DI MEO 2013 Cappella Della Visitazione O Dei Dottori Ai Girolamini Via Duomo - Quartiere San Lorenzo-Pendino Proprietà: Demanio

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DI MEO 2013 Cappella Della Visitazione O Dei Dottori Ai Girolamini Via Duomo - Quartiere San Lorenzo-Pendino Proprietà: Demanio DI MEO 2013 Cappella della Visitazione o dei Dottori ai Girolamini Via Duomo - Quartiere San Lorenzo-Pendino Proprietà: Demanio La presenza a Napoli dell’ordine degli Oratoriani, fondato da San Filippo Neri, risale al 1584, quando per iniziativa dei padri Giovenale Ancina, Antonio Talpa e Francesco Maria Tarugi fu creata la loro seconda Casa nella penisola, dopo Santa Maria in Vallicella a Roma. La sede fu edifi cata sull’insula, oggi compresa tra gli omonimi Largo e Vico, via Duomo e via San Giuseppe dei Ruffi . Accanto alla monumentale chiesa dei Girolamini, eseguita a partire dal 1592, su disegno dell’architetto fi oren- tino Giovanni Antonio Dosio, seguito da Dionisio Nencioni di Bartolomeo, furono contestualmente iniziati i lavori per la realizzazione, all’interno del complesso, di cinque cappelle che avrebbero ospi- tato altrettante congregazioni, intitolate alla Visitazione o dei Dottori, alla Purifi cazione e all’Assun- zione, tutte dedicate alla Beata Vergine, in omaggio al culto per la Madonna proprio di San Filippo Neri. Inoltre, furono dedicate altre due cappelle, intitolate a San Giuseppe, per i fanciulli, e l’altra ai Mercanti. Queste istituzioni, dedite alle opere di misericordia verso gli ammalati e i defunti o alla let- tura dei sacri testi, erano costituite da vari esponenti della società contemporanea, chierici e laici. Tra queste spicca, per la ricchezza degli apparati decorativi, la Cappella della Visitazione, sede della Congrega dei Dottori. Essa fu edifi cata contemporaneamente alla realizzazione della chiesa maggiore; molto probabilmente la sua partitura architettonica fu eseguita su disegno di Dosio, re- sponsabile iniziale del progetto. La sua istituzione si deve a Ippolita e Caterina Ruffo, con Caterina Tomacella, che lasciarono un legato ai confratelli, in principio nobili e notabili napoletani, impegnan- doli alla cura e assistenza di dodici ammalati ricoverati nell’Ospedale degli Incurabili. L’ambiente, preceduto da un portale in piperno mistilineo, è costituito da un vano unico rettangolare con fi nestre solo sul lato sinistro, mentre quelle sul lato destro sono dipinte con effetto illusionistico. L’accesso all’area presbiteriale avviene mediante gradini che conducono all’altare maggiore, incluso entro un arco a tutto sesto, montato su pilastri in marmo commesso. Nel sottarco è presente l’affresco di Francesco La Marra, allievo di Solimena, con Cristo portato al Tempio (1744). Sull’altare tardo barocco è posta, in cattivo stato di conservazione, una copia settecentesca della Visitazione della Vergine, il cui originale fu realizzato da Federico Barocci su commissione diretta di Filippo Neri, tra il 1584 e il 1586, per Santa Maria in Vallicella a Roma. Essendo il Santo molto legato al soggetto della Visitazione, per il senso di serenità che infondeva, ne furono tratte numerose copie, tra cui quella napoletana. La Cappella presentava un pregevole cassettonato ligneo di copertura, realizzato, secondo alcune fonti, asportandolo da una precedente chiesa rinascimentale, demolita per la costruzione del com- plesso oratoriano. In base all’iscrizione presente sulle ‘riggiole’, il pavimento è stato realizzato nel 1757, dalla bottega dei Massa, con una decorazione a fi ori e racemi, tipica dell’artista. I dipinti mu- rali delle pareti, oggi solo parzialmente conservati, attribuibili a Crescenzo Gamba, ripetono motivi di fi nte architetture e fi nestroni e, lungo la parete absidale, creano illusivamente inserti dove sono posti gli affreschi con le immagini monocrome dei Santi Pietro e Paolo. La Cappella il 21 febbraio 1943 subì i danni derivati dall’esplosione di una bomba. Ciò comportò la caduta del soffi tto ligneo, i cui frammenti sono oggi raccolti in quest’ambiente, numerose lesioni strutturali e sollevamento di parte del pavimento; tali danni causarono l’inevitabile chiusura. L’unico intervento di restauro, avvenuto nel dopoguerra, attiene al parziale ripristino in stile del sistema di copertura a cassettoni. Il progetto di recupero, realizzato dalle soprintendenze competenti, è inseri- to nel più ampio piano relativo al Complesso monumentale dei Girolamini, nell’ambito dei fi nanzia- menti europei del Grande Progetto ‘Centro Storico di Napoli, valorizzazione sito UNESCO’. MARCO LIBERATO - LUIGI ABETTI Chiese napoletane: rovina e recuperi L’idea di dedicare questo calendario ad alcune delle chiese chiuse napoletane nasce da un’ottica tutta in positivo, dalla ferma consapevolezza che il patrimonio artistico della città sia uno degli