Regione Assessorato all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile Agenzia Regionale Parchi

Verso un Piano per il Sistema delle Aree Naturali Protette del Lazio Contributi ARP 2007-2010

a cura di Massimo Bruschi e Marco Scalisi

contributi di Massimo Bruschi, Valentina Bizzarri, Dario Capizzi, Cristiano Fattori, Lorena Fiorini, Dario Mancinella, Andrea Monaco, Pietro Pannone, Erica Peroni, Ivana Pizzol, Bernardino Romano, Stefano Sarrocco, Marco Scalisi, Iacopo Sinibaldi, Massimo Tufano, Francesco Zullo

Regione Lazio - Agenzia Regionale Parchi - Roma 2011 Regione Lazio Assessorato all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile Assessore: Marco Mattei

Dipartimento Istituzionale e Territorio Direttore: Luca Fegatelli

Agenzia Regionale per i Parchi Dirigente Pianificazione:SilviaM.Montinaro Dirigente Biodiversità, Reti Ecologiche, Geodiversità: Stefano Cresta

a cura di Massimo Bruschi e Marco Scalisi contributi di Massimo Bruschi, Valentina Bizzarri, Dario Capizzi, Cristiano Fattori, Lorena Fiorini, Dario Mancinella, Andrea Monaco, Pietro Pannone, Erica Peroni, Ivana Pizzol, Bernardino Romano, Stefano Sarrocco, Marco Scalisi, Iacopo Sinibaldi, Massimo Tufano, Francesco Zullo

Fotografie di Silvia Montinaro, Dario Mancinella, Lorenzo Neroni e Bernardino Romano Impaginazione e stampa: Stilgrafica s.r.l. – Roma Copertina e revisione grafica: Nicoletta Benedetti - ARP - fotografie di Alfredo Scamponi, Maurizio Lupi, Filippo Belisario, Andrea Cerquetti, Fabrizio Petrassi, Archivio fotografico RomaNatura, Marco Scalisi

Gli studi presentati in questo volume sono stati realizzati dall’ARP nel periodo 2007-2010 nell’ambi- to del programma di adeguamento dello Schema di Piano dei Parchi alle previsioni dell’articolo 7 della Legge Regionale 6 ottobre 1997, n. 29 e ss. mm. e ii. e di altre attività di supporto tecnico all’Assessorato ed alla Direzione Regionale Ambiente.

© 2011 Agenzia Regionale Parchi Via del Pescaccio, 96/98 00166 Roma www.arplazio.it ISBN 9788895213002

Per la citazione di questo volume si raccomanda: Bruschi M., Scalisi M., (a cura di), 2011, Verso un Piano per il Sistema delle aree protette del Lazio. Contributi ARP 2007-2010, Edizioni ARP, Roma; pp. 320 INDICE

Prefazione Marco Mattei, Assessore all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile della Regione Lazio...... Pag. 7

Presentazione Silvia M. Montinaro, Dirigente Pianificazione, ARP ...... “9

Nota introduttiva Massimo Bruschi, Marco Scalisi, Responsabili di progetto, ARP...... “19

Abbreviazioni e sigle utilizzate nel testo...... “ 25

1. La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale Cristiano Fattori, Dario Mancinella - ARP...... “27 1.1 Generalità ...... “ 27 1.2 La Rete dei Geositi del Lazio...... “ 31 1.3 Indice di Geodiversità Litologica ...... “ 39

2. Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati...... “ 55 2.1 Introduzione Marco Scalisi - ARP ...... “55 2.2 Inquadramento generale e approccio metodologico Marco Scalisi - ARP ...... “57 2.2.1 Basi di dati e modellistica Andrea Monaco, Dario Capizzi - ARP...... “62 2.2.2 Tecniche di elaborazione Iacopo Sinibaldi, Stefano Sarrocco - ARP...... “74 2.3 Considerazioni sulle aree individuate Stefano Sarrocco, Marco Scalisi - ARP...... “80 2.4 Prospettive di sviluppi futuri Dario Capizzi, Iacopo Sinibaldi - ARP...... “ 95

3 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

2.4.1 Il possibile contributo dei progetti di sistema Ivana Pizzol - ARP...... Pag. 99

3. Usi del suolo e presenza antropica ...... “ 103 3.1 Introduzione Massimo Bruschi - ARP...... “ 103 3.2 Aggiornamento della Carta dell’Uso del Suolo regionale per le classi relative alle formazioni naturali e seminaturali Massimo Tufano - ARP...... “ 107 3.3 Indicatori e classificazione del territorio in relazione agli usi antropici Cristiano Fattori, Massimo Bruschi - ARP ...... “ 117 3.4 Modelli valutativi del rischio insediativo nel territorio della Regione Lazio Bernardino Romano, Francesco Zullo, Lorena Fiorini - Università di L’Aquila...... “ 146

4. Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette..... “ 207 4.1 Introduzione Massimo Bruschi - ARP...... “ 207 4.2 La classificazione delle aree protette del Lazio...... “ 210 4.2.1 Le aree protette del Lazio rispetto alle classificazioni nazionali ed internazionali Erica Peroni - ARP ...... “ 210 4.2.2 Classificazione delle aree protette: qualche indicazione dall’uso del suolo Massimo Bruschi - ARP...... “ 215 4.3 Criteri di integrazione fra paesaggio e aree naturali protette Valentina Bizzarri, Pietro Pannone - Direzione Regionale Territorio ed Urbanistica del Lazio...... “ 221 4.4 Considerazioni sulle aree di reperimento per il Sistema regionale delle aree naturali protette Massimo Bruschi - ARP...... “ 234 4.5 Le proposte di nuove istituzioni Massimo Bruschi, Stefano Sarrocco - ARP ...... “ 263

4 Indice

4.6 I temi centrali della programmazione: obiettivi, fabbisogni, risorse, scenari Massimo Bruschi - ARP...... Pag. 271

Appendice al Capitolo 4 - Relazioni tra ambiti di spesa, strutture e loro caratteristiche prestazionali e fabbisogni per le diverse tipologie di aree del sistema...... “ 292

Appendice al Capitolo 4 - Sintesi degli investimenti pregressi...... “ 318

Indice del DVD allegato formato file

01 Cartografia Carta delle Aree Protette del Lazio - agg. 2009 ...... PDF Carta REcoRd Lazio (2010) (anche in versione georeferita UTM33N - ED1950)...... JPG; TIF Carta delle indicazioni per l’insieme di reperimento del PRANP (2010) (anche in versione georeferita UTM33N - ED1950)...... JPG; TIF

02 Riferimenti normativi DGR 8098_1992 Schema Piano Parchi - con cartografia allegata (anche in versione georeferita UTM33N - ED1950)...... PDF; TIF DGR 1100_2002 Adeguamento Schema Piano Parchi - con cartografia allegata... PDF

03 Documenti Tecnici ARP Geodiversità Carta rete geositi e aree protette...... PDF DGR 859 13_11_2009 geositi...... PDF Modello valutazione geositi...... PDF Rapporto documento strategico geodiversità...... PDF Valutazione geodiversità litologica della Regione Lazio...... PDF

5 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

PRANP 2007 - Studio per la riorganizzazione del Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette PRANP_2007 Relazione ...... PDF Schede proposte di istituzione di nuove aree protette...... PDF Tavole - formato A3 ...... PDF Quadro generale delle proposte - formato A0...... PDF PRANP 2008 - Supporto alla programmazione di sistema POR Lazio 20072013 PRANP_2008_testi...... PDF PRANP_2008_Tav Banca Dati Generale ...... PDF PRANP_2008_Tav Banca Dati Ricettività ...... PDF PRANP 2009 - Elaborazione ed applicazione di modelli di classificazione territoriale finalizzati alla definizione della rete ecologica regionale PRANP_2009_Relazione ...... PDF PRANP_2009_Allegati...... PDF PRANP 2010 - Definizione dell’insieme delle aree di reperimento per il Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. Analisi e valutazioni PRANP_2010_Relazione ...... PDF REcoRd Lazio - Progetto Biodiversità 2008 - step di avanzamento della Rete Ecologica Regionale REcoRd Lazio - Relazione ...... PDF REcoRd Lazio - Cartografie...... PDF

04 Altri materiali Tallone (a cura di), Biodiversità e Aree Protette (ARP, 2007) ...... PDF LibroBiancoARP_2001 ...... PDF Estratti dalla 2ª Conferenza Regionale delle Aree Protette ...... PDF; PSS ARP, Convegno SIEP Bari 2008 ...... PDF ARP, Convegno Utenti ESRI 2009...... PDF

6 Prefazione di Marco Mattei*

L’interesse per le informazioni riportate in questa pubblicazione si dimostra essenziale in quanto raccoglie i risultati di anni di attività di un percorso omogeneo volto all’adegua- mento del Piano dei Parchi. L’obiettivo prioritario che si propone questo volume concerne l’importanza della programma- zione e della pianificazione per la gestione di siti naturali di considerevole valore ambientale. In questo senso è necessario, per un’omogenea riorganizzazione delle aree naturali protet- te, affrontare tematiche e metodologie che toccano i peculiari elementi che le caratterizzano. Si spazia dunque dalle tematiche che includono la geodiversità e la tutela delle singola- rità geologiche nel territorio del Lazio fino a includere, nelle parti più analitiche del volume, i risultati significativi attuati per la tutela paesistica. Assetto che non può precludere un attento quadro d’indagine delle attività di classifica- zione e valutazione condotte sul territorio regionale: dalle tipologie diverse del suolo all’in- dividuazione di elementi diversi che caratterizzano ciascuno un diverso territorio. E ciò senza escludere un’attenta elaborazione delle normative, soprattutto comunitarie, di moni- toraggio e tutela della biodiversità. In questo variegato contesto sono state approfondite tutte le attività maggiormente riconducibili alla valutazione del territorio regionale per la progettazione di un Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. Vale a dire che, oltre a individuare le aree da proteggere che rimane l’obiettivo princi- pale della pianificazione, occorre anche gestire l’intero sistema di aree protette stesso così come si è venuto a formare in più di trent’anni. Nel volume, ricco di notizie, valutazioni e spunti progettuali, emerge uno specifico rigo- re scientifico e metodologico essenziale per delineare l’importanza degli ambienti naturali e il ruolo specifico nella conservazione delle risorse naturali peculiari nello sviluppo socio economico della nostra Regione. Esprimo il mio personale apprezzamento per l’analisi conoscitiva riportata, la capacità funzionale delle specie e degli ecosistemi analizzati. Lo studio minuzioso effettuato dagli autori potrà costituire un autorevole spunto per preservare quei sistemi e implementare i mezzi di salvaguardia di unterritorio anche spesso considerevolmente antropizzato ma che, allo stesso modo, racchiude una valenza storica ed ecologica singolare.

* Assessore all’Ambiente e sviluppo sostenibile della Regione Lazio

7

Presentazione Silvia M. Montinaro - Dirigente Pianificazione ARP

Il Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette e la sua pianificazione

Il Sistema regionale delle Aree protette del Lazio, introdotto dalla Legge regionale n. 46/77 si è evoluto enormemente nel corso di oltre 30 anni, venendo ad oggi a interessa- re oltre il 13% del territorio regionale1, con Parchi, Riserve, Monumenti naturali che inte- ressano ogni ambiente naturale di cui il Lazio è ricco. La Legge Regionale 29 ottobre 1997, n. 29, che recepisce la legge 394/91, amplia e ridefinisce il Sistema regionale, definendo gli strumenti di pianificazione generale e delle aree protette. Il Piano Regionale delle Aree Naturali Protette (PRANP) è lo strumento previsto dall’art. 7 della LR 29/97 per identificare nell’ambito del territorio della Regione Lazio: - le aree da assoggettare a tutela ambientale mediante l’istituzione di aree protette; - la rete ecologica e le relative misure di tutela ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R.357/97. Il PRANP è lo strumento di definizione dell’assetto delle risorse ambientali regionali e dell’individuazione delle azioni da porre in essere per la loro tutela nell’ambito di un più generale processo di sviluppo sostenibile del territorio regionale. La Giunta Regionale ha adottato nel 1993 uno Schema di Piano Parchi (DGR n. 11746 del 29/12/1993), redatto ai sensi della LR 46/77. Lo Schema del 1993, non approvato dal Consiglio Regionale, è stato assunto come documento di indirizzo per l’istituzione di nuove aree protette dalla LR 29/97 (art. 46). Uno stralcio dello Schema è rappresentato dalle aree pro- tette istituite dall’art. 43 della stessa LR 29/97. La stessa legge prevede, sempre all’art. 46 (comma 3), che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adegua la deliberazione n. 11746 del 1993 a quanto previsto dall’articolo 7”.

Le attività dell’ARP per la pianificazione del Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette

Sin dalla sua istituzione, l’ARP ha avuto tra i suoi compiti il contributo allo sviluppo degli strumenti di pianificazione delle aree protette regionali. Obiettivi inerenti la materia della

1 Con i siti Natura 2000 si raggiunge quota 28% di territorio regionale terrestre protetto.

9 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio pianificazione e programmazione della tutela delle risorse naturali sono stati assegnati dalla Giunta Regionale all’Agenzia con continuità, e sono state richieste attività di supporto nel campo della pianificazione dall’Assessorato e dalla Direzione Regionale Ambiente e dalle aree protette del Sistema regionale: conseguentemente, programmi e progetti nel campo della pianificazione territoriale e della programmazione sono stati presenti in ogni ciclo di programmazione annuale dell’ARP. Nel corso degli anni, l’ARP si è progressivamente strutturata internamente per lo svol- gimento di questi compiti. L’acquisizione di sempre nuove risorse umane, anche con speci- fiche competenze, le ha consentito di interagire in forme sempre più costruttive con gli esperti chiamati ad affrontare aspetti specifici. Parallelamente, l’attività dell’ARP nel campo della pianificazione territoriale si è andata concentrando su due filoni principali, il primo facente capo alle attività di adeguamento dello Schema del Piano Regionale delle Aree Naturali Protette, il secondo incentrato sulle attivi- tà di assistenza alle singole aree protette nella redazione degli strumenti di pianificazione di competenza (piani e regolamenti). L’ARP ha formalizzato con diversi atti interni di indirizzo gli obiettivi generali e le modalità di esecuzione delle attività nei due campi, con il duplice obiettivo di fornire da un lato un orizzonte di programmazione di medio termine alle operazioni inerenti il Piano delle Aree protette, dall’altro di uniformare l’offerta di servizi di supporto alla pianificazione delle aree protette ai sensi del comma 2 dell’articolo 26 della LR 29/97. Questo secondo aspetto, che può sembrare poco rilevante rispetto agli argomenti trat- tati in questo volume, ha tuttavia delle ricadute significative se considerate dal punto di vista dello stretto legame tra gli obiettivi del sistema e quelli delle aree protette inte- se quali componenti organiche del sistema stesso, che apportano ad esso valore aggiunto tutelando le loro singole specifiche qualità con azioni e secondo modalità condivise. Con DGR n. 1504 del 12/10/2001 è stato assegnato all’ARP il primo incarico relativo all’Obiettivo: “Avvio dell’adeguamento dello Schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali, di cui alla DGR n. 11746 del 29/12/1993, alle norme previste dall’art. 7 della LR 6/10/1997, n. 29”; esito di questo incarico è il Documento Tecnico per l’adeguamento dello Schema di Piano dei Parchi, concluso dall’ARP il 30/06/2002 e appro- vato con DGR n.1100 del 02/08/2002 (DT2002). L’approccio alla pianificazione di sistema ha preso l’avvio con la redazione di una prima indagine sullo stato delle aree protette regionali, che ha avuto esito nel cosiddetto “Libro

10 Presentazione

Bianco dei parchi del Lazio”2, al quale sono associati i lavori di ricerca sugli aspetti socioe- conomici indagati con il progetto A.L.I.- Ambiente, Lavoro, Impresa3 ed una prima versione di Linee guida per la redazione dei piani di assetto delle aree protette4. Quasi contemporaneamente si è aperto, con la Deliberazione del Consiglio di Amministrazione ARP del 23/01/2002, un ulteriore filone di attività finalizzato alla valoriz- zazione e conservazione del Patrimonio Geologico regionale in una visione di sistema del valore “Geodiversità”, denominato “Progetto Geositi”. Nello stesso anno è stata costituita la Banca Dati dei Geositi del Lazio (che farà poi parte del DT2002). Con la DGR 1504/2001 si avvia così in forma organica un processo di studi e ricerche per gli adempimenti previsti dall’articolo 46 comma 2 della LR 29/97 il cui primo prodotto è rappresentato dal DT2002, nel quale viene delineato un programma di lavoro per il pro- seguimento delle operazioni di adeguamento del PRANP. Il programma è articolato in tre fasi: - la prima fase coincide, di fatto, con gli studi ed i primi approfondimenti contenuti nel Documento tecnico stesso, che contiene anche il Programma di lavoro; - la seconda fase prevede la realizzazione di un Documento avanzato di analisi e propo- sta i cui contenuti sono sinteticamente indicati nel Documento tecnico, del quale costi- tuisce di fatto rielaborazione, affinamento e completamento alla luce delle attività di ricerca in corso o programmate al momento dell’approvazione del Documento tecnico stesso. Il Documento avanzato di analisi e proposta costituisce anche primo termine di confronto per la discussione pubblica delle linee politiche dell’Amministrazione. - la terza fase prevede la stesura definitiva dello Schema di PRANP per il quale la procedu- ra di approvazione, come tracciata dalla LR 29/97, prevede una consultazione pubblica. Le principali azioni previste dal Documento Tecnico approvato con DGR 1100/2002 riguardano:

2 ARP con Agliata, Cingolani, Leoni, (2001), 1° Rapporto sulle Aree Naturali Protette del Lazio - doc. interno. Il Libro Bianco, partendo da dati raccolti mediante interviste e sopralluoghi e derivati dall’analisi delle carte del- l’uso del suolo nelle aree protette, giungeva ad alcune valutazioni di sintesi sugli aspetti della classificazione e della morfologia delle aree sottoposte a tutela (tema di notevole rilevanza nel campo della pianificazione della conservazione in situ della biodiversità), sui rapporti con la rete Natura2000, sugli aspetti legati all’accessibili- tà ed alla fruizione, sul rapporto con la tutela del paesaggio e sulle dotazioni infrastrutturali e gli investimenti. 3 Belloc, (2001), Analisi socio-economica delle Aree Protette del Lazio - progetto A.L.I. - doc. interno. 4 Agliata, Cingolani, Leoni, (2001) - Indirizzi generali per la formazione degli strumenti per la gestione delle aree naturali protette, doc. interno.

11 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

- il completamento dei quadri conoscitivi, mediante attività di studio e ricerca; - la formulazione di ipotesi per la riorganizzazione e classificazione delle aree del Sistema; - la formulazione di prime ipotesi per la rete ecologica. In attuazione del programma di lavoro approvato vengono avviate, a cavallo tra il 2003 ed il 2004, una serie di attività di approfondimento ed analisi preordinate alla redazione del Documento avanzato di analisi e proposta. Sono studi affidati a soggetti esterni, operanti in gran parte nel campo universitario, e riguardano aspetti faunistici5, botanici6, socio-eco- nomici7 e urbanistico-territoriali8. Viene anche condotto un primo studio su presenza e distribuzione di alcuni taxa e sui relativi parametri di localizzazione ed indicatori di fram- mentazione territoriale correlati9. Si avvia la strutturazione di una banca dati sulle aree pro- tette informatizzata e georeferenziata, che diverrà poi il SITAP - Sistema Informativo Territoriale delle Aree Protette. Dalla primavera del 2004, il personale dell’ARP aumenta e acquisisce figure dotate di competenze specifiche nella gestione dei processi di pianificazione territoriale. È così pos- sibile, dalla fine del 2005, avviare una serie di progetti interni per l’implementazione del programma fissato dal DT2002, che divengono preponderanti rispetto alle attività affidate a strutture esterne. Un elemento importante per il completamento dei quadri conoscitivi è rappresentato dal progetto della Carta delle formazioni naturali e seminaturali della Regione Lazio, approfon- dimento della Carta Uso del Suolo realizzata dall’Assessorato Urbanistica nel 2003 con il metodo CORINE Land Cover. Tale progetto, avviato nel 2006, realizza un approfondimento al 4° e 5° livello CORINE Land Cover della Carta dell’Uso del Suolo esistente per le aree classificate nelle classi III, IV eV(Formazioni naturali e seminaturali), esaminando un estensione territoriale di 1.531.000 ettari. Il progetto, preceduto nel biennio 2004-2005 da un pilota condotto su

5 Boitani, Falcucci, Maiorano, (2004) - Analisi della rappresentatività del Sistema delle Aree Protette della regione Lazio nella conservazione della biodiversità - doc. interno. 6 Spada, Ponziani, Zuccarello, (2005) - Analisi fitogeografica quantitativa della distribuzione dei valori del patrimonio botanico della Regione Laziale - doc. interno. 7 Belloc, (2004), Lo sviluppo dei comuni con aree protette: una proposta di metodo - doc. interno. 8 Gambino, Thomasset, Castelnovi (2004) - Analisi e proposte sulla classificazione delle Aree Protette della Regione Lazio in riferimento al contesto internazionale - doc. interno. 9 D’Antoni, Biscardi, Brunotti, (2004), Schema del Piano dei Parchi per la componente faunistica -doc. interno.

12 Presentazione un’area più ristretta10, ha incluso anche la redazione della Carta forestale regionale (cfr § 3.2). Si tratta dell’approfondimento tematico più importante ai fini della redazione della Rete Ecologica Regionale, in quanto fornisce i dati alla base della maggior parte dei model- li di valutazione utilizzati (cfr Cap. 2). Ad esso si affiancano numerosi progetti di carte ed atlanti faunistici, tesi ad ampliare le basi conoscitive per la valutazione e la pianificazione11. Prosegue l’attività di tutela e valorizzazione della geodiversità regionale: si tracciano le linee di riferimento per il proseguimento dell’attività finalizzate alla conservazione e valoriz- zazione del Patrimonio Geologico del Lazio12; nel 2007 viene messo a punto il Modello di valutazione del geosito, un metodo di valutazione quali-quantitativa che attribuisce al sin- golo geosito in esame un valore numerico (detto VIG: Valore Intrinseco del Geosito) in modo oggettivo e riproducibile. Applicando tale modello alla Banca Dati dei geositi del Lazio, nel 2008 si ottiene la Rete dei Geositi del Lazio13, che organizza tutti i geositi sul territorio regionale secondo tre livelli di alta, media e bassa valenza geologica. L’elenco dei Geositi del Lazio proposto dall’ARP viene recepito con Determinazione del Direttore del Dipartimento Territorio n. B2148 del 04/07/2008. La stessa determinazione istituisce un nucleo tecnico di valutazione dei geositi, che seleziona l’elenco dei 70 siti geo- logici di importanza regionale approvato con DGR n. 859 del 13 novembre 2009; questo elenco incide direttamente sulla formazione del Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette in quanto costituisce riferimento per l’istituzione di monumenti naturali di cui all’art. 6 della LR 29/97. Nello stesso ambito del programma per la geodiversità, di cui il Documento di program- mazione per la salvaguardia della Geodiversità e per la conservazione e valorizzazione del Patrimonio Geologico del Lazio14 fornisce il quadro programmatico aggiornato per le azio- ni future, vengono realizzate numerose iniziative di divulgazione geologica nelle Aree Protette regionali, tra cui manuali escursionistici, carte della geodiversità e percorsi geolo- gici attrezzati con tabelle didattiche.

10 Sull’area pilota è stato condotto un approfondimento sui microhabitat finalizzato ad acquisizioni specifiche per la Rete Ecologica Regionale (Testi, Fanelli, De Santis, D’Angeli (2008) - Censimento degli habitat puntifor- mi nell’area pilota per l’approfondimento al 4°-5°della carta del’uso del suolo regionale legenda CORINE per le classi 3, 4 e 5 (aree naturali e seminaturali) - doc. interno. 11 Fra le altre, si veda la pubblicazione ARP (2008) - Habitat e specie di interesse comunitario nel Lazio. 12 Deliberazione Commissario Straordinario ARP n. 35 del 13/11/2006 di approvazione del “Documento stra- tegico sulla Geodiversità per il triennio 2006-2008”. 13 Approvata con Deliberazione del Commissario Straordinario ARP n. 8 del 27 marzo 2008. 14 Approvato con Determinazione del Direttore ARP n. B3449 del 22 luglio 2010.

13 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Per quanto attiene le attività direttamente collegate all’adeguamento dello Schema di Piano Parchi del 1993, l’ARP mette in campo una serie di azioni coordinate. Nel 2007 si predispone un primo documento, lo “Studio per la riorganizzazione del Sistema delle aree protette regionali”, comprendente sia una valutazione quantitativa della rappresentatività del sistema attuale rispetto alle tipologie di paesaggio regionali, sia una ipotesi di riorganizzazione del sistema per macroaree con competenza su aree protette e siti Rete Natura 2000. Parallelamente, vengono ulteriormente indagate le possibilità della modellistica applica- ta alla ricerca biogeografica nell’ambito di una collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”15. Nell’ambito della collaborazione con la Direzione Regionale Ambiente per l’impostazione del settennio di programmazione di fondi strutturali europei POR-FESR 2007-2013, l’ARP ha modo di proporre una rilettura del profilo gestionale delle aree protette, che nell’ambi- to di un Documento Programmatico viene inserita in un più ampio discorso sulla program- mazione della gestione e degli interventi nel sistema delle aree protette regionali16. Nel biennio 2009-2010, i tecnici dell’ARP sono impegnati in due progetti paralleli di clas- sificazione territoriale finalizzati alla definizione della Rete Ecologica Regionale. Il primo riguarda l’elaborazione della Rete Ecologica Regionale, denominata REcoRd Lazio, a partire delle basi informative disponibili (cfr Cap. 2) per l’individuazione delle com- ponenti strutturali e funzionali della rete (ad es. le Aree centrali e gli Ambiti di connessio- ne), focalizzando l’attenzione sia sugli obblighi che derivano dalle norme, soprattutto comunitarie, sia sulla contestualizzazione territoriale delle misure di tutela che saranno indi- viduate; il secondo progetto classifica, utilizzando due diverse metodologie, i paesaggi regionali sulla base della copertura del suolo e analizza i fattori di rischio di origine antro- pica (frammentazione derivante da infrastrutture, densità delle aree artificiali ed urbaniz- zate)17. Il risultato è il rapporto finale sull’attività di Elaborazione ed applicazione di model- li di classificazione territoriale finalizzati alla definizione della Rete Ecologica Regionale,che fissa il quadro metodologico ed i relativi strumenti per le valutazioni da porre alla base del-

15 Boitani, Rondinini (2008) - Definizione di unità territoriali ottimali per la pianificazione sistematica della con- servazione della biodiversità - doc. interno. 16 ARP, 2008, POR Lazio 2007-2013 - Valorizzazione e sviluppo sostenibile delle risorse esistenti nelle aree protette - Documento Programmatico. 17 Svolto in convenzione con il Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università degli Studi dell’Aquila sotto la responsabilità scientifica del prof. B. Romano.

14 Presentazione l’aggiornamento dello Schema di Piano Parchi del 1993, predisponendo contemporanea- mente la strumentazione modellistica applicata al GIS per l’esecuzione di carte da utilizza- re come strumenti di supporto alle decisioni per la pianificazione del sistema (cfr Cap. 3). I risultati dei due progetti costituiscono la base per le elaborazioni relative alla definizio- ne dell’insieme di reperimento per il sistema delle aree protette regionali - le porzioni di ter- ritorio regionale da prendere in considerazione per le istituzioni di nuove aree protette - condotte a cavallo tra il 2009 ed il 2010 in collaborazione con la Direzione Regionale Urbanistica e Territorio.

15 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Risorse, metodo di lavoro e prodotti

I lavori citati nel paragrafo precedente sono stati svolti, a partire da quelli datati suc- cessivamente al 2005, dai tecnici dell’ARP e del Ruolo Unico delle Aree Protette (geolo- gi, faunisti, vegetazionisti, esperti in sistemi informativi territoriali, pianificatori, comuni- catori) con il coordinamento del Direttore e dei Dirigenti dei Settori Pianificazione e Biodiversità, impegnati nell’avanzamento del Piano regionale delle Aree Naturali Protette, una delle attività chiave nel quadro del supporto all’Assessorato ed alla Direzione Regionale Ambiente. Per lo sviluppo delle parti più specialistiche degli studi, è stata scelta la formula del grup- po di esperti provenienti dai Settori Pianificazione e Biodiversità, puntando sull’interdisci- plinarità18. Le attività per il PRANP sono state sempre interpretate in chiave “aperta” rispetto ai contributi ricavabili dalle risorse interne ed esterne, con particolare riferimento al mondo universitario (già coinvolto sin dal 2001) ed al contributo degli esperti in pianifi- cazione paesistica della Direzione Regionale Urbanistica e Territorio. I prodotti materiali principali di un quinquennio di attività sono stati gli studi sopra men- zionati, tutti approvati con atto interno dall’ARP e inviati alla Direzione ed all’Assessorato Ambiente. Il DVD allegato a questo volume li contiene tutti, unitamente ad altri documenti utili a ricostruire il complesso insieme di attività sviluppate in quasi un decennio intorno al ed all’interno del mondo delle aree protette del Lazio. Altri prodotti, immateriali, sono state le conoscenze accumulate durante l’elaborazione dei processi, che possono essere idealmente divise in due gruppi: le informazioni di base, acquisite ed organizzate in forma utile alle elaborazioni condotte, e le metodologie speri- mentate, che sono state elaborate ed applicate con il maggior rigore scientifico possibile compatibilmente con le tempistiche dei vari sottoprogetti, con la qualità delle informazioni disponibili e con gli obiettivi da raggiungere. Si può affermare che i principali argomenti e le questioni delineate nel Programma di attività per l’adeguamento dello Schema del 1993 contenuti nel DT2002 siano stati tutti affrontati. Le attività sono state svolte con l’obiettivo centrale di fornire ai decisori politici gli strumenti tecnici, metodologici e informativi per l’effettuazione consapevole delle scelte di loro competenza. Il fatto che l’obiettivo della fase II del DT2002 fosse la redazione della proposta di un nuovo Schema di Piano da sottopor-

18 Unica eccezione è stato lo studio relativo al Documento strategico POR 2007-2013, elaborato dal solo Settore Pianificazione.

16 Presentazione re alla discussione pubblica ha consigliato di porre l’attenzione proprio sugli aspetti meto- dologici e di strutturazione della conoscenza e dei processi ad essa sottesi. Non meno importanti vengono valutati i prodotti immateriali risultati dalle attività svolte. L’impostazione multidisciplinare di un così lungo e vario processo di elaborazione ha favo- rito, richiedendola implicitamente come necessario presupposto al raggiungimento degli obiettivi, la crescita di una solida rete di relazioni tra i tecnici e l’altro personale coinvolto. Condivisione di lessici disciplinari, confronto tra approcci diversi, dibattiti e confronti su con- cetti “pericolosamente” polisemici (“paesaggio”, “reti ecologiche”, “conservazione”, “tute- la”, per citarne solo alcuni) sono stati all’ordine del giorno nello svolgimento delle attività, con i coordinatori investiti del delicato ma gratificante compito della valorizzazione armoni- ca delle competenze.

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Nota introduttiva Massimo Bruschi, Marco Scalisi - Responsabili di progetto ARP

I più recenti convegni internazionali in materia di parchi hanno posto vivacemen- te l’accento sull’opportunità di creare “sistemi” di parchi [...]. Il concetto di sistema è stato accolto anche nel linguaggio dei programmi di alcune Regioni italiane, ma ci si può domandare se è stato adottato nel senso più significativo, cioè nel senso eco- logico. Ogni singolo parco deve essere un “sistema”, cioè deve esser caratterizza- to da una struttura funzionale e da una rete efficiente di correlazioni, al modo di un organismo convenientemente equilibrato. Più parchi appartenenti al territorio, ad esempio di una regione, possono e devo- no realizzare un sistema in quanto costituiscono una struttura funzionale entro il più grande sistema del “territorio” regionale, inteso nella interezza dei valori, degli inte- ressi, degli usi. In questo senso il discorso dei parchi di una regione diventa un momento della pianificazione regionale, dell’assetto del territorio regionale. VALERIO GIACOMINI*

Il Piano Regionale delle Aree Naturali Protette (PRANP) è da sempre tema di elabora- zioni da parte dell’ARP.Un primo ciclo di lavori dell’Agenzia è servito per costruire, in gran parte con l’ausilio di esperti esterni, un quadro di riferimento in cui collocare la prospetti- va di una pianificazione organica per il Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette del Lazio; un secondo per predisporre, principalmente con risorse interne all’ARP ed alla Regione Lazio, gli strumenti di supporto alle decisioni utili alla concretizzazione del proget- to di un Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. Crinale tra i due periodi è il biennio 2004-2005, nel corso del quale il gruppo dei tecni- ci in forza all’Agenzia ha raggiunto una massa critica sufficiente a farsi carico autonoma- mente dello sviluppo dei progetti. In qualche misura, quindi, l’evoluzione degli studi per il PRANP è lo specchio della storia dell’ARP. Un primo volume ha raccolto, nel 2007, i principali studi predisposti fino al 2004-2005 da esperti del mondo universitario e della ricerca applicata alla conservazione della natu- ra e la tutela del territorio. Quegli studi, organici alla programmazione contenuta nel Documento Tecnico ARP approvato con DGR 1100/2002 per l’adeguamento dello Schema di Piano dei Parchi, approvato dalla Giunta Regionale nel lontano 1993, hanno impostato le principali scelte metodologiche e hanno fornito alcune insostituibili basi di conoscenza per lo sviluppo delle attività successive.

* Da Naturaesocietàa.VI,n.2,mar.-apr.1975,inV.Giacomini,V.Romani,Uomini e parchi, 1983 (2002).

19 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Dalla seconda metà del 2006, l’ARP ha invece affrontato, in attuazione di obiettivi indi- cati dalla Giunta Regionale o su richiesta dell’Assessorato e della Direzione Ambiente, una serie di problemi più specifici, di natura settoriale, maggiormente legati alla gestione del Sistema, quali le nuove istituzioni e la programmazione degli investimenti. A questi si è affiancato lo sviluppo di progetti per realizzare (o cominciare a farlo) gli elementi costituti- vi del PRANP,previsti dalla LR 29/97 e principalmente la Rete Ecologica Regionale. Si è trat- tato, nell’uno e nell’altro caso, di attività che hanno spostato l’attenzione sugli aspetti di supporto alla decisione, più propriamente inerenti ai processi valutativi. In questo senso, essi costituiscono il complemento alle attività del primo ciclo, così come questo volume vuole essere l’ideale complemento di quello del 2007. L’obiettivo che ha legato gli studi predisposti in questi anni è stato quello di fornire ele- menti conoscitivi e valutativi che possano restituire un quadro complesso (una rappresen- tazione) del ruolo del Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette nel territorio del Lazio, che sia in grado di “suscitare” obiettivi negli attori e di confrontarsi con gli altri quadri cono- scitivi e valutativi degli strumenti regionali di pianificazione. Quest’ultima è divenuta un’esigenza irrinunciabile, per l’evoluzione processuale e partecipata delle attività di piani- ficazione del territorio in genere, per il verificarsi di vere proprie “rivoluzioni” nell’ambito della legislazione sul paesaggio e conseguentemente sulla sua pianificazione, ed infine - nell’ambito della valutazione delle componenti ambientali nei processi di pianificazione - per l’entrata in vigore della parte del Codice dell’Ambiente relativa alla Valutazione Ambientale Strategica, che hanno costretto ad ampie rivisitazioni dei programmi di attività predisposti dall’ARP dopo l’approvazione della DGR 1100/2002. Il lavoro compiuto dai tecnici dell’ARP e delle altre Direzioni regionali è stato impostato assu- mendo la dialettica tra l’approccio ecologico e quello paesistico, nel particolare campo applica- tivo rappresentato dalla pianificazione delle aree protette e delle tutela della biodiversità. Dai primi lavori, riguardanti la valutazione delle proposte di nuove istituzioni e la riorganiz- zazione del Sistema esistente, all’ultimo studio relativo all’individuazione di nuove aree pro- tette secondo i dettami dell’articolo 7 della legge regionale sulle aree protette n. 29 del 1997, le attività dei gruppi di esperti hanno sempre teso da un lato a specificare le dimensioni ope- rative di un metodo di pianificazione ecologico applicato all’intero territorio regionale e dall’al- tro a mettere a sistema valori più tipicamente “ambientali” e valori paesistico-culturali. Il percorso non è stato facile. Le informazioni disponibili, almeno in queste prime fasi, hanno presentato non poche problematicità rispetto all’uniformità della copertura territoriale, al livello di dettaglio, alla divaricazione cronologica delle raccolte di dati ed alle differenze

20 Nota introduttiva metodologiche alla base delle stesse attività di indagine. È necessario invece effettuare scel- te sulla base di un flusso di informazioni che deve necessariamente (anche per la natura stes- sa delle fonti dei dati, che provengono in parte da programmi di monitoraggio) essere conti- nuo ed organico, perché solo in questo modo si potrà disporre di elementi utili ad aggiorna- re gli indirizzi delle azioni concrete sul territorio. Una attività di pianificazione di sistema impli- ca la composizione di tematiche, approcci e competenze molto vari (dal geologo al botanico, dal naturalista al pianificatore, dall’agronomo all’archeologo, dall’economista allo storico, dal legale all’ingegnere ambientale ... ma questa non è una novità per le discipline territoriali) che richiedono una impostazione della struttura metodologica dei lavori che sia allo stesso tempo robustaeflessibile, aperta alla diversità dei contributi e tesa alla valorizzazione delle loro reci- proche differenze. L’impiego delle risorse, più efficace possibile, ha guidato verso un approc- cio che fosse in grado di utilizzare tutti i dati disponibili ed i materiali già prodotti mettendoli a sistema per raggiungere un obiettivo ultimo, cioè quello di fornire gli strumenti metodologi- ci e di supporto alle decisioni necessari alla pianificazione del Sistema delle aree naturali pro- tette del Lazio. Da qui lo sforzo di selezione di metodi già dimostratisi efficaci in altri contesti (per tutti, il metodo Planeco, basato sulla elaborazione di indici territoriali descrittivi ed appli- cato alla classificazione del territorio in diverse occasioni, ad esempio per il Piano territoriale regionale del Veneto1) ed il loro innesto sull’albero delle attività già avviate in passato dall’ARP. Collocare i risultati di anni di attività in un racconto unitario del percorso di adeguamen- to dello Schema di Pianodei Parchi è uno degli obiettivi di questo libro, che ha quindi l’ambizione di restituire, seppure in minima parte, il senso e l’importanza della program- mazione e della pianificazione per la gestione di siti, aree e territori di considerevole (e rico- nosciuto) valore ambientale. Fatte queste premesse, qualche brevissimo cenno ai contenu- ti del volume sembra opportuno. Il primo capitolo affronta la tematica della geodiversità e della tutela delle singolarità geologiche nel territorio regionale, utilizzando approcci e metodiche scientificamente aggiornati, che hanno portato a risultati significativi nell’integrazione con la tutela paesisti- ca operata dal Piano Territoriale Paesistico Regionale. Il secondo capitolo affronta il tema della Rete Ecologia Regionale del Lazio (REcoRd Lazio), elaborata compiendo scelte mirate riguardo le metodologie e le informazioni di

1 Si veda in proposito, oltre al PTRC della Regione Veneto, il testo monografico di B. Romano, G. Paolinelli (2007), L’interferenza insediativa nelle strutture ecosistemiche. Modelli per la rete ecologica del Veneto, Roma, Gangemi.

21 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio base. Scelte, per quanto riguarda soprattutto le informazioni, da considerarsi sì transitorie, in gran parte obbligate dalla disponibilità di basi informative (per le quali si sta già lavoran- do all’integrazione che consentirà la realizzazione di prodotti sempre più accurati), ma anche fondanti per i successivi sviluppi della REcoRd Lazio e del PRANP di cui è parte inte- grante. Le scelte metodologiche sono state invece mirate agli obblighi normativi, soprattut- tocomunitari, di monitoraggio e tutela della biodiversità. Il terzo capitolo fornisce un quadro delle attività di indagine, classificazione e valutazione condotte sul territorio regionale, soprattutto con l’ausilio di strumenti GIS. Dall’ap- profondimento delle coperture del suolo all’indagine sul rischio insediativo, si è cercato di raggiungere il duplice obiettivo di fornire elementi utili all’individuazione dei territori, delle aree e dei siti a maggiore valenza e sensibilità ambientale e di costruire rappresentazioni del territorio regionale finalizzate alla sua pianificazione in chiave di tutela ambientale. Il quarto capitolo, infine, raccoglie le attività maggiormente riconducibili alla valutazione del territorio regionale per il PRANP.Non si tratta solamente di individuare le aree da proteggere (che rimane l’obiettivo principale della pianificazione del Sistema) ma anche di gestire il Sistemadiareeprotette stesso così come si è venuto a formare in più di trent’anni. Perciò si trovano raccolti in questo capitolo studi sulla riorganizzazione territoriale e sulla programma- zione delle risorse con una articolata proposta metodologica per l’individuazione delle aree protette eventualmente da istituire, il cosiddetto “insieme di reperimento” del PRANP. Ci piace concludere queste brevi note ancora con una citazione da Uomini e parchi di Valerio Giacomini e Valerio Romani, che con rara acutezza prefiguravano, già alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, il ruolo della programmazione centrale per un sistema di aree protette:

In queste cose [il complesso delle azioni che costituiscono la missione di un parco e che devono esse- re portate avanti facendo affidamento “sul consenso e sulla volontà degli abitanti”, NdR], comunque, non bisogna avere fretta. È meglio attendere per una soluzione coerente e sicuramente funzionale, che non raggiungere frettolosamente risultati che, alla verifica, possono risultare ingannevoli se non dannosi. Divengono così compiti della programmazione centrale, di livello regionale e statale, il coordinamento dei vari interventi, nel quadro di una pianificazione ambientale connessa e contestuale a quella antropica. Tale disciplina preliminare delle zone da destinare a parco - peraltro già introdotta in numerose legisla- zioni regionali, seppur con impostazioni sorpassate - potrebbe avere una serie di obiettivi che qui tentia- mo di elencare senza alcuna pretesa di completezza: - definire gli ambiti territoriali più meritevoli di destinazione a parco e le eventuali localizzazioni delle riserve [...]; - promuovere gli studi, sovvenzionando con specifici contributi le comunità locali e gli organi territoriali competenti, al fine di individuare con esattezza delimitazioni, destinazioni dei vari territori e la loro aggregazione in unità parco; - fornire i criteri generali, le dimensioni funzionali e giuridiche, gli schemi di gestione e la prassi attuativa;

22 Nota introduttiva

- promuovere eventuali cooperazioni tra enti territoriali, nel caso di ambiti naturali più vasti o non coin- cidenti con i confini amministrativi; - assistere finanziariamente, tecnicamente e giuridicamente le amministrazioni locali per la realizzazione di studi e piani; - delegare alle amministrazioni locali la determinazione, lo studio e la progettazione (o programmazio- ne) dei parchi, intesi come piani di sviluppo o atti amministrativi volti alla gestione del territorio; - esercitare la supervisione e il controllo dei piani e delle amministrazioni dei parchi. Dunque, l’identificazione fra la progettazione di un parco e la pianificazione del territorio corrisponden- te potrebbe, finalmente, definire e sancire l’auspicata continuità fra pianificazione antropica e conserva- zione dell’ambiente, in una disciplina unitaria che potremo chiamare pianificazione ambientale - secondo unadizionestraniera,peraltropocoespressiva-omegliopianificazione integrata, con il duplice effetto di estendere i principi di tutela della risorsa naturale sino alle zone più antropizzate e di coinvolgere sempre più gli uomini nella conservazione della natura.2

Si ritrovano tra i punti dell’elenco di Giacomini e Romani tutte le attività che l’Assessorato, la Direzione Regionale Ambiente e l’ARP hanno portato avanti fin dalla loro istituzione, a partire dalle iniziative e dagli atti in applicazione della prima legge regionale sulle aree pro- tette, la n. 46 del 1977, per proseguire con l’attuazione delle previsioni della legge regio- nale n. 29 del 1997, attualmente vigente. La visione ecologica di Giacomini, che vede l’uomo come presenza attiva ed imprescindibile di ogni azione per la conservazione della natura, anima e dà senso a quello che sarebbe soltanto un elenco tecnicamente corretto di indicazioni per la programmazione, e lo proietta nella stagione che oggi stiamo vivendo, in cui una nuova consapevolezza della complessità delle relazioni tra il nostro agire e l’ambiente è stata in grado di generare e sviluppare nuovi paradigmi - dal concetto di rete ecologica ad una nuova concezione del paesaggio, fino allo stesso concetto di sostenibili- tà - e nuove conseguenti impostazioni metodologiche dei processi di pianificazione e pro- grammazione3. Nel portare avanti le attività illustrate in questo volume, le strutture tecniche dell’ARP hanno cercato di cogliere e sviluppare gli stimoli di questa evoluzione, ponendole a fondamento dell’in- terpretazione del proprio ruolo di supporto tecnico all’Assessorato ed alla Direzione Ambiente.

2 V. Giacomini, V. Romani, Uomini e parchi, 1983 (2002), pp. 58-59. 3 Il nuovo quadro degli strumenti di programmazione in tema di conservazione della biodiversità delineato dagli aggiornamenti della LR 29/1997 promulgati dal 2003 in poi prevede la definizione di un Documento Strategico per la Biodiversità che fissi gli obiettivi generali per la sua conservazione, che dovranno poi essere declinati dal Piano regionale delle Aree Naturali Protette e dalla Rete Ecologica Regionale in esso contenuta, per poi divenire oggetto della pianificazione e della programmazione delle singole aree protette e delle misure di conservazione per le aree della rete Natura 2000. In proposito, si veda anche Tallone G., (2007), Biodiversità, Reti Ecologiche, Aree Protette e Natura 2000: i programmi di conservazione della Regione Lazio, in Tallone G. (a cura di), (2007), Biodiversità e aree protette nel Lazio. Studi propedeutici all’elaborazione del Piano Parchi, ARP,Roma.

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Abbreviazioni e sigle utilizzate nel testo

AAPP, AANNPP Aree Naturali Protette APQ Accordi di Programma Quadro Stato-Regioni ARP Regione Lazio - Agenzia Regionale Parchi ATR Ambiti Territoriali di Riferimento, ARP 2007 DESS Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile DT 2002 Documento Tecnico ARP (giugno 2002), approvato con DGR 2 agosto 2002, n. 1100, pubblicata sull BURL n.3 del 30 gennaio 2003 Suppl. Ord. n. 3 FESR Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale PdAPiano dell’area naturale protetta (Piano di Assetto) (art. 26 della LR 6 ottobre 1997, n. 6 e ss. mm. e ii.) PdG Piani di Gestione dei diti Natura 2000 PFV Piano Faunistico Venatorio (Regionale e Provinciale) PPPES Programma Pluriennale di Promozione Economica e Sociale (art. 30 della LR 6 ottobre 1997, n. 6 e ss. mm. e ii.) PRANP Piano Regionale delle Aree Naturali Protette (art. 7 della LR 6 ottobre 1997, n. 6 e ss. mm. e ii.) PRANP 2007 ARP, 2007, Studio per la riorganizzazione del Sistema delle aree protette regionali - Direttore: G. Tallone, Coordinatori: M. Bruschi, S. Sarrocco - Gruppo di lavoro: E. Peroni; C. Fattori; D. Mancinella; M. Scalisi; I. Pizzol; A. Monaco; D. Capizzi; I. Egidi; G. Villetti; C. D’Uffizi; G. De Prisco; K. Santia; G. Galfano; F. Pesciaroli; V. Aloi PRANP 2008 ARP, 2008, Supporto alla programmazione di sistema POR Lazio 2007-2013 - Direttore: G. Tallone, Coordinatore: M. Bruschi - gruppo di lavoro: E. Peroni, C. Fattori, C. Pierdominici,A.Basso,C. D’Uffizi, A. Sasso, D. Mancinella, I. Sinibaldi, L. Quattrin, M. Barresi, V. Chirilli, V. Ghinelli PRANP 2009 ARP,2009, Elaborazione ed applicazione di modelli di classificazione territoriale finalizzati alla definizione della rete ecologica regionale - Direttore: V. Consoli, Coordinatore: M. Bruschi - Gruppo di lavoro: E. Peroni; C. Fattori; A. Basso; C. Pierdominici; M. Martucci; M Ferri; M. Tufano; N. Benedetti; L. Quattrin; N. De Cubellis; T. Ingannamorte

25 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

PRANP 2010 ARP,2010, Definizione dell’insieme delle aree di reperimento per il Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. Analisi e valutazioni - Direttore: Vito Consoli; Responsabile del progetto: M. Bruschi - Gruppo di lavoro: E. Peroni, C. Fattori, I. Iovino, N. Benedetti, M. Scalisi, V. Bizzarri, P. Pannone, A. Monaco - Esperti: D. Mancinella, M.Tufano,S.Sarrocco,D.Capizzi PSR Piano di Sviluppo Rurale PTPR Piano Territoriale Paesistico Regionale, adottato con la DGR n. 1025 del 21/12/2007 - B.U.R.L. n. 14 del 14/02/2008 - S.O. n. 16 REcoRd Lazio Rete Ecologica Regionale del Lazio (art. 7 della LR 6 ottobre 1997, n. 6 e ss. mm. e ii.) ARP,2010, Progetto Biodiversità 2008 - step di avanzamento della Rete Ecologica Regionale - Direttore: Vito Consoli; Responsabile del progetto: M. Scalisi - Gruppo di lavoro: S. Sarrocco, D. Capizzi, I. Sinibaldi, A. Monaco, D. Mancinella, I. Pizzol, F. Petrassi, M. Tufano,D.Capoccia,S.DiGiovanni, I. Iovino, B. Renzi, C. Bigarelli, B. D’Alisera (ARP), C. Guida, C. Notarmuzi, A. Serafini Sauli, S. Proietti (Direzione Regionale Ambiente), L. Carotenuto (RNR Montagne della Duchessa) RN2000 Rete Natura 2000 (Direttiva “Habitat” 92/43/CEE del 21 maggio 1992) SASP Superficie Agro-Silvo-Pastorale ai fini della pianificazione faunistico- venatoria (recentemente definita con DGR n. 650 del 07/08/2009) Schema; Schema 1993 Schema di Piano Parchi (LR 46/77, approvato con DGR 11746/1993) SIC Siti di Importanza Comunitaria (Direttiva “Habitat” 92/43/CEE “Habitat”del 21 maggio 1992) ZPS Zone di Protezione Speciale (Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE “Uccelli”del 30 novembre 2009) ZSC Zone Speciali di Conservazione (Direttiva 92/43/CEE “Habitat”del 21 maggio 1992)

26 CAPITOLO 1

La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale Cristiano Fattori, Dario Mancinella

1.1 Generalità

In base alla normativa nazionale vigente, ed anche sulla scorta delle fonti regionali che a tale normativa si ispirano, le aree protette vengono istituite per uno scopo fondamenta- le: tutelare i maggiori valori del Patrimonio Naturale presente in un territorio. Quest’ultimo viene solitamente definito in termini di presenza di ecosistemi di pregio, a loro volta costi- tutivamente intessuti da un altissimo numero di relazioni interecosistemiche ed intraecosi- stemiche, peraltro conosciute solo in minima parte. Secondo la definizione più comunemen- te accettata (Odum, 1971) un ecosistema è: “l’unità che include gli organismi che vivono insieme in una certa area, interagenti con l’ambiente fisico in modo tale che un flusso di energia porti ad una ben definita struttura biotica e ad una ciclizzazione dei materiali fra viventi e non viventi all’interno del sistema”. Odum in pratica afferma che, dato un certo territorio, l’ecosistema è costituito dalle relazioni che intercorrono tra la componente viven- te e quella non vivente. La componente vivente degli ecosistemi è espressa dalla Biodiversità mentre la loro componente abiotica è espressa dalla Geodiversità. Risultando, come detto, da una visione essenzialmente ecosistemica, il Patrimonio Naturale ricalca la struttura bipolare degli eco- sistemi ed è quindi costituito da una componente biotica, espressa dal Patrimonio Biologico e da una componente abiotica, espressa dal Patrimonio Geologico. Alcune discipline, come ad esempio la geobotanica, indagano le relazioni che intercorro- no tra la natura dei suoli e le associazioni vegetali che in corrispondenza di essi si svilup- pano, costituendo una sorte di “ponte” tra mondo biotico e abiotico. Tale approccio, però, risulta radicalmente differente da quello qui descritto, in quanto esso si limita all’analisi della funzionalità ecologica senza assumere il concetto di diversità, sia essa geologica o biologi- ca, come valore autonomo da valutare e misurare al fine di ottenere una descrizione dei valori naturali del territorio. La Pianificazione di sistema delle Aree Naturali Protette dovrà quindi, in primo luogo, individuare le aree nelle quali sono presenti i maggiori valori di Patrimonio Naturaleed assi-

27 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio curarne, in secondo luogo, la funzionalità ecosistemica. La natura ecosistemica e quindi inti- mamente dinamica del Patrimonio Naturale, col suo inestricabile intreccio di relazioni, richiede non solo la sua individuazione sul territorio, ma anche la predisposizione di un sistema gestionale di tutela che mantenga in efficienza le dinamiche che intercorrono tra gli organismi, l’ambiente fisico, i flussi energetici ed i cicli naturali. È per questo motivo che una coerente pianificazione di sistema delle Aree Naturali Protette non può prescindere dalla sua stretta relazione con una rete ecologica in essa integrata. Il presente capitolo si propone di illustrare come sono stati considerati e valutati, all’in- terno del Piano Regionale delle Aree Naturali Protette: a) i valori del Patrimonio Geologico, inteso come componente abiotica del Patrimonio Naturale; b) i valori della Geodiversità, intesa come componente abiotica dell’ecosistema. La predisposizione di indici numerici per la valutazione della Geodiversità risponde alla necessità di valutare, in maniera quanto più possibile oggettiva, la valenza del Patrimonio Geologico di un territorio, al fine di fornire indicazioni utili alla pianificazione. Il PRANP del Lazio, infatti, possiede un duplice compito: 1) individuare le porzioni di territorio maggiormente ricche in patrimonio naturale, come previsto dalla normativa nazionale (Carta della natura di cui all’art. n. 3 della L. 394/91) e regionale (insieme di reperimento per il Sistema Delle Aree Protette Regionale di cui all’art. 7 della L.R. 29/97). 2) Rispettare la struttura delle Rete Ecologica Regionale, avendo cura di integrare al suo interno gli elementi maggiormente significativi che la compongono. Rispetto al primo requisito, l’Indice di Geodiversità Litologica (IGL) fornisce indicazioni imme- diate e di facile lettura, fornendo indicazioni sull’ubicazione delle zone dove più elevati sono i valori di Patrimonio Geologico. Inoltre la normativa regionale vigente permette di raffinare l’analisi a piccola scala rappresentata dalla mappatura dell’IGL, andando ad individuare nel det- taglio i monumenti geologici isolati e tutelandoli come elementi del Sistema Regionale delle Aree Protette. Infatti la Legge Regionale n. 4/2006: “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006” all’art. 37 apporta alcune modifiche alla Legge Quadro Regionale 29/1997, inserendo i geositi nella categoria dei Monumenti Naturali (attuale art. 6 comma 2 della LR 29/97). Rispetto al secondo requisito, invece, la risposta non è immediata. Infatti, sebbene appa- ia estremamente probabile a livello intuitivo che la Geodiversità possieda profonde relazio- ni col mondo vivente, la natura di tali rapporti non è ancora stata indagata in maniera sod- disfacente né dal punto di vista qualitativo né, tantomeno, da quello quantitativo.

28 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

L’IGL dunque può essere considerato solo come informazione accessoria nella struttu- razione della Rete Ecologica Regionale, in attesa di ulteriori sviluppi della ricerca in questo campo, che si preannunciano di notevole rilevanza.

1.1.1 Il Patrimonio Geologico

Il Patrimonio Geologico è costituito dalla somma dei beni geologici presenti in un territo- rio, che si concretizzano nei Geositi. Un Geosito, secondo una definizione particolarmente adatta alle esigenzedella pianificazione, è un “ oggetto geologico” fisicamente presente sul territorio che permette di comprendere in maniera particolarmente chiara ed evidente un determinato evento legato alla storia della Terra (FATTORI & MANCINELLA, 2010). Esiste, inoltre, uno stretto legame tra la componente geologico-geomorfologica e la legislazione in materia di beni culturali, evidenziata a livello nazionale già nella storica legge 29/06/1939 n.1497 sulla «Protezione delle bellezze naturali», che fu predisposta per la tutela, tra le altre cose, delle “singolarità geologiche” e delle “bellezze panoramiche”. Il Geosito è quin- di, in pratica, un bene culturale a carattere geologico. Il percorso seguito per la valutazione del Patrimonio Geologico della Regione Lazio, per la cui descrizione dettagliata si rimanda al paragrafo 1.2, è stato il seguente: - Creazione della Banca Dati dei Geositi del Lazio presso l’Agenzia Regionale Parchi; -Predisposizione di un modello di valutazione della valenza dei Geositi; - Applicazione del modello di valutazione della valenza dei Geositi alla Banca Dati dei Geositi del Lazio con conseguente creazione della Rete dei Geositi del Lazio; - Approvazione, con Delibera di Giunta della Regione Lazio n. 859 del 13/11/2009, dei 70 Geositi ad alta valenza geologica compresi nella Rete dei Geositi del Lazio, defini- ti dalla sopra citata DGR come “siti geologici di importanzaregionale”.

1.1.2 La Geodiversità

La Geodiversità, concetto di recente introduzione nel mondo scientifico, esprime il valore connesso alla variabilità dei processi abiotici presenti in un dato territorio. La Geodiversità, che riconosce nella varietà degli ambienti geologici la base della vita sulla Terra, è infatti un concetto che si collega alle componenti viventi degli ecosistemi. La biosfera e la geosfera

29 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio interagiscono tra loro principalmente attraverso altre due “sfere”: l’idrosfera (l’acqua: com- posto inorganico che costituisce però la base dei sistemi viventi) e la pedosfera (il suolo: for- mato da una componente organica e da una inorganica, che costituisce la transizione tra il mondo biotico e quello abiotico). La vegetazione, che in virtù della sua collocazione statica sul territorio deve necessariamente adattarsi strettamente alle condizioni chimico fisiche del- l’ambiente, rappresenta il miglior candidato per l’individuazione delle relazioni tra Geodiversità e Biodiversità, sicuramente esistenti ma finora mai ben identificate e misurate. Il concetto di Geodiversità si applica sia alle testimonianze del passato, come documen- tazione geologica materializzata negli affioramenti rocciosi, sia al presente, come chiave interpretativa dei fenomeni in atto. La definizione più comunemente accettata è la seguente: “La Geodiversità è la naturale variabilità (diversità) delle strutture geologiche (rocce, minerali, fossili), geomorfologiche (morfologie, processi) ed edafiche. Essa include i loro assetti, relazioni, proprietà, interpre- tazioni e sistemi” (GRAY, 2004). Ai fini di una valutazione quantitativa della Geodiversità, che ne consentisse una valuta- zione misurabile, oggettiva e riproducibile, è stato predisposto un Indice di Geodiversità Litologica (FATTORI et alii, 2009a; FATTORI et alii 2009b) ottenuto attraverso un’analisi mul- tiparametrica delle diverse componenti individuate come quelle maggiormente significative nello studio della Geodiversità di un’area in ambito litologico. L’Indice di Geodiversità Litologica è divenuto, a sua volta, una componente fondamenta- le e integrata della Rete Ecologica Regionale elaborata per la Regione Lazio. Occorre inoltre sottolineare come l’elaborazione dell’Indice diGeodiversità Litologica sia stata possibile grazie all’impiego di tecniche e di metodologie di analisi territoriali sviluppa- te in ambiente GIS, che permettono la realizzazione di specifici modelli analitici e valutativi, riproducibili e implementabili in modo estremamente efficace.

Il Lago della Duchessa

30 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

1.2 La Rete dei Geositi del Lazio

Nel 2002 l’ARP costituisce presso i suoi uffici la Banca Dati dei Geositi del Lazio secon- do le previsioni del Documento Tecnico per l’adeguamento dello schema di piano regiona- le dei parchi e delle riserve naturali1. Gli anni che seguono sono finalizzati all’implementa- zione della banca dati, parzialmente pubblicata dapprima nell’atlante “Le grotte del Lazio” (MECCHIA et alii, 2003) e poi nell’atlante “La Geodiversità del Lazio - Geositi e Geoconservazione nel Sistema delle Aree Naturali Protette” (CRESTA et alii, 2005). Nel 2006 viene varato il Documento Strategico sulla Geodiversità 2006-2008, compren- dente un insieme organico di attività legate alla promozione dei Geositi e della Geodiversità regionale. Tra queste, grazie alla stretta collaborazione tra Servizio Geodiversità e Servizio SITAP (Sistema Informativo Territoriale Aree Protette del Lazio) dell’ARP, figura anche la Banca Dati dei Geositi del Lazio2, composta dai Geositi regionali dotati di segnalazione bibliografica ed in costante aggiornamento. Essa viene trasmessa all’ISPRA per la sua inte- grazione nella Banca Dati Nazionale del Patrimonio Geologico italiano. Per meglio indirizzare le azioni di tutela e valorizzazione del Patrimonio Geologico con- centrandole sui siti di maggiore significatività, l’ARP predispone quindi un modello di valu- tazione del Geosito3, finalizzato all’attribuzione di un valore numerico che esprima il Valore Intrinseco del sito geologico considerato sotto molteplici punti di vista. Applicando il modello di valutazione del Geosito alla Banca Dati dei Geositi del Lazio, si ottiene la “Rete dei Geositi del Lazio”4, che organizza tutti i Geositi laziali in tre livelli di valenza geologica: alta, media e bassa. La Rete dei Geositi così definita è stata parzialmente modificata a seguito della campagna di rilevamento svolta nel 2009-2010 da geologi professionisti e finalizzata all’aggiornamento ed alla verifica dei siti precedentemente catalogati attraverso un opportuno riposizionamento geografico ed alla loro perimetrazione, nel caso dei Geositi di tipo areale. Tutti i siti non più riconoscibili, perché compromessi o ritenuti insignificanti, sono stati eliminati dalla banca dati. Tenendo presente, come obiettivo primario, che ogni sito di interesse geologico rappre- senta un bene che assume un valore significativo per l’intero Patrimonio Geologico regio-

1 Approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 1100 del 2002. 2 Approvata con Determinazione del Dirigente del Settore Pianificazione n. 55/PP del 28/12/2007. 3 Approvato con Determinazione Dirigenziale ARP - Regione Lazio n. 27/PP del 17/10/2007. 4 Approvata con Deliberazione ARP n. 08 del 27/03/2008.

31 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio nale, si è ritenuto opportuno esaminare il sistema dei Geositi regionali in termini numerici e quantitativi, attraverso elaborazioni statistiche e interrogazioni spaziali rese possibili anche dal nuovo Geodatabase dei Geositi del Lazio. Queste analisi vogliono essere un valido supporto decisionale per l’Amministrazione, da porre alla base delle scelte di pianificazione, relative alle azioni di tutela del Patrimonio Geologico che, come auspicabile, siano predisposte quanto prima a livello regionale, pro- vinciale e comunale. Tutto ciò è reso possibile anche dal Sistema Informativo Territoriale delle Aree Naturali Protette del Lazio (SITAP) dell’Agenzia, strutturato secondo una sche- ma logico-fisico ben definito e aderente a procedure riconosciute a livello nazionale, che a breve sarà disponibile anche in internet tramite un WebGIS dedicato. Questo strumento per- mette una gestione razionale e dinamica della Banca Dati agenziale, contenente diversi strati informativi relativi ai tematismi ambientali e urbanistici, perfettamente interrelaziona- bili tra loro con applicativi GIS. È necessario sottolineare che le informazioni che di seguito saranno fornite fotografa- no la situazione allo stato attuale (2010), ma è evidente che esse sono in continuo aggior- namento, soprattutto in relazione a nuove eventuali proposte di Geositi. Si tratta, quindi, di un punto di partenza necessario per la successiva proposta di modelli gestionali con- creti, a valle di una razionale interpretazione del “sistema” e in un ottica di aggiornamen- to permanente. Le analisi effettuate riportate di seguito sono state utilizzate per l’elaborazione di un indicatore ambientale (vedi oltre) relativo alla variazione nel tempo dello stato di protezio- ne dei Geositi, come elemento significativo e rappresentativo suggerito nella relazione stato-ambiente 2008, predisposta dalla Regione Lazio e aggiornata al giugno 2010. Nella Geodatabase dell’ARP sono censiti 804 siti di interesse geologico (685 reali + 119 eliminati) di cui 260 ad alto valore; 70 Geositi tra questi, ritenuti i più significativi per il Patrimonio Geologico regionale, sono stati approvati con Delibera di Giunta della Regione Lazio n. 859 del 13/11/2009 e definiti “siti geologi di importanza regionale”. Solamente 30 di questi (il 43% circa del totale) sono localizzati all’interno di Aree Naturali Protette. Ne consegue che, allo stato attuale, quasi un sito geologico d’importanza regionale su due risulta tutelato dalla legislazione riguardante le aree protette. Per quanto riguarda la distribuzione geografica a livello provinciale, il grafico 1.1 forni- sce un quadro delle emergenze geologiche suddivise secondo la loro valenza. In sintesi nella Provincia di Roma ricadono il 37,2 % dei Geositi totali, nella Provincia di Frosinone e Rieti il 15,8%, in Provincia di Latina il 23,6% e nella Provincia di Viterbo il 7,6%.

32 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Grafico 1.1 - Distribuzione provinciale dei Geositi a diverso valore

Come già accennato, analizzare lo stato di protezione dei Geositi è importante per riu- scire a definire il loro grado di tutela e, conseguentemente, per meglio gestire le azioni di conservazione del Patrimonio Geologico regionale. Nel grafico 1.2 si evidenzia come il maggior numero dei siti geologici protetti (166 in tutto) ricadano all’interno della Provincia di Roma e nella Provincia di Latina, dove rappre- sentano circa il 30% dei Geositi totali. Nella Provincia di Frosinone il 20% dei Geositi risul- ta protetto mentre nella Provincia di Viterbo lo è solamente circa il 15%. La Provincia di Rieti, pur avendo un rilevante numero di siti geologici totali, presenta il minor numero di siti geologici protetti: solo il 5%. A livello regionale risultano tutelati all’incirca 1 Geosito su 4.

Grafico 1.2 - Percentuale su base provinciale dei Geositi protetti

33 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Nel grafico 1.3 è evidenziata la distribuzione su base provinciale di tutti i Geositi ricadenti in area protetta suddivisi in base al loro valore intrinseco. Si può notare come nelle province di Roma e Latina un terzo dei siti tutelati siano ad alto valore mentre nella Provincia di Frosinone quelli ad elevata valenza, sottoposti a regime di protezione, sono poco più della metà.

Grafico 1.3 - Distribuzione provinciale dei siti geologici a diverso valore ricadenti in Aree Naturali Protette

Prendendo in considerazione, inoltre, le aree appartenenti alla Rete Natura 2000, com- prensiva dei Siti d’Interesse Comunitario (SIC) e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), per le quali vigono dei modelli gestionali diversi, le emergenze geologiche sono distribuite come evidenziato nel grafico 1.4. Esaminando la totalità delle emergenze geologiche sottoposte a regime di tutela, si osser- va come la Provincia di Viterbo sia caratterizzata dal più esiguo numero di siti ricadenti sia in Aree Naturali Protette che in aree appartenenti alla Rete Natura2000. Al contrario la Provincia di Latina e la Provincia di Roma sono caratterizzate da un più cospicuo numero di Geositi in aree SIC e ZPS esterne alle Aree Naturali Protette. In termini percentuali, la distribuzione su base provinciale dei siti geologici ricadenti in SIC e ZPS esterni alle AAPP sul totale provincia- le è la seguente: Rieti 35%; Viterbo 36%; Frosinone 41%; Roma 24%; Latina 47%. Per una valutazione più corretta e significativa della distribuzione provinciale dei Geositi è opportuno considerare, tuttavia, la quantità dei Geositi reperiti in rapporto all’estensione

34 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale territoriale (Kmq) delle singole province e all’estensione delle Aree Naturali Protette in esse presenti. Di fatto risulta maggiormente rappresentativa una valutazione quantitativa in ter- mini di densità (grafico 1.5).

