Alluvioni Catastrofiche Nel Moesano
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Alluvioni catastrofiche nel Moesano Autor(en): Boldini, Rinaldo Objekttyp: Article Zeitschrift: Quaderni grigionitaliani Band (Jahr): 21 (1951-1952) Heft 1 PDF erstellt am: 21.01.2015 Persistenter Link: http://dx.doi.org/10.5169/seals-19072 Nutzungsbedingungen Mit dem Zugriff auf den vorliegenden Inhalt gelten die Nutzungsbedingungen als akzeptiert. Die ETH-Bibliothek ist Anbieterin der digitalisierten Zeitschriften. Sie besitzt keine Urheberrechte an den Inhalten der Zeitschriften. Die Rechte liegen in der Regel bei den Herausgebern. Die angebotenen Dokumente stehen für nicht-kommerzielle Zwecke in Lehre und Forschung sowie für die private Nutzung frei zur Verfügung. Einzelne Dateien oder Ausdrucke aus diesem Angebot können zusammen mit diesen Nutzungshinweisen und unter deren Einhaltung weitergegeben werden. Das Veröffentlichen von Bildern in Print- und Online-Publikationen ist nur mit vorheriger Genehmigung der Rechteinhaber erlaubt. 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Ein Dienst der ETH-Bibliothek ETH Zürich, Rämistrasse 101, 8092 Zürich, Schweiz, www.library.ethz.ch http://retro.seals.ch XX A Lcuaauaaerni K^jrvityi&viitaiianiytriaiöviihali Rivista trimestrale deile Valli Grigioni Italiane-Pubblicata dalla «PRO GRIGIONI ITALIANO» con sede in Coira Esce quattro volte all'anno Alluvioni catastrofiche nel Moesano Don RINALDO BOLDINI La catastrofe che ha colpito la Mesolcina e la Calanca con il nubi- fragio dell'8 agosto 1951 e certamente superiore a quanto di analogo possa ricordare memoria d'uomo vivente nelle Valli, ma inferiore, non ioss'altro che per la provvidenziale esenzione da vittime umane, ad altri disastri che colpirono le due Valli nel passato. Si e che, passato il primo rnomento di sbigottimento e magari anche di lutto, la nostra gente, co- stretta a vivere su un terreno non troppo vasto e meno ancora generoso. cbbedendo all'imperiosa necessitä di conservazione ed al potente desi¬ derio di vita, raccoglie dopo la sciagura le proprie forze e ripara, in quanto puö, i danni e le distruzioni provocati dalle forze naturali. Non e ancora tornato completamente il sereno, non ancora e bandita total¬ mente la minaccia della piena del fiume, che giä ci si mette ad innal- zare argini travolti, a sgombrare e ripulire dal pietrame e dal terriccio campi, prati e vigne sommersi. E quante volte l'uomo, fatto forse troppo imprudentemente fidente nei suoi nuovi argini, torna a ricostruire pro¬ prio lä dove il fiume gli aveva distrutto la casa o la stalla. Cosi sembra svanire il ricordo della catastrofe, se non nella generazione che l'ha vissuta e subita, in quelle immediatamente seguenti. Ma e illusione. 13 ricordo riaffora spesso nel racconto dei padri ai figli e immancabil- mente si fa piü vivo quando la catastrofe si ripete nello stesso luogo o in altre localitä delle due Valli. Cosi, come non pensare quest'anno, di fronte alle vastissime rovine del nubifragio dell'otto agosto, anche alle catastrofi maggiori, a quelle che oltre a danni vollero vittime e che colpirono le nostre Valli in un passato ormai lontano, ma non poi cosi remoto? Prima di cominciare la documentazione delle piü recenti rovine ne daremo un cenno, per¬ suasi che dalla considerazione di quanto le passate generazioni hanno dovuto e saputo superare, dalla constatazione che i padri non indietreg- giarono di fronte a difficoltä certo non minori di quelle che oggi ci si presentano, la nostra generazione poträ trarre coraggio ed energia per riparare e per ricostruire. Danni e lutti nel passato Senza risalire ai grandi rivolgimenti che in etä preistorica e in epoche lontane da noi decine di secoli diedero alle nostre valli la loro forma e struttura fundamentale, ricorderemo il primo grande avveni¬ mento che ci e storicamente documentato: nel settembre del 1513, dopo dirotte piogge ed in seguito allo scotimento provocato dalla caduta del monte Crenone all'entrata della Valle di Blenio (scoscendimento che doveva poi essere causa della famosa e disastrosissima « buzza di Bia- sca »), rovinava la montagna sovrastante il comune di Campo Bagino, in Calanca. Tutto il villaggio veniva sepolto, con la morte, sembra, di trentacinque persone, pari ad un quarto della popolazione di allora. I superstiti, che dovevano la loro salvezza al fatto di essersi trovati sui monti al momento della catastrofe, tornarono a ricostruire le loro case sulla riva opposta della Calancasca, dando cosi origine all'attuale co¬ mune di Cauco. AI posto dell'antico Campo Bagino e della sua campagna si era formato un lago, che per un paio di secoli sarä ricordato piü volte in ' documenti della storia calanchina. Pure di importanza storica l'alluvione del 23 settembre 1799. Me¬ socco si vide