Impaginazione, grafica ed editing: Elisa Pozzoli

ISBN 978-88-916-2688-2

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Finito di stampare nel mese di Marzo 2019 nello stabilimento Maggioli S.p.A, Santarcangelo di Romagna (RN)

Collana POLITECNICA Responsabile editoriale Guido Crespi

Area ARCHITETTURA Serie: Tecnologia, Progettazione, Urbanistica, Design, Saggi, Tesi e Ricerche

COMITATO SCIENTIFICO Cristiana Achille | Politecnico di Milano |; Liala Baiardi | Politecnico di Milano|; Oscar Eugenio Bellini | Politecnico di Milano |; Tim Bennet | Kingston University |; Guya Bertelli | Politecnico di Milano |; Matteo Bolocan Goldstein | Politecnico di Milano |; Giuseppe Bertrando Bonfantini | Politecnico di Milano |; Antonio Borghi | Unispace Global |; Marco Bovati | Politecnico di Milano |; Angelo Bugatti Università degli Studi di Pavia |; Mauro Attilio Ceconello | Politecnico di Milano |; Andrea Ciaramella | Politecnico di Milano |; Christina Conti | Università di Udine |; Barbara Coppetti | Politecnico di Milano |; Emilia Corradi | Politecnico di Milano |; Laura Daglio | Politecnico di Milano |; Anna Delera | Politecnico di Milano |; Riccardo Dell’Osso | Università degli Studi di Catania |; Ioanni Delsante | Università degli Studi di Pavia |; Andrea Di Franco | Politecnico di Milano |; Luca Maria Francesco Fabris | Politecnico di Milano |; Emilio Faroldi | Politecnico di Milano |; Davide Fassi | Politecnico di Milano |; Giorgio Garzino | Politecnico di Torino|; Elena Granata | Politecnico di Milano |; Stefano Guidarini | Politecnico di Milano |; Areli Marina | University of Illinois |; Declan McKeown | Dublin Institute of Technology |; Marzia Morena | Politecnico di Milano |; Nick Nunnington | Higer Colleges of Technology Abu Dhabi |; Ilaria Oberti | Politecnico di Milano |; Pierluigi Panza | Politecnico di Milano |; Ingrid Paoletti | Politecnico di Milano |; Angela Silvia Pavesi | Politecnico di Milano |; Laura Pezzetti | Politecnico di Milano |; Orsina Simona Pierini | Politecnico di Milano |; Sergio Pone | Università degli Studi di Napoli Federico II |; Valeria Pracchi | Politecnico di Milano |; Valentina Puglisi | Politecnico di Milano |; Massimo Rossetti | Università IUAV di Venezia |; Michela Rossi | Politecnico di Milano |; Francesco Rubeo, | Sapienza Università di Roma|; Dario Russo | Università degli Studi di |; Francesca Scalisi | Università degli Studi di Palermo |; Cesare Sposito | Università degli Studi di Palermo |; Cinzia Maria Luisa Talamo | Politecnico di Milano |; Luca Tamini | Politecnico di Milano |; Valeria Tatano | Università IUAV di Venezia |; Maurizio Tira | Università degli Studi di Brescia |; Marco Lorenzo Trani | Politecnico di Milano |; Maria Cristina Treu | Politecnico di Milano |; Oliviero Tronconi | Politecnico di Milano |; Gianni Utica | Politecnico di Milano |; Maria Pilar Vettori | Politecnico di Milano |; Arianna Vignati | Politecnico di Milano |; Rosa Maria Vitrano | Università degli Studi di Palermo|; João Pedro Xavier | University of Porto |; Fabrizio Zanni | Politecnico di Milano.

Il presente testo è stato sottoposto al processo di valutazione double-blind peer review in conformità ai procedimenti e criteri definiti per la pubblicazione nella Collana. a cura di Emilio Faroldi Maria Pilar Vettori ARCHITETTURA DELLO SPORT Progettazione ARCHITETTURAcostruzione gestione AZIENDALE delle infrastrutture sportive Ricerca e progetto nei luoghi della produzione «Una sola cosa è più eccitante di leggere un libro: scriverlo». Emilio Faroldi, 1999