Grafico 1.4 - Distribuzione provinciale dei Geositi in aree a diverso regime di tutela (Aree Potette e Rete Natura2000)

I valori ottenuti evidenziano che la densità dei Geositi totali della Provincia di Roma è paragonabile a quella che si riscontra nella Provincia di Latina, sia per quanto riguarda il numero totale di Geositi, sia per quanto riguarda quelli ricadenti in Aree Naturali Protette. La Provincia di Rieti si distingue per maggiore squilibrio tra la densità dei Geositi totali rispetto alla densità dei Geositi tutelati. I comuni in cui risulta ubicato il maggior numero di Geositi sono Carpineto Romano (38) e Roma (34), quest’ultimo evidentemente favorito dalla maggiore dimensione areale rispet- to agli altri. Anche Ponza (18), Formia (14), Spigno Saturnia, Leonessa e Supino (11), Terracina (10), Giuliano di Roma, Guarcino, S. Oreste e Sermoneta (9) sono decisamente al di sopra della media regionale, che si aggira intorno ai 3 Geositi per comune.

35 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

La maggiore densità di Geositi all’interno di questi comuni non è correlabile all’estensio- ne territoriale, ma è piuttosto in relazione alla presenza di studi settoriali come nel caso di Carpineto Romano, in cui è presente un elevatissimo numero di fenomeni carsici censiti nelle pubblicazioni specialistiche. L’analisi effettuata a livello comunale indica che 149 comuni, dei 378 totali appartenen- ti alla Regione Lazio, sono privi di Geositi, mentre su 229 comuni ricade almeno un Geosito.

Grafico 1.5 - Densità dei Geositi su scala provinciale

La tabella 1.1 illustra, infine, la distribuzione su base regionale dei Geositi totali suddivi- si per tipologia. Lo sbilanciamento relativo alla categoria “grotte e carsismo” deriva dal fatto che sono state considerate tutte le grotte già catalogate nell’atlante “Grotte del Lazio - i fenomeni carsici, elementi della Geodiversità” (MECCHIA et alii, 2003). Esse rappresen- tano, allo stato attuale, il 32% dei Geositi totali reperiti all’interno della Regione Lazio. Tuttavia, come accennato precedentemente, i bassi valori percentuali di alcune tipologie di Geosito risentono anche dello stato dell’arte attuale, condizionato fortemente dal quadro conoscitivo a livello regionale. Non si può escludere quindi che ulteriori studi e censimenti pos- sano maggiormente omogeneizzare la distribuzione delle diverse tipologie a scala regionale. La tabella 1.2 mostra la suddivisione dei Geositi in base alla loro geometria: Geositi area- li (che presentano cioè un’estensione superiore ai 400 m2), Geositi puntuali (che presen- tano cioè un’estensione inferiore ai 400 m2) e punti di vista panoramici. Una delle analisi più significative è rappresentata dall’elaborazione dell’indicatore relativo all’evoluzione dello stato di protezione dei siti geologici. Esso permette di individuare quanti,

36 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Tabella 1.1 - Tipologia dei Geositi su scala regionale Tipologia Geosito N° Geositi % su totale Geologia strutturale 047 06.9% Geomorfologia 098 14.3% Grotte e carsismo 217 31.7% Idrologia 075 10.9% Litostratigrafia 187 27.3% Mineralogia 016 02.3% Paleontologia 045 06.6%

Tabella 1.2 - Distribuzione dei Geositi per geometria Tipo Geosito N° Geositi Areale 177 Punto di vista panoramico 031 Puntuale 477 tra i siti censiti, sono stati nel corso degli anni ricompresi all’interno di Aree Naturali Protette e sono di conseguenza sottoposti ad un regime di tutela ben definito. È importante sottolineare il fatto che alcuni siti geologici si trovino oggi all’interno di Aree Naturali Protette in maniera sostanzialmente casuale (salvo rare eccezioni) in quanto l’istituzione di tali aree non ha segui- to a monte logiche pianificatorie e gestionali finalizzate alla tutela del Patrimonio Geologico. Il grafico 1.6 evidenzia come, dal 1934 (anno di istituzione del Parco Nazionale del Circeo) sino ad oggi, le emergenze geologiche che nel tempo sono state sottoposte ad un regime di tutela siano passate da circa il 2% a circa il 25 % del totale. L’andamento presenta una costante tendenza all’accrescimento, caratterizzata da due “gradini” che identificano brusche espansioni del sistema regionale delle Aree Naturali Protette: l’istituzione delle prime Aree Naturali Protette (dal 1979 fino alla metà degli anni ’80) e l’emanazione della legge quadro regionale in materia nel 1997, che ne istituisce un gran numero come stralcio dello Schema del Piano Parchi del 1993. Nel grafico 1.7 è rappre- sentato lo stesso dato, disaggregato però sulla base del valore intrinseco dei siti geologici. Anche in questo caso si conferma un accrescimento nel tempo del numero dei siti geo- logici protetti, anche se, per quanto riguarda i siti a medio valore, tale tendenza sembra essere più moderata.

37 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 1.6 - Variazione nel tempo della % dei Geositi regionali ricadenti in Aree Naturali Protette

Grafico 1.7 - Variazione nel tempo della % dei Geositi ricadenti in Aree Naturali Protette suddivisi per valore intrinseco

38 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

1.3 Indice di Geodiversità Litologica

L’Agenzia Regionale per i Parchi, al fine di pianificare efficacemente la conservazione delle aree regionali di maggior pregio dal punto di vista della ricchezza del Patrimonio naturale, ha messo a punto uno strumento di valutazione quantitativa della Geodiversità dal punto di vista litologico. Attraverso un’analisi multiparametrica delle diverse componenti individuate come quelle maggiormente significative nello studio della Geodiversità di un’area in ambito litologi- co, è stato predisposto un modello teorico gestito in ambiente GIS che ha portato alla defini- zione di un Indice di Geodiversità Litologica (FATTORI et alii, 2009a; FATTORI et alii, 2009b). La Geodiversità litologica, intesa come caratteristica intrinseca del sistema abiotico, è stata considerata come funzione della combinazione della rarità litologica, della diversità litologica e della frammentazione litologica. Ad ognuno di questi parametri, descritti in strati informativi geografici in formato .shp, sono stati attribuiti dei “pesi” relativi alla loro presunta importanza nella valutazione com- parativa delle componenti della Geodiversità.

1.3.1 Metodologia di lavoro

Lo studio è stato effettuato utilizzando come tematismo di base la Carta Litologica del Lazio, Regione Lazio - Università degli Studi di Roma Tre (PRATURLON et alii, 2002), modificata (ARP, 2008) mediante l’accorpamento di alcune formazioni tra cui scaglia, conglomerati ed alluvioni. Il modello elaborato è perfettamente riproducibile in qualsiasi contesto, a partire da dati litologici omogenei per un dato ambito geografico.

39 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

L’attendibilità dell’analisi finale è influenzata da alcuni fattori: a) scelta della dimensione delle celle costituenti la griglia territoriale di riferimento, sulla base della quale vengono misurati tutti i parametri; b) aggiornamento e livello di dettaglio delle basi tematiche utilizzate; c) accuratezza geometrica nella perimetrazione dei singoli poligoni; d) attribuzione empirica del punteggio alle diverse classi in cui sono stati suddivisi i para- metri di riferimento, motivata dalle finalità del lavoro relative all’elaborazione del PRANP (Piano Regionale Aree Naturali Protette) e della RER (Rete Ecologica Regionale) della Regione Lazio. Per la valutazione della Geodiversità litologica nel territorio oggetto di studio si è opera- to utilizzando un sistema modellistico, tipo “SINTACS R5” (CIVITA & DE MAIO, 2001), gesti- to in ambiente GIS. Inizialmente è stata effettuata la selezione dei parametri mediante i quali s’intende valutare la Geodiversità litologica del territorio della Regione Lazio, tenendo conto della tipologia, fre- quenza e validità delle informazioni di base reperite. I parametri presi in considerazione sono: - rarità litologica, - diversità litologica, - frammentazione litologica. Ciascuna cella della griglia di riferimento presenta valori numerici che esprimono in manie- ra concreta la presenza sul territorio del parametro geologico indagato. Il valore numerico ottenuto determina l’attribuzione di un punteggio crescente compreso tra 0 e 5. La suddivi- sione degli intervalli dei valori numerici in base ai quali viene assegnato il punteggio è stata effettuata su base logaritmica nel caso della rarità litologica, al fine di evidenziare i valori più bassi di percentuali di affioramento delle varie litologie, essendo la rarità di una data classe litologica inversamente proporzionale alla sua area di affioramento. Per gli altri parametri, invece, è stato applicato il metodo di classificazione degli intervalli naturali (JENKS, 1963). I punteggi ottenuti per ogni singolo parametro vengono moltiplicati per coefficienti numerici, che descrivono l’importanza relativa che essi assumono su scala regionale e, successivamente, vengono sommati tra loro ottenendo un valore associabile ad un grado di Geodiversità litologica. Da tali permesse risulta che il modello è stato elaborato su base empirica e non è sot- teso da alcun algoritmo definito. Esso è però stato affinato e calibrato mediante numerose verifiche al fine di ottenere uno strumento di calcolo che assicurasse il maggior livello pos- sibile di oggettività nell’attribuzione dei valori numerici ed una soddisfacente affidabilità nella riproduzione dei risultati.

40 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

1.3.2 Valutazione dei parametri

Il file di base (PRATURLON et alii, 2002 modificato ARP, 2008) contiene una descrizio- ne litologica divisa in 3 classi litologiche gerarchicamente organizzate, denominate Macroclassi (comprendenti 3 termini), Mesoclassi (comprendenti 6 termini) e Microclassi (comprendenti 38 termini). Sono state sottratte al computo delle superfici le acque marine e lacustri, i detriti antropici (in quanto non rappresentativi di fenomeni geologici) ed i territori appartenenti alla Città del Vaticano. Nel presente lavoro sono state considerate esclusivamente le microclassi litologiche. Il territorio della Regione Lazio è stato quindi suddiviso in due griglie a maglia quadrata: la prima con celle di 1 km di lato e la seconda con celle di 5 km di lato. Entrambe le griglie deri- vano dal ricampionamento della griglia utilizzata nel progetto PAUNIL (Progetto Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio, BRUNELLI et alii, 2010), anch’essa a maglia quadrata con celle di 10 km di lato. La griglia PAUNIL è proiettata sul fuso 33 N, datum ED 50, ed è estesa verso W anche al settore coperto dal fuso 32 N; in questo modo si è ottenuto che tutte le celle a maglia quadrata avessero la stessa superficie senza deformazioni nella fascia di contatto tra i due fusi. Le due griglie utilizzate per le analisi (celle con 1 km e 5 km di lato) sono state ritenute le più idonee a rappresentare la Geodiversità litologica laziale e sono state scelte anche per uniformità con gli altri indici biotici ed urbanistici utilizzati nella redazione del PRANP (Piano Regionale Aree Naturali Protette), della RER (Rete Ecologica Regionale) della Regione Lazio e di studi settore in campo faunistico regionale. Tutti i calcoli relativi alla determinazione dei parametri che compongono l’Indice di Geodiversità Litologica sono stati effettuati su entrambe le griglie.

1.3.3 Rarità Litologica (RL)

Il parametro Rarità Litologica è stato determinato calcolando la frequenza degli affiora- menti delle 38 microclassi litologiche sul territorio regionale, espressa in percentuale con approssimazione alla terza cifra decimale. In base ai loro valori di frequenza le 38 micro- classi litologiche sono state suddivise in 5 classi di rarità litologica, con intervalli ripartiti logaritmicamente in base 10. A ciascuna classe di rarità litologica è stato attribuito un pun- teggio da 1 a 5. Nella Regione Lazio non si riscontra tuttavia la classe di Rarità Litologica “Molto rara” e pertanto a nessuna cella è stato attribuito il punteggio 5.

41 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 1.3 - Classi di Rarità Litologica Classe di Rarità Litologica Intervallo Punteggio Molto rara 0,001 - 0,01 5 Rara 0,01 - 0,1 4 Abbastanza rara 0,1 - 1 3 Comune 1 - 10 2 Molto comune 10 - 100 1

Fig. 1.1 - Rarità Litologica; griglia 1 km

42 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Fig. 1.2 - Rarità Litologica; griglia 5 km

Su entrambe le griglie utilizzate si evidenziano gli stessi territori a maggior valore di RL cor- rispondenti all’area dei Monti Romani e all’isola di Zannone. Elevati valori di RL caratterizza- no anche le zone costiere, l’area della Tolfa, le caldere di Bracciano e di Vico, le catene mon- tuose carbonatiche in facies di transizione (Monti Reatini, Lucretili e Marsicani), la valle del Fiume Sacco e buona parte della catena dei Monti Simbruini, caratterizzata dall’affioramento dei termini più antichi della successione carbonatica in facies di piattaforma. La scelta della griglia influenza, invece, la distribuzione delle classi più basse di RL, la cui presenza è inver-

43 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio samente proporzionale alla superficie delle celle. Tale situazione si verifica perchè l’aumento della superficie territoriale considerata determina un aumento della probabilità di incontrare classi litologiche con valori di rarità alti, a scapito della classe più bassa di RL. A meno di que- sta limitazione, i valori di RL delle due griglie utilizzate risultano tra loro ampiamente confron- tabili. La griglia con celle di 1 km di lato evidenzia, come zone a bassa RL, la maggior parte delle catene montuose carbonatiche in facies di piattaforma (, Lepini, Ausoni, Aurunci, Montagna della Duchessa) e lunghi tratti della valle del Fiume Tevere. Tali aree, per i motivi precedentemente illustrati, non compaiono nella griglia con celle di 5 km di lato.

1.3.4 Diversità Litologica (DL)

Il parametro Diversità Litologica è stato determinato calcolando, per ogni singola cella della gri- glia di riferimento, l’SDI (Shannon’s Diversity Index), che rappresenta la misura di diversità relativa tra i diversi patch (38 microclassi litologiche) all’interno della singola cella, che si esprime anche come l’abbondanza proporzionale, in termini di superficie dei patch, di ogni tipologia all’interno della singola cella (McGarigal & Marks, 1994). L’indice di Shannon, compreso tra 0 e ∞, è dato da:

SDI = - Σ (Ai /A)Lg2 (Ai /A)

Ai = area dei patch che appartengono alla microclasse litologica “i” A = area totale della cella

Per le celle marginali l’area totale corrisponde alla superficie coperta dalle microclassi litologiche, escludendo dal computo la superficie vuota. Ottenuti così i valori attribuiti alle singole celle, si sono assegnati dei punteggi compresi tra 1 e 5 per ogni classe individuata dalla suddivisione in intervalli naturali (JENKS, 1963) dell’intero range secondo le tabelle riportate di seguito:

Tabella 1.4 - Classi di Diversità Litologica; griglia 1 km Classe di Diversità Litologica Intervallo SDI Punteggio Estremamente diversa 1,66 - 2,92 5 Molto diversa 1,19 - 1,65 4 Diversa 0,75 - 1,18 3 Abbastanza diversa 0,29 - 0,74 2 Poco diversa 0,00 - 0,28 1

44 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Tabella 1.5 - Classi di Diversità Litologica; griglia 5 km Classe di Diversità Litologica Intervallo SDI Punteggio Estremamente diversa 2,36 - 3,63 5 Molto diversa 1,82 - 2,35 4 Diversa 1,30 - 2,81 3 Abbastanza diversa 0,68 - 1,29 2 Poco diversa 0,00 - 0,67 1

Fig. 1.3 - Diversità Litologica; griglia 1 km

45 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 1.4 - Diversità Litologica; griglia 5 km

Le celle con punteggio massimo corrispondono a quelle in cui il grado di diversità litolo- gicaèmaggiore. I valori di DL delle due griglie utilizzate risultano tra loro ampiamente confrontabili, a testimoniare l’indipendenza di tale parametro dalle dimensioni della cella. Il parametro presenta una distribuzione territoriale estremamente frammentata, consen- tendo però l’individuazione di elementi territoriali ben caratterizzati. I territori a maggior valoredi DL sono le catene montuose dei Monti Reatini e Lucretili, il massiccio del Monte

46 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Cairo, i Monti Navegna e Cervia, il distretto vulcanico vulsino, le isole Pontine occidentali e l’area marginale dei distretti vulcanici sabatino e laziale, al limite con i terreni non vulcani- ci. I territori a minor valore di DL sono costituiti dalle aree pianeggianti (Pianura romana, valle del fiume Tevere, Agro pontino), dalle catene montuose carbonatiche in facies di piat- taforma e dai . La Diversità Litologica mostra quindi un’evidente correlazione con la geomorfologia fluviale: valori di DL più elevati si hanno nei sistemi articolati a forre ed altipiani vulca- nici, dove l’erosione fluviale porta a giorno le sequenze vulcaniche ed il basamento pre- vulcanico, mentre al contrario corsi d’acqua maturi come il Tevere presentano bassi valori di DL. La Diversità Litologica è altresì condizionata dalla tettonica: le catene montuose carbo- natiche in facies di transizione presentano un comportamento essenzialmente duttile, con motivi a pieghe e sovrascorrimenti molto più articolati rispetto alle unità carbonatiche di piattaforma, che presentano tettonica essenzialmente fragile con piastroni carbonatici rigi- di e disarticolati in blocchi da sistemi di faglie.

1.3.5 Frammentazione Litologica (FL)

Il parametro Frammentazione Litologica è stato determinato calcolando il numero di poli- goni presenti in ogni cella, utilizzando le 38 microclassi litologiche, secondo l’algoritmo svi- luppatodaELKIEet alii (1999) relativo alla Patch Analisys utilizzata in ambito naturalistico per la definizione degli indici di frammentazione del territorio. In particolare è stato utiliz- zata la funzione “numero di tessere” (number of patches: “NumP”). Per quanto riguarda le isole pontine, i valori di frammentazione litologica sono stati attribuiti in maniera semi- automatica, escludendo dal computo i poligoni relativi ai numerosissimi scogli, di dimensio- ni anche estremamente ridotte. In base ai valori di frammentazione litologica ottenuti sono state individuate 5 classi di frammentazione litologica, applicando il metodo di classificazione degli intervalli naturali (JENKS, 1963)1. A ciascuna classe di frammentazione litologica è stato attribuito un pun- teggio da 1 a 5, che viene poi riportato a ciascuna cella. Si riportano di seguito le tabelle riepilogative relative sia alla griglia con maglia di1km sia a quella con maglia di 5 km.

47 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 1.6 - Classi di Frammentazione Litologica; griglia 1 km Classe di Frammentazione Litologica Intervallo NumP Punteggio Estremamente frammentata 13-22 5 Molto frammentata 9-12 4 Frammentata 6-8 3 Abbastanza frammentata 3-5 2 Poco frammentata 1-2 1

Tabella 1.7 - Classi di Frammentazione Litologica; griglia 5 km Classe di Frammentazione Litologica Intervallo NumP Punteggio Estremamente frammentata 72-129 5 Molto frammentata 47-71 4 Frammentata 29-46 3 Abbastanza frammentata 15-28 2 Poco frammentata 1-14 1

I valori di FL delle due griglie utilizzate risultano tra loro ampiamente confrontabili, a testimoniare l’indipendenza di tale parametro dalle dimensioni della cella. I territori a maggior valore di FL sono le catene montuose dei Monti Reatini, il distretto vulcanico vulsino, le isole Pontine occidentali e l’area marginale dei distretti vulcanici saba- tino e laziale, al limite con i terreni non vulcanici. I territori a minor valore di FL sono costituiti dalle aree pianeggianti (Pianura romana, valle del Tevere, Agro pontino), dalle catene montuose carbonatiche in facies di piattafor- ma e dai Monti della Laga. La Frammentazione Litologica, come già la Diversità Litologica, mostra anch’essa un’evidente correlazione con la geomorfologia fluviale: anche qui i più alti valori di FL cor- rispondono ai sistemi di forre ed altipiani vulcanici, mentre al contrario corsi d’acqua maturi presentano bassi valori di FL. Alti valori di FL sono presenti anche ai margini della catena dei Monti Reatini, sia in corrispondenza del fronte del sovrascorrimento, sia nella zona di Leonessa.

48 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Fig. 1.5 - Frammentazione Litologica; griglia 1 km

1.3.6 Calcolo dell’Indice di Geodiversità Litologica (IGL)

Si definisce “Indice di Geodiversità” il valore connesso alla variabilità delle emergenze geologiche e dei processi abiotici presenti in un dato territorio. Nel nostro caso è stata presa in considerazione la “Geodiversità litologica”, cioè la por- zione della Geodiversità latu sensu determinata dalla variabilità delle litologie affioranti nel

49 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 1.6 - Frammentazione Litologica; griglia 5 km territorio della Regione Lazio. L’”Indice di Geodiversità Litologica” deriva dalla combinazio- ne pesata dei tre parametri “Rarità Litologica (RL)”, “Frammentazione Litologica” (FL) e “Diversità Litologica” (DL) secondo la seguente relazione:

IGL = 3DL + 2RL + FL

Si è stabilito di assegnare un peso maggiore alla “Diversità Litologica” e alla “Rarità Litologica” perchè ritenute maggiormente significative e rappresentative della realtà geolo-

50 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale gica analizzata. La “Frammentazione Litologica”, pur essendo un parametro da non sotto- valutare, risulta condizionato maggiormente dal livello di dettaglio della base tematica uti- lizzata e dalla correttezza e accuratezza nella perimetrazione dei singoli poligoni. In base a tali considerazioni si è ritenuto opportuno attribuire a FL un “peso” minore rispetto agli altri 2 parametri. Da questa sommatoria pesata sono state individuate 5 classi di Geodiversità Litologica, suddividendo i valori ottenuti (che possono oscillare tra un minimo di 6 e un massimo di 30) in intervalli uguali secondo la tabella riportata di seguito. A ciascu- na classe di Geodiversità Litologica è stato attribuito un punteggio da 1 a 5, che viene poi riportato a ciascuna cella. Questa classificazione è uguale per entrambe le griglie di riferimento.

Tabella 1.8 - Classi di Geodiversità Litologica Classe di Geodiversità Litologica Intervallo IGL Punteggio Geodiversità estremamente alta 26 - 30 5 Geodiversità alta 21 - 25 4 Geodiversità media 16 - 20 3 Geodiversità bassa 11 - 15 2 Geodiversità estremamente bassa 6 - 10 1

L’Indice di Geodiversità Litologica costituisce un valore numerico pesato che sintetiz- za la diversità geologica, cioè la Geodiversità, su base litologica presente in ciascuna cella della griglia utilizzata. La Geodiversità deriva quindi dalla combinazione pesata dei tre fattori in grado di influenzare la diversità litologica di un territorio: la frequenza delle formazioni affioranti (espressa dalla Rarità litologica), la complessità della loro distribu- zione spaziale (espressa dalla Frammentazione Litologica) e la loro eterogeneità (espressa dalla Diversità Litologica come abbondanza relativa delle superfici occupate da ogni classe litologica). La natura complessa dell’IGL e i pesi numerici introdotti al suo interno per ponderar- ne le componenti, determinano l’impossibilità di esprimere valutazioni o di ipotizzare motivazioni geologiche per i valori ottenuti. In altre parole i valori numerici dell’IGL, pur traendo origine da un dato fortemente territoriale come la carta litologica regionale, derivano da calcoli troppo complessi per stabilire collegamenti immediati con il territo- rio stesso.

51 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 1.7 - Geodiversità Litologica; griglia 1 km

Tale situazione, che ad una prima analisi potrebbe sembrare un limite, si rivela invece come una reale risorsa, perché impedisce di formulare considerazioni condizionate dall’abi- tudine e dall’esperienza. I valori di IGL divengono quindi un’espressione oggettiva (a meno dei pesi numerici attribuiti soggettivamente) della Geodiversità litologica regionale. I valori di IGL delle due griglie utilizzate risultano tra loro ampiamente confrontabili, tran- ne che per una minore presenza nella griglia con celle di 5 km di lato della classe di valo- re più basso di IGL rispetto a quanto accade nella griglia con celle di 1 km di lato. Tale situa-

52 La Geodiversità come componente del Patrimonio Naturale

Fig. 1.8 - Geodiversità Litologica; griglia 5 km zione è probabilmente dovuta alla dipendenza dalla dimensione delle celle dei valori più bassi del parametro RL. I territori a maggior valore di IGL sono i Monti Romani, i margini E ed W dei Monti Reatini, i Monti Cornicolani, il margine SW del distretto vulcanico sabatino, al contatto con il sedi- mentario, le isole di Ponza e Zannone. Valori mediamente alti di IGL si hanno anche in cor- rispondenza del distretto vulcanico vulsino, dei margini del distretto vulcanico laziale, dei Monti Lucretili, della valle del Sacco e del massiccio del .

53 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

I valori più bassi di IGL corrispondono alle pianure costiere (Maremma laziale, Pianura Romana ed Agro Pontino), alla valle del fiume Tevere, ai Monti della Laga ed alle catene montuose carbonatiche in facies di piattaforma.

Riferimenti

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54 CAPITOLO 2

Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

2.1 Introduzione Marco Scalisi - ARP

L’Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio (ARP) ha, tra i suoi obiettivi, l’elaborazione della Rete Ecologica Regionale del Lazio (REcoRd Lazio), in seno al Piano Regionale per le Aree Naturali Protette (PRANP). Gli obiettivi principali della rete ecologica sono la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selva- tiche, ai fini della salvaguardia della biodiversità (cfr. D.P.R.357/97) e la dotazione del qua- dro progettuale generale all’interno del quale inserire le proposte dello schema di Piano Parchi (cfr. D.G.R. 1100/2002). L’elaborazione di una rete ecologica necessiterebbe di un completo quadro conoscitivo delle componenti naturali presenti nel territorio regionale ovvero la distribuzione delle spe- cie, i tipi di habitat in cui esse vivono e la distribuzione di questi tipi di habitat. Con le cono- scenze attualmente disponibili è stato possibile tracciare un percorso metodologico che ha permesso le elaborazioni qui proposte (si veda DVD allegato) e di evidenziare le ulteriori informazioni necessarie per il completamento del quadro conoscitivo di base. Tale quadro conoscitivo una volta completato, permetterà un’ulteriore avanzamento della rete stessa, con nuove elaborazioni basate sulle conoscenzeprogressivamente acquisite da altri studi o dalla Rete Regionale di Monitoraggio della Biodiversità (D.G.R. 497/2007). Tale rete ecologica deve necessariamente relazionarsi con altri strumenti di conservazio- ne, in particolare con la Rete Natura 2000, nata per garantire e promuovere la conserva- zione della biodiversità, come stabilito dalla Convenzione di Rio, attraverso la creazione di una rete ecologica di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), così come previsto dalla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE, e dal D.P.R.357/97 e ss.mm.ii. Il riferimento normativo alla Rete Ecologica Regionale è contenuto nella L.R. 29/97, all’art. 7 c. 4 lett. c bis, la quale prevede che la Giunta Regionale, sentita la sezione aree naturali protette del Comitato Tecnico Scientifico per l’Ambiente, adotti uno schema di piano, con allegata cartografia, almeno in scala 1:25.000, il quale indichi, fra le altre cose, la Rete ecologica regionale e le relative misure di tutela ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. 357/97.

55 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Un ulteriore riferimento è contenuto nella D.G.R. 1100/2002, avente come oggetto le “Direttive della Giunta regionale per l’adeguamento dello schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali, di cui alla D.G.R. n. 11746 del 29 dicembre 1993”; in tale deliberazione sono state individuate le aree fondamentali di tutela (cfr. § 5.2 del documento tecnico allegato alla stessa), suddivise in aree istituite e aree individuate, articolate in nodi principali del sistema, sottonodi, elementi puntiformi, corridoi ecologi- ci e aree di interesse agricolo, rurale e paesistico. Il documento tecnico allegato a tale deliberazione individua inoltre gli obiettivi da conseguire mediante la definizione di una rete ecologica:

“La conservazione del patrimonio naturale e paesistico attraverso il recupero e il restauro ambientale e la valorizzazione di forme di aggregazione sociale per il mantenimento dell’iden- tità locale, che sappiano ben commisurarsi con l’insorgente dimensione globale del sapere e del vivere avviando forme di sviluppo sostenibile in aree di elevato valore ambientale, si confi- gura come il momento fondamentale per la formazione del nuovo assetto del territorio, crean- do scenari compatibili d’uso e di trasformazione del territorio e delle sue risorse. Si tratta di avviare un processo che stabilisca un rapporto di congruenza tra valori, pro- blemi e obiettivi degli ambiti territoriali con i bisogni e i desideri delle comunità locali, inseren- doli in un più ampio scenario di sviluppo sociale, culturale ed economico attraverso l’uso del sapere tecnico e scientifico dei nuovi mezzi di comunicazione e recupero delle immagini e delle forme del “genius loci”. Il patrimonio naturalistico e culturale in questa ottica diviene una risorsa potenzialmente molto rilevante per attivare processi di sviluppo a cui si legano gli obiettivi globali del pro- gramma [...]”

La configurazione regionale della rete ecologica deve però tenere anche conto della normativa nazionale e comunitaria, a cui fa esplicito riferimento, e del contesto normativo internazionale. Sostanzialmente la rete ecologica, strutturale o funzionale, è il tessuto sopra la quale le aree protette possono essere individuate e istituite, ma è anche uno degli obiettivi da perseguire nella gestione delle aree protette. Inoltre la rete ecologica può anche essere vantaggiosamente intesa come un atto pianificatorio di buon governo del territorio finalizzato alla conservazione della biodiversità. In questo senso oltre al piano dei vincoli, all’interno del quale si collocano anche le AA.NN.PP., ci si potrebbe muovere nell’ambito degli indirizzi verso cui, le azioni previste all’interno degli strumenti di pianifi- cazione, si muovono.

56 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Questa prima fase di definizione della rete ecologica regionale ha avuto, come obiettivo prioritario, l’elaborazione e sperimentazione di un approccio metodologico in grado di rispon- dere da una parte agli obblighi normativi a cui essa è legata, e dall’altra alle esigenze di per- fettibilità e plasticità legate all’obiettivo stesso della rete: la conservazione della biodiversità. Inoltre, questo primo step è stato caratterizzato dall’utilizzo delle informazioni già in pos- sesso di questa Agenzia ed in particolare dei modelli di idoneità ambientale dei Vertebrati (si veda DVD allegato). Non è stato possibile, in questa fase, utilizzare i dati raccolti nel- l’ambito del progetto “Studi e censimenti nel Lazio”, sviluppato fin dal 2006 dall’ARP con l’intento di acquisire informazioni di base sulla distribuzione delle specie faunistiche nell’in- tera Regione, sia perché alcuni studi non erano ancora conclusi sia perché non era dispo- nibile la nuova Carta dell’Uso del Suolo per le classi naturali e seminaturali (cfr. § 3.1) A conclusione della premessa è necessario rimarcare le criticità che caratterizzano questa prima fase del lavoro: la prima riguarda l’esiguità delle entità biologiche trattate (i Vertebrati terrestri), con la conseguente totale assenza degli aspetti floristico-vegetazionali, e quindi anche degli habitat (sensu dir. 92/43/CEE); la seconda riguarda le caratteristiche dei dati uti- lizzati (i modelli di idoneità ambientale elaborati in maniera deduttiva) e gli strati informativi su cui sono stati elaborati (CORINE Land Cover III livello). Queste criticità saranno superate con le ulteriori elaborazioni della REcoRd Lazio che avverranno nei prossimi anni. In questo capitolo sono presentati in primo luogo i dati utilizzati per le elaborazioni (§ 2.2.1) e le tecniche di elaborazione (§ 2.2.2); a ciò seguono le considerazioni preliminari sui risultati ottenuti e sulle aree individuate dalle elaborazioni qui presentate (§ 2.3). Questo primo quadro progettuale dovrà integrarsi con ulteriori strumenti di pianificazione e/o di indirizzo, tra cui il Documento Strategico sulla Biodiversità (DSB, vedi art. 11bis della L.R. 29/97) e i piani delle singole aree protette oltre ad evidenziare gli elementi critici, e pertanto migliorabili, da un punto di vista normativo (§ 2.4). Infine, per l’implementazione della rete, sarà necessaria la progressiva integrazione ed acquisizione di dati e risultati dei progetti di sistema (§ 2.4.1).

2.2 Inquadramento generale e approccio metodologico Marco Scalisi - ARP

Le reti ecologiche si pongono l’obiettivo di conservare o ripristinare le connessioni fra tasselli di paesaggio frammentato per l’azione dell’uomo, al fine di ristabilire la connettività

57 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio tra popolazioni, popolamenti o comunità. Tali reti sono tipicamente definite come la combi- nazione di elementi strutturali a livello di paesaggio, quali le aree centrali, i corridoi ecc. (Boitani et al., 2007). Ogni elemento strutturale assolve specifici obiettivi funzionali: ad esempio le aree centrali (core areas) potrebbero avere funzione di tutela delle risorse e sono delimitate, di solito, da aree cuscinetto (buffer zones) con funzione protettiva. Le aree centrali, per favorire le dinamiche dispersive ed evitare fenomeni di isolamento, potrebbe- ro essere connesse da corridoi ecologici continui (corridors) o discontinui (stepping sto- nes). Un ulteriore elemento strutturale potrebbero essere le aree di ripristino ambientale (restoration areas), per il recupero o l’aumento di determinati tipi di habitat, utili anche per permettere nuovamente le connessioni biologiche. Tale schema non è univoco né predeterminato: basti pensare al fatto che le reti ecolo- giche, di cui non esiste un’unica definizione, possono essere formati da diversi insiemi di oggetti (APAT e INU, 2003): • sistema interconnesso di habitat (cfr. Rete Natura 2000), • sistema di parchi e riserve naturali, • sistema paesistico, • scenario ecosistemico poliva- lente, sono quattro ipotetici esempi. Nel caso qui riportato, l’oggetto della rete ecologica regionale è una commistione di alcuni degli oggetti sopra richiamati, che cerca di coniugare le conformità ai dettati nor- mativi regionali e le riflessioni fatte dal nostro gruppo di lavoro in merito alla conservazio- ne ed al monitoraggio della biodiversità, alla pianificazione territoriale ed ai possibili futu- ri sviluppi normativi. I capisaldi della REcoRd Lazio sono le aree naturali protette già istituite e che costitui- scono i “nodi del sistema”; a questo proposito, bisogna sottolineare che l’istituzione di aree naturaliprotette ai sensi della L.R. 29/97 è finalizzata alla • “tutela, il recupero e il restau- ro degli habitat naturali e dei paesaggi, nonché la loro valorizzazione”, alla • “conserva- zione di specie animali e vegetali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche e di ambienti naturali che abbiano rilevante valore naturalistico ed ambientale” ed inoltre anche per • “l’applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale allo scopo di favorire l’integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante il recupero e la valorizzazio- ne delle testimonianze antropologiche, archeologiche, storiche e architettoniche e delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali”, per • “la promozione di attività di educazione, for- mazione e ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compati- bili”, per • “la difesa degli equilibri idraulici ed idrogeologici”, per • “la valorizzazione delle risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza economica, educativa delle aree protette” ed infine per • “la promozione del turismo sostenibile e delle attività

58 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati ad esso connesse”. È importante ricordare gli obiettivi normativi previsti per i nodi del sistema per dare rilievo al fatto che, non necessariamente questi sono congruenti con gli obiettivi della rete ecologica. Quali sono gli obiettivi specifici della presente Rete Ecologica Regionale? Il principale è quello delineato dalle norme e già indicato al paragrafo precedente: la salvaguardia della biodiversità che, nel quadro progettuale in cui inserire le proposte del PRANP, si traduce nell’individuazione delle aree in cui sarebbe massima l’efficienza della tutela, ovvero nell’in- dividuazione delle aree di reperimento per l’istituzione di nuove aree protette in cui, tra i vari istituti di tutela del territorio, la salvaguardia dovrebbe essere molto più stringente e finalizzata al perseguimento di obiettivi specifici. Il secondo obiettivo è il mantenimento delle specie di interesse a livello normativo (comu- nitario, internazionale e nazionale) e, secondo l’impostazione data dal gruppo che ha ela- borato la REcoRd Lazio, delle specie di interesse conservazionistico, accreditate da organi autorevoli come la IUCN, e biogeografico a livello regionale. Per conseguire il primo obiettivo specifico sono state individuate le aree centrali pri- marie (a massima efficienza potenziale) e secondarie, utilizzando la ricchezza potenzia- le di specie e l’insostituibilità delle aree (irreplaceability) come parametri di sintesi per la loro individuazione. Per conseguire il secondo obiettivo e coniugarlo al primo, sono stati individuati altri ele- menti strutturali come gli ambiti di connessione ed inoltre, le elaborazioni necessarie per tutti gli elementi strutturali della REcoRd Lazio, sono state eseguite utilizzando le sole specie di interesse normativo, conservazionistico e biogeografico. Questa scelta è finaliz- zata a concentrare gli sforzi di conservazione nei confronti di quelle specie che risultano minacciate o di cui comunque bisogna mantenere lo status delle popolazioni secondo quan- to prescritto dalle direttive comunitarie. Nonostante la scelta di trattare specie di interesse, ad oggi, l’unica base informativa ter- ritoriale a copertura omogenea sull’intera Regione sono i modelli di idoneità ambientale per i Vertebrati elaborati dall’Università di Roma “La Sapienza” in seno alla “Analisi della rap- presentatività del sistema delle aree protette della regione Lazio nella conservazione della biodiversità” (Boitani et al., 2004; 2007). Fra tutti i modelli potenziali per le specie di Vertebrati, sono stati selezionati i Vertebrati terrestri e tra questi i soli modelli relativi alle 57 specie di interesse normativo, conservazionistico e/o biogeografico (vedi § 2.2.1). Dalla somma di questi 57 modelli è stata desunta la ricchezza specifica potenziale sull’intero ter- ritorio regionale continentale, a cui è stata associata l’insostituibilità delle aree per i

59 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Vertebrati terrestri di interesse comunitario, calcolata da Rondinini e Boitani (2008). Da questo processo sono state individuate le aree centrali primarie e quelle secondarie. Le aree centrali primarie sono state poi associate alle unità di paesaggio aggregate (UP aggregate, vedi § 2.3.1) in cui ricadono per la maggior parte, per i futuri indirizzi gestiona- li, e su questa base inventariate e nominate. L’assegnazione alle UP aggregate è stata ese- guita garantendo l’integrità dell’intera area centrale, senza alcuna frammentazione dovuta ai perimetri delle UP. Il processo fin qui descritto tende ad escludere tutte le aree che, seppur a bassa ric- chezza specifica, ospitino specie rilevanti da un punto di vista conservazionistico e/o bio- geografico, o particolarmente sensibili alla frammentazione degli habitat (Tab. 2.2.2). Per colmare questa lacuna, i modelli relativi a tali specie sono stati selezionati e aggregati in base ai territori frequentati (specie montane, specie planiziali e collinari, specie legate all’acqua) e utilizzati per individuare le “aree focali per le specie sensibili”, da affiancare alle aree centrali. Per quanto riguarda la connettività, visti i parametri di sintesi utilizzati per l’individuazione delle aree centrali, non avrebbe avuto senso trattarla per singole specie. È stato necessario anche in questo caso, utilizzare alcuni elaborati di sintesi. Pertanto, trat- tando in questa fase solo i Vertebrati e alla luce degli strati informativi disponibili, sono stati selezionati i modelli relativi alle specie che frequentano prevalentemente ambienti forestali e ambienti aperti; questi due gruppi sono stati utilizzati per delineare le aree rilevanti per specie forestali e quelle per specie di ambienti aperti. In questo modo sono stati individua- ti gli ambiti omogenei per funzionalità ecologica, in base ai tipi di habitat frequentati da que- ste corporazioni (guild) di specie, utili per l’individuazione di elementi di connessione con- tinui e/o discontinui. Gli ambiti di connessione continua (ACC) e discontinua (ACD) individuati, sono stati inventariati e nominati oltre ad essere classificati in base alla funzio- ne prevalente (F forestale, A ambiente aperto, FA a prevalenza forestale, AF a prevalenza ambiente aperto). All’interno delle aree rilevanti dovrebbero essere individuate le zone cuscinetto e, nel sottoinsieme degli ambiti di connessione discontinua, dovrebbero essere individuate le aree critiche e quelle di restauro ambientale; tutte queste tipologie di aree, non sono state trat- tate in questo lavoro poiché necessiterebbero di specifici rilievi di campagna. Per una visione d’insieme di tutti gli elementi della REcoRd Lazio si veda il grafico 2.2.1. La struttura della rete potrà essere implementata dagli obiettivi specifici di gestione, defi- niti in ambiti gestionali omogenei (unità di paesaggio, vedi § 2.2.2), secondo le strategie

60 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Grafico 2.2.1 - Schematizzazione degli elementi che costituiscono la Rete Ecologica Regionale del Lazio (REcoRd Lazio)

61 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio classiche di conservazione (cfr. Bennett, 1998, 2003) e che probabilmente saranno indivi- duate nel DSB di prossima stesura (vedi § 2.4).

2.2.1 Basi di dati e modellistica Andrea Monaco e Dario Capizzi - ARP

Tra i dati disponibili presso questa Agenzia, gli unici che fornivano la sufficiente omoge- neità di elaborazione e distribuzione sull’intero territorio regionale, erano quelli della cosid- detta “Rete Ecologica Regionale per i Vertebrati” (Boitani et al., 2004, 2007). Per ogni specie di Vertebrati presente nel Lazio, infatti, risultava disponibile una carto- grafia di idoneità ambientale estesa a tutto il territorio regionale. I modelli, ottenuti tramite una serie di passaggi metodologici già utilizzati per la Rete Ecologica Nazionale (Boitani et al., 2002), sono stati prodotti in formato raster ArcGIS, lavorando alla scala di 1:100.000 e utilizzando diversi dati di tipo geografico: CORINE Land Cover, Modello Digitale del Terreno (DTM), rete idrografica e stradale. In ogni modello sono state rappresentate quattro classi di idoneità: • non idoneo: ambienti che non soddisfano le esigenze ecologiche della specie; • bassa idoneità: habitat che possono supportare la presenza della specie, in maniera non stabile nel tempo; • media idoneità: habitat che possono supportare la presenza stabile della specie, ma che nel complesso non risultano habitat ottimali; • alta idoneità: habitat ottimali per la presenza della specie. Tra tutti i 297 modelli di idoneità ambientale per i Vertebrati presenti del suddetto lavo- ro, sono stati selezionati solo quelli delle specie terrestri di interesse normativo, conserva- zionistico (cioè inseriti nella IUCN Red List of Threatened Species) e/o biogeografico. Le 57 specie così selezionate sono riportate nella Tabella 2.2.1, estratta dal Repertorio della fauna italiana protetta (MATTM, 2003).

Aree centrali primarie e secondarie

Per le elaborazioni necessarie all’individuazione delle aree centrali e secondarie (ric- chezza specifica e insostituibilità delle aree) sono stati utilizzati tutti i 57 modelli di idonei- tà selezionati (4 anfibi, 4 rettili, 29 uccelli, 20 mammiferi).

62 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.2.1 Lista dei modelli di idoneità ambientale di specie (Boitani et al., 2004) utilizzati per le elaborazioni della REcoRd Lazio ed elenchi di riferimento (MATTM, 2003) IUCN L. 157/92 CITES All. A CITES All. B BONN Ap. 2 BERNA Ap. 2 BERNA Ap. 3 HABITAT Ap. 2 HABITAT Ap. 4 Nome comune Nome scientifico L. 157/92 art. 2 79/409 CEE Ap. 1 79/409 CEE Ap. 2/1

Rana temporaria Rana temporaria x Salamandrina terdigitata Salamandrina dagli occhiali x x Triturus carnifex Tritone crestato italiano x x x Triturus alpestris Tritone alpestre x Elaphe quatuorlineata Cervone x x x Emys orbicularis Testuggine palustre x x x LR/nt Testudo hermanni Testuggine di Hermann x x x x LR/nt Vipera ursinii Vipera dell’Orsini x x x x EN A1c+2c Aquila chrysaetos Aquila reale x x x x x Circaetus gallicus Biancone x x x x x Circus pygargus Albanella minore x x x x x Milvus migrans Nibbio bruno x x x x x Milvus milvus Nibbio reale x x x x x Pernis apivorus Falco pecchiaiolo x x x x x Caprimulgus europaeus Succiacapre x x x Burhinus oedicnemus Occhione x x x x Charadrius alexandrinus Fratino x x x Ardea purpurea Airone rosso x x x Ixobrychus minutus Tarabusino x x x Alcedo atthis Martin pescatore x x x Coracias garrulus Ghiandaia marina x x x x Falco biarmicus Lanario x x x x x Falco peregrinus Pellegrino x x x x x x Porzana parva Schiribilla x x x Calandrella brachydactyla Calandrella x x x Lullula arborea Tottavilla x x x Melanocorypha calandra Calandra x x x Emberiza hortulana Ortolano x x x Lanius collurio Averla piccola x x x Lanius minor Averla cenerina x x x Anthus campestris Calandro x x x Ficedula albicollis Balia dal collare x x x x Sylvia undata Magnanina x x x Picoides leucotos Picchio dorsobianco x x x Clamator glandarius Cuculo dal ciuffo x x Alectoris graeca Coturnice x x

63 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 2.2.1 IUCN L. 157/92 CITES All. A CITES All. B BONN Ap. 2 BERNA Ap. 2 BERNA Ap. 3 HABITAT Ap. 2 HABITAT Ap. 4 Nome comune Nome scientifico L. 157/92 art. 2 79/409 CEE Ap. 1 79/409 CEE Ap. 2/1

Pyrrhocorax pyrrhocorax Gracchio corallino x x x x Rhinolophus euryale Rinolofo euriale x x x x x VU A2c Rhinolophus ferrumequinum Rinolofo maggiore x x x x x LR/cd Rhinolophus hipposideros Rinolofo minore x x x x x VU A2c Barbastella barbastellus Barbastello comune x x x x x VU A2c Miniopterus schreibersi Miniottero x x x x x LR/nt Myotis bechsteini Vespertilio di Bechstein x x x x x VU A2c Myotis blythi Vespertilio di Blyth x x x x x Myotis capaccinii Vespertilio di Capaccini x x x x x VU A2c Myotis emarginatus Vespertilio smarginato x x x x x VU A2c Myotis myotis Vespertilio maggiore x x x x x LR/nt Nyctalus lasiopterus Nottola gigante x x x x LR/nt Nyctalus leisleri Nottola di Leisler x x x x LR/nt Eliomys quercinus Quercino x x VU A1c Glis glis Ghiro x x LR/nt Muscardinus avellanarius Moscardino x x x LR/nt Hystrix cristata Istrice x x x LR/nt Sciurus vulgaris Scoiattolo comune x x NT Rupicapra pyrenaica ornata Camoscio appenninico x x x x x Canis lupus Lupo x x xx xx Ursus arctos marsicanus Orso bruno marsicano x x x x x

Aree focali per specie sensibili

Allo scopo di tenere adeguatamente conto anche di quelle aree importanti per alcune spe- cie ritenute particolarmente sensibili ai processi di natura antropica, seppur presenti in aree a bassa ricchezza specifica, si è ricorsi all’individuazione delle cosiddette “aree focali”. Per evidenziare le aree focali, sono stati utilizzati i modelli d’idoneità ambientale relativi atre gruppi di specie ritenute sensibili dagli esperti: specie montane, specie collinari e pla- niziali, specie legate all’acqua (vedi Tab. 2.2.2)

64 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.2.2 Elenco delle specie sensibili considerate per l’individuazione delle aree focali Specie montane Specie collinari e planiziali Specie legate all’acqua Aquila reale Cuculo dal ciuffo Airone rosso Camoscio appenninico Fratino Tarabusino Coturnice Lanario Testuggine palustre Gracchio corallino Nibbio reale Orso bruno marsicano Testuggine di Hermann Picchio dorsobianco Rana temporaria Tritone alpestre Vipera dell’Orsini

Aree rilevanti per la connettività

L’individuazione delle aree rilevanti per la connettività si è concentrata su due macroca- tegorie ecosistemiche: ambienti forestali e ambienti aperti. A partire dall’elenco complessi- vo delle 57 specie di Vertebrati selezionate sono stati costruiti due sottoinsiemi di specie attribuite dagli esperti, sulla base delle conoscenze dell’ecologia delle specie sul territorio regionale, ad una delle due categorie ecosistemiche (Tabb. 2.2.3 e 2.2.4).

Ambienti forestali

In questa macrocategoria ecologica rientrano le classi di uso del suolo forestale secon- do la definizione di CORINE Land Cover di 3° livello. In base alla legenda della cartografia utilizzata vi rientrano le seguenti tipologie: • 3.1.1. Boschi di latifoglie: formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie forestali a latifoglie; la superficie a latifoglie deve coprire almeno il 75% dell’unità, altrimenti è da classifica- re come bosco misto. All’interno di questa classe sono compresi anche i pioppeti e gli eucalitteti. • 3.1.2. Boschi di conifere: formazioni vegetali costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie forestali conifere; la superficie a coni- fere deve coprire almeno il 75% dell’unità, altrimenti è da classificare bosco misto. • 3.1.3. Boschi misti: formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi ma anche da cespugli e arbusti, dove non dominano né le latifoglie né le conifere.

65 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 2.2.3 Elenco delle specie di Vertebrati terrestri considerati nella macrocategoria “Ambienti forestali” Nome scientifico Nome comune Ficedula albicollis Balia dal collare Barbastella barbastellus Barbastello comune Circaetus gallicus Biancone Canis lupus Lupo Elaphe quatuorlineata Cervone Pernis apivorus Falco pecchiaiolo Myoxus glis Ghiro Hystrix cristata Istrice Sylvia undata Magnanina Muscardinus avellanarius Moscardino Milvus migrans Nibbio bruno Milvus milvus Nibbio reale Nyctalus leisleri Nottola di Leisler Nyctalus lasiopterus Nottola gigante Ursus arctos marsicanus Orso bruno marsicano Picoides leucotos Picchio dorsobianco Eliomys quercinus Quercino Salamandrina terdigitata Salamandrina dagli occhiali Sciurus vulgaris Scoiattolo comune Testudo hermanni Testuggine di Hermann

Ambienti aperti

In questa macrocategoria ecosistemica rientrano le classi di uso del suolo caratterizza- te da vegetazione erbacea secondo la definizione di CORINE Land Cover di 3° livello. In par- ticolare vi rientrano: • 3.2.1. Aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota: aree foraggere a bassa pro- duttività; sono spesso situate in zone accidentate ed interessano spesso superfici roc- ciose, roveti e arbusteti; sulle aree interessate dalla classe non sono di norma pre- senti limiti di particelle (siepi, muri, recinti); • 3.3.3. Aree con vegetazione rada: la classe comprende le steppe xerofile, le steppe alofile, le tundre (quest’ultimo bioma non è presente nell’area mediterranea) e le aree calanchive in senso lato.

66 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.2.4 Elenco delle specie di Vertebrati terrestri considerati nella macrocategoria “Ambienti aperti” Nome scientifico Nome comune Circus pygargus Albanella minore Aquila chrysaetos Aquila reale Lanius minor Averla cenerina Lanius collurio Averla piccola Melanocorypha calandra Calandra Calandrella brachydactyla Calandrella Anthus campestris Calandro Rupicapra pyrenaica ornata Camoscio appenninico Coracias garrulus Ghiandaia marina Falco biarmicus Lanario Miniopterus schreibersi Miniottero Burhinus oedicnemus Occhione Emberiza hortulana Ortolano Falco peregrinus Pellegrino Rhinolophus euryale Rinolofo eurìale Rhinolophus ferrumequinum Rinolofo maggiore Rhinolophus hipposideros Rinolofo minore Caprimulgus europaeus Succiacapre Lullula arborea Tottavilla Myotis bechsteini Vespertilio di Bechstein Myotis blythi Vespertilio di Blyth Myotis capaccinii Vespertilio di Capaccini Myotis myotis Vespertilio maggiore Myotis emarginatus Vespertilio smarginato Vipera ursinii Vipera dell’Orsini

Analisi cartografica dei paesaggi aggregati

Una volta individuate, le aree centrali primarie sono state associate alle unità di paesag- gio in cui ricadono per la maggior parte. Le unità di paesaggio utilizzate risultano diretta- mente riconducibili a quelle individuate nell’ambito del progetto dell’ISPRA “Carta della Natura”, che per ovvi motivi fornisce il sistema classificatorio di riferimento. La Carta della Natura, prevista dalla Legge 394/1991, viene sviluppata dall’APAT (oggi ISPRA) in due progetti: uno alla scala 1:250.000, teso all’individuazione ed alla successiva valutazione di macroregioni di paesaggio sul territorio nazionale; l’altro, alla scala 1:50.000, finalizzato all’individuazione degli habitat. Mentre il primo risulta completato per la parte di individuazione delle macroregioni di paesaggio, il secondo ha una copertura

67 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ancora troppo parziale del territorio regionale per poterlo assumere come classificazione significativa nel presente studio. La Carta della Natura 1:250.000 classifica il paesaggio nazionale secondo un approc- cio sistemico, individuando “unità fisiografiche di paesaggio” o, brevemente, “unità di pae- saggio”, associando il riconoscimento di caratteristiche tipologiche (morfologiche, litologi- che, di copertura ed uso del suolo) a caratteristiche topologiche. Le 37 tipologie indivi- duate a livello nazionale e le 7 categorie paesaggistiche di riferimento sono riportate nella tabella 2.2.5.

Tabella 2.2.5 Categorie paesaggistiche e tipologie corrispondenti, individuate nell’ambito di Carta della Natura Categorie paesaggistiche Tipologie Pianura costiera, Pianura di fondovalle, Pianura aperta, Pianura Paesaggi di bassa pianura golenale, Laguna Colline argillose, Colline terrigene, Colline moreniche, Colline carbonatiche, Colline granitiche, Colline vulcaniche, Colline Paesaggi collinari metamorfiche e cristalline, Paesaggio collinare eterogeneo, Paesaggio a colli isolati, Rilievi terrigeni con “penne” e “spine” rocciose Tavolato carbonatico, Tavolato lavico, Paesaggio collinare vulca- Paesaggi collinari tabulari o nico con tavolati, Paesaggio collinare terrigeno/clastico con blandamente ondulati tavolati, Paesaggio collinare eterogeneo con tavolati Montagne terrigene, Montagne carbonatiche, Montagne dolomi- tiche, Montagne vulcaniche, Montagne granitiche, Montagne Paesaggi montuosi porfiriche, Montagne metamorfiche e cristalline, Edificio montuo- so vulcanico, Paesaggio dolomitico rupestre, Paesaggio glaciale di alta quota Paesaggi montuosi tabulari o Altopiano intramontano, Paesaggio con tavolati in aree montuose blandamente ondulati Paesaggi depressi in aree montuose Valle montana, Conca intermontana Paesaggi caratterizzati da singolarità Rilievo roccioso isolato, Rilievo costiero isolato, Piccola isola

La Carta della Natura 1:250.000 prevede per il Lazio 16 tipologie di paesaggio sulla base delle quali sono state identificate 121 “unità di paesaggio” (Fig. 2.2.1). Nel presente lavoro, le 121 Unità di paesaggio in cui è suddiviso il Lazio, sono state aggregate in 39 “Unità di paesaggio aggregate” (Tabb. 2.2.6 e 2.2.7, Fig. 2.2.2), funzionali agli obiettivi della rete ecologica ed in previsione degli indirizzi locali di gestione del territorio finalizzati alla tutela della biodiversità.

68 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Fig. 2.2.1 - Rappresentazione delle diverse tipologie di paesaggio del Lazio al cui interno sono comprese le 121 unità di paesaggio (da APAT, Carta della Natura 1:250.000)

Tabella 2.2.6 Corrispondenza tra le unità di paesaggio di Carta della Natura e quelle aggregate per il presen- te studio Unità di paesaggio aggregate Unità di paesaggio di “Carta della natura” (UP aggregate) (UP Lazio) Apparato Vulsino Apparato Vulsino Colline di Poggio del Leccio e Monte Bellino Lago di Bolsena Lago del Salto Catena di Monte Velino e Monti Carseolani Monte Velino Monti Carseolani Colli Albani Colli Albani Lago di Albano Lago di Nemi

69 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio segue Tabella 2.2.6 Unità di paesaggio aggregate Unità di paesaggio di “Carta della natura” (UP aggregate) (UP Lazio) Colline del Torrente Farfa e del Fosso Corese Colline della Colline della Sabina Colline di Aguzzo e Lugnola Monte degli Elci Monte San Pancrazio, Monte Cosce Colline della Colline della Valle Latina in destra orografica del Fiume Sacco Colline e tavolati vulcanici albani Colline e tavolati vulcanici albani Piana di Tufano Colline di Colle Terella Colline di Gallinaro Complesso Le Mainarde, Gruppo di Monte Monna Casale e Monna Casale Le Mainarde Monti della Meta Monti tra la Val Roveto e la Vallle Longa Colline e ripiani vulcanici sabatinia Complesso sabatino Lago di Bracciano Lago di Martignano Colline di Arpino Gruppo di Monte Cairo e colline di Arpino Gruppo di Monte Cairo Piana di Settignano Colline e ripiani di Roccamonfina Gruppo di Monte Maio Gruppo di Monte Maio Isola di Palmarola Isola di Ponza Isole Ponziane Isola di Ventotene Isola di Zannone Colline della Valle dell’Arbia e del Torrente Sorra, Monte Rufeno dell’alta Valle dell’Orcia e del Fiume Paglia Monte Rufeno Colline di Nazzano e colline di Nazzano Monte Soratte Colline di Minturno Monti Aurunci Monti Aurunci Monti Aurunci occidentali Colline di Monte Leucio Colline di Priverno Monti Ausoni Piana dell’Amaseno

70 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati segue Tabella 2.2.6 Unità di paesaggio aggregate Unità di paesaggio di “Carta della natura” (UP aggregate) (UP Lazio) Colline di Alviano e Lugnano Colline e ripiani cimini e vicani e Vicani Lago di Vico Monti Cimini e Vicani Colline di Castel Giubileo Colline di Monterotondo Monti Cornicolani e colline di Monterotondo Colline di Torre Mancina Monti Cornicolani Gran Sasso Lago di Scandarella Monti della Laga Monti della Laga Piana di Amatrice Rilievi nell’area di Ascoli Piceno, del Lago di Campotosto, del Bosco della Martella Monte Santo - Monte Cerchiara Monti della Tolfa Poggi e colline a monte di Tarquinia Colline di Anagni Colline di Ferentino Monti Ernici occidentali Monti Ernici occidentali Colline di Boville Ernica Monti Ernici orientali e Monti Cantari Monti Ernici orientali e Monti Cantari Colline di Sezze Monti Lepini occidentali Monti Lepini orientali Lago del Turano Monti Carseolani Monti Lucretili e meridionali MontidiTivoli Monti Lucretili Monti Sabini meridionali Colle Cerrito Piano Colline di Bellegra , Monti Ruffi Conca di Castel Madama e colline di Bellegra Dorsale di Monte Scalambra Monti Prenestini Monti Ruffi

71 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio segue Tabella 2.2.6 Unità di paesaggio aggregate Unità di paesaggio di “Carta della natura” (UP aggregate) (UP Lazio) Colline di Rieti Lago di Piediluco Monti Reatini Monti Reatini e Monti di Spoleto Monti Sibillini Piana di Leonessa Monti Sabini settentrionali Monti Sabini settentrionali Catena della Renga, Macchia Coramata, Monte Fontecellese Monti Affilani Monti Simbruini Monti Simbruini Piana di Oricola Colline di Cervaro Colline di Cocuruzzo Piana del Fiume Liri - Garigliano Colline di Garigliano Piana del Fiume Liri - Garigliano Piana del delta del Fiume Garigliano Piana del delta del Fiume Garigliano Piana di Bagni di Tivoli Piana di Bagni di Tivoli Piana di Fondi Piana di Fondi Lago di Ripa Sottile Piana di Rieti Lago Lungo Piana di Rieti Colline del Val Roveto Piana di Sora e Colline del Val Roveto Lago di Posta-Fibreno Piana di Sora Colline di Frosinone Piana e colline attorno a Frosinone Piana di Frosinone Pianura del Delta del Tevere Pianura del Delta del Tevere Pianura del Tevere a valle di Roma Pianura di Ladispoli Pianura del Tevere Pianura del Tevere tra la diga di Corbara e Roma Pianura di Montalto di Castro, Tarquinia Colline del Basso Fiora e Civitavecchia e Colline del Basso Fiora Pianura di Montalto di Castro, Tarquinia e Civitavecchia Lago di Fogliano Pianura Pontina e Circeo Lago di Sabaudia Monte Circeo Pianura Pontina Roma Roma

72 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.2.7 Unità di Paesaggio aggregate, aree e percentuale di copertura rispetto all’intero territorio regionale Unità di paesaggio aggregate Area in ha Area in km2 % Complesso Sabatino 142665 1426,7 8,30% Apparato Vulsino 135507 1355,1 7,88% Colline e tavolati vulcanici albani 132784 1327,8 7,72% Pianura Pontina e Circeo 110515 1105,2 6,43% Monti Cimini e Vicani 93377 933,8 5,43% Monti della Tolfa 87781 877,8 5,10% Colline della Sabina 67057 670,6 3,90% Monti Ausoni 62272 622,7 3,62% Monti Lucretili e Monti Sabini meridionali 61534 615,3 3,58% Monti Reatini 57731 577,3 3,36% Catena di Monte Velino e Monti Carseolani 54143 541,4 3,15% Monti Lepini 53213 532,1 3,09% Monti Aurunci 52022 520,2 3,02% Complesso Le Mainarde, Monti della Meta e Monna Casale 51712 517,1 3,01% Pianura del Delta del Tevere 47722 477,2 2,77% Pianura di Montalto di Castro, Tarquinia e Civitavecchia 43068 430,7 2,50% e Colline del Basso Fiora Piana del Fiume Liri - Garigliano 41670 416,7 2,42% Monti Prenestini, Monti Ruffi e colline di Bellegra 40070 400,7 2,33% Monti Ernici orientali e Monti Cantari 39055 390,6 2,27% Monti Ernici occidentali 36264 362,6 2,11% Monti della Laga 34711 347,1 2,02% Gruppo di Monte Cairo e colline di Arpino 34205 342,1 1,99% Piana e colline attorno a Frosinone 30790 307,9 1,79% Monti Simbruini 29686 296,9 1,73% Monti Sabini settentrionali 27278 272,8 1,59% Monti Cornicolani e colline di Monterotondo 23195 232,0 1,35% Roma 21661 216,6 1,26% Pianura del Tevere 19790 197,9 1,15% Colli Albani 14714 147,1 0,86% Piana di Rieti 11312 113,1 0,66% Piana di Fondi 11086 110,9 0,64% Monte Rufeno 11058 110,6 0,64% Gruppo di Monte Maio 10621 106,2 0,62% Colline della Valle Latina 7256 72,6 0,42% Piana di Sora e Colline del Val Roveto 7095 71,0 0,41% Monte Soratte e colline di Nazzano 5752 57,5 0,33% Piana di Bagni di Tivoli 4859 48,6 0,28% Piana del delta del Fiume Garigliano 3618 36,2 0,21% Isole Ponziane 967 9,7 0,06% TOTALE 1719818 17198,2 100,00%

73 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 2.2.2 - Rappresentazione delle diverse unità di paesaggio aggregate e relative caratteristiche dimensio- nali (Km2)

2.2.2 Tecniche di elaborazione Iacopo Sinibaldi e Stefano Sarrocco - ARP

Analisi spaziale per l’individuazione delle aree centrali

L’individuazione degli elementi principali della rete presentata in questo documento, in particolare aree centrali e ambiti di reperimento delle aree di connessione, si è basata, essenzialmente, sulla delimitazione, selezione e successiva combinazione di due categorie principali di aree: - le aree a maggiore ricchezza specifica teorica, intesa come numero maggiore di spe- cie potenzialmente presenti;

74 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

- leareeapiùalta“irreplaceability” (o “insostituibilità”), un parametro che esprime invece una misura legata all’importanza conservazionistica di una data area, ai fini della sua inclusione in un sistema di aree protette teoricamente disegnato onde mas- simizzare l’efficacia in termini di capacità di garantire la conservazione di un dato insieme di specie. Un importante assunto di questo approccio, su cui va qui fatto un necessario richiamo, è che le aree così individuate siano effettivamente funzionali a garantire efficacemente la conservazione della biodiversità in quanto individuate sulla base della presenza potenzia- le dei vertebrati terrestri di interesse conservazionistico. Va ricordato a questo proposito che l’assunto che particolari gruppi di specie, per i quali le informazioni sulla distribuzio- ne sono disponibili, possano efficacemente essere utilizzati come surrogati per rappre- sentare la distribuzione della biodiversità in generale non ha finora ricevuto sufficienti con- ferme, sebbene sia il dibattito teorico che la ricerca sulle migliori strategie e metodologie per la pianificazione sistematica della conservazione abbiano avuto negli ultimi anni un considerevole sviluppo. Inoltre, anche l’ipotesi che le aree selezionate sulla base dei parametri sopra citati siano quelle che effettivamente possano garantire una efficace persistenza anche solo delle stes- se specie considerate non ha, a quanto risulta, ricevuto adeguato supporto né sul piano sperimentale che su quello teorico. Occorre sottolineare, quindi, come questi costitiscano alcuni dei principali limiti delle ana- lisi finora condotte, a cui si è potuto solo in parte ovviare integrando i risultati ottenuti con le informazioni relative alla presenza e distribuzione di alcune altre componenti della biodi- versità. Insieme all’approfondimento e allo sviluppo della base informativa relativa alla com- ponente dei Vertebrati, l’integrazione di un’adeguata base di informazioni sulla distribuzio- ne di una serie rappresentativa di componenti della biodiversità e dei processi ecologici, via via che queste saranno disponibili, rappresentano le principali direttrici di sviluppo del lavo- ro di ulteriore analisi finalizzato al progressivo raffinamento e completamento della rete ecologica regionale. Rimane, inoltre, da validare il presupposto più generale che la definizione di un siste- ma costituito da elementi quali quelli definiti al § 2.2.1 (cioè aree centrali primarie e secon- darie, ambiti di connessione, zone cuscinetto) costituisca effettivamente un approccio strategico tale da garantire il mantenimento nel lungo termine delle diverse componenti della biodiversità o per lo meno di una sufficiente porzione delle specie prese in conside- razione. Va infatti ricordato che sul concetto stesso di rete ecologica, come comunemen-

75 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio te inteso, non è stato raggiunto finora unanime consenso per quanto riguarda la sua fun- zionalità in ambito di biologia della conservazione, sebbene esso possa comunque forni- re indubbi vantaggi e costituire un utile strumento concettuale per promuovere un approc- cio più integrato alla gestione del territorio finalizzata alla conservazione della biodiversi- tà (Boitani et al., 2007). Una volta richiamata la necessità di una generale cautela nella lettura dei risultati otte- nuti, in termini più operativi si può comunque aggiungere che per individuare entrambi i tipi di aree sono stati utilizzati, quale dati di base, i modelli di distribuzione potenziale dei Vertebrati sul territorio della Regione Lazio (vedi § 2.2.1). A partire dai modelli disponibili per le specie “target” di questo lavoro, sono stati quindi ottenuti alcuni strati informativi “derivati”, ricavati dalla loro sovrapposizione ed integrazione ottenuta applicando due diverse metodologie, il cui uso è stato mirato ad evidenziare due diversi aspetti del pattern di distribuzione stimata delle specie stesse. In particolare, per quanto riguarda l’insostituibilità (irreplaceability), è stata utilizza- to uno strato che rappresenta la distribuzione del territorio regionale del suo valore cal- colato su celle di 300 m di lato per l’insieme delle specie di interesse comunitario, con- siderando un obiettivo di protezione pari al 30% del territorio della regione. Tale stra- to, elaborato da Rondinini e Boitani (2008) nell’ambito delle attività svolte in seguito ad una convenzione per la “Definizione di unità territoriali ottimali per la pianificazione sistematica della conservazione della biodiversità”, è stato prodotto utilizzando il soft- ware C-Plan con metodologia analoga a quella utilizzata in una precedente elaborazio- ne condotta nel contesto dello studio di Boitani et al. (2004, si veda DVD allegato); si rimanda pertanto alla documentazione relativa a questi due contributi per ulteriori det- tagli metodologici. Per quanto riguarda la “ricchezza specifica”, sono stati ottenuti, tramite operazioni di “map algebra”, alcuni strati che descrivono la distribuzione sul territorio regionale del suo valore, stimato per ciascuna cella della griglia di analisi come numero di specie per le quali la cella stessa viene considerata, in base al rispettivo modello di distribuzione potenziale, come “altamente idonea”. Successivamente, per individuare aree centrali e ambiti di connessione, sono stati sele- zionati determinati percentili del territorio regionale che presentano i più alti valori per uno o entrambi questi parametri. In pratica, le celle della griglia di analisi sono state ordinate in base al valore di uno dei due parametri, e ne è stata selezionata una determinata percen- tuale che presenta i più alti valori per tale parametro. Ad esempio, per il parametro “ric-

76 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati chezza specifica”, sono stati individuati gli ambiti che racchiudono il 10% del territorio regionale che presenta la maggior ricchezza di vertebrati terrestri, in termini di presenza potenziale, mentre per il parametro irreplaceability sono stati individuati gli ambiti che rac- chiudono il 10% di aree che presentano i più alti valori di questo parametro. Per operare tale selezione, sono comunque stati utilizzati strati derivati che contengono, per ciascuna cella della griglia di riferimento, i valori di ciascun parametro che rappresentano la media dei valori per lo stesso parametro contenuti nelle celle ricadenti in un intorno predefinito della cella considerata (1.000 m). Una volta selezionate, le aree a più alti valori per il para- metro ricchezza e per il parametro irreplaceability sono state combinate, ottenendo così un insieme di aree che risultano selezionate in quanto presentano elevati valori sia per entram- be che anche per uno solo dei due parametri. Nello specifico, come aree centrali primarie è stata considerata la combinazione del 10% di territorio regionale a più alta ricchezza di specie di vertebrati terrestri target e del 10% di territorio regionale a più alta irreplaceability. Per individuare le aree centrali secondarie è stata invece considerata la combinazione del 30% di territorio regionale a più alta ric- chezza di specie e del 30% di territorio a più alta irreplaceability per le specie di interesse selezionate (Tab. 2.2.1), al netto ovviamente delle aree che già costituiscono aree centra- li di primo livello. Successivamente alla loro individuazione, le aree centrali primarie individuate come sopra descritto, sono state caratterizzate anche in base alle unità di paesaggio (§ 2.2.1) all’interno delle quali si trovano a ricadere. Dato che la maggioranza delle aree individua- te veniva, per ovvi motivi, a ricadere all’interno di più unità di paesaggio, si è scelto di asse- gnare ciascuna area prioritaria all’unità di paesaggio all’interno della quale ricadeva con la maggiore estensione, per non compromettere l’unitarietà dell’area.

