SUESSOLA (ED ) (NA): B) (Guglielmo Appulo, I, 129-131) Cumque locum primae PRIMO INSEDIAMENTO STABILE sedis munire para-rent,/undique densa palus, nec non et DEI NORMANNI IN LIBURIA multa coaxans/copia ranarum prohibet munimina sedis «…mentre si apprestavano a fortificare il luogo del primo di stanziamento una densa palude che li cinge da tutti i lati ed GIUSEPPE GUADAGNO anche una grande quantità di rane gracidanti rendono proi- bitivo l’insediamento…» C) (Guglielmo Appulo, I, 132-135) Haut procul inde suis alium stationibus aptum/invenere locum, quem nullo dante La storiografia moderna nell’individuare in Aversa iuvamen/cultorum patriae, pro se tuendis/conantur «…non solo il primo insediamento stabile dei Normanni nel Mezzogiorno ma anche il primo organismo politico da «…non lontano da lì trovano un luogo adatto ad un insedia- mento stabile che decidono di fortificare per proteggersi, essi realizzato…» (CUOZZO 1988, p. 177) in fin dei conti non aveva fatto altro che uniformarsi alla tradizione tra- senza che alcuno degli abitanti desse loro qualche aiuto…» smessa dai Cronisti coevi che, alla luce dei posteriori even- D) (Guglielmo Appulo, I, 169-174) Post annos aliquot, ti e del primato politico poi assunto dalla Città, ne aveva Gallorum exercitus urbem/condidit Aversam Rannulfo enfatizzato anche il ruolo originario. consule tutus./Hic opibus plenus locus utilis est et amoenus;/ Se la recente ricerca attraverso l’analisi di una inedita non sata, non fructus, non prata arbustaque desunt./Nullus documentazione ha modificato a favore di Ariano Irpino il in orbe locus iucundior. Hunc generosi/consulis elegit dato che sembrava ormai acquisito: che Aversa costituisse prudentia praememorati il primo organismo politico realizzato dai Normanni nel «…dopo alcuni anni la schiera dei Galli (Normanni) sicura Mezzogiorno d’Italia (CUOZZO 1988, p. 171), la tradizione sotto il governo di Rannulfo, fondò la città di Aversa. È storiografica aveva identificato in essa il primo insediamento questo un luogo ferace e bello, pieno di risorse; non manca- stabile dei conquistatori nordici ed aveva codificato da no messi, né frutti, né prati ed alberi: non c’è posto all’in- centocinquant’anni circa a questa parte che lo stanziamen- torno più gioioso. Questo scelse la prudenza del succitato to normanno intorno all’anno 1030 nell’area aversana era generoso capo…» avvenuto in due fasi. La definitiva istallazione in questo punto, fagocitando Nella prima fase (punto A) i Normanni appaiono anco- un piccolo nucleo preesistente, S. Paulus ad Averze docu- ra in una situazione di precarietà in quanto utilizzano strut- mentato già nel 1022 (CAPASSO 1885, I, p. 10), era stato ture mobili: gli accampamenti (metantur castra), che ven- preceduto dall’insediamento in un sito estremamente sfa- gono posti comunque in un ambiente naturale favorevole vorevole, in un ambiente naturale ostile ed uggioso caratte- giacché «…metteva a disposizione di tutti quanto era ne- rizzato da paludi ed acquitrini, che era stato poi abbando- cessario…». nato per la più felice posizione aversana. Nella fase successiva (punto B) i Normanni hanno su- Il sito comunque restava non determinato e gli Studiosi perato la situazione di precarietà – gli accampamenti – per- già dal XVII sec. si sono sbizzarriti nel tentativo di indivi- ché si accingono a passare ad un insediamento stabile, però duarlo e così, mentre il Pagano (1832) intendeva Mondrago- il panorama ambientale ove «…si apprestano a fortificare il ne (CE), (PAGANO 1832, p. 170 n. 2) il Di Meo (1802) propo- luogo del primo stanziamento…» è completamente diverso neva l’identificazione con Vico di Pantano (odierna Villa da quanto in precedenza descritto: se quella era una «loca- Literno: CE) (DI MEO 1802, p. 318) in alternativa a quanto in lità decorosa», questo attuale appare un luogo squallido