Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) Interventi sulla rete idrografica e sui versanti

Legge 18 Maggio 1989, n. 183, art. 17, comma 6-ter

Adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale n.1 in data 11.05.1999

4. Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Indice

Indice

1. Premessa ...... 1

2. Caratteri generali del paesaggio...... 1 2.1 Morfologia del terreno ...... 1 2.2 Assetto vegetazionale ...... 4 2.3 Strutturazione storica del territorio ...... 10 2.4 Assetti tipici del paesaggio ...... 18

3. Emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali...... 34 3.1 Metodologia ...... 34 3.1.1 Emergenze naturalistiche ...... 40 3.1.2 Emergenze paesaggistiche e storico-culturali...... 51 3.2 Presupposti metodologici e considerazioni circa l’utilizzabilità del database ...... 76 3.3 Carta delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali presenti nelle aree di dissesto idraulico-idrogeologico ...... 77

4. Aree protette e sistemi di tutela del paesaggio e dei beni storico-culturali...... 82 4.1 Il quadro di riferimento normativo e attuativo delle aree protette...... 83 4.1.1 Regione Valle d’Aosta ...... 83 4.1.2 Regione Piemonte ...... 86 4.1.3 Regione ...... 87 4.1.4 Regione Lombardia ...... 88 4.1.5 Regione Emilia Romagna...... 89 4.1.6 Provincia Autonoma di Trento ...... 93 4.1.7 Regione Veneto...... 95 4.2 Il quadro di riferimento normativo e attuativo del sistema di tutela del paesaggio e dei beni storico-culturali...... 96 4.2.1 Regione Valle d’Aosta ...... 97 4.2.2 Regione Piemonte ...... 103 4.2.3 Regione Liguria...... 109 4.2.4 Regione Lombardia ...... 111 4.2.5 Regione Emilia Romagna...... 113 4.2.6 Provincia Autonoma di Trento ...... 116 4.2.7 Regione Veneto...... 123

Autorità di bacino del fiume Po I Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

1. Premessa

In relazione all’obiettivo di Piano “riqualificazione e tutela delle caratteristiche ambientali del territorio”, l’elaborato affronta gli aspetti naturalistici, storico- culturali, paesaggistici, evidenziando gli ambiti di elevato interesse ambientale e le esigenze di conservazione e tutela dei beni, in rapporto agli interventi di difesa idrogeologica. In particolare, sono descritti: • i caratteri paesistici del bacino, con l’approfondimento degli aspetti vegetazionali, la strutturazione storica del territorio, l’individuazione degli assetti tipici del paesaggio; • l’attività di “Censimento delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali” svolta nell’ambito degli studi propedeutici al Piano, i sottoprogetti SP1 “Piene e naturalità degli alvei fluviali” ed SP2 ”Stabilità dei versanti”, finalizzata al preventivo inserimento ambientale degli interventi di difesa idrogeologica mediante la valutazione delle loro possibili interferenze, territoriali o visuali, con i beni; • l’attuale quadro di riferimento normativo ed attuativo del sistema delle aree protette e di quello di tutela dei beni storico-culturali e del paesaggio (vedi Fig.1.1).

2. Caratteri generali del paesaggio

2.1 Morfologia del terreno

Le principali forme del terreno del bacino del Po, procedendo dalla parte alpina a quella più pianeggiante ed al mare Adriatico, sono fondamentalmente caratterizzate dai seguenti elementi (vedi Fig. 2.1):

Autorità di bacino del fiume Po 1

Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• montagne modellate dall’erosione glaciale in rocce prevalentemente cristalline (estese all’intero arco alpino); • montagne modellate dall’erosione glaciale in rocce prevalentemente calcaree (alcuni tratti limitati della catena alpina: Alpi Liguri, Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Prealpi Lombarde, Venete, Alpi Camoniche, Alpi Giudicarie); • montagne e colline modellate dall’erosione in rocce prevalentemente cristalline o arenaceo-marnose, od in rocce prevalentemente calcaree; morene (fascia di limitata profondità ma estesa all’intera corona alpina ed a ridosso delle zone più collinari); • ripiani terrazzati (alluvionali e talvolta marini), grandi conoidi (ampia fascia subalpina e fascia, assai estesa ma poco profonda, subappenninica); • pianure alluvionali; • montagne e colline modellate dall’erosione in rocce prevalentemente cristalline o arenaceo-marnose (intero ambito appenninico e costituente il limite meridionale del bacino del Po).

2.2 Assetto vegetazionale

L’assetto vegetazionale del territorio del bacino risulta estremamente articolato e differenziato in virtù delle diverse caratteristiche climatiche, altitudinali, geomorfologiche, continentali presenti. I complessi rapporti ecosistemici che legano clima e vegetazione, caratterizzano la variazione delle diverse formazioni in rapporto all’altitudine. L’analisi delle tipologie vegetazionali è stata effettuata in maniera sintetica ricorrendo essenzialmente alle classificazioni basate sulla fitosociologia. Ricordando che l’intero bacino del Po è interno alla regione biogeografica medio-europea ben distinta da quella mediterranea e che è interessato dai principali biomi europei1 , rispettivamente: • area alpina: dal bioma montano boreale; • area padana: dal bioma temperato a latifoglie; • area appenninica: dal bioma temperato misto;

1 Tomaselli, 1977

4 Autorità di bacino del fiume Po

Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

si possono individuare cinque sistemi fito-geografici appartenenti alla regione medio-europea2 (vedi Fig.2.2): - intralpino continentale; - prealpino meridionale; - planiziale padano; - collinare monferrino-langhiano; - appenninico settentrionale.

Intralpino continentale L’arco alpino è divisibile in due grandi domini: una fascia centrale intralpina e la sua corona di massicci prealpini. La fascia intralpina è relativamente omogenea, di altitudine media elevata (molte cime superano i 3.500 e diverse i 4.000 metri), con predominio di rocce silicee ed a clima decisamente continentale (4-6 mesi di gelo, regione axerica fredda). Contiene i caratteri del piano alpino e delle valli interne secche. Il suo settore interno-occidentale è caratterizzato da elementi rocciosi cristallini prevalentemente silicei ed è dominato dalla serie interna del peccio Picetum montanum, con sottobosco piuttosto povero, e, nelle valli più secche, dalla serie interna del pino silvestre Ononido-Pinion con presenza di praterie continentali del tipo Festucetalia vallesiacae. Sul piano superiore (subalpino) sono frequenti i Larici-Cembretum accompagnati da Rhododendron ferrugineum e Vaccinium myrtillus. Sono numerose le praterie del tipo Triseto-polygonion bistortae; tipici anche gli arbusteti di ontano verde (Alnetum viridis) che assumono, in un certo senso, nelle Alpi silicee la funzione colonizzatrice che le pinete di pino montano assumono in quelle calcaree. Nel piano alpino sono dominanti i curvuleti (Caricetea curvulae); questo settore risente, soprattutto nella parte nord (Alpi Graie, Pennine, Bernesi e dell’Alta Savoia), della presenza dei grandi ghiacciai . Il settore interno-orientale è caratterizzato da elementi rocciosi ancora cristallini, sormontati spesso da strati sedimentari calcarei e spesso dolomitici ed è dominato anch’esso dalla serie vegetazionale interna del peccio Picetum montanum. La presenza dei Larici-Cembretum è spesso assai più rilevante che nel precedente settore, e ciò vale ancor più per il pino mugo che forma nel piano subalpino associazioni con il rododendro Rhododendron hirsutum. Diverse le praterie dominanti, nel piano alpino e subalpino, appartenenti alla classe del Elyno-Seslerietea. Il settore intermedio della fascia alpina ha una

2 Ingegnoli, 1993

6 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

continentalità meno forte, soprattutto nella parte orientale, per qualche influenza adriatica. È in generale più ricco di specie vegetali (500-600 specie per quadrante contro le 400-500 dei settori interni, essendo un quadrante un’area di rilievo internazionale 5’x3’ pari, nelle Alpi, a circa 35 km²) ed è dominato, nel piano montano, dalla serie vegetazionale interna dell’abete Abietetum e delle faggete mesofile Cephalanthero-Fagion. Nel piano subalpino sono presenti in prevalenza il leccio e spesso il pino mugo.

Prealpino meridionale La fascia esterna al sistema alpino sopra descritto è formata da montagne meno elevate (assenza di nevi perenni e ghiacciai) e meno aspre, di origine sedimentaria calcarea, che hanno subito fratture, dislocazioni, scorrimenti e piegamenti. La continentalità è ancora sensibile nel clima anche se localmente mitigata dalle aree lacustri, frequenti nella parte centro-occidentale. La piovosità è fra le più alte d’Europa, da 1.500 a 2.500 mm/anno, con punte sopra i 3.000. Questo sistema è il più ricco dal punto di vista floristico in Italia, toccando, nella parte orientale, fino a 900-950 specie per quadrante, con molti endemismi. Si possono distinguere tre sottosistemi: prealpino gardesano-illirico; prealpino insubrico-piemontese; prealpino pre-ligure. Il settore gardesano-illirico si estende dal Friuli al Grappa, ai monti Lessini e per certi aspetti fino alle Grigne. Il piano montano è dominato dalla serie della faggeta calcicola e, in parte, dalla faggeta-abetina, mentre il piano collinare è dominato dalla boscaglia a Ostrya carpinifolia e Fraxinus ornus e dalla roverella, quindi da formazioni termofile. Il settore insubrico-piemontese si estende dalle prealpi orobiche a quelle comasco-varesine fino al biellese ed oltre. Nonostante i numerosi laghi, la continentalità è maggiore che nel precedente sistema. Il piano collinare è formato da associazioni vegetali del Carpinion e del Quercion roboris, similmente alla vegetazione medio-europea del versante a nord delle Alpi, anche se l’introduzione massiccia di piante coltivate di tipo mediterraneo ed esotico caratterizza molti tratti delle rive dei laghi. Il settore pre-ligure è piuttosto ristretto perché coincide con le prealpi marittime. Esso simile al settore gardesano-illirico in cui il piano collinare è dominato dalle specie orientali: Fraxinus ornus e Sesleria cylindrica, Quercus pubescens, ecc.. Nel piano montano e subalpino le abetine sono più frequenti delle faggete; è presente pure il Pinus mughus.

Planiziale padano

Autorità di bacino del fiume Po 7 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Questo sistema è molto legato alle Alpi come pure all’Appennino settentrionale sia per la sua struttura sia per la sua dinamica. La pianura alluvionale ha un clima di tipo subcontinentale, nettamente più marcato a nord del Po dove le precipitazioni sono di tipo subalpino, con minimo invernale e massimi in autun- no e primavera. A sud del Po si ha invece un minimo estivo. Una fascia di risorgive segue il perimetro delle Prealpi, da Santhià fino all’Isonzo, e qualche macchia di fontanili si trova pure ai piedi della linea appenninica, da Piacenza a Bologna. La pianura alluvionale non è in realtà così omogenea come può sembrare; si possono distinguere infatti almeno tre sottosistemi: padano terrazzato o dell’”alta pianura”; padano alluvionale o della “bassa”; padano lagunare. Il settore dell’alta pianura è quello centro-occidentale che dalle Prealpi piemontesi arriva fino al Garda; una fascia minore si trova però anche ai piedi delle prealpi venete. La vegetazione tipica del settore è quella del Querco- Carpinetum, ormai rara, in relitti con Ulmus minor e Acer campestre, ma non del tutto priva di potenzialità. Lungo i fiumi sono presenti formazioni con dominanza di farnia (Quercus robur), con alneti (Alnetum glutinosae) e frassineti (Carici- Fraxinetum) e, negli alvei, pioppeti (Populetum albae) e saliceti. Interessanti lembi di brughiera (Calluna vulgaris, con Cytisus scoparius, Betula pendula e Pinus silvestris) si incontrano ancora nelle aree terrazzate piemontesi e lombarde. Il settore della bassa pianura è di forma triangolare, con un perimetro delimitato dal margine appenninico compreso tra Forlì e Piacenza, dall’arco lagunare compreso tra Ravenna e Monfalcone e dal territorio da Mantova all’arco collinare prealpino, fino quasi ad Udine. La vegetazione è simile a quella del settore precedente, con maggiore frequenza di alneti, pioppeti, saliceti e presenza di canneti (Phragmitetalia). Il settore padano lagunare forma il fronte costiero della Padania, dall’Isonzo a Comacchio. Floristicamente è più ricco degli altri settori in quanto meno alterato dall’uomo (ad eccezione della laguna di Venezia). Una delle formazioni vegetali più caratteristiche è il canneto a giunco marittimo (Juncetalia meritimi), legato a un suolo più o meno salato, sabbioso o sabbioso-argilloso, periodicamente sommerso dalle acque. Segue il Salicornietum (Salicornia fruticosa), con piante succulente, particolarmente resistenti al sale. Nelle barene più elevate, sono presenti praterie di Glyceria e cariceti.

8 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Collinare monferrino-langhiano Questo sistema è chiamato “bacino terziario del Piemonte” ed è formato da terreni oligo-miocenici e pliocenici. L’erosione delle acque ha ricavato una complessa teoria collinare. Il clima rimane subcontinentale ma è uno dei più aridi della Padania. La separazione dal sistema seguente (appenninico settentrionale) è dovuta principalmente ad un insieme di particolarità geomorfologiche e vegetazionali. Nei residui querceti a roverella si trovano specie più termofile - come l’Aphyllantes monspeliensis - probabilmente venute dalla Liguria in epoche più calde e che hanno trovato nicchie favorevoli.

Appenninico settentrionale Il clima resta subcontinentale con aree più fredde attorno ai tre maggiori complessi montuosi. La tettonica è divisa tra le formazioni alloctone delle argille scagliose con ofioliti (zona ligure ed emiliana) e le formazioni autoctone antiche (dal paleozoico al terziario) della zona toscana. Si possono distinguere tre sottosistemi: appenninico ligure; appenninico emiliano; appenninico toscano. Il settore ligure presenta un intricato complesso di terreni calcarei e silicei. Sui suoli calcarei dominano, nel piano collinare, formazioni di Orno-Ostryon, con specie illiriche, mentre sui suoli silicei si trova il Carpinion. Nel piano montano domina invece il Fagion, con presenza di Quercus pubescens. È presente talvolta il Pinus silvester; sono frequenti i boschi di castagno. Il settore emiliano è caratterizzato da un assetto regolare dei lineamenti orografici, a pettine. Le rocce sono argillose e marnose, particolarmente rodibili (calanchi e frane). Sono pure frequenti gli spuntoni serpentinosi e le placche di arenarie. La vegetazione è simile a quella precedente, con maggiore formazio- ne di latifoglie termofile (Quercus pubescens, Ostrya carpinifolia) e carpino nel piano collinare e di faggio nel piano montano mentre è più scarso il castagno. Il settore toscano è più ripido, con formazione di tronchi di catene parallele a quella di spartiacque (che spesso supera i 2.000 metri). È qui descritto in quanto si sovrappone, nella sua parte settentrionale, al settore emiliano. Nella costituzione geologica prevale l’arenaria grigia (Oligocenica). Climaticamente la base dei versanti tirrenici (fino a circa 500 m) è già mediterranea: si generano quindi forti contrasti, dato che la temperatura media annua del piano montano è invece di 10-12 gradi, con clima subcontinentale. Spesso il leccio e le colture di olivo dominano il piano collinare tirrenico, mentre nelle cime interne, a pochi chilometri, si possono trovare piccoli nevai persistenti. La vegetazione più tipica del piano montano è il Quercetum pubescentis, spesso con presenza di

Autorità di bacino del fiume Po 9 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Quercus cerris. Frequenti i boschi di castagno che possono arrivare fino al piano superiore, dove domina il Fagion. Nel più interno gruppo del monte Cimone (2.163 m) ricompare l’Abietetum e qualche popolamento relitto di Picetum e Vaccinietum, con Rhododendron ferrugineum.

2.3 Strutturazione storica del territorio

Le prime tracce di insediamenti umani nel bacino idrografico del Po risalgono al periodo paleolitico, ma la prima vera umanizzazione del territorio inizia nel corso del neolitico tra il IV e III millennio a.C.. In questa fase le popolazioni padane acquisiscono le tecniche dell’allevamento, dell’agricoltura e della ceramica, nascono insediamenti stabili e si delineano i primi, ancora informi, paesaggi agrari. Durante il IV millennio gli insediamenti sfruttano nel modo più idoneo ambienti geografici diversi, utilizzando tecniche costruttive molteplici. Inizia la frequentazione dei laghi prealpini, che saranno intensamente abitati soprattutto durante l’età del bronzo. Nel neolitico avanzato (cultura di Lagozza) diventano stabili i rapporti con popolazioni lontane, con cui, attraverso lo scambio di materie prime non reperibili nell’area padana (il cristallo di rocca, l’ossidiana), circolano nuove idee ed esperienze culturali. Nel secondo quarto del III millennio a.C. inizia l’età del rame. Nel II millennio le attività agricole ricevono un impulso notevole, grazie all’applicazione di tecniche e strumenti nuovi. Si generalizza l’uso dell’aratro. Gli insediamenti hanno una durata di più secoli. La formazione delle eccedenze nella produzione consente un’embrionale accumulazione di ricchezza attraverso la tesaurizzazione di metallo grezzo e lavorato. L’età del bronzo media e recente (XVI-XII secolo a.C.) si caratterizza per lo sviluppo demografico e i progressi della metallurgia. Nel XII secolo a.C. si verifica una contrazione demografica: gli abitati delle fasi precedenti vengono abbandonati, pochi nuovi ne sorgono. La crisi perdura a lungo, sino alla avanzata età dei metalli, quando compaiono gli Etruschi. Nell’età del ferro la regione padana è zona di contatto fra un’area culturale mediterranea organizzata in città e un’area continentale europea di assetto protostorico e tribale. In corrispondenza dell’arco alpino e delle vie di comunicazione tra Nord e Sud si formano focolai protostorici di civiltà, come la cultura lombardo-piemontese di Golasecca.

10 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Nei secoli VII, VI e V le popolazioni padane sono acculturate da correnti di penetrazione commerciale etrusca, con episodi embrionali ma significativi di più complessa organizzazione del territorio. I Celti, che occupano gran parte della regione padana nel IV sec. a.C., provocando una regressione della presenza etrusca, sono divisi in federazioni tribali che non riusciranno a coordinare azioni politiche e militari di resistenza alla conquista romana. Dopo le vittorie dei primi due decenni del II secolo a.C., Roma organizza in forme giunte fino a noi la pianura a sud del Po, con l’asse urbano della via Emilia, mentre segue nei confronti di Orobi, Insubri e Cenomani una politica più elastica che trasforma queste aree tribali in piccoli stati vassalli, aperti alla penetrazione commerciale e culturale romano - italica. Nell’età di Giulio Cesare e di Augusto, i centri urbani a nord del Po, che nei primi due secoli di penetrazione romana avevano mantenuto la piccola dimensione e l’aspetto dismesso di centri periferici, vengono ora ampliati e dotati di zone monumentali e di grandi edifici pubblici, con un accresciuto effetto di attrazione sulle popolazioni rurali. Nella divisione augustea dell’Italia in regioni, la valle del Po è ripartita fra Liguria e regione VIII (denominata nel II secolo d. C. Emilia) a sud del fiume, Transpadana e Venetia et Histria a nord. La vastissima regione dei Veneti, che ha come capoluogo Aquileia, include i municipi di Mantova, Brescia e Cremona. La Transpadana associa l’attuale Lombardia al Piemonte settentrionale. Mentre quest’ultima area mantiene spiccati caratteri di marginalità demografica ed economica ed è sede di colonie militari (Torino, Aosta), il territorio fra Ticino e Oglio è popoloso e articolato in prospere circoscrizioni urbane: Como e Bergamo nella zona pedemontana, Milano nella media pianura, Pavia (Ticinum) e Lodi nella bassa. È quasi totale la coincidenza della rete urbana di 2.000 anni fa con quella attuale. Nel lungo periodo di pace che va da Augusto al 160 d. C. la condizione dell’Italia padana è quella di una prospera provincia che non spicca per una sua intensità di vita economica e culturale, ma partecipa alla vita dell’impero fornendo numerosi quadri militari e burocratici. La pianura ha consentito facili tracciati di collegamento fra strade transappenniniche e transalpine. La rete stradale è integrata da una navigazione attiva sui fiumi e sui laghi. Una quota assai elevata di popolazione vive nelle campagne densamente popolate e affluisce in città solo in determinate occasioni. La classe dirigente è composta da magistrati e ufficiali ed ha come base economica la media e grande proprietà terriera. Molti proprietari vivono stabilmente in “ville” di campagna e questa tendenza si accentuerà a partire dalla crisi urbana del III secolo.

Autorità di bacino del fiume Po 11 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

La base dell’economia è l’agricoltura, con una valorizzazione dei suoli ancora ben lontana dalla perfezionata “civiltà idraulica” del basso Medioevo, tanto da lasciare largo spazio, nella bassa pianura, a zone estensive di bosco e pascolo. L’allevamento ovino è la base dell’unico settore rilevante di produzione non agricola: la lavorazione della lana. Nei terreni coltivati il paesaggio agrario era dominato dalla “piantata padana”: campi inquadrati da filari di olmi a sostegno delle viti. Le foreste padane, cresciute nell’epoca temperata posteriore alle grandi glaciazioni, occupavano ancora immense estensioni di territorio. Le alte pianure asciutte erano coperte per larghi tratti da una bassa vegetazione improduttiva per l’uomo (brughiere). Nella bassa pianura irrigua dilagavano le acque dei grandi affluenti di sinistra del Po e delle risorgive. Qui dominava la quercia farnia, che resiste a inondazioni prolungate, a cui erano consociati tigli, olmi, aceri, frassini, carpini. Sulle rive dei fiumi prevalevano gli alberi di sponda: pioppi, salici, ontani. Estese paludi ristagnavano a nord e a sud del Po. La prosperità dell’economia padana nella prima età imperiale deve molto al monopolio dell’esportazione di prodotti agricoli pregiati (vino) e manufatti (tessuti di lana, produzioni metalliche, ceramiche) nell’Europa barbarica in via di romanizzazione. Con lo sviluppo dell’economia delle province transalpine ha inizio nel II secolo una contrazione delle esportazioni e della vita economica. Il III secolo segna la fine della pace imperiale e la rimilitarizzazione: Milano e Verona vengono scelte come centri strategici su cui imperniare l’intero sistema padano di strade e basi militari. L’economia si fa sempre più dirigistica, caratterizzata dalla gestione statale non solo di manifatture e servizi di trasporto ma anche di grandi aziende agricole. Nel V e VI secolo le infrastrutture territoriali (canali, strade, ponti) e l’organizzazione amministrativa sono in piena disgregazione. Comincia a nascere la società medievale. La tarda romanità e l’alto medioevo videro un progressivo, completo dissesto delle infrastrutture di bonifica. Si riformarono le zone acquitrinose e di alcune vie romane si perdette anche il ricordo. Gli abitanti nobili e facoltosi andarono a stabilirsi nelle campagne. Milano fu abitata dopo il 539 da poveri cittadini, in capanne di legno coperte di paglia. Le aree liberate da costruzioni demolite e le piazze si convertirono in prati e orti chiamati “broli”. Nelle campagne le foreste occupavano immense estensioni. Le zone di pianura più depressa, prossime al Po erano abitate da popolazioni semiprimitive. L’assetto del territorio era quindi caratterizzato da un fitto mosaico di aree poco

12 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

o nulla trasformate dall’uomo, in cui continuavano a prevalere gli ecosistemi naturali. Si accentua la degradazione dei territori rurali, sino all’abbandono di vasti spazi coltivati. La regressione del popolamento e del grado di organizzazione del territorio raggiunge le punte massime nel VII secolo. Il tracciato delle strade romane, prive di manutenzione, comincia a scalzarsi, via via che si insinuano le erbe e i rovi. Si deteriorano e crollano ponti, acquedotti, mura delle città e delle fortezze rurali. Molti villaggi si riducono a poche case o sono del tutto abbandonati. L’incolto si dilata dalle montagne alle pianure. Le foreste padane si estendono e si ripopolano di selvaggina: cervi, caprioli, e il loro predatore, il lupo. Nei boschi acquitrinosi della bassa si moltiplicano i cinghiali. Rinasce l’economia silvo-pastorale. Sui due lati del Po, sia a nord che a sud, si estende una fascia compatta di grandi foreste e aquitrini. Nell’alta pianura e nella fascia subalpina di colline e basse valli, all’esterno delle brughiere (utilizzate da una povera pastorizia), persiste un popolamento contadino relativamente denso e continuano a prevalere gli usi agricoli del suolo, ma anche in questa fascia del territorio si sono ricostituite vaste zone di incolto, di bosco, di acquitrino, entro un paesaggio caratterizzato da un disordinato configurarsi di campi e spazi incolti. In questo paesaggio regredito e impoverito nascono nuovi centri, esterni alla città, di vita culturale e di potere economico e politico. L’VIII secolo longobardo e l’età carolingia vedono moltiplicarsi le fondazioni di monasteri e abbazie, con l’assegnazione di enormi estensioni di boschi, paludi, incolti. A partire dagli ultimi decenni del VII secolo si venne estendendo la grande proprietà ecclesiastica. Documenti dell’VIII secolo attestano la realizzazione, da parte soprattutto dei grandi monasteri benedettini, di opere di difesa idraulica e di estensione dei lembi coltivati e abitati in quel vastissimo territorio di paludi che era allora la bassa pianura. Nel IX e X secolo il crollo dello stato carolingio e le incursioni ungare provocano il fenomeno dell’ “incastellamento”: tutto il territorio si copre di fortilizi, centri di difesa e di giurisdizione, struttura portante del nascente ordinamento feudale. L’economia si riorganizza, nei secoli VII-IX, su basi signorili e curtensi, con un appiattimento delle condizioni sociali dei ceti inferiori, ridotti allo stato di dipendenti dei grandi proprietari, ad un'unica categoria di “laboratores”. Nei secoli IX e X si ristabilisce un equilibrio positivo fra popolazione e risorse: il basso livello delle tecniche agricole era compensato dal basso numero delle persone da nutrire e dalla integrazione che i prodotti dell’economia silvopastorale fornivano alla cerealicoltura e all’orticoltura. La popolazione ricominciò a crescere, invertendo, per la prima volta dopo cinque secoli, la

Autorità di bacino del fiume Po 13 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

direzione della curva demografica. La crescita demografica rendeva necessario procedere alla estensione della superficie coltivata e alla distruzione dell’incolto. I dissodamenti e i disboscamenti che crearono il nuovo paesaggio agrario del basso medioevo si svilupparono tuttavia nell’arco di molto tempo. La progressiva riduzione degli spazi incolti, infatti, fenomeno dominante dei secoli XI-XII, avviene come progressiva corrosione, portata avanti lentamente, solo nei limiti dell’indispensabile. Prosegue l’azione bonificatrice dei monasteri: i cistercensi di Chiaravalle realizzano l’utilizzazione agricola delle acque della Vettabbia, ponendo le basi al sistema delle marcite. La cessione ufficiale delle regalie sui fiumi consente al Comune di Milano di derivare dal Ticino il Naviglio Grande (57 km) e a Lodi il canale Muzza dall’Adda (38 km). In questo periodo si intensifica l’utilizzazione dei fontanili. La peste nera del 1347-50 pone fine al movimento plurisecolare di crescita demografica e di dilatazione degli spazi agricoli e degli insediamenti rurali a spese di pascoli, boschi, paludi, che era culminato nei primi decenni del Trecento. Non si arresta invece, ma prosegue assumendo caratteri in parte nuovi, l’espansione delle attività commerciali, minerarie, manifattuariere e la prosperità economica di alcune grandi città, che vedono rafforzato il loro ruolo di capitali politiche o di metropoli economiche. In agricoltura cresce la coltivazione del lino; aumenta l’allevamento dei bovini, grazie alla dilatazione delle colture foraggere. Fra il 1439 e il 1475 si costruiscono a sud di Milano 90 km di canali navigabili, dotati di 25 conche per il superamento dei dislivelli, fra media e bassa pianura. L’obiettivo di questi colossali investimenti di regolazione idraulica è ancora prevalentemente commerciale, legato all’uso delle vie d’acqua come più economico mezzo di trasporto. Ma ne riceve impulso anche l’economia agricola, dato che dai canali maggiori derivano numerosi canali e fossati per l’irrigazione. Un grande impulso alle opere irrigue fu dato dai Visconti e dagli Sforza ed infatti, alla fine del ‘400 erano completate le opere fondamentali del sistema irrigatorio lombardo. I canali furono talora costruiti, con mezzi propri, da grandi proprietari (spesso enti ecclesiastici). Ma dopo il 1250 i grandi Comuni tendevano ad avocare la proprietà eminente delle opere maggiori realizzate da privati, per ricavarne proventi fiscali. La stessa tendenza operò, dopo il 1330, a favore della Signoria, prima viscontea e poi sforzesca, con espropriazione di fatto anche di taluni diritti comunali. Ne derivarono azioni legali interminabili, che si perpetuavano talora per secoli. I proprietari di terre erano chiamati a pagare

14 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

canoni d’acqua, in ragione della quantità usata, e la misura di essa era, a sua volta, origine di continui contrasti. Talora i proprietari ottenevano, per concessione dell’autorità pubblica o per acquisto, determinati diritti d’acqua, che diventavano pertinenza della terra e quindi alienabili a terzi; ma non di rado questi diritti venivano poi disconosciuti dal Comune o dal Signore, che pretendeva di nuovo il pagamento di canoni. Talvolta i proprietari erano assoggettati dal governo signorile a contributi per costruzione di nuove opere e per manutenzione, mentre altre volte dovevano obbligatoriamente provvedervi essi stessi, salvo poi venire ancora chiamati a pagare contributi e tasse variamente motivati. Assai vario e mutevole era anche l’assetto giuridico dei Consorzi o Congregazioni di bonifica: erano talora consorzi di proprietari delle opere irrigue; altre volte di utenti, che provvedevano alla manutenzione delle opere stesse, o anche solo all’esercizio e regolamento dell’uso delle acque. Con il perfezionamento dell’assetto idraulico, si diffusero anche nuove colture: fra il 1450 e il 1500 fece la sua prima comparsa il riso, prima solo in terre paludose, poi in quelle irrigue. Le bonifiche di iniziativa di consorzi di proprietari erano regolate dalle norme che questi si davano, con infinite variazioni di alcuni modelli più diffusi e storicamente consolidati. Le bonifiche di iniziativa ed esecuzione pubblica erano regolate da specifici regolamenti, emanati caso per caso. Le guerre d’Italia, all’inizio del Cinquecento, interrompono, ma non spezzano il processo di sviluppo demografico che aveva caratterizzato la seconda metà del Quattrocento, che riprende con forza rinnovata nella seconda metà del Cinquecento e si prolunga sino alle soglie del secolo successivo. L’Italia del nord, di cui Milano è il baricentro dei traffici interregionali e internazionali, è ancora un’area forte dello spazio economico europeo. Nella prima metà del XVII secolo si verifica una brusca inversione di tendenza: la crisi economica che investe l’Europa porta al tracollo del commercio estero e delle manifatture italiane. Diminuisce di conseguenza il tasso di urbanizzazione mentre aumenta il peso dell’agricoltura nella vita economica. Si forma così, nella crisi del Seicento e nella lenta ripresa del Settecento, anch’essa dominata dall’agricoltura, la matrice storica del denso, ricco e diversificato tessuto rurale delle regioni padane. I due elementi economici di fondo che permettono di superare la crisi sono costituiti dalla diffusione della grande affittanza e dalla continua azione d’investimento di capitali nel settore. Non cessano infatti gli investimenti in opere idrauliche per aumentare la disponibilità di acque irrigue.

