EEmmiilliioo PPiissttiillllii

S. vittore del , l'estre- mo comune della provincia di Frosinone, trae origine da insedia- menti dell'età del ferro. La pos- sente cinta muraria in opera pseu- do poligonale del monte AAQQUUIILLOONNIIAA Sambùcaro, che sovrasta il paese, testimonia l'importanza del luogo in comune di fin dall'epoca sannitica. In questo lavoro si sostiene l'at- tribuzione di quelle mura alla SSAANN VVIITTTTOORREE DDEELL LLAAZZIIOO mitica città di Aquilonia, distrutta dai Romani nella terza guerra san- nitica del 293 a. C., ma si eviden- zia anche il cospicuo patrimonio storico culturale che si è accumu- lato nel territorio comunale nel corso dei secoli. Di particolare interesse la straordinaria serie degli affreschi di scuola cassinese (sec. XI-XIII) conservati nella medioevale chie- sa di S. Nicola.

COMUNE DI SAN VITTORE DEL LAZIO 1998 Emilio Pistilli

AQUILONIA in San Vittore del Lazio

COMUNE DI SAN VITTORE DEL LAZIO 2003 TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

© EMILIO PISTILLI 2003

SERVIZIO fOTOgRAfICO: “fOTO VALERIO MASCIO” Tutte le foto a colori contenute nel volume sono state riprese nel mese di novembre 1998

L’OPERA è STATA STAMPATA CON CONTRIbUTO EALL S.r.l. Presentazione

Un ritrovamento di eccezionale interesse storico, come quello di “un’antica città” situata sul monte che sovrasta San Vittore del Lazio, merita di essere conosciuto non solo dagli specialisti del settore e dagli abitanti del luogo, ma da un più vasto pubblico. Un ritrovamento che, oltre la valorizzazione ed il recupero del patri- monio storico-culturale del territorio, favorirà anche lo sviluppo del turismo tradizionale. Ecco perché l’Amministrazione Comunale di San Vittore del Lazio, non può non compiacersi del fatto che un messaggio di tale portata venga affidato ad un veicolo di ampia diffusione, come appunto è la pubblicazione di un libro. Gli amministratori, pertanto, esprimono a nome di tutti i cittadini, il massimo apprezzamento al prof. Emilio Pistilli, che si è adoperato per la realizzazione del presente lavoro. A lui va il merito di aver segnalato per primo la presenza nel terri- torio del poderoso circuito megalitico di monte Sambùcaro, identifi- cato con la mitica città sannitica di “AqUiLoniA”, e di averne curato lo studio e la ricerca fino alla stesura della presente pubblicazione. L’Amministrazione Comunale ha condiviso pienamente la tesi avanzata dal prof. Pistilli ed ha giudicato doveroso dare alle stampe questo lavoro, che lega ulteriormente la figura dello studioso al nostro paese, nel quale ha trascorso gli anni della sua infanzia. A nome personale, infine, esprimo di tutto cuore, l’auspicio, che questa scoperta diventi per i Sanvittoresi motivo ulteriore di apprezza- mento, amore ed orgoglio per la propria terra.

Dott. Franco Pirollo Sindaco di San Vittore del Lazio

Premessa

quando, nel 1972, segnalai il ritrovamento di un imponente circui- to murario in opera pseudo poligonale sul monte che sovrasta S. Vittore del Lazio, per molteplici ragioni ipotizzai che si trattasse del- l’introvabile Aquilonia dei Sanniti di cui parla Livio nel Lib. X della sua storia di Roma. Allora proposi la questione come un’ipotesi; in realtà avevo buoni motivi per ritenere che si trattasse di ben più che un’ipotesi. Un mio articolo-segnalazione1 fu accolto con buona dose di scetticismo: per questa ragione gli elementi probanti che lì riassumevo passarono quasi del tutto inosservati. Successivamente intervenni più volte sulla stampa a riassumere i termini della scoperta2. Da allora ho raccolto svariate riserve sul teno- re della mia ipotesi, anche da chi, per amor di campanile, avrebbe dovuto trovar conveniente amplificare l’impor tanza del ritrovamento. Tutte le obiezioni e le recise smentite, anche da persone autorevoli, sull’iden tificazione di Aquilonia, anziché farmi recedere dall’ipotesi, mi hanno rafforzato sempre più nella mia convinzione, e non certo per testardaggine: in breve, ciò che doveva demolire la mia tesi risultava, invece, inconsistente ed incongruente nei confronti del racconto di Livio e, anzi, mi induceva a riscontrare ancora nuove concordanze. non sono mancati studiosi, anche di chiara fama, che, pur di soste- nere tesi diverse, sono stati costretti a correggere e talvolta stravolgere il testo di Livio. Le obiezioni maggiori si possono riassumere in tre punti essenziali: a) La città di Aquilonia è da collocare in altro sito; e proprio riguardo al sito abbiamo una vera e propria “antologia” di località indi- viduate negli ultimi cento anni: spaziano dalla Valle di Comino, al Molise, alla Basilicata.

1 E. Pistilli, Ipotesi sulla città di Aquilonia distrutta nell’anno 293 a.C., in “il Gazzettino del Lazio”, n. 10 del 15 giugno 1972. 2 Tralasciando i quotidiani basti ricordare solo le riviste: “La voce di Aquino”, iV/72, n. 34, pag. 4; “Rassegna storica dei comuni”, V/73, n. 2, pag. 67; “Lazio Sud”, ii/83, n. 4, pag. 17. 6 EMiLio PiSTiLLi

b) le città conquistate dai Romani nella terza guerra sannitica del 293 a. C. (Cominio, Amiterno, Duronia, oltre, naturalmente, Aquilonia) sono da individuare tra la Valle di Comino, il territorio di S. Elia Fiumerapido e quello di Roccasecca, lungo il corso del Melfa; dunque in un raggio di dieci o quindici chilometri, facendo centro su Atina; c) il racconto di Livio è fantastico e per questo motivo non fa testo. naturalmente se è fantastico non ha senso nemmeno porsi il problema dell’identificazione dell’antica Aquilonia, e ciò vale anche per qualsia- si altra collocazione di località liviane.

non pensavo, dopo tanti anni, di dover riprendere quell’argomento, ma le accresciute acquisizioni da parte mia e la necessità di dover con- futare affermazioni fuorvianti ed interventi privi di ogni senso della storia e della concretezza da parte di alcuni critici di turno, mi induco- no a farlo. nel 1972, con un articolo su “il Gazzettino del Lazio”3 ed un suc- cessivo estratto diffuso ampiamente, descrissi con dovizia di particola- ri le vicende e l’entità del ritrovamento; oggi potrei ripetere tutto alla lettera, rivedendo solo alcuni dettagli dovuti alla mia inesperienza del tempo, come per esempio il numero eccessivo delle porte e la forzata individuazione dell’acropoli nella parte più alta del complesso archeo- logico4. in effetti qui riprenderò gran parte di quel lavoro.

3 op. cit. 4 Fui indotto in tali errori da qualche studioso che godeva della mia piena fiducia. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 7

1 - S. VITTORE DEL LAZIO

1- S. Vittore del Lazio: m. 207 s. l. m. 1.1. Notizie storiche Le origini dell’attuale centro abitato di S. Vittore del Lazio5 sono da ricercarsi nel pieno medioevo e precisamente a cavallo dell’anno mille. Ma ciò non significa che il territorio, precedentemente a quel tempo, fosse disabitato. La ricerca archeologica, infatti, fornisce (e molto più potrà ancora fornire) numerose testimonianze di insediamenti umani, nella zona, già in epoche antichissime. il primo a darci notizie abbastanza precise di ritrovamenti antichi fu il dott. Pietro Saroli, medico di 1ª classe nella R. Marina, il quale, in un suo opuscolo del 18926 informava del rinvenimento di diverse

5 questo paragrafo è stato tratto liberamente da Lineamenti di Storia di S. Vittore del Lazio, Archeoclub di S. Vittore del Lazio, 1986, pubblicazione alla quale ho dato un modesto contributo di ricerche. 6 P. Saroli, Di alcune tombe rinvenute nel territorio di San Vittore del Lazio – Nota archeologica, Venezia, 1892. 8 EMiLio PiSTiLLi tombe di epoca romana e preromana nel fondo così detto dei “Gentili”, nel fondo (“masseria”) dei signori Sarnelli, nel fondo “Casadelmo” del barone Bonanno, nel fondo “Marozze”, nel fondo “olive del Consiglio” e nel fondo “Bagni”. in una di quelle tombe fu ritrovata una moneta neroniana, e già que- sto fatto fornisce una datazione ben precisa. in base alle indicazioni del Saroli non è possibile stabilire l’epoca reale delle altre inumazioni; né è accettabile l’ipotesi dell’emerito medico sanvittorese, secondo il quale esse risalirebbero al periodo volsco, dal momento che pare ormai accertato che i Volsci poco o nulla ebbero a che fare con il territorio in questione. S. Vittore ha pure restituito alcune iscrizioni di epoca romana, due delle quali furono riportate dal Mommsen nel Corpus Inscriptionum Latinarum. La prima: P. FARACio C . F 7 La seconda: Don PERCEnniA o. L. PRiMA in . AGR. P . Viii in . FRonT . P . Viii.8 di una terza ci riferisce D. Angelo Pantoni o.S.B. nel Bollettino Diocesano di Montecassino: questa accenna ad una famiglia dei “Principii” ed è inserita in un pilastro della chiesa parrocchiale9. Ritrovamenti ben più importanti si ebbero nel 1972 sul monte Sambùcaro: ma questo è proprio l’argomento del presente lavoro.

7 T. Mommsen, C.i.L., X, n. 5232, tra le rovine di un’antica casa. 8 id. n. 5273, nella chiesa matrice 9 A. Pantoni, S. Vittore del Lazio, i, “Bollett. Dioces. Di Montecassino”, 1973, n. 3, pag. 232. Gli articoli comparsi nel citato Bollettino Diocesano tra il 1973 e 1975 sono stati raccolti in un unico volume: “San vittore del Lazio – Ricerche storiche e artistiche”, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino, 2002. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 9 oggi si puó affermare che non vi sia un campo, nel comune di S. Vittore, che non rechi tracce di antichi insediamenti preromani, roma- ni e medioevali. Pantoni ritiene che lì fosse uno dei tanti “pagi” o ville che sorgeva- no ovunque nel Cassinate10. Ma l’abbondanza e l’estensione dei luo- ghi di ritrovamenti fanno pensare a qualcosa di più di un villaggio: ad una città, forse sannitica, forse precedente. Se si trattò di Aquilonia la sua storia si chiuse nel 293 a. C. con la distruzione nella terza guerra sannitica; se fu altra città sannitica cessò di esistere comunque con l’occupazione dei Romani, avvenuta nel medesimo periodo. Se qualche forma di vita continuò dopo quegli avvenimenti fu sen- z’altro modesta ed irrilevante fino alla totale pacificazione del territo- rio da parte dei Romani. il territorio fece parte del Adiectum e godette di tutti i bene- fici dell’occupazione romana, compreso anche il passaggio della via Latina, nell’attuale zona di S. Cesario, dove sono ancora presenti cospicui resti del basolato. Ma alla caduta dell’impero subì gli effetti disastrosi delle invasioni barbariche con il relativo spopolamento. Dopo la venuta di S. Benedetto a Montecassino (probabilmente nel 529) seguì le sorti del monastero. Ma solo nell’anno 744 il territorio di S. Vittore fece parte ufficialmente della Terra Sancti Benedicti (cioè dei possedimenti dell’abbazia di Montecassino). in quell’anno, infatti, il duca di Benevento Gisulfo ii, per riparare alle malefatte dei suoi pre- decessori longobardi, donò al monastero una notevole estensione di territorio che andava da S. Andrea a S. Pietro infine, al monte Cavallo (nelle Mainarde), al , ad Esperia, includendo, quindi, per intero l’attuale comune di S. Vittore11. Dopo le devastazioni operate dai Saraceni, terminate con la battaglia del Garigliano nel 915, l’abate Aligerno (ab. 949-986) provvide al ripopolamento delle contrade abbandonate dai suoi abitanti, facendovi affluire contadini da altre regioni. Certamente in quella occasione anche le campagne di S. Vittore – non ancora esistente come paese – furono abitate da nuovi coloni. Attorno alle chiese e alle celle monastiche, che erano ormai sorte un

10 ivi, pag. 233. 11 Chronica Monasterii Casinensis (d’ora in poi solo Chron. Cas,), i, 5, M.G.H., Scriptores, 1980, a cura di H. Hoffmann. 10 EMiLio PiSTiLLi po’ dovunque, furono costruite numerose case che costituirono i primi nuclei dei futuri comuni. questi nuclei, per volere degli abati di Montecassino, furono fortifi- cati e circondati da mura. questa fu anche la sorte di S. Vittore, il cui castello viene menzio- nato per la prima volta nel Chronicon cassinese nel 1045, quando i normanni, che avevano invaso tutto il meridione d’italia, furono cac- ciati da S. Germano (oggi Cassino) e da tutta la Terra di S. Benedetto, asserragliandosi, però, nei castelli di S. Vittore e di S. Andrea12. Dopo pochi giorni l’abate Richerio, chiesto l’aiuto dei conti dei Marsi e dei fedeli dei monasteri vicini, riuscì a liberare il castello di S. Vittore. questo castello doveva essere ben munito, dal momento che ebbe una cinta muraria fortificata da ben 23 torri13, alcune delle quali sono ancora visibili. Lo troviamo ancora menzionato nel 1123, quando si alleò con S. Angelo in Theodice che era insorto contro Montecassino; ma l’abate oderisio sedò la rivolta14. Ancora nel 1139, durante il conflitto tra Ruggero ii e il papa innocenzo ii; quest’ultimo fu sconfitto e il monastero fu spogliato del suo tesoro e alcuni paesi furono devastati e incendiati, fra questi S. Vittore15. Altra espugnazione del castello si ebbe nel 1199 da parte del tede- sco Markualdo16; più tardi, nel 1382, da Luigi ii D’Angiò17; e ancora nel 1421 dal signore di Capua Braccio da Montone18. Devastazioni si ebbero ancora tra il 1400 ed il 140119. 12 Chron Cas., cit., ii, 71. 13 S. De Miranda, S. Vittore Mauritano Martire e le memorie ambrosiane nella Campania, napoli, 1932, pag. 12; anche A. Pantoni, cit., pag. 232; il numero delle torri sembrerebbe esagerato. 14 Chron Cas., cit., iV, 79. 15 L. Tosti, Storia della badia di Montecassino, Roma, 1899, ii, pag. 107. 16 Ryccardi de Sancto Germano Chronica, ed. Garufi, 1938, R.i.S., t. Vii, p. ii, pag. 20. 17 De Tummolillis, Notabilia temporum, Fonti della Storia d’italia, Vii, ist. St. ital., 1890, pag. 9. 18 De Tummolillis, op. cit., pag. 33. 19 Per ulteriori notizie sul castello si veda l’Appendice ii, B.5. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 11

2- S. Vittore del Lazio: veduta dalle pendici del monte Sambùcaro. La tranquillità si ebbe solo un secolo più tardi con la dominazione spagnola. Ma da allora in poi S. Vittore seguirà le vicende note di tutto il meridione d’italia. il paese ebbe nel medioevo un ospizio per i poveri e numerose chie- se: S. Maria della Rosa (la principale), S. nicola (che conserva ancora affreschi del Xiii secolo), S. Salvatore (che fu poi S. Croce), S. Basilio. nelle campagne: S. Sebastiano, S. Vittore, S. Giovanni, S. Pietro, S. Angelo (S. Michele), S. Giusta e S. Leonardo. Va infine ricordato che un’antica tradizione afferma che attorno alla chiesa di S. nicola sorgeva una vera e propria città (distinta dalla zona del Castello) di 6.000 famiglie, cioè oltre 20.000 persone: probabil- mente si trattava dell’agglomerato dei Greci che nel medioevo aveva- no popolato in gruppi numerosi le contrade della Terra di S. Benedetto e la stessa S. Germano (Cassino)20. Per le notizie relative a tempi più recenti rinvio al ricordato studio Lineamenti di storia di S. Vittore del Lazio o, meglio ancora a quello del benedettino Angelo Pantoni nell'edizione del 2002.

20 A. Pantoni, op. cit., pag. 232. 12 EMiLio PiSTiLLi

2 - AQUILONIA

2.1. La “urbs” dei Sanniti Prima di procedere nella trattazione va messo a fuoco il concetto di urbs riferito ai centri abitati sannitici. Dobbiamo subito sgomberare la mente dallo stereotipo della città romana, con ampie strade, palazzi, monumenti, ecc. non dobbiamo mai dimenticare che i Sanniti furono per lungo tempo un popolo a persistente struttura tribale, dedito prevalentemen- te alla pastorizia e all’agricoltura. Le abitazioni dei pastori da sempre – oggi come ieri – si sono pre- sentate con un modello di monolocale con annessa stalla, realizzato con materiale ricavato dallo stesso luogo: per lo più pietra locale (o tufo), combinata con legname e laterizi a copertura. Locali poveri e privi di ogni servizio perché la maggior parte del tempo la si trascor- reva sui pascoli o tra i campi; per molti mesi dell’anno, addirittura, si andava in transumanza. Le strade erano in funzione dell’uomo ma anche degli armenti che a sera riparavano nelle stalle. Dunque una città sannitica, specialmente se posta in zona precaria di confine, fatta di una successione ed un accavallarsi di tal genere di abitazioni – e che qui chiameremo di primo tipo –, non doveva offrire un paesaggio tanto elegante. infatti se oggi si va ad effettuare scavi su siti del genere non ci si possono aspettare strutture imponenti e mate- riali di pregio. La strutturazione in tribù, del resto, esclude la presenza di istituzio- ni pubbliche che dessero inevitabilmente luogo ad opere di edilizia pubblica e di tipo monumentale. Gennaro Franciosi: « [i Sanniti] vive- vano, in poche parole, quali poplazioni di pastori, in una fase assai più arretrata rispetto alle zone del Lazio raggiunte a quel tempo dall’in- fluenza etrusca. i secoli Vi e V della civiltà sannita sono conosciuti esclusivamente in base agli scavi di necropoli che, non affiancate da opere di urbaniz- zazione, denotano una densità demografica sul territorio, ma non l’esi- AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 13 stenza di agglomerati cittadini »21. Dunque il concetto di città-stato, che i Romani presero dagli Etruschi, non è applicabile al popolo dei Sanniti, almeno nel senso descritto da Cicerone: « multa enim sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, jura, judicia, suffragia, consuetudines »22. « Tutto ciò, continua Franciosi, non si verifica nell’ambiente dell’antico Samnium, nel quale, non- ostante le distinzioni sociali, persistono notevoli vestigia di un più anti- co assetto comunitario tribale, tipico dell’arcaica società italica »23. questo discorso, naturalmente, non vale per i grandi centri urbani dell’interno dell’antico Sannio, dove si viveva in strutture organizzate per una residenza stabile e con tutti i servizi, dalle fogne alle officine, dagli edifici sacri a quelli per l’amministrazione della cosa pubblica, fino ai teatri: e di questi abbiamo vari esempi in tutto il Molise: per tutti si veda Pietrabbondante, presso Agnone. quest’ultimo genere di città – secondo tipo –, destinato, come già detto, ad una popolazione residenziale, dedita a molteplici attività, era posta quasi sempre in posizione piuttosto elevata ma facilmente rag- giungibile, sia per la pendenza del terreno, sia per la rete stradale che le dava accesso – non si puó pensare che i Sanniti amassero compli- carsi l’esistenza andando ad abitare in luoghi adatti solo alle capre –, sia per le possibilità di rifornimento idrico. Era inserita, inoltre, in un contesto fortificato che garantisse sicurezza a persone e cose. Tali for- tificazioni consistevano di solito in un circuito di solide mura di tipo poligonale, di quelle che Giuseppe Lugli definiva di seconda, di terza e di quarta maniera: cioè con qualche pretesa estetica e di decoro24. il più delle volte quelle città hanno continuato ad essere frequentate anche in epoche successive proprio grazie alla vivibilità conferita dalle condizioni ambientali particolarmente felici. La stessa cosa non puó dirsi per le città di primo tipo destinate ad

21 G. Franciosi, Osservazioni sulle strutture sociali dei Sanniti, in Safinim, Atti del Convegno di Studi del Centro Studi Alto Molise, Agnone, 14 marzo 1992. 22 Cicerone, De officiis, 1.17.53. 23 G. Franciosi, cit. 24 G. Lugli, Studi minori di topografia antica, De Luca Edit., 1965, pag. 27 e sgg. Va rilevato, però, che la classificazione del Lugli è quasi del tutto riferita ad esperien- ze dell’area romano laziale, quindi non sempre applicabili alle fortificazioni sanni- tiche. 14 EMiLio PiSTiLLi una presenza precaria perché poste in zona di confine o perché utiliz- zate per attività stagionali. Anche qui, però, dobbiamo immaginare che la scelta del luogo non potesse prescindere da criteri di vivibilità: faci- lità di accesso da parte degli abitanti e del bestiame, presenza di acqua (corsi d’acqua o pozzi) e prossimità ai campi lavorati ed ai pascoli. La fortificazione, per questi abitati, aveva caratteri di struttura di emergenza, dunque una semplice sovrapposizione di massi, con scarsa o nessuna lavorazione; di prima maniera, secondo Lugli, il che non implica necessariamente una successione temporale o diacronica tra le varie maniere, ma anche una coesistenza temporale, o sincronica, con differenziazioni derivate solo dalla loro destinazione. A conferma di ciò vi è uno studio di una certa importanza sulle mura del basso Lazio, impropriamente definite “ciclopiche”: è quello di Dino Ramacci del 197525, il quale riporta diversi pareri sul rapporto tipologia-antichità delle varie tecniche edilizie – sempre riferiti al Lazio meridionale – con qualche spunto interessante: « Riprendendo a dire delle classificazioni in epoche e maniere delle mura poligonali, va osservato che tale distinzione non puó essere accolta rigidamente. Piuttosto vanno posti in rilievo i vari modi, il diverso stile seguito, la migliore costruzione attuata e in questo senso vanno considerate le epoche e le maniere diverse. E questo va detto perché nella costruzio- ne spesso furono seguiti altri modi che pur vanno considerati, attinti contemporaneamente alle diverse epoche ». A conferma di ciò lo stes- so Ramacci cita il Fonteanive: « … si fa annotare come queste diverse maniere si ravvisino talvolta in uno stesso bastione le une alle altre sovrapposte; ed anche disposte in senso perpendicolare, od anche a scaglioni in ritirata ». il lavoro di Dino Ramacci è di grande pregio per la ricca documen- tazione fotografica sulle mura poligonali del basso Lazio. il più delle volte si è verificato che le mura non cingevano l’abitato, ma si elevavano attorno alla cima del monte che lo dominava, sfrut- tando l’asperità del luogo e l’abbondanza di pietre per la costruzione del circuito murario e dei rifugi interni. Dunque queste ultime fortificazioni erano destinate solo ad una dife- sa di emergenza per persone e bestiame e per brevi periodi: lo dimo-

25 D. Ramacci, Le mura ciclopiche nel Lazio Meridionale. Le città dei Pelasgi, Staderini, Roma, 1975, AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 15 strano la stessa asperità del sito e le limitate possibilità di sopravvi- venza per lunghi periodi, determinate dalla mancanza di acqua abbon- dante – in quei luoghi di solito si rinvengono solo dei pozzi di acqua piovana o di raccolta degli scoli nevosi – e di autonome risorse ali- mentari. i più recenti studi ci hanno fornito un lungo elenco di fortificazioni del genere, accanto a quelle del secondo tipo, già note, dei grossi cen- tri dell’interno del Sannio.

2.2. Alcuni esempi Uno studio fondamentale sulle emergenze archeologiche del Sannio occidentale (tra Venafro, Campobasso, Telese e Capua) è quello di Domenico Caiazza26, il quale ci fornisce anche una catalogazione di 54 insediamenti fortificati nel nord di Terra di Lavoro e nel Molise in base alle loro dimensioni ed importanza. Egli, per esempio, classifica come urbs o centro di grande dimensione, con acropoli, tracce di stra- de ed edifici: Casinum, Bovianum, l’odierna Campobasso, Caiatia, Trebula (Treglia), Montauro; come oppidum, o centro di media dimen- sione: Frosolone, Monte Saraceno (Longano), Ferrazzano, Monte Monaco, Monte Alifano, Monte Cila; come castellum o piccola fortifi- cazione di esclusivo o preminente impiego militare: Monte Castellone (Torcino), Monte Crocella, Colle di Rocco, Monte Caruso, Colle Vrecciale, Monte Catrevula, Monte Acero, Monte S. Croce (Roccamonfina). Già i nomi che richiamano località montane ci rivelano la tipologia accostabile al nostro primo tipo delle fortificazioni che il Caiazza defi- nisce oppida o castella; invece quelle che egli chiama urbes hanno assicurato la frequentazione umana fino ai giorni nostri e sono assimi- labili al secondo tipo. Anche nel basso Frusinate si hanno fortificazioni del primo tipo: monte Cierro o Costalunga in territorio di S. Elia Fiumerapido, Rocca

26 D. Caiazza, Archeologia e storia antica del mandamento di Pietramelara e del Montemaggiore, Pietramelara, 1986, pag. 102; si vedano anche: Adolfo Panarello, ‘Patenaria’ dall’alba dell’Uomo al V secolo d. C. – Preistoria, protostoria e storia antica del circondario di Vairano Patenora, 1994; Paolo nuvoli, Ad Aquiloniam e Cominium – Quadro geostorico della battaglia nel Sannio dei Pentri, Ediz. Vitmar, Venafro, 2002. 16 EMiLio PiSTiLLi

Malacocchiara in Val di Comino, tanto per citarne alcune. non si puó concludere questo capitolo senza far cenno all’istituto del ver sacrum, ampiamente diffuso tra le popolazioni arcaiche italiche e che consisteva nell’usanza di allontanare, ogni anno, un certo nume- ro di giovani per far fronte all’eccesso di popolazione che determina- va gravi problemi di sopravvivenza in luoghi poco ospitali quali erano quelli del Sannio montuoso. Tale uso, che soppiantò quello crudele del sacrificio umano, consisteva nel mandare alla ventura i gruppi migran- ti, destinati, in tal modo, all’estinzione o alla nascita di nuovi gruppi tribali. nella migrazione del ver sacrum i gruppi venivano guidati da un mitico animale, che diveniva anche il simbolo tribale, e ciò sarebbe dimostrato anche dallo stesso nome di alcuni gruppi etnici italici: il picchio (picus) per i Piceni, il lupo (hirpus) per gli irpini, il bue (bos) per le genti di Boviano27. Potremmo arguire che uno di questi gruppi, guidato dall’aquila, si fosse stanziato tra i monti a ridosso di Venafro: quello dell’Aquilone e di Montaquila, dando origine agli stessi toponimi?

***

A questo punto ritengo opportuno proporre integralmente all’attenzio- ne del lettore le pagine di Tito Livio, dal suo Ab Urbe condita, limita- tamente alla battaglia di Aquilonia ed ai suoi preliminari, con la pre- gevole versione italiana a fronte di Carlo Vitali28: solo così, infatti potranno essere chiari tutti i riferimenti che più avanti si faranno al testo di Livio.

27 E. T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Einaudi, 1985, pag. 37 e sgg.; 1ª ediz. in ingle- se Cambridge University Press, 1967. 28 Livio riserva alla battaglia di Aquilonia i capitoli XXXViii-XLV del libro X della “Storia di Roma”. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 17

3- Cassino: le mura dell’antica Casinum guardano quelle di S. Vittore del Lazio sulle prime pendici del monte Sambùcaro (sullo sfondo indicate dalla freccia).

4- Atina: le mura poligonali di Valle giordana. 18 EMiLio PiSTiLLi

5- Vicalvi: le mura poligonali che contornavano la cima del colle, attualmente occupato da un castello medioevale.

6- S. Elia fiumerapido: scorcio del circuito poligonale di monte Cierro o Costalunga, a ridosso della contrada Olivella. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 19

3 - IL TESTO DI TITO LIVIO

Tito Livio Storia di Roma

Testo latino, versione e note a cura di Carlo Vitali, ediz. zanichelli, 1973 pag. 282-304

Lib. X, capp. XXXViii - XLV

n. B. - Le note a questa sezione appartengono al traduttore.

