Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - di (CS).

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Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

SOMMARIO

1. PREMESSA 1 1. 1 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO DEL TERRITORIO 2 1. 2 NORMATIVA DI RIFERIMENTO 2 1. 3 METODOLOGIA DI STUDIO DELLA COMPONENTE GEOLOGICA 4 1. 4 ELABORATI PRODOTTI PER LO STUDIO DEL PSC 5

2. ASPETTI GEOLOGICI DELL’ALTA VALLE DEL NELLA QUALE È COLLOCATA L’AREA DI PIANO 9 2. 1 INQUADRAMENTO GENERALE 9 2. 2 INQUADRAMENTO LOCALE 11 2 3. ASPETTI MORFOLOGICI DELL’ALTA VALLE DEL CRATI NELLA QUALE È COLLOCATA L’AREA DI PIANO 35 3. 1 INQUADRAMENTO GENERALE 35 3. 2 INQUADRAMENTO LOCALE 36

4. ELEMENTI SISMOTETTONICI DELL’ALTA VALLE DEL CRATI CHE INTERESSANO IL TERRITORIO IN ESAME 37

5. ELEMENTI SULL’ACCLIVITÀ DEL TERRITORIO 46

6. CARATTERISTICHE METEO – CLIMATICHE DELL’AREA IN ESAME 48

7. ASPETTI IDROGEOLOGICI GENERALI 59 7. 1 CARATTERISTICHE DEL RETICOLO IDROGRAFICO 59 7.1.1 RETE IDROGRAFICA PRINCIPALE 59 7.1.2 RETE IDROGRAFICA SECONDARIA 63 7. 2 CIRCOLAZIONE IDRICA SOTTERRANEA E PRINCIPALI COMPLESSI IDROGEOLOGICI 65 7.2.1 COMPLESSO ALLUVIONALE PREVALENTEMENTE SABBIOSO – CONGLOMERATICO 65 7.2.2 COMPLESSO SABBIOSO – LIMOSO 66 7.2.3 COMPLESSO ARGILLOSO 66 7.2.4 COMPLESSO IGNEO – METAMORFICO 67 7. 3 LE SORGENTI 67 7. 4 POZZI 69 7. 5 IL RISCHIO IDRAULICO 73 7. 6 RAPPORTO FRA PRECIPITAZIONE, DEFLUSSO E RISCHIO IDRAULICO 73 7. 7 EVENTI ALLUVIONALI STORICI 74 7. 8 SALVAGUARDIA DELLA RETE IDROGRAFICA SUPERFICIALE 75 7. 9 REGOLAMENTO DI POLIZIA IDRAULICA 66 7. 10 SERBATOI IDROPOTABILI 77 7. 11 NOTA AGGIUNTIVA SUL RISCHIO IDRAULICO 77

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8. PRINCIPALI PROCESSI MORFOEVOLUTIVI E MODELLAMENTO DEI VERSANTI 82 8. 1 CLASSIFICAZIONI DEI DISSESTI FRANOSI RILEVATI SUL TERRITORIO 82 8. 2 DIFFERENZE TRA LA SCHEDA DI CENSIMENTO DELLE FRANE UTILIZZATE DAL P.A.I. E QUELLA DELL’IFFI 84 8. 3 DATI DI SINTESI SULLA FRANOSITA’ DEL TERRITORIO RENDESE 85 8. 4 DINAMICA DEI VERSANTI: ALCUNE TESTIMONIANZE DEGLI ULTIMI ANNI 88 8. 5 ALCUNE TESTIMONIANZE SULLA FRANOSITÀ STORICA 101

9. VALUTAZIONE DELL’AZIONE SISMICA E DEFINIZIONE DEI PARAMETRI SISMICI DI ALCUNI SITI 102 9. 1 NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA E NORMATIVA 102 9. 2 PARAMETRI SPETTRALI AG, F 0, T*C 104 9. 3 STIMA DELLA VS 30 E DETERMINAZIONE DELLE CATEGORIE DI 3 SOTTOSUOLO 108 9. 4 RISCHIO SISMICO E MICROZONAZIONE SISMICA 110

10. SINTESI DELLE CRITICITÀ GEOLOGICHE E AMBIENTALI RILEVATE NELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO 111

11. SINTESI DELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO: CARTA DI PERICOLOSITÀ GEOLOGICA E DI FATTIBILITÀ DI PIANO 114

12. CARTA DELLA PERICOLOSITÀ E CLASSI DI FATTIBILITÀ 118 12. 1 DEFINIZIONE DELLE CLASSI DI FATTIBILITÀ 118

13. PRESCRIZIONI RELATIVE ALLE CLASSI DI FATTIBILITÀ 122

14. PIANO COMUNALE DI EMERGENZA DI PROTEZIONE CIVILE 129

15. AREE PER LA DELOCALIZZAZIONE DEL NUOVO CIMITERO 131 15. 1 AREE INTERNE AL CIMITERO ATTUALE 132 15. 2 AREE ESTERNE PER LA DELOCALIZZAZIONE 133 15.2.1 LOCALITÀ VILLA GRANATA 134 15.2.2 LOCALITÀ VENNARELLO 135 15.2.3 LOCALITÀ DATTOLI 137

16. AREE POTENZIALMENTE CONTAMINATE 139 16. 1 EX DISCARICA DI COZZO DIFESA – TORRE SPADA 139 16. 2 EX LEGNOCHIMICA 141 16. 3 EX INCENERITORE 143

17. CAVE DISMESSE 145

18. ACCUMULI DI MATERIALI ANTROPICI 149

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19. AREE PERCORSE DAL FUOCO 155

20. RECUPERO ED UTILIZZO DELLE ACQUE METEORICHE 163

21. ORTI URBANI 165

22. AREE D’INTERESSE GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO PER LA CONSERVAZIONE 168

23. LA VALLE DEI MULINI 177

24. CONCLUSIONI 181 4

25. BIBLIOGRAFIA 184

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1. PREMESSA

In adempimento all’incarico affidatoci dall’Amministrazione comunale di Rende, i sottoscritti geologi dott.ssa Bruna Ballarò e dott. Paolino Vercillo, hanno redatto lo studio geomorfologico e geologico – tecnico preliminare per la stesura del Piano Strutturale Comunale (PSC). Con il presente studio si forniscono, contestualmente alla redazione del nuovo Piano Strutturale Comunale (PSC), elementi essenziali per la conoscenza delle componenti fisiche dell’ambiente per una corretta pianificazione del territorio; questi derivano dall’analisi geologica e geomorfologica – applicativa del territorio comunale di Rende (CS) ai sensi dell’ art. 20 , comma 4 , lettere “a” e “b” della Legge Urbanistica Regionale n° 19/2002. 1 L’analisi del territorio in chiave geologica, consente di evidenziare le risorse ed i rischi dell’ambiente fisico nell’ambiente geomorfologico ed idrogeologico dei luoghi e conseguentemente l’individuazione delle condizioni di equilibrio tra lo sviluppo antropico e le potenzialità naturali del territorio. In particolare, le peculiarità geologiche controllano i fenomeni franosi ed i processi di infiltrazione e circolazione dell’acqua nel sottosuolo, condizionando l’uso del territorio in termini di insediabilità e di tipologia di attività agricole. Gli elaborati prodotti sono di seguito elencati:

 ELAB.G.0 Relazione Geologica Generale  ELAB.G.0a Schedatura fenomeni franosi.  ELAB.G.0b Analisi sulla sismicità storica del territorio  TAVV. G.1a-b-c Carta di Inquadramento Geologico e Strutturale Generale (scala 1: 10 000)  TAVV. G.2a-b-c Carta Geomorfologica (scala 1: 10 000)  TAVV. G.3a-b-c Carta Idrogeologica (scala 1: 10 000)  TAVV. G.4a-b-c Carta dell’acclività (scala 1: 10 000)  TAVV. G.5a-b-c Carta delle Zone a maggiore pericolosità sismica locale (scala 1: 10 000)  TAVV. G.6a-b-c Carta dei Vincoli (scala 1: 10 000)  TAVV. G.7a-b-c Carta dell’Unità di Paesaggio (scala 1: 10 000)  TAVV. G.8a-b-c Carta preliminare di sintesi delle Pericolosità Geologiche di Fattibilità delle Azioni di Piano (scala 1: 10 000)

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1. 1 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO DEL TERRITORIO Il territorio comunale di Rende è parte integrante dell’alta Valle del Crati, è delimitato ad Ovest dalla Catena Costiera, a sud dal Torrente Campagnano, a nord dal Torrente Settimo e ad est dal Fiume Crati che rappresenta l’asta fluviale principale di massima depressione. L’area di analisi è individuabile in parte nel Foglio I.G.M. n° 559 sez. I – Rende e in parte nel Foglio I.G.M. n° 559 sez. IV – Paola, entrambi in scala 1: 25 000. Gli elaborati cartografici per il PSC sono stati redatti sulle basi topografiche in scala 1:5.000 della Cartografia Tecnica Regionale (CTR). Le quote assolute che identificano il territorio in esame sono comprese tra i 1.117 mt slm di Cozzo Cardoneto (Catena Costiera) e 132 mt slm di Coda di Volpe (estremità nord – est). 2 Il Centro Storico è ubicato in ambiente collinare, su una monoclinale sabbiosa a circa 474 mt slm, identificabile dalle seguenti coordinate geografiche WGS 84: Lat. 39° 33' 15,5'' - Log. 16° 18' 18,36''. La popolazione è di 35.376 abitanti con una densità 645,67 ab./km 2 (ISTAT, 01/01/2010). Il territorio si estende su una superficie di circa 54,79 km 2; esso è caratterizzato da numerose

frazioni, località e nuclei abitati che lo rendono notevolmente diversificato: , Bagno, Bertoni, Bianchi, Canaletta, Cancello Magdalone, Case Nuove, Carratelle, Chiodo, Chiodo di Arcavacata, Coda di Volpe, Commenda, Conciostocchi, Coni, Coragelli, Costantinopoli, Cozzo Cardoneto, Cozzo della Corte, Cozzo Crocicchio, Cozzo Difesa, Creta, Cucchiano, Curti, Cutura, Dattoli, Difesa, Failla, Felpiano, Forgia Vecchia, Fossa Lupara, Giorgelli, Iscarella, Isoletta, Foresta Magdaloni, Frattini, Gliannuzzi, La Foresta, Lagone, La Pila, Le Camere, Lecco, Linze, Longiane, Macchialonga, Maltempo, Malvitani, Manuzza, Mazzarella, Monaci, Monaci di Arcavacata, Molicelle, Monticello, Muscione, Nogiano, Ospedale, Palleca, Panichicchio, Pantoscia, Paradisi, Piani Marini, Piano Maio, Piano Monello, Petroni, Pere Rosse, Pietà, Pirelle, Ponte Crati, Profeta, Profico, , Rocchi, Roges, Roselle, Santa Chiara, Santa Rosa, Santo Agostino, San Biagio, San Biase, San Gennaro, Santo Ianni, Santa Maria, Santo Onofrio, San Pietro, Santo Stefano, Serra di Volpe, Settimo, Silvi, Sinnicura, Stazione di Rende, Sorbato, Surdo, Torre Spada, Tufo, Vanni, Vennarello, Vermicelli, Villaggio Europa, Villa Granata, Villa Miceli, Villana, Zifonati.

1. 2 NORMATIVA DI RIFERIMENTO Lo studio è stato articolato seguendo le direttive dettate dalle Linee Guida della pianificazione regionale in attuazione della legge urbanistica della n. 19 del 16/04/2002 (Norme per la

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tutela, governo ed uso del territorio - Legge Urbanistica della Calabria ), secondo le quali, lo sviluppo degli studi geologici di pericolosità per il PSC deve consentire di costruire strumenti cartografici di sintesi in cui viene operata una discriminazione delle aree del territorio in esame, diversamente caratterizzate sotto il profilo della pericolosità geomorfologica e geologica in generale, in ottica morfodinamica principalmente, ma anche sismica, con distinzione e graduazione delle condizioni che possono influenzare, le scelte dello strumento urbanistico. Lo studio ha adottato la metodologia suggerita dalle Linee Guida della pianificazione regionale (Legge urbanistica della Calabria n° 19 del 16.04.02). Il Piano Strutturale Comunale (PSC) definisce le strategie per il governo dell’intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi urbanistici della Regione e con gli strumenti di 3 pianificazione provinciale espressi dal Quadro Territoriale Regionale (QTR), dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI). Il primo comma dell’art. 20 della legge urbanistica definisce il Piano Strutturale Comunale (PSC), lo strumento principale di pianificazione territoriale ed urbanistica a scala comunale che sostituisce il Piano Regolatore Generale (PRG) come strumento di governo del territorio nell’ambito dell’intero comune. Da tale definizione se ne deduce la prima sostanziale differenza con il vecchio PRG; il PSC viene definito, infatti, come strumento strategico che rappresenta uno dei principi innovativi che definiscono il nuovo strumento urbanistico. Secondo un orientamento ampiamente diffuso nella dottrina urbanistica il Piano Strutturale presenta, infatti, due distinti caratteri, uno strategico ed uno strutturale. Per componente strategica si intende quella parte del piano, a prevalente contenuto e natura politico programmatica, che dichiara il valore delle risorse presenti nel territorio ed indica lo scenario obiettivo di tutela e sviluppo urbano e territoriale che si intende perseguire con il piano e che, in riferimento alla situazione presente, sviluppa obiettivi e strategie per conseguirlo. Per componente strutturale si intende l’organizzazione e l’assetto del territorio nelle sue forme fisiche, materiali e funzionali prevalenti e conformanti stabilmente il territorio per realizzare gli obiettivi strategici che si intendono perseguire. Costituisce il quadro di riferimento nel medio – lungo periodo che raccoglie la descrizione fondativa della città e del territorio in tutte le sue componenti. La componente strategica fa sì che il PSC non sia un mero strumento di assetto del territorio, ma uno strumento a carattere complesso e plurisettoriale che, a partire dalle condizioni del territorio a carattere fisico e funzionale e dalle risorse che esso ospita (componente strutturale), delinea strategie tanto di governo dell’assetto fisico che dello sviluppo economico sociale, compatibili con l’assetto strutturale. Esso delinea, dunque, prospettive e scenari di lungo periodo, indicando al contempo,

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mediante gli strumenti di carattere operativo ed attuativo, il percorso possibile per costruire lo scenario previsto. Altro aspetto di rilievo, che distingue il PSC dal vecchi PRG è che, mentre quest’ultimo si presenta come un prodotto a carattere normativo prescrittivo, che fissa in maniera rigida le modalità d’uso del suolo (funzioni da insediare, volumetrie previste, ecc.) il PSC, al contrario, deve intendersi come uno strumento di carattere più flessibile. Le sue previsioni dell’assetto del territorio, infatti, non includono le specifiche destinazioni d’uso tipiche del PRG, laddove esso distingueva anche le zone realmente edificabili da quelle destinate a soddisfare gli standard relativi ai servizi pubblici (verde, parcheggi, istruzione, ecc.). Il Piano strutturale comunale definisce, invece, delle destinazioni d’uso a carattere più generale , limitandosi ad indicare le aree da destinare ad insediamenti produttivi, ad 4 individuare in linea generale le aree destinate ad attrezzature pubbliche di maggiore rilevanza e quelle a carattere insediativo . All’interno di quest’ultima generale definizione, solo in un secondo momento, mediante la redazione dei Piani Attuativi Unitari (PAU) e l’attuazione delle misure perequative, si definiranno specifiche destinazioni d’uso distinguendo le aree edificabili da quelle destinate a servizi ed attrezzature pubbliche. In altri termini il PSC determina e fissa i criteri e le regole generali a cui dovranno rifarsi gli strumenti attuativi ed operativi anche nell’applicazione dei principi perequativi; in questo senso esso è anche uno strumento di orientamento e di indirizzo per la pianificazione successiva.

1. 3 METODOLOGIA DI STUDIO DELLA COMPONENTE GEOLOGICA Lo studio è stato programmato seguendo le istruzioni contenute nelle Linee Guida della pianificazione regionale in attuazione della legge urbanistica della Calabria n. 19 del 16/04/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge Urbanistica della Calabria ). Lo scopo prioritario è stato quello di restituire agli Urbanisti e quindi agli Amministratori una serie di informazioni, di indicazioni e di dati ritenuti indispensabili per una valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi. L’obiettivo è stato quello di ricostruire dei modelli morfoevolutivi necessari per prevedere con un certo anticipo sia l’attivazione di nuovi fenomeni alterativi sia, in particolare, i rischi e le conseguenze che ne potranno derivare per la sicurezza dei cittadini. In definitiva, gli studi sono stati mirati ad individuare i rischi maggiori presenti sul territorio, elaborando alcuni strumenti cartografici di sintesi in cui vengono evidenziate le aree a diverso grado di pericolosità (geologica, geomorfologica, morfodinamica, sismica, ambientale), tali da influenzare

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le scelte urbanistiche. Pertanto, le fasi di studio sono state articolate in 3 fasi principali:  Fase di analisi Questa prima fase è stata caratterizzata sia dalla ricerca bibliografica di dati e studi geologici pregressi realizzati da soggetti pubblici o privati sia da un esame molto approfondito e puntuale dell’intero territorio comunale, attraverso l’individuazione sul terreno dei fenomeni di pericolo, al momento ponderabili, che a medio e lungo termine potrebbero generare dei rischi. Tutti i fenomeni di instabilità gravanti sul territorio sono stati catalogati e censiti in apposite schede e sull’apposita carta tematica. Le osservazioni di campagna hanno consentito la predisposizione di una apposita cartografia di base, in scala a 1:10 000, per definire il quadro sintetico dello stato del territorio relativo ad 5 alcuni tematismi della dinamica geologica. L’indagine geologica è stata orientata alla ricostruzione dei caratteri stratigrafici – litologici – strutturali - idrogeologici e geomorfologici del territorio.  Fase di diagnosi La seconda fase è stata mirata alla valutazione degli elementi di criticità geologica individuati sul territorio nella fase di analisi. La valutazione incrociata di tutti gli elementi critici con i fattori ambientali ed antropici propri del territorio e insieme all’analisi dei dati geognostici acquisiti, ha portato ad una lettura realistica del territorio in termini di rischi geologici – ambientali e della vocazione d’uso e sostenibilità degli interventi di Piano al fine, soprattutto, di non compromettere gli attuali equilibri che consentono una tutela ambientale preventiva.  Fase propositiva La terza fase è stata quella di elaborare una Carta Preliminare di Sintesi delle Pericolosità Geologica e di Fattibilità delle Azioni di Piano che costituisce lo strumento fondamentale per la componente geologica, nel quale sono state riportate le pericolosità geologiche del territorio esaminato e le proposte di fattibilità geologica tecnico – ambientale delle azioni di piano.

1. 4 ELABORATI PRODOTTI PER LO STUDIO PRELIMINARE DEL PSC La presente relazione geomorfologica e geologica – tecnica generale (Elab. G.0), risulta parte integrante dei seguenti elaborati:

 ELAB. G.0a: Schedatura fenomeni franosi Sono state evidenziate le frane di maggior rilevanza individuate sul territorio nella fase di

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analisi indicandone la litologia, l’attività, le dimensione, la pericolosità e i danni provocati. Tutti i fenomeni franosi sono stati così catalogati e schedati secondo il protocollo del Progetto Inventario Fenomeni Franosi in Italia (IFFI).

 ELAB. G.0b: Analisi sulla sismicità storica del territorio È elaborato, dove sono evidenziati i caratteri sismotettonici della Calabria e in particolare dell’area urbana rendese indicandone le cause e i possibili rischi sulla base dei terremoti storici che hanno interessato il nostro territorio.

 TAVV. G.1a, 1b, 1c: Carta di Inquadramento Generale Geologico e Strutturale (scala 1: 10 000) 6 Tale carta è stata predisposta a partire dalla Carta Geologica della Calabria (scala 1:25.000), dall'analisi delle foto aeree e rilievi di campagna. Per quanto concerne la nomenclatura e le procedure di rilevamento si è fatto riferimento alla normativa ufficiale secondo la “ Guida al rilevamento ed all'informatizzazione della carta geologica d'Italia ” CNR e SGN.

 TAVV. G.2a, 2b, 2c: Carta Geomorfologica (scala 1: 10 000) Tale carta è stata redatta tenendo in conto sia gli studi precedenti per lo studio geologico relativo alla Variante Parziale al Piano Regolatore Generale dell’aprile 2007, che mediante studio di foto interpretazione e approfondite verifiche sul terreno dell’intero territorio comunale. Nell’elaborato sono riportati gli aspetti morfologici più evidenti rilevati: dalla franosità più palese alle aree ritenute potenzialmente instabili, alle forme di erosione e gli accumuli gravitativi e antropici, interpretandone la genesi in funzione dei processi geomorfologici attuali e passati e valutandone lo stato di attività. In particolare, si è fatto riferimento alla legenda per la carta geomorfologica ad indirizzo applicativo, predisposta dal Gruppo Nazionale Geografia Fisica e Geomorfologia ( Proposta di legenda geomorfologica ad indirizzo applicativo” a cura di G.B. Pellegrini, A. Carton et Alii – Geografia fisica e dinamica quaternaria, 1999). Particolare cura è stata rivolta al rilevamento dei fenomeni franosi reali (in conformità alla Carta dei dissesti con elementi morfologici del PAI) e/o potenziali, che sono stati schedati secondo le schede tecniche per il censimento dei movimenti franosi del progetto IFFI.

 TAVV. G.3a, 3b, 3c: Carta Idrogeologica e del Sistema Idrografico (scala 1: 10 000) Tale elaborato contiene indicazioni circa il sistema idrografico, idraulico ed idrogeologico del territorio comunale.

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Sono state riportate le aree a rischio idraulico perimetrate dal PAI ( R1, R2, R3, R4, aree di attenzione). Le aree a rischio idraulico in corrispondenza dei vari attraversamenti fluviali indicati dal PAI come punti di Attenzione , sono state sviluppate secondo le linee guida dettate dalle Norme di Attuazione del PAI e riportate quindi come nuove aree di Attenzione derivante da punti Per gli aspetti idrogeologici sono state cartografate:  i terreni e le rocce classificati secondo un “range” di permeabilità superficiale, valutando, ove possibile, intervalli numerici ed indicando la permeabilità primaria e secondaria (per porosità e fratturazione);  linee di spartiacque superficiale, e le direzioni di deflusso idrico superficiale; 7  le sorgenti più rilevanti presenti nel territorio comunale, censite e classificate per tipologia; le sorgenti captate per uso idropotabile sono ubicate nel comune di S. Fili (Candele 1 e Candele 2) e nel comune di S. Donato di Ninea (Abatemarco);  nel caso di captazioni future di sorgenti idropotabili nel territorio comunale, le fasce di tutela assoluta, di rispetto e di protezione delle opere di captazione saranno disciplinate dal D. L. n°152/99.

 TAVV. G.4a, 4b, 4c: Carta dell’acclività (scala 1: 10 000) Nella redazione della carta sono state distinte le seguenti classi di pendenza: 0-10%, 10-20%, 20-35%, 35-50%, 50-80%, > 80%. I valori prescelti risultano utili ai fini della discriminazione in situazioni di incertezza di valutazioni degli assetti geostatici. Tutte le zone urbanizzate del territorio comunale, dove l’urbanizzazione ha obliterato ormai la morfologia originaria del territorio, sono state rappresentate con le pendenze attualmente stimabili.

 TAVV. G.5a,5b,5c, Carta delle Zone a maggiore pericolosità sismica locale (scala 1: 10 000) Le aree a maggiore pericolosità sismica locale individuate sul territorio sono state descritte e riunite in gruppi, individuando quelle condizioni locali a cui possono associarsi modificazioni dello scuotimento (amplificazioni) o effetti cosismici, in ogni caso con incremento della pericolosità sismica di base che preclude una limitazione d’uso di tali aree.

 TAVV. G.6a, 6b, 6c: Carta dei Vincoli (scala 1: 10 000)

In questo elaborato sono state riportate e perimetrate le aree sottoposte a vincolo e a limitazioni d’uso derivanti da normative in vigore a contenuto idrogeologico e sismico.

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 Perimetrazioni delle aree a rischio idrogeologico ottenute dall’analisi dei seguenti elaborati del PAI:  Elab. 15.2 (scala 1. 10 000): Tav. 078-102, Tav. 078-102/1 e Tav. 078-102/2  Tav. RI 078-102/A, Tav. RI 078-102/B e Tav. RI 078-102/C (scala 1. 25 000)  Zone di rispetto delle “acque pubbliche”, ai sensi della legge n° 36/1994 e R.D. n° 523/1904.  Perimetrazione del vincolo paesaggistico – ambientale (L. n° 431/1985 - Legge Galasso) inerente i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua presenti sul territorio comunale iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio Decreto dell’11 dicembre 1933 n° 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 m ciascuna.

8  TAVV. G.7a, 7b, 7c: Carta dell’Unità del Paesaggio (scala 1: 10 000)

Rappresenta la distribuzione sul territorio di ambiti territoriali ecologicamente omogenei sulla base degli aspetti geologici, geomorfologici, pedologici, di esposizione, altitudinali, idrografici e climatici. Per la sua costruzione sono state utilizzate le carte tematiche di analisi riportate in precedenza e che considerano i diversi elementi conoscitivi che caratterizzano le diverse dinamiche del suolo (esogene ed endogene).

 TAVV. G.8a, 8b, 8c: Carta di Sintesi delle pericolosità geologiche e di Fattibilità delle azioni di Piano (scala 1: 10 000)

Rappresenta l’elaborato finale e mira a dimostrare la fattibilità geologica, tenendo in conto le valutazioni critiche della pericolosità dei singoli fenomeni, degli scenari di rischio conseguenti nonché della componente geologico – ambientale che caratterizzano il territorio comunale. Si tratta di associare ai livelli di pericolosità riscontrate le incidenze negative, che hanno un peso valutabile quando sono nulle o quando sono preclusive, ma che lasciano vari gradi di incertezza quando sono limitativi, imponendo limitazioni che sono risolvibili con accorgimenti tecnici di maggiore o minore peso economico.

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2. ASPETTI GEOLOGICI DELL’ALTA VALLE DEL CRATI NELLA QUALE È COLLOCATA L’AREA DI PIANO

2. 1 INQUADRAMENTO GENERALE Il contesto geologico nel quale si inserisce l’area di studio, risulta strettamente legato alle fasi geologiche che hanno caratterizzato la parte meridionale dell’ampia Valle del Crati. I principali lineamenti della successione post-orogenica, di età compresa tra il Miocene medio ed il Pleistocene è trasgressiva sulle Unità che formano la Catena Costiera, costituita da varie sovrapposizioni tettoniche (Lanzafame & Tortorici, 1981). I sedimenti plio – quaternari rappresentano i depositi di riempimento del graben del Crati; 9 essi affiorano soprattutto nelle spianate morfologiche vallive e nelle aree collinari del territorio. Le poche aree di versante dell’area di studio, appartengono geologicamente al dominio igneo – metamorfico della Catena Costiera; nel settore montano è presente solo qualche porzione con sedimenti miocenici. Le sottostanti zone collinari sono costituite in gran parte da sedimenti marini plio – pleistocenici, mentre i livelli litologici olocenici sono riconducibili alle spianate morfologiche del Crati e dei suoi tributari di sinistra, costituite da un notevole spessore di sedimenti alluvionali di origine continentale con giacitura discordante con i litotipi pliocenici. Le formazioni sedimentarie sono rappresentate da una successione marina alto pliocenica – infrapleistocenica (Tortorici, 1981), ricoperta in discordanza da depositi di fan-delta del Pleistocene medio in lembi più o meno discontinui (Colella, et alii, 1987) alla base delle principali scarpate di faglia e quindi da depositi continentali e marini del pleistocene medio superiore. Il Miocene affiora in alcuni lembi discontinui risparmiati dall’erosione presente sulla porzione montana del territorio ed è rappresentato nella sua sequenza basale da un conglomerato poligenico legato da rapporti di eteropia a sabbie e arenarie arcosiche; questa sequenza passa, attraverso livelli lentiformi di calcareniti organogene, che a Sud di assumono notevole continuità e potenza, ad argille siltose. Lo spessore complessivo è di alcune centinaia di metri. Seguono i depositi della serie evaporitica messiniana (250 m circa), anch’essi trasgressivi, che affiorano con facies variabili tra le quali è possibile distinguere un conglomerato basale, marne calcaree siltose ed argille marnose con intercalazioni di gessi (Lanzafame & Tortorici, 1981). Il Pliocene inferiore affiora lungo il bordo occidentale del bacino con maggiore continuità nella zona di dove la successione è costituita da una porzione basale di micro conglomerati ed arenarie torbiditiche (10 m circa) che evolve rapidamente a 150 m di prevalenti argille siltose grigio – azzurre, ben stratificate (Lanzafame & Tortorici, 1981).

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I depositi sedimentari del Pliocene superiore e del Pleistocene risultano in discordanza sui termini del Pliocene inferiore oppure si trovano direttamente a contatto con il substrato. Questa fase geologica inizia con un conglomerato discontinuo poligenico, del pliocene medio – superiore (250 m di spessore a Vaccarizzo che passa a prevalenti argille marnose (150 m), sormontate a loro volta, con continuità di sedimentazione (a ) o con leggere discordanze (a ), da sabbie ed arenarie spesse 250 m. Questi sedimenti, a causa di un notevole ampliamento del bacino verso Est, trasgrediscono direttamente sul substrato, attraverso livelli basali conglomeratici lungo tutto il bordo silano della fossa del Crati e sull’alto di S. Lorenzo del Vallo. A queste sabbie e arenarie seguono argille marnose (600 m) e sabbie e conglomerati regressivi (200 m) ascrivibili alla parte alta del Pleistocene inferiore (Siciliano) (Ruggieri & Sprovieri, 1977). 10 Al limite inferiore del bacino (Piano Lago), la sequenza marina infrapleistocenica passa lateralmente a sabbie limose e limi di origine continentale con intercalati livelli lentiformi di conglomerati grossolani e brecce (150 m) (Lanzafame & Tortorici, 1981). Nell’ambito della porzione montana del territorio studiato, sono presenti alcuni affioramenti di formazioni metamorfiche sia ad alto grado (sbg) che a grado poco elevato (sf) risalenti al Paleozoico . Gli scisti e gneiss biotitici - granatiferi (sbg) sono composti per la massima parte da rocce cristalline ad elevato grado di metamorfismo. Queste rocce si presentano con un’ampia variazione di tipi litologici: da gneiss e scisti biotitici a pronunciata scistosità, a gneiss granulitici a grana fine, a gneiss grossolani, granitoidi, con scistosità appena accennata. Le rocce sono di solito biotiti che; spesso contengono granati visibili ad occhio nudo. Spesso ai granati è associata la sillimanite. Il plagioclasio più comune è oligoclasio-andesina o solo andesina. Gli scisti filladici grigi o verdi scuri (sf), si presentano generalmente lucenti, marcatamente scistosi, spesso ondulati e contorti. La scistosità è determinata da superfici piuttosto irregolari , quasi mai perfettamente parallele, e in ciò le rocce di questo gruppo si differenziano da quelle delle unità (sm). Le filladi sono state originate, con rare eccezioni, da un metamorfismo di dislocazione su vasta scala di una serie sedimentaria prevalentemente pelitica, localmente flyscioide per la presenza di orizzonti psammitici e calcarei. Spesso sono associati a sottili intercalazioni quarzitiche. In alcune formazioni sono presenti calcari marmorei bruno-chiari.

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2. 2 INQUADRAMENTO LOCALE

Il territorio comunale si estende tra il bordo orientale del graben del Fiume Crati e la Catena Costiera ad occidente. Le varie deposizioni marine e continentali che si sono susseguite nel bacino, nei vari tempi geologici, e che caratterizzano in affioramento le varie porzioni del territorio in esame, sono sinteticamente riportate di seguito. Per una migliore lettura delle vicissitudini geologiche – strutturali si rimanda alle TAVV. G.1a, 1b, 1c.

Formazioni Formazioni Formazioni Ere/Periodo Note Località affiorante Marine Continentali Metamorfiche Lungo i fiumi e i torrenti che solcano Alluvioni mobili, ciottolose, dei letti fluviali. ac il territorio comunale. I sedimenti olocenici sono rappresentati da depositi alluvionali che colmano depressioni della topografia attuale. La maggior parte dei sedimenti alluvionali sono stati stabilizzati o dalla crescita naturale della vegetazione o con mezzi artificiali. 11 Nell’ambito del presente studio sono stati rilevati esempi di conoidi alluvionali alcune relativamente antiche e consolidate da vegetazione, mentre altre in evoluzione. Su questa formazione insiste gran parte della recente urbanizzazione del comune di Rende come i moderni quartieri di Roges, Commenda, Quattromiglia nonché la Zona Industriale; Olocene queste litologie dovranno ospitare anche parte degli insediamenti Nelle aree vallive e lungo le spianate

af futuri (S. Chiara, S. Rosa, Settimo). morfologiche alluvionali. La maggior parte di queste aree è caratterizzata da una litologia superficiale formata da alcuni metri di sabbia limosa alterata giacente sulla formazione conglomeratica costituita da ghiaie e talvolta anche blocchi, immersi in una matrice sabbiosa. In altre lo spessore di copertura è invece ridotto e passa subito alle argille (fig. 1). Lo spessore alluvionale passa, intorno ai 10 – 15 m di profondità, alle argille plioceniche che rappresenta localmente il bedrocklike o il cosiddetto bedrock sismico caratterizzato generalmente da velocità di taglio Vs superiore a 800 m/s.

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Fig. 1 - Località Cutura – La foto evidenzia il passaggio dei conglomerati alluvionali olocenici (af) alle sottostanti argille plioceniche (Calabriano).

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Prodotti di soliflussione e dilavamento, talora misti a materiale alluvionale. I depositi di copertura si trovano sparsi in alcune località del territorio esaminato. Essi sono da mettere in relazione, principalmente, con le condizioni di degradazione e alterazione di alcune formazioni. Sono costituiti, in generale, di sedimenti, generalmente poligenici, di piccole dimensioni, spesso inglobati Cucchiano, Fossa Lupara, Frattini, Olocene a in matrice sabbiosa, sabbiosa-limosa. In alcuni settori formate da Linze, Santo Stefano, Macchialonga, argille e da sabbie tenere sciolte (località Frattini) le acque di Pirelle. dilavamento hanno dato origine nel tempo all’asportazione delle particelle formando delle spianate. Lo spessore di tali depositi, in genere di qualche metro, può aumentare in corrispondenza di aree subpianeggianti e derivano generalmente dalla rielaborazione da parte delle acque dilavanti . Depositi conglomeratici ( qcl ) o conglomeratici sabbiosi ( qcl -s) di antichi terrazzi fluviali, ricorrenti lungo le valli attuali. Questi depositi sono poco consolidati e facilmente disgregabili. cl Spesso sono formati prevalentemente da ghiaie non cementate a q : Bivio Rende, Canaletta, Casino 13 matrice sabbiosa o argillosa con intercalazioni lentiformi di Zagarese, Casino Martino, sabbie grossolane o di conglomerati poligenici a ciottoli in genere Commenda, Forgia Vecchia, S. appiattiti ed embricati. Ianni, Macchina di Bosco, Malvitani, Localmente è possibile intercettare formazioni litologiche ancora Roges, S. Agostino, Surdo. più grossolane costituite da veri e propri blocchi immersi in una cl-s Pleistocene qcl /q cl-s q : Carratelli, Piani Marini, Tufo, matrice sabbio – ghiaiosa (fig. 2). Lagone, Cancello Magdalone, Generalmente gli spessori medi sono di 4-5 metri ma localmente Settimo, Case Nuove, Piano Maio, possono essere superiori. Panichicchio, Piano Monello, I terrazzi costituiscono superfici subpianeggianti piuttosto estese Chiodo, San Biase, Malvitani, Forgia fissate dalla vegetazione e separate dalle alluvioni fluviali attuali Vecchia, Canaletta, S. Ianni, da un gradino morfologico ben evidente alto fino a qualche metro. Ospedale. I terrazzi posti a quote più alte su alcuni corsi d’acqua sono meno diffusi, di superficie più limitata e qualche volta privi di deposito. Hanno una permeabilità elevata.

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Fig. 2 - Località Linze (stabilimento ex Zagarese). Le frecce indicano il ciglio del terrazzamento della formazione conglomeratica continentale pleistocenica qcl , nella fattispecie costituita da ghiaie e blocchi di notevoli dimensioni, visibili in affioramento lungo la parte terminale della stradina che conduce alle abitazioni .

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Resti di superfici di erosione pleistocenica, probabilmente continentali, intagliate nelle rocce dell’unità cl-s . P3 Questi depositi si trovano in alcune aree ben definite al termine della spianta alluvionale ma a quota di alcune decine di metri. Si tratta di depositi conglomeratici bruno-giallastri, discretamente Rocchi, Palleca, Monaci di Arcavacata, (q) cl-s (q) selezionati, con una matrice sabbiosa grossolana, localmente Molicelle, San Gennaro, Ospedale, Pleistocene P3 anche limosa. I ciottoli ben arrotondati sono prevalentemente Piano Monello. costituiti da rocce cristalline. Si tratta di residui di terrazzi fluviali riferibili al Pleistocene ma probabilmente, tenuto in conto l’aspetto di questi depositi e l’arrossamento che manifestano, fanno ritenere che la differenza di età sia significantemente superiore rispetto al livello alluvionale olocenico del Crati. Sabbie e conglomerati da bruni a rossastri ( cl-s ) (fig. 3), con P 3 occasionali sottili intercalazioni di argille siltose ( a ).e silt ( ss 15 P 3 P 3 ) (fig. 4). I depositi mostrano variazioni laterali e verticali molto brusche: da sabbie fini a sabbie grossolane e conglomerati (fig. Serra di Volpe, Dattoli, Vermicelli, 5). Conglomerati a piccoli ciottoli sono frequenti, localmente si Tufo, Rocchi, Palleca, Vanni, Bagno, hanno bande cementate. Contengono localmente una macrofauna Molicelle, Bianchi, Monaci di poco importante, tra cui Ostrea edulis Linne. Questi depositi sono Arcavacata, Chiodo di Arcavacata, per lo più poco consolidati e facilmente disgregabili. La Arcavacata, Macchialonga, Longiane, cl-s permeabilità è piuttosto elevata. S. Gennaro, Paradisi, Cozzo Spizzirri, Pliocene P 3 Affiorano lungo la fascia mediana del territorio in esame e Muscione, Piano Monello, Ospedale, costituiscono la morfologia collinare generalmente meno acclive. Linze, Saporito, Failla, Difesa, Cozzo In alcuni settori sono frequenti fasce cementate (San Biase, Difesa, Torre Spada, Casino Merenda, Muscione, S. Gennaro, Cozzo difesa) (fig. 6) e localmente si Parco Mimose, Le Camere, S. Biase, rinvengono anche sottili lenti di argille e limo. Come già Cozzo Pantoscia, Santo Stefano, evidenziato, in questa unità sono frequenti i rapidissimi Mutilli, Sorbato. mutamenti laterali di litofacies: sabbie, sabbie limose e sabbie argillose (fig7), sabbie ghiaiose, conglomerati con ciottoli. In varie località si possono osservare associazioni di macrofossili, comprendenti anche colonie di coralli.

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Fig. 3 – Località Don Ditta/S. Gennaro. La formazione calabriana ( cl-s ) mostra un’intercalazione di circa 3.0 m di spessore, di sabbie e ghiaie da brune P 3 a rossastre. (le linee ne delimitano i contati).

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Fig. 4 - Località Linze - La foto mostra la formazione ( cl-s ) di copertura passante localmente alle argille siltose ( a ). La linea indica il contatto litologico. P 3 P 3

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Fig. 5 - Località Paradisi/Muscione. La formazione pliocenica ( cl-s ), presenta in questa zona una litologia da sabbie fini a sabbie grossolane, da P 3 conglomerati a piccoli ciottoli a ghiaie.

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Fig. 6 - La foto, in località San Biase, mostra alcuni livelli cementati della formazione pliocenica ( cl-s ). P 3

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Fig. 7 - Località Manuzza (Arcavacata). L’unità ( cl-s ) può presentare localmente rapidissimi mutamenti laterali di litofacies: da sabbie a sabbie P 3 limose e sabbie argillose. La linea definisce il passaggio delle sabbie alle litologie eteropiche sottostanti.

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Argille siltose da grigie a grigio-azzurre. Spesso passano lateralmente a sabbie ( s ) con frequenti interdigitazioni. P 3 a Dattoli. P 3 Contengono generalmente una microfauna a foraminiferi ricca e variata. Questo complesso presenta scarsa resistenza e tende a dar luogo a movimenti franosi. Permeabilità bassa. Sono sabbie ed arenarie tenere bruno-chiare. Localmente le sabbie possono trovarsi grossolane e conglomeratiche. Il passaggio ai conglomerati è graduale. La resistenza all’erosione s Surdo, Coragelli, Casino Zagarese, Pliocene varia con il locale grado di cementazione. P 3 Pirelle. Il loro passaggio in profondità avviene sulle argille plioceniche attraverso manifestazioni eteropiche (fig. 8). 21 La permeabilità è elevata. Argille siltose da grigie a grigio-azzurre. Questo complesso Coragelli, Surdo, S. Biase, Cucchiano, presenta scarsa resistenza e tende a dar luogo a movimenti a Chiodo, Frattini, Cozzo Pantoscia, franosi soprattutto fenomeni di colate superficiali a causa P 2-3 Villa Granata, Coni, Sorbato, Mutilli, dell’alterazione degli orizzonti interessati dai fenomeni di ritiro. Pirelle, Felpiano. (fig. 9). La permeabilità è ovunque bassa.

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Fig. 8 - Località Surdo/Coragelli. Il taglio antropico mostra la formazione sabbiosa pliocenica s giacente sulla formazione argillosa sottostante. Si P 3 nota come il passaggio verticale avviene con andamento eteropico indicato dalle frecce.

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Fig. 9 - La formazione argillosa a del pliocene medio – superiore, evolve superiormente alle sabbie attraverso contatti quasi sempre eteropici. Il P 2-3 passaggio litologico avviene in prossimità della stradina (indicata dalla frecce) che da Mutilli porta a Muscione/Piano Monello.

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Sabbie ed arenarie tenere grigio-brune (fig. 10) con occasionali Frattini, Cucchiano (in prossimità della intercalazioni di arenarie dure a cemento calcareo e calcareniti faglia Marano ), Curti, (fig. 11). Localmente possono contenere livelli argillosi (fig. 12). s Villa Granata, Monticello, Monaci, Pliocene Contengono una varietà di microfauna a foraminiferi. Il P 3-2 Silvi, Pietà, Nogiano, Centro Storico, complesso presenta moderata resistenza all’erosione e S. Maria, San Pietro, Costantinopoli, permeabilità elevata; la resistenza aumenta notevolmente nelle Pirelle, Villana, formazioni cementate.

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Fig. 10 - Località Silvi. Formazione sabbiosa ( s ) che include anche bande di arenarie tenere molto fossilifere (lamellibranchi anche di alcuni P 3-2 centimetri). Da notare le sacche di sabbia sciolte all’interno delle arenarie.

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Fig. 11 - Località Pirelle/Petroni. La formazione sabbiosa ( s ) presenta livelli centimetrici di arenarie dure con bande cementate. P 3-2

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Fig. 12 - Pendice sud – est Centro Storico (sopra la Circonvallazione). L’unità sabbiosa pliocenica medio – superiore ( s ) in alto e in basso, presenta P 3-2 l’intercalazione di un livello argilloso ,delimitato dalle linee. Più avanti verso ovest (non visibili nella foto), affiorano invece alcuni orizzonti calcarenitici ben cementati.

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Argille da grigio chiare a grigio-verdastre talvolta siltose leggermente gessose nella parte superiore. Contengono Cucchiano, Villa Miceli, Monaci, La a microfauna a foraminiferi da ricche a limitate. Il complesso Pliocene Pila, S. Maria, Coni, S Croce, Pietà, P 2-1 presenta scarsa resistenza all’erosione e bassa permeabilità. Maltempo, Creta, Petroni, S. Ianni. Spesso genera fenomeni franosi superficiali per alterazione degli orizzonti interessati da fenomeni di ritiro (fig. 13).

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Fig. 13 - Località Ponte Canaletta/Creta. La formazione argillosa del Pliocene medio – inf. si presenta localmente con morfologia calanchiva poiché gli orizzonti più esterni, soggetti a fenomeni di evaporazione e ritiro, sono facilmente erodibili.