Autorità di bacino del fiume Po 15 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

L’ampliamento della rete irrigua determina anche un importante effetto sul paesaggio agrario: lo sviluppo della piantata. Nel Settecento l’economia europea conosce una fase di espansione che contrasta con la crisi e la depressione che avevano dominato il XVII secolo. Cresce la popolazione e dopo il 1750 il tasso di mortalità tende a diminuire, nelle campagne più che nelle città, data l’insalubrità dell’ambiente urbano. Una situazione di relativo equilibrio tra città e campagna si sostituisce alla situazione di parassitismo cittadino tipico del secolo precedente. I capitali che affluiscono nelle campagne determinano ora un forte aumento della produzione agricola; la campagna comincia a partecipare attivamente alla produzione industriale, a cui fornisce una buona base con la bachicoltura e con l’allevamento del bestiame. Di questo progresso si avvantaggiano anche le città minori, che riprendono il loro sviluppo interrotto due o tre secoli prima. Nella seconda metà del Settecento riprendono su larga scala gli investimenti nel sistema irrigatorio e vengono realizzate nuove opere di bonifica idraulica. Base dell’accumulazione rimane l’agricoltura. Nella bassa pianura si afferma definitivamente il sistema del grande affitto. Lo sviluppo agronomico dà nuovo slancio alle forme del paesaggio agrario che con il progresso della piantata si caratterizza per il dominio indiscusso del canale irriguo, del fosso, dell’argine, i cui contorni sono marcati dagli allineamenti delle chiome degli alberi, sovente d’alto fusto e dalla tessitura minuta dei campi, creata dall’ormai dominante pratica della rotazione agraria, in cui si alternano specie foraggere, cereali invernali ed estivi, colture industriali. Anche nelle zone della pianura asciutta il paesaggio agrario va assumendo alla fine del Settecento, nuove forme: tende a sparire il sistema del maggese, mentre l’avvicendamento regolare delle colture impone forme di sistemazione dei terreni più precise e stabili. Tende a configurarsi in tal modo un paesaggio in cui compare in parte la stessa tessitura, minuta e varia, che caratterizza la pianura irrigua. Permane, tuttavia, sovente uno squilibrio tra le superfici a seminato e il prato. Nell’economia agricola del territorio asciutto, quindi, il soprassuolo mantiene una posizione centrale, avendo nella vite ed ancor di più nel gelso i suoi punti di forza. Le strutture portanti dell’economia padana per tutto l’Ottocento sono l’allevamento del baco nell’alta pianura e la cascina nella bassa irrigua; i principali prodotti di esportazione sono la seta e i formaggi. Si tratta di un’economia agricolo mercantile fondata, in ultima analisi, sulla rendita. Vengono realizzate in questo periodo alcune grandi opere. La bonifica dei Canali Cavour, fra il 1852 e il 1875, investe un’area di 500.000 ha, dal Piemonte

16 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

orientale alla Lomellina. Completato nel 1863 il canale principale, le diramazioni di Vigevano, Mortara e Pavia furono attivate tra il 1868 e il 1873. Dal Ticino venne derivato il canale Villoresi, costruito nel 1886, per irrigare 55.000 ha dell’alto milanese con una portata di 70 metri cubi al secondo. Il canale Marzano, derivato dall’Adda, con 25 metri cubi al secondo, venne costruito fra il 1887 e il 1890 per irrigare 22.000 ha nel cremonese. Il decollo industriale del territorio padano ha inizio intorno al 1880, periodo a partire dal quale vengono gradualmente risolti i problemi della produzione su larga scala e del trasporto su lunghe distanze dell’energia elettrica. Con la costruzione delle prime grandi centrali elettriche sono poste le premesse per lo sviluppo della siderurgia, della meccanica, della chimica. Lo sviluppo investe le regioni occidentali, mentre il Veneto conserva fino al primo dopoguerra un’economia prevalentemente agraria. Nel periodo fra le due guerre il processo di trasformazione della società in senso industriale-urbano subisce un ulteriore impulso, con l’ampliamento ed il consolidamento della base industriale. Gli anni cinquanta e sessanta segnano una seconda fase di grande espansione industriale, in un contesto di integra- zione economica internazionale e forte aumento della produttività. Negli anni settanta e ottanta il tasso di crescita della produzione industriale si è fortemente rallentato, fino ad azzerarsi nella lunga recessione del periodo 1980-1983. Industrializzazione e crescita urbana hanno alterato in modo radicale la distribuzione dei pesi demografici ed economici del territorio. La crescita metropolitana ha saldato i principali centri urbani ai comuni limitrofi formando vaste aree urbano-industriali. Nella fascia subalpina, fitti allineamenti di città e cittadine si sono dilatati aggregandosi in regioni urbane. Nella pianura l’assetto del territorio ha conservato la tradizionale dicotomia fra poli isolati della campagna e spazio rurale, ma la scomparsa della secolare “piantata”, testimonia l’estinzione di strutture e rapporti secolari fra uomo e ambiente che ancora negli anni cinquanta costituivano la trama elementare dell’organiz- zazione dello spazio. La montagna è, oggi, come nel primo Novecento, un’area con caratteristiche insediative ed economiche peculiari. I generi di vita tradizio- nali si avviano a scomparire. I movimenti pendolari e il turismo hanno diffuso opportunità di occupazione e reddito sempre più simili a quelle della pianura urbanizzata.

Autorità di bacino del fiume Po 17 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

2.4 Assetti tipici del paesaggio

Il territorio del bacino è articolato in ambiti caratterizzati da assetti tipici del paesaggio, i cui principali aspetti sono delineati di seguito (vedi Fig. 2.3).

18 Autorità di bacino del fiume Po Fig. 2.3. Le tipologie di paesaggio del bacino del fiume Po

Legend a

1 I grandi massicci alpini occidentali 2 2 I grandi massicci alpini centrali 2 3 La montagna trentina 2 4 Le valli alpine piemontesi-valdostane 1 5 4 5 Le valli alpine lombarde SO NDRIO 6 Basse valli piemontesi 5 2 3 7 Anfiteatri morenici 1 10 8 Ripiani diluviali a brughiera 1 9 VARESE LECCO 9 Prealpi lombarde COMO 7 AOSTA 10 Prealpi trentino-venete 6 9 8 11 Il lago di Garda 8 21 12 B ERG AMO 12 Il Monte Baldo 7 1 8 21 BRESCIA 11 13 13 Le colline sub-alpine venete MIL ANO

1 7 NO VARA 7 6 15 35 14 La pianura veneta 8 VERCELLI 22 1 14 15 La pianura piemontese PAVIA 16 La pianura dell'Oltrepò Pavese 7 15 36 22 MANTOVA 20 17 Pianura romagnola 36 CREMO NA 20 23 19 TO RINO 16 18 Pianura emiliana 35 PIACENZA 36 36 1 15 25 ALESSAND RIA 20 19 Terre vecchie polesane e ferraresi A STI 36 27 18 23 20 Bonifiche padane moderne 15 15 19 FERRARA 4 6 36 21 Alta pianura lombarda 29 34 19 20 PARMA 28 18 REGGI O 20 22 Bassa pianura lombarda 31 NELL' EMILIA 1 MOD ENA 36 26 23 23 Paesaggio lagunare e del delta del Po 15 18 30 31 24 Area costiera fortemente antropizzata 17 6 CU NEO 34 32 25 Le colline del Monferrato 30 26 Le colline delle Langhe 1 32 33 27 Le colline dell'Oltrepò Pavese 24 28 Tratto appenninico dell'Oltrepò Pavese 34 29 Appennino piemontese-ligure 30 Appennino ligure 31 Appennino parmense-piacentino 33 32 Appennino emiliano 33 Appennino romagnolo N 34 Colline emiliane-romagnole 35 Paesaggio delle aree metropolitane 0 Km 100 Km 36 Paesaggio del Po e dei suoi affluenti Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Area valdostana-piemontese-ligure

La pianura piemontese Presenta due diversi assetti del paesaggio: la pianura “bassa”, costituita prevalentemente dalle risaie, con terreni leggermente in declivio ed abbondanza d’acque per la presenza di un sistema ricco di rogge, specialmente nel Vercellese e nel Novarese. Il paesaggio ha una configurazione uniforme, solcato dal reticolo irregolare dei canali (bealere) e scarsamente interrotto dalle terrazze dei corsi d’acqua. L’unica grande interruzione è costituita dall’area metropolitana di Torino, ubicata dove la pianura si restringe, tra la Collina di Torino e le morene di Rivoli; la pianura “alta”, morfologicamente più articolata della prima e caratterizzata dalla presenza di terrazzi incisi dall’erosione dei corsi d’acqua e da scarpate rivestite da folte formazioni vegetazionali, oppure sistemate con terrazzamenti per la coltivazione della vite e di altre colture specializzate. Nel complesso l’ambito è estremamente antropizzato, seppure con la presenza di un elemento naturalistico di grande rilevanza costituito dalla fascia fluviale del Po, un ecosistema di elevato valore biologico, caratterizzato da consistenti formazioni ripariali lungo le aree golenali.

Gli anfiteatri morenici ed i ripiani diluviali a brughiera Costituiscono la fascia prealpina che si sviluppa a ridosso della pianura padana; in Piemonte sono presenti a partire dalla Val di Susa fino alla Dora Baltea. Generalmente i rilievi degli anfiteatri morenici hanno forme addolcite e si sollevano solo per alcuni metri sul livello del mare; solo eccezionalmente la Serra d’Ivrea forma un potente bastione rettilineo alto più di 200 metri. Solitamente sono caratterizzati dalla presenza di ampie forme vegetazionali costituite, in particolare, da querceti e castagneti, nei terreni più ripidi e meno fertili, da prati nelle depressioni più umide e da aree coltivate sui terreni più soleggiati. I ripiani a brughiera, leggermente sollevati rispetto alla pianura, si alternano e si succedono agli anfiteatri morenici. L’ampia copertura di boschi e la presenza di brughiere - oppure vaude e baragge - delineano un territorio piuttosto uniforme e scarsamente caratterizzato dall’insediamento umano. La vegetazione dei ripiani, se aperti e ben soleggiati, è caratterizzata dall’ab- bondanza di brugo e di sterpi che possono lasciare il passo a boscaglie cedue di querce, oppure alternarsi con le fustaie dei rimboschimenti.

Le colline del Monferrato e delle Langhe Sono localizzate prevalentemente tra l’asta del fiume Po e l’Appennino ligure. Sono costituite da alture di forma ondulata e di altitudine variabile dai 350 ai

20 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

700 metri. Il parallelo di Asti segna la divisione tra il Monferrato settentrionale (o basso Monferrato) e il Monferrato meridionale (o alto Monferrato). Si tratta di un territorio minutamente articolato e piuttosto antropizzato, costituito da un complicato sistema di vallette dal fondo generalmente prativo cui fanno da contraltare i dossi collinari coltivati a cereali e soprattutto a vigneto. Le Langhe sono costituite da un complesso collinare che si distende più ordinatamente, con creste affilate (dette appunto “langhe”) e solcate da profonde valli scavate dai corsi d’acqua. Il paesaggio rurale è caratterizzato dalla coltivazione della vite, spesso su pendii sistemati a terrazze, e dai “segni” dell’infrastrutturazione storica (antichi borghi, fortilizi, ecc.) che costituiscono gli aspetti peculiari di questo territorio, insieme ai boschi di latifoglie presenti sui versanti esposti a nord e su quelli più ripidi, dove il terreno non può essere messo a coltura.

Le basse valli piemontesi Si sviluppano lungo la fascia più esterna delle Alpi, con i contrafforti alpini che si adagiano verso la pianura. Le vallate si presentano piuttosto aperte, tra pendii non eccessivamente ripidi prevalentemente coperti da formazioni di conifere che in genere lasciano il posto, nelle altitudini inferiori, prima a faggete, poi a boschi misti di latifoglie ed a castagneti. Nelle vallate e sulle pendici più basse si è andata intensificando in questi ultimi decenni la frutticoltura, con conseguente riduzione delle colture cerealicole tradizionali.

Le valli alpine piemontesi e valdostane Dai confini occidentali della Liguria alla Valle d’Aosta si sviluppa ad arco una lunga fascia di montagna alpina, i cui aspetti sostanziali del paesaggio naturale si ripetono costanti. Tale fascia, costituita dalle valli alpine piemontesi e valdostane, costeggia da vicino la pianura padana, in assenza di vere e proprie prealpi come nelle altre regioni italiane. I contrafforti alpini diramanti dai grandi massicci degradano direttamente verso la pianura formando ampie vallate glaciali alle cui falde spesso compare la “forma” caratteristica del conoide di deiezione, costituito da alluvioni ghiaiose e sabbiose. Configurato come un mezzo cono o un settore di cono, a dolce inclinazione, il vertice rivolto verso la montagna, è coperto generalmente dalla vegetazione e più spesso dalla partizione dei campi coltivati. Sui grandi coni sono posizionati spesso gli insediamenti, in genere verso l’apice, in posizione sicura e soleggiata. Nelle aree montane, in particolare in Val d’Aosta, dove i dislivelli sono molto accentuati, la variazione di temperatura determina fasce altimetriche e climatiche molto ravvicinate e diversissime tra loro. Le fasce più basse sono caratterizzate dalla presenza di coltivazioni anche mediterranee (ad es. la vite),

Autorità di bacino del fiume Po 21 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

mentre le fasce più elevate presentano una configurazione territoriale molto simile al paesaggio glaciale delle “terre artiche”. Tra queste due fasce estreme si configura un territorio estremamente vario, caratterizzato da coltivazioni e boschi di latifoglie alle altitudini meno elevate, da boschi di pini ed abeti tra i 1.000 ed i 1.800 metri e da pascoli intercalati a foreste di conifere alle quote più elevate, fino ad oltre 2.000 metri. Le grandi valli alpine piemontesi in ragione della loro ampiezza e della scarsa elevazione del fondo sono state storicamente predilette per l’insediamento e la localizzazione di grandi infrastrutture di comunicazione. Nei tratti più tipici di queste valli (Val di Susa, Valle d’Aosta ecc.) si presentano infatti due imponenti fiancate, ben discoste l’una dall’altra, e calanti su un ampio fondo piano generalmente coltivato e talora addirittura livellato. Spesso la differente esposizione dei versanti modifica fortemente le condizioni delle associazioni vegetazionali ed i caratteri dell’insediamento urbano. Sui versanti più soleggiati i centri abitati e le aree coltivate sono ubicate sino a quote molto elevate, mentre nei versanti esposti a nord prevalgono le formazioni forestali ed i pascoli di mezza quota e d’altura.

I grandi massicci alpini occidentali Mostrano una comunanza di aspetti fondamentali, dall’Argentera al Gran Paradiso, dal Monte Bianco al Monte Rosa ed oltre, lungo tutto l’arco alpino. Le vette spesso superano i 3.000-3.500 metri di altitudine ed incombono sulle valli, calando anche di oltre 2.000 metri: fiancate, valloni e circhi mostrano le impronte del modellamento glaciale. Negli alti fondi vallivi si trovano pascoli d’altura, arbusti nani (rodoreti, ginepreti, vaccinieti), formazioni forestali a prevalenza di larice e pino cembro. Solo raramente si rintracciano insediamenti temporanei utilizzati per l’alpeggio e modestissime colture. l’Appennino ligure L’Appennino ligure con le ultime propaggini delle Alpi Marittime sono costituiti da un paesaggio naturale piuttosto uniforme, caratterizzato solo localmente da variazioni significative per la presenza di gole, meandri e terrazzi. L’ampio rivestimento boschivo è costituito soprattutto dal bosco ceduo di latifoglie e dai castagneti. Questi ultimi salgono fino ad oltre 900 metri di altezza, mentre più in alto domina la faggeta bassa, talora cespugliosa e diradata, che si alterna ad estesi pascoli. La presenza di conifere è piuttosto limitata e spesso si tratta di rimboschimenti recenti. La valle del e le altre valli più ampie sono quelle maggiormente antropizzate, con insediamenti ed infrastrutture di grande comunicazione lungo i fondovalle.

22 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Area lombarda

Le valli alpine lombarde Comprendono la catena delle Alpi Retiche e buona parte delle Alpi Orobie. Sono costituite in prevalenza da rocce cristalline per lo più metamorfiche e sono interessate da importanti sistemi di discontinuità tettonica di scala regionale che comportano un’intrinseca propensione al dissesto. La zona sommitale delle Orobie, specie sul versante meridionale, è costituita dall’affioramento delle rocce sedimentarie del Parmiano, il cui tipico rappresentante, il Verrucano Lombardo, con la sua resistenza all’erosione e la sua colorazione rosso- violacea caratterizza nettamente il paesaggio. Significativa è la netta differenza tra il versante retico e l’orobico: il primo, più ampio e più elevato, è solcato da valli estese e ramificate. Alle quote più basse, le pendici dei versanti sono intensamente coltivate, specialmente a vigneto, con tipici terrazzamenti; il secondo, più stretto e ripido, è solcato da una serie di valli parallele, strette e spesso profondamente incise le cui pendici sono rivestite da fitti boschi che scendono fino al fondovalle.

Le Prealpi lombarde Si appoggiano alla catena alpina ed attraversano il territorio regionale aumentando di ampiezza man mano che si procede da ovest ad est. Il criterio adottato per definire il limite fra zona alpina e prealpina è essenzialmente litologico: la montagna prealpina comprende la fascia costituita da rocce sedi- mentarie marine prevalentemente carbonatiche. A questo gruppo di litotipi cor- risponde un paesaggio tipico, caratterizzato da forme spesso accidentate, da manifestazioni carsiche superficiali e sotterranee, da stratificazioni evidenti che disegnano i versanti, da corsi d’acqua sotterranei; la forte componente calcarea del substrato si riflette sulle caratteristiche del suolo e quindi sulla vegetazione.

La collina prealpina fra Adda e Chiese In questa zona il limite con la montagna è marcato dalla presenza di un elemento strutturale di importanza regionale: la flessura peripadana, una grande piega a ginocchio rivolta a sud che si sviluppa con continuità a breve distanza dalla pianura. In corrispondenza di questa grande piega le quote diminuiscono bruscamente dando luogo ad una stretta fascia collinare che immerge le sue pendici meridionali nella pianura. In quest’area la collina assume per lo più il carattere di una fascia di transizione fra la pianura, che risale negli avvallamenti fra i rilievi, ed il territorio propriamente montano.

Autorità di bacino del fiume Po 23 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Le colline moreniche Comprendono una fascia collinare di larghezza considerevole che si sviluppa fra il Lago Maggiore e l’Adda e poi ad est del Chiese. Sono caratterizzate da rilievi dolci, modellati dai lobi pedemontani dei grandi ghiacciai vallivi o formati dai loro depositi. Ai rilievi si alternano fasce più o meno ampie di territorio pianeggiante, spesso sede di notevoli insediamenti, e conche o vallette poco profonde, talora parzialmente occupate da bacini lacustri o palustri. Fra le zone della Brianza e del varesino e quella gardesana vi sono però differenze significative. Dal punto di vista morfologico, infatti, i ghiacciai Lariano e quello del Verbano, nel loro tratto terminale si sono suddivisi in numerose lingue minori dando luogo ad una morfologia molto articolata, mentre il ghiacciaio gardesano ha mantenuto una maggiore unitarietà, dando luogo ad un anfiteatro collinare ben delineato. Dal punto di vista dell’uso del suolo, la zona occidentale è interessata da insediamenti importanti ed è tuttora oggetto di un’intensa pressione insediativa, mentre ad est l’intero ambito ha conservato una maggiore naturalità.

Il tratto appenninico dell’Oltrepo pavese È costituito da un territorio segnato da una forte propensione al dissesto e dalla diffusione delle forme tipiche prodotte dai fenomeni geomorfici gravitativi: fra di essi le paleofrane, accumuli di materiale sciolto prodotto da antiche frane che presentano una caratteristica morfologia addolcita, ben riconoscibile lungo i versanti. Nel suo insieme questo tratto della montagna appenninica si presenta come un ambito particolarmente delicato, in cui la tutela del paesaggio è intimamente connessa ad un’attenta azione di monitoraggio dei luoghi e di ripristino dell’equilibrio idrogeologico.

Le colline dell’Oltrepo pavese In Oltrepo la collina riacquista in ampiezza e presenta caratteristiche spiccatamente agricole. Gli insediamenti sono situati prevalentemente sui crinali, che rappresentano le aree più stabili; il paesaggio è caratterizzato profondamente dall’opera dell’uomo che ne ha modellato i pendii, terrazzando quelli più ripidi e regolarizzando gli altri. La conferma della vocazione agricola dell’area riveste una particolare importanza in relazione alle cattive condizioni di stabilità che la caratterizzano: alle pratiche agricole tradizionali è infatti legata un’importante opera di sistemazione e manutenzione del suolo, da cui dipende in gran parte il mantenimento del suo equilibrio idrogeologico.

24 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Area emiliano-romagnola

I pianalti ferrettizzati Sono costituiti da un sistema di ripiani più alti del livello fondamentale della pianura, bordati da scarpate di forme molto nette, che diventano sempre più basse man mano che si procede verso sud sino a scomparire gradualmente. Caratteristica è la copertura eluviale, costituita da un suolo argilloso, di colore rosso, denominato ferretto; tale copertura presenta una permeabilità molto bassa ed ostacola l’infiltrazione nel sottosuolo delle acque meteoriche, favorendo per contro i deflussi superficiali; a causa di ciò sui terrazzi in questione si è sviluppato un fitto reticolo idrografico costituito da piccoli corsi d’acqua ad andamento subparallelo e spesso a carattere temporaneo; i più importanti di questi torrentelli hanno inciso la superficie del ripiano dando luogo a piccole valli bordate da brusche scarpate. La particolarità pedologica di quest’ambito determina anche le caratteristiche della vegetazione: è questa la zona tipica della brughiera.

L’alta pianura asciutta Comprende la parte più settentrionale del piano fondamentale della pianura, raggiungendo un’ampiezza significativa fra Ticino ed Adda. L’area non è interessata da un irrigazione stabile e diffusa, ed è oggetto di un’intensa urbanizzazione, in particolare in corrispondenza dell’area metropolitana milane- se. I fattori che determinano l’evoluzione e la dinamica di quest’area sono pertanto lo sviluppo urbano e le tendenze dell’agricoltura che qui è meno forte economicamente rispetto alle aree situate più a sud, ma riveste una notevole importanza in quanto conserva spazi aperti intercalati agli insediamenti.

L’alta pianura irrigua Morfologicamente è analoga alla tipologia precedente dalla quale differisce per la presenza di una rete irrigua alimentata dalle acque dei fiumi principali attraverso canali di grande dimensione dai quali si diparte un sistema gerarchizzato di canali minori. Il paesaggio è caratterizzato dalla maglia dei canali, dalla vegetazione di ripa che li costeggia e dall’alternanza delle colture agrarie e degli insediamenti.

La bassa pianura irrigua In questa zona si vengono a sommare fattori naturali e caratteri indotti dall’attività dell’uomo attraverso un lavoro di bonifica e valorizzazione agraria

Autorità di bacino del fiume Po 25 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

durato secoli. Rispetto alla tipologia precedente è caratterizzata da una diversa tessitura degli appezzamenti e da una differente distribuzione degli insedia- menti agricoli, conseguenti al fatto che qui l’attività agricola ha potuto godere del beneficio dell’irrigazione a partire da un periodo storico molto precedente.

La pianura dell’Oltrepo pavese A sud del Po la pianura si presenta con caratteristiche leggermente diverse da quelle della pianura a nord del fiume: in primo luogo la morfologia si fa più mossa, in quanto le blande incisioni dei modesti corsi d’acqua di questa zona danno luogo ad una successione di deboli ondulazioni che si accentuano gradualmente avvicinandosi alla collina appenninica; in secondo luogo, a causa del regime torrentizio che caratterizza i corsi d’acqua appenninici, la disponibilità di risorse idriche per l’irrigazione è molto modesta. Alcune aree sono irrigate con l’acqua del Po mediante un sistema di derivatori di modeste dimensioni il cui tracciato spesso segue l’andamento degli antichi meandri abbandonati dal fiume.

Il paesaggio lagunare e del Delta del Po La costa adriatica tra le foci dell’Isonzo e del Reno si compone in un complicato mosaico di specchi d’acqua e di terre basse, quasi totalmente piatte ed appena sollevate sul livello marino. Si tratta del paesaggio delle lagune e delle “valli” salmastre, bacini poco profondi, delimitati da arginelli e dossi appena rilevati, nel mezzo dei quali emergono le “barene”, isole di fango dai contorni indistinti. Attraverso i secoli la vita in questi ambienti ha trovato le sue basi nell’attività peschereccia, marinara e mercantile: ancora oggi la pesca offre aspetti caratteristici che improntano fortemente il paesaggio. A Ficarolo, in provincia di Rovigo, ha inizio il Delta del Po, una terra completamente sotto il livello del mare che risulta ancora oggi, nonostante le grandi bonifiche e le sostanziali trasformazioni subite negli ultimi decenni, uno dei più importanti complessi di zone umide d’Europa.

Le “terre vecchie” polesane e ferraresi Nelle pianura attraversata dal basso corso dei fiumi Adige, Po e Reno, a causa della particolare conformazione del terreno, spesso ad una quota inferiore al livello del mare, al fine di consentire il regolare smaltimento delle acque, nel corso del tempo è stato necessario realizzare opere di prosciugamento e di difesa idraulica più consistenti che non in altre parti della pianura padano- veneta. Le prime opere di bonifica sono state realizzate, tra medioevo e rinascimento, nell’entroterra ferrarese e nel polesine di Rovigo, le cosiddette

26 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

“terre vecchie”; successivamente, le bonifiche “moderne” hanno interessato il ravennate-ferrarese, i territori del Delta, le grandi valli veronesi ed, in Emilia, parte del reggiano e del parmense. Il paesaggio delle “terre vecchie” è costituito da una pianura livellata, intensamente coltivata: i campi, sono intervallati da filari semplici o doppi di alberi, specialmente pioppi e olmi, reggenti di solito festoni di viti; assai sviluppati appaiono gli allevamenti zootecnici ed abbastanza diffuse sono le residenze agricole.

I territori delle bonifiche padane moderne Sono caratterizzati da un paesaggio spiccatamente uniforme, dominato dalla presenza di vasti campi aperti, a seminativo, scarsi o privi del tutto d’alberature; spazi radi anche di abitazioni e quasi mancanti di veri centri abitati, dove gli elementi principali del paesaggio sono i canali, gli argini, le installazioni idrovore.

L’area costiera fortemente antropizzata L’esigua striscia di territorio compresa tra Cervia e Cattolica costituisce il tratto della uniforme costa adriatica sul quale va ad esaurirsi la pianura romagnola. Gli elementi fisici e biologici che la caratterizzano sono: gli arenili ridotti ed in fase di erosione, la zona di retrospiaggia praticamente assente, i rari varchi al mare, i relitti di formazioni forestali litoranee spontanee ed artificiali.

La pianura emiliana La pianura emiliana a sud del Po presenta una morfologia poco elevata (meno di 100 m s.m.) e poco variata. Dal piede dell’Appennino il piano alluvionale declina con debolissime ondulazioni in senso trasversale determinate dai conoidi molto appiattiti dei fiumi e dei torrenti appenninici. Il terrazzamento in questi conoidi è poco profondo nel tratto più prossimo agli sbocchi delle valli; più giù la pendenza si fa minima ed i corsi d’acqua si susseguono numerosi e fitti con modeste portate d’acqua. Le risorgive sono poche ma la falda freatica è prossima dappertutto ed i pozzi sono frequentissimi. Il paesaggio, interamente coltivato, si caratterizza per l’associazione degli alberi e della vite alle colture seminative e per la varietà di quest’ultime.

La pianura romagnola Appare fisicamente ben connotata dalla formazione alluvionale con microrilievo costituito da grondaie fluviali spente e vive, e dai terrazzi fluviali e marino dell’alta pianura. I terreni, ben drenati, sono occupati da una tipica agricoltura

Autorità di bacino del fiume Po 27 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

promiscua (paesaggio della piantata) oggi in via di trasformazione con netta prevalenza di colture frutticole ed erbacee specializzate. Di grande interesse sono i “graticolati” impressi dalla centuriazione romana, con maglie regolarmen- te quadrate di poco più che 700 metri di lato ed il cui orientamento si basa sul corso della via Emilia.

Le colline emiliano-romagnole L’Appennino emiliano-romagnolo va ad esaurirsi sulla pianura attraverso una fascia di terreni pliocenici e del miocene recente non più larga di una decina di chilometri e talvolta ristretta, nell’Emilia occidentale, a soli due o tre. In essa i fiumi provenienti dall’Appennino hanno aperto varchi assai ampi; i terreni sono costituiti soprattutto da sabbie o molasse giallastre, marne e argille grigie o azzurrognole che l’erosione delle acque ha foggiato in una serie di basse colline. Tali colline si saldano a quelle retrostanti, poggiate sui numerosi contrafforti appenninici, distinguendosene abbastanza per il loro paesaggio. La distinzione diventa evidente dove, al limite interno, corre una zona di gessi che, essendo più resistenti delle argille, risaltano e costituiscono alture non solo più elevate, ma di forme più energiche, a volte a muraglia, come avviene tra Sillaro e Lamone con la cosiddetta “Vena del gesso”. Non più alte di 250-300 m, tranne poche eccezioni, le colline marginali si sfrangiano in dorsali dirette verso il piano, sul quale degradano con terrazze ondulate, oppure si allineano in quinte successive, parallele all’orlo della pianura, in armonia con la direzione degli strati rocciosi, inclinati verso la pianura stessa. Le colline argillose sono macerate da numerosi sistemi di calanchi, specie nel tratto romagnolo. Tutta la fascia collinare periappenninica è ben abitata e messa a coltura, con residui boschetti di querce e castagni. Dove il terreno è più schiettamente argilloso si stendono campi aperti, soprattutto di grano e foraggi, e senz’alberi; dove è sabbioso o più vario e consistente la coltura si fa promiscua, con alberi fruttiferi e specialmente con la vite in filari. Numerose sono le abitazioni rurali, per la massima parte sparse nella campagna o situate alla sommità delle colline o, a mezza costa, all’estremità degli sproni, in posizioni areate, lontane dagli umidi e più freddi fondovalle. l’Appennino parmense-piacentino A oriente dei Giovi e dello Scrivia la montagna forma una grossa massa compatta con cime fino a 1500-1800 m.; a occidente si riduce ad una striscia, con altitudini da 800 a 1200 m e da 1500 a 1800 m: ovunque però è sezionata da una fitta serie di valli più o meno tortuose e spesso strette, con varia disposizione. Il paesaggio nel complesso è monotono, nonostante la

28 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

costituzione geologica complessa e varia; locali variazioni del paesaggio sono introdotte dalla presenza di gole, meandri incassati e terrazze, dai contrasti di pendenza del terreno, dove si accostano calcari e arenarie alle argille scagliose, dai segni di frane vecchie e nuove, da spuntoni brulli e nereggianti di rocce serpentinose (“sassi neri”) e dalle tracce di antichi ghiacciai sui monti più alti. Nei fondovalle secondari non è raro scorgere laghi artificiali sbarrati con brevi dighe. La viabilità, nel groviglio di valli e vallette è limitata ed il paesaggio appare spesso severo e deserto. Contribuisce a questa impressione l’ampio rivestimento boschivo, costituito soprattutto da cedui e da castagneti; qualche tratto a pini o abeti denota rimboschimenti recenti. La popolazione risulta distribuita in numerosi nuclei di modeste dimensioni.

L’Appennino emiliano Il versante padano dell’Appennino Settentrionale a oriente del fiume Trebbia si presenta con un assetto assai regolare nei suoi lineamenti orografici generali: dalla catena assiale, e con direzione più o meno perpendicolare a questa, si diparte una serie di numerosi costoni montuosi, paralleli tra loro, i quali lenta- mente e irregolarmente degradano verso la pianura, in una fascia marginale di basse colline. In accordo con questa generale disposizione “a pettine” dei contrafforti appenninici, si riscontrano una serie di valli principali con la stessa direzione, percorse da fiumi dall’alveo ampio ma scarsi di acque. Il paesaggio è caratterizzato dalla predominanza di groppe arrotondate e monotone (per la maggior parte sui 400-1000 m di altitudine), con versanti moderatamente inclinati che calano su ampi fondovalle, dove i fiumi ed i torrenti maggiori divagano in larghi letti ghiaiosi. Caratteristici di quest’area sono i calanchi, incisioni dei versanti che formano sistemi di minute e ripide vallecole, sterili e d’apparenza selvaggia, separate l’una dall’altra da creste e lamine sottili. Frane e burroni in rapida erosione sono fenomeni molto comuni in tutto il territorio.

L’Appennino romagnolo È interessato da terreni miocenici costituiti soprattutto da alternanze di marne chiare con arenarie cementate o tenere i cui strati si disegnano su tutti i versanti un po’ ripidi, come pure si mostrano nel letto dei torrenti. Sui brevi ripiani terrazzati di mezza costa appare la coltura della vite insieme ai seminativi; i pendii sono rivestiti di boscaglie con la presenza di querce, roverelle, cerro e castagneti, che si alternano a prati ed a campi di grano, soprattutto in vicinanza delle dorsali, fin oltre i 1.000 metri di altitudine. Oltre tale altitudine predominano i cedui di faggio. Il terreno è magro, i tratti coltivabili con profitto sono spesso frammentati per cui l’economia agricola assume necessariamente un carattere

Autorità di bacino del fiume Po 29 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

semiestensivo.

Area veneto-trentina

La montagna trentina Comprende uno dei più importanti gruppi della catena delle Alpi Centrali, l’Ortles-Cevedale, dalla cui cuspide ghiacciata nascono numerose valli, ed il massiccio dell’Adamello-Presanella costituito prevalentemente da rocce cristalline di diorite quarzifera. Questo massiccio caratterizzato da un andamento semicircolare, da estesi ghiacciai e da numerosi laghi, struttura fortemente il territorio attraverso la profonda Val Camonica, a Nord del lago di Garda, le Valli Giudicarie, incise dal corso del Sarca e del Chiese, e la Val di Sole. Tra la valle del Sarca e quella dell’Adige, si innalza il gruppo del Brenta, ricco di pareti a picco e di valli strette e profonde. Questo gruppo è denominato Dolomiti del Brenta, in analogia alle Alpi Dolomitiche o Dolomiti che si estendono più ad oriente. Nel mantello forestale dominano le conifere, l’abete rosso, il larice, il cembro; il limite superiore dei boschi si mantiene entro i 2.000 m s.m., oltre subentra una fascia discontinua di arbusti, talora rododendri, spesso il pino mugo, strisciante sul suolo in estesi e tenaci sviluppi (baranci) di colore cupo.

