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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Archivio istituzionale della ricerca - Università di Macerata orizzonti © edizioni kaplan 2012 Via Saluzzo, 42 bis - 10125 Torino Tel. e fax 011-7495609 [email protected] www.edizionikaplan.com ISBN 978-88-89908-73-0 Anton Giulio Mancino Schermi d’inchiesta Gli autori del film politico-indiziario italiano k a p l a n Indice Introduzione 7 Capitolo 1 25 Carlo Lizzani: realtà e verità Capitolo 2 46 Francesco Rosi: caso e causalità Capitolo 3 89 Damiano Damiani: diritto e rovescio Capitolo 4 125 Giuseppe Ferrara: strategia dell’attenzione Appendici: Documenti inediti 155 Documento su La terra trema: Indagine su agitazioni operaie e 157 contadine (1947) Primo documento su Salvatore Giuliano: Appunto per il direttore 163 generale (1961) Secondo documento su Salvatore Giuliano: Trama e giudizio della 165 Direzione Generale dello Spettacolo (1961) Terzo documento su Salvatore Giuliano: Appunto per l’onorevole 173 ministro (1961) Cos’è il cinema e perché farlo di Giuseppe Ferrara (2009) 181 Bibliografia 189 Indice dei nomi e dei film citati 199 Introduzione Questo libro nasce dall’esigenza di sviluppare un percorso di ricerca iniziato nel 2008 con Il processo della verità. Le radici del film politico-indiziario ita- liano, dove per l’appunto non si è guardato tanto al contributo specifico dei singoli autori coinvolti, di cui pure sono state esaminate alcune opere o parti importanti di esse, quanto piuttosto – lo ricordiamo – a quella corrente di energia euristica, una preoccupazione per gli eccessivi impe- dimenti alla conoscenza politica della verità, o della verità politica […] che attraversa il film in un particolare punto o momento, chetransita con maggiore o minore intensità da un film all’altro, esattamente come fa il potere con gli individui riducendoli a semplici elementi di raccordo. E non può dirsi una prerogativa esclusiva di questo o quell’autore, regista o sceneggiatore1. La scelta di campo di porre l’accento più sul «comune spirito indiziario di ricerca della verità» che su quegli autori «quantitativamente […] più operosi sotto questo profilo a giudicare dalle rispettive filmografie»2 è stata dettata dall’esigenza, nel 2008, di far emergere e descrivere prima di tutto un pa- radigma epistemologico, individuare pertanto le «radici» di un metodo di indagine dettata da precise circostanze storiche e geopolitiche, che prescin- desse dai differenti, legittimi, molteplici esiti sul piano della rappresentazione cui ciascun autore è pervenuto. Non è stato dunque possibile, né opportuno, da subito, occuparsi di quegli autori come per esempio Francesco Rosi che sistematicamente hanno corrisposto a quest’istanza metodologica lungi però dal codificarla, ridurla a «schema fisso obbligatorio. Non si può parlare di un dover essere formale politico-indiziario. Piuttosto di una necessità interna alla ricerca della verità»3. Il rischio era – ed è, ancora – quello di imporre più o meno involontariamente un modello determinato di approccio politico- 1 Anton Giulio Mancino, Il processo della verità. Le radici del film politico-indiziario italia- no, Kaplan, Torino, 2008, p. 82. 2 Ibidem. 3 Ivi, p. 82. 7 Introduzione indiziario alla realtà. Quindi di cadere nella trappola normativa anziché far emergere la pluralità, la necessaria disomogeneità dei singoli contributi indi- viduali, che pure riflettono un’insofferenza comune, italiana, verso quel con- corso di verità mancanti, rimosse, distratte. Allo stesso modo era – ed è – an- che possibile incorrere nell’errore di segno opposto: quello di una mappatura troppo estesa, orizzontale, che per ovvie ragioni risulterà sempre approssima- tiva, per difetto. Non solo: il risultato, per eccesso di inclusioni o timore di esclusioni, finirebbe per vanificare lo sforzo di delineare un ambito concreto e riscontrabile di intervento – politico-indiziario appunto, e non genericamente “politico” – strutturato quanto basta affinché se ne comprenda il funziona- mento, la logica, l’urgenza. Affinché emergano un’utilità e una progettualità tali da far sì che lo stile non possa prescindere dal tipo e dal grado di impegno profuso. Insomma, sia che venga privilegiato un autore, sia che si stili un elen- co onnicomprensivo di autori o – peggio ancora – una graduatoria, il rischio è sempre lo stesso: perdere di vista il nodo problematico che spiega il ricorso alla prassi indiziaria come strumento principe per dotare un film, non il cinema in quanto tale, specialmente nel contesto italiano, di una spiccata vocazione per l’inchiesta su fatti, fattori e avvenimenti politicamente rilevanti. Constatata, e rivendicata la mancanza fondante il precedente libro, man- canza di questa pur importante e ineludibile componente