Un libro, in quanto architettura narrata, è sempre frutto di un’azione corale: questo volume, ancor più, è esito del “lavoro di squadra” di chi crede che l’architettura, ogni architettura, abbia un valore sociale prioritario. Tanto più le funzioni in essa ospitate racchiudono un valore collettivo ed educativo, quanto più l’architettura diviene la primaria forma di rapporto tra l’uomo e lo spazio. L’architettura dello sport, certamente, afferisce a tale categoria. Il lavoro resoconta alcuni dei principali contributi provenienti da ricercatori, studiosi e cultori della materia che credono nel valore dello sport e delle infrastrutture che lo ospitano, e costituisce l’esito di parte delle lezioni, seminari e workshop che, da oltre un decennio, sono tenuti all’interno dell’insegnamento in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive, collocato all’ultimo anno della Laurea Magistrale in Architettura del Politecnico di Milano. Nello specifico, ringrazio tutti coloro che in forme diverse e in periodi differenti hanno contribuito alla buona riuscita del corso: in primis, gli studenti e gli assistenti succedutisi. Oltre agli autori dei singoli contributi che compongono l’opera, senza i quali la medesima non avrebbe linfa per esistere, un particolare ringraziamento è rivolto a chi da sempre mi ha affiancato in questa azione teorica accompagnata da una prolifica ed eccitante attività progettuale che ancora oggi prosegue con forza e continuità: Davide Allegri, Dario Cea, Pietro Chierici, Maria Pilar Vettori. Senza di loro sarebbero mancati gli stimoli e gli impulsi culturali inerenti il tema, che sono alla base del presente lavoro. Ringrazio, inoltre, tutti i numerosi laureandi, oggi architetti, che nel corso del tempo hanno deciso di cimentarsi in argomenti e progetti limitrofi alla disciplina, per concludere il loro percorso formativo con tesi di laurea che hanno riguardato lo sport e le strutture atte a ospitarlo: in particolare, grazie a Silvia Battaglia che con dedizione, competenza e serietà ha garantito la messa a sistema del materiale qui riportato. Sono particolarmente riconoscente, inoltre, all’amico Michele Uva che dall’anno 2001, in forma innovativa e anticipatrice, condivide anche con il sottoscritto riflessioni ed esperienze inerenti l’ambito della complessa gestione del rapporto sport e calcio, connesse ai luoghi atti a un loro conforme svolgimento, e all’architetto-imprenditore Giovanni Valentini che ha contribuito a innovare il pensiero progettuale in materia. Il volume intende, infine, costituire una piattaforma conoscitiva per chiunque voglia affrontare, con consapevolezza e padronanza disciplinare, i temi inerenti il mondo delle infrastrutture sportive, la loro progettazione e gestione, nonché per tutti i corsisti del Master di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive che dall’anno accademico 2017-2018 si tiene presso il Politecnico di Milano.

Dedico questo lavoro a Luca e ai suoi sogni. INDICE

PROLOGO ARCHITETTURA DELLO SPORT Progettazione costruzione gestione Emilio Faroldi 11

SAGGI PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA Architettura, ingegneria, design Davide Allegri 25

GLI SPAZI DELLO SPORT Beni culturali tra memoria e futuro Silvia Battaglia 49

GLI STADI DEL FUTURO Un fattore competitivo per il calcio italiano Marco Brunelli 67

LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA Prospettive di crescita Guglielmo Cammino, Niccolò Donna 85

LO STADIO TOTALE Riflessioni sull’architettura tra paesaggio urbano, ibridazioni e utopia Dario Cea 117

L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE Strategie, modelli, processi per lo stadio contemporaneo Pietro Chierici 131

INFRASTRUTTURE SPORTIVE Nascita, evoluzione, trasformazione Emilio Faroldi 147 IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT Evoluzione storica degli impianti sportivi tra marketing e comunicazione Roberto Ghiretti 171

LO STADIO SOCIALE I luoghi per il calcio tra identità, spazio e società Chiara Manzoni 195

VALORIZZARE I VALORI Lo sport tra spazi e comunità Antonio Marchesi 213

QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI Scenari di organizzazione, gestione e controllo di Media Marketing attraverso l’evoluzione del Ticketing Fabio Verga 223

SPORT E SPAZIO PUBBLICO Il ruolo delle infrastrutture sportive nell’evoluzione della città Maria Pilar Vettori 235

