Primordia Civitatis» ( * )
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Indici di Pietro de Francisci, «Primordia Civitatis» ( * ) A cura di Ferdinando Zuccotti e di Pierangelo Buongiorno INDICE-SOMMARIO INTRODUZIONE 1. Genesi e ragione dell’opera. Stesura di una serie di saggi tra loro collegati sui problemi relativi alla proto- storia di Roma e loro successivo articolarsi unitario in una trattazione organica; scelta del titolo dell’opera e suoi motivi [p. 1]; indagini in ambiti e discipline poco usuali alla ricerca giuridica e scetticismo degli studiosi di diritto di stretta osservanza verso i problemi di origine: in particolare, rapporti tra storia giuridica e arche- ologia [p. 2]. 2. Alcune idee intorno alla storia. Tra causalismo positivistico ed idealismo hegeliano: la storia come crea- zione dello spirito «subbiettivo» [p. 3]; contrasto tra libertà umana e condizionamenti interiori ed esteriori: sviluppo storico come dinamico flusso e riflusso di creazione innovativa e di inerzia e stagnazione [p. 4]; storiografia degli eventi materiali e ricerca meccanica delle cause di questi; storia del divenire dello spirito vi- sto come concretizzantesi in successive e variabili obbiettivazioni fenomenologiche [p. 5]; pericolo dell’at- tribuzione ai «primitivi» di dimensioni e posizioni psicologiche e procedimenti logici moderni; epoca arcaica e visioni magiche o mitiche della realtà, necessità di comprenderle per penetrare la natura di tali civiltà e le loro istituzioni: esigenza di liberarsi nell’indagine da ogni presupposto e schema logico moderno [p. 6]. 3. Posizione assunta di fronte alla ricostruzione mommseniana e a talune tendenze della recente sto- riografia giuridica. Ricostruzione del processo genetico dell’organizzazione politica romana e ricostruzio- ne del diritto pubblico romano di Mommsen; schema astratto mommseniano fondato sui tre elementi strut- turali di magistratura, assemblee popolari e senato e tendenza a collocare in un blocco unitario, senza solu- zione di continuità, regnum, repubblica e principato; carattere non unitario della storia della costituzione ro- mana [p. 7]; generalizzazione mommseniana fondata su prospettive proprie della fine della repubblica e del primo principato ed elementi contrastanti con tale visione e da essa scartati: necessità di muovere proprio da questi ultimi aspetti per ricostruire le fasi più antiche della costituzione romana [p. 8]; effetto deformante delle categorie concettuali della dogmatica pubblicistica moderna ed ordinamenti primitivi fondati su rap- porti di potere non teorizzati giuridicamente né rispondenti a una precisa terminologia: esigenza di liberarsi dai condizionamenti moderni e di guardare l’esperienza giuridica totale del mondo arcaico secondo le pro- spettive di pensiero proprie degli stessi primitivi [p. 9]; rifiuto di ogni astrattismo dogmatico e consapevo- lezza della relatività delle categorie e degli schemi della dogmatica giuridica; parallelo fra il rapporto tra dirit- to e dogmatica ed il rapporto fra lingua e grammatica [p. 10]; visione sincronica dell’ordinamento e dei suoi istituti in un determinato periodo storico nel quadro dello sviluppo diacronico di una civiltà e relatività di ta- le prospettiva a causa dei diversi tempi di evoluzione dei singoli istituti [p. 11]. 4. Prospettive e indirizzo metodologico dell’autore. Diversità, rispetto ai precedenti studi, delle posizioni e degli indirizzi metodologici seguiti nell’opera; diritto come espressione particolare dell’attività spirituale *) P. DE FRANCISCI, Primordia Civitatis, Roma (Apollinaris), 1959, p. XIV, 785. Rivista di Diritto Romano - III - 2003 http://www.ledonline.it/rivistadirittoromano/ 1 Indice-sommario detta «civiltà» e sua connessione con determinate premesse metagiuridiche in cui l’ordinamento giuridico trova la sua origine e la sua sostanza; rapporti con la cd. «Kulturgeschichte» e la prospettiva storica degli An- nales [p. 12]; principii, o meglio momenti, nomogenetici e necessità di riconoscerli e valutarli per poter «ca- pire» un ordinamento giuridico: essenzialità di tale esigenza, specie per quanto riguarda lo studio delle origi- ni di un ordinamento, dove le norme giuridiche si possono a stento distinguere dall’insieme di riti, costumi, tradizioni che le determinano; problemi di origine e necessità di studiare l’occasione e i modi del sorgere delle varie istituzioni [p. 13]. 