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Alle argille succede localmente il calcare evaporitico di color biancastro, generalmente tenero e poroso o vacuolare, occasionalmente marnoso e con rari orizzonti calcarenitici. Nell’area di studio tale calcare ha uno sviluppo molto limitato e spessori, in genere, dell’ordine della quindicina di metri

t L’assenza di fossili testimonia un ambiente povero di ossigeno ad In prossimità di Villa Miceli, Bivio S.

M 3 elevata salinità delle acque. Fili, Cozzo Cardonetto. Affiora in piccoli lembi in alcune zone del territorio e, prevalentemente, nella zona denominata Cozzo Cardonetto . Asciutto presenta una discreta resistenza all’erosione e la permeabilità, in genere moderata, aumenta notevolmente nelle zone di fratturazione; la roccia non è mai fossilifera. Argille plastiche prevalentemente grigie, occasionalmente brune- rosate. Le argille sono talvolta siltose e presentano intercalazioni di arenarie e calcareniti. Il complesso presenta scarsa resistenza all’erosione e bassa permeabilità. All’unità conglomeratica fanno seguito le argille siltose, argille 28 marnose e silts. Miocene Molte argille di questa unità si presentano di colore grigio-chiaro all’affioramento e grigie alla frattura. Hanno aspetto da massivo a sottilmente stratificato, localmente presentano intercalazioni di livelli siltitici aventi una potenza di circa 50 cm, di colore bruno- chiaro all’affioramento e marrone scuro alla frattura, talvolta contenenti, verso il tetto della successione, da intercalazioni di In prossimità di Villa Miceli, Bivio S. a tipo conglomeratico. Fili, Zifonati, Cozzo Cardonetto M 3 Si intercalano, spesso, straterelli arenaci spessi 2-3 cm e livelli di (catena Costiera). argilliti nerastre organiche. Le argille basali, per le loro caratteristiche, sono tipiche di un ambiente marino con normale salinità e buona ossigenazione; la porzione sommitale indica, invece, un passaggio a condizioni di anossia o di scarsa ossigenazione del sedimento e delle acque di fondo, legate, forse, ad una insufficiente ventilazione del bacino Queste argille sono da considerarsi impermeabili, o poco permeabili in corrispondenza dei livelli più sabbiosi, poco resistenti all’erosione e, in genere, con mediocri proprietà geotecniche. Tali terreni sono soggetti a fenomeni di creep nelle zone in pendio,(lento e costante scivolamento) ed a fenomeni di

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rigonfiamento e cedimento. Gli agenti atmosferici ed in particolare l’acqua, infatti, determinano modificazioni rilevanti nella tessitura granulometrica, nella coesione e nell’angolo di attrito. Il contatto tra queste argille ed i conglomerati sottostanti presenta alcune peculiarità. Le argille sono spesso contenute in piccole depressioni del conglomerato e danno l’impressione di essere state depositate su una superficie piuttosto irregolare che aveva subito, almeno in una certa misura, un’erosione subaerea; è da ritenere, pertanto, abbastanza probabile l’esistenza di una locale discordanza o lacuna alla base delle argille, dovuta ai movimenti cui la zona deve essere stata sottoposta in un periodo antecedente alla sua deposizione talora il contatto avviene lungo liscioni di faglia, ma non è mai molto chiaro se questi siano antecedenti o meno alla deposizioni delle argille, date le caratteristiche meccaniche spiccatamente differenziate dei due depositi. Conglomerati con ciottoli da ben arrotondati a sub angolari di 29 rocce ignee e metamorfiche, associati a sabbie; localmente le sabbie possono essere in prevalenza. I conglomerati sono generalmente grossolani. Questi depositi sono in genere costipati e presentano una discreta resistenza all’erosione. Permeabilità da media ad elevata. Con tale unità inizia la successione stratigrafica degli affioramenti miocenici nel territorio del rendese. I sedimenti alto-miocenici costituiscono i primi depositi che poggiano, in maniera discordante, sulle diverse unità cristalline s-cl dell’Arco Calabro-Peloritano. Cozzo Crocicchio, Zifonati, Colle

M 3-2 Il complesso conglomeratico-sabbioso è caratterizzato da della Corte (Catena Costiera). un’estrema variabilità di spessore, dato che riempie le depressioni antecedenti alla sua deposizione. Si tratta di conglomerati poligenici con ciottoli, ben arrotondati, di rocce prevalentemente cristalline in una matrice grossolana; localmente le sabbie possono svilupparsi fino ad essere quantitativamente prevalenti. In affioramento questi conglomerati si presentano di colore giallo-ocra. Presso il contatto con l’unità calcarea sovrastante si hanno intercalazioni di argille siltose, con microfaune non significative. L’Unità non è fossilifera I depositi, generalmente costipati si presentano

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piuttosto resistenti all’erosione ed il passaggio con l’unità sottostante del basamento cristallino è netto e discordante con i depositi basali che colmano le irregolarità del substrato. La presenza costante di matrice sabbiosa indica un agente di trasporto con bassa capacità di cernita, ciò viene confermato dalla scarsa selezione granulometrica dei depositi e dalla distribuzione caotica degli elementi e dalla mancanza di strutture. La formazione è presente solo in alcune località montane del territorio. Scisti filladici grigio-verdastri con occasionali intercalazioni arenacee e calcaree Gli scisti contengono quarzo, sericite e clorite, e passano localmente a scisti verdi. Le rocce contengono comunemente vene di quarzo parallele alla scistosità. Questo complesso presenta una moderata resistenza all’erosione. Permeabilità bassa, con aumento della stessa nelle zone di fratturazione. Tale Unità è limitata ad alcune zone del territorio 30 poste sulla Catena Costiera dove si rinvengono affioramenti di S. Ianni, Roselle (Catena Costiera) sf filladi grigi. Si tratta di rocce metamorfiche a basso grado di metamorfismo. Gli scisti filladici si presentano lucenti di colore grigio, verdastro o bruno-scuro, contengono numerose segregazioni di quarzo e intercalazioni di calcari cristallini. La facies è prevalentemente pelitica e le rocce si presentano, di Paleozoico solito, intensamente deformate e sono attraversate da numerose superfici di discontinuità (fig. 14) che facilitano i processi erosivi e la franosità. Gneiss e scisti biotitici grossolani, spesso granatiferi, occasionalmente con sillimanite ed andalusite. Le rocce contengono vene e piccole ammassi di pegmatite e materiale granitico. Il complesso presenta in genere una elevata resistenza La Foresta, Foresta di Magdaloni, all’erosione e permeabilità bassa, con aumento della stessa nelle Valle S. Ianni, Cerasuolo, Cozzo zone di fratturazione. sbg Crocicchio, Colle della Corte, Cozzo Costituisce il substrato su cui poggiano le varie unità Cardonetto, Zifonati (Catena Costiera). sedimentarie e affiora, nel contesto del territorio in esame, in ampi settori, parti integranti della Catena Costiera. Questa unità metamorfica rappresenta il tipo litologico più diffuso e più antico del territorio comunale (fig. 15). Queste rocce, sottoposte alle

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azioni degli agenti esogeni, si mostrano normalmente arenizzate in superficie. In relazione al grado di continuità, all’esame macroscopico nelle incisioni naturali, gli scisti si presentano con fratture, pieghe e linee di discontinuità anche trasversali ai piani di scistosità. La condizione di notevole allentamento meccanico, evidenziato dalle numerose e spesso ravvicinate linee di discontinuità, favorisce l’azione disgregatrice e di alterazione chimica degli agenti atmosferici e quindi il formarsi della coltre detritica e di alterazione presente su gran parte della superficie di affioramento della formazione. I processi di alterazione e degradazione tendono a diminuire con la profondità e lo spessore dei materiali di alterazione è in genere minimo nelle aree soggette ad intensa erosione (come le incisioni vallive ed i pendii con acclività superiore al 35%), mentre raggiunge valori massimi di qualche decina di metri nelle aree meno acclivi e con abbondante circolazione idrica. Il comportamento geotecnico della 31 formazione dipende quindi direttamente dallo stato di continuità e di alterazione degli stessi. Dove la roccia è fresca presenta un’elevata resistenza all’erosione e bassa permeabilità, dove invece è alterata e degradata presenta permeabilità elevata e bassa resistenza all’erosione.

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Fig. 14 - Formazione scistosa (sf) intensamente alterata, dovuta all’acqua che riesce a penetrare con estrema facilità lungo i piani di scistosità, accelerandone i processi alterativi. La foto ritrae un piccolo affioramento in località S. Ianni, qualche centinaia di metri a monte della strada Marano M. - Nogiano.

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Fig . 15 - Gli affioramenti di gneiss presenti sul territorio comunale si trovano nella parte occidentale (Catena Costiera) e rappresentano gli affioramenti più antichi (Paleozoico). La formazione riportata nella foto si trova lungo il torrente Cerasuolo, al confine col comune di S. Fili.

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34 a) b)

Rapporti stratigrafici tra le interfacce delle diverse unità stratigrafiche, in relazione alle diverse potenziali giaciture in cui queste si potrebbero trovare. Le tre sezioni, riportate dalla Carta Geologica della Calabria (Montalto U., S. Pietro in Guarano e Marano M.), evidenziano gli aspetti stratigrafici lungo la fascia centrale (a), il margine orientale (b) e occidentale (c) del graben del Crati.

c)

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3. ASPETTI MORFOLOGICI DELL’ALTA VALLE DEL CRATI NELLA QUALE È COLLOCATA L’AREA DI PIANO

3. 1 INQUADRAMENTO GENERALE La Calabria è caratterizzata da grosse strutture morfologiche sviluppate nel corso della sua storia geologica e strutturale. In linee generali essa può essere suddivisa in diversi sistemi morfologici caratterizzati da fenomeni di evoluzione morfodinamica talora abbastanza diversificati da un settore all’altro (S. Critelli, S. Gabriele, 1991). In questa sede interessa in particolare la Calabria settentrionale in special modo l’alta valle del Crati nella quale è collocato il territorio rendese che fa parte del presente studio. 35 La valle del fiume Crati, che si sviluppa da Cosenza fino la pianura di Sibari, costituisce un graben asimmetrico, bordato da numerose faglie alcune delle quali ancora attive (S. Critelli, S. Gabriele, 1991), riempito da sedimenti plio – quaternari (Lanzafame & Zuffa, 1976; Lanzafame & Tortorici, 1981). I margini opposti della valle sono costituiti ad est dal massiccio silano e ad ovest dalla Catena Costiera; l’asse della valle è orientato N – S mentre, in corrispondenza della piana di Sibari, questo ruota di circa 60° orientandosi NE – SW. La morfologia, tipicamente collinare, è caratterizzata da un fitto reticolo idrografico dominato dal fiume Crati e da tutta una serie di corsi d’acqua tributari, capaci di trasportare notevoli volumi di sedimento. Forme morfologiche tipiche sono i terrazzamenti sia marini che continentali e le conoidi alluvionali mentre, soprattutto sul versante silano, si osserva la presenza di numerose frane nei sedimenti sabbiosi quaternari e nei terreni cristallini profondamente alterati (Guerricchio & Melidoro, 1973; Carrara & Merenda, 1974; 1976; Frega et al. 1976; Mercuri & Merenda, 1981; Cascini et al. 1988; 1991; 1991 b). Sulla parte occidentale si sviluppa la Catena Costiera che rappresenta un rilievo morfologicamente giovane, ancora in sollevamento (S. Critelli, S. Gabriele, 1991), strutturalmente costituito dalla sovrapposizione di numerose unità tettoniche alpine di crosta sia continentale che oceanica (Amodio, Morelli et al., 1976; Carrara & Zuffa, 1976; Dietrich, 1976; Lanzafame & Zuffa, 1976; Colonna & Compagnoni, 1982), accavallatesi sulle unità carbonatiche della Catena appenninica, venuta a giorno, durante le fasi tettoniche tardo – mioceniche. Nel caso particolare dell’area di studio, si presenta per lo più collinare, con pendenze che aumentano nella direzione della Catena Costiera, dove assume una morfologia tipicamente di

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versante, mentre la fascia valliva si sviluppa lungo la spianata morfologia formata dai terreni alluvionali del fiume Crati il cui corso ha una lunghezza complessiva di 81.4 km con una superficie di bacino 2577 kmq ed una pendenza media del 2.14 % (Caloiero, 1975; Caloiero et al. 1990). Nel territorio rendese, sono presenti, inoltre, importanti affluenti di sinistra del Crati che si dipartono dalla Catena Costiera attraversando l’area da W verso E – NE raggiungendo la bassa valle dove la morfologia diventa più dolce e le forme collinari, sostituiscono dapprima le aspre forme dell’alta valle e successivamente si raccordano con le ampie spianate alluvionali sulle quali sono ricadute le scelte urbanistiche programmate dal comune di Rende e dove sono state insediate le recenti conurbazioni. 36 3. 2 INQUADRAMENTO LOCALE La morfologia generale del territorio rendese è strettamente legata a processi erosivi sia di tipo areale che lineare, condizionati nel loro esplicarsi dalle caratteristiche litologiche e strutturali e dalle caratteristiche geomeccaniche dei litotipi. Si tratta di morfologie modellate a monoclinali collinari delimitati da impluvi che tendono ad approfondirsi in relazione all’azione incisiva dei corsi d’acqua. I versanti, con valli attraversati da corsi d’acqua molto incisivi in concomitanza di piogge, diventano via via sempre più ripidi da est verso ovest fino ai primi contrafforti della Catena Costiera dove la presenza dell’importante allineamento tettonico (faglie lungo l’allineamento ) che nel nostro territorio interessa principalmente le località S. Ianni – Nogiano – Monaci – Villa Miceli – Fosso Cofaroni (Cucchiano) segna il confine occidentale del bacino del Crati. Le litologie che caratterizzano il territorio e in particolare il loro grado di alterazione e fratturazione, condizionano notevolmente la stabilità globale di queste aree che sono soggette, quindi, ad una rapida e continua evoluzione morfologica. Nelle aree in cui si rinvengono le coperture di dilavamento e soliflussione olocenici (prodotti dallo smantellamento e alterazione dei pendii limitrofi), ma anche all’interno delle litologie argilloso - siltose, dislocate in affioramenti più o meno estesi in tutto il territorio, e nelle aree di affioramento delle sabbie limose, occupanti la fascia mediana del territorio alquanto estesa, si rilevano fenomeni gravitativi che evidenziano la precarietà di numerosi pendii collinari. Questa instabilità è strettamente dipendente dai fenomeni erosivi prodotti dalle acque di ruscellamento e di dilavamento superficiale quasi sempre defluenti selvaggiamente. Infatti dall’esodo rurale degli ’60 è venuta a mancare totalmente la prevenzione idrogeologica e il drenaggio razionale delle acque di scorrimento, rendendo così gli spessori delle coltri alterate sempre più instabili e tendenti a fenomeni di dissesto.

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4. ELEMENTI SISMOTETTONICI DELL’ALTA VALLE DEL CRATI CHE INTERESSANO IL TERRITORIO IN ESAME

L’area di studio, plio-quaternaria, s’inquadra in un più ampio contesto geologico regionale legato alla formazione dell’Arco Calabro-Peloritano (Amodio-Morelli et alii , 1976), segmento arcuato dell’orogene appenninico-magrebide estruso sulla crosta oceanica del Bacino Jonico durante le fasi finali dei processi collisionali tra Africa ed Europa (Ben Avraham et alii , 1990). Strutturalmente l’Arco Calabro è costituito dalla sovrapposizione, attuatasi tra il Cretaceo sup. ed il Paleogene, di una serie di unità formate da rocce cristallino-metamorfiche paleozoiche e mesozoiche, derivanti dalle deformazioni di domini continentali ed oceanici (Tanzi, Iovine, Folino Gallo, 2005). 37 Successivamente alla sua strutturazione, l’Arco Calabro-Peloritano è stato interessato da un intenso sollevamento isostatico, iniziato nel pliocene sup. (particolarmente spinto nel pliocene medio) e tutt’ora in atto legato al distaccamento in profondità della placca jonica subdotta (Westaway, 1993; Wortel & Spacman, 1993; De Jonge et alii , 1994; Tortorici et alii , 1995; Monaco et alii , 1996; associato ad una fase tettonica in rifting su ampia scala (Ward, 1994; Monaco & Tortorici, 2000). L’estensione, orientata WNW-ESE, ha prodotto la rift-zone calabro-sicula (Monaco & Tortorici, 2000) strutturata da un sistema di faglie normali, tutt’ora attive: essa si estende dalla costa orientale della Sicilia, attraverso lo Stretto di Messina, fino al settore nord – occidentale della Calabria. Il graben del Crati rappresenta l’elemento neotettonico di maggior importanza oltre che per estensione anche per il particolare significato geodinamico nell’ambito del Mediterraneo centrale. Esso, infatti, essendo collocato nel settore di transizione tra l’Arco Calabro-Peloritano e l’Appennino meridionale, rappresenta uno dei settori-chiave per la comprensione dei rapporti tra i due domini di catena. Tutto questo ha generato anche la tettonica quaternaria con notevoli ripercussioni nell’area di studio dove le scarpate di faglie morfologicamente “fresche” e ben sviluppate ne regolano l’evoluzione morfologica. Il graben del Crati rappresenta inoltre un settore ad elevata sismicità (Guerra, 1996; Gasperini et alii , 1982; Tortorici et alii , 1995). In particolare la sua porzione meridionale evidenzia un maggior grado di attività sismo- genetica, come dimostrato dai dati della sismicità storica (es. eventi di intensità IX-X MCS, anni 1767,1835,1854,1870 e 1887 (Postpischi, 1985; Boschi, et alii , 1995) e strumentale (Moretti et alii , 1990).

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La depressione tettonica del graben del Crati, è costituita da due distinti settori: una porzione meridionale, dalla forma tipicamente allungata e delimitata da faglie normali ad andamento N – S e una porzione settentrionale, rappresentata dalla Piana di Sibari, in corrispondenza della quale il graben tende ad allargarsi sensibilmente, delimitata da faglie ad andamento WNW-ESE e, in subordine, NE-SW (Lanzafame & Tortorici, 1981; Tortorici, 1981; Turco et alii , 1991; Catalano, et alii , 1993; Tanzi, Iovine, Folino Gallo, 2005). In particolare, la porzione meridionale che più interessa il territorio di Rende si allunga in direzione Nord – Sud con estensione da Piano Lago, circa 12 km a sud di Cosenza, fino a (a nord di Rende), per una lunghezza complessiva di circa 40 km. La grande depressione, determinata da faglie dirette N – S e riempita successivamente da 38 depositi clastici plio-quaternari, è confinata dagli horst della Catena Costiera e dall’Altopiano silano rispettivamente posti ad ovest e ad est del graben . I depositi di riempimento del graben sono costituiti da una successione conglomeratico sabbioso-argilloso di spessore complessivo pari a 1100 m, solo in parte affiorante (Tanzi, Iovine, Folino Gallo, 2005), riferibile a un ciclo sedimentario marino del P sup. – Pleistocene inf., su cui giacciono in discordanza depositi di fan-delta ghiaioso - sabbiosi (Colella et alii, 1987) del Pleistocene medio, nonché depositi alluvionali attuali del F. Crati e dei suoi principali tributari. Questi deposti giacciono su un substrato pre-pliocenico costituito da unità cristallino-metamorfico appartenenti all’arco Calabro-Peloritano (Amodio, Morelli et alii , 1976) localmente ricoperti da depositi supramiocenici (Di Nocera et alii , 1974) in corrispondenza dei due horst. Alla luce degli studi recenti di ricercatori del C.N.R. e dell’Università della Calabria, le dislocazioni tettoniche che interessano il bacino meridionale si identificano in tre sistemi principali che si sviluppano lungo tre direzioni principali: N – S, NW – SE e NE – SW. Quelli che interessano particolarmente l’area di studio sotto l’aspetto sismogenetico sono i primi due (fig. 16) ribassati da morfologie a gradinate verso il F. Crati. Lungo il margine orientale del graben sono presenti anche delle faglie quaternarie; questo costituisce un settore complesso in quanto segna la transizione tra due elementi strutturali ovvero tra la porzione nord-orientale della rift -zone calabro - sicula e il dominio neotettonico regionale ricadente nell’ambito della linea del Pollino - Faglia di Rossano (Sorriso Valvo & Tanzi, 1996).

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Fig. 16 - Caratteri sismotettonici del graben del F. Crati (da Tanzi et alii, 2005). Sono evidenziati i più importanti allineamenti tettonici e le faglie attive e recenti lungo i bordi occidentale ed orientale che hanno dato origine alla fossa tettonica (graben) e dove ha origine l’intera sismicità dell’area 39 evidenziata dagli epicentri dei terremoti storici e strumentali (profondità < 35 km) più significativi (Rielaborazione grafica di P. Vercillo, 2011).

SISTEMA N – S È rappresentato da un sistema di faglie che determinano una struttura a gradinata degradante verso Est e che non sono rigorosamente parallele ma divergono leggermente procedendo verso Nord dalla zona immediatamente a Sud di Cosenza. Si possono distinguere due allineamenti tettonici principali rappresentati dalla linea S. Marco Argentano – S. Fili e dalla linea Torano Castello – già individuate da Lanzafame & Zuffa (1976) e da Ortolani (1976) che secondo gli studi di Moretti ( Il database delle faglie capaci della Calabria: stato attuale delle conoscenze ) si protrae fino Domanico. Questo allineamento attraversa l’area di studio interessando da sud verso nord le località di S. Ianni, Nogiano, S. Onofrio, Monaci, Profico, Villa Miceli, Cucchiano (Fosso Cofaroni lungo il confine con S. Fili) (fig. 17, 18, 19, 20). In quest’ultimo tratto, le dislocazioni tettoniche hanno portato alla stessa quota i conglomerati rossastri del Miocene sup. (fig. 21) con le sabbie del Pliocene medio sup. (fig. 20) (cioè formazioni con alcuni milioni di anni di differenza). Queste due sistemi corrispondono alle grandi faglie normali N – S che bordano ad occidente

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la fossa tettonica della valle del Crati. Il rigetto complessivo di queste strutture è stimabile in 1500- 2000 m nel corso del Pleistocene, mettendo a contatto le argille infra-medio pleistoceniche con le rocce cristalline della Catena Costiera, che si ergono oltre i 1400 m di quota. La faglia mostra una fortissima evidenza morfologica e si sviluppa in dettaglio in una scalinata di elementi a dislocazione normali ribassati verso Est ed arrangiati a scala cartografica secondo un sistema cosiddetto a en echelon cioè strutture planari verso l’asta di massima depressione (F. Crati) (A. Moretti). Le dislocazioni, in molti casi, interessano anche la superficie sommitale delle conoidi quaternarie, indicando il persistere di deformazioni attive anche durante l’Olocene. Nei secoli scorsi tuttavia la Valle del Crati, a nord di Cosenza, non sembra essere stata interessata da terremoti di energia confrontabile con i maggiori eventi che hanno interessato la regione, anche se sono state relativamente 40 frequenti scosse di intensità compresa tra i gradi VIII e IX MCS (A. Moretti). Queste due sistemi di faglie hanno determinato il sollevamento della struttura che costituisce la Catena Costiera e segnano il limite più occidentale del bacino. Più precisamente la prima dislocazione, la più occidentale, segna la separazione in affioramento tra il substrato cristallino metamorfico della Catena Costiera e i sedimenti postorogeni; la seconda mette a contatto, sempre in affioramento, i livelli più profondi di quest’ultimi con i livelli sommitali della serie plio - pleistocenica. Viene così ad essere delimitata una fascia compresa fra le due dislocazioni in cui affiorano quasi esclusivamente i depositi postorogeni più antichi e limitate porzioni di substrato (Lanzafame & Tortorici, 1981). Queste dislocazioni sono espresse morfologicamente da versanti rettilinei ben evidenti talora modellati in faccette triangolari; alla base delle scarpate si localizzano depositi più o meno estesi di falde e coni di detrito. I sedimenti in prossimità delle faglie principali si presentano interessati da numerose piccole dislocazioni e sono generalmente intensamente deformati come a S. Marco Argentano o in prossimità di S. Fili, dove una serie di faglie normali mette a contatto sedimenti supramiocenici con termini basali della successione infrapleistocenica i quali, con giacitura verticale, sono a loro volta accostati ai termini sommitali della stessa successione (Lanzafame & Tortorici, 1981). Nella zona più settentrionale della fascia, compresa tra le due linee principali di questo sistema, si sviluppa una serie di faglie orientate NNE – SSW che, creando una serie di horst e graben, determina l’affioramento parziale del substrato cristallino; ben individuati geologicamente sono l’Horst di Ponte Malofabbricato che porta in affioramento rocce granitiche e l’Horst di in corrispondenza del quale affiora la sequenza evaporitica messiniana con il suo substrato (Lanzafame & Tortorici, 1981). Altre dislocazioni minori si riscontrano nelle vicinanze di Arcavacata di Rende dove faglie normali determinano una struttura a gradinata con progressivo abbassamento verso Est interessando

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sia i termini intrapleistocenici sia i sovrastanti depositi continentali terrazzati del Pleistocene medio – superiore. A questo sistema di faglie N – S appartengono anche numerose faglie che dislocano termini di substrato e creano morfologie particolari come vette con le massime quote allineate, non corrispondenti alle linee di spartiacque, corsi d’acqua rettilinei e faccette triangolari ben evidenti. Questo sistema di faglie raggiunge i massimi rigetti nella zona di Regina dove i livelli basali messiniani sono messi a contatto con le sabbie ed i conglomerati regressivi infrapleistocenici, per cui i rigetti post Pleistocene inferiore sono dell’ordine di 1200 m (Lanzafame & Tortorici, 1981).

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Fig. 17 - Allineamento tettonico Marano Marchesato - Torano Castello. La foto, realizzata dalla località S. Ianni del comune di Rende, mostra l’andamento e l’aspetto morfologico della faglia che attraversa, in corrispondenza delle frecce, la località Nogiano uno dei centri storici comunali.

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Fig. 18 - Faglia Marano Marchesato – Torano Castello. La foto è stata effettuata da Villa Miceli in direzione Nogiano (indicata dalle frecce). L’allineamento tettonico attraversa le località Profico, S. Onofrio, Monaci, nonché l’abitato di Nogiano. Da Villa Miceli prosegue verso S. Vincenzo La Costa attraverso il Fosso Cofaroni al confine tra la località Cucchiano (estremo nord-ovest) e il comune di S. Fili.

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Fig. 19 - Faglia Marano Marchesato – Torano Castello - La foto è stata scattata dalla stradina che dal primo Bivio di S. Fili porta a Cucchiano. La faglia, proveniente da Nogiano, si sviluppa lungo il Fosso Cofaroni (individuato dalle frecce) per proseguire in direzione di S. Vincenzo la Costa (in lontananza nella foto) lungo il suo territorio meridionale.

Fig. 20 - Bivio S. Fili – Villa Miceli. Particolari della faglia Marano Marchesato – Torano Castello in corrispondenza del taglio antropico. La foto mette in evidenza la sub verticalità degli strati sabbioso - conglomeratici deformati dall’azione tettonica della faglia.

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Fig. 21 - Formazione conglomeratica poligenica del Miocene affiorante lungo la strada provinciale Villa Miceli - S. Fili. A causa della faglia, questa unità litologica si trova localmente alla stessa quota topografica delle formazioni plioceniche.

SISTEMA NW – SE

Trova la sua massima espressione nell’allineamento di faglie che da S. Sosti si prolunga verso SE, interessando trasversalmente il bacino del Crati fino al bordo silano di quest’ultimo. Si tratta di faglie normali, con piani inclinati di 70 – 80° verso NE. Nel tratto più settentrionale le dislocazioni mettono a contatto in affioramento il substrato cristallino ed i termini più bassi della successione postorogena con i livelli plio - pleistocenici creando come a S. Sosti e a S. Marco Argentano scarpate ben sviluppate. Tra S. Marco Argentano e Rose queste faglie controllano l’idrografia (T. Finita e F. Crati) e fungono inoltre da elemento separatore tra due zone del bacino di cui quella Nord è caratterizzata dalla diffusa presenza di depositi marini terrazzati medio pleistocenici (Lanzafame & Tortorici, 1981). La sismicità che puntualmente viene registrata lungo le maggiori dislocazioni tettoniche indica che i due sistemi di faglie appena evidenziate sono da considerarsi ancora attive e che potranno rilasciare in futuro importanti quantità di energia.

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In conclusione l’esame delle strutture che interessano i sedimenti della Valle del Crati permettono di evidenziare la presenza di una tettonica polifase. Ad una compressione con direzione E – W, le cui strutture si manifestano dei sedimenti del Miocene e del Pliocene inferiore, segue, dal Pliocene medio – superiore in poi, una tettonica prevalentemente distensiva, anch’essa con direzione E – W, interrotta da una, sia pur probabile e breve fase tettonica compressiva le cui strutture sono state rilevate solo nei sedimenti del pleistocene medio e mostrano una direzione di raccorciamento massimo circa NNW – SSE da inquadrare nel vasto panorama tettonica del Mediterraneo dove è ben documentata una fase compressiva N – S datata nel Pleistocene inferiore anche in zone soggette a prevalente tettonica distensiva (Mercier, 1976; Armijo & alii, 1977; Rampnoux & alii, 1977; Thomas, 1977, Mercier & alii, 1979). 45 Più in generale la formazione del bacino del Crati potrebbe essere dovuta alla Linea di il cui movimento sinistro sarebbe responsabile dell’apertura della fossa il cui asse si dispone con un angolo di circa 60° rispetto ad essa. Questa ipotesi di formazione del bacino che permette di collocare in un contesto globale e coerente sia la trasgressione dei sedimenti plio – pleistoceni nella valle del Crati che la dissimmetrica disposizione e la divaricazione delle dislocazioni del sistema N – S trova riscontro nei modelli di apertura di fosse in connessione con movimenti orizzontali di elementi maggiori proposti da Davis & Burchfiel (1973).

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5. ELEMENTI SULL’ACCLIVITÀ DEL TERRITORIO

Allo scopo di fornire un elaborato cartografico per una visione generale dell’assetto morfologico del territorio e le condizioni di giacitura degli elementi morfologici elementari, è stata redatta una carta dell’acclività del territorio TAVV. G.4a, 4b, 4c, sulla base dell’impianto altimetrico descritto dalla cartografia in scala 1:5 000 della carta tecnica regionale, fornita dall’Amministrazione Comunale, in cui i singoli elementi sono individuati per mezzo di procedure morfologiche che evidenziano tratti di territorio di pendenza e forma costante o varianti entro un intervallo prestabilito. Le classi di pendenza contigue sono definite in % e coprono il campo da 0 all’80% secondo la suddivisione seguente: 0-10%, 10-20%, 20-35%, 35-50%, 50-80%, > 80%. 46 Tale impostazione, seppur non consenta una valutazione puntuale della pendenza dei vari siti, ma piuttosto una valutazione media della pendenza per area, riesce a dare sufficienti informazioni sulla morfologia superficiale evidenziando le conformazioni più tipiche del territorio: dossi, creste, dorsali principali, spianate morfologiche e forme vallive di origine fluviale. Le aree ad acclività accentuata costituiscono la nota dominante delle aree di versante, di molti fianchi vallivi delle principali incisioni fluviali e alcune incisioni torrentizie che esistono nell’ambito del territorio analizzato. L’accostamento di fasce con valori di pendenza molto diversa è da porre in relazione con l’idrografia superficiale, con la qualità dei tipi litologici presenti, con la franosità e in alcuni casi con la tettonica e i processi dovuti al ruscellamento superficiale, nonché all’azione antropica, tutti fattori che hanno contribuito ad alterare la morfologia originaria. Tranne che per le prime classi, le cui pendenze rientrano tra le percentuali di inclinazione dei versanti che non richiedono particolari prescrizioni, per le restanti aree a pendenza più elevata, si evidenziano le seguenti osservazioni:  terreni con pendenza tra il 20 e il 35% : è opportuno che gli interventi si effettuino per comparti, da realizzarsi con ripianamenti del pendio previsti in fase di progettazione; i fronti di scavo dovranno essere tutelati da strutture di contenimento, sia a monte che a valle, opportunamente dimensionate;  terreni con pendenza tra il 35-50 % : all’interno di questa classe ricadono tutti i fianchi delle incisioni torrentizie e delle principali dorsali che costituiscono le strutture morfologiche più evidenti del territorio esaminato. In questa classe di pendenza si possono osservare fenomeni di rapida erosione, cedimenti gravitativi di forma, tipo ed entità varie. S’individua per tale classe di pendenza una pericolosità moderatamente alta.

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Alcune aree all’interno di questi ultimi versanti, potrebbero diventare idonee all’utilizzazione urbanistica, previa la realizzazione di supplementi di indagine per acquisire una maggiore conoscenza sulla stabilità globale dell’area e del suo intorno, attraverso verifiche analitiche in condizioni pre e post intervento da cui dovrà risultare un coefficiente di sicurezza allo scorrimento, superiore a quello determinato nelle condizioni morfologiche iniziali e di altri vincoli specificate nel REU;  terreni con pendenze superiori al 50% : all’interno di questa classe ricadono versanti molto ripidi della zona collinare pre – montana e gli ammassi rocciosi con giacitura sfavorevole degli strati e rilevante fatturazione nonché con un grado di instabilità potenziale troppo elevato per poterne prevedere l’utilizzazione urbanistica. 47

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6. CARATTERISTICHE METEO – CLIMATICHE DELL’AREA IN ESAME

Le caratteristiche climatiche del territorio calabrese sono fortemente influenzate dalla presenza di una complessa idrografia che determina un marcato effetto sulle masse di aria umida provenienti dal mare, con direzioni prevalenti da W e NW lungo il lato tirrenico, da NE e SE su quello Jonico. La presenza di catene montuose che si innalzano rapidamente dal livello del mare fino a quote medie di 1000 – 1500 m, provoca una rapida ascensione delle masse d’aria umida, che determinano precipitazioni di intensità crescenti con la quota. Le conseguenze sono evidenziate dalla distribuzione molto irregolare delle precipitazioni medie annue, che oscillano da massimi di quasi 2000 mm di pioggia sulle zone sommitali di Catena 48 Costiera, Serre e Aspromonte, fino a minimi di 500 – 600 mm in alcune zone della costa jonica. La presenza di catene montuose, a sviluppo prevalentemente lineare, che si innalzano rapidamente dal livello del mare fino a quote medie di 1000-1500 m, provoca la rapida ascensione delle masse d’aria umide che precipitano in piogge, di intensità più o meno proporzionale alla quota (S. Critelli – S. Gabriele, 1991). Le perturbazioni provenienti da NW, che interessano la fascia tirrenica e, più in particolare la Catena Costiera, si manifestano nel periodo autunno – primavera, non generando, generalmente, piogge persistenti e molto intense; però, negli anni, il dato sembrerebbe in controtendenza soprattutto se vengono analizzati i dati del biennio 2008 – 2010. Il clima è tipicamente mediterraneo, con inverni piuttosto miti ed estate calde. Nella tabella sottostante sono riportate le temperature medie mensili (1925 – 2003) riferiti alla stazione di Cosenza che è la più vicina alla fascia meteo – climatica dell’area di studio.

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1925 04 08,6 15,1 21,6 1963 07 18,1 25,0 31,9 1925 05 12,0 18,2 24,4 1963 08 18,9 26,0 33,0 1925 06 15,0 22,3 29,6 1963 09 16,1 22,5 29,0 1925 08 17,8 26,4 34,9 1963 10 11,1 16,2 21,2 1925 09 13,8 22,2 30,5 1963 11 10,3 15,9 21,6 1925 10 11,2 16,4 21,7 1963 12 07,6 11,4 15,2 1925 11 09,5 14,3 19,2 1964 01 02,9 07,2 11,4 1925 12 07,4 11,9 16,3 1964 02 04,3 08,6 12,9 1926 01 04,5 09,6 14,7 1964 03 07,3 11,6 15,9 1926 03 08,6 13,9 19,1 1964 04 07,8 13,4 19,1 1926 04 03,1 12,3 21,6 1964 05 11,6 17,6 23,5 1926 06 15,5 21,8 28,2 1964 06 15,9 22,7 29,5 1926 07 17,0 23,0 29,1 1964 07 17,0 23,7 30,5 1926 08 17,1 24,3 31,5 1964 08 17,8 24,6 31,4 1926 09 17,5 23,8 30,0 1964 09 14,7 21,3 27,9 1926 10 14,3 19,8 25,3 1964 10 12,1 17,0 21,8 1926 11 12,4 17,3 22,2 1964 11 09,5 13,6 17,7 1926 12 05,8 09,6 13,5 1964 12 05,9 10,0 14,1 1927 01 04,5 09,6 14,6 1965 01 04,3 08,1 11,9 1927 02 03,1 08,4 13,6 1965 02 00,9 05,2 09,5 1927 03 07,6 13,8 20,0 1965 03 06,2 10,8 15,4 1927 04 09,6 15,9 22,2 1965 04 07,5 11,9 16,3

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Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1927 05 13,7 20,0 26,3 1965 05 10,7 17,5 24,2 1927 06 18,4 24,9 31,5 1965 06 15,8 23,0 30,2 1927 07 20,7 27,2 33,8 1965 07 18,7 26,3 33,9 1927 08 19,9 26,0 32,1 1965 08 16,6 24,2 31,7 1927 09 18,0 23,4 28,8 1965 09 14,4 20,7 27,0 1927 11 11,8 15,7 19,6 1965 10 10,4 16,2 22,1 1928 01 05,4 09,8 14,2 1965 11 08,9 13,5 18,0 1928 02 05,2 10,2 15,2 1965 12 05,1 09,5 13,9 1928 03 06,9 12,0 17,0 1966 01 02,4 06,1 09,8 1928 04 10,6 17,1 23,7 1966 02 06,2 11,0 15,8 1928 05 11,0 17,6 24,3 1966 03 04,3 08,8 13,2 1928 10 15,9 20,0 24,2 1966 04 09,0 14,1 19,2 1928 11 09,1 13,7 18,3 1966 05 10,6 16,6 22,5 1928 12 04,4 07,4 10,5 1966 06 15,3 22,1 28,9 1929 01 02,5 05,5 08,5 1966 07 16,6 23,6 30,6 1929 02 03,2 05,7 08,2 1966 08 17,4 25,0 32,5 1929 03 10,3 14,3 18,4 1966 09 14,5 21,4 28,3 1929 04 13,9 18,2 22,4 1966 10 13,1 18,2 23,3 1929 05 19,2 23,7 28,3 1966 11 06,8 10,8 14,9 49 1929 06 26,2 30,4 34,5 1966 12 04,2 07,5 10,7 1929 09 22,2 26,7 31,2 1967 01 02,6 06,9 11,2 1929 10 16,4 20,9 25,3 1967 02 03,4 08,0 12,6 1929 11 12,7 16,1 19,4 1967 03 05,6 11,2 16,8 1929 12 08,1 12,0 15,9 1967 04 06,8 11,5 16,2 1930 01 04,7 09,1 13,6 1967 05 11,2 17,5 23,8 1930 02 05,0 09,6 14,3 1967 06 12,5 19,1 25,7 1930 03 08,2 12,2 16,3 1967 07 16,7 24,3 31,8 1930 04 08,8 15,2 21,6 1967 08 17,0 24,9 32,7 1930 05 12,0 18,9 25,8 1967 09 14,0 20,5 26,9 1930 06 16,9 25,7 34,6 1967 10 09,3 16,5 23,6 1930 07 18,9 28,2 37,4 1967 11 04,6 10,7 16,8 1930 08 17,9 27,7 37,6 1967 12 04,3 07,9 11,5 1930 09 16,2 24,9 33,6 1968 01 02,2 06,2 10,1 1930 10 12,7 18,3 23,9 1968 02 05,2 10,4 15,7 1930 11 09,5 14,3 19,1 1968 03 04,4 10,0 15,5 1930 12 06,7 10,1 13,6 1968 04 08,6 15,9 23,2 1931 01 06,1 09,4 12,7 1968 05 12,9 19,5 26,2 1931 02 05,5 09,9 14,4 1968 06 15,5 21,6 27,6 1931 03 08,3 12,9 17,5 1968 07 17,4 25,1 32,8 1931 04 08,3 13,9 19,5 1968 08 16,2 23,1 29,9 1931 05 11,9 18,0 24,1 1968 09 14,8 21,6 28,4 1931 06 18,5 25,7 32,9 1968 10 10,8 17,4 24,0 1931 07 20,0 27,2 34,5 1968 11 07,2 12,3 17,4 1931 08 19,6 27,3 34,9 1968 12 05,4 08,8 12,3 1931 09 15,0 20,5 26,0 1969 01 03,0 07,1 11,3 1931 10 11,3 16,9 22,5 1969 02 04,0 08,5 12,9 1931 11 08,8 12,9 17,0 1969 03 06,6 10,0 13,4 1931 12 04,8 08,2 11,7 1969 04 07,6 13,2 18,7 1932 01 03,4 07,9 12,5 1969 05 13,5 20,0 26,5 1932 02 01,9 05,8 09,6 1969 06 14,5 20,7 27,0 1932 03 06,1 10,2 14,2 1969 07 15,0 23,2 31,3 1932 04 09,1 14,0 18,8 1969 08 15,8 22,9 30,1 1932 05 12,4 18,2 24,1 1969 09 14,0 19,8 25,6 1932 06 15,0 21,4 27,8 1969 10 09,9 15,9 22,0 1932 07 17,8 24,9 32,0 1969 11 07,2 13,0 18,8 1932 08 18,7 26,2 33,7 1969 12 03,1 06,1 09,1 1932 09 18,1 25,1 32,2 1970 01 04,0 07,7 11,4 1932 10 15,4 21,1 26,8 1970 02 04,3 07,8 11,2 1932 11 09,2 13,2 17,1 1970 03 04,2 09,0 13,7 1932 12 07,1 11,7 16,2 1970 04 07,3 12,4 17,5 1933 01 04,9 08,0 11,0 1970 05 08,5 14,9 21,2 1933 02 04,8 08,6 12,4 1970 06 14,2 20,7 27,1 1933 03 05,1 10,1 15,0 1970 07 15,8 22,9 30,0 1933 04 07,7 13,1 18,4 1970 08 17,0 24,4 31,7 1933 05 10,8 16,8 22,9 1970 09 14,1 21,2 28,3 1933 06 13,5 19,7 26,0 1970 10 09,1 15,0 20,8 1933 07 17,3 25,0 32,7 1970 11 06,6 12,3 17,9 1933 08 17,6 24,6 31,6 1970 12 03,4 08,1 12,8 1933 09 13,7 20,9 28,2 1971 01 04,2 07,5 10,8

Geol. Bruna Ballarò – Via Monache - 87030 Carolei (CS) - Tel. 3478616814 – E-mail: [email protected] Geol. Paolino Vercillo - Viale dei Giardini 1B - 87036 Rende (CS) - Tel. 3478040375 - E-mail: [email protected]

Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1933 10 12,1 17,9 23,6 1971 02 02,5 06,9 11,2 1933 11 10,2 14,2 18,1 1971 03 03,6 07,5 11,4 1933 12 06,1 09,1 12,2 1971 04 09,9 15,3 20,7 1934 01 03,9 07,7 11,5 1971 05 13,7 20,5 27,3 1934 02 03,1 08,1 13,1 1971 06 16,6 23,5 30,5 1934 03 07,6 11,8 15,9 1971 07 18,0 25,2 32,4 1934 04 10,1 16,0 21,9 1971 08 21,0 28,7 36,5 1934 05 12,3 18,0 23,6 1971 09 15,0 21,8 28,5 1934 06 15,5 21,5 27,6 1971 10 10,9 17,1 23,2 1934 07 18,8 26,3 33,7 1971 11 08,4 13,2 18,1 1934 08 18,3 26,0 33,8 1971 12 06,2 11,3 16,3 1934 09 15,8 22,7 29,6 1972 01 08,0 11,9 15,8 1934 10 11,5 16,8 22,0 1972 02 09,1 12,8 16,6 1934 11 08,9 14,2 19,5 1972 03 10,1 15,4 20,6 1934 12 06,8 10,7 14,6 1972 04 12,5 17,6 22,7 1935 01 01,1 05,2 09,2 1972 05 14,4 20,5 26,7 1935 02 04,4 08,8 13,3 1972 06 19,5 26,3 33,2 1935 03 04,4 08,8 13,2 1972 07 20,5 26,9 33,4 1935 04 08,8 14,6 20,4 1972 08 20,3 27,1 33,9 50 1935 05 11,1 17,3 23,6 1972 09 17,1 22,6 28,1 1935 06 16,3 24,0 31,6 1972 10 11,6 16,8 22,0 1935 07 18,1 25,7 33,4 1972 11 11,0 16,4 21,8 1935 08 18,3 25,3 32,4 1972 12 08,2 12,0 15,7 1935 09 15,1 22,1 29,2 1973 01 08,6 12,0 15,4 1935 10 13,4 20,1 26,7 1973 02 07,1 11,4 15,7 1935 11 09,3 13,4 17,5 1973 03 07,5 11,2 14,9 1935 12 06,9 10,0 13,1 1973 04 10,6 14,9 19,2 1936 01 06,8 10,8 14,8 1973 05 16,2 23,5 30,7 1936 02 05,7 09,6 13,6 1973 06 19,1 25,4 31,7 1936 03 06,5 11,4 16,3 1973 07 22,3 29,1 35,9 1936 04 09,7 15,1 20,5 1973 08 21,0 27,7 34,4 1936 05 11,5 16,9 22,4 1973 09 18,5 25,3 32,0 1936 06 14,8 21,1 27,4 1973 10 12,4 19,0 25,7 1936 07 18,3 26,6 35,0 1973 11 08,7 15,0 21,3 1936 08 17,2 24,6 32,0 1973 12 08,3 11,6 14,9 1936 09 15,5 22,3 29,1 1974 01 07,6 12,8 17,9 1936 10 10,6 15,0 19,5 1974 02 09,1 12,7 16,3 1936 11 06,7 11,6 16,4 1974 03 13,3 18,1 23,0 1936 12 04,4 08,7 13,1 1974 04 14,3 18,7 23,0 1937 01 04,7 08,7 12,7 1974 05 17,1 21,9 26,7 1937 02 06,8 10,5 14,2 1974 06 21,1 27,0 33,0 1937 03 08,3 13,0 17,8 1975 03 08,9 13,7 18,4 1937 04 08,6 13,4 18,2 1975 10 15,7 20,7 25,7 1937 05 11,6 17,6 23,5 1975 12 04,3 08,7 13,2 1937 06 16,8 24,5 32,1 1976 01 02,5 06,4 10,4 1937 07 17,3 25,4 33,6 1976 02 05,0 08,0 11,1 1937 08 17,8 25,9 34,1 1976 03 10,0 12,6 15,2 1937 09 15,0 21,6 28,2 1976 04 09,5 12,5 15,6 1937 10 11,8 17,7 23,6 1976 05 14,9 17,1 19,3 1937 11 08,3 13,4 18,4 1976 06 16,8 19,7 22,6 1937 12 03,8 08,1 12,3 1976 07 19,7 24,2 28,6 1938 01 02,5 06,5 10,5 1976 09 16,1 22,4 28,8 1938 02 01,6 06,4 11,1 1976 10 13,7 18,9 24,2 1938 03 04,3 10,3 16,4 1976 11 08,5 11,9 15,3 1938 04 04,9 10,5 16,1 1976 12 06,8 09,1 11,4 1938 05 09,9 16,0 22,2 1977 03 11,3 14,8 18,2 1938 06 14,9 23,0 31,1 1977 04 11,2 13,9 16,6 1938 07 17,6 25,5 33,4 1977 05 13,9 15,7 17,5 1938 08 17,9 25,1 32,3 1977 06 18,4 21,9 25,4 1938 09 14,0 21,1 28,3 1977 07 20,9 25,0 29,1 1938 10 12,4 17,8 23,2 1977 08 20,1 25,0 30,0 1938 11 07,5 13,0 18,5 1977 09 15,9 21,7 27,5 1939 01 04,8 09,3 13,7 1977 10 11,7 15,4 19,2 1939 02 04,4 09,1 13,8 1977 11 10,9 14,0 17,1 1939 03 03,0 07,7 12,4 1977 12 03,8 08,1 12,4 1939 04 08,7 13,7 18,7 1978 01 05,6 08,5 11,5 1939 05 10,8 15,7 20,6 1978 02 05,6 09,3 13,1 1939 06 14,9 21,2 27,5 1978 03 06,7 11,6 16,5 1939 07 18,4 26,5 34,6 1979 01 04,5 08,1 11,6

Geol. Bruna Ballarò – Via Monache - 87030 Carolei (CS) - Tel. 3478616814 – E-mail: [email protected] Geol. Paolino Vercillo - Viale dei Giardini 1B - 87036 Rende (CS) - Tel. 3478040375 - E-mail: [email protected]

Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1939 08 18,4 25,6 32,8 1979 02 08,0 11,1 14,2 1939 09 16,7 21,3 25,8 1979 03 08,0 12,3 16,5 1939 10 14,2 18,4 22,5 1979 05 13,4 18,9 24,4 1939 11 08,7 12,8 17,0 1979 06 17,6 24,4 31,3 1939 12 04,7 08,2 11,6 1979 07 18,8 25,1 31,3 1940 01 03,5 07,1 10,8 1979 08 21,1 26,6 32,1 1940 02 04,9 09,1 13,4 1979 09 17,3 23,1 29,0 1940 03 05,2 10,4 15,5 1979 10 13,6 19,0 24,4 1940 04 07,7 12,4 17,2 1979 11 09,3 12,7 16,1 1940 05 11,3 16,4 21,6 1979 12 07,9 11,8 15,6 1940 06 14,2 20,2 26,2 1980 01 05,3 08,8 12,3 1940 07 16,5 23,7 30,9 1980 02 05,3 10,1 14,8 1940 08 15,7 22,4 29,2 1980 03 07,0 10,9 14,8 1940 09 14,8 21,7 28,6 1980 04 07,7 12,4 17,1 1940 10 13,1 18,2 23,2 1980 05 12,0 16,3 20,6 1940 11 09,0 13,2 17,5 1980 06 15,9 21,9 27,9 1940 12 02,5 05,9 09,3 1980 07 18,4 24,8 31,3 1941 01 05,2 08,9 12,5 1980 08 18,9 25,8 32,7 1941 02 05,8 09,9 13,9 1980 09 16,0 23,0 30,1 51 1941 03 06,5 11,4 16,3 1980 10 12,5 17,4 22,2 1941 04 08,0 12,8 17,7 1980 11 09,7 14,0 18,4 1941 05 10,3 15,6 20,9 1980 12 05,7 09,1 12,5 1941 06 14,7 20,9 27,1 1981 01 02,8 06,1 09,4 1941 07 17,8 24,6 31,4 1981 02 05,1 09,4 13,6 1941 08 18,0 25,0 31,9 1981 03 09,3 14,0 18,7 1941 09 11,2 17,6 24,0 1981 04 10,5 16,1 21,7 1941 10 12,0 16,3 20,5 1981 05 13,4 18,7 24,0 1941 11 08,3 11,7 15,1 1981 06 18,1 24,6 31,2 1941 12 03,2 07,0 10,8 1981 07 18,5 24,9 31,2 1942 01 00,3 04,3 08,4 1981 08 17,7 24,3 30,8 1942 02 04,0 07,5 11,0 1981 09 18,9 25,5 32,0 1942 03 07,5 11,7 15,9 1981 10 14,9 20,2 25,5 1942 04 08,6 13,9 19,2 1981 11 06,1 11,6 17,0 1942 05 12,3 18,9 25,5 1981 12 07,8 10,9 14,1 1942 06 15,3 21,7 28,1 1982 01 08,0 11,5 15,0 1942 07 18,4 25,3 32,3 1982 02 05,2 09,1 12,9 1942 08 17,5 24,1 30,6 1982 03 07,0 11,6 16,2 1942 09 17,1 24,0 30,9 1982 04 09,5 14,6 19,6 1942 10 12,6 17,9 23,3 1982 05 14,3 20,7 27,1 1942 11 09,0 12,7 16,4 1982 06 19,6 26,3 33,1 1942 12 07,9 11,0 14,0 1982 07 21,7 28,3 34,9 1944 01 06,0 08,4 10,8 1982 08 22,5 29,1 35,6 1944 02 04,6 07,5 10,4 1982 10 19,3 23,4 27,5 1944 03 04,5 08,1 11,7 1982 11 13,7 18,3 22,8 1944 04 09,6 15,3 21,0 1982 12 11,6 14,3 17,0 1944 05 12,4 19,2 26,0 1983 01 11,0 15,3 19,6 1944 06 16,7 23,1 29,6 1983 02 08,6 12,6 16,5 1944 07 18,9 25,4 31,9 1983 03 12,3 17,3 22,3 1944 08 19,2 25,7 32,2 1983 04 15,3 21,0 26,7 1944 09 17,3 23,5 29,7 1983 05 19,5 25,5 31,5 1944 10 12,5 16,6 20,8 1983 06 21,3 27,5 33,6 1944 11 07,6 11,7 15,8 1983 07 24,9 31,7 38,5 1944 12 05,9 08,5 11,0 1983 08 24,2 30,6 36,9 1945 01 02,4 05,4 08,3 1983 09 21,5 28,1 34,6 1945 02 04,3 08,4 12,6 1983 10 17,7 22,7 27,6 1945 03 05,4 11,0 16,5 1983 11 14,5 17,6 20,6 1945 04 11,3 17,2 23,1 1983 12 11,0 13,9 16,8 1945 05 15,0 22,5 30,0 1984 01 10,0 13,0 16,0 1945 06 19,3 25,7 32,1 1984 02 09,3 11,7 14,2 1945 07 21,5 28,1 34,7 1984 03 09,7 10,8 11,9 1945 08 21,2 27,6 34,0 1984 04 12,9 14,9 16,8 1945 09 17,2 23,0 28,7 1984 05 15,5 18,4 21,4 1945 10 10,7 15,9 21,0 1984 06 19,7 23,1 26,5 1945 11 09,5 12,5 15,5 1984 07 20,6 25,8 31,1 1945 12 05,6 09,1 12,7 1984 08 20,4 26,4 32,4 1946 01 06,0 08,5 11,1 1984 09 18,1 23,8 29,4 1946 02 04,9 09,0 13,0 1984 10 15,5 20,6 25,6 1946 03 06,0 10,6 15,3 1984 11 12,2 16,5 20,8 1946 04 09,7 15,0 20,3 1984 12 08,6 12,0 15,4

Geol. Bruna Ballarò – Via Monache - 87030 Carolei (CS) - Tel. 3478616814 – E-mail: [email protected] Geol. Paolino Vercillo - Viale dei Giardini 1B - 87036 Rende (CS) - Tel. 3478040375 - E-mail: [email protected]

Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1946 05 12,7 18,8 24,8 1985 01 06,3 09,8 13,2 1946 06 16,9 23,9 30,8 1985 02 07,0 11,3 15,7 1946 07 19,4 25,9 32,5 1985 03 08,9 12,9 16,8 1946 08 21,2 28,6 35,9 1985 04 12,3 17,4 22,5 1946 09 19,2 26,0 32,8 1985 05 13,6 19,2 24,8 1946 10 11,8 16,8 21,8 1985 06 16,4 22,6 28,8 1946 11 10,8 14,5 18,3 1985 07 19,0 26,1 33,3 1946 12 06,5 08,9 11,3 1985 08 18,7 25,6 32,5 1947 01 02,8 06,8 10,8 1985 09 15,9 22,8 29,6 1947 02 07,1 10,6 14,2 1985 10 11,2 16,8 22,5 1947 03 10,2 15,4 20,7 1985 11 09,5 14,1 18,6 1947 04 10,9 16,6 22,3 1985 12 05,6 10,9 16,1 1947 05 12,5 18,5 24,4 1986 01 03,8 07,7 11,6 1947 06 17,9 24,4 30,9 1986 02 04,1 07,4 10,8 1947 07 19,4 25,7 32,1 1986 06 15,2 21,2 27,2 1947 08 20,1 26,7 33,3 1986 07 17,9 24,4 30,9 1947 09 17,0 23,1 29,3 1986 08 19,5 26,4 33,4 1947 10 11,3 17,1 22,9 1986 09 15,7 22,0 28,2 1947 11 11,0 14,6 18,2 1986 10 11,8 17,2 22,6 52 1947 12 05,9 09,0 12,2 1986 11 08,0 12,0 16,1 1948 01 06,3 10,0 13,7 1986 12 03,2 07,5 11,8 1948 02 04,6 08,7 12,8 1987 01 04,4 07,8 11,3 1948 03 05,2 11,3 17,3 1987 02 04,5 08,2 12,0 1948 04 09,1 14,6 20,1 1987 03 01,3 06,3 11,4 1948 05 11,7 17,4 23,1 1987 04 07,9 13,7 19,5 1948 06 16,0 21,5 27,1 1987 05 10,5 16,3 22,1 1948 07 17,5 23,7 30,0 1987 06 15,6 22,0 28,5 1948 08 17,1 24,8 32,5 1987 07 19,9 26,8 33,8 1948 09 14,6 20,8 27,0 1987 08 19,2 26,2 33,1 1948 10 13,4 18,4 23,5 1987 09 18,6 25,6 32,6 1948 11 08,4 13,0 17,5 1987 10 13,1 18,4 23,7 1948 12 04,2 08,8 13,3 1987 11 09,0 13,0 17,1 1949 01 05,8 09,8 13,8 1987 12 06,4 10,3 14,3 1949 02 03,4 08,7 13,9 1988 01 06,6 10,0 13,4 1949 03 03,8 08,5 13,2 1988 02 04,2 08,5 12,8 1949 04 09,0 15,1 21,2 1988 03 05,2 09,8 14,4 1949 05 13,3 18,7 24,1 1988 04 08,6 14,2 19,8 1949 06 13,2 21,4 29,7 1988 05 13,0 19,2 25,4 1949 07 19,4 24,9 30,4 1988 06 16,3 22,4 28,4 1949 08 17,5 24,0 30,4 1988 08 20,3 27,2 34,1 1949 09 16,5 23,5 30,4 1988 09 15,7 21,4 27,1 1949 10 13,8 19,4 25,0 1988 11 05,6 09,5 13,4 1949 11 09,4 14,0 18,5 1988 12 03,8 07,8 11,8 1949 12 05,7 10,7 15,7 1989 01 02,1 07,0 11,8 1950 01 03,5 07,8 12,1 1989 02 03,9 09,3 14,7 1950 02 06,3 11,1 15,9 1989 03 06,9 12,5 18,0 1950 03 06,3 11,7 17,0 1989 04 08,2 13,9 19,6 1950 04 10,1 14,8 19,6 1989 05 10,6 16,8 23,0 1950 05 14,6 21,0 27,4 1989 06 14,2 20,3 26,4 1950 06 16,8 23,3 29,8 1989 07 18,3 24,9 31,5 1950 07 21,4 27,9 34,3 1989 08 18,2 24,9 31,7 1950 08 20,7 26,5 32,3 1989 11 06,7 11,2 15,8 1950 09 17,1 23,3 29,4 1989 12 05,1 09,5 13,9 1950 10 12,0 17,9 23,8 1990 01 03,5 07,4 11,4 1950 11 08,3 12,1 16,0 1990 02 05,9 11,1 16,2 1950 12 05,9 09,6 13,2 1990 03 06,9 12,3 17,8 1951 01 04,4 08,3 12,1 1990 04 08,6 13,4 18,2 1951 02 05,5 10,2 14,8 1990 05 11,9 18,3 24,7 1951 03 06,9 11,0 15,1 1990 08 17,6 24,4 31,1 1951 04 07,8 13,3 18,8 1990 09 15,5 21,4 27,3 1951 05 12,8 17,9 23,0 1990 10 14,0 19,0 24,1 1951 06 16,5 22,6 28,7 1991 02 03,1 06,9 11,6 1951 07 17,7 24,5 31,3 1991 03 07,5 12,3 17,1 1951 08 18,0 24,6 31,2 1991 04 06,8 11,7 16,7 1951 09 17,5 22,9 28,3 1991 05 08,5 14,5 20,5 1951 10 11,4 15,8 20,3 1991 06 15,9 22,5 29,1 1951 11 08,2 13,2 18,2 1991 07 18,2 24,9 31,7 1951 12 05,2 09,7 14,2 1991 08 18,5 25,2 31,9 1952 01 03,8 08,0 12,2 1991 09 16,3 22,9 29,4

Geol. Bruna Ballarò – Via Monache - 87030 Carolei (CS) - Tel. 3478616814 – E-mail: [email protected] Geol. Paolino Vercillo - Viale dei Giardini 1B - 87036 Rende (CS) - Tel. 3478040375 - E-mail: [email protected]

Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1952 02 02,9 07,3 11,6 1991 10 12,0 16,9 21,8 1952 03 05,2 10,2 15,2 1991 11 08,1 12,3 16,6 1952 04 08,8 13,9 18,9 1991 12 01,2 05,2 09,2 1952 05 09,4 16,0 22,6 1992 01 03,3 07,5 11,7 1952 06 17,8 24,2 30,6 1992 02 02,7 07,4 12,2 1952 07 18,0 24,9 31,9 1992 04 08,5 14,1 19,7 1952 08 19,9 26,8 33,6 1992 05 12,1 17,9 23,8 1952 09 17,0 23,1 29,2 1992 06 15,0 21,1 27,2 1952 10 12,2 17,5 22,7 1992 07 17,3 24,3 31,2 1952 11 08,6 12,6 16,5 1992 08 20,4 27,0 33,7 1952 12 06,6 10,5 14,4 1992 09 15,5 21,6 28,8 1953 01 01,9 06,4 11,0 1992 10 14,0 19,0 23,9 1953 02 03,3 08,1 13,0 1992 11 09,4 14,1 18,9 1953 03 02,5 08,2 13,9 1992 12 04,7 08,1 11,6 1953 04 08,3 13,8 19,3 1993 01 02,8 07,5 12,2 1953 05 11,0 16,9 22,7 1993 02 00,7 05,6 10,6 1953 06 15,7 21,6 27,5 1993 03 03,9 09,2 14,6 1953 07 19,5 27,2 34,8 1993 04 08,6 14,1 19,5 1953 08 19,1 25,3 31,5 1993 05 12,8 19,3 25,8 53 1953 09 14,9 22,2 29,5 1993 07 18,3 25,5 32,8 1953 10 13,4 17,9 22,4 1993 08 20,2 27,6 34,9 1953 11 07,1 12,1 17,1 1993 09 15,9 22,3 28,8 1953 12 05,5 10,0 14,6 1993 10 12,8 18,6 24,4 1954 01 01,2 05,9 10,6 1993 11 07,8 12,0 16,1 1954 02 01,9 05,0 08,2 1994 02 04,0 08,4 12,7 1954 03 06,6 10,7 14,9 1994 03 07,0 13,2 19,4 1954 04 06,8 12,1 17,3 1994 04 07,9 12,9 17,8 1954 05 10,0 15,0 20,0 1994 05 12,8 19,5 26,2 1954 06 15,8 22,8 29,9 1994 06 15,6 22,4 29,2 1954 07 16,1 23,6 31,0 1994 09 17,3 23,9 30,4 1954 08 15,7 23,1 30,4 1995 01 04,0 07,2 10,3 1954 09 15,7 23,2 30,8 1995 02 04,9 09,8 15,8 1954 10 09,9 15,5 21,0 1995 03 04,2 08,7 13,1 1954 11 06,6 10,7 14,8 1995 04 05,8 11,4 17,8 1954 12 05,1 09,1 13,2 1995 05 11,4 18,0 24,5 1955 01 06,4 08,9 11,4 1995 06 15,3 22,1 28,9 1955 02 05,9 09,7 13,6 1995 07 19,4 26,3 33,3 1955 03 05,9 10,5 15,2 1995 08 17,8 24,1 30,4 1955 04 05,1 10,7 16,3 1995 09 14,6 20,1 25,5 1955 05 11,7 18,6 25,5 1995 10 09,9 16,6 23,2 1955 06 15,3 22,6 29,8 1995 11 04,8 09,7 14,5 1955 07 17,9 25,0 32,0 1995 12 07,1 10,4 13,6 1955 08 16,4 23,1 29,7 1996 01 04,8 08,3 11,8 1955 09 13,6 18,9 24,2 1996 02 02,7 06,6 10,6 1955 10 10,8 15,2 19,6 1996 03 04,3 08,5 12,7 1955 11 07,1 11,5 15,8 1996 04 07,1 12,8 18,5 1955 12 06,4 09,4 12,4 1996 05 12,0 18,1 24,1 1956 01 02,8 07,2 11,6 1996 06 15,4 22,3 29,1 1956 02 01,5 05,0 08,5 1996 07 17,5 24,8 32,2 1956 03 03,9 08,6 13,3 1996 08 18,8 25,8 32,8 1956 04 07,3 13,1 19,0 1996 09 12,9 18,2 23,5 1956 05 10,5 16,2 21,9 1996 10 09,9 14,1 19,2 1956 06 13,2 19,9 26,5 1996 11 07,9 13,1 18,2 1956 07 18,4 25,4 32,4 1996 12 05,2 09,3 13,4 1956 08 19,2 26,5 33,9 1997 01 04,6 08,2 12,9 1956 09 15,2 23,2 31,2 1997 02 04,3 08,8 14,5 1956 10 09,7 15,7 21,7 1997 03 04,7 09,8 16,1 1956 11 07,5 11,3 15,2 1997 04 04,4 09,5 14,8 1956 12 04,3 08,3 12,3 1997 05 12,3 19,2 26,4 1957 01 03,9 07,2 10,4 1997 06 17,3 24,5 31,7 1957 02 06,8 11,1 15,4 1997 07 17,9 25,2 32,5 1957 03 05,4 10,4 15,4 1997 08 17,7 23,9 30,8 1957 04 08,6 14,0 19,5 1997 09 15,7 21,3 28,3 1957 05 11,2 16,2 21,2 1997 10 11,0 15,6 21,2 1957 06 18,2 25,3 32,5 1997 11 08,8 12,3 16,4 1957 07 19,3 25,8 32,3 1997 12 04,9 08,3 12,2 1957 08 18,6 25,7 32,8 1998 01 04,0 07,6 12,3 1957 09 15,2 21,2 27,3 1998 02 05,2 09,5 15,1 1957 10 13,6 17,7 21,8 1998 03 03,4 08,5 13,7

Geol. Bruna Ballarò – Via Monache - 87030 Carolei (CS) - Tel. 3478616814 – E-mail: [email protected] Geol. Paolino Vercillo - Viale dei Giardini 1B - 87036 Rende (CS) - Tel. 3478040375 - E-mail: [email protected]

Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Media Media Media Media Media Media Anno Mese Anno Mese minima mensile massime minima mensile massime 1957 11 09,1 13,0 16,8 1998 04 08,2 14,1 20,0 1957 12 05,1 08,6 12,0 1998 05 11,1 17,0 22,8 1958 01 05,5 08,8 12,1 1998 06 16,4 23,8 31,2 1958 02 07,8 12,3 16,7 1998 07 19,8 26,8 34,1 1958 03 06,4 10,1 13,9 1998 08 20,5 26,7 34,0 1958 04 08,1 12,3 16,6 1998 09 15,1 20,6 26,9 1958 05 12,9 19,9 26,8 1998 10 12,1 17,0 23,2 1958 06 15,7 22,1 28,5 1998 11 06,7 10,4 14,2 1958 07 17,7 23,9 30,1 1998 12 02,7 06,6 10,4 1958 08 17,6 25,0 32,4 1999 01 03,3 07,0 11,8 1958 09 15,9 21,4 26,9 1999 02 01,8 06,1 10,8 1958 10 12,0 17,0 22,0 1999 03 05,0 10,7 16,3 1958 11 10,6 13,3 16,0 1999 04 08,2 13,4 19,4 1958 12 07,4 10,9 14,4 1999 05 13,9 19,8 26,8 1959 01 03,3 07,1 10,9 1999 06 16,8 23,9 31,5 1959 02 04,0 09,2 14,5 1999 07 18,2 24,6 31,5 1959 03 07,2 12,4 17,6 1999 08 20,1 27,2 34,6 1959 04 08,1 12,9 17,7 1999 09 15,6 21,2 28,5 1959 05 11,1 16,5 22,0 1999 10 12,3 17,6 24,6 54 1959 06 14,7 20,5 26,2 1999 11 07,6 11,5 16,2 1959 07 17,2 23,2 29,1 1999 12 05,9 09,6 13,2 1959 08 16,8 23,2 29,7 2000 01 01,5 05,5 10,1 1959 09 14,4 20,2 26,0 2000 02 03,3 07,9 12,6 1959 10 09,2 14,3 19,4 2000 03 05,0 10,4 17,1 1959 11 08,1 11,5 15,0 2000 04 09,1 14,7 20,4 1959 12 06,8 10,3 13,8 2000 05 12,6 18,7 25,2 1960 01 04,8 08,2 11,7 2000 06 15,3 22,4 29,2 1960 02 06,0 09,8 13,6 2000 07 17,5 24,2 30,9 1960 03 06,9 10,6 14,3 2000 08 19,2 26,6 34,9 1960 04 07,8 12,3 16,8 2000 09 15,3 21,0 27,6 1960 05 11,2 16,7 22,2 2000 10 11,6 16,2 22,5 1960 06 14,6 21,3 27,9 2000 11 07,7 12,7 19,7 1960 07 16,1 23,2 30,2 2000 12 05,5 09,5 14,6 1960 08 17,1 24,5 31,8 2001 01 05,8 10,0 14,1 1960 09 14,6 20,6 26,7 2001 02 02,9 08,1 13,5 1960 10 12,8 17,9 23,0 2001 03 09,0 14,3 20,4 1960 11 09,7 14,1 18,4 2001 04 06,8 12,5 18,2 1960 12 06,3 09,3 12,2 2001 05 12,1 18,2 24,7 1961 01 04,3 07,4 10,5 2001 06 14,3 21,7 28,3 1961 02 03,2 08,3 13,3 2001 07 17,6 24,8 31,6 1961 03 05,4 11,0 16,5 2001 09 13,8 19,5 26,0 1961 04 09,2 15,3 21,4 2001 10 11,7 17,6 25,6 1961 05 10,5 17,0 23,5 2001 11 06,8 11,5 16,7 1961 06 15,3 21,8 28,3 2001 12 01,2 04,9 09,4 1961 07 17,6 25,4 33,1 2002 01 01,7 06,1 12,2 1961 08 18,0 25,8 33,6 2002 02 05,7 10,4 15,8 1961 09 16,2 24,3 32,3 2002 03 06,3 11,6 17,5 1961 10 12,6 18,4 24,3 2002 04 07,6 13,0 18,7 1961 11 09,4 13,9 18,3 2002 05 11,6 17,5 23,3 1961 12 05,2 09,9 14,6 2002 06 15,8 23,0 30,0 1962 01 05,6 10,0 14,4 2002 07 17,9 24,1 30,3 1962 02 02,6 07,4 12,2 2002 08 17,3 23,3 29,7 1962 03 05,8 09,6 13,5 2002 09 13,6 18,6 24,9 1962 04 07,3 12,7 18,2 2002 10 09,6 15,3 22,4 1962 05 10,9 17,5 24,1 2002 11 09,2 13,4 18,4 1962 06 14,2 21,5 28,7 2002 12 06,0 09,3 13,2 1962 07 17,9 25,3 32,8 2003 01 05,3 08,8 13,0 1962 08 18,6 26,3 34,0 2003 02 -00,3 04,5 09,4 1962 09 16,0 22,8 29,6 2003 03 03,3 09,4 15,8 1962 10 12,2 17,5 22,9 2003 04 06,4 12,6 19,0 1962 11 08,5 12,2 15,8 2003 05 12,1 19,2 26,7 1962 12 03,7 07,6 11,5 2003 06 17,1 24,0 31,5 1963 01 03,3 06,5 09,8 2003 07 18,9 25,9 33,1 1963 02 04,0 06,8 09,5 2003 08 19,2 26,0 33,7 1963 03 04,8 09,4 14,0 2003 09 13,3 19,4 26,4 1963 04 08,3 13,4 18,5 2003 10 11,8 16,5 22,0 1963 05 10,4 16,2 21,9 2003 11 07,2 11,6 18,0 1963 06 14,9 21,5 28,1 2003 12 03,1 07,4 12,6

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Componente geologica, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Studio preliminare - Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Per lo studio delle serie pluviometriche storiche e per la determinazione della distribuzione dei valori minimi ed estremi riferiti al territorio si è fatto riferimento alla stazione pluviometrica installata sul territorio di Rende, che è stata attiva dal 1923 al 2001. I dati di piovosità medi mensili e annui evidenziati nella tabella sottostante sono quelli riportati dalla Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ArpCal, www.arpacal.it.) L’elaborato evidenzia che i massimi valori di piovosità si registrano nei mesi di ottobre, novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo, mentre le serie minime sono, prevalentemente, distribuiti in giugno, luglio e agosto. Nel mese di settembre si assiste ad un’impennata dei millimetri di pioggia, a testimonianza dell’inizio in questo mese della stagione delle piogge. 55 Pertanto, con un regime pluviometrico caratterizzato da un semestre notevolmente piovoso alternato da un semestre con scarse precipitazioni, le incisioni torrentizie finiscono con l’assumere le caratteristiche di un regime di fiumara che ha rilevanza per l’attività erosiva che le loro acque sviluppano nel territorio di studio. Il regime pluviometrico, la costituzione geologico – strutturale e morfologica di un territorio si riflettono ed incidono certamente sui fenomeni di instabilità dei suoi versanti. Le serie pluviometriche degli ultimi anni restituite dalla vicina stazione pluviometrica di Montalto Uffugo . (stessa ubicazione altimetrica) mettono in evidenza che il mese di dicembre 2008 con 524.4 mm di pioggia e i mesi di gennaio 2009 e 2010, con 582 .4 mm e 575.2 mm rispettivamente risultano essere stati quelli più piovosi in assoluto. L’eccezionalità degli ultimi eventi meteorologici è ancor più determinante ai fini degli equilibri idrogeologici se si pensa che tale carico idraulico è stato concentrato soltanto in alcuni giorni di precipitazione , con picchi massimi registrati il 12 e 13 dicembre 2008, il 24 e 25 gennaio e il 5, 6, 20 marzo 2009 . Sulla base dei dati pubblicati dal servizio Idrografico fino al 1980, Caloiero et alii (1990) hanno elaborato una carta in cui è riportata la distribuzione delle precipitazioni medie annue in Calabria (fig. 22).

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I valori medi calcolati oscillano tra i 600 mm delle zone più aride (sibaritide, zona litoranea di Capo Spartivento) ai 1800 mm e più delle vette della Catena Costiera, delle Serre e dell’Aspromonte. La precipitazione media annua risulta essere di 1150 mm mentre la più elevata è stata osservata a Limina C.C. (bacino del Mesina) con 2261 mm. Per quanto riguarda invece la piovosità dei vari mesi, la Calabria è caratterizzata da un clima spiccatamente mediterraneo con abbondanti piogge in inverno e clima secco d’estate. Il mese più piovoso è dicembre (181 mm) che, insieme a novembre e gennaio concentrano quasi la metà della pioggia annua.

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Fig. 22 - Distribuzione della precipitazione media annua in Calabria periodo (1921 – 1980) (Caloiero D. et. al. 1990).

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7. .ASPETTI IDROGEOLOGICI GENERALI

7. 1 CARATTERISTICHE DEL RETICOLO IDROGRAFICO Tutti i corsi d’acqua fanno parte di un reticolo idrografico o sistema di drenaggio, la cui forma è spesso influenzata dalla litologia e dalla struttura geologica, dalla natura della copertura vegetale e dal clima. Per una gestione corretta dei fiumi è necessario conoscere i processi che ne regolano l’attività e lo sviluppo. I fiumi sono poi elementi del ciclo idrogeologico in quanto convogliano il deflusso delle precipitazioni. Il deflusso superficiale, in particolare, è il flusso dell’acqua che resta dopo l’evapotraspirazione e l’infiltrazione nel suolo. 59 Dove si hanno precipitazioni intense e improvvise, come negli ultimi anni sul nostro territorio, e vi sono pochi canali di drenaggio, il deflusso diventa selvaggio, formando cioè una lama d’acqua non confinata lateralmente. Gran parte del deflusso che avviene sul nostro territorio è incanalato; i canali vengono erosi dallo stesso flusso d’acqua, evolvendo in vallecole e valle. All’attività dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua, distribuiti sul territorio è legato il periodo delle piene che nel passato hanno prodotto anche delle esondazioni durante le quali l’acqua è uscita dagli alvei e dagli argini allagando i terreni circostanti. Il territorio rendese è delimitato su tre lati da aste fluviali importanti: il Torrente Campagnano a Sud, il Torrente Settimo a Nord e il Fiume Crati ad Est; quest’ultimo rappresenta l’asta di massima depressione per l’intera Valle del Crati.

7. 1. 1 RETE IDROGRAFICA PRINCIPALE

La rete idrografica principale incide il territorio del Comune di Rende lungo due direzioni: da Ovest verso Est e da Sud verso Nord. I principali corsi d’acqua sono di seguito richiamati.  Fiume Crati  Torrente Campagnano  Torrente Surdo  Torrente Emoli  Torrente Settimo

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Fiume Crati Si sviluppa nella parte orientale del territorio comunale con andamento Sud – Nord, al confine con i comuni di Rose, e S. Pietro in Guarano e Cosenza (fig. 23). I F. Crati, la cui lunghezza è di oltre 81 Km, ha origine con il nome di Craticello dalle pendici del Timpone Bruno (1742 m) in Sila fino al Mar Jonio dove sfocia. Nel primo tratto del percorso il fiume scende a valle con un dislivello di quasi 1500 m in pochi chilometri. A partire dalla città di Cosenza il fiume scorre nell’ampia vallata assumendo caratteristiche di corso d’acqua di pianura pur essendo lontano dalla foce. La grande spianata morfologica nella quale si sviluppa è parte integrante di una depressione tettonica interposta tra il sistema appenninico e quello silano. Questa depressione è stata coperta di 60 un golfo del mar Jonio fino a tempi recenti e la sua emersione è di età quaternaria. Il bacino del Crati ha una superficie di circa 1458 Kmq e comprende altri sei bacini secondari. Gran parte della spianata alluvionale sulla quale sorgono i nuovi quartieri di Rende, è costituita da depositi di materiali trasportati dal Crati nel corso della sua storia evolutiva. I suoi affluenti sono numerosi, in particolare quelli che interessano il territorio di Rende (tutti di sinistra) sono quattro.

Fig. 23 - Particolari del F. Crati nel periodo di massima magra, nel tratto a ridosso della Zona Industriale.

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Torrente Campagnano Ha origine a sud – ovest, dalle pendici della Catena Costiera e rappresenta l’elemento di confine meridionale con il Comune di Cosenza. Ha una lunghezza di circa 10,5 Km e una pendenza media di 4,13% mentre il suo bacino imbrifero è di circa 31 Kmq. La gerarchizzazione secondo Horton nella parte terminale dell’asta è pari a 4. Con i materiali trasportati e collassati, ha contribuito nel tempo alla formazione del lembo meridionale della piana alluvionale del Crati. I suoi affluenti principale sono: T. Manchie (5,2 Km), T. Janno (5,0 Km circa), T. Padula (4,5 Km) e T. Travale (4,4 Km). 61

Torrente Surdo Ha origine dalla Catena Costiera con la denominazione di Fiumicello. In prossimità della località Canaletta, nel Comune di Rende, si unisce all’altro affluente S. Marco e prende il nome di T. Surdo (fig. 42). La sua lunghezza è di circa 11,4 km e si sviluppa con una pendenza media del 5,73%; intercetta le acque all’interno di un bacino avente una superficie di 53,65 kmq. In prossimità dello sbocco nel F. Crati si congiunge con il T. Emoli e il valore 5 nella gerarchizzazione secondo Horton. Il suo apporto alluvionale ha interessato principalmente la piccola spianata che da Surdo si protrae fino a Failla – Panichicchio – Commenda.

Fig. 24 - Il T. Surdo in località Saporito, nel periodo invernale.

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Torrente Emoli Proviene dalla Catena Costiera e si sviluppa per una lunghezza di 11,6 km prima di confluire nel T. Surdo e quindi nel F. Crati (fig. 25). Ha una pendenza media di circa 6,66% e un grado di Horton, nel tratto terminale, pari a 4. Il suo apporto alluvionale ha contribuito alla formazione della lunga e stretta spianata morfologica che inizia da Vennarello e si sviluppa fino a Quattromiglia. Gli afflussi di una certa rilevanza sono i torrenti Cerasuolo e Fiumicello.

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Fig. 25 Il torrente Emoli in località Quattromiglia durante il periodo invernale.

Torrente Settimo Ha la stessa origine degli altri torrenti che solcano il territorio comunale, ovvero dalla Catena Costiera. Rappresenta la linea di confine con il Comune di Montalto Uffugo nella parte settentrionale del territorio. È lungo 12,9 Km ed ha una pendenza media del 3.06%. Il bacino imbrifero ha una superficie di circa 48,66 Kmq mentre il grado di gerarchizzazione di Horton nel tratto finale è pari a 5. I materiali collassati nel territorio rendese hanno contribuito alla formazione della spianata morfologica dalla località Carratelle – Piani Marini a Lacone – Settino.

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7. 1. 2 RETE IDROGRAFICA SECONDARIA

L’attività dei torrenti e dei fiumi è sempre legata alla rete idrografica secondaria. Nella parte iniziale, il deflusso verso il solco principale si sviluppa con una configurazione dendritica e dipende dalla litologia e dalla struttura delle formazioni rocciose incontrate, dalla vegetazione e dal clima. La morfologia del territorio comunale assume un ruolo fondamentale e tutte le incisioni che caratterizzano le aree collinari sono legate principalmente all’azione erosiva delle acque che danno origine ad una serie impluvi, fossi e ruscelli che si sviluppano lungo tutto il territorio e alimentano i quattro torrenti principali. L’erosione di tali incisioni, in alcune aree, provoca lo scalzamento progressivo del piede di 63 alcuni versanti collinare accelerandone l’instabilità, a causa anche delle litologie facilmente erodibili e poco addensati. Nella fascia montana si sviluppano alcuni torrenti secondari (Roselle, Janni, Carino, S. Marco, Cerasuolo) che assumono una certa rilevanza soltanto durante i periodi di piovosità. Alcuni di questi torrenti vengono alimentati da falde profonde filtranti attraverso la fratturazione delle rocce metamorfiche che caratterizzano geologicamente gran parte del territorio rendese, nel tratto della Catena Costiera, per cui hanno una minima attività anche durante l’estate. Nella fascia collinare, invece, si sviluppano una serie di altri torrenti modesti, alimentati da falde sospese, che spesso, restituiscono le acque a giorno per limite di permeabilità fra le sabbie plioceniche di copertura e le argille basali o per le intercalazioni limo - argillose presenti nelle sabbie calabriane che caratterizzano gran parte della fascia mediana del territorio. Ricordiamo il Fosso Sanniti, Fosso Frattini e Vallone Vilpagno che drenano nel T. Settimo mentre il Fosso Difesa drena nel T. Surdo e Iscarella nel T. Campagnano. Inoltre, sono presenti una serie di altri fossi che intercettano il deflusso nel bacino collinare di Arcavacata; dopo alcuni km raggiungono direttamente il F. Crati attraversando l’area universitaria e alcune porzioni urbanizzate (Palleca, Profeta, Zona Industriale di c/da Lecco, ex Legnochimica, ecc.). Alcuni tratti hanno subito delle modificazioni antropiche che potrebbero portare a delle criticità idrauliche, nel caso di persistente piovosità. Occorre sottolineare che fino a qualche decennio fa, gran parte delle spianate morfologiche alluvionali, presenti sul territorio comunale, erano sede di un’intensa attività agricola per cui, e conseguentemente era sviluppata anche una fitta micro rete idrografica ad uso prevalentemente irriguo. Dopo l’esodo rurale, iniziato negli anni ’60, questo reticolo è stato sempre più trascurato e escluso da ogni forma di manutenzione, fino a diventare fatiscente e via via scomparire.

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7. 2 CIRCOLAZIONE IDRICA SOTTERRANEA E PRINCIPALI COMPLESSI IDROGEOLOGICI

Il ciclo idrogeologico riguarda i movimenti dell’acqua, in tutte le sue forme, sia sulla superficie che all’interno della terra. Si tratta di una serie di fenomeni che si ripetono ciclicamente e hanno come motore l’energia solare. È il sole, infatti, che determina l’evaporazione di notevoli masse idriche dai bacini oceanici e continentali trasferendole nell’atmosfera da parte dei venti e delle masse d’aria in movimento. Queste masse sono soggette a variazioni di temperature e pressione tali da provocare la condensazione e la ricaduta sulla superficie terrestre sotto forma di precipitazioni. All’atto di recepire queste precipitazioni (pioggia, neve, grandine), la superficie terrestre esplica una funzione separatrice 64 suddividendo la quantità di precipitazione in tre parti: una di queste ritorna direttamente all’atmosfera per evaporazione e traspirazione della superficie vegetale; una seconda parte, chiamata ruscellamento superficiale, resta al di sopra della superficie e su di essa si sposta sotto l’azione della gravità sino a raggiungere i bacini oceanici e continentali; la terza, infine, penetra più o meno profondamente al di sotto della superficie, ove dà luogo a masse idriche contenute negli interstizi delle rocce ed è chiamata acqua d’infiltrazione. Tali masse idriche si spostano anch’esse per gravità verso gli oceani e da qui il ciclo ricomincia. La quantità di acqua che riesce a penetrare in profondità va ad occludere gli spazi intergranulari liberi presenti nei vari complessi idrogeologici intesi come l’insieme di termini litologici simili, aventi una comprovata unità spaziale e giaciturale, un tipo di permeabilità prevalente che si mantiene in un campo di variazione piuttosto ristretto. Per quando riguarda il territorio comunale, i complessi idrogeologici sono stati ricostruiti sia in base agli affioramenti litologici dominanti sul territorio, sia utilizzando una serie di dati stratigrafici acquisiti da soggetti pubblici e privati e messo a corredo del PSC. La tipologia dei documenti risulta molto varia, condizionata soprattutto dalla sensibilità dell’estensore e dall’importanza dell’opera per la cui le indagini erano state eseguite.

7. 2. 1 COMPLESSO ALLUVIONALE PREVALENTEMENTE SABBIOSO – CONGLOMERATICO Affiora lungo l’intera spianata alluvionale del F. Crati, che va riducendosi verso ovest in corrispondenza delle monoclinali plioceniche che raccordano la pianura alluvionale alla Catena Costiera. I sedimenti sono legati alla deposizione fluviale dovuta al divagare del Crati durante l’ultimo

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milione di anni circa. Questo complesso olocenico è costituito nei primi livelli superficiali da una granulometria sabbioso – limosa sciolta e alterata, per poi evolvere in litologie più grossolane (sabbie ghiaiose, ghiaie). Lo spessore è molto variabile: generalmente il passaggio al termine litologico sottostante (formazione argillosa) avviene intorno ai 8.0 – 15.0 m e lungo alcune verticali anche di più. Il complesso presenta una permeabilità alta per porosità.

7. 2. 2 COMPLESSO SABBIOSO – LIMOSO

Il complesso (Pliocene sup.) rappresenta lo scheletro strutturale della maggior parte delle aree 65 collinari presenti sul territorio, soprattutto lungo la fascia mediana. Comprende un’alternanza irregolare di materiali di varia granulometria (sabbie e conglomerati da bruni a rossastri con occasionali sottili intercalazioni di argille siltose e silt). I depositi mostrano variazioni laterali e verticali molto brusche: da sabbie fini a sabbie grossolane e conglomerati. Conglomerati a piccoli ciottoli sono molto comuni, localmente si hanno bande cementate. Questi depositi sono per lo più poco consolidati e facilmente disgregabili. In alcuni aree la permeabilità del complesso risulta molto elevata a causa della presenza di materiali conglomeratici predominanti, mentre in altre risulta con valori medi per la presenza della componente più fine prevalente. Gli spessori sono rilevanti; in alcune zone collinari possono raggiungere 40 - 60 metri di spessore.

7. 2. 3 COMPLESSO ARGILLOSO

Tale complesso è del Pliocene medio - superiore; esso è riscontrabile in alcune aree della porzione ovest del territorio. In tutti i sondaggi che lo hanno attraversato, il complesso appare sempre rappresentato da limi ed argille, spesso associati a qualche livello torboso, che talora conservano una notevole continuità areale. Questa formazione raggiunge spessori ragguardevoli: essa rappresenta il livello basale sulla quale giacciono la formazione sabbiosa e quella alluvionale. Per la granulometria in prevalenza fine dei materiali costituenti, il complesso risulta dotato di permeabilità molto ridotta.

