Rocca Sanvitale
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Rocca Sanvitale SALA BAGANZA “Sala”, il cui topo- nimo indica la presen- za di un insediamento longobardo, vanta na- tali neolitici ed accoglie la nuova denomina- zione “Baganza”, dal nome del torrente sulle cui sponde si sviluppa il paese solo nel 1862. L’antico possedimento della fa- miglia Franceschi, venne acquistato dai Sanvitale solo nel 1258 e i lavori di costruzione della Rocca furono intrapresi nel 1477 da Giberto III Sanvitale. L’antica torre e l’annesso Oratorio di San Lorenzo, subirono un ampliamento secondo il costume del tempo. Di forma quadrangolare con torri quadrate agli angoli e dongio- ne centrale, la Rocca era concepita più come dimora signorile che come fortilizio. La Rocca tra il 1564 e il 1578 fu arricchita con cicli di affreschi commissionati a Ercole Procaccini e Orazio Samacchini da Barbara Sanseverino secon- da moglie di Giberto IV Sanvitale, musa ispiratrice della ricca vita intellettuale di corte. Il feudo rimase di proprietà della famiglia fino al 1612 quando, a seguito della decapitazione di Girolamo II e del figlio Gianfrancesco, passò ai Farnese, Duchi di Parma già dal 1545. La decadenza della Rocca iniziò quando i Farnese scelsero definitivamente Colorno come residenza du- Particolare dell’odierno scalone d’ingresso e della Sala d’Ercole. 2 cale e Ranuccio II la adibì a residenza esti- va per i cadetti del Collegio dei Nobili, conservando tale uso fino all’arrivo nel 1733 dei Borbone, divenuti Duchi di Parma a se- guito dell’estinzione della discendenza ma- schile della famiglia Farnese. La Rocca conobbe un nuovo pe- Maria Amalia d’Asburgo rappresen- riodo di splendore con tata in un dipinto di Johann Zoffany (1657-1734). Maria Amalia d’Asbur- go, moglie di Ferdinando di Borbone che, amante della caccia e di vivere lontano dal marito, rivendicò per se l’uso della dimora di Sala. Così, mentre il marito risie- deva stabilmente a Colorno, Maria Amalia fece erigere, all’interno della riserva ducale, un Casino di caccia, su disegno dell’architetto francese Alexandre Ennemond Petitot tra il 1775 e il 1779, che venne adibito a di- mora di corte. La dominazione borbonica non durò più di cin- quant’anni, incalzata dai rovesciamenti politici con- seguenti all’ascesa di Napoleone Bonaparte e all’an- nessione del Ducato alla Francia. Nel 1804 la Rocca e i terreni adiacenti vennero inclusi nella lista dei beni del pubblico demanio da assegnarsi ai benemeriti delle campagne napoleoniche e gratificata al tenente pie- montese Michele Varron. Nel 1832 il nuovo proprietario, ritenendo l’edificio troppo grande e fastoso, ne fece abbattere tre lati, con- servando solo il lato nord prospiciente la piazza con la cappella costruita da Ferdinando e le scuderie. Nel 1988 il Comune di Sala Baganza ha acquistato la porzione ovest dell’ala superstite, mentre di proprie- tà privata è rimasto il settore est. La corte rustica ad ovest dopo il restauro è adibita a complesso residenziale. Oggi il percorso di visita inizia al primo piano, ricco di affreschi di scuola emiliana tardo cinque- centeschi, a cui si accede attraverso il LOGGIATO, 3 Grottesche e busto muliebre. Particolare della Sala dei Busti di ano- nimo emiliano della seconda metà del ‘500. recentemente ripristinato, fino alla cosiddetta SALA DELLE CAPRIATE, sala espositiva, dove si intra- vedono lacerti di affreschi raffiguranti architetture, animali e scene mitologiche. Si giunge al GABINETTO DEI BUSTI, delicato studiolo dove si affacciano, dalla volta decorata su sfondo rosato, ricercate grottesche che arricchiscono il grande decoro ovale centrale contornato da fiori e frutti e sottolineato da misteriose figure alate. Nella stanza successiva, la SALA DELL’ENEIDE, ha inizio il ciclo pittorico voluto da Giberto IV Sanvitale, di cui compare lo stemma singolo e in cop- pia con quello della prima moglie Livia da Barbiano di Belgioioso. Nel soffitto al centro del riquadro è raf- figurata Venere, celebrata come fonte di piacere per gli uomini e per gli dei. Gli ovali e i riquadri ango- lari raccontano la storia del figlio Enea, illustrando i primi sei libri dell’opera virgiliana e anticipando il lustro delle origini di Roma. Il racconto inizia con il riquadro all’estrema sinistra sul lato ovest, con la fuga da Troia, fino all’approdo alle coste latine, at- traverso l’amore e il suicidio di Didone. Autore degli affreschi è probabilmente Ercole Procaccini (Bologna 1515 - Cremona 1595), raffinato studioso, nelle cui opere si trovano uniti elementi di cultura raffaellesca e michelangiolesca. Dalla Sala dell’Eneide si entra nel CAMERINO DEL BAGLIONE che prende il nome proprio dall’autore delle decorazioni, Cesare Baglione 4 (Cremona 1550 - Parma 1615). In questa stanza sono rappresentate allegorie delle stagioni, scene di caccia ed episodi di battaglia, ambientate in paesaggi fanta- stici d’ispirazione fiamminga, incorniciate da grotte- sche e figure alate. proseguendo si attraversa il loggiato e si arriva all’ultimo ambiente ricavato a seguito di un amplia- mento del torrione d’ingresso: la SALA DI ERCOLE divenuta in virtù degli interventi ottocenteschi una