Piero Della Francesca”
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“L’Avvenimento della Conoscenza nella pittura di Masaccio, Beato Angelico, Piero della Francesca” PIERO DELLA FRANCESCA G - Piero della Francesca ed il suo tempo g1 - Lo scisma d'Occidente g2 - Il travaglio della Chiesa e la caduta di Costantinopoli g3 - Vita ed Opere g4 - Nicolò Cusano 1 - La visione intellettuale 2 - Proporzione, numero, armonia H - La Leggenda della Vera Croce in San Francesco ad Arezzo h1 - Arezzo, i francescani e i Bacci h2 - Le fasi di esecuzione del ciclo della Vera Croce 1 - Prima Fase 2 - Seconda Fase 3 - Terza Fase h3 - Lo schema iconografico I - Descrizione delle Opere 1 - Morte di Adamo 2 - Riconoscimento del legno della Vera Croce e Incontro tra la regina di Saba e Salomone 3 - Seppellimento del legno della Croce 4 - Sogno di Costantino 5 - Vittoria di Costantino su Massenzio 6 - Tortura dell'ebreo Giuda 7 - Ritrovamento delle tre croci e riconoscimento della Vera Croce 8 - Disfatta di Cosroe 9 - Esaltazione della Croce 10 - Annunciazione G - Piero della Francesca ed il suo tempo g1 - Lo scisma d'Occidente Nel 1377 papa Gregorio XI pose fine alla cattività avignonese che dal 1309 teneva la curia pontificia sotto l'influenza della monarchia francese. In seguito agli insistenti appelli da parte di prestigiose figure del mondo cristiano – come Caterina da Siena e Brigida di Svezia – e a causa della minore sicurezza nella Francia meridionale per la guerra dei Cent'Anni, Gregorio XI trasferì definitivamente la sede papale à Roma. Un anno dopo ebbe inizio lo scisma d'Occidente. Alla morte di Gregorio XI sì elessero due papi: prima si nominò Urbano VI per placare la folla romana desiderosa di un papa italiano; poi i cardinali francesi proclamarono papa Clemente VII di Ginevra, che si insediò ad Avignone. In seguito entrambi i collegi cardinalizi procedettero regolarmente alla nomina di un nuovo papa ogni volta che la sede si rendeva vacante. Lo sconcerto e la volontà di riunificazione di tutto il mondo cattolico condussero nel 1409 alla convocazione di un concilio universale a Pisa, in cui furono deposti i due papi e ne venne eletto un terzo. Il carattere rivoluzionario del concilio determinò però un oscuramento radicale del primato di Pietro ed ebbe come risultato un'ulteriore disgregazione: anziché due, i papi diventarono tre. Nonostante la scarsa efficacia di questa esperienza si rafforzò l'idea che il concilio fosse Io strumento più idoneo non solo per risolvere Io scisma, ma anche per avviare finalmente un'opera di riforma della Chiesa. Venne quindi convocato un nuovo concilio nel 1414 a Costanza. Il decreto Haec Sancta che lì fu approvato dichiarò che il concilio universale aveva autorità su tutti i cristiani, compreso il papa, poiché derivava il suo potere direttamente da Cristo. In linea con quanto stabilito il concilio elesse come unico papa Martino V, il quale, secondo le nuove norme, era vincolato a convocare un concilio a scadenza regolare. Martino V fece riunire un concilio nel 1431 a Basilea, dove fu affrontato il problema della riforma della Chiesa: fu ridimensionato il potere del papa e degli organismi curiali, in favore del clero diocesano. Tuttavia il nuovo papa Eugenio IV ordinò che il concilio fosse trasferito prima a Ferrara (1438) e poi a Firenze (1439), per meglio controllarlo e per favorire la partecipazione della Chiesa greca. Alla presenza dell'imperatore bizantino Giovanni Paleologo, venne promulgato il decreto d'unione tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente. Esso non si tradusse però in una concreta riconciliazione poiché le questioni più importanti rimanevano ancora irrisolte. Intanto un nuovo scisma, stavolta di breve durata, sorse all'interno della Chiesa a causa dell'elezione nel 1439, da parte di alcuni cardinali ribelli ancora riuniti a Basilea, di Felice V. Nel 1449 Felice V abdicò e riconobbe il nuovo papa romano Niccolò V. g2 - Il travaglio della Chiesa e la caduta di Costantinopoli Nel terzo decennio del XV secolo la Chiesa attraversò numerose difficoltà. Superato da tempo lo scisma avignonese, doveva ora affrontare i contrasti con le potenti famiglie romane e con alcuni vescovi e cardinali intenzionati a delegittimare il potere. Mentre in Occidente Martino V fece riuniva un concilio nel 1431 a Basilea, trasferito poi da papa Eugenio IV prima a Ferrara (1438) e poi a Firenze (1439), in Oriente bisognava affrontare la minaccia turca, le cui pressioni sulla città di Costantinopoli erano divenute insostenibili. Nel disinteresse generale dell'Occidente, nel 1402 la città era stata posta in assedio dal sultano Murad. L'imperatore Giovanni VIII rispose così all'ultimatum dei Turchi: «Dite al vostro signore che noi siamo deboli, ma che confidiamo in Dio che ci può rendere forti e può deporre i più potenti dai loro troni. Che il vostro signore faccia come gli aggrada». La situazione in quella occasione non si risolse per un intervento occidentale, ma grazie all'attacco del Tamerlano, discendente di Gengis Kahn, che cercò di contrastare l'eccessiva