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7. 2. 4 COMPLESSO IGNEO – METAMORFICO

Il complesso affiora esclusivamente nelle aree montane del territorio comunale è costituito prevalentemente da gneiss e scisti biotitici grossolani che hanno nell’insieme un’elevata resistenza all’erosione con una permeabilità generalmente bassa, che aumenta nelle zone di fratturazione e alterazione e lungo gli allineamenti strutturali.

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7. 3 LE SORGENTI

Sono state cartografate le sorgenti più rilevanti presenti nel territorio comunale; però la mancanza di dati sulla loro portata non ha permesso di compilare una graduatoria quantitativa e qualitativa. Le tre sorgenti principali che alimentano il territorio comunale per uso idropotabile sono captate in altri comuni ( Candele 1 e Candele 2 nel comune di e Abatemarco nel comune ). La vulnerabilità delle formazioni acquifere all’inquinamento è la facilità con cui le sostanze contaminanti si possono introdurre, propagare e persistere in un acquifero. Dipende essenzialmente 67 dalle caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche degli acquiferi. Trattandosi di acquiferi non confinati a permeabilità mista, la capacità di penetrazione degli inquinanti può essere molto variabile in relazione alle modalità della circolazione idrica. Lo spessore della zona di aerazione non è sempre sufficiente a garantire il completo svilupparsi, nella fase di percolazione delle acque verso la falda, dei fenomeni di depurazione naturale. Solo le litologie degli acquiferi a bassa permeabilità, considerati in precedenza, per le loro caratteristiche granulometriche e tessiturali possono considerarsi dotati naturalmente di una sufficiente capacità di auto depurazione, ma sono, comunque, molto sensibili ad altri fattori inquinanti quali quelli che potrebbero derivare da attività antropica. Le tre sorgenti idropotabili utilizzate nel territorio comunale sono state censite e classificate per tipologia, secondo la classificazione qualitativa di Civita (1972)  Abatemarco (comune di S. Donato di Ninea): quota 775 m, portata 6.0 - 7.0 l/s (fig. 26);  Candele 1 e candele 2 (comune di S. Fili): quota 725 m, portata 0,2 - 0,5 l/s. L’acquedotto Abatemarco fornisce l’acqua ad altri comuni dell’hinterland e dell’Area Urbana. Altre sorgenti sparse sul territorio comunale, pur rivestendo una rilevanza secondaria hanno rappresentato in passato un legame e un riferimento vitale per la sopravvivenza della gente rurale sparsa nelle campagne.

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Fig. 26 - Comune di S. Donato di Ninea (CS) - Località Abatemarco. Ingresso della galleria drenante che intercetta le acque contenute nelle dolomie del Triassico sup. di Cozzo del Pezzente.

Fra tutte si riportano:  Sorgente Zifonati in località Zifonati lungo il torrente Cerasuolo;  Fontana Frassino in località S. Agostino;  Vena di Surdo in località Surdo;  Fontana Palleca in località Rocchi;  Fontana Vaccaro in località Vaccaro;  Fontana Surfa in località Cucchiano;  Fonte della Fica in località Cucchiano;  Fontana della Chiusa in località Villa Miceli;  Fontana Bagno in località Arcavacata;  Fontana Casino in località Arcavacata;  Fontana Pozzillo in località Macchialonga;  Fontana Tre Labbra in località San Biase;  Sorgente Vallone in località Vallone;  Fontana del Casello in località Profico. Gran parte di queste sorgenti vengono a giorno lungo il contatto litologico sabbie/argille per limite di permeabilità.

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Per la gente delle campagne di un tempo, rappresentavano la cosiddetta “linea delle cibbie ”, cioè di una serie di vasche ubicate più o meno alla stessa quota topografica (spesso scavate nel terreno argilloso), dove veniva contenuta l’acqua in esubero da utilizzare per gli animali o per irrigare durante il periodo estivo.

7. 4 I POZZI

L’uso di acqua pubblica mediante pozzo domestico è libero, ma è necessaria la preventiva comunicazione alla Provincia. Per uso domestico s’intende l’estrazione di acqua pubblica per soddisfare i bisogni del proprietario del fondo e della sua famiglia, per gli scopi igienico e potabili, 69 per abbeveraggio del bestiame (inteso non intensivo) e per innaffiare l’orto e giardino. Per la realizzazione di un pozzo, l’interessato deve inviare opportuna comunicazione alla Provincia, al termine della ricerca dovrà comunicare l’esito dell’avvenuta realizzazione indicando altresì le caratteristiche del pozzo nonché quelle dell’acquifero intercettato. Qualora la perforazione si spinga oltre i 30 m di profondità, l’interessato è obbligato all’osservanza della Legge 464/84, fornendo opportuna comunicazione all’ISPRA. Di seguito è riportato l’elenco dei pozzi presenti sul territorio comunale rilasciato dal catasto della Provincia di Cosenza; i dati a corredo, alcuni mancanti sono utili per l’individuazione cartografica e per conoscere alcune caratteristiche delle opere. Ubicazione pozzo Coordinate Profondità Diametro Dati catastali Via/località (Gauss-Boaga) (m) (m) Foglio Part. Sub. Est Nord 32 223 = = = 16,00 0,26 32 296 = 2627545,4 4356524,3 16,00 0,26 32 267 = 2627742,0 4356742,4 16,00 0,26 Pere Rosse 6 27 = 2627591,6 4359314,8 12,00 0,30 Pere Rosse 6 27 = 2627596,5 4359319,9 12,00 0,30 S. Biase 16 82 = 2622660,2 4356877,6 10,00 2,00 Concistocco 32 68 = 2627327,1 4356740,9 8,00 0,20 S. Stefano 25 406 = 2625906,1 4356488,6 130,00 0,18 37 297 = 2625789,9 4354971,9 20,00 0,80 C. Alvaro 40 12 = 2627282,4 4354810,4 20,00 1,00 C/da Palleca 20 232 = 2626221,2 4359343,2 35,00 0,80 Isolette 1 297 = 2628795,2 4360993,5 7,00 1,20 Santicelli 1 302 = 2628781,6 4360903,3 11,00 0,20 Vanni, 91 9 32 = 2624098,6 4357610,1 = = 37 201 = 2625837,0 4354517,7 4,00 1,30 Savinio 27 20 80 = 2625402,0 4358660,5 9,00 2,00 Villana 23 = = = = 80,00 0,16

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Ubicazione pozzo Coordinate Profondità Diametro Dati catastali Via/località (Gauss-Boaga) (m) (m) Foglio Part. Sub. Est Nord C. Da Sorbato 12 35 29 = 2623194,1 4355351,1 = = De Chirico 49 280 = 2625553,0 4354138,3 7,00 1,20 = 2 39 = 2627864,2 4360423,9 15,00 1,50 Dattoli 8 16 = 2627353,4 4359521,0 = = Bari 100 19 85 = 2624635,2 4356228,7 69,00 0,15 S. Stefano 25 24 = 2623056,3 4356483,8 100,00 0,21 G. De Chirico 49 379 = 2625889,8 4353708,6 7,00 1,24 Pirelli 46 313 = = = 45,00 0,25 Piano Monello 37 346 = 2626054,9 4355291,1 22,00 0,60 Loc. Marvitani 30 16 = 2625474,0 4356301,8 5,00 1,00 = 43 ======70 Ungaretti 52 266 = = = 45,00 0,16 Ungaretti 52 ======Matteotti 38 105 = 2627014,2 4354696,2 6,00 1,00 D .Minzoni 38 307 = 2627074,0 4355027,1 6,00 1,00 Repaci 39 40 469 = 2627433,1 4354762,8 20,00 0,50 Repaci 41 40 517 = 2627538,0 4354454,4 10,00 1,20 Repaci 1 40 446 = 2627795,4 4354618,5 21,00 0,80 G. De Chirico, 42 49 670 = 2625414,4 4354051,1 6,00 1,10 Macchina Bosco 6 51 445 = 2626961,0 4354265,4 12,00 0,80 Rossini N. 38 1 558010 = = = = = Rossini N. 39 1 6472010 = = = = = Rossini N. 40 1 6473010 = = = = = Rossini N. 41 1 5939010 = = = = = Rossini N. 42 1 558010 = = = = = Rossini N. 43 1 6472010 = = = = = Rossini N. 44 1 6473010 = = = = = Rossini N. 45 1 5939010 = = = = = Rossini N. 46 1 558010 = = = = = Rossini N. 47 1 6472010 = = = = = Montevideo 31 17 = 2626566,2 4356479,0 = = = 46 363 = = = 60,00 0,19 S. Rosa 40 4 = 2628074,0 4355342,8 5,00 1,00 Coni Soprani 33 128 = 2621179,5 4355014,5 15,00 1,50 Bagno 17 9 88 = 2624785,7 4357790,9 6,00 1,00 Panagulis, 20 13 137 2 2627487,7 4358293,2 6,00 2,00 Petroni 45 519 = 2622975,0 4353702,8 130,00 0,20 = 4 73 = 2625854,9 4359427,5 7,00 0,80 Lacone 4 73 = 2625859,9 4359427,6 7,00 1,50 = 33 227 = 2621496,9 4355179,5 35,00 0,33 C. Da Piano Monello 37 881 = 2625543,3 4354758,1 120,00 0,17 G. Verdi, 160 39 2508010 = = = = = Matteotti 40 322 = 2627507,5 4354798,9 = = Matteotti 40 390 = 2627594,3 4354685,3 = = = 12 34 = 2627006,2 4357750,7 10,00 = = 39 10 = 2627260,9 4355859,9 8,00 = = 39 83 = 2627496,7 4355173,7 9,00 =

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Ubicazione pozzo Coordinate Profondità Diametro Dati catastali Via/località (Gauss-Boaga) (m) (m) Foglio Part. Sub. Est Nord G. Mameli 3 29 155 = 2624340,7 4355564,1 6,50 1,50 = 19 45 = 2624987,0 4357069,1 = 0,17 Carrà 58 Surdo 49 7288010 = = = = = De Chirico 48 368 = 2625050,3 4354310,4 24,00 0,90 Rocchi 11 115 = 2626120,1 4358781,7 13,00 1,00 Don Minzoni 47 51 = 2624193,7 4354101,9 204,00 0,16 Don Minzoni 47 40 = 2623780,5 4354305,4 112,00 0,16 Congistocchi 32 223010 = = = = = Congistocchi 32 293010 = = = = = Congistocchi 32 267010 = = = = = Rocchi 55 5 168 = 2626397,8 4358926,1 40,00 0,15 71 Tintoretto, 10 50 279 = 2627145,7 4353328,4 = = Giardini 37 642 = 2625787,2 4354506,9 20,00 1,00 = 37 300 = 2625889,4 4355003,5 15,00 1,00 Rocchi 11 22 = 2625946,3 4358069,1 40,00 0,25 G. Verdi 3 Trav. 32 207010 = = = = = G. Verdi 32 207 = 2627313,7 4356315,7 8,00 2,00 Don Ditta 36 255 = 2624770,9 4354910,9 86,00 0,17 Settimo 5 129 = 2626968,5 4359515,0 = = S.S. 19 Settimo 5 657 = 2626375,7 4359695,6 25,00 0,30 S.S. 19 Settimo 5 657 = 2626380,6 4359700,7 25,00 0,30 Cuculo 13 33 299 = 2621598,1 4355421,0 28,00 0,80 = 6 9 = 2627353,4 4359521,0 6,00 1,10 = 6 9 = 2627358,4 4359521,1 7,50 1,10 = 28 19 = 2622906,3 4355851,5 11,00 1,00 B. Cellini n. 1 46 295 = = = 100,00 0,20 = 26 177 = 2623334,4 4355968,3 10,00 1,20 = 57 231 = 2622097,2 4353249,1 4,00 0,80 E. Fermi, 21 31 57 = 2626773,9 4356627,2 7,00 1,00 Colombo 12 39 = 2626604,6 4357534,5 50,00 0,30 Ss. 19 Bis 37 473 = 2625907,5 4354488,8 40,00 1,00 P. Monello 37 372 = 2625862,0 4355473,0 15,00 0,80 S. Chiara n. 44 52 108 = 2627826,2 4353929,0 3,00 1,20 Marconi 30 368 = 2626164,7 4356577,6 40,00 0,16 Maiorana, 13 20 245 = 2626367,9 4358915,6 = = G. Parini 7 46 289 B 2623828,0 4353826,2 70,00 0,30 Chiodo 1 5 43 = 2626381,4 4359330,8 8,00 0,80 = 5 67 = 2626363,8 4359815,4 60,00 0,30 Tiziano 50 220 = 2626991,2 4352976,0 10,00 1,00 = 46 = = = = 5,00 1,00 = 12 309 = 2627124,4 4357867,6 30,00 0,25 Petrone 45 199 = 2622975,9 4353962,8 135,00 0,17 Saporito 49 199 = 2625834,0 4354077,7 = = Rocchi 3 4 11 = 2625486,2 4359026,7 = = I. Prof. Agr. 4 33 = 2626036,9 4359300,4 12,00 0,20 Maio 30 31309 = = = 10,00 0,50 Lacone 5 15 = 2626128,3 4359531,8 8,00 0,90

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Ubicazione pozzo Coordinate Profondità Diametro Dati catastali Via/località (Gauss-Boaga) (m) (m) Foglio Part. Sub. Est Nord Marconi 65 31 148 = 2627135,1 4356547,9 6,00 1,00 Marconi 65 32 362 = 2627707,4 4356401,9 3,00 0,90 P. Micca /7 46 40 G 2623824,7 4354036,2 70,00 0,30 S. Maria 13 33 177 = 2621572,2 4354840,7 198,00 0,16 Via Po, 8 14 4154010 = = = = = S. Rosa 39 174 = 2627992,6 4355431,5 50,00 1,50 S. Stefano 25 195 = 2622931,7 4356141,9 = 0,22 = 21 480 = 2628039,4 4357542,0 30,00 0,17 Bertoni, 47 9 112 = 2624470,5 4357485,9 6,00 1,50 Vallone 1 34 109 = 2622220,7 4355570,8 8,00 1,50 Rocchi 4 44 = 2625815,3 4359086,9 90,00 0,17 72 S. Rosa 29 176 = 2623647,1 4355793,2 5,20 1,50 S. Rosa 39 171 = 2627734,1 4355337,4 6,50 1,50 S. Rosa 25 39 172 = 2627773,6 4355368,0 6,00 1,10 S. Rosa 39 180 = 2627753,9 4355347,7 5,00 1,30 = 38 45 = 2626355,5 4354615,8 6,50 0,90 Vennarello 24 160 = 2622362,3 4356103,0 4,00 0,20 S. Chiara 45 98 = 2622802,1 4354205,1 58,00 0,20 D. Alighieri 26 98 = 2623323,3 4356358,0 = 0,25

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7. 5 IL RISCHIO IDRAULICO

Nelle aree a rischio idraulico valgono le prescrizioni richiamate nelle “Norme di Attuazione“ del P.A.I. – Capitolo - Rischio Idraulico, nonché le “Linee Guida” sulle verifiche di compatibilità idraulica delle infrastrutture interferenti con i corsi d’acqua, sugli interventi di manutenzione, sulle procedure per la classificazione delle aree di attenzione e l’aggiornamento delle aree a rischio d’inondazione (P.A.I. Calabria). Comunque, è importante sottolineare che gli interventi di mitigazione del rischio idraulico quali:  manutenzione ordinaria  interventi di idraulica forestale 73  interventi di rinaturamento sono richiesti lungo tutti i tratti di corsi d’acqua al fine di migliorare e rendere più efficiente il deflusso idrico e delle acque meteoriche. Le aree a rischio idraulico in corrispondenza dei vari attraversamenti fluviali indicati dal P.A.I. come Punti di Attenzione, sono stati sviluppati secondo le linee guida dettate dalle Norme di Attuazione del P.A.I. e riportati quindi come nuove aree di attenzione derivante da punti (TAVV. G.6a, 6b, 6c).

7. 6 RAPPORTO FRA PRECIPITAZIONE, DEFLUSSO E RISCHIO IDRAULICO

Nel nostro territorio gli argini dei fiumi e del reticolo minore non sono più monitorati e tenuti sotto controllo in modo capillare dall'esodo rurale degli anni 60. In alcune zone vengono anche modificati per consentire ai mezzi agricoli di spostarsi nelle aree golenali utilizzate spesso per fini agricoli. Ogni anno i soggetti preposti ai controlli (Provincia, Comune e privati) dovrebbero controllare la tenuta degli argini, specialmente nelle zone sensibili: centri abitati, aree industriali, fasce di particolare pregio ambientale, ecc. L'impermeabilizzazione del suolo dovuta a nuovi insediamenti urbani e industriali è causa dell'aumento della portata dei corsi d'acqua, specialmente nei tratti terminali delle aste fluviali. Possiamo fare un esempio molto significativo per verificare i danni che ne derivano. Un capannone della nostra zona industriale di 2.000 mq comprese le aree di servizio, rende di fatto impermeabile tutta l'area d'ingombro, ciò significa che quando piove impedisce all'acqua di penetrare

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nel terreno; quest'aliquota va, di fatto, a incrementare la portata del fosso più vicino che a sua volta va ad aumentare la portata dei collettori di ordine superiore e di seguito i torrenti e i fiumi. Per esempio l'evento meteorico del 14 aprile 2012 che ha interessato la nostra area urbana è stato caratterizzato da 100 mm di pioggia nelle 24 ore (per la precisione 136 mm nell'area di Montalto U. e 64 su Cosenza), questo significa che sui 2.000 mq di quel capannone sono stati raccolti 200.000 litri di acqua, ossia 200 mc . Prima della costruzione del capannone parte di quest'acqua veniva assorbita dal terreno per azioni infiltrative adesso invece è tutta acqua di ruscellamento, ossia acqua che deve smaltire la rete idrografica superficiale. L'esempio riportato riguarda un solo capannone, ricalcoliamo tutti i capannoni dell'area industriale e tutte le superfici impermeabilizzate (abitazioni, piazze, strade, ecc.), ci renderemo conto di quanta 74 acqua in più, ogni anno, si riversa in mare e quanta ne viene sottratta alle falde sotterranee. Quanto dimostrato, non vuole condannare né la presenza dei capannoni né delle aree impermeabilizzate, si vuole soltanto rilevare l'importanza della rete di deflusso superficiale (soprattutto quella minore) che va tutelata potenziandone le capacità di drenaggio sia attraverso una manutenzione periodica per assicurarne la loro funzionalità sia con opere di difesa longitudinali e trasversali per garantirne il giusto deflusso. Dobbiamo pensare a un modo nuovo di usare e vivere la città. Una città è vivibile se è ordinata, è ordinata se resta in equilibrio con il territorio e con l'ambiente circostante.

7. 7 EVENTI ALLUVIONALI STORICI

Gli eventi alluvionali che sistematicamente si abbattono sul territorio calabrese, provocando enormi danni e numerose vittime, rappresentano spesso un freno allo sviluppo del territorio e incidono in modo determinante sulla sicurezza e sulla qualità della vita. Nella gran parte dei casi i fenomeni si ripetono nelle stesse zone e con caratteristiche sostanzialmente analoghe. Esistono aree del territorio comunale dove per secoli non si è costruito, perché nella memoria degli uomini era ben presente l’inclemenza della natura che, nel passato aveva vanificato qualsiasi tentativo di insediamento. La conoscenza degli eventi del passato serve per poter conciliare meglio lo sviluppo e la sicurezza. Di seguito vengono riportate alcune note storiche con riferimento ad alluvioni avvenute nel territorio di Rende.

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Comune: Rende Busta 20 fascicolo 123 Data: alluvione del 30 ottobre 1903 Descrizione: Provinciale n. 115 (stazione di Rende – sponda destra del Crati) Stralci significativi: “danni alla travata metallica del ponte sul Crati; asportazione del 2 quarto di cono” a monte della spalla sinistra, del muro della spalla sinistra e del terrapieno fra detti muri; scalzamento delle fondazioni, danni alle opere di difesa della spalla in destra; gravi lesioni verticali ai parapetti e alle fondazioni di tutti i muri; danni alle rampe d’accesso”. Tratto da: Relazione dell’Ingegnere Capo del Genio Civile. Cosenza, 30 novembre 1903 (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza agli inizi del '900 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

Comune: Rende Scheda n° 121 Data: marzo 1935 75 Descrizione: il torrente Emoli danneggia la frazione Quattromiglia. Stralci significativi: “Per assoluta mancanza di arginatura, fiume Emoli ha straripato inondando la borgata Quattromiglia con danni rilevanti. Pregasi disporre esecuzione opere necessarie immediate”. Tratto da: Comunicazione del Podestà di Rende al Genio Civile. Rende, 4 marzo 1935 (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza tra il 1930 e il 1950 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

Comune: Rende Data 1950 Descrizione: “In contrada Muoio ( Maio ), a monte della S.S. N. 19, dissesti vari alle arginature del T. Emoli”. Tratto da: nota del Genio Civile. (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza tra il 1930 e il 1950 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

7. 8 SALVAGUARDIA DELLA RETE IDROGRAFICA SUPERFICIALE

Al fine di assicurare regolare deflusso delle acque superficiali, tutti i corsi d’acqua e le opere idrauliche necessarie alla regolamentazione del deflusso delle acque (fiumi, torrenti, fossi, canali, scoli, ecc.) devono essere opportunamente tutelati e salvaguardati; nessun corso idrico contribuente al drenaggio delle acque superficiali del territorio, anche se temporaneo, deve essere in alcun modo essere eliminato.

In caso di spostamento di fossati e/o canali pubblici, acquisite le eventuali autorizzazioni da parte degli Enti competenti, dovrà essere garantito sempre in ogni caso, il corretto deflusso e drenaggio delle acque; i corsi idrici che risultano troncati andranno proseguiti nella loro sezione fino a convogliarli nel fosso e/o collettore più vicino e sicuro.

Si vigilerà affinché anche i fossi e gli scoli dei terreni delle proprietà private risultino sempre efficienti e affinché si provveda in ogni caso al ripristino della loro funzionalità, laddove questa

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risulti essere stata compromessa; non si potrà interrompere il deflusso superficiale dei fossi e dei canali nelle aree agricole senza prevedere un nuovo e/o diverso recapito per le acque di scorrimento intercettate. Alla luce di tutto nella Tav.8a,8b,8c “ Sintesi delle Pericolosità Geologiche di Fattibilità delle Azioni di Piano”, intorno a ciascun corso d'acqua, (del reticolo maggiore e/o minore), cartografato dalla Carta tecnica di base è stata perimetrata un’area di inedificabilità, da intendere che nessun corso idrico (torrente, fosso, canale, ecc.) potrà essere eliminato o annullato.

Lo spostamento di fossati e/o canali potrà realizzarsi soltanto se, acquisite le eventuali autorizzazioni da parte degli Enti competenti, sarà garantito in ogni caso, il corretto deflusso e delle acque. Con l’eventuale spostamento di un corso idrico viene spostato anche l’areale di inedificabilità 76 ad esso associato.

7. 9 REGOLAMENTO DI POLIZIA IDRAULICA Il territorio comunale è interessato da un reticolo idraulico superficiale notevolmente sviluppato su una superficie morfologicamente molto articolata. Questo dovrà stimolare l’Amministrazione comunale di dotarsi di un Regolamento di Polizia Idraulica allo scopo di salvaguardare questo importante reticolo idrico e proteggere il suo territorio dai rischi naturali o che conseguono alle sue modificazioni e trasformazioni. Le norme generali del Regolamento, fatti salvi gli specifici obblighi e divieti indicati dalle normative nazionali e comunitarie, dovranno fornire gli indirizzi progettuali validi per ogni tipo di intervento di manutenzione, modificazioni e trasformazione dello stato dei corsi d’acqua del territorio comunale e dovranno essere costituite da un insieme di regole, criteri operativi e modalità di intervento atti al conseguimento di un risultato materiale o prestazionale. Inoltre dovrà indicare quali sono le azioni che i proprietari devono intraprendere per mantenere efficienti i fossi minori di propria competenza. La polizia idraulica dovrà prevede essenzialmente la vigilanza e il controllo sul territorio; l’accertamento di eventuali violazioni ed abusi; l’esame preventivo ed il controllo su interventi che interferiscono con la rete idraulica di nostra competenza. L’Amministrazione comunale ha il compito di gestire al meglio la risorsa acqua, non solo nella prevenzione degli eventi alluvionali, ma prima ancora in quanto prezioso elemento naturale di grande pregio ambientale. Il Regolamento dovrà essere sviluppato, concepito e applicato avendo ben presente quanto importanti siano i corsi d’acqua in un territorio come il nostro. Esso dovrà essere

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frutto di una nuova consapevolezza sulla responsabilità a noi affidata di tutelare e preservare questo patrimonio, impegnandoci per restituirlo inalterato alle future generazioni. Una volta dotato di un regolamento, l’Amministrazione provvederà alla sua pubblicazione che, attraverso una veste grafica possibilmente accattivante possa trasformare l’elenco di regole e divieti in uno strumento di vera e propria educazione civica. Destinatari principali, gli stessi amministratori e a quanti hanno responsabilità di governo sul territorio, ma anche alle scuole, agli Ordini professionali e alle associazioni civili impegnate nella salvaguardia dell’ambiente. L’auspicio è che il rispetto delle regole che saranno scritte diventi un impegno condiviso, diventi garanzia di prevenzione e di tutela dell’ambiente, delle proprietà pubbliche e private e, nel contempo, salvaguardia delle opere idrauliche, oltre a valorizzazione degli aspetti ambientali, paesaggistici e 77 naturalistici dei nostri corsi d’acqua. L’Amministrazione comunale, attraverso le commissioni consiliari ed i propri organismi tecnici, ne sorveglierà l’osservanza.

7. 10 SERBATOI IDROPOTABILI

La rete di distribuzione idrica sul territorio comunale avviene attraverso alcuni serbatoi ubicati nelle seguenti località: Nogiano, Malvitani, Coragelli, Torre Spada/Cozzo Difesa, Parco “Le Mimose”, Piano Monello, S. Gennaro, Centro residenziale UniCal, Longiane (Arcavacata), Cozzo Pantoscia. La peculiarità di trovarsi a monte delle aree urbanizzate, rappresenta però un elemento di rischio notevole, nel caso di sollecitazioni intense ed elevate quali quelle attivate da un sisma; pertanto, cui per alcuni di essi (soprattutto UniCal, Cozzo Pantoscia, Villaggio “Le Mimose”), dovrà essere programmato un monitoraggio costante per evitare situazioni di pericolo sulle aree antropizzate.

7. 11 NOTA AGGIUNTIVA SUL RISCHIO IDRAULICO

All’attività dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua vari è legato il pericolo delle piene, ovvero delle esondazioni causate dall’acqua che esce dagli alvei e dagli argini. Le piene rappresentano il tipo più comune di pericolo idrogeologico e colpiscono persone e cose più di tutti gli altri disastri naturali messi insieme. Particolarmente pericolose sono le piene improvvise, quando sono eventi estremi e di breve durata che si verificano in corrispondenza di temporali a spostamento lento o stazionari, che

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solitamente alle nostre latitudini durano mediamente 36 – 48 h. Di rilevante è l’intensità della pioggia che spesso supera la capacità d’infiltrazione del terreno a tutto favore del deflusso superficiale, che diventa più veloce. In queste circostanze, è la parte inferiore dell’asta fluviale, quella maggiormente soggetta a rischio esondazione, soprattutto in presenza di meandri, restringimenti morfologici e sezioni trasversali inadeguate. L’influenza antropica può apportare cambiamenti notevoli nei caratteri dei bacini idrografici, infatti, l’urbanizzazione valliva presente sul nostro territorio, intensifica l’impermeabilizzazione del suolo. Le diagnosi e le valutazioni interpretate nella fase di analisi del PSC, hanno avuto lo scopo di prevedere e programmare un tipo di uso del suolo piuttosto che un altro. Fra le destinazioni dei vari impieghi è compreso anche il non uso , ossia la conservazione, la non utilizzazione pratica o 78 costruttiva. Questa nuova possibilità di approcciarsi, in discontinuità con alcune scelte del passato, è maturata nella fase di diagnosi, cioè nella valutazione incrociata degli elementi di criticità idraulica con i fattori ambientali e antropici con riferimento specifico ad alcune aree vallive intensamente urbanizzate, attraversate dalle principali aste fluviali. Infatti, riteniamo che alcuni comparti urbani prossimi ai torrenti Emoli e Surdo, siano esposti a una notevole vulnerabilità soprattutto in occasione di eventi meteorologici intensi e di straordinaria continuità.  La fig. 27, mostra il torrente Emoli nella località Quattromiglia, immediatamente a valle della SS 19. La foto ritrae la portata durante un temporale accaduto il 25 gennaio 2009. L’esile barriera longitudinale di mattoni rappresenta l’argine di contenimento di piena nel tratto in cui sta sorgendo un’intensa antropizzazione. Che l’acqua possa interagire con i nuovi insediamenti abitativi è una condizione realisticamente e ragionevolmente plausibile. Sarebbero necessarie opere antipiena progettati in modo da reggere la pressione idrostatica, considerando anche la componente verso l’alto, prevista per la piena di progetto.

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Fig. 27

79

La fig. 28 mostra la sinistra idrografica dello stesso tratto riportato nella figura precedente. Anche per questo ambito è necessario rimuovere gli elementi di vulnerabilità.

Fig. 28

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Viale Carolina e Francesco Principe

SS 19 80

Fig. 29

La fig. 29, mostra invece un tratto del torrente Surdo in località Commenda, compreso tra la SS 19 e Viale Carolina e Francesco Principe. Al tratto rettilineo segue un restringimento con una morfologia tipicamente meandroide che potrebbe generare rilevanti riflussi. Per caratteristiche topografiche locali, le possibili esondazioni si avrebbero in destra idrografica. La fig. 30 mostra infine l’attraversamento del torrente Surdo nella località Saporito. Fenomeni di erosione spondali progressivi hanno determinato nel tempo arretramenti graduali fino a lambire l’abitato. Per garantire la capacità di deflusso normale e proteggere l’abitato da nuovi fenomeni erosivi, è necessario intervenire con opere longitudinali in alveo.

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Fig. 30 Nonostante le aree menzionate siano state in passato soggette a studi pertinenti all’Autorità di Bacino Regionale, riteniamo sia indispensabile in questa fase di studio, procedere a una revisione in termini di sicurezza, conseguenza delle mutevoli condizioni morfologiche e idrologiche dei bacini che i pianificatori del passato hanno sottovalutato. Le valutazioni fatte nell’ambito degli studi previsti dal PSC suggeriscono, per garantire maggiore sicurezza a persone e cose, di associare parte di questi settori alla Classe 3 di fattibilità e alle relative prescrizioni che ne conseguono, nel rispetto della L. R. n° 19/2002 e in accordo anche con l’art. 3, comma 4 delle NA&MS del PAI vigente. Per le considerazioni evidenziate, si consiglia l’Amministrazione comunale di predisporre per i nuclei abitati esistenti, sistemi di monitoraggio geologico che permettano di tenere sotto controllo l’evoluzione dei fenomeni e contemporaneamente attivare le procedure per l’identificazione reale dei rischi ed eventualmente per l’individuazione degli interventi di mitigazione tesi alla messa in sicurezza degli ambiti in questione.

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8. PRINCIPALI PROCESSI MORFOEVOLUTIVI E MODELLAMENTO DEI VERSANTI

8. 1 CLASSIFICAZIONI DEI DISSESTI FRANOSI RILEVATI SUL TERRITORIO È stato condotto un rilevamento geomorfologico dell’intero territorio comunale con particolare riferimento ai versanti in ambiente collinare; lo studio è stato integrato dal supporto di dati relativi a fotointerpretazione dei voli realizzati dalla Regione Calabria nel 2008, primo approccio per individuare la franosità presente sul territorio e le aree che si presentano alla scala morfologica, potenzialmente instabili. Il secondo criterio di analisi è stato la consultazione degli studi relativi al PAI, più precisamente la Carta Inventario dei Centri Abitati Instabili ovvero l’Elab. 15 Tav. 078-102 82 Rende, Elab. 15 Tav. 078-102/1 Arcavacata – S. Stefano ed Elab. 15 Tav. 078-102/2 Surdo. I successivi riscontri in campagna sono stati programmati per accertare direttamente le fenomenologie acquisite e per cartografare e perimetrare quelle direttamente riscontrate sul terreno. L’analisi sul territorio ha portato ad individuare diverse forme di dissesti (attivi, quiescenti e aree prossime a nuove fenomenologie morfologiche). I principali elementi morfologici potenzialmente legati ai fenomeni destabilizzanti sono riportati schematicamente nelle TAVV. G.2a, 2b, 2c (Carta Geomorfologica) . I dissesti individuati sono stati classificati e riportati su base topografica adoperando la “ Legenda geomorfologica”, opportunamente adattata, proposta dalla letteratura Tecnica Scientifica attuale. Secondo le nomenclature maggiormente utilizzate (Dikau et alii , 1996; UNESCO, 1993; Varnes & Cruden, 1994; Servizio Geologico d’Italia – CNR (GNDCI), 1996), i movimenti franosi maggiormente rilevati e riconosciuti sono stati così classificati :  Scorrimenti (slides) : frane che si verificano per superamento della resistenza di taglio dei materiali rocciosi o dei terreni lungo una o più superfici di neoformazione, o preesistenti (contatto stratigrafico o tettonico, contatto tra materiali di copertura e substrato, contatto tra la porzione alterata e quella integra di un ammasso roccioso, ecc.); queste superfici di scorrimento sono visibili o possono essere ragionevolmente ricostruite. Questa tipologia di rottura può verificarsi sia in roccia che in terreni sciolti. Il corpo di frana può scomporsi in diversi blocchi limitati da fessure trasversali e longitudinali. Tali fenomeni, dopo una fase iniziale estremamente rapida, con spostamenti evidenti, possono portare al progressivo collasso del pendio. Tra gli scorrimenti si possono distinguere due tipi di movimenti: rotazionali (o scoscendimenti) e traslativi (o scivolamenti).

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 Scorrimenti rotazionali (Rock slump): sono movimenti di rotazione che avvengono attorno ad un punto esterno al versante e al di sopra del baricentro della massa in movimento. La forma della superficie di scorrimento è di solito arcuata e con la concavità verso l’alto; l’andamento abbastanza regolare della superficie consente di prevedere il suo andamento anche all’interno dell’ammasso roccioso.  Scorrimenti traslativi (Rock slide) : lo scivolamento avviene lungo una superficie di discontinuità poco scabrosa e preesistente, quali piani di scistosità o una superficie di contatto tra roccia in posto integra e la porzione alterata o degradata.  Colamenti (Rock slide): frane che avvengono per spostamento lento e continuo, con impercettibili deformazioni plastiche e differenziali del versante; la zona di distacco è in genere 83 appena accennata o manca del tutto. Nei colamenti di detrito poggiante su roccia lapidea si nota, invece, una nicchia di distacco precisa e tondeggiante, alla cui base scaturisce sovente acqua sotterranea, che è la causa determinante e prioritaria in tali tipi di dissesti.  Aree indicate come Zone franose profonde : sono caratterizzate da complessi di frane non delimitabili singolarmente e che interessano significative aree di un versante.  Aree indicata come Crolli e ribaltamenti: tali frane sono caratterizzate dallo spostamento di materiali in caduta libera e dal successivo movimento e salti e rimbalzi dei frammenti di roccia. Generalmente tali fenomeni si verificano in versanti interessati da preesistenti discontinuità strutturali (faglie e piani di stratificazioni) lungo le quali avvengono i distacchi; questi fenomeni sono improvvisi e la velocità di spostamento del materiale è da elevata a molto elevata. L’evoluzione spazio-temporale di tale fenomenologia è generalmente “retrogressivo” nel senso che l’ampliamento dell’area in frana avviene in senso opposto a quello del movimento per arretramento della scarpata principale, in conseguenza a successivi fenomeni di crollo e/o ribaltamento.  Frana Complessa: il termine frana “complessa” viene utilizzato come riportato in Varnes (1978) dove rappresenta una combinazione di due o più tipi di movimento.  Aree indicate come Frane superficiali diffuse: caratterizzate da porzioni di versante interessate da movimenti superficiali diffusi e in genere di piccole dimensioni.  Area indicate come Deformazioni superficiali lente: zone in cui sono riconoscibili fenomeni di creep superficiale che interessano il suolo e/o coltri di copertura.  Le aree con stabilità precaria sono state indicate nell’elaborato morfologico prodotto, come “versante irregolare”, “deflusso selvaggio” e “scarpata d’erosione“.

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 Area di intensa erosione : zone in cui sono riconoscibili processi morfogenetici e morfoevolutivi accelerati. Per la definizione dei fenomeni franosi si è fatto riferimento alla classificazione adottata nella redazione del progetto I.F.F.I. Le fasi di sviluppo progettuale I.F.F.I. sono consistite principalmente, nella revisione, integrazione, omogeneizzazione e trasferimento dei dati P.A.I. in un sistema di riferimento e ricerca unico per tutto il territorio nazionale. I fenomeni franosi sono stati pertanto classificati e definiti secondo lo schema nazionale I.F.F.I. Per ciascun fenomeno franoso cartografato è stata compilata una scheda, secondo i dati delle schede I.F.F.I. 84 Tali schede (Elab. G1.0a ) contengono:  una identificazione numerale I.F.F.I. (se risultano censiti nell’inventario dei fenomeni franosi I.F.F.I.);  una numerazione, corrispondente a quella utile all’identificazione del fenomeno sulla tavola prodotta;  indicazione del tipo di movimento;  grado di attività del fenomeno;  metodo di valutazione del movimento e dell’attività;  danno provocato (definito per tutti i fenomeni censiti);  area della frana (definito per tutti i fenomeni censiti);  causa del dissesto e interventi ad oggi effettuati (non definito per tutti i fenomeni censiti).

8. 2 DIFFERENZE TRA LA SCHEDA DI CENSIMENTO DELLE FRANE UTILIZZATE DAL P.A.I. E QUELLA DELL’IFFI

La scheda di censimento delle frane utilizzata nel P.A.I., derivante dalla scheda di censimento dei fenomeni franosi - Miscellanea VII del S.G.N. (Amanti et alii, 1996 ) e adattata al territorio della Calabria, si differenzia in alcuni campi rispetto alla scheda I.F.F.I. vers. 2.34 e precedenti, e in particolare rispetto al campo definito dalla nomenclatura P.A.I. come “zona franosa profonda e superficiale”. La zona franosa profonda indica complessi di frane non delimitabili singolarmente che interessano significative aree di un versante (dove possibile viene indicata la tipologia predominante di dissesto e la stima della profondità) mentre la zona franosa superficiale equivale a porzioni di versante interessate da frane diffuse e di piccole dimensioni. Nella nomenclatura IFFI, e dunque anche nel nostro studio, “le zone franose profonde e superficiali” sono state considerate come di seguito indicato:

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 la “zona franosa superficiale” è stata considerata come “area soggetta a crolli-ribaltamenti diffusi ” o ad “ area soggetta a frane superficiali diffuse ” a seconda del tipo di movimento in atto;  relativamente alla “zona franosa profonda ”, al fine di poter distinguere ed analizzare in modo corretto i processi morfogenetici, anche ai fini delle successive elaborazioni statistiche e multivariate, quest’ultime sono state considerate come “complesse” se si distinguono nettamente più tipi di movimento oppure singole (specificandone il tipo) se si distingue un tipo di movimento prevalente. Nella carta geomorfologica sono state rappresentate analiticamente le forme di erosione e di accumulo presenti. E’ stata interpretata la genesi in funzione dei processi geomorfologici attuali e 85 passati e valutato lo stato di attività.

8. 3 DATI DI SINTESI SULLA FRANOSITA’ DEL TERRITORIO RENDESE

Le aree maggiormente dissestate e/o in condizioni al limite della stabilità sono soprattutto quelle che presentano una morfologia collinare interessata prevalentemente da litologie sabbiose con intercalazioni di limi argillosi e argille del Pliocene sup. I tipi di movimenti presenti maggiormente sul territorio (figg. 31, 32, 33), sono riferibili a scivolamenti (scorrimenti) rotazionali traslativi e complessi rilevati su tutti i versanti collinari che si sviluppano lungo la fascia territoriale mediana. La maggior parte delle aree soggette a frane superficiali diffuse e a colamenti è stata riscontrata invece negli affioramenti limo – argillosi presenti lungo la parte occidentale del paese. Il dato più rilevante è quello relativo alle frane di nuova generazione e/o riattivate . La connessione con gli eccezionali eventi meteorologici degli ultimi periodi è evidente, ma ci sono anche responsabilità fortemente legate a processi di antropizzazione che non sempre hanno mirato alla tutela e alla salvaguardia fisica del territorio. Infatti, il ferimento del territorio è certamente anche imputabile alla mancanza di una razionale prevenzione idrogeologica, generata, nei territori collinari e montani, da una carenza dell’attività umana per la salvaguardia della proprietà (realizzazione di gradonature per la coltivazione delle aree acclivi, manutenzione capillare della sentieristica, pulizia di canali e canalette di sgrondo delle acque, ecc.)

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SCHEDA RIEPILOGATIVA DEI FENOMENI FRANOSI SECONDO I DATI IFFI/PAI Frane IFFI/PAI cartografate censite 79 Frane di nuova generazione e/o riattivate nel periodo 2008 - 2015 125 Aree cartografate ritenute potenzialmente franose 37 Totale frane e aree considerate potenzialmente franose 263 Scivolamento rotazionale/traslativo 116 Complesso 67 Aree soggette a frane superficiali diffuse/Zona franosa superficiale 37 Colamento rapido 21 Tipo di movimento 86 Intensa erosione prevalente 8 Accumulo detritico 7 Crollo/ribaltamento 5 Deformazione superficiale lenta 1 Creep 1 Attiva/riattivata/sospesa 140 Tipo di attività Quiescente 114 prevalente Parzialmente stabilizzata 6 Stabilizzata 3 10.850.099,0 m2 Superficie totale interessata da movimenti franosi attivi e quiescenti (1.085 ha) Pari al 19,8 % della sup. comunale (54,79 km 2)

Fig. 31 - Sintesi dei fenomeni franosi e la loro attività prevalente, rilevati sul territorio durante la fase di analisi.

La sicurezza idrogeologica del territorio è la priorità assoluta per la salvaguardia delle persone e delle cose e per poter perseguire, a livello individuale e collettivo, qualsivoglia ipotesi di ripresa e di sviluppo. Le recenti alluvioni ha mostrato drammaticamente che il territorio è a rischio e tutti sono coscienti che ora lo è ancora di più. Sono certamente urgenti le erogazioni pubbliche per la riparazione dei danni, ma altrettanto urgente è far partire un piano di opere strutturali e di manutenzione straordinaria del reticolo idrografico primario, ma soprattutto quello secondario che costituisce la matrice del nostro territorio, matrice benefica se rispettata e controllata, disastrosa se trascurata e abusata. E’ auspicabile un programma organico d’interventi sia per la riattivazione e la manutenzione dei fossi di drenaggio delle aree collinari, sia per il ridimensionamento degli afflussi intubati nelle aree urbanizzate.

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Il Comune inoltre deve “sentirsi obbligato” e incentivato a far rispettare tassativamente i vincoli idrogeologici riportati nelle Tavv. G.6a, 6b, 6c, per reimpostare su questa base le nuove scelte urbanistiche e insediative imposte dal nuovo PSC. I sempre più frequenti fenomeni di dissesto per fenomeni atmosferici sempre più intensi, impongono inoltre un ripensamento radicale sul “consumo” di suolo agricolo preservandone rigorosamente la consistenza ,e parallelamente, procedendo alla realizzazione di progetti mirati alla riqualificazione edilizia, in un programma generale di rigenerazione urbana.

Parzialmente stabilizzata Stabilizzata Frane IFFI/PAI Attiva/riattivata/sospes cartografate e censite 87 a Quiescente Frane di nuova Creep generazione e/o riattivate nel periodo Deformazione 2008 - 2015 superficiale lenta

Crollo/ribaltamento Aree cartografate ritenute potenzialmente Accumulo detritico franose Intensa erosione Totale frane e aree Colamento rapido considerate Aree soggette a frane Complesso potenzialmente franose superficiali diffuse/Zona franosa Scivolamento superficiale rotazionale/traslativo

Fig. 32 - Rapporto fra la tipologia dei fenomeni franosi e la loro distribuzione sul territorio.

