«EIKASMOS» XXVI (2015)

Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide

Nella filologia classica dell’età contemporanea vi sono dei commenti che raggiungono livelli di riconosciuta eccellenza nella storia dell’interpretazione di un testo: basti menzionare il commento di Wilamowitz all’Eracle di Euripide o quello di Fraenkel all’Agamennone di Eschilo. Habent sua fata libelli. Gli studi hanno percorso la loro strada e oggi è possibile avere un certo distacco nei con- fronti di queste opere. Un ‘certo’ distacco: infatti in esse si avverte l’incarnazione del principio di autorità. Anche se Fraenkel presenta il suo lavoro come una ri- proposizione delle antiche edizioni cum notis variorum, di fatto si sente che parla come qualcuno che ha autorità. Lo stesso si può dire del commento di E. Norden al VI libro dell’Eneide1. Norden si era occupato a lungo di Virgilio. Come l’Antike Kunstprosa ha se- gnato il suo periodo a Greifswald, così il commento al VI dell’Eneide è il lavoro principale della sua permanenza a Breslavia. Vi aveva preso servizio come ordinario (per tutto il campo della filologia classica, con particolare riferimento al latino) a partire dal 1.4.1899 in qualità di successore di R. Foerster, e vi rimase fino al momento in cui passò a Berlino, nell’aprile 1906. Nella città della Slesia si trovò senz’altro bene e conobbe studiosi con cui ebbe rapporti scientifici e di amicizia per tutta la vita: F. Skutsch, C. Cichorius, R. Wünsch e soprattutto F. Jacoby; tra gli studenti gli fu particolarmente vicino K. Ziegler. Di questi, lo studioso rin- graziato con maggior calore nella prefazione alla prima edizione del commento è R. Wünsch, morto in Polonia nel corso della Prima Guerra Mondiale, che viene ricordato per la sua profonda conoscenza della storia delle religioni. Norden si era assunto il compito della stesura del commento per la serie diretta da G. Kaibel, «Sammlung wissenschaftlicher Commentare», all’indomani della pub- blicazione della Kunstprosa, come si può leggere nella sua lettera a H. Usener del 29.5.18982. Del libro VI si era occupato, anche a fini didattici, già nel suo periodo

1 Sul commento di Norden si ha ora una trattazione, utile e avvincente, in appendice al monumentale commento di N. Horsfall al VI dell’Eneide, -Boston 2013, 645-654; alle pp. 645s. n. 3, ampia bibliografia su E. Norden. 2 «Für Kaibel’s Sammlung habe ich Vergil Buch VI übernommen, wobei ich mich dunkel an die Interpretation in Ihrem Proseminar 1886 erinnere. Bevor ich es veröffentliche, hoffe ich noch Gelegenheit zu haben, Sie mündlich um Darlegung der Gründe zu bitten, durch die Sie, wie ich mich zu erinnern glaube, bestimmt wurden, Spuren der Nichtvollendung auf dem Wege der Interpretation zu ermitteln. Wo ich das bisher unternommen habe, hat sich mir das Prinzip 374 GALASSO a Strasburgo (lettera del 9.11.1892 a Usener)3, e nelle Vorlesungen sull’Eneide del semestre invernale 1894/1895 potrebbe avere posto un particolare accento sul VI libro4. Inoltre, stando alle notizie che vengono da Frau Norden, nell’inverno del 1897 a Greifswald egli aveva tenuto Damenvorträge, presentando, tra l’altro, brani virgiliani da lui tradotti5. Accanto a questi dati, possiamo menzionare tutta una serie di lavori, che precedono e accompagnano l’elaborazione del commento: vanno dalle indagini sull’apocalittica all’importante saggio complessivo Vergils Aeneis im Lichte ihrer Zeit6. La riflessione specificamente sul VI libro durava anch’essa da lungo tempo: già nel 1893 Norden aveva scritto sulla composizione e le fonti del VI dell’Eneide7, e altri Vergiliana seguirono nel 1894 e 18998; sono studi dedicati anche alle questioni storico-religiose, e nel medesimo àmbito rientra Die Petrus-Apokalypse und ihre antiken Vorbilder9. Fin dall’inizio dunque appare chiaro l’interesse per i problemi di storia delle religioni, senza che questi trovino per il momento una corrispondenza adeguata nelle pubblicazioni. In séguito i frutti di questo studio emergeranno con evidenza nell’introduzione del commento, che è dedicata esclusivamente all’escatologia del libro VI e alle sue fonti. L’opera rientra dunque pienamente, anche da questo punto di vista, in quello che sarà uno dei filoni centrali delle ricerche di Norden10. schließlich als unhaltbar gezeigt, was aber vermutlich darauf beruht, daß ich es nicht von der richtigen Seite angefaßt habe» (W.A. Schröder, Der Altertumswissenschaftler Eduard Norden (1868-1941). Das Schicksal eines deutschen Gelehrten jüdischer Abkunft, Hildesheim-Zürich- New York 2001, 126). 3 Cf. Schröder, o.c. 106s. 4 Cf., anche per le lettere, Schröder, o.c. 18. 5 Cf. E. Mensching, Nugae zur Philologie-Geschichte, VI. ,Erinnerungen an Eduard Nor- den‘ und andere Beiträge, Berlin 1993, 19. 6 «Neue Jahrbücher» VII (1901) 249-282 e 313-334 (= Kleine Schriften zum klassischen Altertum, Berlin 1966, 358-421). Ora è tradotto da M. Martina, con prefazione di A. Perutelli, in «Lexis» XVII (1999) 259-302. 7 Vergilstudien, «Hermes» XXVIII (1893) 360-406 (Die Nekyia; ihre Composition und Quellen) e 501-521 (Einiges über die Aeneisausgabe des Varius: 501-514; Zur Aeneis VI 621- 624: 514-521). 8 Ein Panegyrikus auf Augustus in Vergils Aeneis, «RhM» n.F. LIV (1899) 466-482 (= Kleine Schriften cit. 422-436). L’articolo è particolarmente notevole, in quanto esemplifica bene la capacità di analisi retorica in senso tecnico, che caratterizzerà il commento; a questo si aggiunge l’interesse per argomenti storico-religiosi e la loro veste formale. Per completezza ricordo anche Das Alter des Codex Romanus Vergils, «RhM» n.F. LVI (1901) 473s. (= Kleine Schriften cit. 437s.). 9 Beilage 98, «Allgemeinen Zeitung» CVII (1893) 1-6 (= Kleine Schriften cit. 218-233, unico contributo di Norden pubblicato in una sede non specialistica). Il tema era allora d’attualità: del 1894 è la recensione al libro di A. Dieterich, Nekyia. Beiträge zur Erklärung der neuentdeckten Petrusapokalypse, Leipzig 1893, nelle «Göttingische Gelehrte Anzeigen» (1894) 249-255. A un’osservazione di Dieterich risponde Zur Nekyia Vergils, «Hermes» XXIX (1894) 313-316. 10 In questo sarà stata decisiva l’influenza di H. Usener e di A. Dieterich: cf. W. Burkert, Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 375