PERCORSO BIBLIOGRAFICO 255

PROFILI BIOGRAFICI AUTORI 283 PROLOGO

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ARCHITETTURA DELLO SPORT Progettazione costruzione gestione Emilio Faroldi

Il significato dello sport e dei luoghi a esso deputati costi- tuisce, nella storia delle civiltà, un fondamentale elemento di manifestazione e rappresentazione intellettuale, capace di trasmettere l’importanza che la cultura dello sport e la gestione colta del tempo libero hanno rivestito nella defini- zione dell’identità dei popoli. Non è trascorsa epoca in cui intere comunità non abbiano utilizzato l’attività sportiva, e più in generale quella ludico-ricreativa, al fine di veicolare manifestazioni di natura iconica, materiali o immateriali, rappresentative della propria identità. Il rapporto tra tali attività e la definizione degli spazi a esse dedicati all’interno dei contesti antropizzati costitui- sce il barometro dell’espressione culturale e dell’anima di una collettività. Spazi che si strutturano a partire da genius loci, insiti nella nomenclatura memoriale delle comunità, in grado di eleggere tali luoghi a identificazione di ambiti eloquenti ed evocativi dell’esperienza antropologica, rap- presentazioni di cultura materiale e identitaria che impri- mono un’impronta simbolica nel territorio che li ospitano. Risulta importante rilevare come, nell’evoluzione della storia dell’architettura, i luoghi dello sport abbiano sem- pre posseduto quel carattere distintivo trattato anche da Norberg-Schulz a proposito dello spazio esistenziale, inte- so come quell’ambito capace di comprendere le relazioni fondamentali tra uomo, ambiente e paesaggio. Il rapporto sport-cultura, simmetricamente a duemila anni fa, è fa- cilmente rinvenibile e sostanzialmente immutato, in ogni ambito della società contemporanea, influenzandone spes- so gusti e costumi. Si pensi al significato che le architetture dei luoghi dello sport hanno rappresentato nella fondazione delle civiltà occidentali, da quella dell’antica Grecia a quella roma- na: metafore dell’evoluzione delle tecniche costruttive, dell’organizzazione socio-politica, della visione urbanisti- ca di una civiltà e della supremazia culturale di una com- pagine sociale rispetto alle altre. 12 Emilio Faroldi