d’autore, ma che lì per lì si sarebbe potuta sovrapporre alla definizione della metodologia politico- indiziaria da più parti condivisa, comprometterne il valore d’uso, l’applicabi- lità allargata, la ricaduta sul piano storico e teorico, ecco arrivato il momento di compiere il passo successivo. Che per non diventare un passo falso, deve ancora una volta osservare la precauzione di procedere gradualmente, pro- ponendo quattro percorsi autoriali piuttosto inconfondibili, quelli di Carlo Lizzani, Francesco Rosi, Damiano Damiani e Giuseppe Ferrara, così lontani, così vicini, così concomitanti. Accostabili di sicuro per motivi generazionali, e per formazione culturale, trovando ciascuno nell’inchiesta una sorta di filo conduttore e un costante principio attivo. Questo Schermi d’inchiesta. Gli autori del film politico-indiziario italiano, a quattro anni da Il processo della verità. Le radici del film politico-indiziario italiano, complice l’assonanza dei rispettivi titoli, non è altro che un giro di vite, una verifica dello sviluppo di quelle “radici”: un tentativo di proporre, ora, un campione minimo di opzioni autoriali e autorevoli, in grado una per una di proseguire, approfondire, decli- nare l’istanza politico-indiziaria di base, imboccando sentieri disparati desti- 8 Introduzione nati non di rado a incrociarsi, senza mai perdere di vista il comune denomina- tore dell’inchiesta. O, per dirla con Cesare Zavattini, dell’«inchiestare» che, ben oltre la parola d’ordine, ha costituito un’idea guida non dissociabile dal longevo progetto neorealista4. Che non a caso Zavattini ha rilanciato in ogni occasione propizia. Per esempio trasformando una lettera inviata da Cuba al giovane Elio Petri in un piccolo manifesto programmatico. Fungendo anche da prefazione al volume contenente l’inchiesta condotta da Petri per Roma ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis5. Riteniamo perciò proficuo ripercorrere il testo di questa lettera del 1956, che non si capisce bene perché sia stato espun- ta dalla ripubblicazione in volume dell’inchiesta petriana6: Caro Petri, volevo farti sapere che qui a Cuba, e altrettanto nel Messico, Roma ore undici viene considerato uno dei film maestri del nostro cinema. Dillo a De Santis, e la frase che corre sulla bocca di tutti è presso a poco questa: «Come è vero». Sul vero, lo so che si potrebbe discutere per anni e fare di quelle domande che piacciono tanto ai nemici del neorealismo, ma De Santis e noi, che abbiamo lavorato con lui, riduciamo le cose al semplice, sappiamo che in questo caso il vero cui si riferiscono i messicani e cubani, con tanto calore e candore, è un vero che c’è, che noi abbiamo visto e udito, quelle ragazze precipitate dalle scale le abbiamo poi viste e udite, e senza la coscienza un po’ impegnata che i nuovi casi della storia italiana, e quindi del cinema, hanno mosso, avremmo visto e udito meno, non ci sarebbe stato quel con- tatto con i luoghi, con le protagoniste del fatto di cronaca di via Savoia e tu non saresti andato a interrogarle, le dattilografe, non avresti messo insieme il libretto che ora sta per uscire e che è un documento di tutto un costume mentale, di tutta una disposizione dell’anima moderna nei 4 Cfr. Giorgio De Vincenti, Il concetto di modernità nel cinema, Pratiche, Parma, 1993, p. 16. Cfr. anche Guglielmo Moneti (a cura di), Lessico zavattiniano. Parole e idee su cinema e dintorni, Marsilio, Venezia, 1992, Stefania Parigi, Fisiologia dell’immagine. Il pensiero di Cesare Zavattini, Lindau, Torino, pp. 187-227, e Anton Giulio Mancino, Il processo della verità, cit., pp. 25-28. 5 Cfr. Elio Petri, Roma ore 11, Edizioni Avanti!, Milano-Roma, 1956. 6 Cfr. Elio Petri, Roma ore 11, Sellerio, Palermo, 2004, dove trovano posto comunque due nuovi interventi di Carlo Lizzani e Antonio Ghirelli, ma non la lettera-prefazione zavattiniana della prima edizione del 1956. 9 Introduzione confronti degli altri. (Ti ricordi quella mattina in via Po, quando facem- mo quell’esperimento chiamato crudele dai benpensanti, di raccogliere un centinaio di dattilografe con un annuncio uguale a quello che aveva provocato la grande disgrazia? Una ragazza ci passò davanti di corsa, pian- gendo, perché aveva capito che le altre erano più brave di lei, ma lei aveva bisogno di lavoro e scappava via con la faccia nascosta tra le mani).7 Si noti come la seconda delle trasferte cubane del gennaio del 1956 assur- ga per Zavattini8 a occasione per fare nuovamente il punto sulla situazione dell’Italia, evocando la polemica evidentemente ancora aperta sul neorea- lismo, che giustamente Sfefania Parigi definisce «il fantasma di un tempo inadempiuto»9, e sulla «coscienza un po’ più impegnata che i nuovi casi della storia italiana, e quindi del cinema, hanno mosso», donde l’esigenza di non smarrire