Il commento esce nel 190311, lo stesso anno, come è noto, della Virgils epische Technik di Heinze. È un annus mirabilis per gli studi virgiliani, non solo in Ger- mania, dove la valutazione di Virgilio era all’epoca piuttosto bassa, diversamente da quanto avveniva in Inghilterra o in Francia. Proprio questa situazione, però, fu all’origine di un rinnovamento metodologico forte, mentre negli altri Paesi ci si mantenne al livello del gusto e della critica letteraria.

Il commento di Norden si colloca all’interno di una collana innovativa, quella diretta da G. Kaibel per la Teubner12, dove sono stati pubblicati contributi di prima importanza: il commento all’Elettra di Sofocle a cura dello stesso Kaibel (1896), quello al III libro di Lucrezio ad opera di R. Heinze (1897)13, e quello all’Aetna di S. Sudhaus (1898)14. Nei criteri della collana doveva esserci una certa libertà, visto che ci sono differenze signifi- cative. Si tratta, tuttavia, di lavori che hanno un andamento discorsivo e, anche laddove il commento è organizzato per lemmi, prevale in ogni caso il senso della totalità dell’opera. Esemplare da questo punto di vista è quello di Kaibel, destinato ad accompagnare la lettura e non ad essere un’opera di consultazione o un commento-repertorio: ad esempio, non vi sono continue e dettagliate indicazioni bibliografiche. Un’altra libertà risiede anche nel fatto che, nella sostanza, non c’erano limiti di lunghezza, diversamente da quanto avveniva di necessità con i testi con le note a pie’ di pagina. Nella sua prefazione all’Elettra di Sofocle, Kaibel illustra la propria concezione del commento, la cui funzione è quella di intendere appieno l’arte di un poeta. Polemizza nei confronti di chi ha cercato l’emendazione ad ogni costo (p. V), che avrebbe assai danneggiato Sofocle, laddove l’obiettivo dell’interprete dovrebbe essere la comprensione dell’opera nella sua organicità. Nel commento, poi, Kaibel presenta i problemi che per il poeta nascevano dall’azione drammatica, rivivendoli per così dire dall’interno e considerando lo sviluppo della tragedia come una serie di ostacoli posti e superati. Il commentatore accompagna il lettore, gli fa avvertire la pertinenza e il senso di ogni singolo elemento del testo. Spesso il procedimento è concettualmente, in fin dei conti, quello della parafrasi: vengono analizzati

Antichità classica e cristianesimo antico. Problemi di una scienza comprensiva delle religioni, trad. it. Cosenza 2000 (ed. or. Berlin 1996), 36-38, che offre anche un quadro generale, par- ticolarmente sintetico e lucido, delle problematiche storico-religiose dell’epoca, specialmente alle pp. 36-44. A proposito degli interessi e degli studi storico-religiosi di Norden, molto utile l’introduzione (Per un bilancio di Agnostos Theos) di Chiara Ombretta Tommasi Moreschini alla sua traduzione di Agnostos Theos, Brescia 2002. 11 È dedicato a F. Leo; nelle edizioni successive alla prima, alla memoria. 12 Per il significato di Kaibel per Norden, cf. E. Mensching, Nugae zur Philologie-Geschichte, V. Eduard Norden zum 50. Todestag, Berlin 1992, 29-31; cf. infra n. 33. 13 Kaibel dovette avere una qualche importanza anche per il libro virgiliano di Heinze, dato che a lui è dedicato. 14 È l’unico dei quattro, oltre a quello di Norden, a presentare una traduzione, in prosa. L’edizione ha goduto di scarso credito per il suo conservatorismo (cf. F.R.D. Goodyear, Aetna, Cambridge 1965, 18s.), ma di fatto è lo stesso atteggiamento verso il testo che trova espressio- ne nel lavoro di Kaibel, con l’accento posto sull’esegesi e sull’individuazione delle intenzioni dell’autore. L’introduzione, data la natura dell’opera, è molto articolata: cf. anche A. Perutelli, Genesi e significato della Virgils epische Technik di Richard Heinze, «Maia» XXV (1973) 299. 376 GALASSO piccoli blocchi di versi e di fatto non vi sono lemmi. Questo probabilmente dipende anche dall’atteggiamento testuale conservativo dell’interprete: chi interviene con le congetture tende naturalmente a realizzare interventi singoli; chi invece si disponga ad essere con- servativo, ma non ciecamente, dovrà considerare il testo nel suo minuto sviluppo, nella successione delle difficoltà e delle soluzioni. Per questo il destinatario ideale di Kaibel è qualcuno che vuole seguire il divenire dell’opera, non uno studioso che prenda in mano il suo commento come se fosse il volume di un’enciclopedia. C’è anche un minimo di pathos che viene trasmesso al lettore, e il gusto per il disvelamento della costruzione artistica. Tutti e quattro i commenti menzionati hanno questi elementi in comune: così scrive W. Kroll in una rassegna di studi del 1905 in cui guarda agli anni appena trascorsi: «Es genügt uns nicht mehr, wenn die einzelnen Worte des Schriftstellers erklärt und die für das historische Verständnis notwendigen Notizen beigebracht werden, und es berührt uns peinlich, wenn der Kommentar mit totem Wissensstoff belastet wird, der zur Erklärung des Autors nichts beiträgt. Wir verlangen, daß uns die Intentionen des Schriftstellers dargelegt und die Bedeutung der einzelnen Teile für das Ganze aufgezeigt wird; wir wollen einen Überblick über die Komposition des Kunstwerkes gewinnen; wir erwarten, darüber belehrt zu werden, ob und wie der Autor mit alten und entlehnten oder mit neuen und selbster- fundenen Motiven schaltet, bis zu welchem Grade sein Stil sein Eigentum ist oder durch die Gesetze bedingt wird, welche für eine bestimmte Literaturgattung gelten». A queste esigenze, aggiunge Kroll, va incontro la collana diretta da Kaibel, con i lavori che in essa sono stati già pubblicati15.