elementi connotanti della sua storia e del suo destino. Terra di contraddizioni, questa Napoli dove convivono realtà difformi e laceranti, ma dove la ricchezza del proprio passato emerge sempre come perno delle proprie possibilità di sviluppo. Una città dove molto è stato fatto, ma dove molto c’è ancora da fare. La drastica riduzione dei fi nanziamenti statali cui abbiamo assistito negli ultimi anni ha drammaticamente colpito anche il settore del restauro e della conservazione; ma anche se consistenti fondi della Comunità Europea sono già stanziati per il recupero e la valorizzazione del centro storico napoletano, è nostra ferma convinzione che solo la piena condivisione dell’obiettivo della salvaguardia del patrimonio da parte di tutti possa portare a risultati duraturi. Stato, Enti locali, Curia, Università, Scuole, Associazioni, Istituti bancari, privati, sono e devono essere tutti attori dell’unico possibile copione della salvaguardia di quel bene comune che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità. E proprio in quest’ottica va inserito il contributo dell’ Associazione culturale Di Meo Vini ad Arte, che ha voluto assegnare a Massimo Listri il compito di fotografare – con occhio al tempo stesso lucido ed emozionato – alcune delle nostre chiese chiuse. Sono beni del Ministero dell’Interno, del Comune, della Curia, delle Arciconfraternite, ferite antiche e nuove ancora da sanare, tessere di un mosaico ancora da ricomporre. Santa Maria della Sapienza, Santa Maria Vertecoeli, Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, i Santi Severino e Sossio, Sant’Agostino alla Zecca e tanti altri edifi ci sacri, dove gli interventi di messa in sicurezza sono già compiuti, ma dove è allo stesso tempo necessario fare ancora tanto. La speranza è che la diffusione di queste immagini che testimoniano la bellezza struggente del nostro patrimonio ancora negato sia stimolo non solo per un generale senso di “appartenenza”, ma anche per convogliare risorse economiche da parte di investitori pronti a scommettere sul “valore” della storia dell’arte. FABRIZIO VONA Massimo Listri. Metempsicosi Massimo Listri, lungo il vastissimo itinerario per immagini che intesse una carriera di oltre tre decenni, ha saputo raccontare arcani e cadenze di mondi perduti, giardini fastosi o negletti, oggetti d’arte e preziosità da Wunderkammer, come per magia ha svelato apparati decorativi ormai abbandonati alla polvere dell’oblio nel labirinto di enormi palazzi principeschi ovunque nel mondo. Scevro da ogni catalogazione e servitù cronologica, l’approccio alla fotografi a perseguito da Listri reclama per sé una cifra metafi sica, sospesa, atemporale. Se i primi passi l’artista li muoveiovanissimo, g con una serie di ritratti in bianco e nero che raffi gurano alcune fi gure nodali della cultura del Novecento, sono però il campo artistico e l’architettura, in ispecie grazie alla militanza di Listri presso molti prestigiosi magazines internazionali, a divenire da subito il suo prediletto terreno d’espressione. Ecco dunque riconosciuto il proprio campo d’azione: la vastità risonante degli spazi barocchi mitteleuropei, gallerie moltiplicate da specchiere e dorures, volumi puri immersi in una candida e friabile glassatura neoclassica, enfi lades ancien règime, prospettive siderali, teatrali e imprendibili. La bellezzanon mai è data, per Listri. Va cercata, individuata, creata. Lontano da ogni apparente tentazione documentaria, lo specchio ialino dell’immagine distilla pura astrazione, convertendo la memoria, i tornanti dell’arte e della storia, in destino, in metempsicosi. Eleganze consunte, stanze fantasmatiche, le amatissime biblioteche, sintassi di esistenza sorprendentemente vigorosa e sensuale, che si palesa in una vecchia casa costretta alla sola permanenza interiore. Macchie d’umidità che ricamano boiseries e intonaci sfi niti, broccati consunti eppure fi abeschi, trame di sale e saloni semivuoti, allegorici relitti di mobilio prezioso, ruches segrete e melanconiche di dimore patrizie o regali. Proprio come accade in questo percorso che Massimo Listri ha condotto per il Calendario Di Meo 2013 attraverso 12 stupende chiese napoletane, per lo più chiuse al pubblico e misconosciute, quali recuperate dallo sfacelo, altre tuttora versanti in uno stato di lancinante abbandono. Un elogio dell’assenza, quello che affi ora dalle immagini di Listri, ma anche dell’attesa, un’attesa messianica e fi brillante. Erwartung. Premonizione di vita ritrovata, di palingenesi. Promessa trepida, signifi cante, fervida e necessitata.L’astrazione, il vigore del segno incarnato in una presa di vista più pittorica che fotografi ca, indica un varco d’accesso oltre il quale la stagione della grazia e del mistero è inevitabilmente sul punto di scomparire. 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