In Grecia i luoghi dello sport, contribuivano a formare, con la delicata quanto complessa orografia del territorio, un sistema di paesaggio coerente e senza soluzione di continuità, nei quali risulta percepibile l’unione di intenti simbolici, culturali, politici e fisici degli spazi. A Roma è ancora visibile l’impronta “funzionalista” e urbana dei grandi contenitori di masse: si pensi al caso dell’Amphi- theatrum Flavium, o all’“inserzione” nel tessuto denso dello Stadio di Domiziano, divenuto poi, nella successio- ne della stratificazione storica, una delle più straordinarie piazze del mondo. L’accezione infrastrutturale delle architetture per lo sport si è consolidata a partire dal XX secolo in concomitanza alla nascita degli sport moderni, la cui diffusione di massa ha comportato una conseguente esigenza di luoghi appro- priati allo svolgimento di attività sportive. Parallelamente, la competizione sportiva, metafora spesso di quella politica e militare, trova la sua massima espres- sione nell’organizzazione dei grandi eventi sportivi di ini- zio Novecento, vere e proprie vetrine, fisiche e mediatiche, della nuova società moderna e del consumo di massa. Si pensi all’infrastrutturazione avvenuta in Italia tra gli anni Venti e Quaranta, o alle azioni della Germania nazista in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936; o ancora, fondato su altre premesse culturali, a quanto costruito in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960 i cui stra- ordinari gesti strutturali di costituiscono segni tuttora riconoscibili che permeano il paesaggio urba- no. Paradigmi di infrastrutture fisicamente tangibili, con- notate da potenti messaggi simbolici: a esse si demandava la rappresentazione di significati politici, culturali, sociali grazie al loro particolare status di grandi oggetti ordinatori alla scala urbana, in grado di amplificare la forza e l’effi- cacia della comunicazione. Sin dall’antichità le infrastrutture per lo sport hanno costi- tuito anche il luogo privilegiato di sperimentazione di tec- niche e sistemi costruttivi innovativi, in risposta alle dimen- sioni di tali edifici e al tema delle grandi luci di copertura. Luoghi privilegiati di ricerca tecnica, le architetture per lo sport hanno storicamente rappresentato un approccio ingegneristico “pioneristico” nel campo d’applicazione di ARCHITETTURA DELLO SPORT 13 sistemi sperimentali, studiati ad hoc e successivamente ri- prodotti con tecniche industriali. É comunque in epoca relativamente recente, a partire dai primi anni Novanta del Novecento, che gli edifici per lo sport assumono a pieno titolo lo status di infrastruttura, entrando così a far parte del palinsesto descrittivo della città contemporanea. Il tifoso inizia la sua mutazione ge- netica per tendere a quella di “cliente”, ribaltando e fran- tumando il rapporto società sportiva-spettatore: il club in- dividua la propria sede come il primo asset su cui fondare progetti stabili e sostenibili dal punto di vista economico a medio-lungo termine e cercando di dissociarsi sempre più dal risultato sportivo. Lo “stadio-casa” diviene un vero e proprio hub in grado di erogare servizi personalizzati e flessibili, rivolti a un pubblico generico, più ampio e non più limitato al mondo dei “tifosi fidelizzati”, bensì allarga- to a quello della comunità globale. In epoca contemporanea, con il processo di smaterializ- zazione dell’informazione e della sua facile socializza- zione, i grandi eventi sportivi assurgono a modelli mass- mediatici di straordinaria valenza socio-culturale a scala globale. Una nuova generazione di infrastrutture per lo sport si pone come iconica del nuovo millennio: manufatti i cui significati simbolici e di immagine mediatica del conte- nitore travalicano quelli del contenuto. Nuovi “musei” della contemporaneità ed emblemi iper-tecnologici della società odierna. A ciò si aggiunga l’affermazione di una crescente e permeante “cultura della sostenibilità”, per la quale il paradigma ecologico si eleva a principio guida di ogni trasformazione antropica e, calato nel contesto degli edifici per lo sport, assegna loro l’etichetta di paradigmi di comportamenti virtuosi orientati al benessere per la salute fisica. In tale contesto socio-culturale, i grandi eventi organizzati tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del XXI secolo – Olimpiadi estive e invernali, campionati mondiali e euro- pei di calcio, mondiali di nuoto – rappresentano dei veri e propri laboratori di ricerca e d’innovazione che agiscono su molteplici livelli: da quello più strettamente tecnolo- gico-produttivo, a quello economico-finanziario e socio- 14 Emilio Faroldi urbanistico. Le nazioni ospitanti entrano in competizione per “esporre” la propria potenza tecnologica, economica e politica così come accadeva in occasione delle grandi esposizioni mondiali di inizio XX secolo. In questi esempi, che affondano la loro genesi nell’antichi- tà, è comunque rilevabile un elemento comune, che crea dinamiche di continuità tra memoria e attualità: il loro im- manente carattere infrastrutturale. In assonanza con ma- nufatti quali ponti, strade, acquedotti l’Anfiteatro Flavio, le cui grandi arcate rimandano nel segno e nel concetto strutturale a una comune radice costruttiva, è infrastrut- tura urbana e poli-funzionale per antonomasia, fulcro di aggregazione sociale ed elemento ordinatore della città; parimenti le studiate intersezioni tra l’orografia naturale del paesaggio ellenico e i gradoni dei teatri o degli sta- di olimpici, rappresentano raffinati prodromi di moderne opere di infrastrutturazione del territorio. In sinergia agli aspetti di natura morfologica, diversi signi- ficati di natura più “immateriale” rendono la definizione di infrastruttura sportiva ancora più