Le Prealpi trentino-venete Sono localizzate a meridione della Val Sugana, sono caratterizzate da formazioni calcaree che si sviluppano lungo tutto il corso dell’Adige sino in pianura. Ad esse sono connessi il Monte Baldo, descritto più avanti, il Monte Altissimo di Nego ed il sistema dell’alto Garda e Ledro. Quest’ultimo comprende una zona profondamente unitaria, anche se con morfologie e caratteri diversi: infatti, mentre la parte più settentrionale è ricca di laghi (Santo, Lamar, Terlago, S.Massenza, Toblino, Cavedine ecc.) e di morene, più a sud il fiume Sarca diventa l’elemento ambientale unificante. Nell’area elementi di grande interesse paesaggistico sono rappresentati dalle “marocche”, fondovalli e pendii ricoperti da considerevoli accumuli di materiale franato dai versanti in epoca storica. Altra zona di grande interesse paesaggistico è quella che si estende dal Monte Baldo al Monte Altissimo di Nego, dal confine meridionale della Provincia di Trento sino al Garda ed al Lago di Loppio. Si tratta di una zona di boschi e di vegetazione mediterranea, di pascoli e di radure, di flora anche rara, con malghe, fortificazioni, resti di insediamenti di interesse archeologico e laghi, come quelli di Pra di Stua e di Loppio.

30 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Il lago di Garda Il sistema ambientale del Garda è costituito dal grande corpo idrico di origine glaciale e dai rilievi montuosi che lo circondano, caratterizzati dalla presenza di vegetazione spontanea di tipo mediterraneo (leccio) e da colture agrarie di pregio (olivo, agrumi) che contribuiscono alla formazione di un paesaggio ricco e differenziato. Oltre alla fascia di vegetazione di tipo mediterraneo, propria della zona termicamente più favorita, nel comprensorio del Garda si sviluppano il bosco, interrotto da prati e pascoli, e più in alto formazioni di pino mugo e ginepro nano. Particolare importanza assumono alcuni elementi paesaggistici quali le sponde lacuali, le piccole isole, gli insediamenti di grande valore ambientale localizzati sia sul lago sia a mezza costa.

Il monte Baldo Intimamente connesso al Garda, è il più meridionale dei rilievi prealpini che dominano la pianura padano-veneta. Si eleva tra il Lago di Garda e la Valle dell’Adige (Val Lagarina), strutturato da una lunga piega anticlinale formata dalle coperture sedimentarie - assimilabile ad una grande onda diretta da Ovest ad Est sviluppata in senso sub-meridiano - sollevatasi nelle fasi orogenetiche mioceniche sino ad oltre i 3000 metri, coricandosi verso est ed assumendo in tal modo la caratteristica forma di “piega a ginocchio”. Da ciò la dissimetria dei due versanti del monte: quello orientale è una scarpata ripida e franosa, quello occidentale segue l’andamento stesso degli strati che precipitano e affondano nel lago. La grande piega è stata subito aggredita dall’erosione che ha largamente smantellato la parte sommitale (oggi le cime più elevate superano di poco i 2200 m) ed ha creato caratteristici modellamenti. Accanto a notevolissimi aspetti geomorfologici quali i carreggiamenti carsici, le formazioni dolinari, le conche prative formatesi per riempimento di “tasche” e conche strutturali, il Monte Baldo è noto per le sue eccezionalità floristiche e faunistiche, tant’è che già nel ‘600 era definito “Hortus Italie” ed “Hortus Europae”. Questo in quanto, a partire dalla base del monte, sulle rive del Garda, sino alle quote sommitali, si sfila attraverso zonazioni altitudinali che corrispondono grosso modo a quelle che vanno dall’ambiente mediterraneo o sub-mediterraneo a quello delle alte latitudini. Si passa cioé dagli olivi e dai lecci attraverso castagneti, querceti e ostrieti, sino ai mughi ed alle specie sub-artiche. Tra le specie floristiche sono presenti l’asfodelo, la Paeonia officinalis, l’Anemone alpina e baldensis, la Primula spectabilis. Tra le formazioni boschive sono presenti alcune faggete con individui secolari di forma ovalare (sopra Prada) ed i lecci a quote anche elevate, lungo i canaloni che incidono il versante occidentale. Nell’area altri

Autorità di bacino del fiume Po 31 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

elementi di notevole valore paesaggistico sono costituiti dai caratteristici alpeggi, che ancor oggi in parte funzionano, e dalle “casare” con il loro camino aggettante, collocate sugli alti dossi ventilati. Ad altezze inferiori si trovano antichi nuclei abitati (contrade) e centri collinari e pedemontani ricchi di vecchie case rurali e di ville della nobiltà veneta.

Le colline subalpine venete Dall’Adige all’Isonzo si sviluppa, al piede delle Prealpi, una fascia subalpina assai diversa da quella lombarda e non del tutto continua, costituita da una serie di modesti e piccoli rilievi collinari eterogenei e frazionati. Sono le estreme e basse propaggini delle masse montuose alpine e del monte Baldo che, invece di scendere ripide direttamente sulla pianura veneto-mantovana, degradano, addolcendosi e frazionandosi. Le pendici più alte sono fittamente rivestite di cedui e cespuglieti, tra i quali si rinvengono elementi di vegetazione mediterranea, compreso il leccio; quelle più basse e le dorsali appiattite accolgono le colture, tra cui specialmente i vigneti. Talvolta sono presenti anche gli olivi, a testimonianza della mitezza del clima. Il paesaggio rurale appare vario, mentre gli abitati sono localizzati sulle dorsali aperte e dominano la pianura o il margine delle alture a contatto con il piano, in vantaggiosa posizione per le comunicazioni e i traffici.

La pianura veneta La pianura veneta - che si distingue da quella padana, direttamente alimentata dal Po e dai suoi affluenti - è stata formata dalla coltre dei materiali trasportati, nel corso del Quaternario, dall’Adige e dagli altri fiumi veneti nel fondo del grande golfo marino pliocenico. Tale azione di accumulo è ancora in corso, come dimostra l’avanzare del Delta padano e la lenta azione di colmamento delle lagune. La distinzione tra alta e bassa pianura è presente nel Veneto come nella pianura padana, anche se la zona delle risorgive, che segna il passaggio dai terreni ghiaiosi e permeabili a quelli argillosi e meno permeabili, non appare continua, mancando in corrispondenza dei colli Berici. Notevoli sono, nell’alta pianura, i grandi e appiattiti coni di deiezione allo sbocco dei fiumi dalle valli prealpine. In essi sono presenti anche terrazzamenti, dovuti alle oscillazioni climatiche d’epoca glaciale e post-glaciale. Caratteri a sé presenta il Polesine, compreso fra i bassi corsi dell’Adige e del Po: l’altitudine inferiore ai 30 metri, la pendenza inavvertibile, la copiosità delle acque e la conseguente facilità alle esondazioni hanno costretto ad elevare argini, entro i quali i fiumi corrono pensili, a un livello superiore rispetto alla campagna.

32 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Il paesaggio delle aree metropolitane L’uniformità paesaggistica della pianura è interrotta da alcuni ambiti territoriali estremamente antropizzati, tra i quali i maggiori sono costituiti dalle aree metropolitane di Torino e Milano. L’area metropolitana di Torino si caratterizza per la presenza del capoluogo in qualità di polo isolato, mentre l’area milanese è costituita da un nucleo centrale, ormai completamente urbanizzato, attorno al quale si estende una periferia metropolitana costituita da centri urbani diffusi, talvolta di rilevanti dimensioni.

Il paesaggio fluviale del Po e dei suoi affluenti Si può dire che l’elemento generatore dell’ambiente padano sia stato il Po durante i primi millenni di vita: questo fiume infatti, a differenza di altri che andarono a scavare in valli preesistenti, ha costruito, tonnellata dopo tonnellata di detriti, la grande distesa di terra conosciuta come Valle Padana. Nei primi venti chilometri del suo corso, il Po ha carattere torrentizio e scorre a quote superiori ai 1200 m in un ambiente alpino e ben conservato. Dal centro abitato di Paesana invece, il fiume e le aree circostanti assumono caratteristiche diverse: dapprima l’ambiente è dominato dai boschi cedui e dai castagneti con, lungo le sponde, il bosco ripariale, quindi, sotto i 500 metri, compaiono i seminativi. L’alveo è dritto, con sponde dapprima incise, poi degradanti. Dal centro abitato di Cardé il fiume assume caratteristiche tipiche di pianura: l’alveo forma i primi meandri; le sponde degradanti ed a tratti regimate e l’ambiente circostante sono dominati dalle attività agricole. A Torino il Po, fortemente regimato, riassume un andamento planimetrico pressoché rettilineo che mantiene fin oltre l’ingresso in territorio lombardo. L’ambiente all’intorno è alternativamente quello agricolo di pianura e quello pedemontano o collinare. Quest’ultimo si riscontra fino a Voghera, quando il fiume comincia a scorrere nella pianura agricola. Dopo una cinquantina di chilometri da Voghera, il Po riprende un andamento a meandri che mantiene fino alla foce con interruzioni dovute più che altro agli interventi di regimazione. Questi, insieme alle attività agricole, condizionano fortemente l’assetto del territorio, che solo a tratti, ed in strette fasce ripariali, mantiene una buona naturalità. Presso le rive si trovano agglomerati urbani di non trascurabile dimensione, consistenti insediamenti industriali e numerose attività estrattive in alveo. Da Cremona in poi sono presenti tratti con ampie golene; infine, approssimandosi al Delta, l’alveo si presenta completamente irrigidito dalle opere di regimazione. L’ambiente circostante è ricco di zone umide in parte ancora in buone condizioni di

Autorità di bacino del fiume Po 33 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

naturalità, in parte compromesse dall’attività antropica e/o dalle opere di sistemazione idraulica.

3. Emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali

3.1 Metodologia

Le linee di intervento strutturale del Piano tengono conto delle caratteristiche ambientali dei diversi bacini idrografici, nel rispetto degli ambiti di rilevanza naturalistica e paesaggistica presenti.

Esse assumono i risultati delle analisi finalizzate al preventivo inquadramento ambientale degli interventi svolte, nell’ambito dell’attività di “Censimento delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali”, dai sottoprogetti SP1“Piene e naturalità degli alvei fluviali” ed SP2“Stabilità dei versanti”, i cui elaborati sono depositati presso l’archivio dell’Autorità di bacino del Po.

Nel Piano tali analisi sono state utilizzate per la definizione dell’assetto generale di progetto, in termini di interventi strutturali rilevanti (strategici) e minuti. Valutazioni più approfondite sulla compatibilità ambientale degli interventi dovranno essere effettuate, come prescritto dalle Norme di attuazione del Piano, in fase di progettazione preliminare del Parco progetti. La metodologia di studio utilizzata per l’attività di “censimento” ha previsto lo svolgimento delle seguenti distinte fasi di attività (vedi fig.3.1): Fase A - Costruzione del quadro conoscitivo preliminare In questa fase si è proceduto innanzitutto all'identificazione dell'ambito territoriale di indagine: • fasce di pertinenza fluviale e regione fluviale in genere per SP1; • zone di dissesto all’interno della porzione di bacino idrografico del Po sottesa dal limite degli affioramenti catalogati come “villafranchiani” per SP2; nonché alla consultazione della base informativa di natura documentale resa disponibile dalle Amministrazioni e dagli Enti competenti per funzione e/o per territorio. Fase B - Caratterizzazione delle emergenze

34 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Questa fase ha compreso la classificazione delle emergenze secondo le seguenti categorie tipologiche: Emergenze naturalistiche: • Parchi nazionali; • Riserve naturali statali; • Parchi regionali (diverse sottotipologie); • Riserve regionali (diverse sottotipoogie); • Parchi e riserve (statali e/o regionali) in via di istituzione; • Biotopi di rilevanza geomorfologica, floristico-vegetazionale e faunistica; • Oasi di protezione della flora e della fauna, gestite da associazioni ambientaliste; • Zone umide di interesse internazionale (secondo la Convenzione di Ramsar). Emergenze paesaggistiche e storico-culturali: • Centri storici; • Architettura religiosa di valore storico; • Architettura civile di valore storico; • Architettura militare di valore storico; • Architettura industriale di valore storico; • Emergenze archeologiche; • Areali paesaggistici connessi ad attività antropiche di valore storico; Per ogni emergenza identificata si è proceduto: • all'allestimento di un corredo descrittivo articolato, secondo procedure omogenee, in due distinte serie di schede denominate "schede di caratterizzazione" e "schede di gerarchizzazione" rispettivamente finalizzate alla descrizione delle emergenze ed alla loro classificazione secondo scale di valutazione parametriche; • al posizionamento delle emergenze in oggetto sulla cartografia di studio (georeferenziata in coordinate UTM) in scala 1:50.000.

Autorità di bacino del fiume Po 35 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

L'inequivocabile identificazione delle emergenze sulle schede e sulla cartografia è stata ottenuta mediante un codice riportato su ognuna delle schede ed accanto al simbolo di ogni emergenza sulla base cartografica. Il codice comprende: • la sigla identificativa del bacino idrografico d’appartenenza; • il codice tipologico dell'emergenza; • il numero progressivo di identificazione dell'emergenza, elencate in ordine alfabetico, per ogni tipologia e per ogni regione d’appartenenza. Le attività della Fase B sono proseguite con la valutazione della sensibilità agli interventi delle emergenze, già individuate e classificate gerarchicamente, condotta tenendo conto dei “fattori d’impatto” associati ai previsti o prevedibili interventi. A detti fattori d’impatto si sono fatti corrispondere, dipendentemente dalle caratteristiche di ciascuna emergenza illustrata nelle schede di caratterizzazione e gerarchizzazione, distinti gradi di sensibilità. L’individuazione dei fattori d’impatto è stata operata distintamente per ciascuna categoria di prevedibili interventi, includendo anche l’imposizione di regimi di vincolo sulle fasce spondali, l’esondazione conseguente alla formazione di casse d’espansione delle piene lungo le aste fluviali e l’eventuale rimozione di detriti dagli alvei. Nella Tab. 3.1 riportata di seguito si fornisce un’indicazione essenziale dei fattori d’impatto associati alle varie categorie d’intervento che è servita agli analisti per l’estensione dello studio. Lo schema prevede la descrizione separata degli interventi relativi al contenimento dei dissesti nei colatori naturali (interventi dalla lettera a) alla lettera i)) o sui versanti (interventi dalla lettera l) alla lettera p):

Tab. 3.1. Fattori d’impatto associati alle categorie d’intervento.

Contenimento dei dissesti nei colatori naturali a) Consolidamento interventi già esistenti

• Costruzione − Riapertura delle precedenti piste d’accesso e aree di cantiere − Transito mezzi • Esercizio

36 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

− Non si registrano significativi fattori d’impatto aggiuntivi rispetto allo stato “quo-ante” in quanto non si procede alla realizzazione di nuovi manufatti. b) Rivestimenti spondali in materiali tradizionali

• Costruzione − Apertura di nuove piste d’accesso e aree di cantiere − Transito mezzi • Esercizio − Occupazione di limitate porzioni della fascia spondale da parte dei rivestimenti spondali − Parziale interruzione della continuità territoriale delle sponde c) Rivestimenti spondali secondo tecniche di ingegneria naturalistica

• Costruzione − Apertura di limitati tracciati di accesso − Limitato transito mezzi

• Esercizio − Non si registrano significativi fattori d’impatto ad eccezione di eventuali caratteri di artificiosità delle essenze vegetali impiantate d) Arginature

• Costruzione − Apertura di nuove piste d’accesso e aree di cantiere − Transito mezzi

• Esercizio − Alterazione morfologica permanente − Occupazione di estese porzioni di territorio − Interruzione della continuità del territorio, sotto il profilo morfologico, idraulico, paesaggistico, fruizionale ecc. e) Opere in alveo: soglie sommerse – platee di fondo

• Costruzione − Apertura piste e aree di cantiere in alveo − Transito mezzi in alveo − Rilascio torbidità • Esercizio − Non si registrano significativi fattori d’impatto fatta eccezione per la locale interruzione della continuità geotessiturale del fondo alveo f) Opere in alveo: pennelli spondali

• Costruzione

Autorità di bacino del fiume Po 37 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

− Apertura piste e aree di cantiere sulle sponde e, parzialmente, in alveo − Transito mezzi sulle sponde • Esercizio − Alterazione morfologica delle fasce spondali g) Opere in alveo: briglie, traverse ed opere trasversali in genere con porzioni di manufatti emergenti dal pelo libero

• Costruzione − Apertura di estese piste ed aree di cantiere in alveo − Transito mezzi − Rilascio di torbidità • Esercizio − Interruzione e/o alterazione della continuità idraulica, naturalistica, paesaggistica e fruizionale dell’alveo e delle sponde h) Formazione di casse d’espansione per laminazione piene

• Costruzione − Non si rilevano significativi fattori d’impatto all’infuori di quelli associati alla costruzione di eventuali arginature perimetrali (vedi argini)

• Esercizio − Sommersione in occasione degli eventi di piena i) Pulizie alvei

• Costruzione − Apertura piste ed aree di cantiere sulle sponde ed in alveo − Transito mezzi in alveo − Rilascio torbidità e materiale in sospensione

• Esercizio − Ad avvenuta estrazione di materiale in alveo si registrano: − uno squilibrio nella distribuzione dei sedimenti lungo l’asta fluviale con accentuazione della dinamica dei processi di modellamento dell’asta fluviale (soprattutto in occasione degli eventi di piena); − una lacuna nelle caratteristiche geomorfotessiturali dell’alveo intese anche come supporto delle biocenosi dell’ecosistema lotico (e soprattutto della copertura vegetazionale) − un’alterazione paesaggistica dell’alveo e delle sponde.

Contenimento dei dissesti sui versanti l) Protezioni superficiali 1:

• Fattori d’impatto: fossi e canalette, rimboschimenti m) Protezioni superficiali 2:

38 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

• Fattori d’impatto: gradoni, reti, barriere paramassi n) Opere di drenaggio

• Fattori d’impatto: trincee drenanti, diaframmi, pozzi o) Opere di sostegno

• Fattori d’impatto: murature, terre rinforzate, paratie, tiranti, chiodature p) Protezione da valanghe:

• Fattori d’impatto: barriere, antineve, gallerie stradali anche artificiali L’attribuzione della valutazione del grado di sensibilità agli interventi è stata condotta a prescindere dalla classifica di valore dell’emergenza effettuata nella precedente attività di gerarchizzazione. L’esame è stato riepilogato in "schede di sensibilità" attraverso la elaborazione di un indice parametrico descrittivo della sensibilità attribuibile ad ogni emergenza nei confronti dei previsti interventi. Il passo successivo è consistito nel confronto tra valori della sensibilità e valore gerarchico di ciascuna emergenza. Attraverso un semplice algoritmo si è così pervenuti alla valutazione delle "criticità" determinate dagli interventi nei confronti delle emergenze individuate. Alle emergenze contemporaneamente caratterizzate dai più elevati valori gerarchici e dai più' alti gradi di sensibilità corrispondono, ovviamente, i massimi gradi di "criticità". L'acquisizione del panorama della criticità determinata dai previsti interventi a carico delle valenze naturalistiche o paesaggistiche sul territorio ha cosi' permesso di orientare la successiva fase di approfondimento dello studio verso quelle situazioni che, generalmente connotate dai più elevati valori della criticità, abbisognano di concrete indicazioni, a livello di progetto, per il migliore inserimento nell’ambiente circostante. Le cartografia di studio in scala 1:50.000 relativa alle analisi di gerarchizzazione e sensibilità è articolata in due distinte serie di tavole: • "carta dei valori" dove ogni emergenza è contraddistinta dalla sua codifica e da una lettera che ne esprime il valore gerarchico già indicato nelle schede di gerarchizzazione; • "carta della sensibilità" dove ogni emergenza interferita dai previsti interventi è contraddistinta da un simbolo che esprime il valore della relativa sensibilità.

Autorità di bacino del fiume Po 39 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Fase C - Analisi di dettaglio Detta fase è sostanzialmente consistita nella validazione delle conclusioni precedentemente formulate in base a informazioni di carattere quasi esclusivamente documentale. Si è pertanto proceduto alla conduzione di apposite campagne di ricognizione in sito volte alla acquisizione di informazioni più dettagliate ed a supportare coerentemente la completa formulazione, nelle successive fasi di studio, delle indicazioni relative alle strategie da adottare per la tutela dei caratteri naturalistici o paesaggistici del territorio a fronte dei preventivati interventi di difesa dalle piene e/o di contenimento dei dissesti. Fase D - Parametrizzazione conclusiva Il riassunto sotto forma parametrica delle risultanze delle precedenti fasi di studio, evidenziato in apposite “schede di parametrizzazione”, si è reso opportuno allo scopo di fornire un riscontro standardizzato da utilizzare nei riguardi di successive estensioni delle attività di progettazione e/o per facilitare l'elaborazione di ulteriori indicatori di maggiore complessità nei confronti dei fenomeni studiati. L’attività di censimento è stata condotta separatamente per le emergenze naturalistiche e paesaggistiche. Tale divisione ha riflettuto l’esigenza di razionalizzare l’analisi della base conoscitiva disponibile sulla base della constatazione della intrinseca diversità intercorrente tra emergenze di carattere naturalistico e paesaggistico. L’utilizzo di uno strumento di lettura univoco per entrambe le tipologie di emergenze avrebbe condotto ad approssimazioni e forzature eccessive nelle fasi di caratterizzazione delle emergenze e di identificazione delle esigenze di conservazione in rapporto agli interventi. È importante sottolineare inoltre come l’impalcatura metodologica utilizzata abbia dovuto subire alcuni adattamenti dipendentemente dalla differente natura della base conoscitiva disponibile nelle varie Regioni e/o aree di studio.

3.1.1 Emergenze naturalistiche Gli elementi emersi dalla ricerca documentaria sono stati organizzati in base ai dati identificativi che ne giustificano la rilevanza naturalistica facendo riferimento, per quanto riguarda le componenti ed i contenuti tecnici, al D.P.C.M. 27/12/’88 relativo agli studi di V.I.A. (componenti flora-fauna- ecosistemi).

40 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

La scheda di caratterizzazione La scheda caratterizzazione delle emergenze naturalistiche, finalizzata a dare una descrizione esaustiva, seppur codificata, dell’emergenza è articolata in due parti: nella prima sono inserite informazioni di carattere geografico- amministrativo (denominazione dell’area, tipologia di tutela, estensione, estremi della legge istitutiva, localizzazione geografica, ente gestore, codice identifica- tivo) mentre nella seconda sono riportate informazioni a carattere fisiografico- naturalistico (descrizione fisica dell’area, descrizione floristico vegetazionale e descrizione faunistica, emergenze botaniche e faunistiche, riferimenti biblio- grafici consultati per la compilazione della scheda) (vedi esempio di fig. 3.2). La cartografia delle emergenze Le emergenze individuate sono state riportate su cartografia tematica in scala 1:50.000 (vedi l’esempio di fig. 3.3). Le aree, quando le cartografie tematiche di riferimento lo consentivano, sono state riportate in carta attraverso l’indicazione planimetrica della loro estensione. Quando ciò non è stato possibile (aree di piccole dimensioni non cartografabili alla scala utilizzata) si è fatto ricorso ad un simbolismo grafico localizzato nel baricentro dell’area di interesse. Ad ogni area è stato attribuito un codice, strutturato secondo una numerazione progressiva, distinta per ogni tipologia di tutela, secondo quanto di seguito indicato.

Tab. 3.2. Tipologie e codici utilizzati Tipologia Codice utilizzato Parchi nazionali Pn Parchi regionali Pr Riserve regionali Rr Sistemi di aree di interesse naturalistico ambientale Sn Parchi e riserve (statali e/o regionali) in via di istituzione Pi Biotopi di rilevanza geomorfologica, floristico-vegetazionale e faunistica Bi

La scheda di gerarchizzazione La valutazione qualitativa di ogni area di interesse naturalistico individuata e caratterizzata, si è basata essenzialmente sull’assegnazione di un punteggio differenziato ad una serie di descrittori della qualità ambientale.

Autorità di bacino del fiume Po 41 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Nell’ambito dello studio sono stati individuati sei descrittori degli aspetti qualitativi naturalistici: • estensione dell’area • rarità • ricchezza di specie • naturalità • specificità funzionale • valore culturale ed estetico I criteri di assegnazione del punteggio, basato su una scala di cinque valori, sono stati definiti attraverso l’individuazione di alcune classi dimensionali, nel caso dell’estensione dell’area (> 10 ha, 11-100 ha, 101-1.000 ha, 1.001-10.000 ha, > 10.000 ha), mentre nel caso degli altri cinque descrittori sono state proposte delle scale adimensionali secondo la seguente scala di giudizio: bassa, medio-bassa, media, medio-alta, elevata. Tale scelta è stata necessaria in quanto il livello delle informazioni disponibili è risultato disomogeneo ed i giudizi espressi riflettono le informazioni desumibili dalle pubblicazioni consultate. Al fine di contenere la soggettività della valutazione e per equiparare l’assegnazione dei punteggi ai diversi descrittori, i giudizi sono stati espressi all’interno di riunioni collegiali costituite dai differenti specialisti delle diverse discipline naturalistiche (botanici, zoologi, idrobiologi). Il punteggio complessivo ottenuto attraverso la somma delle valutazioni parziali è stato suddiviso in una scala numerica a cui è stato assegnato un giudizio di “valore naturalistico dell’area” (medio, medio-alto, alto, molto alto, eccezionale). I cinque giudizi associati al punteggio utilizzano una terminologia che esclude i termini basso e medio basso, utilizzati in precedenza per i singoli descrittori analitici, in quanto non ritenuti idonei a definire un valore naturalistico per aree già ritenute in prima analisi delle “emergenze naturalistiche”. Per la valutazione degli aspetti qualitativi è stata predisposta una scheda sintetica in cui sono riportati i 6 criteri utilizzati per la valutazione della qualità ambientale e il punteggio totale che ogni area di interesse naturalistico ha conseguito (vedi l’esempio di fig. 3.4). I criteri o descrittori della qualità ambientale sono di seguito definiti:

42 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Estensione dell’area La dimensione di una determinata area è una caratteristica oggettivabile e strettamente collegata alla ricchezza di specie ed alla diversità di habitat. Si può quindi considerare in termini del tutto generali, ed a parità di alcune condizioni che la qualità di un’area aumenta con le dimensioni. Infatti maggiori sono le dimensioni dell’unità ambientale e più elevato è il numero di specie ed il numero di habitat presenti; inoltre a più elevate dimensioni superficiali corrisponde anche una maggiore probabilità di trovare elementi di interesse nell’unità ambientale3 Per la valutazione di questa componente della qualità ambientale sono state considerate cinque classi e ad ognuna è stato assegnato il seguente punteggio: • <10 ha =1 • 11-100 ha= 2 • 101-1.000 ha = 3 • 1001-10.000 = 4 • >10.000 ha = 5 Rarità Il concetto di rarità si può applicare a differenti categorie di elementi (ad es. specie floristiche o zoologiche). Una particolare forma di rarità collegata a ristretti confini spaziali è l’ “endemismo”4. In questo caso l’elemento considerato è presente esclusivamente in una determinata e ristretta regione geografica. La valutazione della rarità è stata svolta prendendo in considerazione tutte le specie minacciate a livello regionale e nazionale ed è stata effettuata sulla base delle liste rosse (red list) regionali e nazionali. In particolare si è fatto riferimento per le specie floristiche alle legislazioni regionali sulla flora protetta ed a livello nazionale al “Libro rosso delle piante d’Italia”5 .

3 Malcevschi, 1991 4 Malcevschi, 1991 5 Conti et al., 1992

Autorità di bacino del fiume Po 43 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Per quanto riguarda la fauna la valutazione si basa essenzialmente sulla presenza nella unità ambientali di Vertebrati considerati nelle liste rosse nazionali: • per i pesci, anfibi, rettili e mammiferi si è fatto riferimento alla lista presente nella relazione sullo Stato dell’Ambiente del 19896; • per gli uccelli oltre alla lista presente nella sopra citata relazione si è considerata anche la Lista rossa nazionale7. Sono state individuate cinque classi di giudizio, considerando il numero di elementi rari presenti in una determinata unità ambientale correlato positivamente con la qualità ambientale e ad ognuna classe è stato assegnato il seguente punteggio: • bassa = 1 (scarso numero di elementi rari, minacciati o vulnerabili); • medio-bassa = 2 (alcuni elementi rari, minacciati o vulnerabili) • medio = 3 (un discreto numero di elementi rari, minacciati o vulnerabili) • medio-alto = 4 (numerosi elementi rari, minacciati o vulnerabili) • elevata = 5 (una elevata percentuale di elementi rari, minacciati o vulnerabili). Ricchezza di specie Il numero di specie presenti in una determinata unità ambientale descrive una qualità ambientale dell’area e ne indica lo stato di conservazione e la diversificazione. Lo stato di conservazione di una unità ambientale influenza il numero di specie in essa presenti: i fondali di un torrente non inquinato ospitano una comunità macrobentonica con un numero maggiore di taxa che quelli di un corso d’acqua inquinato, un bosco maturo pluristratificato ha un numero maggiore di specie di uccelli che un bosco giovane e monostratificato. Inoltre la ricchezza di specie è una delle componenti della diversità ambientale e ne costituisce un parametro positivamente correlato: un comprensorio con un elevato numero di unità ambientali conterrà un elevato numero di specie.

6 AA.VV., 1989 7 Frugis & Schenk, 1981

44 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

La ricchezza di specie è quindi positivamente correlata alla qualità ambientale e nello studio è stata valutata attraverso l’attribuzione ad ogni area di interesse individuata, di cinque classi di giudizio: bassa = 1 (basso numero di specie totali) medio-bassa = 2 (numero medio-basso di specie totali) medio= 3 (un discreto numero di specie totali) medio-alto= 4 (un numero medio-alto di specie totali) elevata= 5 (un numero elevato di specie totali). Naturalità Il concetto di naturalità descrive il grado delle influenze antropiche che influenzano o hanno influenzato un determinato comprensorio o una determinata unità ambientale. Un’elevata naturalità di un comprensorio può essere espressa in termini di assenza di perturbazioni di origine antropica (assenza di insediamenti e di attività umane). In termini di vegetazione la massima naturalità corrisponde allo stadio climacico di una determinata fitocenosi. In termini faunistici la naturalità può essere fatta coincidere con la complessità ecosistemica o con una complessità delle reti trofiche (ad es. la presenza in un determinato comprensorio dei consumatori secondari-terziari e dei superpredatori). Nel complesso, ad una maggiore naturalità corrisponde una più elevata qualità ambientale. La valutazione di questa componente della qualità ambientale è stata effettuata attraverso cinque classi di giudizio: • bassa naturalità o elevato grado delle influenze antropiche= 1 • medio-bassa naturalità o grado medio-alto delle influenze antropiche = 2 • media naturalità o grado medio delle influenze antropiche= 3 • medio-alta naturalità o grado medio-basso delle influenze antropiche= 4 • alta naturalità o grado basso delle influenze antropiche =5. Specificità funzionale La specificità funzionale esprime una rarità o scarsità in un determinato comprensorio di una determinata unità ambientale o biotopo.

Autorità di bacino del fiume Po 45 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

In questo vengono svolte alcune attività o funzioni ecologiche che non possono essere effettuate all’interno di altri biotopi o unità ambientali. Esempi di unità ambientali ad elevata specificità funzionale possono essere considerate i sistemi rupestri come siti riproduttivi di Falconidi o le cavità ipogee come siti di roosting per i Chirotteri. Generalmente questi elementi hanno delle dimensioni areali limitate ed hanno una distribuzione discontinua sul territorio. Al contrario sono maggiormente vicariabili le funzioni ecologiche svolte in unità ambientali di dimensioni elevate e con una presenza diffusa e continua sul territorio. La specificità funzionale è stata suddivisa in cinque livelli di valutazione: • basso grado di svolgimento di funzioni ecologiche non vicariabili in ambito locale o generale =1 • grado medio-basso di svolgimento di funzioni ecologiche non vicariabili in ambito locale o generale =2 • grado medio di svolgimento di funzioni ecologiche non vicariabili in ambito locale o generale= 3 • grado medio-alto di svolgimento di funzioni ecologiche non vicariabili in ambito locale o generale = 4 • grado elevato di svolgimento di funzioni ecologiche non vicariabili in ambito locale o generale= 5. Valore culturale ed estetico La qualità ambientale di un’area è anche determinato dall’importanza che l’area può svolgere sul piano culturale ed estetico8. Gli elementi floristici e faunistici, quando sono rappresentativi sotto il piano culturale ed estetico, aumentano il valore qualitativo di un’area. Ad esempio, la presenza dell’Aquila reale, dello Stambecco e dell’Orso bruno possono fornire un motivo di apprezzamento culturale di una data realtà ambientale, in quanto possono evocare sensazioni di wilderness o di naturalità. Spesso queste sensazioni positive sono legate alla relativa facilità di osservazione dell’elemento (lo Stambecco) o, all’opposto, all’estrema difficoltà dell’incontro (l’Orso bruno).