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Parzialmente stabilizzata Stabilizzata 2% 1%

Quiescente Attiva/riattivata 88 44% /sospesa 53% STATO DI ATTIVITA' DEI FENOMENI FRANOSI PRESENTI ALL'INTERNO DEL TERRITORIO COMUNALE

Fig. 33 - Attività dei movimenti franosi

8. 4 DINAMICA DEI VERSANTI: ALCUNE TESTIMONIANZE DEGLI ULTIMI ANNI

La gravità agisce in ogni processo che tende a trasformare le forme del paesaggio (si pensi all’azione delle acque incanalate o ruscellanti). Esistono processi di evoluzione dei versanti in cui la forza di gravità è una componente essenziale, anche se la sua azione può essere predisposta o amplificata da altri fattori. Fra i movimenti di versante dovuti all’azione combinata della gravità e dell’acqua, le frane sono certamente i fenomeni che interferiscono in misura maggiore con l’uomo e le sue attività; le vie di comunicazione, interi centri urbani, le attività agricole possono essere minacciati o resi instabili dai fenomeni franosi come dimostrano alcune testimonianze fotografiche riportate di seguito. Naturalmente sotto l’effetto della gravità, ogni volume di terreno tende a portarsi, da una posizione a più elevata energia potenziale ad una più bassa. Il volume di materiale in movimento si sposta da una posizione più interna del versante ad una posizione più esterna producendo un generale spianamento del versante. Ad amplificare o innescare il movimento possono contribuire in maniera determinante altri agenti, in particolare l’acqua.

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L’acqua contribuisce a livelli molto diversi ad amplificare il movimento delle masse di terreno lungo il versante. Oltre ad un’azione di disgregazione l’acqua ha un effetto determinante sulle modalità di trasporto e deposizione del materiale a valle. Di seguito (figg. 34-45) sono riportate alcune testimonianze fotografiche significative per meglio evidenziare il ruolo della dinamica dei versanti degli ultimi periodi e la sua interferenza con le scelte antropiche del territorio.

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Fig . 34 - Località Pietà/Coni Soprani - Febbraio 2010

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Fig. 35 - Località Arcavacata - Gennaio 2009

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Fig. 36 - Località Arcavacata - Marzo 2009.

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Fig. 37 - Località Vanni - Gennaio 2009

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Fig. 38 - Località Vanni - Gennaio 2009

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Fig. 39 - Località Tufo - Inverno del 2004

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Fig. 40 - Località Bagno – Febbraio 2009

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Fig. 41 - Località Vanni - Febbraio 2009

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Fig. 42 - Località Vermicelli – UniCal - Febbraio 2010

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Fig. 43 - Circonvallazione Centro Storico - Febbraio 2010

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Fig. 44 - Centro Storico (versante sud) e Circonvallazione – Febbraio 2010

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Fig. 45 - Località Felpiano – Dicembre 2008

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8. 5 ALCUNE TESTIMONIANZE SULLA FRANOSITÀ STORICA

Comune: Rende Scheda 61 Data: novembre (?) 1933 Descrizione: una frana in contrada Felpione (Felpiano) danneggiata una casa colonica. Stralci significativi: “In seguito alle alluvioni… si verificano nell’agro di Rende e nella proprietà del sig. Perugini Pasquale, contrada Felpione, dei franamenti terreno, con gravi danni alla casa colonica. Tale casa…ha subito, anche per effetto di acque sotterranee, dei cedimenti alle fondazioni…lesioni ai muri maestri…sul terreno stesso si sono riscontrate dalle notevoli aperture…anche sul pavimento della casa…Non si ritiene di procedere a riparazioni di sorta, e data la natura del terreno, non è consigliabili costruire nello stesso sito, per cui è necessario provvedere alla ricostruzione della casa su un altro suolo idoneo. Quest’ufficio ha provveduto alla compilazione della perizia …l’importo è d £. 23.260…Quest’ufficio è del parere che si possa accordare un sussidio pari al 40% dell’importo…”. Tratto da: Relazione dell’Ingegnere Capo del Genio Civile. Cosenza, 25 maggio 1934 (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza dal 1930 al 1950 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

Comune: Rende Scheda 85 Data: dicembre 1933 Descrizione: frane sulla mulattiera Rende – Nogiano – Ianni e in c. da Ruoto. 101 Tratto da: comunicazione del Provveditorato alle OO.PP. per la Calabria all’Ing. Capo del Genio Civile. Cosenza, 3 gennaio 1934 (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza dal 1930 al 1950 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

Comune: Rende Scheda 338 Data: 1950 Descrizione: in contrada Muoio (Maio), a monte della S.S. N. 19, dissesti vari alle arginature del T. Emoli. Tratto da: nota del Genio Civile. Cosenza, s.d. (Frane e Alluvioni in Provincia di Cosenza dal 1930 al 1950 – O. Petrucci – P. Versace, 2007).

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9. VALUTAZIONE DELL’AZIONE SISMICA E DEFINIZIONE DEI PARAMETRI SISMICI DI ALCUNI SITI

9. 1 NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA E NORMATIVA Negli ultimi anni l’azione dello Stato per la riduzione degli effetti di un terremoto si è sviluppata su due fronti : riclassificando il territorio nazionale sulla base dell’ intensità e frequenza dei terremoti del passato e prevedendo l’applicazione, nelle zone classificate sismiche, di speciali norme per le costruzioni . La logica sulla quale si fonda la legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale, è quella di prescrivere norme tecniche in base alle quali un edificio sopporti senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti , salvaguardando prima di tutto le vite umane . Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della “probabilità” che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. 102 A tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio, hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle 4 zone. Le aree nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale sono a severità decrescente (zona 1, zona 2, zona 3, zona 4). Di fatto, sparisce il territorio “non classificato” , che diviene zona 4 . Sulla base di questa riclassificazione, il comune di Rende passa da zona sismica di 2^ classe a zona 1 alla quale viene associata un’accelerazione sismica orizzontale di riferimento ag = 0.35 g (g = accelerazione di gravità) meglio precisata più avanti. L’attività di prevenzione di maggior rilievo è stata condotta attraverso l’attuazione dell’Ordinanza 3274/2003. Infatti, l’emanazione delle nuove norme tecniche e della nuova classificazione sismica ha consentito di porre rimedio ad una situazione che da circa due decenni aveva ampliato notevolmente la distanza fra conoscenza scientifica consolidata e sua traduzione in strumenti normativi, permettendo di progettare e realizzare costruzioni nuove, più sicure ed aperte all’utilizzo di tecnologie innovative.

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Le novità normative introdotte con l’ordinanza sono state pienamente recepite e ulteriormente affinate, nelle recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (N.T.C.) , emanate con D.M. 14 gennaio 2008 dal Ministro delle Infrastrutture, diventate esecutive dal 1° luglio 2009. Il primo aspetto importante è l’assegnazione di una nuova veste al modello geologico del sito , esso costituirà uno degli elementi fondamentali della successiva progettazione strutturale. Importante è stato anche l’introduzione del concetto di pericolosità sismica : la progettazione dovrà tenere conto dell’accelerazione orizzontale massima attesa al suolo, tramite un complesso studio della risposta sismica locale. Ciò comporta la definizione di una categoria di sottosuolo (la normativa ne individua 5 più 2

categorie speciali da valutare con maggiore attenzione) in funzione della famigerata Vs30 (la velocità delle onde sismiche di taglio negli orizzonti di sottosuolo che va dal piano fondale fino a 30 metri di profondità). La definizione di questo parametro risulta essere tuttora un aspetto molto dibattuto, soprattutto per il notevole costo delle indagini a supporto della sua determinazione. Lo studio geologico - sismico di base dovrà, d’ora in poi, tenere conto, oltre che della categoria di sottosuolo, delle condizioni topografiche e stratigrafiche che possono dare adito a fenomeni di

amplificazione sismica locale . 103 I parametri geotecnici (numerici rappresentativi delle caratteristiche fisiche) da attribuire al sottosuolo, alla luce delle nuove norme tecniche, sono valutati con un approccio statistico differente: non si considera più il valore medio di una serie di misurazioni, ma con maggiore cautela ci si basa sul “ valore caratteristico ”, cioè il valore che ha una data probabilità (di norma il 5%) di essere (o di non essere) superato. Le attuali norme tecniche, tendono a garantire la sicurezza, ovvero che la resistenza del terreno Rd non sia inferiore all’azione della struttura in progettazione Ed , ed utilizzano a tale scopo il metodo di verifica agli stati limite ultimo (SLU) , prevedendo l’uso di coefficienti di sicurezza parziali da attribuire ai singoli parametri geotecnici. Per stato limite s’intende “ la condizione superata la quale l’opera non soddisfa più le esigenze per le quali è stata progettata ”. Il superamento di uno stato limite ultimo ha carattere irreversibile e determina il collasso dell’opera. Il superamento di uno stato limite di esercizio può avere carattere reversibile o irreversibile. Alla luce di quest’ultime considerazioni, costruire oggi risulta essere più oneroso, ma anche più sicuro. Se l’obiettivo è quello di salvare più vite umane, di incentivare la sicurezza delle opere, ne sarà valsa veramente la pena.

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9. 2 PARAMETRI SPETTRALI AG, F 0, T*C

Le azioni sismiche di progetto (§ 3.2, N.T.C. 2008) , in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite considerati, si definiscono a partire dalla PERICOLOSITÀ SISMICA DI BASE del sito di costruzione. Essa costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione delle azioni sismiche. La pericolosità sismica di partenza è definita in termini di accelerazione orizzontale

massima attesa a g in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale e categoria di sottosuolo di tipo A. Però, ai fini della normativa appena citata, la stima della pericolosità sismica di partenza, deve essere integrata mediante un approccio di MICROZONAZIONE ( “SITO DIPENDENTE”) (che dovrà tenere in conto le amplificazioni locali, stratigrafiche e topografiche) e non più con il criterio di MACROZONAZIONE ( “ZONA DIPENDENTE”), che stimava l’accelerazione di base in maniera automatica senza cioè considerare l’incremento dovuto ad effetti locali dei terreni , poiché essa sarebbe stata direttamente correlata alla Zona Sismica 1, 2, 3 e 4 di appartenenza del Comune. In altre parole, all'interno di un medesimo comune possono esserci effetti sismici diversi, in 104 dipendenza di vari complessi fenomeni geo – sismo – tettonici. Inoltre, anche la conoscenza di eventi sismici remoti consente di stimare meglio le accelerazioni di picco al suolo ( ag ), i fattori amplificativi degli spettri (Fo) ed i periodi Tc* relativi a ciascun possibile sito del comune, ovvero i tre parametri da cui discende lo spettro di risposta usato nella determinazione delle azioni sismiche. La forma e intensità dello spettro di risposta di progetto, infatti, sono funzione di questi tre parametri, che cambiano da sito a sito. Le forze sismiche sulla struttura dipendono a loro volta dallo spettro di risposta. Quindi le forze sismiche cambiano a seconda di come vengono determinati i tre parametri ag, Fo e Tc* per il sito in esame. Tutto ciò è stato descritto nelle N.T.C., 2008 in funzione di precise analisi quantitativo - probabilistiche, che conducono a stime più attendibili della pericolosità sismica locale. Le forme spettrali del sito sono definite, per ciascuna delle probabilità di superamento nel

periodo di riferimento Pv R, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:

 ag = accelerazione orizzontale massima al sito;  F0 = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro di accelerazione orizzontale;  T*c = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale.

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I valori dei parametri spettrali (ag, F 0, T*c ) sono relativi a situazioni geologiche corrispondenti ad un sito con assenza di effetti locali dei terreni, ovvero con presenza di substrato cosiddetto sismico (Vs30 > 800 m/s) affiorante o sub affiorante ed in condizioni morfologiche pianeggianti Dato che nessuna area del Comune di Rende presenta le suddette condizioni sono necessarie, come indicato al § 3.2 N.T.C. 2008, specifiche analisi di valutazione della risposta sismica locale (categoria del sottosuolo mediante stima del Vs30, amplificazione topografica e stratigrafica).

In definitiva, valutati i parametri spettrali (ag, F 0, T*c ) per il sito di progetto (approccio “sito dipendente” ) in base al periodo di ritorno, incrementati eventualmente per l’amplificazione stratigrafica e topografica e sulla base della classe d’uso della costruzione, sarà possibile definire gli spettri orizzontali e verticali , necessari per la stima dell’azione sismica di progetto. La stima dei parametri spettrali necessari per la definizione dell’azione sismica viene effettuata calcolandoli direttamente per il sito in esame, utilizzando come riferimento le informazioni disponibili nel reticolo di riferimento tramite la media pesata con i 4 nodi della griglia di accelerazioni

con passo di 5 km. 105 Il “Progetto Esse1” ha preso in considerazione oltre 10.000 nodi per ognuno dei quali ha calcolato oltre 2200 parametri che descrivono in maniera esaustiva la pericolosità sismica (picchi di accelerazione, accelerazioni spettrali, ecc., tutti calcolati per diverse probabilità di accadimento). Per quanto riportato in precedenza (approccio sito dipendente) e per la funzione “ a maglie larghe ” che la Normativa prevede per il PSC, nell’attuale fase di studio verranno riportati i valori di

ag e dei parametri spettrali relativi ad alcuni siti territoriali di riferimento demandando ai Piani Attuativi Unitari (PAU) e ad ogni strumento subordinato, lo studio di pericolosità sismica, approfondito nella misura necessaria e puntuale. I tre esempi si riferiscono ad un’area di cresta morfologica (Centro Storico, Castello Normanno (fig. 46), una collinare di media entità (Arcavacata, Piazza Coticchio (fig. 47) e una pianeggiante (Via Rossini, nuova sede municipale (fig. 48). Nelle tabelle seguenti sono riportati i valori dei parametri spettrali ai vari Stati Limiti riferiti ad una costruzione di classe II (N.T.C., § 2.4.2).

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Fig. 46 – Centro Storico. Sito di riferimento: Castello Normanno.

Comune RENDE Sito di riferimento Centro Storico (Castello Normanno) Coordinate WGS 84 Lat. 39° 33' 15,5'' - Log. 16° 18' 18,36'' Coordinate ED 50 Lat. 39° 33' 25,66'' - Log. 16° 18' 10,26''

Periodo di riferimento Probabilità Parametri per le Forme Spettrali Vita Classe d’uso Coefficiente per l’azione sismica VR superamento (§ 3.2. N.T.C. 2008) (§ 2.4.3 N.T.C. 2008) Nominale VN dell’edificio d’uso CU Stato Limite PVR (§ 2.4.1 N.T.C. (§ 2.4.2 N.T.C. (§ 2.4.2 (%) TR ag F0 T*c 2008) 2008) N.T.C. 2008) VR = V N x C U (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) (anni) = = s Stato Limite di Operatività (SLO) 81 30 0.068 2.299 0.283 Esercizio ( SLE ) Danno (SLD) 63 50 0.090 2.277 0.310 ≥ 50 anni II 1.0 50 (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) Stato Limite Salvaguardia Vita (SLV) 10 475 0.264 2.428 0.371 Ultimo ( SLU ) Prevenzione Collasso (SLC) (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) 5 975 0.355 2.467 0.394

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Fig. 47 - Località Arcavacata. Sito di riferimento: Piazza Coticchio.

Comune RENDE Sito di riferimento Arcavacata (Piazza Coticchio) Coordinate WGS 84 Lat. 39° 35' 78,27'' - Log. 16° 21' 17,21'' Coordinate ED 50 Lat. 39° 35' 88,43'' - Log. 16° 21' 25,31''

Periodo di riferimento Probabilità Parametri per le Forme Spettrali Vita Classe d’uso Coefficiente per l’azione sismica VR superamento (§ 3.2. N.T.C. 2008) (§ 2.4.3 N.T.C. 2008) Nominale VN dell’edificio d’uso CU Stato Limite PVR (§ 2.4.1 N.T.C. (§ 2.4.2 N.T.C. (§ 2.4.2 (%) TR ag F0 T*c 2008) 2008) N.T.C. 2008) VR = V N x C U (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) (anni) = = s Stato Limite di Operatività (SLO) 81 30 0.071 2.289 0.281 Esercizio ( SLE ) Danno (SLD) 63 50 0.094 2.273 0.305 ≥ 50 anni II 1.0 50 (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) Stato Limite Salvaguardia Vita (SLV) 10 475 0.274 2.430 0.371 Ultimo ( SLU ) Prevenzione Collasso (SLC) (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) 5 975 0.367 2.471 0.400

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Fig. 48 - Via Rossini. Sito di riferimento: nuova sede municipale. 108

Comune RENDE Sito di riferimento Via Rossini (nuova sede municipale) Coordinate WGS 84 Lat. 39° 34' 73,24'' - Log. 16° 24' 3,71'' Coordinate ED 50 Lat. 39° 34' 83,40'' - Log. 16° 24' 41,80''

Periodo di riferimento Probabilità Parametri per le Forme Spettrali Vita Classe d’uso Coefficiente per l’azione sismica VR superamento (§ 3.2. N.T.C. 2008) (§ 2.4.3 N.T.C. 2008) Nominale VN dell’edificio d’uso CU Stato Limite PVR (§ 2.4.1 N.T.C. (§ 2.4.2 N.T.C. (§ 2.4.2 (%) TR ag F0 T*c 2008) 2008) N.T.C. 2008) VR = V N x C U (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) (anni) = = s Stato Limite di Operatività (SLO) 81 30 0.072 2.290 0.281 Esercizio ( SLE ) Danno (SLD) 63 50 0.095 2.276 0.303 ≥ 50 anni II 1.0 50 (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) Stato Limite Salvaguardia Vita (SLV) 10 475 0.2746 2.431 0.372 Ultimo ( SLU ) Prevenzione Collasso (SLC) (§ 3.2.1 N.T.C. 2008) 5 975 0.369 2.466 0.407

9. 3 STIMA DELLA V S30 E DETERMINAZIONE DELLE CATEGORIE DI SOTTOSUOLO Per quanto riportato, ai fini della definizione delle azioni sismiche di progetto, è necessario valutare l’effetto della risposta sismica locale mediante specifiche analisi come indicate nel § 7.11.3 delle N.T.C. 2008. In assenza di tale analisi, per la definizione dell’azione sismica si può fare riferimento ad un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo di riferimento come definite dalle Tab. 3.2.II e 3.2.III delle N.T.C. 2008 , di seguito riportate:

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Tab. 3.2.II (N.T.C. 2008) Categoria di Descrizione sottosuolo Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs 30 superiori a 800 m/s , eventualmente comprendenti in superficie uno strato di A alterazione, con spessore massimo pari a 3.0 m . Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fine molto consistenti con spessori supe riori a 30 m , caratterizzati da un B graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs 30 compresi fra 360 m/s e 800 m/s (ovvero Nspt 30 > 50 nei terreni a grana grossa e c u30 > 250 kPa nei terreni a grana fina). Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensate o terreni a grana fina mediamente consistenti con spessori superiori a 30 m , caratterizzati da un C graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs 30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < Nspt 30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < c u30 < 250 kPa nei terreni a grana fina). Depositi di terreni a grana scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m , caratterizzati da un graduale D miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs 30 inferiori a 180 m/s e 360 m/s (ovvero Nspt 30 < 15 nei terreni a grana grossa e c u30 < 250 kPa nei terreni a grana fina). E Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs 30 > 800 m/s ).

Tab. 3.2.III (N.T.C. 2008)

Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs 30 inferiori a 100m/s (ovvero 10 < Cu 30 < 20 kPa), che includono uno strato di almeno 8 m di terreni a grana fina di S1 bassa consistenza, oppure che includono almeno 3 m di torba o di argille altamente organiche. S2 Depositi di terreni suscettibili di liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra categoria di sottosuolo non classificabile nei tipi precedenti .

Per i sottosuoli appartenenti alle ulteriori categorie S1 ed S2 indicate nella tabella 3.2.III delle N.T.C. 2008, è necessario predisporre specifiche analisi per la definizione delle azioni sismiche, particolarmente nei casi in cui la presenza di terreni suscettibili di liquefazione e/o di argille d’elevata sensitività possa comportare fenomeni di collasso. Fatta salva la necessità della caratterizzazione geotecnica dei terreni nel volume significativo, ai fini dell’identificazione della categoria di sottosuolo, la classificazione si effettua in base ai valori

della velocità equivalente Vs 30 di propagazione delle onde di taglio entro i primi 30 m di profondità . Per le fondazioni superficiali, tale profondità è al piano d’imposta delle stesse, mentre per le 109 fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali , infine per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano d’imposta della fondazione (§ 3.2.2. N.T.C. 2008).

La velocità equivalente delle onde di taglio Vs 30 è definita dall’espressione:

Vs 30 = 30___ hi ,/ iVs  ,1 Ni La resistenza penetrometrica equivalente NSPT è definita dall’espressione:

NSPT = hi /  / Nhi SPT  ,1 Mi  ,1 Mi La resistenza non drenata equivalente cu30 è definita dall’espressione:

NSPT = hi /  /chi ,iu  ,1 ki  ,1ki Le N.T.C. 2008 (§ 3.2.3) raccomandano fortemente la misura diretta delle velocità delle onde di taglio Vs ; se ciò non fosse possibile la classificazione può essere effettuata in base ai valori del

numero equivalente di colpi della prova penetrometrica dinamica NSPT30 nei terreni prevalentemente

a grana grossa e della resistenza non drenata equivalente Cu 30 nei terreni prevalentemente a grana fina .

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9. 4 RISCHIO SISMICO E MICROZONAZIONE SISMICA

La storia sismica della Calabria è lunga di secoli e annovera distruzioni e lutti, coerente con la particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica. Il territorio comunale di Rende risente, come riportato in precedenza, di questa elevata sismicità perchè è parte integrante dell’elevata fragilità strutturale del graben del Crati. Gli studi geologici realizzati sul territorio nell’ambito del PSC, sono stati eseguiti anche con riferimento alla pericolosità sismica locale individuando le situazioni morfologiche e strutturali che possono generare amplificazioni o instabilizzazioni a vario livello (effetti cosismici), per effetto di sollecitazioni dinamiche generate da un sisma. Le modalità operative di riferimento sono quelle dettate dai Fattori escludenti e limitanti riportate dalle Linee Guida per l’applicazione della Legge urbanistica n° 19/2002. L’elaborato cartografico G5abc riporta le aree di maggiore pericolosità sismica locale. Questo studio è da considerarsi un approfondimento sismico di primo livello che permette soltanto l’individuazione degli ambiti suscettibili di effetti locali in caso di sisma. Il problema andrebbe risolto con la microzonazione sismica, cioè l'analisi che permette di individuare le differenze di pericolosità su scala 110 locale, tra diversi comuni e all'interno di uno stesso comune. Le differenze geologiche, relative alle caratteristiche del sottosuolo e alla sua stabilità, fanno sì che un terremoto possa provocare effetti diversi in luoghi anche molto ravvicinati. I dati acquisiti da queste analisi dettagliate, che prevede l’impiego di approcci interdisciplinari, servono a definire i fattori di amplificazione correlati allo scuotimento sismico atteso al suolo. Essi sono fondamentali per la pianificazione urbanistica e il governo del territorio, ai fini della prevenzione sismica efficace. Nonostante lo Stato abbia già riconosciuto l'importanza della microzonazione sismica co-finanziando il suo svolgimento sul territorio nazionale, questo cantiere di conoscenza del territorio procede in maniera disuniforme e con ritardi spaventosi soprattutto nella nostra regione, spesso con affidamenti a soggetti diversi dai geologi liberi professionisti, con la difficoltà di tanti comuni di co-finanziare gli studi. E a questo si lega un altro problema: gli approfondimenti tematici della microzonazione dovevano essere propedeutici alla redazione dei PSC, molti strumenti urbanistici sono stati adottati senza tener conto delle amplificazioni sismiche puntuali. Queste incongruenze potevano essere minimizzate affidando ai redattori dei piani anche i suddetti approfondimenti, al fine di restituire un elaborato finale coerente con i tematismi acquisiti nella fase di analisi e di diagnosi del territorio.

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10. SINTESI DELLE CRITICITÀ GEOLOGICHE E AMBIENTALI RILEVATE NELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO

Le indicazioni conseguite direttamente in campagna sono diventati elementi fondamentali per un’organica disamina delle criticità riscontrate in questa prima fase di analisi. Nella fase di diagnosi sono stati valutati gli elementi di criticità rilevati, per pervenire ad un elaborato di sintesi, da potere restituire ad Urbanisti e Amministratori, con le indicazioni necessarie per definire le fattibilità delle azioni di piano. Le maggiori criticità riscontrate sul territorio e che necessitano di interventi e/o monitoraggi immediati, per la salvaguardia del territorio e della popolazione, sono sinteticamente di seguito elencate:  Sono stati osservati problemi d’instabilità dei versanti particolarmente gravi, sia nelle aree collinari a maggiore acclività (Pietà, pendici Centro Storico, Coni, S. Ianni, ecc.) che a medie e basse acclività (Difesa, S. Biase, Frattini, Curti, S. Onofrio, Vanni, Arcavacata, Bagno, Tufo, Vermicelli, Dattoli, ecc.).  Sulla maggior parte degli ambienti collinari sono state individuate e perimetrate delle aree che, pur esibendo al momento discrete condizioni di stabilità, sono destinate a subire notevoli 111 processi morfoevolutivi per il loro totale stato di abbandono coinciso con la totale assenza di drenaggi superficiali che favoriscono il selvaggio scorrimento delle acque meteoriche.  Diverse aree sono state indicate come versanti irregolari . Tali zone presentano allo stato attuale delle condizioni di stabilità precarie determinate e /o legate prevalentemente ad una gestione poco razionale delle acque defluenti. Un’opera sulla manutenzione dei deflussi risulta pertanto, in tali zone, essenziale e prioritaria a qualsiasi uso futuro.  Le incisioni torrentizie presenti sul territorio, sono state interessate negli ultimi anni da notevoli eventi di piena che hanno determinato consistenti fenomeni di erosione spondale e d’alveo. Questi eventi sono risultati maggiormente determinanti in ambiti intensamente urbanizzati, essi sono rimasti tuttora vulnerabili a nuove crisi idrogeologiche. In particolare il Torrente Surdo in località Saporito (destra idrografica) e in corrispondenza dell’attraversamento con la SS 19, dove alcune modificazioni antropiche hanno prodotto una depressione del profilo di equilibrio accelerando l’erosione e lo scalzamento dei piloni determinando, alcuni anni fa, il crollo del ponte.  Anche sul Torrente Emoli sono presenti situazioni di pericolo che potrebbero evolvere bruscamente in vere e proprie criticità emergenziali. Il riferimento è immediatamente a valle

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dell’attraversamento con la SS 19, dove le arginature sono visivamente e strutturalmente inadeguate a contenere un’ondata di piena di progetto. Inoltre l’area mercatale adiacente il Palazzetto dello Sport , non è sufficientemente protetta dall’arginatura sulla destra idrografica del torrente per cui in caso di persistente piovosità si potrebbero verificare delle erosioni spondali con conseguente allagamento del settore. Si consiglia un monitoraggio costante delle due aree soprattutto nei periodi di prolungati e/o

intensi eventi meteorologici.  La rete idrografica secondaria presenta problemi di smaltimento in moltissimi punti del territorio; in particolare ne sono interessati i tratti modificati antropicamente che presentano, nella maggior parte dei casi, sezioni ostruite o dimensionamento insufficiente ,definiti arbitrariamente senza nessun approccio scientifico. In alcuni settori urbanizzati (zona UniCal, Profeta, Zona Industriale), si verificano già delle situazioni di disagio che potrebbero diventare vere e proprie emergenze nel caso di totale ostruzione delle sezioni intubate.  La vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento rappresenta una suscettibilità specifica a ricevere e diffondere inquinanti fluidi, ad esempio derivanti dai percolati dei residui di

produzione (ex Legnochimica). Occorre sottolineare che la litologia presente in quell’area 112 presenta una permeabilità alta per cui la capacità e la velocità di diffusione dei percolati nella falda locale diventa significativa.  Risulta necessario un recupero e un adeguamento sismico del patrimonio edilizio dei centri di Nogiano, Rende e Arcavacata, costruiti con modalità e tipologie da adeguare alle nuove tecnologie.  Risulta necessario un recupero e risanamento definitivo delle pendici del Centro Storico e delle altre aree in dissesto, soprattutto quelli che hanno interessato fabbricati.  Risultano necessari interventi strutturali, con monitoraggio attivo, in alcuni specifici settori del territorio che, per condizioni geologiche e morfologiche, sono associabili a frane per crollo o colate superficiali rapide che potrebbero interessare la percorrenza di veicoli nonché alcuni abitati sottostanti I riferimenti sono attinenti alla pendice sud – est del Centro Storico che, in caso di ulteriori evoluzioni, coinvolgerebbe la strada e gli edifici sottostanti. Possono verificarsi crolli di notevoli blocchi di arenarie, sulla parte iniziale della strada che dalla località Pietà porta a Silvi e lungo la strada che costeggia il costone che porta a Monaci. Un altro punto di criticità è individuato in località Pirelle/Petroni, dove alcuni edifici risultano sottostanti alla verticalità della parete di arenarie molto tenere, senza la benché minima distanza

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di sicurezza dal piede. Inoltre, la presenza di alcuni livelli molto alterati lungo il versante, potrebbero scivolare e intercettare le abitazioni a valle.  Risulta necessario un risanamento delle aree in frana interessate da recenti urbanizzazioni (Bagno e Tufo) con il recupero e la messa in sicurezza dell’edilizia, direttamente o potenzialmente interessata da fenomeni attivi (Vanni, Sinnicura, Arcavacata, Manuzza, Curti, Pendici Centro Storico, Cimitero, Petroni, Cozzo Difesa) o quiescenti ma facilmente evolvibili.  Risulta necessario un recupero delle cave dismesse e il risanamento delle aree ritenute potenzialmente contaminate (discarica di Torre Spada/Cozzo Difesa, il cui percolato viene intercettato in parte dal fosso Iscarella, che alimenta il Torrente Campagnano, in parte dalla falda locale della spianata morfologica di Roges; area ex Legnochimica; area ex Inceneritore). Alla luce del quadro sintetico appena evidenziato, appare necessaria una svolta culturale e civile e un’assunzione di responsabilità diretta non solo delle Amministrazioni preposte al recupero del territorio ma anche dei cittadini ciascuno per la propria parte, in grado di contribuire alla modifica del senso comune dominante, perché oggi siamo in presenza di mutamenti delle condizioni climatiche che devono indurre tutti ad assumere decisioni e comportamenti di sviluppo perseguibili

nel rispetto del territorio e dell’ambiente e senza ulteriori guasti che produrranno solo rischi alle 113 generazioni future.

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11. SINTESI DELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO: CARTA DI PERICOLOSITÀ GEOLOGICA E DI FATTIBILITÀ DI PIANO

Con riferimento alle Linee Guida della L. U. n° 19/2002, § 5.7.1, “Il PSC disciplinerà l’uso del territorio anche con riferimento alla pericolosità e rischio idrogeologico (art. 20- c3). A tal fine provvederà all’identificazione della pericolosità e del rischio idrogeologico, e più in generale di pericolosità e rischi connessi ai processi geomorfici significativi in relazione alle esigenze poste esplicitamente dal comma 3 dell’art 20”. Pertanto, si riportano le prescrizioni dettate dalle Linee Guida, integralmente adottate per articolare le localizzazioni delle aree di espansioni. Prescrizioni relative alle localizzazioni delle aree di espansione e delle infrastrutture. Fattori escludenti - Aree interessate da fenomeni di instabilità dei versanti; - Aree soggette a crolli di massi; - Aree interessate da distacco e rotolamento di blocchi; - Aree di frana attiva; - Aree di frane quiescenti; - Aree di franosità superficiale attiva diffusa; - Aree di erosione accelerata; - Aree interessate da trasporto di massa e flussi di detrito; - Aree interessate da carsismo; - Aree potenzialmente instabilità di grado elevato; 114 - Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R4-R3); - Aree interessate da vulnerabilità idrogeologica; - Aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile (aree di tutela assoluta, di rispetto, di protezione); - Aree ad elevata vulnerabilità degli acquiferi sfruttati ad uso idropotabile definite nell’ambito dello studio o nei piani di tutela di cui al d.lgs. 258/2000; - Aree di interesse scientifico-naturalistico dal punto di vista geologico, geomorfologico, paleontologico (geositi); - Aree vulnerabili dal punto di vista idraulico; - Aree ripetutamente allagate; - Aree interessate da fenomeni di erosione fluviale; - Aree potenzialmente inondabili individuate con criteri geomorfologici; - Aree potenzialmente interessate da flussi di detrito; - Aree di attenzione se confermate a rischio; - Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R4, R3); - Aree soggette a erosione costiera; - Aree a pericolosità geologica da elevata a molto elevate definite con gli studi di settore.

Fattori limitanti - Aree potenzialmente instabili a grado medio basso; - Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio ( R2-R1); - Aree interessate da vulnerabilità idrogeologica; - Zone interessate da centri di pericolo; - Aree con emergenze idriche diffuse; - Aree a bassa soggiacenza della falda o con presenza di falde sospese; - Aree vulnerabili dal punto di vista idraulico; - Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R2, R1); - Aree di interesse scientifico-naturalistico dal punto di vista geologico, geomorfologico, paleontologico (geotopi, geositi); - Aree, con caratteristiche geomeccaniche e geotecniche scadenti o pessime; - Aree a maggiore pericolosità sismica locale; - Aree a pericolosità geologica media definite con gli studi di settore.

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La sintesi di tutta la fase di analisi e diagnosi del territorio esaminato, ha portato alla stesura della “CARTA DI PERICOLOSITÀ GEOLOGICA E DI FATTIBILITÀ DI PIANO” . Più in generale l’importante elaborato è stato realizzato tenendo in conto le valutazioni puntuali fatte sulle frane P.A.I. e per tutti i fenomeni censiti, oltre a tener conto delle indicazioni prescritte nelle Linee Guida (Fattori escludenti e limitanti), sono stati valutati anche gli elementi di rischio acquisiti direttamente durante la fase di analisi del territorio. In particolare sono state tenute in considerazione le valutazioni geomorfologiche e ambientali immediatamente al contorno e più in generale il livello di criticità delle aree circostanti (aree potenzialmente franose o con franosità superficiale diffusa; aree con acclività accentuate; ecc.). PRECISAZIONI SULLE FRANE P.A.I. 1) Frane comprensive di aree a rischio equiparate alla loro pericolosità (la sigla alfanumerica è stata adottata dal P.A.I. mentre la numerazione tra parentesi è del PSC).  Frane a rischio R4 e pericolosità P4: MM8 (6); RE13.1 (24); RE1 (26); RE31 (64); RE32 (63). Il PSC ha adottato la pericolosità P4 sia per le aree a rischio sia per le aree in frana associate per cui sono state annesse alla Classe 4 di fattibilità salvo gli areali di pericolo che, per quanto

specificato più avanti (v. punto 7), sono stati compresi nella Classe 3. 115  Frane a rischio R3 e pericolosità P3: MM12.2 (4); RE15 (28); RE22 (55); RE23 (57); RE24 (58); RE28 (61); RE30 (65); RE38 (68). Il PSC ha adottato la pericolosità P3 sia per le aree a rischio sia per le aree in frana per cui sono state associate alla Classe 4 di fattibilità eccetto gli areali di pericolo che sono stati inclusi nella Classe 3.  Frane a rischio R2 e pericolosità P2: RE13 (25); RE14 (27); RE21 (54); RE33 (69); RE35.2 (101); RE38 (73); RE39 (76); RE41 (62); RE54 (52). Il PSC ha associato le aree a rischio, le frane associate e i relativi areali di pericolo alla Classe 3 di fattibilità. Alcune frane presentano aree con livello di rischio diverso, o con livello di rischio non equiparato alla loro pericolosità, oppure non sono stati definiti tutti gli elementi caratterizzanti nella loro interezza (grado di pericolosità, livello di rischio, areale di pericolo, ecc.). Il PSC ha valutato queste frane applicando spesso criteri a vantaggio della sicurezza, salvaguardando da queste limitazioni le aree già interessate da studi di settore riclassificate dall’ABR. 1) Frane associate a classi di rischio diverse : MM12 (3); RE3 (14); RE25 (56); RE27 (66); RE35.1 (67). Il PSC ha inserito le aree a rischio R1 e R2 e le aree in frana associate, nella Classe 3 di fattibilità

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mentre le aree a rischio R3 e R4 e le relative aree in frana associate, nella Classe 4 di fattibilità. I corrispondenti areali di pericolo sono stati associati alla Classe 3. 2) Frane che presentano un livello di rischio non equiparato alla loro pericolosità .  Pericolosità P1 – Rischio R2: RE63 (2).  Pericolosità P2 – Rischio R1: RE18 (31); RE42 (33); RE47 (38); RE48 (39); RE49 (47); RE50 (48); RE52 (50); RE61 (40). Il PSC ha inserito sia le aree a rischio (R1 e R2), sia le frane associate a pericolosità P1 e P2, sia i relativi areali di pericolo nella Classe 3 di fattibilità.  Pericolosità P3 – Rischio R2: RE4 (12); RE5 (8); RE8 (16); RE9 (17); RE15 (18); RE16 (29); RE19 (32); RE46 (37). Il PSC ha associato le aree a rischio R2 e gli areali di pericolo alla Classe 3 di fattibilità mentre le frane a pericolosità P3 alla Classe 4.  Pericolosità P4 – Rischio R3: RE2 (15); RE7 (9). Il PSC ha associato le aree a rischio e le frane associate alla Classe 4 di fattibilità mentre gli areali di pericolo alla Classe 3.

3) Frane pericolose P1, P2, P3, P4 (attive o quiescenti) senza rischio associato 116  Frane a pericolosità P1: RE40 (77).  Frane a pericolosità P2: RE6 (7); RE12 (23); RE36 (71); RE37 (72); RE38.1 (74); RE38.2 (75); RE44 (35); RE51 (49); RE53 (51); RE55 (46); RE56 (45); RE57 (44); RE58 (43); RE59 (42); RE60 (41). Il PSC ha associato tutte le frane (P1 e P2) e relativi areali di pericolo alla Classe 3 di fattibilità.  Frane a pericolosità P3: MM12.1 (5); RE10.1 (19); RE10.2 (20); RE11 (21); RE17 (30); RE20 (53); RE34 (70); RE43 (34); RE45 (36).  Frane a pericolosità P4: RE4.1 (13); RE4.2 (10); RE4.3 (11); RE11.1 (22). Il PSC ha associato sia le frane a pericolosità P3 che P4 alla Classe 4 di fattibilità, mentre i relativi areali di pericolo alla Classe 3. 4) Frane attive prive di livello di rischio e pericolosità : l’unica presente con questa tipologia è priva della sigla alfanumerica del P.A.I., comunque è individuabile con il n° 78 del PSC. In mancanza di studi di dettaglio, il PSC ha adottato il livello di pericolosità maggiore (P4) per cui l’area in frana è stata associata alla Classe 4 di fattibilità. 5) Frane inattive con livello di rischio e senza pericolosità : RE26 (59); RE62 (1). Il PSC ha adottato un livello di pericolosità (P1) equiparato allo stesso livello di rischio del PAI (R1), pertanto l’area in frana è stata associata alla Classe 3 di fattibilità.

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6) Frane inattive prive di livello di rischio e pericolosità: RE29 (60). Il PSC ha adottato per entrambe un livello di pericolosità medio (P1) per cui sono state associate alla Classe 3 di fattibilità. 7) Areale di pericolo : in generale il PAI considera come pericolosa non solo l'area in frana ma anche l'areale di pericolo, cioè la fascia esterna attigua alla frana con ampiezza generalmente pari a 20 m. Per questa fascia, il PAI, non impone alcuna norma prescrittiva. Unicamente alle aree a rischio elevato e molto elevato (R3-R4), rimanda ogni decisione alle competenze dell'ex Genio Civile (v. art. 10 delle NAMS) delegato al rilascio del parere relativo all'art. 13 (v. L. n° 64/74). Questo significa che per definire il reale livello di rischio (e quindi l'eventuale utilizzazione urbanistica), sono necessari studi geologici di dettaglio da allegare agli strumenti di pianificazione (PSC, PAU, ecc.). Per ovvie ragioni (non solo per l'elevato numero di areali da verificare ma anche per motivi economici e per la tempistica richiesta) questi approfondimenti non possono essere presi in considerazioni dal PSC, pertanto le citate aree andrebbero inserite nella Classe 4 di fattibilità e quindi escluse a priori da qualunque modificazione fisica. Tuttavia, al fine di non penalizzare preliminarmente i soggetti interessati, il PSC, nella fase di discussione

in seno alla Conferenza di Pianificazione, intende stabilire in accordo all'ex Genio Civile 117 (designato a darne i pareri) e con l'ABR, l'opportunità di collocare queste aree nella Classe 3 di fattibilità, al fine di delegare gli interessati (anche sulla scorta di quanto prescrive la normativa di questa classe), di verificare con la massima puntualità e coerenza attraverso gli studi di dettaglio, il reale livello di rischio e quindi, in definitiva, chiarire la loro destinazione urbanistica. 8) Nelle aree definite dal PAI a rischio R3 e R4 è vietata ogni forma di nuova edificazione (artt. 16, 17 delle NAMS), pertanto secondo quanto riporta le Linee Guida per l'applicazione della Legge Urbanistica della Calabria (cap. III, § 3.2.2) tali aree sono da associare coerentemente alla sottozona E5 comprendente, appunto, le aree che non sono suscettibili di nuovi insediamenti. Tuttavia, per le aree in questione, l'art. 2 comma 2-bis delle NAMS precisa che “…i soggetti interessati possono redigere progetti propri di messa in sicurezza, corredati da indagini e studi di dettaglio, per eliminare il rischio o ridurlo ad un livello compatibile con l'utilizzo previsto dai suddetti strumenti urbanistici…” pertanto, il PSC, per non precludere in futuro la possibilità di procedere al risanamento di queste aree e quindi alla richiesta di riclassificazione, intende delegare l'Ufficio di Piano del PSC che, dopo aver ricevuto da parte dell'ABR i relativi pareri favorevoli alla riclassificazione, potrà autorizzare i soggetti interessati (privati e pubblici) alla modificazione fisica di queste aree, fermo restando l’immodificabilità della destinazione

urbanistica prevista dal PSC.

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Componente geologic a, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

12. CARTA DELLA PERICOLOSITÀ E CLASSI DI FATTIBILITÀ

L’elaborazione della ”CARTA PRELIMINARE DELLE PERICOLOSITÀ GEOLOGICHE CON LA FATTIBILITÀ DELLE AZIONI DI PIANO“, seguendo le direttive dettate dalle Linee Guida della pianificazione regionale in attuazione della legge urbanistica della Calabria n° 19 del 16/04/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge Urbanistica della Calabria) (Scheda Tecnica 2), si riferisce all’intero territorio comunale e scaturisce dalla valutazione incrociata degli elementi contenuti nella Carta di Sintesi e dei Vincoli con i fattori ambientali, territoriali ed antropici dell’area studiata. Lo scopo è di fornire una suddivisione del territorio in classi di fattibilità geologica tenendo conto delle valutazioni critiche della pericolosità dei singoli fenomeni, degli scenari di rischio conseguenti e della componente geologico – ambientale, con le relative indicazioni necessarie in merito:  alle destinazioni d’uso;  alle prescrizioni da seguire in fase di realizzazione di opere;  alle eventuali indagini in sito e prove di laboratorio;  alla necessità di controlli sistematici dei fenomeni in atto e potenziali. 118

12. 1 DEFINIZIONE DELLE CLASSI DI FATTIBILITÀ

Le Linee Guida appena richiamate prevedono quattro classi di fattibilità, definite sulla base dell’idoneità geologica delle particelle di terreno a sopportare trasformazioni d’uso. Di seguito vengono restituite tutte le classi di fattibilità, così come riportate dalla normativa

Fattibilità senza particolari limitazioni . Zone idonee all’utilizzazione Classe 1 urbanistica . 1. Secondo le Linee Guida sopra richiamate , nella CLASSE 1 ricadono le aree per le quali gli studi non hanno individuato specifiche controindicazioni di carattere geologico – tecnico – ambientale all'urbanizzazione o alla modifica di destinazione d'uso delle particelle. 2. Sebbene nel territorio comunale siano presenti aree (con riferimento soprattutto a quelle pianeggianti) contraddistinte da buone caratteristiche geotecniche, geomeccaniche e morfologiche, queste non sono state annesse alla presente classe poiché la vulnerabilità sismica determinata dalla natura litologica e granulometrica dei terreni di alcune aree e la presenza accertata di una falda sospesa, nel caso di sollecitazioni sismiche importanti, potrebbero indurre un rischio di liquefazione. É ovvio che gli studi condotti dal PSC non possono stabilirne il reale livello di pericolosità, pertanto, la verifica puntuale e coerente del rischio viene rimandata agli studi di settore (microzonazione).

