Da Andrea Celesti Ad Antonio Arrigoni: Disegni, Precisazioni E Proposte
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Rad. Inst. povij. umjet. 32/2008. (167–224) Giorgio Fossaluzza: Da Andrea Celesti ad Antonio Arrigoni: disegni, precisazioni e proposte Giorgio Fossaluzza Università degli Studi di Verona Da Andrea Celesti ad Antonio Arrigoni: disegni, precisazioni e proposte Izvorni znanstveni rad – Original scientific paper Predan 15. 10. 2008. – Prihvaćen 15. 11. 2008. UDK: 75.034.7(450) Riassunto Il saggio fa riferimento al profilo di Antonio Arrigoni delineato dell’attività di Arrigoni risulta vasta. Sono molto significativi i legami dall’autore nel 1997 con il quale è stata portata l’attenzione su questo che egli stabilisce con Antonio Molinari e, soprattutto, Giambattista pittore veneziano attivo a cavallo tra il Seicento e il Settecento. Arrigoni Pittoni. Significative sono anche le somiglianze con lo stile di altri si è rivelato essere una personalità di notevole importanza, nonostante maestri con i quali è stato confuso: Sebastiano Ricci, Antonio Balestra sia stato trascurato dalla critica in modo incredibile. La geografia e Gregorio Lazzarini. Parole chiave: Andrea Celesti, Antonio Arrigoni, Giambattista Pittoni, Antonio Molinari, Antonio Bellucci, Domenico Pa- squali, Francesco Migliori, Bartolomeo Litterini, Sebastiano Ricci, Gregorio Lazzarini, Alberto Calvetti, Cristoforo Tasca, Antonio Maria Bianchi L’interesse critico suscitato dal primo profilo di Antonio In questa sede, non ci si sottrae all’emulazione attributiva. Arrigoni, tentato oramai una decina d’anni fa, è innegabile Lo scopo, tuttavia, non è di vincere sul numero di opere e va al di là del giudizio che si riserva, in assoluto, al suo aggiunte, bensì di affermare la presenza non più trascu- ruolo e qualità artistica.1 Si avvertì allora, tra le osservazi- rabile del pittore a Venezia e nel Veneto (Vicenza, spora- oni conclusive, come il catalogo dell’inedito maestro mo- dicamente Trevigiano e Bellunese, sulle rotte adriatiche strasse una tale consistenza da porre le premesse al facile perfino Montenegro), e di cercare, pertanto, anche attra- riconoscimento di un numero ben maggiore di opere, e verso aggiustamenti, l’avvio di una definizione calibrata con altrettanta solerzia. È come se si fossero distribuiti i del profilo che accolga i vari aspetti di un’attività di lungo dati per una sorta di »gioco di società«: la gara ad aggiun- corso tra Sei e Settecento. gere il maggior numero di nuovi Arrigoni, così in effetti Una svista redazionale ha voluto che non comparisse con è avvenuto. I risultati attributivi di rilievo non mancano, attribuzione ad Arrigoni, come postilla al contributo di mentre sono pochi quelli che suscitano dubbi.2 Nel loro chi scrive del 1997, il paludato e impeccabile telero della assieme, la quantità di opere destinate a privati di rango o Sala dei Provveditori della Milizia da Mar di Palazzo Du- a luoghi di culto significativi, ovviamente, non è di per sé cale con La regina di Saba che rende omaggio a Salomone garanzia di qualità, semmai è indice dell’indubbio ruolo (fig. 1), opera talora trascurata dalla critica nonostante la ricoperto dall’artista in un vasto raggio d’azione, grazie a visibilità e il prestigio della sede, passata sotto anonimato una certa fortuna imprenditoriale e al non eludibile favore o meritevole di difformi attribuzioni.3 All’accaduto vi era dei contemporanei che ne dovettero apprezzare il gusto in occasione di porre rimedio nel 1999 con l’affidamento ogni fase d’evoluzione, forse anche perché assecondati nelle della corretta assegnazione dell’opera e, poi, nel 2004 con loro attese. Può essere di conferma l’esecuzione di alcune la sua pubblicazione giustificata da un confronto con gli reinterpretazioni, non copie, di dipinti da stanza del più esiti stilistici di Domenico Pasquali.4 Anche quest’ultimo noto e accreditato Molinari, con il quale collabora nella è pittore veneziano coevo, affatto sconosciuto, al quale si realizzazione di altre serie, o l’elaborazione libera di temi poteva dare, per la prima volta, una fisionomia stilistica iconografici specifici affrontati da maestri di primo piano, grazie all’accertamento di paternità di tre pale d’altare in un caso almeno da Antonio Balestra, altre volte, e con rinvenute non a Venezia, dove operava, ma nel Trevigiano, maggior sorpresa, da Giambattista Pittoni. databili circa il 1720: una presso la chiesa parrocchiale di 167 Giorgio Fossaluzza: Da Andrea Celesti ad Antonio Arrigoni: disegni, precisazioni e proposte Rad. Inst. povij. umjet. 