Terribili riti di iniziazione tra Terribili riti di iniziazione i Sanniti tra i Sanniti XXXVIII. XXXViii. Sequitur hunc annum et con- Si ebbero nell'anno seguente sul insignis, L. Papirius Cursor, un console illustre sia per la glo- qua paterna gloria, qua sua, et ria paterna quanto per la propria, bellum ingens victoriaque quan- Lucio Papirio Cursore, una gros- tam de Samnitibus nemo ad eam sa guerra e una vittoria quale diem praeter L. Papirium patrem mai nessuno, ad eccezione di L. consulis pepererat. Et forte Papirio, padre del console, aveva eodem conatu apparatuque omni fino allora riportato sui Sanniti. opulentia insignium armorum Ed anche allora, stranezze del bellum adornaverant et deorum caso, i Sanniti scesero in campo etiam adhibuerant opes ritu quo- con lo stesso apparato sfarzoso e dam sacramenti vetusto velut ini- con la stessa ricchezza di armi; e tiatis militibus, dilectu per omne anche allora fecero ricorso agli Samnium habito nova lege, ut dèi, iniziando con un antico rito qui iuniorum non convenisset ad sacro, facendo le leve in tutto il imperatorum edictum quique Sannio secondo una nuova iniussu abisset caput Iovi sacra- legge, per la quale quelli che retur. Tum exercitus omnis erano atti alle armi che non si Aquiloniam est indictus. Ad fossero presentati conformemen- sexaginta milia militum quod te all'editto dei capi o si fossero roboris in Samnio erat convene- allontanati senza permesso fosse- runt. Ibi mediis fere castris locus ro immolati a Giove. Poi tutto 20 EMiLio PiSTiLLi est consaeptus cratibus pluteis- l'esercito venne convocato ad que et linteis contectus, patens Aquilonia1. Vi si trovarono ducentos maxime pedes in omnes riuniti circa sessantamila, quanti pariter partes. Ibi ex libro vetere armati poteva dare il Sannio. Là, linteo lecto sacrificatum sacer- nel mezzo del campo, un'area dote Ovio Paccio quodam, homi- lunga e larga quasi duecento ne magno natu, qui se id sacrum piedi venne chiusa da graticci petere adfirmabat ex vetusta sostenuti da pali e coperta da Samnitium religione, qua quon- tele. in essa un sacerdote molto dam usi maiores eorum fuissent anziano, ovio Paccio, secondo cum adimendae Etruscis Capuae un rituale ricavato da un vecchio clandestinum cepissent consi- libro di tela2, offrì un sacrificio, lium. Sacri ficio perfecto per via- che egli diceva una rinnovazione torem imperator acciri iubebat di quello che, secondo l'antica nobilissimum quemque genere liturgia sannitica, era stato offer- factisque; singuli introduceban- to dai loro antenati clandestina- tur. Erat cum alius apparatus mente quando avevano deciso di sacri qui perfundere religione strappare Capua agli Etruschi. animum posset, tum in loco circa Compiuto il sacrificio, il coman- omni contecto arae in medio vic- dante in capo faceva chiamare da timaeque circa caesae et circum- un messo tutti coloro che eccel- stantes centuriones strictis gla- levano o per nobiltà o per impre- diis. Admovebatur altaribus se compiute e venivano introdot- magis ut victima quam ut sacri ti ad uno ad uno. Per incutere particeps adigebaturque iure negli animi un sacro terrore, iurando quae visa auditaque in oltre le altre attrezzature per i eo loco essent non enuntiaturum. sacrifici, in tutto lo spazio coper- Dein iurare cogebant diro quo- to, si ergevano nel mezzo are e dam carmine, in execrationem intorno ad esse giacevano le vit- capitis familiaeque et stirpis time uccise, e centurioni con le composito, nisi isset in proelium spade in pugno erano distribuiti quo imperatores duxissent et si tutto all'ingiro. il chiamato era aut ipse ex acie fugisset aut si fatto accostare all'altare in atteg-

1 Città nel territorio degli irpini, ai confini con l'Apulia, non lontano dall'odierna Carbonara. 2 Libri lintei: rotoli di tela di Lino sui quali si conservavano scritti i nomi dei magi- strati anno per anno; erano custoditi nel tempio di Giunone Moneta. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 21 quem fugientem vidisset non giamento più di vittima che di extemplo occidisset. Id primo iniziando ed era invitato a giura- quidam abnuentes iuraturos se re che non avrebbe rivelato nulla obtruncati circa altaria sunt, di quanto avesse veduto od udito iacentes deinde inter stragem in quel luogo. Gli si richiedeva victimarum documento ceteris poi un altro giuramento stilato in fuere ne abnuerent. Primoribus una formula truce con la quale Samnitium ea detestatione richiamava la maledizione sul obstrictis decem nominati ab proprio capo, sulla propria fami- imperatore; eis dictum, ut vir glia, sulla discendenza, se non virum legerent donec sedecim avesse seguito i suoi duci nel milium numerum confecissent. combattimento a cui essi lo chia- Ea legio linteata ab integumento mavano, se fosse fuggito dalla consaepti, in quo sacrata nobili- battaglia, se non avesse ucciso tas erat, appellata est; bis arma immediatamente chiunque aves- insignia data et cristatae galeae, se visto fuggire. Alcuni fra i ut inter ceteros eminerent. Paulo primi che si erano rifiutati di plus viginti milium alius exerci- prestare quel giuramento venne- tus fuit nec corporum specie nec ro massacrati davanti all'altare e gloria belli nec apparatu lintea- i loro corpi giacenti tra le vittime tae legioni dispar. Hic hominum dei sacrifici furono di ammoni- numerus, quod roboris erat, ad mento agli altri che avessero Aquiloniam consedit. voluto imitarli. Tra i più distinti dei Sanniti vincolatisi con quel giuramento il comandante supre- mo ne elesse dieci, ciascuno dei quali doveva scegliersi un com- pagno e questi un altro, e così via via fino a raggiungere il numero di sedicimila. questo reparto dalla copertura del recin- to in cui la nobiltà era stata con- sacrata fu chiamato linteato: ebbero armi distinte, elmi impennacchiati, in modo che fossero chiaramente visibili. il resto dell'esercito, composto da 22 EMiLio PiSTiLLi

poco più che ventimila uomini3, non era molto al disotto della legione linteata né per la prestan- za degli individui, né per valore in guerra né per lusso di armi: questa massa di uomini che costituiva la forza dei Sanniti si accampò nelle vicinanze di Aquilonia. Operazioni di preparazione Operazioni di preparazione dei consoli dei consoli XXXIX. XXXiX. Consules profecti ab urbe, i consoli partirono dall'Urbe; prior Sp. Carvilius, cui veteres prima Spurio Carvilio, a cui era legiones, quas M. Atilius supe- stato dato il comando delle rioris anni consul in agro legioni veterane che M. Atilio, Interamnati reliquerat, decretae console dell'anno precedente, erant. Cum eis in Samnium pro- aveva lasciate nella regione di fectus, dum hostes operati super- Amiterno4, giunto nel Sannio stitionibus concilia secreta mentre i nemici intenti alle loro agunt, Amiternum oppidum de pratiche superstiziose tenevano Samnitibus vi cepit. Caesa ibi conciliaboli segreti, prese loro milia hominum duo ferme atque d'assalto la città di Amiterno: octingenti, capta quattuor milia vennero uccisi circa duemila ducenti septuaginta. Papirius ottocento uomini, fatti prigionie- novo exercitu - ita enim decre- ri quattromila duecento settanta. tum erat - scripto Duroniam Papirio con un esercito di nuova urbem expugnavit. Minus quam leva, come era stato decretato, collega cepit hominum, plus ali- espugnò Duronia. il numero dei

3 questi 20.000 con i 16.000 della legione linteata non raggiungono la cifra di 60.000 data da Livio poco sopra. il resto era probabilmente composto di milizie ausiliarie e da alleati. 4 Amiterno, patria di Sallustio, non era però nel Sannio, ma in territorio sabino, non lungi dal fiume Pescara (Aternus). - Duronia, nominata poco sotto, è città scono- sciuta, come Cominio, la quale però non doveva essere molto lontana da Aquilonia (venti miglia). AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 23 quanto occidit; praeda opulenta prigionieri fu inferiore a quello utrobique est parta. Inde perva- del collega, alquanto maggiore gati Samnium consules, maxime invece il numero degli uccisi: la depopulato Atinate agro, preda conquistata fu abbondante Carvilius ad Cominium, Papirius in entrambe le città. i consoli ad Aquiloniam, ubi summa rei poi, dopo aver saccheggiato il Samnitium erat, pervenit. Ibi ali- Sannio, specialmente la regione quamdiu nec cessatum ab armis di Atina, si portarono l'uno, est neque naviter pugnatum; Carvilio, a Cominio, l'altro, lacessendo quietos, resistentibus Papirio, ad Aquilonia dove erano cedendo comminandoque magis concentrate le forze dei Sanniti. quam inferendo pugnam dies ivi, per qualche tempo, le ostilità absumebatur. Quodcumque né mancarono né giunsero a Comini inciperetur remitteretur- scontro impegnativo; i giorni si que, omnium rerum etiam parva- susseguivano in scaramucce pro- rum eventus proferebatur in dies. vocatorie contro il nemico quie- Altera Romana castra [quae] to, stando sulla difensiva quando viginti milium spatio aberant, et opponeva resistenza, tenendolo absentis collegae consilia omni- più sotto la minaccia della gran- bus gerendis intererant rebus; de battaglia che non ingaggian- intentiorque Carvilius, quo in dola. Di tutto quello che a maiore discrimine res vertebatur, Cominio si faceva o non si face- in Aquiloniam quam ad va, di ogni avvenimento anche di Cominium quod obsidebat erat piccolo conto si teneva informa- L. Papirius, iam per omnia ad to, giorno per giorno, l'altro dimicandum satis paratus, nun- accampamento romano. Esso tium ad collegam mittit sibi in distava venti miglia ed il console animo esse postero die, si per lontano partecipava a tutte le auspicia liceret, confligere cum decisioni sulle iniziative da pren- hoste; opus esse et illum quanta dere; più vigile l'attenzione di maxima vi posset Cominium Carvilio verso Aquilonia quanto oppugnare, ne quid laxamenti sit maggiore l'importanza di quel Samnitibus ad subsidia settore sul suo a Cominio che Aquiloniam mittenda. Diem ad egli teneva assediato Lucio proficiscendum nuntius habuit; Papirio, che aveva ormai com- nocte rediit, approbare collegam piuto tutti i preparativi per la consulta referens. battaglia, manda un messo al 24 EMiLio PiSTiLLi

collega per informarlo che egli ha deciso di venire alle mani, se gli auspici saranno favorevoli, con il nemico nel giorno seguen- te; molto opportuna sarebbe stata una azione in gran forza di Carvilio contro Cominio che impedisse a quei Sanniti di man- dar aiuti ad Aquilonia: il messo ebbe un giorno intero per il viag- gio di andata e ritorno: ritornò nella notte e riferì che il collega approvava il piano di Papirio. Discorso di Papirio ai soldati Discorso di Papirio ai soldati Papirius nuntio misso extemplo Congedato il messo, Papirio contionem hahuit; multa de uni- chiamò subito a raccolta i solda- verso genere belli, multa de ti: parlò a lungo sulla guerra in praesenti hostium apparatu, generale, a lungo sulla particola- vana magis specie quam efficaci re messa in scena dei nemici per ad eventum, disseruit: non enim l'attuale, più vana apparenza che cristas vulnera facere; et per utile al risultato finale; i pennac- picta atque aurata scuta transire chi non dànno ferite, il giavellot- Romanum pilum et candore tuni- to romano trapassa anche scudi carum fulgentem aciem ubi res dipinti o dorati, le candide tuni- ferro geratur cruentari: auream che di una schiera rifulgente si olim atque argenteam Samnitium tingono di sangue quando si aciem a parente suo occidione lavora con le spade. " il padre occisam spoliaque ea honestiora suo - disse - già una volta aveva victori hosti quam ipsis arma fatto strage di una schiera scintil- fuisse: datum hoc forsan nomini lante d'oro e d'argento, e quelle familiaeque suae ut adversus spoglie erano state più di onore maximos conatus Samnitium per il nemico vittorioso che utili opponerentur duces spoliaque et come armi ai vinti5. Era forse un referrent quae insignia publicis dono concesso al suo none e alla etiam locis decorandis essent: sua famiglia essere designati

5 Vd. Lib. iX, 40. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 25 duci che tenessero testa ai mag- giori sforzi dei Sanniti e ne riportassero spoglie che fossero bell'ornamento anche per pubbli- ci monumenti. Gli dei immortali erano lì presenti per quei trattati tante volte richiesti e altrettante volte violati, e, se si poteva far qualche congettura sul pensiero deos immortales adesse propter divino, nessun esercito essi ave- totiens petita foedera, totiens van mai tanto avuto in odio rupta; tum si qua coniectura quanto quello che, macchiato in mentis divinae situ nulli unquam un nefando rito dall'uccisione exercitui fuisse infestiores quam commista di uomini e di animali, qui nefando sacro mixta homi- doppiamente votato all'ira celeste num pecudumque caede resper- dovendo paventare da una parte sus, ancipiti deum irae devotus, gli dèi testimoni dei patti stretti hinc foederum cum Romanis con i Romani, dall'altra la male- ictorum testes deos, hinc iuris dizione del giuramento a cui si iurandi adversus foedera suscep- era obbligato contro i trattati, ti execrationes horrens, invitus aveva giurato contro volontà, iuraverit, oderit sacramentum, odiava il giuramento militare uno tempore deos, cives, hostes ridotto a temere nello stesso metuat. tempo dèi, cittadini e nemici". Auspici falsificati Auspici falsificati XL. XL. Haec comperta perfugarum Codeste informazioni, che egli indiciis cum apud infensos iam aveva avute da rivelazioni di sua sponte milites disseruisset, disertori, comunicate da Papirio simul divinae humanaeque spei nel suo discorso ai soldati già di pleni clamore consentienti per sé pieni d'ira, crearono un pugnam poscunt; paenitet in senso di speranza nell'aiuto cele- posterum diem dilatum certa- ste e nelle proprie forze così men; moram diei noctisque ode- vivo che un grido unanime erup- runt. Tertia vigilia noctis, iam pe dai petti per chiedere di com- relatis litteris a collega, Papirius battere; il rinvio al giorno silentio surgit et pullarium in seguente spiace, il ritardo di un 26 EMiLio PiSTiLLi auspicium mittit. Nullum erat giorno e di una notte diventa genus hominum in castris intac- odioso. Dopo la mezzanotte, tum cupiditate pugnae; summi ricevuta la lettera del collega, infimique aeque intenti erant; Papirio in silenzio si alza, dà dux militum, miles ducis ardorem ordine al pullario di prendere gli spectabat. Is ardor omnium auspici. in tutto l'accampamento etiam ad eos qui auspicio intere- non c'era un solo individuo che rant pervenit; nam cum pulli non non fosse preso dalla febbre di pascerentur, pullarius auspicium combattere; alti graduati e umili mentiri ausus tripudium solisti- fanti erano in pari stato d'orga- mum consuli nuntiavit. Consul smo: il comandante ammirava lo laetus auspicium egregium esse spirito battagliero dei soldati, i et deis auctoribus rem gesturos soldati quello del comandante: e pronuntiat signumque pugnae tale entusiasmo si era comunica- proponit. Exeunti iam forte in to anche a coloro che prendeva- aciem nuntiat perfuga viginti no parte alla presa degli auspici, cohortes Samnitium - quadringe- tanto che, mentre in realtà i polli nariae ferme erant - Cominium rifiutavano il cibo, il pullario osò profectas. Quod ne ignoraret falsare l'auspicio sfavorevole e collega, extemplo nuntium mittit: riferì al console che si era avuto ipse signa ocius proferri iubet; un tripudio solistimo6. il console subsidia suis quaeque locis et festante annuncia a tutti l'ottimo praefectos subsidiis attribuerat; auspicio e che si combatterà con dextro cornu L. Volumnium, sini- l'approvazione degli dèi: fa alza- stro L. Scipionem, equitibus re il segnale del combattimento. legatos alios, C. Caedicium et T. Già stava per scendere in campo, Trebonium, praefecit; Sp. quando venne informato da un Nautium mulos detractis clitellis disertore che venti coorti dei cum tribus cohortibus alariis in Sanniti - erano in tutto circa qua- tumulum conspectum propere ranta - erano partite alla volta di circumducere iubet atque inde Cominio. Manda tosto un messo, inter ipsam dimicationem quanto perché il collega ne sia informa- maxime posset moto pulvere se to; dà ordine di accelerare l'avan- ostendere .Dum his intentus zata: aveva già dislocato in posi-

6 Tripudium solistimum: l'auspicio più favorevole dato dai polli sacri; e si aveva quan- do essi uscivano a furia dalle gabbie e si precipitavano tanto avidamente sul cibo che i grani del becchime cadevano loro dai becchi producendo rumore. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 27 imperator erat, altercatio inter zioni opportune le milizie ausi- pullarios orta de auspicio eius liarie con propri comandanti; diei exauditaque ab equitibus posto a capo dell'ala destra Lucio Romanis, qui rem haud spernen- Volumnio, della sinistra Lucio dam rati Sp. Papirio, fratris filio Scipione, alla cavalleria altri consulis, ambigi de auspicio legati Caio Cecilio e Tito renuntiaverunt. Iuvenis ante doc- Trebonio; a Spurio nauzio poi trinam deos spernentem natus comanda di guidare rapidamente rem inquisitam ne quid incom- i muli, liberati dal basto, su una pertum deferret ad consulem altura bene in vista, scortati da detulit. Cui ille: " Tu quidem tre coorti, e di mettersi in evi- macte virtute diligentiaque esto! denza durante il corso della bat- Ceterum qui auspicio adest, si taglia, sollevando nuvole di pol- quid falsi nuntiat, in semet ipsum vere quanto più sarà possibile. religionem recipit; mihi quidem Mentre il comandante stava tripudium nuntiatum, populo dando tali disposizioni, giunse Romano exercituique egregium alle orecchie di alcuni cavalieri auspicium est ". Centurionibus romani una discussione sorta tra deinde imperavit uti pullarios i pullari a proposito dell'auspicio inter prima signa constituerent. di quel giorno: e quelli giudican- Promovent et Samnites signa; do che si trattava di cosa da non insequitur acies ornata armata- prendere alla leggera, informaro- que, ut hostibus quoque magnifi- no Spurio Papirio, figlio di un cum spectaculum esset. fratello del console, che si dubi- Priusquam clamor tolleretur tava della sincerità degli auspici. concurrereturque, emisso temere i1 giovane, nato in tempi in cui pilo ictus pullarius ante signa non si era ancora insegnato a cecidit. Quod ubi consuli nuntia- disprezzare gli dèi, appurò la tum est, " Di in proelio sunt "; diceria per non riferire cosa inquit; " habet poenam noxium incerta e poi ne parlò al console caput ". Ante consulem haec il quale disse: " Un "bravo" a te dicentem corvus voce clara occi- per la tua virtuosa diligenza; ma nuit; quo laetus augurio consul, sappi che chi assiste ad una adfirmans nunquam humanis presa di auspici e ne dà una rebus magis praesentes interfuis- interpretazione falsa, attira su se se deos, signa canere et clamo- stesso la colpa del sacrilegio; a rem tolli iussit. me fu dato per certo il tripudio, 28 EMiLio PiSTiLLi

l'augurio più bello per il popolo romano e per l'esercito ". Comandò poi ai centurioni di collocare i pullari tra le primissi- me file. Anche le avanguardie dei Sanniti si fanno avanti, seguono le schiere dalle armi rifulgenti, spettacolo magnifico persino ai nemici. Prima che si alzi l'urlo di guerra e si muova all'assalto, il pullario colpito da un giavellotto chissà da chi e da dove lanciato, cade ucciso davanti alle insegne. Saputolo, il console esclamò: " Gli dèi sono con noi; il colpevole ha pagato il fio ". E mentre così diceva, davanti a lui un corvo mandò il suo grido chiaramente risonante: ed il console, lieto di quell'augu- rio, affermando che gli dèi non erano mai stati più favorevoli d'allora ad imprese umane, fece squillare le trombe ed alzare il grido di battaglia. Sconfitta dei Sanniti ad Sconfitta dei sanniti ad Aquilonia Aquilonia XLI. XLi. Proelium commissum atrox, Violento fu l'inizio dello scon- ceterum longe disparibus ani- tro, ma ben diversa la disposizio- mis: Romanos ira, spes, ardor ne degli animi: rabbia, speranza, certaminis avidos hostium san- ardore di lotta spingono avanti i guinis in proelium rapit; Romani sitibondi di sangue Samnitium magnam partem nemico; l'imperioso vincolo reli- necessitas ac religio invitos gioso induce la maggior parte magis resistere quam inferre dei Sanniti, disanimati, più a pugnam cogit. Nec sustinuissent difendersi che ad attaccare. Anzi, AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 29 primum clamorem atque impe- avvezzi da tanti anni alle sconfit- tum Romanorum, per aliquot te, non avrebbero nemmeno iam annos vinci adsueti, ni sostenuto il primo urto e la potentior alius metus insidens impetuosità dell'assalto dei pectoribus ac fuga retineret. Romani, se non fossero stati trat- Quippe in oculis erat omnis ille tenuti dal fuggire da un altro occulti paratus sacri et armati senso di paura più profondo, sacerdotes et promiscua homi- infisso nell'animo. Ché avevano num pecudumque strages et ancora davanti agli occhi tutta respersae fando nefandoque san- quella scena del rito occulto e i guine arae et dira execratio ac sacerdoti armati e la promiscua furiale carmen detestandae fami- strage di uomini e di animali e le liae stirpique compositum: iis are cosparse di sangue pio ed vinculis fugae obstricti stabant empio e la truce maledizione e le civem magis quam hostem timen- formule infernali imprecanti alle tes. Instare Romanus a cornu famiglie, ai discendenti: inchio- utroque a media acie et caedere dati da quei vincoli, resistevano deorum hominumque attonitos più per timore dei concittadini metu; repugnatur segniter, ut ab che dei nemici. Grande era la iis quos timor moraretur a fuga pressione dei Romani ai fianchi Iam prope ad signa caedes per- e al centro e larga la strage dei venerat, cum ex transverso pul- nemici svigoriti dal timore degli vis velut ingentis agminis incessu dèi e degli uomini; tepida la resi- motus apparuit; Sp. Nautius stenza, come di gente che non Octavium Maecium quidam eum fugge per paura. E già l'avanzata tradunt dux auxiliaribus cohorti- stava per raggiungere la retro- bus erat; pulverem maiorem guardia, quando su di un fianco quam pro numero excitabant; fu visto un polverone quale sol- insidentes mulis calones frondo- leva il procedere di una grande sos ramos per terram trahebant. armata: si trattava di Spurio Arma signaque per turbidam nauzio - o, secondo altri, di lucem in primo apparebant; post ottavio Mecio - capo delle coorti altior densiorque pulvis equitum ausiliarie: e sollevavano nuvoli speciem cogentium agmen dabat di polvere molto più intensi in fefellitque non Samnites modo proporzione al loro numero, per- sed etiam Romanos; et consul ché i bagaglioni a cavalcione dei adfirmavit errorem clamitans muli si strascicavano dietro rami 30 EMiLio PiSTiLLi inter prima signa ita ut vox fronzuti. nel lucore offuscato si etiam ad hostes accideret, cap- intravedevano in prima fila tum Cominiumu victorem colle- armati e insegne: dietro, un pol- gam adesse; adniterentur vincere verìo più alto e più denso dava priusquam gloria alterius exerci- l'impressione di un corpo di tus fieret. Haec insidens equo; cavalleria che chiudesse la mar- inde tribunis centurionibusque cia: e ne furono tratti in inganno imperat ut viam equitibus patefa- non solo i Sanniti, ma anche i ciant; ipse Trebonio Caedicioque Romani; ed il console avvalorò praedixerat ut, ubi se cuspidem l'errore, alto gridando tra le erectam quatientem vidissent, prime file in modo da essere quanta maxima vi possent conci- udito anche dai nemici, che tarent equites in hostem. Ad Cominio era stata presa e che il nutum omnia, ut ex ante praepa- collega vincitore stava per arri- rato, fiunt: panduntur inter ordi- vare: vincessero, dunque, prima nes viae; provolat eques atque che l'altro esercito se ne aggiudi- infestis cuspidibus in medium casse l'onore. Così diceva dall'al- agmen hostium ruit perrumpit- to del cavallo; ordina poi ai tri- que ordines quacumque impetum buni ed ai centurioni di lasciar dedit Instant Volumnius et Scipio libero tra le schiere il passaggio et perculsos sternunt. alla cavalleria; già aveva detto a Trebonio ed a Cedicio che non appena lo avessero visto alzare e squassare la lancia caricassero a tutta furia, quanto era possibile, il nemico. Al segnale dato, tutto si svolse come era stato prestabi- lito; tra i manipoli viene lasciato libero il passaggio, la cavalleria vi si precipita, a lancia protesa irrompe nel folto dei nemici, getta il disordine tra le schiere dovunque passa: Volumnio e Scipione con la fanteria le tengo- no dietro, si fa strage degli scon- fitti. Tum iam deorum hominumque Cadde allora la forza coerciti- AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 31 victa vis: funduntur linteatae va degli dei e degli uomini: cohortes, pariter iurati iniurati- sconvolte le coorti linteate, la que fugiunt nec quemquam prae- fuga di quelli che hanno giurato ter hostes metuunt. Peditum e di quelli che non sono legati da agmen quod superfuit pugnae in giuramento diventa generale: castra aut Aquiloniam compul- ormai non si teme altri che il sum est; nobilitas equitesque nemico. Le schiere della fanteria Bovianum perfugerunt. Equitem scampate dalla battaglia sono eques sequitur, peditem pedes; ricacciate nell'accampamento o diversa cornua dextrum ad ad Aquilonia, nobili e cavalieri castra Samnitium, laevum ad fuggono a Boviano7; la cavalle- urbem tendit. Prior aliquanto ria romana insegue la cavalleria, Volumnius castra cepit; ad la fanteria la fanteria; i due corpi urbem Scipioni maiore resistitur dell'esercito seguono vie diverse, vi, non quia plus animi victis est quello di destra verso l'accampa- sed melius muri quam vallum mento sannita, quello di sinistra armatos arcent: inde lapidibus verso la città. La presa dell'ac- propulsant hostem. Scipio, nisi campamento da parte di in primo pavore priusquam colli- Volumnio avvenne un poco gerentur animi transacta res prima; Scipione trovò maggior esset, lentiorem fore munitae resistenza, non perché il nemico urbis oppugnationem ratus, avesse ripreso coraggio, ma per- interrogat milites satin aequo ché le mura davano possibilità animo paterentur ab altero migliore di tener lontano il nemi- cornu castra capta esse, se vic- co che non una palizzata: si tores pelli a portis urbis. difendevano con lanci di pietre. Reclamantibus universis primus Scipione, ben sapendo che se ipse scuto super caput elato per- non avesse ottenuto il suo scopo git ad portam; secuti alii testudi- prima che i nemici si fossero ne facta in urbem perrumpunt riavuti dallo spavento, l'espugna- deturbatisque Samnitibus quae zione della città ben fortificata circa portam erant muri occupa- sarebbe andata per le lunghe, vere; penetrare in interiora chiese ai suoi soldati se volesse- urbis, quia pauci admodum ro permettere con indifferenza erant, non audent. che l'altra ala si impadronisse

7 non si tratta di Boviano vecchio - dei Pentri -; ma di altro detto Undecimanorum, più al sud, alle falde del Tiferno. 32 EMiLio PiSTiLLi

dell'accampamento e che essi, vincitori, fossero respinti dalle porte della città. Tutti protestaro- no: ed egli per il primo facendosi schermo con lo scudo al capo si fa sotto alla porta: altri lo seguo- no in formazione di testuggine, fanno impeto contro la città, e dopo aver dispersi i Sanniti, prendono possesso del tratto delle mura collegato con la porta: non osarono andar oltre, perché erano troppo pochi. Presa di Aquilonia Presa di Aquilonia XLII. XLii. Haec primo ignorare consul et il console non era ancora al intentus recipiendo exercitui corrente di quella situazione e si esse; iam enim praeceps in occa- dava da fare per chiamare a rac- sum sol erat et appetens nox colta l'esercito perché il sole periculosa et suspecta omnia ormai piegava al tramonto e la etiam victoribus faciebat. notte incombente induceva a Progressus longius ab dextra sospettare ed a temere di tutto. capta castra videt, ab laeva cla- Avanzando alquanto, vide sulla morem in urbe mixtum pugnan- destra che il campo nemico era tium ac paventium fremitu esse: stato conquistato e dalla sinistra et tum forte certamen ad portam gli giunse dalla città un grande erat. Advectus deinde equo pro- clamore: grida di combattenti pius, ut suos in muris videt nec confuse con voci di terrore; era iam integri quicquam esse, quo- proprio il momento in cui si niam temeritate paucorum combatteva intorno alla porta. magnae rei parta occasio esset, Fattosi più sotto a cavallo, quan- acciri quas receperat copias do ebbe visto che i suoi già signaque in urbem inferri iussit. erano sul muro e che la situazio- ne non ammetteva altra decisio- ne, tanto più che il temerario coraggio di pochi poteva dare la spinta ad una grande impresa, fa AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 33 accorrere le truppe già radunate e ordina di passare all'assalto della città. Ingressi proxima ea parte quia Ma dopo aver preso piede nel nox adpropinquabat, quievere. quartiere vicino alla porta, per il Nocte oppidum ab hostibus sopraggiungere della notte, non desertum est. andarono oltre. nel corso della notte i nemici abbandonarono la Caesa illo die ad Aquiloniam città. in quella giornata intorno Samnitium milia viginti trecenti ad Aquilonia i Sanniti ebbero quadraginta, capta tria milia ventimila e trecento quaranta octingenti septuaginta, signa morti; i prigionieri furono tremi- militaria nonaginta septem. la ottocento settanta, le insegne Ceterum illud memoriae traditur militari conquistate novantasette. non ferme alium ducem laetio- Ma ci è stato anche tramandato rem in acie visum seu suopte che forse non fu visto mai duran- ingenio seu fiducia bene gerun- te un combattimento un coman- dae rei. Ab eodem robore animi dante più sereno, o fosse questo neque controverso auspicio revo- effetto del suo carattere, o fosse cari a proelio potuit et in ipso la certezza del pieno successo: e discrimine quo templa deis tale forza di carattere dimostrò immortalibus voveri mos erat nel non lasciarsi distogliere dalla voverat Iovi Victori, si legiones decisione di combattere per l'in- hostium fudisset, pocillum mulsi certezza degli auspici, come pure priusquam temetum biberet sese quando nel punto cruciale della facturum. Id votum dis cordi fuit battaglia, allorché secondo l'uso et auspicia in bonum verterunt. si fa voto di templi agli dèi immortali, egli promise a Giove vittorioso, che, se avesse riporta- to vittoria sui nemici, gli avrebbe offerto un piccolo bicchiere di vino melato, prima di bere vino puro8. Gli dèi gradirono il voto e ritorsero a favore gli auspici.

