La Musica Folk. Storie, Protagonisti E Documenti Del Revival in Italia
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
A cura di Goffredo Plastino La musica folk Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia © il Saggiatore S.r.l., Milano 2016 parte quarta Geografie e storie a cura di Jacopo Conti Sommario della Parte quarta Il folk revival in Abruzzo 7 Domenico Di Virgilio, Gianfranco Miscia e Gianluca Tarquinio Il folk revival in Calabria 38 Antonello Ricci Il folk revival in Campania 65 Ciro De Rosa Il folk revival in Liguria 93 Mauro Balma Il folk revival nelle Marche 115 Gastone Pietrucci Il folk revival nel Molise 139 Antonio Fanelli Il folk revival in Toscana 161 Riccardo Tesi e Neri Pollastri Il folk revival in Trentino Alto Adige-Südtirol 169 Renato Morelli Il folk revival in Umbria 225 Daniele Cestellini e Giancarlo Palombini Il folk revival in Veneto 243 Paola Barzan Il folk revival in Abruzzo Domenico Di Virgilio, Gianfranco Miscia e Gianluca Tarquinio Vi è mai stato un folk revival in Abruzzo? E se vi è stato quali aspetti e for- me ha assunto? Il panorama delle musiche folkloristiche o d’autore è stato fin dall’inizio del Novecento tanto ricco da oscurare tutto il resto della produzio- ne musicale detta popolare, al punto da attirare l’attenzione quasi esclusiva, e spesso di comodo, dei media che creano il consenso e, sembra a molti, anche la cultura. La musica proveniente dal basso, dalle classi contadine o ex tali, che si è sempre continuata a produrre, è quindi passata inosservata. Oggi, dopo anni di lavoro sul campo, crediamo che le culture locali sappia- no ben confrontarsi con le varie globalizzazioni che vengono quotidianamente proposte; già tra i protagonisti coinvolti nei tentativi di rinascita della canzone popolare abruzzese era emersa qualche perplessità: qualcosa non andava nel verso giusto? O forse era inevitabile che quella vena creativa, così indirizzata, si esaurisse? Per rispondere a questi interrogativi abbiamo analizzato alcuni fondamentali aspetti della musica popolare abruzzese che ci sembrano ricon- ducibili al folk revival, anche se qualcuno potrebbe contestare che la musica popolare d’autore possa essere considerata in quest’ottica. La ricerca dell’autenticità e alcuni possibili revival (di Domenico Di Virgilio) Sembra che un primo revival del canto popolare abruzzese abbia avuto inizio – in tutti i sensi: etno-antropologico, letterario, musicale, di costume – dal Ce- 1 nacolo michettiano e poi da quella serie, ininterrotta fino a oggi, di iniziative e di composizioni in versi e musica che ne seguì. È un revival promosso dal- 8 La musica folk la canzone d’autore – che allora si accorse del popolo e delle sue espressioni e tentò di farle sue –, una creazione di fine Ottocento, rimasta tale fino a oggi. La Ricordi pubblica la raccolta di quindici canti popolari abruzzesi di Fran- cesco Paolo Tosti (Ortona a mare 1846 – Roma 1916) nel 1880 (Sanvitale 1991, pp. 3-10). Sono melodie armonizzate per voce e pianoforte, su testi in italiano, di canti raccolti probabilmente nelle province di Chieti e Pescara, e non da Tosti. Questi scrive la sua prima canzone in dialetto abruzzese, «La Viuletta», nel 1888. Nel 1894 Gabriele D’Annunzio trascrive nel Trionfo della morte un can- to popolare: tutte le funtanelle se sò sseccàte pover’Amore mi’! More de séte tromma larì llarì llalléra tromma larì, lirà, vvivà ll’amòre! […] descrivendone l’esecuzione da parte di un gruppo di cinque donne (D’Annun- zio 1995, p. 162). Di D’Annunzio non si può che sottolineare il ruolo di grande volgarizzatore del mito – per cui tutto ciò che si muove attorno alla sua figura, comprese le musiche, diventa conosciuto ai più – e, allo stesso tempo, di grande elaboratore di questi stessi elementi a uso e consumo delle sue creazioni. D’An- nunzio, tra l’altro, ebbe accesso a molte conoscenze e materiali di carattere etno- logico per tramite di Antonio De Nino (Pratola Peligna 1833 – Sulmona 1907). Le intenzioni di Tosti rimangono lontane dal riproporre la canzone popola- re abruzzese; le sue creazioni musicali in dialetto sono dettate, probabilmente, dalla necessità del musicista di cimentarsi col materiale sonoro della tradizio- ne. Nei materiali pubblicati da Ricordi si «uniformava agli usuali prodotti del suo cammino compositivo caratterizzati da una precisa destinazione: il salot- to» (Sanvitale 1991, p. 6). Nell’approccio intellettuale del Cenacolo si ritrovano fauvismo, primitivismo e anche una certa dose di verismo; elementi che tra- sfigurano e ricreano il mondo popolare su basi mitiche, rileggendo l’originale folklorico attraverso la sensibilità individuale dell’artista. I moduli espressivi sono quelli dell’Ottocento romantico (tonalità, musica a tema) e delle Scuole nazionali, mentre orchestrazioni e adattamenti sono per ensemble strumen- tali classici