e precedenza fatto dal Giannone (1723) e dal Fabozzi (1770) repulsivo, paludi ed acquitrini, senza contare la fastidiosa che propendevano invece per la località “Ponte Selice” (lun- presenza di rane gracidanti; il che comunque fa escludere go la S.S. 7bis “Appia”), (GIANNONE 1970, p. 255; che ci possa essere identità tra i due: il «primo insediamen- FABOZZI 1770, p. 40) ipotesi codificata ormai dalla metà del to» avviene in realtà in area che ci appare lontana anche XIX sec. dallo Storico aversano Parente (1857), (PAREN- fisicamente, per la troppa differenza, da quella dove in un TE 1857, pp. 20-21) ma che probabilmente risaliva già al primo momento avevano piantato gli accampamenti! Summonte (1601) (SUMMONTE 1601, p. 188). La soluzione sul momento (punto C) è a poca distanza Però questa, come le altre ipotesi, è frutto di lettura su- da lì dove «…trovano un luogo adatto ad un insediamento perficiale ed incompleta, se non addirittura erronea, del rac- stabile che decidono di fortificare per proteggersi…»: sia- conto di Guglielmo Appulo che, nella stringatezza degli al- mo quindi di fronte ad un’ulteriore fase – la terza –, caratte- tri testi cronachistici sull’origine di Aversa, si presenta come rizzata da un altro spostamento comunque in un ambiente la fonte più completa. più idoneo ad una fortificazione difensiva perché è almeno Le fasi dello stanziamento nella pianura campana dei un’area abitata, con estrema probabilità un centro abitato, Normanni hanno lontani antefatti sia nella battaglia di Canne dove i Normanni si insediano, e si fortificano, se non pro- del 1 ottobre 1018, in cui le forze normanne alleate alle trup- prio fra l’ostilità, almeno non con il gradimento degli abi- pe di Melo di Bari furono pesantemente sconfitte, sia nella tanti, i quali esprimono il proprio stato d’animo non pre- morte di Melo avvenuta dopo il 1020 in Germania, dove era stando loro nessuna collaborazione nullo dante iuvamen andato a cercare alleanze ed aiuti; dopo di ciò i Normanni si cultorum patriae. sbandano e tornano dalla Puglia in , senza comun- In questo insediamento, che la tradizione normanna ha que fissarsi in qualche luogo fino a quando non decidono di chiaro essere «il primo stabile» in un centro abitato dove mettersi ai servizi di Pandolfo IV di Capua, che in quel mo- procedono a fortificarsi, i Normanni resteranno alcuni anni, mento appariva il più potente: qui comincia la parte del rac- post annos aliquot, prima di spostarsi (per la terza volta!) e conto del Cronista che ci interessa esaminare. fondare la città di Aversa (punto D) sotto la guida di A) (Guglielmo Appulo, I, 123-125) Hac ratione loco Rannulfo; questo ulteriore e definitivo spostamento della metantur castra decenti,/ qui limphis, herbis simul sede avviene però in un ambiente naturale circa il quale le arboribusque redundans/ omne ministrabat populo quod esaltanti parole di Guglielmo Appulo, coincidenti con il habere necesse est Giudizio di Amato une parte richissime de Terre de Labor «…con questo pensiero (di essere protetti dal longobardo (Amato, I c. 39), dimostrano come, agli occhi di quanti usci- Pandolfo di Capua mettendosi ai suoi servizi) drizzano gli vano dalle precedenti poco felici esperienze, appaia quanto accampamenti in una località decorosa, che abbondando di di meglio ci sia al mondo: messi, frutti, prati, piante e tutto acque, erbe ed alberi, metteva a disposizione di tutti quanto questo è il risultato della attenta scelta operata dalla sagacia era necessario…» del loro generoso capo! 371 Una puntuale lettura del racconto del Cronista quindi medie si devono inserire nell’ottica di altre alleanze: quella ribalta la visuale e ci dimostra che lo stanziamento dei Nor- con Pandolfo IV di Capua, la cui fama di “avarizia”, che manni avviene attraverso fasi ben più complesse, che non il spinge gli alleati