8 Voto irriverente, anche se scherzoso; come poco … ortodossa - secondo la mentali- tà dell'epoca - la spregiudicatezza di Papirio riguardo agli auspici; ma Livio trova modo di accomodare tutto per i suoi beniamini. 34 EMiLio PiSTiLLi

Presa di Cominio Presa di Cominio XLIII. XLiii. Eadem fortuna ab altero con- né minor successo riportò l'al- sule ad Cominium gesta res. tro console a Cominio. Alle Prima luce ad moenia omnibus prime luci del giorno, fatte acco- copiis admotis corona cinxit stare tutte le truppe alle mura, urbem subsidiaque firma ne qua cinse la città con linea ininterrot- eruptio fieret portis opposuit. ta, rafforzando poi validamente i Iam signum dantem eum nuntius presìdi delle porte per impedire a collega trepidus de viginti ogni tentativo di sortite. E già cohortium adventu et ab impetu stava per dare il segnale dell'as- moratus est et partem copiarum salto quando ne fu trattenuto dal revocare instructam intentamque messo trepidante mandatogli dal ad oppugnandum coegit collega per informarlo dell'arrivo Decimum Brutum Scaevam lega- delle venti coorti; fu anche tum cum legione prima et decem costretto a dislocare parte delle cohortibus alariis equitatuque forze già disposte e pronte per ire adversus subsidium hostium l'espugnazione della città. iussit: quocumque in loco fuisset Comandò al legato Decimo obvius, obsisteret ac moraretur Bruto Sceva di marciare con la manumque, si forte ita res posce- prima legione scortata da dieci ret, conferret, modo ne ad coorti e con la cavalleria contro Cominium eae copiae admoveri quel rinforzo dei nemici, di possent. Ipse scalas ferri ad opporglisi dovunque lo avesse muros ab omni parte urbis iussit incontrato, di arrestarlo e, se il ac testudine ad portas successit; caso lo richiedesse, di impegnar- simul et refrigebantur portae et lo in un combattimento, purché vis undique in muros fiebat. quelle truppe non potessero avvi- Samnites sicut, antequam in cinarsi alla città. Fece rizzare muris viderent armatos, satis scale lungo tutto il circuito delle animi habuerunt ad prohibendos mura e in formazione di testug- urbis aditu hostcs, ita, postquam gine mosse all'abbattimento delle iam non ex intervallo nec missi- porte, con azione concordata: si libus sed cominus gerebatur res scalavano le mura mentre si et qui aegre successerant ex scardinavano le porte. i Sanniti, plano in muros, loco quem magis finché non videro armati che timuerant victo facile in hostem combattevano sulle mura, ebbero AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 35 imparem ex aequo pugnabant, quel tanto di spirito combattivo relictis turribus murisque in che bastava per impedire l'inva- forum omnes compulsi paulisper sione nella città; ma quando la inde temptaverunt extremam battaglia non si svolgeva più a pugnae fortunam; deinde abiec- distanza, né con giavellotti, ma a tis armis ad undecim milia homi- corpo a corpo, e quelli che dal num et quadringenti in fidem basso faticosamente avevano consulis venerunt; caesa ad raggiunto la sommità delle mura quattuor milia octingenti octo- superando difficoltà di luogo ginta. assai temibili, combattevano ora con tutta facilità e a parità di condizioni contro un nemico meno agguerrito, abbandonarono torri e mura; ricacciati tutti al centro della città, tentarono per un poco una disperata resistenza, ma poi gettarono le armi e si arresero al console: furono circa undicimila e quattrocento; i morti raggiunsero il numero di quattromila ottocento ottanta. Sic ad Cominium, sic ad Tale fu l'azione bellica a Aquiloniam gesta res: in medio Cominio e ad Aquilonia: invece inter duas urbes spatio, ubi ter- non si ebbe una terza battaglia tia expectata erat pugna, hostes come si era pronosticato, nel non inventi. Septem milia pas- tratto fra le due città, perché i suum cum abessent a Cominio, nemici non vennero trovati quan- revocati ab suis neutri proelio do erano distanti sette miglia da occurrerunt. Primis ferme tene- Cominio, le venti coorti furono bris, cum in conspectu iam fatte tornare e così non presero castra, iam Aquiloniam habuis- parte né ad una battaglia né sent, clamor eos utrinmque par all'altra. Cominciava quasi ad accidens sustinuit; deinde regio- annottare, già erano in vista sia ne castrorum, quae incensa ab dell'accampamento sia di Romanis erant, flamma late fusa Aquilonia, quando un grande certioris cladis indicio progredi urlio che giungeva intenso dalle longius prohibuit. Eo ipso loco due parti li indusse ad arrestarsi; 36 EMiLio PiSTiLLi temere sub armis strati passim poi le alte fiamme che si alzava- inquietum omne tempus noctis no e dilagavano dal punto dove expectando timendoque lucem era l'accampamento incendiato egere. Prima luce, incerti quam dai Romani più chiaro segno in partem intenderent iter, repen- della sconfitta, li dissuasero dal- te in fugam consternantur con- l'avanzarsi di più. Là, gettatisi a specti ab equitibus, qui egressos terra confusamente, senza lascia- nocte ab oppido Samnites perse- re le armi, trascorsero tutta la cuti viderant multitudinem non notte, trepidanti, aspettando e vallo, non stationibus firmatam. temendo la luce del giorno. E Conspecta et ex muris quando essa apparve, ed erano Aquiloniae ea multitudo erat ancora incerti sul dove dirigersi, iamque etiam legionariae cohor- fuggirono spaventatissimi perché tes sequebantur. Ceterum nec erano stati scorti dalla cavalleria pedes fugientes persequi potuit che, datasi all'inseguimento dei et ab equite novissimi agminis Sanniti usciti di notte dalla città, ducenti ferme et octoginta inter- aveva notato quella massa di fecti; arma multa pavidi ac signa gente non protetta né da terrapie- militaria duodeviginti reliquere; no né da posti di guardia. Ed alio agmine incolumi, ut ex tanta anche dalle mura di Aquilonia trepidatione, Bovianum perven- era stata vista quella moltitudine tum est. e le coorti legionarie già usciva- no ad inseguirla. Ma la fanteria non poté raggiungere i fuggia- schi ed anche la cavalleria ne uccise solo circa duecento ottan- ta della retroguardia. Pieni di paura, abbandonarono quantità di armi e diciotto insegne milita- ri; il resto della schiera, data la confusione generale, raggiunse incolume Boviano. Decisione dei consoli. Decisioni dei consoli. Premiazioni al valore Premiazioni al valore XLIV. XLiV. Laetitiam utriusque exercitus La gioia della vittoria nei due Romani auxit et ab altera parte eserciti fu resa più viva perché AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 37 feliciter gesta res. Uterque ex era stata reciproca. Per comune alterius sententia consul captum accordo ciascuno dei due consoli oppidum diripiendum militi concesse ai propri soldati il sac- dedit, exhaustis deinde tectis cheggio della città conquistata. ignem iniecit; eodemque die Le abitazioni spogliate di tutto Aquilonia et Cominium deflagra- vennero incendiate; in uno stesso vere et consules cum gratulatio- giorno Aquilonia e Cominio ne mutua legionum suaque furono preda delle fiamme e i castra coniunxere. In conspectu consoli, fra le mutue congratula- duorum exercituum et Carvilius zioni delle legioni, unirono gli suos pro cuiusque merito lauda- accampamenti. Al cospetto di vit donavitque et Papirius, apud entrambi gli eserciti, Carvilio quem multiplex in acie, circa elogiò e premiò ciascuno secon- castra, circa urbem fuerat certa- do il proprio merito, e Papirio, men, Sp. Nautium, Sp. Papirium, l'esercito del quale aveva avuto fratris filium, et quattuor centu- un compito più gravoso sia in riones manipulumque hastato- combattimento, sia intorno rum armillis aureisque coronis is all'accampamento e alla città, donavit: Nautium propter expe- regalò braccialetti e corone d'oro ditionem qua magni agminis a Spurio nauzio, a Spurio modo terruerat hostes, iuvenem Papirio, figlio del fratello, e a Papirium propter navatam cum quattro centurioni degli astati e equitatu et in proelio operam et dei manipoli; nauzio per la con- nocte qua fugam infestam dotta della manovra con la quale Samnitibus ab Aquilonia clam aveva incusso timore ai nemici egressis fecit, centuriones mili- come se si fosse trattato di un tesque quia primi portam grande esercito; il giovane murumque Aquiloniae ceperant, Papirio per il valido aiuto presta- equites omnes ob insignem mul- to con la cavalleria sia in com- tis locis operam corniculis battimento sia nella notte in cui armillisque argenteis donat. aveva reso tanto rovinosa ai Consilium inde habitum iamne Sanniti la fuga quando erano tempus esset deducendi de usciti di nascosto da Aquilonia; i Samnio exercitus aut utriusque centurioni ed i soldati che per i aut certe alterius, optimum primi avevano preso possesso visum, quo magis fractae res della porta e delle mura di Samnitium essent, eo pertinacius Aquilonia; donò poi cornetti e 38 EMiLio PiSTiLLi et infestis agere cetera et perse- bracciali d'argento a tutti i cava- qui ut perdomitum Samnium lieri per la loro efficace coopera- insequentibus consulibus tradi zione in molte occasioni. Si posset: quando iam nullus esset tenne poi il consiglio di guerra hostium exercitus, qui signis per decidere se ormai si dovesse- conlatis dimicaturus videretur, ro condur via dal Sannio i due unum superesse belli genus, eserciti o almeno uno di essi; ma urbium oppugnationes, quarum parve miglior partito quello di per excidia militem locupletare portare a termine l'impresa con praeda et hostem pro aris ac tanto maggiore intensità e acca- focis dimicantem conficere pos- nimento quanto minore era la sent Itaque litteris missis ad possibilità di resistenza dei senatum populumque Romanum Sanniti, in modo da poter conse- de rebus ab se gestis diversi gnare ai consoli successori un Papirius ad Saepinum, Carvilius Sannio completamente pacifica- ad Veliam oppugnandam legio- to; dal momento che pareva non nes ducunt. esistesse più ormai un esercito nemico contro cui combattere, non rimaneva altra forma di guerra che l'espugnazione delle varie città: con essa avrebbero arricchito di preda i soldati e finito un nemico ridotto a com- battere per l'estrema difesa. Mandarono quindi al senato ed al popolo romano il rapporto del loro operato; poi, separatisi, Papirio condusse le legioni all'e- spugnazione di Sepino, Carvilio a quella di Velia9. Azioni provocatorie degli Azioni provocatorie degli Etruschi e dei Falisci Etruschi e dei falisci XLV. XLV. Litterae consulum ingenti lae- il rapporto dei consoli letto in titia et in curia et in contione senato e nell'assemblea fu accol-

9 Sepino: a sud di Boviano (nota 7), sul fiume Tamarus. - Velia: di incerta ubicazione. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 39 auditae, et quadridui supplica- to con grande gioia e venne tione publicum gaudium privatis festeggiato con una festività pub- studiis celebratum est. blica di quattro giorni e dalla pietà dei privati. 40 EMiLio PiSTiLLi

4 - UNA gUERRA CONTRO CITTÀ SCOMPARSE

*** Non rientra nell’economia di questo lavoro l’esame comple- to e dettagliato di tutte le notizie contenute nel racconto di Livio, come ad esempio i rituali prebellici dei Sanniti o il numero dei morti e dei prigionieri o le successive fasi della guerra dopo la disfatta dei Sanniti. Qui saranno esaminati solo quei passaggi attinenti all’indivi duazione di Aquilonia.

4.1. La strategia dei consoli Dal racconto di Livio si ha chiara la strategia dei consoli romani nel- l’affrontare i Sanniti sul loro territorio per un intervento del tipo “solu- zione finale”, cioè eliminazione definitiva del “problema” Sanniti: un’operazione a tenaglia che prendesse il territorio da nord – con il console Spurio Carvilio che attacca Amiterno, “oppidum de Samnitibus”1 – e da sud – con Papirio che espugna Duronia –. Dopo tali successi i consoli attraversano tutto il Sannio (pervagati Samnium2) dando la caccia ad un nemico che ha deciso di procrastina- re lo scontro diretto e decisivo per concentrarsi in luoghi a lui più favo- revoli. infine convergono verso i monti delle Mainarde e si incontrano nell’agro atinate dove la devastazione è pressoché totale (maxime depopulato Atinate agro3 – e non poteva essere altrimenti, visto l’af- follamento dei due eserciti). Le postazioni scelte dai Sanniti sono Cominio (nell’omonima valle, dunque a ridosso dell’agro atinate) e Aquilonia, a soli trenta chilometri di distanza (viginti milium spatio aberant4). La ragione precipua della spedizione militare romana era certamen- te quella di assicurarsi il controllo effettivo e definitivo della Valle del

1 Livio, X, 39. 2 ibid. 3 ibid. 4 ibid. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 41

7- Carta del Sannio secondo Salmon. Rapido, che consentiva i collegamenti tra il Lazio, la Campania ed il sud della penisola, territori di estrema importanza per i loro scambi commerciali. i Sanniti, posizionandosi sulle alture di S. Vittore del Lazio e di S. Pietro infine (come già avevano fatto con Casinum), pote- vano tenere sotto minaccia permanente tutta l’ampia valle sottostante – e la scorribanda dell’anno precedente su interamna Lirenas lo dimo- stra –, rendendo insicure le attività commerciali di Roma: il loro scopo, invece, era quello di assicurarsi i preziosi pascoli alimentati dal Liri- Garigliano e dal Peccia, con possibilità di sbocchi anche commerciali sulla costa tirrenica, antico sogno dei Sanniti. Se così non fosse stato – se cioè Aquilonia fosse stata situata all’in- terno del Sannio – i Romani non avrebbero avuto motivo di ingaggia- re una dura guerra contro i Sanniti che se ne stavano nel loro territorio, sia pure in armi. i Romani, checché ne dica certa storiografia militaresca, non si davano alle conquiste fini a se stesse, mossi dallo spirito di “grandeur” di recente memoria; tendevano, invece, ad espandere i loro “affari” per necessità interne di natura sociale e politica; e per ottenere ciò erano spesso indotti ad imporre ai territori confinanti la loro “pacificazione” o quella che comunemente viene detta Pax Romana; e spesso ciò si poteva realizzare solo con la conquista militare. 42 EMiLio PiSTiLLi

8- La manovra dei consoli romani contro i Sanniti. i Sanniti, da parte loro, non potevano accettare passivamente la ridu- zione progressiva delle aree territoriali delle quali da tempi immemo- rabili potevano disporre liberamente e sulle quali avevano sempre potuto esercitare i loro interessi economici senza concorrenti forti. Per questa ragione non potevano rassegnarsi a starsene racchiusi nel loro Sannio montuoso senza possibilità di fruire dei vicini pascoli estivi. Dunque la loro chiamata alle armi in luoghi periferici come quelli qui esaminati – Aquilonia – avevano una ragione ben precisa; ragione che Livio, da buon romano, si guarda bene dall’evidenziare.

4.2. gli eserciti consolari A questo punto occorre mettere a fuoco l’entità reale delle forze AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 43 romane (di quelle sannitiche si è occupato ampiamente lo stesso Livio). Al tempo delle guerre sannitiche Roma disponeva stabilmente di due eserciti consolari; ognuno di essi era composto da due legioni regolari e da altre due di alleati; queste ultime durante la battaglia veni- vano disposte alle ali5. Ma quando si parla di eserciti ci si riferisce di solito ai soli combattenti, mentre si ignora tutto quello che un esercito in missione richiedeva perché i soldati potessero svolgere agevolmen- te il loro “lavoro”. il bagaglio personale di un soldato romano in mar- cia era piuttosto leggero e consisteva essenzialmente nelle proprie armi personali e in un vettovagliamento minimo. Dunque per una spedizio- ne della durata di diversi giorni era necessario che altri si occupassero del vettovagliamento e dell’assistenza costante alla macchina da guer- ra. Per questo l’esercito si portava dietro carriaggi con i rispettivi con- ducenti, personale “tecnico”, come carpentieri, falegnami, fabbri, maniscalchi, addetti alle cucine; personale medico per l’assistenza sanitaria e gli interventi di pronto soccorso ai feriti; scribi e segretari che sapessero scrivere dispacci, fare relazioni, trascrivere discorsi dei consoli; consiglieri militari, sacerdoti, aruspici, pullari. A tutti questi va aggiunta la massa di stallieri, vaccari, pastori addetti alla cura del bestiame al sèguito – e non solo cavalli – che doveva assicurare il nutrimento ai soldati ed allo stesso personale. Ad ogni sosta dell’eser- cito si attivava immediatamente, nelle retrovie, lo stuolo del personale ausiliario per il foraggiamento delle bestie e per procacciare, preferi- bilmente nelle malcapitate abitazioni del luogo, cibo a tutti i compo- nenti la spedizione. il transito di un esercito, allora come ora, ha sem- pre comportato gravissimi danni alle zone attraversate: anche per que- sto, dunque, leggiamo maxime depopulato Atinate agro. in considerazione di ciò non era pensabile che due eserciti si muo- vessero seguendo gli stessi percorsi o con la stessa destinazione. Anche così, dunque, si giustificava la necessità dell’operazione a tenaglia cui ho accennato più su. infine va rilevato che gli eserciti dei nostri due consoli del 293 a.C. dovevano essere ben consistenti per due buoni motivi: i consoli roma- ni oltre che condottieri erano anche politici, dunque partivano per una

5 A. Bandini, Storia e arte militare; vd. anche Encicl. Ital., XX, pag. 775, s. v. “Legione”. 44 EMiLio PiSTiLLi missione militare in “pompa magna”, con adeguata messa in scena e senza risparmio di mezzi, con una organizzazione ed un potenziale bel- lico che consentisse loro la massima sicurezza; inoltre l’obiettivo della spedizione non era da poco: bisognava abbattere una volta per sempre la potenza sannitica sul territorio nemico; la cosa dunque non poteva essere affrontata con mezzi limitati. *** Era necessaria questa digressione per sgomberare subito il campo dalle azzardate identificazioni di tutte le città ricordate da Livio in località della Valle di Comino o nelle sue adiacenze: non si inviano due eserciti consolari per conquistare un “fazzoletto” di territorio ristretto in un raggio non superiore ai dieci chilometri, quale è quello appena ricordato. Più di uno studioso, infatti, ha voluto porre Amiterno nei pressi di S. Elia Fiumerapido e Duronia sul corso del fiume Melfa al di sopra di Roccasecca. Al di là delle considerazioni appena fatte sulla consisten- za degli eserciti romani, dovremmo pensare che sarebbero stati dei sui- cidi i consoli se avessero attaccato quelle città così poste lasciandosi alle spalle la massima potenza sannita che risiedeva in Cominio ed Aquilonia. infine proprio l’obiettivo della missione, che era quello di chiudere la partira coi Sanniti, impedisce di pensare che i Romani volessero attuarlo limitandosi ad un attacco in zona ristretta e ai limiti, se non al di fuori, del territorio del Sannio.

4.3. Cominio Circa la collocazione di Cominio è ormai quasi universalmente accettata la tesi di Michele Jacobelli che la identifica nelle mura poli- gonali ancora visibili sul colle di Vicalvi, in Valle di Comino6, confor- tato dalla vicinanza di Atina, cui si fa riferimento con l’espressione Atinate agro. Lo stesso toponimo “Comino” è sicuramente da ricon- durre al “Cominium” di Livio tramite il medioevale “Cumino”7.

6 Michele Jacobelli, Ritrovate le città di "Aquilonia" e "Cominium", Ediz. Consiglio della Valle di Comino, 1965. 7 nel diploma di ildebrando, duca di Spoleto, anno 778, si legge: "ecclesiam Sancti Donati in territorio Cumino". AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 45

9- Vicalvi: particolare delle mura di Cominium. Purtroppo il merito dell’archeologo Jacobelli, che nell’identi - ficazione di Cominio in Vicalvi, pose un punto fermo nelle ricerche degli studiosi sulle località liviane, non puó essere esteso all’indi - cazione di Aquilonia nella località “Rocca degli Alberi”, sempre in Val di Comino, sia per mancanza di elementi concreti di identificazione, sia per i motivi più su esposti (spazi troppo angusti per due eserciti consolari). Lasciamo per il momento da parte la questione Aquilonia, che comunque, sappiamo ora, era distante trenta chilometri da Vicalvi. Poniamo degli altri punti fermi riguardo alla localizzazione di Amiterno e Duronia.

4.4. Amiterno Cosa ci impedisce di riconoscere l’Amiternum liviana nella storica Amiternum, oggi S. Vittorino Amiterno, presso L’Aquila? il fatto, si dice, che quest’ultima fu anticamente città sabina e non sannitica. È un problema questo? Una soluzione è proposta da Giacomo Devoto, che, a proposito della nostra questione, corregge il testo di Livio “Amiternum oppidum de Samnitibus vi cepit”: « il console del 46 EMiLio PiSTiLLi

293 prende Amiterno de Samnitibus, che sta, forse, in luogo de Sabineis »8. Appena due anni prima, nel 295, nel contesto di una serie di turbo- lenze di popolazioni italiche, animate dai Sanniti, Roma dovette con molto affanno battere una coalizione degli stessi Sanniti, con gli Umbri, i Galli e gli Etruschi nella tragica battaglia di Sentino (oggi Sassoferrato in Umbria), molto più a nord della nostra Amiterno9. quella parte dell’italia centro meridionale non fu certo pacificata con la battaglia di Sentino; lo stesso Devoto conferma: « nel cuore della Sabina, si dovette vincere qualche resistenza nelle valli del nera e dell’Aterno10 », e infatti appena due anni dopo i Romani dovettero iniziare proprio di lì l’operazione di “bonifica” o di “pacificazione” del territorio sannitico con la spedizione del console Spurio Carvilio. il territorio dei Sabini, le cui principali città erano Reate, nursia, Amiterno, Trebula Mutuesca, fu annesso solo nel 289 con la deduzio- ne della colonia di Atri – dunque quattro anni dopo la nostra battaglia –, ed ebbe il diritto di suffragio dal 268. Ancora: Goffredo Bendinelli definisce Amiterno antica città sabina presso L’Aquila: “[Amiternum] Città d’origine antichissima, alleata ancora dei Sanniti nel 299 a. C., occupata dai Romani nel 293”11. Anche il nostro traduttore Carlo Vitali parla di Amiterno affermando che non era nel Sannio “ma in territorio sabino, non lungi dal fiume Pescara (Aternus)12. Sulla stessa linea sono l’archeologo Gianfilippo Carettoni13 e lo storico Gaetano De Sanctis che rifiuta la possibilità che esistessero due città con quello stesso nome: « infatti sarebbe sin- golare che questo nome derivato dal fiume Aterno (Varr. De lingua latina V, 28: da am(b)-Aternus = attorno al fiume Aterno) si ripetesse anche altrove »14. Anche volendo ammettere che vi fossero due città chiamate

8 G. Devoto, Gli antichi Italici, Vallecchi, 5ª ediz., 1977, pag. 245. 9 Livio, X, 27 e sgg.. 10 Loc. cit.. 11 Encicl. Ital., ii, pag. 981, s. v. Amiterno. 12 Livio, Storia di Roma, X, nota al cap, XXXiX. 13 G. F. Carettoni, Casinum, istituto di Studi Romani, 1940, pag. 48. 14 G. De Sanctis, Storia dei Romani, vol. ii, La nuova italia, 1970, pag. 342, nota 45. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 47 Amiterno, sarebbe singolare, aggiungo io, che Livio non trovasse necessario precisare che non si trattava della nota e storica Amiterno dei Sabini, ma di un’altra minore e mai più passata alla ribalta della storia fino ai suoi tempi. È illuminante, al riguardo, l’esempio delle citazioni di interamna, che, proprio perché ve ne erano diverse, veni- vano indicate di volta in volta come Lirenas, nahars, ecc. Si potrebbe proseguire con altre citazioni, ma conviene far cenno alle argomentazioni di E. T. Salmon, ritenuto, credo a ragione, il mag- gior esperto della civiltà Sannitica, il quale sulla questione che qui ci interessa ha fatto, e continua a fare, proseliti. il nostro, partendo da tre punti fermi: interamna Lirenas sulla via Latina (oggi Teramo, contrada di Pignataro interamna, presso Cassino), Cominium in Valle di Comino e Atina nella stessa valle, rico- struisce una strategia del console Spurio Carvilio basata su località non attendibili per le ragioni su esposte. L’equivoco parte dalla lettura del passo di Livio: “Carvilius, cui veteres legiones, quas M. Atilius supe- rioris anni consul in agro Interamnati reliquerat, decretae erant”15, ritenendo che il console muovesse il suo attacco da interamna Lirenas, mentre Livio cita quella località solo per ricordare quale esercito fu assegnato allo stesso console; tutti i movimenti di truppe sopravvenu- ti tra l’assegnazione e l’inizio delle operazioni, mentre l’altro console faceva leva, Livio non dice. Anzi, non è neppure certo che Carvilio prendesse il suo esercito da interamna Lirenas, presso Casinum, poiché lo stesso Livio riguardo all’anno 294 afferma che le fonti non sono del tutto concordi16, e rife- risce che secondo Fabio Pittore uno dei due eserciti consolari, ma non chiarisce quale17, fu portato in Etruria. E fu proprio di qui, cioè da interamna nahars, odierna Terni, secondo Antonio Giannetti18, che

15 L'anno precedente il console Atilio, dopo aver sconfitto i Sanniti a Lucera, dovette disperdere un altro esercito di Sanniti che avevano attaccato e depredato la colonia di interamna Lirenas, presso Casinum: qui il console, prima di partire per Roma, lasciò l'esercito: Livio, X, 36. 16 Livio, X, 37: "Et huius anni parum constans memoria est". 17 ibid: "Sed ab utro consule non adiecit". 18 A. Giannetti, Mura ciclopiche in S. Vittore del Lazio, in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei, anno CCCLXX (1973), Serie ottava, Rendiconti, estr. dal vol. XXViii, fasc. 1-2., pag. 112. 48 EMiLio PiSTiLLi partì il console Carvilio. in questo modo lo sviluppo degli eventi pre- senterebbe minori problemi. Dunque non si è obbligati a ritenere che l’itinerario della spedizio- ne prendesse le mosse dalla colonia presso Casinum, cosa che invece ha fatto Salmon. Se questi, infatti, avesse ragione non si potrebbe che concordare con lui quando dice: « il console Spurio Carvilio Massimo, muovendo da interamna Lirenas verso nord lungo il fiume Rapido19 oltrepassò Casinum, invase e saccheggiò la città sannita di Amiternum, devastò la zona di Atina e si fermò a Cominium »20. nella nota aggiunge che Amiterno “era probabilmente la località attualmente chiamata Sant’Elia Fiumerapido”21. in questo errore il Salmon fu indotto dalle notizie di ritrovamenti di mura in quella località segnalate fin dal secolo scorso22. non doveva trattarsi di opera particolarmente significativa dal momento che oggi non se ne ha quasi più traccia. Molto più esplicito è Armando Mancini, autore di studi sulla Valle di Comino, che pone “Amiterno, nella valle del Rapido, e Duronia, nella valle del Melfa”23. in territorio di S. Elia G. F. Carettoni, sulla base delle segnalazioni del secolo scorso, ammette l’esistenza di un pagus, ma precisa che

19 il fiume Rapido nasce al di sopra di S. Elia Fiumerapido e bagna Cassino - n.d.a. 20 E. T. Salmon, op. cit., pag. 283. 21 ivi, pag. 292, nota 66. nei pressi di S. Elia Fiumerapido è stata di recente indivi- duata una fortificazione in opera poligonale, di limitata estensione, sulla cima del monte Cierro/Costalunga, al di sopra del santuario di Casalucense, ma puó solo trattarsi di una postazione strategica o di avvistamento simile a tante altre sparse nel territorio sannitico, o, meglio ancora un'area sacrale protetta, il lucus o bosco sacro dei Sanniti, un cui esempio è quello che sorgeva sul luogo dell'attuale abbazia di Montecassino o sul vicino Monte Puntiglio; alla presenza di un lucus, inoltre, fareb- bero pensare i toponimi Casalucense, Valleluce, Salaùca; l'allineamento in opera incerta che da tale circuito si diparte ortogonalmente verso il fondovalle ha poco a che vedere con esso essendo di epoca di gran lunga posteriore; nulla, comunque, fa pensare ad un antico centro abitato d'importanza tale da essere attacccato dall'eser- cito consolare. 22 Cfr. Carmelo Mancini in Giorn. Scav. Pompei, iV, pagg. 40 e sgg., in località S. Maria Maggiore: " Ma la indubbia dimostrazione della remotissima origine di que- sto Paese S. Elia Fiume Rapido sta certamente nei ruderi delle mura poligone da me veduti circa un chilometro di distanza presso la vetusta chiesa parrocchiale detta S. Maria Maggiore […] Colà probabilmente dovea sorgere la obliata Amiternum ". 23 A. Mancini, La Magona di Atina, Forni, 1987, pag. 19. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 49 “attualmente non è più possibile identificare alcun resto di muraglia” e conclude: “se gli avanzi erano di poca entità è facile che siano andati distrutti”24. Contraria anche la posizione dello studioso santeliano Giovanni Petrucci, che ritiene poco probabile l’identificazione di Amiterno nei resti archeologici presso S. Elia25. il Pais non esclude che potessero esistere due città con lo stesso nome26, ma gli ribatte Carettoni che “non abbiamo prove per localizzare detta città nei pres- si di S. Elia”27. All’Amiternum santeliana sarebbe facile obiettare: perché Livio non nomina Casinum, lì a due passi? Ma più ancora: siamo certi che Casinum, notoriamente città sannitica28 ma colonia romana già dal 312, in quel frangente di rivolgimenti continui degli equilibri di forze tra Romani e Sanniti fosse ancora saldamente in mano dei Romani? E poteva esserlo se l’Amiterno dei Sanniti si trovava a circa sette chilo- metri da Casinum? E se per caso Casinum fosse stata in mano dei Sanniti, non doveva, il console, attaccare prima Casinum per non lasciarsi pericolosi presìdi alle spalle? Domande, queste, a cui si puó fare a meno di rispondere se non vogliamo complicarci la vita andando a cercare una Amiternum dove non c’è, anziché riconoscerla in quella che tutti riconoscono. Ma a chiudere definitivamente la questione è lo stesso Livio quan- do dice che il console Carvilio partì con le sue legioni per il Sannio29; dunque ha scarsa rilevanza sapere se il luogo di partenza fosse interamna Lirenas oppure nahars: è certo che si recò nel Sannio, men- tre la valle del Rapido non si puó considerare territorio sannitico a tutti gli effetti. Si puó concludere ricordando che si impone la necessità di

24 G. F. Carettoni, op. cit., pag. 106. 25 G. Petrucci, Santa Maria Maggiore a Sant'Elia F.R., in "il Golfo", a. iX, n. 1/80, pag. 11, e S. Maria Maggiore di S. Elia Fiumerapido, in "Spazio Aperto", a. iii, n. 3, pag. 20. 26 E. Pais, Storia di Roma, V, pag. 83, nota 5. 27 G. F. Carettoni, loc. cit., pag. 48. Sulla localizzazione di Amiternum si possono con- sultare ancora G. De Sanctis, Storia dei Romani, ii., pag. 360; H. nissen, Italische Landeskunde, ii, pag. 679. 28 M. Terenzio Varrone,De lingua latina, Vii, 27.28.29: "Samnites tenuerunt"; dunque un possesso solo temporaneo. 29 Livio, X, 39: "Cum eis in Samnium profectus". 50 EMiLio PiSTiLLi collocare Amiterno nella valle del Rapido solo se si accetta per fermo che il console muovesse da interamna Lirenas; ma abbiamo già visto quanti dubbi si possono riscontrare al riguardo.