Il commento di Norden ha un’ampiezza superiore a quella degli altri che lo hanno preceduto, e più degli altri tiene esplicitamente conto della bibliografia. L’introduzione, piuttosto lunga, dati i criteri della collana, si concentra, come ab- biamo detto, unicamente sul problema delle fonti nell’àmbito dell’apocalittica; per il III libro di Lucrezio, Heinze aveva proceduto in maniera analoga, incentrandola sulla filosofia epicurea. Nel VI dell’Eneide all’introduzione segue il testo con un apparato molto sintetico, accompagnato da una traduzione con ambizioni letterarie (caso unico nella collana). Norden vi aveva riflettuto per un certo periodo e la tra- duzione intende avere un valore autonomo; non è pertanto semplicemente funzionale al commento. Rimane tuttavia un importante strumento interpretativo, espressione com’è di scelte molto chiare, e implica un’analisi della poesia virgiliana: la stessa alternanza di metri16, per esempio, segnala quali siano i brani legati all’epica, quali

15 W. Kroll, Römische Literatur, Leipzig 1905, 17s. Perutelli (o.c. 298s.) ipotizza che l’indirizzo culturale espresso nella collana diretta da Kaibel si possa forse spiegare anche con la natura francesizzante dell’ambiente culturale di Strasburgo. È importante però, in ogni caso, il fatto che dopo l’annessione dell’Alsazia-Lorena nel Reich a séguito della guerra del 1870, anche ai fini della germanizzazione della regione, il governo tedesco si impegnò in maniera piuttosto massiccia a fare dell’Università di Strasburgo un centro di eccellenza, come effettiva- mente fu, con un respiro più ampio, anche a livello internazionale, rispetto alla maggior parte degli atenei tedeschi. 16 Norden ricorre alla polimetria nonostante il parere contrario che Wilamowitz gli aveva espresso, a proposito della traduzione di Virgilio, in una lettera del 9.12.1900: cf. W.M. Calder Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 377 al dramma. Significativamente, ad esempio, l’episodio del ramo d’oro, che Nor- den connette al mondo del folklore, viene reso attraverso la strofa del Canto dei Nibelunghi17. Il commento presenta ampie introduzioni alle singole sezioni, e poi una sequenza di lemmi: rispetto alle altre opere che lo hanno preceduto sono più autonomi18, ma si avverte pur sempre il prevalere della linea argomentativa. Nella seconda edizione i lemmi avranno un maggiore rilievo anche a livello puramente grafico, staccandosi, così, dallo stile della collana. Vi è inoltre un capitolo sulla costruzione del libro VI, in cui si applica sinteticamente il metodo di Heinze, che per amicizia e stima aveva rinunciato a trattare questo punto nel suo capolavoro. Il volume si chiude con una corposa serie di appendici, in cui Norden si concentra su aspetti stilistici di tutta l’Eneide o anche di tutta l’opera di Virgilio. La presen- za di ampie appendici è tipica dei suoi libri, dove hanno sempre una dimensione che verrebbe da definire debordante. La possibilità di introdurle in gran numero è dovuta anche ai buoni rapporti che egli aveva con l’editore Teubner, che si erano cementati all’epoca dell’Einleitung in die Altertumswissenschaft. Sembrerebbe che questo studioso, autore di monografie più che di articoli, non abbia mai ritenuto che l’organicità fosse un valore assoluto per i propri lavori. Anche all’interno del commento, del resto, vi sono capitoli che hanno una loro particolare autonomia: un esempio memorabile è quello sul ramo d’oro. Al di là della grande quantità di interpretazioni singole, come è da attendersi in un commento di livello, i punti forti sono le osservazioni retoriche, stilistiche e metriche, che nelle appendici divengono una trattazione che esamina l’intera opera di Virgilio19; i rapporti con i modelli greci e latini, ancorché ci sia una tendenza alla ricostruzione meccanica un po’ troppo ottimistica (soprattutto per quanto riguarda Ennio); l’ampia analisi sull’apocalittica greco-latina e cristiana, con un dispiego di erudizione davvero notevole. Un punto debole, che è stato ri- petutamente evidenziato, è l’individuazione di Posidonio come fonte del pensiero virgiliano (nel pagare questo tributo, Norden non era isolato)20. La ricostruzione