pregnante ed efficace: dai simboli sottesi alle rappresentazioni ai riferimenti ar- tistici, narrativi, culturali in genere, espressi dagli edifici stessi. Scrivere e parlare oggi di “edifici” per lo sport o “architet- ture sportive” in termini esclusivamente morfo-tipologici o per matrici esigenziali e prestazionali, costituisce eserci- zio sterile e confinato. Le tematiche e gli ambiti disciplina- ri direttamente coinvolti da tutto ciò che ruota attorno alla sfera dello sport, del tempo libero, del vivere sano sono molteplici e articolate. L’impianto sportivo nella sua accezione terminologica rimanda a un oggetto autoreferenziale di cui si valuta le qualità prestazionali endogene e dissociate dal contesto. Al contrario, il concetto di infrastruttura sportiva esprime qualità nel porsi come nodo interattivo di un territorio, di cui diviene motore ed espressione dinamica. In tal senso il termine infrastruttura, tradizionalmente as- sociato al tema della mobilità, va considerato, nella sua accezione materiale, quale elemento di collegamento tra le funzioni urbane e l’essere icona delle relazioni che tra esse si instaurano. Le infrastrutture sportive identificano il ARCHITETTURA DELLO SPORT 15 collante sociale, funzionale, morfologico più efficace delle molteplici e complesse relazioni che si instaurano nell’or- ganismo urbano, rappresentando un sistema dinamico in costante divenire. Il termine “infrastruttura” sportiva, rispetto ai termini “struttura” o “impianto” sportivo, non riferibile pertanto a un’esclusiva tipologia di edifici, esprime compiutamente il ruolo che tali architetture hanno assunto nelle dinamiche evolutive e strutturanti la città contemporanea. Considerare i manufatti e le architetture per lo sport pari- tetiche alle infrastrutture tradizionalmente intese, signifi- ca collocarle all’interno della complessità d’articolazione dello spazio contemporaneo che ci ospita. Il termine infrastruttura richiama il concetto dinamico di “integrare” (o integrato), che dal latino significa comple- tare, aggiungere qualcosa per rendere compiuto e funzio- nante un sistema. Se a esso affianchiamo la parola “sport”, dal punto di vista semantico e operativo significa definire un nuovo approccio in grado di contemplare un ripensa- mento globale del ruolo delle attrezzature sportive nella società. Significa, inoltre, integrare e connettere spazi e luoghi tra loro non dialoganti, definire nuovi sistemi inse- diativi, ri-ordinare frammenti sparsi di città, creare nuovi livelli esperienziali. Emerge la volontà di sancire un’organizzazione comples- siva e la resa funzionale di un sistema città anch’essa rico- noscibile per l’elevata qualità architettonica: una visione d’insieme ove disegno e processo, forma e funzione, co- struzione e familiarità dei luoghi si coagulano in un siste- ma unico scandito da gerarchie e, conseguentemente, da azioni d’infrastrutturazione. Le correnti di pensiero, di ricerca e di sviluppo muovono verso una pianificazione integrata architettonica e urbani- stica, tesa alla qualità e sostenibilità ambientale della pia- nificazione, esprimibile a livello dipolicy tramite processi inclini allo sviluppo urbano sostenibile – Horizon 2020, Urbact, SI-Drive Europe, Transit – in grado d’incentivare la cooperazione tra le politiche settoriali che influiscono in modo determinante sul territorio. Il concetto di infrastruttura applicato ai luoghi dello sport si oppone, per certi versi, a una sagoma di città “tema- 16 Emilio Faroldi tizzata” costruita sul modello di centro quale parco com- merciale unico e catalizzatore; le infrastrutture per lo sport costituiscono, al contrario, nuclei di strategie per gestire la complessità dei mutamenti attraverso poli di attrazione policentrica connessi e strutturanti un sistema. In tal senso, lo sport si elegge a variabile di condivisione e inclusione anche fisica delle città e dei suoi nuovi momenti fruitivi. L’evoluzione e la complessità della realtà architettonica e dei suoi processi gestionali, economici e sociali, ha fa- vorito la diffusione di una nuova generazione di impian- ti polifunzionali in grado di garantire qualità ambientale, sicurezza e multifunzionalità: il concetto di infrastruttura sportiva, soprattutto quella di certe dimensioni, è sempre più assimilabile a quello di un sistema complesso nella molteplice accezione di luoghi del benessere, dello spet- tacolo, della socialità e della produzione collocato nel più ampio scenario dei “panorami del contemporaneo”. Lo stadio per il calcio, nella sua aggiornata sagoma cul- turale, comporta un’aggiuntiva complessità tecnologi- ca, di prodotto e di processo, sottesa ai processi integrati che dall’ideazione, alla programmazione, progettazione, costruzione, per giungere alla gestione, investono tutte le scale di intervento estendendo la propria competenza all’intero ciclo di vita dell’edificio. La multi-scalarità e la multi-disciplinarietà, in quanto paradigmi consolidatati dell’attuale scenario ideativo-co- struttivo, rappresentano riferimenti ineludibili di un inno- vativo approccio progettuale. Nella sfera delle infrastrutture sportive l’articolazione dei processi risulta particolarmente accentuata dalla moltepli- cità e tipologia degli attori coinvolti, stakeholder portatori di interessi connotati da differenze spesso di natura giuri- dica, sociale e culturale: le tematiche coinvolte sono quelle sociali, culturali, identitarie, ambientali, di salute pubblica e del consenso politico stimolando forme integrate di par- tenariato pubblico-privato. Tale quadro non può prescindere da un continuo aggiorna- mento e affinamento di strumenti sempre più sofisticati di governance integrata e di complessi processi di raccolta, gestione e condivisione dati. ARCHITETTURA DELLO SPORT 17

