Artribune Magazine 42 Marzo Aprile 2018

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Artribune Magazine 42 Marzo Aprile 2018 CONTIENE IL NUOVO NUMERO DI ISSN 2280-8817 GRANDI MOSTRE anno viii numero 42 marzo - aprile 2018 FOCUS MILANO VIAGGIO IN ITALIA CON #METOO E LA CITTÀ CHE SALE VINCENZO CASTELLA MONDO DELL’ARTE? 18.06.2015 BILANCIO SUI MUSEI DA LIVERPOOL A DUBAI ARTRIBUNE THEORY centro/00826/06.2015 CHI CHIUDE E CHI VOLA NEI NOSTRI REPORTAGE SAGGIO SUI MONUMENTI entre stampiamo il Paese è PD, insomma, una figura come quella di ancora in preda a una sorta di trance post Franceschini poteva ben cavarsela in un elettorale. I risultati del voto di marzo 2018 confronto uninominale con altri anonimi hanno lasciato molti col fiato sospeso ed è concorrenti. Per di più Franceschini si can- difficoltoso non solo imbastire analisi, ma didava a Ferrara, la sua città. Nulla di tutto TONELLI azzardare qualsiasi previsione sul futuro ciò è stato sufficiente. L’ormai ex ministro è dell’amministrazione pubblica nei prossimi stato sonoramente bocciato, arrivando ben mesi. Nella speranza che, quando sfogliere- dieci punti dietro a una incolore candidata MASSIMILIANO te queste pagine, le cose si saranno risolte del centrodestra. nel modo migliore per l’Italia, ci possiamo Rispetto a questi accadimenti per certi versi limitare a constatare i fatti incontrovertibili surreali, rispetto alla constatazione che si e a ricavarne delle proiezioni per il futuro può amministrare bene o male ma il giu- prossimo. dizio degli elettori prescinde da un’ogget- Un fatto incontrovertibile è la sconfitta dei tiva analisi del merito e del contenuto dei partiti che hanno governato nella passa- provvedimenti, il prossimo ministro ha due ta legislatura. Il PD, che ha amministrato strade davanti a sé. La prima è infischiar- per tutti e cinque gli anni della legislatura, sene di far bene, vivacchiare, non scon- è andato molto male; Forza Italia, che ha tentare nessuno, evitare di intraprendere governato per una parte della legislatura, è grandi riforme che magari è andata ancor peggio; e il partito di Angelino ciò di cui c’è bisogno ma non è Alfano, che ha consentito alla legislatura di ciò che la gente desidera (“Non durare, si è direttamente estinto. Chi gover- darmi ciò che desidero ma ciò na, insomma, perde consensi. E li perde a di cui ho bisogno” è o non è la prescindere, non li perde perché ha gover- più bella frase che Antoine de nato male o perché le cose sono andate per Saint-Exupéry infilò nel Petit il verso sbagliato. Li perde e basta. Indipen- Prince?). La seconda strada è prosegui- dentemente da come si è effettivamente re in un afflato riformista assolutamente comportato. necessario al nostro comparto industriale, Dario Franceschini può piace- produttivo, creativo, ma affiancare a tutto re o non piacere (su molte que- questo un’attività di comunicazione seria, stioni lo abbiamo sostenuto, strategica, ben congegnata, pensata non su altre lo abbiamo criticato, per intortare gli elettori vendendo fumo, come facemmo col ministro ma per raccontare la qualità delle decisioni prima di lui e come faremo col prese e il bisogno – appunto – di riforme, prossimo) ma sarebbe ingiusto consi- cambiamenti e scelte talvolta impopolari e, derarlo un ministro qualsiasi. Allo stesso se mal comunicate, capaci di far parados- modo, sarebbe ingiusto considerarlo un salmente perdere consenso. ministro che ha fatto male il suo lavoro, Insomma, in un passaggio storico domina- che ha peggiorato la situazione, che ha fat- to dalla post verità (che è un modo gentile to danni al patrimonio culturale nell’eserci- per denominare le sciatte menzogne in cui zio del suo ruolo di Ministro della Cultura. sguazza gran parte del nuovo ceto politi- I risultati dei visitatori nei musei pubblici co), chi amministra in maniera seria deve non possono essere considerati di per sé attrezzarsi e adeguarsi. Considerando la una patente di buon governo, ma vede- comunicazione come un pezzo imprescin- re spazi espositivi fino a qualche anno fa dibile della strategia di governo. Ancor più decotti che incrementano le proprie visite se si parla di governo della cultura. di quasi il 200% non è banale. Pur nel quadro di una sonora sconfitta del @direttortonelli 4 EDITORIALI i fa sempre un gran parlare di cultura, ma sulla musica, sul cinema, sull’archeologia, sul design, la cultura purtroppo è stata la grande assente dell’ultima sull’architettura, sulla letteratura, sull’editoria, sulla dan- campagna elettorale. Così, quando cinquanta nomi illu- za, sul teatro e persino sulla gastronomia, siamo riusciti a stri, grandi personalità dell’arte, del cinema, della musi- federare le forze vive dell’imprenditoria italiana. Abbiamo ca, dell'accademia italiana hanno sottoscritto il nostro coinvolto industriali di punta, creatori di aziende che tutto appello per invitare sia la maggioranza sia l’opposizione, il mondo ci invidia, artigiani e progettisti in una strate- MARINA che usciranno dalle urne il 4 marzo, a farne una priorità gia di valorizzazione partecipata. Abbiamo restitui-to