4.5. Duronia Per Duronia l’identificazione è più complessa perché l’attuale Duronia presso Boiano ha tale nome solo dal 1875; fino a quell’anno si chiamò “Terra Vecchia”; al momento non ci è dato sapere quale fosse il primitivo nome, né è particolarmente importante riguardo all’attuale lavoro. L’ubicazione della Duronia Liviana nei pressi di Roccasecca, pro- posta dal nissen30 è confutata dallo stesso Salmon, anche se con moti- vazioni tratte dai noti presupposti errati: « H. nissen […] e altri rite- nevano che Duronia si trovasse appena a ovest di Casinum, a Roccasecca, la cui antichità è provata dal materiale da costruzione poligonale che vi si trova. Ma la teoria non puó essere esatta, in quan- to se lo fosse ciò significherebbe che l’asse di avanzamento di Papirio Cursore sarebbe passato attraverso quello di Carvilio »31. Salmon, invece, propone l’ubicazione nel territorio di Cerasuolo, presso Venafro: « Duronia doveva essere situata in un qualche punto compreso fra le odierne Venafro e Montaquila […], e la località più probabile è Cerasuolo, un importante nodo stradale: nell’antichità se ne irraggiavano strade che portavano a Montaquila, isernia e Venafro32 ». Uno studioso serio come Salmon non dovrebbe fare storia partendo da congetture senza alcun fondamento obiettivo. Antonio Giannetti, sulla scorta dell’atlante De Agostini, che elenca l’odierna Duronia tra le città di origine sannitica, preferisce rifarsi a questa, che è “posta sull’alto corso del Trigno33”.

30 nissen, loc. cit.; altri studiosi hanno accettato la tesi del nissen. Va precisato che i resti archeologici cui si fa cenno non sono tali da far pensare ad una città. 31 Salmon, op. cit. pag. 292-293, nota 68. 32 ibid. 33 A. Giannetti, loc. cit. pag. 112; lo studio del Giannetti si basa essenzialmente sulle segnalazioni del sottoscritto, per questa ragione esso concorda quasi del tutto con le mie argomentazioni, salvo qualche difformità di scarso rilievo. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 51 neppure Gaetano De Sanctis si sbilancia definendo la città “igno- ta”34. Al di là della quasi totale assenza di notizie certe, pare non vi deb- bano essere dubbi che la nostra località dovesse trovarsi nel Sannio centro meridionale, dunque molto distante da Cominio e da Casinum. il che confermerebbe la nostra iniziale rappresentazione della spedi- zione sannitica dei consoli Carvilio e Papirio più sopra proposta: cioè una manovra combinata da nord e da sud per chiudere la partita con i bellicosi Sanniti35. E questo intento è confortato anche dalle successi- ve scorribande degli eserciti romani nel Sannio, contro Sepino e Velia, dopo la sconfitta di Aquilonia36.

4.6. Aquilonia ora si puó cominciare a trattare di Aquilonia, che Livio nomina sempre senza aggettivi ma che associa a Cominium con l’appellativo di urbes, come Duronia, mentre Amiternum viene definita oppidum37. non mi pare il caso di ripercorrere tutti i tentativi di identificazione di questa località negli ultimi cento anni; basterà ricordare Raffaele Garrucci, che presuppone l’esistenza di due centri con il nome Aquilonia, rifiuta la soluzione dell’odierna Lacedonia – che taluni fanno derivare da Aquilonia tramite il nome AkUDUnniAD letto su una moneta sannitica – e pone quella ricordata da Livio in località Civitavecchia, a cinque miglia da Pietrabbondante (che per lui è il “Bovianum” ricordato ancora da Livio a conclusione della battaglia di Aquilonia)38; con estrema disinvoltura, poi, ricorda che Aquilonia di- stava da Cominio, nella Valle di Comino, venti miglia (trenta chilome- tri)39, il che smentisce clamorosamente la sua tesi. 34 G. De Sanctis, op. cit., pag. 342, nota 45. 35 Vd. supra, par. 4.1 36 Livio, X, 44: "Papirius ad Saepinum, Carvilius ad Veliam oppugnandam legiones ducunt". 37 Livio, X, 39. 38 P. R. Garrucci, Le monete dell'Italia antica, 1985, pagg. 99-100. Lo stesso Garrucci ricorda alcuni autori che indicano Pietrabbondante come luogo della nostra Aquilonia. 39 ibid. 52 EMiLio PiSTiLLi

Adotta Lacedonia, invece, G. Devoto, ma senza darne ragione40. non si puó tacere, infine, la proposta del Salmon, che mostra di intuire che la nostra località dovesse essere dalle parti di Venafro, ma che, facendosi guidare dalla chiara derivazione del toponimo da “aqui- la”, non puó fare a meno di puntare il dito su Montaquila: « Aquilonia doveva essere situata nella zona in cui Livio riteneva che essa si tro- vasse, a circa 20 miglia romane da Cominium (vicino all’odierna Alvito). Montaquila, dal significativo nome, corrisponde esattamente a questa descrizione. E il nome non le è stato posto in tempi recenti, bensì si è conservato per tutto il Medioevo … »41. Purtroppo per lui con la distanza delle venti miglia non ci siamo. Peccato che al momento in cui Salmon scriveva (1967) ancora non era nota la poderosa cinta muraria di S. Vittore del Lazio, sul versante del Monte Aquilone. Va sottolineata, infine, la passione con cui varie aree del centro sud d’italia si contendono la “titolarità” di Aquilonia: soprattutto in Valle di Comino ed in Irpinis, dove, guarda caso, è possibile ritrovare loca- lità con nomi quali Atina o Comino o Aquilonia. Vittima illustre di queste omonimie fu Gaetano De Sanctis42.

4.7. Alcune certezze Avendo ormai ampiamente discusso delle varie località ricordate da Livio a proposito della battaglia di Aquilonia, non ci resta che porre alcuni punti fermi circa il testo di Livio e lasciarsi guidare dallo stesso storico. Primo punto fermo: Aquilonia era distante da Cominio venti miglia romane, cioè trenta chilometri: « Altera Romana castra [quae] viginti milium spatio aberant)43.

40 G. Devoto, cit., pag. 175 e 246; fa, tuttavia, cenno alla moneta con la scritta Akudunniad, e la attribuisce senz'altro a Lacedonia. 41 E. T. Salmon, op. cit., pag. 293, nota 68. 42 G. De Sanctis, op. cit., pag. 342, nota 46: egli identifica con decisione Aquilonia con l'odierna Lacedonia attribuendo a Livio (che viene tacciato in continuazione di imprecisioni e duplicazioni di più fatti) anche una Cominio ocritum presso Benevento. 43 Livio, X, 39. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 53 Secondo: un messo poteva andare dall’uno all’altro accampamento romano in una giornata: « diem ad proficiscendum nuntius habuit»44. Terzo: due diversi percorsi stradali dovevano collegare le due città, uno breve e diretto – quello praticato dai messi romani – ed un altro più lungo e non visibile dal primo – quello percorso dagli 8000 uomi- ni inviati dai Sanniti da Aquilonia in soccorso di Cominio: « viginti cohortes Samnitium – quadringenariae ferme erant – Cominium pro- fectas »45. Quarto: il nome Aquilonia; c’è da osservare che tale toponimo ha una conformazione “dotta”, cioè romanizzata, mentre non conosciamo la versione sannitica o volgare, che comunque doveva avere attinenza etimologica con la forma romanizzata. in ogni caso, proprio a partire dai tempi che stiamo trattando, Roma cominciò ad estendere la propria cultura o romanizzazione a tutta l’italia; dunque è facile che il toponi- mo liviano di Aquilonia abbia finito per restare legato a quei luoghi giungendo fino a noi. Quinto: Cominio era protetta da mura, per questo motivo i Romani la dovettero assediare, assaltare ed incendiare; ad Aquilonia si com- batté una battaglia campale, il che presuppone ampi spazi per le mano- vre dei due eserciti. Sesto: l’accampamento dei Sanniti ad Aquilonia, visto dalla parte dei Romani, aveva la città alla sinistra: « diversa cornua dextrum ad castra Samnitium, laevum ad urbem tendit »46. Settimo: di fronte all’accampamento romano sorgeva un colle a forma di tumulo: « Sp. Nautium mulos detractis clitellis cum tribus cohortibus alariis in tumulum conspectum propere circumducere iubet »47. Ottavo: Mentre a Comino si dovettero abbattere le porte (refrige- bantur portae)48, ad Aquilonia non è certo che lo si dovesse fare, anzi fu sufficiente fare la testuggine per irrompere nella città: « testudine facta in urbem perrumpunt deturbatisque Samnitibus quae circa portam erant muri occupavere »49.

44 ibid. 45 ivi, X, 40. 46 ivi, X, 41. 47 ivi, X, 40. 48 ivi, X, 43. 49 ivi, X, 41 54 EMiLio PiSTiLLi

5 - LE MURA DI AQUILONIA IN SAN VITTORE DEL LAZIO

5.1. Una scoperta a tavolino in considerazione delle precedenti indicazioni, una sera della pri- mavera del 1972, studiando la carta topografica al 25.000 del basso Lazio alla ricerca della misteriosa Aquilonia, facendo centro su Vicalvi (o Cominio) con un raggio di circa trenta chilometri – considerando gli antichi percorsi, non le odierne carrozzabili –, attratto dal nome del Monte Aquilone1 e dal toponimo locale Muraglie, puntai con decisio- ne il dito su S. Vittore del Lazio, territorio che conoscevo molto bene per avervi abitato per diversi anni. Tentò di dissuadermi il prof. Antonio Giannetti, preziosa guida ai miei primi passi nel mondo dell’archeologia in quel tempo, asserendo che mai in S. Vittore erano stati segnalati ritrovamenti archeologici di un certo interesse. non volli dargli ascolto. L’indomani presi in macchina con me il titubante prof. Giannetti e mi recai in località Muraglie, frazione di S. Vittore del Lazio2.

1 Così come aveva fatto Salmon con Montaquila, vd. supra par. 4.9. 2 Devo precisare, per amore della verità, che da quel momento tutte le ricerche sul sito e sull’identificazione di Aquilonia furono condotte dal sottoscritto, che aveva cura, però, di informare il compianto Giannetti; questi, solo dopo aver preso visione delle foto da me riprese sul colle Marena/Falascosa, fu indotto a superare il suo scettici- smo e a darmi ragione sull’ipotesi di Aquilonia. L’ela borazione dei dati da me rac- colti fu fatta insieme a lui fino al momento della relazione finale, sulla quale, però, sorsero delle discordanze fra noi; per questo motivo ognuno preparò la propria rela- zione impegnandosi a cercare per proprio conto il canale di divulgazione del ritro- vamento. nella mia relazione, che diedi alle stampe attraverso il periodico “il Gazzettino del Lazio”, per rispetto e sensibilità nei confronti dell’anziano profes- sore e della sua autorità culturale, parlai sempre a nome mio e del Giannetti, anche quando le cose da me scritte riguardavano solo me stesso. non fece altrettanto l’au- torevole professore, che, lungi dal riconoscere al sottoscritto il merito della scoper- ta, nella sua relazione all’Accademia dei Lincei, parlò sempre a nome proprio, tra- scurando con cura di citare il mio lavoro e definendomi solo per inciso suo “soler- te collaboratore”. Purtroppo per me quella relazione ha fatto il giro degli studiosi AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 55

Lì, presso la fattoria Pezzella, ai piedi del Colle del Pero3, trovam- mo tracce inequivocabili di manufatti di epoca precristiana (ma di ciò si parlerà più avanti). Mentre eravamo intenti ad esaminare un tratto di muro pseudo quadrato formato da due file sovrapposte di enormi massi, sommariamente sgrossati, a sostegno di un terrapieno, un con- tadino, quasi con aria di burla, ci disse che quello era ben poco in con- fronto con la muraglia esistente sulle falde delle ultime propaggini del Monte Sambùcaro; essa era composta, a detta del contadino, di grandissime pietre portate lassù « dalle fate » (così gli aveva raccon- tato la nonna!). quella muraglia era visibile anche ad occhio nudo. La vedemmo estendersi per un tratto di circa due chilometri, quasi come una colla- na, intorno alle due ultime protuberanze del Monte Sambùcaro e incombeva su di noi. La descrizione del contadino (nicola Vendittelli da S. Vittore), colorita dalle immagini fantastiche, ci interessò viva- mente. Si rendeva necessario un sopralluogo. non persi tempo. nei giorni successivi (a partire dal 16 marzo 1972) feci delle escur- sioni sul luogo indicato e i risultati superarono ogni aspettativa. Dunque per un caso fortuito il toponimo Muraglia, che non si riferi- va a quella che cercavo, richiamando la mia attenzione, mi aveva con- dotto a scoprire quella autentica.

5.2. Il monte Sambùcaro il Monte Sambùcaro (m. 1205 l.m.) – sulle carte dell’i.G.M. è scrit- to “Sammucro”: è una evidente trascrizione della pronuncia dialettale del luogo: Sam(b)ùcrö; d’ora in poi qui si userà la forma Sambùcaro – troneggia tra i due comuni di S. Vittore del Lazio e S. Pietro infine. Si estende da est a ovest e sulla sua cima si incontrano le tre regioni del

della materia escludendomi da ogni personale riconoscimento (dopo tanto lavoro un pizzico di rincrescimento me lo si dovrà pur consentire). questo dovevo preci- sare, non per mania di autocelebrazione – non ne avrei bisogno in quanto nel mio ambiente ognuno conosce il reale andamento dei fatti –, ma per la verità storica, pur serbando ancora un grato e rispettoso ricordo del prof. Antonio Giannetti, scom- parso ormai da diversi anni. 3 Pare che il toponimo “Pezzella” debba corrispondere, sia linguisticamente che topo- graficamente, a quello di “Colle del Pero” attraverso le varianti dialettali Còllë Përìgliö – Pëzzìglio e Përréllä. 56 EMiLio PiSTiLLi

Lazio, della Campania e del Molise. Si erge quasi come un contraffor- te del monte Aquilone, m. 1270, situato più a nord. i due monti sono divisi dal profondo vallone scavato dal Rio S. Vittore4. il versante sud del Sambùcaro scende quasi a precipizio, mentre il versante opposto

10- Il monte Sambùcaro visto dalla Rocca Janula di Cassino. degrada più dolcemente tra una balza e l’altra, fino ad incontrare la base dell’Aquilone in località Radicosa. nel crinale occidentale degrada in due riprese (queste ci interesse- ranno particolarmente): “Croce di Macchia” (m. 702) e il falsopiano “Marena- Falascosa” (m. 570) che sovrasta S. Vittore. quindi precipi- ta sui dirupi del Rio S. Vittore. Più a ovest si estendono le brevi pianure di “Campopiano” e “S. Giusta”, incastonate fra il Sambùcaro e l’Aquilone a nord, il “Colle del Pero” e il colle “La Chiaia” ad ovest (verso Cervaro) e la collina dove

4 questo ruscello, dalle acque freddissime e trasparenti, oggi è indicato con il nome del comune che attraversa, insomma non ha un proprio nome. nel passato non era così: pare che fosse chiamato “Rio Chiaro”. Ciò è intuibile da un reperto topono- mastico del paese: Pescoronchiaro è un vicolo che dall’abitato medioevale condu- ce all’esterno, verso il precipizio che domina il nostro corso d’acqua; il nome, dal significato misterioso, è chiaramente formato da Pesco - rio - Chiaro, dove “pesco” è un termine dell’entroterra molisano abruzzese e significa “dirupo”. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 57 sorge l’abitato di S. Vittore a sud. Contiguo alle pianure precedenti è il falsopiano di “Montenero” sulle pendici meridionali della Chiaia.

5.3. Le mura Mi sono diffuso su tali particolari per ragioni che vedremo più appresso. La muraglia, dicevo, ben visibile anche da Cassino ad occhio nudo nelle giornate chiare, si estende sul versante settentrionale delle protuberanze “Marena” e “Croce di Macchia” in direzione est-ovest.

Strada S. Leonardo

Croce di Macchia N S. Pietro Infine 690 f a l a s c o s a Chiaiale

S. Vittore Marena

Strada Radicosa

11- Il circuito poligonale di monte Sambùcaro. non credo che si possa trovare sul suolo italiano un circuito mura- rio in opera pseudopoligonale, di epoca sannitica, di tale lunghezza ed imponenza. Esso parte da un costone roccioso a quota m. 387 del colle “Mare - na” dominante la contrada “La Canala” di S. Vittore, compie un lento giro verso nord-est alla stessa quota e poi si impenna bruscamente 58 EMiLio PiSTiLLi lungo il ripido versante “Fala scosa”, a est, fino a giungere a quota 690, dove si perde fra le rocce di un baratro che si affaccia più ad ovest di S. Pietro infine, sull’altro versante del monte. nel punto in cui ini- zia la sua ascesa la muraglia affonda, quasi, nell’avvallamento di con- fluenza delle due protuberanze. quel tratto di muraglia misura m. 1315 ed ha l’altezza media di m. 1,60; è interrotto solo in alcuni brevi tratti a causa delle azioni del vento, della neve e della pioggia. Ha l’aspetto di mura poligonali del tipo più antico (prima maniera, secondo Lugli); non c’è alcuna preoc- cupazione di allineamento dei massi che la compongono. questi, estratti certamente dal luogo stesso, hanno le misure medie di cm. 6 0 x 8 0 x 6 0 , ma taluni hanno la facciata più lunga superiore al metro e 20 cm. La parte esterna della muraglia è abbastanza curata; la parte interra- ta è quasi sempre a una sola cortina, mentre quella più alta, data la forte pendenza del terreno, è a doppia cortina. Lo spessore medio è di m. l,65. in nessun punto la cinta muraria conserva la sua altezza origina- ria; è infatti, quella, una zona sollecitata da fortissimi venti; la neve, la pioggia e le radici infiltranti hanno completato l’opera di distruzione. Già è tanto che la muraglia sia giunta in quello stato fino a noi. Di tanto in tanto lungo il circuito si aprono delle brecce, forse rica- vate in tempi recenti dai pastori per il transito delle greggi; alcune di esse, due in particolare, hanno tutto l’aspetto di antiche porte; la loro ampiezza va da m. l,40 fino ad un massimo di m. 2,50; ma più che di porte si puó parlare di varchi, lasciati aperti certamente al tempo della costruzione della muraglia: lo si deduce dalla sovrapposizione dei massi; dagli stessi varchi partono dei sentieri che scendono a valle. Al termine della lunga teoria di mura, sulla Croce di Macchia, là dove doveva essere la porta principale, si nota un largo lastricato in pietra scalpellata e levigata. quel luogo viene chiamato comunemente “La Croce” perché, a detta della gente del luogo, su un punto imprecisato della cinta era posta una grande pietra con una croce scolpita5: per

5 La croce era il segnale di riferimento della triangolazione per il punto tri- gonometrico: si veda “Monografie dei punti trigonometrici”, Direzione com- partimentale del catasto di napoli, “zona Alvito e Cervaro”, Registro 1, pag. 122, ricognizione eseguita nell’anno 1898; lo stesso registro segnala l’inci- sione di un triangolo su roccia nel medesimo luogo. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 59 quante ricerche si siano fatte, però, non è stato possibile reperirla; cer- tamente sarà rotolata a valle6. Solo in tempi abbastanza recenti sullo stesso luogo è stata innalzata una grande croce di ferro. La muraglia fin qui descritta si interrompe più volte in corrispon- denza di alcuni dirupi, che presentano tracce di lavorazione, utilizzati come parte integrante della fortificazione; il restante tratto del circui- to, sul versante opposto, è tutto una serie di precipizi, ma nei luoghi in cui questi sono più accessibili si notano altri tracciati di mura poligo- nali, che vanno da m. 50 a m. 100, destinati ad assicurare la continui- tà dell’intero sistema difensivo; ne ho contati almeno tre. nel tratto più lungo di questi ultimi, all’altezza della sottostante località “Colle case”, si apre una porta che chiamerò di S. Vittore. Su quel versante non ci dovevano essere altre porte, benché numerosi metri della muraglia saranno certamente rotolati a valle non consentendo più una “lettura” completa del sito; numerosi massi sono disseminati nell’area sotto- stante. È importante avvertire che sullo stesso versante si possono notare ampi tratti di rocce affioranti scalpellate e spianate nel verso del pendio: probabilmente per ragioni difensive si rendeva necessario assi- curare una visuale completa, eliminando la possibilità di ripari per gli assalitori, ed anche per rendere più scorrevole il rotolamento dei massi lanciati contro gli stessi. Cosa analoga la si ritrova al di sotto delle mura di Casinum sul versante sud, tra la città e l’acropoli. La cinta, da questo lato, doveva seguire il crinale roccioso della montagna e subirne i dislivelli fino ad incontrare le due estre- mità della muraglia ancora esistente. in tal modo 1a teoria delle mura doveva circoscrive- re un piano avente la vaga forma di una piuma di gallina. L’estremità più stretta coincideva con la Croce di Macchia, mentre si dilatava al massimo sul pianoro del Marena a quota 570. Tutta la cintura muraria, dall’una e dall’altra parte, è contornata, all’interno, quasi a segnarne il perimetro, da una stradella che si interrompe solo per alcuni tratti ed è segnata sulle carte topografiche.

6 Per la descrizione delle mura si veda anche l’appendice A.1. 60 EMiLio PiSTiLLi

12- Croce di Macchia: la spianata che dà accesso all'interno della fortificazione; in primo piano un riparo in pietra, innalzato, forse, dai pastori su una trincea della seconda guerra mondiale.

13- falascosa: tratto di muro poligonale sul versante nord. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 61

14- Versante falascosa.

15- Versante falascosa. 62 EMiLio PiSTiLLi

16- La fuga ininterrotta delle mura che si inerpicano verso Croce di Macchia sul versante falascosa. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 63

17- Parte bassa del versante falascosa: la vegetazione inizia a non rendere più visibili le mura. 18- Al termine del versante falascosa: da questo punto si puó intravedere la spianata di Campopiano (a destra) e parte dell'abitato di Cervaro (al centro in alto); a destra si scorgono alcuni dei numerosissimi massi rotolati in basso. 64 EMiLio PiSTiLLi

19- Colle Marena: lato setten- trionale del Chiaiale.

20- Un tratto emergente dalla folta vegetazione del Chiaiale. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 65

21- Ogni tanto l'imponenza delle mura ha la meglio sui carpini e querciole infe- stanti.

22- Scorcio delle mura in fuga verso valle: lato nord. 66 EMiLio PiSTiLLi

23- Prosegue la discesa verso il basso; lato nord.

24- Dettaglio della zona Marena, lato nord; notare la sovrapposizio- ne non molto ordinata dei grandi massi. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 67

25- Uno dei varchi (forse una porta) con tracce di fortificazione sul Chiaiale; lato nord.

26- Versante di S. Vittore: la sella tra il colle falascosa ed il colle Marena; dal paese si distingue un tratto delle mura (al centro nella foto) dove si apre la porta detta di S. Vittore. 68 EMiLio PiSTiLLi

27- Colle Marena: versante sud; tratto di muro che riprende dopo un costone roc- cioso.

28- Roccia a strapiombo inserita nel circuito murario dominante il paese di S. Vittore. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 69

29- Lato S. Vittore: la muraglia ricuce i vuoti tra le fortificazioni naturali dei costoni rocciosi. 30- Lo sperone di colle Marena domina l'intera valle del Rapido-Peccia; a sini- stra l'abitato di S. Vittore; in alto a destra è appena visibile l'abbazia di Montecassino, antica acropoli fortificata di Casinum; al centro della foto si pos- sono distinguere alcuni tratti delle mura e la sottostante scarpata nella quale le rocce sono state spianate artificialmente. 70 EMiLio PiSTiLLi

31- Colle Marena: veduta sulla piana del Rapido con Montecassino e Cassino, da dove le mura sono visibili ad occhio nudo.

32- Versante sud: a sinistra si apre la porta di S. Vittore; su questo versante le mura sono molto danneggiate. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 71

33- Versante sud: particolare delle mura.

34- Colle Marena: tratto delle mura che guardano verso Cervaro e Cassino. 72 EMiLio PiSTiLLi

35- Colle Marena: veduta sulla spianata di Campopiano, sulla frazione Muraglie e su Cervaro; a sinistra Cassino, al centro in fondo monte Cairo (m. 1.669 s. l. m.) e a destra la gola di Capo di China che conduce nella Valle di Comino.

5.4. All’interno insomma tutta la zona ha l’aspetto di un’antichissima area fortifica- ta, di cui restano pochi, ma inequivocabili segni, dei quali i più impor- tanti sono le mura poligonali e, forse più di tutti, i numerosi frammen- ti di ceramica che è facile rinvenire in alcune ben delimitate zone all’interno. Tali ceramiche sono per lo più frammenti di tegoloni, di vasi, cioto- le, orci; la loro fattura è certamente precristiana. L’impasto è molto spesso poroso, talvolta compatto; contiene molta sabbia o granuli di carbone, di quarzo o sostanza cinerina; sia all’esterno che in frattura i cocci sono a volte di colore bruno, a volte rosso oppure grigio o gial- lino; in gran numero quelli senza rivestimento, pochi con rivestimen- to. Tali frammenti si possono reperire su terreno erboso ma anche a pochi centimetri di profondità; i numerosi sgretolamenti della china lo dimostrano. Giannetti ne fa una elencazione articolata che preferisco riportare AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 73 integralmente, con l’avvertenza che tali indicazioni si riferiscono solo ad una prima fase delle ricerche sul nostro sito. « l) frammenti di mattoni (spess. cm 2,8/4), di coppi (spess. cm 2) di tegole (spess. cm 3) ad impasto carbonioso o misto a molta sab- bia, color nero o giallo in frattura, rosso nella faccia esterna oppure giallino in tutto lo spessore; 2) frammenti di dolî di impasto molto eterogeneo, impuro per presenza di grani di quarzo, di carbone e di sabbia con pareti grez- ze, malcotti, esternamente appena lisciati a stecca (labbri piatti appena elevati dal corpo del recipiente e distinti da esso con un solco appena accennato); 3) pesi di forma piramidale, a base quadrata d’impasto grezzo con pareti lisciate a stecca; 4) due frammenti di basi di lucerne ad impasto grezzo, malcotto con ansa a lingua molto accentuata applicata sul piano di base; di labbri di impasto grezzo privi di risvolto ad orlo rotondo; di pareti di ciotola con decorazione a forma di Croce di S. Andrea incisa a stecca; 5) gola di vasetto a forma di calice, con labbro piatto d’impasto grezzo come pomice; labbri con risvolto esterno (ciotole scodelle) con solco all’attaccatura della spalla, d’impasto poco omogeneo, spesso ben cotti; 6) frammenti di basi o di pareti di ciotole di impasto omogeneo ben cotto, internamente coperti da una pellicola vetrosa di colore bianco o giallo oppure da vernice nera; esternamente sempre in colore naturale; 7) frammento di fondo di piatto, d’impasto omogeneo, ben cotto internamente, ornato al centro con grosso disco a vernice rossa incluso in tre cerchi di color nero, concentrici; altri dischetti rossi dovevano trovarsi intorno alla superficie interna della parete; 8) frammento di selce lavorata; capocchia di un chiodo in ferro battuto.

« Circa la zona di reperimento (a parte i frammenti di laterizi – moltissimi – che si trovano dispersi in tutta l’area chiusa dalle mura e anche fuori di essa) indichiamo i settori in cui sono stati rinvenuti gli oggetti più significativi. 74 EMiLio PiSTiLLi

quelli riportati ai numeri 2 e 3 sono stati raccolti nel settore orien- tale detto Falascosa subito all’inizio dell’erto pendio pietroso; quel- li del numero 4 verso il settore occidentale detto Marena; quelli dei numeri 5 e 6 nel settore centrale detto Chiaiale7; invece il fram- mento di cui al numero 7 fu raccolto lungo la via d’accesso alla for- tificazione, precisamente nei pressi di una cava di gesso. non si è rinvenuto alcun frammento di ceramica buccheroide o etrusco cam- pana, né di origine greco cumana; sembra infatti che tutti i vasi, a cui i frammenti suddetti appartenevano, facciano riferimento, sia per l’impasto, sia per le forme, a un tipo di ceramica subappennini- ca, ad eccezione forse dei frammenti riportati nei numeri 6 e 7 inter- namente coperti di pellicola uso smalto o dipinti a vernice »8. Come sono giunti fin lassù quei resti? non certo portati dal vento. Ma, cosa singolare, si rinvengono negli avvallamenti o nei brevi pia- nori riparati dal vento, e solo sul colle Marena. Sul pianoro che forma la sommità del Marena ho notato dei segni appena percettibili di muri congiunti trasversalmente e, all’interno, di altri muri paralleli: tutto ciò è interrato e difficilmente visibile sul posto, mentre dall’alto, discendendo lungo il crinale della Croce di Macchia, appare più chiaramente. negli altri luoghi in cui si rinvengono materiali fittili si notano (a fatica, in verità) allineamenti appena affioranti di mura poligonali a sostegno di alcuni terrazzamenti. nulla del genere, invece, si riscontra su Croce di Macchia: quest’ul- tima zona è di difficile lettura perché assolutamente impervia: rocce e pietrame dappertutto. questo, per sommi capi, é quanto trovai lassù9.