III, «Aquila in Nubibus». Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff in his letters to Eduard Norden (1893-1931), in B. Kytzler-K. Rudolph-J. Rüpke (edd.), Eduard Norden (1868-1941). Ein deutscher Gelehrter jüdischer Herkunft, Stuttgart 1994, 180 n. 17. 17 Sulle traduzioni di Norden, cf. Gudrun Fischer Saglia, Eduard Norden als Übersetzer, in Kytzler-Rudolph-Rüpke, o.c. 69-80, e in precedenza, per il riferimento al modello schilleriano, W. Abel, Studium Berolinense 1924-1931. II: Eduard Norden, «Gymnasium» XCI (1984) 466; a p. 453 n. 9 una testimonianza sulla diffusione della traduzione nordeniana. 18 Mancano nel commento di Kaibel e in quello di Sudhaus. 19 Analogo spazio alla metrica e alla lingua viene dedicato nell’introduzione all’Aetna di Sudhaus, pp. 84-93. 20 Così peraltro gli scriveva Wilamowitz, in una lettera del 25.8.1926, a proposito del progetto di una revisione del commento al VI dell’Eneide: «Mit Poseidonios ist es vermutlich nichts, hier und im somn. Scip. Aber erledigt ist es auch nicht, und Ihr Buch ist ein wichtiges Dokument der Forschung, wie sie einmal ging, und so was muß bleiben, selbst wenn man es einmal nur als Etappe ansehen sollte» (in Calder, o.c. 186). Nei Nachträge zur zweiten und dritten Auflage del 378 GALASSO del dettato di Ennio era difficile e problematica, e Norden ne era ben consapevole, come è chiaro già nella prefazione (I ed., p. VI). Per lui, però, era un obiettivo centrale, come emergerà nel prosieguo dei suoi lavori e come si vede fin dall’Antike Kunstprosa21. Ricostruire Ennio attraverso Virgilio è l’argomento della prima delle appendici al commento: lo sforzo è volto ad elaborare una serie di criteri il più possibile oggettivi sia nell’individuazione di paralleli con altri autori che inducano ad ipotizzare una fonte comune, sia nell’isolare elementi di lingua e stile arcaici che l’autore augusteo avrebbe ereditato.

Un paio di casi fra moltissimi: al v. 45 l’analisi del nesso poscere fata è un interes- sante esempio del modo in cui Norden ricostruisce un eventuale modello enniano. In VII 272 poscere fata22 chiude un verso in un contesto arcaico; poiché anche fata, “ciò che si dice sul futuro” (cf. vv. 67, 72; analogo III 456 oracula), è arcaico ed è attestato anche per Ennio (in Ann. 16 Skutsch fari ha il valore di ‘profetizzare’, cf. Trag. 36 Jocelyn), si può ipotizzare che il nesso sia enniano. Il verbo poscere, il termine italico che introduce il contenuto della preghiera, è utilizzato da Virgilio come da Ennio, mentre in generale nella lingua religiosa si rinviene il composto exposcere. Se al v. 66 Enea dice non indebita posco regna, è evidente che gli era ancora ben presente il senso del concetto: poiché con la preghiera era sempre collegato un voto, lo spirito pratico degli Italici la concepiva come un contratto con gli dèi (cf. Hor. Carm. I 24,11 posco Quintilium deos, III 29,59 votis pacisci); vd. anche Georg. III 456 meliora deos sedet omina poscens, ed Aen. III 456. Poco dopo, ai vv. 54s. gelidus Teucris per dura cucurrit / ossa tremor23, Norden ipotizza la possibilità di un uso di espressioni enniane, sulla base dell’analogia con VIII 389s. notusque medullas / intravit calor et labefacta per ossa cucurrit, XII 65s. cui plurimus ignem / subiecit rubor et calefacta per ora cucurrit, che sono costruiti con cesure molto rare (dopo il quarto e il quinto trocheo); aggiunge che una conferma potrebbe venire dal ‘realismo’ della formulazio- ne, “un gelido terrore percorreva le dure ossa” (cf. IX 66 duris dolor ossibus ardet, III 57 pavor ossa reliquit, V 172 exarsit iuveni dolor ossibus ingens), che sembra più adatto alla dizione dell’epos arcaico. Inoltre si dovrebbe tenere conto di Lucr. I 355 rigidum permanat frigus ad ossa; cf. soprattutto III 1035 ossa dedit terrae proinde ac famul infimus esset: le ultime tre parole sono enniane (Ann. 313 Skutsch è molto problematico quanto al testo), e lo stesso si dovrebbe dire della prima parte del verso, tanto più nel contesto del finale del III libro del De rerum natura. Un confronto della frase di Aen. IV 101 traxitque per ossa furorem (dove sono presenti le due cesure menzionate) con 501s. mente furores / concipit illustra chiaramente per Norden l’opposizione tra il pensiero e la lingua arcaici e moderni. Al v. 55 funditque preces rex pectore ab imo, il nesso fundit … preces avrebbe un colorito

1927 (pp. 459s.) Norden stesso, del resto, si mostra consapevole della sua errata valutazione del ruolo di Posidonio, alla luce del libro di K. Reinhardt, Kosmos und Sympathie, München 1926. 21 I, Leipzig-Berlin 1915 (1898), 168; trad. it. La prosa d’arte antica, a c. di Benedetta Heinemann Campana, I, Roma 1986, 180. 22 Dubbi sulla ricostruzione sono espressi da N. Horsfall (Virgil. Aeneid 7. A Commentary, Leiden-Boston-Köln 2000) nella nota ad l. 23 Una convenzionale reazione epica; così II 120s. obstipuere animi gelidusque per ima cucurrit / ossa tremor, XII 447s. Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 379 enniano: in VII 292 tum quassans caput haec effundit pectore dicta, è presente un nesso enniano (quassans caput, cf. Enn. Ann. 538 Skutsch iubam quassat) e il verso introduce (vv. 294s.) un richiamo a Ennio (Ann. 344s. Skutsch) attestato in Macrobio (Sat. VI 1,60), così come VIII 70 effundit ad aethera voces precede (v. 72) una citazione da Ennio (Ann. 26 Skutsch). Inoltre, anche la coincidenza nell’uso di pectore ab imo in Lucrezio (III 57) e Catullo (64,198), tra loro indipendenti, rinvierebbe a Ennio. Una notazione isolata: col- pisce l’entusiasmo per la realizzazione del Thesaurus linguae Latinae, questo strumento prodigioso che evidentemente avrebbe risolto tanti problemi.