32/2008. (167–224) 1 Antonio Arrigoni, La regina di Saba rende omaggio a Salomone, Venezia, Palazzo Ducale, Sala dei Provveditori della Milizia da Mar Antonio Arrigoni, Kraljica od Sabe odaje počast Salamonu San Martino di Sambughè, posta sotto il patronato Lumaga, Parigi (Inv. O. 1733), nonostante la corretta assegnazione le altre nella parrocchiale di San Daniele profeta di Pove- riportata da una scritta antica, è passato anche di recente gliano, accomunabili su base documentaria e stilistica.5 sotto anonimato per essere solo da ultimo correttamente Senza sostanziale scarto di statura qualitativa, tali opere confermato all’artista.11 mostrano Pasquali quasi un alter ego di Arrigoni, o acco- Va da sé che il disegno del Correr, qui infine collegato starsi al migliore Bartolomeo Litterini, per quanto, rispetto all’opera di Arrigoni per Palazzo Ducale, non possa più a entrambi, mostri effetti cromatici a volte più effusivi e 6 essere inteso quale prima idea per la tela di questo soggetto personalissimi per scelta di gamme. Pasquali, assieme a di Celesti ora in Palazzo Bettoni Cazzago a Brescia, su cui Litterini e Arrigoni, va a incrementare il numero di artisti si è più insistito; né possa palesare nella composizione uno che percorre le direttrici stilistiche intraprese, con maggiore stringente riscontro con il perduto telero di Tamerlano e visibilità, anche dal giovane Giambattista Pittoni, quello Bajazet del Neues Palais di Postdam.12 È pur vero che Celesti meno »tenebroso«, con riferimento alla pala di San Giova- e Arrigoni ebbero l’occasione di fronteggiarsi, ad esempio nni Elemosinario a Venezia, nella quale si vede implicato nella decorazione del fregio della chiesa di Santa Caterina a proprio con l’Arrigoni più che con lo zio Francesco, che Vicenza, accanto a Fumiani, Zanchi e Molinari, ma si tratta rimase su posizioni più conservatrici. di altra problematica, quella di una loro correlazione negli Il telero di Palazzo Ducale di Arrigoni, appare in seguito in anni Ottanta e, forse, quella dell’accostamento di qualche altra sede scientifica di prestigio con la stessa attribuzione.7 labile assonanza stilistica, se non affinità, per coincidenza Nonostante queste recenti valorizzazioni, non risulta gli sia di posizione d’entrambi sulla linea, più che di specifico stato finora collegato il rispettivo modelletto grafico che »neoveronesismo«, almeno di »chiarismo« barocchetto si conserva presso il Gabinetto delle Stampe e Disegni del che è proprio della pittura di fine secolo.13 Museo Correr di Venezia (n. 1856) (fig. 2), indubbiamente Sottratto il disegno del Correr n. 1856 al catalogo di Cele- meritevole di una segnalazione per più ragioni: quella ine- sti, la formazione del corpus grafico del maestro si dibatte, rente all’importanza del foglio nell’accertamento dello stile tuttora, entro la rimanente silloge vagliata da Pignatti che disegnativo di Arrigoni, capitolo ancora il più sguarnito del si compone di altri quattro fogli, più un altro considerato suo catalogo, e viceversa riguardo alla possibilità di intra- solo marginalmente.14 Si conceda di verificarne la tenuta, prendere un chiarimento sulla grafica di Andrea Celesti.8 dopo aver riscontrato, a proposito del disegno qui illustrato, Affatto rara di prove, quest’ultima è a rischio di fondarsi l’opinabilità dell’indicazione della scritta antica e la labilità su premesse fallaci, come avvenuto con l’attribuzione di del collegamento con opere pittoriche note. questo foglio.9 Finora, s’inseriva con convinzione nel corpus grafico di Celesti che Terisio Pignatti, in più occasioni, dalla Il primo annoverato fra i certi, a causa della scritta giudicata fine degli anni Cinquanta agli Ottanta del secolo scorso, autografa, è il disegno preparatorio per l’intera composizio- cercava coraggiosamente di mettere assieme con lodevole ne in orizzontale del Miracolo di Gesù alla probatica piscina sforzo. Si trattava di avvalorare, a fronte di un unico di- (fig. 3), ritrovato da Pignatti presso l’Art Institut di Chicago segno con firma giudicata autografa, il riconoscimento di (n. 22893).15 Fu collegato dallo studioso, almeno ipoteti- un paio di casi dalla paternità ritenuta essere certificata, camente, al perduto dipinto che le fonti ricordano nella invece, da scritte settecentesche. È da rilevare che una tale chiesa dell’Ascensione in Santa Maria in Broglio presso indicazione a favore di Celesti, anch’essa settecentesca, si Palazzo Ducale in Venezia.16 Se ne è potuta congetturare, riteneva erroneamente fosse riportata anche dal foglio quindi, attraverso il disegno preparatorio (o »prima idea«), del Correr n. 1856, ora accertato essere di Arrigoni; in la soluzione ben diversa da quella del dipinto dello stesso realtà più correttamente vi si legge il nome di Contarini.10 soggetto edito da Hermann Voss nel 1938 quando si tro- All’opposto, uno dei disegni più importanti del corpus di vava in Collezione Scheufelen, ora alla Gemäldegalerie di Celesti, qual è il modelletto per un soffitto a scomparti Stoccarda.17 Conciso e lucido è, in proposito, il giudizio di di Palazzo Erizzo di Venezia dell’Ècole des