nelle Alpi Marittime. Per quanto riguarda le condizioni meteorologiche attuali della Valle Stura queste possono essere studiate utilizzando i dati di diverse stazioni: Cuneo 536 m s.l.m.), Borgo S. Dalmazzo (641 m), Demonte (745 m), Vinadio (900 m), Rio Freddo (1208 m), Pietraporzio (1250 m), Fedio (1310 m), Colle della Lombarda (2278 m). Sono in funzione dal 1964, salvo l’ultima che registra dal 1990 (per le temperature anche Fedio e Rio Freddo), e i dati sono conte- nuti negli Annali Idrologici dell’Ufficio Idrografico del Po fino al 1990, poi in quelli degli Uffici della Regione Piemonte. Non tutte però hanno funzio- nato con continuità. Le temperature medie annue risultano: 11,1° C a Cuneo, 10,7° C a Borgo S. Dalmazzo, 9,4° C a Vinadio, 9,3° C a Rio Freddo, 2,4 ° C al Colle della Lombarda. Bottici (2002) ha calcolato un valore di 0,54° C/ 100 m per il gradiente termico altimetrico con valori più alti, 0,7° C/100 m in autunno (Settembre-Novembre) e 0,62° C/100 m in estate (Giugno-Agosto). È con- fortante che il gradiente termico della vicina Valle Gesso sia di 0,53°C/100 m (Pappalardo & Rapetti, 2001). Il gradiente termico altimetrico calcolato al Colle della Lombarda sulla ba- se delle equazioni delle rette di regressione, che rappresentano la temperatu- ra media in funzione dell’altitudine conduce a collocare lo zero termico a 2728 m di quota, anche questo simile a quello calcolato nella Val Gesso. Per quanto riguarda le precipitazioni si hanno valori annui di: 958,7 mm a Cuneo, 981,1 mm a Borgo S. Dalmazzo, 805,9 mm a Demonte, 1008 mm a Vinadio, 983 mm a Rio Freddo, 976,6 mm a Pietraporzio, 838,8 al Colle del- la Lombarda. Essi sono il risultato di pertinenza al regime Continentale Pre- alpino di tipo C (Pinna & Vittorini, 1985), con massimo in primavera (mese più piovoso Maggio) e secondario in autunno, minimo in Dicembre - Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 49