Analisi spaziale per l’individuazione delle aree focali per le specie sensibili

Le aree focali ci permettono di mettere in evidenza i territori importanti per alcune spe- cie sensibili e che insistono in aree a bassa ricchezza specifica e pertanto non evidenziate tra le aree centrali primarie e secondarie. I tre gruppi di specie ritenute sensibili dagli esperti (specie montane, specie collinari e planiziali, specie legate all’acqua) sono riportate nella Tabella 2.2.2; le aree così evidenzia- te, ricoprono le superfici riportate in Tabella 2.2.8.

77 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 2.2.8 Valori in ettari delle superfici coperte da ogni tipologia di area focale, suddivisa per valori cumu- lati di idoneità Somma valori Specie montane Specie collinari e Specie legate idoneità planiziali all’acqua 1-5 095.839 342.490 111.954 6-10 017.078 005.660 000764 TOTALI 112.917 348.150 112.718

Analisi spaziale per l’individuazione delle aree rilevanti

Per la delimitazione delle aree rilevanti, che sono state poi utilizzate quali ambiti all’interno dei quali reperire le aree di collegamento, è stato adottato un procedimento in parte analogo a quello utilizzato per l’individuazione delle aree centrali. In questo caso però il procedimento è stato finalizzato ad individuare tali aree sulla base della distribuzione sul territorio regionale del parametro ricchezza specifica calcolato all’in- terno di due sottoinsiemi del totale delle specie di vertebrati considerate, che compren- devano solo quelle entità specifiche che potevano essere ritenute come più strettamen- te legate ad alcune delle macrocategorie ecosistemiche prima definite. In questa fase sono state, infatti, considerate le due macrocategorie “ambienti aperti” e “ambienti forestali”. Analogamente a quanto discusso a proposito dell’individuazione delle aree centrali, va richiamata la necessità di mantenere un appropriato livello di cautela nell’interpretazione dei risultati. In particolare, va sottolineato che questa analisi si è basata sull’assunto che aree selezionate in base determinati livelli di ricchezza specifica (stimata sulla base della distribuzione potenziale) siano effettivamente funzionali come aree di presupposto collega- mento traaree primarie, come individuate secondo il procedimento sopra esposto. Pur se non suffragato da evidenze scientifiche sostanziali, si è comunque ritenuto di poter in que- sta fase mantenere tale assunto, ipotizzando in pratica che aree potenzialmente idonee ad ospitare un determinato livello di ricchezza specifica abbiano comunque caratteristiche tali da renderle in qualche modo funzionali a rappresentare potenziali ambiti di connessione tra aree centrali, all’interno comunque di gruppi di specie caratterizzate da preferenze ambientali tra loro simili. Analogamente a quanto fatto per le aree centrali quindi, il parametro ricchezza specifica è stato stimato per ciascuna cella della griglia di analisi come numero di specie delle due macrocategorie

78 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati per le quali la cella stessa viene considerata, in base al rispettivo modello di distribuzione poten- ziale, come “altamente idonea”. Sempre procedendo come nel caso dell’individuazione delle aree centrali, è stato ricalcolato per ciascuna cella il valore ricchezza specifica come media dei valori delle celle in un intorno predefinito (1.000 m) e sono stati successivamente selezionati determi- nati percentili del territorio regionale che presentano i più alti valori di tale parametro così ricalco- lato. Sono in tal modo state selezionate le porzioni di territorio, non incluse comunque nelle aree centrali di primo o secondo livello, che risultano a maggiore diversità specifica potenziale per le specie appartenenti rispettivamente a ciascuno due sottoinsiemi delle specie di Vertebrati consi- derate. Nel caso delle specie di Vertebrati caratteristiche degli ambienti forestali, sono stati indi- viduati gli ambiti che racchiudono il 50% del territorio regionale che presenta la maggior ricchez- za specifica, in termini di presenza potenziale. Nel caso delle specie di Vertebrati caratteristiche degli ambienti aperti invece, sono stati individuati gli ambiti che racchiudono il 30% del territorio regionale che presenta la maggior ricchezza specifica, in termini di presenza potenziale. Tale dif- ferenza nella soglia percentuale applicata è stata dovuta ai differenti pattern di distribuzione della diversità mostrati dai due gruppi di specie, anche in relazione alla distribuzione delle aree centra- li primarie e secondarie, che non consentiva di applicare soglie equivalenti senza determinare una sottorappresentazione di uno dei due gruppi rispetto all’altro. Alle aree così delimitate, sono infine state sottratte tutte quelle superfici individuate come fortemente trasformate dalle attività umane - vale a dire quelle aree appartenenti alle clas- si 1 (aree urbanizzate) e 2.1 (aree ad agricoltura intensiva) dell’uso del suolo - che si è assunto non possano in ogni caso costituire ambiti di collegamento idonei alle specie appartenenti ai gruppi di volta in volta considerati.

Analisi spaziale per l’individuazione degli ambiti di connessione

Allo scopo di individuare gli ambiti di connessione sono state considerate quelle aree individuate come rilevanti in termini di ricchezza specifica, per i due sottoinsiemi di specie legate agli ambienti aperti e agli ambienti forestali, rimaste al di fuori delle aree centrali pri- marie e secondarie. Su questa base sono stati individuati: 1) ambiti di connessione continua, laddove i poligoni di aree rilevanti erano in continui- tà fisica tra due o più aree centrali, 2) ambiti di connessione discontinua, laddove i poligoni contigui di aree rilevanti trac- ciavano una direttrice ma non erano in continuità fisica.

79 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

I poligoni sono stati individuati senza procedimenti automatici, con l’ausilio delle ortofo- to aeree, e sono stati denominati utilizzando le unità di paesaggio al cui interno ricadeva- no e/o che connettevano, utilizzando in alcuni casi anche i toponimi. Per ogni poligono è stata individuata la funzione ecologica che potenzialmente potrebbe assolvere: in base alla presenza di aree rilevanti per le specie forestali o per le specie di ambienti aperti. Ove erano presenti, all’interno dei poligoni, aree rilevanti di un solo tipo è stata assegnata la “funzione” forestale (F) o di ambienti aperti (A); ove erano presenti entrambi i tipi di aree rilevanti la funzione prevalente viene indicata dalla prima lettera (FA o AF).

2.3 Considerazioni sulle aree individuate Stefano Sarrocco e Marco Scalisi - ARP

I nodi del sistema: le aree naturali protette

Le oltre 70 aree protette presenti nel Lazio occupano una superficie che si avvicina ai 2.335 km2; sono costituite da parchi e riserve nazionali e regionali, monumenti naturali, individuati ai sensi della L. 394/91 e della L.R. 29/97. Oltre a queste aree di protezione ambientale si aggiungono 182 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e 42 Zone di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi delle Direttive 79/409/CEE e 2009/147/CE, che concorrono alla formazione della rete Natura 2000 e che ricoprono una superficie pari a 4.416 km2.

Tabella 2.3.1 Ripartizione delle superfici dei diversi nodi del sistema, all’interno del territorio regionale

Tipologia Estensione in km2 SIC 1.431,08 SIC terrestri 1.227,29 ZPS 4.210,97 ZPS terrestri 3.805,61 Rete Natura 2000 (SIC+ZPS) 4.416,31 Rete Natura 2000 terrestre 3.979,30 Parchi e riserve 2.334,69 Parchi e riserve terrestri 2.287,69 Aree protette (parchi, riserve, RN2000) 5.309,84 Aree protette terrestri (parchi, riserve, RN2000) 4.849,24

80 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.3.2 Percentuali di copertura delle diverse tipologie di aree protette terrestri sui territori regionale e provinciali Rete Natura 2000 23,1% Parchi e riserve 13,3% Lazio Aree protette (parchi, riserve, RN2000) 28,2% Regione Aree protette (parchi, riserve, RN2000) - RM 36,6% Aree protette (parchi, riserve, RN2000) - FR 26,2% Aree protette (parchi, riserve, RN2000) - LT 34,3% Aree protette (parchi, riserve, RN2000) - RI 23,0% Suddivisione Aree protette (parchi, riserve, RN2000) - VT 17,7% per province

Analogamente a quanto accaduto a livello nazionale, nel corso degli anni l’estensione di parchi e riserve regionali nel Lazio è andata crescendo. Allo stato attuale oltre il 50% di questa componente è rappresentato proprio dai parchi regionali.

Fig. 2.3.1 - Nodi della REcoRd Lazio: parchi, riserve e monumenti naturali e siti Natura 2000

81 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Nel Lazio si contano 1.431 km2 di SIC e 4.211 km2 di ZPS che si traducono, tenendo conto delle sovrapposizioni derivanti da quelle aree che sono allo stesso tempo SIC e ZPS, in circa 4.416 km2 di aree ricadenti nella Rete Natura 2000. L’insieme dei siti terrestri, escludendo quindi tutte le aree marine ed includendo parchi, riserve e dei siti della Rete Natura 2000, ammonta ad un’area di circa 5.310 km2, quasi un terzo dell’intera superficie regionale, a conferma dell’elevato grado di naturalità della regione.

Aree centrali primarie e secondarie

Le aree centrali, individuate attraverso la metodologia illustrata nel § 2.2.2 sono suddi- vise in aree centrali primarie, di maggiore pregio naturalistico, e secondarie (Fig. 2.3.2). Le aree centrali primarie ricoprono una superficie di 1.975 km2 e le secondarie di 3.080 km2. Nella tabella che segue (Tab. 2.3.3) sono riportate le unità di paesaggio aggregate pre- senti nella regione al cui interno ricadono aree centrali primarie (cfr. § 2.2.1), ordinate in modo decrescente per estensione. Tra le unità che hanno un maggiore sviluppo a livello regionale vi sono i complessi vul- canici degli apparati Sabatino, Vulsino, Cimino-Vicano e dei Colli Albani. Notevolmente este- so è anche il paesaggio Pontino e la sua area litoranea (Circeo). A seguire, per estensio- ne, compare un secondo gruppo di unità territoriali che coincide con il settore collinare ed alto collinare costiero del Lazio centrale e centro-meridionale (Monti della Tolfa, Colline della Sabina e paesaggi dell’Antiappennino e del Preappennino). Le unità di paesaggio individuate, in cui ricadono le aree centrali primarie sono soltanto 28, 11 in meno rispetto a quelle in cui è articolato il territorio regionale. Non compaiono, ad esempio, le unità intensamente urbanizzate come l’UP di Roma. In altri casi sono assen- ti unità come quelle della Piana del Tevere o della Piana del Fiume Liri-Garigliano, caratte- rizzate da una bassa idoneità faunistica ed un’altrettanta ridotta ricchezza di specie terre- stri di interesse. Le aree centrali primarie occupano complessivamente una superficie di 197.496 ettari e si concentrano nei comprensori alto collinari costieri, come i Monti della Tolfa, sul Preappennino (Monti Sabini settentrionali, Monti Prenestini, Monti Ruffi e colline di Bellegra, Monti Sabini meridionali, Monti Carseolani e Monti Lucretili), sull’Antiap- penino (Monti Lepini), e sui complessi vulcanici settentrionali (Monti Cimini e Vicani). Sono da segnalare anche aree centrali primarie che, seppur di più modeste dimensio-

82 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Fig. 2.3.2 - Aree centrali primarie e secondarie della REcoRd Lazio ni, occupano gran parte del unità di paesaggio in cui sono inserire, rimarcando l’elevato grado di naturalità delle unità stesse (Monte Rufeno, Colli Albani, Complesso Sabatino). In altre unità, le aree centrali primarie sono alquanto ridotte, dato che si inseriscono in comprensori a scarsa naturalità o a bassa idoneità per le specie di valenza naturalistica; vi rientrano tra le altre la Piana di Rieti, i Monti Cornicolani e il Gruppo di Monte Maio. In altri casi, come ilCirceo o il Monte Soratte, la ridotta superficie delle aree centrali primarie è con molta probabilità in relazione alla limitata estensione di queste unità piuttosto che ad una bassa biodiversità di questi siti. Diversa è la situazione della ridotta superficie delle aree centrali ricadenti sulla dorsale appenninica (Monti Reatini, Complesso Le Mainarde, Monti della Meta e Monna Casale, Monti Ernici orientali e Monti Cantari, Monti Ernici occidentali, Monti Simbruini), infatti in

83 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 2.3.3 Aree centrali primarie (AC primarie), denominate in base alle Unità di Paesaggio aggregate (UP aggregate) in cui ricadono per la maggior parte, seguite dalla relativa estensione (km2) e dalla percentuale di copertura rispetto all’UP aggregata a cui è associata Aree centrali primarie in UP aggregate Estensione delle % di AC primarie AC primarie sul totale della UP Monti della Tolfa 36.293 41,4% Monti Sabini settentrionali 22.510 82,5% Monti Prenestini, Monti Ruffi e colline di Bellegra 14.493 36,2% Monti Lepini 14.335 26,9% Monti Lucretili e Monti Sabini meridionali 12.629 20,5% Catena di Monte Velino e Monti Carseolani 11.732 21,7% Monti Cimini e Vicani 11.206 12,0% Complesso sabatino 9.202 33,7% Apparato Vulsino 8.504 6,3% Complesso Le Mainarde, Monti della Meta e Monna Casale 7.664 14,8% Monti Reatini 6.705 12,3% Colli Albani 5.966 40,6% Gruppo di Monte Cairo e colline di Arpino 5.959 17,4% Colline della Sabina 5.335 8,0% Monte Rufeno 4.908 44,4% Monti Ernici orientali e Monti Cantari 4.905 12,6% Monti Simbruini 2.766 9,3% Monti Ernici occidentali 2.390 6,6% Pianura di Montalto di Castro, Tarquinia e Civitavecchia 2.073 4,8% e Colline del Basso Fiora Monti Ausoni 2.006 3,2% Monti della Laga 1.914 5,5% Pianura del Delta del Tevere 1.338 2,8% Monti Aurunci 940 1,8% Monte Soratte e colline di Nazzano 755 13,1% Pianura Pontina e Circeo 362 0,3% Gruppo di Monte Maio 349 3,3% Monti Cornicolani 171 0,7% Piana di Rieti 88 0,8% Totale 197.496

84 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati questa selezione ha con molta probabilità un rilevante peso la metodologia utilizzata che ha penalizzato le aree ad elevata naturalità ed idoneità faunistica, ma a bassa ricchezza specifica (aree montane ed alto montane). Queste ultime, in ogni caso sono state “recupe- rate” come componenti essenziali della rete ecologica utilizzando la specificità di queste aree ad ospitare specie sensibili ed esclusive (vedi § 2.2).

Aree focali per le specie sensibili

Le aree focali per le specie sensibili montane (Fig. 2.3.3) individuano quasi tutta la cate- na appenninica e una buona parte di quella preappenninica. In particolare si evidenzia il complesso dei Monti della Laga e dei Monti Sibillini, compresi i monti Utero e Boragine, la catena del Monte Velino, con particolare riferimento ai monti Nuria e Nurietta e alle Montagne della Duchessa, le aree a cavallo tra i Monti Lucretili e i monti Navegna e Cervia (M. Pellecchia, M. Aguzzo e M. Faito), i Monti Simbruini centro-meridionali ed Ernici, M. Cairo ed infine tutta la catena appenninica del Lazio meridionale, dal M. Cornacchia alle Mainarde. Le aree focali per le specie sensibili collinari e planiziali (Fig. 2.3.3) comprendono a nord i complessi collinari della media valle del fiume Paglia, i Monti e le colline che da questi si raccordano con i Monti di Canino; seguono gli altopiani di Monteromano ed il comprensorio Tolfetano-Cerite. A stretto contatto si evidenzia la fascia nord-occidentale dei Monti Cimini. Nel settore nord-orientale compaiono i Monti Sabini centrali e meridionali, che si raccor- dano verso sud con le colline della , fino al territorio alto-collinare che borda l’Appennino meridionale. Nella fascia litoranea del Lazio centrale emergono, tra le aree focali, le colline comprese tra Castel Giuliano, Santa Maria di Galeria e Castel di Guido. Procedendo verso est, un ulteriore ambito di rilievo è costituito dai valloni tufacei compre- si nel reticolo idrografico in riva destra della media valle del Tevere (Valle del Treja - Monte Soratte). A sud risultano aree focali i territorio alto-collinari dellacatena dei Volsci ed infi- ne, lungo la costa, la foresta planiziaria del Circeo. Per quanto riguarda le aree focali per le specie acquatiche (Fig. 2.3.3), dall’analisi si evi- denziano, a nord, il reticolo idrografico dei complessi vulcanici Vulsino, Vicano e Sabatino, il reticolo idrografico della fascia litoranea compresa tra il torrente Chiarone fino alla foce del Fiora, gran parte del reticolo idrografico che interessa la media valle del fiume Tevere e, in provincia di Rieti, la valle del Velino con i suoi affluenti, compreso il fiume Peschiera, a

85 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 2.3.3 - Aree focali per le specie sensibili della REcoRd Lazio sud di Roma, il complesso idrografico dei Colli Albani, quello della pianura pontina, del Circeo e della Piana di Fondi.

Aree rilevanti

Le aree rilevanti sottolineano la funzionalità ecosistemica del territorio regionale; in que- sta prima fase di elaborazioni, sono state considerate le aree rilevanti per le specie fore- stali (Fig. 2.3.4) e per le specie di ambienti aperti (Fig. 2.3.5). Queste aree possono dare informazioni utili alla definizione delle zone cuscinetto, fun- zionalmente coerenti con le aree centrali confinanti, e degli ambiti di connessione tra le diverse aree centrali.

86 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Le aree rilevanti per le specie forestali individuano gli estesi complessi forestali dell’Appennino, del Preappennino, dell’Antiappennino, dei Monti della Tolfa e del comples- so Cimino-Vicano. Sono inoltre evidenziati ambiti forestali di minore dimensione anche se di elevato valore naturalistico, quali i residui dei boschi planiziali della costa medio-tirrenica (Castelporziano, Castel Fusano, Decima-Malafede, Foglino, Circeo), i boschi dei Colli Albani e i boschi dei valloni tufacei della media valle del Tevere. Le aree rilevanti per le specie di ambienti aperti ricadono all’interno dei complessi collinari e sub-montani dei Monti della Tolfa, delle fasce occidentali dell’Alta , della Maremma tosco-laziale, della Tuscia orientale, compresi i valloni tufacei della media valle del Tevere. Nel Lazio orientale includono il complesso montuoso Sabino, le fasce alto-collinari dell’Appennino centro-meridionale e del Preappennino (Monti Prenestini, Monti Ruffi, colline di Bellegra, Monte Cairo e colline di Arpino); verso sud

Fig. 2.3.4 - Aree rilevanti per le specie forestali della REcoRd Lazio

87 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio queste aree compaiono lungo la catena dei Volsci e dei Colli Albani e nei boschi resi- dui planiziali. È da tenere presente che vi sono ampie zone di sovrapposizione (39,95%) tra le aree rilevanti per le specie forestali e per quelle di ambienti aperti a motivo della stretta interdi- pendenza funzionale delle zone di margine (vedi Tab. 2.3.4).

Fig. 2.3.5 - Aree rilevanti per le specie di ambienti aperti della REcoRd Lazio

Le aree di collegamento: la gestione della matrice

Nell’ambito di queste prime elaborazioni, sono stati individuati degli ambiti di con- nessione tra le aree centrali primarie e secondarie, coerentemente con le funzionalità

88 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati ecosistemiche evidenziate nelle aree rilevanti per specie forestali e per specie di ambienti aperti. La forma e la localizzazione di tali ambiti sono, in questa fase, puramente indicativi essendo necessaria una verifica della loro funzionalità attraverso indagini di campagna che verranno effettuate in una prossima fase del progetto di studio. Gli ambiti di connessione sono stati distinti in continui e discontinui (Fig. 2.3.6) in base alla presenza di “aree rilevanti” in continuità o meno tra le aree centrali da ricon- nettere.

Tabella 2.3.4 Superfici delle aree rilevanti per specie forestali e per specie di ambienti aperti e % di sovrap- posizione e di copertura per entrambi i tipi Superficie % sul territorio in km2 regionale Aree rilevanti per le specie forestali 7.480,4 43,5% Aree rilevanti per le specie 3.729,8 21,7% di ambienti aperti Superficie totale di aree rilevanti 8.010,3 46,6% Superficie di sovrapposizione 3.199,9 18,6%

La distribuzione territoriale degli ambiti di connessione continui (Tab. 2.3.5) all’interno del panorama regionale, indica la presenza di una rete strutturata di collegamenti. Nel settore nord dell’Alta Tuscia a contatto con il confini umbro-toscano si delineano una serie di corridoi che connettono il sistema alto-collinare di Monte Rufeno con gli alto- piani di Latera e le formazioni forestali del Lamone e Monti di Castro, nonché, anche se di dimensioni minori, i sistemi boschivi della caldera dei Monti Vulsini. Nel settore nord-occi- dentale vi sono un insieme di collegamenti che potenzialmente mettono in connessione il complesso Cimino-Vicano con la media valle del Tevere e con il sistema di valloni tufacei nella parte nord-est del complesso Sabatino. All’interno dello stesso complesso vulcanico è presente un ulteriore collegamento, sul lato occidentale, con il sistema alto-collinare dei Monti della Tolfa. Icorridoi continui presenti nella provincia di Rieti sono poco numerosi e relativamente sparsi, a testimonianza della continuità ambientale presente in questo settore del Lazio. Quelli rilevati sono localizzati nel complesso delle colline della Sabina e della catena del Monte Velino (Montagne della Duchessa) e tra le unità di paesaggio dei Monti della Laga e dei Monti Reatini.

89 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 2.3.6 - Ambiti di connessione continui e discontinui e aree rilevanti ad essi sottesi

Nella catena preappenninica sono presenti piccole aree di collegamento continuo, che coinvolgono diverse unità di paesaggio tra cui merita menzione l’unità di paesaggio di Monte Cairo e colline di Arpino. Nella catena dei Volsci questi ambiti di connessione assu- mono particolare rilevanza tra i comprensori dei Monti Aurunci meridionali e il gruppo di Monte Maio e tra i Monti Lepini ed i Monti Ausoni. Gliambitidiconnessione discontinui permettono di evidenziare reali interruzioni ambien- tali nel territorio, compensate solo in parte dalla presenza di nuclei isolati di naturalità (stepping stone), che offrono comunque una potenziale funzione ecologica di collegamen- to (Tab. 2.3.6). Nella parte settentrionale della regione, tali ambiti sono particolarmente evidenti nell’Alta

90 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

Tabella 2.3.5 Elenco degli ambiti di connessione continui, ordinati in base all’estensione in ettari; ogni poligono è stato denominato (ACC) in base all’unità di paesaggio e/o ai toponimi ed è stata esplicitato la funzione della connessione (F forestale, A ambienti aperti, FA entrambi a prevalenza forestale, AF entrambi a prevalenza di ambienti aperti)

Id ACC Funzione Area (km2) 12 Monti Cimini e Vicani FA 43,3 10 Monti Cimini e Vicani FA 40,6 1 Monte Rufeno - Vulsini FA 40,6 9 Monti Cimini e Vicani F 31,9 11 Monti Cimini e Vicani FA 31,7 52 Gruppo del Monte Velino F 30,6 16 Sabina - Monte Elci A 27,6 18 Complesso Sabatino AF 13,6 51 Monti Reatini F 11,7 21 Monti della Tolfa - Complesso Sabatino FA 11,5 54 Gruppo del Monte Velino F 11,4 50 Monti Reaini - Monti della Laga F 11,3 15 Sabina - Monte Elci F 11,0 40 Monti Aurunci - Colline di Minturno AF 10,2 48 Monti Ausoni - colline di Priverno FA 9,7 45 Monti Aurunci - colline di Monte Leucio FA 9,5 43 Monti Aurunci occidentali AF 9,4 8 Vulsini F 9,3 17 Sabina FA 8,3 13 Monti della Laga F 7,9 55 Monti Lepini orientali - Monti Ausoni FA 7,4 3 Monte Rufeno - Vulsini FA 7,1 38 Gruppo di Monte Maio FA 6,7 5 Lamone - Monti di Castro F 6,4 29 Monti Ernici occidentali AF 6,2 7 Vulsini F 6,1 35 Colline di Arpino F 5,6 26 Monti Prenestini F 5,5 33 Colline di Arpino - Monte Cairo FA 5,3 14 Monti della Laga F 5,1 36 Monna Casale - Colline di Cervaro AF 5,0 27 Monte Scalambra F 4,6 6 Lamone - Monti di Castro F 4,6 34 Colline di Arpino FA 4,4 30 Monti Ernici occidentali - Monti Ernici orientali AF 4,1 53 Gruppo del Monte Velino F 3,9

91 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 2.3.5

Id ACC Funzione Area (km2) 37 Gruppo di Monte Maio FA 3,6 20 Monte Soratte - Complesso Sabatino AF 3,5 2 Monte Rufeno - Vulsini FA 3,4 41 Monti Aurunci AF 3,3 39 Gruppo di Monte Maio FA 3,1 32 Monti Ernici occidentali AF 3,1 22 Complesso Sabatino - Tragliatella A 3,1 44 Monti Aurunci AF 3,0 49 Monti Cimini e Vicani FA 3,0 31 Monti Ernici occidentali FA 2,9 4 Latera - Lamone F 2,9 19 Monte Soratte - Complesso Sabatino AF 2,8 28 Colline di Bellegra - Monte Scalambra FA 2,8 23 Complesso Sabatino - Tragliatella A 2,6 24 Complesso Sabatino - Tragliatella A 2,5 42 Monti Aurunci AF 2,3 25 Complesso Sabatino - Tragliatella A 1,6 47 Monti Ausoni - colline di Monte Leucio FA 1,2 46 Monti Ausoni - colline di Monte Leucio FA 0,7

Tuscia, mettendo in collegamento i Vulsini occidentali con le colline attorno a Monte Canino (id 1, 2, 10) e, verso sud, i Monti della Tolfa con Monteromano (id 8, 9 e 3). Sul lato orien- tale dei Monti Vulsini è presente un ambito di connessione tra i corridoi sopra richiamati e le colline che bordano il versante in destra orografica del Tevere (id 11). Nel complesso dei Monti della Tolfa vi sono collegamenti con le colline sovrastanti Tarquinia (id 7) ed il terri- torio di Monte Riccio. Questi ultimi si ricollegano il complesso Cimino-Vicano con un ambito compreso tra Monteromano e Poggio Pelato (id 5). All’interno del complesso Sabatino sono evidenti tre ambiti di connessione, di cui due tra i laghi di Bracciano e di Martignano verso Monte S. Angelo (id 39 e 40) ed il terzo a sud-est dei bacini lacustri verso S. Maria di Galeria. Sia Il complesso Sabatino che quello cimino-vicano sono in connessione con le colline della Sabina tramite la media valle del Tevere (id 12, 13 e 14). Andando verso sud, oltre l’ambito di connessione interno ai Monti Cornicolani, balzano in evidenza i collegamenti tra la catena preappenninica, la catena dei Volsci ed i Colli Albani, nonostante l’estrema discontinuità ambientale e la presenza di barriere ecologiche (ad esempio le grandi infrastrutture viarie) che caratterizzano la Valle del Sacco. Su questi

92 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati frammenti si riconoscono dei potenziali corridoi: tra i Monti Prenestini ed i Colli Albani (id 15 e 16) e tra questi ultimi e la catena dei Volsci (id 19). Inoltre sono presenti collegamen- ti nella Valle Latina, tra i Monti Ernici occidentali e le colline di Ferentino (Macchia di Anagni, id 25), tra i Monti Ernici orientali e i Monti Ausoni (id 26) e tra questi e le colline di Arpino e Monte Cairo (id 27 e 28). Sul versante opposto del complesso di Monte Cairo e delle col- line di Arpino, compaiono delle ulteriori connessioni tra questo comprensorio e i Monti Ernici orientali, oltre che tra questi ultimi e i Monti della Meta, attraverso aree pedemontane e alto-collinari (colline di Arpino e Gallinaro e Colle Terelle). Lungo la dorsale dei Volsci, le connessioni riguardano il gruppo di Monte Maio con i Monti Aurunci ad ovest e con le colline di Minturno a sud, i Monti Ausoni con i Monti Lepini attraverso la Piana dell’Amaseno e le colline di Priverno e Sezze. Infine i Monti Lepini pre- sentano un potenziale collegamento ambientale con i Colli Albani tramite Torrecchia Vecchia e il comprensorio del Lago di Giulianello (aree protette di recente istituzione). Lungo la fascia litoranea il Monte Circeo viene connesso al complesso forestale planizia- le della Selva del Circeo attraverso la pianura ad est del Lago di Sabaudia (id 22).

Tabella 2.3.6 Elenco degli ambiti di connessione discontinua, ordinati in base all’estensione in ettari; ogni poligono è stato denominato (ACD) in base all’unità di paesaggio e/o ai toponimi ed è stata esplicitato la funzione della connessione (F forestale, A ambienti aperti, FA entrambi a prevalenza forestale, AF entrambi a prevalenza di ambienti aperti) Id ACD Funzione Area (km2) 26 Monti Ernici orientali - Monti Ausoni FA 77,1 8 Monte Canino - P.gio Martino AF 60,1 38 Complesso Sabatino - Galeria AF 59,9 15 Monti Prenestini - Colli Albani FA 57,4 14 Colline della Sabina - T. Treia AF 55,3 27 Monti Ausoni (M. Vaglia) - colline di Arpino FA 52,9 19 Colli Albani - Monti Lepini FA 47,3 28 Monti Ausoni - colline di Arpino FA 43,4 16 Monti Prenestini - Colli Albani (M. Massimo) FA 40,9 3 Apparato Vulsino - M. della Pieve - Monte Romano AF 34,0 5 Mont iCimini e Vicani - P.gio Pelato AF 32,0 11 Apparato Vulsino - P.gio Canuto F 25,6 33 Monti Ausoni - Piana dell’Amaseno FA 24,7 25 Monti Ernici occidentali - colline di Ferentino FA 23,2 9 Apparato Vulsino - Macchia Riserva AF 22,1 6 Monti della Tolfa - Monte Riccio AF 21,6 37 Monti Ernici orientali - colline di Arpino F 20,9

93 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 2.3.6

Id ACD Funzione Area (km2) 4 Apparato Vulsino - Monte Leano F 20,3 1 Apparato Vulsino - Monte Marano F 16,9 35 Colline di Arpino - colline di Colle Terella FA 16,0 39 Complesso Sabatino - Monte S. Angelo FA 16,0 34 Colline di Gallinaro FA 15,2 29 Monti Aurunci - Monte d’Oro FA 14,8 7 Colline di Tarquinia - C.le Terzolo AF 12,3 13 Monti Cimini e Vicani - colline della Sabina AF 12,0 22 Monte Circeo - Selva del Circeo F 11,7 40 Complesso Sabatino - Monte dell’Olmo AF 11,3 20 Monti Lepini occidentali - colline di Priverno FA 9,2 31 Gruppo di Monte Maio - colline di Minturno FA 8,3 21 Monti Lepini occidentali - colline di Sezze FA 8,3 30 Gruppo di Monte Maio FA 8,2 23 Monti Ernici occidentali - Monte Vico F 8,1 12 Complesso Sabatino - Pianura del tevere FA 8,0 17 Colli Albani - C.le Cia F 7,5 18 Monti Cornicolani FA 6,2 2 Apparato Vulsino - Colle Vepre AF 6,1 24 Monti Ernici occidentali - C.le Forno FA 5,6 36 Monti della Meta - colline di Gallinaro F 4,8 10 Apparato Vulsino - Monte Canino AF 3,0 32 Monti Ausoni - Monte Sparago FA 2,4

Aree critiche e di restauro ambientale

Nel’ambito del presente lavoro non è stato possibile individuare in modo sistematico le diverse aree critiche e quelle da sottoporre a restauro ambientale, data la scarsità di infor- mazioni di dettaglio ottenibili solo attraverso indagini dirette sul campo. È possibile tuttavia sottolineare alcuni aspetti di carattere generale deducibili dagli ambiti di connessione discontinui (Fig. 2.3.6). È infatti in questi ambiti che dovrebbero essere individuate le cosid- dette aree critiche, cioè quei siti in cui è stata compromessa la funzionalità ecosistemica in termini di struttura delle biocenosi e di continuità. Ulteriori criticità potrebbero essere indi- viduate anche nelle aree non evidenziate dalle elaborazioni in quanto sotto i valori soglia (aree non evidenziate in cartografia).

94 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

A titolo esemplificativo si riportano di seguito alcune unità di paesaggio che potrebbero contenere elementi di criticità: - Pianura di Montalto di Castro, Tarquinia e Civitavecchia - Colline del Basso Fiora - Apparato Vulsino (Commenda e Colline di Ferento) - Piana di Rieti - Colline di Castel Giubileo, Roma, Colline e tavolati vulcanici albani (settore nord-ovest) Pianura del Tevere a valle di Roma, Pianura del Delta del Tevere (basse valli dei fiumi Tevere e Aniene) -Colline e tavolati vulcanici albani - Piana di Tufano, Piana di Frosinone, Colline di Frosinone, Piana del Fiume Liri - Garigliano (Valle Latina) - Pianura Pontina All’interno delle aree critiche dovrebbero essere messe in campo tutte quelle azioni necessarie a ristabilire le funzionalità ecologiche, tra cui gli interventi di restauro ambien- tale in siti specifici.

2.4 Prospettive di sviluppi futuri Dario Capizzi e Iacopo Sinibaldi - ARP

La Rete Ecologica Regionale del Lazio: progresso e metamorfosi

Gli elementi conoscitivi, in completamento o in programmazione, si auspica che permet- tano di procedere ad ulteriori e più accurate elaborazioni della REcoRd Lazio, nel rispetto delle basi metodologiche delineate in questo lavoro. La REcoRd Lazio, così come è stata elaborata per il presente lavoro, risulta infatti tutt’ora mancante di molte ed importanti informazioni ad oggi non disponibili o non elaborate. La prima e più evidente mancanza è costituita dall’assenza di dati floristici e vegetazionali, cui si è aggiunta la carenza di una base cartografica di adeguato dettaglio relativa all’uso del suolo. Per quanto riguarda i dati relativi ai Vertebrati terrestri, quelli utilizzati in questa fase sono costituiti da modelli di distribuzione potenziale elaborati su base cosiddetta “dedutti- va” (sensu Corsi, 2004), e che non sono stati ancora sottoposti ad una validazione o

95 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio comunque ad una valutazione della loro accuratezza nel descrivere la reale distribuzione delle specie considerate. Anche questa componente potrà pertanto essere considerevol- mente integrata, sia attraverso l’applicazione di metodi più sensibili per l’elaborazione dei modelli e che permettano di integrare più efficacemente i dati disponibili sulla presenza reale delle specie, sia per mezzo di una verifica delle capacità predittive dei modelli stessi. I dati zoologici raccolti dal 2006 al 2009, con particolare riferimento alla distribuzione dei Vertebrati sia terrestri che dulcaquicoli, potranno ad esempio permettere la rielaborazione dei modelli predittivi di distribuzione su base induttiva, utilizzando cioè i dati raccolti sul campo per descrivere le relazioni tra specie e habitat, e non più deduttiva: quest’ultimo tipo di approccio, che si serve di opinioni di esperti per definire le relazioni tra specie e habitat, potrà infatti esse- re progressivamente superato. Tale metodologia porterà a modelli che saranno basati sui dati di distribuzione reale e quindi sul rilevamento di una determinata specie o di un habitat in un luogo geograficamente circostanziato, e non più su modelli cosiddetti “expert based”. Verifiche sul campo e approfondimenti si renderanno inoltre necessari per alcuni aspet- ti specifici: • la validazione di aree estrapolate solo su base cartografica, come gli ambiti di con- nessione; tale validazione andrà effettuata in seguito a sopralluoghi sul campo. A tal riguardo, bisogna inoltre rilevare che non è stato possibile mettere in relazione il Lazio con le regioni limitrofe; pertanto potrebbe essere utile, di concerto con le altre regioni, l’individuazione di ambiti in cui favorire la connettività interregionale (ad esempio l’area appenninica e la Maremma); • l’individuazione, con il dovuto grado di precisione, delle aree critiche e di restauro ambientale. Tale fase è infatti ineludibile allo scopo di meglio definire dove e come eseguire gli interventi. Infine, bisognerebbe integrare maggiormente le esigenze di conservazione di ulteriori gruppi di specie, non ancora adeguatamente considerati come, ad esempio, gli endemiti e gli invertebrati.

La REcoRd Lazio dopo il Documento Strategico sulla Biodiversità

L’elaborazione e l’approvazione, da parte della Regione Lazio del Documento Strategico sulla Biodiversità (DSB) rappresenteranno senza dubbio dei passaggi critici nel processo che dovrà portare alla nuova definizione della REcoRd Lazio.

96 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

L’elaborazione di un Documento Strategico sulla Biodiversità è prevista dall’art. 11 bis della L.R. 29/1997. Come prevede tale norma, il DSB conterrà “le linee di indirizzo per l’attuazione, nei limiti di competenza della Regione, della convenzione di Rio de Janeiro sulla Biodiversità, ratificata con legge 14 febbraio 1994, n. 124, in conformità a quanto previ- sto dalla normativa e dai documenti di indirizzo statali e internazionale, nonché in raccor- doconilpiano regionale delle aree naturali protette di cui all’articolo 7 e con ogni altro strumento di pianificazione e programmazione regionale che possa incidere sulla conser- vazione della diversità biologica nell’ambito del territorio regionale”. In questo senso, la REcoRd Lazio si configurerà come uno dei principali strumenti di pianificazione ed attuativi degli indirizzi e delle linee strategiche individuati dal DSB, che ne costituirà uno dei riferi- menti guida. D’altro canto lo stesso DSB non potrà non tenere conto delle indicazioni rela- tive alla distribuzione dei principali elementi della biodiversità sul territorio regionale che emergono dalle analisi sviluppate per elaborare la REcoRd Lazio. Considerando che il DSB dovrà essere prioritariamente indirizzato a definire le linee di indirizzo per l’attuazione degli obiettivi della Convenzione sulla Biodiversità (CBD), va sot- tolineato innanzitutto il fatto che l’individuazione di reti ecologiche è comunque ritenuto uno dei possibili approcci o strumenti con il quale i paesi contraenti possono perseguire la con- servazione “in situ” della biodiversità. In particolare, va ricordato che in occasione del suo settimo incontro, nel 2004, la Conferenza delle Parti della CBD ha adottato uno specifico programma di lavoro sulle aree protette, con lo scopo principale di contribuire alla creazio- ne e mantenimento nei paesi contraenti di sistemi di aree protette che possano contribui- re al raggiungimento dei tre obiettivi della convenzione stessa e al raggiungimento dei tar- get di riduzione del tasso di perdita di diversità biologica. Tenendo come riferimento qua- dro il cosiddetto “approccio ecosistemico”, adottato quale uno dei concetti e principi cen- trali e guida per l’azione dei paesi contraenti, il programma di lavoro sulle aree protette (POWPA - Programme of Work on Protected Areas) prevede una serie di obiettivi principa- li, e tra questi in particolare l’obiettivo generale 1.2 fa specificatamente riferimento all’inte- grazione delle aree protette nel più ampio contesto (paesaggio) terrestre o marino, così come a livello di politiche settoriali, al fine di mantenere struttura e funzionalità degli eco- sistemi1. Per questo obiettivo il target definito dal programma stesso è che tale integrazio-

1 CBD POWPA Goal 1.2: “To integrate protected areas into broader land - and seascapes and sectors so as to maintain ecological structure and function”.

97 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ne sia perseguita entro il 2015, tramite l’applicazione dell’approccio ecosistemico e tenen- do conto dei concetti di connettività ecologica e, dove appropriato, di rete ecologica2. Inoltre, tra la lista non esaustiva di attività con le quali i paesi contraenti vengono incorag- giati a perseguire tale target è inclusa la definizione e gestione di reti ecologiche e, ove rile- vante, di corridoi e zone buffer, al fine di integrare i sistemi di aree protette anche di livel- lo subnazionale con i più ampi contesti e con le differenti politiche settoriali. Da quanto esposto, quindi, si deduce che il DSB potrà e dovrà avere un ruolo preminen- te nell’indirizzare la rete ecologica regionale. D’altro canto, il DSB sarà fondamentale anche nel guidare la fase operativa della rete ecologica regionale, permettendo di orientarne l’ulteriore elaborazione basandosi su scelte più chiare, consapevoli e condivise in termini di obiettivi di conservazione da perseguire a livello regionale. Sarà infatti dal DSB che si dovrà pervenire ad una chiara definizione di quali sono gli elementi della biodiversità, le funzioni ecologiche e i processi ecosistemici la cui conservazione assumerà un carattere prioritario a livello della regione e dovrà essere perseguita tramite strumenti quali la rete ecologica. Tali obiettivi, comunque, per quanto identificati a livello della regione, non potranno prescindere dal più ampio contesto in cui si inserisce la regione stessa e dal ruolo che essa ricopre nel garantire la conservazione della diversità biologica italiana. Come evidenziato in più conte- sti (si veda p.e. Groves, 2003; Erwin et al., 2010), uno dei momenti chiave nell’attuazione di un processo sistematico di pianificazione della conservazione consiste proprio nella defini- zione e selezione in maniera esplicita degli elementi della biodiversità la cui persistenza ci si prefigge di garantire, il che renderà possibile poi identificare dove tale obiettivo sarà perse- guito. È auspicabile, quindi, che il DSB regionale, tenendo comunque conto di quanto defini- to a livello più ampio (p.e. indirizzi a livello nazionale, requisiti derivanti da norme comunita- rie, ecc.), porti ad una individuazione il più possibile condivisa e obiettiva dei principali tar- get e linee strategiche di intervento per la conservazione della biodiversità nella Regione. In tale ottica, la REcoRd Lazio costituirà uno dei principali strumenti con cui tali linee strategi- che saranno tradotte in azioni ed indirizzi di gestione applicati alle varie porzioni del territo- rio regionale e differenziati in base a quelle che possono essere viste come diverse “voca- zionalità” del territorio stesso al mantenimento, nel lungo termine, di quegli elementi della biodiversità a loro volta individuati dal DSB come target di conservazione.

2 “By 2015, all protected areas and protected area systems are integrated into the wider land - and seasca- pe, and relevant sectors, by applying the ecosystem approach and taking into account ecological connectivi- ty and the concept, where appropriate, of ecological networks”.

98 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

2.4.1 Il possibile contributo dei progetti di sistema Ivana Pizzol - ARP

Il principale contributo dei progetti di sistema alla REcoRd Lazio è rappresentato dalla possibilità, attraverso i dati raccolti, di validare il modello di rete elaborato e, attraverso la costante acquisizione di nuovi dati conoscitivi, di affinare e aggiornare nel tempo il model- lo stesso. Di particolare rilevanza in questo senso sono i progetti di sistema attivati dall’Agenzia con il supporto delle aree protette regionali e in collaborazione con diverse università e istituti di ricerca. I progetti ad oggi realizzati hanno riguardato alcuni gruppi zoologici ed alcune specie di importanza conservazionistica ed hanno consentito di acquisire a scala regionale dati di presenza, distribuzione ed in alcuni casi di abbondanza dei Mammiferi (“Atlante dei Mammiferi”; “Analisi spaziale della biodiversità della chirotterofauna laziale”), dell’avifauna (“PAUNiL: Progetto Atlante Uccelli Nidificanti nel Lazio”; “Progetto Avifauna acquatica sver- nante nel Lazio”), dell’ittiofauna (“Carta della Biodiversità Ittica del Lazio”), degli Anfibi e di specie quali Orso bruno marsicano (PATOM e Rete Regionale di Monitoraggio), Lepre ita- lica, Coturnice e Camoscio appenninico. I progetti elencati hanno portato per la prima volta nella Regione Lazio all’acquisizio- ne e sistematizzazione di migliaia di dati di presenza relativi ai gruppi indagati e costitui- ranno, appunto, la base per la validazione e l’integrazione del modello di rete presenta- to nei paragrafi precedenti. In questo contesto, di particolare importanza è lo strumento della Rete Regionale di Monitoraggio di Biodiversità nata per implementare un monitoraggio efficace e costante dello stato di conservazione delle specie e degli habitat presenti nel Lazio (si veda il para- grafo seguente). Un altro importante contributo alla REcoRd Lazio deriverà da alcuni progetti di sistema avviati dall’Agenzia, che prevedono l’elaborazione di specifici modelli che restituiscono la probabilità di presenza e assenza di una specie in habitat non indagati. Alcuni modelli di questo tipo, già elaborati per alcune specie hanno permesso e permetteranno in futuro di individuare aree di connessioni importanti da inserire nella rete ecologica. Infine, anche progetti di sistema basati su un approccio specie-specifico sono fonda- mentali per l’individuazione di aree strategiche di connessione. È il caso per esempio dell’Orso bruno marsicano presente nel Lazio con densità bassissime ma per il quale

99 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio proprio alcune aree del territorio regionale rappresentano un’importante potenziale area di espansione e di connessione del più vasto areale potenziale della specie. Nella piani- ficazione della rete ecologica, infatti, non si può prescindere dall’individuazione di aree di connessione e/o di nuova presenza per tutte quelle specie ad elevato valore conser- vazionistico e/o caratterizzate da uno stato di conservazione, come nel caso dell’Orso, a rischio di estinzione.

La Rete Regionale di Monitoraggio della Biodiversità del Lazio e l’Osservatorio Regionale sulla Biodiversità del Lazio (OBL)

La Rete Regionale di Monitoraggio della Biodiversità è stata istituita con la D.G.R. 497/2007 come strumento strategico per ottemperare ad alcuni obblighi normativi e per rafforzare su scala regionale un meccanismo virtuoso che permetta di verificare l’efficacia delle azioni di gestione e tutela della biodiversità operate dalla Regione Lazio. Gli obblighi normativi derivano dalla Dir. 92/43/CEE “Habitat”, dalla Dir. 2009/147/CE “Uccelli” ed infine dal D.P.R. n. 357/97 e s.m.i., che individua le Regioni e le Province Autonome come responsabili della realizzazione del monitoraggio dello stato di conser- vazione delle specie e degli habitat prioritari e di interesse comunitario. Il monitoraggio previsto dalla Direttiva Habitat richiede la misurazione di specifici parametri necessari a definire lo stato di conservazione delle specie e degli habitat ed è articolato nel tempo secondo scadenze determinate che prevedono la trasmissione dei dati alla Commissione Europea ogni 6 anni. La Rete prende spunto e risponde agli obblighi di monitoraggio della Regione, ma estende il campo di applicazione anche alle specie e habitat non inclusi negli allegati della direttiva. L’elemento innovativo della Rete è la sua estensione di riferimento che compren- de l’intero territorio regionale. L’acquisizione dei dati che deriveranno dalle attività di monitoraggio, quindi, permetteranno un aggiornamento di tutte le aree individuate della REcoRd Lazio. La Rete Regionale di Monitoraggio della Biodiversità è strutturata in: -un Centro regionale di monitoraggio (focal point) che ha il compito di assicurare l’operatività e la logistica della rete; - alcuni Centri tematici (topic center) in Aree Naturali Protette dedicati all’approfondi- mento di specifici ecosistemi (p.e. le aree umide);

100 Rete Ecologica Regionale (REcoRd Lazio): approccio metodologico e primi risultati

- 5 basi logistiche provinciali presso Aree Naturali Protette; - i poli/laboratori allocati nelle Aree Naturali Protette regionali provvisti della strumen- tazione di base per effettuare la raccolta dei dati di campo; - 4 poli presso i Parchi Nazionali che interessano la Regione Lazio. Dal punto di vista operativo la Rete è articolata in una “rete dei rilevatori” e una “rete dei referenti”, entrambe costituite principalmente da personale del Ruolo unico delle aree protette. Alla base della costituzione della Rete di monitoraggio c’è la necessità di ottenere dati sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat che siano confrontabili tra loro e siano in grado di misurare le tendenze nel tempo dei parametri misurati. Ciò significa far divenire l’attività di monitoraggio un “sistema” definendo, da un punto di vista organizzati- vo, i tempi, le modalità di rilevamento e trasmissione, la localizzazione dei punti (stazioni) che caratterizzano le maglie della rete, i compiti e le modalità di interrelazione fra i sogget- ti coinvolti, i processi di verifica e validazione, al fine di assicurare la correttezza e l’omogeneità dei dati rilevati. Per ottenere standard informativi e di monitoraggio fondati su precise metodologie scientifiche e su rigorose tecniche di rilevazione, soprattutto in materia di flora e vege- tazione, di fauna e di ecologia, si è scelto di avvalersi di una supervisione scientifica che viene svolta dall’Osservatorio Regionale per la Biodiversità del Lazio (OBL) costituito con la D.G.R. 336/2005. Alla struttura dell’Osservatorio afferiscono diverse Università del Lazio. Attualmente l’Agenzia Regionale Parchi, che gestisce il Centro regionale di monito- raggio della Rete, e l’Osservatorio della Biodiversità sono impegnati in una stretta col- laborazione per la definizione dei protocolli di monitoraggio. Sono stati attivati, con il supporto dell’Agenzia, quattro assegni di ricerca ripartiti nelle tematiche inerenti il monitoraggio degli habitat e delle specie faunistiche e si prevede di applicare i proto- colli in via di definizione a partire dal 2010. Le attività di raccolta dei dati rappresen- tano uno sforzo notevole soprattutto in considerazione della scala territoriale indaga- ta. Il monitoraggio infatti non sarà limitato alle aree protette e ai siti della Rete Natura 2000 ma sarà esteso all’intero territorio regionale in coerenza con quanto previsto dalle direttive. Tutti i dati raccolti, infine, confluiranno nella banca dati regionale e rappresenteranno la base di partenza per i futuri aggiornamenti ed elaborazione della Rete Ecologica Regionale e del Piano Parchi.

101 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Riferimenti

APAT E INU 2003, Gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale. Indirizzi e modalità operative per l’adeguamento degli strumenti di pianificazione del territorio in funzione della costruzione di reti ecologiche a scala locale. Vol. 26 - Manuali e Linee guida, APAT. 104 pp. BENNETT G. 2002, Guidelines on the application of existing international instruments in deve- loping the Pan-European Ecological Network. Nature and Environment, No. 124. Council of Europe Publishing. BENNETT A.F.(1998, 2003), Linkages in the Landscape: The Role of Corridors and Connectivity in Wildlife Conservation. IUCN, Gland, Switzerland and Cambridge, UK. xiv + 254 pp. BOITANI L., FALCUCCI A. E MAIORANO L. 2004, Analisi della rappresentatività del sistema delle aree protette della regione Lazio nella conservazione della biodiversità. Relazione finale: pp. 97. BOITANI L., FALCUCCI A., MAIORANO L. E MONTEMAGGIORI A. 2002, Rete Ecologica Nazionale: il ruolo delle Aree Protette nella conservazione dei vertebrati. Dip. B.A.U. - Università di Roma “La Sapienza”, Dir. Conservazione della Natura - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Istituto di Ecologia Applicata, Roma. BOITANI L., FALCUCCI A., MAIORANO L. E RONDININI C. 2007, Ecological networks as conceptual fra- meworks or operational tools in conservation. Conservation Biology, 21 (6): 1414-1422. CORSI F.2004, Applications of existing biodiversity information: capacity to support decision- making. ITC Dissertation number: 114. 271 pp. CORSI F. , DE LEEUW J., & SKIDMORE A.K. 2000, Modeling Species Distribution with GIS. In Boitani L. & Fuller T.K. (Eds), 2007. Research Techniques in Animal Ecology. Columbia University Press, New York. ERVIN J., MULONGOY K.J., LAWRENCE K., GAME E., SHEPPARD D., BRIDGEWATER P. , B ENNETT G., GIDDA S.B. &BOS P 2010, Making Protected Areas Relevant: A guide to integrating protected areas into wider landscapes, seascapes and sectoral plans and strategies. CBD Technical Series No. 44. Montreal, Canada: Convention on Biological Diversity, 94pp. GROVES C.R. 2003, Drafting a Conservation Blueprint: A practitioners guide to planning for biodiversity. Island Press, Washington DC. MATTM 2003, http://www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/allegati/biodiver sita/fauna_repertorio.zip RONDININI C. E BOITANI L. 2008, Definizione di unità territoriali ottimali per la pianificazione sistematica della conservazione della biodiversità. Un approccio basato sulla classifica- zione del paesaggio. Relazione finale: pp. 116.

102 CAPITOLO 3

Usi del suolo e presenza antropica

3.1 Introduzione Massimo Bruschi - ARP

Sostenere la necessità di affrontare un tema di pianificazione territoriale complesso come è quello legato alla conservazione della biodiversità disponendo di un quadro di conoscenze vasto, approfondito ed aggiornato, in grado di supportare valutazioni e scel- te, può apparire una enunciazione banale; eppure, non banale è procedere alla sua costi- tuzione in concreto. A questo scopo, il Documento tecnico predisposto nel 2002 aveva trac- ciato un programma articolato, che per quanto riguarda gli aspetti più direttamente legati alla pianificazione ed alla gestione della presenza antropica del territorio condensava in una ricerca commissionata dall’ARP (Thomasset e Gambino, 2003, sintetizzata in Thomasset e Gambino, 2007) gli esiti di precedenti indagini condotte dalla stessa ARP nel periodo 2001- 2003, che avevano riguardato sia la condizione delle dotazioni di infrastrutture delle aree protette regionali - il cosiddetto “Libro bianco” delle aree protette del Lazio - sia le carat- teristiche delle aree stesse rispetto agli usi del suolo. Per quanto attiene in particolare le indagini basate sull’uso del suolo, va segnalata la fondamentale importanza della pubblicazione, nel 2003, della Carta degli usi del suolo della Regione Lazio curata dalla Direzione Regionale Urbanistica, redatta su ortofoto del Volo Italia 2000 (1999). La carta, pur con i limiti di accuratezza che non ne consentono un pieno sfruttamento per alcune delle analisi di scala locale necessarie alla pianificazio- ne delle singole aree protette (l’area minima cartografabile è fissata ad un ettaro, più che giustificatamente per l’uso legato alla pianificazione territoriale d’area vasta), rappresen- ta un’ottima base di partenza per le elaborazioni e le indagini sulla presenza antropica nelle aree protette e all’esterno di esse alla scala regionale. Tuttavia, sulla scia degli aggiornamenti specifici commissionati dalla Direzione Urbanistica per le aree della classe 1 (suoli artificiali e rimaneggiati), l’ARP ha avviato, di concerto con la stessa Direzione Urbanistica, un approfondimento delle classi naturali e seminaturali (classi da 3 a 5) por- tandole al quinto livello di classificazione, di cui si renderà conto in un successivo para- grafo di questo stesso capitolo.

103 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

La disponibilità di una cartografia a questi livelli di dettaglio costituirà senz’altro una risorsa di grande importanza per lo sviluppo delle analisi e delle valutazioni legate alla pia- nificazione del Sistema regionale delle aree naturali protette. I lavori condotti tra il 2001 ed il 2004 hanno affrontato alcuni aspetti cruciali riguardan- ti i problemi della classificazione delle aree, tracciando la triangolazione tra gli obiettivi reperibili nelle leggi istitutive, le attività effettivamente condotte dalle aree protette e le caratteristiche del territorio interno e circostante alle aree protette stesse. A complemento di quelli, il lavoro condotto a cavallo tra il 2008 ed il 2009 dagli esperti dell’ARP con il sup- porto dell’Università di L’Aquila (Romano et al., 2009 in ARP, 2010) ha indagato le possi- bilità di una classificazione del territorio regionale basata sul dato concreto e cartografato dell’uso del suolo. L’indagine si differenzia dalle precedenti tanto per ambiti di applicazione (si è trattato, in questo caso, non delle sole aree protette ma di tutto il territorio regiona- le) che per scelte metodologiche (è stato scelto di applicare una versione rivisitata del metodo messo a punto dal gruppo di ricerca PLANECO). Una sezione specifica del lavoro è stata dedicata all’indagine delle pressioni e dei rischi legati alla diffusione dell’antropizza- zione nel territorio regionale, per individuare le aree di probabile pregio ambientale in cui questa pressione si manifesta con caratteristiche di intensità tale da richiedere particolari attenzioni e consigliare opportune scelte in termini di priorità. Come già indicato in altri passaggi di questo stesso testo, è importante segnalare come l’introduzione della Rete ecologica regionale tra gli elaborati del PRANP abbia generato un importante ampliamento della visuale sul campo di indagine, chehaportato alla costruzio- ne di quadri di analisi e valutazione concettualmente (e operativamente) liberi dal riferimen- to diretto ed obbligato ai territori protetti. Il campo di riferimento coincide ora con quello della pianificazione paesaggistica, ed abbraccia tutta la regione. Coerentemente, il taglio delle classificazioni ha tentato di assu- mere un carattere maggiormente finalizzato alla pianificazione, superando la forma enume- rativa per cercare di fornire elementi di valutazione delle risorse e delle criticità, indirizzan- do le scelte di pianificazione e gestione. I lavori di cui si rende conto in questo capitolo affrontano, nell’ambito di questo nuovo paradigma territorialmente esteso, il tema dell’antropizzazione e di suoi effetti in due dei principali stadi propri dei processi di pianificazione, quello della conoscenza e quello della valutazione. L’approfondimento della CUS si propone come un elemento cardine del quadro conoscitivo del PRANP e della rete ecologica regionale; la disponibilità di una carta di uso del suolo che, spinta al quarto o quinto livello di definizione avvicina le sue “prestazioni” nel-

104 Usi del suolo e presenza antropica l’ambito di un processo di pianificazione a quelle di una carta della vegetazione, è in grado di dare nuovo impulso alla modellistica per la classificazione e la valutazione delle aree. Più propriamente inseribili nel quadro valutativo, le indagini sulle caratteristiche dei pae- saggi derivate dall’uso del suolo hanno puntato alla costruzione di rappresentazioni guida per la pianificazione. Nel caso delle classificazioni in relazione agli usi antropici, verificando l’ipotesi della possibilità di una rappresentazione semplificata coerentemente alla scala ed agli obiettivi di pianificazione dei grandi e piccoli paesaggi funzionali della regione. Nel caso dell’analisi del rischio insediativo, alla ricerca di elementi di conoscenza assumibili come indi- cazioni sintetiche ma oggettive da porre alla base di ogni valutazione in merito alle priorità. Va detto che l’ARP ha seguito con continuità queste linee anche in altre occasioni, con lavo- ri svolti in forma di collaborazione con il mondo della ricerca accademica. Tra questi, va alme- no citato quello svolto dall’Università di Roma La Sapienza (Rondinini, Boitani, 2008) che ha condotto alla costruzione di un modello, basato essenzialmente su metodi statistici, per la classificazione dei paesaggi regionali in funzione della conservazione della biodiversità.

La lettura della presenza antropica sul territorio attraverso l’analisi degli usi del suolo è sicuramente uno dei settori in cui maggiori potranno essere, in futuro, gli apporti e gli approfondimenti. Analogamente a quanto in corso di sviluppo come aggiornamento delle classi da 3 a 5 della CUS regionale, potrebbero essere sviluppati approfondimenti sulla classe 2, corrispon- dente agli usi agricoli. In questo settore, le possibili linee di ricerca attinenti le prestazioni in termini di supporto alla biodiversità sono numerose: dalla High Nature Value Farmland,che fornisce una classificazione sintetica adatta alle applicazioni a scala vasta, alle famiglie di indicatori specifici compendiate nelle Linee Guida ISPRA 47/2008, per affrontare anche i pro- blemi morfologici e di inserimento delle trasformazioni (Generalitat de Catalunya, 2007). Il concetto guida dovrebbe essere quello di “leggere” gli altri paesaggi, ovverosia le com- ponenti ecologiche “nascoste” nei pattern visibili dei paesaggi. L’obiettivo, quello di fornire nuovi e più completi elementi di valutazione delle trasformazioni e dei loro impatti sui paesag- gi, in un momento in cui inedite domande di spazi e trasformazioni si affacciano sulla scena, ad esempio riferite ai grandi impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili, e pon- gono sottili questioni nella ponderazione degli interessi e nella tutela dei beni ambientali. Vi è poi la questione oltremodo complessa del ruolo delle areeprotette nei contesti metropolitani: luoghi emergenti in cui si concentrano significati da comunicare e messaggi da diffondere in associazione ad una ampia accessibilità per un vasto pubblico (Cavaliere,

105 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Ostellino, 2010); comunque, luoghi di pregio ambientale fortemente soggetti al mutare della pressione insediativa, con conseguenze sulla biodiversità (Clement, 2004).

Riferimenti

CAVALIERE A., OSTELLINO I. (2010), Parchi metropolitani, Edizioni ETS, 2010. CLÉMENT G. (2004), Manifeste du Tiers Paysage, éditions Subject/Object, 2004; trad. it.: Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, 2005. GAMBINO R., THOMASSET F. (2007), Analisi e proposte sulla classificazione delle aree protette della Regione Lazio in riferimento al contesto internazionale,inAA.VV. (2007), Biodiversità e aree protette nel Lazio, ARP, 2007. Generalitat de Catalunya. Departament de Politica Territorial i Obres Publiques. Direcció General d’Arquitectura i Paisatge (2007), Per una corretta gestione del paesaggio - Linee guida, Barcellona, 2007; www.paysmed.net. ISPRA (2008), Indicatori di Biodiversità per la sostenibilità in Agricoltura, Manuali e Linee Guida, 47/2008. ROMANO B., FIORINI L., ZULLO F.(2009), Modelli valutativi del rischio insediativo nel territorio della Regione Lazio, in ARP, (2009), Elaborazione ed applicazione di modelli di classificazione territoriale finalizzati alla definizione della Rete Ecologica Regionale. Relazione finale. RONDININI C. E BOITANI L. (2008), Definizione di unità territoriali ottimali per la pianificazione sistematica della conservazione della biodiversità. Un approccio basato sulla classifica- zione del paesaggio. Relazione finale: pp. 116.

106 Usi del suolo e presenza antropica

3.2 Aggiornamento della Carta dell’Uso del Suolo regionale 3.2 per le classi relative alle formazioni naturali e seminaturali Massimo Tufano - ARP

3.2.1 Gli approfondimenti ed aggiornamenti della Carta dell’Uso del Suolo Regionale

La Regione Lazio, a partire dal 2003, si è dotata di una Carta dell’Uso del Suolo al terzo livello di approfondimento CORINE in scala 1:25000, costruita mediante l’uso di ortofoto digitali a colori riferite agli anni 1998-1999 in scala 1:10.000. Il terzo livello, costituito in totale da 44 voci, risulta tuttavia estremamente generico per alcu- ne categorie: per esempio le “Zone boscate” (secondo livello) sono descritte da sole tre classi: 3.1.1 boschi di latifoglie 3.1.2 boschi di conifere 3.1.3 boschi di conifere e latifoglie Risulta pertanto evidente come un dettaglio di questo tipo non fornisca informazioni suf- ficientemente utili per supportare la pianificazione territoriale delle aree protette e la reda- zione della Rete ecologica a scala regionale. A partire da questa constatazione l’ARP,attraverso uno specifico finanziamento, ha curato, alla fine del 2003, la realizzazione di un progetto pilota per la realizzazione della “Carta della copertu- ra del suolo al IV livello (Sistema Europeo Corine Land Cover) in Aree Protette Regionali e Siti Natura 2000 del Lazio, con approfondimento tematico al V livello nelle formazioni naturali e seminaturali”. L’area pilota individuata comprendeva una superficie di 116.625 ettari, costituita da un terri- torio particolarmente articolato dal punto di vista ambientale e paesaggistico, nel quale i boschi

Fig. 3.2.1 - Area interessata dal progetto pilota di approfondimento ed aggiornamento aree naturali e semi- naturali. Unità fitoclimatiche

107 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 3.2.2 - Localizzazione delle unità fitoclimatiche del progetto pilota ricoprono aree con caratteristiche ecologiche e stazionali molto varie. L’analisi è stata quindi con- dotta tramite un approccio “ecologico”, suddividendo l’intera area in quattro unità fitoclimatiche: 1. Litorale tirrenico 2. Campagna romana 3. Tuscia 4. Appennino centrale Tale approccio ha permesso di definire dei criteri di classificazione in funzione delle caratteristiche ecologico-stazionali di ogni specifica formazione. Il progetto pilota si è concluso con la costruzione di uno strato informativo cartografico composto complessivamente da 31 classi.

Fig. 3.2.3. - Strato informativo cartografico del progetto pilota

108 Usi del suolo e presenza antropica

Per la realizzazione della cartografia è stato adottato il metodo della classificazione auto- matica di immagini Landsat, basata su segmentazione multi-risoluzione di 109 fotogrammi aerei a colori modificata successivamente tramite fotointerpretazione manuale a video. Su tali basi l’accuratezza complessiva (overall accuracy) dichiarata dalla società esecu- trice è risultata rispettivamente del 78,56% nella “Campagna Romana”, del 71,97% nella “Tuscia” e del 82,32% nell’ “Appennino centrale”.