Tra la prima e la seconda edizione del settembre 1915 (ce n’è stata una terza nel 1927, con pochissime aggiunte), si collocano la Römische Literatur del 1910, Agnostos Theos del 1913, ed Ennius und Vergilius del 191524. Naturalmente ci sarebbe da riflettere a lungo su queste opere in relazione al commento e alla sua rielaborazione. Mi limito soltanto a menzionare, nella Römische Literatur, il sintetico profilo di Virgilio, che presenta evidenti analogie con la concezione di Heinze: «In seinem auf erhabene Wirkung berechneten Tone, seiner Tendenz, die Handlungen der Personen psychologisch zu motivieren und den Leser in die διάϑεσις ἐλέου καὶ πάϑους zu versetzen, unterscheidet Vergil sich von der naiven Art Homers und der teils nüchternen teils barocken des Apollonios trotz aller Entlehnung von einzelnen Motiven und Phrasen völlig. Mögen die einzelnen Faktoren, aus denen sich dieser Stil zusammensetzt, in griechischer und lateinischer Poesie und besonders Prosa vor Vergil auch nachweisbar sein: als Ganzes war diese Verschmelzung von epischer Großzügigkeit mit dramatischer Konzentrationskunst neu auf dem Gebiete der Poesie eine Großtat»25. Rimane però singolare, anticipiamolo subito, il fatto che nella seconda edizione non ci sia un confronto continuato con il libro di Heinze. Questa presenta molte modifiche rispetto alla prima, dovute sia alla pubblicazione di studi relativi agli argomenti del commento, sia al ripensamento su singoli punti26.

Merita segnalare un atteggiamento maggiormente simpatetico verso Virgilio: un caso significativo a proposito della topografia del Tartaro, in cui, per i problemi nella rappre- sentazione, l’accusa «so hat der Dichter das besonders dadurch verschuldet …» (p. 266), viene sostituita da «so erklärt sich daraus …» (p. 273)27. Vi sono anche casi espliciti di palinodia: riguardo ai vv. 125-132 (II ed., pp. 161s.) viene fornita una spiegazione per

24 Al 25.3.1915 risale un Akademievortrag dal titolo Römische Heldengalerien; non è stato pubblicato: ne dà notizia Abel, o.c. 456. 25 Römische Literatur, in A. Gercke-E. Norden (edd.), Einleitung in die Altertumswissenschaft, I, Leipzig-Berlin 1910, 499; trad. it. La letteratura romana, a c. di F. Codino, Roma-Bari 1984, 98. 26 Un elenco, ancorché parziale, si ricava dalla recensione di R. Helm, «BPhW» XXXVII (1917) 205, 234-244. 27 Allo stesso modo si ha una diversa valutazione dell’elemento dell’orrido relativamente ai vv. 595ss.. (I ed., pp. 277s.; II ed., pp. 284s.). Nella nota ai vv. 687ss. verrà omesso il giudizio «in der von Pathos überwucherten lateinischen Poesie eine Seltenheit». 380 GALASSO quelle che parevano irriducibili contraddizioni del testo (I ed., p. 159)28. Nella prima edi- zione la brevitas della narrazione epica virgiliana è ricollegata all’influsso della retorica contemporanea (p. 110), nella seconda al modello di Callimaco (p. 111), un altro importante segno di approfondimento29.

Non è chiaro il motivo per cui singole osservazioni siano assorbite nel testo, mentre altre confluiscono nelle aggiunte. Tuttavia, la fisionomia complessiva del lavoro non cambia. L’elenco degli studiosi destinatari di ringraziamenti è più lungo e annovera tra gli altri G. Dittmann ed E. Fraenkel (per i materiali del Thesaurus), H. Diels, R. Heinze, F. Jacoby, e anche U. von Wilamowitz. Nel commento, come nella formazione di Norden, è molto chiaro l’influsso di H. Usener e F. Bücheler, i Dioscuri di . Heinze e Norden, due studiosi a loro volta strettamente accomunati, sono stati posti in rapporto rispettivamente con il primo e con il secondo, ma di fatto Norden risente dell’influsso di entrambi, nella misura in cui i suoi interessi sono rivolti alla lingua latina e agli aspetti storico-religiosi del mondo antico30. La situazione è riassunta al meglio nelle parole che lo stesso Norden vi ha dedicato nel suo discorso d’ingresso nell’Accademia delle Scienze di Berlino. Bücheler era l’insegnante ineguagliato: risvegliava alla vita i fenomeni linguistici e trasmetteva ai suoi allievi l’amore per il dettaglio e la convinzione che un sicuro miglioramento testuale era un trionfo della tecnica filologica; inoltre, insegnava ad intendere i lavori di Ritschl e di Lachmann come modelli intramontabili. Norden dichiara di dovere a lui la tendenza all’analisi della storia delle parole e le ricerche prosodico-metriche. E di ciò ha dato prova nel suo commento, dice esplicitamente. Accanto a Bücheler, si leva però Usener, con il suo bisogno di realizzare forme e la sua capacità di costruire strutture, nemico di tutto ciò che era approssimativo. Nel giovane studente era rimasta impressa la lezione che Usener aveva aperto con la lettura ritmica della prima frase del discorso Per la corona31. L’importanza di Bücheler non è da sottovalutare. Egli è stato più vicino agli insegnamenti di Ritschl e questo ha segnato per la latinistica la direzione per una più forte storicizzazione dello studio della lingua e della scienza della letteratura32.