8 Malcevschi, 1991

46 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Inoltre una determinata area può ospitare oltre ad elementi rappresentativi anche elementi facilmente fruibili dal pubblico, resi accessibili attraverso sentieri e punti di osservazione e comprensibili attraverso pannelli esplicativi, guide e musei; tutto ciò necessariamente determina un maggiore valore dell’area sotto l’aspetto strettamente didattico, culturale e qualitativo generale. La valutazione del valore culturale ed estetico è stata svolta attraverso l’utilizzo di cinque livelli di giudizio: • grado basso di presenza di specie o elementi di pregio culturale ed estetico e loro fruibilità= 1 • grado medio-basso di presenza di specie o elementi di pregio culturale ed estetico e loro fruibilità =2 • grado medio di presenza di specie o elementi di pregio culturale ed estetico e loro fruibilità = 3 • grado medio-alto di presenza di specie o elementi di pregio culturale ed estetico e loro fruibilità= 4 • grado elevato di presenza di specie o elementi di pregio culturale ed estetico e loro fruibilità = 5 Scala del punteggio del valore naturalistico Il valore naturalistico complessivo per ogni area è stato composto attraverso la somma dei punteggi parziali assegnati ad ogni criterio descrittore della qualità ambientale. L’indice risultante e l’algoritmo utilizzato è del tipo: VN= cq Dove VN= valore naturalistico e cq= componente o descrittore della qualità ambientale. I punteggi ottenuti per ogni area di interesse, compresi tra un minimo di 6 ed un massimo di 30, sono stati suddivisi in cinque classi di valori e ad ognuna di queste è stato assegnato un giudizio di valore naturalistico: • Valore naturalistico medio= 6 • Valore naturalistico medio-alto=7-12 • Valore naturalistico alto= 13-18 • Valore naturalistico molto alto= 19-24 • Valore naturalistico eccezionale= 25-30.

Autorità di bacino del fiume Po 47 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

La cartografia dei valori ambientali Nella cartografia dei valori ambientali prodotta in scala 1:50.000 sono riportate le emergenze naturalistiche individuate ed il valore assegnato ad ognuna in base ai criteri sopra descritti. Come si evince dall’esempio riportato in fig. 3.5, la simbologia utilizzata per ogni grado di qualità ambientale è la seguente: • A= Valore naturalistico eccezionale • B= Valore naturalistico molto alto • C= Valore naturalistico alto • D= Valore naturalistico medio-alto • E= Valore naturalistico medio. La scheda di sensibilità L’attribuzione dei giudizi di sensibilità agli interventi delle emergenze naturalistiche è stata effettuata secondo lo schema riportato nella Tab. 3.3.

Tab. 3.3. Categorie di intervento e corrispondenti gradi di sensibilità. Categoria di intervento Grado di sensibilità Assenza di interventi = 0 (nullo) Consolidamento interventi esistenti = B (basso) Nuovi interventi Rivestimenti spondali tradizionali = M (medio) Rivestimenti spondali naturalistici = B (basso) Arginature = A (alto) Opere in alveo:soglie sommerse e platee di fondo = B (basso) Opere in alveo:pennelli spondali = M (medio) Opere in alveo:briglie e traverse = A (alto) Sommersione da cassa d’espansione = A (alto) Rimozione di sedimenti in alveo = A (alto) Imposizione di vincolo territoriale = 0 (nullo) Protezione dei versanti Protezioni superficiali 1 (fossi e canalette, rimboschimenti) = B (basso) Protezioni superficiali 2 (gradoni, reti, barriere paramassi) = A (alto) Opere di drenaggio (trincee drenanti, diaframmi, pozzi) = B (basso) Opere di sostegno (murature, terre rinforzate, paratie, tiranti, chiodature) = M (medio) Protezione da valanghe (barriere, antineve, gallerie stradali anche artificiali) =A (alto)

Occorrono tuttavia alcune precisazioni in merito all’applicazione del suddetto metodo sia in ordine all’area di interferenza tra intervento ed emergenza reale,

48 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

sia in ordine ai fattori correttivi generati dalla diversa estensione dell’intervento ed al numero degli interventi eventualmente compresenti: • nel caso delle emergenze areali la fascia di interferenza è stata considerata ricompresa all’interno dell’areale stesso; • per quanto riguarda i fattori correttivi dei valori abbinati agli interventi, essi sono stati messi in relazione all’estensione del manufatto; il discostarsi dal valore medio in crescita o decrescita produce innalzamenti o abbassamenti del valore della sensibilità; la compresenza di interventi produce innalzamento del valore della sensibilità. Le schede di sensibilità sono articolate in una prima parte che registra il tipo e l’estensione planimetrica (se applicabile) del previsto intervento ed in una seconda parte che riporta il grado di sensibilità (nullo, basso, medio o alto) (vedi l’esempio riportato in fig.3.6). L’apposizione di un asterisco segnala la presenza di eventuali elevatissimi gradi di sensibilità. Va ricordato che la sensibilità è stata considerata “teorica” quando l’intervento è stato definito come prevedibile, mentre è stata considerata “reale” per interventi definiti come già previsti. In ultimo viene segnalato su quale componente naturalistica può prevalentemente attribuirsi il giudizio di sensibilità espresso. Le componenti naturalistiche ritenute significative ai fini della valutazione della sensibilità sono le seguenti: • flora e vegetazione acquatica e ripariale; • macroinvertebrati acquatici; • fauna ittica; • anfibi-rettili; • avifauna acquatica e ripariale; • mammalofauna acquatica. La cartografia delle aree sensibili Nella cartografia della sensibilità prodotta alla scala 1:50.000 sono riportate le emergenze individuate e la sensibilità assegnata ad ognuna secondo i criteri sopra descritti. Come si evince dall’esempio riportato in fig.3.7, la simbologia utilizzata per ogni grado di sensibilità è la seguente:

Autorità di bacino del fiume Po 49 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• 0 = sensibilità nulla • 1 = sensibilità bassa • 3 = sensibilità media • 5 = sensibilità alta. La scheda di parametrizzazione La scheda di parametrizzazione è stata compilata allo scopo di fornire i parametri di riferimento utili, nell’ambito della redazione del Piano, per la definizione dei criteri e delle opzioni di intervento (vedi l’esempio riportato in fig.3.8). La scheda contiene il riepilogo delle indicazioni parametriche già attribuite nei confronti degli attributi: • valore gerarchico delle emergenze; • sensibilità delle emergenze. Detto riepilogo viene riportato nella scheda attraverso il valore parametrico esprimente rispettivamente il valore dell’emergenza (cinque gradi in scala da 1 a 5) e il relativo grado di sensibilità (in quattro gradi: 0,1,3,5). Successivamente viene svolta la parametrizzazione della criticità dell’emergenza nei confronti dei prevedibili interventi attraverso il prodotto (ragguagliato alla scala da 1 a 5) dei valori dei parametri relativi a valore gerarchico e sensibilità: criticità =(valore gerarchico x valore sensibilità / 25) x 5 Per i diversi valori ottenuti la criticità è stata così classificata: • 0 = criticità nulla • 1-6 = criticità bassa • 7-12 = criticità medio-bassa • 13-18 = criticità media • 19-24 = criticità medio-alta • 25-30 = criticità alta Tali valori sono stati ragguagliati nella scheda in una scala da 1 a 5 nella seguente suddivisione: • 0 = criticità nulla • 0-1= criticità bassa

50 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

• 1,1-2 = criticità medio-bassa • 2,1-3 = criticità media • 3,1-4 = criticità medio-alta • 4,1-5 = criticità alta Eventuali asterischi, già attribuiti ai due precedenti parametri, sono riportati nella colonna di destra. L’ultima sezione fornisce indicazioni circa le componenti naturalistiche a cui va prevalentemente attribuita la classifica perametrica di sensibilità e criticità esposta nella scheda (flora e vegetazione acquatica e ripariale, macroinvertebrati acquatici, fauna ittica, anfibi e rettili acquatici, avifauna acquatica e ripariale, mammalofauna acquatica).

3.1.2 Emergenze paesaggistiche e storico-culturali Gli elementi emersi dalla ricerca documentaria sono stati organizzati in base ai dati identificativi che ne giustificano la rilevanza paesaggistica facendo riferimento, per quanto riguarda le componenti ed i contenuti tecnici, a quanto previsto nel D.P.C.M. 27/12/88 relativo agli studi di V.I.A. (Paesaggio). Sono stati pertanto distinti e classificati separatamente gli aspetti caratteristici relativi alle sottocomponenti: • valori storico - testimoniali; • valori percettivi. Per quanto concerne gli elementi di pregio paesistico a carattere naturale si rimanda alla caratterizzazione già per essi operata nella parte relativa alle emergenze naturalistiche (vedi paragrafo 3.1.1). La scheda di caratterizzazione La scheda di caratterizzazione delle emergenze paesaggistiche, finalizzata a dare una descrizione esaustiva, seppur codificata dell’emergenza, riporta le seguenti informazioni (vedi l’esempio di fig.3.9): • denominazione; • tipologia; • localizzazione; • periodo storico di appartenenza; • utilizzo attuale;

Autorità di bacino del fiume Po 51 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• estensione; • stato di conservazione; • presenza dei vincoli identificati in cartografia. • motivi che ne giustificano l’importanza; La cartografia delle emergenze Le emergenze individuate sono state riportate su cartografia tematica in scala 1:50.000 (vedi l’esempio di fig.3.10). Un’apposita codifica alfanumerica in tre campi ne permette l’inequivocabile attribuzione alle informazioni contenute nelle schede: • il primo campo indica il bacino idrografico di appartenenza; • il secondo la tipologia dell’emergenza secondo la seguente codifica: 0. Centri storici 1. Architettura religiosa: chiese (C), monasteri (M), sinagoghe, battisteri (A=altri) 2. Architettura civile: ville (V), palazzi (P), cascine ( C); 3. Architettura militare: torri (T), opere fortificate (F), castelli ( C), ponti fortificati (P); 4. Architettura industriale: opifici (O), mulini (M), fucine, filatoi, fornaci (A=altro); 5. Emergenze archeologiche: resti di strutture ( R), ritrovamenti isolati (I), area di frammenti fittili (F), città romane ( C), aree di ritrovamenti di tipo diverso (A=altro); 6. Areali paesaggistici valore storico9; • il terzo indica il numero d’ordine progressivo dell’emergenza per bacino e per Regione. In cartografia sono state evidenziate le aree sottoposte a vincolo paesaggistico di cui alla L. n° 1497/’39; quelle con vincolo archeologico di cui alla L. n° 1089/’39, quelle sottoposte ai vincoli “Galassini” di cui alla L. n°431/’85; le zone sottoposte a vincolo idrogeologico di cui al R.D. 3267/23.

9 Per quanto concerne gli ambiti caratterizzati da pregi di carattere fisiografico e/o naturale si rimanda alla trattazione relativa alle emergenze naturalistiche. In generale comunque sono stati considerati ambiti di interesse paesaggistico tutte le aree comprese al di sopra dei 1600 m, in ossequio ai disposti dell’art. 1 della legge n°431/’85.

52 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Le schede di gerarchizzazione Ad ogni emergenza identificata e caratterizzata sono stati attribuiti giudizi sintetici di qualità rappresentativi del valore della stessa sia sotto l’aspetto storico-testimoniale che percettivo. Detti giudizi sono stati aggregati in schede di gerarchizzazione (vedi l’esempio di fig. 3.11) sulla base della valutazione distinta dei seguenti aspetti. Valori storico – testimoniali - culturali: • estensione territoriale o dimensioni fisiche; • età; • stato di conservazione; • rarità; • sinergie con altre emergenze nel territorio circostante; • utilizzo attuale e/o previsto. Valori percettivo - visivi: • esposizione visuale; • frequentazione; • significati estetico-architettonici; • omogeneità e coerenza con il contesto visivo circostante; • sinergie visuali con altre emergenze; • eventuali elementi detrattori. È stato così possibile allestire una gerarchia sintetica dell’importanza di ogni emergenza da utilizzare nella successiva fase di individuazione delle sensibilità ai prevedibili interventi. I giudizi sintetici di qualità attribuiti ad ognuno dei sopra illustrati aspetti sono stati tradotti in parametri numerici adimensionali, in scala da 1 a 5, più un’ulteriore eventuale segnalazione costituita da un asterisco a rappresentare aspetti di eccezionale valore non collocabili coerentemente all’interno della sopracitata scala parametrica. In questo modo due elementi distinti possono raggiungere lo stesso punteggio complessivo, determinato però da diversi contenuti di valore delle varie sottocomponenti. Per chiarire tale eventualità i parametri sopra indicati sono stati indicati esplicitamente sulla scheda.

Autorità di bacino del fiume Po 53 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

La somma dei valori parziali corrisponde al valore numerico assoluto dell’emergenza analizzata. Considerando che le classi dei valori numerici parziali sono quelle evidenziate in Tab. 3.4 ad ogni classe corrisponde un valore di sintesi qualitativo per l’emergenza considerata I classe = basso II classe = scarso III classe = discreto IV classe = buono V classe = ottimo

In questo modo due elementi distinti possono raggiungere lo stesso punteggio complessivo, determinato però da diversi contenuti di valore dei vari aspetti, secondo l’illustrazione analitica riportata nella scheda. Di seguito si riporta una breve specifica per ogni valore analizzato.

Tab. 3.4. Classi dei valori numerici parziali Emergenze puntuali Emergenze areali I classe = V = 1 I classe = V = 1 0= 12 0= 6 II classe = V = 2 II classe = V = 2 = 24 = 12 III classe = V = 3 III classe = V = 3 = 36 = 18 IV classe = V = 4 IV classe = V = 4 = 48 = 24 V classe = V = 5 V classe = V = 5 = 60 = 30

Valori storico-testimoniali-culturali

Estensione territoriale o dimensioni fisiche Se si è trattato di un’emergenza puntuale si è tenuto conto delle dimensioni della stessa; se si è trattato di un’emergenza areale si è valutata l’estensione territoriale. I valori assegnati sono sempre relativi a i termini di paragone esistenti nella cultura storico-architettonica regionale. Alla classe più alta corrisponde il valore numerico più alto.

54 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Età Sono stati presi in considerazione 5 periodi storico-architettonici ben definiti: a) periodo Romano – Paleocristiano - Primo Bizantino; b) periodo Romanico; c) periodo Gotico; d) periodo Rinascimentale; e) periodo Moderno. Al periodo più antico corrisponde il valore numerico più alto. Stato di conservazione Sono stati considerati i 5 seguenti stati: a) rudere; b) fatiscente; c) mediamente conservato; d) ben conservato; e) ottimamente conservato. Alla classe e) corrisponde il valore numerico più alto.

Rarità e/o unicità Questa sottocomponente considera l’emergenza in rapporto al numero degli esemplari esistenti in ambito regionale. Più è basso tale numero (valore massimo = unico esemplare) più è alto il valore numerico corrispondente.

Sinergie con altre emergenze nel territorio circostante Rappresenta il rapporto che l’emergenza in esame ha con le altre situate nel contesto ambientale adiacente. Alla classe più alta corrisponde il valore numerico più alto.

Utilizzo attuale e/o previsto La prima classe considera l’emergenza completamente abbandonata; la seconda parzialmente abbandonata; la classe media considera l’emergenza utilizzata nel modo non conforme al suo utilizzo originario; la quarta classe prevede la possibilità di recuperare l’utilizzo originale; l’ultima classe considera l’emergenza utilizzata in modo ottimale e conforme alla sua funzione d’origine. All’ultima classe corrisponde il valore numerico più alto.

Autorità di bacino del fiume Po 55 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Valori percettivo - visivi

Esposizione visuale È considerata bassissima l’esposizione visuale di un’emergenza nascosta (sia da elementi naturali, morfologici che antropici); bassa se è seminascosta; media se ci sono alcuni ostacoli; alta con pochi ostacoli; elevata senza nessun tipo di ostacolo. Alla classe elevata corrisponde il valore numerico più alto.

Frequentazione Esprime il numero e la durata delle frequentazioni. Il massimo grado corrisponde ad un elevato numero di frequentatori con più alta frequenza.

Significati estetico-architettonici Questa classe rappresenta il peso dell’importanza estetica e del contenuto architettonico propri dell’emergenza nei confronti dei restanti valori storico- testimoniali e culturali. Alla classe più alta corrisponde il valore più alto.

Omogeneità e coerenza con il contesto visivo circostante L’emergenza viene valutata in rapporto al contesto visivo che la circonda. L’omogeneità e la coerenza saranno massime quanto l’ambito territoriale in cui sono inserite ha una valenza superiore e viceversa.

Sinergie visuali con altre emergenze Esprime il numero e la vicinanza (visuale) di altre emergenze o in mancanza di questo il grado di isolamento rispetto ad aree edificate.

Elementi detrattori Sono considerati detrattori tutti gli elementi che abbassano il valore del paesaggio, in quanto estranei. L’assenza di detrattori corrisponde al valore numerico più alto. È stata inoltre prevista un’ulteriore suddivisione di valore qualitativo nell’ambito della classe più elevata (V = 49 = 60). Infatti alle emergenze risultanti di eccezionale valenza è stata attribuita una ulteriore indicazione aggiuntiva (asterisco) (+), (++), (+++), in considerazione della eccezionalità del “peso” che rivestono rispetto ad altre della stessa classe, anche in merito alle similarità con esempi nel contesto circostante e/o a livello nazionale.

La cartografia dei valori ambientali

56 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Nella cartografia dei valori ambientali prodotta in scala 1:50.000 sono riportate le emergenze paesaggistiche individuate ed il valore assegnato ad ognuna in base ai criteri sopradescritti (vedi l’esempio in fig.3.12).

La scheda di sensibilità L’attribuzione dei giudizi di sensibilità agli interventi delle emergenze paesag- gistiche è stata effettuata secondo lo schema riportato nel par.3.1.1 in Tab. 3.3. Per quanto riguarda i fattori correttivi dei valori abbinati agli interventi, essi sono stati messi in relazione all’estensione del manufatto: il discostarsi dal valore medio in crescita o decrescita produce innalzamenti o abbassamenti del valore della sensibilità; la compresenza di interventi produce innalzamento del valore della sensibilità. I gradi di sensibilità sono stati attributi solo laddove si è verificata una significa- tiva interferenza di carattere territoriale o visuale secondo i seguenti criteri:

Autorità di bacino del fiume Po 57 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Emergenze paesaggistiche areali Collocazione degli interventi all’interno della porzione territoriale interessata dall’emergenza. Le emergenze paesaggistiche areali, estendentisi su porzioni di territorio significativamente ampie in scala 1:50.000, comprendono generalmente anche le fasce perimetrali di transizione con il restante territorio per cui non è risultato necessario, nella maggior parte dei casi, tenere conto di eventuali interferenze nelle adiacenze del perimetro esterno. Opportune valutazioni sono state condotte nei casi in cui la presenza di interventi nelle adiacenze del perimetro esterno ha comportato significative interferenze.

Emergenze paesaggistiche puntuali Collocazione degli interventi in corrispondenza dell’emergenza od all’interno della fascia territoriale adiacente per una profondità di circa 0,5 - 1 Km. Oltre detta distanza, considerata la natura degli interventi e la ridotta estensione dell’emergenza, si è ritenuto di poter considerare esaurite le più significative reciproche interferenze. Anche in tal caso, ove se ne sia ravvisata la necessità, si è proceduto opportunamente a seconda dei casi con valutazioni ad hoc. Qualora si sia prevista, nei confronti della stessa emergenza, la coesistenza di più interventi, detta circostanza è stata considerata come un ulteriore fattore correttivo elevando di un grado il giudizio di sensibilità più alto relativo agli interventi previsti. L’applicazione dei su esposti criteri è stata riassunta nelle schede di sensibilità (vedi l’esempio in fig. 3.13). La compilazione delle schede è stata operata separatamente per i tre distinti tipi di emergenze considerati: • nuclei storici; • architettura di valore storico (religiosa, civile, etc.); • areali paesaggistici. Detta indicazione è stata fornita in corrispondenza della voce “Tipologia” dell’emergenza. Le schede si articolano in una prima parte che registra il tipo e l’estensione planimetrica (se applicabile) del previsto intervento ed in una seconda parte che riporta il grado di sensibilità (nullo, bassa, medio o alto).

58 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

L’ultima parte a destra della scheda evidenzia, mediante l’apposizione di un asterisco, i gradi di sensibilità altissimi, non traducibili significativamente mediante la scala parametrica. Va ricordato che la sensibilità è stata considerata “teorica” quando l’intervento è stato definito come prevedibile, mentre è stata considerata “reale” per interventi definiti come già previsti. In ultimo è stata segnalata a quale componente ambientale (paesaggio antropico, paesaggio naturale o patrimonio storico-culturale) viene prevalente- mente attribuito il giudizio di sensibilità espresso. Orientativamente tale valutazione viene espressa inTab. 3.5.

Tab. 3.5. Componenti considerate nella valutazione delle emergenze

Emergenza Componenti Centri storici Paesaggio antropico Patrimonio storico-culturale Architettura (religiosa, civile, . ...) di valore storico ed emergenze archeologiche10 Patrimonio storico-culturale Areali paesaggistici connessi ad attività antropiche Paesaggio antropico Areali paesaggistici connessi ad attività antropiche ricadenti in aree naturalistiche protette11 Paesaggio antropico Paesaggio naturale

La cartografia delle aree sensibili Nella cartografia della sensibilità prodotta alla scala 1:50.000 sono riportate le emergenze individuate e la sensibilità assegnata ad ognuna secondo i criteri sopra descritti (vedi l’esempio di fig. 3.14).

La scheda di parametrizzazione La scheda di parametrizzazione è stata compilata allo scopo di fornire i parametri di riferimento utili, nell’ambito della redazione del Piano, per la definizione dei criteri e delle opzioni di intervento (vedi l’esempio di fig.3.15).

10 N.B. Tale valutazione è stata estesa alla componente paesaggio antropico nel caso in cui l’emergenza riveste un ruolo visivamente importante nel contesto circostante: ad es. castelli 11 N.B. Per gli areali paesaggistici a carattere naturale, esaminati come già detto, nell’ambito delle emergenze naturalistiche, la sensibilità paesaggistica è indicata dalla sensibilità espressa relativamente alla componente vegetazionale e/o morfofisiografìca.

Autorità di bacino del fiume Po 59 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

L’utilizzo dei parametri è stato indirizzato verso funzioni di descrizione valutativa e comparativa degli aspetti esaminati nelle precedenti fasi, senza assumere di norma significati di valore assoluto; tale utilizzo è consistito pertanto nel supporto alle decisioni assunte nelle citate fasi di definizione dei criteri e delle opzioni di intervento. La fase di parametrizzazione è stata condotta separatamente per i tre tipi di emergenze considerati (centri storici, architettura di valore, areali paesaggistici). La scheda contiene il riepilogo delle indicazioni parametriche già attribuite nei confronti degli attributi: • valore gerarchico delle emergenze; • sensibilità delle emergenze. Detto riepilogo viene riportato nella scheda attraverso il valore parametrico esprimente rispettivamente il valore dell’emergenza (cinque gradi in scala da 1 a 5) e il relativo grado di sensibilità (in quattro gradi: 0,1,3,5 o altissima). Successivamente viene evidenziato il parametro relativo alla criticità dell’emergenza nei confronti dei prevedibili interventi, ricavato attraverso il prodotto (ragguagliato alla scala da 1 a 5) dei valori dei parametri relativi a valore gerarchico e sensibilità: criticità =( (valore gerarchico x valore sensibilità) / 25) x 5 Per i diversi valori ottenuti la criticità è stata così classificata: • 0 = criticità nulla • 1-6 = criticità bassa • 7-12 = criticità medio-bassa • 13-18 = criticità media • 19-24 = criticità medio-alta • 25-30 = criticità alta Tali valori sono stati ragguagliati nella scheda in una scala da 1 a 5 nella seguente suddivisione: • 0 = criticità nulla • 0-1= criticità bassa • 1,1-2 = criticità medio-bassa • 2,1-3 = criticità media • 3,1-4 = criticità medio-alta • 4,1-5 = criticità alta

60 Autorità di bacino del fiume Po

Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Eventuali asterischi, già attribuiti ai due precedenti parametri, sono riportati nella colonna di destra. L’ultima sezione fornisce indicazioni circa la componente ambientale, tra paesaggio antropico, paesaggio naturale e patrimonio storico a cui vada prevalentemente attribuita la classifica parametrica di sensibilità e criticità esposta nella scheda.

3.2 Presupposti metodologici e considerazioni circa l’utilizzabilità del database

Nel corso dell’attività di “censimento” è stato allestito un database del quale risulta necessario chiarire i limiti di utilizzabilità. Il database è stato costituito sulla base dei documenti resi disponibili dalle amministrazioni competenti e dai soggetti comunque in grado di fornire indicazioni utili in materia di pianificazione e tutela del paesaggio, del patrimonio archeologico e della natura. Ad esso sono stati affidati pertanto, in primo luogo, compiti di trasposizione e catalogazione delle informazioni ricavabili dalla base documentale in materia che, ai sensi della L.431/85 e della L.394/91, risulta univocamente sostanziata (e sostanziabile) dalle singole amministrazioni regionali all’interno del territorio di loro competenza. Pertanto, benché uniformate sotto l’aspetto lessicale, le catalogazioni delle caratteristiche delle emergenze studiate ed i giudizi espressi (anche in forma parametrica), traggono origine da un complesso documentale caratterizzato da omogeneità e confrontabilità solo ed esclusivamente su base regionale. Inoltre, come già accennato, i distinti ambiti territoriali di studio considerati nei due sottoprogetti hanno riguardato, rispettivamente, gli areali: • sottoprogetto SP1: fasce di pertinenza fluviale e regione fluviale in genere; • sottoprogetto SP2: zone di dissesto all’interno della porzione di bacino idrografico del Po sottesa dal limite degli affioramenti catalogati come “villafranchiani”. Restano pertanto escluse porzioni di territorio all’interno del bacino del Po e dei sottobacini minori (ad esempio tutte le porzioni planiziali padane al di fuori delle regioni fluviali delle aste comprese nel sottoprogetto SP1). Ulteriori motivi hanno poi contribuito alla diversa definizione degli ambiti di studio all’interno dei due sottoprogetti.

76 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Nel sottoprogetto SP2 la distribuzione sul territorio degli areali di dissesto si è a volte presentata secondo assetti planimetrici finemente frammentati tali da determinare la necessità di estendere l’ambito di studio alla porzione di territorio sottesa all’inviluppo dei citati areali di dissesto piuttosto che seguire pedissequamente i confini delle singole areole ed escludere gli “interstizi” compresi tra queste. In questi casi la lettura dei caratteri paesaggistici e naturalistici del territorio ha consentito un approccio a livello di area vasta e cioé adeguatamente proporzionato anche in termini di estensione e di completezza dell’ambito di studio. Per quanto concerne il sottoprogetto SP1 gli ambiti di studio sono stati identificati, nelle fasi preliminari dell’attività, sulla base di indicazioni di massima circa l’effettiva collocazione delle fasce di pertinenza fluviale, in quanto non ancora disponibili le delimitazioni precise di dette fasce. Per entrambi i sottoprogetti si è infine presentata la necessità di ampliare convenientemente gli ambiti di studio, dipendentemente dalle caratteristiche morfologiche ed insediative delle varie porzioni di territorio in esame, applicando congrui franchi spaziali oltre i contorni degli ambiti definiti in precedenza, allo scopo di garantire l’esaustività del censimento nei confronti di eventuali modifiche introdotte dalle successive fasi di studio. In conclusione il database risulta pertanto: • valido all’interno dei singoli ambiti territoriali regionali; • esteso ad ambiti di studio che non coprono l’intero bacino.

3.3 Carta delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali presenti nelle aree di dissesto idraulico- idrogeologico

Nel Piano il quadro ricognitivo delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali costruito nell’ambito dell’attività di “censimento” sopra descritta, è stato sintetizzato e rappresentato mediante cartografia tematica numerica alla scala 1:250.000, in coerenza con gli altri elaborati conoscitivi (vedi fig.3.17). Come già accennato, le analisi, le schede e la cartografia di dettaglio in scala 1:50.000, prodotte nell’ambito dei sottoprogetti SP1 ed SP2, sono depositate e consultabili presso l’archivio l’Autorità di bacino del Po.

Autorità di bacino del fiume Po 77 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Per quanto riguarda le emergenze naturalistiche, le diverse tipologie e sottotipologie rilevate nei due sottoprogetti sono state aggregate e rappresentate come segue: • Riserve statali • Parchi regionali • Riserve regionali • Aree attrezzate • Parchi della cintura metropolitana • Monumenti naturali • Aree carsiche • Biotopi • Altre aree protette regionali Per gli aspetti paesaggistici ed ambientali, sono stati rappresentati i beni architettonici ed archeologici isolati od interni a centri e nuclei urbani presenti nelle zone di dissesto idraulico od idrogeologico, come individuati negli studi di supporto. Si tratta di emergenze sia soggette, sia non soggette a regime vincolistico. Nella categoria “emergenze architettoniche di valore storico” sono state aggregate le tipologie religiose, civili, industriali, militari. I centri e nuclei urbani sono stati aggregati in due classi in base alla più o meno elevata presenza in essi di beni ricadenti in aree interessate da dissesti: • centri e nuclei urbani con presenza di elementi di valore storico-culturale, se caratterizzati da un numero di emergenze da 1 a 10; • centri e nuclei urbani con concentrazione di elementi di valore storico- culturale, se caratterizzati da un numero di emergenze superiore a 10. Complessivamente le aree protette individuate nel “censimento” e riportate nella cartografia di sintesi di cui sopra, distinte per tipologia di tutela, risultano le seguenti (vedi Scheda 1): • Parchi nazionali 3 • Riserve statali 3 • Parchi regionali 45 • Riserve Regionali 111 • Aree attrezzate 9

78 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

• Parchi della cintura metropolitana 3 • Monumenti naturali 13 • Aree carsiche 9 • Biotopi 237 • Altre aree protette istituite con leggi regionali 41 • Parchi e riserve in via di istituzione 7 Per quanto riguarda gli aspetti storico-culturali e paesaggistici, su tutto l’ambito di studio su un totale di 13.567 emergenze considerate, circa il 16,5% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici (2.239). Tra gli edifici di interesse storico-culturale, risultano prevalenti le tipologie religiose (5.163) pari al 38% e civili (4.459) pari al 32,8% sia ricomprese nei centri storici, sia esterne ad essi; le strutture a carattere militare (1.224) sono pari a circa il 9%, mentre gli esempi di archeologia industriale (345) incidono del 2,5% sul totale. Infine, le emergenze archeologiche (137) incidono sul totale di circa l’1% (vedi Fig. 3.16).

Fig. 3.16. Ripartizione percentuale delle emergenze

Considerando la ripartizione delle emergenze per regione, si rileva che in Val D’Aosta su 129 beni considerati, pari a circa l’1% del totale, circa il 30% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 20% riguarda le tipologie religiose, il 5% le tipologie civili, il 33% le tipologie militari, il 12% le

Autorità di bacino del fiume Po 79 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

emergenze archeologiche. Risultano assenti gli esempi di archeologia industriale. In Piemonte, su un totale di 7.877 beni considerati, pari a circa il 56% del totale, il 14% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 38% riguarda le tipologie religiose, il 37% le tipologie civili, il 9% le tipologie militari, l’1,5% le tipologie industriali, lo 0,1% le emergenze archeologiche. In Liguria, su un totale di 464 beni considerati, pari a circa il 3,4% del totale, l’8% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 37,5% riguarda le tipologie religiose, il 21,5% le tipologie civili, il 22% le tipologie militari, l’11% le tipologie industriali. Risultano assenti le emergenze archeologiche. In Lombardia, su 1.566 beni considerati, pari a circa l’11,5% del totale, il 6% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 50% riguarda le tipologie religiose, il 22% le tipologie civili, il 12% le tipologie militari, l’8% le tipologie industriali, il 2% le emergenze archeologiche. In Emilia Romagna, su 3.061 beni considerati, pari al 22,5% del totale, il 25% circa appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 33% riguarda le tipologie religiose, il 34% le tipologie civili, il 5% le tipologie militari, il 2% le tipologie industriali, l’1% le emergenze archeologiche. In Trentino Alto Adige, su 420 beni considerati, pari a circa il 3,% del totale, il 38% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 43% riguarda le tipologie religiose, il 4% le tipologie civili, il 5% le tipologie militari, il 10% le emergenze archeologiche (42). Risultano assenti gli esempi di archeologia industriale. In Veneto, su 50 beni considerati, pari a circa lo 0,4% del totale, il 18% appartiene alla categoria dei centri e nuclei storici, mentre il 36% riguarda le tipologie religiose, il 42% le tipologie civili, il 4% le tipologie militari. Sono assenti gli esempi di archeologia industriale e le emergenze archeologiche Per quanto riguarda infine le emergenze paesaggistiche, su 300 aree considerate su tutto l’ambito di studio, circa il 19% risultano di rilevante interesse per la presenza prevalente di attività antropiche di valore storico (sistemazioni agrarie tradizionali, tessiture territoriali storiche ecc.) mentre nel 12% dei casi prevale la componente naturalistica; nei restanti casi il valore dell’area è dovuto alla compresenza di entrambe le componenti.