Codifica Descrizione Area Area Numero Numero Area V livello (ha) (%) poligoni poligoni media (%) (ha) 3.1.1.1.1. Leccete a viburno 270,37 0,23 11 0.22 24.58 3.1.1.1.2. Leccete a orniello 8.321,31 7,14 191 3.81 43.57 3.1.1.1.3. Boschi di sughera: Sugherete mediterranee 23,23 0,02 2 0.04 11.61 3.1.1.2.2. Querceti di roverella 9.424,01 8,08 398 7.93 23.68 3.1.1.2.4. Cerrete termoigrofile mediterranee 36.411,30 31,22 703 14.01 51.79 3.1.1.3.1. Boschi a Cercis, Acer e localmente carpini 4,15 0,00 1 0.02 4.15 3.1.1.3.4. Boschi misti a dominanza di carpino nero 15.652,08 13,42 256 5.10 61.14 3.1.1.3.6. Boschi di bagolaro 6,73 0,01 1 0.02 6.73 3.1.1.4.3. Castagneti dell’Italia meridionale 8.012,16 6,87 168 3.35 47.69 3.1.1.4.4. Castagneti da frutto 2.352,56 2,02 82 1.63 28.69 3.1.1.5.4. Faggete ad agrifoglio 6.608,74 5,67 147 2.93 44.96 3.1.1.5.6. Altre faggete 4.069,98 3,49 57 1.14 71.40 3.1.1.6. Boschi di specie igrofile 1.199,24 1,03 260 5.18 4.61 3.1.1.7.1. Robinieti 124,69 0,11 17 0.34 7.33 3.1.2.1. Bschi di pini mediterranei e cipresso 24,89 0,02 1 0.02 24.89 3.1.2.1.3. Rimboschimenti di pino domestico 14,95 0,01 3 0.06 4.98 3.1.2.2.1. Rimboschimenti di pino nero 1.128,64 0,97 103 2.05 10.38 3.1.2.5.3. Altri rimboschimenti di conifere 10,38 0,01 1 0.02 10.96 3.2.1.1. Praterie aride calcaree 12.138,58 10,41 1.605 31.98 7.56 3.2.2.1. Arbusteti montani 180,91 0,16 8 0.16 22.61 3.2.2.2. Arbusteti termofili 8,41 0,01 2 0.04 4.20 3.2.2.2.1. Ginepreti di ginepro comune 1.812,28 1,55 82 1.63 22.10 3.2.2.2.2. Pruneti 4.641,03 3,98 475 9.47 9.77 3.2.2.3.1. Ginestreti 1.234,10 1,06 267 5.32 4.62 3.2.3.1.1. Macchia a fillirea e lentisco 91,03 0,08 10 0.20 9.10 3.2.3.1.4. Macchia a leccio 2,94 0,00 1 0,02 2.94 3.2.3.2. Gariga 144,20 0,12 12 0.24 12.01 3.2.4. Aree a vegetazione arborea e arbustiva in evoluzione 1.503,05 1,29 42 0.84 35.79 3.2.4.1. Aree a ricolonizzazione naturale 43,24 0,04 6 0.12 7.21 3.2.4.2. Aree a ricolonizzazione artificiale 25,74 0,02 1 0.02 25.74 3.3.3. Aree con vegetazione rada 1.140,27 0,98 105 2.09 10.86 Totale 116.625,16 100,00% 5.018 100.00% 21.21 Fig. 3.2.4 - Legenda della cartografia elaborata con il progetto pilota

A seguito degli incoraggianti risultati ottenuti con il progetto pilota, nella seconda metà del 2006 l’ARP,nell’ambito del III Protocollo Integrativo dell’Accordo di Programma Quadro (APQ) 7 ha avviato il “Progetto Rete Ecologica Regionale e Piano Regionale della

109 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Biodiversità”, pubblica il bando di gara per la Realizzazione della Carta delle formazioni naturali e seminaturali della Regione Lazio mediante approfondimento a IV e V livello Corine Land Cover della Carta dell’Uso del Suolo della Regione Lazio. L’obiettivo del progetto è stato quello di creare uno strato informativo dettagliato (1:10.000) della classe “Territori boscati e ambienti seminaturali” in grado di coprire uni- formemente tutto il territorio regionale (circa 800.000 ettari), che fosse aggiornabile in funzione dei cambiamenti futuri e che soprattutto fosse utilizzabile in vari ambiti di gestio- ne del territorio (pianificazione urbanistica, delle aree protette e dei siti Natura 2000; con- servazione della natura; gestione forestale; agricoltura; sviluppo sostenibile ecc...). La scelta di impostare l’indagine conoscitiva del territorio basandosi sul protocollo del Progetto CORINE Land Cover è scaturita da un’analisi attenta degli obiettivi programmatici e dalle necessità strategiche nell’ambito della pianificazione regionale, oltreché all’integra- bilità dei risultati. In particolare, allo stato attuale la disponibilità di tale carta risulta di fondamentale importanza per la realizzazione della Rete Ecologica Regionale, nonché per la definizione del Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. In effetti, l’aggiornamento della Carta di Uso del Suolo realizzato presenta caratteristi- che tali da renderlo nel complesso un ottimo strumento conoscitivo in quanto: • è costruita su di una legenda di facile lettura, organicamente derivata da quella “clas- sica” CORINE; • offre una scala di dettaglio tale da descrivere formazioni vegetali superiori al mezzo ettaro; • è realizzata a partire da immagini per la foto interpretazione recenti e ad alta risoluzione. Per supportare la costruzione del nuovo strato informativo, l’ARP ha messoadisposi- zione dei redattori della carta tutto il materiale a sua disposizione utile alla conoscenza det- tagliata di alcune porzioni del territorio regionale e in particolar modo delle Aree Protette. Oltre alla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 prodotta dalla Regione Lazio negli anni 1990 - 1991, sono state fornite anche: - le ortoimmagini ad altissima risoluzione (50 cm multispettrale) degli anni 2006 - 2007 per le realtà territoriali più complesse; -leortoimmagini digitali prodotte nell’ambito del Progetto TerraitalyTM “IT2000 Nuova Release”, - le immagini satellitari SPOT5 con risoluzione a 10 m e ADS40 infrarosso con risoluzio- nea0,5m.

110 Usi del suolo e presenza antropica

- le seguenti cartografie tematiche di dettaglio presenti nel Sistema Informativo Territoriale dell’ARP, raccolte in occasione di un precedente lavoro sistematico di rac- colta e classificazione delle carte della vegetazione disponibili presso l’ARP stessa:

Tabella 3.2.1 Elenco delle cartografie presenti nella Banca dati vegetazionale dell’ARP

Strato informativo Superficie Scala Sistema Datum (ha) di riferimento Carta della vegetazione del Comune di Roma 19888 1:10000 UTM33 ED 50 Carta degli habitat del SIC Mignone, IT6030001 400 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione della ZPS Selva del Lamone e Monti di Castro, IT6010056 5719 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili 17952 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del Parco suburbano Marturanum 3702 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC Travertini di Bassano in Teverina IT6010038 101 1:10000 ND ND Carta della vegetazione della Riserva Naturale Statale di Monte Rufeno 2911 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini 29727 1:10000 UTM33 ED 50 Carta degli habitat della ZPS Monti Reatini, IT602005 18507 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC Monti della Duchessa, IT6020020 1173 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC Vallone cieco e Bosco Cartone, IT6020021 521 1:10000 UTM33 ED 50 Carta Natura APAT Appennino centrale e Tevere 115803 1:25000 UTM33 WGS84 Carta Natura APAT Area 14: Zona Est della Provincia di Roma e Latina 387714 1:25000 UTM33 WGS84 Carta Natura APAT Foce del Tevere e dintorni 37178 1:25000 UTM33 WGS84 Carta della vegetazione del Laghetto di Monterosi, IT6010031 52 1:10000 UTM33 ED 50 Carta delle serie di vegetazione e CLC V livello del SIC Laghi Gricili, IT6040003 631 1:10000 UTM33 ED 50 Carta degli habitat e CLC V livello dei SIC Necropoli di Tarquinia e Acropoli di Tarquinia, IT6010018 e IT6010019 225 1:10000 ND ND Carta della vegetazione del SIC Monte Leano, IT6040007 743 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC Monte Porciano e Castagneti di Fiuggi, IT6050003 e IT6050004 504 1:10000 UTM33 ED 50 Carta di uso del Suolo dell’Oasi Giardino di Ninfa 1800 1:10000 ND ND Carta della vegetazione del SIC Piano dei Pantani, IT5210071 82 1:10000 UTM33 ED 50 Carta degli Habitat e dell’uso del suolo del SIC Versante Meridionale M. Scalambra, IT6050001 195 1:10000 UTM33 ED 50 Carta CLC V livello del SIC Calanchi di Civita Bagnoregio, IT6010009 1610 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC-ZPS Gole del Fiume Melfa, IT6050027 1181 1:10000 UTM33 ED 50 Carta del Paesaggio Vegetale del SIC-ZPS Lago di Posta Fibreno, IT6050015 139 1:10000 ND ND Carte CLC V livello del SIC-ZPS Lago di Fondi, IT6040010 3309 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della Vegetazione del SIC-ZPS Monte Fogliano, M. Venere e Lago di Vico, IT6010057, IT6010023, IT6010024 3081 1:10000 UTM33 ED 50 Carta di uso del suolo del SIC-ZPS Monti Vulsini, IT6010008 2435 1:10000 UTM33 ED 50 Carta della vegetazione del SIC Promontorio di Gianola e Monti Scauri, IT6040023 224 1:10000 UTM33 ED 50

111 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Il Progetto Europeo CORINE (COoRdination of INformation on the Environment) Land Cover Il Progetto della Comunità Europea CORINE (COoRdination of INformation on the Environment) Land Cover è stato varato dal Consiglio della Comunità Europea nel 1985 con la funzione principale di verificare lo stato dell’ambiente del territorio comunitario, per orientare le politiche comuni, controllarne gli effetti e proporre eventuali miglioramenti. Il progetto CORINE-Land Cover, costituisce il livello di indagine sull’occupazione del suolo, specificamente finalizzato al rilevamento e al monitoraggio delle caratteristiche del territorio, con particolare interesse alle esigenze di tutela. La legenda si articola su più livelli, il primo dei quali è formato da 5 voci che comprende le maggiori cate- gorie di copertura del suolo: 1. Superfici artificiali 2. Superfici agricole utilizzate 3. Territori boscati e ambienti semi-naturali 4. Zone umide 5. Corpi idrici

Il sistema di nomenclatura del Progetto Corine Land Cover

Il secondo livello descrive con maggior dettaglio delle voci del livello precedente e si compone di un tota- le di 15 voci. I livelli successivi descrivono in forma sempre più dettagliata le voci del livello precedente.

112 Usi del suolo e presenza antropica

Fig. 3.2.5 - Quadro d’unione e copertura delle cartografie presenti nella Banca dati vegetazionale dell’ARP

La cartografia realizzata si caratterizza per l’unità minima cartografabile pari a 0,5 ha, e per la larghezza minima degli elementi lineari pari a 20 m. La geometria di riferi- mento è stata costruita attraverso la copertura delle immagini ADS40, l’accuratezza posizionale è stata quindi verificata secondo tale copertura. Per i nuovi poligoni è stata assicurata una congruenza geometrica media rispetto alla copertura ADS40 di 5 m. Per irestantipoligonisièfattoriferimento all’originale geometria della carta CUS opportu- namente rivista. Ai fini della definizione dei poligoni è stata considerata una copertura minima della vege- tazione pari al 10% della proiezione delle chiome, per le zone boscate, e del 50% nel caso delle formazioni arbustive. Per ogni poligono di zone boscate è stata definita la classe di copertura in due classi a seconda che sia inferiore o superiore al 50%. La legenda della carta realizzata arricchisce la CUS 2003secondo il seguente schema:

113 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 3.2.2 Ripartizione delle voci di legenda nei diversi livelli di approfondimento nella Carta Uso del Suolo I livello II livello III livello IV livello V livello VI livello Territori boscati e ambienti seminaturali 3 9 23 39 17 Zone umide 2 3 2 - - CUS 2010 CUS 2003

Come riportato in tabella 3.2.2, il grado di dettaglio che la carta restituisce, su tutto il territorio regionale, risulta nettamente incrementato rispetto al terzo livello della preceden- te CUS del 2003, soprattutto per i “territori boscati e ambienti seminaturali”. Nonostante si fosse scelto di fissare l’approfondimento al IV e V livello di dettaglio, all’atto della elabora- zione è stato raggiunto un dettaglio al VI livello per alcune categorie di classe 3, come ripor- tato in Tab. 3.2.3.

Tabella 3.2.3 Categorie di legenda al VI livello di dettaglio 311111 Leccete termomediterranee costiere 311112 Leccete con caducifoglie 311121 Sugherete miste a sempreverdi su terre rosse o suoli decarbonati 311122 Sugherete dei substrati sabbiosi e arenacei con farnetto o altre caducifoglie 311211 Cerrete collinari 311212 Cerrete submontane 311213 Cerrete con farnetto 311221 Boschi mesomediterranei di roverella 311222 Boschi submontano-montani di roverella 311231 Boschi di farnia 311232 Boschi igrofili costieri a farnia e frassino meridionale 311311 Orno-ostrieti e boscaglie a carpinella 311312 Ostrieti mesofili 311411 Castagneti (eutrofici) su depositi vulcanici e castagneti (oligotrofici) su lave acide 311412 Castagneti dei substrati arenacei e marnosi 311421 Castagneti da frutto (eutrofici) su depositi vulcanici e castagneti (oligotrofici) su lave acide 311422 Castagneti dei substrati arenacei e marnosi

In fase di redazione del prodotto finale è stata inoltre realizzata l’integrazione geometri- ca della carta delle formazioni naturali e seminaturali con la CUS Regione Lazio del 2003, in modo da ottenere un unico strato in forma numerica vettoriale, in formato shapefile,

114 Usi del suolo e presenza antropica costituito da 107.267 poligoni a copertura dell’intero territorio della Regione Lazio per un totale di 1.720.300 ettari (Figura 3.2.7). La carta verrà distribuita in 49 tavole in formato digitale pdf a copertura dell’intero ter- ritorio regionale su una scala di stampa pari a 1:25.000 (taglio IGM 1:50.000) con topo- grafia della Carta Tecnica Regionale 1:10.000. In fase di collaudo è stato valutato il grado di accuratezza tematica delle formazioni natu- rali e seminaturali attraverso la costruzione di matrici a doppia entrata sulla base delle codifiche attribuite dalla società aggiudicatrice e su quelle rilevate a terra durante il collau- do. Il dato di accuratezza è stato valutato al quinto livello, al quarto e al terzo livello tema- tico utilizzando come campione il totale dei rilievi a terra eseguiti. Il grado di accuratezza riscontrato risulta essere pari al 95,1% al terzo livello, all’87,6% al quarto livello e all’85,5% al quintolivello.

Fig. 3.2.6 - Carta delle formazioni naturali e seminaturali della Regione Lazio mediante approfondimento al IV e V livello Corine Land Cover (collaudata)

115 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 3.2.7 - Integrazione della Carta delle formazioni naturali e seminaturali della Regione Lazio con la CUS 2003 (collaudata)

3.2.2 Realizzazione della Carta delle tipologie Forestali della Regione Lazio

Visto il grado di approfondimento raggiungibile dalla classificazione CUS, l’Amministrazione Regionale ha ritenuto conveniente associare all’aggiornamento CUS la redazione della Carta delle Tipologie Forestali, derivandola dalla carta delle formazioni naturali e seminaturali, realizzando così uno strato informativo di fondamentale importan- za anche per la definizione, da parte dell’Area Conservazione Foreste della Direzione Ambiente, del Piano Forestale Regionale. La derivazione della carta forestale su basi tipologiche è avvenuta in una fase unica di foto interpretazione condivisa con quella di creazione della carta CUS al IV e V livello per- mettendo così di integrare il sistema di nomenclature adottate dalle due carte. Il criterio

116 Usi del suolo e presenza antropica di classificazione su base tipologica proposto per la Regione Lazio segue, coerentemente con gli analoghi studi condotti sul territorio nazionale, un criterio gerarchico, in cui i tipi rappresentano le unità fondamentali. I tipi sono caratterizzati da un’omogeneità dal punto di vista ecologico, floristico e colturale e, pertanto, si possono configurare quali unità ele- mentari di gestione. Le principali differenze della carta su basi tipologiche rispetto alla carta delle formazio- ni naturali e seminaturali della Regione Lazio IV e V livello Corine Land Cover sono le seguenti: a) le tipologie sono relative alle sole classi bosco (311, 312 e 313); b) le tipologie non prevedono formazioni forestali miste che devono per questo essere sempre attribuite a una formazione forestale prevalente (311 o 312) sulla base della dominanza della copertura delle chiome; c) alcune tipologie sono più dettagliate rispetto alle relative formazionipresenti nella carta uso del suolo (leccete, alcune cerrete, orno-ostrieti, castagneti, faggete, pine- te termofile); d) alcune tipologie sono meno dettagliate rispetto alle relative formazioni presenti nella carta uso del suolo (alcune cerrete, boschi igrofili, querco-carpineti).

Tabella 3.2.4 Ripartizione delle voci di legenda nella Carta delle Tipologie Forestali Formazioni forestali Formazioni preforestali (boscaglie, macchie alte, mantelli) CATEGORIE 15 2 TIPOLOGIE 34 4

La carta delle tipologie forestali è attualmente in fase di collaudo finale.

3.3 Indicatori e classificazione del territorio in relazione agli usi antropici Cristiano Fattori, Massimo Bruschi - ARP

L’individuazione di unità omogenee nell’ambito di territori vasti e vari è un problema basilare in ogni processo di pianificazione territoriale. Il Piano delle aree naturali protet- te regionali del Lazio (PRANP) non fa eccezione; semmai, con l’introduzione in esso della Rete ecologica regionale (REcoRd Lazio), si è resa più evidente la necessità di coniuga- re e mettere a sistema in un unicum gli aspetti propri della rete ecologica con quelli carat-

117 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 3.2.8 - Carta delle tipologie forestali (in fase di collaudo) teristici della definizione delle unità di paesaggio, in una tensione comune verso la for- mazione di quadri progettuali costruiti nella maggiore consapevolezza possibile di tutti gli aspetti. Queste, in estrema sintesi, le ragioni che hanno portato ad intraprendere, informa coor- dinata e parallela all’elaborazione della REcoRd Lazio, uno studio centrato sulla componen- te antropica che fosse in grado di fornire gli elementi complementari necessari a costruire un quadro progettuale sufficientemente robusto per il PRANP.Lo studio, redatto dall’ARP a cavallo tra il 2008 ed il 20091, ha portato alla costruzione di un quadro analitico e valuta-

1 ARP, 2009, Elaborazione ed applicazione di modelli di classificazione territoriale finalizzati alla definizione della rete ecologica regionale - Direttore: V. Consoli, Coordinatore: M. Bruschi - Gruppo di lavoro: E. Peroni; C. Fattori; A. Basso; C. Pierdominici; M. Martucci; M Ferri; M. Tufano; N. Benedetti; L. Quattrin; N. De Cubellis; T. Ingannamorte.

118 Usi del suolo e presenza antropica tivo degli influssi dell’antropizzazione sulla conservazione della biodiversità e della conti- nuità ecologica nella Regione Lazio. L’attività ha avuto un duplice obiettivo: - proporre un metodo generale per l’effettuazione di valutazioni sulla rappresentatività di determinate porzioni del territorio regionale ai fini della Rete Ecologica Regionale e dell’adeguamento dello Schema di Piano Parchi; - elaborare e sperimentare modelli di valutazione dell’influsso delle componenti antro- piche sulla Rete Ecologica Regionale e sul Sistema delle aree naturali protette parten- do dai dati disponibili, quali la Carta dell’Uso del Suolo elaborata con il metodo CORI- NE Land Use dalla Regione Lazio2 (pubblicata nel 2004 e realizzata su dati aerofoto- grammetrici datati 1999-2000), i dati censuari ISTAT 2001, i grafi stradali (quello uffi- ciale regionale, denominato DBPrior 10k, ed altri elaborati appositamente dall’ARP per il calcolo degli indici relativi ai fenomeni di frammentazione). Dal punto di vista metodologico, la scelta è caduta sul metodo messo a punto dal grup- po di ricerca nazionale Planeco (www.planeco.org), guidato dal prof. Bernardino Romano dell’Università degli Studi di L’Aquila, già applicato a differenti situazioni nell’ambito di piani di area vasta in Italia. Il metodo, che prevede l’elaborazione di più famiglie di indici territo- riali, è stato integrato e adattato al caso del Lazio; lo sviluppo innovativo di una delle sezio- ni, quella relativa all’indagine sui livelli di pressione antropica e rischio insediativo, è stata affidata direttamente al gruppo di ricercatori aquilani (cfr infra § 3.4.). I prodotti realizzati sono stati essenzialmente due: da un lato, una classificazione dei paesaggi in chiave “progettuale”, individuando poche tipologie di paesaggio alle quali applicare, almeno in prima istanza, approcci di intervento uniformi; dall’altro, l’individuazione di emergenze e criticità rispetto alla crescente pressione insediativa, affron- tando da subito in chiave “predittiva” - almeno nell’individuazionedei maggiori rischi poten- ziali ipotizzabili - il tema/problema del consumo di suolo nella regione.

2 Se è evidente che la disponibilità della nuova carta dell’uso del suolo approfondita per le classi 3, 4 e 5 CORINE potrà dare un impulso fondamentale allo sviluppo della REcoRd Lazio, nel caso dell’indagine condot- ta sugli usi antropici si può dire che gli studi condotti sui dati rilevati nel 2000, al di là dell’ovvia datazione delle informazioni che avrebbero bisogno di aggiornamenti, non sarebbe fortemente impattata dalle nuove acquisizioni di dettaglio in quanto, a differenza della REcoRd Lazio - che utilizza proficuamente i dati disag- gregati spazialmente e tipologicamente - gli studi condotti sulla componente antropica sono basati su gene- ralizzazioni delle classi CORINE. Pertanto, è apparsa accettabile dal punto di vista metodologico l’utilizzazione della CUS disponibile.

119 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Il testo che segue approfondisce particolarmente la sezione dedicata alla “lettura” degli usi del suolo regionali. È stata condotta una lettura articolata, che ha generato una serie di prodotti - da considerarsi tanto “intermedi” quanto dotati di una propria autono- ma significatività - non privi di interesse e sempre forieri di spunti di riflessione. Intanto, il territorio regionale è stato letto secondo due approcci distinti ma complementari: un approccio “statistico”, “oggettivo”, basato su una griglia chilometrica alla quale possono essere riferiti anche molti degli altri dati prodotti o in corso di produzione nell’ambito di ricerche dell’ARP, ed uno più “evocativo”, teso alla ricerca di “immagini implicite” nei pat- tern degli usi del suolo regionale, basato sulla lettura critica dei risultati di processi di generalizzazione della carta dell’uso del suolo. Entrambi gli approcci hanno utilizzato soft- ware GIS per le elaborazioni. L’applicazione del metodo Planeco ha fornito una sorta di cruscotto di controllo della situazione del territorio regionale misurandone, attraverso indicatori, alcune caratteristiche salienti da porre al centro dell’attenzione nella pianificazione della rete delle aree protette e della rete ecologica regionale. Questo tipo di risultati potrebbe essere, più o meno imme- diatamente, utilizzabile nei processi di valutazione Ambientale tanto dei piani delleareepro- tette quanto dello stesso PRANP. In termini concreti, sono state realizzate alcune “rappresentazioni” del territorio regio- nale da utilizzare, insieme ad altri elaborati, nella successiva fase di costruzione dell’insie- me di reperimento (cfr infra, in part. § 4.1): - è stata realizzata una rappresentazione sintetica del territorio regionale basata sugli usi del suolo (Carta dei Macrosistemi di Usi del Suolo), tesa ad individuare grandi ambiti funzionali continui caratterizzati da usi omogenei cui eventualmente applicare strategie mirate per la salvaguardia dei valori ecologici. La Carta dei Macrosistemi è stata ricavata a partire da una semplificazione della Carta dell’Uso del Suolo Regionale del 2003, trattata preventivamente, oltre che per selezionare gli usi significativi per gli indici, per formare sette classi corrispondenti alla classe 1 (aree urbanizzate); classe 2 (aree agricole estensive); classe 3 (legnose agrarie e colture permanenti), classi 4, 5, 6 e 7 (aree naturali e seminaturali). La carta così sintetizzata viene indicata nel seguito come CUS_ARP3;

3 La CUS_ARP è stata realizzata in fase di esecuzione del PRANP 2007, alla cui versione sul DVD allegato si rimanda.

120 Usi del suolo e presenza antropica

- è stata realizzata una serie di carte relative al calcolo degli indicatori previsti dal metodo Planeco e dalle integrazioni metodologiche ARP per i singoli livelli di com- petenza amministrativa (regione, province, comuni), mirate all’individuazione di strutture territoriali funzionalmente connotate in termine di supporto alla biodi- versità; - è stata condotta, utilizzando metodi statistici applicati agli indicatori derivati dagli usi del suolo, una classificazione su griglia chilometrica del territorio regionale, da legge- re in forma complementare alla Carta dei Macrosistemi di Usi del Suolo. La realizzazione di questi elaborati ha consentito il raggiungimento di alcuni obiettivi nella formazione dei quadri conoscitivi per la pianificazione del sistema delle aree protette regionali e per la conservazione in situ della biodiversità regionale: 1) disporre, attraverso gli indicatori, di un quadro aggiornabile di analisi sistematica delle interferenze del sistema insediativo con le strutture ecologiche riconoscibili nel territorio regionale; 2) contribuire a costruire un quadro conoscitivo di indirizzo alla scala regionale inte- grando le attività di studio e analisi già condotte. Compiti di questo quadro, paralle- lo a quello elaborato per la REcoRd Lazio (cfr infra Cap. 2) sono quelli di fornire una prima individuazione delle aree presumibilmente costituenti il patrimonio di naturali- tà della regione e delle principali connessioni tra di esse e di indirizzare gli approfon- dimenti e le ricerche in corso e da avviare; 3) arricchire il bagaglio di strumenti di elaborazione in ambiente GIS utili alla classifica- zione e valutazione del territorio regionale, con funzioni di strumento di supporto decisionale alla definizione della Rete Ecologica Regionale nell’ambito del quadro progettuale del Piano Regionale delle Aree Naturali Protette.

3.3.1 Calcolo degli indici

Punto di partenza dello studio è stato l’applicazione del metodo Planeco ed il calcolo degli indici da esso previsti. Basandosi sugli indici sono state poi condotte analisi qualitati- ve (per la definizione del valore naturalistico teorico e presumibile) e di criticità (per la ricer- ca di situazioni di particolare rischio derivante da particolare pressione antropica in aree ad alto valore naturalistico presunto) (cfr. Tab. 3.3.2).

121 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Gli indici selezionati sono stati calcolati su due differenti famiglie di unità spaziali (una griglia e due diversi livelli di competenza amministrativa) per consentire da un lato l’interpretazione dei fenomeni e la valutazione delle risorse ambientali in forma svincolata dall’artificialità dei limiti amministrativi, dall’altro la comunicazione e la condivisione con le comunità locali e con le altre amministrazioni (comuni, province, ecc.) degli obiettivi per il sistema delle risorse ambientali regionali. La corrispondenza tra indici elaborati e unità spaziali di riferimento per le elaborazioni è riportata nella Tab. 3.3.1.

Tabella 3.3.1 Quadro degli indici elaborati per la classificazione indici unità spaziali di riferimento per le elaborazioni sigla denominazione grid 1000 mt comuni province DI Densità Infrastrutturale ■■ DU Densità di Urbanizzazione ■■■ DA Densità di Usi Agricoli intensivi ■■■ DN Densità di Aree Naturali e Seminaturali ■■■ IFI Indice di Frammentazione Infrastrutturale ■■■ UFI Indice di Frammentazione da Urbanizzazione ■■ Disp Indice di Dispersione insediativa ■■ ILC Index of Landscape Conservation ■■ T-Biop Tasso di Biopermeabilità ■■■ DP Densità di Popolazione ■ DIdA Indice di Densità Idrografica Areale ■■■ INDICI si veda § 3.3 a cura del gruppo UNIVAQ di ricerca UNIVAQ ■■■ NOTA: Il calcolo di alcuni degli indici non ha significatività rispetto alla grid in quanto la geometria che descrivono viene alterata dall’intersezione con la griglia stessa. Gli indici relativi al rischio insediativo sono stati elaborati autonomamente dal DAU-UnivAQ sulla base della griglia derivata dal DEM (20 ml) e sono stati riferiti all’unità spaziale di riferimento pertinente al momento dell’elaborazione dei modelli valutativi.

Tutti i dati sono georeferiti rispetto sistema di proiezione UTM - fuso 33N - European Datum 1950.

122 Usi del suolo e presenza antropica

INDICI TERRITORIALI UTILIZZATI PER LO STUDIO Di seguito, l’elenco degli indici utilizzati per lo studio. Per informazioni di dettaglio, si rinvia alla relazio- ne contenuta nel supporto DVD. Indici quantitativi

Densità Σli Dove: Infrastrutturale (DI) DI = ______(Km/Km2) li = lunghezza dei singoli tratti di viabilità (Battisti, Romano, 2007) Au Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

Densità di ΣAurbi Dove: Urbanizzazione (DU) DU = ______(Km/Km2) Aurbi = superficie urbanizzata (Battisti, Romano, 2007) Au Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

Densità Idrografica ΣAidi Dove: ______2 Areale (DIdA) DIdA = (Km/Km ) Aidi = Area delle aste idrografiche (buffer di 20 m applicato Au (ARP) alle aste fluviali più importanti estratte dal Piano Regionale di Tutela delle Acque) Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

Densità di usi ΣAAi Dove: Agricoli (DA) DA = ______(Km/Km2) AAi = superficie ad uso agricolo intensivo (ARP) Au Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

Densità di aree ΣANi Dove: ______2 naturali e DN = (Km/Km ) ANi = superficie a coperture naturali e seminaturali (classe 3, seminaturali (DN) Au 4 e 5 della CUS regionale) (ARP) Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento Dispersione Nu Dove: ______2 Insediativa (Disp) Disp = (numero/Km ) Nu = numero dei nuclei urbanizzati (i nuclei urbanizzati sono Au (Battisti, Romano, 2007) stati computati mediante il rilievo dei centroidi dei vari nuclei urbanizzati) Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

Densità di DPi,j = Σi=l,n (DPSn*PSn)/Σi=l,n PSn Dove: Popolazione riferita (ab/mq) DPSn = op_res_sez_cens_2001n/sup_sez_cens_2001n alla griglia (DP) (ab/mq) (ARP) densità di popolazione residente nelle sezioni di censimento al 2001 PSn = sup_parte_sezn/sup_sezn (mq/mq) peso relativo di ogni sezione rispetto alla cella come rappor- to tra la porzione di sezione ricadente all’interno della cella e la superficie della unità di riferimento stessa

Tasso di ΣAbiopi biopermeabilità Tbiop = ______Dove: (Tbiop) Au Abiopi = superfici biopermeabili (Romano, 2000) Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento Indici qualitativi

Frammentazione da Σli *oi Dove: ______2 Infrastrutture (IFI) IFI = (Km/Km ) li = lunghezza dei singoli tratti di viabilità, decurtata dei trat- Au (Battisti, Romano, 2007) ti di viadotti, ponti e tunnel oi = coefficiente di occlusione dell’infrastruttura, dipendente dalla tipologia infrastrutturale e dal flusso di traffico Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento

123 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Frammentazione da ΣAurbi ΣPi Dove: Urbanizzazione UFI = ______* ______Aurb = superficie urbanizzata πΣ i diffusa (UFI) Au 2√ Aurbi Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento (Battisti, Romano, 2007) Pi = perimetri delle aree urbanizzate Indice di IGL = 3DL + 2RL + FL Dove: Geodiversità RL = Rarità Litologica Litologica (IGL) frequenza degli affioramenti delle 38 microclassi litologiche (Fattori, Mancinella, sul territorio regionale, espressa in percentuale con appros- 2007) simazione alla terza cifra decimale Classe di Rarità Intervallo Punteggio Litologica Molto rara 0,001-0,01 5 Rara 0,01-0,1 4 Abbastanza rara 0,1-1 3 Comune 1-10 2 Molto comune 10-100 1

DL = Diversità Litologica è rappresentata da SDI = - Σ (Ai/A) Lg2 (Ai/A) dove SDI (Shannon’s Diversity Index) èladiversitàrelativatra idiversipatch (38 microclassi litologiche) all’interno della sin- gola cella, ovvero l’abbondanza proporzionale, in termini di superficie dei patch, di ogni tipologia all’interno della singola cella (McGarigal & Marks, 1994): Ai=areadeipatch che appartengono alla microclasse litolo- gica “i”; A = area totale della cella FL = Frammentazione Litologica numero di poligoni presenti in ogni cella, utilizzando le 38 microclassi litologiche, secondo l’algoritmo sviluppato da Elkie et aii (1999) relativo alla Patch Analisys. In particolare è stata utilizzata la funzione “numero di tessere” (number of patches. “NumP”) applicando il metodo di classificazione degli intervalli naturali (JENKS, 1963) Classe di Frammentazione Intervallo Punteggio Litologica NumP Estremamente frammentata 13-22 5 Molto frammentata 9-12 4 Frammentata 6-8 3 Abbastanza frammentata 3-5 2 Poco frammentata 1-2 1

Index of Landscape ILC = I-(A/Amax) Dove: Conservation (ILC) xi = valore cumulativo percentuale della categoria i-esima (Pizzolotto & nc = numero di categorie di ILC (l’ultima categoria avrà sem- Brandmayr, 1996) pre valore di xi pari al 100%) nc A=Σxi - 100 i=l Amax = 100* (nc-l)

124 Usi del suolo e presenza antropica

Indici di rischio Indice di rischio cfr. § 3.4 a cura del gruppo modello predittivo basato sulle caratteristiche geomorfologi- insediativo (SIX) di ricerca UNIVAQ che e localizzative delle aree riferite ad una griglia, seleziona le aree maggiormente esposte al rischio di fenomeni di diffu- sione dell’urbanizzazione e di consumo di suolo a partire da un pattern territoriale in essere

È interessante, nell’ambito delle relazioni tra indici qualitativi e quantitativi, considerare i risultati delle analisi di dipendenza tra i parametri selezionati indirizzata alla comprensio- ne del grado di relazione intercorrente tra di essi. Nei grafici successivi sono stati conside- rati i dati riferiti ai comuni.

Grafico 3.3.1 - Densità infrastrutturale e Indice di Frammentazione Infrastrutturale: si rileva una relazione piuttosto marcata, specialmente per i comuni meno dotati di infrastrutture

125 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.3.2 - Dispersione Insediativa (DISP) e Indice di Frammentazione da Urbanizzazione (UFI): si rileva una relazione relativamente forte. Come è intuibile, nei comuni con minore dispersione inse- diativa anche l’UFI assume valori relativamente più bassi. È significativa l’agglomerazione rela- tiva alle coppie di valori prossime a DISP = 0,50 e UFI = 0,90

Grafico 3.3.3 - Indice di Frammentazione Infrastrutturale (IFI) e Indice di Frammentazione da Urbanizzazione (UFI): si rileva una relazione di media intensità. In generale, nei comuni con IFI > 0,50 si rile- vano UFI elevate; è da notare la presenza di un gruppo esteso di comuni con UFI > 100 anche in presenza di IFI relativamente basse (IFI < 0,10)

126 Usi del suolo e presenza antropica

Grafico 3.3.4 - Tasso di Biopermeabilità (TBiop) e Densità di Urbanizzazione (DU): si rileva una relazione di media inten- sità. È da notare la presenza di un nutrito gruppo di comuni, in genere con usi del suolo agricoli preva- lenti, che, pur presentando un bassa densità di urbanizzazione, hanno un basso Tasso di Biopermeabilità

Grafico 3.3.5 - Densità di Infrastrutture (DI) e Indice di Frammentazione da Urbanizzazione (UFI). La relazio- ne tra i due indici si presenta relativamente debole

127 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.3.6 - Densità di Infrastrutture (DI) e Densità di Urbanizzazione (DU). La relazione tra i due indici si presenta piuttosto marcata, in particolare laddove l’estensione delle aree urbanizzate è rela- tivamente limitata rispetto alla superficie territoriale dei comuni. È da segnalare un gruppo di comuni,quasi tutti in provincia di Frosinone, per i quali si associano valori di DI relativamente alti (compresi tra 0,50 e 0,60) a valori di DU piuttosto bassi (al di sotto di 0,05)

Gli indici calcolati sono stati utilizzati per condurre sintesi valutative centrate sugli aspet- ti qualitativi e sulle criticità, destinate a fornire indicazioni per l’elaborazione del PRANP, ed in particolare per l’individuazione delle aree da candidare a far parte dell’insieme di repe- rimento per l’istituzione di nuove aree protette. La valutazione è stata condotta esclusivamente sulla griglia chilometrica, ritenendo que- sta di maggiore significatività rispetto agli obiettivi generali dello studio; sono stati prodot- ti due parametri di sintesi qualitativa, finalizzati alla stima della “qualità” ambientale di una unità spaziale, e tre di criticità, riportati in tabella 3.3.2.

128 Usi del suolo e presenza antropica

Tabella 3.3.2 Quadro delle valutazioni effettuate sigla denominazione Analisi qualitativa VNT Valore Naturalistico Teorico VNS Valore Naturalistico Stimato Analisi di criticità CIR Criticità Infrastrutturale Reale CIn Criticità Insediativa CRImean Criticità Insediativa Probabile - media CRImax Criticità Insediativa Probabile - massima

Punto di partenza per le valutazioni è stata la determinazione del valore naturalistico delle aree. La valutazione è stata effettuata in due fasi, considerando un valore teorico come ricavabile dei dati ambientali e, successivamente, applicando ad esso una riduzione dipendente dal livello di pressione antropica comunque riscontrato nell’unità. Pertanto, il parametro VNT - (Valore Naturalistico Teorico) è stato utilizzato per sintetizzare la quanti- tà presunta di risorse naturali (capitale di biodiversità abiotica e biotica regionale) riferibi- le ad una unità spaziale (cella della griglia, unità amministrativa). Per la sua determinazione è stato usato un modello additivo semplice non pesato gene- ralizzabile come segue:

VNT = IGL + DIdA + ValVeg + ValFau

dove IGL = indice di geodiversità litologica, esprimente il valore delle formazioni geologiche presenti nell’unità territoriale di riferimento in termini di geodiversità regionale; DIdA = indice di densità di corpi idrici; ValVeg = indice di importanza vegetazionale del sito - per l’applicazione qui condotta è stato posto ValVeg = DN; in altri termini, densità di usi del suolo naturali e seminaturali assunta come indicatore per la presenza di vegetazione di interesse conservazionistico. La disponibilità di dati di maggiore dettaglio su vegetazione ed habitat consentirà in futuro valutazioni più accurate; ValFau = indice di importanza in termini di supporto alla fauna del sito - può assumere molteplici valori in relazione agli obiettivi per i quali viene effettuata la valutazione - per l’applicazione qui condotta è stato posto ValFau = IRR - irreplaceability per i vertebrati ter-

129 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio restri di interesse conservazionistico (specie di interesse comunitario e/o inserite in Lista Rossa IUCN), considerando un obiettivo di quota di superficie territoriale regionale protet- ta pari al 30% (dato fornito dal gruppo Biodiversità). La valutazione delle componenti di pressione e di rischio sulle macroclassi individuate è stata effettuata secondo un modello sintetico che tiene conto della Pressione Antropica Reale valutata per mezzo della superficie come fattore di diminuzione del valore naturalisti- co presunto dell’area denominato VNT (Valore Naturalistico Stimato):

VNS=VNT-PAR

dove la Pressione Antropica Reale è valutata come

PAR = DU + DIA

in cui DU = Densità di Urbanizzazione; DIA = Densità Infrastrutturale Areale, definita come superficie delle reti infrastrutturali calcolata sul DB-Prior della Regione Lazio fratto la superficie dell’unita spaziale di riferimen- to. Per il Calcolo, PAR viene normalizzata ad 1. Ai fini della applicazione condotta si è assunto che la perdita di valore naturalistico di una unità spaziale per effetto della presenza antropica sia equivalente ad una diminuzione di superficie naturale o seminaturale presente nella unità spaziale (DN in VNT) pari alla super- ficie artificializzata dall’azione antropica rilevata nella stessa unità (PAR). Si è poi passati alla ricerca di fattori di rischio e/o criticità legati a particolari condizioni di pressione antropica reale o probabile, con l’obiettivo di individuare possibili situazioni di coincidenzatraunaltoVNToVNS e fenomeni insediativi potenzialmente dannosi. Le valu- tazioni di criticità potranno essere utilizzate per classificare le aree ai fini della tutela secon- do le loro condizioni di “emergenza” e priorità. Sono stati calcolati i seguenti indicatori di criticità:

CIR (Criticità Infrastrutturale Reale) Questo indicatore è finalizzato all’individuazione delle unità spaziali con maggiore VNT sottoposte a maggiori fenomeni di pressione antropica sotto forma di frammentazione infrastrutturale:

130 Usi del suolo e presenza antropica

CIR=VNT-(VNT*logIFI)

CIn (Criticità Insediativa) Questo indicatore è finalizzato all’individuazione delle unità spaziali con maggiore VNT sottoposte a maggiori fenomeni di pressione antropica sotto forma di urbanizzazione e pre- senza residenziale:

CIn=VNT-(VNT*logPAR)

Viene calcolata sul VNT per evitare di calcolare due volte la pressione antropica insedia- tiva già considerata come DU nel calcolo di PAR.

CRI (Criticità da Rischio Insediativo) Questo indicatore è finalizzato all’individuazione delle unità spaziali con maggiore VNS per le quali il rischio insediativo, descritto dall’indice SIX, risulta più elevato. È stata calco- lata sia utilizzando i valori medi, sia quelli massimi di SIX, per evidenziare eventuali picchi di criticità:

CRImean = VNS*SIXmed

CRImax = VNS*SIXmax

3.3.3 Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo

L’obiettivo della Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo è fornire, in maniera sintetica e ad una scala ridotta, informazioni utili alla definizione di macroambiti omogenei rispetto agli indirizzi di pianificazione per la conservazione ed il miglioramento delle caratteristiche e prestazioni del territorio in termini di sostegno alla e tutela della biodiversità. L’elaborazione della carta poggia sull’ipotesi della centralità degli usi in un contesto di pianificazione, anche prescindendo in prima battuta da altri fattori determinanti ai fini della definizione delle unità di paesaggio quali la geomorfologia o la vegetazione poten- ziale. Si è ritenuto che gli usi fossero importanti poiché sono “ciò su cui si intende inter- venire”.

131 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Si è partiti dalle sette classi sintetizzate nella CUS_ARP dalla Carta dell’Uso del suolo regionale (PRANP 2007): 1 - aree urbanizzate; 2 - aree agricole e prati stabili; 3 - frutteti e colture permanenti; 4 - aree a copertura vegetale arbustiva ed erbacea: 5 - aree umide e corpi idrici; 6 - aree boscate; 7 - aree naturali prive di vegetazione. Le aree appartenenti alle classi 4, 5, 6 e 7 sono state riunite in una unica classe denomi- nata M4567, in quanto ritenute equiparabili ai fini della definizione delle linee di intervento. Il principio generale applicato è stato quello dell’analisi dimensionale degli oggetti car- tografici ricavati, cercando di fissare per ciascuna classe di uso del suolo aggregata oppor- tune soglie di significatività, formando gruppi di oggetti di dimensioni assimilabili. Nel caso delle classi 1, 2 e 3 il criterio generale per la fissazione delle soglie è stato, oltre a quello delle soluzioni di continuità nella sequenza dei dati di superficie, quello del- l’identificazione di paesaggi “riconoscibili” in virtù della loro “massa critica”, ovvero esten- sione continua. Per la classe M4567, invece, il criterio generale seguito è stato piuttosto quello dell’in- dividuazione dei maggiori giacimenti potenziali di risorse naturali della regione che si tro- vassero in relazioni di reciproca continuità spaziale. È importante tener sempre presenti le due condizioni di “potenzialità” - nel senso che la presenza di risorse naturali rilevanti non è in alcun modo garantita da una classificazione qual è quello dell’uso del suolo - e di “con- tinuità” che, data l’eterogeneità degli usi raccolti nelle classi accorpate della CUS_ARP,può risultare anche da condizioni ambientali e di habitat molto diverse tra loro (ad es., alcune grandi aree con usi eterogenei sono connesse da aste fluviali e relative zone ripariali). In qualche misura, la “continuità” individuata in questi casi può essere interpretata come “continuità del carattere di naturalità del territorio”. Operativamente, la redazione della carta ha comportato l’esecuzione di un certo nume- ro di operazioni di generalizzazione dei dati cartografici vettoriali in ambiente GIS, agendo su tre parametri richiesti dalla routine di calcolo informatizzato utilizzata (cfr box PROCE- DURE GIS PER LA REALIZZAZIONE DELLA CARTA DEI MACROSISTEMI DI USO DEL SUOLO): -dimensione minima del poligono da considerare (fissata sempre a 0, in modo da con- siderare tutti i poligoni);

132 Usi del suolo e presenza antropica

- distanza massima tra due poligoni entro la quale questi vengono considerati come un solo poligono (variabile in relazione alla classe di uso del suolo considerata); - superficie massima delle aree intercluse con classe di uso del suolo diversa dall’intor- no che devono essere ignorate (variabile in relazione alla classe di uso del suolo con- siderata). Sono state costruite 15 sottoclassi dimensionali a partire dalle quattro macroclassi, in un solo caso ricorrendo ad ulteriori processi di generalizzazione sui poligoni attribuiti ad una sottoclasse precedente. È interessante notare come le sottoclassi dimensionali si siano formate pressoché spontaneamente, essendo riconoscibili nelle macroclassi, dopo i proces- si automatici di generalizzazione, dei “cluster naturali” di aree di dimensioni che potevano essere considerate equivalenti ai fini della classificazione.

Tabella 3.3.3 Classi e sottoclassi dimensionali della Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo Classi e sottoclassi dimensionali Caratteristiche delle aree Macrosistemi Usi del Suolo grandi aree naturali e semi- Cinque complessi con superfici considerevoli nei quali gli usi del suolo naturali - una di 290000 ettari naturali prevalgono e si presentano con caratteristiche di continuità circa e quattro comprese tra i territoriale, spesso mediata da corsi d’acqua. La loro conformazione 76000 ed i 42000 ettari circa è piuttosto compatta. La localizzazione di questi sistemi è per la maggior parte montana o collinare (Complesso Tolfetano-Cerite). Sembra plausibile che in essi la biodiversità sia sostenuta dalla con- tinuità delle condizioni territoriali che garantiscono la conservazione dei processi. aree naturali e seminaturali Aree naturali connesse ai corsi d’acqua ed agli specchi lacustri e le medio-grandi - superfici com- principali aree tutelate costiere (litorale romano e pontino). Per prese tra i 13000 ed i 5000 etta- dimensioni e localizzazione formano un sistema minore e comple- ri circa mentare a quello delle grandi aree. La loro forma è generalmente sufficientemente compatta, con poche alveolature ed isole interne; appartengono a questa categoria anche i sistemi di forre della media valle del Tevere. aree naturali e seminaturali A parte le unità costiere e quella dell’isola di Ponza, che rientra per medio-piccole - aree con super- dimensione nella categoria, costituiscono importanti elementi di con- fici comprese tra i 3300 ed i 500 nessione tra le aree dei due insiemi precedenti sia nel caso delle ettari circa aree più compatte, collocate in prossimità delle aree appartenenti ai due insiemi precedentemente individuati, sia nel caso delle aree maggiormente frastagliate, in tutto e per tutto assimilabili alle aree naturali legate ai sistemi idrografici superficiali in sinistra idrografica del Tevere di cui completano la continuità. Per queste ultime aree, quindi, la caratteristica dimensionale non è particolarmente indicati- va rispetto all’importanza ecologica.

133 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 3.3.3 Classi e sottoclassi dimensionali della Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo piccole aree naturali e semi- Costituite in gran parte da elementi residuali di naturalità in ambien- naturali - aree di superficie infe- ti a diverso livello di antropizzazione (agricolo intensivo, agricolo riore ai 500 ettari estensivo, urbanizzato). area urbanizzata romana - L’area, unica, si presenta di forma abbastanza compatta, estesa fino grande area urbanizzata, presen- al mare. Il trattamento del dato informatizzato ha teso a recuperare ta una superficie complessiva di il senso di continuità espresso da aree urbanizzate distanti tra loro 31000 ettari circa ricavata meno di 100 ml; l’operazione ha escluso dal computo le aree stra- mediante un processo di genera- dali e tutte le componenti ad andamento lineare della classe 1 della lizzazione del dato cartografico CUS, che avrebbero potuto indurre in errore nella valutazione del per la considerazione come unica parametro di prossimità/continuità spaziale. area di tutte le aree distanti meno di 100 ml tra loro principali aree antropizzate - Ricadono in questa categoria tutti i capoluoghi di provincia; i sistemi unità di superficie dai 2760 ai 100 insediativi costieri; le conurbazioni satelliti dell’area compatta romana ettari, ricavate con un un proces- nel comune di Roma e nei comuni contermini della prima fascia metro- so di aggregazione analogo a politana; le altre polarità territoriali della regione (Tivoli-Guidonia e quello illustrato per l’area romana Sora-Isola del Liri-Castelliri; i Castelli; il sistema prenestino). aree antropizzate di minore Piccole superfici edificate (dai centri storici alle diffusioni insediative entità - estensione inferiore ai periurbane e rurali a bassa e bassissima densità), in gran parte inse- 100 ettari e superiore all’ettaro rite in contesti ad uso del suolo dominante diverso (agricolo intensi- vooalegnoseagrarie,naturale). grandi aree agricole intensive Sono state riconosciute, dapprima, tre macro-aree continue utilizza- - quattro grandi aree nelle quali te per colture intensive (seminativi semplici ed irrigui, ecc.), con l’uso agricolo estensivo è predomi- superfici rispettivamente di 67000, 32000 e 27000 ettari circa. Un nante: la prima, estesa per quasi secondo gruppo di dieci aree si colloca tra i 19000 ed i 7200 ettari 143000 ettari e di forma sostan- di superficie circa. Dette aree si presentano spesso in situazioni di zialmente compatta, è collocata prossimità o di inclusione con aree di uso analogo ma con dimensio- nella Tuscia viterbese, tra il Lago di ni molto minori, oppure includono aree, pure di dimensioni ridotte, Bolsena ed il mare; la seconda, per con usi del suolo naturali o seminaturali. È stato condotto un proces- una superficie di circa 120000 so di generalizzazione delle geometrie, considerando come unite le ettari, salda l’area prenestina alla aree distanti meno di 50 ml ed eliminando al loro interno le aree con valle del Liri-Garigliano; la terza, superficie minore di 10 ettari. per complessivi 107000 ettari Tutte e quattro le aree hanno propaggini molto prossime le une alle circa, comprende la Campagna altre, tanto che la fissazione del parametro di prossimità utilizzato per romana a sud saldandola con la la generalizzazione a 100 m anziché a 50 porterebbe all’unificazione Pianura Pontina, presentandosi delle tre meridionali, che finirebbero per formare un’unica area estesa molto più compatta nelle aree della per più di 300000 ettari. Va considerato, però, che i punti di contatto Bonifica Pontina; la quarta, infine, sono molto limitati dimensionalmente e che pertanto questa unificazio- estesa per circa 104000 ettari, ne non darebbe ulteriori informazioni circa i pattern riconosciuti. comprende le aree dalle pendici del vulcano sabatino alle aree di boni- fica costiere a nord della capitale

134 Usi del suolo e presenza antropica

segue Tabella 3.3.3 Classi e sottoclassi dimensionali della Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo aree agricole intensive medio- Sono riconoscibili il sistema agricolo della valle del Tevere a nord di Roma, grandi - sette aree, con superfici la Piana di Fondi e quella della Foce del Garigliano a sud, la Conca Reatina comprese tra i 24000 ed i 5000 e una area nella Tuscia associabile alla maggiore delle grandi aree per il ettari circa completamento a nord della corona attorno al lago di Bolsena. Anche in questo caso, la fissazione del parametro di continuità spaziale per la gene- ralizzazione a 100 m avrebbe portato all’unione delle due aree tiberine più meridionali, per complessivi 31000 ettari circa, elevando il limite superiore della classe ma senza giustificare una sua diversa classificazione. aree agricole intensive medio- Si tratta di aree che, nella maggior parte dei casi, sono direttamen- piccole - venticinque aree dai te collegabili alle aree delle due classi di ordine maggiore. Fanno 3500 ai 1000 ettari circa eccezione, probabilmente per ragioni geomorfologiche, alcune aree in provincia di Rieti per complessivi 10000 ettari circa (un’area di 3000 ettari circa in prossimità dei Monti della Duchessa ed una siste- ma di cinque aree esteso nel nord reatino fino ai Monti della Laga per complessivi 7500 ettari) e due aree pedemontane a nord della provincia di Roma per complessivi 2300 ettari circa. piccole aree agricole intensive In genere incluse in ambiti dominati da altri usi del suolo - aree di relativamente piccola estensione (quindici tra i 1000 ed i 500 ettari, le altre 5673 al di sotto) grandi aree agricole a frutteti Nonostante il processo di generalizzazione, la natura intrinsecamen- e colture permanenti -due te più parcellizzata della distribuzione di questa categoria di usi del aree - la prima, estesa per quasi suolo ha dato luogo ad aree relativamente estese, ma caratterizza- 25000 ettari, situata al margine te da notevole frammentazione dei confini e alveolatura interna. sud della provincia di Viterbo in prossimità della valle del Tevere; la seconda, estesa per 22500 ettari circa, in Sabina - ottenute con un processo di generalizzazione che ha portato a considerare come un’unica entità aree contigue più vicine di 50 ml e a trascurare poli- goni di usi diversi inclusi di esten- sione inferiore a 5 ha aree agricole a frutteti e col- La più grande è situata alle pendici sud Castelli Romani,a l confine tra ture permanenti medio-gran- le province di Roma e di Latina, per una superficie continua di 13000 di - undici aree, con superfici tra ettari circa. La seconda area per dimensioni si trova sul versante nord i 13.000 ed i 2.500 ha circa dei Castelli, con una estensione di 5000 ettari circa, mentre la terza, sempre per 5000 ettari circa di estensione, chiude ad est il cerchio delle pendici del vulcano nel comune di Velletri. Una ulteriore area di circa 4000 ettari è stata ricavata con un secondo passaggio di gene- ralizzazione operato sulle aree di dimensione inferiore ai 1900 ettari.

135 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 3.3.3 Classi e sottoclassi dimensionali della Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo aree agricole a frutteti e col- La scelta di una simile classificazione è stata operata verificando la ture permanenti medio-pic- necessità di identificare comunque un sistema di aree che, seppure cole - derivate da un secondo parzialmente disaggregato e formato da elementi di minore continui- processo di generalizzazione tà, è in grado di produrre in alcune aree immagini di paesaggio rico- applicato alle aree dell’insieme noscibili. Alcune aree formano dei sistemi solo in parte concorrenti medio-grande inferiori ai 1900 nella formazione di grandi unità di paesaggi gestiti in forma omoge- ha, sono raccolte in un range nea. La dimensione ridotta (solo 35 aree sono al di sopra dei 500 dimensionale molto ampio, che ettari, e di queste solo 9 al di sopra dei 1000) è in gran parte ascri- comprende superfici continue da vibile alla capacità del tipo di colture di adattarsi a morfologie del ter- un massimo di 1600 ettari ad reno più complesse. appena 80 aree agricole a frutteti e col- ture permanenti di piccole dimensioni - sono distribuite in maniera pressoché uniforme in tutta la regione, con qualche forma di concentrazione nei terri- tori che già ospitano le aree di analogo uso del suolo di dimen- sioni maggiori

Un certo numero di aree (percentualmente inferiore al 10%) è sfuggito al processo di classificazione così come è stato sopra descritto. Per effettuare l’analisi su queste aree, caratterizzate da una forte commistione di usi distribuiti in piccole o piccolissime patch, è stato necessario costruire preventivamente un filtro che le identificasse. Sono state quindi create delle maschere poligonali corrispondenti all’inviluppo delle aree identificate nelle macroclassi; in altre parole, sono stati costruiti quattro poligoni unici come somma di tutti i poligoni appartenenti a ciascuna macroclasse, i quali sono stati successivamente “buca- ti” in corrispondenza delle asole interne (tutte, indifferentemente dalla loro dimensione, per le classi antropizzate; tutte quelle più piccole di 500 ettari per le altre classi). È stato così possibile: - identificare i poligoni di minori dimensioni ricadenti in ciascuna macroclasse; -realizzare una maschera complessiva come somma di tutte le porzioni di territorio classificate nelle macroclassi; - identificare gli usi negli ambiti residui. La Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo descrive i paesaggi funzionali della regione secondo due possibili modalità di rappresentazione:

136 Usi del suolo e presenza antropica

a) una modalità per macrosistemi, riprodotti per macroclassi di uso del suolo dove sono rappresentate le grandi aree continue. Questo fornisce una immagine immediata, “quantitativa”, dei paesaggi funzionali della regione; b) una modalità che potrebbe definirsi “degli usi misti”, che prende in considerazione le porzioni di territorio non ricadenti nelle categorie selezionate per i macrosistemi (macroclassi). In generale, appartengono a queste ultime le categorie delle aree di più piccola dimensione delle quattro macrocategorie principali. Queste aree si distri- buiscono essenzialmente con due modalità: - ricadono all’interno di una delle macroaree identificate al livello superiore; - si collocano nelle aree non classificate, le aree “bianche” di risulta del processo precedente.

Fig. 3.3.1 - Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo della Regione Lazio - dettaglio provincia di Roma - Nella gamma dei verdi, le aree naturali e seminaturali (macroclasse M4567); in giallo le aree agricole intensive (macroclasse 2); in marrone le aree a frutteti e colture permanenti (macroclasse 3); in grigio le aree urbanizzate (macroclasse 1)

137 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

La prima modalità di distribuzione sembra di particolare interesse per possibili appro- fondimenti sul ruolo delle aree naturali residue nell’ambito delle aree a dominante agricola ai fini della conservazione e del rafforzamento continuità ecologica. Infatti, dalla lettura emergono, per la loro estensione e le loro caratteristiche, le aree ricaden- ti nelle macroclassi agrarie: pur considerando che in queste superfici sono ricomprese anche le aree con usi diversi dal prevalente, si tratta di circa 860.000 ettari, circa il 50% della superficie territoriale regionale. Si impone subito una prima considerazione circa la forte caratterizzazione di queste aree rispetto agli usi di riferimento per le macroclassi. Come si evince dalle tab. 3.3.4 e 3.3.5, in entrambe le tipologie di “paesaggi agrari” (macroclassi 2 e 3), gli usi diversi rappre- sentano una quota relativamente ridotta del totale. La loro maggiore presenza nei paesaggi delle legnose agrarie può verosimilmente essere attribuita alle caratteristiche geomorfologiche e di assetto proprietario (appezzamenti di minore dimensione) dei paesaggi stessi, che si presta- no maggiormente alla localizzazione di usi riconducibili a fenomeni insediativi.

Fig. 3.3.2 - Un esempio di rappresentazione per macrosistemi: macrosistema delle aree naturali e seminaturali; con colore più scuro sono rappresentate le sottoclassi composte da elementi di dimensioni maggiori

138 Usi del suolo e presenza antropica

Il secondo dato rilevante è rappresentato dalla consistente presenza negli ambiti agrari intensivi di aree naturali e seminaturali (7,84%), il cui ruolo in termini di supporto alla bio- diversità e contributo alla continuità ecologica dovrà essere valutato con attenzione. Tabella 3.3.4 Composizione degli usi del suolo nelle aree agricole intensive (Macroclasse CUS ARP = 2) ettari ettari % sul tot. Aree con prevalenza di usi agricoli intensivi 674.708,95 (CUS ARP = 2 - maschera includente asole minori di 500 ha) Aree con uso del suolo naturale / seminaturale 52.913,08 7,84% (CUS ARP = 4,5,6, e 7) all’interno della maschera CUS_ARP = 2 Aree con usi del suolo agricoli specializzati (CUS ARP = 3) 25.737,38 3,81% all’interno della maschera CUS_ARP = 2 Aree antropizzate (CUS ARP = 1) 39.302,99 5,83% all’interno della maschera CUS_ARP = 2 totali 117.953,44 17,48%

Tabella 3.3.5 Composizione degli usi del suolo nelle aree a frutteti e colture permanenti (Macroclasse CUS ARP = 3) ettari ettari % sul tot. Aree con prevalenza di frutteti e colture 186.042,90 permanenti (CUS ARP = 3 - maschera includente asole minori di 500 ha) Aree con uso del suolo naturale / seminaturale 8.233,54 4,43% (CUS ARP = 4,5,6, e 7) all’interno della maschera CUS_ARP = 3 Aree con usi del suolo agricoli intensivi (CUS ARP = 2) 10.581,48 5,69% all’interno della maschera CUS_ARP = 3 Aree antropizzate (CUS ARP = 1) 4.503,51 2,42% all’interno della maschera CUS_ARP = 3 totali 23.318,53 12,53%

139 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

PROCEDURE GIS PER LA REALIZZAZIONE DELLA CARTA DEI MACROSISTEMI DI USO DEL SUOLO La Carta dei macrosistemi di uso del suolo è stata elaborata a partire dalla CUS_ARP secondo la seguente metodologia sviluppata in ambiente GIS: 1) sono state riunite in un’unica classe le classi 4, 5, 6 e 7 CUS_ARP ottenendo la classe M4567; 2) i poligoni adiacenti delle classi 1, 2, 3 e M4567 sono stati fusi in poligoni unici di dimensioni mag- giori che ne costituiscono l’inviluppo, riducendo il numero dei poligoni iniziali. Il principio generale applicato è stato quello dell’analisi dimensionale degli oggetti cartografici ricava- ti, cercando di fissare per ciascuna classe di uso del suolo aggregata opportune soglie di significatività. Le fasi di lavorazione, eseguite in ambiente GIS ArcInfo 9.3 secondo una procedura predeterminata, sono state le seguenti: 1) applicazione della funzione “aggregate polygon” sulle classi individuate secondo i parametri mostrati nella tabella sottostante: Parametri Classe 1 Classe 2 Classe 3 Aggregate distance (m) 100 50 50 Area minima (ha) 0 0 0 Area minima dei vuoti (ha) 1 10 5 2) ricerca delle soglie relative alle superfici; 3) generazione dei singoli shapefile per le soglie individuate per ogni singola classe. Per la classe M4567 è stato effettuata un semplice merge senza necessità di aggregazione.

3.3.4 Tipizzazione del territorio in macroclassi sulla base del mix di usi del suolo

Nell’ambito delle attività per l’adeguamento del PRANP, si è ritenuto utile affiancare alla Carta dei Macrosistemi di Uso del Suolo una lettura quantitativa riferita alla griglia chilome- trica. In altri termini, si è cercato di fornire una esemplificazione di come i dati ricavati dal- l’analisi quantitativa delle coperture del suolo CORINE trasferiti sulla griglia chilometrica mediante tre indici (DA, DN e DU) possano essere trattati ed analizzati per ottenere una classificazione del territorio regionale finalizzata alla costruzione di “regole” da associare alla Rete Ecologica Regionale4 per la definizione sia di priorità per le attività di indagine e monitoraggio sia delle linee di indirizzo generale per gli interventi.

4 Ad oggi, la Rete Ecologica Regionale non è incardinata autonomamente nel sistema degli strumenti di pia- nificazione territoriale della Regione Lazio: viene infatti citata esclusivamente come elemento concorrente alla pianificazione ricompreso nel PRANP.

140 Usi del suolo e presenza antropica

Operativamente, per realizzare questa nuova rappresentazione del territorio regionale sono stati condotti due passaggi fondamentali: - un primo passaggio di classificazione, basata sulle caratteristiche strutturali del pae- saggio ricavabili dai dati sulla copertura del suolo e condotto applicando metodi sta- tistici (cluster analysis) agli indici DA, DN e DU calcolati per ciascuna cella; - un secondo passaggio di tipizzazione, mirato alla riduzione per aggregazione delle classi ricavate automaticamente per giungere ad una classificazione utile alla pianifica- zione della Rete Ecologica Regionale.

Classificazione Si è proceduto alla classificazione delle celle della griglia mediante l’applicazione di filtri successivi come segue: 1. le celle della griglia sono state suddivise in tre macroclassi in relazione alla pre- valenza (quota di superficie > 50%) rispetto ai tre indicatori DN, DA e DU; è stata poi formata una quarta macroclasse che raccoglie le celle “miste”, nelle quali non è stata rilevata alcuna prevalenza. Si sono così ottenute le tre catego- rie di celle a Dominante Naturale (DN), Dominante Agricola (DA) e Dominante Urbanizzata (DU), cui si aggiunge la categoria delle celle occupate da Mosaici Territoriali Complessi (MX), cui non è stato applicato per ora alcun tipo di appro- fondimento; 2. il lavoro di classificazione è proseguito sulle tre macroclassi a dominante certa. Ai sottoinsiemi ottenuti con la prima classificazione è stata applicata una analisi di clu- ster sul fattore dominante. Sono state così ottenute, per ciascuna delle tre macro- classi, due sottoclassi, la prima costituita dalle celle in cui l’uso dominante occupa una quota di superficie sufficientemente significativa da confermare la prevalenza individuata con la classificazione precedente (quote superficiali tra il 75% ed il 100% - celle classificate DN2, DA2 e DU2), la seconda costituita dalle celle in cui la dominante si presenta in forma più “debole” e frammista ad altre utilizzazioni, clas- sificate DN1, DA1 e DU1; 3. i gruppi di celle delle sottoclassi DN1, DA1 e DU1 sono stati a questo punto suddivi- si ciascuno in due sottogruppi in relazione alla prevalenza relativa delle sottodomi- nanti (ed es., per il gruppo DN1, il sottogruppo di celle con DA > DU ed il sottogrup- po con DU > DA). A ciascuno di questi sottogruppi è stata applicata una cluster ana- lysis sui due fattori dominante e primo sottodominante;

141 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

4. il gruppo di celle miste MX è stato trattato secondo una logica analoga, ma relativiz- zata, a quella utilizzata per i gruppi a dominante individuata; in altre parole, sono stati formati tre sottogruppi a dominanza relativa di un indicatore (ad es., DA ≥ (DU + DN)), a loro volta sottoposti a cluster analysis rispetto all’indicatore di dominanza relativa per la formazione di sei sottoclassi; 5. le celle che hanno superato anche quest’ultimo filtro sono state ulteriormente classificate rispetto alle tre variabili. Ne sono usciti tre ultimi gruppi, uno dei quali con le componenti in equilibrio, gli altri due con dominanza di DU e DA e DA e DN associati; 6. poche celle con casi particolari non ricadenti nelle condizioni di filtro di cui ai punti precedenti sono state classificati in quattro sottogruppi (DA1_dn; DA1_du; DN1_du; DU1_da).

Tipizzazione È stato necessario ridurre la complessità della classificazione realizzata per renderne possibile l’integrazione con gli altri modelli di valutazione elaborati. La semplificazione è stata condotta, anche mediante un confronto con la carta dell’uso del suolo, verificando la possibilità di ricostruire, per le classi e sottoclassi individuate, gruppi di celle con caratteri- stiche simili, corrispondenti, ove possibile, a pattern di localizzazione tipica. Alle classi individuate mediante l’analisi degli indicatori è stato quindi applicato un pro- cesso di tipizzazione teso a ricostruire la corrispondenza tra la voce di legen- da/classificazione ed i pattern di uso del suolo corrispondenti effettivamente riscontrabi- li sul terreno. Per questa operazione sono state indagini statistiche sugli indicatori di densità di usi del suolo per le diverse categorie naturali e seminaturali, agricoli e urba- nizzati, eventualmente effettuando verifiche mediante le aerofotogrammetrie del Volo Italia 2000 - agg. 2005. Inoltre, i profili delle classi ottenute con la procedura di classi- ficazioni sono state tra loro confrontate per individuare caratteristiche emergenti utili ai fini della leggibilità dei risultati. Da questo processo sono emerse cinque macroclassi (Fig. 3.3.3; Tab. 3.3.6), poste alla base dei processi di valutazione condotti per la costruzione dell’insieme di reperimento per il PRANP (cfr § 4.4). Di seguito (Fig. 3.3.4) è riportato un confronto tra la foto aerea e la sua corrisponden- te interpretazione su griglia chilometrica in base alla tipizzazione territoriale nelle diverse macroclassi.

