MATERIE ECCLESIASTICHE ABBAZIE NOVALESA SS. Pietro E
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MATERIE ECCLESIASTICHE ABBAZIE NOVALESA SS. Pietro e Andrea a cura di MARIA GATTULLO con la collaborazione di ANNA MARIA LUCANIA Torino 2010 Inv. n. 315 / 12 Denominazione: MATERIE ECCLESIASTICHE, ABBAZIE, NOVALESA SS. PIETRO E ANDREA Consistenza : bb. 72 ( fascc.: 1392) Estremi cronologici: 726 - 1853 Archivi collegati: Archivio di Stato di Torino, Archivio dell’Economato dei Benefici Vacanti, Novalesa, bb. 1-6 Rilevazione dati: PATRIZIA CRATERE, ANNAMARIA LUCANIA Inventario: a cura di MARIA GATTULLO con la collaborazione di ANNA MARIA LUCANIA Condizionamento: ANNA MARIA DONZELLA, ACHIROPITA MORELLO Coordinamento: MARIA GATTULLO Fine lavori: Giugno 2010 Le riprese fotografiche sono state effettuate da MARIA KATIA DE ROSAS, Archivio di Stato di Torino Sede: Archivio di Stato di Torino Piazza Castello 209, tel. 011/540382 fax. 011/546176 [email protected] www: archiviodistatotorino Direttore: dott. MARCO CARASSI Sommario PARTE PRIMA MARIA GATTULLO, Le carte dell’abbazia di Novalesa nei Regi Archivi: accrescimento, interventi, sistemazione ……………………………………………. III 1. Uno sguardo dall’esterno: caratteristiche dei mazzi IV 2. I mazzi di addizione e “ da ordinare” VIII 3. Sguardo d’insieme XIII Schema delle serie e dei documenti ………………………….. XV ANNA MARIA LUCANIA, Quadro cronologico ……………………………………… XVI PARTE SECONDA STRUTTURA DELL’ARCHIVIO ………………………………….……………………… 1 INVENTARIO ………………………………………………………………………. 2 TAVOLA DI RAFFRONTO……………………………………………………………… 183 II Parte I Introduzione all'inventario Le carte dell’abbazia di Novalesa nei Regi Archivi: accrescimento, interventi, sistemazione La “lode speciale” che Carlo Cipolla1 nel 1898 tributava all’abate commendatario di Novalesa, Andrea Provana2, nasceva dall’essersi costui occupato, ai primi del XVI secolo, dell’archivio tramite il suo “gestore dei negozi” Pietro Allavardo di Vigone, prevosto, cappellano di San Giorgio, poi di Villafranca, come egli stesso si qualifica nel regesto che precede i due inventari3. Gli strumenti da lui redatti, per mandato del reverendo dominus Andrea Provana, a distanza di un decennio l’uno dall’altro, nel 1502 e nel 1512, elencano rispettivamente, il primo, oggetti, iura (conservati in una capsia magna) e un inventario dei quinternetti dei diritti esistenti nel castello di Camerletto, l’altro i documenti attestanti gli “iura prioratus Novalicii”. Oltre a questa più antica testimonianza, le ricognizioni periodiche e in epoche diverse dell’archivio hanno lasciato varie tracce documentarie sotto forma sia di inventari delle scritture sia di inventari patrimoniali, dal momento che, a differenza di quanto avvenne per la biblioteca abbaziale, “i documenti dell’archivio, in grazia del loro valore giuridico, vennero custoditi e difesi con qualche diligenza”4. La redazione degli inventari spesso coincise con momenti significativi della storia dell’abbazia. La presenza dei diversi strumenti di corredo dà pure atto delle alterazioni intervenute nel tempo, ora evidenti nella quantità di segnature che si sovrappongono sui documenti. L’ultima manomissione dei fascicoli corrisponde alla redazione delle “schede Gatto” risalente agli anni Settanta del secolo XX, quando lo studioso Vincenzo Gatto esaminò e schedò il contenuto di molte buste senza peraltro alterare troppo l’ordine in cui le carte si trovavano5. Se l’esame dei fascicoli rende evidenti le continue modifiche applicate all’interno dei mazzi fino alla seconda metà del secolo XIX, la numerazione esterna delle buste dichiara l’assetto che a quell’epoca si volle dare all’archivio riunendo al blocco documentario esteso fino alla fine del Settecento – in cui sono palesi interventi successivi – quello di data posteriore. L’esterno delle buste denuncia inoltre una seconda numerazione, su bollini bianchi; effettuata alla metà degli anni Ottanta del Novecento con lo scopo di legare i mazzi con un numero di corda in vista del restauro degli armadi delle sale dei depositi, essa non fa sufficientemente risaltare i passaggi che determinarono la definitiva sistemazione ottocentesca. Conviene dunque analizzare innanzitutto i caratteri esterni. È inevitabile che le osservazioni che seguiranno richiamino il magistrale lavoro di Carlo Cipolla, Antichi inventari del monastero della Novalesa6 - da cui in qualche punto ci sarà permesso di dissentire - ma l’intento è diverso: è 1 C. CIPOLLA, Monumenta Novaliciensa vetustiora. Raccolta degli atti e delle cronache riguardanti l’abbazia della Novalesa, Roma 1898 (Fonti per la storia d’Italia, I), p. XI. Si è scelto di non citare in questa sede l’amplissima bibliografia sulla storia dell’abbazia di Novalesa, restringendo i riferimenti ai testi attinenti prettamente agli aspetti archivistici, cui si aggiunge la doverosa menzione del volume Cronaca di Novalesa, a cura di G.C. ALESSIO, Torino 1982. 