Normanni ad abbandonarlo giunge, sia pur passaggio da «Ponte Selice» ad Aversa; ma mentre il primo confusamente, fino a Goffredo Malaterra (Goffredo Mala- insediamento (punto A) e l’ultimo (punto D) sono facilmente terra, I c. 6). identificabili l’uno con la pianura intorno Capua e l’altro Tuttavia l’area dove si svolgono gli avvenimenti delle con l’area di Aversa, ben più difficile è l’identificazione fasi intermedie non può individuarsi nella pianura intorno delle fasi intermedie, che comunque non è possibile riferire Capua, non solo perché le precedenti descrizioni del Croni- all’area di “Ponte Selice”; qui i Normanni non avrebbero sta (punto A) non coincidono, ma perché obiettivamente potuto dar luogo ad un «insediamento stabile», ma solo ad non si ha documentazione di situazioni così degradate a nord un ulteriore accampamento in condizioni di precarietà in del Clanio in area longobarda; c’è invece la possibilità di un ambiente paludoso: quando invece nella narrazione cro- individuare qualche cosa di molto vicino alle descrizioni nachistica evitano sia la provvisorietà, che la palude. del Cronista nel settore orientale della Liburia: nella fascia Non si poteva nemmeno invocare la logica strategica, cioè di terre che si sviluppano lungo il corso del Clanio e cioè sbarrare la strada ai Capuani, perché “Ponte Selice” si costituiscono il settore settentrionale del Ducato napoleta- localizza sull’attuale S.S. 7bis “Appia”, lungo il percorso no, nelle quali ha luogo la “fondazione” di Aversa ad opera S. Maria C.V.-Aversa, nel punto in cui questa scavalca il dei Normanni. corso del “Lagno” o “Clanio” (ant. Clanius); l’asse stradale Se il Clanio in questa situazione funge da naturale con- moderno ricalca il tracciato della romana via Campana, che fine con i territori capuani sottoposti ai Longobardi, esso collegava l’area flegrea con l’antica Capua (S. Maria C.V), all’altezza di Marcianise, poco ad est della località “Ponte all’epoca dell’arrivo dei Normanni (1030 circa) abbando- Rotto” forma un’ampia curva verso sud come se volesse nata da circa tre secoli per la Capua nuova sull’ansa del escludere gli antichi, e contigui, abitati di Suessula ed : le direttrici di collegamento erano completamen- Acerrae: qui infatti, come dimostra la confinazione della te cambiate, spostate più verso ovest, ed un qualche inse- Diocesi di S. Agata dei Goti (BN) del 970, (UGHELLI 1721, diamento in quell’area non avrebbe avuto dal punto di vista VIII p. 345) il confine diventa una ipotetica linea retta, che strategico, nessun significato. unisce “Ponte Rotto” con i rilievi di Cancello passando, ai L’insediamento iniziale nella pianura intorno Capua, sia piedi di questi, per la località plancellae; né la situazione pure con strutture temporanee – gli accampamenti – e quel- sarà modificata in età normanna dalla nuova perimetrazio- lo stabile nell’area aversana non sono solo due fasi nella ne della Diocesi di Caserta del 1113, (MONACO 1637, p. 87; storia dello stanziamento normanno in Campania, ma cor- SPINELLI 2001, p. 294) pur se quest’ultima ingloberà parte rispondono anche a momenti distinti nella logica delle loro dei territori già della Diocesi di S. Agata dei Goti. alleanze: da Amato (Amato, I cc. 41-42) e Leone Ostiense In questo modo si viene quasi ad enucleare dal contesto (Chronica, II 56, p. 275) sono ben messi in evidenza prima territoriale un’area, che comprende, come detto, i contigui l’alleanza dei Normanni con Pandolfo, aiutato non solo a territori di Suessula ed Acerrae fortemente caratterizzata rientrare in Capua, ma anche a conquistare Napoli caccian- dalla condizionante presenza del corso del Clanio, sulla done Sergio, e poi il voltafaccia e l’alleanza con quest’ulti- quale oltretutto una tradizione “dotta” (originata cioè esclu- mo, che li ripagò col territorio aversano; resta da vedere