142 Usi del suolo e presenza antropica

Fig. 3.3.3 - Classificazione tipizzata del territorio regionale nella 5 macroclassi di paesaggi funzionali su gri- glia chilometrica

Fig. 3.3.4a - Esempio di tipizzazione in macroclassi del territorio nella zona della Tenuta di Castelporziano

143 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 3.3.6 Tipizzazione del territorio regionale in cinque macroclassi sulla base del mix di usi del suolo classe denominazione classi note principali corrispondenti caratteristiche localizzazioni

1 unità a dominanti DN2, DN1_du2, unità con presenza grandi complessi mon- naturali e semina- DN1_du1, DN1_du, trascurabile di usi tani appenninici e pre- turali MX_dn1 diversi da quelli natu- appenninici rali e seminaturali

2 unità a dominante DA2, DA1_du, unità con presenza pianure fluviali del agricola DA1_dn, MX_da1, dominante di usi Tevereanorddi MX_da2 agricoli anche inten- Roma e del Sacco- sivi Liri-Garigliano, tavo- latianordedasud dei e del complesso Tolfetano-Cerite, area viterbese

3 unità ad urbaniz- DU2, DU1_da, unità in cui le aree Area metropolitana zazione intensa e DU1_da1, antropizzate forma- romana (I e II fascia), compatta DU1_da2, no un continuum più capoluoghi di provin- DU1_dn1, o meno accentuato cia, fascia costiera in DU1_dn2, MX_du1, ma comunque in prossimità della foce MX_du2, MX_mx3 situazione di domi- del Tevere, verso nanza sudfinoaNettunoe verso nord fino a Civitavecchia

4 unità miste natu- DN1_da1, unità caratterizzate aree perimetrali ed rali ed agricole DN1_da2, DA1_dn1, da ecomosaici com- interstiziali dei gran- DA1_dn2, MX_mx1 plessi con possibile di complessi naturali funzione connettiva, e seminaturali; ele- eventualmente con menti di margine significativa presen- delle principali valli za di legnose agra- fluviali e perilacuali rie

5 unità complesse DA1_du1, DA1_du2, unità caratterizzate valli del Tevere e del con usi agricoli MX_dn2, MX_Mx2 da una progressiva Sacco, zone costiere, misti e tracce di evoluzione verso usi aree periurbane urbanizzazione intensivi e/o urbani diffusa del paesaggio agra- rio

144 Usi del suolo e presenza antropica

Fig. 3.3.4b - Esempio di tipizzazione in macroclassi del territorio nella zona della Tenuta di Castelporziano

Riferimenti

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145 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

3.4 Modelli valutativi del rischio insediativo nel territorio della Regione Lazio Bernardino Romano, Francesco Zullo, Lorena Fiorini - Università di L’Aquila

3.4.1 Introduzione

Il lavoro di ricerca sviluppato sul territorio della Regione Lazio si lega ad un filone di spe- rimentazione di un indice che restituisce uno scenario basato sul rischio di consumo di suolo causato dall’urbanizzazione. L’indice viene elaborato a partire da una analisi retrospettiva di sviluppo dell’insediamento in situazioni ambientali, come quelle italiane, nelle quali la strut- tura morfologica condiziona notevolmente le geografie urbane. Le fasi di implementazione dell’indice prevedono in primo luogo la misura della influenza sulla urbanizzazione attuale degli elementi geo-morfologici (geo-litologia, altimetria, acclività ed esposizione dei versan- ti), mentre in una seconda fase si introduce un elemento di affinamento legato al calcolo del peso della geografia infrastrutturale nel determinare le localizzazioni insediative. Il calcolo dell’indice ha portato all’ individuazione delle maggiori sensibilità al consumo di suolo ed all’allestimento conseguente di uno scenario insediativo che evidenzia le parti di territorio più vulnerabili all’azione urbanistica se perdurerà il modello di sviluppo attuato negli ultimi cin- quanta anni. Sulla base di questo scenario sono poi stati allestiti diversi modelli interpretati- vi, restituendo lo scenario stesso sulla griglia comunale, ma anche analizzando i livelli teori- ci di pressione tendenziale a carico delle aree protette e dei siti Natura 2000. Il consumo di suolo per urbanizzazione diffusa si lega alla propensione delle comunità umane ad espandersi sul territorio se le condizioni ambientali, morfologiche, climatiche ed economiche lo consentono. Il dilagamento degli spazi insediati a spese del territorio naturale avviene da sem- pre e da sempre sono state presenti circostanze cicliche di accentuazione e di regresso di que- sto fenomeno (Mumford, 1961). Negli USA, in Cina, in India e nell’America Latina l’emergenza dello sprawl, termine inglese sinonimo di “expansion”, “invasion”, “city that encroaches upon the countryside with its new suburbs”, ha attualmente raggiunto proporzioni allarmanti grazie alle favorevoli coincidenze economico-sociali e fisico-climatiche. Le ricerche e gli studi condotti in USA nel corso dell’ultimo mezzo secolo sono stati prevalentemente focalizzati sugli effetti negativi che la diffusione insediativa produce a carico della qualità del territorio urbano in termini di costi per la collettività, di mobilità e di consumo energetico (Buttenheim and Cornick, 1938; Rodwin, 1945; Mumford, 1953; Haskell and Whyte, 1958; Gaffney, 1964; Altshuler,1977; Gordon and Wong 1985; Jenks et al., 1996; Mitchell, 2001; Hess et al., 2001), ma più recentemente anche verso l’integrità ambientale in senso più esteso (World Watch Institute, 2007).

146 Usi del suolo e presenza antropica

In Europa il dibattito è da diversi anni molto vivace sul versante delle posizioni politiche, coin- volgendo molte questioni sociali, di governo del territorio e di partecipazione ai processi di pia- nificazione (Barlow, 1995; Cheshire, 1995). Un capitolo particolare in tal senso può essere considerato quello attinente le problematiche della città-regione e dello sviluppo sostenibile di questa tipologia geografica dell’insediamento (Krueger and Savage, 2007; Hesse, 2007). Di notevole interesse sono alcune ricerche che considerano la proliferazione urbana come una “patologia” territoriale per la quale studiare provvedimenti e misure di conteni- mento e di mitigazione (Johnson, 2001; Kasanko et alii, 2006) tra le quali si deve inoltre citare il lavoro della European Commission (2006) che analizza la situazione dello sviluppo urbano in varie aree europee anche in confronto con alcuni indicatori di naturalità. Già da diversi anni alcuni paesi europei hanno attuato politiche di limitazione nel consumo di suolo causato dall’urbanizzazione, mentre altri paesi affrontano gradualmente il problema, come la Svizzera o i Paesi Bassi (Datec, 2005; Zonneveld, 2007). In particolare la Gran Bretagna fin dal 1935 introduce il concetto della green belt, per evitare l’edificazione lineare che si sviluppava rapidamente da Londra in direzione delle città satellite. Nell’ambito della pianificazione dell’area della Grande Londra venne avanza- ta la proposta di “istituire una green belt, o fascia di spazi aperti”, e le prime sperimenta- zioni avvennero intorno a Londra, Birmingham e Sheffield. Prima nel 1947, con il Town and Country Planning Act, e poi nel 1955, con la circolare urbanistica n. 42/1955, fu stabilito di circondare le città con anelli di territorio specificamente vincolato, attualmente consisten- ti in molte centinaia di migliaia di ettari (Hall, 1973). In Germania la necessità di invertire la tendenza di consumo di suolo naturale e rurale è stata riconosciuta per la prima volta dal governo tedesco nel 1985 nell’ambito della formu- lazione dei principi di tutela del suolo. Successivamente, il programma di politica ambientale promosso nel 1998 si poneva l’obiettivo di sganciare lo sviluppo economico dall’occupazio- ne di suolo e mirava per la prima volta un obiettivo quantitativo di riduzione dell’occupazio- ne di territorio a fini urbani. Fu allora fissata la soglia di 30 ettari al giorno, pari a un quar- to della tendenza in atto (129 ha/giorno nel 2000) (Bundesregierung, 1985; Frisch, 2005). Èrecentissima invece l’iniziativa della Comunità Europea di preparazione di una Direttiva Comunitaria sulla protezione del suolo, attualmente in corso di perfezionamento, che modi- fica la direttiva 2004/35/CE (sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione deldanno ambientale), e che ribadisce lo status di “risorsa non rinnovabile” per questa particolare componente territoriale e l’esigenza della sua conservazione. Anche in Italia da alcuni anni il fenomeno del dilagamento insediativo, denominato da vari autori di

147 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio volta in volta “polverizzazione” o “villettopoli”, viene considerato una delle prime cause di disorganizzazione funzionale del sistema dei trasporti, del consumo energetico e della effi- cienza dei servizi, in particolare per i modelli gestionali “hub and spoke” che risultano inap- plicabili nei casi più vistosi di elevata dispersione e bassa densità urbana (INU, 1990; Indovina, 1990; Gambino, 1996; Indovina & Savino, 1999; Camagni et al., 2002; Gibelli & Salzano, 2006). Non sono inoltre disponibili molti dati che consentano di disegnare le dina- miche nazionali di crescita urbana nel secondo dopoguerra, ed in particolare negli ultimi trenta anni (Pileri, 2007), che sono stati indubbiamente quelli che hanno visto l’enorme proliferazione delle strutture urbane con rilevanti effetti di consumo di suolo, soprattutto nelle zone pianeggianti del paese (Grafico 3.4.1 e Figura 3.4.1).

Grafico 3.4.1 - Tasso di urbanizzazione corrispondente ai diversi tipi di unità di paesaggio identificati al livel- lo nazionale dall’ISPRA (ex APAT) nel 2004

Fig. 3.4.1. - Insediamenti recenti nelle fasce collinari

148 Usi del suolo e presenza antropica

Grafico 3.4.2 - Tasso di urbanizzazione corrispondente ai diversi tipi di unità di paesaggio identificati al livel- lo nazionale dall’ISPRA (ex APAT) nel 2004 relativamente al territorio della Regione Lazio

3.4.2 L’urbanizzazione in Italia

Il modello insediativo dispersivo che sta lentamente acquisendo peso nel dibattito urba- nistico italiano ed internazionale si è imposto nel nostro paese dagli anni ’70 in poi anche nelle aree montane e alto-collinari pur interessate da fenomeni importanti di depaupera- mento demografico. La progressiva perdita di ruolo della pianificazione che ha caratteriz- zato in particolare gli ultimi venti anni, ha favorito un dilagamento delle parti edificate, o a vario titolo artificializzate, soprattutto a spese degli agro-ecosistemi (Battisti & Romano 2007), privilegiando l’azione privata senza attenzioni per gli esiti prestazionali urbanisti- ci. La dequalificazione è complessiva e interessa sia gli impianti distributivi degli insedia- menti, ma anche i caratteri formali delle architetture comportando gravi conseguenze di degrado sia ai paesaggi urbani, sia agli ecosistemi naturali e seminaturali complementari. Ciò è accaduto e sta accadendo nelle aree di prossimità delle città, sotto la forte spinta delle economie immobiliari legate alla crescita di rango dei maggiori agglomerati urbani, ma si è verificato anche nei territori di “primo sviluppo”, nei quali fino alle soglie degli anni ’80 ancora predominava la matrice insediativa storica. In questo senso va precisato come, in molte aree interne italiane, alla fine degli anni 60 fisionomie ed estensioni urbane erano di poco diverse da quelle medioevali ed è interessante in tal senso analizzare a titolo di esempio i dati sull’urbanizzazione dell’Umbria, del Molise e della Puglia (Romano et alii

149 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

2010). Si tratta di casi significativi in quanto l’Umbria è certamente una delle regioni ita- liane che più si distingue nel mantenimento della qualità paesaggistica del proprio territo- rio, il Molise è caratterizzato da una energia insediativa piuttosto limitata conseguente a modeste dinamiche di sviluppo economico, mentre la Puglia è una regione a considerevo- le urbanizzazione, con una delle percentuali di suoli artificiali più alte d’Italia (quasi 7%). Ciò nonostante la ricerca effettuata sulle tre regioni riportando a confrontabilità l’estensione dell’urbanizzato nel 1949 o nel 1956 (fonte: cartografia IGM 1:25.000) e al 2002 (fonte: Carte Tecniche Regionali 1:10.000) evidenzia un processo di artificializza- zione dei suoli considerevole in tutti i casi, soprattutto per ciò che concerne i valori gior- nalieri equivalenti (Tab. 3.4.2) mediati nell’arco di anni presi a riferimento (1949-2002 o 1956-2002) (Romano & Zullo, 2010). Tabella 3.4.1 Analisi di evoluzione delle aree urbanizzate tra il 1949/1956 e il 2002 in alcuni territori regio- nali (elaborazioni del Laboratorio di ricerca Planeco, B. Romano, F. Zullo, P. Rollo, C. Giuliani) TERRITORIO URBANIZZATO URBANIZZATO TASSO DI CONSUMO GIORNALIERO 1949-1956 2002 (ha) INCREMENTO DI SUOLO 1949-2002 o (ha) 1956-2002 (m2/g) Regione Umbria (1956) 15753,7 30124,74 0,91 8773 Regione Molise (1956) 2332,7 11705,6 4,01 5583 Regione Puglia (1949) 22298,6 130029 5,83 50025

Analizzando invece i dati provenienti dalle coperture Corine Land Cover (CLC), Level 3, anno 2000, le aree urbanizzate, comprendenti gli spazi edificati residenziali o produttivi e tutte le aree accessorie, ma ad esclusione delle strade extraurbane, coprono in Italia media- mente il 4% del territorio, che diventa il 6% considerando le zone a quota inferiore ai 600 metri s.l.m. (limite delle colline) e l’8% a quota inferiore ai 300 m s.l.m. È molto diversificata l’entità del suolo urbanizzato nelle diverse regioni, nelle quali si va dal circa 1% di regioni meridionali come la Basilicata o il Molise, più del 7% per il Lazio, fino a quasi il 10% delle regioni più industrializzate come la Lombardia. L’urbanizzazione pro-capite nazionale è invece pari a circa 230 m2 per abitante e varia dai 120 m2/abitante della Basilicata, agli oltre 170 m2/abitante del Lazio, fino agli oltre 400 m2/abitante del Friuli Venezia Giulia. La mancanza di una politica di “coesione spa- ziale” dell’insediamento ha prodotto un dilagamento eccessivo di questo che oggi è rias- sumibile nel modello delle “aree remote”, collocate cioè oltre certe soglie distanziali dal più vicino agglomerato urbano: solo il 28% del territorio nazionale è collocato oltre la soglia dei 3,5 km (limite di udibilità dei più intensi rumori urbani) e solo il 14% oltre la

150 Usi del suolo e presenza antropica soglia dei 5 km. Ciò vuol dire, in altri termini, che non è sostanzialmente possibile in Italia tracciare un cerchio di 10 km di diametro senza intercettare un nucleo urbano, con tutto ciò che ne consegue in ragione della diffusione dei disturbi a carico della biodiversità e, guardando le cose dal punto di vista opposto, in termini di difficoltà per il piazzamento di servizi (quali i cantieri di escavazione, o gli impianti di smaltimento di RSU) ad eleva- to tenore di propagazione di effetti deteriori che richiedono ragguardevoli distanze dai luoghi abitati. Da queste superfici urbanizzate è esclusa la viabilità extraurbana, sulla quale i dati reali nazionali sono molto incerti non essendo ancora disponibile in Italia uno strato informati- vo GIS omogeneo sulle strade che le consideri nella loro totalità, comprendendo tutti i livel- li, e che sia completo delle note sulle larghezze delle carreggiate. Prendendo ad esempio alcune regioni è però possibile estrarre un parametro di consumo di suolo dovuto alla via- bilità: l’Umbria ha una viabilità che, comprendendo le strade di ogni categoria, le autostra- de e le ferrovie, si sviluppa per circa 5600 km, con una densità regionale di circa 0,7 km/km2 e un consumo di suolo stimabile in almeno lo 0,5 % del territorio regionale. La percentuale di suolo occupato dalla viabilità cresce all’1% per la regione Veneto (21.000 km di strade, 1,2 km/km2), ma anche per la regione Abruzzo (11.000 km di strade, 1,1 km/ km2), mentre il Lazio arriva a coprire con la viabilità circa il 2% del territorio regio- nale (2,9 km/ km2). Peraltro va precisato che i dati Corine Land Cover Level 3 presenta- no notevoli carenze per quel che riguarda la estensione delle superfici urbanizzate in quanto l’unità minima cartografabile attraverso questa metodologia è pari a 25 ettari (equivalente in scala 1:100.000 a un cerchio di 2,8 mm o un quadrato di 5 x 5 mm) e la larghezza minima dei poligoni è 100 m (1 mm alla scala nominale), inoltre per ognuna di queste aree è stato definito l’uso del suolo prevalente e quello secondario tramite fotoin- terpretazione della copertura di ortofoto digitali del volo IT2000. Per uso del suolo pre- valente viene scelto quello che all’interno del cerchio di 400 m di raggio occupa la frazio- ne di superficie maggiore; ciò comporta un’analisi alquanto grossolana sull’individuazione e quindi perimetrazione di quelle che sono le superfici urbanizzate: tutte quelle aree arti- ficializzate inferiori ai 25 ettari non entrano nel computo finale, come anche aggregati di case che presentano confini inferiori ai 100 metri (case sparse, piccoli aggregati), men- tre la viabilità secondaria (strade statali, provinciali, comunali) non può, per ovvie ragioni tecniche, essere considerata. Da studi condotti in alcune ricerche su campioni regionali si è potuto verificare come i valori di urbanizzazione derivanti dai dati CLC sottostimassero le dimensioni del fenomeno in quanto, paragonando tra loro questi dati con quelli estrat-

151 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ti invece dalle CTR (carte tecniche regionali con dettagli dell’ordine dell’1:10.000), sono state evidenziate differenze in difetto riportate su alcuni territori campionati in Tab. 3.4.3. (Romano & Zullo F., 2010).

Tabella 3.4.2 Differenze emerse sulla consistenza delle superfici urbanizzate nel 2000 in cinque regioni ita- liane analizzate sulla base CLC e sulle Carte Tecniche Regionali (CTR) Regioni Urbanizzato CLC (ha) Urbanizzato CTR (ha) Differenza % LAZIO 88.243 132.079 + 0,49 ABRUZZO 25.078 41.813 + 0,66 UMBRIA 24.209 30.124 + 0,24 MOLISE 4.444 11.705 + 1,63 PUGLIA 71.797 130.028 + 0,81

Come già detto nell’ introduzione sono molto carenti i dati relativi alla crescita urbana su base nazionale negli ultimi 30-50 anni. I data base delle regioni vanno comunque incremen- tandosi in quantità e qualità a ritmo molto elevato e, nell’arco di qualche anno, sarà possi- bile avere informazioni importanti sotto questo punto di vista. È comunque possibile affer- mare che il consumo medio di suolo in Italia è già prossimo 10% entro breve tempo, a causa degli orientamenti economici nazionali che oggi spingono verso questa direzione. In particolare i fenomeni che provocano aumento dell’edificazione sono legati alla necessità dei comuni di incassare più tasse sugli edifici per finanziare i servizi pubblici, ma anche alla tendenza dei privati ad investire in beni immobili in un momento in cui in Europa i tassi di interesse sui titoli sono stati piuttosto bassi. Un’ urbanizzazione al 10% potrebbe sembra- re poco preoccupante, ma le zone dimassima concentrazione di edifici e dei loro spazi accessori (quali i parcheggi, servizi, aree di manovra e spazi di risulta) sono molto ristret- te. In un paese come l’Italia, nel quale le aree montane occupano quasi il 30% e quelle col- linari oltre il 53%, la densificazione insediativa sta saturando rapidamente le pianure che occupano solamente il 18% del suolo nazionale. Va peraltro precisato che 1600 comuni italiani (il 20% del totale) hanno un territorio urbanizzato già oggi oltre il 10%; di questi oltre 500 sono urbanizzati per oltre un quarto, 300 per oltre un terzo del territorio e, infine sono più di 100 i comuni italiani già oggi coper- ti di parti urbanizzate oltre il 50% della propria estensione. Nella Regione Lazio, 50 comu- ni presentano una densità di urbanizzazione superiore al 10%, 7 comuni superiore ad un quarto della estensione amministrativa, mentre 3 comuni sono già oltre un terzo del pro- prio territorio coperto da partiurbanizzate.

152 Usi del suolo e presenza antropica

Grafici 3.4.3 - Curve di relazione tra superfici urbanizzate e consistenza demografica su base provinciale(in alto) e su base comunale (in basso)

153 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Gli effetti negativi dell’impermeabilizzazione dei suoli sono già molto consistenti e riguar- dano modificazioni climatiche con l’aumento della temperatura media annua, la distruzione e la frammentazione degli habitat di specie di importanza internazionale (in Italia Centrale l’Orso, il Lupo e la Lince), l’alterazione degli assetti idraulici superficiali e sotterranei, la ridu- zione della capacità di assorbimento delle emissioni civili e industriali, la irreversibilità di uso del suolo una volta trasformato dall’urbanizzazione e, in sintesi, una riduzione complessiva della “resilienza” ecologica nei confronti dei disturbi e delle perturbazioni che intervengono sugli ecosistemi (Holling, 1973). A ciò si aggiungono i ben noti problemi legati allo sprawl urbano, quali le variazioni climatiche locali, la dissipazione energetica, l’inquinamento diffu- so, i disagi di mobilità, la perdità identitaria e i maggiori costi economici e sociali.

3.4.3 Il rischio insediativo

Il rischio insediativo come “rischio ambientale”

È opportuno precisare perché si parla di “rischio” insediativo, ritenendo questo tipo di rischio assimilabile a quelli naturali (sismico, idrogeologico, d’incendio ecc.). È vero che l’insediamento nasce e si sviluppa solamente per mano dell’Uomo, senza l’intervento naturale, e potrebbe pertanto sembrare che il controllo sulla sua fisionomia e sulle sue funzioni possa essere totale (del resto sono a questo deputati i piani di qualsiasi tipo). Su tempi molto lunghi però emergono delle tendenze di trasformazione, legate alla eco- etologia umana, ed espresse intensamente dalle collettività locali, verso le quali i piani, come vedremo, hanno un comportamento assecondante più che di vero e proprio con- trollo critico (Romano, 2000; Romano & Tamburini, 2006; Pungetti & Romano, 2004). Queste istanze di modificazione del tessuto territoriale sono agganciate alle convenien- ze qualitative ed economiche delle trasformazioni e prediligono le parti di territorio rite- nute qualitativamente migliori in senso geo-morfologico ed urbanistico. Non a caso, per decenni, la pianificazione ha privilegiato le previsioni di nuovo insediamento lungo gli assi stradali o in prossimità dei nodi stradali. Così come sono state preferite le localizzazioni tendenti a chiudere i vuoti lasciati dagli interventi trasformativi precedenti (parti di suolo interstiziali in immediata prossimità o immersi nelle matrici urbane preesistenti). Considerando invece gli aspetti geo-morfologici, gli insediamenti tendono a svilupparsi a valle, nelle zone pianeggianti, oppure a invadere i settori collinari. Alcuni di questi fatto-

154 Usi del suolo e presenza antropica ri sono già stati considerati in diverse occasioni nell’ambito delle discipline di spatial deci- sion-making (Barredo et al., 2003). Tutti questi effetti, che peraltro interessano molti paesi del mondo con momenti di accen- tuazione e di rallentamento (Hammer et al., 2004), derivano da una convenienza economi- ca e qualitativa indubbia che la collettività esprime verso le amministrazioni. Generalmente i piani tradizionali non hanno avuto ragioni per contrastare questa richiesta sociale: costrui- re in pianura, soprattutto gli insediamenti produttivi, costa decisamente meno. Così come comporta delle economie localizzare gli edifici e le funzioni urbane lungo le strade esisten- ti, grazie alla migliore accessibilità verso il territorio. Per le funzioni residenziali si preferi- scono le colline, in quanto la qualità della vita è climaticamente migliore e migliorano anche le sicurezze verso alcuni rischi idrogeologici (inondazioni, alluvioni ecc.). È evidente per- tanto che aree prossime ai maggiori centri urbani (in quanto erogatori di servizi e polariz- zatori occupazionali), ma anche vicine alle strade e geomorfologicamente collocate in posi- zioni vantaggiose (terreni stabili e in buone zone climatiche) saranno molto più soggette ad una pressione di richiesta trasformativa che non le aree in altre condizioni. Se la pianificazione urbanistica, come è stato per decenni, persegue esclusivamente l’obiettivo di garantire le migliori condizioni residenziali e produttive alla componente antro- pica, senza considerare molto le esigenze di mantenimento dei paesaggi naturali, di con- servazione della biodiversità o comunque di razionalità ecologica (Brand, 2007), è norma- le che gli strumenti di pianificazione assecondino pressoché totalmente la tendenza trasfor- mativa espressa dai vari portatori di interessi privati. Di conseguenza le parti del territorio che subiscono un più intenso consumo di suolo per urbanizzazione saranno sempre quel- le designate dalle scelte di qualità delle collettività locali e che lo sarebbero, in gran parte, anche in assenza di pianificazione a causa dei loro requisiti. In tal caso, pertanto, la piani- ficazione esprime in generale un controllo che è prevalentemente sulle dimensioni e molto meno sulle localizzazioni, allineandosi, per quest’ultimo aspetto, alle tendenze dichiarate dalla collettività locale. Del resto l’azione di pressioni tendenziali sul lungo termine che by- passano le regole di pianificazione viene testimoniata dal gran numero di lavori riferiti alle simulazioni spaziali della dinamica della crescita urbana con metodi diversi tra i quali si segnalano quelli basati su logistic regression e cellular automata model (e.g. Couclelis, 1997; Batty et alii, 1999; Li et alii, 2003). Per questa ragione il modello di rischio insediativo viene così denominato e viene implementato misurando la sensibilità all’urbanizzazione che viene manifestata in data odierna dalle diverse componenti territoriali. Ciò consente di proiettare in una prospetti-

155 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio va temporale medio-lunga (30-50 anni) le scelte già espresse in passato su tutte quelle aree geografiche che presentano gli stessi requisiti di quelle da sempre più consumate dall’urbanizzazione; ad esse, quindi, può essere attribuita una maggiore probabilità di subire gli stessi processi se non interverranno variazioni nei precedenti comportamenti trasformativi. È evidente che il processo tendenziale, così come è stato descritto, può subire rallen- tamenti o deviazioni dal percorso evolutivo pregresso. L’intervento di forme di tutela, quali aree protette o altro, possono fermare e far cambiare direzione alle tendenze sto- ricamente manifestate, come è verificabile pensando, ad esempio, ai processi di riscalda- mento globale ed al dibattito sulla limitazione-inversione degli effetti che anima il mondo contemporaneo. Se consideriamo che obiettivi quale la conservazione della biodiversità devono necessariamente confrontarsi con tempi medio-lunghi, è comprensibile il perché una mappa delle tendenze storiche nel consumo di suolo (“rischio insediativo” appunto) possa aiutare nel concentrare le attenzioni di controllo della pianificazione eco-orien- tata nelle aree più vulnerabili in tal senso. Non si deve infatti dimenticare che lo svilup- po del sistema insediativo comporta conseguenze di frammentazione ecologica sul paesaggio; pertanto al rischio insediativo è collegabile una forma di frammentazione tendenziale che, a sua volta, potrà essere più precisamente valutata per mezzo di indi- catori dedicati. La mappatura del rischio insediativo, effettuata in un primo momento utilizzando la let- tura delle determinanti di base descritte, potrà poi subire diverse forme di validazione e di verifica, sottoponendola a confronti con la mosaicatura dei programmi e piani urbanistici ed infrastrutturali o delle politiche ambientali in itinere. È da questi passaggi che dovrebbero derivare le indicazioni per i controlli adattativi nella impostazione delle forme di sostenibili- tà ecosistemica delle crescite urbane.

L’indice di rischio insediativo

L’indice di rischio insediativo registra la sensibilità del territorio verso il consumo di suolo dovuto all’urbanizzazione diffusa sulla base valutativa dei fenomeni pregressi analizzati, come accennato, in relazione ai connotati geo-morfologici (geo-litologia, altimetria, acclivi- tà ed esposizione dei versanti) e infrastrutturali (reticolo della viabilità). L’indice non viene «spalmato» su unità minime territoriali prefigurate, come unità ambientali o limiti ammini-

156 Usi del suolo e presenza antropica strativi, ma ad unità autoderivate che il modello GIS applicato genera, come si vedrà in seguito, mediante una sequenza di intersezioni spaziali tra i diversi strati tematici (elabo- rati mediante “grid”) che rappresentano gli aspetti selezionati. Soffermandosi per ora sui caratteri geo-morfologici, essi vengono organizzati in «categorie», ognuna delle quali sotto- articolata in n «classi». Vengono elaborati i dati, ricavando un «tasso di selezione» della distribuzione insediati- va rispetto alla classe esaminata, ottenuto come percentuale di copertura urbanizzata riscontrabile all’interno della medesima classe fenomenologica. Tale percentuale viene iden- tificata come Indice di Rischio Insediativo tematico (Six ij), in quanto rappresenta la misura di quanto una certa classe sia sensibile al fenomeno dell’urbanizzazione che si è sviluppa- to nel tempo. Il potere selettivo della singola categoria (geo-litologica, altimetrica, di acclività e di esposizione dei versanti) viene invece espresso per mezzo della funzione statistica di varianza normalizzata, applicata alla variazione degli indici tematici all’interno della stessa categoria. Quando gli indici tematici vengono sommati per comporre l’indice di rischio inse- diativo totale, la varianza svolge una funzione di pesatura della sensibilità all’urbanizzazio- ne manifestata all’interno di ogni singola categoria morfologica. Le varie caratteristiche delle diverse categorie utilizzate nel caso applicativo della Regione Lazio verranno esposte nel capitolo dedicato, ma, a titolo esemplificativo, la Tabella 3.4.3 mostra l’articolazione tra categorie e classi riferita alle componenti morfologiche.

Tabella 3.4.3 Determinanti morfologiche per il calcolo dell’indice di rischio insediativo Morphological categories (Ci) Classes (Cij) C1 Altitude (m above sea level) < 300 beetween 300 and 600 beetween 600 and 800 beetween 800 and 1000 > 1000 C2 Acclivity (slope) < 5% between 5 and 10% between 10 and 20% between 20 and 50% > 50% C3 Aspect NW-NE NE-SE SE-SW SW-NW

157 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Dato un territorio di studio, Sixij rappresenta la sensibilità della j-esima classe tematica nei confronti della urbanizzazione, relativamente alla categoria i-esima. Tale sensibilità viene ottenuta come:

dove: Suij = somma delle superfici urbanizzate ricadenti all’interno della j-esima classe tematica, relativamente alla categoria i-esima; Sij = somma delle superfici appartenenti alla j-esima classe tematica, relativamente alla categoria i-esima.

Data una determinata categoria, il territorio di studio risulta suddiviso in zone, a ciascu- na delle quali è associato un attributo di classe. Mediante un passaggio di intersezione tra tutte le categorie si ottiene una partizione più fine in ambiti che presentano un attributo di classe per ciascuna categoria. Su ognuno di tali ambiti il valore dell’indice di sensibilità com- plessiva all’urbanizzazione (indice di Rischio Insediativo) viene determinato come segue:

dove, per un dato ambito, il valore assunto da j è univocamente determinato dal valore di i. Il simbolo Vni rappresenta la varianza normalizzata del tasso di distribuzione delle superfi- ci urbanizzate tra le classi tematiche della i-esima categoria.

dove ci è il numero di classi di suddivisione di ogni i-esima categoria morfologica, vi è la varianza ed mi è la media delle sensibilità insediative delle classi tematiche appartenenti alla i-esima categoria.

L’implementazione dell’indice risente naturalmente dei livelli di dettaglio dei dati di ori- gine a disposizione e della scala di restituzione delle informazioni finali. In tal senso la for- mulazione generale può subire degli adattamenti dipendenti dalle condizioni di volta in volta rilevate.

158 Usi del suolo e presenza antropica

3.4.4 Lo scenario di rischio insediativo per la Regione Lazio

L’area di studio

Il contesto tematico del presente lavoro è la regione Lazio la cui superficie territoriale è pari a oltre 1,7 milioni di ettari suddivisa per 377 comuni. La dimensione media dei comu- ni è di circa 4564 ha (equivalente a una griglia quadrata di circa 6700 m di lato) con il più esteso di 128.484 ha (Roma) e il più piccolo di 171 ha (l’isola di Ventotene). La Regione Lazio presenta circa 5 milioni di abitanti (ISTAT 2001 ), pari al 9% della popolazione italiana, e una densità abitativa di 306 ab/km2 che, paragonata al dato rela- tivo all’Italia centrale (187 ab./km2) o a quello nazionale (189 ab./km2), risulta essere molto elevata. La popolazione è concentrata principalmente nella provincia di Roma, con il 72,2%, seguita da quella di Latina con il 9,8%, da quella di Frosinone con il 9,4%, da quella di Viterbo con il 5,7% e, infine, da quella di Rieti con il 2,9%. Il 68% dei comuni laziali hanno una popolazione fino a 5.000 abitanti. L’area metropolitana di Roma è la più grande in Italia e, quindi, è un forte polarizzatore per le dinamiche di crescita urbana ed economica che crea all’insieme regionale un evidente sbilanciamento. Alcuni dei piccoli centri, come ad esempio quelli della fascia montana dell’Appennino, evidenziano un carattere prettamente rurale e sono caratterizzati da tutte le patologie socioeconomiche tipiche delle terre alte peninsulari italiane.

Grafico 3.4.4 - Dinamica demografica del Lazio dal 1871 al 2001

159 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 3.4.2 - Tasso medio decennale di variazione demografica nel trentennio 1971 - 2001 per comune

Dall’analisi della variazione demografica regionale emerge che la popolazione della città di Roma registra un sensibile calo (circa 250.000 abitanti in meno dal 1971 al 2001), mentre i comuni dell’hinterland registrano un considerevole aumento demografico dovuto prevalente- mente alla compresenza di due fenomeni: l’azione “polarizzatrice” dell’area metropolitana per l’occupazione e i servizi e i vantaggi di economia immobiliare offerti dalle aree più lontane dal centro. Si tratta di un modello ormai affermato in gran parte del paese che ingenera notevoli flussi di pendolarismo quotidiano e forte impegno dei sistemi infrastrutturali di collegamento. Da una sintesi di alcuni passaggi precedenti emerge una regione con valori di carico insediati- vo-infrastrutturale medio-alti: alcuni indicatori significativi in tal senso riguardano il tasso medio di urbanizzazione del territorio regionale superiore al 7% (media nazionale circa 5%), pari ad una urbanizzazione pro-capite dell’ordine dei 170 m2/abitante (media nazionale circa 230 m2/abitante) e con una incidenza superficiale della viabilità di ogni ordine e grado pari a circa il 2%, corrispondente ad una densità infrastrutturale dell’ordine dei quasi 3 km/km2. Già oggi 50 comuni, il 13% del totale, presentano una densità di urbanizzazione superiore al 10%, ma in qualche caso le superfici artificializzate raggiungono e superano il 33% della intera superfi- cie comunale (Tabella 3.4.4). Il territorio della Regione Lazio ha subito nel corso degli ultimi

160 Usi del suolo e presenza antropica

150 anni significative modificazioni del suo mosaico ambientale a causa delle trasformazioni insediative che si sono manifestate, e continuano in alcune aree tuttora, a manifestarsi in modo rapido, consistente ed invasivo. Non sono disponibili dati “misurati” dell’ evoluzione delle super- fici urbanizzate nelle diverse sezioni temporali, ma è possibile elaborare un modello dinamico a questa evoluzione indirettamente collegato tramite la periodizzazione demografica suppor- tata dai censimenti Istat su base comunale a partire dal 1871 con cadenza decennale. Utilizzando una rappresentazione particolarmente efficace quale è quella espressa dall’analisi di Kernel sono stati ottenuti i quadri evolutivi del tasso di variazione demografica riferiti a diver- si intervalli decennali da cui sono stati estratti alcuni esempi mostrati nella Figura 3.4.3:

Fig. 3.4.3 - Schemi diacronici basati sui tassi di variazione demografica campionati su alcuni decenni median- te la densità di Kernel applicata su base comunale: più i toni sono scuri più è elevato il tasso di variazione demografica nel periodo considerato

161 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

La sequenza riportata nella Figura 3.4.3 mostra alcuni momenti storici significativi per la geografia distributiva dei pesi demografici: tra il 1881 e il 1901, successivamente all’Unità d’Italia, la regione mostra un aumento piuttosto generalizzato di popolazione che si va atte- nuando nel decennio successivo. Gli anni compresi tra il governo fascista e l’immediato dopo- guerra mostrano gli effetti di energia demografica che si manifestano a carico delle aree delle bonifiche, ma già dal 1961 inizia a configurarsi il marcato interesse insediativo per i comuni della cintura metropolitana, dovuto anche alla ricerca di ottimizzazione tra residenze meno costose e una accessibilità per lavoro comunque accettabile. È questo il fenomeno più signi- ficativo degli ultimi due decenni che restituisce una prospettiva di elevato rischio insediativo con un potenziale di dilagamento molto ampio che inizia a manifestarsi anche in corrispon- denza dei primi rilievi montuosi che marcano a Nord e ad Est la pianura agricola romana.

Fig. 3.4.4 - Insediamenti recenti in corrispondenza dei morfotoni tra pianura e pre-Appennino

Si tratta di un fenomeno a determinanti combinate, nello sviluppo del quale intervengo- no fattori morfologici, come si vedrà meglio nel seguito, dalle risultanze dei passaggi mira- ti all’allestimento dello scenario di rischio insediativo, ma anche fattori di prossimità ad una delle più estese aree metropolitane del Paese, costituente una polarità attrattiva straordi- naria per l’intero sistema territoriale dell’Italia Centrale. La relazione tra le variabili demografiche e quelle morfologiche appare del resto ben eviden- te da ulteriori elaborazioni statistiche costruite sempre sulla base dei dati della serie storica Istat. I grafici 3.4.5. mostrano le curve di regressione che denunciano la relazione tra la popolazione residente e la quota della sede municipale dei comuni della regione Lazio. È piuttosto evidente la variazione della fisionomia della curva dal 1871 al 1931, periodo entro il quale i centri altime- tricamente più svantaggiati iniziano a perdere popolazione a favore di quelli delle pianure. Se nel

162 Usi del suolo e presenza antropica

1871 i centri abitati con popolazione inferiore ai 1000 abitanti sono localizzati piuttosto indiffe- rentemente tra il livello del mare e le quote montane, già dagli anni ’30 in poi i comuni con meno di 1000 abitanti sono concentrati a quote superiori ai 400 m s.l.m. ed il fenomeno si intensifica progressivamente nel corso degli ultimi trent’anni. Questi dati restituiscono un processo di carat- tere eco-etologico, peraltro riscontrabile, seppur con toni ed intensità parzialmente diverse, in tutto il Paese per il quale alcune correnti di pensiero politico, ma anche urbanistico, sostengono l’esigenza di trovare strumenti di mitigazione ed inversione. Non sarà certamente semplice farlo, stante le ragioni economiche, ma soprattutto sociologiche, che attivano e supportano questo trend redistributivo delle popolazioni; ciò che in questa sede interessa è però che il risultato di tali processi, in termini di scenario, conduce al disegno del “rischio insediativo” che si esprime preferibilmente a carico di alcune aree regionali particolarmente vulnerabili.

Grafici 3.4.5 - Curve di regressione elaborate sulla base delle variabili di quota delle sedi comunali (ordinate) e di popolazione residente nei comuni della regione (ascisse) in sei sezioni temporali. La linea gialla contrassegna la soglia demografica dei 1000 abitanti

163 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Possono essere riconosciuti indubbiamente anche degli elementi che, in circostanze localizzate, introducono delle deviazioni al comportamento del modello portante. Le dota- zioni e la funzionalità infrastrutturale e l’efficienza dei trasporti verso i centri di interesse comportano risposte di assetto insediativo che può essere interessante indagare utilizzan- do alcuni campioni di studio. A titolo di esempio si riporta un caso di studio che riguarda l’area dei Monti Lucretili- Simbruini-Ruffi ad Est di Roma, studiata nel 2004 (Romano et alii, 2004) per la quale una indagine effettuata nel periodo compreso tra il 1961 e il 2001, ha reso possibile individua- re tre fasce fenomenologiche alle quali far corrispondere differenziate sensibilità alla diffu- sione insediativa futura:

Fig. 3.4.5 - Relazione tra le fasce di accessibilità sull’area romana e la dinamica demografica

a) prima fascia di gravitazione metropolitana: incremento demografico costante dal 1961; condizioni di favorevole accessibilità pubblica o privata verso l’area metropo- litana romana (entro i 30 minuti); prospettiva a medio termine di ulteriore sviluppo della residenzialità pendolare e dei servizi alla residenza. Riguarda i comuni affaccia- ti direttamente sulla piana romana. In termini insediativi si può constatare come la presenza di una considerevole domanda di residenza e di un mercato immobiliare

164 Usi del suolo e presenza antropica

attivato dal fenomeno di urbanizzazione dell’hinterland metropolitano provochino forme di consumo di territorio estremamente massicce, con ampi dilagamenti delle parti edificate sui suoli agricoli e densità urbane anche molto accentuate. La fram- mentazione degli ecosistemi è molto elevata e tendenzialmente predisposta ad un aggravamento in tempi anche molto rapidi, soprattutto quando si proceda al pro- gressivo miglioramento della accessibilità di queste polarità verso il nucleo metropo- litano principale con sistemi veloci di mobilità. b) Seconda fascia di gravitazione metropolitana: incremento demografico concentrato prevalentemente nel ventennio 1981-2001, quantitativamente meno accentuato della fascia a); il fenomeno riguarda i comuni in condizioni di accessibilità verso l’area metropolitana compresa tra i 30 e i 40 minuti e, in particolare, quelli posti lungo il nastro autostradale dell’A25 in vicinanza del fondovalle dell’Aniene e dei caselli di ingresso di Carsoli e Vicovaro-Mandela. Anche in questi casi la dinamica dell’urbanizzato denuncia la presenza di interessi resi- denziali permanenti, con accentuati fenomeni di pendolarismo quotidiano, in prevalenza automobilistico. Le aree edificate si sviluppano ad immediato ridosso dei nuclei storici e lungo le principali direttrici viarie, con diffusa incuria nei criteri costruttivi e risultati nega- tivi sul paesaggio urbano a causa dei sovradimensionamenti dei manufatti e della caren- te qualità architettonica. Si tratta della “seconda fascia” urbana che tende ad assumere ruolo man mano che la prima - descritta al punto precedente - si satura e viene conno- tata da attributi più metropolitani (congestione nel traffico, elevati prezzi immobiliari, etc.). c) Terza fascia dei comuni con dinamiche demografiche di taglio tipicamente appennini- co (decrementi costanti dal 1961)ocomuni posti in immediata prossimità del fondo valle sublacense e della viabilità a scorrimento veloce verso Roma. La accessibilità più difficoltosa verso le grandi arterie di collegamento con le aree metropolitane, dovuta in alcuni casi alla altitudine e alla morfologia sfavorevole, provoca in questi luoghi una conseguenza che si riscontra nelle aree più interne dell’Appennino italia- no, con marcato spopolamento e mantenimento di interessi residenziali pressoché esclusivamente turistici, con diffusi fenomeni di ristrutturazione edilizia per seconde case e limitati episodi di incremento delle aree urbanizzate. La matrice territoriale prevalente è ancora quella naturale e semi-naturale, in gran parte dei casi forestale o di pascolo, mentre la viabilità ha carattere essenzialmente locale, con punte di flus- so nel traffico festivo o estivo. La frammentazione ambientale è ridotta e il mosaico paesaggistico particolarmente assortito.

165 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 3.4.4 Densità di urbanizzazione nei comuni della regione Lazio

166 Usi del suolo e presenza antropica

3.4.5 La sensibilità del territorio alla diffusione insediativa

L’applicazione al territorio della Regione Lazio della metodologia di valutazione del “rischio insediativo”, già descritta nei suoi caratteri d’impostazione generale ha uno sviluppo operativo che riguarda quindi l’identificazione di un indice che esprime l’energia determinante delle modi- ficazioni insediative, basandosi sui modelli di evoluzione delle stesse che caratterizzano la fisio- nomia attuale del paesaggio urbanizzato. Per esprimere una previsione sullo sviluppo insediati- vo è stato seguito il modello di calcolo già utilizzato per altre regioni italiane, quali il Veneto, l’Umbria, le Marche, l’Abruzzo e il Molise in altre occasioni di ricerca (Romano & Paolinelli, 2007). Con riferimento alla descrizione generale del modello, si illustrano di seguito le fasi di svi- luppo dell’indice.

Categorie geo-morfologiche Il dettaglio informativo restituito dal modello di rischio insediativo è strettamente legato a quel- lo dei dati che alimentano il modello stesso. Risulta naturalmente importante utilizzare database congruenti per scala nominale e date di aggiornamento. In questo lavoro i dati di partenza sono il DEM (Digital Elevation Model) con una risoluzione a 20 metri per pixel, la carta di uso del suolo regionale (anno 2004 scala 1:10000) e la carta geologica (anno 2002 scala 1:25000). L’implementazione dell’indice richiede che venga preliminarmente effettuata una interse- zione multipla tra le classi in cui vengono articolati gli attributi geo-morfologici già citati. Nella forma utilizzata l’articolazione tra categorie e classi è la seguente:

Tabella 3.4.5 Categorie morfologicourbanistiche alla base dell’Indice di Rischio Insediativo Categorie morfologico-urbanistiche (Ci) Classi (Cij) C1 - Altimetria (m slm) Meno di 100 Tra 100 e 300 Tra 300 e 600 Tra 600 e 1000 Oltre i 1000 C2 - Clivometria (pendenza) Meno del 5% Tra5e10% Tra 10 e 20% Tra 20 e 50% Oltre 50% C3 - Esposizione dei versanti N S E W Aree pianeggianti C4 - Geologia Categorie geologiche

167 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

A partire dai dati a disposizione, con l’ausilio delle tecniche GIS, è stato ricavata la distribuzione dell’insediamento per ogni categoria geo-morfologica mediante un processo di intersezione spaziale tra l’urbanizzato e le diverse categorie di volta in volta conside- rate ed elencate nella tabella precedente. Prima di entrare nel merito delle sensibilità inse- diative di ciascuna classe delle categorie geo-morfologiche è utile ricordare che la regio- ne Lazio presenta una zona pianeggiante e di prima fascia basso collinare (compresa tra 0 e 300 metri slm) che si estende per quasi il 55% dell’intero territorio regionale, la fascia collinare (compresa tra 300 e i 600 metri slm) occupa all’incirca il 35 % di suolo regio- nale mentre soltanto il 10 % del territorio si trova su zone di montagna (quote maggiori di 1000 m slm).

Altimetria Risulta evidente che la classe altimetrica 0-100 m s.l.m. è quella maggiormente occupa- ta da superfici urbanizzate, presentando circa il 18% di copertura urbana. Dopo un salto abbastanza consistente si trova la classe 100-300 m s.l.m. (con circa il 7%) e la classe 300-600 m s.l.m. (con circa il 5%). Le restanti classi sono caratterizzate entrambe da per- centuali inferiori al 2%.

Fig. 3.4.6 - Carta altimetrica

168 Usi del suolo e presenza antropica

Grafico 3.4.6 - Istogrammi di sensibilità insediativa: classi altimetriche

Esposizione dei versanti L’istogramma relativo alla sensibilità insediativa delle classi di esposizione dei versanti per la regione Lazio, mostra una predilezione per le aree pianeggianti (14%) e una pres- soché invariata risposta (attestata intorno al 4%) delle esposizioni restanti, con una legge- ra diminuzione per i fianchi esposti a Nord e a Ovest.

Fig. 3.4.7 - Carta di esposizione dei versanti

169 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.7 - Istogrammi di sensibilità insediativa: classi di esposizione dei versanti

Acclività La classe di acclività < 5% è quella che risulta urbanizzata in misura maggiore (circa il 14%). A seguire si trovano la classe 5-10% (con circa il 10%) e la classe 10-20% (con circa il 6%), le restanti due classi presentano percentuali inferiori al 2%.

Fig. 3.4.8 - Carta di acclività

170 Usi del suolo e presenza antropica

Grafico 3.4.8 - Istogrammi di sensibilità insediativa: classi clivometriche

Geologia Nel grafico 3.4.9 non sono riportate tutte le categorie geologiche ma solamente quelle con un tasso di urbanizzazione fino al 5%. Nella figura 3.4.10 sono indicate tutte le classi geologiche con i relativi tassi di urbaniz- zazione.

Fig. 3.4.9 - Carta geologica

171 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.9 - Istogrammi di sensibilità insediativa: classi geologiche

Fig. 3.4.10. - Legenda relativa alle categorie geologiche

172 Usi del suolo e presenza antropica

Dall’istogramma di sensibilità insediativa si evidenzia che la classe con un tasso di urba- nizzazione più elevato (quasi il 35%) è quella identificata come “Sabbie litoranee e palu- stri e dune recenti (Olocene)” seguita dalle “Argille” e “Pozzolane” entrambe con un tasso di urbanizzazione dell’ordine del 25%. Successivamente sono state esaminate le varianze normalizzate nei vari casi di sen- sibilità elencati, ottenendo un istogramma che mostra la successione dei gradi di con- dizionamento dei vari fattori geo-morfologici verso gli avvenimenti insediativi nella regione Lazio. La situazione regionale mostra che le determinanti insediative prevalenti sono le carat- teristiche geologiche, seguita da quelle altimetriche e dall’acclività dei suoli per finire con l’esposizione dei versanti che, costituisce un carattere ben poco selezionante.

Sensibilità insediativa delle categorie morfologiche

Grafico 3.4.10 - Istogramma delle sensibilità insediative delle categorie geo-morfologiche

Ai valori di sensibilità insediativa delle categorie geo-morfologiche sono stati aggiunti, con un procedimento di calcolo del tutto analogo a quanto fin ora mostrato, le ulteriori sen- sibilità misurate sulle fasce di prossimità stradale.

173 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.11 - Istogramma delle sensibilità insediative alle classi di prossimità stradale

Fig. 3.4.11. - Carta delle fasce di prossimità stradale

La fascia dei 50 metri laterali alle strade è urbanizzata quasi al 20%, mentre, quella fino ai 100 metri presenta una copertura urbana di circa un quarto della superficie complessi- va della fascia, ribadendo un modello distributivo dell’insediamento che privilegia la lineari- tà lungo le strade piuttosto comune in Italia.

174 Usi del suolo e presenza antropica

La sensibilità insediativa di tutte le categorie geo-morfologiche, ma anche urbanisti- che (prossimità stradale) è riportata nel Grafico 3.4.12 e nella Tabella 3.4.6 median- te i valori assunti dalla varianza normalizzata che consentono di verificare, in forma comparata, l’incidenza di ogni fattore analizzato quale determinante di localizzazione insediativa. Nel caso della regione Lazio è evidente il potere selettivo verso l’urbanizzazione assunto dalle caratteristiche geologiche, di prossimità stradale e di altimetria, mentre minor energia determinante hanno i caratteri di acclività e di espo- sizione dei versanti.

Fig. 3.4.12 - Due campioni territoriali della dislocazione urbana lineare che caratterizza diverse aree geogra- fiche del Lazio

Grafico 3.4.12 - Istogramma delle sensibilità insediative delle categorie geo-morfologiche e di prossimità stradale

175 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 3.4.6 Varianza normalizzata relativa alle categorie geo-morfologiche e urbanistiche Categorie morfologiche Varianza normalizzata Geologia 1,250 Prossimità assi stradali 1,188 Altimetria 1,031 Clivometria 0,593 Esposizione dei versanti 0,350

Una considerazione aggiuntiva riguarda la geologia, che in altre esperienze applicative dell’indice di rischio non è stata considerata per mancanza di dati digitali. Il suo ruolo nel- l’applicazione del modello è ancora da verificare in quanto potrebbe non considerarsi una variabile indipendente considerando il condizionamento sugli altri elementi morfologici.

Fig. 3.4.13 - Carta regionale del rischio insediativo valutato su base geo-morfologica e prossimità stradale

176 Usi del suolo e presenza antropica

I valori di sensibilità insediativa delle categorie geo-morfologiche-urbanistiche, modulati attraverso la varianza normalizzata, sono stati elaborati con un modello GIS che ha con- sentito di determinare, per mezzo di tecniche geostatistiche, la sensibilità complessiva delle varie parti di territorio attribuibile alla compartecipazione dei diversi aspetti considerati. Sommando gli effetti dovuti alla appartenenza delle parti territoriali alle diverse categorie richiamate è stato possibile allestire la carta del Rischio Insediativo della Regione Lazio riportata di seguito. Dalla osservazione della carta si nota che una forte concentrazione dei fenomeni ten- denziali si verifica proprio nel territorio pianeggiante centrale della regione, come lungo tutte le zone costiere. Un’altra zona a forte rischio insediativo risulta essere quella costitui- ta da tutte le aree della fascia metropolitana. Sviluppi urbani meno marcati si possono inve-

Fig. 3.4.14 - Tassi di variazione demografica comunale tra il 1991 e il 2001

177 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ce prevedere per le aree orientali e sud-orientali della regione, ed in particolare per quel- le che comprendono l’Appennino Centrale e gli altri rilievi montuosi. La configurazione del rischio ottenuta mediante l’analisi appena illustrata è stata succes- sivamente tarata inserendo anche la componente data dalla pressione demografica per comune. In particolare è stato inserito, nella formulazione dell’indice, un parametro deri- vante dal tasso di variazione della popolazione residente tra il 1991 e il 2001. Ciò consen- te di avere una immagine dell’incidenza territoriale del rischio pesata anche dal fattore sostanziale della richiesta trasformativa espressa dal territorio per ragioni legate alla dina- mica demografica. È particolarmente interessante notare come questo ulteriore passaggio rafforzi la configurazione del modello di rischio evidenziando lo scenario di carico insedia-

Fig. 3.4.15 - Carta regionale del rischio insediativo valutato su base geo-morfologica, di prossimità stradale e di pressione demografica recente

178 Usi del suolo e presenza antropica tivo dei territori della “cintura metropolitana” di Roma, che già da oltre un decennio mostra- no una marcata tendenza ad assumere funzioni residenziali e di servizio alternative e com- plementari a quelle “centrali”. Per ottenere la dimensione geografica delle aree soggette ad un rischio insediativo più accentuato è stata elaborata una classificazione per soglie della quale sono state selezio- nati i valori di picco denotanti un rischio insediativo elevato. Successivamente sono state calcolate le aree di queste singole classi, in modo da poter- ne valutare la percentuale rispetto alla superficie regionale totale.

Fig. 3.4.16 - Carta regionale del rischio insediativo molto elevato Dalla selezione dei maggiori livelli di rischio emerge che circa il 19% del territorio regio- nale è molto esposto alla conversione urbana del suolo se perdureranno i modelli di svilup- po che sono stati applicati fino ad oggi.

179 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Un’interpretazione ulteriore dello scenario di rischio insediativo è stata effettuata utilizzando i comuni come unità di corrispondenza statistica dell’indice stesso al fine di poter evidenziare quel- li che sono i comparti municipali più sensibili di altri al particolare fenomeno rappresentato. Quasi un quarto dei comuni laziali manifesta un rischio insediativo di livello alto.

Fig. 3.4.17 - Carta del rischio insediativo comunale

Dall’andamento dell’istogramma di distribuzione del rischio insediativo nella Regione Lazio (Grafico 3.4.14) si vede chiaramente che le ultime 2 categorie di rischio insediativo (alto, molto alto) coinvolgono un settore considerevole del territorio regionale pari a oltre il 20%. Questo calcolo porta ad uno scenario nel quale un quinto del territorio dell’intera regio- ne Lazio, o quasi la metà se a queste due categorie viene aggiunta quella del rischio medio, presenta una considerevole vulnerabilità nei confronti del consumo di suolo provocato dalle urbanizzazioni.

180 Usi del suolo e presenza antropica

Fig. 3.4.18 - Esempi di sprawl urbano in aree agricole

181 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.13 - Istogramma del numero dei comuni in funzione del grado di rischio insediativo cui sono esposti.

Grafico 3.4.14 - Istogramma che mostra la percentuale di territorio regionale relativamente ad ogni cate- goria di rischio

3.4.6 Pressione insediativa tendenziale sui sistemi naturali

L’interferenza urbana e infrastrutturale sulla continuità ambientale Il principio di continuità ambientale si pone come precauzione rispetto al piano territo- riale e urbanistico (Reggiani et alii, 2001), ovvero di considerazione verosimile che, anche in carenza di dati ecosistemici avanzati, la geografia di adiacenza degli spazi naturali e semi-naturali contenga i sistemi ambientali di maggiore importanza per le specie meno

182 Usi del suolo e presenza antropica adattabili a condividere gli spazi dell’uomo. Una conferma indiretta di quanto appena detto, proviene dalla constatazione che l’80% dei SIC e il 65% delle aree protette italiane ricado- no all’interno della matrice di biopermeabilità (Romano, 2005). Bisogna però far presente che, sebbene da un lato la continuità ambientale può fornire un supporto di una certa vali- dità ai piani di coordinamento, dall’altro esiste la necessità di arricchire il dato ecologico in maniera ben più consistente se si vuole che questo supporto possa estendersi a livello locale, cioè di pianificazione a livello intercomunale e comunale. La conoscenza delle unità geografiche biopermeabili (intendendo come tali le porzioni di territorio non interessate da interventi di urbanizzazione e di accentuata antropizzazione, ivi comprese alcune forme agricole intensive), la conoscenza del loro stato di efficienza, il riconoscimento delle even- tuali potenzialità per interventi di ripristino, i criteri tecnici di realizzazione di opere di supe-

Tabella 3.4.7 Categorie di uso del suolo comprese nella definizione di biopermeabilità Biopermeabilità Planeco 2003 Codice corine Land Cover Superfici biopermeabili 22411 Pioppeti saliceti e altre latifoglie 22412 Conifere a rapido accrescimeto 231 Superfici a copertura erbacea densa 243 Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti 311 Boschi di Latifoglie 311a Formazioni ripariali boschive 312 Boschi di conifere 313 Boschi misti di conifere e latifoglie 321 Areeapascolonaturaleepraterieadaltaquota 322 Cespuglieti ed arbusteti 322a Formazioni ripariali arbustive 323 Aree a vegetazione sclerofilla 3241 Aree a ricolonizzazione naturale 3242 Aree a ricolonizzazione artificiale 331 Spiagge, dune, sabbie 332 Rocce nude falesie affioramenti 333 Aree con vegetazione rada 3341 Aree percorse da incendi 3341 Boschi percorsi da incendi 3342 Altre aree della classe 3 percorse da incendi 411 Paludi interne 421 Paludi salmastre 5111 Fiumi torrenti e fossi 521 Lagune laghi e stagni costieri

183 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ramento infrastrutturale, la normativa di garanzia per mitigare ed evitare frammentazioni future, il regime di governo dei corridoi ecologici una volta individuati, il ruolo degli stru- menti urbanistici locali, le modalità di disponibilità delle aree utilizzabili in tal senso e il pro- getto degli interventi circostanziati sugli spazi connettivi sono alcuni degli aspetti che ven- gono a costituire una condizione di elevata complessità. Il territorio della Regione Lazio occupa una superficie di oltre 1,7 milioni di ettari di cui 782.136 (poco superiore al 45 %) è rappresentato da superfici biopermeabili. Come detto in precedenza, queste rappresen- tano superfici che potenzialmente possono assolvere significative funzioni connettive. La tabella successiva mostra le categorie di uso del suolo regionali che rientrano nella defini- zione di biopermeabilità (Planeco, 2003). La figura 3.4.19 indica invece la geografia regionale delle aree biopermeabili evidenzian- do, come è ben facile intuire, una scarsa presenza di queste nella parte centrale e nella zona costiera regionale, mentre la quasi totalità è concentrata lungo il confine con L’Abruzzo (Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, Monti Ernici) e nelle zone preva- lentemente montuose, ove sono concentrati sicuramente i più importanti ecosistemi natu- rali e risultano meno evidenti e tangibili i segni dell’antropizzazione del territorio.

Fig. 3.4.19 - Geografia regionale delle superfici

184 Usi del suolo e presenza antropica

Attraverso studi condotti a livello sia regionale che nazionale, è stato possibile ricostrui- re i cambiamenti che le stesse superfici biopermeabili hanno subito sia in termini di area che di destinazione di uso nell’arco temporale compreso tra il 1990 e il 2000. I dati utiliz- zati a tale scopo sono quelli derivanti dal CLC terzo livello, le cui problematiche relative all’attendibilità e al livello di dettaglio sono state precedentemente esposte.

Grafico 3.4.15a - Distribuzione percentuale delle superfici biopermeabili rispetto alla loro totalità nel 1990

Grafico 3.4.15b - Distribuzione percentuale delle superfici biopermeabili rispetto alla loro totalità nel 2000

185 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.16 - Confronto tra le percentuali delle superfici biopermeabili rispetto alla loro totalità regionale

Dal confronto dei dati nelle due sezioni temporali si nota una pressocchè invariata com- posizione percentuale nella distribuzione della biopermeabilità nelle varie categorie Corine con cambiamenti che non superano l’ordine dell’uno per cento sia in aumento che in dimi- nuzione all’interno di ciascuna categoria, discostandosi da quella che è la situazione nazio- nale dove invece si notano forti cambiamenti nell’articolazione percentuale delle superfici biopermeabili nell’arco temporale analizzato (Grafico 3.4.17).

Grafico 3.4.17 - Confronto tra le percentuali delle superfici biopermeabili rispetto alla loro totalità nazionale

Se le percentuali sembrano non evidenziare cambiamenti sostanziali nella struttu- ra delle categorie CLC per la biopermeabilità nel decennio analizzato, diverso diven- ta il discorso nel momento in cui il fenomeno viene analizzato dal punto di vista del-

186 Usi del suolo e presenza antropica l’area occupata da ogni singola categoria di superficie biopermeabile nelle due sezioni temporali. L’istogramma del Grafico 3.4.18 riporta le variazioni occorse cal- colate come segue:

V=(SbCLC2000 - SbcatCLC1990)/SbcatCLC1990 dove: SbCLC2000 = area occupata da ciascuna categoria biopermeabile CLC nel 2000; SbcatCLC1990 = area occupata da ciascuna categoria biopermeabile CLC nel 1990.

Grafico 3.4.18 - Variazioni delle superfici biopermeabili tra il 1990 e il 2000

Come si evince dal grafico, alcune categorie Corine Land Cover sono praticamente assenti nell’uso del suolo della sezione relativa al 2000 (Cat. 241 “Colture temporanee associate a colture permanenti”, (Cat. 312 “Boschi di conifere”) ed altre hanno subito una forte diminuzione in termini di superficie (Cat. 322 “Brughiere e cespuglieti”). Inoltre si possono evidenziare anche dei cambiamenti in senso opposto come è il caso della categoria 323 che indica “aree a vegetazione sclerofilla”, assente nell’uso del suolo del 1990 e presente invece in quello del 2000 ed un aumento di quasi il 60 % in termini di superficie delle “paludi interne” indicate con il codice 411. Questo non vuol dire che nell’arco di dieci anni di gestione e governo del territorio regionale siano scomparsi completamente alcuni usi del suolo e ne siano comparsi altri precedente- mente assenti, ma che le tecniche di rilevamento utilizzate per la realizzazione del data- base a livello nazionale erano tali da non permettere l’acquisizione di determinate cate-

187 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio gorie di uso del suolo al di fuori di certi parametri. Va ricordato che il CLC è stato ela- borato attraverso dei parametri funzionali a scala nazionale (unità minima cartografa- bile pari a 25 ettari, equivalente in scala 1:100.000 a un cerchio di 2,8 mm o un qua- drato di 5 x 5 mm, larghezza minima dei poligoni è 100 m cioè 1 mm alla scala nomi- nale, inoltre per ognuna di queste aree è stato definito l’uso del suolo prevalente e quello secondario tramite fotointerpretazione della copertura di ortofoto digitali del volo IT2000, dove per uso del suolo prevalente viene scelto quello che all’interno del cerchio di 400 m di raggio occupa la frazione di superficie maggiore), ma meno attua- bili per scale regionali che necessitano di un livello di dettaglio notevolmente maggio- re per una corretta e coerente conoscenza del territorio oltre che per una applicazio- ne congrua di quelle che sono le norme di pianificazione territoriale a qualsiasi livello. Per poter ottenere quindi le necessarie performance nel campo dei Sistemi Informativi Territoriali usati come strumenti di Land Monitoring diacronico sono necessarie risorse economico-tecniche e sensibilità politiche oggi ancora non comuni in Italia. C’è bisogno anche di uniformare, oltre che la procedura di acquisizione dei dati, il linguaggio in ter- mini di classificazioni, nomenclature, legende, costituendo un data model comune in stretta relazione con l’implementazione della direttiva INSPIRE (http://inspire.jrc.ec.europa.eu/) recepita in Italia attraverso il D. Lgs. del 27 Gennaio 2010 n.32 e del Regolamento (CE) N. 1205/2008 della Commissione del 3 dicembre 2008 recante attuazione della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i metadati (Sambucini, 2009). Come precedentemente evidenziato e ampiamente argomentato, il ruolo delle aree biopermeabili nelle politiche di riduzione della frammentazione ambientale provocata da fenomeni di urbanizzazio- ne diffusa, giocano un ruolo determinante vista la funzione che esse svolgono nella rea- lizzazione e nella gestione di una rete ecologica. Gran parte di queste superfici coinci- dono con aree già sottoposte a vincolo (Aree protette a vario titolo, siti SIC e ZPS) men- tre altre, viste le loro caratteristiche, possono assolvere ad importanti funzioni di con- nessione non solo geografica tra aree remote in cui il grado di antropizzazione risulta essere lieve o addirittura assente. Recenti ricerche condotte a scala regionale, hanno portato alla creazione di un indice (Fragmentation Reduction Rate o Indice di riduzio- ne della frammentazione ambientale) che individua, attraverso una serie di analisi geo- statistiche, l’ordine di grandezza in termini di distanze alla quale operare per diminui- re il numero di patches e quindi il grado percentuale di frammentazione ambientale. Partendo dalla distribuzione geografica delle patches biopermeabili regionali, vengono

188 Usi del suolo e presenza antropica tracciati dei buffer a distanze via via maggiori effettuando di volta in volta un calcolo sulla riduzione nel numero di queste ultime, fino ad arrivare alla distanza tale che per- mette di ottenere una sola patch o comunque un numero ridotto di queste, distanza che quindi sta ad indicare una connessione totale di tutte le aree biopermeabili presenti nel territorio indagato. Sulla scorta di quanto appena detto sono stati elaborati 4 modelli principali, in base all’andamento della curva dell’indice di riduzione della frammentazio- ne, per descrivere la situazione del fenomeno nelle diverse regioni italiane:

Fig. 3.4.20 - Rappresentazione dei 4 modelli teorici principali di dislocazione delle patches biopermeabili in relazione alla distanza di connessione Come si evince dal Grafico 3.4.19, elaborato per entrambe le sezioni temporali indaga- te, l’andamento della curva è pressocchè identico con variazioni che riguardano solo ed esclusivamente il numero di patches di partenza. È possibile notare infatti un aumento del numero di patches di aree biopermeabili tra il 1990 ed il 2000 (quasi 150) cui corrispon- de una diminuzione netta di questa superficie dell’ordine dei 17.000 ettari, diminuzione pari all’1% della superficie regionale e all’incirca il doppio rispetto alla condizione esisten- te al 1990, ad indicare un netto aumento di quello che è il livello di frammentazione ambientale regionale.

189 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafici 3.4.19 - Andamento della curva del numero di patches (biopermeabili e foreste) in funzione dell’au- mento della distanza

190 Usi del suolo e presenza antropica

Grafico 3.4.20 - Indice FRD50 nella Regione Lazio

Di notevole interesse risulta essere l’individuazione, in funzione dell’indice di riduzione della frammentazione, di quale sia la distanza che teoricamente permetterebbe di ridurre il livello di frammentazione regionale del 50% (Fragmentation Reduction Distance - FRD50): l’ordine di grandezza di questa distanza può permettere infatti di capire sia il livello di disgregazione della matrice naturale ma anche e soprattutto a che livello di pianificazione territoriale agire maggiormente attraverso congrue misure di contenimento e diminuzione del fenomeno di frammentazione ambientale. Un elevato valore di FRD50 indica un grado di disgregazione della matrice naturale molto alto con un altrettanto elevato tasso di disper- sione delle patches biopermeabili, al contrario distanze brevi stanno ad indicare una matri- ce naturale più coesa con spazi interstiziali tra le patches molto ridotti. Nel primo caso gli interventi per contrastare e ridurre il fenomeno prevedono interventi a scale territoriali più ampie (es.: piani paesistici regionali, piani di coordinamento provinciali) mentre per distan- ze brevi si può pensare di intervenire in sede di pianificazione comunale ma anche e soprattutto in fase di progettazione delle opere stesse, in quanto basterebbero delle pic- cole accortezze per evitare un ulteriore degrado della matrice e al contempo apportare effetti positivi attraverso interventi di riqualificazione ambientale orientati ad un aumento della connessione delle patches che costituiscono l’ecomosaico. Nel caso della regione

191 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Lazio (Figura 39) l’FRD50 risulta essere di circa 300 metri. Il confronto con altre regioni italiane, quali l’Umbria o la Toscana, in cui l’FRD50 varia da 150 a 200 m denota per il Lazio uno stato più avanzato del livello di disgregazione della matrice naturale e semi-naturale con una presenza notevole di superfici artificializzate a vario titolo disperse al suo interno.