La varietà degli attori in gioco all’interno dei processi di trasformazione che coinvolgono intere comunità alla scala territoriale, ha portato a ripensare i nodi e le reti dei per- corsi decisionali introducendo nuovi statuti che regolano le decisioni pianificatorie, parallelamente all’affermarsi di avanzate tecnologie di analisi, organizzazione e condivi- sione di un numero sempre maggiore di informazioni in tempi sempre più compressi. In un’epoca caratterizzata da una crescente scarsità di ri- sorse, la fase-gestione, se idealmente considerata all’inter- no dello schema circolare del ciclo di vita di un edificio, deve inevitabilmente essere collocata all’inizio del pro- cesso ideativo, in quanto contenente già in embrione gli elementi critici del progetto. Un ribaltamento di approccio che risulta ancora più deter- minante nel caso dell’esercizio di infrastrutture sportive, nelle quali i costi reali e fissi di gestione risultano media- mente più alti rispetto ad altre tipologie architettoniche e dove il contributo attribuito e riservato alla sfera degli impianti tecnologici assume spesso notevole importanza. Si evidenzia, perciò, la necessità di una gestione integrata multi-settoriale e multi-disciplinare, mai considerata come fase autonoma e disgiunta dall’intero processo progettuale bensì quale motore del medesimo. Storicamente luoghi di innovazione tecnologica, le infra- strutture sportive sono divenute protagoniste, negli ultimi anni, di un vero e proprio new deal architettonico. Al mo- no-funzionalismo e all’indifferenza linguistica e paesaggi- stica delle infrastrutture sportive concepite sino agli anni Novanta, è subentrato un processo di ripensamento di que- sti luoghi, alla luce della stretta connessione instauratasi tra sport, tempo libero, benessere e qualità ambientale e di una sostanziale “apertura” dell’infrastruttura al contesto e alle comunità sociali di riferimento, anche attraverso l’uso estensivo dei media e della rete di relazioni sociali che un centro per lo sport e l’intrattenimento può attivare. Negli ultimi tre decenni è cresciuta una nuova generazione di infrastrutture avanzate, nelle quali le componenti impiantisti- che e tecnologiche aumentano in complessità e densità affian- cando tali valori a quelli strettamente strutturali e funzionali. Flessibilità tecnologica, sicurezza, fruizione, sostenibilità e 18 Emilio Faroldi comfort rappresentano i parametri di un approccio culturale radicalmente mutato, comportando nuovi e più elevati livelli di resilienza tecnologica, socio-funzionale e urbana. Il “sistema-sport” – quello calcistico soprattutto, vista la portata del fenomeno – sta evidenziando un debito strutturale nei confronti dei sistemi concorrenti: tale cri- ticità rischia di esplicitarsi in espressioni negative, in termini sportivi, patrimoniali, finanziari, legislativi. La ristrutturazione del mondo sportivo dovrà passare trami- te interventi in grado di garantire un sistema di impianti moderni, in linea con i più attuali concetti di fruizione, sicurezza e inserimento ambientale per il pubblico e il cittadino. Pur accogliendo stimoli e suggerimenti dallo scenario internazionale, emerge la necessità di elabora- zione di un modello autoctono, italiano, in grado di ri- spondere alle esigenze territoriali, sociali e culturali ali- mentando formule organizzative finalizzate a garantire ai soggetti attuatori produttività economica, visibilità e soddisfazione politica nel rispetto della storia ma proiet- tati al futuro. Alla luce di tali considerazioni, il panorama comples- so e variegato delle infrastrutture sportive esprime con forza l’esigenza di fornire un adeguato ruolo alla forma- zione di alto livello, investimento necessario sul quale fondare, in una virtuosa reazione a catena, le politiche di valorizzazione e riqualificazione dell’impiantistica sportiva per mezzo di una visione sistemica dei contri- buti disciplinari. Azioni che devono essere finalizzate alla diffusione di conoscenza e competenze adeguate per affrontare in modo efficace e pro-attivo i processi di pro- mozione e gestione dei luoghi per lo sport, la socialità e il tempo libero. Sempre più evidente risulta essere la specializzazione e la complessificazione di tali processi, all’interno delle dina- miche che coinvolgono l’intero settore dell’industria dello sport, in tutte le sue sfumature. Di conseguenza, diviene attuale la richiesta di figure multi-disciplinari in grado di dialogare con i numeosi interlocutori e attori pubblici e privati dei processi di governance coinvolti. In tale otti- ca si collocano diverse iniziative attuate dal Politecnico di Milano che coinvolgono la didattica universitaria di se- ARCHITETTURA DELLO SPORT 19 condo e terzo livello, in stretta sinergia e attinenza con il sistema istituzionale1. In particolare, si segnala il Master Universitario di secon- do Livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive, istituito dal Politecnico di Milano in collaborazione con i più importanti stakeholder del sistema sportivo italiano: FIGC, Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa), Istituto per il Credito Sportivo (ICS) e Lega . La qualità del piano didattico e il livello dei relatori coinvolti rendono il Master la principale piat- taforma didattica esistente in Italia sul tema dell’impian- tistica sportiva, nonché una delle iniziative formative più apprezzate nello scenario internazionale dei programmi di formazione inerenti l’infrastrutturazione sportiva. L’obiettivo è quello di formare professionisti di elevato livello in grado di operare con successo nell’ambito dell’i- deazione, programmazione, progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture sportive, fedeli a logiche e competenze trasversali e multidisciplinari, allineate ai recenti provvedimenti normativi in materia. Il percorso formativo offre la possibilità di acquisire tutte le compe- tenze tecniche e gestionali necessarie alla definizione di una figura professionale altamente specializzata in gra- do di potersi inserire agevolmente nei molteplici settori economico-produttivi, istituzionali e professionali che afferiscono al macro-settore di riferimento dell’impianti- stica sportiva. Il Master tratta le tematiche legate al tema infrastrutturale-sportivo ponendo al centro del processo progettuale-ideativo il tema organizzativo e gestionale, primo e fondamentale tassello per un’ideazione consape- vole e sostenibile di ogni operazione di sviluppo e valoriz- zazione infrastrutturale. Il corso è strutturato in tre macro-moduli: progettazione, co- struzione e gestione, ognuno dei quali è declinato in sotto- moduli tematici che si sviluppano attraverso diverse forme di insegnamento: lezioni frontali, seminari e convegni mo- nografici,focus-group , visite e viaggi di studio, project-work applicativi, stage intensivi durante il corso (a Coverciano presso il Centro Tecnico Federale FIGC sede degli allena- menti delle squadre nazionali di calcio e centro di formazio- ne, e presso il centro tecnico di allenamento CONI “Giulio 20 Emilio Faroldi