5. Carattere e metodi dell’indagine. Raccolta di tutto il materiale che è fonte (in senso lato) di cognizione storica come primo stadio del lavoro storiografico; distinzione tra fonti rappresentative tramandate dalla tra- dizione e altre sopravvivenze e tracce dell’età studiata; prevalenza delle fonti rappresentative (fonti in senso stretto) e necessità di un’analisi filologica [p. 14]; scelta delle fonti, criteri interpretativi ed orientamento del- la ricerca in funzione di una determinata impostazione della questione storica: estrema vastità del campo di raccolta delle fonti al fine di pervenire a una rappresentazione quanto più possibile adeguata di una fase di sviluppo di una civiltà [p. 15]; alto numero di fonti considerate e conseguente difficoltà di analisi e di critica delle fonti stesse: necessità di avvalersi degli insegnamenti di altre discipline (paletnografia, archeologia, lin- guistica, filologia, psicologia dei primitivi e storia delle credenze religiose); inevitabilità di tale pur non facile metodo nello studio delle comunità primitive [p. 16]; necessità di ricorrere, dopo le varie analisi dei diversi aspetti, ad alcuni procedimenti usuali alla storiografia: analisi delle sopravvivenze e illazioni circa l’origine e l’occasione di determinate istituzioni, le cui strutture primitive si riflettono in tali sopravvivenze; rilievo di elementi di normalità o tipicità ricorrenti tra le società umane in fasi di sviluppo e in ambienti simili, indivi- duazione di schemi sociologici generali e cd. metodo comparativo [p. 17]; tipicità generali (primarie), tipicità particolari (secondarie) e fenomeni di atipicità: problemi e limiti di applicabilità del metodo comparativo; procedimento fondato sulla correlazione tra i diversi momenti ed elementi costitutivi di una civiltà in una determinata fase del suo sviluppo, per inferire dai singoli aspetti lo spirito che li informa e, viceversa, per dedurre da quest’ultimo la sostanza e il valore delle sue singole oggettivazioni [p. 18]. 6. In particolare, delle indagini intorno alle origini. Utilità di un metodo fondato su procedimenti indutti- vi e deduttivi nello studio delle civiltà primitive, data la spontanea semplicità con cui in esse si pongono le correlazioni tra gli aspetti generali che le informano e le loro istituzioni; storia come lettura generale di una «partitura» in cui ogni tema e motivo concorre a determinare i movimenti e i ritmi di ciascun altro, e quindi gli sviluppi e le combinazioni che determinano ogni singolo aspetto di essa; rilievo dato nell’opera agli ele- menti essenziali della forma interiore, ai loro rapporti, svolgimenti e manifestazioni nella fase di formazione della comunità politica romana [p. 19]; aderenza ai fatti e loro concettualizzazione il più possibile aderente alla natura dei fenomeni studiati e alle circostanze temporali e ambientali che li caratterizzano; proposta, cir- ca taluni problemi, di soluzioni soltanto probabili e anche di mere ipotesi intrinsecamente discutibili [p. 20]. 7. Contenuto dell’opera e ordinamento della materia. Utilità del trattare preliminarmente dell’ambiente fi- sico in cui nacque la comunità romana e quindi delle diverse correnti etnografiche e culturali confluite nel Lazio (cap. I); risultati dell’archeologia preistorica in ordine alle comunità latine ed italiche (cap. II); conce- zioni primitive circa l’essenza e la validità del «potere» quale premessa allo studio dei rapporti di potere e quindi di diritto: analisi della mentalità primitiva, della trasformazione delle più antiche concezioni magico-di- namistiche o magico-animistiche in visuali di tipo religioso e sorgere del concetto di «potere»: sopravvivenze delle credenze più arcaiche nelle forme di potere proprie dell’età storica (cap. III); individuazione delle prime fasi di coagulazione dei gruppi minori in una comunità superiore (palatina) nel quadro di arcaiche concezio- ni magico-religiose e soprattutto sotto l’influsso di antichissimi collegi sacerdotali: ruolo dei patres, del- l’esercito e del rex-ductor (cap. IV) [p. 21]; nuova fase in cui l’organizzazione politica si stabilizza grazie alla figura del rex «inauguratus », che dà un nuovo assetto istituzionale alla comunità (cap. V); evoluzione degli or- dinamenti e assorbimento della comunità del Collis, innovazioni nell’esercito e nelle suddivisioni della popola- zione, introduzione di nuove magistrature e di nuovi sacerdoti e nuovo assetto dell’assemblea dei patres (cap. VI); crisi degli ordinamenti latini nel secolo VI e sempre più determinante influsso etrusco, tattica oplitica e nuova organizzazione militare su base timocratica, con conseguente trascolorare delle antiche strutture gen- tilizie e formazione di uno stato territoriale con tendenze militari ed espansionistiche (cap. VII) [p. 22]; so- pravvivenze dell’antico ordinamento latino nel periodo di prevalenza etrusca e rapporti tra vecchi e nuovi ordinamenti: conseguente fluidità dei primi ordinamenti repubblicani e lento coagularsi dei vari elementi in un assetto definitivo (capitolo finale ); «primordia civitatis » come periodo di almeno cinque secoli di vita sociale e politica, emersione di istituzioni e concezioni fondamentali ed origine di determinati elementi strutturali che sopravviveranno