Il sistema regionale delle aree protette

A seguito della Legge Quadro sulle aree protette, n. 394 del 1991, la Regione Lazio ha approvato la L.R. 46/77 “Costituzione di un sistema di Parchi Regionali e di Riserve Naturali” e la L.R. 29/97 “Norme in materia di aree naturali protette regionali”. In base a queste nor- mative sono state individuate aree di particolare valore naturalistico classificate di interesse interregionale, regionale e provinciale. Le aree sono finalizzate alla conservazione e valoriz- zazione del patrimonio naturale tramite l’istituzione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali e l’individuazione dei siti di importanza comunitaria. Per quel che concerne il sistema delle aree protette regionali, la Regione Lazio presenta nel suo territorio 3 Parchi Nazionali di cui 2 sono in comune con altre regioni (Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga) e solo uno si estende interamente nel suo terri- torio (Parco Nazionale del Circeo). Presenta inoltre due aree marine protette (Isole di Ventotene e Santo Stefano e le “Secche di Tor Paterno”) e altre forme di tutela ambientale (Parchi Naturali Regionali, Monumenti naturali, Parchi Regionali Urbani, Riserve Naturali Regionali e Statali) che nell’insieme coprono una superficie di oltre 250.000 ha di territorio, pari a circa il 15% dell’intero suolo regionale. I SIC (Siti di Importanza Comunitaria), individua- ti sul territorio in base ai criteri contenuti nella Direttiva “Habitat - Conservazione degli habi- tat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche (Direttiva Habitat 92/43/CEE), recepita dalla Regione Lazio con la D.G.R. del 19 marzo 1996 n. 2146, sono 182 e coprono complessivamente una superficie di poco superiore ai 140.000 ha. Va precisato che 42 di questi SIC ricadono interamente o parzialmente all’interno di aree protette per una superficie pari a quasi 61.000 ha, ciò vuol dire che poco meno della metà della superficie occupata da questi siti si trova all’interno di aree a maggior grado di tutela. Il Sito Sic che presenta mag- gior estensione è il Lago di Bolsena (IT6010007) che copre una superficie di poco inferiore ai 12.000 ha. Le Zone di Protezione Speciale (ZPS), alcune delle quali coincidenti con omoni- mi SIC, sono stati individuati sul territorio in base ai criteri contenuti nella “Direttiva Uccelli - Conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici” (Direttiva Uccelli 79/409/CEE), recepita

192 Usi del suolo e presenza antropica

Fig. 3.4.21 - Indice di protezione ambientale (% di aree protette nei comuni) dalla Regione attraverso la D.G.R. 19 marzo 1996 n. 2146 “Direttiva 92/43/8CEE (Habitat): approvazione della lista dei siti con valori di importanza comunitaria del Lazio ai fini dell’inse- rimento nella rete ecologica europea natura 2000”. Attualmente ci sono 42 ZPS che occupa- no una superficie di oltre 400.000 ha. La ZPS più importante in termini di estensione territo- riale è il Comprensorio Tolfetano - Cerite - Manziate (IT030005) che si estende a nord del ter- ritorio della provincia di Roma occupando in parte anche quello della provincia di Viterbo per un estensione complessiva di 67.500 ha. Riassumendo la regione presenta poco meno di un terzo del suo territorio (circa 512.000 ha contro gli oltre 1.700.000 totali) sottoposto ad una delle forme di tutela elencate. L’Indice Ipa (Indice di Protezione ambientale) indica l’entità di superficie interessata da provvedimenti di tutela ambientale (Aree protette di ogni ordine e grado, siti Natura 2000) per ogni km2 di area di riferimento.

Σ Aapi IPA = ______Au

193 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio dove: Aap = superfici delle aree protette (il dato viene derivato dalla sommatoria delle superfici relative sia alle aree protette istituite, sia ai siti Natura 2000 proposti); Au = superficie dell’unità territoriale di riferimento.

Dall’analisi di questo indice emerge una situazione regionale in cui quasi un quarto dei comuni (88 su 377 totali) presentano oltre il 50% della loro estensione territoriale sotto- posta a una delle forme di tutela elencate; di questi poco meno della metà raggiungono il 75% (41 su 88). È inoltre interessante notare come quasi il 50 % delle superfici bioper-

Fig. 3.4.22 - Pressione insediativa sui sistemi natura 2000

194 Usi del suolo e presenza antropica meabili elencate in precedenza, si trovino all’interno di aree a diverso grado di tutela, ricol- legandosi inoltre anche a quanto detto sul concetto di continuità ambientale, uno dei più importanti punti di partenza per l’impostazione concettuale e metodologica di una Rete Ecologica Regionale efficace. Per quanto riguarda la rete delle Aree naturali a varia categoria di vincolo e tutela si può affermare che le zone di territorio maggiormente sottoposte a rischio sono quelle incentrate nella zona dell’Agro e dei Castelli romani oltre che lungo la costa mentre poco o nulla a rischio sono quelle che si trovano nella parte confinante con l’Abruzzo e nel Viterbese.

Fig. 3.4.23 - Pressione insediativa sulle aree protette

195 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

6. Validazione del modello di rischio con l’interfaccia della pianificazione locale

Lo stato della Pianificazione Urbanistica Generale dei comuni della Regione Lazio

La L.R. 38/99 “Norme sul governo del territorio” all’art. 15 prescrive l’esecuzione di uno stu- dio sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazio- ne delle relative previsioni. La Direzione Regionale Territorio e Urbanistica - Area “Città metropo- litana e progetti speciali” provvede alla stesura e all’aggiornamento ogni sei mesi (giugno e dicembre) dello “Stato della Pianificazione Urbanistica Generale dei Comuni della Regione Lazio” che costituisce un importante documento di lavoro per enti locali, amministratori, funzionari che vogliano avere della regione una visione ad ampio raggio con possibilità di focalizzare l’attenzione su singoli territori comunali per conoscerne i dati caratterizzanti fondamentali e, soprattutto, la situazione della pianificazione generale del comune. L’analisi effettuata su tutti i Comuni della Regione al Febbraio 2009, ha evidenziato che la percentuale di territorio regionale coperto da PRG è il 79% dell’intero territorio (298 Comuni su 378). Rimane sempre la Provincia di Roma ad avere la più alta percentuale di Comuni dotati di PRG (92%), mentre la Provincia di Rieti (62%) risulta essere la Provincia con la minor percentuale di Comuni dotati di pianificazione generale. Purtroppo ancora grave rimane la situazione relativa ai Comuni che ancora non si sono dotati di un PRG, infatti risultano 80 (21% del totale) i Comuni che operano sul territorio in assenza di pia- nificazione generale approvata. Altro dato significativo risulta il numero di Comuni (n. 49) che hanno adottato e controdedotto il PRG e lo hanno trasmesso in Regione per l’approvazione; occorre precisare che in numerosi di questi ultimi casi la Regione, per attivare l’istruttoria, richie- de integrazioni in quanto la documentazione risulta carente e, pertanto, non esaminabile. Alcuni Comuni (n. 96) hanno ritenuto di formulare una revisione del loro PRG e si sono dotati di una Variante Generale che ha un iter amministrativo del tutto simile a quello del PRG. Delle 96 Varianti il 60% è stato regolarmente approvato dalla Regione, mentre il restante 40% è stato adottato e controdedotto dai Comuni e trasmesso in Regione per l’approvazione. In questo contesto l’analisi è volta a verificare la corrispondenza tra la geografia delle zone di futura utilizzazione urbana (Zone B, C, D, Servizi Pubblici, Servizi Privati, Parcheggi, Viabilità dei rispettivi PRG) con quella regionale dell’indice di rischio insediativo. Essendo disponibili i dati solamente per le province di Frosinone, Latina e Viterbo l’analisi verrà condotta solamente per questi territori.

Analisi comparata tra il modello di rischio insediativo e lo scenario di pianificazione

Nella Regione Lazio dal 1990 al 2005 (Fonte ISTAT sito internet http://eddyburg.it/filemanager/download/1175/VEmiliani%20Paesaggio%20relazione%20.pdf

196 Usi del suolo e presenza antropica

) sono andati persi 225.940 ettari di superficie libera a favore di costruzioni e infrastrutture, molti dei quali erano superfici agricole. Correlando questo dato con quello demografico regio- nale si nota una relazione inversamente proporzionale: il tasso di urbanizzazione cresce note- volmente a fronte di cali demografici a volte anche importanti; questo fenomeno è molto comu- ne ed è riscontrabile anche in altre situazioni italiane. Il territorio regionale è organizzato in 5 Province con 377 comuni totali. La situazione riguardo l’adozione e l’utilizzo del Piano Regolatore Generale non è ancora del tutto uniforme, ci sono comuni in cui sono ancora in vigo- re i Piani di Fabbricazione o altri tipi di strumenti di governo del territorio mentre in altri l’adozione del PRG è ancora in fase di istruttoria. Nelle 3 province la situazione al 30 Giugno 2007 è la seguente: • Frosinone: 60 comuni dotati di PRG, 31 sprovvisti; • Latina: 28 comuni dotati di PRG, 5 sprovvisti; • Viterbo: 54 comuni dotati di PRG, 6 sprovvisti. Partendo dal modello di rischio insediativo regionale precedentemente illustrato, attra- verso l’utilizzo dei Piani Regolatori è stata condotta un’ analisi in retrospettiva al fine di evi- denziare se le zone edificabili individuate dai vari PRG (Zona B, C, D, servizi pubblici, ser- vizi privati, parcheggi, viabilità) rientrano nelle categorie a rischio elevato derivanti dal modello utilizzato creato su basi geo-morfologiche e urbanistiche. Come più volte accenna- to nel presente lavoro, il movimento tendenziale dello sviluppo urbano comporta conse- guenze anche sulla frammentazione ambientale in prospettiva. È questo il senso del crite- rio di analisi utilizzato per definire la sensibilità del territorio alla diffusione insediativa, con lo scopo di fornire uno strumento ulteriore alla pianificazione per poter attuare provvedi- menti di regolazione e di governo in tutte quelle aree a maggiore sensibilità che richiedo- no pertanto un più sofisticato progetto territoriale per mantenere le proprie prerogative ecosistemiche. È stato elaborato il seguente indice:

Σ SPRGRmax Ivsix = ______Σ SPRG dove: SPRGRmax = superficie delle zone edificabili dei PRG (epurata della superficie urbanizzata già presente) rientrante nella categoria rischio elevato; SPRG = superficie delle zone edificabili dei PRG (epurata della superficie urbanizzata già

197 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.21 - Istogramma relativo all’indice Ivsix nel territorio delle province di Latina, Frosinone e Viterbo presente) I valori dell’indice, come precisato in precedenza, sono riferiti ai territori delle province di Frosinone, Latina e Viterbo. L’indice fornisce quindi, una corrispondenza in percentuale tra l’urbanizzazione futura dei territori prevista nei Piani Regolatori nei prossimi anni e il grado di sensibilità al fenomeno derivato dall’implementazione del modello a scala regionale. L’istogramma evidenzia una percentuale di riscontro diversa nelle 3 province: nella provincia di Latina poco più del 40% delle aree dei PRG rientrano nei territori a rischio insediativo elevato, in quella di Viterbo e in quella di Frosinone la percentuale si attesta intorno al 30%. Ciò vuol dire che, in media nelle 3 province, ben oltre il 30% delle superfici a destinazione urbana pre- viste dai corrispettivi PRG rientra nelle aree a elevato rischio di consumo di suolo. Questi dati forniscono quindi un riscontro già significativo sull’attendibilità del modello di calcolo dell’indice di rischio insediativo. Si deve peraltro segnalare come una parte considerevole dell’uso urba- no di territorio sia stata nell’ultimo decennio provocata da meccanismi economici di impianto derogatorio rispetto alle configurazioni conformative dei piani, quali gli Accordi di programma quadro e le varie forme di project financing per legge ammissibili anche se non coerenti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti. Da questo punto di vista la conoscenza regres- siva della tendenza trasformativa dei territori assume un valore più consistente e giustifica in sostanza l’uso del concetto di “rischio” anche riferito alle vicende di proliferazione insediativa.

Il mosaico di conversione tendenziale: suolo vs urbano

Un ulteriore tipo di indagine ha portato ad evidenziare quali sono le tipologie di uso del

198 Usi del suolo e presenza antropica suolo maggiormente coinvolte dall’attuazione futura dei Piani Regolatori Generali del terri- torio delle 3 Province di Frosinone, Latina e Viterbo. L’intersezione dei PRG con le catego- rie di uso del suolo regionale ha messo in luce risultati molto interessanti che potrebbero rivelarsi utili per una gestione oculata ed eco - orientata del territorio regionale. Dall’analisi dei dati ottenuti si nota una certa predilezione comune in tutte le province, per quei terri- tori che il CLC definisce “Seminativi semplici” sia in aree irrigue che in quelle non irrigue

Grafico 3.4.22 - Mosaico di conversione urbana dei suoli sulla base dei piani comunali nella provincia di Viterbo

(rispettivamente 2122 e 2112). Nel territorio della provincia di Viterbo (grafico 3.4.22), come in quello della provincia di Frosinone (grafico 3.4.23), oltre il 40% delle superfici urbanizzate previste dai PRG va a incidere su superfici di natura agricola mentre nel territorio della provincia di Latina si regi- stra un lieve calo in quanto il valore si attesta intorno al 35%. Dalle definizioni del CLC si evince che la categoria dei “Seminativi semplici” indipendente- mente dal fatto che si trovino o meno in aree irrigue, rappresentano delle superfici coltivate regolarmente arate e generalmente sottoposte ad un sistema di rotazione, per cui il passag- gio dalla fase di piano a quella operativa sul territorio comporterà sicuramente una notevole perdita di superfici agricole con risvolti non solo a livello di produttività e quindi economici ma anche e soprattutto a livello biologico poiché questi territori possono rappresentare habitat per particolari specie oltre che di rilevanza notevole per garantire la continuità ambientale a

199 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Grafico 3.4.23 - Mosaico di conversione urbana dei suoli sulla base dei piani comunali nella provincia di Frosinone

Grafico 3.4.24 - Mosaico di conversione urbana dei suoli sulla base dei piani comunali nella provincia di Latina

200 Usi del suolo e presenza antropica micro e meso scala, prerogativa di base per l’impianto di una Rete Ecologica Regionale. 3.4.7 Conclusioni

È utile precisare che il rischio insediativo è riferito alle parti di territorio ad elevata vul- nerabilità di urbanizzazione e non solamente di edificazione. L’urbanizzato comprende infatti le porzioni di suolo occupate dai corpi edilizi (superfici coperte), ma anche tutte quel- le superfici occupate dalle pertinenze di questi e da funzioni accessorie, quali parcheggi, spazi di relazione e di scambio, attrezzature tecnologiche che consumano e impermeabiliz- zano suolo al pari delle destinazioni edilizie. È piuttosto evidente come la eventuale affermazione del rischio descritto comportereb- be una saturazione edificatoria ed urbanistica per tutte le morfologie più “deboli” realizzan- do una grave insularizzazione per le strutture montane nelle quali sono concentrati i più importanti ecosistemi naturali che perderebbero, pertanto, le possibilità di interazione eco- logica con danni alla fauna di interesse conservazionistico internazionale presente sia in Appennino, sia negli ecosistemi dell’hinterland costiero e collinare-basso montano. Come aspetto ulteriore va segnalata la tendenza alla perdita di gran parte dei suoli pia-

Grafico 3.4.25 - Rischio di conversione urbana dei suoli regionali

201 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio neggianti con capacità produttive agricole che va estendendosi anche verso le fasce colli- nari, soprattutto nei retroterra costieri, che costituiscono paesaggi di elevato valore. Il dia- gramma esprime lo scenario di conversione urbana delle varie tipologie di uso del suolo regionale mediante le percentuali di superficie destinata all’uso i-esimo interessata da indi- ci di rischio insediativo molto elevato. La geografia derivata dalla restituzione territoriale del rischio insediativo fornisce indicazio- ni in sede di pianificazione per individuare quelle linee di tendenza per le quali gli strumenti urbanistici devono usare una maggiore energia di controllo e attuare politiche di contenimen- to (Wassmer, 2006; Boyle and Mohamed, 2007) attraverso regole più incisive di quanto non sia stato fatto nel passato (Colding, 2007). Resta aperto il dibattito sul come effettivamente “compattare” la città e le parti urbanizzate, considerando che anche questa soluzione va attuata con criteri ragionevoli e variabili da zona a zona geografica, prestandosi poco a sem- plicistiche generalizzazioni (Jenks et alii, 1996) a causa della considerevole quantità di inter-

Fig. 3.4.24 - Margini urbani nelle matrici agricole relazioni presenti tra le conurbazioni e la loro matrice di adiacenza (Forman, 2008). Una metodologia più sofisticata è invece quella a cui si dovrebbe ricorrere per misurare «l’urbano intorno all’urbano», cioè l’effetto di feed-back positivo che le parti urbanizzate pro- ducono a carico dei territori adiacenti, attraendo nuova urbanizzazione. In questo caso sarà necessario disporre di sezioni temporali di sviluppo dell’insediamento il più numerose possi-

202 Usi del suolo e presenza antropica bile, ma si tratta di data-base oggi ancora poco diffusi in Italia e per nulla omogenei crono- logicamente. Tale analisi sarà comunque molto più significativa se attuata negli intorni delle conurbazioni classificabili come “polarizzatori urbani”, quelle cioè più attrattive per i nuovi insediamenti in quanto erogatrici di servizi superiori e ricche di potenzialità occupazionali.

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206 CAPITOLO 4

Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

4.1 Introduzione Massimo Bruschi - ARP

Per introdurre i temi di questo capitolo può essere utile una piccola schematizzazione. Per quanto attiene le aree protette, si può affermare che tra valori ambientali e territoriali da tutelare, obiettivi di tutela e fabbisogni di risorse per la loro realizzazione esista un siste- ma di relazioni strette, sintetizzabile nel grafico seguente:

VALORI AMBIENTALI E TERRITORIALI

attuazione classificazione

PROGETTI E OBIETTIVI FABBISOGNO ISTITUZIONALI E DI RISORSE programmazione FUNZIONI

Grafico 4.1.1 - Quadro delle relazioni tra valori, obiettivi e risorse delle aree protette

Gli scritti che seguono trattano, da diversi punti di vista, della funzione assunta dalla valu- tazione nelle varie fasi del processo di pianificazione del Sistema regionale delle aree natu- rali protette, evidenziandone il ruolo nell’ambito del sistema di relazioni appena delineato. La valutazione svolge infatti un ruolo centrale nella fase di classificazione delle aree pro- tette, che verrà illustrato nei primi paragrafi di questo quarto capitolo. Altrettanto strategi-

207 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio co, è il ruolo della valutazione nella programmazione dello sviluppo del sistema: nell’iden- tificazione delle aree protette da istituire, nella selezione delle proposte di nuova istituzio- ne formulate da una molteplicità di soggetti attivi sul territorio, nella qualificazione delle strutture, dei fabbisogni e della loro distribuzione territoriale in relazione alla possibile riar- ticolazione della gestione. La valutazione, infine, costituisce un elemento fondamentale nell’azione di monito- raggio degli investimenti e dei risultati raggiunti in un quadro di programmazione che vede nelle aree protette gli attori principali della conservazione in situ e della promo- zione di linee di sviluppo sostenibile in contesti territoriali con caratteristiche decisa- mente “speciali”. Il tema della valutazione viene quindi trattato affrontando per prime le questioni relative alla classificazione delle aree protette, intesa come processo che associa a valori ambien- tali riconosciuti dei territori i pertinenti obiettivi specifici di conservazione e valorizzazione e le relative competenze e funzioni. Il tema della classificazione è stato approfondito dall’ARP in varie occasioni, la più importante delle quali è rappresentata dallo studio Analisi e proposte sulla classificazione delle aree protette della Regione Lazio in riferimento al con- testo internazionale, redatto nel 2003 e pubblicato nel 2007 (Gambino, Thomasset, 2007). A quei risultati viene qui affiancato qualche spunto di riflessione derivato da una classifica- zione speditiva basata sulla copertura del suolo nelle aree protette e nei territori immedia- tamente limitrofi. Successivamente, si affrontano i temi della programmazione1 - che definisce progetti e fabbisogni di risorse per realizzare gli obiettivi istituzionali - riprendendo alcuni concetti posti alla base del “Documento programmatico per il sistema delle aree protette regiona- li”, realizzato dall’ARP in occasione di una attività di supporto alla programmazione dei fondi POR 2007-2013 ma con l’ambizione di lanciare una proposta metodologica comple- ta. Lo schema per la programmazione del Sistema presentato propone, partendo dalla qua- lificazione e dalla programmazione delle “azioni” di cui ogni area protetta è protagonista, di considerare i costi per la realizzazione delle “strutture” che utilizza (e quindi di stimare dei fabbisogni del sistema attuale), valutare i costi della “continuità operativa” (personale,

1 Per fornire alcuni elementi sulla realtà della programmazione e gestione del sistema delle aree protette del Lazio, si riportano in appendice al capitolo le prime stime sui fabbisogni gestionali e di infrastrutture oltre ad alcuni dati di sintesi sull’attuazione dei progetti nei territori protetti, elaborata sulla base di dati forniti dalla Direzione Regionale Ambiente per la redazione dello stesso Documento programmatico POR 2007-2013.

208 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette consumi, manutenzione, monitoraggio, ecc.) che il funzionamento richiede, considerando anche le possibili economie di scala conseguibili mediante la riorganizzazione territoriale ed amministrativa del Sistema. Sul tema della programmazione, apparentemente “laterale” rispetto a quello della pia- nificazione del Sistema, vale la pena spendere da subito qualche parola in più. Esso si pre- senta come un tema complesso, da considerare integrato alla pianificazione ed all’organiz- zazione del Sistema stesso per almeno tre ordini di (ovvi) motivi: - un sistema che sia “vivo”, quando non in espansione, “consuma” risorse per la rea- lizzazione dei suoi obiettivi istituzionali; in altre parole, esiste una relazione diretta tra obiettivi istituzionali e risorse necessarie alla loro realizzazione; - la sostenibilità economica del sistema è un elemento fondamentale della sua pianifica- zione, se non altro sotto il profilo della fattibilità delle proposte per il suo sviluppo che si possono formulare nel PRANP; - al PRANP è demandato tra l’altro - art.39, commi 6 e 7 della LR 29/1997 - il riordino delle aree del sistema esistente, foriero di ineludibili conseguenze gestionali. Il capitolo si chiude proponendo alcune considerazioni sulle tematiche da prendere in considerazione per un possibile miglioramento del ciclo di programmazione delle aree pro- tette, per far sì che si svolga sempre di più in un’ottica di Sistema.

Riferimenti

GAMBINO R., THOMASSET F. (2007), Analisi e proposte sulla classificazione delle aree protette della Regione Lazio in riferimento al contesto internazionale, in AA.VV. (2007), Biodiversità e aree protette nel Lazio, ARP, 2007

209 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

4.2 La classificazione delle aree protette del Lazio

4.2.1 Le aree protette del Lazio rispetto alle classificazioni nazionali ed internazionali Erica Peroni - ARP

Gli obiettivi specifici a cui associare le attività da svolgere e quindi le relative dotazioni infra- strutturali vanno relazionati alla tipologia di area protetta: la classificazione delle aree rappre- senta quindi un passaggio fondamentale, che ha ricadute dirette sulla programmazione2. Sui temi della classificazione e degli obiettivi previsti dalla LR 29/97, l’ARP ha realizzato nel tempo una serie di studi finalizzati ad una gestione sempre più efficace del sistema delle aree protette regionali, allineandosi con le più recenti metodologie a livello internazionale. Nel 2001 è stato redatto il “1° Rapporto sulle Aree Naturali Protette della Regione Lazio”, noto nel ristretto ambito degli “addetti ai lavori” delle aree protette del Lazio come “Libro bianco sulle aree protette”. Si tratta di una indagine condotta sulle aree del sistema dell’epo- ca, già molto esteso grazie alle istituzioni contenute nello stralcio di Piano Parchi contenuto nella LR 29/97, ma, proprio per la recente istituzione di molte aree, non ancora dotato di una fisionomia ben definita. In quella occasione, un gruppo di intervistatori ha somministra- to agli Enti di gestione delle aree protette una serie di questionari relativi ad argomenti vari, dalla dotazione di personale alle strutture di fruizione disponibili, cui è stata affiancata una indagine sulle coperture del suolo nelle singole aree. Ne è stato ricavato un rapporto di sin- tesi, integrato alla parallela indagine socioeconomica sulle realtà territoriali interessate dal sistema delle aree protette. Gli studi realizzati sono stati posti alla base del DT2002 appro- vato con DGR 1100/2002, ed hanno fornito dati ed informazioni per gli studi condotti in attuazione del programma di lavoro contenuto nello stesso DT2002, in particolare per lo studio del 2004 di F. Thomasset e del R. Gambino sulla classificazione e la riorganizzazione del sistema regionale (pubblicato per ampia sintesi in Gambino e Thomasset, 2007). Nel “Libro bianco sulle aree protette” viene effettuata una ricognizione delle aree in un’ottica di sistema. Di questa fa parte l’indagine sulle coperture del suolo nelle aree pro- tette, condotta da M. Agliata e V. Cingolani, la quale ha consentito di effettuare una prima caratterizzazione dal punto di vista territoriale del sistema, suddividendo le aree in tre macro-categorie a seconda del loro grado di naturalità:

2 Per chiarire il concetto, un’area classificata come Parco Naturale (sensu LR 29/97), che nella classificazio- ne dell’IUCN vede tra gli obiettivi primari quello della fruizione turistica e delle attività ricreative necessiterà di maggiori investimenti in strutture per la fruizione rispetto ad una Riserva Naturale.

210 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

- Territori Boscati e Ambienti seminaturali; - Territori Agricoli; - Territori Misti. Dallo studio emerge una difformità tra le categorie di aree definite dalla legge regionale del 1997 e quelle che allora componevano il sistema. Da qui si sviluppa una riflessione su una pos- sibile revisione della classificazione del sistema: da un lato la necessità di inquadrare le aree diversamente definite all’interno delle categorie delle aree naturali protette riconosciute dalla normativa, dall’altro la specificità dei luoghi e la necessaria apertura alla visione europea e internazionale della conservazione della natura, richiesta dal processo di integrazione europea. In particolare, gli autori del “Libro Bianco” evidenziano come principi guida per la rivisi- tazione delle categorie: 1. il confronto con le realtà internazionali in particolare con il riferimento più organico rappresentato dalla classificazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ricercando le modalità per ridurre quanto più possibile le discra- sie con gli altri paesi europei; 2. la risposta alle esigenze e alle istanze di interrelazione dinamica presenti nel territo- rio che scaturiscono dalla applicazione delle necessarie forme di gestione delle aree e delle risorse; 3. la necessità di rappresentare adeguatamente la diversificazione delle situazioni ter- ritoriali che esprimono le “aree terrestri e marine da destinare in modo speciale alla protezione e al mantenimento della diversità biologica e delle risorse naturali e di quelle culturali ad esse associate”, delineando forme di gestione efficaci capaci di rispondere alle esigenze specifiche. Si evidenzia la necessità di associare ad ogni categoria di aree protette il quadro degli obiet- tivi da raggiungere, distinguendone i diversi gradi e le relative priorità in relazione ai peculiari caratteri degli ambiti territoriali, fissando una nucleo di principi che sono così riportati:

I criteri da seguire per la definizione delle diverse categorie di aree naturali protette faranno riferimento, in relazione alla struttura di obiettivi sopra definita, ai requisiti fisici e ambientali dell’ambito, alle relazioni con il contesto, alle più opportune modalità di protezione, di accessibilità e di fruizione, nonché ai più appropriati strumenti per la loro gestione. Il percorso delineato si caratterizza per il forte legame con la realtà specifica dei luoghi, deve necessaria- mente prevedere che attribuire una determinata area ad una specifica categoria sia il risultato di un pro- cesso di concertazione e non abbia il carattere di scelta definitiva, non vi sia cioè la decisione valida per sempre, pertanto dovrà avvalersi di un processo di monitoraggio e di verifiche successive che consenta- no di confermare nel tempo tale decisione o di modificarla per attuare una gestione più appropriata e più efficace per l’area in esame (Agliata, Cingolani, 2001, p. 93).

211 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Anche nel lavoro di Gambino e Thomasset il tema della riclassificazione delle aree pro- tette regionali viene trattato a livello di sistema, inquadrandole in un ambito internaziona- le. I principali sistemi di classificazione delle aree protette citati sono: - classificazione IUCN (1998) - 6 categorie definite in base ai mix di obiettivi da perse- guire: Riserve integrali/Aree di wilderness, Parchi Nazionali, Monumenti Naturali, Riserve Naturali, Paesaggi Protetti, Gestione sostenibile delle risorse naturali; - classificazione CEE (1980) - 8 categorie definite in base al grado di naturalità: Riserve integrali, Parchi Nazionali, Monumenti Culturali e Naturali, Riserve Naturali, Paesaggi Coltivati, Paesaggi Naturali/Seminaturali, Fasce Verdi, Aree Protette specifiche; - classificazione Nazionale (Legge 394/1991) - 5 categorie: Parchi Nazionali, Parchi naturali regionali, Riserve Naturali (statali o regionali), Aree protette Marine, Altre aree protette definite dal Comitato per le aree protette (per attuare convenzioni internazio- nali - es. Zone Ramsar). La principale differenza tra la classificazione prevista dalla normativa italiana e quelle internazionali è di tipo logico: quella nazionale non è basata né su un criterio di scopo né sul grado di naturalità, focalizzandosi invece sul livello di interesse pubblico. Infatti, la legge non distingue gli obiettivi assegnati a ciascuna categoria di aree protette, individuandole in maniera gerarchica. La proposta formulata è dunque quella di riclassificare le aree protette facendo una sin- tesi delle tre classificazioni (IUCN, Comunità Europea, Italia - L. 394/91), riferendosi ai seguenti criteri di base: 1. definizione delle aree protette come aree caratterizzate da valori naturali (ancorché associati a valori culturali) che necessitano di una protezione “speciale”; 2. considerazione delle aree protette non come isole, ma come parte integrante della rete ecologica regionale; 3. considerazione delle aree protette come facenti parte di un “sistema”, in funzione dell’applicazione di politiche articolate per una governance efficace; 4. coordinamento dei regimi di tutela delle aree protette con gli altri strumenti di piani- ficazione territoriale (PTPR, piani di bacino...); 5. classificazione in base al criterio di scopo (come da IUCN): per ciascuna classe, mediante un’apposita “matrice”, vengono individuati gli obiettivi da perseguire, con diverso grado di priorità; 6. assunzione della classificazione come un processo dinamico e continuo, che preve- da una verifica periodica dell’effettiva congruenza tra obiettivi, azioni e prestazioni.

212 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Ne scaturisce una nuova classificazione in nove categorie3, individuate in base alle dimen- sioni, al grado di naturalità/antropizzazione, al loro possibile ruolo in una rete ecologica: 1. Riserve Integrali 2. Aree Wilderness 3. Parchi Naturali 4. Monumenti Naturali 5. Riserve Naturali 6. Riserve Marine 7. Paesaggi Protetti 8. Aree di riequilibrio 9. Aree per la gestione sostenibile di determinate risorse. Le diverse categorie sono definite in base ad un criterio di scopo, per cui ad ogni tipo- logia corrispondono una serie di obiettivi da perseguire.

Tabella 4.2.1 Relazioni tra classificazione ed obiettivi delle aree naturali protette (da Gambino, Thomasset, 2007) Obiettivi di gestione/categorie RI AW PN MN RN RM PP ARE AGS ricerca scientifica 1322223-3 protezione della vita selvaggia 2 1 3 3 3 - - - 2 conservazione delle specie 121111211 e della diversità biologica mantenimento dei servizi ambientali211-11231 protezione di specifiche realtà - - 2 1 3 - 1 2 3 naturali/culturali turismo e attività ricreative -2133-223 educazione - -2222323 uso sostenibile delle risorse - 3 3 - 2 3 1 - 1 e degli ecosistemi naturali mantenimento delle caratteristiche ------1 - 2 culturali e delle tradizioni recupero e riequilibrio ambientale - 2 - - 2 - 3 1 3 Legenda 1 = obiettivo prioritario, 2 = obiettivo secondario, 3 = obiettivo potenziale RI=Riserve Integrali; AW=Aree Wilderness; PN=Parchi Naturali; MN=Monumenti Naturali; RN=Riserve Naturali; RM=Riserve Marine; PP=Paesaggi Protetti; ARE=Aree di riequilibrio; AGS=Aree per la gestione sostenibile di determinate risorse

3 Rimane aperta la questione della loro riconducibilità alle categorie previste dalla LR 29/1997, che prevede parchi e riserve (art. 5) e monumenti naturali ed aree della Rete Natura 2000 (art. 6), integrando senza

213 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Le caratteristiche che incidono nella classificazione sono definite in base a dei requisiti, riscontrabili con una certa oggettività tecnico-scientifica, che possono condizionare il per- seguimento degli obiettivi e che contribuiscono a definire il perimetro dell’area protetta: i caratteri ambientali dell’area protetta e del contesto, la dimensione, gli elementi ambienta- li compresi nel perimetro (habitat, paesaggi, risorse...), la proprietà dei suoli, le relazioni spaziali con altre aree protette, il ruolo nella REcoRd Lazio. Oltre alle caratteristiche che definiscono il profilo di un’area protetta, sono da prendere in considerazione le condizioni che rendono più o meno possibile il perseguimento degli obiettivi ad essa affidati, i tipi di governance (tipologia di ente di gestione - regionale, pro- vinciale, ente parco,...), gli strumenti di gestione (piani, regolamenti, misure specifiche...), le misure generali di tutela dell’area (divieti o limitazioni d’accesso, divieto di caccia o pesca...), le previsioni degli strumenti di pianificazione e governo del territorio interessato (che pos- sono favorire, ignorare o contrastare il perseguimento di determinati obiettivi), le misure di tutela per il contesto (istituzione di aree contigue), i sistemi di controllo e monitoraggio. La verifica delle condizioni e dei requisiti di un’area protetta consente di effettuare una valutazione dell’effettiva fattibilità di una sua istituzione, e di orientare la scelta per la sua attribuzione ad una determinata categoria. La classificazione e la gestione delle aree pro- tette in questo modo assume un carattere dinamico e processuale. Facendo seguito ad un’eventuale variazione di condizioni e requisiti in un’area protetta, si possono modificare nel tempo la sua classificazione, i relativi obiettivi, e le modalità di governance. Una volta istituita l’area protetta, l’adozione di adeguati sistemi di monitoraggio consen- te di valutare nel tempo se le sue prestazioni sono effettivamente funzionali al raggiungi- mento dei suoi obiettivi. In estrema sintesi, il metodo proposto prevede un processo continuo di definizione degli obiettivi e di verifica delle prestazioni di un’area protetta rispetto ad essi, stabilendo degli indicatori da monitorare nel tempo (ad es., la conservazione di determinati habitat, la qua- variazioni lo schema della legge quadro nazionale 394/1991. Si possono solo fare alcune considerazioni, da tenere presenti in una eventuale sede di riordino del Sistema (si veda anche il § 4.6): 1) alcune aree previste nell’elenco non sono di competenza regionale (ad es., le Riserve Marine RM); 2) alcune tipologie di aree (RI, AW, MN) possono risultare incluse in aree di altre tipologie (RN, PN), fino even- tualmente a coincidere con esse qualificandole in termini specifici rispetto agli obiettivi di conservazione; 3) i PP, le ARE e le AGS svolgono una funzione in gran parte di supporto alle aree di maggior pregio (aree preparco, aree di connessione ecologica, aree di protezione esterna, ecc.), cui si associa eventualmente la tutela di una specifica componente ambientale e/o paesaggistica. Si tratterebbe, in questo caso, di una categoria nuova, non presente nella normativa nazionale o regionale.

214 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette lità delle acque, il numero di visitatori). Per la programmazione del sistema delle aree pro- tette regionali, un monitoraggio continuo effettuato sulla base di parametri prestabiliti è fondamentale per avere un controllo immediato del rapporto costi/benefici. Naturalmente, trattandosi di realtà complesse, inserite in una realtà socio-economica e di governance che non dipende esclusivamente dall’ente gestore dell’area protetta, la valu- tazione costi/benefici avrà sempre un carattere parziale. Tuttavia, applicare un metodo di monitoraggio delle prestazioni, e mettere strettamente in relazione gli obiettivi di un’area protetta con le tipologie di spese da effettuare, può senz’altro costituire un utile strumen- to di supporto alle decisioni sull’impiego delle risorse economiche: qui i temi della classifi- cazione si saldano con quelli della programmazione.

4.2.2 Classificazione delle aree protette: qualche indicazione dall’uso del suolo Massimo Bruschi - ARP

Oggi, a quasi dieci anni di distanza dalle analisi del Libro Bianco e dalle considerazioni di Gambino e Thomasset, quelli dell’analisi, della valutazione e della classificazione delle aree del sistema si pongono ancora come i nodi problematici di maggiore rilevanza ai fini della loro programmazione. Si propongono di seguito alcune riflessioni suscitate dalla ripetizione, in via speditiva, delle analisi sulla copertura del suolo nelle aree protette svolte nel 2001, considerando le aree protette istituite al giugno 2010. Tecnicamente, l’analisi è stata condotta mettendo a confronto, con l’ausilio di un software GIS, le aree protette con la Carta dell’Uso del Suolo (CUS) regionale realizzata con il metodo CORINE nel 2003 su ortofoto 1999. Per ampliare gli elementi di giudizio, sono state individuate per ciascuna area protetta o sua porzione delle fasce di territorio esterno “contermine”, che si è ritenuto in grado di esercitare influssi e ricevere pressioni sulla e dall’area protetta. La profondità della fascia di analisi è stata fissata in 2 km in linea d’aria. Anche le fasce contermini sono state messe a confronto con la CUS regionale per individuare gli usi del suolo in esse reperibili. I dati ricavati sono stati poi sottoposti ad una analisi statistica (cluster analysis) per verifi- care la formazione spontanea di raggruppamenti di aree con usi del suolo interni ed esterni quantitativamente simili. Ne sono emerse le dieci categorie raggruppate in Tab. 4.1.2., tre delle quali sono di fatto costituite da uno o pochi casi particolari di aree con caratteristiche peculiari, che possono fornire indicazioni utili ai fini della gestione e della programmazione.

215 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 4.2.1 - Classificazione delle aree protette nel territorio della Regione Lazio rispetto alla copertura del suolo al loro interno ed in una fascia contermine di due chilometri di profondità

Si ritiene che una analisi di questo tipo, di relativamente semplice esecuzione, possa già da sola fornire alcune indicazioni importanti sulle aree del sistema e sul sistema in genera-

216 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Tabella 4.2.2 Classificazione delle aree protette secondo gli usi del suolo presenti al loro interno e nella fascia contermine di due chilometri di profondità GRUPPO definizione sinte- caratteristiche sup. comples- sup. del grup- tica siva delle aree po rispetto al protette affe- totale (%) renti al grup- po (ha)

gruppo 1 dominanza antro- area con prevalenza di superfici artificiali sia nel- 238,40 0,10% pica; isolata l’area protetta che all’esterno. Tipica situazione di area urbana (parco urbano Monte Mario)

gruppo 2 dominanza natu- caso unico di area umida circondata da aree 150,16 0,07% rale; semiisolata coltivate (Saline di Tarquinia)

gruppo 3 dominanza natu- 4 aree con prevalenza di territori naturali e 6.072,00 2,65% rale; semiisolata seminaturali formanti “isole” in territori pre- valentemente agricoli

gruppo 4 - analisi della coper- area protetta “media” interna alla regione 229.462,87 100% aree pro- tura del suolo effet- Lazio. Quota di territori naturali e seminatura- tette nella tuata sull’insieme li superiore al 60%, con una significativa com- Regione delle aree protette ponente agricola (25%). Significativa appare Lazio regionali anche, soprattutto se raffrontata con le quan- tità di paesaggi lacustri ricompresi nelle aree protette regionali (resta fuori il solo Lago di Bolsena), la quota di superfici artificiali interne (alcuni, per la verità, sono parchi urbani)

gruppo 5 dominanza agrico- 14 aree caratterizzate da paesaggi agricoli, 32.748,22 14,27% la; moderatamen- sia all’interno che all’esterno. La componente te connessa naturale e seminaturale interna e nella fascia circostante vale quasi come le componenti dovute alle superfici artificiali (circa 15%)

gruppo 6 dominanza agrico- 8 aree caratterizzate da paesaggi agricoli al loro 21.726,96 9,47% la; semiisolata interno, che si accompagnano ad una mix super- fici agricole ed artificiali nella fascia esterna

gruppo 7 dominanza natu- 13 aree a fortissima componente naturale e 91.114,08 39,71% rale; connessa ed seminaturale interna, con forte presenza di ampliabile aree dello stesso tipo nella fascia esterna, associate ad una quota significativa di aree agricole complementari (30% circa)

gruppo 8 dominanza natu- 16 aree a fortissima componente naturale e 25.725,10 11,21% rale; connessa seminaturale interna, con forte presenza nella fascia esterna di aree agricole, asso- ciate ad una quota significativa di aree natu- rali e seminaturali (30% circa)

217 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 4.2.2 Classificazione delle aree protette secondo gli usi del suolo presenti al loro interno e nella fascia contermine di due chilometri di profondità gruppo 9 mista naturale e 18 aree caratterizzate da un mix equilibrato 50.676,60 22,08% agricola; semiiso- di aree naturali e seminaturali ed agricole, lata con una forte presenza nella fascia circo- stante di superfici agricole (più del 60%) gruppo 10 moderata domi- 2 aree con una buona presenza di superfici 1.011,34 0,44% nanza naturale; naturali e seminaturali (circa 60%), accom- isolata pagnate ad aree agricole (più del 30%) ma circondate da superfici artificiali (due sole aree: Insugherata e Pineto) le. Si tratta di indicazioni riguardanti i caratteri del territorio e quindi utili a inquadrare la natura dei problemi che lo interessano e, in prospettiva, a definire gli orientamenti nella gestione ambientale e paesistica ed allo sviluppo sostenibile delle aree, nonché a suggeri- re le caratteristiche che possono assumere, nei diversi casi, gli strumenti di programma- zione e pianificazione territoriale. Un primo dato significativo che emerge è che quasi il 25% delle aree protette attuali è costituita da territori a dominanza di usi agricoli, mentre un ulteriore 20% presenta un mix equilibrato di componenti naturali e agricole, circostanza che condi- ziona fortemente le scelte dei piani territoriali di queste aree protette. Grandi esten- sioni di aree naturali e seminaturali implicano verosimilmente una programmazione fortemente orientata alle azioni di tutela o addirittura possono orientare, come evi- denziato anche nello studio di Thomasset e Gambino, verso una classificazione del- l’area come riserva piuttosto che come parco. Altre indicazioni ricavabili dal mix di coperture del suolo possono riguardare le probabili condizioni di isolamento o con- nessione ecologica delle aree: aree naturali immerse in contesti con prevalenza di usi agricoli o caratterizzati da presenza di superfici artificiali avranno presumibilmente problemi di isolamento ecologico, mentre si può supporre che un’area protetta cir- condata da aree naturali per più del 50% della sua fascia contermine possa godere di un maggiore livello di connessione ecologica. Non è infine da trascurare la gamma di possibilità che può aprirsi per questo tipo di analisi a seguito della disponibilità del- l’approfondimento delle classi naturali e seminaturali della CUS regionale avviata dall’ARP (cfr § 3.1), che può in più di un caso offrire indicazioni specifiche sulla pre- senza di habitat oggetto di specifiche norme di tutela anche internazionali (habitat comunitari, zone umide, ecc.).

218 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

È confortante, leggendo la tabella, constatare che quasi il 40% del territorio protet- to (le aree del gruppo 7, per un totale di circa 91.000 ettari) presenti coperture del suolo prevalentemente naturali e seminaturali, seppur con un 30% di usi agricoli con- nessi. Queste aree protette (PNR Monti Aurunci, PNR Monti Ausoni e Lago di Fondi, PNR Monti Simbruini, PN Gran Sasso e Monti della Laga, PN d’Abruzzo, Lazio e Molise) sono circondate da territori con analoghi mix funzionali, e si possono supporre ecologicamen- te connesse se non addirittura ampliabili, per loro omogeneità, alle aree contermini. Per queste aree protette è logico presumere che un modello di gestione fortemente orien- tata alla conservazione dell’ambiente naturale ed alla promozione di forme di turismo sostenibile centrate sul godimento della natura possa essere il cardine degli atti di pia- nificazione e programmazione. Il secondo gruppo per estensione (il gruppo 9, con il 22% del territorio protetto per un totale di più di 50.000 ettari) è rappresentato da un mix equilibrato di territori agricoli e naturali; queste aree protette, di dimensioni anche notevoli (PNR Bracciano-Martignano, PNR Castelli Romani, RNR Lago di Vico, PN del Circeo), sono per lo più collocate in conte- sti agricoli. Si tratta di aree protette in cui la frammentazione delle superfici naturali e seminaturali non ha ancora raggiunto livelli di assoluta criticità, verosimilmente sia perché si tratta di aree che hanno in comune la presenza di specchi lacustri, classificati come “naturali” dalla CUS, sia per la presenza di superfici boscate di considerevole estensione e continuità. Altri due gruppi di aree, le prime “agricole” (gruppo 5) e le seconde “naturali” (gruppo 8), di estensione quasi analoga (14% per 33.000 ettari circa il gruppo 5, 11% per 25.000 ettari circa il gruppo 8), esauriscono un ulteriore quarto del territorio protetto della regio- ne. Le aree protette “agricole” di maggiore estensione ricadono nell’area metropolitana romana (PNR Veio, RNR Marcigliana, RNR Decima-Malafede) o in zone di consolidata tradi- zione agricola (RNR Laghi Lungo e Ripasottile). Si tratta di paesaggi agrari tradizionali in cui coesistono testimonianze archeologiche (anche la RNR Tuscania appartiene a questo gruppo) e rilevanti tracce di naturalità residua. Molte delle aree del gruppo delle “natura- li” (PNR dei Monti Lucretili la più estesa insieme alla limitrofa RNR Monte Catillo; RNR Selva del Lamone, RNR Monterano, PNR Valle del Treja ed altre) se non si fossero trovate immer- se in contesti a dominante agricola avrebbero probabilmente fatto parte del gruppo 7 delle aree “naturali” a pieno titolo, non presentando le coperture del suolo al loro interno gran- di differenze da quelle. Del restante 13% del territorio protetto regionale non ancora discusso, circa 22.000

219 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio ettari (il 9,5%) formano il gruppo delle aree agricole in contesti a dominante agricola o arti- ficiale (gruppo 6), quasi tutte ricadenti nell’area metropolitana romana e sottoposte a rile- vanti pressioni antropiche. I loro obiettivi e le loro funzioni specifiche sono diverse e com- plementari rispetto a quelle delle aree naturali, ed associano al controllo del territorio le azioni di educazione ambientale rivolte ad un vasto bacino di utenza in condizioni di acces- sibilità diretta. Queste considerazioni, lungi dal poter sostenere da sole linee strategiche compiute, dimostrano tuttavia la valenza sintetica delle rappresentazioni basate sulla copertura del suolo ai fini della pianificazione delle connessioni ecologiche e del sistema delle aree pro- tette e della rete Natura 2000. Gli studi in questa direzione formano d’altronde, ormai, un vasto filone di ricerca territoriale, che affronta temi di grande rilevanza quali il consumo di suolo e le dinamiche evolutive dei territori, utili alla definizione di obiettivi ed indicatori tanto per la pianificazione alla scala locale che per quella di area vasta. I temi della copertura del suolo entrano, attraverso le classificazioni paesaggistiche e di idoneità faunistica per la rete ecologica regionale, nel novero dei parametri presi in consi- derazione ai fini del reperimento (cfr § 4.4); si ritrovano come componente essenziale nella classificazione dei paesaggi del PTPR (cfr § 4.3); sono un importante elemento di valuta- zione delle situazioni territoriali nell’esame delle proposte di nuove istituzioni (cfr § 4.5); possono guidare le proposte di riorganizzazione e riclassificazione del sistema, come abbiamo visto nei lavori condotti dall’ARP sin dal 2001; ed è proprio in questa veste che se ne può proporre una ripresa nell’ambito della programmazione. Di analisi e classificazioni basate sulle carte di copertura del suolo si parla più diffusa- mente nel capitolo 3 di questo volume; se se ne è fatto cenno in questo capitolo, in cui si affrontano i temi della programmazione del sistema, è stato per sottolinearne la valenza sia quali strumenti di supporto alla decisione di livello strategico sia quale elemento di conti- nuità logica tra gli ambiti tematici trattati nei due capitoli.

Riferimenti

AGLIATA M., CINGOLANI V. (2001), 1° Rapporto sulle Aree Protette del Lazio, ARP, 2001 GAMBINO R., THOMASSET F. (2007), Analisi e proposte sulla classificazione delle aree protette della Regione Lazio in riferimento al contesto internazionale, in AA.VV. (2007), Biodiversità e aree protette nel Lazio, ARP, 2007

220 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

4.3 Criteri di integrazione fra paesaggio e aree naturali protette Valentina Bizzarri, Pietro Pannone - Dir. Regionale Urbanistica e Territorio del Lazio

4.3.1 Interrelazioni fra la pianificazione paesaggistica e i piani delle aree naturali protette. 4.3.1 Il caso del Lazio

La riflessione sulle integrazioni fra il paesaggio e le aree naturali protette nasce dall’esi- genza primaria di adeguare lo Schema di Piano Parchi del 1993 al nuovo scenario legisla- tivo e non solo, facendo il punto sulle aree di reperimento per l’istituzione di nuove aree naturali protette e/o per la revisione di quelle esistenti nella Regione Lazio. Negli anni trascorsi si è andato evolvendo il concetto di ambiente e della sua tutela, regi- strando una più diffusa consapevolezza e una maggiore attenzione sull’incidenza del valo- re del fattore “consumo di suolo” nei processi insediativi dell’uomo sul territorio. Non è casuale infatti che stiamo vivendo il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile (DESS) e che questi principi sono oramai divenuti patrimonio comune anche nella pianificazione urbanistica e territoriale. I fenomeni di antropizzazione nel passato hanno spesso interessato aree di pregio natu- ralistico e paesaggistico, la cui tutela non è stata evidentemente sufficiente, nonostante le specifiche leggi di settore, per cui il futuro sistema regionale delle aree naturali protette dovrà confrontarsi con il nuovo scenario dei sistemi insediativi contemporanei.

La pianificazione paesaggistica regionale

Riguardo le interrelazioni fra la pianificazione paesaggistica e i piani delle aree naturali protette, è da rilevare che già con la L.R. 24/98 sulla “pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico” la Regione Lazio ha ritenuto di integrare la pianificazione di settore dei piani delle aree naturali protette con le disposizioni della tutela paesistica, vincolando quella “autonomia” attribuita al piano del parco dalla legge quadro sulle aree naturali protette n. 394/91 e dalla legge regionale n. 29/97. Il comma 6 dell’art. 9 della L.R. 24/98 infatti stabilisce che “i piani delle aree naturali protette tengono conto delle disposizioni di cui al Capo II della presente legge quali livelli minimi di tutela, fatte salve valutazioni specifiche coerenti con le finalità delle aree naturali protette”.

221 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Ciò consente, anzi esige, di ricercare una “coerenza” fra le due pianificazioni, diverse per le loro finalità e contenuti ma “complementari” per il raggiungimento della massima tutela e valorizzazione dei beni e delle aree di interesse naturalistico e culturale. Pertanto l’esperienza della Regione Lazio nell’approvazione dei piani delle aree naturali protette, adottati prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 42/04, è andata in questa direzione. Con l’introduzione del Codice del Paesaggio viene invertito il rapporto gerarchico fra la pianificazione paesistica e quella dei parchi e riserve naturali rispetto alla L. 394/91. Gli enti gestori delle aree naturali protette “conformano o adeguano” gli strumenti di pia- nificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici ai sensi del co. 4 dell’art. 145 del D. Lgs. 42/04 vigente. Inoltre, con la recente modifica della L.R. 29/97, introdotta con la L.R. 5/09, i piani delle aree naturali protette approvati non hanno più valore di piano paesistico, facendo salvo quanto previsto dal Codice.

Il Piano Territoriale Paesistico PTPR della Regione Lazio

La Regione Lazio è stata la prima ad attuare il nuovo Codice del Paesaggio adottando nel 2007 il Piano Territoriale Paesistico - PTPR esteso all’intero territorio regionale (DGR n. 556 del 25/07/2007 e DGR n. 1025 del 21/12/2007 pubblicate sul S.O. n. 14 al BURL n. 6 del 14/02/2008). Per quanto concerne la pianificazione paesistica delle aree naturali protette, occorre precisare di nuovo che l’articolo 1 della L.R. 5/09 ha modificato il comma 6 dell’articolo 26 della L.R. 29/97 riguardo al punto in cui il piano del parco, alla sua approvazione, ”sosti- tuisce i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello, eliminando il riferimento ai “piani paesistici”. Inoltre, nella recente ordinanza della Corte Costituzionale n. 117 del 25.3.2010 si riba- disce che la disciplina dei parchi naturali rientra ”nella podestà esclusiva statale per i pro- fili attinenti la tutela del paesaggio e dell’ambiente, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera s) della Costituzione”, da cui deriva la vincolatività delle disposizioni del Codice sui piani delle aree naturali protette. Probabilmente quindi, alla luce di quanto sopra segnalato, sarà necessario riformulare i commi 6 e 7 dell’art. 37 delle Norme Tecniche di Attuazione del PTPR, al fine di eliminare ogni eventuale ambiguità.

222 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Il Piano paesaggistico è dunque divenuto strumento primario per la valorizzazione del- l’intero territorio regionale, non solo dei beni e delle aree vincolate, poiché contiene comun- que indirizzi di tutela, concertati con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (grazie ad un accordo siglato già nel 1998), oltre alle indicazioni per la gestione urbanistica del terri- torio, “co-pianificate” grazie alle competenze concorrenti del Titolo V della Costituzione. La cogenza del PTPR (in salvaguardia obbligatoria) rimane applicabile solo per i beni e le aree sottoposte a vincolo paesaggistico, quindi in primis per le aree naturali protette e le loro aree contigue, di cui all’articolo 9 della L.R. 24/98. Considerando, inoltre, che il PTPR del Lazio è stato elaborato senza alcuna intesa istitu- zionale con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (prevista all’ar- ticolo 143 comma 2 del Codice, ma non obbligatoria), l’autonomia “condizionata” attribui- ta al piano del parco dalle leggi di settore, citata nel paragrafo precedente, permane per gli aspetti strettamente ambientali e per quelli legati all’ecosistema, che sono propri delle aree naturali protette (cfr. le recenti sentenze C.C. n. 12/09 e C.C. n. 272/09). Occorre segnalare infine il caso particolare, rispetto al PTPR, del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti” di cui, al momento dell’adozione del PTPR, non si era ancora concluso l’iter di formazione. La necessità amministrativa è stata quella di procedere parallelamente e in modo auto- nomo con la redazione dei due strumenti di pianificazione, alla luce delle consistenti modi- fiche legislative sopraggiunte in materia di tutela paesaggistica e delle peculiarità storico- archeologiche del PTP 15/12, per le quali si richiedeva una progettazione specifica. Il PTP 15/12 è stato approvato con D.C.R. n. 70 del 10/02/2010 e pubblicato sul S.O. n. 71 al BURL n. 14 del 14/04/2010, avendo a tutti gli effetti valore di piano paesaggisti- co ai sensi degli artt. 135 e 143 del D. Lgs. 42/04. Non è in regime di salvaguardia. Il comma 4 dell’articolo 9 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PTP 15/12 sta- bilisce inoltre che: ”nell’area Naturale Protetta denominata “Parco Regionale dell’Appia Antica” ai fini della tutela dei beni paesaggistici si applicano le prescrizioni contenute nel presente Piano“, senza più il richiamo al Piano di Assetto del Parco (indicato nella L.R. 24/98), che dovrà ora essere conformato o adeguato, da parte dell’Ente gestore, alle pre- visioni del Piano paesaggistico entro due anni dalla sua approvazione. Si segnala infine il co. 7 del sopracitato articolo, posto in successione alla fase di con- formazione/adeguamento del piano del parco (prevista al co. 6) e che introduce una sorta di salvaguardia in extremis: “In caso di contrasto tra le previsioni del piano paesaggistico e le previsioni del piano dell’area naturale protetta, prevale la più restrittiva”.

223 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Una scelta della Regione Lazio, che in questo modo riconosce e avvalora le diverse fina- lità fra la tutela ambientale e quella paesaggistica.

Dalla tutela alla valorizzazione. I piani delle aree naturali protette di 2ª generazione

L’esperienza svolta nell’attività istruttoria dei piani delle aree naturali protette vede il tra- monto di una 1ª generazione di piani, quelli adottati prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 42/04 (01/05/04). Sono i piani delle aree naturali protette finora approvati, che si sostituivano ai piani pae- sistici regionali; sono in particolare i piani adottati che non sono stati ancora approvati, ela- borati con la suddetta finalità, cioè quella di fornire indirizzi anche di tutela paesaggistica. I loro iter di approvazione stanno subendo una complessità di problematiche, tipica dei momenti transitori ed emergente sin dalle fasi istruttorie, a seguito delle continue modifi- che e integrazioni al quadro normativo di riferimento e dei sopraggiunti strumenti di piani- ficazione territoriale locale e regionale (fra cui, per esempio: l’adozione del PTPR nel 2007, l’approvazione del NPRG del Comune di Roma nel 2008, la recente approvazione del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti” nel 2010, ecc.). Lo sforzo comune sarà quello di riconoscere nel piano paesaggistico regionale un riferi- mento sovraordinato, per garantire il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazio- ne territoriale e di settore, nonché con i piani, i programmi e i progetti nazionali e regiona- li di sviluppo economico. A questo dovranno concorrere e riferirsi i piani delle aree naturali protette di seconda genera- zione, passando dalla conservazione e protezione dell’ambiente in senso stretto ad una visione strategica e progettuale di “tutela attiva”, ovvero di valorizzazione del bene ambiente/paesaggio. Ritroviamo il rapporto fra i piani delle aree naturali protette e gli strumenti di pianificazione paesaggistica, analizzando i primi articoli della L.R. 29/97 e del Titolo I Parte Terza, del D. Lgs. 42/04. Fra i principi generali dell’articolo 1 della legge regionale, per esempio, si dichiara che la Regione “promuove su tutto il territorio, ed in particolare all’interno del sistema delle aree natu- rali protette, politiche volte al consolidamento di forme di sviluppo economico rispettose dei valo- ri storici ed ambientali e legate ad una concezione di sostenibilità”, mentre nel co. 2 dell’art. 133 del Codice si stabilisce che il Ministero e le regioni cooperano per la definizione di indirizzi e cri- teri riguardanti l’attività di pianificazione territoriale e che, “nel rispetto delle esigenze di tutela, i detti indirizzi e criteri considerano anche finalità di sviluppo territoriale sostenibile”.

224 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO (Alcuni articoli)

Articolo 1 - Definizioni

Ai fini della presente Convenzione: a) “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni; b) “Politica del paesaggio” designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio; c) “Obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche compe- tenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le carat- teristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita; d) “Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti signifi- cativio caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua con- figurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano; e) “Gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai pro- cessi di sviluppo sociali, economici ed ambientali; f) “Pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripri- stino o alla creazione di paesaggi.

Articolo 2 - Campo di applicazione

Fatte salve le disposizioni dell’articolo 15, la presente Convenzione si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati.

Articolo 3 - Obiettivi

La presente Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazio- ne dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo.

È proprio questa, infatti, una delle principali novità introdotte dal Codice, in attua- zione con quanto stabilito dalla Convenzione Europea del Paesaggio (cfr box CONVEN- ZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO): intendendo il paesaggio come territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro inter- relazioni, le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, fra l’altro, la riqua- lificazione e la fruizione del paesaggio nonché - ed è importante - “la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati”, ai sensi del comma 5 dell’ articolo 131 del Codice.

225 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

4.3.2 Il paesaggio nel piano del parco

Tipologia dei paesaggi nelle aree naturali protette istituite

A questo punto è possibile fare alcune riflessioni sulle “tipologie di paesaggio” individua- bili nelle aree protette istituite, così come risultano dalla sovrapposizione della Tav. “A - Sistemi ed ambiti del paesaggio” del Piano Territoriale Paesistico Regionale sui perimetri delle aree naturali protette già istituite. Prendendo in esame, insieme ai parchi e le riserve, anche i siti della Rete Natura 2000 (SIC e ZPS), colpisce nell’immediato la prevalenza delle tre classi del “sistema del paesag- gio naturale” in tutto il territorio regionale, con l’esclusione dell’area della provincia di Roma. Se condividiamo quindi la declinazione delle categorie dei “paesaggi” indicata nel PTPR (cfr. box n. 2), derivante dall’ipotesi di ricondurre la rappresentazione del paesaggio a due configurazioni fondamentali: 1 - il “paesaggio naturale”; 2 - il “paesaggio antropico”, rico- nosciamo la distinzione fra il “paesaggio naturale”, concernente prettamente i fattori bio- logici e geomorfologici, dal “paesaggio antropico”, legato ai fattori agro-silvicolturali ed insediativi e per il quale è necessaria un’ulteriore scomposizione in “paesaggio agricolo” e “paesaggio insediativo”.

Fig. 4.3.1 - La legenda dei paesaggi del PTPR della Regione Lazio

226 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Comprendiamo ora perché il “paesaggio agrario di rilevante valore” configuri prevalente- mente il territorio dell’Agro Romano e i rilievi collinari degli edifici vulcanici (Riserve Regionali della Marcigliana e di Decima-Malafede; ZPS del Comprensorio Tolfetano-Cerite-Manziate): si tratta infatti di un “paesaggio antropico”, tradizionalmente caratterizzato dalla produzione agricola tipica o specializzata, legata anche all’estensione dei terreni, che proprio “nel con- testo dell’Area Metropolitana di Roma assolve ad una fondamentale funzione di salvaguardia della risorsa territoriale dal rischio di una invasiva ed estesa conurbazione”. Alcune aree naturali protette della provincia romana sono, infatti, caratterizzate dai pae- saggi legati alla conduzione dell‘attività agricola estensiva e del pascolo, ben differenti dagli ambiti naturali di elevato valore ambientale, seppur mantenuti tali proprio dall’attività agro- silvo-pastorale, rintracciabili nel resto della regione.

Fig. 4.3.2 - Le tipologie di paesagggio del PTPR nella Riserva Naturale Regionale della Marcigliana

227 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

SISTEMI E TIPOLOGIE DI PAESAGGIO NEL PTPR DELLA REGIONE LAZIO (Fonte: PTPR)

Ai sensi dell’art. 22 L.R. 24/98, il PTPR classifica le aree sottoposte a vincolo ai sensi della L. 1497/1939 per zone ed individua le modalità di tutela dei beni di cui all’art. 1 della L. 431/1985, in conformità alle disposizioni contenute nel Capo II della medesima legge. La definizione tipologica dei “paesaggi” è stata condotta in relazione alle caratteristiche geografiche del Lazio e alle configurazioni antropiche e ambientali del paesaggio, riconducendo ad unità le classificazioni delle aree ai fini della tutela disciplinate dai 27 piani territoriali attualmente vigenti. Il metodo è finalizzato alla ricomposizione, quanto più possibile, di tutti gli elementi che concorrono alla definizione del complesso concetto di paesaggio e delle sue molteplici componenti e letture: paesaggio antropico, paesaggio storico, paesaggio umano, paesaggio naturale, paesaggio ambientale, paesaggio percettivo, panoramico, ecc. I “Sistemi di configurazione del Paesaggio” sono: • SISTEMA DEI PAESAGGI NATURALI - PN - Paesaggio naturale; PNC - Paesaggio naturale di continuità; PNA - Paesaggio naturale agrario. Sono paesaggi caratterizzati da un elevaato valore di naturalità e seminaturalità in relazione a speci- ficità geologiche, geomorfologiche e vegetazionali. Tale categoria riguarda principalmente aree interes- sate dalla presenza di beni elencati nella L. 431/85, aventi tali caratteristiche di naturalità, o territori più vasti che li ricomprendono. Gli obiettivi comuni sono il mantenimento e la conservazione, inibendo la trasformabilità. • SISTEMA DEI PAESAGGI AGRICOLI - PAR - Paesaggio agrario di rilevante valore; PAV - Paesaggio agra- rio di valore; PAC - Paesaggio agrario di continuità. Si tratta di paesaggi caratterizzati dall’esercizio dell’attività agricola. • SISTEMA DEI PAESAGGI INSEDIATIVI - PIE - Paesaggio dell’insediamento in evoluzione; PIU - Paesaggio dell’insediamento urbano; CNS - Paesaggio dei centri e nuclei storici; PIS - Paesaggio dell’insediamen- to storico diffuso; PG - Parchi e giardini storici. Paesaggi caratterizzati da processi insediativi delle attività umane e storico-culturali. • AREE CON CARATTERI SPECIFICI - Ambiti di recupero e valorizzazione paesistica; Aree o punti di visua- le. Sono aree che hanno una connotazione autonoma ma possono essere interne alle configurazioni del paesaggio. Di seguito la percentuale della superficie dei citati Paesaggi rispetto al territorio regionale: - Paesaggio naturale: 38,74% - Paesaggio naturale di continuità: 11,24% - Paesaggio naturale agrario: 5,84% - Paesaggio agricolo di rilevante valore: 11,58% Da una prima analisi sul sistema laziale delle aree protette possiamo dedurre che queste vanno a coinci- dere con i grandi territori caratterizzati da un ambiente naturale integro. Altre aree protette sono state istituite su porzioni di territori caratterizzati dalla loro valenza culturale, archeologica, paesaggistica, spes- so già sottoposti a vincolo di tutela. Queste aree ricadono nel sistema dei parchi e delle riserve naturali ma tipologicamente si distinguono da quelle prettamente naturali caratterizzate da elementi di biodiversità che spesso si allineano con i siti di Natura 2000 (si vedano anche i Grafici 4.3.1 e 4.3.2).

228 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Un esempio è costituito dalla Riserva Naturale della Marcigliana nel Comune di Roma, la cui identità è quella propria del “parco agricolo”. Oltre il 75% del suo territorio (in cui si regi- stra la presenza di numerose aziende agricole, anche se a rischio di abbandono) è in uso agricolo per monocolture estese, prevalentemente seminative e per pascolo permanente.

Grafico 4.3.1 - Le quote percentuali delle diverse tipologie di paesaggio del PTPR incluse nelle aree protette del Sistema regionale del Lazio La L.R. 29/97 non prevede una specifica tipologia di “parco agricolo”, ma all’articolo 30 rico- nosce comunque l’importanza dell’attività agro-silvo-pastorale come fattore di difesa ambienta- le, oltre che come strumento per perseguire uno sviluppo sostenibile attraverso la promozione di attività compatibili con la tutela dei valori ambientali e culturali presenti nell’area protetta. “Parco agricolo” inteso come “cantiere di produzione ambientale” a cura delle stesse popolazioni locali, alle quali da sempre è stata affidata la produzione e la manutenzione delle risorse ambientali, costituendo oltretutto un indispensabile strumento di conservazio- ne del paesaggio.

229 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Inoltre, tutelando e valorizzando i paesaggi agrari, sarebbe evitato il rischio di appiattimen- to e di omologazione del sistema delle aree naturali protette, sia romano che regionale. Per gli stessi motivi, anche per garantire la fruizione collettiva dei siti archeologici rica- denti in parchi e riserve naturali (ad es. Parco di Veio o Riserva della Marcigliana), sareb- be auspicabile una maggiore integrazione fra la normativa di settore e i “parchi archeolo- gici e culturali” previsti nell’art. 31ter della L..R. 24/98. Infine, a proposito del rischio di “omogeneizzazione” tipologica dei parchi e riserve, si registra come sinora siano stati “elevati” ad aree naturali protette solo due sistemi fluvia- li, oltretutto in modo molto parziale: la Riserva Nazzano-Tevere-Farfa e la Riserva della Valle dell’Aniene. L’integrazione a questa rete ecologica e idrografica è compiuta invece con i siti della Rete Natura 2000, costituiti in particolare dai fiumi Fiora (SIC), Marta (SIC), Mignone (SIC), Fosso Cerreto e Farfa (SIC/ZPS), situati prevalentemente nella parte settentrionale del Lazio, rimasti sostanzialmente integri per la presenza di vincoli paesaggistici e per i quali la tutela è garantita anche dalle Misure di Conservazione e dai Piani di Gestione.

