Don Paolo Albera Maestro Di Vita Spirituale
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Aldo Giraudo Don Paolo Albera maestro di vita spirituale LAS - Roma 1 Pubblicazioni del CENTRO STUDI DON BOSCO Studi e Strumenti - 2 2 3 ALDO GIRAUDO DON PAOLO ALBERA MAESTRO DI VITA SPIRITUALE LAS - ROMA 4 In copertina: illustrazione di Cyril Uhnák © 2021 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano Piazza del l’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 ROMA Tel. 06 87290626 - e-mail: [email protected] - https://www.editricelas.it ISBN 978-88-213-1394-3 ––––––––––– Elaborazione elettronica: LAS Stampa: Tip. Abilgraph 2.0 srl - Via P. Ottoboni 11 - Roma 5 PREFAZIONE Il carisma di un fondatore implica non solo un modo originale di imitare il Signore, ma anche la capacità di trasmettere il suo spirito e di coinvol- gere gli altri nella missione affidatagli. In Paolo Albera abbiamo un uomo personalmente formato da don Bosco e uno dei figli suoi che più han con- tribuito alla trasmissione e propagazione del suo spirito e missione. Il libro Don Paolo Albera, maestro di vita spirituale, ci dà un ritratto molto espressivo della personalità e del formidabile contributo che il se- condo successore di don Bosco ha offerto per lo sviluppo del carisma sa- lesiano. Potremmo dire, don Albera è in qualche modo rimasto nell’ombra fino ad oggi; grazie all’anno dedicato a lui nel centenario della sua morte sta ora tornando in piena luce, come una figura affascinante e attraente. È noto il testo in cui Paolo Albera descrive l’irresistibile fascino eserci- tato da don Bosco sui suoi ragazzi. Non così noto è come don Bosco fosse egli stesso impressionato dalle qualità umane e dalla sensibilità spirituale di questo ragazzo, dall’aspetto gentile e non fisicamente robusto, che, en- trato a 13 anni all’Oratorio di Valdocco, si era affidato totalmente a lui come a un vero padre, lasciandosi guidare nelle vie dello Spirito. È quanto scopriamo nella prima parte del libro, di natura biografica, ricca di molte altre notizie, che fan luce sulla vita di questo giovane che diventa succes- sore di don Bosco. La timida gentilezza di Paolo Albera contrasta con l’energia di Gio- vanni Cagliero, estroverso e vigoroso. Eppure, questo salesiano dei primi tempi – il più giovane tra quelli che avevano firmato la lista dei primi soci salesiani, nel giugno 1860, e tra i pionieri a Mirabello sotto la guida del giovane don Rua – manifesta non solo uno spiccato spirito di iniziativa e un’invidiabile capacità di conquistare i cuori, come fondatore dell’opera salesiana a Genova e in Francia, ma anche una sorprendente tenacia di carattere, che si rivela, ad esempio, nel lunghissimo viaggio di tre anni in America, dove visitò tutte le presenze salesiane come rappresentante di don Rua. 6 Prefazione Ma forse l’ambito in cui Albera più si rivela è quello di direttore spi- rituale della nascente Congregazione. Dalla penna di Giraudo emerge un uomo che ha curato con particolare attenzione i salesiani in formazione, attraverso le visite alle case di formazione, la preparazione di formatori, la vigilanza sull’applicazione delle Costituzioni, dei Regolamenti e delle deliberazioni capitolari in tema di formazione e di studi. Particolarmente impressionante è la sua abitudine a leggere, meditare, prendere nota e fare suoi i tanti scritti di spiritualità che approfondiva. Di questa sua intensa e costante dedizione si colgono i frutti nel servizio che offriva come guida spirituale e negli innumerevoli Esercizi Spirituali che predicava. Da Rettor Maggiore, don Albera ha continuato a dare grande valore alla vita di preghiera e di studio come fonte di fecondità apostolica. Erano temi su cui insisteva molto. Faceva appello costantemente a don Bosco, quel don Bosco che lo aveva guidato, fin da ragazzo, a una vera sequela del Signore: “Tutto e solo per Gesù!”. L’amore per lo studio lo ha aperto ad apprezzare in modo nuovo quel che Francesco di Sales era stato per don Bosco. È quanto viene alla luce particolarmente nella seconda parte del libro di Giraudo, che fa percepire il fuoco ardente sotto una esperienza di vita quanto mai intensa e piena, e così pure si coglie dall’antologia degli scritti di Paolo Albera, nella terza parte. I primi salesiani erano uomini profondamente toccati da don Bosco, ma ognuno riflette il suo carisma in modo diverso, come si può vedere nella profonda fedeltà di Rua e nel dinamismo missionario di Cagliero, nel primo formatore Barberis e nel genio letterario di Francesia. Tra questi padri della Congregazione Salesiana, Paolo Albera si distingue come maestro di vita spirituale, per la sua capacità di cogliere il cuore di don Bosco e di comuni- carlo ai salesiani e ai membri della crescente Famiglia Salesiana. Attraverso Albera siamo in grado di entrare in contatto con le fonti del carisma salesia- no in un modo finora inesplorato. I diari personali, scritti in francese e anche in inglese, sono