Gennaio. A Vinadio e Pietraporzio invece il massimo delle precipitazioni è a Ottobre - Novembre con minimo in estate, come nei regimi mediterranei. Al Colle della Lombarda si hanno massimi in Settembre-Ottobre e minimi a Gennaio. Gli autori sono concordi nel ritenere che queste zone sono un’area di transizione fra un regime pluviometrico Continentale tipo prealpino e uno Marittimo sublitoraneo tipo B, che interessa soprattutto le alte quote. Le precipitazioni nevose totalizzano 123 cm a Cuneo, 336 cm a Rio Fred- do, 391 a Pietraporzio, 505 al Colle della Lombarda con massimi principali in inverno (Dicembre-Gennaio). Se il regime è unimodale nelle prime tre stazioni, al Colle della Lombarda si passa ad un regime bimodale, con un massimo secondario in Aprile, come del resto già segnalato da Biancotti et al. (1988) per le quote superiori a 2000 m s.l.m. I risultati con i diversi coef- ficienti di correlazione indicano una bassa dipendenza delle precipitazioni dal variare della quota. Per quanto riguarda la distribuzione dei valori nel tempo, Bottici (2002) sulla base dei dati della stazione di Cuneo, l’unica con dati ultratrentennali, ha rilevato una tendenza della temperatura media annua ad un aumento me- dio di 0,13° C /anno, con particolare significatività nel periodo primaverile e subordinatamente invernale. I calcoli su più stazioni fanno emergere una tendenza ad una diminuzione delle precipitazioni, come già osservato da Ra- petti & Vittorini, (1992) nella Val Gesso. Anche la quantità di neve annua presenta una tendenza alla diminuzione negli ultimi decenni, 15,7 mm/anno, con un andamento negativo più marcato nel periodo invernale. Questo fatto può rivelarsi decisivo per spiegare l’attuale tendenza al regresso dei ghiacciai alpini, in quanto sono proprio le precipitazioni solide invernali ad essere utili per la loro probabilità di non essere soggette immediatamente a scioglimento. Queste tendenze rientrano nella più generale diminuzione delle precipitazioni segnalate fra 30° e 40° di fascia di latitudine. 5. La paleogeografia all’epoca glaciale Le morfologie glaciali osservate inducono a considerare la Valle Stura soggetta a più di un evento glaciale, in accordo con quanto è noto nel resto delle Alpi. Sulla base dei dati di terreno si possono ritenere sicure le tracce di due episodi glaciali distinti in molti tratti di valle, mentre poche tracce nell’area di M. Antes- M. Ciastella testimonierebbero di un evento preceden- te ai due. Sono soprattutto le sezioni trasversali della valle a indicare questo fatto e in particolare, come si è visto, l’esistenza delle spalle glaciali con le loro coperture moreniche che interrompono la geometria parabolica. Di fatto, in genere si hanno due sezioni paraboliche sovrapposte. A queste si aggiunge la presenza di cordoni morenici laterali ubicati a diverse quote e, nei casi, al- lineati con la direzione delle spalle glaciali. Anche per essi si manifesta una 50 Paolo Roberto Federici duplice presenza a quote differenti. Sfortunatamente l’esame macroscopico e qualche esame mineralogico delle morene in ordine allo stato di alterazione di clasti e matrice non consente di aggiungere dati a conferma dell’ipotesi della duplice glaciazione, in quanto non compaiono differenze significative. Comunque, su questo non ci sono dubbi. Prendendo come riferimento la trim- line, ossia il limite della fascia di sfacelo del ghiaccio attivo dell’ultimo glaciale, che indica anche il massimo spessore del ghiacciaio della valle, spalle e cordoni laterali posti più in alto di esso sono la chiara dimostrazione del progressivo approfondimento della valle, cui le escavazioni glaciali han- no dato un sostanziale contributo. Concentrandosi sull’ultima glaciazione, bisogna riconoscere che i due ar- chi morenici frontali di Gaiola e Castellan non sono facilmente assimilabili ad un unico complesso frontale non tanto per la distanza intercorrente fra di essi ma per il fatto che si raccordano con due differenti terrazzi fluvio- glaciali, il terrazzo di I ordine di Borgo San Dalmazzo ed il terrazzo di II or- dine di Gaiola, oltre che, come si è visto, con due differenti ordini di cordoni morenici laterali. Per ora non vi sono possibilità di attribuzioni cronologiche precise, ma la modesta differenza nel grado di alterazione delle morene dell’evento più an- tico rispetto a quello più recente li rende forse non molto lontani nel tempo, per cui si potrebbe azzardare l’idea che depositi e tracce di erosione più anti- che e più recenti possano appartenere a due manifestazioni glaciali distinte