I paesaggi nello Schema Regionale delle Aree Naturali Protette

La riflessione, certamente non esaustiva, sui diversi “paesaggi/parchi” rintracciabili nel territorio regionale, quello naturale, agricolo, archeologico, fluviale (...) continua allargan- do l’orizzonte allo Schema di Piano Parchi (DGR 11746/93 e DGR 1100/02), con la pro- spettiva del suo necessario adeguamento. Un primo aspetto riguarda i temi dell’identificazione di territori di particolare valore da inserire tra quelli su cui potranno essere istituite nuove aree protette, il cosiddetto “insie- me di reperimento” per il PRANP. Come più dettagliatamente descritto in un successivo paragrafo, le categorie dei Paesaggi, ritenute interessanti ai fini del reperimento ai sensi dell’articolo 7 della LR 29/97, sono soprattutto quelle costituenti il “Sistema del Paesaggio Naturale” a cui si aggiunge il “Paesaggio agricolo di rilevante valore” che configura preva- lentemente il territorio del’Agro Romano e i rilievi collinari degli edifici vulcanici, in cui l’obiettivo di qualità paesistica è la salvaguardia della continuità del paesaggio mediante il mantenimento di forme di utilizzazione agricola del suolo. Analogamente a quanto considerato in precedenza, dalla sovrapposizione della Tav. A del PTPR sui perimetri dello Schema di Piano Parchi del 1993 emerge fra tutti il paesaggio

230 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette agricolo, sia “naturale” che “di rilevante valore”, del sistema fluviale del Tevere (compren- sivo di quello del fiume Treja - Riserva Regionale e del Fosso del Cerreto - SIC/ZPS) e di quella porzione della valle del fiume Aniene in prossimità della Tenuta agricola di Corcolle e dell’area archeologica dell’antica città di Gabii. Si tratta di bacini fluviali di importanza nazionale e regionale. Il comma 8 dell’articolo 5 della L.R. 29/97 prevede l’istituzione del Parco interregionale del Fiume Tevere, il cui ambi- to territoriale indicato nello Schema Regionale è sottoposto a vincolo paesaggistico di cui all’art. 136 lett. c) e d) del D. Lgs. 42/04 e ss.mm. e ii. Solo il tratto urbano della Valle dell’Aniene entro il Grande Raccordo Anulare (GRA) fa parte del sistema delle aree naturali protette gestite dall’Ente RomaNatura, istituito con l’articolo 44 della legge regionale. Il sistema vallivo del fiume, esternamente al GRA, conti- nua prevalentemente integro oltre i Monti Ruffi e fino alle pendici dei Monti Simbruini, sep- pur minacciato dai processi insediativi e produttivi nell’area di Tivoli e nonostante la “pre- senza” dei tracciati infrastrutturali autostradali e ferroviari. Il PTPR introduce per l’ambito vallivo dell’Aniene il vincolo paesaggistico delle “aree agri- cole identitarie della campagna romana”, ai sensi del co. 1, lett. c) dell’art. 134 del D. Lgs. 42/04. Il vincolo si estende a sud fino alla Tenuta di Tor Angela e della Tenuta di Corcolle, ripercorrendo quanto indicato nello Schema di Piano Parchi. Predominante in questi luoghi è ancora il “paesaggio agrario di rilevante valore”.

Fig. 4.3.3 - Le tipologie di paesaggio del PTPR nella Riserva Naturale Regionale della Valle dell’Aniene

Nel citato Schema del 1993 emerge un altro sistema fluviale importante, sia per lunghez- za che per collocazione geografica, rappresentato dai fiumi Sacco-Liri-Garigliano che per- corre tutto il Lazio meridionale.

231 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Il fiume Sacco scorre integro dal punto di vista paesaggistico (tralasciando in questa sede la questione dell’inquinamento delle sue acque e auspicandone l’integrità anche ambientale) fino all’intersezione con l’Autostrada Roma-Napoli, poi subisce in alcuni tratti le aggressioni infrastrutturali del sistema della mobilità regionale, viario e ferroviario. Il pae- saggio agricolo e fluviale è particolarmente compromesso in prossimità delle aree indu- striali del capoluogo della provincia ciociara e di alcuni comuni ad esso limitrofi, ma poi riprende oltre Ceccano fino alla Riserva Naturale delle Antiche città di Fregellae, Fabrateria Nova e del Lago di S. Giovanni Incarico. Dal lago il paesaggio agricolo continua lungo il fiume Liri, attraversando a sud tutto il ter- ritorio regionale, fino a confondersi con quello del fiume Garigliano al confine con la Campania e poi fino al mare. In questo tratto ritroviamo una maggiore integrità ambientale e del paesaggio. In particolare, si segnala che l’ambito tra il Lago di S. Giovanni Incarico e il confine con la provincia di Latina (individuato nello Schema) è stato sottoposto a vincolo paesistico di cui al comma 1, lettera c) dell’articolo 134 del D. Lgs. 42/04 come area agri- cola identitaria della “Piana del fiume Liri fra i fiumi Garigliano e Sacco”.

Grafico 4.3.2 - Le tipologie di paesaggio del PTPR nel territorio regionale e nelle aree protette del Lazio

232 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Un altro esempio nel Lazio di corso d’acqua caratterizzato da integrità ambientale e paesag- gistica è costituito dal fiume Velino, in provincia di Rieti (fra i più puliti d’Italia). In questo caso però non si tratta di un ambito specificatamente individuato nello Schema Regionale come potenziale parco fluviale. Eppure Il Velino attraversa l’intero settore settentrionale del territorio provinciale, divenendo elemento fondante della sua rete ecologica, dalle sorgenti fino alle Cascate delle Marmore, dove l’acqua del fiume, canalizzata dagli antichi romani, precipita nell’umbro fiume Nera.

4.3.3 Conclusioni

Considerati i diversi spunti di riflessione, emerge fra le ipotesi come la meno impattante per l’individuazione delle aree per il reperimento/revisione dei parchi e delle riserve natu- rali (insieme alle loro aree contigue) nel Piano Regionale delle Aree Naturali Protette quel- la di valutare primariamente le aree già sottoposte a vincoli paesaggistici, confermando quanto già stabilito dall’articolo 7 della LR 29/97, ovvero quelle aree per definizione già impregnate di valori ambientali e paesaggistici e per le quali l’obiettivo attuale è quello di sviluppare nuove forme di conservazione e di tutela attiva. Le componenti naturali andrebbero finalmente ad integrarsi con quelle culturali ed eco- nomiche, proiettandole nella futura valorizzazione, gestione e fruizione collettiva, queste sì, davvero, di competenza regionale. L’auspicio naturalmente è quello di una co-pianificazione istituzionale sempre più opera- tiva, ma l’esperienza di questi anni ha suscitato la realistica necessità di stabilire un ordine “gerarchico” fra gli strumenti di pianificazione, non per rivendicare supremazie inaccetta- bili, ma per garantire il mantenimento di alcune “invarianti strutturali”, non solo di caratte- re morfologico del territorio, ma anche di carattere vincolistico in senso più ampio.

Riferimenti

AA.VV. (2005), Conservazione Ecoregionale, Reti Ecologiche e Governo del Territorio- Atti del Convegno Nazionale, 9/10 giugno 2005, Tolentino PAOLO CARPENTIERI (2008), Paesaggio e Beni Paesaggistici - Relazione per la Giornata di Studi di Diritto Amministrativo: “I Beni Culturali e Paesaggistici”, 10 maggio 2008, Gaeta REGIONE LAZIO (2008), PTPR adottato con DGR n. 556/2007 - Relazione REGIONE LAZIO (2010), PTP15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti” - appro- vato con DCR n. 70/2010 - Norme Tecniche di Attuazione

233 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

4.4 Considerazioni sulle aree di reperimento per il Sistema regionale 4.4 delle aree naturali protette Massimo Bruschi - ARP

Alla formazione del Sistema delle aree protette della Regione Lazio presiede, fin dalla prima legge regionale 46 del 1977 e tuttora nella legge 29 del 1997 attualmente in vigo- re, un Piano Regionale delle Aree Naturali Protette (che di seguito, per brevità, indichere- mo con la sigla PRANP). Fin dall’inizio, quindi, il tema della tutela delle risorse naturali della regione con parchi e riserve è stato affrontato nel Lazio in termini di sistema di aree pro- tette da pianificare. Al di là delle formulazioni della legge, però, è nell’intreccio tra le vicende parallele delle leggi quadro, delle leggi istitutive e degli atti di pianificazione generale che possono esse- re ricercati alcuni elementi per comprendere la complessità del problema come attualmen- te ci si pone. Identificare i territori che debbano far parte del Sistema - il cosiddetto “insieme di reperimento” - è, naturalmente, un compito fondamentale del PRANP, che oggi deve essere affrontato alla luce di un quadro territoriale, conoscitivo, disciplinare e congiun- turale mutato rispetto a quello da cui sono scaturite le leggi istitutive, ed in continua evoluzione. Peraltro, come si vedrà più oltre nel testo, le modalità previste dalla legge per l’individuazione delle aree da tutelare rendono ad oggi più semplice l’utilizzazione di rife- rimenti certi desumibili da quadri vincolistici o strumenti di pianificazione, laddove riman- gono poco utilizzate le tecniche di selezione sviluppate nell’ambito della biologia della conservazione.

4.4.1 La costituzione del Sistema delle aree protette regionali tra Piano regionale 4.4.1 delle aree protette, leggi di tutela e nuove istituzioni

Il Sistema delle aree protette regionali del Lazio non ha ancora, al 2010, un piano gene- rale di sviluppo, programmazione e gestione approvato. Per la verità, uno Schema di Piano dei Parchi redatto ai sensi della prima legge regiona- le sulle aree protette, la 46/77, esiste, ma non ha mai completato l’iter che lo avrebbe tra- sformato in un piano vigente. La sua approvazione con deliberazione della Giunta Regionale

234 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

è avvenuta solo nel 1993, sebbene la legge ne prevedesse l’elaborazione entro i dodici mesi successivi alla sua entrata in vigore. Nelle cartografie allegate allo Schema sono ripor- tate tre tipologie di indicazioni da utilizzare ai fini della individuazione delle aree protette regionali: areali, per lo più di interesse interregionale e regionale, ma anche provinciale; lineari, riferite a corsi d’acqua, e puntuali, queste ultime previste esclusivamente di interes- se provinciale. I criteri per l’individuazione delle aree protette previsti dalla legge 46/77 erano essenzialmente di natura tecnicoscientifica (art. 2):

La Regione individuerà i parchi e le riserve: a) secondo le disposizioni dell’ art. 83 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 6164; b) sulla base della “Cartografia delle aree di particolare valore naturalistico”, pubblicata dalla Regione Lazio quale aggiornamento ed integrazione della “Carta dei biotopi” del Consiglio nazionale delle ricer- che e del Ministero dei lavori pubblici; c) sulla base di studi o proposte effettuati dai comprensori economico-urbanistici, dalle comunità monta- ne, dai comuni; d) sulla base di studi o proposte effettuati dal Consiglio nazionale delle ricerche, da istituti universitari, da enti e associazioni culturali e naturalistiche operanti nel territorio della Regione; e) sulla base di studi o proposte effettuate dall’ ufficio regionale per i parchi e riserve di cui al successi- vo art. 12.

In pratica, sono candidate a far parte del Sistema le aree già vincolate e riconosciute di pregio, le aree individuate in specifici studi e proposte di università ed enti di ricerca e le aree proposte da enti locali e territoriali. Inoltre, un ruolo propulsivo per le nuove istituzio- ni spetta alla struttura regionale costituita ex novo dalla legge (art. 12) per la gestione del Sistema, l’Ufficio regionale per i parchi e le riserve5. La struttura del Piano è, secondo i dettami della legge, relativamente semplice e preve- de come contenuti l’individuazione dei territori interessati, la tempistica per la realizzazio- ne del piano e le relative forme e fonti di finanziamento, oltre a stabilire “specifiche norme di salvaguardia per la tutela dei beni naturali nei territori interessati”. In realtà, lo Schema del 1993 è un documento ricco ed articolato, che interpreta in maniera estensiva le previ- sioni della legge affrontando tanto i collegamenti con il quadro regionale della pianificazio- ne territoriale - e paesistica in particolare - quanto i temi dell’individuazione delle risorse ambientali esistenti presso le relative unità ambientali, oggetto di schedature, per occupar- si infine anche dell’organizzazione e della gestione delle aree.

4 Ora nel D. Lgs. 42/2004, Codice dei Beni Culturali. 5 L’Assessorato Ambiente verrà costituito nei primi anni 1990.

235 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

L’approvazione dello Schema non comportava l’istituzione di alcun vincolo paesistico sulle aree individuate. Lo Schema stesso ha avuto esclusivamente un valore di indirizzo per le istituzioni successive, in quanto non è stato mai approvato dal Consiglio regionale; que- sto suo ruolo è stato confermato dalla legge del 1997, che lo ha assunto esplicitamente quale riferimento per le nuove istituzioni di aree protette. La LR 29/97 ha recepito la sopravvenuta L 394/91, legge quadro nazionale sulle aree protette, ma senza mutuarne il modello di programmazione. Ha invece mantenuto la linea della LR 46/77 conservando e ridefinendo il piano di sistema, denominandolo Piano Regionale delle Aree Naturali Protette (PRANP) e confermandone la collocazione nell’ambi- to della pianificazione strategica regionale. Nella versione del 1997, il piano individua le aree da istituire (insieme di reperimento) sulla base di un certo numero di criteri riferibili ad indicazioni sulla qualità delle aree; queste indicazioni, in forma analoga a quanto previ- sto dalla legge del 1977, sono ricavabili da indagini e dati di ricerca disponibili, oltreché da leggi, atti amministrativi e strumenti di pianificazione più o meno specificatamente individua- ti. L’insieme dei criteri e delle aree da prendere in considerazione, elencato in forma più doviziosa ed aggiornata rispetto a quanto previsto dalla legge del 1977, è riportato all’ar- ticolo 7 della LR 29/97:

a) i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e enti pubblici, ai sensi dell’articolo 22, comma 3, della l. 394/1991; b) le aree individuate ai sensi degli articoli 82 e 83 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e suc- cessive modifiche, le zone umide di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971), i siti di importanza comuni- taria e le zone speciali di conservazione previste dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settem- bre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conserva- zione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), le zone di pro- tezione speciale di cui all’articolo 1, comma 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la pro- tezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio); c) le previsioni del piano territoriale paesistico vigente riguardo alle aree ed ai beni oggetto di tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431; d) le indicazioni e le proposte deliberate dagli enti locali in data non anteriore ai dodici mesi precedenti alla adozione dello schema di piano di cui al comma 4; e) gli studi e le indicazioni dei Ministeri competenti in materia di ambiente, di beni culturali e ambientali, del Consiglio nazionale delle ricerche, di istituti universitari, di enti ed associazioni culturali e naturali- stiche operanti nel territorio della Regione; f) gli studi effettuati dall’Agenzia regionale per i parchi, istituita dall’articolo 27 della legge regionale 27 aprile 1993, n. 21.

236 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

La nuova legge tiene evidentemente conto della ventennale attività di sviluppo del Sistema e di complessificazione del concetto e della prassi della tutela ambientale in ambi- to sia nazionale che internazionale, apre l’analisi delle fonti alla pianificazione paesistica e territoriale e assegna all’ARP, nel frattempo istituita, alcune delle funzioni già attribuite all’Ufficio regionale aree protette. Le novità introdotte dalla LR 29/97 riguardano anche il coordinamento del PRANP con la pianificazione faunistico-venatoria a livello nazionale e regionale, normate dalle leggi entrate in vigore rispettivamente nel 1992 e nel 1995. Questo riferimento è importante in quanto pone, di fatto, un tetto dimensionale alle istituzioni, tetto che la legge riferisce ai ter- ritori delle cinque province della regione: le aree interdette all’attività venatoria a qualun- que titolo non potranno coprire una superficie superiore complessivamente al 30% della superficie agrosilvopastorale presente in ciascuna provincia. Inoltre, la nuova legge introduce il regime automatico di tutela paesistica per le aree ricomprese nel PRANP; in questo modo, viene individuato il secondo possibile ambito di impatto del piano sullo stato di diritto del territorio regionale, essendo l’altro costituito, come abbiamo visto, dalle aree sottratte all’attività venatoria. La LR 29/97 è stata poi modificata significativamente dalla LR 10/2003, con l’introduzione della rete ecologica tra i contenuti del PRANP. I contenuti del piano stes- so sono quindi più ampi di quanto specificato con la precedente legge del 1977 e com- prendono oggi:

a) i territori che abbiano le caratteristiche di cui al comma 1, con la delimitazione dei confini provvisori delle aree da proteggere e la loro eventuale suddivisione nelle seguenti zone provvisorie a tutela dif- ferenziata: 1) zona A di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente o limitato grado di antropizzazione; 2) zona B di valore naturalistico, paesaggistico e culturale contraddistinta da maggior grado di antro- pizzazione; b) l’eventuale regime transitorio di salvaguardia specifico per le singole aree, anche a modifica e/o inte- grazione delle norme dell’articolo 8; c) l’interesse regionale o provinciale delle aree da proteggere e la classificazione delle aree stesse ai sensi dell’articolo 5; c bis) la rete ecologica regionale e le relative misure di tutela ai sensi dell’articolo 3 del d.p.r. 357/1997; d) le risorse cui possono riferirsi i programmi di sviluppo aventi i fini della presente legge.

Si tratta quindi di un piano in grado di incidere a vari livelli nella gestione del territorio regionale:

237 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

- prefigurando per determinati ambiti territoriali, attraverso l’insieme di reperimento e la doppia forma di classificazione sia delle aree che lo costituiscono in funzione degli obiettivi (parchi o riserve) e dell’importanza (regionale e provinciale), sia dei territo- ri che in quelle stesse aree ricadono (in zone A e B di salvaguardia o zone con ulte- riori norme speciali di tutela), una linea di gestione “diretta” - o perlomeno concor- rente nei confronti delle competenze territoriali locali - da parte della regione; - confrontandosi, attraverso la rete ecologica, con la pianificazione territoriale di tutto il territorio regionale, ed in particolar modo con la pianificazione paesistica; - assumendo, almeno parzialmente, il ruolo di strumento di programmazione per i pro- getti di sistema interessanti gli enti di gestione regionali e provinciali delle aree pro- tette, fatto che implica l’approfondimento dei settori di intervento e dei campi di atti- vità delle aree protette sul territorio - proponendo, ove necessario, forme di tutela specifiche ai sensi del DPR 357/97 per le aree della rete ecologica. L’obiettivo centrale del PRANP rimane l’istituzione delle aree protette, secondo l’iter dise- gnato dalla LR 29/97 che prevede: - l’individuazione, appunto con il PRANP, delle aree che potranno divenire nuove aree protette (l’insieme di reperimento); le aree individuate sono sottoposte alle forme di tutela temporanea previste dall’articolo 8 della legge sulla base della zonizzazione in due zone A e B di salvaguardia disegnata dallo stesso PRANP; sulle aree individuate scatta il vincolo paesistico (D.Lgs. 42/2004); il regime di tutela ha durata massima di cinque anni, entro i quali il processo deve concludersi con l’istituzione mediante legge regionale (cfr punti successivi); - il successivo avvio del processo di istituzione (esame delle proposte locali, atti di indi- rizzo, istruttoria tecnico-scientifica per la verifica circa la presenza di valori significa- tivi necessitanti di forme di tutela specifica, definizione del perimetro istitutivo ed eventuale dettaglio della zonizzazione di salvaguardia, passaggi presso i competenti comitati e commissioni regionali); - la definitiva istituzione con legge regionale, che conferma anche il vincolo paesistico sull’area protetta ai sensi dell’art. 142 del Codice Urbani. È di tutta evidenza l’importanza dell’insieme di reperimento nella pianificazione e pro- grammazione del Sistema, in quanto rappresenta lo scenario della distribuzione della tute- la ambientale di diretta competenza regionale sul territorio che si trasferisce, attraverso l’approvazione del Piano stesso, nella pianificazione territoriale regionale.

238 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Sembra utile a questo punto, ai fini dell’inquadramento del problema della formazione dell’insieme di reperimento oggi, ricapitolare la vicenda di formazione dell’attuale sistema delle aree protette della regione Lazio6. Come abbiamo visto, si è trattato di un processo complesso, articolato grossomodo in quattro fasi separate dagli eventi legislativi più che dagli atti di pianificazione: 1. nel periodo antecedente la legge 46/1977, le aree protette sono relativamente ridot- te in estensione, e si tratta prevalentemente di aree protette nazionali; ❖ entra in vigore la LR 46/1977; 2. nel periodo tra l’entrata in vigore della legge 46/1977 e lo Schema di Piano dei Parchi del 1993 (sedici anni) viene istituita il primo grande insieme di aree naturali protet- te, il nucleo originario del Sistema (il tasso di incremento della superficie territoriale regionale protetta è quasi del 700%); 3. tra l’adozione dello Schema e la LR 29/1997 (quattro anni) le istituzioni sono scarse (+2%); ❖ la LR 29/1997 istituisce buona parte delle aree previste dallo Schema del 1993, incrementando il sistema del 50%; 4. dal 1997 ad oggi, anche in relazione al fatto che ormai il sistema delle aree protette regionali ha raggiunto una estensione territoriale consistente, il trend di crescita è di nuovo calato, attestandosi sul +8% calcolato sull’intero periodo (tredici anni). La struttura del Sistema delle aree protette è maturata quindi in un arco di tempo rela- tivamente lungo (ultratrentennale), nel corso del quale il quadro generale è mutato in misu- ra significativa, come abbiamo visto soprattutto dopo l’entrata in vigore della LR 29/1997, che rappresenta un vero e proprio punto di svolta della vicenda. Gli elementi di novità nel quadro odierno sono numerosi: - la stessa legge 29/97 ha istituito uno stralcio del precedente Schema del 1993, aumentando considerevolmente la superficie regionale protetta; le aree protette isti- tuite dallo stralcio sono aree già individuate nello Schema, e ad esse si applica il regi- me di tutela e la zonizzazione di salvaguardia previsti dagli articoli 7 ed 8 della legge, che viene reso permanente dalle singole leggi istitutive;

6 Si è ritenuto di considerare nel novero delle aree afferenti al Sistema anche i monumenti naturali i quali, anche se non esplicitamente citati dalla legge, che si riferisce esclusivamente a parchi e riserve (le aree di cui al’articolo 5), sono senz’altro significativi per quota complessiva e singolarmente (in più casi si sono supera- ti i mille ettari di estensione).

239 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

- la Rete Natura2000 ha raggiunto una estensione territoriale notevole, assumendo nella tutela di non pochi territori un ruolo vicariante nei confronti delle aree protette sensu L 394/91 e LR 29/97; permane il problema della collocazione delle misure di conservazione (piani di gestione in primis) nel quadro degli strumenti di gestione del territorio regionale; - nel periodo ricompreso tra l’entrata in vigore della legge e il 2010 sono state istitui- te numerose aree protette, ma di queste solo due (il Parco dei Monti Ausoni e la Riserva Naturale Regionale Valle dell’Arcionello) sono aree protette afferenti a pieno titolo al sistema (la LR 29/97 prevede che il sistema sia formato solo dalle aree pro- tette di cui all’articolo 5 della stessa legge, cioè solo parchi e riserve), mentre le altre istituzioni hanno riguardato soprattutto monumenti naturali (articolo 6); - la superficie protetta regionale ha superato il 13%, leggermente al di sopra della media nazionale; il superamento di una soglia media “quantitativa” suggerisce un cambiamento di prospettiva rispetto alle relazioni di importanza tra la formazione del- l’insieme di reperimento e la componente gestionale nell’ambito del piano, orientan- dosi maggiormente sulle caratteristiche qualitative del Sistema; - il quadro dei rapporti tra la pianificazione paesistica e la pianificazione delle aree protette è stato rivoluzionato dall’entrata in vigore del Codice del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004), che ha sancito la subordinazione dei piani delle aree protette alla pianificazione paesistica, indirizzo recepito con una recente modifica alla LR 29/97; la partita si giocherà probabilmente sulle interpretazioni della coerenza tra i piani, e nella regione Lazio trova spunti dialettici sia nella legge paesistica regionale 24/98, la quale già fissava alcune forme di rapporto tra il piano del parco ed il piano paesistico, sia nel nuovo piano paesaggistico regionale adottato nel 2008, che introduce forme innovative di classificazione del territorio e di strutturazione della tutela di non semplice accostamento alle norme sulla classificazione in zone omogenee dei parchi.

4.4.2 I contributi dell’ARP

Dalla sintesi precedente delle dinamiche di elaborazione legislativa, pianificatoria e di concreta istituzione di aree protette sembra emergere la necessità di integrare la compo- nente qualitativa con quella quantitativa nell’elaborazione delle strategie per il Sistema

240 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Grafico 4.4.1 - Le fasi della formazione del Sistema delle aree protette regionali secondo le principali tappe della vicenda legislativa e pianificatoria (superfici in ettari) regionale delle aree naturali protette. Il tema non è distante da quello della rete ecologica regionale prevista dal PRANP, intesa nella sua accezione di “sistema di parchi e riserve, inseriti in un sistema coordinato di infrastrutture e servizi” (APAT, 2003, p. 20). Analizzare il Sistema regionale rispetto alle sue prestazioni in termini di tutela della biodi- versità o relativamente alle aree che possono esser aggiunte ad esso per aumentare quelle prestazioni implica una riflessione ed una valutazione approfondita sui suoi aspetti struttura- li e funzionali rispetto agli obiettivi di tutela per i quali viene costituito. Ad oggi, soprattutto per gli aspetti funzionali legati alla rete ecologica, non sono ancora disponibili quadri dettagliati sul territorio regionale; tuttavia esistono aspetti qualitativi, di livello che si potrebbe definire “strategico” o “di area vasta”, i quali possono essere affrontati anche con i dati a nostra disposizione, come è stato fatto con i due studi condotti dall’ARP nel 2007 e nel 2009.

Adeguatezza e rappresentatività del Sistema regionale delle aree protette (2007)

L’ARP ha avuto l’occasione di affrontare il tema nell’ambito di uno studio per la riorga-

241 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio nizzazione delle aree protette regionali e per l’analisi integrata delle proposte di nuove isti- tuzioni pervenute in Regione, commissionato dall’Assessorato Ambiente alla fine del 20077 nell’ambito delle attività per l’adeguamento del PRANP (PRANP 2007). In quella sede, si è ritenuto necessario valutare preventivamente il Sistema per le sue “prestazioni” rispetto alla conservazione in situ della biodiversità regionale. È stato ripre- so il riferimento, già presente nel Documento Tecnico ARP del 2002, alle Linee guida per la pianificazione dei sistemi di aree protette pubblicate dall’IUCN/WCPA nel 1998, selezionan- do come più significative per lo scopo dello studio due caratteristiche, tra le cinque ripor- tate nel testo, di un sistema di aree protette. Il Sistema è stato valutato rispetto alla sua Rappresentatività, intesa come inclusione nel sistema degli esempi di maggiore livello qualitativo delle tipologie ambientali della regione; ovvero, come inclusione di aree che realizzano un campione bilanciato e significativo dell’ambiente che si propongono di rap- presentare (nel nostro caso, gli habitat del Lazio); ed alla sua Adeguatezza, intesa come integrità, sufficiente estensione spaziale, efficace dislocazio- ne reciproca e coordinamento gestionale delle aree protette, in termini di sostegno ai processi ambientali ed alle specie, popolazioni e comunità che formano il patrimonio di biodiversità della regione. Sotto l’ipotesi - se si vuole semplicistica, ma l’unica praticabile con i dati disponibili all’epoca della redazione dello studio - che alla diversità dei paesaggi corrispondano la diversità degli habitat e la geodiversità e biodiversità in generale, si è cercato - applicando un processo logico per molti versi assimilabile a quello che va sotto il nome di complemen- tarietà in Biologia della conservazione - di formulare prime risposte ad alcune domande (che potrebbero figurare in una ipotetica checklist per il Piano di sistema): - il Sistema attuale tutela adeguatamente la varietà dei paesaggi della Regione? - proseguendo acriticamente nell’attuazione dello Schema di Piano dei Parchi del 1993, si potrebbero correggere eventuali squilibri riscontrati rispondendo alla prima domanda? (ovvero: l’istituzione delle aree non ancora istituite riporterebbe il Sistema in equilibrio?)

7 ARP, 2007, Studio per la riorganizzazione del Sistema delle aree protette regionali - Direttore: G. Tallone, Coordinatori: M. Bruschi, S. Sarrocco - Gruppo di lavoro: E. Peroni; C. Fattori; D. Mancinella; M. Scalisi; I. Pizzol; A. Monaco; D. Capizzi; I. Egidi; G. Villetti; C. D’Uffizi; G. De Prisco; K. Santia; G. Galfano; F. Pesciaroli; V. Aloi.

242 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

- lo Schema del 1993 era ben calibrato sotto il profilo della tutela della diversità dei paesaggi della regione? Come già detto, le scelte operative per la conduzione del lavoro sono state condiziona- te da due elementi: - la necessità della maggiore possibile interfacciabilità dei risultati con gli altri strumen- ti della pianificazione regionale previsti per la materia paesaggistica e ambientale - primo fra tutti il Piano Territoriale Paesistico Regionale8; - la immediata disponibilità di dati di base omogenei su tutto il territorio regionale. La scelta delle fonti informative da utilizzare è quindi caduta: - sulla Carta della natura 1:250.000 elaborata dall’APAT nell’ambito del Sistema infor- mativo della natura del Ministero dell’Ambiente, dalla quale sono state estrapolate le 121 “Unità di Paesaggio” presenti nella regione Lazio, corrispondenti a 17 delle 37 Tipologie di Paesaggio individuate a livello nazionale; - sulla Carta dell’Uso del Suolo elaborata dal Dipartimento Territorio della Regione Lazio, basata sulla legenda CORINE e realizzata con una unità minima cartografabile di 1 ettaro; - sugli strati informativi relativi alle aree protette regionali, ai siti della Rete Natura2000 e ad altri tipi e livelli di dispositivi di tutela (tutti i dati utilizzati sono, naturalmente, aggiornati al 2007). Per rispondere in termini operativi alla prima domanda, lo sviluppo del progetto ha preso le mosse dall’analisi del sistema esistente sotto il profilo del bilanciamento quantitativo del campione delle aree protette rispetto alla varietà dei paesaggi regionali. Successivamente, si è passati all’esame delle “prestazioni” dello Schema del 1993, prima sottoponendolo in toto alla medesima verifica applicata al sistema delle aree protette istituite, poi verificando la possibilità, mediante l’istituzione delle aree “mancanti”, di un riequilibrio del sistema stes- so in termini di rappresentatività. Esaminando le differenze tra le percentuali delle diverse tipologie di paesaggio nel ter- ritorio regionale9 e nelle aree protette, si evince che il sistema delle aree protette istituite

8 Il PTPR della Regione Lazio è stato adottato con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1025 del 21/12/2007 e pubblicato sul B.U.R.L. n. 14 del 14/02/2008 - S.O. n. 16, e quindi non era stato ancora adot- tato nel settembre 2007, data di chiusura dello studio ARP per la riorganizzazione. 9 Il confronto tra percentuali è stato ritenuto essere una efficace esemplificazione del concetto di bilanciamen- to, da un punto di vista quantitativo, del sistema. In queste rappresentazioni, valori prossimi allo 0 indicano quantità di territori classificati in una data tipologia di paesaggio confrontabili con i valori di superficie regio- nale ascrivibile alla stessa categoria.

243 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio al 2007 è sostanzialmente bilanciato rispetto alle tipologie di paesaggio delle aree metro- politane, delle pianure costiere, delle colline carbonatiche, delle conche intermontane, delle piccole isole e dei rilievi rocciosi isolati. Sono molto ben rappresentati i paesaggi lacustri, quelli degli edifici vulcanici e, soprattutto, quelli dei complessi carbonatici appenninici e antiappenninici, mentre altre tipologie di paesaggio, ed in particolare i paesaggi collinari (colline argillose e terrigene, tavolati vulcanici, paesaggi collinari eterogenei ed a colli iso- lati) e le pianure di fondovalle, corrispondenti alle grandi aree fluviali interne del Tevere e del sistema Sacco - Liri - Garigliano sono tutelate per una percentuale di superficie inferio- re rispetto alla loro incidenza percentuale a livello regionale.

BIOLOGIA DELLA CONSERVAZIONE (Conservation Biology) E RETI DI AREE PROTETTE

La storia della Biologia della conservazione (CB) si intreccia con la definizione di numerosi paradigmi, con- cetti e tecniche di studio e ricerca applicati alla natura ed all’ambiente, quali biodiversità, reti ecologiche, rarità, complementarità, vulnerabilità, gap analisys, irreplaceability, Minimum Viable Population (MVP), ecc. Tra i problemi centrali che la CB affronta è la costruzione di Conservation Area Networks (CANs), insiemi di aree protette capaci di garantire il raggiungimento di determinati target ed obiettivi di conservazione della biodiversità vegetale ed animale, selezionate sotto la condizione di non destinabilità di tutto il terri- torio alla conservazione della natura ed ordinate secondo la loro priorità di istituzione. Per il raggiungimento di questo obiettivo la CB fa riferimento in genere ad uno schema processuale ricor- sivo nel quale sono riconoscibili dieci fasi ed alcuni problemi e tecniche solutive specifici: 1. formazione di un quadro esaustivo ed organico delle conoscenze disponibili; 2. identificazione di parametri indicativi del livello di biodiversità (surrogacy problem); 3. identificazione di oggetti ed obiettivi per le azioni di conservazione; 4. (ri)esame delle aree eventualmente già presenti nella CAN; 5. individuazione delle priorità nelle nuove istituzioni, ottimizzando sotto specifici vincoli il problema: il massimo possibile di biodiversità con il minimo possibile di aree (rarity, irreplaceability, complemen- tarity problem) utilizzando anche criteri per il disegno delle aree e della CAN: forma, dimensione, dispersione, connettività; 6. formulazione di scenari e predizione delle relative conseguenze per la conservazione della biodiversità; 7. revisione dei primi risultati e formulazione della proposta definitiva di CAN; 8. verifica della fattibilità mediante analisi multi criterio; 9. attuazione di piani di conservazione; 10. monitoraggio dei risultati e revisione del processo. La complessità delle problematiche, che ne rende impossibile la trattazione mediante l’esplorazione del- l’intero universo delle possibili soluzioni (scenari), ha incoraggiato lo sviluppo di algoritmi euristici e meta- euristici, mediante i quali la soluzione viene raggiunta per step successivi di individuazione delle aree che costituiscono i possibili incrementi della CAN e verifica dell’apporto di ciascuna area rispetto al soddisfa- cimento degli obiettivi di conservazione prefissati (quantità e valore di biodiversità contenuta nella nuova area). Le aree chenon incrementano la biodiversità vengono escluse in quanto rappresentano disecono- mie della CAN rispetto ai vincoli dimensionali della CAN stessa (cfr. punto 5).

244 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Come interpretare quindi, anche in sede di definizione dell’insieme di reperimento e nelle scelte riguardanti le priorità per le istituzioni, il ruolo di indirizzo affidato allo Schema del 1993 dalla LR 29/97 (articolo 46) per migliorare le prestazioni del sistema in termini di rappresentatività ed adeguatezza? Per rispondere a questa nuova formulazione del terzo quesito alla base del lavoro, si è proceduto all’esame del residuo non istituito (al 2007) dello Schema con la medesima metodologia applicata al sistema delle aree protette ed allo Schema stesso nella sua totalità. Ne è emersa la necessità di sottoporre a decise priorita- rizzazioni le istituzioni che poggiano sullo Schema come elemento di indirizzo. Infatti, pro- seguire nella linea di massima priorità per i paesaggi montani aggraverebbe gli squilibri esi- stenti (si veda la colonna dei saldi nella tabella 4.4.2). Viceversa, è necessario puntare sulle aree collinari e su quelle dei fondovalle fluviali non ancora istituite.

Grafico 4.4.2 - Rapporti relativi tra le percentuali delle diverse tipologie di paesaggio presenti sul territorio della Regione Lazio ed all’interno delle aree protette istituite al 2007. In giallo, la percentuale super- ficie occupata da ciascuna tipologia di unità di paesaggio rispetto al territorio regionale; in verde, lo stesso rapporto riferito ai territori delle aree protette; in rosa la differenza tra i due rapporti Esaminando con la stessa modalità, per un ulteriore controllo, le previsioni dello Schema del 1993 (senza dimenticare che alcune delle aree protette che in esso compaiono, ed

245 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio anche tra le più grandi, erano già istituite al momento della sua compilazione), si giunge alla conclusione - in risposta al secondo quesito - che non vi siano particolari differenze tra le due situazioni. Solo, lo Schema risulta più “bilanciato” in quanto in esso sono presenti le aree collinari del Complesso Tolfetano-Cerite ed i parchi fluviali del Tevere e del Sacco-Liri- Garigliano, tutte non istituite.

Tabella 4.4.1 Tipologie di paesaggio regionali e aree protette - Bilanciamento quantitativo del sistema sigla Tipologia di paesaggio TP/regione (in %) TP/AP (in %) differenza AM Area metropolitana 1,26 0,88 -0,38 CA Colline argillose 6,83 0,37 -6,46 CC Colline carbonatiche 1,62 1,31 -0,31 CT Colline terrigene 5,09 0,91 -4,18 CI Conca intermontana 1,46 2,20 0,74 EV Edificio montuoso vulcanico 1,73 4,59 2,86 L Lago 1,36 4,22 2,86 MC Montagne carbonatiche 27,71 41,85 14,14 MT Montagne terrigene 2,07 5,34 3,27 CS Paesaggio a colli isolati 1,56 0,00 -1,56 CE Paesaggio collinare eterogeneo 4,32 2,27 -2,05 TV Paesaggio collinare vulcanico 27,99 22,37 -5,62 con tavolati PC Pianura costiera 11,38 11,93 0,55 PF Pianura di fondovalle 5,37 1,14 -4,23 IS Piccole isole 0,06 0,09 0,03 RI Rilievo roccioso isolato 0,16 0,53 0,37 legenda: in grassetto le tipologie di paesaggio scarsamente rappresentate all’interno delle aree protette (diff. < -1,00); in corsivo, le tipologie di paesaggio abbondantemente rappresentate (diff. > 1,00)

Ricapitolando, le valutazioni condotte conducono ad alcune prime indicazioni per la pia- nificazione dello sviluppo del sistema regionale delle aree protette: - è necessario considerare con grande attenzione le carenze di rappresentatività del sistema attuale rispetto ai paesaggi collinari - che pure hanno in regione maggiore estensione dei paesaggi montani carbonatici (cfr tab. 4.4.1.) - ed alle pianure fluvia- li interne in sede di fissazione di obiettivi e di priorità di conservazione e di sviluppo per il sistema (ad esempio, nel “ridisegnare” i limiti delle aree esistenti o nelle nuove istituzioni); -le pietre angolari del sistema odierno sono le aree montane e le zone umide, che

246 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

emergono certamente come “riserve di naturalità” adeguatamente protette, sulle quali impostare lo sviluppo del sistema stesso; - emerge del pari la necessità e l’urgenza di considerare con maggiore attenzione le tipologie di paesaggio meno rappresentate nello Schema 1993 e nell’attuale sistema di AAPP, per migliorare le prestazioni del sistema in termini di connettività tra le aree. In proposito, c’è da rilevare che le previsioni dello Schema 1993 non consentono, se applicate indiscriminatamente, che una moderata integrazione di tali aree. Tabella 4.4.2 Tipologie di paesaggio regionali e Schema PP 1993 - Bilanciamento quantitativo delle aree di reperimento residue dello Schema PP 1993

sigla Tipologia di paesaggio TP/Regione (in %) TP/Schema PP Differenza non istituito (in %) AM Area metropolitana 1,26 0,25 -1,01 CA Colline argillose 6,83 3,63 -3,20 CC Colline carbonatiche 1,62 1,47 -0,15 CT Colline terrigene 5,09 1,59 -3,50 CI Conca intermontana 1,46 0,51 -0,95 EV Edificio montuoso vulcanico 1,73 2,89 1,16 L Lago 1,36 3,14 1,78 MC Montagne carbonatiche 27,71 44,90 17,19 MT Montagne terrigene 2,07 2,62 0,55 CS Paesaggio a colli isolati 1,56 0,12 -1,44 CE Paesaggio collinare eterogeneo 4,32 11,09 6,77 TV Paesaggio collinare vulcanico 27,99 17,88 -10,11 con tavolati PC Pianura costiera 11,38 3,55 -7,83 PF Pianura di fondovalle 5,37 6,34 0,97 RI Rilievo roccioso isolato 0,16 0,02 -0,14 legenda: in grassetto le tipologie di paesaggio scarsamente rappresentate all’interno delle aree protette (diff. < -1,00); in corsivo, le tipologie di paesaggio abbondantemente rappresentate (diff. > 1,00) Lo studio condotto nel 2007 ha anche affrontato il problema della transcalarità degli ele- menti costituenti le reti ecologiche, particolarmente rilevante nel caso di un piano che può contenere “elementi” (aree protette) di dimensioni (ed obiettivi) anche dissimili fra loro. Allo studio di area vasta è stata quindi affiancata, per completezza, una proposta metodo- logica in grado di indirizzare l’indagine alla ricerca di elementi naturali residuali (patches), anche di piccole dimensioni, di presumibile interesse nell’ambito di un approccio conserva-

247 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio zionistico alla pianificazione dello sviluppo del sistema e alla definizione della Rete Ecologica Regionale10 (Battisti C., Romano B., 2007). Anche in questo caso, è stato utilizzato un metodo di indagine eminentemente quantitativo: da una semplice elaborazione di sovrap- posizione tra macroclassi di copertura del suolo aggregate dalla CUS regionale del 2003 ed unità di paesaggio sono stati ricavati indizi sulla probabile presenza di aree rilevanti sotto il profilo della conservazione (al limite, “relitti” di aree naturali) che potrebbero avere un particolare valore in ragione della loro rarità in un particolare contesto. Nella tabella 4.4.3 sono evidenziate con un riquadro le categorie accorpate di copertu- ra del suolo da 4 a 7, costituite dalle aree con maggiore probabilità di presenza di ambien- ti naturali e/o seminaturali. In grassetto le probabili matrici paesaggistiche per ciascuna tipologia di paesaggio; con fondo grigio sono individuate le categorie di copertura del suolo cui rivolgere particolare attenzione nell’analisi degli elementi di naturalità (presumibilmen- te rilevanti in grigio chiaro, presumibilmente rilevanti e residui in grigio più scuro). Partendo dalle indicazioni così ricavate è possibile svolgere, con l’ausilio di cartografia digitale in ambiente GIS, ricerche puntuali per verificare l’effettiva collocazione sul territorio delle patches appar- tenenti alle categorie di copertura del suolo di potenziale interesse. In questo modo è possibile: - ottimizzare le operazioni di verifica in sito della qualità delle patches relitte; - verificare i livelli di tutela esistenti (come indicatori derivati di qualità ambientale e sotto il profilo della loro adeguatezza alla qualità dei siti); - formulare valutazioni sulla effettiva efficacia della copertura delle aree di reperimen- to esistenti, ed eventualmente aggiornarle individuando nuove aree da inserire nel sistema delle aree protette, o confermarle con aree già note.

Metodologia per la formazione dell’insieme di reperimento per le aree protette di nuova istituzione

Nella primavera del 2009, la formazione dell’insieme di reperimento per le aree protet- te regionali rappresentava l’ultimo grande tema della pianificazione del sistema a dover ancora essere affrontato, essendo in corso di ultimazione o già redatti gli studi riguardan- ti la rete ecologica regionale, sia sotto il profilo più squisitamente naturalistico (cfr Cap. 2)

10 Per gli approfondimenti su questa proposta metodologica si rimanda allo studio contenuto nel supporto informatico allegato al presente volume.

248 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Tabella 4.4.3. Incidenza delle classi di uso del suolo accorpate rispetto alle tipologie di paesaggio Carta della Natura 1:250’000

legenda: in grassetto grande i probabili usi del suolo matrice per le unità di paesaggio appartenenti a cia- scuna tipologia (è comunque necessaria una verifica per ciascuna unità, trattandosi di un dato aggregato); in corsivo grande su fondo scuro le aree di presumibile rilevanza ambientale con categorie di uso del suolo relit- te; in corsivo piccolo su fondo chiaro le aree di presumibile rilevanza ambientale minoritarie ma probabilmen- te ancora ben rappresentate sia sotto quello delle indicazioni ricavabili dalle tracce della presenza antropica sul territo- rio (cfr. § 3.2 e 3.3), che forniscono alcuni essenziali elementi di base per la conduzione delle analisi. Lo studio che l’ARP ha quindi programmato (PRANP 201011) si poneva alcuni obiettivi nell’applicare analiticamente e criticamente la LR 29/97, alla ricerca di un metodo il più pos- sibile oggettivo per tradurre in valutazioni le indicazioni enumerate dalla legge. Si trattava quindi essenzialmente di un problema di valutazione di una grande quantità di dati ed infor- mazioni, che richiedeva la presenza di esperti in tematiche specifiche disponibili ad essere

11 ARP, 2010, Definizione dell’insieme delle aree di reperimento per il Piano Regionale delle Aree Naturali Protette. Analisi e valutazioni - Direttore: Vito Consoli; Responsabile del progetto: M. Bruschi - Gruppo di lavo- ro: E. Peroni, C. Fattori, I. Iovino, N. Benedetti, M. Scalisi, V. Bizzarri, P. Pannone, A. Monaco - Esperti: D. Mancinella, M. Tufano, S. Sarrocco, D. Capizzi.

249 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio coinvolti in un processo di valutazione collettiva. Si è quindi deciso di coinvolgere la Direzione Regionale Territorio e Urbanistica nella valutazione degli aspetti paesistici e di copianificazione al livello provinciale. Il prodotto realizzato è stato una carta con l’indicazione delle aree da prendere in considerazione ai fini dell’insieme di reperimento, in gran parte costruita a partire dall’insieme di reperimento dello Schema di piano dei parchi del 1993, del cui adeguamento l’ARP è incaricata dal 2001. Per la realizzazione del pro- getto sono state utilizzate le tecnologie dei sistemi informativi geografici (GIS). Il lavoro è stato articolato in due fasi principali: la prima ha riguardato la valutazione del territorio regionale nei termini previsti dalla legge; la seconda ha affrontato la rivisitazione critica dello Schema del 1993 come riferimento per le nuove istituzioni, prospettando anche scenari per il suo adeguamento alla luce delle nuove acquisizioni. La prima fase si è rivelata piuttosto laboriosa. Si è scelto di applicare un metodo di sup- porto alle decisioni basato su una analisi multi criterio, che garantisce trasparenza, repli- cabilità ed implementabilità del processo in differenti contesti decisionali (ad es., arricchiti da nuove informazioni e/o con differenti insiemi di decisori). Si è partiti da una analisi puntuale dell’articolo 7 della LR 29/97, suddividendo le indi- cazioni citate in sei grandi insiemi omogenei (Fig. 4.4.1), corrispondenti alle indicazioni pro- venienti dai quadri vincolistici sul paesaggio e dalle designazioni internazionali, ai dati rica- vabili da ricerche scientifiche e dalle relative basi di dati, alle indicazioni ricavabili dagli stru- menti di pianificazione territoriale di livello regionale e provinciale oppure settoriale (piani di bacino e pianificazione faunistico-venatoria); all’interno di questi sono stati individuati sedici sottoinsiemi di indicazioni corrispondenti a singole fonti informative (documenti, piani, categorie di vincolo, ecc.). Le fonti sono state analizzate dagli esperti per l’individuazione delle informazioni da ritenersi significative ai fini dell’identificazione delle aree rilevanti ai fini del reperimento, ricavando un insieme di cinquantaquattro indicazioni12 (Fig. 4.4.2). A cia- scun livello gerarchico è stato fatto corrispondere un livello di organizzazione dell’informa- zione nel database GIS costruito con le fonti; in altre parole, a ciascuna delle cinquantaquat- tro indicazioni corrisponde uno o più poligoni nel geodatabase. A questo punto è apparsa evidente la conferma di uno dei presupposti metodologici dello studio: considerare acriticamente le indicazioni come di valore equivalente le une alle altre non conduce a nessuna valutazione effettiva, in quanto è evidente che alcune di esse rivestono un carattere preminente (quando addirittura non assumono la funzio-

12 Compresa quella relativa ai Piani Territoriali Provinciali Generali, che in questa fase non sono stati valutati.

250 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette ne di vere e proprie “soglie” nella scelta di includere o meno un’area nell’insieme di repe- rimento); inoltre, la sovrapposizione di tutti i poligoni copre quasi completamente il ter- ritorio regionale (basti pensare che i soli vincoli paesistici riportati nella tavola B del Piano Territoriale Paesistico Regionale coprono quasi il 70% del territorio regionale), rendendo impossibile motivare con la presenza di una sola indicazione l’inserimento nel- l’insieme di reperimento. Per la prosecuzione del lavoro si è scelto quindi di ricorrere all’analisi multicriterio, pro- cedendo a valutare, mediante l’applicazione del metodo dei confronti a coppie, le singole indicazioni afferenti a ciascun gruppo intese come criteri per la selezione. Il procedimento è poi stato ripetuto per i due livelli superiori (sedici gruppi e sei gruppi). I pesi sono stati nor- malizzati ad 1 in ciascun livello; sono così state calcolati i valori relativi di ciascuna delle cin- quantaquattro indicazioni. Il modello è stato sottoposto a taratura mediante una verifica di coerenza condotta sulla graduatoria finale delle indicazioni. Queste sono state ordinate in ordine decrescente di valore e analizzate dagli esperti: i posizionamenti considerati “poco corretti”, ovvero quelli che i decisori non riconoscevano coerenti con i propri sistemi di valo- ri di riferimento (ad es., maggior valore attribuito ad una indicazione considerata meno importante rispetto ad un’altra più importante ma posizionata più in basso in graduatoria) hanno richiesto successive ripetizioni dei confronti a coppie per ottenere insiemi di valuta- zioni considerate maggiormente coerenti. Al termine della taratura è stata applicata alla gra- duatoria una cluster analysis, mediante la quale sono sati individuati quattro gruppi di indi- cazioni. Questi gruppi, denominati alfa, beta, gamma e delta, raccolgono le indicazioni in ordine di rilevanza ai fini dell’inserimento delle aree nell’insieme di reperimento. Parallelamente, è stato condotto un lavoro di sovrapposizione progressiva di tutti gli strati poligonali corrispondenti alle indicazioni caricati nel geodatabase. Ne è risultata una copertura formata da più di un milione di poligoni, ciascuno dei quali è contrassegnato in relazione alle indicazioni che in esso sono state registrate. Ad esempio, un poligono può essere soggetto a vincolo paesistico, appartenere ad un’area designata ai sensi della Convenzione di Ramsar, far parte di un’area centrale della rete ecologica regionale, ecc. In base a ciascuna di queste caratteristiche, ogni poligono ha ricevuto un punteggio, asse- gnato sommando i valori “di importanza” attribuiti a ciascuna delle indicazioni ad esso pertinenti13.

13 Cfr. box L’APPLICAZIONE DI UN METODO DI VALUTAZIONE MULTICRITERIO AL PROBLEMA DELLA DEFINIZIO- NE DELL’INSIEME DI REPERIMENTO PER L’ISTITUZIONE DELLE AREE PROTETTE REGIONALI DEL LAZIO.

251 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 4.4.1 - I primi due livelli gerarchici dell’albero dei criteri per la formazione dell’insieme di reperimento costruito a partire dall’articolo 7 della Legge Regionale 6 ottobre 1997, n. 29

Fig. 4.4.2 - Esemplificazione esplosa al terzo livello dell’albero dei criteri

252 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Fig. 4.4.3 - Esemplificazione di una matrice di confronti a coppie per l’attribuzione dei pesi ai singoli criteri

Proprio in relazione a questa situazione si è rivelato importante il lavoro di classificazio- ne delle indicazioni utilizzato per la taratura del modello ed esposto in precedenza. È evi- dente infatti come non sia importante solo il “punteggio” assegnato ad un poligono, ma anche le indicazioni che hanno concorso al raggiungimento di questo punteggio: vi sono indicazioni, come quelle di categoria alfa, che sono da considerarsi imprescindibili ai fini del- l’inclusione di un’area nell’insieme di reperimento. È intuibile come questo procedimento abbia condotto, con il suo milione di poligoni di dimensioni anche piccolissime, ad una rappresentazione molto frastagliata dei “valori” riconoscibili sul territorio regionale in termini di legge. Tuttavia, l’applicazione di cluster analysis all’insieme dei poligoni che avessero conseguito valutazioni median- te indicazioni alfa, beta o gamma e la contemporanea esclusione dei poligoni con valu- tazione complessiva inferiore a 0,10 ha consentito di disegnare delle rappresentazio- ni “leggibili” della densità di valori segnalati dall’articolo 7 della LR 29/97 sul territo- rio regionale.

253 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

LA COSTRUZIONE DELLA BASE DI DATI SPAZIALI PER IL REPERIMENTO

Lo studio per la costruzione dell’insieme delle aree di reperimento ha comportato un importante lavoro di raccolta sistematica e pretrattamento delle informazioni necessarie per rispondere a quanto previsto dal- l’articolo 7 della LR 29/1997. Inoltre, un certo numero di informazioni sono state utilizzate anche per la verifica degli scenari, condotta come esemplificazione nello stesso lavoro. Prioritariamente, è stata condotta una analisi sulle possibili corrispondenze tra le informazioni georeferi- te disponibili o note ed i criteri enumerati dalla legge ed articolati nei sottoinsiemi per la valutazione. Successivamente, si è proceduto alla realizzazione di singoli file in formato ESRI shapefile ciascuno conte- nente i poligoni appartenenti ad una determinata categoria, cui sono stati associati dei valori flag pari ad 1 identificanti la categoria stessa. Lo scopo dell’operazione è stato di disporre di una banca dati a parti- re dalla quale fosse possibile, mediante successive operazioni di unione tra gli strati poligonali, ottenere strati informativi via via più aggregati formati da un numero sempre crescente di poligoni, ciascuno dei quali recasse traccia di ogni strato di provenienza. La costruzione della base di dati cartografica secon- do questa modalità ha consentito sia di disporre di elaborati intermedi corrispondenti ai rami gerarchici dei criteri, sia di applicare qualunque set di pesi alla base di dati spaziali. Infatti, ciascun poligono è rap- presentato da un record nella tabella finale della base di dati; questo record è costituito da tante colonne quanti sono gli strati presi in considerazione per la costruzione della base di dati spaziali; in corrispon- denza di ciascuna colonna relativa ad un poligono intersecato nel processo di costruzione (ovverosia, di un poligono che ha contribuito a determinare la forma del poligono finale) il valore risulta pari ad 1, in tutte le altre colonne è pari a 0. A questa struttura è facilmente applicabile, come si diceva, un modello di valutazione multicriterio basato su un modello lineare additivo (vedi box L’APPLICAZIONE DI UN METODO DI VALUTAZIONE MULTICRITERIO AL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DELL’INSIEME DI REPERIMENTO PER L’ISTITUZIONE DELLE AREE PROTETTE REGIONALI DEL LAZIO). Un caso particolare è stato costituito da due delle basi di dati disponibili, che risultavano essere non poli- gonali ma in formato di griglia chilometrica. Per queste, si è proceduto al trattamento alla fine del proces- so di intersezione dei poligoni corrispondenti alle altre categorie di criteri, effettuando una intersezione dei poligoni risultati dalle intersezioni stesse con le griglie (una per ogni categoria di valutazione conside- rata) e calcolando preventivamente la quota percentuale di superficie di ciascun poligono ricadente in cia- scuna cella delle griglie. In questo modo si è ottenuta una valutazione “pesata” del contributo del valore di ciascuna cella della griglia al valore finale assegnato al poligono. Per questi criteri, quindi, la valutazio- ne finale in colonna è diversa da 1.

L’APPLICAZIONE DI UN METODO DI VALUTAZIONE MULTICRITERIO AL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DELL’INSIEME DI REPERIMENTO PER L’ISTITUZIONE DELLE AREE PROTETTE REGIONALI DEL LAZIO L’adozione di una procedura di analisi multicriterio per la soluzione del problema dell’individuazione del- l’insieme delle aree da prendere in considerazione per l’istituzione delle aree protette regionali (insieme di reperimento) poggia sull’ipotesi generale della riconducibilità del problema stesso ad una valutazione e selezione tra alternative. Nel caso dell’insieme di reperimento, le impropriamente definite “alternative” sono rappresentate dalle porzioni di territorio regionale ricavate con un processo di successiva sovrapposizione ed intersezione, mediante un software GIS (vedi box LA COSTRUZIONE DELLA BASE DI DATI SPAZIALI PER IL REPERIMEN- TO), dei poligoni rappresentanti porzioni del territorio regionale omogenee rispetto ad uno dei parametri

254 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

di valutazione stabiliti dalla LR 29/1997 all’articolo 7, i quali fungono quindi da criteri di valutazione per i singoli poligoni nell’ambito dell’analisi multicriterio.

PARAMETRI ASSOCIATI AI POLIGONI In pratica, ogni poligono risul- tante dall’intersezione degli A strati informativi è caratterizzato da un profilo che tiene memoria degli strati che lo hanno deter- B minato. Assegnando un valore a ciascuno degli strati incontrati e C sommando i relativi pesi si poligoni criterio criterio criterio determina il peso finale. post-intersezione A B C 1010Per la determinazione dei pesi sono state compilate 2100matrici come quella riprodotta in fig. 4.4.3. Per ciascuno 3110dei gruppi e dei livelli dell’albero è stato condotto un processo di valutazione comparativa basato sul metodo 4111 del rating (attribuzione diretta di punteggi fino ad un 5011massimo totale prefissato) o, nei casi più complessi, 6001applicando il metodo dei confronti a coppie (paired com- 7101parisons).

La seconda fase del lavoro ha riguardato la valutazione dello Schema approvato nel 1993, ed è stata condotta confrontando i risultati ottenuti nel 2010 con le previsioni dello Schema stesso. Le aree dello Schema sono state analizzate sotto il profilo della quantità percentuale di poligoni con valori di alfa+beta+gamma maggiore di 0,10 (poligoni “signi- ficativi”) ricadente al loro interno e del valore medio di alfa+beta+gamma per i poligoni contenuti14. Aree con maggiore copertura e con valori medi più alti rappresentano quindi delle conferme rispetto al 1993. Ne sono risultate quattro macro classificazioni per le aree: 1. INVARIANTI ISTITUITE. Si tratta delle aree presenti nello Schema che sono state effet- tivamente istituite - integralmente o parzialmente rispetto alle previsioni - nel perio- do 1993-2010; 2. AREE NON ISTITUITE DA CONFERMARE. Sono le aree ricomprese nello Schema per le quali l’analisi multicriterio ha confermato l’interesse ai fini del reperimento. Queste

14 Per maggiori dettagli, si rimanda al Rapporto finale del progetto PRANP 2010 nell’allegato DVD.

255 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 4.4.4 - Confronto tra i risultati delle analisi per il reperimento e le indicazioni dello Schema di Piano Parchi del 1993. Sono rappresentate esclusivamente le aree di reperimento con valori alfa+beta+gamma maggiori di 0,10 - con cromatismi in tre gamme dal verde smeraldo al blu scuro (valori crescenti) se coincidenti con aree individuate dallo Schema; con cromatismi in due gamme del verde oliva (più scure le aree con valori maggiori) se si tratta di aree non conside- rate dallo Schema

sono state classificate come da riconfermare “integralmente”, nei casi in cui i valori considerati interessino una considerevole quota di territorio e si riscontrino alti valo- ri di media per i poligoni, o “parzialmente”, negli altri casi; 3. AREE NON ISTITUITE DA VALUTARE. Si tratta delle aree per cui si sono verificate discre- panze tra le valutazioni dello Schema e quelle emerse nel 2010. Quasi sempre, si trat-

256 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

ta di aree all’interno delle quali si trovano già aree protette istituite, spesso di piccole dimensioni, mentre l’area segnalata nello Schema del 1993 aveva una estensione molto maggiore. In questi casi, vale la pena di chiedersi se sia il caso di aumentare la superfi- cie protetta mantenendo l’area con valutazione più bassa nell’insieme di reperimento; 4. AREE DA VALUTARE NON RICOMPRESE NELLO SCHEMA. Sono queste le porzioni di territorio per le quali le analisi recenti hanno fornito indicazioni di possibile rilevan- za. Alcune di queste aree sono già oggetto di provvedimenti di tutela (bosco set- tentrionale del Parco di Veio, Riserva di Monte Catillo, ZPS di Monte Romano, ad es.), per altre può essere necessario un approfondimento di analisi, specialmente in relazione alla configurazione spaziale ed alla localizzazione rispetto alle altre aree del Sistema. Ci si è a questo punto posti il problema dell’utilizzazione concreta di queste valutazioni nell’ambito dei processi di pianificazione del Sistema. Evidentemente, giunti a questo stadio del processo è necessario fissare degli obiettivi in relazione ai quali identificare indicatori che ne misurino il soddisfacimento. Si è ritenuto, però, che la fissazione di questi obiettivi non spetti tanto ad una struttura di supporto tecnico quale è l’ARP, essendo evidentemen- te materia di elaborazione in sede di confronto politico. Quello che una struttura di servi- zio può offrire è, oltre alla conoscenza scientifica di base ed al metodo di valutazione appli- cati nella prima parte dello studio, una esemplificazione di come sia utilizzabile la classifi- cazione per la costruzione di scenari di cui valutare l’impatto. Quanto ai criteri cui dovreb- be rispondere un sistema di aree naturali protette regionale, sono stati ripresi i riferimen- ti, già presenti nel Documento tecnico ARP del 2002, alle linee guida pubblicate dall’IUCNWCPA nel 1998. Lo sviluppo successivo del lavoro ha preso quindi le mosse dalla valutazione dello Schema del 1993 per costruire due scenari alternativi, uno “esteso” ed uno “ridotto”. La costruzione degli scenari ha lo scopo precipuo di esemplificare la metodologia per l’effettuazione delle verifiche di impatto politico delle scelte sulle due principali conseguen- ze dell’approvazione del PRANP: l’introduzione di nuovi vincoli paesistici sul territorio e l’interdizione all’attività venatoria di nuovi territori, verifica già sollecitata nel 2002 dal Commissario di Governo15. Per la conduzione di queste verifiche è sufficiente una elabora- zione quantitativa degli scenari stessi.

15 DGR 2 agosto 2002, n. 1100, pubblicata sull BURL n.3 del 30 gennaio 2003 Suppl. Ord. n. 3

257 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Per la costruzione degli scenari, è stata condotta una articolazione in sottocategorie di tre delle quattro grandi categorie precedentemente formate (le aree “da valutare” non sono state per ora incluse in nessuno scenario) (Fig. 4.4.5): - le aree istituite al giugno 2010 hanno formato il primo insieme di reperimento, ana- logamente a quanto era stato fatto nel 1993. Questa assunzione presenta il vantag- gio di non mettere in discussione, per ora, le scelte storicamente sedimentate16 e di poter essere assunta anche a base di un ipotetico futuro processo di selezione basa- to sui principi della conservation biology; - alcune delle aree indicate nello Schema hanno visto istituzioni che, in virtù del riscon- tro con i valori di significatività dell’insieme di reperimento, sono state considerate “parziali”, ovvero meritevoli di riconsiderazione per eventuali estensioni delle aree protette istituite17. Queste aree sono state riconfermate integralmente; ciò significa che negli scenari vengono considerate al 100% della superficie individuata nel 1993; - un altro gruppo di aree che è stato riconfermato integralmente è quello per cui i livel- li di significatività derivati dall’analisi per il reperimento risultava particolarmente ele- vato sia per estensione che per valori medi alfa+beta+gamma. Queste sono state definite “aree non istituite di primo livello”, e considerate nella costruzione degli sce- nari al 100% della superficie individuata nel 1993; - laddove i valori sono risultati appena meno significativi per intensità e copertura dei poligoni, le aree sono state classificate come “non istituite di secondo livello”, e con- siderate negli scenari al 40% della superficie individuata nel 1993. Si tratta di aree nelle quali sarà importante effettuare verifiche in sito e considerare con attenzione gli strumenti di tutela eventualmente già in essere; - le aree individuate nel 1993 che sono risultate meno “significative” e per le quali, generalmente, le aree protette istituite coprono già in misura quasi esaustiva i princi- pali insiemi di risorse ambientali (come individuate dall’analisi per il reperimento), sono state considerate negli scenari al 30% della loro estensione nello Schema 1993; - le aree emerse dalla valutazione per il reperimento ma non considerate dallo Schema del

16 Va detto che i criteri enunciati dalla legge non tengono conto di alcune motivazioni per l’istituzione di alcu- ne categorie di aree protette: un esempio eclatante è rappresentato dalla funzione di educazione ambienta- le (oltre che di tutela dalle pressioni antropiche) svolta dalle aree metropolitane di Roma Natura, che non trova riscontro nei criteri di selezione dell’articolo 7 della legge regionale 29/97. 17 In qualche caso, l’ARP ha già condotto per queste aree studi di fattibilità per l’istituzione di nuove aree pro- tette o per l’estensione territoriale di quelle esistenti, ad esempio per i Monti Ernici.

258 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

1993 rappresentano un problema complesso, in quanto si dividono in almeno tre gran- di gruppi a seconda della loro disposizione rispetto alle aree individuate o istituite (anche come siti Natura2000) e delle loro caratteristiche (aree estese e continue e “nebulose” di micro aree prossime le une alle altre. Considerando comunque valide le indicazioni della valutazione per il reperimento con una affidabilità del 60%18, dall’insieme di queste aree sono state estratte solo quelle con una estensione continua superiore ai 1000 etta- ri, che sono state considerate negli scenari per il 60% della loro estensione.

Fig. 4.4.5 - Possibile classificazione delle aree individuate dallo Schema del 1993 alla luce delle valutazioni per il reperimento ai sensi della legge regionale 29/97

18 A causa dell’incompletezza delle fonti di dati, della loro asincronia, della parzialità dei modelli per la defini- zione della rete ecologica - utilizzati solo per i Vertebrati - , delle carenze rispetto alla consultazione di sog- getti istituzionali e del mondo scientifico e associativo.

259 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

A partire dagli scenari, quindi, sono state verificate separatamente le incidenze dei possibi- li vincoli paesistici derivanti dal PRANP sul quadro regionale attuale come desumibile dal PTPR recentemente adottato, e le variazioni delle quote di territorio che è possibile interdire all’atti- vità venatoria19 ai sensi della Legge 157/92 e della Legge Regionale 17/95 di suo recepimen- to nella Regione Lazio. Tutte le verifiche effettuate sono state di tipo puramente quantitativo: ciò significa che le aree considerate pro quota percentuale (30%, 40% o 60%) non sono state individuate, ma si è semplicemente ridotta percentualmente la superficie complessiva delle cate- gorie di appartenenza. Sebbene questo non esaurisca, con ogni evidenza, la pianificazione del sistema, tuttavia si ritiene che sia un passaggio imprescindibile per fissare dei limiti quantitati- vi - nel caso delle leggi venatorie, imposti dalle leggi stesse - agli obiettivi di tutela. Sul fronte dei vincoli paesistici, per entrambi gli scenari è emerso che l’83% circa delle aree incluse è già sottoposta a vincolo per motivi diversi dall’istituzione di aree protette (lettera g del comma 1 dell’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Pertanto, anche in considerazione del fatto che le perimetrazioni 1:25.000 del PRANP sono naturalmente sog- gette a raffinamenti in fase di istituzione, basandosi questa su una cartografia 1:10.000 per la definizione delle aree protette istituite, è verosimile che l’impatto sia estremamente ridotto: ben poche aree sarebbero soggette a nuovi vincoli paesistici di derivazione ambientale. Viceversa, vanno senz’altro segnalate alcune criticità (peraltro già note) riguardanti il superamento dei limiti massimi consentiti dalla legge per l’interdizione all’attività venatoria, calcolati in percentuale sulla superficie agro-silvo-pastorale20 (SASP) (massimo 30%) su base provinciale: risulterebbe un modesto superamento in provincia di Roma. Va però anche segnalato che in tre province si registra il mancato raggiungimento dell’apposizione di istituti di tutela venatoria su almeno il 20% della SASP.

19 Per la verifica di queste si è reso necessario un complesso lavoro di raccolta e riordino dei dati disponibi- li presso i competenti uffici provinciali, che sono stati poi oggetto di elaborazioni secondo la metodologia fis- sata dalla DGR n. 650 del 07/08/2009 che fissa gli indirizzi per la revisione dei piani faunistico-venatori pro- vinciali. Un particolare ringraziamento per le indicazioni fornite va ad Elvira Cacciotti e Paolo Onorati del Servizio SIARL e SIT - Area Tecnica dell’ARSIAL. Per informazioni più dettagliate si rimanda al teso dello stu- dio nell’allegato DVD. 20 I metodi di determinazione della superficie agro-silvo-pastorale sono stati recentemente definiti nella deli- bera di Giunta regionale che fissa le linee guida per la pianificazione faunistico-venatoria. Questo ha consen- tito di applicare lo stesso metodo applicato al territorio regionale ai territori delle singole aree protette ed a quelli interessati da altre forme di interdizione dell’attività venatoria. La stessa deliberazione fissa, a meno di variazioni basate su informazioni geografiche diverse proposte dalle province, le quantità di SASP per ciascu- na delle cinque province del Lazio.

260 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Comunque, si può concludere che l’impatto del PRANP su questo aspetto è senz’altro il più rilevante, in quanto la realizzazione completa di entrambi gli scenari porterebbero ad uno sforamento dei parametri di legge per tutte le province, pur potendo anche incidere positivamente sul rispetto dei limiti minimi. Con ogni evidenza, il criterio della ripartizione provinciale delle quote di rispetto SASP rischia di essere il nodo più problematico da scio- gliere per lo sviluppo del sistema regionale delle aree protette.