7 Chiaiale è un avvallamento tra il versante Falascosa ed il poggio Marena. il termine secondo Giannetti deriva da plateale con trasformazione del prefisso pla in chia. io aggiungerei: attraverso la forma chianale, che nel dialetto locale sta per luogo o oggetto piano. 8 A. Giannetti, cit. pag. 107-108. 9 Si puó ricordare anche la descrizione abbastanza dettagliata che fa del nostro com- plesso Attilio Coletta in Centri fortificati del Lazio meridionale, “Centro Studi Storici Saturnia, Atina, 1998, pag. 32 e sgg.; però alcune sue soluzioni sono da prendere con cautela. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 75 5.5. Strade e pozzi Va ancora detto che stradelle molto antiche consentono l’accesso dalla Canala – caseggiato a ridosso del Rio S. Vittore – e soprattutto dalla Radicosa. quest’ultima prosegue sempre in linea retta, a quota 600 circa, fino alla Croce di Macchia – sulle carte catastali è denomi- nata via S. Leonardo – e poi giù a S. Pietro infine vecchia. questo trac- ciato esistente ancora oggi, collegava il basso Lazio con Conca Casale e il Molise, ma anche con Viticuso10. Una sola stradella, invece, é sul versante sud e sbocca proprio pres- so l’unica porta di quel lato (porta di S. Vittore). L’approvvigionamento idrico era assicurato dalla presenza di alcuni pozzi; uno esiste ancora oggi lungo il sentiero che sale dalla Canala ed é molto antico, anche se si notano dei rifacimenti di epoca posteriore. Altri pozzi sono segnalati dai pastori in zona La Macchia, in pros- simità della “Croce”. Va infine tenuto presente che accanto all’opera di distruzione effet- tuata dal tempo c’è stato sempre il continuo lavorìo di smantellamen- to operato dai pastori. infatti le costruzioni in pietra che certamente costituivano le abitazioni dei primitivi abitanti sono state sistematica- mente smantellate per erigere rozzi ripari per le bestie; ripari che si incontrano in gran numero all’interno della cinta muraria.

5.6. Senza tempo Dopo quanto ho sommariamente descritto ritengo non esistano più ragionevoli dubbi che si trattasse di una antica fortificazione. quale popolo poteva abitare una simile inaccessibile fortezza? Certamente un popolo di pastori: data la possibilità di facile trans- umanza, in poche ore si puó passare dai 40 metri s.l.m. a oltre 1000 metri del Sambùcaro e dell’Aquilone; e non è ciò che fanno ancora oggi i pastori del luogo? Lì si era in piena zona di influenza sannitica, e i Sanniti, è noto, erano dei fieri montanari. Dunque niente di più faci- le che quello fosse un avamposto sannitico a guardia dei pascoli delle valli sottostanti, anche se la fortificazione sembra guardare più verso il Sannio che altrove.

10 Vd. Appendice A.6. 76 EMiLio PiSTiLLi

quel circuito, infine, è del tutto simile a tanti altri del centro sud d’italia classificati sannitici o dell’età del ferro. Somiglianze molto strette si hanno con quelli esaminati da Domenico Caiazza11. Ritengo tuttavia azzardato proporre una datazione certa: c’è chi pone quel genere di costruzioni attorno all’Viii-Vii secolo e c’è chi si ferma al iV-iii sec. a. C. questi ultimi ritengono che siano state edifi- cate in occasione delle guerre sannitiche. queste tutto al più costitui- scono un termine di riferimento per una datazione minima; ma il fatto che mura del genere si ritrovano in tutto il centro sud d’italia, nella Grecia micenea e nelle città della costa anatolica, cioè erette da cultu- re diverse e in tempi diversi, ci puó far ritenere che sfuggano ad ogni datazione certa: le definirei senza tempo. Solo il ritrovamento di manu- fatti organici, sicuramente connessi con la costruzione di tali fortifica- zioni, potrà consentire datazioni attendibili tramite le moderne tecno- logie di laboratorio. Fra i vari tentativi di dare una paternità ai grandiosi complessi di mura poligonali in italia va segnalato Mario Pincherle12, il quale cerca di ricollegare le tecniche e le tipologie nostrane con quelle minoiche dell’Asia minore: forse, pur con argomentazioni spesso discutibili, apre un panorama di speculazione che potrebbe darci interessanti lumi.

5.7. Si tratta di Aquilonia? Siamo in presenza della mitica Aquilonia? Per poterlo affermare, secondo gli scettici, bisognerebbe trovare in loco un cippo con la scritta AQUILONIA; ma a noi è sufficiente riscon- trare sul posto tutti i punti fermi elencati più su13. Ed ecco i riscontri. Primo: il colle Marena dista da Vicalvi/Cominio quasi esatta- mente trenta chilometri se si percorre l’antico tracciato stradale che da S. Vittore costeggia il Colle del Pero, passa per Cervaro, di qui va a S. Michele (frazione di Cassino), a Portella (frazione di S. Elia), alla piana dell’olivella, a Capo di China, seguendo la vecchia “stra- da romana”, a Cancello di Atina e, sempre in linea retta, a Vicalvi.

11 Vd. supra par. 2.2. 12 M. Pincherle, La civiltà minoica in Italia. Le città Saturnie, Pacini Editore, 1990. 13 Vd. supra par. 4.7. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 77 questo tracciato, anche se in disuso (perché sostituito dalla recente strada a scorrimento veloce Cassino-Atina-Sora), è ancora in gran parte percorribile. Secondo: la strada appena descritta consente ad un uomo a caval- lo di andare e tornare in meno di una giornata. Terzo: un percorso alternativo e più lungo puó essere costituito dall’antico tracciato che segue il corso del fiume Melfa (la strada “Tracciolino”) fino a Roccasecca, s’innesta sulla pedemontana che conduce a Casinum, segue il fondovalle dell’attuale Casilina fino alla Taverna di S. Vittore. questa strada consente di andare e torna- re da Cominio senza essere avvistati da chi percorre quella prece- dente; e probabilmente fu scelta dalle coorti dei Sanniti per andare in soccorso di Cominio14. Quarto: il toponimo Aquilonia lo si ritrova nel vicino e incom- bente Monte Aquilone; è noto come i nomi delle località montane si conservano pressoché invariati per millenni. Quinto: gli spazi per una battaglia campale si possono ritrovare ai piedi dei due monti del luogo: il Sambùcaro e l’Aquilone. Sono due ampie aree in pendenza entrambe verso il Rio S. Vittore: la spia- nata di “Campopiano”, più a monte, e quella di “S. Giusta- Montenero”, più a valle sulle pendici del colle “La Chiaia”. L’una, tenuta dai Romani, poteva dominare dall’alto l’accampamento dei Sanniti, l’altra, invece, poteva controllare l’unica possibilità di accesso alle vie per Aquilonia, cioè il guado del Rio S. Vittore. Sesto: la fortificazione sannitica di colle Marena era alla destra dell’accampamento dei Sanniti ed alla sinistra di quello romano. Settimo: da Campopiano il colle del Pero, ma più ancora il colle La Chiaia, visto di lato, appare come un perfetto tumulo, anche se la sua forma è piuttosto allungata. Alle spalle del colle poteva nascon- dersi un contingente di soldati per comparire all’improvviso dando

14 Si potrà obiettare che quelle coorti dovettero passare al di sotto di Casinum che, secondo le notizie in nostro possesso, era già colonia romana. Ma l’episodio ricor- dato del saccheggio di interamna Lirenas ci fa intuire che l’oppidum di Casinum non costituiva un pericolo per migliaia di soldati che transitassero nei suoi pressi. Del resto i Romani avevano fatto leva per affrontare i Sanniti e con tutta probabili- tà avevano sguarnito quella ed altre colonie. Resta, tuttavia, il dubbio se Casinum fosse ancora in possesso dei Romani. 78 EMiLio PiSTiLLi

36- I luoghi della battaglia: a destra il pianoro di Campopiano; a sinistra il colle La Chiaia, che, visto da qui, appare come un tumulo, e che domina la spianata di S. giusta/Montenero; al centro della foto, in alto, il colle del Pero.

l’impressione di provenire dalla strada per Cominio (quella breve percorsa dai messi romani). Ottavo: la fortificazione del colle Marena, nonostante l’asperità del luogo, non si presenta come un complesso particolarmente adat- to a sostenere a lungo assedi ed attacchi nemici; niente di più facile, dunque, che alle porte vi fossero solo delle protezioni di fortuna e non porte come quelle di Cominio. Ed infatti nelle porte della nostra presunta Aquilonia non si sono trovate tracce di cardini o altro, né sui piedritti né sulle soglie. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 79

6 - I LUOgHI DELLA bATTAgLIA

6.1. La battaglia Dopo aver appurato la concordanza del racconto liviano con i luo- ghi qui descritti, concordanza che puó apparire addirittura eccessiva, proviamo ora a calare la descrizione della battaglia sugli stessi luo- ghi, senza discostarci dal testo di Livio. nell’anno 293 a. C. il Senato Romano, dopo mezzo secolo di guer- re contro i Sanniti, decise di sferrare un’offensiva decisiva contro quel popolo che, da parte sua, si era messo in armi facendo leva per tutto il Sannio ed ammassando 40.000 soldati (altri codici riferiscono 60 mila), il fior fiore della gioventù sannitica, nella città di Aquilonia. i consoli di quell’anno L. Papirio Cursore, figlio del più noto Lucio Papirio, e Spurio Carvilio si recarono nel Sannio con due eserciti; il primo, dopo aver fatto leva, andò ad espugnare la città di Duronia, pro- babilmente tra isernia e Campobasso, il secondo, rilevando l’esercito già in armi da interamna, prese d’assalto la città di Amiterno, nei pres- si di L’Aquila; quindi dopo aver percorso in lungo e in largo il Sannio si unirono nell’agro Atinate, in , dove, ovviamente, si ebbe il maggior saccheggio. A questo punto i consoli si divisero di nuovo: Carvilio assediò Cominio (oggi Vicalvi), nella omonima valle, mentre Papirio si recò nei pressi di Aquilonia, ubi summa rei Samnitium erat. quest’ultima località, a detta di Livio, distava circa 20 miglia, cioè 30 chilometri da Cominio. L. Papirio con il suo esercito seguì la via che passa ad ovest di Atina, sale a Capo di China, scende lungo il versante occidentale di Monte Cifalco, fino alla pianura di S. Elia Fiumerapido e risale poi attraverso la contrada “Portella” fin su a S. Michele, in comune di Cassino, lungo le estreme propaggini del Monte Aquilone e sempre su quelle stesse pendici prosegue per Acqua Candida, a nord di Cervaro, fino a sfociare alle spalle del Colle del Pero sulla pianura di Campopiano su cui domina la presunta Aquilonia1. 1 questa antichissima strada pedemontana prosegue oggi, sempre in linea retta, fino a S. Pietro infine, da dove si imboccava l’altra strada che saliva a Croce di Macchia 80 EMiLio PiSTiLLi

37- L'abitato di S. Vittore dominato dal monte Sambùcaro con le due protube- ranze (a sinistra) falascosa e Marena, protette dalle mura poligonali; in basso si apre la profonda fenditura del rio di S. Vittore.

Dunque Papirio pose il suo accampamento in Campopiano occu- pando il Colle del Pero e presidiando la suddetta via per i frequenti contatti che aveva con il collega Carvilio che si trovava a Cominio. Alla sua sinistra aveva Aquilonia, da cui era separato dal profondo dirupo del Rio S. Vittore, alle spalle il monte Aquilone. i Sanniti invece avevano posto il loro accampamento nel declivio del colle La Chiaia (S. Giusta-Montenero), là donde si possono ammi- rare i resti medioevali di S. Vittore, ed erano separati da quest’ultima località dal rio omonimo. Era in loro possesso l’unico punto in cui il rio fosse agevolmente valicabile, onde garantirsi i contatti con la loro città. inoltre da quella posizione potevano assicurarsi lo sbocco a valle per i rifornimenti ed il vettovagliamento: non dimentichiamo che i Sanniti erano in quell’area già da molto tempo e sicuramente controllavano la vasta pianura domi- nata da Aquilonia. il loro accampamento, però, era stretto ai due lati

(la porta principale di Aquilonia) e continuava verso il Molise col nome di via S. Leonardo. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 81

38- La zona della presunta battaglia. dal colle La Chiaia e dal rio: quello che apparentemente doveva costi- tuire una valida difesa risultò, poi, la causa principale della sconfitta, non avendo avuto essi adeguati spazi di manovra. Tuttavia il guado del rio consentiva il controllo di un nodo stradale di notevole importanza. Di lì infatti si dipartivano (e ancora oggi): la via che, costeggiando il colle del Pero, conduce a Cervaro; la via che, aggirando la Chiaia da sud, conduce ancora a Cervaro; la via che, pas- sando per La Canala, conduce ad Aquilonia e alla Radicosa, dove esi- ste un varco per il Molise; la via che collega S. Vittore del Lazio con S. Pietro infine, quasi certamente una continuazione della Pedemontana già descritta; infine l’accesso al fondovalle del Gari- Peccia. Sulla disposizione dei due eserciti (Romani in alto e Sanniti in basso) non mi trovai d’accordo con il prof. Giannetti, il quale capo- volgeva le posizioni, non riuscendo, però, a spiegare come i Romani stando nella piana di S. Giusta-Montenero potessero avere la città di Aquilonia a sinistra, come precisa Livio. 82 EMiLio PiSTiLLi

Avendo, dunque, i Sanniti scelto per primi la postazione2 avrebbero potuto attestarsi, al posto dei Romani, sulla spianata di Campopiano, apparentemente più favorevole perché in posizione dominante rispetto a quella di S. Giusta, ma questo sarebbe stato un errore ancora mag- giore perché di lì non avrebbero potuto avere più collegamenti con Aquilonia, dalla quale sarebbero stati separati dal profondo dirupo del Rio S. Vittore. Sempre seguendo il racconto di Livio, Papirio dopo aver temporeg- giato per diversi giorni fra scaramucce di nessun conto, decise di attac- care il nemico postero die e mandò un messo al collega per avvertirlo affinché anche questi attaccasse contemporaneamente Cominio. il messo, utilizzando il percorso breve su descritto, ebbe un giorno per andare e tornare. Tornò a notte riferendo che Carvilio approvava i piani. Papirio preparò lo schieramento: all’ala destra pose L. Volumnio, all’ala sinistra L. Scipione. ordinò quindi a Spurio nauzio di togliere i basti ai muli e di condurli, con alcune coorti delle ali, attorno, forse, al Colle del Pero, per posizionarsi al coperto di un colle che probabil- mente aveva l’aspetto di un tumulo, in tumulum conspectum, (il colle la Chiaia, appunto; ma forse anche lo stesso Colle del Pero). nauzio doveva poi comparire nel vivo della battaglia sollevando quanta più polvere potesse. Poco prima che il console desse inizio al combattimento un diserto- re sannita rivelò che 8000 uomini erano stati inviati da Aquilonia a Cominio per aiutare quest’ultima città nella difesa contro gli assedian- ti. Probabilmente i Sanniti di Cominio si erano accorti dei preparativi di attacco da parte degli assedianti e, ignorando la manovra combina- ta degli eserciti romani, avranno chiesto rinforzi a quelli di Aquilonia; rinforzi che furono senz’altro inviati. Papirio mandò subito un messaggero ad avvertire di ciò il collega. il messaggero spronando la cavalcatura dovette impiegare meno di tre ore3.

2 i Romani si erano decisi a dare guerra ai Sanniti solo dopo che costoro, da tempo, avevano fatto leva per tutto il Sannio ed avevano scelto Aquilonia come centro di raccolta. 3 Cfr. Giorgio Berzero, Ab Urbe condida, Lib. X. pag. 177, nota 2. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 83

39- Collegamenti tra Vicalvi (Cominio) e S. Vittore del Lazio (Aquilonia). Subito dopo il console, approfittando anche del temporaneo alleg- gerimento delle forze nemiche, fece avanzare i suoi reparti e diede ini- zio alla battaglia. il combattimento fu feroce, la strage immensa; i Romani avanzava- no senza tregua fra le schiere nemiche. A far precipitare gli eventi con- tribuì l’apparizione di fianco (tra la Chiaia e il Colle del Pero) del pol- verone sollevato dai reparti di Spurio nauzio. Tale visione ingannò i Sanniti ed i Romani stessi: si credette infatti che si trattasse dell’eser- cito di Carvilio che giungeva vittorioso da Cominio. 84 EMiLio PiSTiLLi

i Romani moltiplicarono le forze e l’ardore per non vedersi togliere il merito della vittoria dall’altro esercito; i Sanniti furono atterriti e finirono per darsi alla fuga. i nobili e i cavalieri fuggirono alla volta di Boviano (probabilmente lungo il versante di S. Pietro infine oppure per la via della Radicosa, sulla sponda sinistra del Rio S. Vittore), i fanti si rifugiarono parte nel- l’accampamento e parte ad Aquilonia.

6.2. La sconfitta dei Sanniti il fronte dei Sanniti dunque era stato spezzato al centro in due tron- coni, e ciò è spiegabile se si pensa che alle spalle di questi era il pro- fondo dirupo costituito dal Rio di S. Vittore. L’ala destra dei Romani guidata da Volumnio attaccò e prese l’ac- campamento incendiandolo, l’ala sinistra con Scipione attraversò il guado del rio e, inseguendo i fuggiaschi, giunse sotto le mura di Aquilonia, probabilmente nel lato nord. Gli occupanti la città si dife- sero lanciando sassi sugli assalitori, e i sassi in quel luogo non manca- vano certo. Scipione dopo aver incitato i suoi formò la testuggine con gli scudi alzati sopra il capo e irruppe nella città (testudine facta in urbem perrumpunt). S’impadronì della porta, ma, avendo solo pochi soldati con sé, preferì non addentrarsi nella città. i1 console, radunando i soldati poiché la sera s’appressava, consta- tò che alla sua destra l’accampamento dei Sanniti era stato preso e che alla sua sinistra si combatteva presso le porte della città. Con le truppe raccolte s’appressò alle mura e penetrò nella porta a lui più vicina. Ma la notte era sopraggiunta e preferì far riposare gli uomini. nelle ore notturne la città fu abbandonata dai suoi abitanti; da quale parte? Forse dal lato più inaccessibile, dove i Romani non erano giun- ti, dall’unica porta sul versante sud, la porta di S. Vittore. Di lì dovet- tero scendere nella sottostante pianura tra S. Vittore e S. Pietro infine. A valle dovettero essere scorti dalla cavalleria nemica ed inseguiti. nell’inseguimento i cavalieri romani videro anche dei Sanniti sparsi qua e là senza difesa alcuna. Erano, questi, gli 8.000 soldati inviati in aiuto di Cominio, ma richiamati poi verso Aquilonia per gli avveni- menti appena descritti. il console Carvilio a Cominio, avvertito dal collega, aveva mandato AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 85 incontro a quegli uomini – sulla via più breve per Aquilonia – alcune coorti per fermarli, ma, lungo la strada non ne trovarono traccia; pro- babilmente quelli avevano attraversato a valle la pianura di Cassino e seguito poi la via pedemontana in direzione di Roccasecca per risalire lungo la via Tracciolino fino alla valle di Comino. Al ritorno da quel loro inutile viaggio quei Sanniti percorsero la stessa strada aggirando le radici del versante sud-est della Chiaia. Giunti verso sera in vista dell’accampamento e di Aquilonia, dice Livio, furono fermati dalle fiamme che dall’accampamento si erano propagate all’intorno4, ma anche, forse, dalle grida che provenivano dalla città. Lì si fermarono sbigottiti e passarono la notte senza chiu- dere occhio. Alle prime luci dell’alba furono sorpresi e messi in fuga dalla cavalleria romana. Ma erano stati avvistati anche dalle mura della fortezza. Anch’essi dopo alcune perdite presero la via per Boviano. Dal luogo dove quei soldati avrebbero pernottato si distinguono netta- mente le mura della città da noi indicata. Aquilonia fu saccheggiata e incendiata. Le fiamme dovettero essere visibiii per un raggio di molti chilometri: dall’agro atinate (attraverso la gola di Capo di China), alla valle del Rapido, ai monti degli Aurunci, all’attuale Mignano Montelungo; tale era la posizione della nostra sup- posta Aquilonia. nella battaglia, a detta di Livio, perirono oltre 20.000 Sanniti e poco meno di 4.000 furono fatti prigionieri. quella strage segnò la capitola- zione definitiva dell’indomito popolo del Sannio.

4 Livio, X, 43: « Deinde regione castrorum, quae incensa ab Romanis erant, flamma late fusa certioris cladis indicio progredi longius prohibuit ». 86 EMiLio PiSTiLLi

7 - LO STORICO LIVIO

7.1. L’affidabilità di Livio questa sommaria ricostruzione evidenzia la stupefacente concor- danza tra la descrizione di Livio ed i luoghi di S. Vittore, concordanza che puó addirittura apparire sospetta perché pone una questione che vale la pena affrontare: come faceva Livio a descrivere con tanta pre- cisione la battaglia e i luoghi, a distanza di oltre 260 anni1, come se fosse stato presente a quegli avvenimenti? Alcuni storici hanno definito Livio più poeta che storico, volendo con questo affermare che egli non è da prendere alla lettera. Si potrebbe rispondere semplicisticamente che non si comprende come Livio possa essere affidabile in taluni casi e non degno di atten- zione in tal’altri; non si comprende come si possa essere storiografo affidabile e nello stesso tempo visionario. Guido Vitali nella sua prefazione alla Storia di Roma dice del nostro: « Assai più che uno storico nel significato vero e proprio del termine, egli è dunque un narratore di storia2 ». E forse questa è la definizione più giusta dal momento che nell’opera liviana ritroviamo fatti realmente accaduti accanto a leggende ampiamente diffuse nel mondo romano; lo stesso Livio, con molta correttezza intellettuale dice di sé: « quei fatti accaduti prima o durante la fondazione di Roma, adorni di poetiche favole piuttosto che di sicura documentazione stori- ca, io non penso né a confermarli né a confutarli »3. Di certo non si puó affermare che Livio abbia fatto tesoro delle intuizioni di Polibio, storico di razza, il quale sosteneva che compito dello storico non è quello di stupire il lettore con artifici retorici o con fatti prodigiosi, ma limitarsi ad esporre i fatti, anche i più insignifican- ti, secondo verità. Tuttavia va dato atto a Livio che non si è inventato

1 Livio iniziò la sua opera tra il 29 e 27 a. C. 2 G. Vitali, op. cit., Lib. i, pag. XV. 3 « quae ante conditam condendamve urbem poeticis magis decora fabulis quam incorruptis rerum gestarum monumentis traduntur, ea nec adfirmare nec refellere in animo est », Praefatio, pagg. 4/5. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 87 nulla, anzi per certi versi dobbiamo essergli grati per averci tramanda- to tante leggende che fanno parte ormai del bagaglio culturale del nostro popolo. Un appunto gli si puó muovere: fu storico di parte, per- ché storico di Roma; caricò di enfasi le gesta delle legioni romane; quando evidenziò l’eroismo dei nemici fu solo per attribuire maggior valore ai soldati di Roma. Ma per fare ciò non aveva bisogno di inven- tarsi personaggi e circostanze: gli era sufficiente far pronunciare un certo discorso ad un console o ad un tribuno oppure decantarne le doti umane e militari, oppure celebrare i trionfi ingigantendo i bottini di guerra. A parte questi aspetti, che possono considerarsi marginali, va evi- denziato che quelle che sono esagerazioni attribuite a Livio sono in realtà esagerazioni delle sue fonti, specialmente quelle coeve ai fatti narrati: quelle sì avevano interesse a manipolare la descrizione degli avvenimenti a scopi propagandistici. Le fonti del nostro, oltre il più volte citato Fabio Pittore – che a sua volta si rifaceva a Geronimo di Cardia, a Callia di Siracusa, a Timeo di Tauromenio e ad altri storici greci – si sa, furono quelle ancora reperi- bili negli archivi romani dei suoi tempi, e cioè gli acta pubblici e pri- vati, i Libri e i Commentarii magistratuum, gli Annales maximi, i Fasti calendarii, i Libri e i Commentarii pontificum, le opere degli annalisti, le iscrizioni incise su colonne, su templi, su tombe, le laudationes funebres. Accanto a queste bisogna porre le relazioni scritte in tempo reale dai segretari o scribi prezzolati che i condottieri si portavano appresso perché decantassero le loro gesta e magnificassero le loro virtù, insomma qualcosa come gli odierni inviati speciali al fronte; lo scopo era di tutta evidenza: solo in parte una forma di vanità e di vana- gloria, molto, invece, un’operazione di propaganda elettorale per le imminenti elezioni a Roma, dove con le cariche pubbliche spesso si costruivano ingenti fortune. Tali relazioni non sono giunte fino a noi ma, conoscendo l’eccezio- nale modernità dei Romani in questo genere di cose, non possiamo dubitarne l’esistenza e tanto meno che ve ne fossero ancora al tempo di Livio, il quale non si lasciò sfuggire l’occasione di utilizzarle, tal- volta integralmente. Così si puó spiegare l’eccezionale corrispondenza tra i fatti e i luo- ghi, cosa che si verifica molto spesso nel racconto liviano. Se così non 88 EMiLio PiSTiLLi fosse non potremmo comprendere, per esempio, come mai Livio, nel- l’accennare alla collina dietro la quale si doveva nascondere Spurio nauzio con le coorti e i muli, la definisce tumulus anziché semplice- mente collis o colliculus, ma soprattutto perché gli avvenimenti sono visti sempre e soltanto dalla parte dei Romani, AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 89

8 - DOVE CERCARE AQUILONIA

8.1. fortificazione, non città Dunque se Livio fa fede, come credo debba farne nel caso nostro, possiamo analizzare da vicino quella che egli chiama urbs di Aquilonia. nell’irruzione del console all’interno delle mura Livio non fa cenno a strade, palazzi, né ad un incendio come per Cominio. Tutto ciò ci fa pensare che all’interno delle mura non vi fosse qualcosa che potesse definirsi città come noi la intendiamo. E allora dobbiamo far ricorso a quanto ho detto prima circa le città dei Sanniti1. qui ci troviamo di fronte ad un insediamento di primo tipo: la forti- ficazione in alto, utilizzata solo per le emergenze e, forse, per le ceri- monie religiose; l’abitato a valle, in luogo più accessibile e presso abbondanti fonti d’acqua, soprattutto per abbeverare il bestiame. nel circuito poligonale di monte Sambùcaro le condizioni per una vita residenziale non sono certamente favorevoli: la parte più alta, presso Croce di Macchia, è battuta da venti spesso di eccezionale vio- lenza; ogni inverno vi si verificano abbondanti nevicate; le zone ripa- rate già descritte sono piuttosto limitate e consentono un certo confort solo per un limitato periodo dell’anno. Per questo motivo l’area non è stata più utilizzata nelle epoche successive se non per presenze stagio- nali. Va aggiunto che dalla fortificazione Marena-Falascosa si poteva avvistare quella di Casinum e, attraverso il valico di Capo di China, quella di Cominio; da quest’ultima si avvistavano le mura di Atina; insomma una rete di postazioni che si guardavano a vicenda, cosa, que- sta, tipica del sistema difensivo dei Sanniti. Se il circuito poligonale di S. Vittore non dovesse essere quello di Aquilonia, vista la sua eccezionale estensione (complessivamente circa tre chilometri), si dovrà pur dire a quale città sannitica apparte- nesse: non si puó pensare, infatti, che quell’opera immane servisse solo come fortilizio di avvistamento o come luogo sacro (come quello

1 Vd. supra par. 2.1. 90 EMiLio PiSTiLLi di monte Cierro in S. Elia Fiumerapido), o, infine, come riparo per le pecore. Certamente era connesso, insieme alle contigue mura di S. Eustachio, con un sottostante centro abitato di qualche importanza. Se lo si dovesse individuare in funzione di una città diversa da Aquilonia, si dovrebbero trovare delle motivazioni più convincenti di quelle qui riportate.