28 Così anche a proposito, ad es., dei vv. 326 e 385 (I ed., p. 214; II ed., pp. 219s.). Oc- casionalmente si può perdere qualche osservazione utile, come quella su cunctantem (v. 211), in cui nella I edizione viene valorizzata la nota di Servio con il riferimento, in sostanza, allo stile soggettivo virgiliano. 29 Un parallelo callimacheo (Dian. 14) è introdotto opportunamente anche al v. 787. 30 Utile Monica Ferrando, : dalla filologia alla morfologia della religione, intr. a H. Usener, I nomi degli dèi, trad. it. Brescia 2008 (ed. or. Frankfurt a.M. 19483). 31 Antrittsrede in der Berliner Akademie der Wissenschaften, «SPAW» (1913) 591 (= Kleine Schriften cit. 674). 32 Cf. P.L. Schmidt, Zwischen Anpassungsdruck und Autonomiestreben: die deutsche Latinistik vom Beginn bis in die 20er Jahre des 20. Jahrhunderts, in H. Flashar (ed.), Alter- tumswissenschaft in den 20er Jahren, Stuttgart 1995, 127, ma è importante tutto l’articolo, che illustra la nascita della latinistica in Germania a cavallo dei due secoli e oltre. Bücheler e Usener Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 381

Significativo deve essere stato anche il legame con Kaibel33, con cui Norden è entrato in contatto quando era un giovane assistente a Strasburgo, soprattutto per quanto riguarda l’àmbito della critica stilistica34. Nella prefazione alla prima edizione egli menziona anche il ruolo di F. Leo e dei suoi studi, definiti imprescindibili. Dunque è presente con notevole rilievo lo studioso all’epoca più innovativo nell’àmbito della letteratura latina. Accanto però a ciò che Norden deve ai maestri35, c’è il debito intellettuale con il suo compagno di studi R. Heinze, al quale è dichiaratamente legato anche da rapporti di stretta amicizia: Frau Norden ricorda come sia stato il primo ospite a trattenersi per la notte nella casa di loro proprietà a Berlino36. Ciononostante, Norden non si è lasciato convincere fino in fondo dal saggio di Heinze: con i suoi studi su Virgilio ha percorso in séguito vie vecchie (Ennius und Vergilius) e nuove (Die Geburt des Kindes), ma in ogni caso differenti37.

Il libro su Ennio e Virgilio (Leipzig-Berlin 1915) nella seconda edizione del commento viene dato come assimilato. Secondo O. Skutsch38, esso getta nuova luce sull’Arbeitsweise di Virgilio. Non dobbiamo naturalmente nasconderci come il metodo possa essere pro- blematico: da Virgilio ricostruiamo Ennio, che poi utilizziamo per individuare il modo di lavorare di Virgilio. La bontà dei risultati dipende di fatto esclusivamente dalla grande finezza dell’interprete.

Non va però trascurata anche l’importanza del commento di Heinze al III libro di Lucrezio, che è del 1897 e nella premessa enuncia chiaramente quelli che sono sono stati docenti straordinari, che hanno formato intere generazioni di studiosi. A proposito del magistero in particolare di Usener, è importante H.J. Mette, Nekrolog einer Epoche: Hermann Usener und seine Schule, «Lustrum» XXII (1979/1980) 5-106. 33 Su Kaibel, cf. Perutelli, o.c. 297s., e l’ampio profilo di W. Radtke, , «Bio- graphisches Jahrbuch für Altertumskunde» XXVII (1904 [1905]) 15-71, con bibliografia completa. 34 Qui si può ricordare il lavoro sull’Athenaion Politeia (ne aveva curato l’edizione insie- me a Wilamowitz [Berolini 1891]), un’analisi orientata soprattutto in senso stilistico (Stil und Text der Politeia Athenaion des Aristoteles), che Kaibel pubblicò nel 1893 (sempre a Berlino) insieme al commento linguistico-testuale. Benché l’indagine intenda mettere in luce anche i dettagli minuti, nel contempo si avverte talora la volontà di giungere ad una visione complessiva e organica, entro la quale i singoli elementi vengono a saldarsi nell’unità dell’opera: è questa l’esigenza proclamata dallo stesso autore quando afferma nella prefazione che scopo di una ri- cerca del genere deve essere l’esame dell’effetto che «il tutto ha sul particolare e il particolare ha sul tutto». Si tratta di un’affermazione notevole, anche se riferita specificamente in primo luogo alla valutazione dei fenomeni di stile. 35 Di fatto meno rilevante sembra l’influsso di T. Mommsen, di cui pure dice, sempre nel medesimo contesto, cf. Kleine Schriften cit. 675. 36 Cf. Mensching, Nugae VI cit. 32. 37 Cf. Schmidt, o.c. 142; per la distanza dal libro di Heinze, cf. Norden, Kleine Schriften cit. 672; si vedano anche nel commento al VI dell’Eneide (19273) le pp. 350-362 e Perutelli, o.c. 313s. 38 Cf. Mensching, Nugae V cit. 79. 382 GALASSO i principi fondamentali anche del suo saggio virgiliano: l’opera del poeta viene considerata come la soluzione che è stata data a una serie di problemi, in primo luogo dal punto di vista della tecnica39. Il modo di procedere del commentatore è per molti aspetti tipico: si ha un’attenta analisi dello sviluppo dell’argomentazio- ne e della sua coesione, con l’attenzione sempre desta a cogliere incongruenze. Queste poi possono essere spiegate con l’impiego di modelli e testi diversi, che così è possibile ricostruire. Quelli che oggi sarebbero i criteri che presiedono all’identificazione delle interpolazioni, allora servivano a individuare un’insuffi- ciente armonizzazione delle fonti. L’introduzione è molto sintetica e si occupa dei contenuti del libro, in particolare della dottrina epicurea. Il commento accompagna il lettore lungo tutto il corso del testo. Ci sono anche note con i lemmi, che però rientrano all’interno dello sviluppo dell’argomentazione e che anche da un punto di vista tipografico si distinguono male. Non è in primo luogo un commento di consultazione, ma presume un lettore dell’intero testo. In questo senso vi sono analogie con il commento di Norden, anche se in esso i lemmi possono godere di una qualche autonomia e ne è possibile la consultazione anche per passi singoli. Spesso si è messa in evidenza l’importanza della critica di W. Dilthey40, che peraltro è negli anni ’20 che esercita il suo maggior influsso nell’interpretazione dei classici41. In realtà, si può pensare alla diffusione di un modo di affrontare i testi che era già di Wilamowitz, e che forse per l’antichità classica può avere avuto un modello autorevole in A. Boeckh, Enzyklopädie und Methodenlehre der philologischen Wissenschaften, la cui prima edizione è del 187742. Accanto alla polisemanticità di ogni atto comunicativo, che strutturalmente si alimenta degli intenti del parlante come della ricezione del destinatario, si aggiunge per lo stu- dioso dell’antichità la lacunosità della documentazione. Tale difficoltà, che già per Boeckh è insita nella natura stessa della comunicazione, andrebbe superata