4.4.4 Conclusioni

Il sistema regionale delle aree naturali protette del Lazio si trova attualmente in una fase particolare del suo sviluppo. Al termine della fase di crescita quantitativa, si impone un arricchimento della strategia di governo che integri gli obiettivi di aumento quantitativo con i necessari obiettivi di miglioramento qualitativo e gestionale. Lo sviluppo del lavoro condotto sul tema del reperimento di nuove aree protette assume in questa ottica un duplice valore quale indicazione: da un lato, sul piano della governance del Sistema riconferma la necessità di una procedura di selezione delle aree protette da inserire nel Sistema che sia trasparente, efficace ed efficiente ai fini della conservazione dei valori di biodiversità regionale; dall’altro, esemplifica un metodo di valutazione integrato che, qualora lo si ritenesse utile, potrebbe essere applicato anche alle aree esistenti, per ridefinirne obiettivi e ruoli nell’ambito del sistema stesso. Infine, l’applicazione delle valutazioni per il reperimento a tutto il territorio regionale con- sente di disporre di uno strumento di conoscenza da integrare agli strumenti di tutela pae- sistica per una convergenza delle pianificazioni della conservazione del paesaggio (PTPR) e della geo- e biodiversità (REcoRd Lazio e PRANP). Da questo punto di vista, il metodo per il reperimento sviluppato in applicazione della LR 29/97, pur scontando forse un eccesso di definizione sul piano dell’identificazione delle informazioni da porre alla base della deci- sione (puntuali per quanto attiene i vincoli ambientali ai sensi delle leggi per la tutela del paesaggio e del D. Lgs. 42/2004, meno definite e più “aperte” in ambiti quali quelli del- l’ecologia del paesaggio, della biologia della conservazione e simili) rappresenta un indi- spensabile terreno di condivisione delle valutazioni in maniera trasversale tra le diverse componenti tecnico-amministrative della Regione, come la collaborazione con la Direzione Regionale Territorio e Urbanistica ha dimostrato.

261 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Riferimenti

BATTISTI C., ROMANO B. (2007), Frammentazione e connettività, Città Studi Edizioni, Torino APAT (2003), Gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale, Manuali e Linee guida, 26/2003 IUCN/WCPA (1998), National System Planning for Protected Areas, Best Practice Protected Areas Guidelines Series n. 1, 1998 APAT, Carta della Natura 1:250.000

262 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

4.5 Le proposte di nuove istituzioni Massimo Bruschi, Stefano Sarrocco - ARP

L’azione del pianificare può essere definita, sintetizzando all’estremo, come “operare delle scelte tra azioni alternative disponendo di informazioni e risorse limitate”. Nel caso della pianificazione naturalistico-ambientale per il sistema delle aree protette, le “azioni” rappresentate dalle nuove aree da aggiungere all’insieme esistente rischiano di essere realmente alternative, nel senso di “mutuamente esclusive” (è possibile istituire o l’una o l’altra area protetta, difficilmente tutte e due) e le scelte, di fatto (almeno a medio termi- ne), irreversibili, con vincolo “permanente” sulla destinazione di risorse. Il quadro delle cri- ticità è complicato poi, come abbiamo visto, dalla presenza di un limite quantitativo allo svi- luppo del sistema, fissato sia dalle risorse disponibili sia dalle leggi di pianificazione vena- toria oggi in vigore. Emergono quindi come elementi strategici della questione le priorità di istituzione, ten- denzialmente costanti nel tempo, e le opportunità politiche e territoriali, soggette a varia- zione continua in funzione delle congiunture e dei processi politici attivati. Gli strumenti per la loro risoluzione non possono che essere ricercati nel quadro delle valutazioni delle alternative rispetto al perseguimento degli obiettivi espliciti generali (di piano, di legge); ad essi deve associarsi un processo partecipativo mirato alla considerazione ed all’inte- grazione delle esigenze locali (salvaguardia di emergenze ambientali, sostegno a territo- ri marginalizzati). I corrispondenti nodi metodologici e pratici riguardano quindi le relazioni tra il PRANP21, un piano settoriale di area vasta con obiettivi relativamente costanti sul medio-lungo termi- ne e procedure complesse, e le istanze puntuali22 che pure esso deve gestire, provenienti da soggetti differenziati e radicati localmente i quali si attendono soluzioni rapide, ammini- strativamente certe e “semplici”. Nei confronti di queste legittime esigenze è necessario costruire le occasioni e le sedi deputate all’espressione costruttiva, in modo che trovino la loro collocazione nel piano di sviluppo del sistema, a valle di un percorso di valutazione che

21 Ad oggi, lo Schema di Piano dei Parchi del 1993 rappresenta lo strumento di indirizzo per le nuove istitu- zioni. La stessa legge 29/97 si è premurata di conservarlo come base per lo sviluppo del sistema, istituen- done per stralcio alcune delle aree più rilevanti (ma non tutte). In qualche modo, possiamo dire che in esso siano riassunti gli obiettivi espliciti generali per il sistema. 22 Le istanze locali per l’istituzione di forme di tutela ambientale e le loro forme di espressione (delibere comunali di aree wilderness, associazionismo locale, ecc.) sono la manifestazione diretta di una volontà di “fare territorio” radicata nella consapevolezza locale del valore ambientale e storico culturale di un’area.

263 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 4.5.1 - Relazioni tra le aree protette istituite e le previsioni dello Schema di Piano Parchi approvato nel 1993 metta ciascuna proposta a confronto con le altre in un quadro organico che garantisca la corretta valutazione di tutti gli interessi in campo. È proprio dalla definizione del problema in termini di valutazione comparata e pondera- zione delle istanze e degli interessi che scaturisce, ritornando a quanto enunciato all’inizio del paragrafo, la definizione della responsabilità della pianificazione naturalistico-ambienta- le: scegliere comparando dati oggettivi in un quadro di risorse utilizzabili scarse e finite (non si possono fare aree protette dappertutto) ed in vista di una indispensabile richiesta di “rendicontabilità” dei risultati raggiunti in termini di tutela in situ della biodiversità. Evidentemente, il primo elemento da sottoporre a valutazione è la necessità di tutelare un luogo mediante l’istituto dell’area naturale protetta. Esiste oggi una ampia varietà di strumenti di tutela, riconosciuti a vari livelli istituziona- li (dalla Unione Europea allo Stato, dall’UNESCO alla Regione) e corredati di strumenti pro-

264 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette gettuali e gestionali, applicabili alle diverse “esigenze” di protezione e valorizzazione di un sito. La tutela paesistica, nelle nuove forme scaturite dalla Convenzione Europea sul Paesaggio siglata a Firenze nel 2000, fa riferimento oggi ad un sistema di pianificazione dotato di nuove potenzialità ed esteso a tutto il territorio regionale. Il paradigma della rete ecologica, ripreso nel Lazio dalla LR 29/97, promette nuove occasioni di intervento per la gestione sostenibile ed integrata dell’intero territorio regionale. Tutti questi elementi indu- cono a riconsiderare “per differenza” il ruolo specifico dello strumento di tutela rappre- sentato dall’area protetta, per apprezzarne sempre più il ruolo precipuo nella protezione degli elementi di geo- e biodiversità, in sinergia con gli altri strumenti, soprattutto quan- do questo porta un effettivo valore aggiunto rispetto ad altre possibili forme di tutela con diverse specificità. Nella sua attività di supporto alla Direzione Ambiente, l’ARP ha più volte condotto studi ed indagini su siti e territori oggetto di proposte per l’istituzione di nuove aree protette. Questo ha consentito di raccogliere una certa quantità di informazioni, in particolare sulle aree già previste nello Schema di Piano dei Parchi: possiamo ad esempio citare gli studi condotti per il Parco del Tevere (non istituito), conclusisi nel 2004 con un evento di presentazione dei risultati, o le indagini condotte sull’area di Monte Cairo e delle Gole del Melfa in Ciociaria. Altre attività istitutive per le quali l’ARP ha fornito il suo contributo hanno riguardato l’individuazione dei siti Natura2000, in particolare per le riperimetrazioni condotte nel 2008 di cinque grandi aree interessanti il Complesso Tolfetano-Cerite-Manziate, Monte Romano, i Monti Lepini, le Isole Pontine, i Monti Ausoni ed Aurunci. Al di là dei risultati raggiunti, i lavori svolti hanno consentito l’accumularsi di una consi- derevole esperienza e il fissarsi di alcune prassi, che hanno consentito alle strutture tecni- che ARP di affrontare in maniera sistematica il problema dell’analisi contemporanea e com- parata di un notevole numero di proposte, secondo la richiesta inviata dall’Assessorato Ambiente tra il 2006 ed il 2007 (il termine fissato dall’ultima trasmissione delle proposte è stato il 30/03/2007)23. Si trattava, in questo caso, di circa 40 proposte di istituzione, cui sono state aggiunte, per completezza del quadro complessivo, le aree esaminate dall’ARP in epoca più o meno

23 ARP, 2007, Studio per la riorganizzazione del Sistema delle aree protette regionali - Direttore: G. Tallone, Coordinatori: M. Bruschi, S. Sarrocco - gruppo di lavoro: E. Peroni, C. Fattori, D. Mancinella, M. Scalisi, I. Pizzol, A. Monaco, D. Capizzi, I. Egidi, G. Villetti, C. D’Uffizi, G. De Prisco, K. Santia, G. Galfano, F. Pesciaroli, V. Aloi.

265 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio recente (cinque in tutto). Purtroppo l’eterogeneità della documentazione trasmessa dall’Assessorato non ha facilitato l’attività istruttoria. In quattro casi, l’assenza di una indi- cazione cartografica - proposta di perimetro o individuazione toponomastica certa - non ha consentito di procedere neanche alla prima ricognizione (vedi Nota alla Tabella 4.5.1). È apparso immediatamente evidente come fosse impossibile esaminare secondo una modalità approfondita (vedi box DISEGNARE IL PERIMETRO DI UN’AREA PROTETTA IN 10 PASSI) tutte le proposte nel tempo assegnato (ad esempio, per l’impossibilità di effettuare sopralluoghi e raccogliere dati sul campo). Si è pertanto deciso di scomporre il processo di valutazione in due fasi successive: 1. una prima fase di screening generale, durante la quale tutte le proposte sono state esaminate secondo uno schema prestabilito; per ognuna è stata compilata una scheda ricognitiva in formato A3 riportante tutte le informazioni disponibili presso l’ARP. Per le aree già esaminate dall’ARP in precedenza, si è proceduto traendo dagli studi redatti e già trasmessi all’Assessorato una sintesi in forma di scheda analoga a quella predisposta per le altre aree, con l’obiettivo di consentirne una disamina omogenea; 2. una seconda fase di valutazione generale delle proposte con la definizione delle prio- rità di istituzione, di competenza diretta dell’Assessorato. Per facilitare la decisione, è stata compilata una carta riepilogativa di tutte le proposte, integrata con le indica- zioni dello Schema del 1993, con le aree protette e i siti Natura 2000 istituiti. L’obiettivo che si è cercato di conseguire è quello di mettere a disposizione dei sog- getti politici responsabili delle decisioni ogni informazione disponibile, in forma sinteti- ca ed ordinata e facendo economia di tempo e risorse, in ordine al livello di decisione da assumere: scegliere le aree più importanti per istituire nuove aree protette. È evi- dente come, laddove si decida per l’istituzione, i dati raccolti nella scheda debbano essere considerati un mero punto di partenza per una successiva analisi approfondita della situazione. Per facilità di consultazione (e di valutazione degli impatti sul sistema regionale) le pro- poste, molto numerose, sono state suddivise in due gruppi principali: le “grandi aree e sistemi”, con superfici maggiori di 5.500 ettari circa, e le altre aree, di minore estensione, le cui schede sono state raggruppate in album provinciali (la provincia di Roma è stata ulte- riormente suddivisa in tre album: nord e ovest, est, sud). Per i Monti Ernici e per i Monti Lepini sono stati esaminati due scenari, in entrambi i casi l’uno esteso all’incirca il triplo dell’altro. Questo ha condotto ad un quadro complessivo delle

266 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette proposte variabile da un minimo di 64.528 ad un massimo di 90.748 ettari, con una inci- denza di aree di grande estensione rispettivamente di 13.650 e di 39.869 ettari. Nello sce- nario “di minima”, si avrebbe un incremento relativo della superficie protetta regionale del 29% circa rispetto agli attuali 220.000 ettari, corrispondente ad un aumento in termini assoluti del 4% circa, che porterebbe la percentuale di territorio regionale protetto al 17% circa; con lo scenario di massima, i valori sarebbero rispettivamente del 40% circa (incre- mento relativo) e del 18% circa (territorio regionale protetto), portando la superficie com- plessiva del sistema a 314.000 ettari. Come si vede, si tratta di superfici rilevanti, che implicano decisioni delicate ed una pro- grammazione strategica puntuale e ben ponderata, cui dovrebbe essere associato uno strumento di monitoraggio dei risultati conseguiti con le istituzioni effettuate. Le schede predisposte sono articolate in due sezioni, analitico-conoscitiva e sintetico- valutativa. Entrambe le sezioni sono state visualizzate in un foglio formato A3 orizzontale, fronteggiato da un altro foglio A3 su cui è riportata la cartografia dell’uso del suolo regio- nale 2003 su base CTR 1:10.000 o, nei casi di aree di maggiore dimensione, su base uffi- ciale IGM 1:25.000. La sezione analitico-conoscitiva, redatta sulla base delle informazioni note al momento agli esperti dell’ARP e da intendersi come suscettibile di integrazioni anche significative in sede di eventuale vera e propria istruttoria preordinata all’istituzione di un’area protetta, è articolata in quattro parti: - informazioni generali sulla proposta (collocazione cartografica nella CTR, soggetto proponente, dimensioni dell’area, notizie sulla proprietà, relazioni con lo Schema di Piano dei Parchi del 1993 e con la programmazione generale, relazioni con le altre aree protette del sistema); - un breve inventario delle risorse ambientali note presenti nell’area (geologia, idrolo- gia, flora e vegetazione, fauna, archeologia, paesaggio); - una ricognizione dei vincoli e degli strumenti di protezione noti già insistenti sull’area (per la valutazione della necessità/opportunità dell’istituzione rispetto ai valori conosciuti); - un elenco delle fonti documentali note. La sezione sintetico-valutativa è stata condotta applicando la SWOT analysis all’ipotesi dell’istituzione dell’area alla luce delle informazioni disponibili. La sezione si conclude con una valutazione di sintesi che valuta la congruenza della proposta con le risorse presenti nel sito e nell’immediato intorno e la priorità di conservazione rispetto alla rarità delle risor- se, alla pressione antropica, ecc.

267 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

DISEGNARE IL PERIMETRO DI UN’AREA PROTETTA IN 10 PASSI

Pur senza pretendere di costituire un riferimento assoluto, si propone una possibile sintesi in 10 passi operativi (che talvolta ne prevedono altri al loro interno) del processo per il quale si può pervenire, a par- tire dalla segnalazione di interesse avanzata per un luogo, alla definizione di una proposta di perimetro di un’area protetta che lo tuteli: 1. Identificare le aree irrinunciabili: - aree identificate sulla base degli studi di biologia della conservazione (criteri di irrepleaceability, rarity, complentarity) - aree forestali demaniali e foreste mature - geositi e singolarità geomorfologiche - ecotopi unici 2. Formulare per queste aree istanze di conservazione in sito e definirne le prestazioni 3. Valutare le relazioni reciproche ed identificare i corridoi di connessione e le buffer zones 4. Definire le prestazioni per le aree di connessione (tipo e livello di antropizzazione compatibile per il mantenimento della funzione di connessione) 5. Definire l’inviluppo (identificare elementi di separazione dal contesto su basi percettive ed ecolo- giche) 6. Valutare le eventuali asole interne (aree intercluse non riconducibili al punto 1 né al punto 3) e le loro prestazioni (tipo e livello di antropizzazione compatibile in relazione all’interferenza delle aree limitrofe) 7. Valutare l’omogeneità gestionale e morfologica dell’inviluppo (obiettivi generali dell’area protetta; forma dell’area; uso reale del territorio; ecc.) 8. Identificare i principali conflitti con quanto fissato in termini di prestazioni per le aree individuate 9. Verificare i livelli di tutela in essere e confrontarli con le esigenze fissate 10. Classificare l’area con zone A e zone B eventualmente articolandole in funzione degli obiettivi di gestione fissati. Sui risultati si apre poi necessariamente il confronto con le popolazioni coinvolte.

268 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Tabella 4.5.1 Elenco delle proposte esaminate e delle relative schede ricognitive Scheda n. Denominazione Categoria/Provincia Area (ha) 5 Vulci grandi aree e sistemi 6.349,510 17 Monti Lepini - scenario 1 grandi aree e sistemi 22.184,742 17 Monti Lepini- scenario 2 grandi aree e sistemi 7.482,691 19 Terminillo grandi aree e sistemi 5.519,503 31 Appennino Ciociaro grandi aree e sistemi 39.307,599 34 Monti Ausoni e lago di Fondi grandi aree e sistemi 12.909,207 43a Bosco Faito (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 341,312 43b Macchia di Ceprano e Pofi (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 148,590 43b Macchia di Ceprano e Pofi (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 367,889 32-43c Mola di Piscoli e Selva di Paliano (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 716,115 43d Sorgenti del Fiume Sacco (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 532,823 43e Macchia di Anagni (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 394,693 43e Macchia di Anagni (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 777,246 43f Bosco di Prefelci (Valle del Sacco) grandi aree e sistemi 19,945 48 Monti Ernici scenario 1 grandi aree e sistemi 6.166,930 48 Monti Ernici scenario 2 grandi aree e sistemi 17.684,323 0 Ampliamento RNR Lago di Vico Viterbo 750,345 1 Ampliamento RNR Monte Casoli di Bomarzo Viterbo 347,303 1 Ampliamento RNR Monte Casoli di Bomarzo Viterbo 48,216 2 Torrente Stridolone Viterbo 205,290 3 Corviano - Selva di Malano Viterbo 64,471 4 Valle dell’Arcionello Viterbo 147,844 35 Civitella Cesi Viterbo 775,351 35 Civitella Cesi Viterbo 712,570 23 Torrente Farfa Viterbo 0,000 46 Faggeta dei Monti Cimini Viterbo 58,718 47 Calanchi di Civita di Bagnoregio Viterbo 1.475,716 18 Greppa dei Falchi - Greppa delle Scalette Viterbo 0,000 50 Cava di marmo di Cottanello Viterbo 0,434 20 Querceto Santa Maria Rieti 11,701 21 Pareti Rocciose di Grotti Rieti 71,363 22 Bosco dei cappuccini Rieti 5,493 24 Gole del Farfa Rieti 103,034 25 Macchia di Nocicchia e Selva Marcigliana Rieti 311,328 26 Orto del monastero dell’ex Abbazia di San Salvatore Rieti 0,330 27 Ampliamento RN Montagne della duchessa sud Rieti 209,622 27 Ampliamento RN Montagne della duchessa ovest Rieti 2.022,537 28 Esclusione del territorio di Morro Reatino Rieti -3,580 dalla RNR Laghi Lungo e Ripasottile

269 Verso un piano per il sistema delle aree protetteValutazioni del Lazio per il Sistema regionale delle aree naturali protette

segue Tabella 4.5.1 Elenco delle proposte esaminate e delle relative schede ricognitive 6 Villa Piccolomini Roma nord e ovest 35,936 8 Oasi Urbana del Tevere Roma nord e ovest 2,179 10 Area Università Agraria di Bracciano loc. “I Terzi” Roma nord e ovest 475,509 15 Sassoni di Furbara Roma nord e ovest 0,335 7 Villa Gregoriana Roma est 3,471 9 Bosco di Collegrosso Roma est 43,918 16 Monte Pagliaro Roma est 840,569 16 Monte Pagliaro - Valle Caprara Roma est 146,146 36 Bosco “La Selva” Roma est 210,149 39 Area del Barco di Tivoli Roma est 387,995 41 Lago dell’Inferno e Platea dei Tartari Roma est 254,170 42 Montarozzo del Barco Roma est 14,706 11 Sughereta di Pomezia Roma sud 323,395 12 Lido dei Gigli Roma sud 642,516 13 Bosco di Foglino Roma sud 522,801 38 La Fornace Roma sud 12,389 14 Ampliamento MN Villa Clementi e Fonte S. Stefano Roma sud 0,000 29 Fiume Fibreno e Rio Carpello Frosinone 43,127 30 Grotte di Falvaterra e del Rio Obaco Frosinone 64,283 45 Gole del Melfa e Monte Cairo Frosinone 10.815,749 0 Giulianello Latina 0,000 0 Torrecchia Vecchia Latina 0,000 33 Fiume Garigliano Latina 0,000 44 Macchia del Buglione - I Valloni Latina 637,770 Totale proposte di istituzione - max* 90.747,823 Totale proposte di istituzione - min* 64.528,379 di cui totale aree minori (rif. province) - valore costante in associazione 22.801,925 ad A e B - ridotto in associazione a C A grandi aree - scenari di minima per Monti Lepini ed Ernici 13.649,621 B grandi aree - scenari di massima per Monti Lepini ed Ernici 39.869,065 C grandi aree - scenario di massima per Monti Lepini e ipotesi Appennino Ciociaro (con esclusione Gole del Melfa dalle aree provinciali) 28.491,850 * La superficie totale varia a seconda della scelta tra differenti scenari per le grandi aree. Non si è tenuto conto delle istituzioni del giugno 2007, per complessivi 1.400,000 ha circa. Manca inoltre la grande area del Fiume Garigliano. Nota Le aree prive di cartografia, non esaminate, sono segnalate in corsivo. Le aree 14 e 33 (evidenziate in grigio) sono state trasmesse senza perimetrazione. Dell’area 23 è stata trasmessa una perimetrazione illeggibile. L’area 18 è total- mente interna alla RNR Canale Monterano, pertanto non è stata analizzata. Le aree 5, 19, 17 e Ampliamento RNR Lago di Vico risultano in fase istruttoria presso il CTSA. Le aree 3, 24, Giulianello e Torrecchia Vecchia (evidenziate in aran- cione) sono state istituite come monumenti naturali; per esse non è stata trasmessa all’ARP alcuna richiesta.

270 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

La proposta metodologica è integrata da una cartografia 1:200.000 che permette una visione sinottica delle proposte su tutto il territorio regionale, ponendole in relazione con i principali strumenti di tutela ambientale (aree protette istituite e aree della rete Natura 2000), con le aree del demanio forestale regionale, con lo Schema di Piano dei Parchi del 1993 (che conserva ai sensi della LR 29/97 valore di indirizzo per le nuove istituzioni nelle more della formazione del nuovo Piano Regionale delle Aree Naturali Protette), con le principali compo- nenti del sistema insediativo della regione (aree urbanizzate, reti ferroviaria e stradale prin- cipale). Nella carta di sintesi, le proposte sono numerate progressivamente come le schede di analisi, in modo tale da consentire una consultazione simultanea dei due prodotti. Scopo del Quadro di sintesi delle proposte è consentire una immediata visualizzazione tanto delle possibili scelte strategiche quanto dell’inserimento delle singole proposte nel quadro territoriale generale. In particolare, sono possibili letture trasversali suggestive di obiettivi di sistema quali, ad esempio, la ricerca di una maggiore coincidenza tra i siti della Rete Natura 2000 e le aree del Sistema regionale, oppure la guida della crescita del siste- ma in forma congruente o meno con le indicazioni dello Schema del 1993. Opzioni strate- giche come queste possono essere assunte come elemento base, insieme ai molti altri ele- menti derivabili dai metodi di selezione delle aree ai fini del reperimento previsto dal PRANP (cfr § 4.4) per la definizione delle priorità nelle strategie di conservazione del patrimonio di geodiversità e biodiversità regionale. L’aggiornabilità delle basi di conoscenza e la struttura intrinsecamente aperta del meto- do applicato (schede e quadro di sintesi) vengono proposti come strumenti di supporto alle decisioni utili tanto a livello strategico che a livello operativo. Inoltre, per la loro connota- zione esplicita e sintetica potrebbero essere utilizzati - con qualche necessario adattamen- to sul piano della comunicazione - anche in contesti decisionali ampliati e partecipati, in cui le istanze locali avrebbero l’occasione di confrontarsi reciprocamente e con il quadro delle strategie e delle priorità di livello regionale.

4.6 I temi centrali della programmazione: obiettivi, fabbisogni, risorse, scenari Massimo Bruschi - ARP

Ricostruire un percorso organico che leghi gli obiettivi istituzionali, le competenze e le risorse in campo da un lato, agli scenari di (ri)organizzazione territoriale e di programma- zione delle azioni sul territorio dall’altro rappresenta il tema centrale di questo paragrafo.

271 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Due ragionamenti a monte sono necessari per l’impostazione del problema: il primo attiene all’individuazione di obiettivi, ambiti di spesa, strutture ed attività ad essi corrispon- denti; il secondo traccia una ipotesi di riorganizzazione territoriale delle competenze per le azioni di tutela dei territori protetti. Da questi può poi svilupparsi l’illustrazione della pro- posta metodologica basata su scenari indicata come possibile strumento generale della programmazione del sistema, cui ricondurre i singoli atti di programmazione della spesa, in un ottica trasversale in grado di convogliare risorse di diversa provenienza verso un qua- dro unitario di obiettivi strategici.

4.6.1 Le relazioni tra obiettivi, ambiti di spesa, strutture ed attività

Obiettivi ed ambiti di spesa

Al momento, il punto di riferimento principale per una riflessione sistematica sulla pro- grammazione del Sistema delle aree protette regionali, è rappresentato dalla LR 29/97, che all’art. 3 ne definisce gli obiettivi generali:

1. La Regione, attraverso la creazione di un sistema di aree naturali protette nonché mediante l’istituzione dei monumenti naturali e l’individuazione dei siti di importanza comunitaria, persegue, in particolare, i seguenti obiettivi: a) la tutela, il recupero e il restauro degli habitat naturali e dei paesaggi, nonché la loro valorizzazione; b) la conservazione di specie animali e vegetali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche e di ambienti naturali che abbiano rilevante valore naturalistico ed ambientale; c) l’applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale allo scopo di favorire l’integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante il recupero e la valorizzazione delle testimonianze antropologiche, archeologiche, storiche e architettoniche e delle atti- vità agro-silvo-pastorali tradizionali; d) la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, anche interdiscipli- nare, nonché di attività ricreative compatibili; e) la difesa degli equilibri idraulici ed idrogeologici; f) la valorizzazione delle risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza economica, educativa delle aree protette; g) la promozione del turismo sostenibile e delle attività ad esso connesse. 2. Nelle aree naturali protette si promuove la valorizzazione e la sperimentazione delle attività produttive compatibili con l’esigenza di tutela dell’ambiente e che favoriscono nuove forme di occu- pazione, ivi comprese le attività connesse alle fattorie sociali e didattiche. A tal fine si incentiva la più ampia partecipazione degli enti locali e delle forze sociali presenti nel territorio al fine di consegui- re forme di sviluppo economico e di ricerca di nuove opportunità lavorative compatibili.

272 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Gli obiettivi enunciati all’articolo 3 della LR 29/97 possono essere ricondotti a quattro grandi categorie di azioni, ai quali sono stati associati specifici ambiti di spesa secondo lo schema riportato in Tab. 4.6.1. Inoltre, si è considerato che per poter svolgere il proprio compito istituzionale le aree pro- tette devono sostenere delle spese per la continuità operativa, sintetizzate nella tabella 4.6.2.

Tabella 4.6.1 Corrispondenza tra obiettivi di cui all’art. 3 della LR 29/1997, strutture, attività e ambiti di spesa per il sistema delle aree protette regionali Obiettivi aree protette Ambiti di spesa corrispondenti 1) interventi ed azioni di conservazione, tutela, recupero e - Interventi di riqualificazione ambientale restauro di habitat, paesaggi, specie animali e vegetali, sin- - Studi e ricerche sul patrimonio delle risor- golarità geologiche, formazioni paleontologiche e ambienti se ambientali naturali di pregio (lett. a e b); la difesa degli equilibri idrauli- - Pianificazione e gestione dei siti Natura ci ed idrogeologici (lett. e), cui si associano le iniziative di 2000 ricerca scientifica (lett. d) - a questa categoria afferiscono - Attività forestali interventi di competenza principale dell’area protetta, ivi - Attività di gestione faunistica compresa la sorveglianza ed il monitoraggio effettuati dal personale tecnico e dal corpo Guardiaparco 2) interventi ed azioni finalizzati alla gestione ed al recupero - Interventi di recupero e riqualificazione delle testimonianze della presenza antropica, mediante tute- sul patrimonio storico e paesistico la e valorizzazione di siti e monumenti di interesse antropo- logico, archeologico, storico e architettonico nonché delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali (lett. c) - gli interven- ti afferenti a questa categoria integrano la tutela ambientale con quella del paesaggio e dei valori storici antropologici 3) azioni per l’educazione ambientale e la formazione e la ricer- - Fruizione ed educazione ambientale ca scientifica, ivi comprese le attività di fruizione compatibili ed - Comunicazione e formazione il turismo sostenibile (lett. d e g) associata alla promozione dello - Iniziative per la promozione della qualità sviluppo locale centrata sulla funzione educativa delle aree pro- e della sostenibilità tette (lett. f) - le azioni di questo gruppo puntano alla diffusio- - Studi e ricerche sul patrimonio delle risor- ne della conoscenza delle risorse ambientali e delle pratiche di se ambientali fruizione compatibili con la tutela dell’ambiente 4) la valorizzazione e la sperimentazione delle attività pro- - Iniziative per la promozione della qualità duttive compatibili con l’esigenza di tutela dell’ambiente e e della sostenibilità che favoriscono nuove forme di occupazione, ivi comprese le - Gestione sfruttamento risorse ambientali attività connesse alle fattorie sociali e didattiche (comma 2) - - Energie rinnovabili le azioni di questo gruppo cercano di dare impulso allo svi- - Fruizione ed educazione ambientale luppo locale compatibile per la gestione sostenibile delle risorse ambientali, realizzando il più alto livello di partecipa- zione locale possibile

273 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tabella 4.6.2 Corrispondenza tra ambiti di spesa e costi per la continuità operativa delle aree protette Spese per lo svolgimento delle attività e la continui- Ambiti di spesa corrispondenti tà operativa

a) hanno necessità di una idonea dotazione infrastrutturale, - Strutture ed attrezzature ente di gestione che comprende sedi, laboratori, strutture per la fruizione e - Attrezzature diffuse per la fruizione l’educazione ambientale; - Ricettività e turismo b) la dotazione infrastrutturale implica costi di locazio - - Strutture ed attrezzature ente di gestione ne/acquisto, gestione e manutenzione, cui si aggiungono i - Attrezzature diffuse per la fruizione costi per gli allestimenti e le dotazioni strumentali per il per- - Ricettività e turismo sonale (veicoli, hardware e software, ecc.);

c) devono svolgere le attività di pianificazione e gestione pre- - Strumenti di pianificazione dell’area pro- viste dalla legge (redazione di documenti di pianificazione, tetta e costi per il loro monitoraggio ecc.) che possono dare origine a progetti con relativi costi - Pianificazione e gestione dei siti Natura specifici; 2000 d) partecipano alle attività di sistema promosse dall’Asses- - Fruizione ed educazione ambientale sorato Ambiente, dalla Direzione Regionale Ambiente e - Comunicazione e formazione dall’ARP, anche sotto forma di attività di servizio tecnico pre- - Servizi tecnici stato verso altri soggetti del sistema regionale delle aree protette;

e) altre spese correnti legate ai consumi (carburanti, pubbli- - Strutture ed attrezzature ente di gestione ci servizi, ecc.)

f) risarcimenti e indennizzi (danni da fauna selvatica, manca- - Attività di gestione forestale to taglio, ecc.) - Attività di gestione faunistica

In linea generale, gli ambiti di spesa di cui alla tabella 4.6.1 sono coperti da fondi in conto capitale, mentre quelli della tabella 4.6.2 rappresentano la gestione ordinaria. I costi per il personale sono a carico della Regione Lazio, essendo le aree protette regionali enti strumentali della Regione che impiegano personale regionale. In una prospettiva di programmazione economica a tutto tondo delle attività da svolge- re nelle aree protette in funzione degli obiettivi, questo tipo di organizzazione consente di sviluppare un sistema a matrice in cui mettere in relazione gli ambiti di spesa con le possi- bili relative fonti di finanziamento, con riferimento: - agli obiettivi fissati dalla L.R. 29/97 e dalle leggi istitutive delle singole aree protette; - agli obiettivi di conservazione fissati per le aree della Rete Natura2000; - alla disponibilità di immobili di proprietà pubblica nel territorio dell’area protetta; - alla dotazione infrastrutturale attuale delle aree protette ed alla relativa funzionalità;

274 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

- alle disponibilità finanziarie ed ai relativi canali di finanziamento attivabili; - ai prezzi di riferimento per la realizzazione e l’allestimento delle strutture e per la loro gestione e manutenzione; - ai costi di riferimento per le attività; - alla complessità delle aree ed alla dotazione organica degli enti gestori (con riferimen- to alla DGR 1328/2004).

Dagli ambiti di spesa alle strutture ed alle attività sul territorio

Una parte del modello logico illustrato è stata sperimentata nell’ambito del “Documento programmatico per il sistema delle aree protette regionali” (PRANP 200824), predisposto su incarico dell’Ufficio Programmazione della Direzione Regionale Ambiente nell’ambito delle attività di supporto alla programmazione POR 2007-2013 per le aree protette regio- nali. Il lavoro è partito da una prima definizione delle categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protette regionali, determinata in base agli obiettivi det- tati dalla LR 29/1997, e relativi ambiti di spesa (Tab. 4.6.3.). Nonostante le strutture e le attività oggetto di ricognizione fossero piuttosto numerose ed eterogenee, si è cercato di organizzarle gerarchicamente secondo un elenco a due livel- li basato sugli stessi ambiti di spesa individuati per gli obiettivi. In questo modo si è cerca- to di costruire una base unica di riferimento, utile ad impostare la banca dati per la gestio- ne delle informazioni sulle dotazioni delle aree protette. La classificazione delle dotazioni delle aree protette in funzione degli ambiti di spesa ad agli obiettivi è stata sintetizzata nella Tabella 4.6.325.

24 ARP, 2008, Supporto alla programmazione di sistema POR Lazio 2007-2013 - Direttore: G. Tallone, Coordinatore: M. Bruschi - gruppo di lavoro: E. Peroni, C. Fattori, C. Pierdominici, A. Basso, C. D’Uffizi, A. Sasso, D. Mancinella, I. Sinibaldi, L. Quattrin, M. Barresi, V. Chirilli, V. Ghinelli. 25 Più o meno nello stesso periodo, la Regione Piemonte ha elaborato uno schema funzionale simile per le aree protette di sua competenza. Di questo schema, basato in maniera esplicita sugli obiettivi, dà conto I. Ostellino in un suo intervento sulla rivista Parchi (2008).

275 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

LA STRUTTURA DEL DOCUMENTO PROGRAMMATICO

L’ambito territoriale di riferimento del Documento programmatico elaborato per la programmazione POR- FESR 2007-2013 è costituito principalmente dalle aree appartenenti al sistema regionale delle aree natu- rali protette di cui agli articoli 5 e 6 della legge 29/1997, nonché dalle aree forestali appartenenti al demanio regionale. Lo scopo principale del Documento programmatico è il coordinamento degli investimenti sul sistema delle aree protette regionali sulla base di un duplice obiettivo: - garantire la funzionalità di base delle aree del sistema; - rendere più efficaci le attività ed i progetti locali (promossi dalle aree protette) e di sistema (a regia regionale e concertati). La modalità di produzione del Documento programmatico è, con estrema sintesi, articolata nei seguenti passaggi: 1. formazione di un quadro organico di conoscenze sulla attuale dotazione infrastrutturale e sulle attivi- tà in essere nel sistema, riferite alle aree protette, alla Rete Natura2000, alle aree forestali demaniali, alle strutture a regia regionale, nonché di un quadro riepilogativo degli investimenti effettuati e del parco progetti ufficiale disponibile trasmesso dalle aree protette (ultima versione utile prodotta per l’APQ7 - V accordo integrativo 2007); 2. determinazione del fabbisogno per la funzionalità di base del sistema delle aree protette; 3. determinazione del fabbisogno base per la gestione dei siti Natura 2000 (pianificazione ed interventi) 4. determinazione del fabbisogno base per la gestione delle strutture a regia e coordinamento regiona- le (CREIA, LEA, LABTER); 5. determinazione del fabbisogno base per la gestione del patrimonio forestale regionale; 6. determinazione del fabbisogno da programmazione a regia regionale per il settennio 2007-2013 (concertata con gli enti gestori delle aree protette e dei siti Natura2000), mediante la formazione di specifici parchi progetti; 7. determinazione del fabbisogno da programmazione a regia regionale su progetti di sistema (concer- tata con gli enti gestori delle aree protette e dei siti Natura2000), mediante la formazione di specifici parchi progetti; 8. determinazione del fabbisogno da programmazione locale (attività promosse dalle aree protette e dai soggetti gestori delle aree Natura2000 anche al di fuori della regia regionale).

Tabella 4.6.3 Elenco per categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protette regionali ambiti di spesa struttura / attività Strutture ed attrezzature ente di gestione sede centrale ente sedi distaccate sedi vigilanza centri visite musei interpretativi ecomusei labter laboratori e parchi didattici centri educazione ambientale

276 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

segue Tabella 4.6.3 Elenco per categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protet- te regionali ambiti di spesa struttura / attività centri recupero fauna selvatica vivaio specie autoctone aree faunistiche orto/giardino botanico stazioni di inanellamento centri coordinamento operativo torri avvistamento antincendio biblioteca centri ricerca e formazione sala multifunzionale fattorie didattiche centro valorizzazione prodotti tipici acquisizione beni immobili manutenzione straordinaria e adeguamento tecnologico strutture esistenti segnaletica perimetro telecontrollo parco veicoli servizi logistici per la fruizione attrezzature informatiche licenze software specialistici dotazione attrezzature tecniche Servizi tecnici progettazione di interventi partecipazione a progetti di sistema programmazione settoriale produzione di basi informative e cartografiche front office Attrezzature diffuse per la fruizione infopoint percorsi di fruizione percorsi sci di fondo viabilità carrabile aree di parcheggio pannelli singoli (al di fuori di percorsi attrezzati e sentieri natura) segnaletica e sicurezza percorsi porte del parco aree sosta attrezzate aree bivacco attrezzate approdi navigazione struttura avvistamento fauna selvatica Strumenti di pianificazione dell’area protetta piano dell’area protetta regolamento dell’area protetta programma pluriennale di sviluppo socio-economico

277 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 4.6.3 Elenco per categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protet- te regionali ambiti di spesa struttura / attività Iniziative per la promozione della qualità Certificazione ISO 14001 e della sostenibilità Certificazione EMAS Certificazione FSC Certificazione PEFC Carta del Turismo sostenibile supporto certificazioni agroalimentari supporto certificazioni zootecniche altra certificazione (specificare ed eventualmente aggiungere campi) Green Public Procurement Agenda 21 locale Interventi di riqualificazione ambientale recupero cave dismesse recupero siti in frana recupero zone costiere recupero zone umide sistemazioni idrauliche e fluviali conservazione habitat riqualificazione sistemazioni agrarie connessioni ecologiche recupero e/o bonifica siti inquinati e discariche compatibilizzazione o delocalizzazione attività incompatibili altri interventi (specificare ed eventualmente aggiungere campi) Interventi di recupero e riqualificazione recupero borghi sul patrimonio storico e paesistico recupero manufatti storici rurali (con finanziamento esclusivamente recupero manutfatti storici civili a carico dell’ente di gestione) recupero manufatti storici religiosi recupero manufatti storici militari recupero sistemazioni agrarie recupero percorsi storici recupero parchi, giardini e orti botanici recupero manufatti industriali recupero siti archeologici recupero tracciati stradali recupero fontanili recupero/realizzaizone cisterne altri interventi (specificare) Energie rinnovabili solare fotovoltaico solare termico biogas biomasse miniidro eolico

278 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

segue Tabella 4.6.3 Elenco per categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protet- te regionali ambiti di spesa struttura / attività Ricettività e turismo ostello foresteria ecoalberghi ristorante/trattoria rifugi aree camper aree campeggio punti di ristoro Fruizione ed educazione ambientale iniziative per la fruizione organizzata allestimenti didattici interpretazione fattorie didattiche (non Natura in Campo) apiario didattico pubblicazioni didattiche Comunicazione e formazione pubblicazioni fruizione pubblicazioni scientifiche manifestazioni ed eventi servizi in rete informatica marketing turistico e territoriale campagne di sensibilizzazione materiali multimediali gadget e materiali promozionali attività di formazione aperta al pubblico seminari e corsi di aggiornamento Ruolo unico comunicazione istituzionale Studi e ricerche sul patrimonio monitoraggio fauna delle risorse ambientali monitoraggio habitat monitoraggi ambientali tutela geodiversità censimenti Pianificazione e gestione piano delle aree Natura2000 aree Natura 2000 regolamento delle aree Natura2000 interventi di gestione informazione e processi partecipativi Attività forestali indennizzi mancato taglio piani di assestamento forestale (promozione/partecipazione) attività anticendio monitoraggio e gestione forestale interventi di fitoterapia interventi di riforestazione

279 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 4.6.3 Elenco per categorie di strutture ed attività di competenza del sistema delle aree protet- te regionali ambiti di spesa struttura / attività Attività di gestione faunistica gestione danni da fauna controllo popolazioni catture selettive reintroduzioni Gestione sfruttamento risorse ambientali agricoltura sostenibile zootecnia pesca apicoltura corsi di formazione per operatori

Questa classificazione, oltre che per impostare la raccolta di informazioni sulle dotazio- ni delle aree protette nella banca dati georiferita (geodatabase - vedi box LA BANCA DATI GEOGRAFICA) potrà essere assunta, una volta aggiornata e rivista con il contributo delle aree protette e degli uffici regionali, come base per il monitoraggio degli investimenti e per la definizione dei fabbisogni di spesa corrispondenti all’attuazione degli scenari.

4.6.2 La proposta degli ambiti territoriali di riferimento per la programmazione e la gestione

Economicità, efficienza ed efficacia delle azioni sul territorio sono gli obiettivi che qua- lunque forma di razionalizzazione della spesa e della sua programmazione legittimamente si pone. Elementi determinanti per il raggiungimento di questi obiettivi sono l’organizzazione, la distribuzione territoriale e l’ambito di competenza dei soggetti respon- sabili della concreta realizzazione degli interventi, in quanto da essi dipendono in definiti- va gli “effetti” della spesa sul territorio. Tra i vantaggi di una visione di sistema delle aree protette regionali può riconoscersi la possibilità di realizzare economie di scala. In occasione di uno studio condotto dall’ARP per conto dell’Assessorato Ambiente nel 200726 è stata formulata la proposta di ricondurre le aree protette regionali istituite ai sensi della LR 29/97 e i siti della Rete Natura2000 ad otto grandi centri gestionali, corrispondenti ad otto su dieci Ambiti Territoriali di Riferimento (ATR)

26 ARP, 2007, Studio per la riorganizzazione del Sistema delle aree protette regionali - Direttore: G. Tallone, Coordinatori: M. Bruschi, S. Sarrocco - Gruppo di lavoro: E. Peroni, C. Fattori, D. Mancinella, M. Scalisi, I. Pizzol, A. Monaco, D. Capizzi, I. Egidi, G. Villetti, C. D’Uffizi, G. De Prisco, K. Santia, G. Galfano, F. Pesciaroli, V. Aloi.

280 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette per la gestione individuati nel territorio regionale (per i due ambiti 6 e 9, la scarsità delle aree protette regionali ricadenti all’interno sconsiglia per ora l’attivazione di programmi specifici). Gli ATR sono stati proposti quali riferimenti concettuali per le attività di riorganizzazione e pianificazione, e non come delimitazioni tassative del territorio ai fini dell’applicazione di norme o scelte progettuali; essi costituiscono piuttosto una rappresentazione-guida da sot- toporre ad aggiornamenti ed approfondimenti. La proposta, elaborata come studio per la semplificazione del sistema con l’obiettivo della riduzione (teorica) degli enti di gestione, tendeva a superare una possibile suddivisio- ne in ambiti provinciali, che seppur efficace per la sovrapponibilità con le competenze ammi- nistrative - in ambito venatorio, ma anche dal punto di vista della pianificazione del territo- rio e della sua infrastrutturazione in generale - non sembra rendere adeguatamente giusti- zia dei flussi e delle relazioni ecologiche tra le aree. Gli ATR sono stati costruiti a partire dalle unità di paesaggio della Carta della Natura 1:250.000, accorpandole se limitrofe ed appartenenti alla stessa categoria a formare aree omogenee, cui sono state aggiunte successivamente le aree intercluse o limitrofe associa- bili a completamento morfologico dell’ambito. Sono state poi apportate alcune modifiche ai perimetri definiti utilizzando come elemento di riferimento principale la carta dei bacini imbriferi di secondo livello. Ne è derivata l’articolazione del territorio regionale in dieci ATR riportata in fig. 4.6.1. Alcuni dati quantitativi sulla proposta sono riportati in Tab. 4.6.4; un esempio di possibile raggruppamento delle competenze per un ATR è riportato in Tab. 4.6.5. Al di là dell’interesse specifico dei risultati conseguiti nel 2007, che possono ormai rite- nersi in parte superati da quelli raggiunti dagli approfondimenti per la Rete Ecologica Regionale di cui si dà conto nel capitolo 2, preme qui ribadire l’interesse per un approccio per ambiti territoriali omogenei alla pianificazione ed alla programmazione del territorio regionale protetto ed alla rete ecologica, che mette potenzialmente il PRANP in relazione con gli altri strumenti di pianificazione del territorio e del paesaggio quali il PTPR. Inoltre, per tornare alle possibili economie di scala, si ritiene che possa essere possibi- le avviare in concreto programmi specifici indirizzati ai singoli ATR, in particolare sui temi della raccolta di informazioni e della formazione di quadri conoscitivi per la pianificazione delle singole aree protette o su programmi a regia regionale per la gestione naturalistica. Gli ATR potrebbero anche rappresentare delle utili unità intermedie per il monitoraggio dei risultati delle azioni intraprese sul territorio, con una dimensione più idonea alla valutazio- ne delle prestazioni ambientali del territorio stesso.

281 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Fig. 4.6.1 - Gli Ambiti Territoriali di Riferimento definiti nel 2007

È evidente, invece, che una riorganizzazione amministrativa si presenta di notevole com- plessità, principalmente per gli aspetti della rappresentanza politica locale negli enti di gestione e della classificazione delle aree (cfr § 4.2.). Per questo aspetto, potrebbe esse- re necessario modificare la legge regionale e le leggi istitutive secondo una strategia a medio-lungo termine (cfr ARP, 2007 - cap. 4, nel DVD allegato), in esito ad un dibattito poli- tico che il PRANP può solo “innescare”.

282 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

Tabella 4.6.4 La proposta di riorganizzazione delle aree naturali protette regionale e delle aree Natura 2000 mediante afferenza a 10 Ambiti Territoriali di Riferimento (ATR) (da ARP, 2007). Non sono state considerate le sovrapposizioni territoriali reciproche tra aree protette, SIC e ZPS

Ambiti Territoriali di Riferimento Aree afferenti ATR Denominazione superficie aree % sup. su SIC % sup. su ZPS % sup. su ettari protette totale sup. ettari totale sup. ettari totale sup. ettari ATR ATR ATR 1 Tuscia 300.436,222 10.216,719 3,40% 39.951,620 13,30% 31.786,081 10,58% 2 Tolfa e Laghi Sabatini 209.591,210 34.385,005 16,41% 16.935,349 8,08% 90.063,227 42,97% 3Valle del Tevere 111.649,268 3.509,232 3,14% 11.669,146 10,45% 3.174,684 2,84% 4 Reatino e Sabina 249.329,468 29.699,306 11,91% 23.587,203 9,46% 52.920,176 21,22% 5 Dorsale appenninica del Lazio 228.951,113 32.379,565 14,14% 21.283,392 9,30% 68.651,859 29,99% meridionale 6 Bacini Sacco - Liri - Garigliano 123.044,764 736,369 0,60% 12,088 0,01% 0,000 0,00% 7 Monti Volsci e Isole Ponziane 191.159,936 22.772,779 11,91% 16.382,984 8,57% 127.406,515 66,65% 8 Colli Albani 118.485,643 9.141,332 7,72% 3.421,399 2,89% 603,776 0,51% 9 Agro Pontino 103.294,513 105,905 0,10% 13.884,498 13,44% 22.161,926 21,46% 10 Roma e litorale romano 85.124,173 18.698,034 21,97% 4.198,678 4,93% 6.101,469 7,17% TOTALI 1.721.066,310 161.644,246 151.326,357 402.869,713

Tabella 4.6.5 Esemplificazione delle competenze raggruppate in un ATR (da ARP, 2007)

ATR2 - TOLFA E LAGHI SABATINI Aree protette afferenti ZPS afferenti SIC afferenti Parco Naturale Complesso Lacuale IT6010032 Fosso Cerreto IT6010029 Gole del Torrente Regionale BRACCIANO - MARTIGNANO Biedano Parco Naturale VEIO IT6030005 Compr. Tolfetano-Cerite-Manz IT6010037 Il “Quarto” di Barbarano Regionale Romano Parco Naturale MARTURANUM IT6030085 Compr. Bracciano-Martignano IT6010033 Mola di Oriolo Regionale Riserva Naturale MONTERANO IT6030020 Torre Flavia IT6030008 Macchia di Manziana Regionale Monumento CALDARA DI MANZIANA IT6030019 Macchia Tonda IT6030011 Valle del Cremera - Zona Naturale (Parco Bracciano) del Sorbo Monumento GALERIA ANTICA IT6030009 Caldara di Manziana Naturale Riserva Naturale MACCHIATONDA IT6030007 Monte Paparano Regionale Monumento PALUDE DI TORRE FLAVIA IT6030006 Monte Tosto Naturale Parco Naturale ANTICHISSIMA CITTA’ DI SUTRI IT6000008 Secche di Macchiatonda Regionale IT6030019 Macchiatonda IT6000009 Secche di Torre Flavia IT6030022 Bosco di Palo Laziale IT6030025 Macchia Grande di Ponte Galeria IT6010034 Faggete di Monte Raschio e Oriolo

283 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

segue Tabella 4.6.5 Esemplificazione delle competenze raggruppate in un ATR (da ARP, 2007)

ATR2 - TOLFA E LAGHI SABATINI Aree protette afferenti ZPS afferenti SIC afferenti IT6030003 Boschi mesofili di Allumiere IT6030004 Valle di Rio Fiume IT6030010 Lago di Bracciano IT6010032 Fosso Cerreto IT6010030 Area di S. Giovenale e Civitella Cesi IT6010031 Lago di Monterosi IT6030001 Fiume Mignone (medio corso) IT6000007 Fondali antistanti S. Marinella IT6030021 Sughereta del Sasso

LA BANCA DATI GEOGRAFICA

Per la raccolta dei dati alla base della programmazione è stato impostato un geodatabase, che allo stato attuale è stato popolato individuando gli attrattori e le strutture in dotazione al sistema sui materiali infor- mativi (guide, cartine, brochure, siti web) pubblicati dalle aree protette e dall’ARP. La definizione di una griglia concettuale di corrispondenze tra siti, ambiti di competenza amministrativa e dati contabili ha lo scopo di semplificare l’operazione di ricognizione presso le aree protette riducendo la necessità di individuare oggetti ex novo nella base geografica. A questo scopo sono state condotte due operazioni: 1) è stata definita la struttura di quello che dovrebbe essere il geodatabase delle strutture del sistema delle aree protette. Lo schema logico della banca dati è riportato qui sotto; 2) sono state riportate in cartografia tutte le strutture note, desumibili da archivi e fonti disponibili (le strutture censite nel database geografico sono elencate nell’ambito dell’illustrazione dello Scenario 0); 3) sono stati censiti tutti gli attrattori noti, classificandoli per categorie.

Esemplificazione della struttura del geodatabase

284 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette

4.6.5 Gli scenari per la programmazione del Sistema

Si è scelto di proporre un percorso metodologico per la programmazione del sistema incentrato sulla predisposizione di scenari di indirizzo su cui “guidare” la sua evoluzione. Gli scenari rappresentano per prima la situazione attuale (Scenari 0 ed 1), cui segue la defi- nizione della situazione auspicabile per la garanzia del funzionamento minimo delle aree protette rispetto agli obiettivi istituzionali (Scenario 2). Parallelamente vengono elaborati gli scenari programmatici - riferiti ai progetti - in versione di bozza derivata dal parco dei pro- getti in attesa di attuazione, da integrare ed aggiornare insieme alle aree protette per for- mare lo scenario programmatico vero e proprio (Scenario 3). È importante sottolineare che tutti gli scenari successivi allo 0 vengono elaborati con la collaborazione delle aree protet- te e della Direzione Regionale Ambiente.

La determinazione dei fabbisogni finanziari

Il primo elemento da definire per la formazione degli scenari è il fabbisogno “pregres- so” di strutture ed attrezzature in diversi ambiti di spesa (cioè di azione) delle aree pro- tette regionali. La valutazione dei fabbisogni delle aree protette regionali è stata ottenuta mettendo in relazione le loro caratteristiche (classificazione, dimensione, ecc.), i loro obiet- tivi, le azioni da mettere in atto per il loro perseguimento, e quindi le strutture, le attrezza- ture e le dotazioni necessarie. Naturalmente, quella elaborata per il Documento Programmatico e qui riportata non è che una proposta, da rivedere in funzione della clas- sificazione delle aree, degli obiettivi e delle economie di scala conseguibili mediante una eventuale riorganizzazione del Sistema. Si ritiene però che possa comunque rappresenta- re il punto di partenza per una quantificazione economica delle spese da programmare per fronteggiare le carenze emerse per quanto riguarda la loro funzioni “di base” (legate al personale, agli obiettivi istituzionali, ecc.)27. Dalla proposta sono invece stati esclusi i fab- bisogni legati ai progetti attivabili nei diversi ambiti di spesa, da riferire tendenzialmente alle voci in conto capitale.

27 Nel gruppo delle strutture necessarie alla funzionalità di base degli enti rientrano sedi ed attrezzature di base dimensionate sulla base delle piante organiche definite con le DGR 1327 e 1328 del 2004. I risultati sono riportati nella tabella in Appendice al presente capitolo.

285 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Tra gli obblighi di legge rientra anche la redazione degli strumenti di pianificazione e pro- grammazione, i cui costi sono stati stimati, oltre che sulla strumentazione prevista dalla legge per ciascuna tipologia di area protetta, sull’estensione e sulla complessità territoria- le delle aree28. Non sono state trascurate le aree Natura 2000, per le quali sono previsti misure di conservazione e Piani di gestione e le aree forestali demaniali regionali, assimi- late alle aree protette dall’art. 45 della LR 29/1997 e possibile oggetto di piani di gestio- ne delle risorse forestali.

Le fasi di elaborazione degli scenari

Più in dettaglio, lo schema di lavoro per la redazione degli scenari è articolato in varie fasi, illustrate in Fig. 4.6.2

Prima Fase: predisposizione dello Scenario 0 - Base ricognitiva Prima Fase: e dello Scenario 2 - Base PROVVISORIO Si avvia il lavoro con la redazione, da parte dell’Ufficio Programmazione della Direzione Regionale Ambiente con l’ausilio tecnico dell’ARP, dello Scenario 0 - Base ricognitiva, da uti- lizzare per il confronto con le aree protette del sistema. Si tratta di una bozza che descri- ve lo stato dell’arte delle aree protette, dei siti Natura2000 e delle aree del demanio fore- stale regionale (costituenti il complesso delle aree soggette a tutela ambientale ai sensi della LR 29/97), e contiene una prima ricognizione degli investimenti già effettuati, del parco progetti disponibile (che raccoglie le richieste delle aree protette) oltre ad una prima stima, da verificare, dei fabbisogni di infrastrutture fissati sulla base di obiettivi di caratte- re generale (Scenario 2 - Base PROVVISORIO). Allo scenario è associata una base di dati georiferita (vedi box LA BANCA DATI GEOGRAFICA) e una tabella di classificazione degli inve-

28 Oggi un consistente numero di enti di gestione ha presentato domanda di finanziamento per la predispo- sizione dei piani dell’area protetta nell’ambito dei bandi PSR 2007-2013. La situazione della dotazione di strumenti di pianificazione delle aree protette rimane nel Lazio piuttosto deficitaria: nonostante il discreto numero di “studi”, “schemi” e “proposte” (con iter di approvazione rimasti incompiuti), due sole delle gran- di aree montane hanno il piano approvato dal 2000 (ma concepito prima della riforma dello strumento intro- dotta dalla LR 29/97); qualche nuovo strumento è stato approvato per le aree gestite dall’Ente Roma Natura, tutte interne al Comune di Roma, che come è intuibile presentano caratteristiche del tutto particolari sotto il profilo degli obiettivi e del contesto in cui sono inserite.

286 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette stimenti effettuati articolata per categoria di intervento/spesa e strumento di finanziamen- to; a parte, viene analizzato il parco progetti (vedi tabelle in appendice). In questa fase, i due scenari non si integrano.

Seconda fase: predisposizione dello Scenario 1 - Oggi Successivamente allo Scenario 0, realizzato con i dati disponibili all’ARP, è prevista la compilazione dello Scenario 1 - Oggi, da realizzare in collaborazione con le aree protette, che dovranno verificare ed eventualmente integrare nella base di dati georeferita le infor- mazioni che le riguardano contenute nello Scenario 0. Dai riscontri effettuati si ricava così lo stato reale dell’infrastrutturazione, che viene certificato con appostiti verbali. Della banca dati georiferita redatta dall’ARP viene rilasciata una copia all’Ente gestore per la sezione di sua competenza; questa costituirà la base di discussione condivisa per la gestione del patri- monio e la programmazione degli interventi (Scenario 1 - Oggi).

Fig. 4.6.2 - Documento Strategico (PRANP 2008) - Schema sintetico dello sviluppo della programmazione del Sistema Regionale delle Aree Naturali Protette

287 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

Terza fase: predisposizione dello Scenario 2 - Base DEFINITIVO Terza fase: e dello Scenario 3 - Programmatico Lo Scenario 2 - Base DEFINITIVO viene elaborato in collaborazione con le aree protette e definisce, su considerazioni eminentemente tecniche, i fabbisogni elementari per la funzio- nalità di base degli Enti di gestione. Si tratta di progetti di adeguamenti e nuove realizzazio- ni, aventi ad obiettivo la funzionalità degli Enti e una offerta elementare di servizi di fruizio- ne ed educazione ambientale. Da questo scenario si ricava un primo quadro dei fabbisogni, sui quali può essere costruito un programma di finanziamento per la gestione ordinaria. Lo Scenario 3 - Programmatico raccoglie invece i progetti di sviluppo a regia regionale su canali di finanziamento specifici, i progetti di sistema e quelli promossi dalle aree protet- te e dai soggetti gestori dei siti Natura2000, che vanno a formare un ulteriore pacchetto di fabbisogni, da soddisfare mediante diversi programmi di finanziamento prevalentemen- te in conto capitale. Operativamente, per ciascuna area protetta, viene redatto un elenco di attività che l’Ente gestore, in accordo con la Regione, propone di realizzare. L’elenco è coe- rente con gli strumenti di programmazione e pianificazione approntati (PdA, PPPES) e/o con gli obiettivi assegnati alla singola area dalla Giunta Regionale. Inizialmente, i fabbisogni per investimenti determinati mediante il confronto tra lo Scenario 2 - Base e lo Scenario 1 - Oggi costituiscono di fatto le priorità di intervento; agli interventi dello Scenario 3 - Programmatico viene assegnata in generale una priorità di ordine inferiore. Tutto il Documento Programmatico è stato pensato come un documento aperto, da aggior- nare periodicamente, ripetendo in tutto o in parte il processo illustrato, annualmente o in cor- rispondenza di eventi ordinari (ad es., scadenza del periodo di programmazione dei fondi strutturali EU) o straordinari (disponibilità di finanziamenti specifici per programmi di sogget- ti terzi, acquisizione di immobili, ecc.) legati all’erogazione dei fondi. Lo scopo è di disporre di un quadro di riferimento per la programmazione del Sistema costantemente aggiornato e georeferito, che guidi e monitori l’evoluzione della programmazione stessa dal mero soddisfa- cimento degli obiettivi istituzionali (scenario “low” - Base) al perseguimento di obiettivi com- plessi di tutela attiva delle risorse ambientali della regione (scenario “high” - Programmatico)

4.6.6 Conclusioni

Se l’obiettivo generale dell’azione di programmazione del Sistema può essere sintetiz- zato come “raggiungere una migliore efficienza ed efficacia degli interventi garantendo il

288 Valutazioni per il Sistema regionale delle aree naturali protette monitoraggio dei loro effetti”, una riflessione critica sui lavori svolti induce ad una serie di considerazioni generali sulle possibili leve di miglioramento degli attuali processi. Innanzitutto, alla luce delle considerazioni fatte sulla classificazione delle aree protette e sulle relazioni con i loro obiettivi istituzionali, sembra necessario sviluppare il tema del pro- cesso di riorganizzazione dell’esistente e delle nuove istituzioni cercando di costruire rela- zioni realistiche e virtuose con le realtà territoriali coinvolte. Attivare e mantenere proces- si di governance locale, considerare le componenti di sviluppo sostenibile nei processi isti- tuitivi, valutare i costi delle nuove istituzioni29 nel definire le scale di priorità: tutti questi ele- menti presiedono ad un “nuovo corso” della classificazione delle aree protette, maggior- mente basata su criteri di scopo ed associata ad obiettivi definiti e misurabili. Il tema della misurabilità degli obiettivi conduce alla necessità di disporre di un sistema di monitoraggio della gestione efficace. Trattandosi di territori nei quali la Regione esercita in misura significativa, seppur concorrente e nell’ambito degli strumenti di partecipazione politica previsti dalle leggi nazionale e regionale, i suoi poteri di intervento diretto sul ter- ritorio, appare particolarmente rilevante l’attività di monitoraggio. La soluzione proposta nel Documento strategico 2008, che associa la tecnica degli scenari ad una banca dati ter- ritoriale costruita ed aggiornata in collaborazione con gli Enti gestori delle aree protette, si pone come punto di partenza per una riflessione sulla riorganizzazione delle strutture regionali che si occupano della programmazione del sistema, che sembra opportuno svi- luppare parallelamente alla riorganizzazione del sistema stesso. Un ulteriore aspetto legato alla misurabilità degli obiettivi induce anche una riflessione sulla necessità di raggiungere - o perlomeno tendere a raggiungere - una certa uniformità nell’azione delle aree protette in quanto facenti parte di un unico Sistema. Uniformità che, pur tenendo conto delle differenze territoriali (il vero valore che il Sistema protegge), renda riconoscibile l’azione del soggetto territoriale Area Protetta Regionale. Una certa uniformità - se non altro prestazionale - dei servizi e delle strutture che li erogano sul territorio (cen- tri visite, strutture didattiche e museali, infopoint, sedi istituzionali, sentieristica ed attrezza- ture per l’escursionismo, e giù giù fino alla segnaletica - cfr tabella in Appendice a questo capitolo) associata all’identificazione ed alla qualificazione delle linee di azione (cfr tab.

29 Nello studio di fattibilità per il Parco dei Monti Ernici condotto dall’ARP (cfr § 4.5.2.) è stato proposto il confronto tra due ipotesi istitutive diverse - ampliare il Parco dei Monti Simbruini o istituire una nuova area protetta - per quanto attiene la dotazione di personale, nell’intento di fornire un elemento di fattibilità econo- mica che si ritiene essenziale ai fini della decisione politica finale.

289 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio

4.6.1) sembrano ancora un elemento essenziale al rafforzamento delle azioni delle singole aree protette, che ne risulterebbero qualificate come partecipi di obiettivi dell’intero Sistema. È intuibile come la disponibilità di un lavoro omogeneo di ricognizione delle risorse allo- cate presso le aree protette, associato ad un riconoscimento delle loro peculiarità e dei loro obiettivi condotto con criteri uniformi, possa facilitare il lavoro di programmazione degli investimenti. La disponibilità degli elementi formanti un quadro come quello descritto nel Documento Strategico 2008 (Fig. 4.6.2.) renderebbe possibile per il sistema delle aree protette regionali fornire, in sede di predisposizione delle previsioni di bilancio, dati concre- ti sui fabbisogni e sulle attività in programma. Inoltre, si potrebbe avviare una riflessione - particolarmente rilevante per gli interventi in conto capitale - sulle corrispondenze tra fonti di finanziamento (europee, statali, regio- nali) e grandi linee di programmazione (Accordi di Programma Quadro, FESR, PSR, ecc.) - anche stabilendo possibili sinergie con assi di intervento concorrenti (ad esempio, i fondi erogati con riferimento alla LR 40/1999) - e quadro degli obiettivi, dei fabbisogni e delle azioni programmate dalle aree protette30. Confrontandosi con il tema della programmazione del sistema delle aree protette non sembra possibile evitare di affrontare una riflessione approfondita sull’organizzazione interna e sulle qualità specifiche del personale che in esse presta il suo servizio. È eviden- te, infatti, scorrendo il quadro delle azioni in capo alle aree protette, che molte di queste richiedono figure professionali di specializzazione a volte elevata che, anche già incardi- nate nell’organico regionale, siano capaci di sviluppare le proprie capacità professionali nella direzione specifica della tutela delle risorse ambientali. Questo aspetto, particolar- mente rilevante per le figure tecniche (dalla comunicazione ed educazione ambientale alla pianificazione territoriale ed alla tutela della biodiversità) ma anche per quelle amministra- tive, che sono chiamate ad esprimere competenze in ambiti tutto sommato “di nicchia”, dovrebbe essere considerato in fase di istituzione e/o classificazione delle aree, nel for- mare le “squadre” che opereranno sul territorio, arrivando a rappresentare per gli orga- ni politici il riferimento indispensabile da cui attingere le informazioni necessarie ad assu- mere decisioni consapevoli31.

30 Ad esempio, come già ricordato, il PSR ha previsto il finanziamento degli strumenti di pianificazione delle aree protette, tema particolarmente urgente vista la carenza di piani approvati nella Regione Lazio. 31 Le relazioni tra competenze del personale e attività delle aree protette erano già stata evidenziate da Ippolito Ostellino in un suo intervento del 2008 (Ostellino, 2008), che richiamava l’attenzione sulle esperien- ze pilota di Bilanci di Responsabilità Sociale portate avanti da alcune aree protette piemontesi (Aa. Vv., 2008).

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Riferimenti

OSTELLINO I. (2008), Il Catalogo delle professioni dei parchi, in Parchi, n. 52 ,2008, http://www.parks.it/federparchi/rivista/P52/19.html AA.VV. (2008), Guida operativa per la redazione di bilanci di sostenibilità nelle aree protet- te, Parchi Quaderni, n. 02, 2008

291 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio e fabbisogni per le diverse tipologie di aree del sistema Appendice tra al Capitolo 4 - Relazioni ambiti di spesa, strutture e loro caratteristiche prestazionali

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Appendice al Capitolo 4 - Sintesi degli investimenti pregressi

Di seguito, si riporta una sintesi degli investimenti già effettuati nell’ambito di competenza dell’Assessorato Ambiente, elaborata dall’ARP su dati forniti dall’Ufficio Programmazione della Direzione Regionale Ambiente. Le categorie di spesa di riferimento sono quelle introdotte in Tab. 4.6.3. Va segnalato che alcuni dati sono però poco attendibili per carenza di informazioni di base sugli investimenti (ad es., gli investimenti per Strumenti di pianificazione sono sottovalutati) e che è stata considerata anche la voce relativa alla pianificazione delle aree Natura2000. Evidentemente, la fase di sviluppo del sistema ha richiesto uno sforzo particolare negli investimenti infra- strutturali e/o di recupero ambientale e di beni paesaggistici o monumentali, mentre sembra logico aspettar- si che in una fase più matura del suo sviluppo vengano privilegiate le attività di pianificazione, di tutela ambientale, di comunicazione, di fruizione e ricettività, di educazione ambientale e di sviluppo sostenibile, in grado di generare maggiori effetti positivi sul territorio.

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Suddivisione delle risorse impiegate dal 1986 ad oggi per ambiti di spesa fonte: elaborazione ARP su dati Direzione Regionale Ambiente - Uffficio Programmazione del Ruolo Unico delle Aree protette; Area Natura 2000

Andamento storico dell’incidenza percentuale della spesa per gruppi di attività

Il grafico mostra sinteticamente l’andamento della spesa nei diversi anni. Si può notare una certa diversi- ficazione degli investimenti a partire dalla fine degli anni 1990, riscontrabile in valore anche dai dati nella suc- cessiva tabella con il medesimo titolo. Su questa situazione ha sicuramente influito la programmazione dei finanziamenti del primo settennio di fondi strutturali europei 2000-2006 (DOCUP Ob. 2).

319 Verso un piano per il sistema delle aree protette del Lazio Andamento storico dell’incidenza percentuale della spesa per gruppi di attività

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