sivamente nell’ambito degli Studi) ha individuato come ele- nell’ottica di quale alleanza si debbano inserire la due fasi mento caratterizzante la presenza da epoche antiche di aree intermedie. paludose: per alcuni risalenti addirittura ad epoca preroma- È difficile però attraverso la documentazione delle fon- na (HEURGON 1942, pp. 6-8; LEPORE 1967, pp. 143-144). ti cronachistiche poterle inserire, come la Storiografia mo- Però questa convinzione “dotta” è il risultato della acriti- derna tradizionalmente fa, nella stessa ottica e nello stesso ca combinazione di una realtà effettivamente documentata ambito dell’insediamento aversano; chi così ha operato sem- per l’età medievale, ma terminata con le bonifiche attuate a bra essersi dimenticato che la “concessione” del sito partire dal XVI sec., (FIENGO 1988, pp. 15 ss.) e di una non aversano e di une parte richissime de Terre de Labor è l’ul- attenta lettura delle fonti (Virgilio, Georg., II, 225: Silio Ita- timo atto di una alleanza che, sempre a detta di Amato, è lico, VIII, 525); in realtà le ricerche archeologiche sul terri- stata stimolata, accompagnata o comunque sancita da un torio, sviluppatesi solo in epoca recentissima, hanno indivi- vincolo matrimoniale: della sorella del duca Sergio, già duato già in epoca preromana (almeno da prima del vedova «del conte di Gaeta», con il capo dei Normanni, III sec. a.C.) una situazione “asciutta” e solo a partire “dalla Rannulfo (Amato, I c. 42). piena età imperiale” la presenza di “stratificazioni limose”, È pur vero che «…i vincoli di affinità – come dice il di indizi cioè di esiti di inondazioni, e comunque nelle zone Cassandro – sono uno degli strumenti frequentemente ado- immediatamente contigue al corso d’acqua: (GIAMPAOLA 1996, perati dalla politica indigena e che i Normanni impararono p. 141; GIAMPAOLA 1997, pp. 226-228) non più ampiamente presto ad adoperare…», (CASSANDRO 1969, p. 314) però il estese come avviene in età altomedievale e medievale. legame che si veniva ad istaurare poneva comunque Non situazioni quindi che si trascinano stabilizzate da Rannulfo in una posizione di privilegio, che trova confer- secoli, bensì una fenomenologia che si sviluppa ed è in evo- ma nella “ricchezza” della “concessione” ed a sua volta è luzione a partire da epoche ben precise; la continuità e la conferma della possibilità che il sito del nuovo insediamen- stabilizzazione invece, sia dei fenomeni, che delle conse- to e le aree ad esso collegate siano il risultato di una “scel- guenze, balzano evidenti dalle fonti di età tardo-antica (Ser- ta” operata da Rannulfo (punto D) hunc generosi consulis vio, ad Verg.Georg. II 225; pseudo Probo, ad Verg.Georg. elegit prudentia. II 225; Vibio Sequestre, nr. 166), in cui ricorrono ormai Niente di simile si intravede invece nelle fasi interme- termini come inundatio e paludes e permettono di indivi- die che, come si è messo in evidenza, si svolgono in un duare riscontri puntuali con la documentazione archeologi- luogo squallido, paludi, acquitrini e rane; è evidente che ca degli scavi presso l’edificio settecentesco noto come non c’è stata scelta: il luogo è stato “dato” ai Normanni “Pagliara Spinelli” e della villa rustica in località senza alternativa ed è già molto se per essi ci sia la possibi- “Boscorotto”. lità di spostarsi «un poco più in là». Lo scavo presso la “Pagliara Spinelli”, nel cuore stesso Non si possono mettere sullo stesso livello di valuta- dell’antica Città cioè (perché si è scoperto che quell’area zione questa e la concessione aversana: oltretutto ad un per- corrisponde al Foro di Suessula) (CERCHIAI 1999), ha reso sonaggio la cui alleanza viene sollecitata con quelle pro- perspicua l’espressione di Servio quando fa riferimento al spettive non si offre, sia pure «in prima battuta», un sito di fiume «…la cui inondazione (la) inghiotte…» (Servio, ad insediamento così infelice; chiaramente queste fasi inter- Verg.Georg. II 225), in effetti la stratigrafia ha permesso di