39 Ad es., a proposito della grande quantità di prove ed esempi che Lucrezio si è trovato a gestire nel III libro, Heinze suggerisce (o.c. 44) che il poeta avrebbe potuto procedere in ma- niera differente, conseguendo un risultato apparentemente superiore; l’interprete può però poi constatare che quanto l’autore ha scelto di fare risulta estremamente efficace e deve essere ben compreso dagli editori che potrebbero trovarsi di fronte alla tentazione di migliorare il testo. Heinze, dunque, parte dalle varie possibilità che si aprivano davanti a Lucrezio, e quasi gli si mette accanto, cercando di vedere perché ne abbia scelta una in particolare. Anche Sudhaus (o.c. IX) si dice esplicitamente attento ad approfittare dei momenti in cui può entrare nell’officina del poeta: sul termine Werkstatt, cf. infra n. 46. 40 In riferimento alla Virgils epische Technik, con le precisazioni di G.B. Conte, «Defen- sor Vergilii»: considerazioni su Richard Heinze, in R. H., La tecnica epica di Virgilio, trad. it. Bologna 1996 (ed. or. Leipzig-Berlin 19153), 14-16. 41 Cf. Schmidt, o.c. 158s. 42 Vi sono raccolte lezioni di Boeckh ad opera del suo allievo E. Bratuscheck; la seconda edizione, Leipzig 1886, si deve a R. Klussman. Vd. anche la trad. it. di R. Masullo: La filologia come scienza storica. Enciclopedia e metodologia delle scienze filologiche, a c. di A. Garzya, Napoli 1987. Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 383 facendo ricorso al sentimento, che può rappresentare, in alcuni casi, lo strumento insostituibile per giungere a una piena comprensione. Questo consente anche di uscire dal circolo vizioso che si crea nello studio di un testo a causa del fatto che il materiale su cui il filologo esercita le proprie indagini è non solo oggetto di studio, ma anche fondamento su cui poggiano le conclusioni. Oltre a rendere possibile la comunicazione in generale, il ruolo del sentimento nell’attività ermeneutica mostra i suoi maggiori vantaggi soprattutto per l’analisi di atti comunicativi molto distanti non solo cronologicamente, ma anche ideologicamente e culturalmente rispetto alla prospettiva del destinatario. Vengono così superati molti dei rischi insiti in una riflessione che ontologicamente possiede una struttura circolare e chiusa; al tempo stesso, la scientificità del processo esegetico si apre alla soggettività di chi interpreta per giungere a risultati oggettivi. In quest’ottica, è necessario che alle capacità intellettuali si affianchino la fantasia e una certa vivacità spirituale. L’autore, secondo Boeckh, userebbe in maniera del tutto inconscia le regole lin- guistiche e stilistiche sulle quali invece lo studioso riflette consapevolmente, per cui il filologo diviene in grado di conoscere l’autore più di quanto questi conosca se stesso, e ha la possibilità di riportare alla luce delle sfumature e degli aspetti ignoti a chi il testo ha composto. Pertanto, ad un certo punto l’interprete potrà assumere su di sé l’occhio stesso dell’autore. Di fatto questa teorizzazione piuttosto articolata di Boeckh, con cui è coerente la pratica di Wilamowitz43, esprime in modo efficace correnti di pensiero che do- vevano avere notevole diffusione. Dato che il problema centrale per Norden, come per Heinze, è quello della tecnica letteraria, la sistematizzazione di Boeckh può essere significativa, laddove si può supporre un influsso generico dei principi di Dilthey o anche semplicemente dell’opera di Usener44, o una persistenza dei temi dell’estetica di F. Schleiermacher, che dovette influenzare Boeckh45.

43 Molto utile su questi problemi Antonella Candio, “Ein lebendiges Ganzes”. La filologia come scienza e storia nelle Coefore di Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff, Amsterdam 2008, 30-46. 44 Sui rapporti tra Usener e Dilthey, cf. Ferrando, o.c. 15. Rimane oggetto di discussione l’influenza di Dilthey su Usener, un problema, in fondo, aperto, come si riflette anche nel volume di G. Arrighetti et al. (edd.), Aspetti di Hermann Usener filologo della religione. «Seminario della Scuola Normale Superiore. Pisa, 17-20 febbraio 1982», Pisa 1982: A. Momigliano nel suo inter- vento iniziale, Premesse per una discussione su Hermann Usener (pp. 11s.), esprime la propria incertezza, che inclina verso la negazione; R. Bodei (Hermann Usener nella filosofia moderna: tra Dilthey e Cassirer) nega (pp. 35s.) che Usener abbia ripreso la sostanza del pensiero di Dilthey, laddove Maria Michela Sassi (Dalla scienza delle religioni di Usener ad ) vede nel filologo un importante influsso del filosofo, e rileva (pp. 77s.) come il procedimento interpretativo teorizzato da Dilthey si rifletta sulla premessa metodologica dei Götternamen (p. VII): dopo l’in- dispensabile accertamento filologico, ci può essere vera comprensione di un momento spirituale passato solo attraverso un Nachempfinden, cioè un’immedesimazione emozionale che è necessario presupposto di un collegamento reale con il presente. Per Norden dovette in ogni caso essere importante l’attenzione rivolta da Usener al nome e alla parola all’interno del fenomeno religioso. 45 Osservazioni sintetiche, ma efficaci, su questo punto in R. Steven Turner, Historicism, 384 GALASSO

Quello che colpisce è l’autorevolezza con cui Norden ricostruisce le intenzioni dell’autore, la sua volontà artistica, un altro concetto che godeva di una certa for- tuna in quegli anni. E questo è uno degli elementi che rende fascinosa la lettura del commento, la sensazione trasmessa di recuperare l’atto creativo. Ecco una dif- ferenza saliente tra il modo in cui agivano i negatori di ogni originalità virgiliana, che vedevano l’officina del poeta come un luogo in cui soltanto si assemblavano materiali differenti, e la concezione di Norden, secondo cui il materiale era utiliz- zato per uno scopo nuovo46. Di fatto, dunque, un concetto centrale in quegli anni, indipendentemente dall’individuazione di contatti precisi con Dilthey, è quello che vuole che l’interpretazione si fondi sulla capacità di rivivere l’opera poetica.