Onesti” a Roma), stage finali con aziende, partner, grandi studi di architettura e ingegneria, istituzioni sportive. Al tavolo dei relatori il corso vanta eccellenze del mondo universitario, della ricerca e professionale connesso alla progettazione e gestione di infrastrutture sportive e al management economico e finanziario applicato all’am- bito disciplinare di riferimento. All’interno del percorso formativo si articolano moduli curati direttamente dal- le istituzioni coinvolte: Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa) focalizza l’attenzione sulla progettazione e gestione di impianti di piccole e medie dimensioni desti- nati a tutti gli sport oltre al calcio; FIGC organizza il mo- dulo “gestione” che concentra la propria attenzione sui principi di management e di project financing applicati al settore sportivo-infrastrutturale esplorando le principali case-history e best practices nazionali e internazionali. Il modulo “gestione” è, altresì, finalizzato alla forma- zione di una nuova figura per l’impiantistica sportiva, lo “stadium-manager”: è possibile frequentarlo autonoma- mente anche per il laureato in discipline umanistiche ed economiche.

In sintesi, il lavoro intende costituire un piccolo ma signi- ficativo tassello conoscitivo inserito in tale contesto cultu- rale: gli studenti, i neo architetti, gli ingegneri, i designer di oggi costituiranno i progettisti del domani, attraverso la costituzione di una rete di figure professionali tra loro in- terattive e complementari, capaci di rispondere alle sfide che lo scenario attuale e futuro propone. Il mondo delle infrastrutture, intese in senso ampio, e quel- le sportive nello specifico, reclama la formulazione di re- gole e modelli progettuali, costruttivi e gestionali, atti a divenire elementi propulsivi di forme credibili di investi- mento sia culturale sia economico. La dinamica evolutiva della città contemporanea suggeri- sce, congiuntamente ai valori della solidarietà, cultura, co- noscenza e innovazione, anche principi connessi alla con- vivenza di elementi molteplici e qualitativi: l’accoglienza, la multi-direzionalità di obiettivi, la ricchezza della diver- sità, l’interdipendenza, l’interpretazione del contesto quali fondamenta del sapere contemporaneo. ARCHITETTURA DELLO SPORT 21