372 individuare, immediatamente a contatto con il basolato del infatti (a qualche centinaio di metri ad est della villa) nel Foro il notevole deposito fangoso di un’alluvione che tra banco calcareo inferiore si individuava un taglio ad ampia IV e V sec., ha occupato il centro urbano, senza che questo, sezione semicircolare: un alveo di canale per facilitare il una volta ritiratesi le acque alluvionali, venisse recuperato deflusso di acque stagnanti residuali; questo poi, in una si- alle sue funzioni originarie, perché nella massa detritica tuazione ambientale decisamente “asciutta”, era diventato vengono scavate tombe (CERCHIAI 1999) inutilizzato e lo strato di humus si era depositato anche sui Però l’evento eccezionale (“alluvione”) non solo appa- fianchi di esso ormai in secca. re limitare nel tempo le sue conseguenze, ma è seguito da La successiva fase di nuovo impaludamento non solo si un periodo di riutilizzo dell’area sia pure con funzioni mo- sovrappose al piano di campagna del momento, ma provo- dificate (“area di sepolture”) perché siamo in una situazio- cò anche il riempimento dell’alveo con il deposito calcareo ne “asciutta”; quella che segue invece è una fase “umida” grigiastro. perché i fenomeni si fanno stabili ed irreversibili su lungo Saltano agli occhi le analogie con la documentazione periodo: l’area infatti viene occupata da acque stagnanti, dello scavo alla “Pagliara Spinelli”: escluso la pesante trac- ricche di calcare, il quale deposita dando origine alla cosid- cia della disastrosa ”alluvione” del IV-V sec., assente nello detta “pietra di pantano” locale, (GIAMPAOLA 1996, p. 141) scavo della villa di “Boscorotto”, c’è la conferma di questa massa di forte spessore e ricca di intrusioni di canne ed erbe alternanza di fasi “asciutte” e fasi “umide”, diffuse su lun- palustri, che ci indica in quale ambiente (palude) i fenome- go periodo, tanto da poter essere agevolmente considerate ni si sono attivati e la lunga durata degli stessi: non fatti locali o puntuali, ma esiti ed indizi di mutazioni Il livello stratigrafico successivo è rivelatore invece di climatiche vere e proprie; questo richiama immediatamen- uno scenario totalmente cambiato: una fase climatica deci- te le recenti teorizzazioni dei Geologi, che da circa un de- samente “asciutta” dove si deve registrare la scomparsa, od cennio stanno facendo capolino anche negli studi storici, almeno la drastica riduzione, delle aree paludose e l’affio- soprattutto di epoca post-romana, accettate comunque con ramento della massa della “pietra di pantano”; nella super- molta riluttanza (DELOGU 1990, p. 157). ficie superiore di questa, che corrisponde ormai al piano di Questi hanno evidenziato (sconvolgendo quella acriti- campagna, si scavano (in una fase di rioccupazione dell’an- ca convinzione che negli ultimi tremila anni il clima sia tica area urbana) i buchi per i pali di edifici e di strutture rimasto sostanzialmente omogeneo all’attuale) come si sia- lignee ed anche quelle particolari cavità che vanno sotto il no succeduti ciclicamente fasi con clima differente: in par- nome di “fosse del grano”, la quali, dopo un indeterminato ticolare ogni 500 anni circa si è registrato un periodo più periodo di utilizzazione, vengono abbandonate e riempite freddo ed umido della durata di circa 200 anni, cui ne è di cocciame a bande rosse (CERCHIAI 1999) seguito più caldo ed arido della durata di circa 150-200 anni, Nel suburbio la villa di “Boscorotto”, per come ne è avve- con notevoli variazioni di temperatura. nuto il ritrovamento, è in sé molto poco significativa, ridotta a Questa oscillazione climatica avrebbe interessato tutto pochi brandelli di muri di un edificio vissuto tra I