2 In CIPOLLA, Monumenta Novaliciensa vetustiora cit., p. XI: “protonotario apostolico, arcidiacono e canonico di Torino”. Cfr. [V. ANGIUS], Famiglie nobili della monarchia di Savoia, tomo I, parte II, Torino 1841, pp. 1250-1271. 3 Gli inventari sono conservati in ASTo, Corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Novalesa (d’ora in poi Abbazie, Novalesa), mazzo “Inventari delle carte e scritture d’affittamenti di beni. 14 bis”, già bollino 63, ora b. 69. 4 CIPOLLA, Monumenta Novaliciensa vetustiora cit., p. XII. 5 L’esito del suo lavoro è in S. AUDISIO, V. GATTO, L’abazia di Novalesa nei secoli XVII-XVIII, tesi di laurea, relatore prof. C. PISCHEDDA, a.a. 1976-1977. 6 C. CIPOLLA, Antichi inventari del monastero della Novalesa con la serie degli abati e dei priori del medesimo, Torino 1894 (Memorie della Reale Accademia delle Scienze, Serie II, tomo 44), pp. 3-79. di ricostruire, attraverso la storia dell’archivio, le fasi della sua presenza nella sezione Corte dell’Archivio di Stato, al fine di comporre il supporto teorico da cui ha avuto origine l’intervento ora realizzato. 1. Uno sguardo dall’esterno: caratteristiche dei mazzi I dorsi dei mazzi evidenziano una sistemazione che ricalca l’organizzazione della maggior parte delle serie documentarie conservate nel regio archivio, distribuite, secondo i momenti di accessione, in mazzi inventariati, di addizione, da ordinare7. È pure evidente la struttura impressa dai lavori archivistici di metà Ottocento, teorizzata dallo stesso archivista Giuseppe Fea: “Nel riformare questi inventari [quello delle Abbazie e delle altre serie del fondo Materie ecclesiastiche], dopo riunite le carte riflettenti una medesima abbazia […], si dovrà comprendere, cioè in quello delle abbazie le scritture di tutte quante le abbazie […], dividendo le carte di ciascuna abbazia […] nel modo in cui vedonsi divise nell’inventario della Commenda di Staffarda”, cioè per categorie8. Confrontando la situazione attuale con il progetto del Fea, è manifestamente chiaro che l’assetto della documentazione, prima limitato ai due soli mazzi descritti nell’inventario 86 delle Abbazie attinenti peraltro ai rapporti fra Casa Savoia e abati commendatari, sia stato determinato dall’acquisizione di un corposo numero di atti provenienti dall’Economato9; gli archivisti di corte, a partire dagli anni dopo la Restaurazione, poterono, forse agevolmente, collocarli in ordine cronologico, trovandoli già fascicolati e capillarmente descritti almeno in un inventario in particolare, redatto nel 1770. Questo primo corpus corrisponde complessivamente alle buste 1 – 29, che recano impressi sulla costa, in inchiostro bruno, il titolo della serie archivistica, il nome dell’ente monastico, la numerazione di corda. Nel loro ambito, una scrittura dorsale di sicura attribuzione al secolo XVIII distingue i primi tre mazzi dai successivi, che, oltre a una grafia 7 Sul metodo, derivante dalla non regolare attività di versamento delle carte nei Regi Archivi, si esprime l’archivista Giuseppe nel 1851: “Per non essere costretti a riformare gli inventari se ne fecero altri d’addizione e ad alcune materie si fecero persino due o tre addizioni. Il che però ha i suoi gravi inconvenienti […]. Gli inventari d’addizione dovrebbero essere riservati per quelle scritture che capitano, dirò, casualmente negli archivi […]” (“Collatum cum originali existente in hoc regio archivo”. Giuseppe Fea, Cenno storico sui regi archivi di corte. 1850, a cura degli ARCHIVISTI DI STATO DI TORINO, Torino 2006, p. 109, d’ora in poi Cenno storico); si veda pure I. MASSABÒ RICCI, I. SOFFIETTI, Per lo Stato e per la memoria: gli archivi sabaudi fra XIV e XX secolo, in L’Archivio di Stato di Torino, a cura di I. MASSABÒ RICCI e M. GATTULLO, Firenze 1994 (I Tesori degli Archivi. Collana diretta da Renato Grispo), pp. 9-15. 8 È ciò che, nel 1851, l’archivista Fea dichiara in una “Informativa dei lavori eseguiti e di quelli ancora da eseguire per la riforma dell’ultima serie d’inventari”: Cenno storico cit., p. 124. L’applicazione del metodo è visibile nella struttura della serie Abbazie, Rivalta i cui mazzi sono divisi per categorie numeriche (cfr. inv. 315/5 in Archivio di Stato, sala consultazione), mentre per Novalesa, i mazzi riportano semplicemente i titoli sotto cui sono aggregati i documenti. 9 La documentazione esistente nel regio archivio anteriormente ai versamenti dell’Economato è registrata in due soli mazzi nell’inventario 86, Abbazie, da tempo superato. Essa riguarda principalmente i rapporti fra Casa Savoia e gli abati dal Cinquecento al 1761, con precedenti dal 1315, mentre un intero mazzo contiene copia dei documenti illustrativi della storia dell’abbazia. Di originale, l’inventario 86 riferisce esservi la Cronaca, che, evidentemente