a ex del loro impegno politico, fra i ranghi del PD è iniziato a operai, inventori di genio, spiriti semplici, grandi sogna- VALENSISE serpeggiare il malumore. Ma come? Dopo tutto quello che tori ma coi piedi per terra, il ruolo da protagonisti della abbiamo fatto per la cultura in questi ultimi anni: legge sul cultura italiana, e soprattutto l’orgoglio di una missione cinema, Art Bonus, agenda europea per la cultura, anno comune, da realizzare insieme entro i perimetri indicati europeo del patrimonio, itinerari culturali… dalla pubblica amministrazione. Il fatto è che nessuno contesta l’impegno del Governo I risultati sono stati sorprendenti. Oltre a dotare un bene uscente sui temi della cultura. Nessuno nega i fondi pro- demaniale di un capitale in prodotti e servizi pari a più di fusi per restituire all’arte, al patrimonio storico, persino ai un milione di euro, abbiamo moltiplicato le entrate pro- borghi, alla musica e ora anche al jazz la considerazione prie di un organismo pubblico, raddoppiando la dotazio- che meritano. Ma il perfetto silenzio in campa- ne annuale ricevuta dallo Stato, dopo aver aumentato del gna elettorale su un tema cruciale come 40% la frequentazione del pubblico e di circa il 20% le la cultura, e l’assenza di un vero dibatti- iscrizioni ai corsi di lingua. to tra le varie forze in campo sulle loro Il modello di valorizzazione partecipata, descritto nel mio opzioni possibili, lasciano non solo per- ultimo libro (La cultura è come la marmellata, Marsilio plessi, ma sgomenti. 2016), rappresenta dunque un piccolo esempio di come Allora, è il caso di ricordare, a vincitori e vinti, quanto la investire sulla cultura: lungi dal costituire un onere passi- cultura sia essenziale per la società italiana. È il caso di vo, anzi un costo da tagliare per ridurre il debito pubblico, ribadire come la cultura, a differenza di quanto sosteneva- può diventare al contrario una scelta vincente, specie in no alcuni scettici osservatori (“con la cultura non si man- tempi di crisi, per far fronte alla riduzione delle risorse, gia”), sia un vettore di crescita, non soltanto economica, innescando una nuova dinamica economica e civile. A ma soprattutto civile, ché conforta il senso di appartenenza condizione, naturalmente, di puntare su qualità e rigore, a un territorio e facilita l’integrazione economica degli stra- riunendo le forze per coinvolgere i privati, e stimolarne lo nieri, tutelandone la dignità. La cultura è infatti uno di quei spirito imprenditoriale e l’apertura al rischio su un terreno beni rari che, quando si dividono, si moltiplicano. Inoltre è spesso inesplorato, ma di inaspettata fertilità. il caso di insistere su un dato talmente evidente da passare Urge allora una strategia, e dunque una ormai inosservato: nel mondo intero, malgrado tutto, mal- visione. Solo che, per avere una visione, grado la disinformazione, malgrado la corruzione, malgra- non basta la competenza, serve la passio- do la criminalità organizzata e altri mali, l’Italia continua ne e serve il rigore. Ma, dicevano gli scettici, è facile a essere considerata un Paese sinonimo di civiltà e cultu- promuovere la cultura italiana a Parigi, capitale mondiale ra. Solo i detrattori professionisti, i rancorosi per dovere della cultura… vallo a fare a Sinopoli, a Presicce, a Solofra di share, i cinici e i pessimisti per riflesso condizionato o a Mirabella Eclano. Ai tanti pessimisti di professione, trascurano questo dato insistendo nell’autodenigrazione, agli affossatori di ogni entusiasmo, ai sabotatori in servizio che forse serve solo ad alimentare un doppio complesso di permanente ed effettivo vorrei solo ricordare che l’Italia inferiorità e di superiorità, senza permettere di conoscere stessa, e anzi tutta l’Italia col suo immenso patrimonio dif- la realtà. fuso, è uno sconfinato Istituto di Cultura che per ripartire È bene allora mobilitarsi per metterli in mora e ritornare e rimettersi in gioco aspetta solo una leva consapevole. ai fondamentali. Non sarà inutile, dunque, insistere sulle infinite possibilità che nascono dal condividere la stessa FONDATRICE DI VALE – VALORIZZIAMO AZIENDE visione tra soggetti diversi. La mia esperienza alla direzio- ARTISTI LAVORO ESPERIENZE ne dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi lo dimostra. In pochi anni, puntando solo sulla cultura, e cioè sull’arte, @marinavalensise L'ALTRO EDITORIALE 5 GOOGLE FUCK OFF! CONTRO UN CAPOLAVORO FLASH ART SI È LAUREATO trano momento, questo, per i hiunque prenda il treno o l’au- n Flash. Senza mediazione. Slinguaggi digitali. Cresce il fasti- Ctostrada che da Napoli porta a UNon mediato quanto imme- dio per la pesante conversione del- Roma o a Caserta, non potrà non diato. Che acceca. Ovvero fa il suo. le strutture organizzative (una volta notare il capolavoro dell’architetto Come quello che rappresenta. Fino innovative) in inquietanti superpo- Zaha Hadid, la stazione ferroviaria a infastidire. Uscì dalle rotative dei teri di monopolio e controllo. Ad ad alta velocità di Afragola.
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