sorta di anticamera degli appartamenti privati. La sala fu commissionata da Giberto IV in occasione delle sue nozze con Barbara Sanseverino presumi- bilmente a Orazio Samacchini. Nell’ovale centrale del soffitto appare Giove Tonante contornato da decori floreali a ghirlanda, sipari di velluto dipinto, colonne e labirinti di gusto ellenistico, intercalati da riquadri con imprese o fatiche di Ercole, assistito Veduta del soffitto della Sala di Enea. Procaccini (1515-1595). dal divino padre. La Sala della Fama e il Gabinetto dei Cesari, in seguito ad un intervento settecentesco, sono stati ri- nominati CAPPELLA PALATINA. Opera attribuita a Bernardino Campi, rappresentante un sublime in- treccio floreale a pergolato dove si colgono influssi del Correggio e del Parmigianino. Arcadiche immagini di 5 putti e fiori circonda- no l’ellisse entro cui è raffigurato un angelo con la tromba aurea, simbolo della Fama, oggi riletto attraver- so i simboli cristiani: il calice e la croce e i quattordici angeli che portano gli strumen- ti della passione del Cristo. Collegato tramite Ercole affronta l’Hydra. Particolare della Sala d’Ercole, affrescata da un arco è il Gabinetto Orazio Samacchini (1532-1577). dei Cesari originaria- mente diviso dalla saletta della Fama da una pare- te eliminata da Antonio Farnese. Questo ambiente interamente affrescato secondo il gusto della scuola padana del cinquecento, raffigura agli angoli dei putti che sostengono un velo al cui centro appare una figura femminile elegantemente seduta con egida e colonna: Roma Aeterna come indicato dalla scritta sullo scudo il tutto sottolineato da una balconata realistica. Alle pareti, all’interno di nove cornici, campeggiano altret- tanti busti di imperatori romani che nel Settecento, per le analoghe vicende della sala attigua, vennero trasformati in Santi. Lasciata la parte cin- quecentesca il palazzo ospita l’appartamen- to ducale del sette- cento e la Cappella Palatina, al momento non accessibili a cau- sa dei danni recati dal sisma del 2008. Le otto sale dell’AP- PARTAMENTO DUCALE commissionate dal Duca Antonio Farnese al pit- Loggiato del piano nobile. 6 tore fiorentino Sebastiano Galeotti (Firenze 1676 - 1741), costituiscono un modello impor- tante per il nascente rococò per i colori limpidi, le composi- zioni vivaci e i sog- getti allegorici degli affreschi incorniciati da raffinati stucchi. Nelle prime stanze si possono ammira- Cesare Baglione (1550 - 1615). re affreschi riprodu- Camerino centi allegorie e sto- rie mitologiche quali: il Trionfo della Sapienza che vince l’Ignoranza, il Trionfo della Felicità pubblica tra la Pace e l’Abbondanza, la Gloria dei Principi, la Mansuetudine e la Disperazione, la Giustizia e la Religione che presiedono al trionfo delle Arti nobili e alla cacciata delle Azioni malvage. All’interno della corte rustica ovest si trova la SALA DELL’APOTEOSI, restaurata nel 2010 e occasionalmente aperta al pubblico. Mercurio conversa con Apollo sotto lo sguardo di Diana: particolare del- Loggiato del piano nobile. la Sala dell’Apoteosi, affrescata da Sebastiano Galeotti (1676 - 1741). 7 Qui il Galeotti celebra in una complessa corte di figure mitologico-allegoriche l’ascesa della casata farnesiana tra gli dei dell’Olimpo. IL GIARDINO STORICO FARNESIANO Non potete lasciare Sala Baganza senza aver pas- seggiato lungo i viali del Giardino Storico della Rocca Sanvitale, restaurato e restituito ai suoi antichi splen- dori. Dopo la sua inaugurazione, il 26 aprile 2009, il Giardino, voluto dal conte Antonio Farnese (1679- 1731), rivive infatti nei tre ettari sul fianco di levante della Rocca. Dalle ricerche d’archivio risulta che fu il ministro Du Tillot a chiamare l’architetto francese Ennemond Petitot per i lavori di sistemazione del muro di cinta terminati nel 1755. Varie vicende hanno visto il Giardino trasformarsi nel tempo, da pertinen- za della Rocca in epoca farnesiana (la sua esistenza è documentata da una mappa risalente al XVII sec.) a terreno destinato ad orto ad uso degli abitanti della cosiddetta “Cortaccia”, la corte rustica d’impianto tipicamente padano, fatta costruire dai Farnese una volta divenuti signori di Sala. La parola che meglio definisce l’essenza stessa del giardino è “potager”, che in francese indica un “orto- giardino”, in cui le piante da frutto, le verdure e gli ortaggi, disposti secondo un disegno decorativo, vengono coltivati sia per abbel- lire lo spazio che per essere utilizzati in cucina. Lo 8 scorrere degli anni e il succedersi di vari proprietari ha provocato l’abbandono dello spazio verde fino alla decisione comunale di restaurare e far rivivere il ma- gnifico Giardino. Da prato incolto è stato così trasformato in un parco elegante, con le ordinate e lineari geometrie del Giardino all’italiana. Il restauro del Giardino Storico di Sala Baganza, curato dall’architetto Pier Carlo Bontempi, ha previsto la ricostruzione e la ristruttura- zione del complesso murario di cinta, il ripristino dei suoi portali e cancelli, il reimpianto del giardino con siepi e alberi da frutto, secondo le indicazioni della cartografia e dei documenti storici che descrivono il parco all’epoca ducale.