sec. a.C. e il bacino del Mediterraneo tra il 28° ed il 45° parallelo, ap- V sec. d.C., con tracce delle conseguenze di un sisma (l’eru- portando nei periodi freddo-umidi grande piovosità con zione del Vesuvio del 79 d.C.?) e di più modifiche nella desti- depositi alluvionali nelle parti pianeggianti, nonché nazione degli ambienti, tra l’altro trasformati da parte residen- colluvioni, spesso di notevoli dimensioni, e sostanziali va- ziale in pars rustica con l’impianto di un prelum e l’adatta- riazioni nelle risorse naturali vitali (acqua, suolo, flora, fau- mento a vasca di raccolta del mosto di un’attigua stanza deco- na); mentre nei periodi caldi ha determinato l’istaurarsi di rata; molto importanti invece i dati della stratigrafia nei fianchi condizioni desertiche/predesertiche nelle aree costiere ed della trincea, che si estendeva per centinaia di metri. una drastica riduzione della piovosità nelle aree collinari e Se oggi la quota di campagna appare un’uniforme ed montane. omogenea pianura, nel momento in cui la villa era operante In definitiva ad un la campagna era movimentata da piccoli rilievi, su uno dei “Periodo Caldo Romano” (200-350 d.C.) quali era insediato l’edificio; ciò fece in modo che esso, ormai in abbandono, abbia “galleggiato” per secoli su di un sarebbe seguita una mare di acque stagnanti quando tutto intorno si formò la “Piccola Età Glaciale Altomedievale” (500-700) palude di acque ricche di calcare, il quale depositandosi dette luogo, come alla “Pagliara Spinelli”, alla “pietra di panta- cui avrebbe fatto seguito un no”, che si individuava nella stratigrafia immediatamente a “Periodo Caldo Medievale” (1000-1300) contatto ed al di sopra del piano di campagna tardo-antico. ed una Un’attenta lettura, però, faceva risaltare che la appa- rente massa della “pietra di pantano” era in realtà il risulta- “Piccola Età Glaciale” (1500-1850) to della sovrapposizione di due strati, nettamente differen- ciascuno di questi periodi preceduto e seguito da una ziati per le caratteristiche: fase di clima temperato. – quello inferiore a contatto con il piano di campagna anti- Se il succedersi di fasi “asciutte” e fasi “umide”, presenti co, costituito da un sedimento calcareo bianco con abbon- sia a “Boscorotto” che nell’area urbana di Suessula, si può danti ed evidenti resti di canne calcificate; agevolmente distribuire tra la “Piccola Età Glaciale Altome- – quello superiore, fino all’humus attuale, caratterizzato da dievale” (500-700) ed il “Periodo Caldo Medievale” (1000- un deposito calcareo grigiastro, estremamente ricco delle 1300), con la relativa fase temperata intermedia, nella docu- radicole e foglie di piante palustri. mentazione suessolana non c’è riferimento all’ultima fase. In effetti anche se (a “Boscorotto”) c’è quella documen- La cosa più sorprendente era che i due strati non solo tazione dell’ulteriore fase di impaludamento (lo strato cal- erano così organoletticamente differenziati, ma erano an- careo grigiastro), questa non può essere inquadrata tra le che nettamente separati da uno strato di humus alto alcuni conseguenze del ciclico alternarsi delle variazioni climati- centimetri; ci si trova quindi di fronte agli esiti di due fasi che perché è su di questa seconda fase di impaludamento di impaludamento, nettamente differenziate, anche tempo- che si cono attuati gli interventi di bonifica a partire dal ralmente, e la seconda ha avuto luogo in epoca notevol- XVI sec. (FIENGO 1988, pp. 15 ss.): essa cioè termina quasi mente posteriore alla conclusione della prima: dopo che il contemporaneamente all’inizio di quell’ultima fase che i deposito calcareo, consolidatosi, era emerso e, ormai pro- Geologi hanno definito “Piccola Età Glaciale” ed ha avuto sciugato, era stato ricoperto da uno strato di humus. luogo tra il 1500 ed il 1850 circa. In questa fase intermedia “asciutta” si notavano, anche Ha infatti avuto una genesi indipendente da individua- qui, evidenti segni dell’intervento modificatore dell’uomo; re nella particolare situazione del bacino del Clanius in cui 373 è in atto da secoli (a partire dal I sec. d.C.) un progressivo devono individuare i siti dove, nelle fasi intermedie, si sa- sconvolgimento idrogeologico, come riflesso dei fenomeni rebbero insediati i Normanni in seguito a “concessione da bradisismici che interessano l’area costiera puteolana e parte di Pandolfo IV: situazioni ben rispondenti a forme di liternina, i quali, impedendo il regolare deflusso in mare consolidamento di direttrici di espansione perseguite da tem- delle acque fluviali, ne favoriscono l’esondazione anche in po da parte dei Longobardi e che avrebbero potuto attuarsi forme parossistiche e distruttive, nelle aree limitrofe al cor- proprio in quegli anni 1028-1029 in cui, con l’aiuto dei so d’acqua. Normanni, il controllo di Pandolfo si spinge fino a Napoli Il deterioramento della situazione ambientale è progres- (CASSANDRO 1969, pp. 312-314). sivo ed irreversibile come dimostra un’attenta lettura della È da questa esperienza della parte negativa del territo- storia documentaria del territorio: se nel X sec. (a.920: rio liburiano che, quando si delineano nuove prospettive di R.N.A.M., I, p. 29) ed ancora agli inizi dell’XI (a.1021: alleanza, cui i Normanni aderiscono non solo perché così R.N.A.M., IV, pp. 157-158) le eventuali aree di impaluda- “caldamente” sollecitati, ma anche perché probabilmente mento sono relegate lungo il corso del fiume e nel 1028 la già predisposti ad abbandonare un alleato così “avaro”, come civitas Suessula è ancora viva (anche se si deve registrare Pandolfo è qualificato nella tradizione Normanna, scaturi- di fronte alla vitale Suessula una Suessula vetus: R.N.A.M., sce l’oculata scelta del nuovo sito di insediamento, stabile e V, pp. 204-205), nell’ultimo decennio del secolo (aa.1087- definitivo, a S. Paolo ad Averze. 1097) il pantano ed il bosco non solo le stanno a ridosso (boscum qui dicitur de Maregliano: R.N.A.M., V, pp. 233 e APPENDICE 397), ma agli inizi del successivo XII sec. il bosco è già presente nel cuore dell’antica Città (“Bosco di Calabricito”: Il testo qui presentato è la rielaborazione di quanto pubblica- R.N.A.M., V, p. 233) saldandosi, a sud, al precedente, nel to precedentemente in 1118 Gaufridus de Medania ha sotto il suo dominio homines GUADAGNO G. 1993, Il territorio acerrano e suessolano tra Lon- de tota terra paludis (R.N.A.M., VI, p. 38) e sulla metà del gobardi e Normanni, in “Centro Studi Valle di Suessula”, Qua- secolo nel Catalogus Baronum ricorre la significativa indi- derno nr. 1, pp. 107-122. cazione Sessula pantani (Catalogus, pp. 148, 806). GUADAGNO G. 1999, Aversa nei secc. XI-XIII.Genesi e sviluppo di La stratigrafia dello scavo urbano, che ci rivela il recu- una Città normanna, «Rivista Storica del Sannio», VI/1, pero dell’area alle funzioni abitative (“fosse del grano”, bu- pp. 53-132. chi per pali di edifici e di strutture lignee), legate evidente- GUADAGNO G. 2002, Variazioni climatiche e forme dell’occupa- zione del territorio in Campania tra età antica ed Altomedio- mente alla documentata vitalità della civitas Suessula ancora evo, «Rivista Storica del Sannio», IX/2, pp. 50-62. nel 1028, viene sigillata dalla costruzione delle strutture (or- GUADAGNO G. c.s., Bradisismo puteolano ed impaludamento mai scomparse, ma che di fatto insistevano sull’area dell’an- acerrano-liternino, PACT. tico Foro) collegate alla torre detta “Castellone”, inglobata CAIAZZA D., GUADAGNO G., ORTOLANI F., PAGLIUCA S. 1988, Varia- nel complesso settecentesco della “Pagliara Spinelli”. zioni climatico-ambientali e riflessi socio-economici nell’Al- Questa, ritenuta “una delle torri dell’antico castello” di ta Terra di Lavoro tra età antica ed età di mezzo, in C. D’AMI- Suessula e datata ad epoca longobarda (ROBOTTI 1997, p. CO, C. ALBORE LIVADIE (a cura di), Le Scienze della Terra e l’Archeometria, Napoli, pp. 66-74. 