Adduco un esempio significativo dalla Kunstprosa47, dove Norden dice, a proposito di Tucidide, di essersi imbattuto nella supposizione che, se la sua opera non fosse rimasta incompiuta, l’autore «avrebbe eliminato le durezze della lingua e avrebbe dato all’opera maggiore uniformità. Così possono ragionare solo coloro che non riescono ad adattarsi al sentire di un’epoca e di uno dei suoi maggiori rappresentanti». Questo è un concetto che si salda a considerazioni generali di vario tipo, anche relativamente al genio dei Germani (come dice Norden sempre nella Kunstprosa48), che solo tardivamente giunse a cogliere l’importanza assoluta del momento formale delle opere degli antichi, «ma in compenso essi – in armonia con la loro naturale tendenza all’interiorità – si procacciarono il merito di penetrare più a fondo nell’intimo contenuto delle letterature testé scoperte [nell’Uma- nesimo], di farlo rivivere nelle riproduzioni dei loro grandi poeti e di mostrarlo al mondo moderno nella sua nobile purezza come dentro uno specchio».

Prima del commento di Nicholas Horsfall al VI dell’Eneide, si poteva disporre solo di quello di R.G. Austin (oltre che di un certo numero di testi per la scuola, anche di buona qualità), che è sostanzialmente diverso, dato che Austin segue la via preparata attraverso gli analoghi lavori precedenti49. A causa della morte dell’autore manca, peraltro, una vera e propria introduzione. Il fatto però di porsi un obiettivo del tutto differente, e di avere alle spalle una serie di commenti rea- lizzati con criteri omogenei e su scala diversa, consentiva ad Austin di guardare con serenità al problema del confronto con Norden. Sarà un lavoro entusiasmante, adesso, affrontare il nuovo grande commento al VI dell’Eneide, realizzato più di un secolo dopo.

Kritik, and the Prussian Professoriate, 1790 to 1840, in Mayotte Bollack-H. Wismann et al. (edd.), Philologie und Hermeneutik im 19. Jahrhundert II, Göttingen 1983, 470s. 46 Interessanti le differenze pur nel medesimo uso del termine Werkstatt: vd. per esempio E. Norden, Aus Ciceros Werkstatt, in «SPAW» (1913) 2-32 (= Kleine Schriften cit. 133-164). 47 P. 111 n. 41 dell’edizione italiana; p. 100 n. 1 del testo tedesco. 48 P. 11 dell’edizione italiana; p. 4 del testo tedesco. 49 Sul lavoro di Austin, si veda la seconda appendice al commento di Horsfall al VI dell’Eneide, o.c. II 637s. Alcune osservazioni sul commento di Eduard Norden al libro VI dell’Eneide 385

In occasione della pubblicazione della traduzione inglese del libro di Heinze50, P. Hardie ha scritto una recensione51 che misura con chiarezza la differenza tra il nostro Virgilio e quello che emerge dallo storico saggio. Per molti aspetti si può dire che il commento di Norden è ancora maggiormente datato, e può essere contestato in molti punti. Ad esempio, le sue ricostruzioni enniane molto spesso non resistono a una riflessione spassionata52. Si tratta delle componenti più positivistiche, nel senso stretto del termine. Dire poi, come verrebbe spontaneamente, che l’opera di Norden ha dissuaso dal realizzare un nuovo commento al VI dell’Eneide potrebbe anche configurarsi come un errore di prospettiva, dato che la situazione era la me- desima anche per altri libri dell’Eneide. Di fatto, però, Norden parla con autorità, e forse ciò accade, oltre che per la sua immensa dottrina e capacità interpretativa, per il suo modo di affrontare la tecnica compositiva epica di Virgilio nell’ottica del poeta, di sedersi accanto a lui mentre compone, con una fiducia nei propri mezzi che per noi non è più recuperabile. E anche se vivere nel nostro mondo di incertezza può essere un’avventura eccitante, respirare l’atmosfera di serena sicurezza che ci è trasmessa da quest’opera ci lascia con un senso di rimpianto53.

Dip. di Musicologia e Beni Culturali L u i g i G a l a s s o C.so Garibaldi 178, I – 26100 Cremona [email protected]

Abstract

This contribution illustrates characteristics of Eduard Norden’s commentary on the sixth book of Virgil’s Aeneid. Norden’s work is analyzed in terms of its genesis and relationship with analogous commentaries by Georg Kaibel on ’ Electra and by Richard Heinze on the third book of Lucretius’ De rerum natura. Salient features of the commentary are discussed in their specific cultural context. Due importance is given to the influence of the method of August Boeckh and the teachings of Hermann Usener.

50 Virgil’s Epic Technique, Engl. transl. by Hazel and D. Harvey-F. Robertson, Berkeley 1993. 51 Virgil’s epic techniques: Heinze ninety years on, «CPh» XC (1995) 267-276. 52 In questo senso una serie di osservazioni in Horsfall, o.c. II 653s., espresse con sym- patheia e fine comprensione. 53 Ringrazio gli amici Luca Bagetto, Sergio Casali, Andrea Cucchiarelli, Massimo Gioseffi per le loro utili indicazioni.