in quell'occasione distrutto il ponte di San Rocco, grave- mente rninacciata quella chiesa e devastate le adiacenze del Convento. Gion3, investito dalla Calancasca furibonda, fu sommerso per metä con grave distruzione di case, giardini e fondi agricoli. Undici gronesi per- dettero la vita in tale catastrofe. G. A. aMarca, lo storico contempo- raneo, dal quäle togliamo queste notizie, aggiunge: « Passata l'alluvione si e anche trovata una staffetta russa, che a canto del suo cavallo gia- ceva fracassata sulle sponde della Calancasca. Sembra che quel cor¬ riere sia trovato sui ponte dell'Aramo al momento che diroccava». (Si ponga mente che proprio in quell'anno Russi e Francesi si combat- tevano sui nostro territorio). Funestissimo il 1829, con due grandi alluvioni nello spazio di otto giorni. In una prima piena, la Moesa, il 14 settembre, mise in gravis- simo pericolo la frazione di Piazza, in Roveredo, travolgendo due case sulla destra del fiume. Nella seconda, avvenuta il 20 di quel mese e provocata dalla rottura degli argini della Calancasca presso il ponte del Ramo, il fiume investi direttamente il villaggio, con gravi conse- guenze per la sponda sinistra dove, nella frazione di Piazzetta, furono travolte dieci case con portici, e la chiesa di San Sebastiano. Ma l'alluvione che si puö dire la piü catastrofica per entitä di danni, e specialmente per avere colpito tutta la Mesolcina, da Mesocco a San Vittore, fu quella del 27 agosto del 1834. II giä citato G. A. a Marca scrive a proposito: « La giornata di mercoledi 27 agosto, fu un giorno d'immenso infortunio per la Valle Mesolcina, come per aleune vicine vallate. Non vi fu Comune o Famiglia nella Valle, che piü o meno non abbia provate le funeste conseguenze di quella disastrosa giornata». Elencando queste conseguenze, comune per comune, lo storico ci da un'idea dei gravi danni di quel giorno. A Mesocco venivano distrutti 35 edifici, in parte stalle con scorte di fieno e di grani; travolto di nuovo il ponte di San Rocco, e la chiesa omonima gravemente rninacciata e salvata da un grosso tiglio, il quäle, cadendo, riusciva a deviare la Moe¬ sa; seriamente danneggiato anche il ponte detto di Gola, (o Ghergheni o Gregorio) e rovinata grande quantitä di pascoli e di prati, special¬ mente sui monti. A Soazza le stalle distutte in quell'anno furono ben cinquantaquattro, insieme con la grande segheria comunale; si calcolava a circa la metä di quella esistente la campagna devastata all'uscita della Valle della Forcola e sulla sponda destra della Moesa. Tutti gli altri Comuni subivano gravi danni alla campagna, mentre Cama, oltre alla distruzione dei prati posti tra la Moesa e lo stradale, si aveva, ad opera del torrente, la rovina di due case nella frazione di Cama Vecchia. Risparmiato Grono, per il fatto che in quei giorni in Calanca la pioggia era stata molto moderata, Roveredo doveva di nuovo subire un colpo gravissimo, sulla destra della Moesa, verso Piazza. Dice l'a Marca (pag. 211 del suo « Compendio Storico della Valle Mesolcina» 1838): Le forti dighe che riparavano questa Comunitä furono superate e rotte, ed in poco tempo l'impetuosa Moesa, spinta a destra dalla rapida Traversagna, atterrö diecisette case con le loro differenti botteghe e portici che ne attorniavano la bella piazza, sulla quäle si tenevano le fiere e i mercati di Valle, e da dove si traversava il superbo ponte di pietra, il di-cui primo arco fu pure portato seco dalla corrente, come anche quelle case con aleune contigue stalle perirono, senza che per la maggior parte siasi potuto nulla o quasi niente di esse metter in salvo, e la Moesa scorre ora nei siti, ove erano piantate le fondamenta ». Gravi, ma piü localmente limitate, le catastrofi che ricordano le generazioni ora viventi. Cosi la devastazione di Delle vigne per la ro¬ vina del torrente detto della Scala Longa, nella localitä chiamata ora Sgravina, presso San Vittore, nel 1901. Cosi la piü terribile alluvione del 1911, che a Mesocco devastö la frazione di San Rocco, compresi la chiesa e il convento, ed a Grono distrusse strada e ferrovia per la furia della Calancasca. Non meno catastrofica, ma con danni limitati allAlta Valle, l'al¬ luvione del settembre 1944, opera piü dei torrenti laterali che della Moesa stessa. A Mesocco, in quell'anno, il torrente Bess, che giä dieci anni prima aveva travolto una segheria ed un piccolo ponte, minacciö seriamente la frazione di Piazza e parte di quella di Cremeo e pote trovare uno sfogo solo con la rovina del ponte della strada cantonale; il torrente d'Anzone travolgeva pure il ponte dello stradale e devastava il pascolo giü verso San Rocco, dove veniva deviato dalla forte diga innalzata dopo il disastro del 1911. Piü a valle, il torrente Buffalora e quello di Cabbiolo interrompevano strada e ferrovia.