come un raggio di luce che apre allo sguardo il dialogo con- tinuo tra grazia e libertà nel cuore dell’uomo, una finestra che si apre sulla capacità e vitalità formativa che il carisma di don Bosco porta con sé, una testimonianza commovente di come la nostra umanità rimanga tale e tutta- via venga trasformata in strumento dello Spirito. Albera era contraddistinto da una vena di malinconia, eppure la sua personalità emerge come un dono costante di amabilità, delicatezza e bontà. Spicca la devozione di Albera a don Rua: ha capito che il successore di don Bosco non era semplicemente una imitazione pallida del fondatore. “Perché don Bosco fu così amato? Perché tutti i cuori erano con lui? – dice Prefazione 7 Albera – Perché ebbe la fortuna di avere al fianco un don Rua, il quale prese sempre su di sé tutte le odiosità”. E poi aggiunge: “Quando [Rua] fu eletto rettor maggiore vi fu chi temette un governo rigoroso: si vide quanta bontà era nel suo cuore. Ma questa rimarrà una delle più belle pagine della sua vita, e si vedrà quanto abbia contribuito all’aureola di cui don Bosco era circondato”. A don Bosco e don Rua dobbiamo ora aggiungere Albera, “le petit don Bosco” che ha portato nel suo rettorato la personale familiarità con le ope- re salesiane disperse nel mondo e una particolare sensibilità ai nuovi conte- sti e situazioni. La dolcezza del suo carattere e la sua sensibilità divennero particolarmente evidenti nel modo con cui seppe accompagnare la diffici- lissima situazione in cui la Società Salesiana si è trovata durante la prima guerra mondiale, quando la metà dei suoi quasi 3.000 membri vennero direttamente coinvolti nelle campagne militari. “Quando avrai la felicità di poter dire la prima messa – don Bosco aveva sussurrato all’orecchio di Paolino – chiedi a Dio la grazia di non scoraggiarti mai”. Questo consiglio si è rivelato prezioso durante i quattro lunghi anni di guerra, quando Al- bera ha saputo incoraggiare tutti, quelli chiamati alle armi e quelli rimasti a casa, che hanno dovuto moltiplicare in modo eroico il loro lavoro. Non solo non permise la chiusura di neanche una casa, ma non esitò ad aprire orfanotrofi e altre opere di assistenza ai giovani. E questo su entrambi i fronti del conflitto. Esprimo sincera gratitudine ad Aldo Giraudo a nome di tutti coloro che attraverso questa sua opera potranno conoscere meglio Paolo Albera. Il mio desiderio e la mia preghiera è che insieme possiamo continuare a vivere al meglio il patrimonio spirituale consegnato al mondo e alla Chie- sa attraverso don Bosco e attraverso chi si è lasciato formare da lui, come questo compagno di Michele Magone, diventato il suo secondo successore. Cambiano i tempi e i contesti, ma l’essenziale rimane in tutta la sua veridicità e vitalità: vale sempre la pena coglierlo, o meglio, lasciarci da esso cogliere e sorprendere, come del resto succede quando si meditano le pagine dei Vangeli e la vita dei santi. È quello che dovrebbe accadere quando guardiamo con il cuore a don Bosco e agli uomini che ha formato. Che il dono che è Paolo Albera ci colga di sorpresa, riscaldi i nostri cuori e rinnovi in noi il desiderio di seguire il Signore nella via tracciata da don Bosco. Questo è ciò che don Paolo Albera desiderava ardentemente per i suoi confratelli ed è ciò che sicuramente desidera per tutti noi. D. Ivo Coelho Consigliere per la formazione 8 Prefazione Tutti coloro che incontrarono don Paolo Albera nei vari periodi della sua vita, ebbero l’impressione di scorgere in lui una creatura dolcissima. Il suo viso giovane, illuminato da un perenne sorriso, si mantenne tale anche in vecchiaia. Solo i capelli erano diventati bianchi come la neve. Gli occhi limpidi fissavano gli interlocutori con la gentilezza e la luminosità di un fanciullo. Il modo di parlare lento e penetrante andava diritto al cuore. Era magrolino, delicato di salute. Fu tormentato da varie sofferenze fisiche, che cercava di minimizzare. Appariva estremamente fragile. Quando rifletteva su di sé, sovente era preso dalla malinconia. Si senti- va inadeguato, privo delle qualità necessarie a un successore di don Bosco, lontano dalla perfezione richiesta a un religioso. Il pensiero della morte lo accompagnò costantemente. Quando si relazionava con gli altri appariva tutta l’amabilità, la delica- tezza, la bontà della sua umanità. Era dotato di una profonda capacità di ascolto e aveva il dono del discernimento. Tuttavia, se guardiamo alle sue azioni, ai viaggi instancabili, al fervore del suo apostolato, alla profondità dei suoi insegnamenti, alla molteplicità delle fondazioni, allora ci appare un uomo completamente diverso: la più ardente delle creature. Faremmo un torto a questo salesiano così dolce, amabile, indulgente col prossimo se non ricordassimo che fu uno dei più fermi, compatti e tenaci temperamenti che seppe guidare con chiarezza di visioni e con fermezza la Società Salesiana in uno dei periodi più difficili della sua storia.