8.2. La città a valle Dunque, dicevamo, è giù che bisogna cercare tracce dell’abitato, sulle ultime balze del monte Sambùcaro. E infatti su di esse oggi sor- gono due ridenti paesi: S. Vittore e S. Pietro infine. L’origine di questi due centri è medioevale e fu determinata dallo stato di insicurezza per le continue scorribande saracene. Ma nulla ci impedisce di pensare che in epoche molto precedenti quelle zone fos- sero abitate da popolazioni dedite alla pastorizia o all’agricoltura, popolazioni che, per la loro economia piuttosto povera, hanno potuto lasciare scarse tracce della loro frequentazione. Ma tali tracce non si debbono ricercare necessariamente sotto gli abitati medioevali dei due paesi. Vi è un’area assolutamente inesplora- ta proprio tra S. Vittore e S. Pietro infine, quella dove finisce la zona rocciosa del Sambùcaro e si adagia gradualmente verso la radice del monte. Lì il dilavamento dei fianchi della montagna ha accumulato metri e metri di terra e detriti, ciò significa che eventuali ricerche si dovrebbero fare a notevole profondità. nonostante ciò da una sommaria ispezione del sito si è notata una gran quantità di materiale laterizio in superficie. Ricalcando le orme di Livio non trovo indegno riportare anche … le “favole”. i più anziani della zona narrano che in quel luogo in tempi antichissimi sorgeva una grande città che veniva chiamata Napuluózzö: è evidente la derivazione da Neapolis, cioè nuova città. Ma probabilmente la tradizione nasce dal ricordo della cittadella dei Greci di cui ho parlato innanzi2. Però non è favola quanto segnalato dal Giannetti nella sua relazione già ricordata3. Egli accenna ad un complesso rurale in località

2 Vd. supra par. 1.1. 3 Vd. supra par. 4.4., nota 27. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 91 “Abbondanza” o “Mura abbandonate” ricco di resti murari molto anti- chi e di materiale fittile di varie epoche; dovrebbe essere ciò che resta di un antico tempio pagano frequentato in età preromana e romana. Ma diamo la parola al Giannetti: « … in località Mura Abbandonate, e precisamente nel terreno del sig. Luigi Decina, si scoprono segni di muri di fondazione affossati nel terreno coltivabile o affioranti da esso. Pare che detti muri siano formati alla base di grossi massi squadrati e, superiormente, di struttura ad opera incerta. Afferma il Decina che non è facile arare presso la casa colonica; e mostra due grandi pietre calca- ri aventi ciascuna una faccia squadrata in modo da combaciare perfet- tamente se poste in contatto. Ciascuna delle facce ha un incavo semi- sferico del diametro di circa m 0,50, mentre un lato dei massi misura circa m 0,80. La cavità sferica che si formava unendo i due massi comunicava con l’esterno a mezzo di una fessura, larga cm 1 0 x 7 aperta al vertice di una depressione imbutiforme. « È probabile che le due pietre fossero state così lavorate per for- mare il thesaurus di un tempio; e messa l’una sull’altra, con i due inca- vi combacianti, furono rinvenute ed estratte da terra alcuni anni fa. Del resto che in quel posto vi sia stato un tempio pagano lo si desume anche dalla numerosa suppellettile votiva (mani, piedi, maschere, testi- ne, vasetti ecc.) che viene estratta da probabili favisse infossate nel ter- reno adiacente; che tale tempio risalisse ad epoca preromana perdu- rando fino ad epoca imperiale romana, lo si deduce da frammenti di ceramica recanti ornamentazioni tipo appenninico (bozze, tacche, mammelloni); o di ceramica a vernice nera dal Lamboglia classificata come Campana A e B; o da oggetti vascolari di forme grecizzanti; o infine da testine muliebri dalla particolare acconciatura dei tempi del- l’impero romano. Da notare infine che il luogo suddetto è unito alla fortificazione di Colle Marena-Falascosa per mezzo di una strada che, inerpicandosi per un vallone, raggiunge Collecaso »4. Collecaso (o Collecase) è sul versante meridionale del colle Marena-Falascosa ed è servito da una comoda mulattiera che parte dalla località La Canala. A circa metà percorso di detta mulattiera sor- gono i resti di una chiesa medioevale dedicata a S. Angelo; quel luogo è detto anche “Grotta di Annibale”.

4 Loc. cit. pag, 110. Vd. anche qui, Appendice A.3. 92 EMiLio PiSTiLLi

40- Le mura di S. Eustacchio sul versante meridionale del Sambùcaro.

Per numerosi altri ritrovamenti in questa ed altre zone di S. Vittore rinvio al libro “San Vittore del Lazio – Storia economia e futuro di un paese”, del 1990, a cura dell’amministrazione comunale (pag. 49 e sgg.)5.

8.3. Un antico tratturo A rendere interessante il versante meridionale del Sambùcaro è la strada mulattiera che origina dall’antico centro abitato di S. Pietro infine e sale obliquamente verso Croce di Macchia quasi in linea retta, salvo un solo breve tornante. A circa metà di questo percorso, su una sporgenza del monte, sorgono resti molto interessanti di mura poligo- nali, simili a quelli della superiore fortificazione; le mura si dipartono dallo sperone del Sambùcaro e scendono a valle divaricandosi in modo da racchiudere una vasta area triangolare simile a quella della vicina Casinum; sui resti del promontorio sono state sovrapposte altre strut- ture murarie in epoca cristiana; il luogo è denominato “S. Eustachio”.

5 Anche “Lineamenti di storia di S. Vittore del Lazio”, a cura dell’Archeoclub di S. Vittore del Lazio, 1986. Si veda anche l’Appendice al termine di questo lavoro. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 93

41- Particolare delle mura di S. Eustacchio. A margine del complesso vi è una cisterna6. quelle rovine hanno tutto l’aspetto di un fortilizio di avamposto e di controllo della nostra mulat- tiera, che è l’unica via di accesso per il Molise. Ma non si puó esclu- dere una importanza religiosa dal momento che in periodo benedettino vi fu innalzata la chiesetta di S. Eustachio: i monaci nella loro opera di evangelizzazione usavano sostituire ai santuari pagani le chiese cri- stiane. Della mulattiera mi sono occupato ampiamente in articoli vari7 nei quali la classificavo come tratturo per la transumanza di breve percor- so tra la valle del Rapido-Peccia ed il vicino Molise. questa strada, che, come già detto, a partire dalla sommità di Croce di Macchia verso La Radicosa prende il nome “S. Leonardo”, è stata molto frequentata fino a tempi recenti da chi si muoveva per commercio o semplicemen-

6 Maurizio zambardi, San Pietro Infine, monumento mondiale della pace, 1998, pag. 38; id., Fortificazioni sannitiche in San Pietro Infine, in “oggi e domani”, bime- strale di S. Pietro infine, anno i, n. 1 (febbraio 1987), pagg. 4-5, dove si trovano interessanti e condivisibili spunti per la conoscenza del luogo e per la sua destina- zione; a quest’ultimo lavoro rinvio per ulteriori approfondimenti. 7 Per tutti rinvio a “I vecchi tratturi per un turismo alternativo”, in “L’inchiesta”, 14.9.97, pag, 13; vd. anche supra, Appendice A.6. 94 EMiLio PiSTiLLi

42- Lo sperone di S. Eustacchio con uno dei muri in opera poligonale che scen- dono a valle. te per le fiere di bestiame tra il basso Lazio ed il Venafrano. L’unica alternativa a questo percorso era costituita, fino a qualche decennio fa, dalla carrozzabile “Tre Torri”, resa malfamata, quest’ultima, dalla pre- senza dei briganti; ora una moderna galleria risolve ogni problema di collegamento con il Molise. Da qualche anno la strada San Leonardo è stata resa percorribile con fuoristrada. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 95

9 - UN RICCO PATRIMONIO ARCHEOLOgICO

9.1. Antichità attorno ad Aquilonia La scoperta della fortificazione di Colle Marena-Falascosa coincise, nello stesso 1972, con il ritrovamento di numerosi altri resti archeolo- gici. - nella frazione Muraglie, che chiude la spianata di Campopiano, oltre l’allineamento pseudo quadrato già ricordato1, vanno segnalati anche: un alto muro in opus incertum, con canali di scolo in terracotta di sicura epoca romana, a protezione della carrozzabile per S. Vittore (ora quel muro è stato abbattuto per ampliare la sede stradale!); un troncone di muro in opus reticu- latum ribaltato dalla sua base.

43- Costruzione nuragica lungo la via S. Leonardo, tra Croce di Macchia e Radicosa. La foto è del 1972; lo stato attuale del manufatto è notevolmente peg- giorato.

1 Vd. supra par. 5.1. e Appendice A.1. 96 EMiLio PiSTiLLi

- in località Campopiano sono segnalate delle tombe a cappucci- na; alcune di esse sono databili al iii sec. D. C. grazie al ritro- vamento di una moneta di Gordiano; ma tutta l’area presenta tracce di lunghi allineamenti murari interrati, mentre i contadini riferiscono di ritrovamenti di lucerne e “candelieri” in bronzo; abbondante il materiale fittile. - Spianata di S. Giusta: condotte idriche interrate in muratura, fornaci per il carbone e per la calce, tegoloni, di fattura molto antica, “che presentano in una faccia i segni del canniccio su cui furono messi ad asciugare quando l’argilla era ancora fresca2”. - Sul lato settentrionale del colle Marena-Falascosa, a valle della strada S. Leonardo della frazione Radicosa, su una spianata fre- quentata da pastori, sorgono costruzioni di tipo nuragico di epoca e fattura indefinita3 L’area delle mura, che prima era fre- quentata solo da pastori e cacciatori, dopo l’annuncio della sco- perta è stata meta di svariate escursioni di curiosi e di appassio- nati di antichità. Alcuni di questi hanno segnalato ritrovamenti di materiali fittili e qualcuno anche di monete; gli anziani di S. Vittore e di S. Pietro infine si sono ricordati di cose strane, di grotte, di sotterranei, visti in quei luoghi durante la fuga dai loro paesi nel 1943-44. Purtroppo in tali racconti non si sa mai quan- to ci sia di vero e quanto sia da attribuire alla fantasia. E la suggestione di una scomparsa città sannitica di fantasie ne suscita!

2 A. Giannetti, loc. cit., pag. 110. 3 E. Pistilli, Un “nuraghe” a S. Vittore del Lazio?, in “il Gazzettino del Lazio”, 20.12.1972, pag. 2; vd. anche supra, Appendice A.5. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 97

APPENDICE A Appunti di ricerca

Desidero affidare a questa pubblicazione alcuni dei numerosi appunti da me frettolosamente annotati durante e al termine delle mie escursioni in territorio di S. Vittore del Lazio in seguito al ritrovamento delle mura di Aquilonia. Spero si tenga presente che si tratta solo di appunti, non destinati ad essere pubblicati, e riferiti alla situazione del momento: se ora mi decido di inserirli è per non far perdere alcune importanti annotazioni che si riferiscono, spesso, a luoghi ora totalmente modificati.

A.1. “Muraglie” 12 marzo 1972

Per giungere a “Le Muraglie” abbiamo dovuto attraversare tutto l’a- bitato di S. Vittore, imboccare la rotabile per Cervaro e subito dopo piegare a destra, in direzione nord-est. Da tale diramazione ha inizio la via Muraglie, quasi interamente lastricata di ciottoli levigati dal dia- metro medio di una dozzina di cm. La via è larga circa m. 2 (a detta del prof. Giannetti, che mi ha accompagnato, è molto antica); dapprima discende verso il torrente Rio S. Vittore, che attraversa per mezzo di un ponte rifatto in epoca fascista – nei dintorni è facile reperire mattoni rettangolari, cotti in modo imperfetto, di apparente epoca precristiana –, poi si inerpica, sempre in direzione nord-est, verso un colle che si erge dalle ultime pendici del monte Aquilone. A poco più di un chilometro dall’inizio della via, al termine di un breve ma duro strappo, si trovano delle abitazioni agricole (poche unità a destra e a sinistra). Lì abbiamo dovuto lasciare la macchina. Abbiamo rivolto poche domande ai contadini che abitano in quelle case. Abbiamo così appurato che nei campi circostanti, in special modo in quelli più a monte, è facile reperire un’infinità di cocci di fattura anti- ca. Una donna, dopo una certa reticenza, ci ha dichiarato che tempo addietro, vangando nel suo podere su alle Muraglie, ha trovato dei resti di mura antiche abbastanza larghe. 98 EMiLio PiSTiLLi

invogliati da tali notizie abbiamo proseguito a piedi. La via, dal luogo anzidetto, prosegue ancora nella stessa direzione per circa 800 metri, sempre con il fondo acciottolato, dopo di che giun- ge ad un bivio. qui hanno termine i ciottoli; sulla destra ci si affaccia sul vallone del Rio S. Vittore (sull’altra sponda del vallone si vedono le case della contrada “Canala” e la via per la “Radicosa”, entrambe frazioni di S. Vittore del Lazio); proseguendo si percorre una via mulattiera, che, pare, termina su un dirupo. La via Muraglie, invece, piega a sinistra in direzione nord-ovest ed è frequentemente attraver- sata da rigagnoli di acqua che sorge sul lato destro della via; da quello stesso lato si erge maestoso l’Aquilone e alle spalle il monte Sambùcaro. Dopo aver percorso quest’ultimo tratto per altri 500 m. (altrettanta strada ci rimaneva da fare per giungere alle abitazioni delle Muraglie, che si intravedevano più su) abbiamo incontrato un contadino che ci ha rivelato di aver trovato, tempo addietro, una tomba interrata sulla som- mità del colle di cui abbiamo percorso le pendici (e di cui ho parlato prima). La tomba era formata da un letto di tegoloni di terracotta con i bordi esterni rialzati; sopra di essi poggiavano, a doppio spiovente, due file di tegoloni sì da formare un abitacolo a sezione triangolare; sulla sommità di detto abitacolo, a ulteriore copertura, correva una fila di canali semicilindrici. All’interno il contadino aveva rinvenuto uno scheletro ed un vasetto di ceramica “come un portacenere”. Lo stesso contadino ha poi ricordato di aver già notato delle tracce di mura anti- che un po’ più su, in direzione nord (nella stessa direzione della tomba). Altre mura, a detta dello stesso, si trovano sulla via più a monte, nel piccolo centro abitato delle Muraglie; e proprio a questi ultimi muri, molto probabilmente, è da far risalire il nome della loca- lità. Dopo il colloquio con il contadino abbiamo abbandonato la via e, attraversando alcuni campi in direzione della sommità della collina, ci siamo ritrovati ai piedi di un terrapieno di forma quadrata e alto, sul lato sud, circa m. 2,50. Su questo lato abbiamo trovato un muro in pie- tra e calcestruzzo del tipo “opus incertum”, di fattura, però, molto accurata; il muro, ribaltato verso l’esterno ed in posizione quasi oriz- zontale, è lungo m. 3,50 circa, spesso oltre un metro; non è possibile accertarne l’altezza effettiva perché la base affonda nel terrapieno. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 99 Seguendo il muro sullo stesso lato, ma ad alcuni metri verso est, abbiamo rinvenuto un tratto di muro megalitico dell’altezza massima di m. 1,50 circa e lungo m. 6 circa, formato da due file sovrapposte di grossi macigni squadrati; ne abbiamo misurato uno: alt. m. 1, lungh. m. 1,10, profondità m. 1,10 il muro era quasi del tutto ricoperto di arbusti, terra e letame, lì riversato dalla vicina casa colonica sita nel bel mezzo del terrapieno. È stato necessario sterrar- lo; e ciò è stato possibile grazie all’intervento del sig. Antonio Vendittelli, contadino del luogo. La zona del terrapieno viene denominata “Pezzelle”. Lo stesso Vendittelli ha poi affermato che mura megalitiche, dello stesso tipo di quelle appena rinvenute, ma 44- Muro di sostruzione in località Muraglie. formate da massi molto più grandi, si trovano alle spalle del monte Sambùcaro, in località “Falascosa” e “Marena”, due balze contigue separate da un avvallamento. La muraglia era possibile osservarla dal punto in cui ci trovavamo. infatti in direzione sud-est, a qualche centi- naio di metri più giù della cima Marena (è strano come questo termine ritorni spesso nelle montagne del basso Lazio), a partire da un piccolo dirupo e procedendo verso est, è possibile distinguere nettamente una muraglia che scende leggermente verso il detto avvallamento per poi risalire lungo la zona Falascosa e scomparire verso la sommità dopo aver aggirato il cocuzzolo (che è un po’ più elevato del Marena). A detta del Vendittelli quei macigni sarebbero stati portati lassù dalle fate; tale credenza abbiamo riscontrato poi in altre due donne del luogo. Alla sommità delle due balze ci sarebbero due notevoli pianori, mentre un po’ più su del dirupo del Marena, donde ha inizio la mura- glia, ci sarebbero i resti (sempre a detta del Vendittelli) di una bellissi- ma “casa” fatta con pietre enormi e lavorate. Dopo tali interessanti dichiarazioni ci siamo aggirati nella zona del 100 EMiLio PiSTiLLi terrapieno ed abbiamo rintracciato altri resti di mura in “opus incer- tum”; taluni ribaltati come il precedente, altri costeggianti la via prin- cipale che in quel tratto, tra due brevi file di case, riassume la struttu- ra a ciottolato. Sullo spiazzo superiore del terrapieno, davanti alla casa anzidetta, si trova una grossa pietra squadrata, attualmente usata come sedile, ritro- vata per caso quasi nel centro di quella che oggi è l’aia della casa colo- nica. Da quel luogo si gode di un panorama bellissimo: le falde dell’Aquilone, il monte Sambùcaro, la valle del Volturno, Mignano Montelungo, la parte meridionale della valle del Liri, e, più da presso, S. Vittore; a occidente troneggia minaccioso il corno del colle “Chiaia”. Sembra che la via Muraglia prosegua, ma in pessimo stato, fino a Cervaro aggirando a nord il colle Chiaia. Sembra inoltre che tra il lato sinistro del Rio S. Vittore, ai piedi del monte Sambùcaro, e il poggio in cui è abbarbicata la contrada Muraglie, in prossimità della “Sorgentina” (a est della zona ispeziona- ta), si trovi un ponte che gli abitanti definiscono molto antico.

N. b. – La strada per la frazione Muraglie è stata rifatta dall’amministrazione comunale in tempi recenti con notevole ampliamento della carreggiata: ciò ha com- portato anche l’abbattimento del lungo muro di epoca romana che fungeva da sostru- zione nel lato a monte.

A.2. Sambùcaro – Marena 16 marzo 1972

Dopo aver percorso circa due chilometri dalla via Canala in direzio- ne nord-est, costeggiando il Rio S. Vittore, abbiamo seguito un trattu- ro che si inerpica alla sinistra di un valloncello verso la sommitaà Marena. il tratturo è impervio e molto spesso scompare per poi ricom- parire più innanzi; ma notevoli sono le ramificazioni. La montagna è molto ripida, rocciosa e, per una larga fascia, rico- perta da una bassa boscaglia di carpini. Dopo una faticosa ascesa, accompagnato da mio fratello Romano, esperto fotografo, sono arrivato a circa m. 100 dalla cresta. Lì mi si è AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 101 finalmente presentata una lunga e poderosa muraglia, che, partendo da un dirupo roccioso che incombe su La Canala, piega verso oriente in un avvallamento che divide il Marena in due costoni e risale volgen- dosi a sud-est fino ad interrompersi nella sella tra il Sambùcaro e la cima Marena: quel punto, mi ha poi detto un pastore, viene denomina- to “La Croce”; ma vale la pena confermarne l’esattezza. Anche in tale luogo la muraglia si perde fra le rocce di un baratro che si affaccia un po’ più a nord di S. Pietro infine. il percorso della muraglia si puó calcolare attorno ai tre chilometri di lunghezza. La muraglia ha l’altezza media di m. 1,50; è interrotta solo in alcu- ni brevissimi tratti, a causa del vento, della pioggia e della neve; in tali interruzioni i pastori hanno ricavato dei passaggi per i loro sentieri. La struttura ha tutto l’aspetto di un gigantesco recinto ed è formata da un’infinità di pietre e macigni sovrapposti in maniera molto irrego- lare; la loro facciata esterna, per lo più spianata (ma sempre grezza), misura in media cm. 60 di altezza e 80 di lunghezza, mentre lo spes- sore è proporzionalmente molto più ridotto. Si tratta di pietre poste spesso di taglio, ma è molto facile trovare, nella composizione del muro, massi molto grandi, di forma tozza (quasi parallelepipedi) posti

45- Appunti per una rappresentazione grafica della cintura muraria di colle Marena - falascosa. in senso trasversale, dall’esterno all’interno, destinati, evidentemente, ad ancorare la struttura alla montagna. Taluni massi hanno la facciata superiore al metro e 20 cm. 102 EMiLio PiSTiLLi

il lato esterno della muraglia è assai piatto, cioè privo di sporgenze ed ha tutto l’aspetto di muro poligonale.

46- Appunti presi sul luogo della muraglia.

non è stato possibile accertarne lo spessore perché l’interno è tutto un riempimento di pietre e massi che vanno a congiungersi col terreno che sale rapidamente: lo spessore del riempimento va dai due ai tre metri e talvolta anche di più. il terreno esterno ai piedi della cinta muraria non presenta residui di pietre cadute dall’alto. Va tenuto presente al riguardo che un fortissi- mo vento spira da oriente ad occidente (cioè dall’esterno all’interno); sulle parti alte del colle il vento è addirittura irresistibile. Vale la pena riferire che in prossimità del termine sud-est ho trova- to un vento tanto forte che minacciava di strapparmi via gli occhiali se non li avessi trattenuti costantemente con le mani. Una relativa quiete regnava invece nei rari avvallamenti, in special modo nel valloncello n. 1 (vedi fig. 45), dove ho trovato residui di mat- toni e di vasetti (che ho consegnato al prof. Giannetti affinché li custo- disse). Residui del genere ho trovato anche in prossimità del costone roc- cioso donde ha inizio la muraglia, sul versante della Canala (n. 2 fig. 45), e più su in un avvallamento (n. 3 fig. 45). Altrove non ne ho tro- vati. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 103 L’interno della cinta presenta una infinità di rocce affioranti dal ter- reno; tra esse i pastori hanno costruito, disseminati di qua e di là, una serie di ricoveri in pietra, ora scoperti, per riparare se stessi e le bestie dal vento. Tutta la zona è impervia e non presenta possibilità di agevole acces- so se non sulla sella della muraglia (n. 4 fig. 45). Di là, infatti, sareb- be possibile far scendere una stradella con un largo giro verso le falde del Sambùcaro e alle spalle di un colle di fronte al Marena [collina “Stoppacciara”], zona, questa che non abbiamo esplorato (n. 5 fig. 45). Presso la sella, all’esterno del muro, abbiamo trovato una specie di rozzo lastricato, che potrebbe anche essere naturale; in quel punto il muro è per brevi tratti interrotto: talvolta ne restano solo singoli maci- gni poggiati sul terreno. Ma quella è la zona più sollecitata dal vento. Pochi metri più oltre la muraglia si perde fra le rocce dello stra- piombo su S. Pietro infine. Al ritorno siamo scesi dal monte di fronte al Marena [Stoppacciara] (ad est), lungo il versante che guarda proprio quest’ultimo. neanche qui abbiamo trovato tracce di stradelle; cosa del resto impossibile, data la natura del terreno. Cosa fosse alle spalle del colle dal quale siamo scesi non so.

A.3. “Mura abbandonate” 21 maggio 1972

in località “Mura Abbandonate” (nel dialetto locale pare si dica “Abbondanza”) ho ispezionato un campo sito ad ovest della vecchia via intercomunale che collega S. Vittore del Lazio con S. Pietro infine, ai piedi del monte Sambùcaro (in basso alla protuberanza Croce di Macchia). il terreno, con una casa colonica, è di proprietà di Luigi Decina di S. Vittore. Davanti alla casa sono posti due blocchi di pietra, identici, che, sovrapposti, formano un cubo di un metro con all’interno una cavità sferica del diametro di circa cm. 60 e perfettamente levigata. in una delle cavità semisferiche figura un foro comunicante con l’esterno del blocco. 104 EMiLio PiSTiLLi

47- Ritrovamenti in località Mura Abbandonate. A detta di Giannetti sarebbe un “tesaurus”. i blocchi sarebbero stati rinvenuti in loco, sovrapposti come già detto e pare che all’interno vi fosse della cenere e, forse, dei cocci. Sul terreno appartenente alla casa (poco più di un tomolo) si nota un AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 105 terrapieno malamente lastricato con pietre irregolari non molto grandi. Tutto all’interno ho raccolto, con il dott. Franco Galasso, una infinità di frammenti di ceramiche e laterizi (ne abbiamo riempito due sac- chetti, ma ve ne sono ancora tanti, tanti): per lo più vasi di ogni sorta e di ogni fattura; molti sono anneriti all’interno, altri (pochi) sono ver- niciati all’esterno con una patina nera e qualche accenno di disegno; nel fondo di uno di questi vasetti si nota un’incisione a forma di mar- gheritina [la solita “rosetta” di molta ceramica etrusco campana a ver- nice nera; vd. dis. 1 fig. 47 ]. Ho raccolto anche due tronchi di piramide di terracotta a base ret- tangolare e alti circa cm 8; verso la sommità vi è un foro orizzontale [questi manufatti in terracotta oggi vengono identificati come pesi per telaio]; su uno di questi appare una incisione sul lato largo alta cm. 3,5 [qualcosa tra una S ed un 8; vd. dis. 2 fig. 47]; altri frammenti note- voli sono stati catalogati. A m. 60 a sud della casa colonica esiste un arco in pietra in opus incertum, lungo circa m. 2 e affiorante dal terreno circa m. 1,50; sem- brerebbe una porta. Al di sopra dell’arco è un forno di epoca più recen- te. il proprietario del terre- no afferma che esistono delle fondazioni di muri interrati (dis. 3 fig. 47). numerosi cocci sareb- bero stati presi da collezio- nisti di Cassino e di Roma (testoline, piedi, vasi, ecc., 48- Ricostruzione grafica di un vasetto a verni- tutti in ceramica). ce nera in località Mura Abbandonate. Pare che nel terreno al di là della via, a nord dell’abitazione, esista una fontana molto antica, ma non l’ho visitata. A sud del terreno ispezionato c’è una cava di argilla abbandonata. Si puó pensare che tutto il complesso in questione fosse un tempio. nei giorni successivi altre escursioni sul luogo predetto. Uno del luogo (non mi si è voluto dire il nome) mi ha mostrato una punta di lancia, di fattura non comune, in ferro martellato (vd. dis. 4): è stata trovata all’interno del fondo Decina. 106 EMiLio PiSTiLLi

A.4. “I Passeggeri” 10 giugno 1972

Dalla intercomunale S. Vittore - S. Pietro infine, subito dopo il con- vento (venendo da S. Vittore), in prossimità di una chiesa abbandona- ta [“Madonna del Soccorso”], si diparte una via che sale verso Sambùcaro, in direzione di una cava di stucco. Dopo circa m. 400 dal- l’inizio della via, si trova un casolare semidiroccato con una stalla. Adiacente al casolare, verso est, si notano delle arcate interrate, con pilastri quadrati che terminano a croce. i pilastri, su tre file (ognuna di tre) sono posti alla distanza tra loro di circa tre metri: potrebbe trattar- si di una chiesa molto antica, ma anche di una cisterna di epoca roma- na [sul luogo oggi sorge il ristorante L’oliveto]. Davanti a tali resti è stata rinvenuta una colonnina da balaustra in cemento, sezione quadrata, alta circa un metro, ornata con riquadri molto precisi sui lati. questo farebbe propendere per un chiesa.

A.5. Via S. Leonardo – Croce di Macchia 27 agosto 1972

Via mulattiera che, dalla Radicosa, conduce a S. Pietro infine vec- chia attraverso il passo di Croce di Macchia – Via S. Leonardo.