nell’ambito della stessa glaciazione, per esempio il Würm I e il Würm III, che con riferimento alla nomenclatura dell’ultima glaciazione alpina rappre- sentano i due più forti acmi glaciali. Secondo questa ipotesi, dunque, durante i massimi glaciali würmiani il ghiacciaio della Valle Stura raggiungeva la regione di Castellan prima e di Gaiola poi, ormai prossimo alla Pianura Pa- dana, con una lunghezza di circa 50 km. Poteva avere una larghezza media di circa 1 km, ma raggiungeva la larghezza di 3 km nei pressi di Demonte, allorché riceveva il ghiacciaio tributario del Vallone dell’Arma, con cui ave- va rapporti di contrasto dei flussi ma da cui riceveva un grande contributo. La figura 21 può servire a chiarire i rapporti fra le due valli durante la fase di espansione del ghiacciaio al massimo sviluppo. Così ingrossato, il ghiacciaio della Stura, superava anche l’ostacolo delle strette di S. Membotto e dieci km dopo Demonte terminava la sua corsa lasciandone testimonianza negli anfiteatri morenici di Gaiola e Castellan. In questo modo la fronte si trovava ad un’altezza sul livello del mare di circa 700 m, poco più in basso quindi rispetto al ghiacciaio della adiacente Valle Gesso (Federici et al. , 2011), la cui fronte è stata posta alle strette di Andonno-Tetti del Bandito e datata a 20140 ± 1080 yr BP con il metodo 10 Be cosmogenico. Sulla possibilità che il ghiacciaio della Valle Stura sia sceso ancora più in basso è difficile esprimersi allo stato attuale delle ricerche. Massi erratici di Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 51 cristallino, in particolare di granito, si rinvengono in sinistra idrografica a valle di Roccasparvera fino al Colle Bicocca, che è il limite estremo del ri- lievo alpino prima della pianura, ormai in corrispondenza della longitudine di Borgo S. Dalmazzo. Al di là del rimaneggiamento antropico per lavori e- dilizi, non vi sono elementi per eventualmente assegnare tali resti all’ultima glaciazione o ad una precedente. È interessante fare un paragone con quanto è segnalato nelle valli provenzali (Schweitzer, 1968; Julian, 1980; Jorda & Rosique, 2000). 6. Il ritiro glaciale e il glacialismo recente ed attuale Dopo aver praticamente raggiunto la Pianura Padana, quando si è svilup- pata la deglaciazione, il ghiacciaio della valle Stura ha preso a ritirarsi lungo la valle ad altitudini sempre maggiori, diminuendo anche di spessore in mo- do notevole. I ghiacciai delle valli tributarie hanno seguito la stessa evolu- zione, ma ad un certo punto sono rimasti visibilmente “sospesi” nelle zone di confluenza, poiché la loro massa ed energia erano chiaramente sottodimen- sionate rispetto a quella molto superiore della grande massa principale e quindi l’approfondimento del proprio solco vallivo era stata meno efficace. Da qui la messa in luce di un gradino sulla valle principale e di un knick point in corrispondenza del salto così generato. Se è probabile una separazione precoce dei ghiacciai tributari da quello principale, è per ora assai incerto quando essa può essere avvenuta, comun- que già o non molto tempo dopo lo stadio di Gschnitz, allorché il ghiacciaio della valle Stura sostava all’altezza di Festiona (fig. 21). Anche per questo fondamentale stadio si può fare un parallelismo con la Valle Gesso. Pure qui, dopo la massima avanzata, il ritiro conseguente l’inizio della deglaciazione ha fatto sostare il ghiacciaio in un primo momento presso Valdieri-La Bastia ma soprattutto presso Ponte Murato, dove le morene frontali sono state data- te con il metodo 10 Be cosmogenico 16590 ± 970 yr BP. Dopo questo mo- mento la storia glaciale delle valle si moltiplica in tante storie delle singole valli e gruppi montuosi. Difficile da studiare nel fondo valle a monte di Demonte – Festiona per mancanza di documenti, la storia tardoglaciale è meglio ricostruibile nelle valli tributarie. In alcune di queste vi sono splendidi esemplari di morene frontali, come quelle dei versanti della dorsale Gorgia Cagna – Vintabren- Bourel presso Bergemolo e Bergemoletto in destra Stura, prospetticamente di fronte ad Aisone e Demonte, e degli alti valloni di Collalunga (Vallone dei Bagni), nel vallone d’Ischiator, ma soprattutto nei valloni del Piz e del Ciaval, dove sono presenti morene frontali a varie quote ed anche nel Vallo- ne di Forneris – Ferriere. Molto meno utili sono i dati ricavabili nelle vallate del versante sinistro della Valle Stura, compreso il grande Vallone dell’ Ar- ma, principale affluente di tutto il bacino, come riportato da Spagnolo 52 Paolo Roberto Federici