espansione del Murad. Visto l'aggravarsi della situazione, gli imperatori greci si resero disponibili a promuovere l'unione con la Chiesa d'Occidente, riconoscendo il primato di Roma, rinnegato nel 1054. In quest'ottica una delegazione greca partecipò al concilio che l'8 gennaio 1438 aveva spostato la sua sede a Ferrara, fino ad approdare a Firenze nel 1439. Da Costantinopoli giunsero Giovanni Paleologo, imperatore d'Oriente, e Bessarione, cardinale di Nicea ed esponente della parte del clero orientale meno conservatore e più propensa alla riunificazione con l'Occidente. È il Bessarione, infatti, a firmare insieme al cardinale Cesarini l'atto di Unione in Santa Maria del Fiore il 6 luglio 1439. In realtà le più scottanti questioni teologiche non vennero risolte e per Costantinopoli la situazione precipitò nel 1453, quando le truppe ottomane comandate da Maometto II violarono definitivamente le mura della seconda Roma. g3 - Vita ed opere Piero della Francesca (Sansepolcro, 1416-1420 – Sansepolcro, 12 ottobre 1492), è tra le personalità più emblematiche del Rinascimento italiano e fu un esponente della seconda generazione di pittori umanisti. Le sue opere sono mirabilmente sospese tra arte, geometria e un complesso sistema di questioni teologiche, filosofiche e d'attualità. La ricostruzione biografica della vita di Piero è un'impresa ardua alla quale si sono dedicate generazioni di studiosi, affidandosi ai più sottili indizi, nella generale scarsità di documenti ufficiali attendibili che ci siano pervenuti. La stessa sua opera ci è pervenuta solo in maniera frammentaria, con numerose perdite di estrema importanza. 1 - Gli esordi a Sansepolcro Piero nacque da un ricco commerciante di tessuti e da una nobildonna di famiglia umbra, a Borgo San Sepolcro in una anno imprecisato tra il 1416 e il 1420 e probabilmente la sua formazione avvenne nella sua cittadina di origine tra influenze fiorentine, senesi e apporti umbri. Nel 1438 è documentato a Sansepolcro, dove è citato tra gli aiutanti di Antonio d'Anghiari, a cui era stata affidata la commissione per la pala della chiesa di San Francesco (poi realizzata dal Sassetta). È difficile comunque dire se il maestro di Piero fu proprio Antonio, dal momento che di quest'ultimo non si conserva alcuna opera certa. 2 – Collaborazione con Domenico Veneziano e Battesimo di Cristo Nel 1439 è documentato per la prima volta a Firenze, dove forse era avvenuta la sua vera formazione, forse già intorno dal 1435. Il 7 settembre infatti è citato tra gli aiutanti di Domenico Veneziano negli affreschi, oggi perduti, nel coro della chiesa di Sant'Egidio. La pittura luminosa di Domenico Veneziano e quella moderna di Masaccio furono determinanti negli sviluppi del suo percorso artistico, ispirandogli alcune caratteristiche fondamentali che utilizzò per tutta la vita. La prima sua opera che ci è conservata è la Madonna col Bambino, attribuita per la prima volta a Piero nel 1942 da Roberto Longhi, che la fa risalire agli anni 1435-1440, durante i quali Piero era ancora collaboratore di Domenico Veneziano. Piuttosto controversa è la datazione del Battesimo di Cristo alla National Gallery di Londra. Alcuni elementi iconografici, come la presenza dei dignitari bizantini sullo sfondo, farebbero collocare l'opera a ridosso del 1439, anno del Concilio di Firenze in cui si riunificarono le Chiese d'Occidente e d'Oriente. Altri datano la pala più tardi, addirittura al 1460. 3 - Il polittico della Misericordia Nel 1445 ricevette dalla locale Confraternita della Misericordia la commissione del Polittico della Misericordia per l'altare della loro chiesa. Nelle prime tavole (San Sebastiano, San Giovanni Battista) le figure rammentano la gravità pesante e fisica di Masaccio. 4 - I viaggi e la Storie della Vera Croce, prima fase (1452-1458) Negli anni quaranta Piero soggiornò in varie corti italiane: Urbino, Ferrara e probabilmente Bologna, realizzando affreschi che sono andati completamente perduti. A Ferrara forse ebbe un primo contatto con l'arte fiamminga; il contatto coi fiamminghi è particolarmente evidente se si pensa al suo precoce uso della pittura a olio. Nel 1451 fu a Rimini, chiamato a lavorare al Tempio Malatestiano dove lasciò l'affresco votivo monumentale con San Sigismondo e Sigismondo Pandolfo Malatesta. Qui probabilmente poté conoscere Leon Battista Alberti. Nel 1452 fu chiamato a sostituire Bicci di Lorenzo nella decorazione murale della Cappella Maggiore di San Francesco ad Arezzo, dove affrescò le celebri Storie della Vera Croce. 5 - Roma (1458-1459) e Perugia Nel 1458-1459 Piero fu a attivo a Roma, chiamato da papa Niccolò V, dove eseguì nel Palazzo Apostolico affreschi ben documentati ma oggi perduti, dopo che nel XVI secolo vennero distrutti per far posto alla prima delle Stanze Vaticane di Raffaello. A questo periodo vengono datate anche la Flagellazione e la Madonna del Parto. 6 - Il Polittico di Sant'Agostino e Urbino (1469-1472) Il polittico per la chiesa agostiniana di Sansepolcro era stato commissionato nel 1454, ma venne portato a termine solo nel 1469.