203) su una non esatta lettura delle fonti storiche (NATELLA, PEDUTO 1985, p. 402) trova perfetta corrispondenza nella Dove non ci sono specifici riferimenti, il rinvio si intende ai torre inglobata nella facciata del Castello di Acerra, prospi- succitati testi. ciente la Città; anche questa è stata riferita “ad un castello altomedievale acerrano distrutto in età longobarda” BIBLIOGRAFIA (ROBOTTI 1997, p. 112) sulla erronea interpretazione del di- stico della perduta lastra tombale del duca Bono di Napoli Amato (di Montecassino), Storia dei Normanni, a cura di E. De (+834) sic ubi bardos agnobit edificasse castellos Acerrae Bartholomaeis, Roma 1935. Atellae diruit custodesque fugavit. Anselmo (S.) (di Aosta), Homilia IX. In Evangelium secundum Tuttavia i versi, che fanno riferimento ad avvenimenti Lucam (Luc. X. 38), in Patrologia Latina, vol. 158, col. 645. dell’832-834, dimostrano che i tentativi longobardi di sta- CAPASSO B. 1885, Monumenta ad Neapolitani Ducatus Historiam bilire caposaldi nelle aree “liburiane” erano stati pesante- pertinentia, I, Napoli. mente e precocemente stroncati, diventando quindi diffici- CASSANDRO G. 1969, Il ducato bizantino, in Storia di Napoli, II, le interpretare la torre come un residuo di una architettura Napoli, pp. 1-408. fortificata “castellana”; valore oltretutto che all’epoca il ter- Catalogus = E. JAMISON (a cura di), Catalogus Baronum, Roma mine castellum non aveva: come dimostrano, ancora 1972. nell’XI sec., le parole di (S.) Anselmo d’Aosta castellum CERCHIAI L. 1999, La riscoperta di Suessula, Giornata di Studio, Acerra. enim dicitur quaelibet turris et murus in circuitu eius (An- Chronica Monasterii Casinensis, (ed. Hoffman), in Monumenta selmo, col. 645). Germaniae Historica. Scriptores XXXIV, Hannover 1980. Oltretutto le due identiche torri in Suessula ed in Acerra CUOZZO E. 1998, Intorno alla prima contea normanna nell’Italia si distaccano dagli esemplari longobardi della Torre Catena Meridionale, in E. CUOZZO, J-M. MARTIN (a cura di), Cavalie- di Benevento e delle torri di (PEDUTO 1981, pp. 392- ri alla conquista del Sud, Studi sull’Italia normanna in me- 393 e 395) moria di Jean-Robert Ménager, Bari, pp. 171-187. – pur essendo formalmente ravvicinabili per la caratteristi- DELOGU P. 1990, Longobardi e Romani: altre congetture, in S. GASPARRI, P. CAMMAROSANO (a cura di), Longobardia, Udi- ca della rastremazione, per essere quelle impostate su pian- ne, pp. 111-167. ta quadrangolare, mentre le nostre lo sono su pianta circo- DI MEO A. 1802, Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli lare (e la costruzione di dongioni normanni a pianta circo- nella mezzana età, VIII, Napoli. lare è ormai un fatto acquisito: ROTILI 1999); DIOMEDE P. 2001, Il Castello di Canosa di Puglia. Caratteri co- – per l’apparato murario in blocchi tufacei di grosse dimen- struttivi e strategia di difesa, «Castellum Rivista dell’Istituto sioni (che trova riscontro nel Castello di Canosa attribuito Italiano dei Castelli», nr. 43, pp. 57-60. ad epoca normanna: DIOMEDE 2001, p. 60), mentre gli esempi FABOZZI F. 1770, Istoria della fondazione della Città di Aversa, beneventano ed avellano presentano il paramento in pietra- Napoli. me di piccola pezzatura. FIENGO G. 1988, I Regi Lagni e la bonifica della Campania Felix durante il Viceregno spagnolo, Firenze. In definitiva nei territori della Suessula in declino, stretta GIAMPAOLA D. 1996, Acerra (Napoli). Indagini sul territorio, «Bol- tra paludi, pantani e boscaglie, e della non lontana Acerra si lettino di Archeologia», nrr. 39-40, pp. 139-145.

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