80 Autorità di bacino del fiume Po Fig. 3.17. Cartografia delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico-culturali presenti nelle aree di dissesto idraulico-idrogeologico

Legenda Parchi nazionali Riserve statali Parchi regionali Riserve regionali Aree attrezzate Parchi della cintura metropolitana Monumenti naturali Aree carsiche Biotopi Altre aree protette regionali Emergenze architettoniche di valore storico-culturale isolate Emergenze architettoniche di valore storico-culturale isolate Centri e nuclei urbani caratterizzati da : presenza di elementi di valore storico-culturale concentrazione di elementi di valore storico-culturale Aree di valore storico-paesaggistico

Fiume Po Idrografia principale Laghi Limite del bacino idrografico del fiume Po Limite dei bacini idrografici principali Limite dei bacini idrografici secondari Limite dei bacini idrografici extranazionali Limite regionale Limite provinciale Aree esterne all’ambito di studio Centri e nuclei urbani Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

4. Aree protette e sistemi di tutela del paesaggio e dei beni storico-culturali

Il quadro di riferimento normativo nazionale relativo ai temi del paesaggio e del patrimonio naturale, della loro tutela e valorizzazione, è costituito dalle leggi n°431/1985 e n° 394/1991. Le Regioni, in ottemperanza a tali leggi, se ne sono fatte interpreti gestendo il processo di aggiornamento della materia paesistica e ambientale. Si è venuta così a determinare una differenziata situazione normativa per singola regione, evidenziata nello schema di Tab. 4.1.

Tab. 4.1. Norme regionali in materia paesistica e di aree naturali protette

Regione Norme regionali in materia paesistica Norme regionali in materia di aree naturali protette Val D’Aosta P.T.P. (Piano territoriale paesistico) - approvato L.R. n°30/1991 Norme per nel 1998 l’istituzione di aree naturali protette Piemonte P.T.R (Piano territoriale regionale) - approvato L.R. n°36/1992 Adeguamento delle nel 1997 norme regionali in materia di aree protette alle leggi n°142/1990 e n°394/1991 Liguria P.T.C.P. (Piano territoriale di coordinamento L.R. n°12/1995 Riordino delle aree paesistico) - approvato nel 1990 protette Lombardia P.T.P.R. (Piano territoriale paesistico regionale) L.R. n°32/1996 Integrazioni e adottato nel 1997 modifiche alla L.R. n°86/1983 Piano generale delle aree regionali protette Emilia Romagna P.T.P.R. (Piano territoriale paesistico regionale) L.R. n°40/1992 Norme per la approvato nel 1993 istituzione di parchi regionali, riserve naturali e aree di riequilibrio ecologico Provincia di Trento P.U.P. (Piano urbanistico provinciale) L.P.n°18/1988 Ordinamento dei approvato nel 1987 parchi naturali L.R. n°28/1988 Norme per la salvaguardia dei biotopi Veneto P.T.R.C. (Piano territoriale regionale di L.R. n° 40/1984 Nuova disciplina dei coordinamento) - approvato nel 1991 parchi

I piani per la tutela del paesaggio delle regioni Val D’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e della Provincia di Trento sono piani territoriali con valenza paesistica, mentre quello della Regione Liguria è un piano paesistico-ambientale. Per quanto riguarda la tutela del patrimonio naturale, il P.T.P. della Val D’Aosta recepisce il sistema dei parchi così come concepito dalla legge quadro in

82 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

materia L.R. n°30/1991; le regioni Piemonte e Lombardia sono dotate di Piano regionale delle aree protette: in particolare, quello del Piemonte sarà aggiornato tenendo conto di quanto previsto nel P.T.R.; la Liguria ha riordinato la materia inerente la aree protette in base alla L.R. n°12/1995; l’Emilia Romagna ha definito il sistema regionale delle aree protette nel P.T.P.R.. Più in dettaglio, tale regione, con la L.R. n°40/1992, ha dettato norme per la istituzione e la gestione dei parchi regionali, delle riserve naturali e delle aree di riequilibrio ecologico; infine, la Provincia di Trento e la regione Veneto hanno individuato direttamente la politica e la gestione delle aree naturali protette rispettivamente nel P.U.P. e nel P.T.R.C..

4.1 Il quadro di riferimento normativo e attuativo delle aree protette

La cornice istituzionale sulla tutela delle aree naturalistiche e sui parchi si è profondamente innovata con l’emanazione della legge quadro nazionale sulle aree protette L. n° 394/1991 che interagisce con una esperienza legislativa pluriennale regionale densa di variegati approcci e finalità. La finalità della legge è di “garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese”. L’Art. 1 detta: “nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le Regioni e gli enti Locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’Art. 81 del D.P.R. n° 616/1977 e dell’Art. 27 della L. n° 142/1990”. L’Art. 81 del D.P.R. n° 616/1977 si riferisce ai poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, al quale spetta “l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale”, mentre l’Art. 27 della L. n° 142/1990 prevede un’azione integrata di comuni, province, regioni e amministrazioni statali, attraverso la stipulazione di accordi di programma. Ne risulta quindi il principio guida, in materia di azione amministrativa, volto alla cooperazione tra le varie amministrazioni nell’ambito dell’indirizzo e del coordinamento effettuato dallo Stato.

4.1.1 Regione Valle d’Aosta Il testo coordinato dalla legge regionale n°30/1991 “Norme per l’Istituzione di aree naturali protette” costituisce la legge quadro di riferimento in materia di aree protette.

Autorità di bacino del fiume Po 83 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Il tema dei parchi è inoltre trattato specificatamente dall’Art. 39 delle Norme di attuazione del Piano Territoriale Paesistico che recepisce il sistema dei parchi così come concepito dalla legge quadro regionale, collocandolo in un più ampio contesto di salvaguardia ambientale e paesaggistica. Con la L. R. n°30/1991 la regione tutela l’ambiente in tutti i suoi aspetti e ne disciplina l’uso sociale e pubblico, compatibilmente con le esigenze di generale salvaguardia delle risorse naturalistiche, paesaggistiche ed ecologiche e coerentemente ad obiettivi di crescita socio-economica e di valorizzazione dei beni storico-culturali (comma 1, Art.1). La Regione individua settori di territorio caratterizzati da rilevanti aspetti ambientali, da tutelare e valorizzare tramite l’istituzione di aree naturali protette, aventi una o più delle seguenti finalità (comma 2, Art.1): • protezione o ricostruzione di siti o paesaggi naturali, anche con presenza di eventuali valori storici o archeologici, o di uno o più ecosistemi di rilevante interesse; • protezione, diffusione e reintroduzione di specie animali e vegetali nei loro habitat specifici, segnatamente se rare o in via di estinzione o non più presenti nella zona, proteggendo o ricostituendo, ove possibile, gli habitat stessi; • salvaguardia di biotopi e di formazioni geologiche, geomorfologiche, speleologiche, di rilevante valore storico, scientifico e culturale; • mantenimento o creazione di luoghi di sosta per la fauna selvatica, sui percorsi migratori della stessa; • realizzazione di programmi di studio e di ricerca scientifica, in ordine ai caratteri ed alla evoluzione della natura e della presenza antropica. La classificazione delle aree protette è definita in funzione delle diverse caratteristiche e degli scopi per cui sono istituite (Art. 2); in base a tale classificazione si distinguono: a) Parchi naturali (Art. 3) - sono così definiti ampi territori caratterizzati dalla presenza di ambienti di alto pregio naturalistico, con eventuale presenza di valori storici o archeologici nei quali è attuata la rigorosa protezione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della vegetazione e della fauna. All’interno del parco naturale può essere evidenziata dal piano di gestione territoriale (Art. 18) una zonizzazione del suo territorio, prevedendo tra l’altro la presenza di uno o più riserve integrali e, al fine di rendere graduale il regime

84 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

d’uso e di tutela tra i parchi e le aree circostanti, sono eventualmente istituite dalle zone preparco. b) Riserve naturali (Art. 4) - sono costituite da aree territoriali, generalmente di modeste dimensioni, caratterizzate dalla presenza di aspetti di rilevante interesse ambientale, culturale e scientifico, per le quali si rende necessaria la tutela. Tali riserve sono suddivise in zone umide, e in aree localizzate di particolare interesse naturalistico e scientifico per la presenza di particolari manifestazioni vegetali, zoologiche, idrologiche, ecc. c) Riserve naturali integrali (Art. 5) - hanno lo scopo di proteggere e conservare la natura dell’ambiente in tutte le sue espressioni e reciproche interrelazioni. In esse è vietato l’ingresso dell’uomo, se non per scopi scientifici o amministrativi e fatto salvo il proprietario del fondo; si predispongono itinerari per ragioni didattiche ed educative, secondo le predisposizioni dell’Ente gestore. Le aree individuate ai sensi della legge in esame sono soggette ai vincoli di cui al R.D.L. n°3267/1923 e alla L.n°431/1985. L’Art.18 della L.R. n°30/1991 prevede che per ogni parco naturale individuato ed istituito secondo la legge stessa, l’Ente gestore predisponga entro dodici mesi dalla sua costituzione un “piano di gestione territoriale del parco” al fine di disciplinarne l’uso, nel rispetto delle finalità istitutive. Tali piani devono tra l’altro prevedere il divieto di attività e opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati ed, in particolare, per quanto concerne la risorsa idrica, sono tra l’altro vietati (Art. 18, comma 3): • gli scarichi e le immissioni di sostanze solide, liquide o gassose nocive nel terreno, nei corsi d’acqua e nell’aria, anche se in quantità inferiore a quelle ammesse dalla legislazione statale e regionale vigente; • l’impiego nell’attività agro-silvo pastorale di sostanze chimiche costituenti grave pericolo per i valori ambientali; • la coltivazione di cave, lo sfruttamento di miniere, le ricerche minerarie e l’asportazione di minerali; • le modificazioni del regime delle acque incompatibili con le finalità del parco. Ai sensi dell’Art. 19, valgono comunque, fino alla data di entrata in vigore dei piani di gestione territoriale, i seguenti divieti (punti riportati integralmente dal testo di legge comma 1 Art.19): a) la costruzione di nuove strade; b) la

Autorità di bacino del fiume Po 85 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

costruzione di nuovi edifici; c) le attività previste alle lettere a), c), d), e), f), i), l) del comma 3 dell’Art. 18.

4.1.2 Regione Piemonte Il caso della Regione Piemonte costituisce, sotto il profilo della sua evoluzione storica e dell’approccio complessivo alla tutela ambientale e naturalistica, l’esperienza più compiuta tra quelle delle regioni ricadenti nel bacino del Po. Avviato precocemente e con lungimiranza dal 1975, l’approccio piemontese è stato preso ad esempio da molte regioni ed ha portato a quasi decuplicare la superficie protetta regionale. Proprio la rilevanza ed il prestigio dell’esperienza fatta hanno indotto la Regione ad analizzare criticamente il quadro istituzionale e le politiche messe in atto, al fine di introdurre quei miglioramenti che consentano di valorizzare il patrimonio accumulato e di conferire maggior efficacia all’azione regionale, in relazione agli orientamenti che si vanno consolidando a livello internazionale ed alle esigenze che si avvertono nella regione stessa. Tali esigenze nascono in primo luogo dalla constatazione che la realtà dei parchi corrisponde solo in parte alle finalità istitutive, sinteticamente riassumibili in: 1) conservazione delle risorse, dell’ambiente e del paesaggio; 2) promozione e organizzazione della pubblica fruizione; 3) promozione dello sviluppo locale economico, sociale e culturale. Tra gli elementi di criticità riferibili al perseguimento delle tre finalità vanno tra gli altri richiamati: • la mancanza quasi generalizzata, di fasce sufficientemente protette di pre- parco, tali da assicurare più efficaci gestioni faunistiche e da consentire di drenare i flussi di visitatori; • la debolezza istituzionale degli Enti di gestione, che non hanno poteri autorizzativi, aggravata dalla cronica carenza di forme coordinate di governo del territorio; • l’indisponibilità dei suoli. I problemi sopra richiamati si intrecciano con quelli relativi alla formazione e gestione dei piani dei parchi. Molti parchi infatti sono ancora sprovvisti di piani, soprattutto del piano d’area, che si configura come lo strumento di maggior efficacia, particolarmente a

86 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

fronte di rilevanti pressioni urbanizzative o turistiche, rispetto agli altri tipi di piano. Pressoché irrisolto risulta inoltre il problema del coordinamento con i piani urbanistici e territoriali del contesto. In sostanza, anche nell’esperienza piemontese gran parte delle difficoltà che incontrano le politiche dei parchi deriva dal loro “isolamento” rispetto alle politiche che investono il contesto territoriale. Nonostante gli indubbi successi, le esperienze fatte dimostrano che la tutela ambientale non può essere attuata per “isole”, ma deve riguardare l’intero territorio, con misure e strumenti opportunamente differenziati. Un uso corretto della protezione “speciale”, istituzionalmente accordata ai parchi e alle riserve, deve comportare quindi che le esigenze di tutela ambientale nel contesto territoriale trovino risposta in altri strumenti più appropriati, in primo luogo la pianificazione paesistica e territoriale, in piena coerenza con le finalità attribuitele dalla L. n°431/1985, od anche, per altri aspetti, con la pianificazione di bacino. Ma ciò richiede che le singole proposte istitutive, e lo stesso Piano regionale delle aree protette, siano preliminarmente inserite in un quadro programmatico più ampio, che consenta di articolare le politiche di tutela e di gestione sull’intero territorio. Per quel concerne la pianificazione dei parchi, l’orientamento maturato negli ultimi anni è a favore di una certa unificazione degli strumenti nel “piano del parco”, come previsto dalla L. n° 394/1991, che tuttavia non esclude il ricorso a piani più “specializzati” in funzione di specifici caratteri e problemi delle singole aree protette.

4.1.3 Regione Liguria La politica di tutela e valorizzazione delle aree di maggior peso naturalistico- ambientale è stata avviata dalla Regione Liguria sin dal 1977 con la legge regionale n° 40/1977, individuando “sistemi di aree” o “aree isolate” destinate alla formazione di parchi e riserve naturali. Con la successiva L.R. n° 12/1995 “Riordino delle aree protette” si è aperta una nuova fase per i parchi liguri: i risultati sino ad allora raggiunti sono stati infatti raccordati ai principi della legge-quadro nazionale ed alle più generali politiche di governo del territorio e di programmazione regionale in materia di ambiente.

Autorità di bacino del fiume Po 87 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Con la L.R. n° 12/1995 la Regione, in attuazione dell’Art. 4 dello Statuto e nel rispetto dei principi fondamentali dettati dalla L. n° 394/1991, “istituisce e disciplina le aree protette al fine di promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico della Liguria e di favorire un coerente sviluppo sociale ed economico delle comunità interessate” (Art. 1). All’Art. 3 la legge classifica le aree protette regionali in: a) Parco naturale regionale per la tutela e valorizzazione di territori caratterizzati da una pluralità di valori naturalistico ambientali e storico-culturali delle popolazioni locali; b) Riserva naturale, per la conservazione integrale, parziale o orientata di specifici valori naturalistico-ambientali dell’area anche in aderenza ai programmi comunitari di protezione di biotopi e di specie animali e vegetali rare, endemiche o a rischio di estinzione. La legge regionale istitutiva stabilisce le finalità della tutela e gli interventi ammissibili; c) Monumento naturale o giardino botanico, per la conservazione e la valorizzazione di fenomeni naturali, formazioni geologiche, associazioni vegetali, esemplari di piante, particolarmente significativi sotto il profilo naturalistico e paesaggistico. All’Art. 4, in attuazione delle leggi L. n°142/1990 e L. n°394/1991, vengono anche riconosciute aree protette di interesse provinciale o locale. La legge opera inoltre ad un riordino delle aree protette sino ad allora istituite (Art.14) rinominando, tra le altre le due maggiori ricadenti nel bacino del Po: il sistema delle aree di interesse naturalistico “Aveto”, come individuato dalla legge regionale n°50/1989, che assume la denominazione di Parco naturale regionale dell’Aveto, ed il sistema di aree naturalistico ambientale “”, come individuato dalla legge regionale n°52/1989, che ha assunto la denominazione e classificazione di Parco naturale regionale dell’Antola.

4.1.4 Regione Lombardia Dopo l’approvazione delle legge n°394/1991 la Regione Lombardia ha intrapreso un lungo braccio di ferro con il Ministero dell’Ambiente per adeguare la propria normativa in materia di aree naturali protette ai principi della legge quadro salvaguardando peraltro la propria identità e la struttura del sistema regionale lombardo dei parchi e delle riserve naturali.

88 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

La Regione è stata infatti la prima Regione a Statuto ordinario a dar vita ad una politica dei parchi fin dal 1973: la novità contenuta nella legislazione lombarda fu quella di considerare le aree protette non più, come in passato, elementi di esclusivo valore naturalistico, ma come parti integranti di una più generale politica di tutela e di gestione del territorio. A rafforzamento di questa impostazione, con l’istituzione del Parco naturale del Ticino lombardo, che risale all’inizio del 1974 e che fu il primo parco regionale in assoluto ad essere istituito, furono inclusi nel parco ben 46 Comuni, gestendo in tal modo il complesso dei problemi territoriali e non soltanto gli aspetti e gli ambiti caratterizzati da emergenze naturalistiche. Il vero oggetto della contesa tra Regione Lombardia e Ministero ha riguardato comunque il fatto che nei parchi lombardi non esisteva un vero e proprio divieto di esercitare l’attività venatoria, divieto che la legge n°394/1991 ha posto come tassativo. Infatti la regolamentazione venatoria era rimandata, seguendo la logica della pianificazione del territorio e della programmazione delle attività, a strumenti successivi quali i Piani Territoriali di Coordinamento delle aree a parco ovvero i Piani di settore. Principalmente attorno a questo nodo si è sviluppato il conflitto tra Regione e Ministero, che si è risolto con la recente approvazione da parte del Governo della legge regionale n°32/1996, contenen- te integrazioni e modifiche della precedente L.R. n°86/1983. Con tale legge si è confermata l’impostazione generale sulla quale si fonda il sistema dei parchi e delle riserve naturali della Lombardia aprendo uno spazio nell’ambito della classificazione delle aree protette: infatti, attraverso la distinzione tra parchi naturali e parchi regionali, si è creato un discrimine tra aree tale da giustificare, nel primo caso, l’applicazione tout-court della legge n°394/1991 e pertanto anche il divieto di esercizio dell’attività venatoria e, nel secondo caso, il mantenimento della “filosofia” lombarda di gestione delle aree protette nel contesto più generale di una politica territoriale.

4.1.5 Regione Emilia Romagna La normativa regionale in materia di aree protette è riconducibile alla L.R. n° 2/1977 per la “Salvaguardia della flora spontanea” con cui era introdotta la possibilità di istituire parchi e riserve naturali. Il primo programma di interventi per l’ attuazione della legge, approvato nell’aprile del 1980, conteneva un elenco di 15 aree considerate prioritarie per l’avvio degli interventi di tutela e salvaguardia. Con le procedure della L.R.

Autorità di bacino del fiume Po 89 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

n°2/1977 sono stati istituiti il Parco regionale dei boschi di Carrega e le Riserve naturali delle Salse di Nirano e del bosco della Frattona. Dalle difficoltà incontrate nella fase di gestione del primo programma è emersa la necessità di una revisione teorica e metodologica della politica regionale dei parchi che ha trovato una messa a punto, nel 1982, con l’approvazione delle “Linee di indirizzo e di intervento della Regione Emilia Romagna in materia di parchi e riserve naturali” e del secondo programma di interventi. Alla riconferma delle iniziative già individuate nel 1980 si accompagna l’assunzione di una nuova “filosofia” della politica dei parchi. Si introduce il concetto di “parco ad area vasta” con il quale si denota la caratteristica dimensionale necessaria per un parco che non si limiti al perseguimento di obbiettivi di tutela naturalistica ma, nella considerazione del carattere sistemico delle relazioni sul territorio, sappia fornire, attraverso processi di analisi, valutazione e progettazione, risposte corrette al problema dell’utilizzo equilibrato delle risorse naturali. Coerentemente con questa indicazione metodologica, nel secondo programma sono individuate le aree su cui avviare gli studi per la costituzione dei parchi ad area vasta: il Parco del Delta del Po ed i parchi della fascia appenninica in ogni provincia. Con la legge regionale n°11/1988 “Disciplina dei parchi regionali e delle riserve naturali” la Regione Emilia Romagna ha iniziato a dare più concreta attuazione agli obbiettivi programmatici, istituendo un primo gruppo di otto nuovi parchi regionali mentre, con la legge regionale n°29/1988, è istituito anche il Parco regionale del Delta del Po. La L.R. n. 11/1988, legge quadro ante litteram per l’Emilia Romagna, disciplina in modo organico l’intero argomento delle aree protette che sono classificate secondo tre grandi tipologie: a) Parchi regionali b) Riserve naturali c) Aree di riequilibrio ecologico. Il Piano territoriale regionale (P.T.R.), approvato nel 1990, ed il Piano Territoriale Paesistico regionale (P.T.P.R.), approvato nel 1993, consolidano l’azione regionale in materia, non solo recependo le indicazioni maturate fino ad oggi in tema di localizzazione delle aree da tutelare, ma elaborando anche una prima definizione di “matrice ambientale” caratterizzante il territorio regionale (P.T.R.) ed individuando insiemi paesaggistici da conservare (P.T.P.R.).

90 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Il P.T.R. identifica dunque, oltre a quelli già istituiti, i parchi che, insieme alle riserve naturali istituite e da istituire, andranno a costituire l’intero “sistema regionale delle aree protette” per un totale di 26 aree. Più in dettaglio, con la L.R. n. 40/1992, la Regione Emilia-Romagna detta “norme per la istituzione e la gestione di parchi regionali, riserve naturali e aree di riequilibrio ecologico, al fine di garantire e promuovere, in forma unitaria e coordinata, la conservazione e la riqualificazione dell’ambiente, del territorio e del paesaggio per scopi culturali, scientifici, didattici ed economico-sociali” (Art.1). Le finalità di istituzione dei parchi regionali risultano particolarmente delineate: • tutela, risanamento, restauro, valorizzazione di uno o più ecosistemi, di siti e di paesaggi naturali; • tutela, risanamento, restauro, valorizzazione di specie e di associazioni vegetali, di comunità biologiche, dei loro habitat, particolarmente se rari o in via di estinzione; • tutela, risanamento, restauro, valorizzazione di biotopi, di formazioni geologiche, geomorfologiche, speleologiche di rilevante interesse storico, scientifico, culturale, didattico, paesaggistico; • tutela, risanamento, restauro, valorizzazione di habitat e di luoghi di sosta per la fauna selvatica particolarmente sui grandi percorsi migratori della stessa; • realizzazione di programmi di studio e di ricerca scientifica, con particolare riguardo alla evoluzione della natura, della vita e dell’attività dell’uomo nel loro sviluppo storico; • qualificazione e promozione delle attività economiche e dell’occupazione locale anche al fine di un migliore rapporto uomo-ambiente; • recupero di aree marginali nonchè ricostituzione e difesa degli equilibri ecologici; • valorizzazione del rapporto uomo-natura, anche mediante l’incentivazione di attività culturali, educative, del tempo libero collegate alla fruizione ambientale. Significativo inoltre l’indirizzo a favore dei parchi interregionali - non solo con riferimento al Delta del Po, ma anche per la gestione di altre situazioni di confine amministrativo quali il corso del fiume Po e il crinale appenninico tosco- emiliano - per i quali la Regione Emilia-Romagna promuoverà apposite intese con le Regioni contermini.

Autorità di bacino del fiume Po 91 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Sempre con riferimento all’apparato normativo della L.R. n. 40/1992, i “parchi regionali” sono costituiti da sistemi territoriali che, per valori naturali, scientifici, storico-culturali e paesaggistici di particolare interesse nelle loro caratteristiche complessive, sono organizzati in modo unitario avendo riguardo alle esigenze di conservazione, ripristino e miglioramento dell'ambiente naturale e delle sue risorse nonché allo sviluppo delle attività umane ed economiche compatibili”; le riserve naturali “sono territori di limitata estensione; esse sono istituite per la loro rilevanza regionale e sono gestite ai fini della conservazione dei loro caratteri e contenuti morfologici, biologici, ecologici, scientifici e culturali”; infine sono “aree di riequilibrio ecologico” le “aree naturali od in corso di naturalizzazione, di limitata estensione, inserite in ambiti territoriali caratterizzati da intense attività antropiche che, per la funzione di ambienti di vita e rifugio per specie vegetali ed animali, sono organizzate in modo da garantirne la conservazione, il restauro, la ricostituzione”. Le riserve naturali (Art. 21) si distinguono in: • riserve naturali integrali, per la conservazione dell’ambiente naturale nella sua integrità con la sola ammissione di interventi e ricerche per ragioni scientifiche; • riserve naturali orientate, con lo scopo di sorvegliare ed indirizzare scientificamente l'evoluzione della natura; • riserve naturali parziali, per la conservazione di un insieme di elementi ben definiti relativi al suolo, alla flora, alla fauna; in particolare possono essere individuate: a) riserve geologiche, riguardanti la conservazione di ambienti con manifesta- zioni di rilevante interesse geologico, paleontologico, mineralogico, petrogra- fico, geomorfologico e speleologico; b) riserve botaniche, riguardanti la conservazione di ambienti con manifesta- zioni vegetali di rilevante interesse floristico e vegetazionale, con particolare riferimento a stazioni di specie o di tipi di vegetazione rara o con rischio di estinzione; c) riserve zoologiche, riguardanti la conservazione di ambienti caratterizzati da specie animali di rilevante interesse, con particolare riferimento a specie rare o con rischio di estinzione; • riserve naturali speciali, per la conservazione di un insieme di fatti di valore estetico o storico-educativo, ovvero per la comprensione di certe finalità biologiche ed umane.

92 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Nelle riserve naturali integrali è vietato l'accesso al pubblico. Nelle riserve naturali di altro tipo l’accesso al pubblico può essere consentito unicamente su aree e percorsi individuati per finalità educative e didattiche. Il Piano territoriale del parco costituisce, ai sensi dell’Art. 6 della legge “il progetto generale e definisce il quadro dell'assetto del territorio ricompreso nel suo perimetro, indicando gli obiettivi generali e di settore, le priorità e precisando, mediante azzonamenti, norme, vincoli, incentivazioni e indirizzi, le destinazioni da osservare sul territorio in relazione ai diversi usi. Il Piano territoriale inoltre, per i territori cui inerisce, ha l'efficacia di Piano paesistico regionale, previsto al primo comma dell'Art. 1 bis della L. n° 431/1985.

4.1.6 Provincia Autonoma di Trento Nella Provincia autonoma di Trento la politica e la gestione delle aree protette è innanzitutto materia del Piano Urbanistico Provinciale (P.U.P.) approvato nel 1987. In esso sono proposte nuove indicazioni e soluzioni volte a ridefinire il concetto di parco così come si era venuto a definire nel precedente piano del 1967, ossia con la duplice dizione di “parco urbano” e “parco attrezzato”. Di fatto nella nuova stesura del piano il riferimento è ai “parchi naturali” che sono di stretta pertinenza dello strumento urbanistico provinciale e costituiscono un ampliamento territoriale rispetto ai precedenti, in modo da comprendervi entità ambientali omogenee e una suddivisione in “riserve” sulla base di una valutazione delle caratteristiche naturalistiche dei rispettivi territori. Subito dopo l’approvazione del P.U.P. la Provincia di Trento ha emanato la disciplina concernente “l’Ordinamento dei Parchi Naturali” (L. n°18/1988). Un dispositivo articolato in due parti: la prima, con le norme relative all’organizzazione amministrativa per la gestione degli enti parco e la seconda con le norme relative alla disciplina ed alla tutela del territorio definito come “parco naturale” dal P.U.P.. La legge n°18/1988 è ispirata, ovviamente, alla salvaguardia delle qualità naturalistiche e ambientali del territorio ma anche al mantenimento degli usi civici tradizionali che hanno legato l’uomo alla montagna, al bosco, all’alpeggio. E dunque ne garantisce alle comunità locali la gestione diretta dell’uso, entro i confini dei parchi, nell’ambito delle più ampie scelte operate dal P.U.P..

Autorità di bacino del fiume Po 93 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

I parchi naturali disciplinati dalla legge sono quindi quelli istituiti e delimitati dal P.U.P.: il Parco Adamello-Brenta e il Parco Paneveggio-Pale di San Martino. La seconda parte della legge è dedicata alla tutela dei parchi e quindi ha a che fare con la disciplina urbanistica e territoriale affidata al piano del parco. Al piano è demandata per legge la delineazione di tutti gli aspetti progettuali del parco, la cui gestione, mediante il piano stesso, consegue la tutela e la valoriz- zazione delle caratteristiche ambientali, naturalistiche, storiche ed economiche. In base all’articolazione del parco in “riserve integrali”, “guidate” e “controllate”, secondo le previsioni e le indicazioni del P.U.P. che il piano del parco prevede, si provvede alla identificazione dei limiti e delle prescrizioni per l’uso del territorio, congruenti con le finalità della tutela e dello sviluppo. Il piano del parco prevede, oltre ai contenuti della pianificazione territoriale, quelli della progettazione ambientale, basandosi sui fondamenti di una conoscenza scientifica delle componenti biologiche degli ambienti che costituiscono ciascun parco. Il piano agisce su diversi settori: • determina gli interventi conservativi, di riqualificazione, di recupero e di miglioramento del territorio; • identifica gli immobili da utilizzare, anche mediante l’acquisizione o l’esproprio, per l’esecuzione degli interventi di riqualificazione; • individua gli interventi antropici vietati all’interno delle singole riserve e precisa le limitazioni a quelli consentiti (stabilisce perciò le modalità e le prescrizioni per le attività economiche consentite, con particolare riguardo alle opere edilizie, di urbanizzazione e infrastrutturazione, nonché alle attività agro-silvo-pastorali e alle funzioni produttive compatibili con quelle dei parchi); • stabilisce le modalità di utilizzazione sociale dei parchi, culturali, scientifiche, ricreative e turistico-sportive - precisa la disciplina del comportamento dei visitatori e di chiunque abbia accesso ai parchi e la regolamentazione dell’uso degli spazi destinato alla ricreazione e al ristoro, fino alla fissazione di eventuali tariffe e pedaggi per determinate attività da svolgersi entro i confini dei parchi; • delimita alcune “riserve speciali” e ne detta la relativa disciplina di tutela, fino al divieto assoluto dell’esercizio della caccia e della pesca. Il piano del parco ha un forte contenuto urbanistico: una volta approvato esso sostituisce infatti i piani urbanistici subordinati al P.U.P. mentre cessano di

94 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

avere efficacia tutte le disposizioni dei regolamenti edilizi comunali divenute incompatibili con esso. In continuità con la stessa politica di salvaguardia dell’ambiente sostenuta dal P.U.P. è la legge concernente le “Norme per la salvaguardia dei biotopi di rilevante interesse ambientale, culturale e scientifico” (L n.14/1986, modificata dalla L. n° 28/1988). Il fine è quello, esplicito, di “attuare la tutela di quegli ambienti naturali che per la preziosità delle biocenosi naturali in essi viventi, per la positiva influenza sulla regimazione delle acque e la eccezionalità delle caratteristiche ambientali, devono essere preservati dal degrado arrecato dall’uomo”. Per ciascun biotopo sono definiti i relativi vincoli di tutela: il divieto di depositare rifiuti, di effettuare scambi, di apportare cambiamenti di colture, di realizzare opere di bonifica o di prosciugamento del terreno e il divieto di coltivarvi cave e torbiere. La legge considera “biotopi di interesse provinciale” quelli individuati all’interno delle aree di tutela ambientale del P.U.P. non ancora approvato al tempo dell’entrata in vigore della legge stessa.