(2007). Vi è da dire che qui si alzano montagne meno alte. È quindi nelle valli prima menzionate che può essere documentata la sequenza degli stadi tardoglaciali e delle oscillazioni glaciali oloceniche. Per capire qualcosa della situazione durante lo stadio di Gschnitz, pos- siamo utilizzare il caso di Bergemolo – Bergemoletto, località poste sul ver- sante destro della valle. Durante la fase di massima espansione glaciale dalla dorsale Gorgia Cagna–Vintabren–Bourel tre lingue glaciali confluivano in quello principale della Stura, poco a valle della confluenza del ghiacciaio della Valletta. Nell’area fra i due abitati vi è un’ampia zona morenica, il cui elemento più significativo è dato da tre magnifici archi frontali provvisti dei loro prolungamenti nei cordoni laterali. Di fronte agli archi si adagiano am- pie piane (Casarosa, 2001). Sul lato a valle degli archi e sul bordo del ver- sante della valle Stura si rilevano con una certa continuità due cordoni morenici laterali con massi erratici di cristallino a circa 1170 m di altezza, che seguono le isoipse vallive chiaramente appartenenti a quegli alti cordoni laterali della Valle Stura, dei quali si è più volte parlato (fig. 22). Se durante il massimo glaciale dalla dorsale le lingue glaciali laterali con- fluivano in quello principale della Valle Stura, gli archi frontali di Bergemo- letto – Mulet – Bergemolo dimostrano di essere un prodotto indipendente di una prima grande sosta dei ghiacciai locali durante il ritiro tardoglaciale. In questo quadro, il distacco e la distanza fra i cordoni laterali della Stura e gli archi frontali e il fatto che tutto il complesso appare sospeso nettamente sulla valle principale dimostrano che durante il presumibile stadio di Gschnitz i ghiacciai minori, benché prossimi, dovrebbero già essere stati separati da quello principale della valle Stura. Era il momento in cui il grande ghiacciaio della Valle Stura aveva già subito gli effetti della prima deglaciazione e si era ritirato sostando nei pressi di Festiona e doveva quindi aver subito anche una consistente diminuzione di volume. I ghiacciai si trovavano a riempire parzialmente le valli almeno sino alla fine del Pleistocene, che si conclude con l’ultima sosta dello Stadio alpino di Egesen. Questo stadio non è ancora documentato da datazioni radiometriche in valle Stura, ma deve essere indubbiamente rappresentato da qualche mo- rena frontale, così come finalmente si è riusciti a scoprire nell’adiacente Val- le Gesso (Federici et al. , 2008). L’età delle morene frontali del Piano del Praiet nel Gesso della Barra risultata di 11 300+- 400 y BP. È quasi super- fluo sottolineare l’importanza di questa datazione, che permette di definire per la prima volta nel versante italiano delle Alpi la fine del Pleistocene. Ad un risultato simile in Alta Valtellina sono giunti Hormes et al. (2008). Alcuni studi parziali inediti sulla dorsale C. Las Blancias, T. dell’Ubac, M. Tenibres, M. Corborant (Bottici, 2003; Monzani, 2003) hanno permesso di ricostruire la storia glaciale più recente sulla base delle ricerche sul terre- no e sulla base dei valori teorici dell’ELA (calcolata con metodo Höfer) dei Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 53 ghiacciai dei valloni sottesi da questa dorsale. In particolare, ci si riferisce ai valloni d’Ischiator, Piz e Pontebernardo. Collegando i valori delle morene frontali individuate si ha una ricostru- zione dello scenario glaciale nello Younger Dryas (10-11 mila anni fa, età calibrata circa 12.900 – 11.500). Il quadro di questa porzione della Valle Stura, versante destro, doveva essere presumibilmente quello rappresentato nella figura 23, sulla base di un’ELA di 2500-2550 m, che è risultata compa- rabile con quella delle valli adiacenti della Tinée e della valle Gesso (Jorda, 1983, 1986; Dijstra et al. , 1990; Federici et al. , 2000; Finsinger & Ribolini, 2001). Il successivo declino glaciale ha fatto risalire l’ELA di questi gruppi montuosi fino a 2685-2750 m. Questo fa attribuire le morene più alte al Sub- boreale per correlazione con i valori segnalati nelle Alpi Francesi. Tuttavia, morene con questa ELA sono state attribuite alla Piccola Età Glaciale (PEG) su base lichenometrica in valle Gesso (Federici & Stefanini, 2001). È possi- bile che le morene del Subboreale siano state nuovamente rimaneggiate per l’espansione durante la PEG. L’ELA attuale si aggira sui 2850 m. Sebbene la PEG