e voci impostate. È presente e importante la sensibilità al dialetto come lingua del sentimento popolare. Questi sono anche gli anni in cui Gennaro Finamore (Gessopalena 1836 – Lanciano 1923) e Antonio De Nino lavorano sul campo alla raccolta di te- stimonianze della tradizione orale; si leggano a questo proposito gli appunti Il folk revival in Abruzzo 9 lucidissimi che Finamore scrive a proposito del lavoro di raccolta e trascrizio- ne dei canti e delle musiche, che andrebbero: «fonografate quando la voce o le voci liberamente si effondono nell’aria de’ campi» (Finamore s.d.). Nasce così una musica d’autore, tuttora fiorente, dotata di una sua dignità autonoma ma diversa sotto ogni aspetto dai documenti della tradizione ora- le. Ritengo però significativo sottolineare l’aspetto quantomeno problematico di un’espressione che non è più veramente tale perché ferma nel tempo (tona- lità ecc.) e corre il rischio di cadere in una rappresentazione bozzettistico-ba- nalizzante delle realtà locali a causa del venir meno delle personalità creative. Negli anni successivi, infatti, su iniziativa di un gruppo di autori di musiche e di testi principalmente in dialetto, nascerà un movimento finalizzato alla pro- duzione di quella che ancora oggi è definita canzone abruzzese, canzone popo- lare abruzzese, canzone d’Abruzzo e canto popolare abruzzese. Qualcosa che comunque rimane un prodotto d’autore, e risponde cioè in primis alla sensi- bilità del singolo, che in via più o meno mediata cerca di interpretare la sensi- bilità dell’ambiente che lo circonda, o almeno tenta di farlo. Lo stesso Guido Albanese così risponderà a Tosti: «La canzone d’Abruzzo non è morta. È so- lamente addormentata e bisognerà ridestarla, perché riprenda il suo cammi- no» (Guido Albanese, «Dall’antica canzone alle Maggiolate Abruzzesi», cit. in Giannangeli 2002, p. 69). Guido Albanese crede nella capacità dell’autore con- temporaneo di estrazione colto-borghese di appropriarsi e rielaborare il reper- torio contadino? Secondo quali modalità? Quelle già utilizzate dagli autori del Cenacolo michettiano? Nascono rassegne dedicate a queste nuove composizioni, chiamate Mag- giolate. La prima si tiene nel 1920 a Ortona a mare col nome di Piedigrot- ta Abruzzese, alla presenza di Antonio Di Jorio (Atessa 1890 – Rimini 1981), Guido Albanese (Ortona a mare 1893 – Roma 1966), Settimio Zimarino (Ca- salbordino 1885 – Chieti 1950) e del poeta Cesare De Titta (Sant’Eusanio del Sangro 1862 – 1933).2 Il prodotto di queste manifestazioni si diffonderà in tut- ta la Regione e «creerà la suggestione presso alcuni protagonisti di non deriva- re soltanto dal canto popolare, ma di continuare quest’ultimo» (Giannangeli 2002, p. 68). Nel 1922, scritta per una di queste rassegne tenutasi a Lanciano, nasce «Vola vola vola», versi di Luigi Dommarco (Ortona a mare 1876 – Roma 1969), musica di Guido Albanese, brano di vasta fortuna e di indubbio fasci- no, tanto da diventare una sorta di inno regional-popolare.3 Le intenzioni dei vari autori (si vedano i testi citati in bibliografia) vanno dal richiamo alla cul- tura delle origini a quello di alcuni modelli di importazione: la canzone napo- letana o il Maggio fiorentino. La tradizione di cantare il Maggio è però sempre stata largamente presente nelle campagne abruzzesi, ed è tuttora testimonian- 10 La musica folk za non solo della tradizione folklorica che non si interrompe ma di una sorta di costante revival, la cui continuità è mantenuta da nuove leve di testimoni (giovani, bandisti ecc.).4 Persiste un atteggiamento intellettuale che cerca l’im- medesimazione con un mondo (la cultura contadina) che ormai sta per scom- parire: vana, impossibile ricerca dove in mancanza della scintilla creativa ci si appiattisce sulla piacevole e «epidermica» ripetitività. È costante il parallelo con la produzione napoletana, anche nel riconosci- mento delle differenze: lì espressione del singolo, qui da noi una vagheggiata coralità di sentimenti. E credo sarà nel tempo una costante sotterranea, ali- mento di non sempre confessate aspirazioni, come i ripetuti tentativi di por- tare questo repertorio al di fuori dei confini regionali.5 Proprio Albanese individua quasi subito i temi principali, per quanto ri- guarda la musica, dell’obsolescenza del repertorio che aveva contribuito a creare, e cioè il pericolo di una mancata evoluzione stilistica a seguito dei cam- biamenti culturali: «La musica, poi, dovrebbe tentare di varcare i soliti confini di una tonalità in maggiore suggeriti e imposti al primo nascere della nostra canzone e divenuti ormai così monotoni e uniformi da rendere somiglianti tutte le composizioni del genere» (Eduardo Di Loreto, «La vi Maggiolata del Maestro Guido Albanese», intervista pubblicata in La Nuova Fiaccola, 12 mar- zo 1925, ii, p. 21; cit. in Sanvitale 1999, p. 36). Obsolescenza,