4.1.7 Regione Veneto Nell’ambito della Regione Veneto la tematica dei parchi e delle riserve naturali è parte integrante delle politiche di governo del territorio definite attraverso il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (P.T.R.C.). La Regione ha individuato principalmente due classi di aree tipologicamente differenziate in funzione della consistenza “dell’habitat” naturale, del patrimonio storico-naturale, del sistema insediativo, dei bisogni ricreativi e comunque legati al tempo libero: • i parchi e le riserve regionali; • i parchi territoriali e/o metropolitani. Il P.T.R.C. provvede, come previsto dall’Art.5 della L.R. n° 40/1986, all’individuazione dei primi, mentre i secondi saranno indicati dagli enti locali competenti all’interno degli strumenti urbanistici, come previsto dall’Art.26 della L.R. n°61/1985, prioritariamente negli ambiti di preminente interesse naturalistico e paesaggistico segnalati nel P.T.R.C. in conformità ai seguenti obbiettivi e criteri generali:

Autorità di bacino del fiume Po 95 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• necessità di tutelare, in relazione alle relative “qualità”, gli ambiti naturali tuttora presenti nel territorio regionale; • necessità di salvaguardare aree fortemente minacciate da interventi destabilizzanti; • opportunità di raccogliere, in un sistema di aree protette, un quadro completo delle categorie geomorfologiche e degli ecosistemi esistenti nella regione; • esigenza di incentivare, a sostegno dell’economia locale delle aree marginali, tutte le opportunità economiche derivanti dalla valorizzazione delle risorse naturalistiche. La costituzione di un sistema di “parchi e riserve naturali” regionali e di aree di tutela paesaggistica di interesse regionale, di competenza provinciale e/o comunale, si pone come obbiettivo il superamento delle normative ambientali settoriali e di tipo meramente vincolistico privilegiando, attraverso la pianificazione territoriale, una gestione unitaria degli ambienti di pregio, valorizzandone le caratteristiche nell’interesse dell’intera collettività e nel rispetto della cultura e delle esigenze di sviluppo delle popolazioni locali.

4.2 Il quadro di riferimento normativo e attuativo del sistema di tutela del paesaggio e dei beni storico-culturali

La L. n°431/1985 ha profondamente innovato la previgente disciplina, superando la tradizionale logica difensiva di salvaguardia e di conservazione dei beni, con l’introduzione della pianificazione del territorio come strumento di equilibrio fra le esigenze dello sviluppo economico e sociale e la salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale. La legge sottopone a vincolo paesaggistico ai sensi della L. n°1497/1939 le seguenti categorie di beni: i territori costieri; i territori contermini ai laghi; i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua; le montagne per la parte eccedente i 1600 m s.m. per la catena alpina e i 1200 m per la catena appenninica e per le isole; i ghiacciai e i circhi glaciali; i parchi e le riserve nazionali e regionali; i territori coperti da foreste e da boschi; le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; le zone umide; i vulcani; le zone di interesse archeologico. Inoltre, l’Art.5 della L. n° 1497/1939 prevede la facoltà di redigere piani territoriali paesistici. L’Art.1 bis della L. n° 431/1985 ne prevede l’obbligo di adozione, dacché le Regioni sono tenute alla redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali, con i quali, con specifica considerazione dei valori

96 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

paesistici e ambientali, i beni e le aree elencati all’Art.1 sono sottoposti a specifica normativa d’uso e di valorizzazione. La legge prevede anche un regime di salvaguardia, stabilendo, fino all’adozione dei piani paesistici, il divieto assoluto di ogni modificazione dell’assetto del territorio. Di seguito si riporta il quadro del processo di aggiornamento della materia paesistica da parte delle Regioni del bacino, in ottemperanza a quanto richiesto dalla legge.

4.2.1 Regione Valle d’Aosta Con la L.R. n°32/1996 è attuato il Piano Territoriale Paesistico (P.T.P.) della Valle d'Aosta, concretizzando così la previsione già contenuta nella L.R. n°3/1960, che, precorrendo di 25 anni la legge n° 431/1985 aveva con grande lungimiranza, prefigurato un "piano regionale urbanistico e paesaggistico". Il progetto di P.T.P. ha preso avvio nel 1986 con la costituzione, effettuata dalla Giunta, dell'ufficio per il P.T.P., successivamente articolato in gruppi funzionali che hanno redatto una proposta progettuale nel 1992, ridefinita e approvata con la sopracitata legge n° 32/1996. Il P.T.P. della Valle d'Aosta è un piano urbanistico territoriale avente specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali ai sensi dell'articolo 1-bis della legge n° 431/1985; è quindi, ad un tempo, strumento di pianificazione urbanistica e di tutela e pianificazione paesaggistica. Quale strumento di pianificazione urbanistico-territoriale, il P.T.P. assolve alle funzioni prescritte dall'articolo 15, comma 2, della legge n°142/1990. Inoltre orienta l'attività della regione, delle comunità montane e dei comuni per il governo del territorio nell'ambito delle rispettive competenze, nonché l'azione di tutela e valorizzazione dei beni immobili di interesse artistico e storico soggetti alla L. n° 1089/1939 e dei beni paesistici ed ambientali di cui alle leggi n° 1497/1939 e n° 431/1985. Restano salve le determinazioni specifiche e puntuali recate dai provvedimenti di vincolo emanati ai sensi delle leggi n°1089/1939 e n° 1497/1939 dinanzi citate e dalla legislazione regionale concernente la tutela dei beni culturali e ambientali. La scelta di formare un piano che affrontasse congiuntamente i problemi urbanistico-territoriali e quelli paesistico-ambientali era già stata operata, come si è detto, nel 1960 dal legislatore regionale e ribadita col P.T.P.

Autorità di bacino del fiume Po 97 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Ciò partiva dalla consapevolezza che in Valle d’Aosta, più che in altre regioni, i problemi della salvaguardia paesistica ed ambientale fan tutt'uno coi problemi dello sviluppo economico e sociale. Tale consapevolezza è naturalmente indotta in primo luogo dall'eccezionale rilevanza assunta in Valle d'Aosta dall'economia turistica e dalle risorse ambientali che la alimentano. Ma essa si lega anche alla constatazione che nelle regioni alpine, nonostante la relativa lontananza dai grandi poli dello sviluppo urbano-industriale, i problemi ambientali discendono non soltanto dagli effetti negativi dei processi trascorsi (in particolare dalla riduzione delle loro difese naturali e dalla scomparsa di antichi e stabili equilibri) ma anche, e sempre più, dalle tendenze emergenti e dalle spinte innovative che si manifestano nell'economia e nelle dinamiche del territorio. La scelta di fondare lo sviluppo sulla valorizzazione conservativa del patrimonio naturale e culturale ha per la regione un significato assai più ampio di quello che può esserle attribuito nell'ottica del P.T.P.. Essa corrisponde per una piccola regione, inevitabilmente dipendente dalle dinamiche economiche e sociali delle più forti aree vicine, alla scelta di uno sviluppo auto-centrato e auto- diretto, capace di esprimerne e valorizzarne l'identità storica e culturale. In questo senso l'eccezionale radicamento della cultura regionale nel territorio e nel patrimonio ambientale nel quale si sono storicamente rappresentate le comunità locali costituisce per il P.T.P. il motivo ispiratore più profondo. Il P.T.P. ha proposto una nuova strategia di sviluppo per la Valle d'Aosta che tiene conto non solo dei problemi e dei rischi ambientali e sociali prodottisi nel recente passato, ma anche delle potenzialità che si profilano alla luce dei grandi cambiamenti economici, sociali e culturali in corso. Esse aprono la prospettiva, che il piano intende avvicinare, di una regione più aperta agli scambi e alle interazioni e, nel contempo, più attenta a valorizzare le proprie risorse peculiari e le proprie specificità naturali, storiche e culturali, organizzando e coordinando le politiche dei diversi settori incidenti sull'assetto urbanistico, territoriale, paesistico ed ambientale scegliendo forme sostenibili di sviluppo. In particolare, la principale linea direttrice per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale è stata orientata soprattutto sui sistemi diffusi di risorse (quali i sistemi boschivi, dei pascoli e della fasce fluviali, o il diramato patrimonio dei nuclei storici) e sulla molteplicità dei paesaggi, affidati più che ai vincoli, alle azioni positive d'intervento, come la formazione di aree a protezione speciale, la realizzazione di circuiti di fruizione, il risanamento delle aree degradate, il

98 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

restauro edilizio, urbanistico e paesistico, la promozione di nuove e più qualificate forme di fruizione. In tale quadro strategico gli obiettivi che il P.T.P. ha assunto concernono il miglioramento dell'efficienza del territorio per ampliare e consolidare le prospettive di sviluppo della regione e assicurarne un più efficace inserimento nei circuiti interregionali e internazionali; inoltre tendono verso una maggiore equità nell'uso del territorio, in termini di migliori e più omogenee condizioni di vita e di opportunità di sviluppo e partecipazione alla vita civile per tutte le comunità locali e tutti i gruppi sociali. Per quanto riguarda la qualità del territorio il P.T.P. si è posto obbiettivi di tutela in risposta alle nuove domande sociali ed in funzione della valorizzazione dell'immagine e della cultura regionali. Obbiettivi tra loro interconnessi, ove le politiche territoriali, i piani e le politiche settoriali hanno trovato nel P.T.P. il loro quadro di riferimento e di verifica intersettoriale per tutti gli aspetti territoriali, privilegiando le politiche, i progetti e i programmi integrati posti nelle diverse aree della regione. Data la grande diversità dei caratteri naturali e culturali che si osservano in Valle d'Aosta, le politiche d'intervento sono state profondamente differenziate in funzione delle specificità locali, rispondendo quindi ad una logica regionale ed hanno lasciato che più specifiche articolazioni trovassero sede nella pianificazione e nella gestione di livello comunale. Quindi l'intero territorio regionale è stato articolato in ambiti omogeneamente caratterizzati dalla prevalenza di una o più componenti paesistico-ambientali; tali parti del territorio sono state determinate dal P.T.P. attraverso l'individuazione di sistemi ambientali. Tali sistemi sono i seguenti: - sistema dei pascoli - sistema insediativo tradizionale - sistema urbano - sistema delle aree naturali - sistema boschivo - sistema delle fasce fluviali. Per quanto riguarda la struttura della normativa, essa risulta articolata in:

Autorità di bacino del fiume Po 99 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

- Norme generali (natura e finalità, elementi costitutivi ed efficacia, misure di salvaguardia, attuazione, progetti e programmi integrati, valutazione d’impatto ambientale ecc.); - Norme per parti di territorio (articolazione del territorio in parti differenziate, sistemi ambientali, unità locali); - Norme per settori (pascoli, foreste e boschi, fasce fluviali e risorse idriche, beni culturali isolati, aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario e naturalistico ecc.). La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale rappresentano un riferimento obbligato per la maggior parte delle azioni settoriali, ma assumono più specifici contorni per le azioni direttamente incidenti sul patrimonio stesso ed, in particolare, sul paesaggio sensibile, sui centri ed i nuclei di interesse storico-culturale ed i beni culturali isolati, sulle aree e le risorse di specifico interesse naturalistico, oppure di interesse paesaggistico, storico, culturale, archeologico o documentario ed, infine, sulle aree di protezione speciale ed i parchi. Per tutte queste tematiche, le norme del P.T.P. costituiscono il quadro di riferimento per l'applicazione dei vincoli della L. n° 1947/1939 e della L. n° 431/ 1985 e per i relativi provvedimenti autorizzativi, fatte salve sempre le più specifiche determinazioni della soprintendenza per i beni culturali ed ambientali. Per quanto concerne le "cose di interesse artistico o storico", le indicazioni del P.T.P. fanno riferimento ai beni già vincolati ai sensi della L. n°1089/1939 di cui concorrono ad ampliare gli elenchi. Il piano ha individuato le strutture insediative aggregate, più o meno complesse e più o meno antiche, che presentano un interesse culturale legato ai processi storici che le hanno generate o alla qualità intrinseca dei manufatti e delle forme strutturali o al loro significato testimoniale e documentario o al ruolo paesistico ed ambientale, le quali rappresentano in Valle d'Aosta una realtà complessa ed estremamente diffusa sul territorio. Per i beni culturali situati all'esterno degli agglomerati di cui sopra (torri, castelli, forti, caseforti, chiese, cappelle, santuari, conventi, beni dell'archeologia industriale ecc.) il piano ne ha definito gli indirizzi di conservazione, di restauro e di eventuale riuso, demandando ai piani locali o di settore gli approfondimenti necessari per verificarne la consistenza e lo stato di conservazione e per specificarne le suscettibilità d'intervento e di riuso.

100 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Fermo restando l'orientamento essenzialmente conservativo, il piano ha escluso di regola utilizzazioni commerciali, produttive, ricettive o ricreative se non per parti limitate, comunque non in contrasto con i caratteri autentici dei beni e tali da non indurre alterazioni sugli intorni visivi, storici, e funzionali dei beni stessi. Data la diffusione dei beni in tutto il territorio regionale, il piano ha promosso le politiche volte ad inquadrare gli interventi di conservazione e riuso in programmi di valorizzazione estesi ai sistemi e ai contesti interessati, con la formazione di circuiti di fruizione integrata, monotematici o pluritematici. Ciò anche in relazione alle opportunità offerte dalla ricca rete dei percorsi storici, da conservare e recuperare come trama fondamentale di connessione del patrimonio storico-culturale. Riguardo i siti e le risorse di specifico interesse naturalistico il piano si è portato ad assicurare la tutela diffusa del patrimonio naturalistico mediante una gamma articolata d'indirizzi e prescrizioni, nonché mediante l'attivazione di adeguati sistemi di conoscenza, di monitoraggio e di valutazione. Il piano inoltre ha individuato, sulla scorta delle analisi valutative appositamente operate, un articolato insieme di "siti di specifico interesse naturalistico" diramato sull'intero territorio regionale e meritevole di specifica tutela. I parchi naturali e le aree di fruizione naturalistica costituiscono una base di riferimento imprescindibile per la nuova strategia di sviluppo proposta dal P.T.P., anche per l’eccezionale contributo che recano alla qualificazione dell’immagine complessiva della regione. I due sistemi comprendono aree che si snodano con una certa continuità lungo i confini regionali, ed aree più interne, di più diretto rilievo regionale. Per ogni settore il piano ha stabilito degli orientamenti programmatici: riguardo la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale ha delineato le strategie in funzione della conservazione, manutenzione e valorizzazione delle risorse, dell'identità della regione e delle specificità locali, ed in funzione della riqualificazione delle condizioni ambientali e della fruibilità del territorio. Il perseguimento delle finalità di cui sopra ha avuto luogo mediante la promozione e la diffusione della conoscenza del patrimonio ambientale e culturale; con la disciplina degli usi, delle attività e degli interventi articolata sull'intero territorio regionale in funzione dei tipi e dei caratteri specifici dei paesaggi e dei sistemi ambientali; mediante la promozione ed il controllo dei processi e degli interventi di conservazione, recupero e riuso degli insediamenti

Autorità di bacino del fiume Po 101 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

di interesse storico, artistico, documentario o ambientale, dei percorsi storici, dei beni naturalistici e dei percorsi e punti panoramici. Inoltre sono state istituite aree protette di rilievo regionale o interregionale e sono stati promossi programmi e progetti integrati per la valorizzazione conservativa di insiemi organici di risorse. La regione ha inoltre previsto il coordinamento della disciplina degli strumenti urbanistici e dei piani di settore con le attività di controllo esercitate ai sensi delle leggi dello Stato n° 1089/1939, n° 1497/1939, e n° 431/1985, delle leggi regionali concernenti i beni culturali ed ambientali e delle altre disposizioni normative nazionali e regionali, secondo gli indirizzi definiti dal piano. Un altro indirizzo di settore di interesse riguarda l'agricoltura e le foreste; il quadro strategico del piano ha messo in evidenza l'importanza cruciale delle attività e delle risorse agricole e forestali ai fini della tutela e della valorizzazione del patrimonio regionale, in tutte le sue implicazioni paesistiche, ambientali e culturali. Sono considerate risorse fondamentali per le attività agroforestali le aree agricole ben accessibili e poco acclivi e le colture agricole specializzate (frutteti, vigneti); i sistemi dei pascoli; quelli boschivi sottoposti ad azioni di conservazione e manutenzione diversificate in funzione del valore paesaggistico ed idrogeologico, della composizione delle specie arboree, della localizzazione, del modello climax e delle condizioni di criticità. Per quanto riguarda l'orientamento programmatico per il settore agricoltura e foreste il P.T.P. prevede il mantenimento e la riqualificazione delle attività agricolo-pastorali al fine di conservare le risorse primarie, in particolare le acque, i suoli agrari, le associazioni vegetali dei pascoli e dei boschi; inoltre prevede di aumentare la redditività dei suoli, migliorare la qualità dei prodotti tipici e valorizzare il paesaggio agrario e le colture tradizionali. I piani ed i programmi di settore perseguono la tutela e la valorizzazione del patrimonio forestale in quanto risorsa primaria di preminente interesse ecologico, paesaggistico-ambientale e turistico ricreativo da conservare mantenere e riqualificare ai fini della difesa dell'assetto idrogeologico e della qualità dell'aria, conservando le comunità biologiche e i biotopi caratterizzanti gli ecosistemi.

102 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

4.2.2 Regione Piemonte La regione Piemonte ha approvato nel 1997 il Piano Territoriale Regionale (P.T.R.) adeguandosi alle prescrizioni della L. n°431/1985 mediante la redazione di un “piano territoriale con valenza paesistica”. La scelta operata dalla regione Piemonte a favore del P.T.R. ha trovato le sue motivazioni essenzialmente nella maggiore flessibilità del piano territoriale rispetto al piano paesistico e nella opportunità di considerare unitariamente e non per progetti separati le problematiche del territorio e quelle dell’ambiente; facendo quindi confluire la disciplina paesistica in quella territoriale, e nello stesso tempo connotando quest’ultima anche in funzione dei valori paesistici. Il P.T.R. si è posto come elemento di governo del territorio della regione, indicando obiettivi e strategie e verificando il coordinamento delle politiche e degli strumenti settoriali. Inoltre, ha fissato i vincoli e definito le localizzazioni “strategiche” della regione dove trovavano definizione gli interventi della regione stessa; infine ha indicato le politiche generali e settoriali. Il nuovo piano si è quindi caratterizzato per una maggior flessibilità e per una forte tendenza ad accompagnare le trasformazioni, tanto quelle espresse dai mutamenti socio-economici, quanto quelle derivanti dal ruolo istituzionale della regione nel suo rapporto con altri soggetti; è stato quindi definito come “piano di opportunità e di vincoli”. I contenuti del Piano riguardano: • l’analisi dei caratteri territoriali e paesistici, in cui sono evidenziati il sistema delle emergenze paesistiche, naturalistiche e storico-culturali, le aree- problema da sottoporre a specifica normativa, anche di livello sub-regionale, nonché le strutture territoriali che condizionano in modo rilevante gli indirizzi futuri di governo dell’area regionale; • gli indirizzi di governo del territorio, dove sono stati individuati gli elementi strategici dello sviluppo, il sistema infrastrutturale e gli insediamenti. Di particolare interesse per il presente studio è l’elaborato riguardante i caratteri territoriali e paesistici che ha fornito un’interpretazione unitaria della realtà visibile ordinata ai seguenti livelli: • le componenti geomorfologiche e idrogeologiche che determinano la struttura fisica del suolo e l’immagine del territorio;

Autorità di bacino del fiume Po 103 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• le componenti colturali e botanico-vegetazionali che caratterizzano la forma del soprassuolo; • i segni e i prodotti che testimoniano l’avvenuta antropizzazione e ne condizionano gli sviluppi futuri, e le componenti storico-culturali che costituiscono i connotati specifici del patrimonio storico e della identità culturale della regione. Il P.T.R. ha indicato, e conseguentemente tutelato con le norme di piano, le principali risorse a rischio per le quali occorre una salvaguardia assoluta, e in specie: • i beni di particolare valore ambientale, cioé gli ambiti più significativi per il loro pregio naturalistico, scientifico o documentario; • le emergenze paesaggistiche, i sistemi dominanti di crinali e di versanti che caratterizzano la forma del territorio. Per tutti gli altri beni che il P.T.R. ha individuato, dalle aree di preminente interesse agricolo produttivo, alle aree boscate, alle aree classificate interstiziali perché prive di vincolo, è stata rilasciata ai successivi livelli di piano l’individuazione delle scelte di governo, in particolare alla scala dello strumento urbanistico generale comunale, conservando tuttavia alla regione il controllo rispetto a predefiniti livelli di utilizzabilità del suolo attraverso i piani di settore per ambiti o per temi specifici. Nell’elaborato sui caratteri territoriali e paesistici sono stati individuati diversi ambiti di intervento, la cui definizione ha consentito di apportare nella successione progressiva degli atti di pianificazione sia il naturale e opportuno approfondimento delle tematiche trattate, sia l’eventuale necessaria revisione delle stesse conseguentemente alle mutate condizioni derivanti dalle modificazioni degli eventi socio-economici con i relativi effetti sul territorio. Tali sistemi sono i seguenti: • il sistema delle emergenze paesistiche, ovvero le principali quinte collinari o montane, così come venivano visivamente colte dai grandi assi di comunicazione interna dell’area regionale; i crinali ed i versanti a forte dominanza fisica, le fasce di innevamento prolungato e le maggiori superfici boscate a media quota, caratterizzanti la scena naturale; • il sistema del verde, cioé le fasce con prevalente copertura boschiva, che hanno rappresentato siti di rilevante qualità paesistica e ambientale, nonché di elevata accessibilità dal bacino di utenza pedemontano e vallivo; perciò da

104 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

tutelare e valorizzare quale contesto ambientale pregiato per la comunità regionale; • le aree protette nazionali, ovvero le zone di eccezionale interesse ambientale, che hanno costituito il sistema dei parchi nazionali e delle riserve naturali, integrate od orientate, di livello sovraregionale per l’alto valore naturalistico o per l’ampiezza territoriale; • le aree protette regionali, ovvero le aree di rilevante interesse regionale individuate dal piano regionale dei parchi, le aree boscate, e le fasce spondali dei corsi d’acqua a forte valenza paesistica, i boschi isolati compatti, le aree protette di rilievo regionale; • le aree con struttura colturale di forte dominanza paesistica, comprendente l’insieme delle colture specializzate (vigneti, frutteti, insiemi eccezionali del paesaggio agrario che modellano fortemente il suolo), caratterizzanti in specie il paesaggio collinare, sia per tipologie di impianto che per le particolari strutture di servizio ed arredo. Esse comprendono gli scenari più significativamente rilevanti e le testimonianze di attività agricola specializzata dall’alta valenza paesistico-ambientale; • le aree di elevata qualità paesistico-ambientale, il cui sistema ha compreso spesso le aree a rischio e non ancora soggette a particolare tutela, comprendenti sia alcuni insiemi geomorfologici di rilevante significato naturalistico e storico-culturale sia altre aree particolarmente significative e complesse, da tutelare attraverso successivi strumenti di assetto territoriale, alle varie scale e secondo le competenze; • il sistema dei suoli a produttività eccellente, ovvero gli ambiti di eccezionale fertilità, privi o quasi di limitazioni di capacità d’uso, da confermare prevalentemente a usi agricoli produttivi specializzati e perciò da governare principalmente attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica di livello subregionale, per l’esaltazione delle specificità locali; • il sistema dei suoli a produttività buona, che indicano gli ambiti agrari di buona e media fertilità, con capacità d’uso moderatamente limitata, nei quali si sono concentrate la riqualificazione morfologica e funzionale dell’ambiente urbano, il ridisegno e la cucitura dei tessuti insediativi, l’integrazione tra funzioni complesse, residenziali, terziarie e produttive; • le aree interstiziali, cioé le zone con forti possibilità di trasformazione d’uso e le aree prive di particolare significato ambientale paesistico culturale, scarsamente antropizzate e perciò utilizzabili per usi extragricoli a servizio

Autorità di bacino del fiume Po 105 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

dei grandi sistemi urbani; governabili attraverso gli specifici piani di settore, salve le verifiche di compatibilità archeologica; • i centri storici, di cui il P.T.R. ha individuato quattro categorie, la cui consistenza e qualità hanno connotato il territorio regionale sotto il profilo insediativo ed ambientale. • architetture e insiemi architettonico-ambientali di interesse diretto della regione Piemonte. Questi beni sono di importanza regionale e sono stati prescelti sia per il valore storico-architettonico e ambientale intrinseco, sia per la loro valenza a essere inseriti in processi di valorizzazione; • la rete dei corsi d’acqua principali, per i quali, al fine della tutela paesistico- ambientale, la regione ha individuato la rete principale dei fiumi da sottoporre a controllo e gestione diretta della regione attraverso la specifica predisposizione di piani operativi. Tale sistema è costituito dai corsi d’acqua, per i quali e per le cui fasce fluviali, la regione ha provveduto a definire specifici piani con valenza paesistica, che hanno riguardato: - il sistema fluviale del Po con i principali affluenti di sinistra, Pellice, Dora Riparia, Sangone, Stura di Lanzo, Orco, Dora Baltea, Sesia, e in destra Varaita e Maira; - il sistema fluviale dello Scrivia; - il sistema fluviale del Ticino e del Toce; - il sistema fluviale del Tanaro con affluenti, in sinistra Stura di Demonte e in destra Belbo, Bormida. Oltre a questo sistema storicamente consolidato il P.T.R. ha individuato come sistema regionale un insieme di laghi, canali, fiumi, che ha mantenuto al controllo regionale diretto, mentre il rimanente sistema delle acque pubbliche è stato demandato al controllo comunale; • le aree storico-culturali che hanno tratto significato, per la loro specificità e caratterizzazione tipologica, sia dai modi della organizzazione insediativa e del paesaggio agrario, sia da quelli della produzione edilizia. Il P.T.R. si attua attraverso una pluralità di strumenti, quali quelli di pianificazione territoriale e di programmazione, compresi i piani settoriali, con implicazioni sul territorio previsti dalla normativa nazionale e regionale: i piani territoriali delle provincie, i piani territoriali attuativi del P.T.R. di iniziativa regionale e i progetti territoriali operativi.

106 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Tutti i piani e i programmi di settore che contengono indicazioni di carattere territoriale devono essere approvati secondo le procedure stabilite per il P.T.R., ne costituiscono pertanto parte integrante, stralcio o variante. Inoltre si attua mediante e/o la predisposizione dei piani regolatori generali, comunali o intercomunali; mediante l’emanazione, da parte del consiglio regionale, di specifiche direttive di indirizzo settoriali o relative ad ambiti territoriali, rivolte agli enti locali ai fini della redazione e della gestione dei piani di loro competenza; infine mediante ogni altro strumento di pianificazione, di programmazione, di attuazione, a livello sia regionale, sia subregionale, previsto da leggi dello stato o della regione. Ne risulta quindi uno strumento flessibile, non rigido, che si definisce, attua e modifica continuamente, attraverso gli strumenti sopra indicati. L’impianto delle norme di attuazione del P.T.R., inteso come strumento orientato alla massima flessibilità, ha ridotto il più possibile le prescrizioni vincolanti, limitandole essenzialmente al rinvio di norme legislative o a prescrizioni già contenute in altri strumenti vigenti, mentre ha ampliato il proprio spettro normativo verso direttive e indirizzi pensati essenzialmente come competenza di altri soggetti di pianificazione territoriale o settoriale. La stessa individuazione degli oggetti si è volta principalmente alla precisazione di insiemi e di sistemi tali da lasciare un buon margine agli enti locali, per definire più precisamente categorie ed insiemi, in termini di ambiti ed elenchi di singoli oggetti veri e propri su cui esercitare le prescrizioni della norma. La struttura si è quindi distinta in : • prescrizioni vincolanti, immediatamente operative, prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale vigente e cogenti anche nei confronti dei soggetti privati; • prescrizioni che impongono un adeguamento da parte degli altri soggetti della pianificazione, la cui attivazione esige l’adozione di strumenti attuativi ai vari livelli da parte dei soggetti pianificatori infra-regionali, i quali sono per altro tenuti a recepire le prescrizioni stesse; • direttive ed indirizzi, disposizioni aventi contenuto non direttamente precettivo, destinate a fornire ai pianificatori locali indirizzi, criteri, orientamenti, suggerimenti etc. Le norme del P.T.R. rappresentano lo strumento attraverso il quale il piano è in grado di incidere direttamente sulla realtà regionale limitandone o governandone le trasformazioni; sono suddivise in tre titoli: disposizioni

Autorità di bacino del fiume Po 107 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

generali, caratteri territoriali e paesistici e indirizzi di governo per il territorio, corrispondenti agli ambiti in cui è stato suddiviso il territorio. Le norme del titolo I rappresentano l’insieme dei punti programmatici di riferimento per la formazione del P.T.R. e per la sua efficacia e definiscono la valenza paesistica del piano stesso, in quanto formato con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali. Le norme hanno un riferimento diretto alle tavole di piano, infatti nel titolo II, ciascun articolo fornisce la definizione dell’oggetto e successivamente determina i vincoli d’uso, i limiti di sviluppo, gli indirizzi per la formazione dei piani provinciali o dei piani regolatori. Più in particolare il titolo II contiene: • il sistema delle emergenze paesaggistiche, per il quale è stata prevista la formazione di strumenti paesistici; • il sistema del verde, per il quale si è rinviato agli strumenti infraregionali per l’emanazione di specifiche prescrizioni; • le aree protette nazionali e regionali, già sottoposte a specifici piani che erano prevalenti rispetto a qualsiasi altro piano; • le aree con strutture colturali di forte dominanza paesistica, per le quali si è ritenuto necessaria la salvaguardia e la valorizzazione; • le aree a elevata qualità paesistico ambientale; • il sistema dei suoli a eccellente e buona produttività; • i centri storici, per i quali sono previste azioni diffuse di tutela dei beni ambientali esistenti, così come dei sistemi urbanistici storicamente consolidati; • le architetture o gli insiemi di beni architettonici di interesse regionale, per i quali è stata prevista la tutela, in quanto emergenze di particolare valore; • le aree storico culturali, per le quali sono state definite le direttive per la redazione dei piani regolatori; • la rete dei corsi d’acqua principali, dove è stata individuata l’orditura fluviale complessiva, di rilevanza paesistico-regionale, costituita dall’elenco allegato alla relazione del P.T.R.; per questi fiumi e torrenti sono state previste tutela e gestione diretta della Regione Piemonte, mentre per gli altri corsi d’acqua è previsto il demando di tutela e gestione alla pianificazione subregionale, con

108 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

particolare attenzione anche al problema della definizione dei caratteri e del loro valore paesistico-ambientale.