sia terminata alla metà del 19° secolo, una ricerca recen- te (Federici e Pappalardo, 1995, 2009, 2010; Pappalardo, 1999) ha ricono- sciuto l’esistenza ancora all’inizio del 20° secolo di almeno 29 ghiacciai nelle Alpi Marittime (è chiaro che nella PEG erano ben più numerosi). Di questi almeno 5 riguardavano il bacino dello Stura: i ghiacciai del Malin- vern, Corborant, Schiantala, Denti del Vallone e Ubac. Secondo questo lavoro, nel 1931 erano scomparsi i resti del ghiacciaio del Malinvern, nel 1961 risultavano scomparsi anche i ghiacciai del Corbo- rant e dei Denti del Vallone, mentre rimanevano ancora, sia pure molto ri- dotti, i ghiacciai di Schiantala e Ubac. Ma nel 2007 anche quest’ultimo risultava esaurito, dopo un lungo secolo di ritiro. Fa certo impressione vede- re in una fotografia del 1902, poco più di cento anni fa, il magnifico aspetto del ghiacciaio dell’Ubac, tanto florido da traboccare fuori del circo sottostan- te la Testa dell’Ubac (2991 m) e scivolare giù dall’alto gradino per gettarsi nel vallone di Pontebernardo (fig. 24). Ora rimangono solo ammassi di ghiaccio morto senza alcuna continuità. Soltanto nell’alta valle del Piz si può discutere dell’esistenza di un ghiac- ciaio. Nell’alto vallone di Schiantala sotto le cime di Schiantala (2929 m), della Montagnetta (2949 m) e del Becco Alto d’Ischiator (2996 m) entro un grande recinto circoide è presente un minuscolo lago a 2720 m di quota po- sto all’interno di una depressione, di forma quasi circolare, larga una cin- quantina di metri e profonda dieci. Si tratta di un thermokarst glaciale, dovuto allo scioglimento di una massa ghiacciata che ha fatto sprofondare il detrito verso il basso. Sia verso valle che sul lato sinistro, la forma appare delimitata da un cordone detritico, con clasti eterometrici anche di 0,5 m, in- 54 Paolo Roberto Federici terpretabile come una modesta morena latero-frontale. Nel versante destro, dove dominano coni di detrito scendenti dal Becco Alto, si osserva al di sot- to del detrito una parete composta di strati detritici alternati a molto più po- tenti strati di ghiaccio trasparente, alta circa 4 m sul lago (fig. 25). La sezione è coperta di detrito di taglia media e spigoloso. Fu descritta per la prima volta da Camoletto nel 1930, che si convinse che il glacialismo di quest’area non era del tutto estinto e che il resto del ghiacciaio di Schiantala era solamente coperto di detrito ma non scomparso. Nel 1961 il Catasto dei ghiacciai italiani lo riporta come estinto, anche se qualche dubbio ai visitato- ri della zona rimaneva. Nel 2007 osservazioni accurate anche con moderni metodo geofisici (Ribolini et al. , 2007) hanno rilevato la situazione prima accennata, che è il risultato dell’approfondimento del termokarst che ha permesso di vedere che cosa c’è sotto la coltre detritica. È stata confermata una continuità nella vita del ghiacciaio, fino al Subboreale e alla Piccola Età Glaciale. Si è scoperta, inoltre, la coesistenza con un grande rock glacier scendente fino a 2500 m, che ha preso origine dalla sommità della morena dalla quale il ghiacciaio si è progressivamente ritirato dopo 2550 ± 50 yr BP. La presenza di più genera- zioni di morene e di rock glacier nell’avampaese glaciale e fino ai circhi fa ri- tenere che ci sia almeno nelle Alpi Marittime una stretta correlazione fra la scomparsa dei ghiacciai, lo sviluppo del permafrost e la genesi dei rock gla- cier. Con questo episodio si chiude la storia glaciale della Valle Stura, ma ne rimane impressa su di essa la morfologia più tipica e rimane un paesaggio meraviglioso. Bibliografia [1] P.C. Augustinus, Outlet glacier trough size-drainage area relation- ships, Fiordland, New Zealand , Geomorphology, 4, 1992, 347-361. [2] D.I. Benn and A.M.D. Gemmell, Calculating equilibrium line altitudes of former glaciers: a new computer spreadsheet. Glacial Geology and Geomorphology , 1997, Technical Report 1, Electronic journal (http://ggg.qub.ac.uk/). [3] A. Biancotti, Rapporti fra morfologia e tettonica nella Pianura Cuneese , Geogr. Fis. Dinam. Quat., 2, 1979a, 51-56. [4] A. 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Fig. 1: La Valle Stura di Demonte e le convalli: A) Valle Stura; B) V. dell’Arma; C) V. di Valletta; D) V. di Rio Freddo; E) V. di S. Anna; F) V. di S. Bernolfo; G) V. d’Ischiator; H) V. della Madonna; I) V. del Piz; L) V. di Pontebernardo; M) V. di Forneris; N) V. Ferriere; O) V. di Puriac.