La via, segnata sulle carte topografiche, proviene da Conca Casale, passa poco distante dalla Radicosa, a quota 550 m., e, senza mai per- dere quota, sale a Croce di Macchia, a m. 702, distante circa m. 150 dalla porta principale di Aquilonia; di qui precipita trasversalmente sul versante sud del Sambùcaro e sbocca nella parte alta del vecchio e dis- abitato caseggiato di S. Pietro infine dopo essere passato ai piedi della protuberanza su cui sorgono le rovine di S. Eustachio. il tratto da me percorso è lungo dai sei ai sette chilometri e procede quasi sempre in linea retta, senza tornanti, fatta eccezione per l’ango- lazione di Croce di Macchia. A partire dalle poche abitazioni della zona, in prossimità della Radicosa, segnate a quota 575 sulla carta topografica militare al AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 107 25.000 del 1942, la via presenta notevoli resti di un ciottolato di media grandezza. Al centro della via corre una fila di pietre più grandi, come una spina dorsale. il lastricato si conserva ancora a volte sul lato sini- stro della fila centrale, a volte sul lato destro, raramente per l’intera carreggiata, che varia da m. 1,50 a m. 2,50. Alla sinistra, procedendo verso sud, corre un terrapieno alto in media m. 1, da cui si dipartono alcuni sentieri che salgono verso la base del Sambùcaro (che domina sulla sinistra); alcuni di questi sono segnati sulla carta. il ciottolato è visibile fino a quota 624 (vedi la car- tina allegata). A questo punto si ha l’impressione che la via abbandoni il primitivo tracciato (che dovrebbe procedere diritto, sia pure in sali- ta) per volgere verso destra alla ricerca di un più agevole passaggio, con minore pendenza. Più oltre, appena valicato il colle prospiciente la Falascosa (il colle “Stoppacciara”), la stradella va quasi a perdersi nella folta macchia che si estende verso l’alto, sulle pendici del Sambùcaro. in corrispondenza del declivio della Croce di Macchia scompare del tutto. Riappare poi all’imbocco del versante sud del Sambùcaro, ma è soltanto un’imper- via mulattiera pietrosa che ha subito chissà quanti ritocchi nel suo trac- ciato a causa delle innumerevoli frane che sconvolgono l’intero ver- sante, assolutamente privo di vegetazione; di lì è indescrivibile il pae- saggio che si puó ammirare. L’intero percorso, dalla Radicosa a S. Pietro infine, si puó dividere in due tratti: il primo quasi pianeggiante fino a Croce di Macchia e abbastanza agevole, il secondo fin troppo ripido. nel primo tratto si possono notare numerose tracce di un antico pas- sato, a parte il fondo stradale che mostra inequivocabilmente quanto debba essere stato frequentato, nonostante l’assoluta mancanza di abi- tazioni nel raggio di diversi chilometri. nel punto segnato dal numero 1 sulla carta è posta, sul lato sinistro della via, una vaschetta in pietra locale lunga cm. 108, larga cm 53, alta da 40 a 30 cm., profonda all’in- terno cm. 22, con le pareti spesse cm 10, con due spigoli vivi su un lato lungo e due arrotondati sul lato opposto (come se fosse stata addossa- ta ad una costruzione); nel fondo della vaschetta appare incisa la scrit- ta: 8 S V M ben centrata, con lettere molto grandi. Addossato alla vaschetta, ma più in là, è un pozzo con l’interno in muratura (la parte superiore è stata rifatta) di fattura molto antica. L’interno è a forma di 108 EMiLio PiSTiLLi botte; al livello dell’acqua (a circa tre metri in basso) è largo circa m. 3, all’imboccatura appena un metro; la parte esterna affiorante è tutto un ammasso di pietrame, protezione precaria alla fonte d’acqua. A pochi metri di distanza da questo pozzo, a destra della via, in un breve pianoro, si notano altri tre pozzi, uno dei quali ha una copertura in cemento; di questi ultimi non ho potuto esplorare l’interno a causa del- l’intenso buio che impedisce di vedere. Al numero 4 della carta si scorgono altri due pozzi identici al primo qui descritto (n. 1). Tutti i pozzi sono ricchi d’acqua e abitualmente usati dai pastori. Al numero 5, in prossimità del colle prospiciente la Falascosa (colle “Stoppacciara”), a quota m. 680, ho notato alcune costruzioni in pietra a secco, di fattura molto strana; un paio di queste hanno la vaga forma di nuraghi: una specie di tronchi di coni; l’interno (lastricato) è a bot- tiglia, cioè molto largo alla base, con una stretta apertura alla sommi- tà; c’è una notevole sproporzione tra lo spessore del muro alla base e quello in alto. La porta d’ingresso è molto bassa: occorre chinarsi per entrare. Alcune di queste costruzioni sono invece squadrate e addossa- te alla parete rocciosa. Uno dei “nuraghi” si conserva in ottime condi- zioni, un altro è semidiroccato; da quest’ultimo si puó notare che le pietre, non molto grandi e irregolari, sono sovrapposte quasi in cerchi concentrici; dall’esterno, però, non si nota alcun allineamento. (fig. 43)1. Che servano da riparo per i pastori ed il bestiame è evidente, ma chi le ha fatte? A che epoca risalgono? quale tradizione le ha tramandate a noi in quel luogo? non è certo da tutti realizzare tali costruzioni, ardite nel loro genere. in tutto il mio girovagare nel basso Lazio e nel vicino Molise non ne ho mai viste di simili; mentre qualcosa che vi si accosti in maniera interessante si trova un po’ dappertutto in Puglia, specialmente nella penisola salentina: lì vengono chiamati furniéddi ed appartenevano al mondo agro pastorale; ora sono utilizzati soprattutto per essiccarvi fichi o altri frutti della campagna. L’accostamento non appare azzardato se ricordiamo che i pastori abruzzesi e molisani da tempi immemorabili hanno fatto transumanza in terra di Puglia: dun- que quella tecnica edilizia puó essere stata acquisita in quelle occasio-

1 E. Pistilli, “Un ‘nuraghe’ a S. Vittore del Lazio?”, in “il Gazzettino del Lazio”, 20.12.1972, pag. 2. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 109

49- Via S. Leonardo: appunti in escursione. ni e riprodotta talvolta anche sui nostri monti, anche se va sottolineato che quelli di S. Vittore strutturalmente hanno qualcosa di diverso. nel primo tratto della via ho raccolto alcuni frammenti di ceramica, forse medioevale. nel secondo tratto poco da rilevare. A metà della discesa verso S. Pietro infine, ai piedi di S. Eustachio, 110 EMiLio PiSTiLLi si attraversa una muraglia (forse una porta) del tipo poligonale molto simile a quella di Aquilonia, con massi abbastanza grandi, ma è molto frammentaria. Discende da S. Eustachio e volge verso ovest. Dall’alto di Aquilonia è anche visibile. Da questo punto in poi la via deve aver subito numerose modifiche; talvolta è anche difficile riconoscerne il tracciato. Appena valicato il vallone “Strette”, in zona Castellone, il tracciato riprende ampio e ben conservato, fino alla sommità del paese abban- donato di S. Pietro infine. A detta di alcuni anziani pastori l’intera via veniva percorsa, forse fino a prima della 2ª guerra mondiale, molto di frequente; specialmen- te in occasione di fiere a Conca Casale i mercanti, i contadini e i pasto- ri salivano lungo quella via, che era l’unica praticabile per chi prove- niva dalla valle del fiume Peccia.

N. b. – La via S. Leonardo a nord di Croce di Macchia è stata rifatta e resa carroz- zabile: molte delle cose qui segnalate non sono più visibili.

A.6. “Muraglie” 8 ottobre 1972

il contadino Vendittelli, fratello di Giuseppe, abitante a S. Vittore, mi riferisce che quando era piccolo, andando a “Marena”, sul pianoro vedeva una costruzione circolare in pietre a secco a forma di torre restringentesi verso l’alto. Dalla descrizione mi viene in mente il “nuraghe” ritrovato lungo la via S. Leonardo. Giuseppe Vendittelli, poi, ritiene che potrebbe essere stato costruito con delle forme interne in legno, forme che, a costru- zione ultimata, venivano tolte; ma precisa che si tratta solo di una sua supposizione.

A.7. S. Pietro Infine 1 dicembre 1972

il signor orlando Compagnone mi segnala tombe non ben precisate AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 111 su monte Sambùcaro e pitture in località “Santuiti” (S. Vito) presso “le grotte”. inoltre molti laterizi alle spalle del cimitero di S. Pietro infine in direzione dei “niri” (iannelli), dove dice di aver trovato anche delle “monete di terracotta”!

50- Il Casalino della Radicosa ed altri ritrovamenti in S. Pietro Infine.

A.8. Vallone Radicosa 30 gennaio 1973

in località Colle Murato, alla Radicosa, ho ispezionato una costru- zione, che lì chiamano “casarino”, a pianta rettangolare, lunga m. 3,60 e larga m. 2,20. Le pareti sono alquanto arcuate verso l’interno fino ad un’altezza di m. 1,60, al di sopra di queste poggia una copertura a volta la cui freccia misura m. 1,30. La porta d’ingresso è larga un metro ed 112 EMiLio PiSTiLLi alta m. 1,80. Lo spessore dei muri è di cm. 46. Sulla parete di sinistra, presso la porta, si apre un canale di scolo cir- colare lungo m. 1.70; il suo diametro misura cm 10. L’intonaco interno è di colore rossiccio, forse di cocciopesto. L’ambiente ha tutto l’aspetto di una cisterna. (Fig. 50.)

A.9. “fauciara” S. Pietro infine 25 gennaio 1973

Campo antistante il cancello del cimitero, a sinistra della via comu- nale, di proprietà di olindo Rossi (?). Durante gli scavi delle vigne sono venuti alla luce numerosissimi frammenti di ceramiche e laterizi vari; a circa un metro di profondità si rinvengono grosse pietre squadrate solo su una faccia della larghez- za di cm. 42 e lunghezza indefinibile perché interrate: appaiono di tra- verso (est-ovest circa) nei fossi per le viti; una di quelle pietre è stata estratta e misura circa m. 1,30. Un altro blocco di pietra è squadrata su tutte le facce e misura cm. 6 0 x 6 0 x 6 0 ; su un lato si notano dei pic- coli incavi rettangolari (n. 1 fig. 50): forse servivano per gli incastri con altre pietre. in prossimità di un forno seminterrato, alla profondità di un metro, si vede un tratto di muro in opus reticulatum in pietra tufacea; nume- rosi tasselli di reticolato sono sparsi su tutto il campo. Sul terreno si trovano due basamenti di colonnine in pietra tufacea (n. 2 fig. 50), settori di cerchio in laterizio (n. 3 fig. 50), grossi matto- ni di terracotta. Su un campo confinante è visibile un frammento di colonna in pie- tra nera (ma forse è cemento). Un profondo fossato mostra tracce, nell’interno, di muro in pietra e calce e gradini che scendono verso un arco in pietra interrato. i frammenti di ceramiche sono resti di vasellame domestico, ma taluni sono molto fini. Presenza di frammenti di intonaco con superfi- cie esterna rossastra. Tutto lascerebbe pensare ai resti di una ricca villa di epoca romana o forse anche di un tempio (?). AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 113 Sul posto c’è stato l’intervento dei carabinieri di S. Pietro infine e della Soprintendenza di napoli, che pare abbia intenzione di effettua- re degli scavi. Lungo la via del cimitero, sul muro a secco che la separa dal terre- no di Apollonia Morgillo, ho raccolto una pietra spianata solo su un lato (alto cm. 35) con la scritta: … 03 … GELo Lo studioso Benedettino D. Angelo Pantoni definisce la scritta settecentesca: potrebbe leggersi: 1703 S. AnGELo e riferirsi alla scomparsa chiesa di S. Angelo di cui par- lano le cronache cassinesi medioevali. 51- frammento di epigrafe in S. Pietro N, b, - Sul luogo ha effettuato Infine. degli scavi la Soprintendenza di napoli.

A.10. “Campopiano” 9 novembre 1987

Accanto ad una tomba a cappuccina, m. 1,80x0,40, orientata nord-sud, profondità cm. 50-60, ritrovata dai gio- vani dell’Archeoclub già manomessa, in posizione parallela a questa e a distanza di circa cm. 20 sul lato ovest, è stata individuata un’altra tomba di uguale fattura ma con doppio letto di mattoni: numerosi frammenti ossei,

52- Tombe a cappuccina in Campopiano. 114 EMiLio PiSTiLLi

apparentemente di due diversi inumati (essendovi parti di cranio sia da una estre- mità che dall’altra); i mattoni apparivano di due diverse specie: una rossiccia ma molto friabile, e l’altra giallina, ben cotta e resistente; il tutto era crollato in seguito a schiacciamento. Al di fuori della seconda tomba, presso l’estremità sud, si è trovata una moneta di bronzo ben conservata, forse un sesterzio di Gordiano Pio (Gordianus Pius …), forse Gordiano iii, 238-244 d. C., e frammenti di un vasetto a ceramica rossa molto fine e sottile; sembra che vi fosse anche una lucerna a ceramica grigio-marrone, ma poteva anche trattarsi di altro vasetto. 53- Moneta di gordiano III i rilievi dei ritrovamenti sono stati fatti in una tomba a Campopiano. dai giovani dell’Archeoclub. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 115

APPENDICE b il patrimonio storico culturale di San Vittore del Lazio

Con questa sezione desidero evidenziare il contesto storico e cultu- rale dell’area interessata al ritrovamento delle mura di Aquilonia. Si tratta solo di una breve rassegna dal momento che per maggio- ri approfondimenti si puó fare riferimento alle pubblicazioni indi- cate nel testo e in bibliografia. b.1. La chiesa di San Nicola il sacro edificio sorge al termine di Via Greci, fuori dell’attuale cen- tro urbano ma fuori anche della cinta muraria dell’antico castello1. Esso è legato alla presenza, nel territorio comunale, di una colonia di Greci stanziatasi lì probabilmente attorno al sec. X, nell’ambito di una capillare diffusione su tutto il territorio dell’abbazia di Montecassino2. ne sono conferma lo stesso nome S. nicola, come pure quello della scomparsa chiesa di S. Basilio e il toponimo medioevale “li Greci” giunto fino a noi con “via Greci”. Sulle origini della chiesa non abbiamo notizie precise; la si trova citata per la prima volta nel Regestum II Thomae Abbatis (1285- 1288)3, poi nuovamente nel Registrum censuum et confinium del 1377, conservato nell’Archivio di Montecassino. Ma la sua costruzione è certamente di molto anteriore: lo confermano le strutture murarie del- l’edificio e le pitture in esso conservate. All’iniziale unica navata lunga m. 26,90 e larga m. 5,80 furono aggiunti due corpi laterali, il campanile sul lato destro verso l’altare ed il coro in sostituzione dell’area absidale4.

1 “ex et prope castrum” si precisa in documenti dell’archivio di Montecassino. 2 Vd. supra par. 1.1. 3 Fol. Vi,v, nel quale risulta come chiesa parrocchiale. 4 Per notizie più dettagliate sulla struttura dell’edificio si veda: S. Vittore del Lazio: La chiesa di S. Nicola, a cura della cooperativa “Lavorare insieme” di Cassino, in “Lazio Sud”, i, n. 3 (maggio 1982); per gli affreschi: A. Pantoni, Le pitture di S. Nicola a San vittore del Lazio presso Montecassino, estr. dal “Bollettino d’Arte” 116 EMiLio PiSTiLLi

i bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno gravemente compromesso l’edificio, tuttavia una serie di provvidenziali interventi di restauro hanno salvato gran parte del patrimonio più prezioso della chiesa, gli affreschi medioevali, opera di pittori di scuola benedettina. Le pitture vanno dal secolo Xi, tempo dell’abate Desiderio che rese splendida la basilica di Montecassino, al sec. XiV. non mancano, però, tracce sottostanti di altri affreschi di epoca precedente, dei quali anco- ra non si sono occupati gli studiosi. Le decorazioni pittoriche più antiche attualmente visibili sono quel- le della navata centrale: sulla parete di destra si riconoscono le figure di S. Luca e S. Giovanni Battista, del sec. XiV; sul primo arcone della navatella laterale campeggia il Cristo giudice (mutilato dalle opere di ristrutturazione) affiancato dalla Madonna e da S. Giovanni Battista, nonché da altre figure di santi ed apostoli, del sec. Xiii-XiV; sulla parete del secondo arcone fino al dopoguerra erano visibili pochi resti di un’ultima cena, accostabile alle pitture di S. Angelo in Formis, sec. Xi-Xii, e, di questa stessa epoca gli affreschi successivi raffiguranti una Madonna con il Bambino e S. Michele: questi, gravemente dan- neggiati dai bombardamenti, furono distaccati e portati a Roma per il restauro, ma non sono più tornati. Sulla parete di sinistra è appena riconoscibile un trecentesco S. Cristoforo, cui seguono le figure di S. Pietro e S. nicola, al quale è dedicata la chiesa: la loro esecuzione puó essere assegnata al sec. Xii. in alto, sulla stessa parete, sono tre figure, tra le quali sono riconosci- bili S. Giovanni Battista, a destra, ed il Salvatore al centro; riferibili al sec. Xii; al di sotto della terza figura si scorge un papa, che potrebbe essere S. Callisto; più a destra è visibile una Madonna che allatta Gesù e accanto una santa, forse S. Margherita di Antiochia, protettrice delle partorienti, entrambe di fine Trecento. Le pitture dell’abside sono andate quasi del tutto perdute, salvo pochi frammenti che riconducono ad un Cristo centrale affiancato da due figure, mentre nella parte bassa doveva esserci una serie di perso-

del Ministero della Pubblica istruzione, nn. 2-3, aprile settembre 1968, pagg. 132- 135, riportato, con qualche variazione, nel “Bollettino Diocesano di Montecassino”, anni 1973-1975, e, infine, in “San Vittore del Lazio” dello stesso autore del 2002, op. cit., ormai fonte primaria per la conoscenza della storia di S. Vittore del Lazio; E. Pistilli, Chiesa di S. Nicola, San Vittore del Lazio, in “Presenza Xna, Diocesi di Montecassino”, a. iX, n. 2 (febbraio 1999). AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 117 naggi rappresentanti il collegio apostolico, riferibili all’inizio del sec. Xii. nel corpo aggiunto del lato destro della chiesa si conserva la parte più cospicua del patrimonio pittorico di S. nicola. La rappresentazione delle “sette opere di misericordia” – “dar da mangiare agli affamati”, “dar da bere agli assetati”, “visita agli infer- mi”, “vestire gli ignudi”, “ospitare i pellegrini”, “visitare i carcerati”, “seppellire i morti” – è opera sicuramente del sec. XiV e fu commis- sionata da nicola da Guererio, rettore della chiesa di S. nicola5. Della stessa mano è il contiguo ciclo del martirio di S. Margherita di Antiochia; seguiamo la descrizione che ne fa lo studioso benedettino Angelo Pantoni: « nella prima scena, partendo da sinistra, è l’incontro della santa col governatore pagano; nella successiva la santa testimo- nia, innanzi al medesimo governatore, la sua fede cristiana; seguono altre due scene, quasi del tutto svanite. nel registro inferiore la santa, in prigione, alza un martello per colpire, probabilmente, il demonio, raffigurato nel riquadro successivo all’inferriata della prigione; segue la scena dell’immersione della santa in una caldaia bollente, e, infine, la decapitazione e la glorificazione dell’anima trasportata da angeli. [ ... ] Manca nel nostro ciclo la flagellazione della santa, ma era certo presente in una delle due scene ora illeggibili »6. Lo stile degli affreschi della navatella di destra ha molti caratteri comuni con l’esperienza giottesca, il che ha dato spunto a diversi stu- diosi di avanzare le più disparate ipotesi, tra cui la possibilità che in Terra S. Benedicti sia passato un allievo di Giotto, ma anche, al con- trario, che dalla scuola benedettina lo stesso Giotto abbia tratto ispira- zione. Va ancora aggiunto che interessanti affinità si possono riscontrare con alcuni affreschi della chiesa di S. niccolò di Treviso (sec. Xiii), specialmente per il gusto decorativo riferito al panneggio sottostante alla raffigurazione della Madonna con Bambino attorniata da santi, sotto l’organo della navata di destra, e a quella contigua della Vergine in trono con S. Domenico (?); entrambe sono assegnate a frescanti ope- ranti tra il XiV ed il XV secolo7. 5 nella scritta dedicatoria ancora si legge: (Hoc opus) fecit fieri per nicola(us) da(?) guererio rector eccle. sci/ (Nicol)ai post mortê suã p. manu ... 6 A. Pantoni, Le pitture di S. Nicola ..., cit., pag. 134. 7 Per maggior precisione posso aggiungere che gli affreschi in questione furono ritro- 118 EMiLio PiSTiLLi

Al di là di tali questioni resta l’enorme importanza delle pitture di S. nicola nel panorama artistico dei secoli Xi-XiV, del quale non si cono- sce ancora abbastanza. Dalla stessa chiesa è stato recuperata una sola statua lignea, quella di S. nicola, del sec. Xiii, alta circa m. 1,50; dopo il restauro fu affi- data al museo di Montecassino dove attualmente è custodita. La chiesa, ora monumento nazionale tutelato dalla Soprintendenza ai Beni culturali, a restauro ultimato, ha assunto l’aspetto austero delle origini, avendo perduto il corpo aggiunto di sinistra e l’atrio di fine sei- cento, quando le pitture erano coperte da una mano di bianco8.

54- L'austera facciata della chiesa di S. Nicola.

vati dal professor Mario Bottar, restauratore di molte opere d’arte di Treviso, nel 1923 sotto uno strato di calce; la Madonna con Bambino è affiancata da S. Giuliano, S. Giovanni Battista, S. Pietro ed altri tre santi ed è assegnata agli inizi del ‘400 con residui di bizantinismo, mentre la Madonna in trono, affiancata da S. Domenico, o forse S. Tommaso D’Aquino, che le porge il plastico della chiesa, è della prima metà del ‘300; enttrambi gli affreschi sono di autore ignoto. 8 Inventaria ecclesiarum, del 29 luglio 1696, in Archivio di Montecassino, t. iii, S. Vittore. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 119

55- Il campanile di S. Nicola.

56- La campana di S. Nicola sembra chiamare quella di S. Maria della Rosa. 120 EMiLio PiSTiLLi

57- Interno della chiesa di S. Nicola dopo il restauro.

58- S. Nicola: navata centrale e navatella laterale. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 121

59- S. Nicola: il corpo aggiunto della navatella laterale.

60- Presso l'ingresso a destra: S. giovanni battista (a sinistra) e S. Luca. 122 EMiLio PiSTiLLi

61- S. Nicola: al di sopra della prima arcata: serie di sei personaggi che guarda- no verso sinistra: probabilmente sei apostoli.

62- S. Nicola: al di sopra della seconda arcata: deposizione dalla croce. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 123

63- S. Nicola: navatella di destra; veduta d'insieme dei due cicli delle opere di mise- ricordia e di S. Margherita di Antiochia.

64- S. Nicola: navatella di destra; le sette opere di mise- ricordia: in alto "dar da man- giare agli affamati" e "dar da bere agli assetati"; in basso: "vestire gli ignudi" e "ospita- re i pellegrini". 124 EMiLio PiSTiLLi

65- S. Nicola: navatella di destra; in alto: Cristo benedi- cente tra due angeli e "visitare gli infermi"; in basso: "visitare i carcerati" e "seppellire i morti".

66- S. Nicola: navatella di destra; il ciclo di S. Margherita di Antiochia; in alto: S. Margherita incontra il governatore pagano; la santa testimonia la sua fede cristiana dinanzi all'imperatore; in basso: S. Margherita in prigio- ne alza il martello (a sinistra) per colpire il demonio (a destra). AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 125

67- S. Nicola: navatella di destra; in alto: un episodio della vita della santa e la sua flagellazione; in basso: S. Margherita immersa in una caldaia bollente e la sua deca- pitazione e glorificazione.

68- S. Nicola: altri riquadri nella navatella di destra, verso l'ingresso. 126 EMiLio PiSTiLLi

69- S. Nicola: particolare del- l'affresco (foto 68).

70- S. Nicola: l'Annunciazione, nell'affresco di foto 68. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 127

71- S. Nicola: S. giovanni Evangelista, nell'affresco di foto 68.

72- S. Nicola: navatella di destra, verso l'ingresso: figure di santi. 128 EMiLio PiSTiLLi

73- S. Nicola: l'abside con tracce superstiti di affreschi.

74- S. Nicola: lato destro dell'ab- side; frammento della raffigura- zione del collegio sacerdotale. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 129

75- S. Nicola: lato destro dell'ab- side; in basso: panneggio con figure simboliche.

76- S. Nicola: lato sinistro del- l'abside; frammento del collegio apostolico. 130 EMiLio PiSTiLLi

77- S. Nicola: lato sinistro del- l'abside; in basso: panneggio con figure simboliche.

78- S. Nicola: parete sinistra; S. Cristoforo. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 131

79- S. Nicola: parete sinistra; S. Pietro (a sinistra) e forse S. Nicola; sec. XII.

80- S. Nicola: parete sinistra; figura sacerdotale non identifi- cabile. 132 EMiLio PiSTiLLi

81- S. Nicola: parete sinistra; il Cristo con S. giovanni battista (a destra).

82- S. Nicola: parete sinistra; figura di santa. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 133

83- S. Nicola: parete sinistra; presso l'ingresso: uno stemma, probabilmente quel- lo di Capodiferro, e tre angeli.

84- S. Nicola: parete d'ingresso; tracce non leggibili di affreschi nella parte bassa. 134 EMiLio PiSTiLLi

b.2. Chiesa di Santa Maria della Rosa È la chiesa matrice del paese, presente già nel sec. Xiii-XiV, quan- do era sotto il titolo di Archipresbiteralis Ecclesia Sanctae Mariae9, in seguito detta anche S. Maria Maggiore. Acquisì il titolo attuale di S. Maria della Rosa nel 1561, quando l’altare laterale di S. Maria della Rosa fu incorporato in quello maggiore. L’edificio è a tre brevi navate e presenta la particolarità del campa- nile posto al centro della facciata d’ingresso. Prima degli eventi bellici del 1943-44 nella chiesa esistevano opere ed arredi cinque-seicenteschi, come gli otto altari ed il pregevole coro ligneo, in gran parte distrutti o trafugati. Per fortuna si sono salvati due confessionali del ‘700 e soprattuto il pulpito cosmatesco del ‘200 ed il monumento funebre del vescovo Guglielmo Capodiferro del ‘300. Di particolare interesse, oggi, i due portoni di bronzo: quello cen- trale intitolato “Mistica rosa”, inaugurato il 7 maggio 1994, e quello laterale dedicato a S. Vittore Martire, inaugurato il 10 maggio 1998, entrambi opera dello scultore Alberto Di Campli.

85- Chiesa di S. Maria della Rosa; lato nord.

9 Registrum confinium et Censuum (1278-1410), manoscritto in Archivio di Montecassino. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 135

86- Il campanile di S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio.

87- S. Maria della Rosa; in primo piano l'antico campanile a vela. 136 EMiLio PiSTiLLi

88- Il campanile della chiesa maggiore svetta su tutto il centro abitato. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 137

89- S. Maria della Rosa; porta centrale di bronzo intitolato "Mistica Rosa", opera dello scul- tore Alberto di Campli.

90- S. Maria della Rosa; porta laterale di bronzo intitolata a S. Vittore Martire, opera di Alberto di Campli. 138 EMiLio PiSTiLLi

91- S. Maria della Rosa; interno.

b.3. Il pulpito cosmatesco

Posto nella parte centrale della chiesa, verso sinistra – fino a tempi relativamente recenti era sul lato destro in posizione opposta all’attua- le –, costituisce una delle maggiori attrattive del paese per i cultori di arte antica. La composizione nel suo insieme, leggera e sobria, richia- ma modelli non presenti nel territorio. il pulpito, adorno di interessanti sculture e mosaici, poggia su quat- tro esili colonne, probabilmente provenienti da un riutilizzo, poggian- ti a loro volta sul dorso di quattro leoni che guardano verso l’interno. Particolarmente importante è la raffigurazione dell’eone lettorino che sostiene il leggìo del pulpito: in esso si interpreta il nudo del corpo umano in maniera totalmente svincolata dai modelli, ancora predomi- nanti in quell’epoca, del nudo classico romano. Di pregevole fattura anche i mosaici che “con i pavoni affrontati, ai lati di uno degli archi trilobi di sostegno, mostrano una leggerezza di fantasia che non si vede nella più ricca Ravello10”.

10 A. Pantoni, San Vittore, op. cit., pag. 91, anche in “Bollettino Diocesano di Montecassino”, n. s. anno XXX (1975), n. 1, pagg. 82-83; lo studioso benedettino AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 139

92- S. Maria della Rosa; il pulpito cosmatesco. 140 EMiLio PiSTiLLi

La datazione dell’opera si puó far risalire al ‘200, sia per le scultu- re che per la tipologia dei capitelli.

b.4. Il monumento funebre di guglielmo Capodiferro (guglielmo di S. Vittore)

nell’ingresso della chiesa di S. Maria della Rosa, sul lato destro, incassato nella parete, è visibile un monumento marmoreo rappresen- tante un personaggio disteso in posizione di morte, rivestito dei sacri paramenti vescovili. Sulla breve parete di testa è infisso lo stemma di famiglia: il capo di un guerriero protetto da un’armatura di ferro. Una piccola lapide di marmo (cm. 23x42) reca la motivazione del monumento:

GUiLLELMo iii CAPoFERREo qUi EX TURonEnSiS ECCLESiAE in GALLiA THESAURARio EPiSCoPUS THEATinUS A BEnEDiCTo Xii Anno MCCCXL. CREATUS, ET Anno MCCCLii. MoRTUUS EST SAnCTi ViCToREnSES ConCiVi SUo PoSUERE Anno MDCCXXXVi

Come si vede, l’iscrizione del 1736 si riferisce ad un Guglielmo iii Capodiferro, vescovo di Chieti a partire dal 1340. La lapide è di gran lunga posteriore al monumento, che, per caratteristiche tipologiche e per fattura, è senza dubbio del tardo Trecento11; mentre il testo dell’e- pigrafe è tratto quasi integralmente dalle brevi note storiche dell’Ughelli in Italia Sacra del 172012. La famiglia Capodiferro, o Capoferro, è attestata a S. Vittore fin

si rifà al giudizio espresso da G. nicco-Fasola, Due pulpiti campani del XII e del XIII secolo, in “L’Arte”, XLi (1938), pag. 10. 11 A. Pantoni, S. Vittore, Viii, in “Boll. Dioc.”, cit., pag. 83. 12 F. Ughelli, Italia Sacra, a cura di n. Ughelli, Venezia, Coleti, Vol. Vi, 1720, coll. 741-742. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 141 dalla metà del 1200. Troviamo infatti un Riccardo Capoferro (Capuferrus) come testimone in un contratto stipulato a S. Vittore il 4 febbraio 125313. nel 1273 figura testimone in uno strumento Petrus Capiferrus14. Ancora gli eredi di Riccardo Capoferro risultano proprietari terrieri nel 127415. nel sec. Xiii il cognome Capodiferro o Capoferro era abbastanza diffuso nel meridione d’italia, in particolare a Benevento, dove attor- no al 1252 un Capoferro viene eletto arcivescovo. nei secoli XV-XVi troviamo a Roma un ramo molto potente dei Capodiferro. Ma veniamo al nostro Guglielmo Capodiferro, più noto come Guglielmo di S. Vittore. non se ne conosce la data di nascita, probabilmente nell’ultimo ven- tennio del sec. Xiii, né si hanno notizie sulla sua formazione giovani-

93- S. Maria della Rosa; il monumento funebre al vescovo guglielmo Capodiferro. 13 Regesto di Tommaso Decano, in “Tabularium Casinense” di Montecassino, 1915, n. LVi, pag. 113. 14 ibid. n. 313, pag. 135 e n. 388, pag. 160. 15 Regesti Bernardi I Casinesis fragmenta, a cura di A. M. Caplet, Roma, Tip. Vaticana, 1890, n. 431, pag. 184. 142 EMiLio PiSTiLLi le. Lo si incontra per la prima volta nel 1310 con la carica di “scritto- re” alla corte papale di Avignone16. nel giugno di quello stesso anno risultava come canonico della chie- sa di Chieti e denunciò a papa Clemente V l’irregolarità dell’elezione a vescovo di Chieti di Goffredo di Galluzio. L’anno successivo era canonico nella chiesa di Agrigento. La brillante carriera ecclesiastica di Guglielmo continuò anche durante il papato di Giovanni XXii. nel 1316 era arcidiacono della chiesa di Aquino e conservò i bene- fici acquisiti nelle diocesi di Chieti e di Agrigento, nonché nelle dio- cesi di Palermo e di Terra di Lavoro. nel 1317 ricevette l’abbaziato del monastero di S. Pietro di Laureto, però dovette rinunciare al titolo di arcidiacono della chiesa di Aquino; ma, a riprova dell’influenza della sua famiglia, un suo parente, nicola Capodiferro di S. Vittore, prese il suo posto nella chiesa aquinate, men- tre il fratello Raimondo risiedeva ad Avignone, presso la corte papale ed era abate a napoli nel monastero di S. Sebastiano, che amministra- va per mezzo di procuratori. quest’ultimo fatto non piacque al vesco- vo di napoli Umberto, che impose dei gravami al monastero di S. Sebastiano. Raimondo interpose i buoni uffici del fratello Guglielmo ed ottenne nel 1319 da Giovanni XXii di essere liberato dai gravami. nel 1318 Guglielmo chiese la prepositura di S. Pietro della Foresta in cambio dell’abbazia di S. Pietro di Laureto. nel 1321 era stato nominato vescovo di Atri e Penne, ma vi rinun- ciò in favore del fratello Raimondo; in quello stesso periodo risultava ancora come “scrittore” del Papa. Ancora nel 1321, insieme al vescovo di Catania e all’abate della SS. Trinità di Mileto, venne incaricato di favorire la pace fra Roberto re di napoli e la Chiesa di Cosenza, che si contendevano il possesso del castello di S. Liceto Calabro. intanto il 2 maggio dell’anno successivo papa Giovanni XXii, per le esigenze del popolo della Terra S. Bendicti e in omaggio a S. Benedetto, stabilì che l’abbazia cassinese fosse, per l’innanzi, sede di episcopato, soggetto alla Chiesa Romana.