4.2.3 Regione Liguria La Regione Liguria adeguandosi alla L. n°431/1985 ha adottato alla fine del 1986, ed approvato nel 1990, il P.T.C.P. che è stato il primo piano organico relativo all’assetto paesistico ambientale approvato da una regione italiana. A questo sono seguite successive integrazioni e modificazioni di cui l’ultima è stata la deliberazione n. 424/1995. Il Piano individua tre livelli di operatività: • un livello territoriale, che è in primo luogo un livello di suddivisione del territorio in ambiti relativamente estesi, denominati ambiti territoriali, in relazione ai quali il piano ha dettato indirizzi complessivi, rivolti essenzialmente alla pianificazione urbanistica comunale ed alle politiche settoriali della stessa regione e degli altri soggetti che operano interventi che incidono complessivamente sul territorio; • un livello locale, in base al quale, all’interno degli ambiti di cui sopra, si sono individuate situazioni differenziate in relazione ai caratteri ed ai valori dell’ambiente naturale che richiedono norme e indirizzi specifici; • un livello puntuale, le cui indicazioni sono state sviluppate nelle successive fasi della pianificazione paesistica, come piani di recupero paesistico ambientale, progetti di sistemazioni di aree assoggettate dal P.T.C.P. a regime normativo di trasformazione, ecc.. Le norme che regolano l’attuazione del P.T.C.P. in funzione del perseguimento degli obiettivi fondamentali della tutela e del rafforzamento dell’identità del paesaggio, della fruizione dei suoi valori e della stabilità ecologica (Art. 1 N.d.A.) sono articolate in tre parti fra loro coordinate quali: la normativa urbanistico-edilizia, quella relativa alla vegetazione e quella che tratta gli aspetti dell’idrografia e della geomorfologia, per le quali sono state formulate indicazioni e prescrizioni articolate ai livelli territoriale e locale. Con riferimento al livello territoriale il piano reca indicazioni aventi valore di indirizzo, di proposta e di recepimento. Gli indirizzi si distinguono in indirizzi generali, intesi a considerare l’assetto paesistico ambientale nel suo complesso ed indirizzi particolari intesi a considerare singole componenti del paesaggio. Le categorie normative del P.T.C.P. si esprimono mediante i termini: conservazione, mantenimento, consolidamento, modificabilità, trasformabilità,

Autorità di bacino del fiume Po 109 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

trasformazione. Tali termini misurano l’ampiezza delle alterazioni che possono essere apportate al carattere attuale dei luoghi, sulla base di un duplice giudizio di valore: sulla qualità paesistica dei luoghi, definita in termini di equilibrio tra fattori antropici e ambiente naturale e sulla compatibilità dei processi di trasformazione in atto con il mantenimento o il perseguimento di un equilibrio soddisfacente. La categoria della conservazione non ricorre per il livello territoriale, ma soltanto per quello locale. Vi fanno parte quei luoghi dei quali si riconosce l'eccezionalità, nel caso del paesaggio, in quei luoghi che più hanno resistito all'antropizzazione o che sono testimonianze relativamente intatte di condizioni di vita e di lavoro non più ripetibili. La categoria del mantenimento è riconoscibile sia a livello territoriale che locale e comprende quelle situazioni nelle quali i caratteri paesistici non sono così puri ed intensi, tali da escludere qualunque alterazione dello stato attuale, ma si richiede tuttavia che tale alterazione sia compatibile con il mantenimento dei caratteri dominanti; questa condizione è tipica della maggior parte dei centri storici ben conservati e ricorre sotto il profilo paesistico sia in molte aree rurali caratterizzate da un paesaggio agrario tradizionale ancora efficiente e produttivo, sia in aree urbane e turistiche con forte presenza di parchi, ville, impianti urbani d'epoca. Il consolidamento è stato applicato in quelle situazioni nelle quali i fattori di caratterizzazione paesistica sono incerti, così da richiedere interventi che li rafforzino; situazioni tipiche delle aree di insediamento suburbano diffuso a media densità dell'entroterra prossimo ai centri maggiori. Per quanto riguarda l'assetto geomorfologico e quello vegetazionale, la categoria del consolidamen- to segnala l'opportunità di interventi di presidio ambientale non ingenti ma diffusi. La modificabilità e la trasformabilità contrassegnano sia le situazioni nelle quali non vi sono prevalenti interessi di tutela paesistica sia le situazioni gravemente compromesse sotto il profilo paesistico o ambientale, generalmente interessate da processi di trasformazione intensi e disordinati nei quali si è avvertita soprattutto l'esigenza di interventi che ponessero le premesse per un processo di riqualificazione urbanistica ed ambientale: aree urbane periferiche ed aree rurali nelle quali l'abbandono ha innescato fenomeni di deterioramento gravi. Nei casi più gravi di degrado urbanistico o ambientale è stata applicata la categoria della trasformazione, che segnala l'urgenza di un intervento intensivo di bonifica e recupero ambientale che il piano assume come obiettivo prioritario.

110 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Queste categorie non sono state poste in correlazione diretta e univoca con categorie del tipo intervento/non intervento, poiché, a seconda dei casi, la conservazione e il mantenimento possono implicare ora astensione da ogni intervento sul paesaggio, ora al contrario l'esigenza di una presenza e di una azione dell'uomo, e così pure la modificazione e la trasformazione.

4.2.4 Regione Lombardia La Regione Lombardia ha approvato nel 1997 il Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.) colmando una lacuna che si protraeva fin dal 1987, termine massimo fissato dalla L.n°431/1985 entro il quale le regioni avrebbero dovuto approvare questo atto di pianificazione territoriale. La Regione Lombardia aveva infatti avviato nel 1986 il processo di formazione di un Piano urbanistico territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali che è giunto solo fino all’approvazione preliminare, con delibera D.G.R. del 6/02/90, nella “Presa d’atto della proposta di piano territoriale paesistico regionale”. La struttura del Piano si configurava in due livelli complementari: • un “quadro di riferimento regionale”, che stabiliva le linee generali della tutela paesistica, unificava i caratteri, e coordinava l’attuazione del piano; • i “quadri di riferimento locali” costituiti dai piani sub-regionali prodotti dalle provincie e da quelli di iniziativa regionale. Il “quadro di riferimento regionale” interpretava in un'ottica “regionale” il paesaggio lombardo, fornendo indirizzi normativi unitari per le politiche di tutela paesistica, definendo gli ambiti di tutela ed i luoghi topici dell'identità regionale e stabilendo norme di salvaguardia e procedure regionali unitarie per il controllo paesistico delle trasformazioni, regolato dalla certificazione paesistica, e per l'adeguamento paesistico degli strumenti di pianificazione. Per quanto riguarda i “quadri di riferimento locali”, i nuclei operativi provinciali (N.O.P.) hanno elaborato i piani sub-regionali e quelli di iniziativa regionale, che hanno sviluppato l'analisi paesistica e le proposte di tutela nei territori interessati. Il Piano ha così assunto i piani sub-regionali come quadri di riferimento locali, contenenti documentazione analitica, indirizzi e proposte per la tutela paesistica delle aree interessate, in coerenza con le prescrizioni stabilite dal quadro di riferimento regionale.

Autorità di bacino del fiume Po 111 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Per quanto riguarda i contenuti, nel Piano sono state definite le tipologie del paesaggio regionale ed individuati “ambiti di alta sensibilità paesistica”, finalizzati ad assicurare la rigorosa conservazione dei singoli caratteri e dei loro insiemi, “ambiti di trasformazione programmata”, ove erano previsti interventi prioritari di trasformazione volti al recupero e alla valorizzazione paesistica del territorio regionale, nonché “ambiti” per i quali si rinviava alla formazione di piani territoriali paesistici attuativi, la cui procedura di formazione ed approvazione è stata specificamente disciplinata in un apposito articolo delle norme tecniche (Art. 14 programmi di intervento). Il Piano, per essere attuato e gestito prevedeva diverse categorie di intervento: • I piani paesistici attuativi (Art.14), che potevano essere promossi dalla regione, dagli enti locali, dalle associazioni e dai privati interessati. Gli ambiti nei quali è stata prioritaria la formazione dei piani attuativi hanno riguardato le conurbazioni metropolitane, i sistemi insediativi diffusi, le fasce fluviali e i litorali lacuali compromessi da urbanizzazioni improprie, le aree di degrado di montagna, i nuovi parchi e riserve naturali. I piani paesistici attuativi hanno anche assunto il carattere di piani di intervento attivo per la riqualificazione paesistica, in modo da promuovere un significativo superamento della tradizionale concezione puramente passiva e vincolistica della tutela paesistica; • gli incentivi economico-finanziari (Art.15); • i provvedimenti integrativi (Art.16), previsti per coordinare e rafforzare la politica di tutela paesistica, l'istituzione di un istituto giuridico per la conoscenza e la tutela dei beni culturali e paesistici della regione stessa, e la raccolta e la catalogazione della documentazione prodotta per la formazione del piano. La regione inoltre ha fornito indirizzi e requisiti tecnici per l'applicazione della Certificazione Paesistica e per l'adeguamento degli strumenti urbanistici al piano. Per ciò che concerne l’efficacia, le disposizioni del P.T.P.R. si sono articolate in indirizzi, prescrizioni e direttive così distinti: • indirizzi di orientamento per la formazione e la revisione degli strumenti di pianificazione di ogni livello e per l'esercizio della gestione del territorio, contenuti nel quadro di riferimento regionale e nei quadri di riferimento locale; in caso di indicazioni diverse prevalevano gli indirizzi stabiliti dal quadro di riferimento regionale.

112 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

• prescrizioni, immediatamente vincolanti per qualsiasi soggetto pubblico o privato e prevalenti rispetto a tutti gli strumenti di pianificazione vigenti, relativamente alle norme di salvaguardia ed alle procedure della certificazione paesistica; • direttive, formulate per l'adeguamento al Piano degli strumenti urbanistici, nei quali gli indirizzi del Piano medesimo dovevano essere precisati da corrispondenti normative aventi carattere specificativo, e/o con contenuti modificativi purché finalizzati agli obiettivi di tutela propri del Piano e con esiti complessivamente equivalenti o migliorativi. Per quanto riguarda la struttura normativa, il piano ha fornito regole generali di comportamento per la disciplina paesistica del territorio attraverso gli indirizzi normativi, le norme di salvaguardia, gli ambiti regionali di tutela, i piani di sistema, le proposte dei piani sub-regionali, articolando le norme di conseguenza in: • quadro di riferimento regionale; • quadro di riferimento locale; • certificazione paesistica; • adeguamento degli strumenti di pianificazione; • programmi di intervento. Il Piano, infine, si è proposto, tra gli obiettivi fondamentali dello stesso processo di pianificazione paesistica, quello di ricondurre il complesso sistema di vincoli in materia paesistica dalle leggi n° 1497/1939 e n° 431/1985, a un regime più organico, esteso ed articolato di salvaguardia, collegandolo ai processi di sviluppo della regione.

4.2.5 Regione Emilia Romagna Il P.T.P.R. è stato approvato nel 1993 in adempimento all'Art. 1-bis della L.431/1985 chiudendo il lungo periodo di salvaguardia del piano, adottato nel 1986. Redatto come “piano urbanistico territoriale” con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali e quale piano stralcio del P.T.R., è stato definito il piano delle “condizioni" ed ha individuato e tutelato le "invarianti" del sistema territoriale e ambientale regionale, nel rispetto delle quali devono essere fissate le trasformazioni del territorio.

Autorità di bacino del fiume Po 113 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Il piano, superando il mero aspetto normativo che è proprio dei piani, si è calato in un più complesso ed articolato processo di azioni politiche e culturali attivate a livello di governo nazionale, regionale e locale, passando da una fase di difesa del territorio ad una fase di salvaguardia attiva, per arrivare a costruire, nella società regionale, una nuova cultura del territorio e dell’ambiente. Il Piano ha inteso realizzare, su obiettivi di salvaguardia e valorizzazione paesistico-ambientale, il massimo coordinamento delle politiche e degli interventi settoriali della pubblica amministrazione (stato, regione, enti locali ecc.) che direttamente e indirettamente hanno inciso sull’assetto del territorio; inoltre ha promosso azioni programmatiche basate sulla confluenza di risorse pubbliche e anche private all’interno di progetti di valorizzazione ambientale che sono stati concepiti e attuati quale occasione sia di recupero e nuovo sviluppo sia di fattibilità economico-occupazionale; ha coinvolto attività, consenso e collaborazione sempre più diretta e interattiva con enti ed istituti di ricerca, associazioni ambientali, università, forze culturali ecc. che sono divenuti sempre più i soggetti protagonisti del processo di piano; infine ha avviato una nuova cultura dell’ambiente nella società regionale realizzando progetti e politiche adeguati alla più elevata qualità dell’ambiente antropizzato e naturale. Il piano ha riguardato sistemi, zone ed elementi che costituiscono i caratteri strutturanti la forma del territorio regionale, vale a dire: • i sistemi dei crinali, collinare, forestale e boschivo, delle aree agricole, costiero, delle acque superficiali; • le zone e gli elementi di interesse storico-archeologico, storico-testimoniale, paesaggistico-ambientale, di tutela naturalistica; • gli insediamenti urbani storici e le strutture insediative storiche non urbane; • le aree e gli elementi che richiedono l’ulteriore definizione di limitazioni alle attività di trasformazione ed uso perché caratterizzati da fenomeni di dissesto o instabilità, da elevata permeabilità dei terreni, ecc. Tra gli elementi di novità introdotti dal Piano vi è l'individuazione delle “unità di paesaggio”, definite come “ambiti territoriali aventi specifiche distintive ed omogenee caratteristiche di formazione ed evoluzione”, assunte come specifico riferimento nel processo di interpretazione del paesaggio e di attuazione del Piano stesso. Il P.T.P.R. ha perimetrato le unità di paesaggio di rango regionale, demandato agli strumenti di pianificazione infraregionali il compito di individuare quelle

114 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

provinciali ed ai Prg quelle comunali, fornendo le relative indicazioni. In particolare devono essere: • individuate "le componenti del paesaggio e gli elementi caratterizzanti suddivisi in elementi fisici, biologici ed antropici, evidenziando nel contempo le invarianti del paesaggio, nonché le condizioni per il mantenimento della loro integrità"; • "delimitati e catalogati i beni culturali, storici e testimoniali di particolare interesse per gli aspetti paesaggistici e per quelli geologici e biologici". Il Piano ha assunto come obiettivo generale quello della minima modificazione, intesa questa come condizione necessaria per favorire il mantenimento o la ricostruzione di processi di identificazione alternativi alle tendenze disgregative che hanno via via investito sempre più vaste parti del territorio regionale. Per le finalità e gli effetti di cui all’articolo 1 della L.431/1985, il Piano ha perseguito i seguenti obiettivi, determinando specifiche condizioni ai processi di trasformazione ed utilizzazione del territorio: • conservare i connotati riconoscibili della vicenda storica del territorio nei suoi rapporti complessi con le popolazioni insediate e con le attività umane; • garantire la qualità dell’ambiente, naturale ed antropizzato, e la sua fruizione collettiva; • assicurare la salvaguardia del territorio e delle sue risorse primarie, fisiche, morfologiche e culturali; • individuare le azioni necessarie per il mantenimento, il ripristino e l’integrazione dei valori paesistici e ambientali, anche mediante la messa in atto di specifici piani e progetti. La finalità del Piano è stata quindi quella di provvedere a dettare prescrizioni volte alla tutela da un lato dell’identità culturale del territorio regionale, dall’altro della sua integrità fisica. Per quanto riguarda l’efficacia, le disposizioni del P.T.P.R. sono articolate in indirizzi, direttive e prescrizioni: • gli indirizzi sono "norme di orientamento" per l'attività di pianificazione e programmazione della regione, delle province e dei comuni; • le direttive costituiscono "norme operative" per l'attività di pianificazione e programmazione regionale e sub-regionale;

Autorità di bacino del fiume Po 115 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• le prescrizioni sono norme "vincolanti" relative ai sistemi, zone ed elementi individuati e delimitati dal Piano. Queste prevalgono su qualsiasi strumento di pianificazione e programmazione regionale e sub-regionale e sono immediatamente precettive. Specifici adempimenti sono previsti per i comuni e le province. I Prg devono essere adeguati alle disposizioni del P.T.P.R. entro 5 anni dalla data della sua approvazione. La pianificazione comunale e provinciale deve approfondire e attuare i contenuti e le disposizioni del P.T.P.R. e quella comunale anche i contenuti e le disposizioni dei Piani Infraregionali. Le norme del Piano si articolano in quattro parti, sette titoli e 39 articoli; oggetti delle norme sono i sistemi, le zone e gli elementi individuati dallo stesso Piano come i caratteri strutturanti la forma del territorio.

4.2.6 Provincia Autonoma di Trento Il Trentino dal 1987 dispone di un nuovo piano urbanistico provinciale approvato con la legge provinciale n° 26/1987 e partito dall’esperienza di un’azione urbanistica avviata fin dalla metà degli anni 60 la cui prima conclusione era stata l’adozione, nel 1982, da parte della giunta provinciale, del documento preliminare. Inoltre, l’azione urbanistica della provincia è stata sviluppata ulteriormente, sia in termini di coordinamento e semplificazione normativa che di valorizzazione delle autonomie locali, dalla legge provinciale n°22/1991. Oltre all’unificazione legislativa, la nuova legge ha inciso sui modi e sui sistemi connessi al controllo dell’uso del territorio ed ha recepito in modo più organico le indicazioni del P.U.P., coordinandole più compiutamente con la strumentazione urbanistica, riconsiderando taluni rapporti fra sistema di gestione del territorio e disciplina ordinamentale. La revisione del P.U.P. ha ampliato il ventaglio degli obiettivi da conseguire, dando uno spazio maggiore alla salvaguardia dell’ambiente e al potenziamento delle aree agricole, tenendo anche conto delle aspettative sempre più consapevoli della collettività per quanto concerne la qualità dell’ambiente nel quale vive e produce. La suddivisione del territorio in ambiti chiamati comprensori, il cui obiettivo era di elaborare piani urbanistici comprensoriali con funzione attuativa del P.U.P. stesso, è stata mantenuta anche nell’elaborazione del nuovo P.U.P..

116 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Nel testo unico dell’urbanistica trentina, studiato contestualmente alla revisione del P.U.P., si è previsto tra l’altro di attribuire ai comprensori dotati di piano urbanistico comprensoriale le facoltà di approvare direttamente le iniziative dei comuni in materia di urbanistica attuativa e di gestire la tutela ambientale di interesse locale senza ulteriori verifiche da parte provinciale. Il nuovo P.U.P. è stato quindi inteso come un vero e proprio piano-struttura, prescrittivo per quanto riguarda le parti considerate di interesse provinciale, orientativo per le altre. Come tale, esso è stato flessibile e differenziato per grado di dettaglio, a seconda dei soggetti d’azione, delle problematiche, delle circostanze territoriali, dell’esistenza o meno di piani subordinati vigenti; si è quindi definito coordinatorio per una varietà di soggetti e autorità, nel senso che ha fornito tutte le indicazioni relative ai principali processi di trasformazione del territorio ritenuti ammissibili. I problemi e i settori che il nuovo P.U.P. ha preso in considerazione sono molteplici; in primo luogo quelli della protezione ambientale sotto il profilo ecologico e dei beni culturali, e quello del dimensionamento e della sistematizzazione dei servizi e degli insediamenti residenziali. Per far fronte alla vasta gamma di problemi, il nuovo P.U.P. ha articolato tecnicamente le proprie indicazioni sulla base di tre sistemi: • il sistema ambientale, dove sono confluite tutte le indicazioni e i vincoli che avevano a che fare con la tutela e la protezione del territorio; • il sistema insediativo, dove si sono considerate tutte le indicazioni relative agli usi del suolo, in corrispondenza dei centri abitati e delle aree utilizzate dai settori produttivi fondamentali; • il sistema dei collegamenti e delle attrezzature reticolari, che ha raggruppato tutte le indicazioni di rilevanza provinciale relative alle infrastrutture urbanistiche per i trasporti, le comunicazioni, l’energia e gli impianti tecnologici. In particolare, il sistema ambientale è organizzato in quattro sotto-insiemi distinti: la problematica del rischio e la protezione idrogeologica, la tutela complessiva del paesaggio e la salvaguardia di singoli beni ambientali, i parchi e le foreste ed, infine, la problematica energetica. Nel sistema ambientale le innovazioni sono state più numerose che altrove, essendosi in esso affrontate per la prima volta problematiche come quella del

Autorità di bacino del fiume Po 117 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

“rischio e della protezione idrogeologica” e la “tutela ambientale”, che è stata notevolmente ampliata. A proposito di quest’ultima il P.U.P. ha proposto una diversa articolazione delle procedure e dei suoi contenuti, considerando il paesaggio come una componente indissolubile dell’azione urbanistica generale, secondo una concezione oramai maturata e condivisa da tutti. Il P.U.P. ha distinto inoltre quanto è da tutelare per interesse provinciale e quanto può e deve essere demandato alla responsabilità degli enti locali ed ha precisato, meglio di quanto è stato fatto nel ‘67, l’oggetto della tutela, censendo sistematicamente i beni ambientali da tutelare. Tutto ciò ha comportato una ridefinizione delle aree già delimitate dal P.U.P. originario; il nuovo P.U.P. ha individuato planimetricamente sia i singoli beni ambientali di tipo naturalistico, paesistico, culturale, fino alla scala dei centri storici e dei singoli manufatti, sia gli insiemi di tali beni costituenti unità ambientali. Per tali unità ambientali sono state fissate norme provinciali di tutela assoggettate alle procedure di controllo e agli organi della provincia. A parte, il P.U.P. ha considerato le aree di interesse archeologico e, con particolare attenzione, le rive dei laghi, proponendone specifiche forme di tutela. Infine, ha affrontato il tema dei parchi ampliando il discorso sui parchi naturali, considerandoli come elementi di stretta pertinenza dell’azione urbanistica provinciale, proponendo per questi due importanti indicazioni di piano: • il perfezionamento dei confini, in modo da comprendere entità territoriali più omogenee; • la loro articolazione in subaree specializzate sulla base di una più attenta valutazione delle caratteristiche naturalistiche dei loro vasti territori. La protezione idrogeologica ha rivestito una grande importanza nella gestione della tutela ambientale ed ha molte finalità tutte collegate tra loro. In un territorio montagnoso come il Trentino è stato soprattutto importante individuare tutte le aree dove la delicatezza e la precarietà degli equilibri geotecnici e geologici hanno portato a ritenere non convenienti, o comunque da sottoporre a determinate verifiche prima di essere ammessi, le attività edificatorie e gli interventi di modificazione degli assetti esistenti.

118 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Il nuovo P.U.P., anche in considerazione di quanto previsto dalle leggi e dai decreti vigenti in materia, ha individuato nel territorio provinciale due classi di aree, in ragione della diversa gravità dei rischi che vi si danno. Nella prima classe sono stati indicati, come aree a rischio geologico ed idrogeologico, i suoli geotecnicamente molto pericolosi, dove sono presenti caratteristiche di potenziale o attuale instabilità dei suoli, tali da sconsigliare, in linea di principio, qualsiasi intervento che modifichi lo stato di fatto. Si tratta di aree limitate, spesso corrispondenti ad alvei di corso d’acqua, in genere con pendenze molto forti e di solito lontane da insediamenti urbani o produttivi. La seconda classe è quella delle aree di controllo geologico e valanghivo: comprende aree scadenti dal punto di vista delle condizioni idrologiche, geotecniche o geomeccaniche, dove il P.U.P. ha richiesto che gli interventi edilizi, o comunque di trasformazione dell’assetto territoriale, siano ammessi solo con determinate cautele e siano sottoposti a speciali controlli tecnici; vi rientrano suoli con elevata pendenza, oppure alluvionabili, o permeabili. Per queste aree la classificazione del P.U.P. non costituisce un vincolo ma piuttosto una segnalazione circa i modi di intervento e le procedure cautelative da adottare in sede di pianificazione subordinata. Per quanto riguarda le aree a rischio è emersa invece l’esigenza di indicarne con molta precisione i confini nella cartografia del P.U.P., fornendo almeno per le aree più prossime ai centri abitati, una maggiore specificazione relativamente al tipo di rischio presente. Ai piani comprensoriali è stata concessa la possibilità di individuare altre aree a rischio geologico e idrogeologico in aggiunta a quelle già individuate dal P.U.P.. Il P.U.P. si è anche preoccupato di salvaguardare le risorse idriche del Trentino definendo nuove e più specifiche indicazioni riguardanti i pozzi e le sorgenti meritevoli di tutela e prescrivendo che le aree di protezione circostanti siano delimitate in sede di pianificazione subordinata, onde evitare ogni forma di alterazione o di inquinamento delle acque sotterranee e superficiali. Per quanto riguarda la tutela dei valori culturali e ambientali il P.U.P. si è posto il problema di definire preliminarmente quali fossero i beni ambientali e culturali significativi alla sua scala territoriale, quella provinciale; a tal fine, assai prima dell’uscita della L. n° 431/1985 erano stati distinti, da una parte singoli beni culturali e ambientali che sono stati censiti individualmente in quanto a

Autorità di bacino del fiume Po 119 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

ubicazione, estensione e caratteristiche, e dall’altra aree di diversa natura e rilevanza da sottoporre a tutela con criteri differenziati e distinte modalità. Fra le realtà urbanistiche e territoriali che hanno interesse da un punto di vista culturale o storico-artistico compaiono anzitutto i centri storici, poi i monumenti e i complessi isolati, di cui sono stati indicati cartograficamente sia quelli già vincolati dalle leggi in vigore, sia altri che un’apposita ricerca ha rintracciato nel territorio e che si è ritenuto utile segnalare per un futuro vincolo. Analogamente il P.U.P. ha considerato le aree e gli insediamenti di interesse archeologico: sia zone già scavate, sulle quali opera il vincolo della legge L. n°1089/1939, sia zone indiziate, dove i giacimenti archeologici sono stati individuati ma non ancora sottoposti a indagine. Un ultimo ambito della tutela ambientale di beni singoli che ha interessato il nuovo P.U.P. in modo più articolato che nel P.U.P. del 1967, riguarda le rive dei laghi. I laghi sono fra i principali fattori della specificità dell’ambiente naturale trentino; il P.U.P. ha quindi considerato attentamente questa importante componente del quadro ambientale ed ha proposto adeguate misure di controllo e salvaguardia, articolandole a seconda delle diverse situazioni ambientali. I laghi trentini, 313, di cui 16 artificiali, hanno caratteristiche molto differenti per estensione, per altitudine e per la diversità di origine, storia, forma, giacitura e forme di antropizzazione. Tutti i laghi maggiori stanno al di sotto dei 1500 m s.m. in aree cioé molto accessibili e dove pertanto sono più forti i rischi di compromissione delle rive sotto la crescente spinta insediativa. Muovendo da queste considerazioni il P.U.P. ha definito in generale, zone di interesse naturalistico e ambientale primario tutte quelle che circondano i laghi; quindi le ha ripartite sulla base della loro altitudine. Per i laghi che stanno al di sopra dei 1500 m s.m., per lo più assai piccoli, il P.U.P. ha stabilito una generica fascia di rispetto minima di 100 metri dalla linea di massimo invaso. Ha invece considerato in maniera più analitica le rive dei laghi che si trovano al di sotto di quella quota ed individuato planimetricamente le porzioni del loro intorno che sono state sottoposte a salvaguardia ambientale da parte della provincia. Questo maggior dettaglio nella delimitazione delle aree di tutela ha permesso di organizzare in complessi coerenti tutti gli elementi che concorrono a definire gli specifici maggiori quadri naturalistici e ambientali lacustri, enucleando le

120 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

situazioni insediative e infrastrutturali non compatibili con la tutela stessa e le sue finalità che sono state stralciate dalle zone protette. Riguardo alle aree di tutela sulle rive dei laghi, la normativa del nuovo P.U.P. ha rimandato necessariamente ai piani comprensoriali, obbligati comunque a prevedervi solo interventi finalizzati all’interesse collettivo e all’utilizzazione sociale. Per quanto riguarda la tutela ambientale il P.U.P. si è orientato sempre di più a concepire la tutela come un’azione attiva e propositiva, meno vincolistica e generale, e invece più adeguata e specifica in rapporto alle diverse situazioni cui è stata applicata; è stata intesa come una componente essenziale dell’azione urbanistica, che quindi è stata estesa, seppure con modalità differenti, all’insieme del territorio. I suoi elementi sono quindi stati considerati parte integrante degli strumenti urbanistici veri e propri e cioé i piani, ai diversi livelli previsti dalla legislazione vigente. È stata conseguentemente eliminata la distinzione fra aree di interesse primario (provinciale) e aree di interesse secondario (comprensoriale) e si è invece proceduto all’individuazione di quelle porzioni del territorio provinciale che presentavano interessi e requisiti paesistico ambientali di portata tale da richiedere inequivocabilmente un’azione di tutela, specificamente orientata alla salvaguardia dei valori che vi erano riposti. Per individuare queste aree di tutela ambientale si è partiti da quelle di interesse primario e si è provveduto a una loro più efficace delimitazione, in modo da evitare ogni equivoca interpretazione. Sono stati quindi aggiunti tutti gli elementi derivanti dall’assunzione della legge L. n°431/1985 (ghiacciai, corsi d’acqua, ecc.), nonché quelle porzioni di aree considerate in precedenza di interesse comprensoriale che sono state ritenute meritevoli di maggior attenzione, soprattutto nella prospettiva di tutelare zone ambientalmente importantissime ma non classificate come parchi naturali veri e propri. L’inserimento nelle zone di tutela ambientale, laddove già non lo fossero, di tutte quelle relative ai ghiacciai ha portato all’individuazione di 88 aree, corrispondenti ai ghiacciai italiani. L’altro importante intervento nella riperimetrazione delle aree di tutela riguarda le zone interessate dalla presenza di biotopi. In questo caso si è provveduto a inserire in tali aree molti dei biotopi compresi nell’elenco redatto dal servizio parchi e foreste demaniali della provincia quale

Autorità di bacino del fiume Po 121 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

presupposto tecnico della legge provinciale n°14/1986 (norme per la salvaguardia dei biotopi di rilevante interesse ambientale, culturale e scientifico). Le aree di tutela hanno assunto una configurazione diversa soprattutto in corrispondenza dei corsi d’acqua per l’attenzione particolare che è stata posta nell’individuazione degli ambienti fluviali da proteggere. Tutto questo ha avvicinato i confini della tutela ai centri abitati, molto spesso assai prossimi a fiumi e torrenti, dove però, per quanto possibile, non sono state intaccate dall’urbanizzazione le zone interessate. In ogni caso sono stati determinati i confini facendo riferimento a elementi riconoscibili sul terreno o, nel caso di corsi d’acqua minori, a fasce di rispetto di larghezza stabilita. Le aree di tutela ambientale hanno costituito dunque, per l’unicità e l’irripetibilità delle situazioni, l’intelaiatura fondamentale dell’ambiente naturale trentino considerato dal P.U.P.; si è trattato prevalentemente di territori allo stato naturale, aperti, non antropizzati o scarsamente modificati dall’opera dell’uomo. Se sono state considerate di interesse ambientale primario proprio alcune aree particolarmente antropizzate, ciò è dipeso dalla speciale caratterizzazione che l’antropizzazione ha assunto rispetto al restante territorio; molte sono le zone che hanno spesso compreso pascoli e talvolta baite e malghe. A quote inferiori sono rientrate in questa categoria molti insiemi di prati, talvolta in alternanza con boschi, le fasce lungo i fiumi ed anche certi sistemi di coltivazioni che hanno assunto una rilevanza paesistica notevole. L’ampia estensione coperta da boschi e foreste, pari al 49% del territorio provinciale, ha costituito una componente fondamentale del quadro territoriale e ambientale trentino. Nel P.U.P. pertanto le foreste sono entrate come una parte di territorio dalla quale sono state escluse le iniziative urbanistiche di carattere sia infrastrutturale che insediativo; il P.U.P. non ha dato sue norme in materia forestale, ma ha assunto come dato di base e di riferimento progettuale l’estensione e la collocazione attuale dei boschi, fornendo con ciò informazioni indispensabili a tutti gli altri operatori nel territorio. In materia di parchi il nuovo P.U.P. ha proposto indicazioni e soluzioni per superare alcuni equivoci scaturiti dalla non troppo nitida articolazione che il concetto di parco aveva nel P.U.P. del 1967.

122 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Il nuovo P.U.P. si è occupato principalmente di parchi naturali, che sono stati materia di stretta pertinenza dello strumento urbanistico provinciale. Per quanto riguarda i contenuti della normativa, i parchi naturali si sono articolati in sub-aree specializzate, sulla base di una più attenta valutazione delle caratteristiche geografiche e naturalistiche dei loro vasti territori, e sono stati distinti in tre situazioni: riserve integrali, riserve guidate e riserve controllate; a ciascuna situazione sono corrisposte forme diverse di uso e di gestione urbanistica dei parchi stessi. La disciplina urbanistica dei parchi non è più stata demandata ai piani comprensoriali, bensì a quella specifica strumentazione di pianificazione che puntualmente la legge provinciale sui parchi ha definito. Gli strumenti di pianificazione dei parchi hanno precisato meglio i perimetri delle riserve individuate nella cartografia del P.U.P., ma sempre nel rispetto dei criteri definiti dal P.U.P. stesso. Infine, tutte le aree destinate a parco naturale sono state sottoposte alla legislazione provinciale sulla tutela del paesaggio ed in questo ambito hanno trovato attuazione le forme e le modalità di tutela previste dalla legge sui parchi. Le norme di attuazione che hanno determinato gli aspetti effettivo-giuridici del P.U.P. constano di 32 articoli che regolano l’azione urbanistica provinciale in tutti i suoi aspetti, prescrittivi e orientativi, con effetti immediati e mediati. Per ciascun sistema il P.U.P. ha fornito prescrizioni, regole e orientamenti diretti agli specifici operatori interessati, seguendo una distinzione logica che ha reso vincolanti le prescrizioni relative a fenomeni territoriali di inequivocabile interesse provinciale, e orientative le indicazioni relative a quelli di interesse comprensoriale o locale. Relativamente a materie di esclusiva competenza provinciale, le norme hanno coordinato formalmente il P.U.P. con la disciplina contenuta nelle leggi provinciali e sulla tutela delle opere idrauliche e sulle acque termali ed hanno richiamato la validità delle disposizioni contenute nelle leggi nazionali sui beni culturali e ambientali e sulla pianificazione paesistica e ambientale.