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Fattibilità con modeste limitazioni - Aree con condizio ni di pericolosità Classe 2 moderata, con modeste condizioni limitative alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni 1. Nella Classe 2 ricadono le aree nelle quali sono state rilevate condizioni limitative alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni, per superare le quali si rendono necessari accorgimenti e interventi identificabili, comprendenti eventualmente opere di sistemazione e bonifica di non rilevante incidenza tecnica – economica, precisabili in fase esecutiva sulla base di approfondimenti di carattere geologico – tecnico – ambientale. 2. Le limitazioni alla destinazione d’uso riguardano le aree di seguito riportate. In generale, le aree associate a questa classe sono quelle pianeggianti o sub pianeggianti con terreni che si contraddistinguono per buone caratteristiche geotecniche, geomeccaniche e morfologiche, tuttavia esposti alla falda idrica sospesa che in molti casi, principalmente nel periodo di massima ricarica, risale a livelli superficiali fino ad interferire con le strutture di fondazione. Nel caso di sollecitazioni sismiche, per le condizioni litologiche, granulometriche e idrogeologiche locali si potrebbero attivare fenomeni di liquefazione. In alcune di queste aree possono verificarsi, inoltre, fenomeni alluvionali di una certa pericolosità legati alla rete idrografica secondaria soprattutto nei tratti modificati antropicamente. Alcuni settori sub pianeggianti possono presentare alcune condizioni d’irregolarità morfologiche (gradini, terrazzi, esigui rilasci tensionali, ecc.) legati principalmente a contatti litologici. Alcune aree moderatamente acclivi potrebbero essere dotate di caratteristiche geotecniche e meccaniche limitate entro le quali possono generarsi fenomeni di dissesto (frane superficiali modeste, rilasci occasionali, ecc.) che il professionista geologo dovrà valutare con puntualità, nel caso di trasformazione urbanistica. In generale, in questa classe ricadono le aree nelle quali sono state rilevate condizioni limitative che, per superare le quali si rendono necessari accorgimenti e interventi comprendenti eventualmente opere di sistemazione e bonifica di non rilevante incidenza tecnica – economica – ambientale.  Alcune aree collinari moderatamente acclivi presenti nelle località S. Biase, Frattini, Cucchiaino, Chiodo, Profico, S. Stefano, Sorbato, Gliannuzzi, Longiane, Arcavacata, Vanni, Serra di Volpe, Dattoli, Tufo, Rocchi, Pirelle, Surdo, 119 Coragelli, Linze, Difesa, Torre Spada, S. Agostino, Iscarella, seppur caratterizzate da variabilità litologiche e geotecniche diversificate, possono essere destinate all’urbanizzazione, prevedendo nella fase propedeutica della progettazione opere di sistemazione e bonifica meglio precisabili in fase esecutiva sulla base di approfondimenti di carattere geologico – tecnico – ambientale, fermo restando le ottemperanze contenute nel Regolamento Edilizio.  Alcune aree sub pianeggianti o poco acclivi (area UniCal, Tufo, Rocchi, Palleca, Cancello Magdaloni, Profeta, Maio, Cutura, Gliannuzzi, S. Stefano, Surdo, Saporito, Linze, Commenda, Roges, ecc.) nelle quali la modificazione delle destinazioni d’uso è altresì legata all’eliminazione preventiva delle eventuali criticità lungo la rete idrografica secondaria, nei tratti modificati antropicamente con tubature aventi sezioni inadeguate e facilmente ostruibili.  Alcune aree pianeggianti o sub pianeggianti (Case Carratelli, Piani Marini, Lagone, Settimo, Zone Industriali, S. Rosa, S. Chiara, Linze, Iscarella, ecc.) nelle quali la modificazione delle destinazioni d’uso è altresì legata al ripristino (ove ancora possibile) della rete di drenaggio locale, utilizzata anche per uso irriguo, rimasta attiva fino all’esodo rurale iniziato nei primi anni '60.  Aree caratterizzate da pendenze poco acclivi o sub pianeggianti , con forti variazioni litologiche in senso verticale e orizzontale e con caratteristiche geotecniche moderatamente scadenti, dovute a fenomeni idrici alterativi (infiltrazioni da monte di acque superficiali e circolazioni in subalveo, reticolo idrografico superficiale secondario poco definito e possibili ristagni idrici).  Aree con assetti stratigrafici rappresentati da depositi alluvionali di tipo conglomeratico - sabbioso – limosi delle zone vallive , che presentano alcuni problemi di natura geologica e geotecnica, che possono essere risolti nella fase di progettazione preliminare. Particolari approfondimenti saranno rivolti alla variabilità granulometrica del sottosuolo sia verticale sia orizzontale, alla diversa permeabilità e circolazione idrica sotterranea che determina una falda superficiale oscillante, agli spessori litologici molto eterogenei giacenti sulle argille plioceniche di base (che, spesso, rappresentano localmente il bedrocklike e frequentemente definito anche come bedrock sismico), alla presenza di una litologia eterogenea contraddistinta da una variabilità granulometrica sia verticale sia orizzontale poco addensata che determina delle limitazioni dal punto di vista geotecnico, a possibili contatti fra litologie con proprietà meccaniche differenti che provocano forti amplificazioni sismiche (strati a diversa velocità di propagazione). Questi aspetti andranno verificati e valutati puntualmente con gli studi di dettaglio da eseguirsi nella fase progettuale.  Aree con affioramenti di prodotti di dilavamento e/o soliflussione che obliterano la formazione in posto.  Aree di cresta sufficientemente ampie.

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Fattibilità con consistenti limitazioni . Aree con condizioni di pericolosità Classe 3 medio – alta. 1. Le aree ricadenti nella Classe 3, sono quelle in cui alle condizioni di pericolosità geologica si associano i fattori limitativi richiamati nelle Linee Guida per l’applicazione della L. U. R. n° 19 del 16/04/2002. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni per l’entità e la natura dei rischi individuati nell’area di studio o nell’immediato intorno. Queste zone presentano un grado medio - alto di pericolosità geologica e sismica per cui, limitatamente alle aree per cui permangono interessi giustificati per la trasformazione urbanistica, l’utilizzo è subordinato alla realizzazione di supplementi d’indagini per acquisire una maggiore conoscenza geologico – tecnica dell’area e del suo intorno , mediante campagne geognostiche, prove in situ e di laboratorio, nonché mediante studi tematici specifici di varia natura (idrogeologici, idraulico - forestali, ambientali, pedologici, ecc.). Ciò dovrà consentire di precisare e caratterizzare il modello geologico – tecnico – ambientale per area e, in caso di sostenibilità degli interventi di Piano, le condizioni di sostenibilità. Per l’edificato esistente dovranno essere fornite indicazioni in merito alle indagini da eseguire per la progettazione e realizzazione delle opere di difesa, sistemazione idrogeologica e degli eventuali interventi di mitigazione degli effetti negativi indotti dall’edificato. Potranno essere inoltre, individuati idonei sistemi di monitoraggio geologico che permetteranno di tenere sotto controllo l’evoluzione dei fenomeni in atto o indotti dall’intervento. In ogni caso, e particolarmente con riferimento alla pericolosità sismica, dovranno essere attivate le procedure per la identificazione dei rischi e per la individuazione degli interventi di mitigazione competenti a livello di Piano. 2. Le limitazioni alla destinazione d’uso riguardano le aree di seguito riportate. In generale, le aree associate a questa classe sono tutte le aree collinari rappresentative di un’acclività media – alta, in alcuni casi comprendono alcune morfologie quiescenti, potenzialmente evolutive, legate soprattutto al notevole degrado idrogeologico in cui versano, divenuto sempre più incidente in seguito all’esodo rurale degli ultimi decenni che ha determinato indirettamente una riduzione progressiva degli interventi idraulico – forestali di prevenzione che periodicamente venivano eseguiti per la salvaguardia dei campi e del territorio. 120 La trasformazione di queste aree è necessariamente subordinata a studi geologici di dettaglio e, ove necessita, ad interventi di bonifica e risanamento del sito e del suo intorno, da realizzare attraverso l’impiego di opere strutturali e idraulico – forestali propedeutiche.  Tutte le aree collinari indicate come versanti irregolari che, benché costituite da uno scheletro strutturale litologicamente buono, mostrano alcuni profili morfologici (elencati di seguito), che richiedono una serie di approfondimenti puntuali. Gradini e scarpate morfologiche circoscritte, apparentemente inattive; forme eterogenee di soliflussi di modesti spessori superficiali evidenziate sul terreno da lobi, terrazzamenti, increspature, ecc.; alternanze di rigonfiamenti trasversali e avvallamenti del terreno abbastanza circoscritti; aree con contropendenze morfologiche repentine localmente anche accentuate; presenza di solchi erosivi provocati dall’impatto diretto della pioggia sul terreno e dall’azione del suo scorrimento in superficie per l’assenza di drenaggi adeguati; degradazioni per uso agricolo improprio e per tagli morfologici antropici; degradazione per attività estrattiva (cave dismesse); depositi antropici abusivi che hanno modificato notevolmente il profilo morfologico originario; ecc.  Alcune aree pianeggianti o sub pianeggianti, le cui limitazioni alla fattibilità derivano dalla presenza di potenziali conoidi dalle scarse caratteristiche geotecniche dei terreni (poco addensati) o da forti rischi di vulnerabilità idrogeologica (bassa soggiacenza della falda).  Le aree collinari la cui pericolosità potenziale è legata principalmente alla presenza di litologie limo – argillosi molto alterati e con limitate capacità portanti.  Le aree con riporti di materiale antropico, aree di colmate, aree di cave dismesse, aree potenzialmente contaminate.  Le aree interessate da potenziali flussi detritici; intensa erosione e deflusso selvaggio.  Alcune aree con piccoli dissesti superficiali associati a locali disomogeneità fisico – meccaniche sia verticali che laterali.  Alcune aree con brusca variazione litologica o aree di contatto tra litotipi aventi caratteristiche meccaniche molto diverse.  Tutte le aree in frana classificate dal P.A.I. e confermate pericolose o a rischio (R2-R1), soggette in ogni caso, sempre anche alla disciplina dell’ art. 18 delle N.A. & M.S . e tutte le aree che il PSC ha ritenuto di tutelare per

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garantire maggior sicurezza a persone e cose (tratto torrente Emoli a valle della SS. 19; tratto torrente Surdo in località Saporito e a valle della SS. 19).  Gli areali di pericolo (fasce di rispetto generalmente pari a 20 m) attorno alle frane P.A.I. con pericolosità P3 e P4, soggetti in ogni caso, sempre anche alla disciplina dell’ art. 10, comma 4 delle N.A. & M.S .  Le aree a rischio idraulico R2 e R1 del P.A.I. soggette in ogni caso, sempre anche alla disciplina dell’ art. 23 delle N.A. & M.S . e tutte le aree che il PSC ha ritenuto di tutelare per garantire maggior sicurezza a persone e cose (tratto torrente Emoli a valle della SS. 19; tratto torrente Surdo in località Saporito e a valle della SS. 19).  Le fasce a cavallo di faglie, valutate a rischio maggiore di attivazione nell’ambito della tettonica generale che interessa il territorio.  Le aree di versanti con acclività comprese tra il 35-50%.  Le aree di cresta rocciosa, cocuzzolo o dorsale stretta.  Le aree di bordo o ciglio di scarpata.  Alcune aree di fondovalle con alluvioni incoerenti e sciolte.  Alcune aree caratterizzate da coltri detritiche parzialmente stabilizzate.

Classe 4 Fattibilità con gravi limitazioni. Aree escluse all’edificabilità 1. Le aree ricadenti nella CLASSE 4 sono quelle in cui alle condizioni di pericolosità geologica si associano i fattori preclusivi richiamati nelle Linee Guida per l’applicazione della L. U. R. n° 19 del 16/04/2002. L'alto rischio comporta gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d'uso delle particelle. Dovrà essere esclusa qualsiasi nuova edificazione , se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti e dei manufatti. Per gli edifici esistenti sono consentiti esclusivamente interventi così come definiti dall'art. 31, lettere a) b) della L. 457/1978, nonché interventi di adeguamento sismico. Si dovranno, inoltre, fornire indicazioni in merito alle opere di 121 sistemazione idrogeologica e, per i nuclei abitanti esistenti dovrà essere valutata la necessità di predisporre sistemi di monitoraggi geologico che permettano di tenere sotto controllo l’evoluzione dei fenomeni in atto. Eventuali opere pubbliche e d'interesse pubblico dovranno essere valutate puntualmente. A tal fine, alle istanze per l'approvazione da parte dell'autorità comunale, dovrà essere allegata apposita relazione geologica che dimostri la compatibilità degli interventi previsti con la situazione di grave rischio geologico. In ogni caso, e particolarmente con riferimento alla pericolosità sismica, dovranno essere attivate le procedure per l’identificazione dei rischi e per l’individuazione degli interventi di mitigazione competenti a livello di Piano. 2. Le limitazioni alla destinazione d’uso riguardano le aree di seguito riportate.  Aree in frana classificate P.A.I. a rischio R4-R3 soggette comunque, in ogni caso, anche alla disciplina degli artt. 16 e 17 delle N.A. & M.S .  Aree in frana e zone franose non classificate dal P.A.I. e cartografate nella fase di analisi del PSC .  Aree potenzialmente instabili di grado elevato, rappresentabili dalle zone eccessivamente acclivi, in rapporto al substrato, al suo stato fisico, alle condizioni di giacitura degli strati (in generale tutte le aree con acclività >50% , ammassi rocciosi e versanti in terra con giacitura sfavorevole degli strati, affioramenti rocciosi intensamente fratturati e formazioni sciolte alterate, ecc.).  Aree soggette a crolli rocciosi, massi e detriti.  Nelle aree in cui si possono verificare cadute di massi e/o detriti e nelle aree in frana per crollo, tenuto conto della difficoltà a definire alla scala dello studio attuale l’esatta area di influenza di tali fenomenologie, si rendono necessari studi accurati, mirati a precisare l’areale di pericolo e gli eventuali interventi di difesa, nonché il monitoraggio dei fenomeni in atto o quiescenti, pianificando opere specifiche e adeguate (disgaggi, paramassi, reti metalliche, cementazione fratture, ecc.), a garanzia della sicurezza delle strutture edificate a rischio e/o reti viarie e infrastrutturali interessate.  Aree a rischio idraulico R4 e R3 soggette sempre anche alla disciplina degli artt. 21 e 22 delle N.A. & M.S .  Aree a rischio idraulico definite dal P.A.I. di ”attenzione“ soggette alla disciplina dell’ art. 24 delle N.A. & M.S .  Aree ritenute potenzialmente inondabili dallo studio di analisi del P.S.C.  Per tutte le aree di questa classe valgono gli indirizzi dettati dalle Norme di Attuazione e Misure di Salvaguardia del P.A.I. dell’Autorità di Bacino della Regione Calabria come strumento sovraordinato che il P.S.C. ha fatto proprio e ai quali integralmente si rimanda.

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13. PRESCRIZIONI RELATIVE ALLE CLASSI DI FATTIBILITA’

CLASSE 2 Gli studi geologici di cui al precedente art. 1 comma 9, redatti in conformità alle normative di riferimento richiamate nello stesso comma, dovranno tener conto anche delle indicazioni di seguito riportate.  Rilevamento geomorfologico puntuale per individuare possibili forme morfoevolutive di nuova generazione o non ponderate alla presente scala di Piano, attraverso pozzi o sondaggi per definire la morfologia profonda fino ad almeno 20 m di profondità.  Definizione di dettaglio di eventuali nuovi elementi di pericolosità nel sito e nelle aree a contorno che potrebbero generare dei rischi alle opere progettuali.  Rilevamento della soggiacenza della falda sia per la geotecnica, sia in prospettiva sismica (specialmente in terreni sabbiosi in cui andrà verificata puntualmente la loro suscettibilità a processi di liquefazione), sia per evitare interferenze con l’opera da realizzare.  Determinare gli spessori litologici interagenti con le opere progettuali e definire il piano e la quota di fondazione più adatti da adottare nonché le strutture fondali più congruenti alla morfologia del sito progettuale in coerenza con il modello geologico e geotecnico.  Definire i cedimenti in relazione alle azioni di progetto , sia in condizione d’esercizio che in condizioni sismiche , con particolare attenzione in corrispondenza di affioranti diversamente addensati in funzione della granulometria e della litologia.  Per tutte le fasce a contatto tra litologie a comportamento meccanico diverso , le indagini di approfondimento dovranno essere molto puntuali ed articolate, al fine di individuare il piano di posa dei manufatti che dovrà essere coerente con il modello geologico e geotecnico del sito, in prospettiva anche della diversa rigidità dei terreni per la valutazione coerente dell’azione sismica di progetto (N.T.C. 2008, § 3.2). Gli studi di dettaglio dovranno individuare principalmente e con puntualità, sia lo spessore di copertura, sia le loro caratteristiche geotecniche; spesso, si presentano poco costipati e con 122 consistenti variazioni granulometriche, sia orizzontali sia verticali, per cui è necessario valutare caso per caso la loro suscettibilità a divenire amplificatori sismici ed eventualmente decidere la Progetti loro asportazione e/o la loro idoneità, quali piani di posa di fondazione dei manufatti da realizzare.  Valutare l’azione sismica di progetto secondo le indicazioni riportate dalle N.T.C. 2008 al § 3.2 e esecutivi 7.11 tenendo conto che l’area di studio è stata oggetto di riclassificazione sismica (O.P.C.M. n° 3274/2003) passando da zona sismica di 2^ categoria a zona simica 1 .  Per tutte l e aree in pendenza , gli interventi dovranno effettuarsi pe r comparti , da realizzarsi: con ripianamenti del pendio prevedibili in fase di progettazione; eventuali fronti di scavo dovranno essere tutelati da strutture di contenimento opportunamente dimensionate e coerenti con il modello geologico e geotecnico del sito; nel caso di sbancamenti che possono condizionare la scelta delle tipologie costruttive, le modificazioni alla geometria dei profili naturali attuali , dovranno essere adeguate all’entità dell’inclinazione originaria del versante: i fronti di scavo dovranno quindi essere di altezza limitata e con la riprofilatura di gradoni e la realizzazione di strutture di contenimento adeguate, tenendo conto delle diverse spinte agenti dai terreni di terrapieno, fermo restando l’obbligo di eseguire, in sede di progettazione delle opere, tutte le verifiche così come prescritte dalle Normative vigenti (D.M. 11/3/1988; N.T.C. 2008).  Porre particolare attenzione alla gestione dei fronti aperti nei versanti, dal punto di vista dell’alterazione o modificazione della circolazione delle acque superficiali e sotterranee ; per la regimazione di queste sarà necessario prevedere opere di canalizzazione, opere di raccolta e convogliamento, nonché opere di smaltimento in sicurezza nell’impluvio naturale più vicino.  In corrispondenza degli affioramenti alluvionali delle aree di pianura che ricoprono le argille plioceniche di base, si dovrà altresì tener conto: della copertura dei depositi alluvionali, spesso caratterizzati da consistente eterogeneità litologica e granulometrica sia orizzontale che verticale; della falda idrica superficiale notevolmente oscillante (fino a raggiungere livelli molto prossimi al piano campagna) in quanto legata ai processi infiltrativi delle piogge. Lo studio geologico – tecnico di dettaglio dovrà verificare anche altri due aspetti di primaria importanza:  l’interferenza della falda con le strutture di fondazione e con il manufatto stesso, valutandone l’interazione e l’opportunità di realizzare o meno eventuali piani interrati ;

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 la presenza nei primi 15-19 m dal p.c. di litologie sabbiose in falda che, nel caso di azioni cicliche attivate da un sisma, sarebbero suscettibili di liquefazione e pertanto a cedimenti che coinvolgerebbero le strutture sovrastanti.  Nel caso di siti progettuali ubicati in aree di fondovalle ristrette , la loro utilizzazione è legata alla stabilità dei versanti speculari opportunamente verificati analiticamente. In mancanza di tali verifiche si raccomanda di assumere un areale di sicurezza dal piede di ambo i versanti definito sulla base della pericolosità geologica, in ogni caso non inferiore a 20.0 m.  Nel caso di aree di cresta ampie e pianeggianti o sub pianeggianti, la loro utilizzazione è legata al rispetto della distanza di sicurezza dagli orli delle scarpate circostanti e ad una valutazione molto puntuale dell’amplificazione sismica. Gli elaborati progettuali esecutivi dovranno tener conto delle verifiche analitiche di seguito riportate.  Nel caso di aree in pendenza, le verifiche analitiche di stabilità devono essere effettuate secondo i dettami emessi dalle N.T.C. 2008 (§§ 6.3; 7.11.3.5). Le simulazioni andranno eseguite in presenza dei carichi massimi prevedibili e con il livello di falda atteso nelle condizioni di massima ricarica , viceversa assumendo le condizioni più sfavorevoli che ragionevolmente si possono prevedere (N.T.C. 2008, § 6.3.4); Esse dovranno restituire un grado di sicurezza sufficientemente cautelativo in relazione alla complessità geologica e geotecnica del sito (N.T.C. 2008, § 6.3.4). Le verifiche andranno eseguite lungo più sezioni geomorfologiche significative, estese convenientemente sia monte che a valle del sito progettuale in rapporto alle pericolosità rilevate nel sito e nel suo intorno, al momento degli accertamenti in campagna.  Si raccomanda di eseguire le verifiche analitiche di stabilità utilizzando più metodi di calcolo proposti dai vari Autori presenti nella letteratura geotecnica più aggiornata e valutare la sicurezza, sulla base del valore del fattore di sicurezza più basso restituito dai calcoli analitici. Verifiche  Qualora il grado di sicurezza restituito dalle verifiche di stabilità non giustifichi appieno la analitiche pericolosità geologica dell’area esaminata , il progettista procederà ad ulteriori verifiche prendendo in considerazione anche le più adeguate opere strutturali di contrasto ritenute compatibili con il modello geologico e geotecnico del sito progettuale. 123  La verifica di stabilità del sito nei confronti della liquefazione deve essere eseguita secondo i dettami emessi dalle N.T.C. 2008 (§ 7.11.3.4). Se il terreno risulta suscettibile di liquefazione e gli effetti appaiono tali da influire sulle condizioni di stabilità del sito, occorre procedere ad interventi di consolidamento del terreno e/o trasferire il carico a strati di terreno non suscettibili a liquefazione.  Calcolare le distanze di sicurezza da eventuali cigli o orli di terrazze o scarpate (verifiche di stabilità in condizioni statiche e dinamiche); effettuare eventuali verifiche di crollo e la relativa distanza di influenza; evidenziare proposte di mitigazioni con opere strutturali o idraulico – forestali congruenti con il livello di pericolosità geologica del sito e ritenute più adatte ad eliminare il livello di rischio rilevato. In mancanza di verifiche analitiche si raccomanda di assumere un areale di sicurezza sulla base della pericolosità geologica e in ogni caso non inferiore a 20.0 m. Per definire puntualmente la caratterizzazione e modellazione geologica e geotecnica nonché la pericolosità sismica del sito progettuale, occorre programmare, sempre, una campagna geognostica con analisi geotecniche di laboratorio su campioni indisturbati prelevati entro sondaggi a carotaggio; indagini in sito, sia dirette (carotaggi continui, SPT, DPSH, CPT, ecc.) che indirette (prove Down Prove in sito Hole e/o Cross Hole, indagini sismiche a rifrazione, MASW, ecc.) necessarie per stimare gli spessori, valutare le caratteristiche geotecniche e determinare le Vs dei terreni investigati. L’esecuzione delle e di indagini deve essere condotta nel rispetto delle raccomandazioni indicate dalle norme laboratorio A.G.I.(Associazione Geotecnica Italiana, 1977) ,comunemente riconosciute come termini di riferimento per la programmazione e la regolare esecuzione degli aspetti operativi relativi alle indagini geotecniche. La quantità d'indagini e prove devono essere commisurate alle pericolosità geologiche presenti nel sito, alle problematiche connesse al tipo di intervento ed alle dimensioni ed importanza dello stesso. Nel caso di siti che hanno a contorno aree che presentano livelli di rischio tali che una loro evoluzione possa coinvolgere i manufatti progettuali, si dovrà programmare il monitoraggio superficiale e Monitoraggi profondo dei punti più significativi dell’area a rischio, riferito sia agli spostamenti del terreno sia alla misura delle pressioni interstiziali per definirne le variazioni periodiche e stagionali da effettuare con periodicità e durata. Si esprime parere favorevole all’edificabilità previa verifiche e approfondimenti puntuali riportati in Edificabilità precedenza.

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CLASSE 3 Nel caso di urbanizzazione di aree rappresentative appartenenti a questa classe per cui permangono interessi giustificati per la loro trasformazione urbanistica, si consiglia di adottare indici urbanistici ridotti per cui i carichi massimi dei fabbricati possano incidere in maniera irrilevante sul terreno di fondazione. Gli studi geologici di cui al precedente art. 1 comma 9, redatti in conformità alle normative di riferimento richiamate nello stesso comma, dovranno tener conto anche delle indicazioni di seguito riportate. 1. Rilevamento geomorfologico puntuale (in scala di dettaglio) per individuare eventuali elementi morfoevolutivi di nuova generazione o non ponderati alla scala di Piano attraverso pozzi o sondaggi, per una migliore definizione sia delle sezioni topografiche di dettaglio, sia per definire la morfologia profonda fino alla profondità di almeno 20 m. 2. Definizione di dettaglio di eventuali nuove forme di pericolosità riscontrate nel sito e nelle aree a contorno che potrebbero generare dei rischi alle opere progettuali non rilevati alla scala di Piano. 3. Rilevamento della soggiacenza della falda sia in prospettiva sismica, sia per determinare con coerenza l’interazione delle pressioni interstiziali nei processi d’instabilità. 4. Sulla base di un’attenta valutazione del modello geologico nonché da più ipotesi di modellazione geotecnica, indicare sia il livello litologico più adeguato , sia la tipologia fondale più idonea da assumere per il trasferimento dei massimi carichi strutturali previsti (fondazioni dirette o indirette). 5. Determinare gli spessori litologici interagenti con le opere progettuali e definire, in ogni caso, i cedimenti da attendersi in relazione alle azioni di progetto, sia in condizione d’esercizio che in condizioni sismiche, con particolare attenzione in corrispondenza di affioranti scarsamente o diversamente addensati in funzione della granulometria e della litologia. 6. Per le aree in prossimità di contatti tra litologie a comportamento meccanico diverso , le indagini di approfondimento dovranno essere molto puntuali ed articolate, al fine di individuare un piano di posa dei manufatti necessariamente coerente con il modello geologico e geotecnico del sito, in prospettiva anche della diversa rigidità dei terreni per la valutazione dell’azione sismica di progetto 124 (N.T.C. 2008, § 3.2). 7. Per gli affioramenti dovuti a prodotti di dilavamento e/o di soliflussione e/o coltri detritiche Progetti parzialmente stabilizzate che ricoprono e obliterano la formazione in posto, gli studi di dettaglio esecutivi dovranno individuare, principalmente e con puntualità, sia lo spessore delle copertura che le loro caratteristiche geotecniche ; spesso, si presentano poco costipati e con consistenti variazioni granulometriche, sia orizzontali che verticali per cui è necessario valutare caso per caso la loro suscettibilità a divenire amplificatori sismici ed eventualmente decidere la loro asportazione e/o la loro idoneità, quali piani di posa di fondazione dei manufatti da realizzare. 8. Valutare l’azione sismica di progetto secondo le indicazioni riportate dalle N.T.C. 2008 al § 3.2 e 7.11 tenendo conto che il Territorio Comunale in questione è stato oggetto di riclassificazione sismica (O.P.C.M. n° 3274/2003) passando da zona sismica di 2^ categoria a zona simica 1 . 9. Le indagini in sito e di laboratorio dovranno definire con la massima coerenza possibile, la modellazione geologica e geotecnica del sito al fine di individuarne le pericolosità geologiche (franosità, liquefazione, amplificazioni e cedimenti sismici, ecc.) attraverso verifiche analitiche nelle condizioni morfologiche attuali e in presenza dei massimi carichi progettuali previsti (strutturali, accidentali, veicolari, ecc.). 10. Definire con puntualità e coerenza la caratterizzazione e modellazione geologica del sito secondo le modalità indicate dalle N.T.C. 2008 (§ 6.2.1). Definire con puntualità e coerenza la caratterizzazione e modellazione geotecnica dei terreni o delle rocce costituenti il sito, definendo uno o più modelli dell’intorno significativo con le modalità indicate dalle N.T.C. 2008 (§ 6.2.2). 11. Procedere alle verifiche della sicurezza e delle prestazioni con le modalità indicate dalle N.T.C. 2008 (§ 6.2.3). 12. Al fine di verificare l’ammissibilità di opere di antropizzazione negli ambiti ritenuti a maggior rischio sismico (fasce a cavallo di faglie valutate a maggiore rischio di riattivazione; aree di brusca variazione litologica , contatto tra litotipi aventi caratteristiche meccaniche molto diverse , ecc.), occorrerà controllare il diverso grado di rigidità e il diverso comportamento meccanico , in condizioni sismiche che potrebbero produrre notevoli spostamenti nei terreni di fondazione a causa di amplificazioni dovute alla diversa velocità di propagazione delle onde. 13. In prossimità di cigli erosivi, orli di terrazze o di scarpate, gli studi di maggiore approfondimento dovranno verificare lo stato di alterazione e/o fratturazione dei terreni, in prospettiva di possibili

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ribaltamenti e/o distacchi di blocchi rocciosi in condizioni sismiche, con conseguente arretramento dell’orlo di scarpata che potrebbe coinvolgere il fabbricato progettuale. In mancanza di verifiche analitiche si raccomanda di assumere un areale di sicurezza sulla base della pericolosità geologica e in ogni caso non inferiore a 20.0 m . 14. Nel caso di aree attigue al piede di scarpate e/o pendici, occorrerà valutare la distanza di sicurezza da eventuali scivolamenti superficiali o crolli con verifiche in condizioni statiche e dinamiche. In mancanza di tali verifiche si raccomanda di assumere un areale di sicurezza sulla base della pericolosità geologica e in ogni caso non inferiore a 20.0 m . 15. Verificare le aree a rischio medio e moderato (R2 ed R1) del P.A.I. e le aree in frana ad esse associate, comunque soggette, in ogni caso, sempre prima di qualsiasi ammissione di opere, oltre a tutti gli approfondimenti su esposti, anche alla disciplina dell’ art 18 delle N.A. & M.S . 16. Prima di qualsiasi utilizzazione per fini urbanistici e quindi ammissione di opere nella fascia di rispetto attorno alle frane P.A.I. con pericolosità P3 e P4 , occorrerà verificarne la coerenza pianificando tutti gli approfondimenti morfologici di dettaglio con l’ausilio di indagini geognostiche in sito e verifiche analitiche puntuali. Lo scopo è quello di accertare e definire con il massimo rigore la potenzialità evolutiva della frana e la possibilità che possa interessare anche l’areale immediatamente attiguo. 17. Verificare coerentemente le aree a rischio idraulico R2 e R1 del P.A.I. comunque soggette, in ogni caso, sempre, prima di qualsiasi ammissione di opere, oltre a tutti gli approfondimenti su esposti, anche alla disciplina dell’ art. 23 delle N.A. & M.S . 18. In prossimità di qualsiasi forma di dissesto che sia individuata e cartografata dal PAI, o rilevata nella fase di analisi del PSC, l’ammissione di opere necessita sempre di attente e puntuali analisi di approfondimento e supplementi di indagini della zona, al fine di progettare gli interventi più idonei (opere di ingegneria naturalistica, regimazione e canalizzazione delle acque superficiali e profonde, ecc.) per la mitigazione dei fenomeni di dissesto circostanti . 19. Per tutte le aree collinari indicate come VERSANTI IRREGOLARI , la loro utilizzazione urbanistica è subordinata, in ogni caso, all’esito di indagini suppletive mirate ad accertare con puntualità e coerenza il livello di rischio attuale e la loro evoluzione morfologica, prevedendo sempre i carichi progettuali massimi aggiuntivi . 125 Per tutti i fattori limitativi eventualmente prevedibili , dovranno essere indicate anche le opportune soluzioni strutturali e/o idraulico – forestali , ritenute maggiormente efficaci alla completa rimozione del rischio . 20. Al fine di evitare modificazioni sfavorevoli per l’equilibrio del versante, è fondamentale che le opere di urbanizzazione si adeguino al profilo topografico esistente evitando fortemente scavi, tagli, riporti e movimenti di terra nonché tutte quelle attività che potrebbero esaltarne il livello di rischio e/o pericolo . Nel caso di giustificate e limitate modificazioni del profilo, verificare: che le strutture di contenimento siano compatibili e coerenti con il modello geologico e geotecnico del sito; che sia stato rispettato il criterio di non aumentare il livello di rischio; che l’opera di contrasto sia stata progettata per migliorare o comunque per non aggravare le condizioni di sicurezza del sito e del suo intorno; che non venga alterata o modificata la circolazione delle acque superficiali e sotterranee. Per gli ambiti territoriali a rischio geomorfologico dovranno essere previsti operazioni di rinaturalizzazione e interventi di sistemazione idraulico – forestali anche a contorno del sito, soprattutto rivolti ad intercettare razionalmente le acque defluenti attraverso opere di canalizzazione, opere di raccolta, di convogliamento e di smaltimento in sicurezza nell’impluvio naturale più vicino. Gli interventi idraulici principali dovranno essere propedeutici a tutte le opere previste in progetto, per eliminare dall’inizio fenomeni d'intensa erosione. 21. Nel caso di opere previste in aree di fondovalle ristrette , la loro fattibilità è legata alla stabilità dei versanti speculari opportunamente verificati. In mancanza di riscontri analitici si raccomanda di assumere un areale di sicurezza da ambo i versanti sulla base della pericolosità geologica e in ogni caso non inferiore a 20.0 m . 22. Nelle aree con brusche variazioni litologiche e lungo lineamenti tettonici valutati a maggiore rischio di attivazione, le indagini di approfondimento dovranno verificare puntualmente le caratteristiche geotecniche e il diverso comportamento meccanico dei terreni nonché la diversa rigidità in funzione della valutazione dell’azione sismica di progetto (N.T.C. 2008,§ 3.2). Pertanto, il loro utilizzo urbanistico deve essere subordinato all’esito di studi geologico - tecnici particolarmente dettagliati.

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23. Nelle aree caratterizzate da affioramenti alluvionali presenti in questa classe (conoidi, ecc.), che potrebbero ricoprire le argille plioceniche di base, si dovrà altresì tener conto: dei livelli di copertura. di solito litologicamente e granulometricamente eterogenei sia in senso orizzontale che verticale; della falda idrica superficiale, di solito notevolmente oscillante (fino a raggiungere livelli molto prossimi al piano campagna) in quanto legata ai processi infiltrativi delle piogge per cui lo studio geologico – tecnico di dettaglio dovrà verificare anche altri due aspetti di primaria importanza:  la possibile interferenza della falda con le strutture di fondazione e con il manufatto stesso, valutandone l’interazione e l’opportunità o meno di realizzare eventuali piani interrati;  la presenza nei primi 15-19 m dal p. c. di litologie sabbiose in falda che, nel caso di azioni cicliche attivate da un sisma, sarebbero suscettibili di liquefazione con conseguenti cedimenti sismici che potrebbero interessare le strutture sovrastanti. 24. Le aree con modificazioni morfologiche pregresse e/o attuali dovute ad azioni antropiche (cave, accumulo di materiale alloctono, discariche di inerti, ecc.), dovranno essere oggetto di studi suppletivi per valutare, con la massima puntualità, l’esposizione al rischio sia esso geologico che ambientale. 25. I siti contaminati , cioè tutte quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane pregresse o in corso, verrà accertata un’alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, tale da rappresentare un rischio per la salute umana, prima di qualsiasi altra modificazione fisica, sono necessari interventi di bonifica e il ripristino ambientale con operazioni previste dalla legislazione nazionale. Essi sono necessari per l’eliminazione delle sorgenti d’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitarie.

Gli elaborati progettuali esecutivi dovranno tener conto delle verifiche analitiche di seguito riportate. 1. Tutte le aree di questa classe con qualsiasi acclività morfologica, dovranno essere sottoposte a 126 verifiche di sicurezza nei confronti della risposta sismica e della stabilità , effettuate secondo i criteri dettati dalle N.T.C. 2008 (§§ 6.3; 7.11.3). 2. Le verifiche nei confronti della stabilità morfologica, andranno eseguite in presenza dei carichi massimi previsti in progetto e con il livello di falda atteso nelle condizioni di massima ricarica , viceversa assumendo le condizioni più sfavorevoli che ragionevolmente si possono prevedere (N.T.C. 2008, § 6.3.4). Esse dovranno restituire un grado di sicurezza sufficientemente cautelativo in relazione alla complessità geologica e geotecnica del sito (N.T.C. 2008, § 6.3.4). Inoltre, le verifiche dovranno essere effettuate lungo più sezioni geomorfologiche significative , estese convenientemente sia monte che a valle del sito progettuale in rapporto alle pericolosità rilevate nell’area a contorno. 3. Si raccomanda di eseguire le verifiche analitiche di stabilità utilizzando più metodi di calcolo proposti dai vari Autori presenti nella letteratura geotecnica più aggiornata e valutare la sicurezza, sulla base del fattore di sicurezza più basso restituito. Verifiche 4. Qualora il grado di sicurezza restituito non giustifichi appieno la pericolosità geologica dell’area analitiche esaminata , il progettista procederà a nuove verifiche prendendo in considerazione anche le più adeguate opere strutturali di difesa (strutturali e/o idraulico – forestali) ritenute compatibili con il modello geologico e geotecnico del sito. 5. La verifica di stabilità del sito nei confronti della liquefazione deve essere eseguita secondo i dettami emessi dalle N.T.C. 2008 (§ 7.11.3.4). Se il terreno risulta suscettibile di liquefazione e gli effetti appaiono tali da influire sulle condizioni di stabilità del sito, si procederà con interventi di consolidamento del terreno e/o trasferire il carico a strati più profondi non suscettibili a liquefazione. 6. Si raccomanda di procedere al calcolo delle distanze di sicurezza da eventuali cigli o orli di terrazze o scarpate (verifiche di stabilità in condizioni pseudostatiche e dinamiche); verifiche di scivolamento e/o crollo e la relativa distanza d’influenza; evidenziare proposte di mitigazioni con opere strutturali o idraulico – forestali congruenti con il livello di pericolosità geologica del sito ritenute più adatte ad eliminare il livello di rischio rilevato. Come già evidenziato, in mancanza di verifiche analitiche puntuali si raccomanda di assumere un areale di sicurezza sulla base della pericolosità geologica e in ogni caso non inferiore a 20.0 m. 7. Limitatamente alle aree di questa classe per cui permangono interessi giustificati per la trasformazione urbanistica, nella fase propedeutica alla progettazione delle opere, si rende

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necessario applicare il massimo del livello di approfondimento sia nelle analisi di verifiche sia nella valutazione degli effetti sismici di sito.

Per definire puntualmente la caratterizzazione e modellazione geologica e geotecnica nonché la pericolosità sismica del sito progettuale, occorre programmare sempre una campagna geognostica con analisi geotecniche di laboratorio su campioni indisturbati prelevati entro sondaggi a carotaggio; indagini in sito, sia dirette (carotaggi continui, SPT, DPSH, CPT, ecc.) che indirette (prove Down Prove in sito Hole e/o Cross Hole, indagini sismiche a rifrazione, MASW, ecc.) necessarie per stimare gli spessori, valutare le caratteristiche geotecniche e determinare le Vs dei terreni investigati. L’esecuzione delle e di indagini deve essere condotta nel rispetto delle raccomandazioni indicate dalle norme laboratorio A.G.I.(Associazione Geotecnica Italiana, 1977) ,comunemente riconosciute come termini di riferimento per la programmazione e la regolare esecuzione degli aspetti operativi relativi alle indagini geotecniche. Le indagini e prove debbono essere commisurate alle pericolosità geologiche presenti nel sito, alle problematiche connesse al tipo di intervento ed alle dimensioni ed importanza dello stesso. Nel caso d’ interventi strutturali finalizzati alla stabilizzazione e messa in sicurezza dei siti progettuali ritenuti potenzialmente interessati da morfologie evolutive , dovranno essere monitorati Monitoraggi nei punti più significativi, attraverso misurazioni inclinometriche e piezometriche per verificare nel tempo eventuali spostamenti superficiali e profondi nonché per la misura delle pressioni interstiziali, al fine di accertare eventuali variazioni stagionali come previste dalle N.T.C. 2008 (§ 6.3.6). Si esprime parere di riserva all’edificabilità previa le verifiche e gli approfondimenti puntuali Edificabilità riportati in precedenza.

CLASSE 4 1. L’alto rischio delle aree comprese in questa classe, comporta gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d’uso delle particelle . 127 2. Dovrà essere esclusa qualsiasi nuova edificazione , se non tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti e la mitigazione del rischio. 3. Per gli edifici esistenti sono consentiti esclusivamente interventi così come definiti dall'art. 31, lettere a) b) della L. 457/1978, nonché interventi di adeguamento sismico. 4. Si dovranno, inoltre, fornire indicazioni in merito alle opere di sistemazione idrogeologica e, per i nuclei abitati esistenti, dovrà essere valutata la necessità di sistemi di monitoraggi che permettano di tenere sotto controllo l’evoluzione dei fenomeni in atto. 5. Eventuali infrastrutture pubbliche potranno essere realizzate solo se non delocalizzabili altrove e dovranno essere comunque valutate sulla base della tipologia del dissesto e del grado di rischio. 6. Per i terreni inclusi in questa classe, non è ammessa alcuna edificabilità a meno di nuove Divieto autorizzazioni rilasciate direttamente dell’A.B.R. Calabria (riclassificazioni e assoluto di riperimetrazioni di nuove aree), sulla base di studi geologici puntuali secondo le indicazioni edificabilità dettate dal P.A.I. 7. Per le opere eventualmente ricadenti in zone declassate dall’A.B.R. attraverso la realizzazione di opere di mitigazione del rischio, nella fase di progettazione di nuove opere, occorre applicare comunque il massimo livello di approfondimento secondo le indicazioni riportate in precedenza. 8. Qualora in aree a rischio elevato e molto elevato e per le aree in frana ad esse associate vincolate dal P.A.I., per le quali l’Amministrazione comunale o soggetti privati dovessero prevedere un utilizzo ai fini edificatori , è necessario redigere progetti di messa in sicurezza, corredati da indagini e studi di dettaglio, per eliminare il rischio o ridurlo ad un livello compatibile con l’utilizzo previsto. La procedura è disciplinata dall’art. 2 bis delle N.A.&M.S. di cui all’art. 27 della Legge Regionale n° 9/2007.  Per le aree già antropizzate ricadenti in questa classe, è fondamentale la programmazione d' interventi strutturali ed idraulico – forestali mirati a mitigarne le fenomenologie morfoevolutive in atto e a prevenire quelle quiescenti ; in ogni caso, lo scopo prioritario è quello di incrementare il livello di sicurezza dei cittadini.

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 Eventuali infrastrutture pubbliche e d'interesse pubblico potranno essere realizzate solo se non altrimenti delocalizzabili. Dovranno, comunque, essere puntualmente valutate in funzione della Interventi di tipologia del dissesto e del grado di rischio che determinano, l’ambito di pericolosità/vulnerabilità risanamento omogenea. A tal fine, alle istanze per l’approvazione da parte delle autorità competenti, dovrà essere sul costruito allegato l’apposito studio geologico e geotecnico che dimostri la compatibilità degli interventi e previsti con la situazione di grave rischio idrogeologico che, comunque, é soggetto al parere monitoraggi dell’Autorità di Bacino della Calabria. Gli interventi ammessi sul costruito sono disciplinati dalle N.A. & M.S . del P.A.I. (artt. 16, 17, 21, 22).