Fig. 2: Le unità strutturali del bacino della Stura di Demonte: 1) Massiccio Cristallino; 2) Copertura Sedimentaria Autoctona; 3) Zona Subbrianzonese e Zona Brianzonese; 4) Zona Permo-Carbonifero Assiale; 5) Flysch ad Elmintoidi; 6) Zona Piemontese o dei Calcescisti; 7) Massiccio Cristallino del Dora-Maira (da Crema et al. , 1971). 62 Paolo Roberto Federici

Fig. 3: La Cima Corborant (3010 m) sullo spartiacque tra Francia e Italia e il suo circo.

Fig. 4: I circhi glaciali in uno schizzo geomorfologico della Valle Stura. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 63

Fig. 5: L’evidente forma a parabola dell’Alta Valle Stura risalendo verso il Colle della Maddalena.

Fig. 6: Sezione a parabola dell’alta valle del Piz. 64 Paolo Roberto Federici

Fig. 7: Il Vallone superiore di Pontebernardo in veste primaverile visto dai Prati del Vallone. Da sx. il Becco Alto del Piz (2912 m), i Becchi delle Scolettas, al centro da sx. le Cime di Lausa (2930 m), la Rocca Rotonda e il Cornet del Vallonetto, a dx le Cime di Vens sud (2952 m).

Fig. 8: La parabola fra M. Antes (2250 m) e M. Ciastella (2314 m) nella Valle Stura a valle di Pianche. Sono evidenziate le spalle glaciali e ricostruiti i fondi valle. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 65

Fig. 9: Le rotture di pendio in corrispondenza delle spalle glaciali e dei cordoni morenici del versante destro della Valle Stura non lontano da Festiona

Fig. 10: La grande parabola della Madonna del Colletto nella bassa Valle Stura. È evidenziata la prosecuzione della concavità sul versante nord della costa dell’Arp. 66 Paolo Roberto Federici

Fig. 11: Il profilo longitudinale della Valle Stura con i suoi gradini nella parte alta: A) knick point di Argentera, B) knick point di Bersezio, C) knick zone di Pontebernardo, D) knick zone di Pianche, E) e F) knick points di Aisone e Demonte e G) knick zone di Gaiola.

Fig.12: La forra sottoglaciale che si sviluppa lungo la Valle Stura nei pressi di Dui Gurgium. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 67

Fig. 13: Esposizione della copertura morenica nei pressi di Dui Gurgium (Pianche) sulla strada del Colle della Maddalena.ù

Fig. 14: La grandiosa confluenza del vallone dell’Arma (al centro) nella Stura (a sinistra); nell’area di confluenza rimane il verrou del Podio di Demonte (in primo piano). 68 Paolo Roberto Federici

Fig. 15: Le morene frontali degli archi di Gaiola e di Castellan in uno schizzo geomorfologico della bassa valle Stura.

Fig. 16: Sezioni stratigrafiche dell’apparato glaciale di Gaiola, di Ognibeni & Venzo (1951), dalle quali si evidenziano natura, distribuzione e spessori delle formazioni moreniche.Le Le indicazioni cronologiche sono superate dai dati moderni. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 69

Fig. 17: Panoramica da Roccasparvera dell’apparato frontale di Castellan- Beraudi (in posizione arretrata) collegato all’alto terrazzo di I ordine (Terrazzo di Borgo S. Dalmazzo) e in primo piano i terrazzi di ordine inferiore. Il Fiume Stura proviene da destra dopo aver aggirato presso l’Isola le morene dell’arco frontale con profondi meandri e sezionando così l’arco.

Fig. 18: Una sezione nei depositi morenici laterali destri lungo la strada militare fra Vinadio e Perdioni. 70 Paolo Roberto Federici

Fig. 19: Tra i grandi massi erratici che si trovano nella valle Stura spicca questo gigantesco esemplare di cristallino rotolato dai versanti ed abbandonato dal ghiacciaio principale presso Pietraporzio.

Fig. 20: I ripiani dei terrazzi glaciali che caratterizzano i versanti della Valle Stura. Possono corrispondere a cordoni morenici dalla sommità spianata. Qui siamo sul versante destro, non lungi da Festiona. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 71

Fig. 21: Ricostruzione paleogeografica della situazione nell’area di Demonte (confluenza Vallone dell’Arma, Valle Stura) all’epoca del Massimo Glaciale. 1. lingua glaciale principale. 2. lingue affluenti. 3. trim-line.

Fig. 22: Posizione degli archi frontali prodotti durante la prima fase di ritiro glaciale nelle valli laterali del versante destro, degli apparati provenienti dalla dorsale di M. Vintaren. Dal basso sono indicate: le morene frontali delle valli laterali, le piane di Emanuel e di Saret e i grandi cordoni laterali della Valle Stura. 72 Paolo Roberto Federici

Fig. 23: Ricostruzione sommaria dei piccoli ghiacciai all’epoca dell’ultima fase di ritiro pleistocenica nel Gruppo M. Tenibres- M. Vallonetto. Introduzione alla morfologia glaciale della Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime) 73

Fig. 24: La spettacolare immagine del ghiacciaio dell’Ubac in una foto scattata da De Cessole nel 1902.

Fig. 25: I resti del ghiacciaio di Schiantala nel Gruppo M. Corborant- Becco Alto d’Ischiator (foto 2007).