16 Le notizie che da questo punto si riportano sono tratte per lo più da Giulia Barone in Dizionario Biografico degli Italiani, ist. Enc. ital. n. 18, pag. 629 sgg. s. v. Capodiferro Guglielmo; vd. anche E. Pistilli, Guglielmo Capodiferro, in “Lazio Sud”, anno Vi (1987), n. 4. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 143 Ma i vescovi venivano nominati ad Avignone e spesso non si reca- vano neppure sul luogo, preferendo governare per mezzo di vicari17. Fu così che nel 1323 oddone, patriarca di Alessandria e ammini- stratore della diocesi cassinese, esentò i benefici di Guglielmo Capodiferro dalla propria giurisdizione. Un altro beneficio ottenne nel 1324 a Wambeke nella diocesi di Cambrai (60 lire tornesi all’anno). Verso la fine di quello stesso anno venne nuovamente nominato vescovo di Atri, senza tuttavia occupare la cattedra vescovile. il 10 marzo 1326 fu nominato cappellano del Papa e il 13 di quello stesso mese rinunciò all’episcopato. Grazie alla particolare benevolenza di Giovanni XXii ottenne numerosi altri benefici, a cui però dovette rinunciare nell’ottobre del 1329 in cambio delle cospicue rendite derivanti dalla nuova nomina a tesoriere della chiesa di S. Martino di Tours; gli restavano soltanto i benefici siciliani, i cui proventi però non incassava da anni. Con la morte di Giovanni XXii (1334) non cessò la benevolenza del papato: anche il successore Benedetto Xii (o Xi) intervenne in suo favore presso il vescovo di Cassino “affinché questi costringesse tal Bartolomeo Plumbate a render conto dei benefici – soprattutto sicilia- ni – del C., i cui proventi non erano entrati in possesso del titolare per molti anni, procurandogli un danno di circa 12.000 fiorini”18. nel 1340, dopo una presenza trentennale presso la Curia papale, dove aveva esercitato una notevole influenza – “Papae notarius” lo definisce Ughelli19 – accettò la nomina a vescovo di Chieti (17 marzo); fu consacrato da Bertrando, vescovo di ostia e Velletri, il 23 luglio, ottenuto il permesso di lasciare la Curia, intraprese effettiva- mente la nuova attività pastorale, anche se continuò ad esercitare una certa influenza nell’amministrazione pontificia. interpose i suoi uffici anche nell’inchiesta sull’elezione del vescovo di Aversa Giovanni Mathoni, nella quale ci sarebbe stata l’interferenza del re di napoli Roberto d’Angiò. Di quest’ultimo pare che il nostro Guglielmo sia stato amico e consigliere20.

17 T. Leccisotti, Montecassino, X ediz., Montecassino, 1983, pag. 73. 18 G. Barone, loc. cit., pag. 630 b. 19 F. Ughelli, loc. cit., col. 741 sgg. 20 ibid. 144 EMiLio PiSTiLLi

non dimenticò “i membri della sua famiglia se nominò quale suo vicario generale un nipote, Pietro Capodiferro di S. Vittore, canonico della chiesa teatina”21. Guglielmo non ebbe vita facile nella diocesi di Chieti: fu aspramen- te avversato da un suo feudatario, Francesco Della Torre, che aveva usurpato i beni della Chiesa e ucciso numerosi laici e chierici. nel 1349, anno in cui fu devastata da un violento terremoto la Terra S. Benedicti e rasa al suolo l’abbazia di Montecassino, lanciò la scomu- nica contro il Della Torre, ma fu costretto a riparare in esilio. nel 1350 estese la scomunica ai partigiani del suo nemico perché avevano usato violenza contro i suoi fedeli. La sua brillante carriera veniva amareg- giata proprio in prossimità della morte che lo colse tra il 1352 e 1353. L’ultima notizia della presenza della famiglia Capodiferro in S. Vittore è riferita all’anno 1454 con un certo Antonello de nofro capo ferro, menzionato per il pagamento del censo per la franchigia dagli obblighi feudali22, dopo di che non ve n’è più traccia. Una persistente tradizione orale, infine, riferisce che la statua gia- cente del vescovo Guglielmo Capodiferro sia stata traslata nell’attuale chiesa, non si sa quando, da una precedente sistemazione in un palaz- zo gentilizio lungo via Castello. in questa via effettivamente sorge un lungo arco chiamato arco Capodiferro: sulle sue pareti si distinguono appena delle pitture con stemmi gentilizi. Sembra confermare in un certo modo la tradizione, quanto si legge nel volumetto Ricordi del XVI centenario del glorioso martire S. Vittore Mauritano, del 1903: « Esistono tuttora, quasi nel centro del castello i ruderi del palazzo di questa nobile famiglia [i Capodiferro], parte ridotti a nuove abitazioni, parte rimasti testimonio di vetustà »23. Potrebbe avere attinenza, con detto palazzo, quello della sede retto- rale descritto in un inventario del 1534: “in primis un Palazzo dentro dicto Castello di membri 12, con un cortiglio, et uno orto circuito tutto di muro intorno, dove si dice La ritta, fine le mura pubbliche, la Ecclesia di S. Maria, dentro lo quale palazzo c’è una cappella”. Si tratta comunque di notizie troppo vaghe per avere un serio fon- damento di attendibilità. 21 ibid. 22 Registrum II ludovici Abbatis commendatarii, f. 159r. 23 A cura del Comitato dei festeggiamenti, Caserta, Tip. S. Marino, 1903, pag. 10. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 145 b.5. Il castello nella storiografia cassinese si parla per la prima volta di un castello di S. Vittore nel 1045, quando i normanni, scacciati un po’ dovunque dal territorio abbaziale, fecero resistenza solo nel castello di S. Vittore e quello di S. Andrea24. nella stessa fonte S. Vittore, liberato dopo pochi giorni, viene poi ricordato come oppidum25. Di nuovo come castello figura nel privilegio di papa Vittore ii all’abate Federico, dove si precisa che alcuni castelli o “castra” all’origine furono monasteri26. Come castrum lo ritroviamo nel 1123, quando i suoi abitanti con giu- ramento si allearono con i ribelli di S. Angelo in Theodice contro l’a- bate oderisio27. il castello di S. Vittore ebbe notevole importanza per la sicurezza della Terra di S. Benedetto grazie alla sua posizione prossima ai confi- ni, e ciò è dimostrato anche dalle sue numerose vicissitudini a causa di fatti bellici. Tra questi basti ricordare la devastazione subita nello scontro tra Ruggero ii e papa innocenzo ii nel 113928; oppure l’espugnazione ad opera delle soldataglie di Markualdo nel 119929; o quella di Luigi ii

24 Chron. Cas., ii, cap. 71: « ... universam protinus Terram in circuitu peragrantes, ac subita formidine captos homines aggredientes, praeter castellum sancti Victoris, et praedictum arcem sancti Andreae, universa fere eo die, Deo auxiliante, recipiunt ». 25 ibid.: « ... et praedicto sancti Victoris oppido post paucos dies recepto ». 26 E. Gattola, Accessiones, i, pag. 157. 27 Chron. Cas., iV, cap. 79: « interea homines de sancto Angelo Todici, qui omnium tribolationum, et persecutionum in hoc loco venientium semper caput, et auctores fuerunt, sociatis sibi his, qui castrum sancti Victoris incolebant, contra eundem abbatem conspirant, et jurisjurandi nexibus se mutuo alligant, ut nequaquam huic Casinensi Coenobio, Abbatique fidelitatem faciant, nisi ad suum velle relaxiones illis, et placita tribuat ». 28 L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino, Pasqualucci, Roma, 1889, ii, pag. 107: « in mezzo alle ostilità dei regii e dei pontificii patirono assai le terre cassi- nesi. Sant’Angelo in Theodice, Cucuruzzo, Mortula, San Vittore e San Pietro-in- fine andarono miseramente guaste dal fuoco ». Si veda anche qui il par. 1.1. 29 Riccardo da S. Germano, Chronica, a cura di A. Garufi, Bologna, 1938, “Rerum italicarum Scriptores”, Vii, pag. 20: « Hic per Venafrum veniens maledicus cum maledictis terram sancti ingressus est Benedicti; et primum castrum sancti Petri in fine, desertum ab incolis causa metus nullo obstans occupans, igne cremavit; castrum sancti Victoris vi capiens, bonis propriis spoliavit et movens exinde castra sua Cervarium et Toroclum, duo scilicet castra ab habitatoribus derelicta, combus- 146 EMiLio PiSTiLLi 94- San Vittore 94- del San Lazio; Vittore veduta generale del paese; la parte più alta era racchiusa nelle mura del castello. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 147 D’Angiò che nel 1382 col suo esercito prese con la forza S. Vittore prendendo in preda beni e persone30; e, non ultima, la conquista di Braccio da Montone, signore di Capua, nel 142131. Per i tempi successivi Pantoni ricorda: « Di altre devastazioni nella zona reca traccia il Registrum dell’abate Enrico Tomacelli, tra il 1400 e il 1401, e, del resto, una vera tranquillità non sarà conseguita, se non un secolo dopo, con l’affermarsi definitivo del dominio spagnolo su tutto il regno »32. Ma l’ultimo capitolo delle traversie del ca - stello di S. Vittore, con tutto il centro abitato, è quello dei bombarda- menti del 1943/44. Secondo il De Mi - randa le mura del castel- lo avevano ben 23 torri33; forse si tratta di un’esagerazione, ma al - cune di esse sono ancora ben visibili.

95- La torre quadrata dell'antico castello domina via S. Croce. sit ». Vd. anche A. Pantoni, S. Vittore, i, in Boll. Dioc., cit., 1973, n. 3, pag. 233. 30 A De Tummolillis, Notabilia temporum, a cura di C. Corvisieri, in “Fonti per la Storia d’italia”, istit. Storico ital., Roma, 1890, Vii, “Scrittori sec. XV”, pag. 9: « ...accessit ad sanctum Victorem quod vi cepit et exposuit in praedam bona omnia ac homines et mulieres eiusdem, et deinde cepit castrum sancti Petri in fine ». 31A. De Tummolillis, op. cit., iii, pag. 106: « ... et optinuit castrum sancti Victoris, et Castrumnovum et Pedemontem ». 32 A. Pantoni, loc. cit. 33 S. De Miranda, S. Vittore Mauritano Martire e le memorie ambrosiane della Campania, napoli, 1932, pagg. 4-6. 148 EMiLio PiSTiLLi

96- La torre cilindrica incorpo- rata dalle abitazioni di privati, visibile da piazza Municipio.

97- L'arco gotico di piazza Municipio, antico ingresso al castello. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 149 98- San Vittore 98- del San Lazio: Vittore l'antico centro storico; il campanile si erge da sempre come sentinella sulla valle. 150 EMiLio PiSTiLLi

b.6. Il paese oggi attraverso le immagini

99- Il centro storico con i campanili di S. Nicola (in basso), S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio.

100- Il paese è immerso nel verde perenne di fertili oliveti. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 151

22

23 21 20 19 18 17 16 2 1 15 13 14 12 11 10 7 6 3 5 9 4 8

101- Cartina di riferimento delle foto del centro storico di S. Vittore; evidenziato il circuito delle mura del castello. 152 EMiLio PiSTiLLi

102- La monumentale fonta- na di piazza Municipio: n. 1 della cartina di riferimento delle foto.

103- L'arco di via Castello con veduta sulla chiesa di S. Maria della Rosa: n. 2 della cartina. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 153

104- Ingresso al palazzo del Castello: n. 3.

105- L'arco Capodiferro: n. 4. 154 EMiLio PiSTiLLi

106- Traversa di via Castello: n. 5.

107- Traversa di via Castello: n. 6. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 155

108- Traversa di via Castello: n. 7.

109- Via Castello; portale del palazzo giangrande: n. 8. 156 EMiLio PiSTiLLi

110- Via Castello: n. 9.

111- Via Castello: n. 10. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 157

112- Scalinata su via Castello: n. 11.

113- Traversa di via Castello: n. 12. 158 EMiLio PiSTiLLi

114- Via Castello: n. 13.

115- Veduta parziale di piazza Municipio dall'arco gotico: n. 14. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 159

116- gli antichi vicoli che si dipartono da piazza Municipio: a sinistra traver- sa di via Roma, a destra via greci: n. 15.

117- Via greci: n. 16. 160 EMiLio PiSTiLLi

118- Traversa di via Roma: n. 17.

119- Traversa di via Roma: n. 18. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 161

120- Via Roma: n. 19.

121- Traversa di via Roma: n. 20. 162 EMiLio PiSTiLLi

122- Via Roma: n. 21.

123- Traversa di via Roma: n. 22. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 163

124- Traversa di via Roma: n. 23.

125- Il convento delle Suore della Purità posto all'esterno del paese. 164 EMiLio PiSTiLLi

126- La chiesa campestre di S. Sebastiano, detta anche Madonna del Soccorso.

127- Chiesa di S. Sebastiano: affresco raffigurante il santo martire. AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 165

128- Affresco della chiesa di S. Croce, andato perduto con la demolizione della stes- sa chiesa.

129- S. Vittore del Lazio in una cartolina del 1926, quando era ancora in pro- vincia di Caserta. 166 EMiLio PiSTiLLi

bIbLIOgRAfIA

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

1. S. Vittore del Lazio: m. 207 s. l. m ...... 7 2. S. Vittore del Lazio: veduta dalle pendici del monte Sambùcaro...... 11 3. Cassino: le mura dell'antica Casinum guardano quelle di S. Vittore del Lazio sulle prime pendici del monte Sambùcaro. . . . 17 4. Atina: le mura poligonali di Valle Giordana...... 17 5. Vicalvi: le mura poligonali che contornavano la cima del colle ...... 18 6. S. Elia Fiumerapido: scorcio del circuito poligonale di monte Cierro o Costalunga, a ridosso della contrada olivella...... 18 7. Carta del Sannio secondo Salmon...... 41 8. La manovra dei consoli romani contro i Sanniti...... 42 9. Vicalvi: particolare delle mura di Cominium...... 45 10. il monte Sambùcaro visto dalla Rocca Janula di Cassino...... 56 11. il circuito poligonale di monte Sambùcaro...... 57 12. Croce di Macchia: la spianata che dà accesso all'interno della fortificazione; in primo piano un riparo in pietra, innalzato, forse, dai pastori su una trincea della seconda guerra mondiale...... 60 13. Falascosa: tratto di muro poligonale sul versante nord...... 60 14. Versante Falascosa...... 61 15. Versante Falascosa...... 61 16. La fuga ininterrotta delle mura che si inerpicano verso Croce di Macchia sul versante Falascosa...... 62 17. Parte bassa del versante Falascosa: la vegetazione inizia a non rendere più visibili le mura...... 63 18. Al termine del versante Falascosa: da questo punto si puó intravedere la spianata di Campopiano e parte dell'abitato di Cervaro; a destra si scorgono alcuni dei numerosissimi massi rotolati in basso...... 63 19. Colle Marena: lato settentrionale del Chiaiale...... 64 20. Un tratto emergente dalla folta vegetazione del Chiaiale...... 64 21. ogni tanto l'imponenza delle mura ha la meglio sui carpini e querciole infestanti...... 65 22. Scorcio delle mura in fuga verso valle: lato nord...... 65 23. Prosegue la discesa verso il basso; lato nord...... 66 24. Dettaglio della zona Marena, lato nord; notare la sovrapposizione non molto ordinata dei grandi massi...... 66 25. Uno dei varchi (forse una porta) con tracce di fortificazione sul Chiaiale; lato nord...... 67 170 EMiLio PiSTiLLi

26. Versante di S. Vittore: la sella tra il colle Falascosa ed il colle Marena; dal paese si distingue un tratto delle mura dove si apre la porta detta di S. Vittore...... 67 27. Colle Marena: versante sud; tratto di muro che riprende dopo un costone roccioso...... 68 28. Roccia a strapiombo inserita nel circuito murario dominante il paese di S. Vittore...... 68 29. Lato S. Vittore: la muraglia ricuce i vuoti tra le fortificazioni naturali dei costoni rocciosi...... 69 30. Lo sperone di colle Marena domina l'intera valle del Rapido-Peccia; a sinistra l'abitato di S. Vittore; in alto a destra è appena visibile l'abbazia di Montecassino, antica acropoli fortificata di Casinum; al centro della foto si possono distinguere alcuni tratti delle mura e la sottostante scarpata nella quale le rocce sono state spianate artificialmente...... 69 31. Colle Marena: veduta sulla piana del Rapido con Montecassino e Cassino, da dove le mura sono visibili ad occhio nudo...... 70 32. Versante sud: a sinistra si apre la porta di S. Vittore; su questo versante le mura sono molto danneggiate...... 70 33. Versante sud: particolare delle mura...... 71 34. Colle Marena: tratto delle mura verso Cervaro e Cassino...... 71 35. Colle Marena: veduta sulla spianata di Campopiano, sulla frazione Muraglie e su Cervaro; a sinistra Cassino, al centro Monte Cairo e a destra la gola di Capo di China che conduce nella Valle di Comino...... 72 36. i luoghi della battaglia: a destra il pianoro di Campopiano; a sinistra il colle La Chiaia, che, visto da qui, appare come un tumulo, e che domina la spianata di S. Giusta/Montenero; al centro della foto, in alto, il colle del Pero...... 78 37. L'abitato di S. Vittore dominato dal monte Sambùcaro con le due protuberanze Falascosa e Marena, protette dalle mura poligonali; in basso si apre la profonda fenditura del rio di S. Vittore.. 80 38. La zona della presunta battaglia...... 81 39. Collegamenti tra Vicalvi (Cominio) e S. Vittore del Lazio (Aquilonia).82 40. Le mura di S. Eustacchio sul versante meridionale del Sambùcaro.. . . 92 41. Particolare delle mura di S. Eustacchio...... 93 42. Lo sperone di S. Eustacchio con uno dei muri in opera poligonale che scendono a valle...... 94 43. Costruzione nuragica lungo la via S. Leonardo, tra Croce di Macchia e Radicosa...... 95 44. Muro di sostruzione in località Muraglie...... 99 AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 171

45. Appunti per una rappresentazione grafica della cintura muraria di colle Marena - Falascosa...... 101 46. Appunti presi sul luogo della muraglia...... 102 47. Ritrovamenti in località Mura Abbandonate...... 104 48. Ricostruzione grafica di un vasetto a vernice nera in località Mura Abbandonate...... 105 49. Via S. Leonardo: appunti in escursione...... 109 50. il Casalino della Radicosa ed altri ritrovamenti in S. Pietro infine. . . 111 51. Frammento di epigrafe in S. Pietro infine...... 113 52. Tombe a cappuccina in Campopiano...... 113 53. Moneta di Gordiano iii in una tomba a Campopiano...... 114 54. L'austera facciata della chiesa di S. nicola...... 118 55. il campanile di S. nicola...... 119 56. La campana di S. nicola sembra chiamare quella di S. Maria della Rosa...... 119 57. interno della chiesa di S. nicola dopo il restauro...... 120 58. S. nicola: navata centrale e navatella laterale...... 120 59. S. nicola: il corpo aggiunto della navatella laterale...... 121 60. Presso l'ingresso a destra: S. Giovanni Battista e S. Luca...... 121 61. S. nicola: al di sopra della prima arcata: serie di sei personaggi che guardano verso sinistra: probabilmente sei apostoli...... 122 62. S. nicola: al di sopra della seconda arcata: deposizione dalla croce. . 122 63. S. nicola: navatella di destra; veduta d'insieme dei due cicli delle opere di misericordia e di S. Margherita di Antiochia...... 123 64. S. nicola: navatella di destra; le sette opere di misericordia: in alto "dar da mangiare agli affamati" e "dar da bere agli assetati"; in basso: "vestire gli ignudi" e "ospitare i pellegrini"...... 123 65. S. nicola: navatella di destra; in alto: Cristo benedicente tra due angeli e "visitare gli infermi"; in basso: "visitare i carcerati" e "seppellire i morti"...... 124 66. S. nicola: navatella di destra; il ciclo di S. Margherita di Antiochia; in alto: S. Margherita incontra il governatore pagano; la santa testimonia la sua fede cristiana dinanzi all'imperatore; in basso: S. Margherita in prigione alza il martello per colpire il demonio...... 124 67. S. nicola: navatella di destra; in alto: un episodio della vita della santa e la sua flagellazione; in basso: S. Margherita immersa in una caldaia bollente e la sua decapitazione e glorificazione...... 125 68. S. nicola: altri riquadri nella navatella di destra, verso l'ingresso. . . . 125 69. S. nicola: particolare dell'affresco (foto 68)...... 126 70. S. nicola: l'Annunciazione, nell'affresco di foto 68...... 126 172 EMiLio PiSTiLLi

71. S. nicola: S. Giovanni Evangelista, nell'affresco di foto 68...... 127 72. S. nicola: navatella di destra, verso l'ingresso: figure di santi...... 127 73. S. nicola: l'abside con tracce superstiti di affreschi...... 128 74. S. nicola: lato destro dell'abside; frammento della raffigurazione del collegio sacerdotale...... 128 75. S. nicola: lato destro dell'abside; in basso: panneggio con figure simboliche...... 129 76. S. nicola: lato sinistro dell'abside; frammento del collegio apostolico...... 129 77. S. nicola: lato sinistro dell'abside; in basso: panneggio con figure simboliche...... 130 78. S. nicola: parete sinistra; S. Cristoforo...... 130 79. S. nicola: parete sinistra; S. Pietro e forse S. nicola; sec. Xii...... 131 80. S. nicola: parete sinistra; figura sacerdotale non identificabile...... 131 81. S. nicola: parete sinistra; il Cristo con S. Giovanni Battista...... 132 82. S. nicola: parete sinistra; figura di santa...... 132 83. S. nicola: parete sinistra; presso l'ingresso: uno stemma, probabilmente quello di Capodiferro, e tre angeli...... 133 84. S. nicola: parete d'ingresso; tracce non leggibili di affreschi...... 133 85. Chiesa di S. Maria della Rosa; lato nord...... 134 86. il campanile di S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio...... 135 87. S. Maria della Rosa; in primo piano l'antico campanile a vela...... 135 88. il campanile della chiesa maggiore svetta su tutto il centro abitato.. . 136 89. S. Maria della Rosa; porta centrale di bronzo intitolato "Mistica Rosa", opera dello scultore Alberto di Campli...... 137 90. S. Maria della Rosa; porta laterale di bronzo intitolata a S. Vittore Martire, opera di Alberto di Campli...... 137 91. S. Maria della Rosa; interno...... 138 92. S. Maria della Rosa; il pulpito cosmatesco...... 139 93. S. Maria della Rosa; il monumento funebre al vescovo Guglielmo Capodiferro...... 141 94. S. Vittore del Lazio; veduta generale del paese; la parte più alta era racchiusa nelle mura del castello...... 146 95. La torre quadrata dell'antico castello domina via S. Croce...... 147 96. La torre cilindrica incorporata dalle abitazioni di privati, visibile da piazza Municipio...... 148 97. L'arco gotico di piazza Municipio, antico ingresso al castello...... 148 98. S. Vittore del Lazio: l'antico centro storico; il campanile si erge da sempre come sentinella sulla valle...... 149 99. il centro storico con i campanili di S. nicola, S. Maria della Rosa e la torre dell'orologio...... 150 AqUiLoniA in SAn ViTToRE DEL LAzio 173

100. il paese è immerso nel verde perenne di fertili oliveti...... 150 101. Cartina di riferimento delle foto del centro storico di S. Vittore; evidenziato il circuito delle mura del castello...... 151 102. La monumentale fontana di piazza Municipio...... 152 103. L'arco di via Castello con veduta sulla chiesa di S. Maria della Rosa...... 152 104. ingresso al palazzo del Castello...... 153 105. L'arco Capodiferro...... 153 106. Traversa di via Castello...... 154 107. Traversa di via Castello...... 154 108. Traversa di via Castello...... 155 109. Via Castello; portale del palazzo Giangrande...... 155 110. Via Castello...... 156 111. Via Castello...... 156 112. Scalinata su via Castello...... 157 113. Traversa di via Castello...... 157 114. Via Castello...... 158 115. Veduta parziale di piazza Municipio dall'arco gotico...... 158 116. Gli antichi vicoli che si dipartono da piazza Municipio: a sinistra traversa di via Roma, a destra via Greci...... 159 117. Via Greci...... 159 118. Traversa di via Roma...... 160 119. Traversa di via Roma...... 160 120. Via Roma...... 161 121. Traversa di via Roma...... 161 122. Via Roma...... 162 123. Traversa di via Roma...... 162 124. Traversa di via Roma...... 163 125. il convento delle Suore della Purità posto all'esterno del paese.. . . . 163 126. La chiesa campestre di S. Sebastiano, detta anche Madonna del Soccorso...... 164 127. Chiesa di S. Sebastiano: affresco raffigurante il santo martire...... 164 128. Affresco della chiesa di S. Croce, andato perduto con la demolizione della stessa chiesa...... 165 129. S. Vittore del Lazio in una cartolina del 1926, quando era ancora in provincia di Caserta...... 165 SOMMARIO

Presentazione ...... Pag. 3 Premessa...... 5 1 - S. ViTToRE DEL LAzio ...... 7 1.1. notizie storiche ...... 7 2 - AqUiLoniA ...... 12 2.1. La "urbs" dei Sanniti...... 12 2.2. Alcuni esempi ...... 15 3 - iL TESTo Di TiTo LiVio...... 19 4 - UnA GUERRA ConTRo CiTTÀ SCoMPARSE ...... 40 4.1. La strategia dei consoli ...... 40 4.2. Gli eserciti consolari ...... 42 4.3. Cominio ...... 44 4.4. Amiterno ...... 45 4.5. Duronia ...... 50 4.6. Aquilonia...... 51 4.7. Alcune certezze ...... 52 5 - LE MURA Di AqUiLoniA in S. ViTToRE DEL LAzio . . . . 54 5.1. Una scoperta a tavolino ...... 54 5.2. il monte Sambùcaro ...... 55 5.3. Le mura ...... 57 5.4. All'interno ...... 72 5.5. Strade e pozzi ...... 75 5.6. Senza tempo...... 75 5.7. Si tratta di Aquilonia?...... 76 6 - i LUoGHi DELLA BATTAGLiA...... 79 6.1. La battaglia...... 79 6.2. La sconfitta dei Sanniti ...... 84 7 - Lo SToRiCo LiVio...... 86 7.1. L'affidabilità di Livio ...... 86 8 - DoVE CERCARE AqUiLoniA ...... 89 8.1. Fortificazione, non città ...... 89 8.2. La città a valle...... 90 8.3. Un antico tratturo ...... 92 9 - Un RiCCo PATRiMonio ARCHEoLoGiCo ...... 95 9.1. Antichità attorno ad Aquilonia...... 95 APPEnDiCE A ...... 97 Appunti di ricerca A.1. "Muraglie" ...... 97 A.2. Sambùcaro - Marena ...... 100 A.3. "Mura abbandonate" ...... 103 A.4. "i Passeggeri"...... 106 A.5. Via S. Leonardo - Croce di Macchia ...... 106 A.6. "Muraglie"...... 110 A.7. S. Pietro infine...... 110 A.8. Vallone Radicosa...... 111 A.9. "Fauciara" ...... 112 A.10. "Campopiano" ...... 113 APPEnDiCE B ...... 115 Il patrimonio storico culturale di San vittore del Lazio B.1. La chiesa di S. nicola ...... 115 B.2. Chiesa di Santa Maria della Rosa ...... 134 B.3. il pulpito cosmatesco...... 138 B.4. il monumento funebre di Guglielmo Capodiferro...... 140 B.5. il castello ...... 145 B.6. il paese oggi attraverso le immagini ...... 150 Bibliografia...... 166 indice delle illustrazioni...... 169 FiniTo Di STAMPARE nEL MESE Di DiCEMBRE 2003 TiPoGRAFiA UGo SAMBUCCi ViALE DAnTE - CASSino Dello stesso autore:

 1972: Ipotesi sulla città di Aquilonia distrutta nell'anno 293 a.C., SAIPEM, Cassino. 1984: La torre campanaria di Cassino, Lamberti, Cassino. 1989: Cassino seconda guerra mondiale (1943-1945): biblio- grafia generale, A.A.S.T., Cassino. 1990: Il Consorzio di Bonifica "Valle del Liri" - 40 anni di svi- lup-po, IN.GRA.C., Cassino. 1992: Antiche strade per Monte - cassino, Lamberti, Cassino. 1994: Cassino dalle origini ad oggi, Banca Popolare del Cassinate, Cassino. 1994: Cassino dalle origini ad oggi, 1994, con brevi note su Mon-tecassino, 2ª ediz., IDEA STAMPA, Cassino. 1995: Cassino 50° anno: 1943/44 - 1993/94, Comune di Cassino. 1998: L'Indialetto cassinese - Dizionario etimologico cassine- se-italiano, Banca Popolare del Cassinate. 1999: La battaglia di Cassino giorno per giorno: settembre 1943 - giugno 1944, Lamberti, EALL S.r.l. Cassino. gruppo TAD Energia e Ambiente