4.2.7 Regione Veneto Il Piano territoriale regionale di coordinamento (P.T.R.C.) del Veneto è stato approvato nel 1991. I suoi contenuti, suddivisi in settori funzionali, sono stati raggruppati nei seguenti sottosistemi:

Autorità di bacino del fiume Po 123 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

• il “sistema dell’ambiente” che costituisce, con il complesso delle prescrizioni e vincoli da esso derivati, il quadro delle aree di più rigida tutela del territorio regionale ed in cui sono compresi le aree ed i beni sottoposti a diversi gradi di protezione e i relativi provvedimenti di incentivazione e sviluppo, accanto a quelli per il territorio agricolo di cui si considerano gli aspetti che formano parte integrante del sistema ambientale; • il “sistema insediativo” nel quale vengono trattate le questioni attinenti all' armatura urbana ed ai servizi, alle politiche della casa, alla forma urbana, agli standard urbanistici; • il “sistema produttivo” nel quale vengono definite le modalità per la regolazione degli insediamenti produttivi, per la riorganizzazione di quelli esistenti e per le eventuali e/o necessarie localizzazioni; sono inoltre trattati i problemi dei settori terziario e turistico con linee ed indirizzi per il loro sviluppo o migliore organizzazione; • il “sistema delle relazioni” nel quale trovano coerenza i diversi programmi e deliberazioni nazionali e regionali relativi al trasporto e alle comunicazioni e vengono formulate direttive per il riordino delle reti. Per ciascun sistema sono state fornite le direttive da osservare nella redazione dei piani di settore, dei piani territoriali provinciali (P.T.P.) e degli strumenti urbanistici di livello comunale nonché le prescrizioni e i vincoli automaticamente prevalenti nei confronti dei piani di settore di livello regionale e degli strumenti urbanistici. Il Piano ha assunto il sistema storico-ambientale, inteso nella sua più vasta accezione, quale principale riferimento per le soluzioni da adottare in ordine alla struttura territoriale regionale. L'ambiente ha quindi rappresentato il termine con cui si sono confrontati, coordinati ed integrati gli altri sottosistemi. Le decisioni relative alla salvaguardia dei valori ambientali hanno avuto, di norma, la prevalenza su quelle relative ad altri settori che ne hanno osservato le esigenze di tutela, conservazione e valorizzazione. Di conseguenza anche il grado di definizione dei meccanismi di piano e dell'apparato normativo sono risultati più dettagliati e vincolanti per il settore ambientale che per gli altri settori caratterizzati da margini di autonomia e flessibilità più accentuati. Il Piano ha individuato in dettaglio aree, singoli elementi e sistemi meritevoli di salvaguardia, ha precisato obiettivi, direttive ed interventi ammissibili, ha

124 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

selezionato il grado di tutela a seconda della tipologia ed ha precisato le modalità per una corretta valorizzazione e fruizione delle risorse stesse. In questa logica il P.T.R.C. ha organizzato il sistema dell'ambiente sia con gli interventi specifici di tutela collegati ad indirizzi di utilizzo economico-produttivo delle risorse, sia verificando che l'organizzazione insediativa proposta ne abbia rispettato la logica e sostenuto il disegno storico-culturale. Il P.T.R.C. ha messo in evidenza le aree di interesse paesaggistico vincolate in base alla legge n°1497/1939 e quelle derivanti dall’applicazione della L. n°431/1985. Il tema del paesaggio è stato poi integrato mediante elaborazioni riguardanti le risorse naturalistiche ed ambientali, il territorio agricolo ed i beni storico- culturali. Il quadro così risultante è stato ulteriormente arricchito mediante l’introduzione di aree marginali o intercluse, quali spazi interstiziali o connettivi necessari per completare funzionalmente il sistema. Sono stati in tal modo definiti gli “Ambiti unitari di pianificazione di livello regionale con particolare considerazione dei valori paesistici e ambientali”, che formano il complesso dei siti interessati da problemi di natura paesistica e di valori naturalistici e ambientali sui quali attivare un processo di pianificazione atto a fornire, ai diversi livelli territoriali, la normativa per la tutela delle aree, il controllo degli interventi e le modalità del processo di pianificazione. In tutte le altre parti del territorio regionale i valori paesistici e ambientali sono affidati, per la salvaguardia e la valorizzazione, al livello comunale, attraverso lo strumento del P.R.G. o con le sue varianti in attuazione delle direttive di P.T.R.C.. Accanto a tutto questo vi è l’introduzione della “valutazione di impatto ambientale” (V.I.A.) di cui alla legge regionale n°33/1985. Più specificamente, la legge regionale impone la V.I.A nelle opere considerevoli e non previste dai piani urbanistici e nelle opere di qualunque tipo qualora insistano su “zone” ad alta sensibilità ambientale o ad alto rischio ecologico. Il P.T.R.C. formula un primo elenco di aree a rischio ecologico e ad alta sensibilità ambientale richiamate nell’art.30 della L.R. n°33/1985.

Autorità di bacino del fiume Po 125 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Scheda 1 Emergenze naturalistiche presenti nelle aree di dissesto idraulico e/o idrogeologico

Parchi nazionali Parco nazionale del Gran Paradiso Parco nazionale della Val Grande Parco nazionale dello Stelvio

Riserve statali Riserva naturale Lastoni Selva Pezzi Riserva naturale Gardesana Orientale Riserva naturale Bosco della Fontana

Parchi regionali Parco naturale di Bric Tana Parco dei Boschi di Faeto Parco dei Colli di Bergamo Parco del Serio Parco della Valle del Lambro Parco dell'Adda Nord Parco dell'Adda Sud Parco dell'Alto Garda bresciano Parco delle Grigne Parco delle Langhe di Piana Crixia Parco delle Orobie bergamasche Parco delle Orobie valtellinesi Parco dell'Oglio Nord Parco dell'Oglio Sud Parco fluviale regionale del Taro Parco fluviale regionale dello Stirone Parco naturale dell’Antola Parco naturale Alta Valsesia Parco naturale Campo dei Fiori Parco naturale del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand Parco naturale del Mincio Parco naturale del Mont Avic

126 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Parco naturale del Monte Barro Parco naturale del Monte Fenera Parco naturale del Sacro Monte di Crea Parco naturale della Collina di Superga Parco naturale della Val Troncea Parco naturale della Valle del Ticino Parco naturale dell'Adamello-Brenta Parco naturale dell'Alpe Veglia e dell'Alpe Devero Parco naturale dell'Alta Valle Pesio e Tanaro Parco naturale delle Alpi Marittime (Argentera, Boschi e Laghi di Palanfrè) Parco naturale regionale dell’Aveto Parco naturale delle Capanne di Marcarolo Parco naturale delle Lame del Sesia Parco naturale di Rocchetta Tanaro Parco naturale Orsiera - Rocciavré Parco regionale dei Sassi di Roccamalatina Parco regionale del Corno alle Scale Parco regionale della Pietra di Bismantova e gessi Alta Val Secchia Parco regionale dell'Alto Appennino Reggiano Parco regionale del Delta del Po Parco regionale naturale dei Boschi di Carrega Parco territoriale della Val Trebbia Parco territoriale dell'Alta Val Nure

Riserve regionali Riserva naturale Abbazia Acqualunga Riserva naturale Adda Morta Riserva naturale Altopiano di Cariadeghe Riserva naturale Baragge Riserva naturale Boschetto della Cascina Campagna Riserva naturale Boschi di Giovetto di Palline Riserva naturale Bosco de L'Isola Riserva naturale Bosco della Marisca Riserva naturale Bosco di Barco Riserva naturale Boscone Riserva naturale Ciciu del Villar Riserva naturale Colle della Torre di Buccione Riserva naturale Confluenza Bronda-Po Riserva naturale Confluenza Maira-Po Riserva naturale Confluenza Orco-Malone-Po

Autorità di bacino del fiume Po 127 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Riserva naturale Confluenza Pellice-Po Riserva naturale Confluenza Sesia-Po Riserva naturale Confluenza Varaita-Po Riserva naturale Cote de Gargantua Riserva naturale del Bosco del Vaj Riserva naturale del Lago di Lozon Riserva naturale del Sacro Monte di Varallo Riserva naturale della Bessa Riserva naturale della Val Sarmassa Riserva naturale delle Salse di Nirano Riserva naturale di Valleandona e della Val Botto Riserva naturale Fondo Toce Riserva naturale Fontanile Nuovo Riserva naturale Fontanili di Corte Valle Re Riserva naturale Garzaia del Bosco Basso Riserva naturale Garzaia della Carola Riserva naturale Garzaia della Cascina Isola Riserva naturale Garzaia della Cascina Notizia Riserva naturale Garzaia della Cascina Verminesca Riserva naturale Garzaia della Rinalda Riserva naturale Garzaia della Roggia Torbida Riserva naturale Garzaia di Carisio Riserva naturale Garzaia di Celpenchio Riserva naturale Garzaia di Pomponesco Riserva naturale Garzaia di Porta Chiossa Riserva naturale Garzaia di S. Alessandro Riserva naturale Garzaia di Valenza Riserva naturale Garzaia di Villa Biscossi Riserva naturale Garzaia di Villarboit Riserva naturale geologica di Piacenzano Riserva naturale Ghiaia grande Riserva naturale in Lolair Riserva naturale Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo Riserva naturale Isola Boschina Riserva naturale Isola Boscone Riserva naturale Isola Uccellanda Riserva naturale Lago di Biandronno Riserva naturale Lago di Ganna Riserva naturale Lago di Piano Riserva naturale Lago di Sartirana

128 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Riserva naturale Lago di Villa Riserva naturale Lanca di Gabbioneta Riserva naturale Lanca di S. Marta e confluenza Banna-Po Riserva naturale Lanca S. Michele Riserva naturale Lanche di Azzanello Riserva naturale Le Bine Riserva naturale Marais Riserva naturale Marmitte dei Giganti Riserva naturale Meisino e Isolone Bertolla Riserva naturale Mont Mars Riserva naturale Monte Alpe Riserva naturale Monticchie Riserva naturale orientata di Monte Prinzera Riserva naturale orientata di Sassoguidano Riserva naturale Palata Menasciutto Riserva naturale Paluaccio di Oga Riserva naturale Palude Brabbia Riserva naturale Palude di Ostiglia Riserva naturale Palude Loja Riserva naturale Parco Burcina - Felice Piacenza Riserva naturale Parma Morta Riserva naturale Pian del Re Riserva naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola Riserva naturale Pian Gembro Riserva naturale Piramidi di Postalesio Riserva naturale Piramidi di Zone Riserva naturale Riva orientale del Lago di Alserio Riserva naturale Rocca delle Donne Riserva naturale Sacro Monte Calvario di Domodossola Riserva naturale Sasso Malascarpa Riserva naturale Sorgente Funtani Riserva naturale speciale della confluenza della Dora Baltea (o del Baraccone) Riserva naturale speciale del Meisino e dell'isolone di Bertolla Riserva naturale speciale del Monte Mesma Riserva naturale speciale del Mulino vecchio Riserva naturale speciale del Sacro Monte della SS.Trinità di Ghiffa Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta Riserva naturale speciale del Torrente Orba Riserva naturale speciale dell'area di Augusta Bagiennorum Riserva naturale speciale dell'Isolone di Oldenico

Autorità di bacino del fiume Po 129 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Riserva naturale speciale dell'isolotto del Ritano Riserva naturale speciale dell'Oasi di Crava Morozzo Riserva naturale speciale dell'Orrido o Stazione Leccio Chianocco Riserva naturale speciale Popolamento di J. Phoenicea di Rocca S. Giovanni - Saben Riserva naturale speciale Sorgenti del Belbo Riserva naturale Stagno di Holay Riserva naturale Torbiera del Lajone (Parco del Beigua) Riserva naturale Torbiere del Sebino (o d'Iseo) Riserva naturale Torbiere di Marcaria Riserva naturale Tzatelet Riserva naturale Valle del Freddo Riserva naturale Valle di Bondo Riserva naturale Valli del Mincio Riserva naturale Valli di S. Antonio Riserva naturale Valpredina

Aree attrezzate Area attrezzata Arrivore e Colletta Area attrezzata Fontane Area attrezzata Le Vallere Area attrezzata Molinello Area attrezzata Oasi del Po morto Area attrezzata Paesana Area attrezzata Paracollo - Ponte Pesci Vivi Area attrezzata Ponte del Diavolo Area attrezzata sponda fluviale di Casale Monferrato

Parchi della cintura metropolitana Parco della cintura metropolitana Nord Milano Parco della cintura metropolitana Spina verde di Como Parco della cintura metropolitana Sud Milano

Monumenti naturali Monumento naturale Baluton Monumento naturale Buco del Frate Monumento naturale Cascate dell'acqua Fraggia Monumento naturale Masso di Arenaria Rossa del Permico Monumento naturale Pietra Lentina Monumento naturale Pietra Luna Monumento naturale Pietra Nairola

130 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Monumento naturale Pietra Pendula Monumento naturale Preia Buia Monumento naturale Sass Negher Monumento naturale Sasso Cavallaccio Monumento naturale Sasso di Guidino Monumento naturale Sasso di Preguda

Aree carsiche Area carsica Adelasia Area carsica Bardineto Area carsica Bric Tana Area carsica Giovetti Area carsica di Loano Area carsica Monte dei Cancelli - Rocca Ferraira Area carsica Pallare Area carsica Pian Cavallo - Armasse Area carsica Valle Tre Re

Biotopi Biotopo Agogna morta Biotopo Albard Biotopo Alpe Arpetta Biotopo Alpe Bonalex - Planaval Biotopo Alpesigola, Sasso Tignoso Biotopo Alta Val Sessera Biotopo Alta Val Veny Biotopo Alta Valle del Torrente Parma, Val Cedra Biotopo Alta Valle delle Messi Biotopo Alta Valle Stura di Demonte - Gruppo del Tenibres Biotopo Alte Valli dell'Adda e dello Spoll Biotopo Arboreto dell'Abbé Vescoz Biotopo Area intorno al Ruitor Biotopo Arnad-Verres Biotopo Baraggia di Bellinzago Biotopo Bard-Outrefert Biotopo Belforte, Corchia, Alta Val Manubiola Biotopo Bois de Pendine Biotopo Boleto - Monte Avigno Biotopo Boschi del Ticino tra Vigevano e Abbiategrasso Biotopo Boschi di Bagnasco

Autorità di bacino del fiume Po 131 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Biotopo Boschi di Balme Elevaz Biotopo Boschi di Calizzano - Faggeta del Melogno Biotopo Boschi di Carrega Biotopo Boschi di Montenotte Biotopo Boschi di Val du Fond e di Tillac Biotopo Boschi di Valmanera Biotopo Boschi e Rocche del Roero Biotopo Bosco a monte di Ivery Biotopo Bosco Alevé Biotopo Bosco Chantez Biotopo Bosco Col S. Carlo Biotopo Bosco de l'Enverse d'Avise Biotopo Bosco de la Tour Biotopo Bosco dei Bagni e Burrone dell'Adda a Bormio Biotopo Bosco del Peuterey Biotopo Bosco della collina di Miralto e bosco del castellodi Mazzé Biotopo Bosco di Cerellaz Biotopo Bosco di Chantery - Gettaz Biotopo Bosco di Clarsettaz Biotopo Bosco di Parriod Biotopo Bosco di Penne Noire Biotopo Bosco di Pino uncinato di Inverso Laval Biotopo Bosco di Plan Gorret Biotopo Bosco di Plantaluc Biotopo Bosco di Vieyes - Sylvenoire Biotopo Bosco intorno a Croix de Fanà Biotopo Bosco Negri Biotopo Bosco Pontone Biotopo Bosco sopra Gaby Biotopo Bosco sopra Molliex Biotopo Bosco sotto Tete - Toine Biotopo Bosco sul versante Envers di Valpelline Biotopo Bric Vert Biotopo Ca' del Vento, Ca' del Lupo, Gessi di Borzago Biotopo Calanchi di Clavesana Biotopo Cambrecia Biotopo Campello Monti Biotopo Cascata di Eaux - Rousses Biotopo Cascina Ciapellette Biotopo Casse di espansione del Secchia

132 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Biotopo Castagni da frutto di Machaby Biotopo Castell'Arquato Biotopo Castello di Boiro Biotopo Cave dei Gessi Braidesi Biotopo Cembreta dei Forni Biotopo Chameran - Grand Brison - Cly Biotopo Champlas - Colle Sestriere Biotopo Cima della Biscia Biotopo Cimalegna - Pisse - Oasi d'alta quota Biotopo Cimes - Blanches Biotopo Col Basset Biotopo Col de St. Pantaleon Biotopo Col du Nivolet Biotopo Colle dei Giovetti Biotopo Comba di Veraz e Monte Rosso Biotopo Combe Lac Mort Biotopo Conca de Lac de Brenguez Biotopo Corona di Bosco intorno alla Becca di Nona Biotopo Costa di Gavia e Sobretta Biotopo Coudrey - Tete de Cou Biotopo Crostolina di Guastalla Biotopo Equilivaz - Villaret Biotopo Fabrique Biotopo Faggeta di Rorà Biotopo Faggeto dei bagni di Masino Biotopo Fascia fluviale del fiume Dora Baltea Biotopo Fascia fluviale del fiume Dora Riparia Biotopo Fascia fluviale del fiume Stura di Lanzo Biotopo Fascia fluviale del torrente Orco Biotopo Fiavé Biotopo Fiume Enza da Compiano alla Mora Biotopo Fiume Po da foce Trebbia alla lanca di Mezzano Vigoleno Biotopo Fiume Trebbia da Perino a Bobbio Biotopo Fontanili di Viarolo Biotopo Garzaia di Cusago Biotopo Garzaia di S. Bernardino Morghengo Biotopo Garzaia Rio Druma Biotopo Ghiacciaio della Brenva Biotopo Ghiacciaio du Miage Biotopo Gombola

Autorità di bacino del fiume Po 133 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Biotopo Greto Torrente Toce tra Domodossola e Villadossola Biotopo Groppi Rossi Biotopo Groppo di Gorro Biotopo Grosgalli e falda occidentale del Monte Nuvolone Biotopo Grotta del Bandito Biotopo Grotte di Bossea Biotopo Gruppo del Mongioie Biotopo Isola de Pinedo Biotopo Isola Floristica del Rifugio Marinelli - Bombardieri Biotopo Isola Serafini Biotopo Jardin du Miage Biotopo Lac Bleu Biotopo Lac de Lot Biotopo Lago D'Ampola Biotopo Lago D'Idro Biotopo Lago del Segrino Biotopo Lago di Toblino Biotopo Lago di Tsan Biotopo Lago di Val Noci Biotopo Les Arnauds e punta quattro sorelle Biotopo Les Iles (L'Ila) Biotopo Lomasona Biotopo Marocche di Dro Biotopo Massiccio Monte Antola, Monte Carmo, Monte Legna Biotopo Meandri di S.Salvatore Biotopo Media Val Tresinaro, Val Dorgola Biotopo Monolito del Colle di Cuney Biotopo Mont Chaillon e Mont Brein Biotopo Mont Overt - Gratillon Biotopo Mont Raffrey Biotopo Monte Barigazzo, Pizzo D'Oca Biotopo Monte Brione Biotopo Monte Cappuccio, Monte Sant'Antonio Biotopo Monte Capra, Monte Tre Abati, Monte Armello, Sant'Agostino, Lago di Averaldi Biotopo Monte Dego, Monte Veri, Monte Tane Biotopo Monte Duro Biotopo Monte Fuso Biotopo Monte Gottero Biotopo Monte Menegosa, Monte Lama, Groppo di Gora Biotopo Monte Musiné

134 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Biotopo Monte Nero, ,La Ciapa Liscia Biotopo Monte Oserot Biotopo , Monte Trevine, Groppo, Groppetto Biotopo Monte Ragola, Lago Moò, Lago Bino Biotopo Biotopo Biotopo Monte Tremalzo e Monte Tombea Biotopo Monte Ventasso Biotopo Monti Coltignone e S. Martino Biotopo Monti della Puschera - Alta Valle Bormida Biotopo Monti Torretta e Bellon Biotopo Montjovet - Gettaz Biotopo Oasi sul Tanaro Biotopo Oasi xerotermica di Oulx-Auberge Biotopo Oasi xerotermica di Puys di Beaulard Biotopo Oasi xerotermiche della Val di Susa Biotopo Oveillan Biotopo Oveillan - Conclonaz Biotopo Ozein Biotopo Palù di Boniprati Biotopo Palude di Gorera Biotopo Palude di S. Caterina Valfurva Biotopo Palude di S. Genuario Biotopo Paludi di Malga Clevet Biotopo Parco di Racconigi e Boschi lungo il Torrente Maira Biotopo Pendici del Monte Chaberton Biotopo Peschiere e laghi di Pralormo e Ceresole d'Alba Biotopo Pian degli uccelli Biotopo Pian della Mussa Biotopo Pietra Parcellara, Sassi Neri Biotopo Pineta di Champdepraz Biotopo Places de Moulin Biotopo Pleod - Arpuilles Biotopo Poggio bianco, Dragone Biotopo Pont d'Ael Biotopo Pont Sec Biotopo Pont Trenta Biotopo Praglia Biotopo Prascondù - Monte Colombo Biotopo Prati del Vallone e stazione di Eryngium Alpinum

Autorità di bacino del fiume Po 135 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Biotopo Praz de Farcoz Biotopo Presa del canale del Rotto Biotopo Rio Lischeo - Biotopo Rio Psigni Biotopo Riserva di caccia "La Zelata" Biotopo Rive della Dora a Septumian Biotopo Rive Dora Baltea (Staz. Typha minima e Astragalus centro alpinus) Biotopo Rive Dora Baltea tra svincolo autostradale di Nus e Champagne Biotopo Rocca D'Olgisio Biotopo Roccia Cinque Dita Biotopo e Valle Rio dei Tetti Biotopo Rupe di Campotrera, Rossena Biotopo Salse di Nirano, Varano Biotopo San Valentino, Rio della Rocca Biotopo Sassoguidano, Gaiato Biotopo Senin - Quota BP (loc. Busseyaz) Biotopo Serre e Bois de Biel Biotopo Sorgenti del Maira - Bosco di Saretto - Rocca Provenzale Biotopo Sorgenti e primo tratto torrente Chisone Biotopo Sources Ferrugineuses Biotopo Spartiacque Testa Grigia Lac Perrin Biotopo Sperone di Saint Julien Biotopo Stagno di Oulx Biotopo Stazione di Iris Sibirica Biotopo Stazioni di Mycaria Germanica Biotopo Straling Biotopo Strette della Val Borbera Biotopo Talweg della Val Ferret Biotopo Testa Grigia Biotopo Testata del Vallone dell'Urthier Biotopo Testata della Val di Rhemes Biotopo Testata della Valle Champorcher Biotopo Torbiera di Pian di Gembro Biotopo Torille - Mont St. Gilles Biotopo Torrente Boccoil Biotopo Torrente Chalamy Biotopo Val Boreca, Monte Lesima Biotopo Val Formazza - Rifugio M. Luisa Biotopo Val Negrone (Alpi Liguri) Biotopo Val Tanarello (Alpi Liguri)

136 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Biotopo Valle Rio Barchei Biotopo Valle Rio Pentemina Biotopo Valle Thuras Biotopo Valleile Biotopo Valli di Novellara Biotopo Vallone della Ripa Biotopo Vallone di Belle Combe, Combe Sozin, Combe Thuillette Biotopo Vallone di Chavanne Biotopo Vallone di Fornolles Biotopo Versante destro Bormida di Millesimo Biotopo Versante destro della Valle di Cogne Biotopo Versante sinistro Bormida di Millesimo Biotopo Ville sur Sarre Biotopo Villefranche - Vollein Biotopo Zona di Piancastagna Biotopo Zona Orobica della Val del Livrio alla Valle d'Arigna

Altre aree protette istituite con leggi regionali Area protetta Agogna Area protetta Alto Lago di Como e Alpi Lepontine Area protetta Angeloga - Valchiavenna, Val Bregaglia Area protetta Angera - Varese Area protetta Brughiera Comasca Area protetta Caffaro - Valle Sabbia Area protetta Corso superiore del Fiume Oglio Area protetta Corso superiore del fiume Serio Area protetta Endine - Iseo Area protetta Franciacorta Area protetta Lago d'Idro Area protetta Lago d'Iseo Area protetta Lago di Como Area protetta Lago di Garda Area protetta Legnone, Pizzo Tre Signori, Gerola Area protetta Medio Olona Area protetta Monte Bisbino - Sasso Gordona Area protetta Monte Galbiga Area protetta Monte Guglielmo Area protetta Monte Isola Area protetta Monte Orsa Area protetta Moregallo - Alpe Alto (o dei "Corni di Canzo")

Autorità di bacino del fiume Po 137 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Area protetta Mortirolo - Aprica Area protetta Oltrepo Pavese Area protetta del Po Area protetta Resegone Area protetta Rocca dell'Adelasia Area protetta S. Colombano Area protetta San Genesio - Colle Brianza Area protetta del Sesia Area protetta Sud Milano - Medio Lambro Area protetta Tenuta Quassolo Area protetta Triangolo Lariano Area protetta Valgrosina - Val Viola Area protetta Valli Veddasca Dumentina - Valganna Marchirolo Sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po Sistema delle aree protette del Zona di preparco del parco regionale La Mandria Zona di salvaguardia della Stura di Lanzo

Parchi e riserve in via di istituzione Parco del Bosco dei Bordighi Parco del Livignese Parco del Monte Baldo Parco proposto dalla Provincia di Parma Riserva regionale Monte Luppia - S. Vigilio Riserva regionale Rocca del Garda Sistema delle aree protette del Bernina, Disgrazia, Val Massino e Val Codera Sistema delle aree protette delle Alpi Liguri

138 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Bibliografia Regione Piemonte, “Piano Territoriale Regionale”, 1995 C.S.I. Piemonte, “Carta delle aree protette regionali” Regione Piemonte, Assessorato pianificazione territoriale e parchi, “Carta dei biotopi” e “Schede del censimento Bioitaly/Natura 2000” AA.VV. “Proposta per una suddivisione del Piemonte in settori eco-geografici”, in Rivista piemontese di storia naturale, n. 11, 1990 AA.VV. “Parchi e riserve del Piemonte: ambienti e itinerari”, 1992 Regione Piemonte, Assessorato alla pianificazione territoriale e beni ambientali, “Carta delle aree ambientali antropizzate e dei beni architettonici e urbanistici”, 1982 Regione Piemonte, Assessorato alla pianificazione territoriale e beni ambientali, “Aree soggette a vincolo ex L. 1497/’39, R.D. 3267/’23, D.M. 1/8/’85”. Soprintendenza beni ambientali ed architettonici del Piemonte, “Inventariazione straordinaria del patrimonio architettonico - Beni e Manufatti” e “Schedatura e catalogazione ordinaria”. Soprintendenza archeologica del Piemonte, “Aree a vincolo L. 1089/’39 ed aree di interesse archeologico rilevante, non soggette a regime vincolistico”. Buchi G., “Dalla Turgovia all’Italia: cotonieri svizzeri in Piemonte e nel Regno delle Due Sicilie nel secolo XIX”, 1991. Caresio F., “Abbazie in Piemonte”, 1988. Cavallari Murat A., “Lungo la Stura di Lanzo”, 1972. Centini M., Minola M., “La valle di Susa tra storia e leggenda”, 1992. Gariglio D., Minola M., “Le fortezze delle Alpi Occidentali”, 1994. Gras P., Tonini V., “Le valli di Susa”, 1979. Gruppo Ricerche Cultura Montana, “Escursioni in val di Susa”, 1986. Touring Club Italiano, “Piemonte”, coll. Guide d’Italia, 1976. Vigliano G., “Carta delle aree ambientali antropizzate e dei beni architettonici e urbanistici”. Consiglio Unione.Europea,“Carta dei biotopi Corine d’Italia”. Fanfani A., Groppali R, Pavan M., “La tutela naturalistica territoriale sotto potere pubblico in Italia: situazione e proposte”, 1977. Groppali R., Fanfani A., Pavan M., “Aspetti della copertura forestale, della flora e della fauna nel paesaggio naturalistico dell’Italia Settentrionale”, 1980 WWF Italia, “Guida alle Oasi del WWF”, 1995. Consiglio Nazionale delle Ricerche, “Lista delle aree naturali con provvedimento di tutela del C.N.R.”. Ministero dell’Ambiente, Servizio valutazione impatto ambientale, “Carta delle aree protette in Italia”, 1992. Ministero dell’Ambiente, A.T.I. Consorzio Italcopò - SPS s.p.a., “Studi per la pianificazione ed il controllo del risanamento del bacino padano” (Master Plan), 1992.

Autorità di bacino del fiume Po 139 Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Società Botanica Italiana, Gruppo di lavoro per la conservazione della natura,“Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia”, anni 1971 e 1979. Regione Autonoma Valle d’Aosta, “Piano Territoriale Paesistico”, 1996. Regione Autonoma Valle d’Aosta, L.R. n° 30/’91 “Norme per l’istituzione di aree naturali protette”. Regione Autonoma Valle d’Aosta, “Riserve Naturali in Valle d’Aosta”. Regione Autonoma Valle d’Aosta, Servizio tutela dell’ambiente, “Documentazione scientifica relativa alle riserve naturali Lago di Villa, Stagno di Holay, Cote de Gargantua, Lago di Lozon, Marais, Mont Mars, Tsatelet, Lolair”, 1996 Regione Autonoma Valle d’Aosta, Assessorato dell’ambiente, territorio e trasporti, “Aree naturali protette: una possibile risorsa per la Valle d’Aosta”, 1992. Regione Liguria, “Studi Propedeutici al Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico”, 1989. Regione Liguria, “Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico”, 1990. Giacomini V., “Italia verde”, 1975. Palladino S., “Lista delle aree naturali protette in Italia”, 1987. Sestini A., “Il Paesaggio”, 1963. Touring Club Italiano, “Torino e Valle d’Aosta”, coll. Guide d’Italia 1996. Touring Club Italiano, “Piemonte”, coll. Guide d’Italia 1976. Regione Veneto, “Piano Territoriale Regionale di Coordinamento”, 1986. Regione Veneto, “Aree protette nella Regione del Veneto”, 1995. Provincia Autonoma di Trento, “Piano Urbanistico Provinciale” 1987. Regione Emilia-Romagna “Piano Territoriale Paesistico Regionale“, 1993. Regione Lombardia, “Piano Territoriale Paesistico”, 1997 Pignatti S., Ingegnoli V., “L’ecologia del paesaggio in Italia”, 1996. Autorità di bacino del fiume Po, Sottoprogetto “Piene e naturalità degli alvei fluviali – Censimento delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali”, 1996. Autorità di bacino del fiume Po, Sottoprogetto “Stabilità dei versanti – Censimento delle emergenze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali”, 1996. Autorità di bacino del fiume Po, Sottoprogetto “Bilancio delle risorse idriche” - Identificazione degli usi in atto a carattere naturalistico, ambientale e di fruizione paesaggistica”, 1997. Regione Lombardia, L.R. n°86/’83 “Piano generale delle aree regionali protette”. Dainelli G., “Le Alpi”, 1963. Almagià R., “L’Italia”, 1959. Campos Venuti G., Oliva F., “Cinquant’anni di urbanistica in Italia - 1942-1992”, 1993. Ingegnoli V., “Fondamenti di ecologia del paesaggio - Studio dei sistemi di ecosistemi”, 1993. Bocchi S., Galli A., Nigris E., Tomai A. “La Pianura Padana - Storia del Paesaggio Agrario”, 1985. Bertolone M., “Preistoria e protostoria della Valle Padana - Lezioni tenute nell’Università Cattolica del Sacro Cuore”, 1961.

140 Autorità di bacino del fiume Po Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali

Baroncelli P., “Popolazioni dell’Italia preistorica” in “Guida allo studio della civiltà romana”. Laviosa Zambotti Laviosa P., “Stirpi e civiltà preistoriche in val Padana” in “Storia di Milano”, Vol. I, 1953. Anati E. “Valcamonica” in “Atti del I Convegno archeologico regionale”, 1980. AA.VV. “Atti del simposio internazionale sulla fine del Neolitico e gli inizi dell’età del bronzo nell’Europa Centrale e nella Regione Alpina”, 1980. Cavaliere Manasse G., Massari G., Rossignani M.P., “Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia”, coll. Guide archeologiche Laterza,1982. Mangani E., Rebecchi F., Stassullo M.J. “Emilia Romagna e Veneto” coll. Guide archeologiche Laterza,1982 Renato P. “Protostoria dell’Italia continentale: la penisola italiana nell’età del bronzo e del ferro” in “Popoli e civiltà dell’Italia antica”. Sereni E., “Storia del paesaggio agrario italiano”, 1961. Touring Club Italiano, “Lombardia”, coll. Guide d’Italia 1987. Touring Club Italiano, “Emilia Romagna”, coll. Guide d’Italia. Touring Club Italiano, “Veneto”, coll. Guide d’Italia, 1992 Touring Club Italiano, “Trentino Alto Adige”, coll. Guide d’Italia, 1976 Antonioli G., Perotti G., “Conoscere la Valtellina e la Val Chiavenna”, coll. Guide De Agostini, 1991 Zeppegno L. Cova C., “Guida al Po – itinerari, natura, storia e tradizioni popolari”, 1978. Ferrari M. Roggero G. Zavagno F., “Guida alla natura del Po”, 1995. Della Paruta F., “Storia dell’Ottocento”, 1994. Della Paruta F. “Storia del Novecento”, 1991. Mainardi R. “Paesaggi, risorse ambientali e organismi di gestione del territorio” da “Acque, bonifica e irrigazione in Lombardia”,1997.

Autorità di bacino del fiume Po 141