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14. PIANO COMUNALE DI EMERGENZA DI PROTEZIONE CIVILE Rappresenta l’elaborato fondamentale e indispensabile per fronteggiare l’emergenza in aree soggette a rischio sia di calamità naturali sia antropiche. E’ strumento necessario anche quando tali fenomeni si sviluppano con ridotta frequenza anche a seguito d’interventi strutturali che comportano, in ogni caso, il perdurare di un rischio residuale. Il Piano di emergenza è il supporto operativo al quale il Sindaco, massima autorità locale di Protezione Civile, si riferisce per gestire l'emergenza col massimo livello di efficacia, in quanto è volto:  a conoscere le vulnerabilità territoriali ed antropiche;  ad organizzare una catena operativa finalizzata al superamento dell'evento. Il Sindaco può disporre quindi di un valido riferimento che determinerà un percorso organizzato in grado di sopperire alla confusione conseguente ad ogni evento calamitoso. Infatti, il Piano è sostanzialmente costituito da un insieme di documenti, periodicamente aggiornati, che riassumono tutti quegli elementi utili agli operatori di Protezione Civile e indispensabili per prevenire e fronteggiare le differenti emergenze. La sua efficacia è strettamente legata al costante aggiornamento dei dati da espletare anche a scadenza trimestrale. 129 In linea di massima, il Piano dovrebbe individuare con la massima attendibilità:  tutte le possibili criticità geologiche presenti sul territorio comunale (rischio idrogeologico, geomorfologico e sismico);  le aree percorse e di previsione di possibili incendi boschivi;  gli edifici con possibile popolazione passiva (scuole, centri anziani, luoghi di culto, ospedali, case di cura, ecc.);  le persone diversamente abili e le differenti disabilità;  i punti critici di viabilità;  le sorgenti, pozzi e vasche di acqua idropotabile;  le AREE DI ATTESA e di ACCOGLIENZA della popolazione da attivarsi nel caso di emergenze che impongono l’abbandono delle proprie abitazioni e la necessità di stabilirsi eventualmente in tendopoli. Ogni area di attesa dovrebbe contenere già un cartello informativo con tutte le indicazioni adeguate a sensibilizzare i cittadini che dovranno confluirvi;  le AREE DI AMMASSAMENTO DELLE RISORSE necessarie per collocare mezzi e quanto altro fornito ad aiuto dell’emergenza;  le sedi del C.O.C. (Centro Operativo Comunale) e i referenti, secondo il Metodo Augustus, delle funzioni di supporto al Sindaco. Il Sindaco deve cioè costituire un team di persone a cui assegnare

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la responsabilità delle funzioni necessarie ad assicurare, nei vari aspetti, la vitalità del Piano comunale e la gestione di ogni singola funzione negli interventi di emergenza;  tutti gli Amministratori condominiali, i datori di lavoro delle attività presenti sul territorio, perché pongano a piano terra o comunque nella zona di ingresso comune, il cartello informativo sull’area da convergere in caso di emergenza con le modalità di autotutela da adottare prima e durante l’evento. Considerato che il Piano Comunale di Protezione Civile è rimasto invariato dalla sua stesura, l’Amministrazione comunale deve rapidamente adeguarne i contenuti sia agli elaborati del PSC sia alla legge in materia (Legge n° 225/1992; Legge Regione Calabria n° 4/1997).

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15. AREE PER LA DELOCALIZZAZIONE DEL NUOVO CIMITERO Parallelamente al notevole incremento demografico che ha interessato negli ultimi decenni il Comune di Rende, è cresciuto anche il numero di decessi e conseguentemente la necessità di realizzare nuovi loculi. I trapassi mensili hanno raggiunto mediamente le quindici unità, ciò ha rapidamente esaurito gli spazi ancora disponibili nell’unico cimitero comunale facendo alzare il livello di attenzione degli amministratori che, legittimamente, dovranno garantire a tutti i cittadini un luogo della memoria. Per affrontare adeguatamente il problema con soluzioni immediate e con scelte programmatiche a medio e lungo termine, il R.U.P. del PSC con la Determinazione Dirigenziale n° 2 del 23/03/2012, ha chiesto ai redattori del Piano di indicare delle aree ancora disponibili sia nell’ambito dell’attuale perimetro cimiteriale sia in altre zone del territorio comunale, compatibile con i vincoli di legge e con le problematiche geologiche. Durante la fase di analisi, nell’ambito delle azioni dirette sul territorio, sono state individuate alcune aree coerenti con le richieste dell’Amministrazione e compatibili con il rischio idrogeologico. È sottinteso che il tematismo geologico dovrà essere affrontato con maggior puntualità. Le sintesi illustrative e le caratteristiche ambientali riportate di seguito, hanno lo scopo di 131 orientare gli amministratori verso scelte che dovranno, comunque, essere precedute da studi di dettaglio per verificare eventuali impatti anche sull’ambiente. In questa sede si cerca di garantire una visione armonica del plesso cimiteriale, che potrà essere pensato come un vero e proprio “Parco della Memoria” a misura d’uomo. Questo potrà realizzarsi attraverso una pianificazione e una programmazione ad ampio respiro che non dovrà più determinare squilibri fra domanda e offerta, senza più creare situazioni drammatiche per i cittadini. Il nuovo cimitero dovrà essere pensato e risolversi con un’ampia offerta di diverse tipologie di strutture funerarie che riequilibri tale rapporto ed elimini uno dei fattori che più genera distorsioni del mercato. Parallelamente alla realizzazione di un’opera moderna nel rispetto della sacralità del luogo della memoria, l’Amministrazione dovrà tutelare e valorizzare l’impianto storico attuale ed il grande valore culturale e affettivo che esso esprime. Di seguito sono riportate gli ambiti territoriali individuati con le relative note caratteristiche.

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15. 1 AREE INTERNE AL CIMITERO ESISTENTE

AREE INTERNE ALL’ATTUALE PERIMETRO CIMITERIALE Note esplicative Alcune aree presenti all’interno del perimetro cimiteriale presentano alcune criticità geologiche riportate anche dagli studi pregressi effettuati dall’ABR della Regione Calabria (P.A.I.). A parere degli scriventi, alcune di queste criticità (legate soprattutto alle dinamiche geomorfologiche in fase evolutiva), possono essere notevolmente ridotte attraverso interventi di mitigazione di natura strutturale ed idraulico-forestale relativamente onerosi, mentre si sconsiglia il risanamento delle aree immediatamente limitrofe sul versante ovest in quanto necessiterebbe di opere decisamente dispendiose. 1 Le aree rimaste ancora libere per la costruzione di nuovi loculi sono interessate in gran parte dalla corona di una paleofrana cartografata dal P.A.I. con un livello di rischio R3 (fig. 49). 2 Gli unici settori non interessati da vincoli PAI e quindi utilizzabili, hanno superfici alquanto limitate, capaci soltanto per soluzioni tampone; infatti, sono già stata programmate la realizzazione nuovi loculi. 3 L’area ricadente nel vincolo P.A.I. è abbastanza estesa ma, alcuni settori sono stati interessati da movimenti gravitativi superficiali dovuti principalmente a due cause fondamentali: la prima è legata al cedimento del terreno di fondazione sul quale grava il muro perimetrale in calcestruzzo che, a parere degli scriventi, è estremamente invasivo dal punto di vista del dimensionamento (altezza di circa 9 m). La seconda causa è legata a materiali eterogenei di riporto presenti a ridosso dello stesso muro; essi provengono dai vari splateamenti operati nel tempo per la costruzione dei vari edifici funerari. Questi depositi, con spessori di circa 5-6 m ed estremamente sciolti, sono diventati nel tempo un naturale richiamo per le acque di scorrimento superficiale defluenti sulla pendice che, non intercettate adeguatamente, hanno potuto percolare in profondità causando, a vari livelli, notevoli spinte sul muro di contenimento. In alcuni punti sono, infatti, presenti anche fenomeni ingrottamento e sifonamento delle acque che, passando al di sotto del muro, hanno dato libero sfogo a valle dello stesso. Proprio in questi punti la struttura ha subito delle flessioni verticali notevoli con successive rotture e traslazioni verso valle dell’ordine di qualche metro. A prescindere dalle scelte programmatiche dell’Amministrazione, quest’area deve essere risanata urgentemente in quanto gli aspetti morfologici presenti, sebbene superficiali, potranno svilupparsi attraverso arretramenti progressivi fino ad 132 interessare realmente gli edifici funerari al contorno. Occorre ricordare che qualunque intervento di risanamento e messa in sicurezza in aree a rischio R3 è sempre disciplinato dall’art. 17 delle NAMS del PAI. I progetti esecutivi sono soggetti al parere dell’ABR che è sovraordinato a qualunque altro strumento urbanistico. Ubicazione Centro storico Posizione rispetto al territorio Sud - ovest Dalla sede municipale 7 km circa Dal centro storico 1.0 km circa Distanza Le opere state realizzate prima del R. Dal centro abitato più vicino Pochi metri D. n° 1265 del 27/7/1934 Strada principale X Come si raggiunge Strada secondaria Superficie sfruttabile Mq 1800, aree libere da vincoli; mq 1300 aree con vincolo P.A.I. Destinazione urbanistica attuale Area cimiteriale Coltivazioni agrarie presenti Nessuna Morfologia del terreno Cresta collinare Geologia affiorante Sabbie fine con limo Attuali Evoluzione morfologica superficiale nel settore sud – ovest. Rischi idrogeologici Il settore sud – ovest diventerà sede di dinamiche morfoevolutive Potenziali legate sia all’assetto litostratigrafico sia ad interventi antropici pregressi non adeguati. Vincoli idrogeologici P.A.I. Lungo il settore sud – ovest interessato da un livello di rischio R3. Risanamenti da realizzare nelle  Interventi strutturali e idraulico – forestali mirati alla mitigazione del rischio;  interventi strutturali per la messa in sicurezza di eventuali tagli morfologici dovuti aree utilizzabili allo splateamento per la realizzazione delle opere previste. Rete elettrica Si Servizi esistenti Rete telefonica Si Rete idrica Si

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Rete gas Si Rete fognaria Si R. D. n° 1265 del 27/07/1934; DPR n° 285 del 10/09/1990; Circolare Ministeriale n° Riferimenti legislativi 24 del 24/06/1993; Legge n° 166 del 1° agosto 2002.

Perimetro delle aree libere da vincoli idrogeologici P.A.I.

Area interessata dalla costruzione di 90 nuovi loculi di recente realizzazione Area utilizzabile libera da Area libera e vincoli utilizzabile

Perimetro area 133 sottoposta a vincoli idrogeologici P.A.I.

Fig. 49 – Veduta aerea del cimitero comunale e le aree al momento ancora libere.

15. 2 AREE ESTERNE PER LA DELOCALIZZAZIONE I criteri per cui si è pervenuti all’individuazione di queste aree, sono stati dettati da logiche razionali, coerenti sia con la pianificazione territoriale che con l’aspetto fisico del territorio ma anche con alcune norme legislative di riferimento. Il terreno sul quale dovrà sorgere l’opera deve essere sciolto fino alla profondità di 2,50 m o capace di essere reso tale con facili opere di scasso, deve essere asciutto e dotato di un adatto grado di porosità, per favorire il processo di mineralizzazione dei cadaveri. Tali condizioni possono anche essere realizzate col riporto di materiali idonei. In caso di falda sottostante, questa deve trovarsi alla profondità tale per cui il più alto livello della zona di assorbimento capillare, disti almeno 0.50 m dal fondo della fossa per inumazione.

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Inoltre il terreno deve essere sufficientemente provveduto di scoli superficiali per il pronto smaltimento delle acque meteoriche e, ove sia necessario, di opportuno drenaggio. Per quanto riguarda il terreno destinato a campo comune d’inumazione, il drenaggio non deve provocare un’eccessiva privazione dell’umidità dello stesso, tale da nuocere al regolare andamento del processo di mineralizzazione. Le premesse appena esposte, dovranno essere verificate dagli studi puntuali nella fase del progetto di fattibilità. I parametri essenziali al momento riportati per le aree d’interesse sono di seguito riportati. 1. area sufficientemente estesa (~ 30 000 mq); 2. contiguità con il tessuto urbano; 3. livello di rischio idrogeologico nullo o molto basso; 4. distanza adeguata dai centri abitati in conformità all’art. 28 della legge n° 166 del 1° agosto 2002; 5. aree prive da vincoli idrogeologici o, se presenti, dovranno essere molto bassi ovvero agevolmente mitigabile; 6. interventi di messa in sicurezza nulli o con bassa incidenza economica;

7. facile accessibilità e raggiungimento con la viabilità esistente; 134 8. presenza di servizi e infrastrutture primarie. Escludendo prioritariamente le aree maggiormente decentrate dal tessuto urbano, quelle che presentano i requisiti appena indicati sono state individuate nelle località Villa Granata, Vennarello e Dattoli.

15. 2. 1 LOCALITÀ VILLA GRANATA

Note esplicative È un’area collinare leggermente ondulata (Fig. 50) facilmente raggiungibile da tutto il territorio comunale attraverso la Statale 107 Silana Crotonese; essa è ubicata in località Villa Granata, al confine con il territorio di San Fili. Dal punto di vista del rischio idrogeologico non è soggetta ad alcuna vincolistica PAI; è caratterizzata da pendenze morfologiche molto contenute prive di particolari indicatori geomorfologici in evoluzione. Posizione rispetto al territorio Ovest - Sud - Ovest Dalla sede municipale 8 km circa Distanza Dal centro storico 6 km circa Dal centro abitato più vicino > 200 m (v. L. n° 166/2002, art. 28 lettera b) ) Strada principale X Superstrada Paola - Cosenza Come si raggiunge Strada secondaria = Superficie sfruttabile Mq 36 000 circa Destinazione urbanistica attuale Agricola Coltivazioni agrarie presenti Uliveto Morfologia del terreno Collinare a bassa acclività Geologia affiorante Formazione sabbiosa Permeabilità Media (considerando la formazione affiorante)

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Non dovrebbero esserci problemi con falda, tutta al più la possibilità di qualche Livello della falda freatica piccolo livello sospeso. Non appare determinante anche perchè immediatamente a valle non esistono Inquinamento ambientale insediamenti urbani e la falda non dovrebbe interferire con le opere progettuali e con la profondità della fossa per l’inumazione. Attuali Poco significativi Rischi idrogeologici Dinamiche erosive a causa del dilavamento delle acque di Potenziali ruscellamento superficiale al momento non intercettate. Vincoli idrogeologici P.A.I. Nessuno  Vincolo di inedificabilità fino ad una distanza di 10 m dalle sponde delle acque pubbliche (L. n° 36/94, art. 1; R.D. n° 523/904, art. 96f esteso dal PSC a tutto il Altri vincoli reticolo riportato dalla CTR). Nel caso specifico è possibile modificare l’andamento del corso idrico presente nell’area d’interesse se, con esso, viene trasferito anche l’areale di inedificabilità ad esso associato .  Interventi idraulico – forestali mirati alla regimazione delle acque superficiali e dei fossi ricettori immediatamente limitrofi; Risanamenti da realizzare  interventi strutturali per la messa in sicurezza di eventuali tagli morfologici dovuti allo splateamento per la realizzazione delle opere previste. Rete elettrica Si A poca distanza Rete telefonica Si A poca distanza Servizi esistenti Rete idrica Si A poca distanza Rete gas = Rete fognaria = R. D. n° 1265 del 27/07/1934; DPR n° 285 del 10/09/1990; Circolare Ministeriale Riferimenti legislativi n° 24 del 24/06/1993; Legge n° 166 del 1° agosto 2002.

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Fig. 50 - Località Villa Granata attigua la SS 107.

15. 2. 2 LOCALITÀ VENNARELLO

Note esplicative È un’area pianeggiante che si raccorda con una morfologia collinare a bassa acclività (fig. 51). Essa è ubicata in località Vennarello (S. Stefano) lungo la sinistra idrografica del Torrente Emoli. È facilmente raggiungibile dall’intero territorio comunale prendendo la Statale 107 Silana Crotonese e per circa 1.0 km da due stradine secondarie . Dal punto di vista del rischio idrogeologico la porzione sud – ovest dell’area è interessata da vincoli PAI. Essa ricade, infatti, nella parte terminale di una paleofrana riportata con un livello di rischio R3. A parere degli scriventi il livello di rischio che interesserebbe l’area cimiteriale è invece molto basso in quanto si tratta di un fenomeno gravitativo del tutto stabilizzato, privo delle capacità necessarie per attivare ulteriori dinamiche evolutive. In via cautelativa la superficie a rischio potrebbe essere utilizzata ad area di parcheggio. Posizione rispetto al territorio Ovest Distanza Dalla sede municipale 7 km circa

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Dal centro storico 4 km circa Dal centro abitato più vicino 120 m (v. L. n° 166/2002, art. 28 lettera b) ) Strada principale X Superstrada Cosenza – Paola Come si raggiunge Strada secondaria X Per 900 m circa Superficie sfruttabile Mq 30 000 circa Destinazione urbanistica attuale Agricola Coltivazioni agrarie presenti Nessuna eccetto in alcuni settori dove sono presenti piante di ulivo. La superficie maggiore è pianeggiante, solo una parte è collinare ma a bassa Morfologia del terreno acclività . Geologia affiorante Prodotti alluvionali nella spianata morfologica e sabbie nella fascia collinare. Permeabilità Media – alta nella spianata alluvionale (considerando la formazione affiorante) Malgrado l’elevata permeabilità, la falda potrebbe innalzarsi notevolmente nella Livello della falda freatica fase di ricarica dell’acquifero. Va affrontato e controllato con opportuni monitoraggi nella fase degli studi di Inquinamento ambientale fattibilità. Vincoli idrogeologici P.A.I. Il settore all’estremità sud – ovest ricade in un’area con un livello di rischio R3. Attuali Nessuno nella parte pianeggiante  Dinamiche erosive a causa del dilavamento delle acque di ruscellamento superficiale.  Tenuto in conto che la frazione ricadente nell’areale di rischio PAI, Rischi idrogeologici Potenziali è caratterizzata in parte da materiali mobilitati ma ormai stabilizzati e parzialmente smantellati dai processi erosivi, potranno verificarsi fenomeni evolutivi marginali legati a persistenti e intensi fenomeni meteorologici.  Vincolo di inedificabilità fino ad una distanza di 10 m dalle sponde delle acque pubbliche (L. n° 36/94, art. 1; R.D. n° 523/904, art. 96f esteso dal PSC a tutto il Altri vincoli reticolo riportato dalla CTR). Nel caso specifico è possibile modificare l’andamento del corso idrico presente nell’area d’interesse se con esso viene 136 trasferito anche l’areale di inedificabilità ad esso associato .  Un settore ricade nell’area di rispetto di 150 m dalla sponda sinistra del Torrente Aree di rispetto Emoli (Legge n° 431 del 1985, oggi art. 142 del D.L. n° 42 del 22.01.2004).  Interventi idraulico – forestali mirati alla regimazione delle acque superficiali; Risanamenti da realizzare  interventi strutturali per la messa in sicurezza di eventuali tagli morfologici dovuti allo splateamento per la realizzazione delle opere previste. Rete elettrica Si Rete telefonica Si Servizi esistenti Rete idrica Si Rete gas = Rete fognaria = R. D. n° 1265 del 27/07/1934; DPR n° 285 del 10/09/1990; Circolare Ministeriale Riferimenti legislativi n° 24 del 24/06/1993; Legge n° 166 del 1° agosto 2002.

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Fig. 51 - Località Vennarello 137

15. 2. 3 LOCALITÀ DATTOLI

Note esplicative È un’area in parte subpianeggiante che si raccorda ad una porzione a morfologia collinare che nel perimetro d’interesse resta a bassa acclività (fig. 52). Essa si trova in località Piani Marini (Dattoli) ed è facilmente raggiungibile dall’intero territorio comunale da diverse vie di comunicazioni: solo il tratto d’accesso (circa 500 m) è completamente in terra battuta . Dal punto di vista dei rischi idrogeologici, l’area è interessata da un vincolo PAI. Essa ricade nella parte terminale di una paleofrana riportata con una pericolosità P1 senza alcun livello rischio. A parere degli scriventi il solo livello di pericolo è riconducibile a fenomeni erosivi superficiali attivabili dalle azioni infiltrative e dilavanti delle acque selvaggiamente defluenti. Posizione rispetto al territorio Nord - Ovest Dalla sede municipale 6 km circa Distanza Dal centro storico 6 km circa Dal centro abitato più vicino 200 m (v. L. n° 166/2002, art. 28 lettera b) ) Strada principale X

Come si raggiunge Strada secondaria X Strada interpoderale X L’ultimo tratto di circa 600 m è una carrareccia. Superficie sfruttabile Mq > 30 000 Destinazione urbanistica attuale Agricola Coltivazioni agrarie presenti Nessuna. Sporadiche piante di ulivo. La superficie maggiore è sub pianeggiante, la rimanente è collinare ma a bassa Morfologia del terreno acclività. Permeabilità Media – alta nella spianata alluvionale (considerando la formazione affiorante) Malgrado l’elevata permeabilità, la falda potrebbe innalzarsi notevolmente nella Livello della falda freatica fase di ricarica dell’acquifero. Va affrontato e controllato con opportuni monitoraggi nella fase degli studi Inquinamento ambientale fattibilità.

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Conglomerati sabbiosi nella spianata morfologica e sabbie conglomeratiche nella Geologia affiorante fascia collinare. Attuali Nessuno Dinamiche di intensa erosione che potranno essere causate dal dilavamento delle acque di ruscellamento superficiale. La parte terminale della pendice collinare che si trova fuori dell’area Rischi idrogeologici Potenziali d’interesse, è praticamente priva di drenaggi superficiali, ciò potrebbe determinare, in concomitanza di eventi meteorologici continuativi e intensi, processi morfologici superficiali che potrebbero interessare in modo molto marginale il confine superiore del sito d’interesse. Parte dell’area è interessata da una frana PAI con una pericolosità P1 senza alcun Vincoli idrogeologici P.A.I. livello di rischio associato.  Vincolo di inedificabilità fino ad una distanza di 10 m dalle sponde delle acque pubbliche (L. n° 36/94, art. 1; R.D. n° 523/904, art. 96f esteso dal PSC a tutto il Altri vincoli reticolo riportato dalla CTR). Nel caso specifico è possibile modificare l’andamento del corso idrico presente nell’area d’interesse se con esso viene trasferito anche l’areale di inedificabilità ad esso associato .  Interventi idraulico – forestali mirati alla regimazione delle acque superficiali che scorrono lungo la pendice sovrastante l’area d’interesse; Risanamenti da realizzare  interventi strutturali per la messa in sicurezza di eventuali tagli morfologici dovuti allo splateamento per la realizzazione delle opere previste. Rete elettrica Si A poca distanza Rete telefonica Si A poca distanza Servizi esistenti Rete idrica Si A poca distanza Rete gas Si A poca distanza Rete fognaria Si A poca distanza R. D. n° 1265 del 27/07/1934; DPR n° 285 del 10/09/1990; Circolare Ministeriale Riferimenti legislativi n° 24 del 24/06/1993; Legge n° 166 del 1° agosto 2002. 138

Fig. 52 - Località Piani Marini

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16. AREE POTENZIALMENTE CONTAMINATE Sono aree utilizzate ad attività antropiche pregresse o in corso nelle quali potrebbero essere accertate condizioni di rischio per la salute umana e per la comunità biologica e il suo ambiente per cui sono fondamentali tutte le verifiche previste dal D. L. 152/2006 e ss.mm.ii.

16. 1 Ex discarica di Cozzo Difesa – Torre Spada Nel mondo industrializzato gli impianti di discarica dismessi rappresentano una pesante eredità accumulatesi nel corso di decenni. Questi siti sono oggi fonte di rischio per tutte le aree limitrofe poiché i fluidi prodotti all’interno dell’ammasso di rifiuti, carichi di sostanze potenzialmente nocive, possono facilmente percolare e migrare, contaminando falde acquifere, campi coltivati e zone abitate. L’ambito più importante con matrice ambientale prevedibile ad elevata criticità, si trova in località Cozzo Difesa – Torre Spada al confine con il comune di . Si tratta di una notevole depressione erosiva, abbastanza profonda, utilizzata in passato a discarica (fig. 53). È verosimile che qualche area esterna alla perimetrazione riportata nelle cartografie tematiche, siano interessate da sversamenti di rifiuti attualmente mascherati dalla vegetazione o da attività antropiche successive.

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Fig. 53 - Particolari della discarica a cielo aperto ancora da bonificare presente in località Cozzo Difesa – Torre Spada

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La sua pericolosità, oltre che dalla diffusione spaziale del percolato, è accentuata dalle caratteristiche costruttive che rispecchiano procedure datate e non conformi alle attuali prescrizioni normative, tant’è che sono persino privi di sistemi di drenaggio e captazione dei fluidi liscivianti. Dal punto di vista geolitologico, il sito si colloca all’interno di alcune incisioni erosive che caratterizzano la cresta morfologica di Cozzo Difesa e Torre Spada m. Il crinale, dopo alcune centinaia di metri si raccorda con la pianura alluvionale del torrente Campagnano che si snoda al confine con il comune di Cosenza. Il termine litologico in affioramento è rappresentato da un’alternanza di sabbie grossolane con sabbie ghiaiose e ghiaie. Dai molti tagli antropici presenti nel sito, si riesce a stabilire il notevole spessore di questa formazione che si protrae in profondità per diverse decine di metri. In questa fase di studio non è stato possibile approfondire le problematiche attraverso l’acquisizione di eventuali studi pregressi e di indagini geognostiche in sito. Però, da una semplice ricognizione di campagna è stato possibile accertare che la geologia del sito, per la presenza di una formazione molto permeabile (sabbie e ghiaie), non rappresenta la massima espressione litologica per accogliere il percolato di una discarica a cielo aperto, priva di ogni requisito costruttivo senza

valutare, fra l’altro, i rischi ambientali legati alla migrazione dei liquidi inquinanti (fig. 54) nella 140 spianata morfologica sottostante, contaminandone i suoli, le acque del torrente Campagnano e la falda idrica presente nei depositi alluvionali.

Fig. 54 - Liquami nel torrente Iscarella derivanti dal percolato inquinante all’interno della discarica. Il torrente ha origine nella discarica e sfocia nel torrente Campagnano.

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16. 2 Ex Legnochimica Altro ambito territoriale, espressione di criticità ambientale di considerevole importanza ed estensione, è presente nel settore settentrionale del territorio comunale, si tratta dell’ex Legnochimica, in località Lecco, azienda leader in passato nella trasformazione del legno. Nel mese di giugno del 2002 tutte le attività della Legnochimica sono state fermate, alla sua chiusura, sono sopravvissute fino ad oggi, le vasche di decantazione (fig. 55) e i prodotti residuali della lavorazione (fig. 56). La funzione dei laghi di decantazione è giustificata dal fatto che la produzione dei pannelli di fibra di legno con processo ad “umido” richiede una grossa quantità di acqua. Infatti la macchina continua è alimentata con un flusso di acqua e fibra di legno all’1%. Durante il funzionamento il drenaggio dell’acqua veniva inviata nelle vasche per essere riutilizzata. L’eccesso di acqua veniva invece inviato ai laghi dove subiva un effetto di decantazione e raffreddamento e continuamente pompata in fabbrica per essere anch’essa riutilizzata. Lo strato solido che nel tempo si formava, altro non è che l’accumulo naturale di fibre trascinate dai flussi di acqua verso i laghi (fig. 55).

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Fig. 55 - Una delle vasche di decantazione dell’ex Legnochimica utilizzata per il travaso dei liquidi di risulta derivanti della lavorazione e trasformazione del legno.

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In condizioni meteorologici particolari, metà del territorio rendese continua a respirare aria con odori nauseabondi al limite della sopportazione; le aree maggiormente urbanizzate si trovano in un raggio di 3 km. Monitoraggi effettuati da soggetti privati e Associazioni di liberi cittadini, avrebbero evidenziato che la falda acquifera influenzata dalle vasche risulterebbe fortemente contaminata in metalli pesanti. La mancanza di una idonea impermeabilizzazione avrebbe consentito, negli anni, che i metalli trasmigrassero con meccanismi di percolazione dalle acque dei bacini alla sottostante falda freatica situata ad una profondità media di alcuni metri e che successivamente si diffondesse alle aree limitrofe. È chiaro che se così fosse, il processo di contaminazione, essendo collegato all’esistenza in zona dei bacini artificiali, durerà fino a quando non sarà bonificata l’area con l’eliminazione dei bacini. Le sostanze male odoranti disperse nell’aria si sviluppa prevalentemente nei periodi caldi, il fetore è scarso o praticamente assente in inverno. È probabile che sia dovuto ai gas sprigionati dalle vasche da processi di alterazione e putrefazione dei residui legnosi depositati sul fondo durante la decantazione. In estate la diminuzione dell’altezza dell’acqua ed il contemporaneo aumento della

temperatura, causano un deciso incremento nella produzione di gas che, sospinto dal vento, investe 142 le località circostanti. È verosimile che con l’eliminazione delle vasche si risolverà alla radice anche questo ulteriore, increscioso fenomeno.

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Fig. 56 - Fronte avanzato di uno dei depositi di materiali residuali del ciclo di lavorazione praticato dall’ex Legnochimica

16. 3 Ex Inceneritore Era ubicato in località Coda di Volpe, estrema appendice del territorio comunale, a circa 2 km di distanza dall’ex Legnochimica. Realizzato nei primi anni ’70 del secolo scorso con fondi comunitari, rappresenta un altro problema ambientale mai risolto. La fig. 57 riportata alcuni particolari riferiti al periodo di attività, in primo piano l’area di stoccaggio di RSU. Gli inceneritori sono impianti di smaltimento che, bruciando i rifiuti, ne riducono peso e volume. Ma come la fisica insegna "niente si crea né si distrugge, ma tutto si trasforma" . Così circa 1/3 in peso dei rifiuti in entrata si ritrova a fine ciclo in forma di cenere. La restante parte della materia viene emessa nel corso del processo sotto forma di polveri, gas e fanghi. La tipologia del rifiuto trattato, le condizioni di combustione e i sistemi di abbattimento degli inquinanti sono fattori determinanti nel tipo di composto emesso da un impianto. Oltre a determinare

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un rischio sanitario e ambientale, gli inceneritori disincentivano la prevenzione e la raccolta differenziata. Sono impianti altamente costosi e a bassa efficienza che non starebbero sul mercato in assenza d’incentivi finanziari. È ormai risaputo che, soprattutto, i primi inceneritori realizzati, bruciando liberavano una incredibile quantità di composti tossici tra i quali anche metalli pesanti e diossine che inquinano l’ambiente e danneggiano la salute. In realtà ogni genere di processo chimico o fisico inquina in qualche maniera, non esiste un processo che non inquini. Tutto sta nel valutare quanto ogni processo inquini e come mettere in correlazione la quota inquinante con l’ambiente in cui si viene a trovare.

144

Fig. 57 - Veduta d’insieme dell’ex Inceneritore di Coda di Volpe e l’area adibita a stoccaggio dei RSU.

La fig. 57 è particolarmente significativa di quel che fu l’inceneritore di Coda di Volpe, riteniamo che un approfondimento delle problematiche relative ai fenomeni di inquinamento del suolo vada preso in considerazione e vada condotto con elevato senso di responsabilità.

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17. CAVE DISMESSE Spesso bisogna guardare al territorio per capire come un Paese è capace di immaginare il proprio futuro. Di come pensa di tenere assieme identità e innovazione, tutela del proprio patrimonio storico culturale e sviluppo economico. Un perfetto indicatore di questo tipo, oltre che un tema troppo spesso dimenticato, sono le cave. L’attività estrattiva è antica come la storia dell’uomo, riguarda da vicino tanti settori pesanti dell’economia locale come edilizia e infrastrutture. Interessa anche fortemente il paesaggio e l’identità delle aree in cui le attività si svolgevano; sollecita riflessioni che riguardano il rapporto con una risorsa non rinnovabile come il suolo e di gestione dei beni comuni. La presenza sul territorio comunale di alcune cave di argilla e di sabbia dismesse ormai da decenni come quelle in località Pantoscia, Don Ditta (fig. 58), Surdo (figg., 59, 60) e Ponte Canaletta (fig. 61) ci riportano a un’epoca in cui Rende era all’avanguardia per innovazione e sviluppo tecnologico. Le Fornaci ancora oggi presenti nelle località Surdo e Santo Stefano (fig. 62) rappresentano, infatti, una delle prime testimonianze dell’utilizzo del “Forno Hoffmann” in grado di ottimizzare i tempi di cottura dell’argilla e rendere i prodotti estremamente concorrenziali. Purtroppo, dagli anni sessanta del secolo scorso, gli impianti industriali subirono un graduale declino fino a cessare completamente la produzione. 145 L’estrazione dell’argilla nel territorio rendese era utilizzata soprattutto per la realizzazione di laterizi (mattoni, coppi, tegole, ecc.) ma anche per la produzione di vasellame e orcioli per l’acqua creati dagli ottimi vasai locali.

Fig. 58 - Località Don Ditta - Cava di sabbia.

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Fig. 59 - Cava di argilla dismessa in località Surdo, lato destro SP per il Centro Storico. 146

Fig. 60 - Cava di argilla dismessa in località Surdo, lato destro S.P. per il Centro Storico.

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Fig. 61 - Cava di argilla dismessa in località Ponte Canaletta/Creta.

Oggi, restano ancora le fornaci e le strutture ad esse collegate, che andrebbero tutelate come testimonianze storiche e beni da conservare per le generazioni future, ultime certificazioni di una 147 civiltà che per decenni ha generato benessere consentendo alla popolazione locale di integrare la precaria economia agricola con l’occupazione di molti lavoratori stagionali che nei periodi di punta potevano raggiungere diverse decine di unità.

Fig. 62 – Ex mattoniera di S. Stefano – La fornace, sebbene gravemente degradata, è ancora recuperabile attraverso l'elaborazione di un'adeguata strategia mirata alla tutela e valorizzazione dei ricordi della memoria.

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Il ripristino ambientale di queste aree non deve essere inteso necessariamente nel riportare questi siti allo stato originale (spesso impossibile da ripristinarsi) bensì il loro inserimento nell’ambiente circostante. Dove sono necessarie, le operazioni di ricomposizione ambientale di queste aree devono prevedere:  la sistemazione idrogeologica cioè la modellazione del terreno atta ad evitare frane o ruscellamenti selvaggi nonché le misure di protezione dei corpi idrici suscettibili di inquinamento;  il risanamento paesaggistico, cioè la ricostruzione dei caratteri generali ambientali e naturalistici in rapporto con la situazione preesistente e circostante, attuato sia mediante un opportuno raccordo delle superfici di nuova formazione con quelle dei terreni circostanti seguito da semina o da piantumazione di specie vegetali analoghe a quelle preesistenti. L’eventuale utilizzo a scopi edificatori deve essere preceduta da un’attenta campagna di indagini geognostiche per definire le caratteristiche geotecniche delle nuove litologie affioranti così come articolate dalle prescrizioni inerenti la classe terza di fattibilità nella quale queste aree per precauzione sono state associate.

Di seguito viene riportato un brano sulla lavorazione dell’argilla nel nostro paese, tratto da 148 “Rende: usanze, tradizioni, costumi – Documenti etnografici di vita tradizionale – di Gerardo Giraldi, 2004”. A Rende l’arte figulina è antica quanto la storia stessa del centro urbano, la cui fase iniziale è fatta risalire agli Enotri e quindi collocata molto indietro nel tempo. Essa non subì nel prosieguo degli anni che eseguì cambiamenti nella lavorazione d’allora, come non subirono innovazioni di rilievo le forme dei manufatti eseguiti sui modelli greci, tra cui la ben nota lucerna fittile, un esemplare della quale può essere fatto risalire agevolmente ad un prototipo di oltre duemila anni or sono. A dare concreta rilevanza all’arte della manipolazione della ceramica (dal greco kerameìkos che ricorda un quartiere d’Atene in cui l’attività predominante consisteva nella vendita dei manufatti ricavati dalla ceramica), influì sicuramente anche la natura, in quanto nel sottosuolo del comprensorio comunale è reperibile da sempre, in grande quantità ed a limitata profondità l’ottima creta grassa priva delle scorie degli innumerevoli foraminiferi e di varie altre sostanze che nelle antiche età si depositarono sul fondo marino, e quindi particolarmente adatta per l’esecuzione di un prodotto di tutto rispetto. All’estrema periferia della cittadina – dove fino a pochi anni addietro erano in piena attività due grandi fabbriche di laterizi, la cui produzione era ben nota e apprezzata in molti centri della regione – precisamente nella località Cantiere esistono ancora oggi le ampie cave di argilla dalle quali i vasai locali estraevano da data remota la materia prima per il loro lavoro. L’argilla non era ovviamente utilizzata così come veniva tratta dalla cava, in quanto richiedeva un’attenta preparazione iniziale. Doveva essere infatti prima frantumata con un grosso mazzuolo di legno (dal luogo di estrazione affluiva alle botteghe artigiane in zolle di varie dimensioni), si dà essere ridotta in polvere. Questa veniva opportunamente setacciata per estromettere eventuali impurità e quindi veniva impastata con acqua e lavorata con le mani fino a tanto che non si fosse ottenuta una sostanza plastica della resistenza desiderata. Quest’ultima infine veniva divisa in piccoli blocchi tondeggianti corrispondenti pressa a poco alle dimensioni dell’oggetto da foggiare, tenendo però presente che esso avrebbe perduto all’atto della cottura in forno circa la decima parte del suo volume.

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18. ACCUMULI DI MATERIALI ANTROPICI

Nell’ambito della fase di analisi del territorio programmata dal PSC, è stato possibile individuare e cartografare alcune aree utilizzate come discariche abusive di materiali molto eterogenei derivanti principalmente da risulta da demolizione di edifici e scavi di cantiere. Tuttavia, oltre a materiali edili e inerti è stato possibile riscontrare rifiuti combustibili come legno, carta, cartone e materie plastiche; rifiuti quali il vetro, metalli e rifiuti contenenti amianto (eternit). In alcune aree sono presenti notevoli quantità di fresatura e demolizione di rivestimenti stradali, blocchi di calcestruzzo e materiale di demolizione misto. Alcune pubblicazioni in merito, riportano che i rifiuti edili rappresentano più dell’80% in peso di tutti i rifiuti prodotti dalle attività umane. La maggior parte degli esuberi sversati, sono costituiti principalmente da scavi per la costruzione di opere edili spesso però sono presenti materiali inquinanti risultanti da rifiuti solidi urbani, industriali, materiali inerti. Il materiale di scavo non inquinato può essere riciclato, qualora ciò non fosse possibile, esso deve essere depositato nelle discariche autorizzate per materiali inerti. I rifiuti combustibili come legno, carta, cartone e materie plastiche devono essere separati per categoria e destinati al riciclaggio o alla valorizzazione termica. In generale il riciclaggio e lo smaltimento di questi rifiuti avviene per 149 il tramite di imprese specializzate autorizzate. Oltre al potenziale inquinamento che possono generare, la pericolosità ambientale immediata è legata soprattutto alla morfologia instabile delle aree di accumulo (spesso versanti interessati da profonde e strette incisioni) che vengono ulteriormente sollecitati da carichi accidentali notevoli. La presenza di questi materiali per di più estremamente sciolti, favoriscono l’attivazione di processi erosivi (dapprima superficiali) che spesso vanno ad incidere sulla stabilità globale dell’area, attivando nel tempo dinamiche importanti a discapito della sicurezza. La sicurezza, infatti, è uno dei presupposti per assicurare la gestione dei rischi derivanti da pericoli naturali e antropici, finalizzata proprio a garantire maggior tranquillità alle persone e alle cose. La presenza sul territorio è a macchia ma l’incidenza maggiore è riscontrabile su gran parte del versante nord - ovest di Fossa Lupara (figg. 63, 64) e su alcune aree di Linze e Muscione (figg. 65, 66, 67, 68). Importanti sono gli accumuli su Piano Monello (fig. 69) e Paradisi (fig. 70) mentre in località Torre Spada (fig. 71) sono allarmanti perché interessano alcuni settori della vecchia discarica per cui si rischia di destabilizzare e portare a giorno i rifiuti solidi urbani. Meno rilevanti risultano invece gli sversamenti abusivi presenti in località Macchialonga su un’area di proprietà comunale.

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Fig. 63 - Discariche antropiche indiscriminate lungo i versanti della località Fossa Lupara. Si noti come i nuovi materiali hanno ricoperto progressivamente una colata di detriti canalizzata lungo l’incisione erosiva. 150

Fig. 64 - La foto mette in evidenza la presenza di alcuni insediamenti abitativi al piede della pendice; nel caso di persistente piovosità si attiverebbe la fluidificazione dei materiali estremamente sciolti che potrebbero canalizzarsi nella direzione dei manufatti.

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Fig. 65 - Materiali di risulta lungo il fianco di un torrente in località Linze. Il franamento di questi materiali creerà degli sbarramenti al torrente modificandone la morfologia di deflusso. 151

Fig. 66 - Spianamento e sversamenti dei materiali sui fianchi delle grosse incisioni erosive che caratterizzano la morfologia collinare della località Muscione.

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Fig. 67 - Stesso sito della foto precedente ma i materiali di risulta si trovano sversati sull’altro fianco del versante. 152

Fig. 68 - Esempio tipico di erosione antropica. Raccolta di acque e smaltimento selvaggio lungo il fianco di un torrente in località Muscione. Le azioni esogene concentrate porteranno nel tempo ad una accelerazione delle naturali tendenze morfoevolutive fino a coinvolgere il muro di contenimento.

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Fig. 69 – Località Piano Monello

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Fig. 70 – Località Paradisi

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Fig. 71 Località Torre Spada. Particolari del seppellimento della vecchia discarica.

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19. AREE DENUDATE DAL FUOCO

Tra le calamità alle quali virtualmente è esposto il territorio rendese vi è anche quella degli incendi, particolarmente frequenti negli ultimi decenni allorché è venuto a mancare definitivamente il “vigilante” volontario nonché il “custode” dei terreni: il contadino. Purtroppo è noto, le cause dolose assumono un’incidenza sempre più pesante e predominante. Le aree a più alta criticità sono rappresentate dai versanti che caratterizzano perimetralmente il centro storico di Rende (figg. 72, 73), Nogiano (fig. 74) e Arcavacata (fig. 75). Recentemente sono state prese di mira anche alcune zone finora rimaste immune: la collina del Centro residenziale dell’UniCal (fig. 76) e quelle di Torre Spada/Cozzo Difesa, in particolare l’area della vecchia discarica dismessa (figg. 77, 78).

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Fig. 72 - Foto emblematica della vulnerabilità delle pendici del Centro Storico, sistematicamente percorse dal fuoco ad ogni ritorno di stagione.

Queste, sono le località maggiormente percorse dal fuoco durante il periodo estivo, accentuato dalle condizioni meteorologiche come la prolungata siccità, elevate temperature e dalla vegetazione spontanea seccata dal sole.

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Gli incendi hanno effetti devastanti sull’ecosistema perché distruggono ogni anno molti ettari di macchia, deturpano il paesaggio e mettono a rischio la conservazione della biodiversità.

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Fig. 73 - Pendici del Centro Storico. La zona è la stessa riportata in fig. 72, cambia solo il paesaggio.....: particolari di un uliveto bruciato alcuni mesi prima.

Il fenomeno degli incendi dovrebbe essere maggiormente contrastato con più incisive azioni di controllo e monitoraggio delle aree a rischio, quantomeno bisognerebbe imporre ai proprietari dei fondi incolti ritenuti, lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria con scadenze predefinite. Auspicabile sarebbe anche intraprendere una politica di educazione e di prevenzione finalizzata alla divulgazione dei criteri basilari sulla corretta fruizione del bosco e delle aree incolte ereditate, purtroppo, dal passato esodo rurale. Un buon provvedimento sembrava la legge – quadro in materia di incendi boschivi del 21 novembre 2000 n° 353, ma alla luce degli eventi successi nel 2017 in Italia, appare inefficace. Infatti da metà giugno al 14 luglio, sono letteralmente andati in fumo 26.024 ettari di superficie boschiva in Italia, circa il 93,8 per cento del totale bruciato nel 2016. Colpa sicuramente del clima secco e del vento, ma anche dei piromani in azione purtroppo in tutto il Paese. La regione che sta pagando lo scotto più pesante a questa estate di siccità e di roghi è la Sicilia, dove sono bruciati 13.052 ettari di boschi, circa la metà del totale. Nella cartina dell’Italia, a restare immune è solo il Nord. Dopo la Sicilia, troviamo la Calabria con una superficie totale di 5.826 ettari

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bruciati. Secondo i dati rilasciati dai Carabinieri Forestali, metà degli incendi hanno natura dolosa, l’altra metà colposa. Purtroppo, però, ci sono 600 piromani a piede libero, in grado di far peggiorare ulteriormente le statistiche che già ci dicono come questo 2017 ci saranno stati più ettari bruciati rispetto a dodici mesi fa (Fonde: https://www.italyjournal.it/, dati aggiornati al 14/07/2017).

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Fig. 74 - Altri particolari degli incendi che si sono verificati nelle località Coni – Nogiano.

I soli incendi avvenuti in Calabria aggiornati al 30/10/2017 sono stati 9980, numeri impressionanti, costi ambientali spaventosi, costi economici enormi. Con il fuoco l’ambiente si impoverisce: viene meno il verde e aumenta la desertificazione a questo si aggiunge l’erosione dei suoli e l’instabilità dei pendii, con possibili frane e smottamenti. Il fuoco brucia lo strato della lettiera e in parte anche lo strato di humus. In questo modo le particelle di suolo affiorante vengono destabilizzate. Le conseguenze più gravi dopo il passaggio del fuoco si verificano con le prime piogge. La mancanza di copertura della vegetazione al suolo e di quella assicurata dalle chiome degli alberi fanno sì che le gocce di pioggia impattano direttamente sul terreno nudo. In questo modo la struttura del terreno viene distrutta ed è l’inizio che può innescare fenomeni di erosione e di ruscellamento . Il suolo nudo asciuga più velocemente e la superficie del

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terreno diviene impermeabile all’acqua. La pioggia tende quindi a scorrere sulla superficie del suolo, creando nel terreno dei solchi erosivi. Secondo alcuni studi “le fiamme fanno salire la temperatura fino ad oltre 750 gradi determinando la distruzione delle porzioni vegetali che si sviluppano fuori dal terreno ma l’aspetto negativo dell’alta temperatura è un altro: viene prolungato per un tempo anche cospicuo l’essiccamento del suolo conseguente al passaggio del fuoco; l’assenza di acqua facilita il perdurare dell’abrasione del primo strato di terreno ad opera delle fiamme (è facile che esso si frammenti e si fratturi), se a questo punto piovesse, sui terreni in pendio sarebbe particolarmente facilitata la genesi di tutta una serie di processi erosivi: l’acqua piovana, in assenza di copertura vegetale, attraverserebbe in un attimo il tratto superficiale di terreno screpolato e fessurato, a ridottissima coesione, e incontrerebbe quello sottostante, parzialmente idrorepellente; quest’ultimo verrebbe attraversato in modesta misura e con lentezza mentre il grosso dell’acqua piovana scivolerebbe sul suolo e scenderebbe verso valle velocemente, acquistando ben presto una forza erosiva tale da provocare un processo franoso destinato ad incidere in profondità il suolo”.

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Fig. 75 - Località Arcavacata, contrada Dattoli. Il fuoco ha lambito alcune abitazioni.

Ecco quindi un’altra gravissima conseguenza del passaggio del fuoco: l’incendio è un attentato alla stabilità dei pendii, allora necessitano delle soluzioni concrete e realizzabili. Fermiamo il disastro ambientale puntando sulla formazione. È necessario tutelare il nostro patrimonio naturale ormai a rischio, sarà a causa dell’innalzamento delle temperature e del

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riscaldamento globale e dei piromani, ma è fonte di vita. Gli enti pubblici dovranno investire sui giovani specializzati, anche con l’aiuto delle nostre Università, ricostruisca un corpo di operai idraulici, di guardie forestali, di operai del legno, di agronomi forestali, di geologi, di ingegneri idraulici, di tecnici che sappiano capire come si fa la manutenzione della montagna, che sappiano capire quando si deve fare un taglio di bosco; quando si deve rimboscare; riaprire le industrie di trasformazione del legno; riaprire. D’altronde, comunque, dobbiamo pensare a rimboscare le migliaia di ettari di bosco che quest’anno, con tutti i recenti incendi, è diventato cenere; dobbiamo pensare non tanto come monitorare il rischio frane ma come prevenirle, aumentato a dismisura a causa degli incendi che hanno eliminato i boschi. Certo, da solo non basta; occorre investire risorse per dotare questi uomini di strumenti (magari più moderni della pala e piccozza), dotare detti controllori di tecnologie moderne (droni, piccoli elicotteri, ecc.) per sorvolare e controllare i boschi. Se riusciremo a far questo forse serviranno meno Canaider, meno costi di spegnimento e forse riusciremo a far rimanere nella terra natia tanti giovani che invece oggi sono costretti (come negli anni dei grandi esodi) a prendere la valigia ed emigrare, o rimanere disoccupati a vita, e riusciremo anche e soprattutto a pensare al nostro patrimonio boschivo come risorsa da valorizzare e non lasciare i nostri boschi

abbandonati a se stessi in attesa che qualcuno li trasformi in cenere. 159 Tutelare il nostro territorio significa salvaguardare noi stessi, i nostri figli e le generazioni che verranno. E’ necessario quindi elaborare leggi concrete ed efficaci. “Queste idee sono il segno tangibile di una buona Amministrazione, sono progetti che creano fiducia ai calabresi, che rendono viva l’Amministrazione Regionale che oggi appare non solo inutile ma addirittura inesistente. In tutti questi lunghi giorni di incendi qualcuno ha visto il Presidente della Giunta Regionale? Qualcuno sa chi è l’Assessore all’Agricoltura e Forestazione? Qualcuno sa dire cosa è migliorato nel passaggio da AFOR a Calabria Verde se non il nome? Dimenticavamo: a rendere più clamorosa la situazione ha pensato il Governo trasformando – in maniera assolutamente confusa e senza un piano strategico vero – la Guardia Forestale in Carabinieri: cioè ha trasformato coloro che dovevano monitorare la fauna boschiva in agenti di ricerca di delinquenti. A che serve? Un risultato l’ha prodotto: ha sguarnito ancora una volta di un corpo di personale specializzato che per decenni si è occupato di controllo, prevenzione, monitoraggio di boschi e fauna! (da http/www.strettoweb.com).

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160 Fig. 76 - Località Arcavacata, Centro residenziale UniCal. È bene ricordare che l’art. 10 della legge – quadro, recita: 1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell’ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell’atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell’ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone sboscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia. 2. I comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell’articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell’ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Il catasto è aggiornato annualmente. L’elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta giorni all’albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. E’ ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per ciascun divieto, dal medesimo comma 1.

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Fig. 77 – Località Torre Spada/Cozzo Difesa. Discarica RSU dismessa. 161

3. Nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1 si applica una sanzione amministrativa, per ogni capo, non inferiore a lire 60.000 e non superiore a lire 120.000 e nel caso di trasgressione al divieto di caccia sui medesimi soprassuoli si applica una sanzione amministrativa non inferiore a lire 400.000 e non superiore a lire 800.000. 4. Nel caso di trasgressioni al divieto di realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive su soprassuoli percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1, si applica l’articolo 20, primo comma, lettera c) , della legge 28 febbraio 1985, n° 47. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone la demolizione dell’opera e il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. 5. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni, individuate ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera f) , determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio. 6. Per le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 2.000.000 e non superiore a lire 20.000.000. Tali sanzioni sono raddoppiate nel caso in cui il responsabile appartenga a una delle categorie descritte all’articolo 7, commi 3 e 6. 7. In caso di trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 da parte di esercenti attività turistiche, oltre alla sanzione di cui al comma 6, è disposta la revoca della licenza, dell’autorizzazione o del provvedimento amministrativo che consente l’esercizio dell’attività. 8. In ogni caso si applicano le disposizioni dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sul diritto al risarcimento del danno ambientale, alla cui determinazione concorrono l’ammontare delle spese sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo e al suolo.

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162 Fig. 78 – Località Torre Spada/Cozzo Difesa. Altri particolari della discarica RSU dismessa.

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20. RECUPERO ED UTILIZZO DELLE ACQUE METEORICHE

La corretta disciplina delle acque reflue urbane rappresenta uno dei punti cardine delle politiche di salvaguardia dell’ambiente e, più in generale, della qualità della vita nei territori urbanizzati. Nella pratica, il controllo dell’impatto quantitativo delle acque meteoriche è complesso per la continua evoluzione delle realtà urbane e per l’interazione di fattori tecnico - ingegneristici, politici, sociali, urbanistici ed economici. La progressiva espansione delle aree urbanizzate verificatasi negli ultimi decenni sul nostro territorio, e il corrispondente incremento delle aree impermeabili, ha provocato una forte riduzione della ricarica delle falde idriche e notevoli aumenti delle portate al colmo e dei volumi di piena, spesso incompatibili con la capacità delle reti di drenaggio esistenti e dei corsi d’acqua ricettori. Questo ultimo aspetto è particolarmente rilevante se vi sono aree di espansione che recapitano in sistemi fognari esistenti dimensionati senza tener conto dei nuovi apporti. In sede di pianificazione urbanistica bisogna privilegiare, ove possibile, le soluzioni atte a ridurre “a monte” le portate meteoriche circolanti nelle reti di drenaggio, siano esse unitarie o separate, prevedendo una raccolta delle acque meteoriche non suscettibili di apprezzabile contaminazione, quali ad esempio quelle dei tetti, e il loro smaltimento in loco tramite sistemi di 163 infiltrazione nel suolo: trincee drenanti e bacini di infiltrazione, efficaci in terreni a elevata permeabilità e con falda lontana dal piano campagna oppure attraverso un loro riutilizzo immediato. Risparmiare acqua potabile utilizzando acqua meteorica deve essere un obiettivo che ben presto sarà anche un’esigenza. Infatti, studi recenti effettuati dall’Agenzia dell’Ambiente della Provincia Autonoma di Bolzano, in Alto Adige il consumo giornaliero d'acqua potabile dei nuclei familiari è pari a circa 150 litri per persona. Di questi circa 45 litri sono consumati negli sciacquoni dei servizi igienici. Per la cura del corpo (bagno, doccia) si utilizzano circa 45 litri. Per cucinare e bere servono circa 20 litri. La lavatrice consuma circa 15 litri. Per lavare le stoviglie il consumo d'acqua è di circa 10 litri. Per l'irrigazione d'orti e giardini si può ipotizzare un consumo medio di circa 12 litri, per lavori di pulizia servono circa 3 litri. La raccolta e l'utilizzo dell'acqua meteorica consentono un risparmio d'acqua potabile pregiata. L'acqua meteorica è adatta soprattutto per innaffiare il verde e per gli sciacquoni dei servizi igienici. Inoltre è utilizzabile per la lavatrice, per la pulizia della casa o come acqua di raffreddamento. In questo modo sarebbe possibile utilizzare circa 75 litri d'acqua meteorica per persona al giorno al posto d'altrettanta acqua potabile. Si avrebbe così un risparmio d'acqua potabile che può raggiungere il 50%.

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Il Comune di Rende può prescrivere la raccolta e l'utilizzo delle acque meteoriche tramite il regolamento edilizio (REU) oppure attraverso le prescrizioni per il servizio di fognatura e depurazione. Il risparmio idrico può essere promosso con opportuna delibera di Giunta municipale prevedendo che l'acqua meteorica raccolta e utilizzata non è soggetta alla tariffa di scarico. Generalmente vengono raccolte solamente le acque dei tetti. Alcune tipologie di copertura non sono però del tutto idonee per la raccolta e l'utilizzo a scopo irriguo (ad es. coperture in rame, zinco o piombo, senza trattamenti protettivi). Per un recupero a basso costo può essere sufficiente un serbatoio per la raccolta delle acque meteoriche da grondaia, magari limitando l’applicazione al solo utilizzo a scopo irriguo. Ormai sul mercato molte aziende offrono una vasta gamma di sistemi modulari anche per essere integrata con l’acqua potabile o come seconda rete da utilizzare per determinati scopi (irrigazione condominiale, servizi igienici, ecc.).

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21. ORTI URBANI Fu la fertilità e la ricchezza della nostra terra, fu la dolcezza del nostro clima e la salubrità dell’aria, fu la freschezza delle nostre molteplici sorgenti che spinsero da noi prima gli Arcadi e poi gli Achei a scegliere questi accoglienti dimore (Rende nella sua cronistoria, F. Fonte, 1975). Una storia, la nostra, iniziata circa trenta secoli fa. Si tratta di un territorio che, sebbene, fortemente connotato da presenze storiche appartenenti ad epoche diverse e origini e culture differenti, hanno avuto tutti, un comune grande denominatore: l’agricoltura, la vocazione di coltivare questa terra generosa per la presenza sul territorio di una fertilissima pianura bagnata da quattro fiumi. Da questa grande vocazione genetica agli orti urbani il passo è consequenziale soprattutto, oggi, come strumento di sviluppo sociale. L’iniziativa deve basarsi sulla condivisione pubblica e l’Amministrazione comunale dovrà avere un supporto fondamentale: creare cioè le condizioni per cui ogni quartiere possa crearsi l’orticoltura urbana favorendone la coltivazione di ogni genere di ortaggi, frutta e verdura sfruttando il suolo pubblico, cominciando dal pezzetto di terra intorno a casa, fino ad arrivare ai giardinetti comunali, alle aiuole, ai viali alberati, ai bordi condominiale del palazzo, ovunque. Tutti i cittadini sono invitati a coltivare la terra e tutti sono liberi di raccoglierne i frutti. 165 L’Amministrazione dovrà mettere a disposizione ogni più piccolo pezzetto di terra in nome della sostenibilità e dell’aggregazione e coesione sociale, creando nel piccolo le condizioni ideali allo scambio e alla condivisione (lavorando in spazi contigui o comunitari, mettendo in comune conoscenze e forza lavoro). Gli orti potrebbero diventare addirittura luoghi per creare e rafforzare la socialità anche tra persone di origine e con estrazione sociale diversa, contribuendo all’integrazione sia intergenerazionale che etnica, rafforzando l’identità culturale di ognuno, avvicinando i bambini alla natura, svolgendo un ruolo terapeutico per persone in difficoltà sociale, disabili, disoccupati. L'iniziativa deve nascere con l'obiettivo di promuovere l'impiego del tempo libero in attività che favoriscano momenti di incontro, di discussione e vita sociale e che valorizzino le potenzialità di iniziativa e di auto-organizzazione soprattutto delle persone anziane. L’Amministrazione comunale valuterà attentamente quale aree del verde pubblico cittadino (principalmente parchi e giardini) saranno considerate idonee a ospitare gli orti che, comunque, dovranno sorgere con criteri innovativi e razionali in grado di recepire le nuove tendenze nella tradizione e nella cultura storica tramandata dalle nostre generazioni passate. Proprio per sostenere queste esperienze dovrebbe essere redatto e approvato un “regolamento per la conduzione e la gestione di terreni adibiti ad aree ortive”, basato su principi cardine quali sussidiarietà, la promozione sociale e socio/educativa.

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Altrettanto importante e significativo potrebbe risultare per le nuove generazioni la percezione del cibo e la sua produzione in quanto molti bambini sono convinti che si “raccolga” al supermercato, già confezionato. Queste iniziative permetterebbero anche alla gente di entrare in contatto con le pratiche e le conoscenze agricole. Gli orti potrebbero diventare anche strumenti di riappropriazione dei luoghi e di riaffermare il bisogno di naturalità e di un ravvicinato rapporto con la terra. L’artificializzazione crescente della società ha fatto emergere una forte domanda di paesaggio che si esplica anche attraverso la ricerca di nuove modalità di interazione con il proprio ambiente di vita, che coinvolgano attivamente il cittadino nella produzione dei luoghi. In questo senso gli orti urbani sono dei veri e propri laboratori territoriali che costituiscono un atto di produzione di paesaggio. Maggiore attenzione alimentare e attività fisica all’aria aperta (come appunto coltivare) sono presupposti per uno stile di vita salutare. Infatti, l’Università di Uppsala in Svezia ha studiato per 35 anni ed ora pubblicato sul British Medical Journal di marzo 2015 gli effetti benefici dell’attività di giardinaggio (come anche di un’attività sportiva di modesta intensità): l’individuo attivo guadagna circa un anno di vita rispetto a quello inattivo. Studi recenti hanno evidenziato le implicazioni di tipo ecologico derivanti dalla semplice

presenza del verde delle coltivazioni in città, che aiuta a migliorare il microclima, (regolando umidità 166 e temperatura), cattura gli inquinanti e riduce la forza del sole e del vento (creando una protezione). Nelle città poi si può recuperare una gran varietà di materiali organici utili ad incrementare la fertilità dei suoli, spesso compromessi da compattamento e inquinamento, così da garantirne la conservazione, ripristinandone gli essenziali cicli vitali, senza i quali nessun terreno sarebbe in grado di produrre, a meno di forti input chimici. Proprio il processo di smaltimento dei rifiuti e il loro possibile riciclo ai fini della concimazione è un fattore cruciale nella gestione ecologica della città. Le attività agricole cittadine possono anche migliorare la gestione delle risorse idriche in senso ampio, permettendo di minimizzare i costi di impianti di drenaggio e canalizzazione delle acque, che vengono realizzati con l’obiettivo di evitare allagamenti in seguito a forti piogge, le quali, incontrando solo superfici dure e impermeabili, non riescono a penetrare nel terreno ed essere assorbite e convogliate altrove (la presenza del verde delle coltivazioni ovvierebbe a tale problema); per di più sarebbe possibile un uso diretto di acque di recupero per la produzione di cibo, fondamentale eliminare gli inquinanti eventualmente presenti. L’agricoltura urbana ha effetti positivi anche nell’incrementare la biodiversità, alimentare e floristica, che un tempo era propria della vegetazione spontanea; l’ambiente urbano, di per sé, è già più ricco di flora e fauna rispetto alla campagna circostante soprattutto in passato quanto gli spazi incolti erano pochi; non è un caso che molte città occidentali producano abbondante miele, grazie proprio alla quantità e diversità di piante che vi si possono trovare.

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L’agricoltura urbana contribuisce infine a ridurre l’anidride carbonica rilasciata dalle attività

localizzate nelle città. Infatti è dimostrato che la presenza delle piante assorbe CO 2, soprattutto nella fase di crescita, in cui tale capacità, che l’attività agricola mantiene più o meno costante, è al massimo. Se oltre a tutto questo aggiungiamo il fatto che le città consumano il 75% delle risorse del pianeta e che la loro popolazione continua ad aumentare a tassi elevatissimi, aspettandoci un raddoppio entro il 2050, possiamo comprendere come un ritorno massiccio all’agricoltura e non solo urbana non sia solo auspicabile, ma forse anche necessario.

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22. AREE D’INTERESSE GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO PER LA CONSERVAZIONE Vogliamo immaginare che l’alta Valle del Crati sia stata sempre una terra bellissima, anche quando gli unici elementi che ne determinavano il cambiamento erano il vento, il calore del sole e lo scorrere delle acque molto, molto prima che lo sguardo e la mano dell’uomo fossero in grado di tracciare su qualche angolo delle sue colline e pianure, una prima impronta che rivelasse ai posteri la loro esistenza, tuttavia gli agenti che ne hanno scolpito e modellato il paesaggio durante le vicissitudini geologiche, sono stati precorsi da complessi processi endogeni che hanno portato all’impianto morfologico e all’incantevole eterogeneità dell’attuale paesaggio. Al centro di ogni azione dinamica che ne ha modificato la morfologia, sia essa prodotta da un evento naturale o, come più spesso accade, da un intervento dell’uomo, è stata posta la conoscenza del valore, non solo economico, ma estetico, sociale e culturale che questo patrimonio ha per tutti coloro che ne traggono beneficio. Nessuno escluso: dai bambini che oggi giocano sui prati agli agricoltori che ne coltivano il suolo, dagli animali selvatici che vivono nei boschi alle acque che scorrono e solcano il territorio. Conoscere il valore di un bene che mai potremo sostituire o ricreare artificialmente è l’unico 168 modo per evitare gli errori che tante volte, in passato come oggi, hanno provocato e determinano ferite che non si rimarginano facilmente o mai più. La difesa di questo patrimonio non impedirà al nostro paese di continuare a crescere e prosperare nella sicurezza. Nei decenni futuri le nostre valli e colline saranno sicuramente interessate da nuove azioni evolutive ma oggi abbiamo le capacità di indicare in quali aree si debbano insediare i nuovi centri urbani e produttivi; oggi dobbiamo avere il coraggio di garantire alle generazioni future di continuare ad ammirare e a fruire il paesaggio attuale, senza comprometterne l’equilibrio fissato nel tempo dalla natura. Il nostro patrimonio geologico è un elemento notevole del nostro scenario naturale e paesaggistico che ne condiziona anche la struttura territoriale e la storia della sua evoluzione. Esso rappresenta la base su cui si sono impostate ed evolute nel tempo tutte le altre componenti sia economiche che sociali. Le trasformazioni geologiche lasciano spesso elementi visibili attraverso i quali è possibile comprendere o intuire i vari cambiamenti e i fenomeni di interesse geologico intercorsi quali sequenze stratigrafiche, esposizione di fossili e minerali, elementi morfologici del paesaggio, testimonianze strutturali, ecc. Questi elementi sono caratteristici di alcune aree che dovranno essere costitutivi fondamentali del nostro patrimonio geologico, ossia quelle porzioni del territorio di particolare

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importanza geologica in quanto rappresentative di processi geologici o geomorfologici che caratterizzato l’evoluzione dell’intera Valle Crati. La conoscenza del patrimonio geologico è il substrato essenziale da cui può discendere una più profonda sensibilità ambientale nella società; infatti, la capacità di una lettura consapevole dell'ambiente consente alla comunità di stringere un rapporto più profondo con il suo territorio che viene avvertito come proprio. Con la consapevolezza di esserne parte integrante, il cittadino vivrà il suo territorio senza apportare danni, accogliendo le norme di salvaguardia come prescrizione a tutela di un bene comune anziché come vincolo limitante la propria libertà. Luoghi e percorsi della conoscenza sul patrimonio geologico e geomorfologico da salvaguardare. Sul nostro territorio sono presenti alcune aree, dove sono possibile individuare delle singolarità geologiche che per rarità, valore scientifico e bellezza paesaggistica, possono essere considerate dei veri e propri monumenti geologici da salvaguardare, tutelare e valorizzare. Una corretta pianificazione del territorio passa sempre attraverso un’attenta analisi di questi caratteri e delle peculiarità dei luoghi che, di volta in volta, lo contraddistinguono e lo rendono unico.

Ne consegue che la conoscenza e la localizzazione di queste singolarità sul territorio, quali elementi 169 del patrimonio geologico che ne ha caratterizzato l’evoluzione, riveste un consistente e forse indispensabile supporto per le azioni di programmazione e pianificazione. Un dettagliato censimento di queste aree, infatti, favorisce e ottimizza la conoscenza del territorio attraverso i fattori naturali che lo hanno determinato, condiziona la fruizione di queste risorse e potrà semplificare le scelte che comporteranno la valutazione di compatibilità tra sviluppo e tutela del territorio. Inoltre, la corretta e dettagliata individuazione dei siti può costituire elemento importante alla valorizzazione del territorio. L’individuazione dei siti, soprattutto per i caratteri salienti e significativi, devono essere colti da tutti con facilità. La semplice ma suggestiva forma di un cucuzzolo morfologico così come un fossile che prende luce dopo milioni di anni sbucando da uno strato di argilla, sono in grado di portare l’attenzione sulle numerose problematiche inerenti alla genesi di queste forme che, invece, passano inosservate per chi abitualmente le frequenta. La valorizzazione di elementi ritenuti di pregio sotto l’aspetto naturalistico, deve far risaltare ciò che non è usuale, deve evidenziare cioè un significato particolare anche all’osservatore poco attento e soprattutto deve avere caratteri di naturalità e d’incontaminazione da effetti antropici marcatamente evidenti, in altre parole evidenziare elementi che possano facilmente essere colti e fruiti da tutte le persone anche quelle apparentemente non interessate all’oggetto stesso. Pertanto, per non

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rendere di scarso interesse la segnalazione di siti potenzialmente di pregio, a questi devono essere attribuite caratteristiche oggettivamente significative e in grado di attrarre immediatamente l’attenzione delle persone. In tempi più recenti si è diffusa la consapevolezza che la salvaguardia del patrimonio geologico è necessaria per poter continuare in futuro a riconoscere le tappe evolutive della storia del nostro pianeta scritte nelle sue profondità e sulla sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio . Questo patrimonio però viene tuttora troppo spesso percepito come monumento della natura, singolarità geologica mentre la condivisione della sua conoscenza e la sua fruizione possono trasformarlo in risorsa scientifica ed economica: un formidabile laboratorio di educazione ambientale, un nuovo ed attraente circuito turistico . La consapevolezza del valore della memoria della Terra non basta a garantire la salvaguardia del patrimonio geologico: per questo motivo l’Amministrazione comunale dovrebbe redigere un progetto di studio teso alla valorizzazione dei beni geologici, geomorfologici, paleontologici, paesaggistici, ecc. presenti nel proprio territorio in modo da sperimentare percorsi di interesse e di fruizione didattica e turistica.

Nell’ambito dei vari rilevamenti effettuati puntualmente sull’intero territorio d’interesse, è 170 stato possibile individuare e perimetrare alcuni punti caratterizzanti e gli elementi di interesse che valorizzano l’area sotto l’aspetto della loro peculiarità ambientale. Nella tabella sottostante sono riportate le aree ritenute di maggior pregio geologico - naturalistico, individuati e definiti dagli elementi caratterizzanti acquisiti. N° Località Elementi visibili Valore prevalente 1 Silvi Affioramenti fossiliferi Geologico e Paleontologico Cocuzzolo morfologico Geomorfologico – strutturale 2 Nogiano Affioramenti fossiliferi Paleontologico Cocuzzolo morfologico Geomorfologico – strutturale 3 Santa Croce Affioramenti fossiliferi Paleontologico 4 Pendice Centro storico Affioramenti fossiliferi Geologico e paleontologico Faglia tettonica Geologico – strutturale 5 Profico Affioramenti fossiliferi Paleontologico Faglia tettonica Geologico – strutturale 6 Villa Miceli Affioramenti fossiliferi Paleontologico Alto morfologico Geomorfologico 7 Don Ditta Affioramenti fossiliferi Geologico e Paleontologico 8 Dattoli Livelli litologici fossiliferi Paleontologico 9 Arcavacata Fontana del Casino Storico

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LOCALITÀ DON DITTA – Zona fossilifera ricca di belli esemplari di Ostrea Edulis Linne (fig. 79) contenuti nelle sabbie conglomeratiche del Calabriano risalenti a circa 1.800.000 anni fa.

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Fig. 79 - Cava dismessa di Don Ditta. Esemplari di molluschi Lamellibranchi.

LOCALITÀ SILVI – Discreta presenza fossilifera negli affioramenti arenacei che bordano il tratto della faglia Lago – Torano Castello lungo la strada che collega Nogiano a Silvi. Contengono una variata microfauna a foraminiferi e abbondanti macrofossili (fig. 80) fra cui Aequipecten opercularis, Pecten jacobaeus e Turritella tricarinata.

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Fig. 80 – Calco di mollusco Lamellibranchi affiorante dalle arenarie del pliocene medio superiore.

LOCALITÀ NOGIANO – SANTA CROCE – Le due località, praticamente attigue, sono caratterizzate da due strutture morfologiche con aspetti monolitici (figg. 81, 82) sopravvissuti alle vicissitudini tettoniche e morfologiche che nel tempo hanno plasmato questo lembo sud - occidentale del nostro territorio. Rappresentano due forme morfologiche isolate di sabbie e arenarie dove sono ancora presenti i caratteri strutturali del graben del Crati. 172

Fig. 81 – Località Nogiano - Monolito costituito da un unico blocco massiccio di sabbie a arenarie del Pliocene medio – superiore. Da notare l’inclinazione degli strati dovuta al sollevamento.

A livello paesaggistico possono essere riconosciuti come frammenti della memoria della Terra da difendere, per questo dobbiamo garantirne un futuro conservativo per restituire il testimone avuto, alle generazioni di domani, perchè possano avere anche loro gli spunti di approfondimento endogeni ed esogeni che hanno modellato nel tempo lo scenario dei nostri luoghi sui quali l’occhio attendo potrà continuare a leggerne la nostra storia geologica.

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Componente geologic a, morfologica, idrogeologica, sismica e ambientale per la tutela, governo ed uso del territorio (L. R. n° 19/2002). Piano Strutturale Comunale (PSC) - Comune di Rende (CS).

Fig. 82 – Località Santa Croce - Monolito di sabbie e arenarie del pliocene medio - superiore giacente sulle argille del Pliocene inferiore.

I due alti morfologici rappresentano punti di osservazione panoramici stupendi per allungare la vista nella valle del torrente S. Marco e del Vallone Gelato e per sconfinare ulteriormente nella più ampia Valle da Crati. Contengono una discreta presenza di macrofossili fra cui Aequipecten opercularis, Pecten 173 jacobaeus e Turritella tricarinata.

CENTRO STORICO – É il terzo grande complesso morfologico che si trova perfettamente allineato da ovest verso est con gli altri precedenti sul quale sorge il bellissimo borgo antico di Rende (fig. 83) che resta una tra le migliori rarità perfettamente conservate e presenti sul nostro territorio.

Fig. 83 – Complesso arenaceo sul quale sorge il centro storico di Rende

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Oltre ad offrire svariati punti di osservazioni dove l’occhio può sconfinare sull’intera Valle del Crati, da Piano Lago a , è anche una notevole località fossilifera fig. 84. Infatti, gli affioramenti litologici delle sue pendici contengono una svariata e ricca microfauna a foraminiferi fra cui Globorotalia hirsuta, Uvigerina rutilia, Anomalina helicina e pleurostomella alternanas e abbondanti macrofossili fra cui Aequipecten opercularis, Pecten jacobaeus e Turritella tricarinata.

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Fig. 84 – Alcuni esemplari di Pecten jacobaeus affioranti da un’arenaria contenente Turritella tricarinata rimaneggiate.

LOCALITÀ VILLA MICELI – PROFICO (figg. 85, 86, 87): sono presenti alcuni elementi inconfutabili della presenza della faglia tettonica attiva presente lungo il bordo occidentale del graben del Crati (allineamento Lago – – Marano M. – Rende – Torano C. riportata schematicamente in fig. 16). Fisicamente composto di tre areali distinti ma territorialmente tra loro molto vicini; sono elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico, che testimoniano alcuni dei processi che hanno formato e modellato il nostro territorio in milioni di anni.

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Fig. 85

Località Villa Miceli – Caratteri tettonici della dislocazione strutturale evidenziati in affioramento da stratificazioni subverticali di arenarie. L’immersione di questi strati è giustificata solo dal sollevamento delle litologie 175 di sinistra (più antiche) portate alla stessa quota di quelle di destra (più recenti).

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Fig. 86 – Località Villa Miceli – L’alto morfologico declinante verso destra nella valle del Torrente Emoli, rappresenta il lato orientale lungo il quale la faglia mette a contatto litologie appartenenti a periodi geologici diversi. La fascia litologica in primo piano, sulla quale sorge Villa Miceli, è costituita dai sedimenti destrutturati dal movimento tettonico.

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Fig. 87 – Località Profico – La foto evidenzia la parte terminale dell’alto morfologico visto in precedenza. Sono ben evidenziate le curvatura e le immersioni subverticali degli strati di arenarie deformati e quasi ribaltati dal sollevamento strutturale.

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23. LA VALLE DEI MULINI L'idea di imbrigliare la forza dell'acqua per azionare macchinari ed utensili risale a tempi remotissimi e la sua applicazione pratica, i mulini, utilizzata per almeno 2000 anni, fino all'era industriale, all'avvento dei motori a combustione e l'energia elettrica e, per applicazioni artigianali, anche fino a qualche decennio fa. Fu questo il campo nel quale per secoli si esercitò l’ingegno di uomini ignoti e tuttavia preziosi perché, oltre a realizzare macchine utili incrementando ricchezza e lavoro, contribuirono con altri artifici, a creare quella mentalità che, a partire dal Seicento, farà della meccanica il primo banco di prova della rivoluzione scientifica moderna. I mulini ad acqua nel territorio rendese erano immersi nella splendida valle incontaminata del Torrente Emoli che si estende per l’intero territorio rendese da Ovest a Est (fig. 88). Per la presenza lungo l’Emoli di ben quattro mulini (mulino di Costantino (fig. 89), mulino Grande (fig. 90), mulino Curti (fig. 91) e mulino della Stazione), oggi potremmo rinominarla La Valle dei Mulini . Questi mulini venivano messi in movimento dalle limpide acque dell’Emoli che nasce dalla Catena Costiera e depone le proprie acque nel fiume principale della Calabria (il Crati) dopo circa 12 km. Purtroppo, dopo diversi decenni d’inattività, sono ormai obsoleti, alcuni sepolti dalla vegetazione 177 e quello della Stazione di Rende, è succeduto, ahinoi, alla solita accozzaglia di cemento! Malgrado tutto ci sono ancora luoghi magici che miracolosamente si salvano dall’idiozia umana, non si sa come possa accadere ma è così. Ci sono ancora luoghi magici che custodiscono il nostro passato, le nostre identità, la nostra storia. Ci sono ancora luoghi magici tra canneti e rovi che sopravvivono alle leggi della natura e del tempo, custodiscono “la memoria dimenticata” degli uomini del terzo millennio, di un popolo proiettato ogni giorno verso un futuro sempre più incerto e difficile. Noi viviamo freneticamente il quotidiano, quell’attimo che lega passato e futuro. Non ci può essere futuro se ognuno di noi non riesce a indossare il peso della propria storia, la storia del proprio passato. Questo pezzo di storia che si identifica nei mulini deve essere recuperata, è solo un frammento, si sa, ma anche l’oceano è formato da tante goccioline! La locuzione “A cqua passata non macina più” la si usa quando si è persa una occasione, quando ci si lascia alle spalle un’esperienza, quando si abbandona qualcosa al passato, insomma, consapevoli che, purtroppo o per fortuna, non tornerà mai più. La nostra acqua non può restare confinata nel passato, essa dovrà continuare a scorrere oggi e tutti i giorni che verranno perché l’Emoli possa continuare a trasmettere alle generazioni future la nostra identità.

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Fig. 88 – Valle del Torrente Emoli da foto aerea e ubicazione dei mulini.

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Fig. 89

Località Jumiceddre (alto Emoli). Il “ Mulino di Costantino ” sotto la neve (inverno 1955). In primo piano il torrente Emoli. Dall’archivio fotografico del sig. Francesco Cirillo (San Fili – CS).

“A San Fili, si parla di un vecchio mulino abbondonato nei pressi delle Jumiceddre, detto il Mulino delle Fate… Che sia proprio questo?”

Fig. 90 179

Particolari del “Molino Antico” dalle pregiate fattezze architettoniche.

L’Amministrazione comunale ha il dovere di recuperare l’identità di questo popolo attivandosi in un lavoro di recupero degli elementi strutturali e valorizzare l’antica attività molitoria. Un lavoro di recupero e di fruizione del bene culturale che consenta una lettura più articolata e più definita, secondo una prospettiva che ha come denominatore comune l’identità, la storia e la cultura del nostro paese.

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Fig. 91

Molino Curti mascherato dalla vegetazione.

Di seguito è riportato un brano tratto da “Rende: usanze, tradizioni, costumi – Documenti 180 etnografici di vita tradizionale – di G. Giraldi, 2004” che descrive mirabilmente le fasi della molitura in uno dei nostri vecchi mulini. Allorché si doveva confezionare il pane – la qual cosa soleva verificarsi a seconda dei bisogni della famiglia due o tre volte al mese – il frumento bisognava portarlo al mulino più vicino per sfarinarlo e farne farina abburattata secondo i desideri dei committenti, dopo un’attenta mondiglia, mediante la quale si puliva il grano dalle impurità (pietruzze, polvere ed altri eventuali corpi estranei), ponendone la quantità necessaria su un’asse apposita (timpàgnu). Il frumento stipato nei sacchi veniva quindi avviato al mulino tramite lo stesso mugnaio o un suo collaboratore, che provvedeva a ritirarlo direttamente di prima mattina, avvisando del suo passaggio le eventuali clienti agitando con forza la cavezza dell’animale da soma o da traino di cui si serviva, la quale era fornita abbondantemente di sonagli. Per la polverizzazione del frumento il mugnaio usava un congegno molitore costituito dalla macina che constava di due grosse mole di arenaria silicea a cemento calcareo dure e compatte sovrapposte: l’inferiore fissa (cippu d’u mulinu), girevole l’atra, in mezzo alle quali il grano affluiva attraverso una tramoggia (trimòja) a forma di grane imbuto che agevolava l’introduzione dei chicchi da sgranare tra le mole. La macchina per trasformare il grano in farina era azionata dall’energia idraulica fornita dall’acqua di un fiume vicino che veniva sviato dal suo alveo naturale, per essere immesso in un canale a portata d’acqua (acquaru). Da qui l’acqua, scorrendo, cadeva rumorosamente in una cateratta, (sajtta), infilandosi nella cannella (doccia) lunga un palmo, ma di volume adeguato alla quantità d’acqua che poteva smaltire, finendo il suo compito con l’azionare una grande ruota fornita di pale (dette pinne o palombelle). La ruota a sua volta dava il movimento all’albero rotante che, nella parte inferiore opportunamente ferrato, girava su un cuscinetto bronzeo, e nella alta comunicava il movimento alla macina in cui era infisso. Quest’ultima, entrava in azione per polverizzare il grano che affluiva di continuo in mezzo alle due mole della tramoggia, la quale con regolarità compiva il proprio lavoro. La farina così ottenuta cadeva quindi nel “matraru” (una cassa adatta al caso), per essere finalmente raccolta, insaccata e consegnata al cliente che l’avesse richiesta. Con una certa frequenza determinata dall’uso, le mole venivano messe a filo mediante la scalpellatura delle facce interne con un martello d’acciaio bipenne, in quanto si logoravano per l’intenso lavoro cui erano sottoposte quotidianamente. Il mugnaio per ogni tomolo di grano macinato prendeva un carlino o tratteneva la molenda, detta volgarmente “stroppa”, corrispondente alla sedicesima parte del tomolo. Durante le giornate di pioggia, il mulino restava solitamente fermo, perché l’acqua da cui esso traeva la forza necessaria per muovere la macchina molitrice avrebbe potuto portare seco sabbia e quindi avrebbe macinato poco o male.

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24. CONCLUSIONI È semplicemente impossibile per chiunque prevedere e pianificare tutte le possibili conseguenze delle calamità naturali però ognuno di noi, progettisti, amministratori e cittadini, ha il dovere di garantire e assicurare alle future generazioni “un mondo dove i terremoti, le frane e le alluvioni non siano DISASTRI ma solo FENOMENI NATURALI, normali processi del dinamismo e vitalità della terra”. Alluvioni, frane e terremoti continueranno ad esserci in quanto fenomeni naturali, noi abbiamo l’obbligo di evitare che diventino TRAGEDIE, cioè perdita di vite umane, perdita del nostro patrimonio socio - economico, perdita delle nostre identità storiche e culturali, perdita della nostra memoria. Nella stesura del PSC il nostro compito di geologi è stato quello di orientare i Pianificatori e quindi gli Amministratori, nell’uso ponderato del territorio attraverso la valutazione degli scenari di pericolosità rilevati nella fase di analisi, indicando le aree dove molti degli eventi naturali potranno difficilmente verificarsi. È vero, nel contesto generale delle dinamiche della terra, restano purtroppo i terremoti che NON SONO PREVEDIBILI, sono però note le aree tettoniche che li attivano e l’intensità approssimativa della magnitudo di ritorno (Valle Crati, M = 7.2 Richter; http://www.ingv.it). 181 Se allo stato delle conoscenze attuali i terremoti non sono prevedibili, allora è un dovere dello Stato fare PREVENZIONE, fare prevenzione significa minimizzarne gli effetti così come i giapponesi fanno ormai da decenni utilizzando sistemi di allarmi avanzatissimi e nuove tecnologie edificatorie sebbene, queste, non garantiscono del tutto l’integrità costruttiva. Infatti, per elevate magnitudo non esistono case antisismiche, proprio perchè dopo ogni scossa riportano sempre dei danni strutturali. In questo, il Giappone insegna che dopo ogni evento di notevole intensità deve comunque ripartire un programma di ricostruzione. La differenza fondamentale è che gli edifici, sebbene siano danneggiati, resistono al collasso totale per cui molte persone hanno buone possibilità di salvarsi. L’Italia è fra i paesi più vulnerabili al mondo e la Calabria è fra quelle che storicamente ha vissuto le tragedie più immani. Perché l’Italia non è come il Giappone? Perché il “miracolo giapponese” deve essere per noi un’utopia? Le Istituzioni da sempre hanno investito pochissimo nella conoscenza del territorio e ancor meno nella prevenzione, ed anche quando si è investito in conoscenza, le risultanze sono state spesso disattese. Come i giapponesi anche noi dobbiamo dare alla vita il valore più elevato. Dobbiamo essere consapevoli della nostra fragilità, della nostra impotenza davanti all’immane forza della Natura, la

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dobbiamo accettare ma non passivamente. Dobbiamo impegnarci fino in fondo, dando il massimo di noi stessi, assumendoci tutte le responsabilità dei propri comportamenti, delle proprie scelte politiche, delle proprie azioni, impegnandoci fino a dove l’intelligenza, la conoscenza, la forza, la sensibilità umana può spingersi ed infine, quando succede, inchiniamoci pure alla potenza distruttiva degli elementi, consapevoli però, di aver fatto tutto il possibile. I fattori che dovranno contribuire a giocare un ruolo fondamentale nella grande sfida contro le avversità della natura dovranno essere la cultura del pericolo per chi vive in zone sismiche e la prevenzione, entrambi demandati alla politica che dovrà risolvere attraverso strumenti idonei. Dopo il grande terremoto giapponese avvenuto a Kobe il 17 gennaio 1995, la loro tecnologia antisismica si è sviluppata in modo esponenziale infatti, dopo qualche anno è stato inaugurato il primo sistema al mondo su larga scala di allerta per i terremoti, progettato per avvertire i cittadini ed i servizi pubblici con qualche secondo di anticipo sulla scossa che sta per colpirli. Il sistema di allarme, gestito dall’Agenzia meteorologica, funziona rilevando le onde primarie Vp, che si diffondono dall’epicentro e viaggiano più velocemente delle onde secondarie o di taglio Vs che sono quelle più violente e distruttive. Spesso i cittadini possono avere fino a circa 30 secondi per proteggersi in qualche modo

(per es. ripararsi sotto un tavolo, indossare un casco, spegnere il gas, ecc.). Anche una rete affidabile 182 di allarme può salvare davvero migliaia di vite umane. Il nostro Stato deve fare della protezione dei propri cittadini dalle calamità e disastri, una delle priorità e una propria responsabilità ma le responsabilità non possono essere demandate solo agli amministratori, anche i cittadini devono essere consapevoli e partecipi nel compiere la propria parte nelle realtà di ogni giorno. Conoscere le modalità comportamentali nel gestirsi durante un sisma, se osservate, potrebbero salvare la propria vita e quella di altri. È importante l’apporto della memoria e un’interpretazione consapevole della propria realtà, consci di abitare in zone altamente sismiche. Purtroppo la nostra certezza è che la natura si risveglierà ancora una volta e mostrerà il suo lato più crudele e spietato senza averne colpe e, nel giro di qualche secondo, inghiottirà le nostre case e ancora vite umane. Ripensare alle devastazioni del passato e consapevoli che altri terremoti ci saranno, devono essere da monito per impegnarsi in scelte culturalmente coraggiose in discontinuità con il passato. La prevenzione è l’unica via praticabile per evitare nuove tragedie e nuove scene che ormai hanno riempito tutti gli spazi disponibili della memoria recente: Belice (1968, 370 moti), Friuli (1976, 989 morti), Irpinia (1980, 2900 morti), Umbria-Marche (1997, 11 morti), Molise (2002, 30 morti), L’Aquila (2009, 308 morti), Emila (2012, 26 morti), Reatino (2016, 250 morti), …..? Basta…!

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Iniziamo proprio da questo territorio a dare dei segnali nuovi, scrolliamoci per sempre quella convinzione che qui da noi spesso <<…tutto accade lentamente, o non accade mai. Perché tutto è provvisorio. Perché tutto si può aspettare all’infinito…>> (C. Alvaro).

Rende, ottobre 2017

I geologi Bruna Ballarò Paolino Vercillo

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