Città e territori risultano fermamente legati alla società che li vive e frequenta, fruendo dei loro spazi e valorizzando le risorse per mezzo di processi e dinamiche sovrapposte. L’infrastruttura sportiva va intesa, perciò, quale prodotto territoriale allargato, elemento collocato in relazione con altri all’interno di un sistema multilayer, potenzialmente in grado di contribuire in modo attivo alla valorizzazione di uno specifico luogo. Le architetture di recente genera- zione, infatti, strutturano e de-strutturano l’ambiente av- viando processi connessi a diverse territorialità. I luoghi di utilizzo contemporaneo delle nuove funzioni espresse dalla società, sempre più incorporano a modello l’archetipo dei luoghi dello sport e degli eventi, ove si ma- terializza il tempo della socializzazione, dei momenti ludi- ci e dell’ibridazione delle sfere d’azione, confermando la trasversalità di significato che oggi assumono il consumo, lo svago, il tempo libero, la comunicazione, l’informazio- ne, il turismo e lo sport. Quest’ultimo, attraverso i suoi spazi, svolge il fondamen- tale ruolo di attivatore sociale, capace di accogliere e ben interpretare le esigenze della collettività, ribadendo la re- lazione con la realtà di riferimento, potenziando il valore percepito e il livello di gradimento alla fruizione dell’im- pianto medesimo. Le architetture per lo sport del futuro ambiranno a divenire infrastrutture sportive per la Community, ideate, progettate e costruite in forma convergente e inclusiva, innovativa, multimediale: saranno al contempo portatrici di un signi- ficativo segno architettonico di matrice al tempo stesso locale e globale, capace di auto-eleggersi, contemporanea- mente, a luogo esperienziale e a icona territoriale. Inoltre, l’ambito progettuale dovrà cercare nuove formule in grado di concepire strutture sempre meno rigide e quanto mai flessibili anche nel medio e lungo periodo. Il tema della resilienza, applicato alle infrastrutture spor- tive complesse, denuncia l’assenza di organiche e siste- miche indagini in materia. Tuttavia, il riverbero sociale, economico e ambientale che tali architetture implicano alla scala urbana e territoriale, eleggono tale comparto ad ambito strategico, quando e se posto in sinergia alle prati- che sportive, della salute e del benessere. 22 Emilio Faroldi

Affiorano, specularmente, innovative tendenze che intro- ducono un’ampia attenzione ai temi della resilienza urbana e sociale di tali infrastrutture: se da un lato, risulta evidente la difficoltà d’adeguamento dei manufatti esistenti, conno- tati da un’elevata rigidità morfo-tipologica; dall’altro, le infrastrutture veicolano in forma sostanziale le strategie di pianificazione e trasformazione dei luoghi su ampia scala. Emergono suggerimenti e tendenze progettuali che spin- gono verso l’adozione di nuovi approcci in grado di rende- re tali manufatti modulabili, dimensionalmente flessibili e pronti a cambiare le proprie vocazioni d’origine nel caso di scenari mutevoli. Lo sport, perciò, concepito quale promotore di hub attrat- tivi: concentratori e catalizzatori di risorse umane ed eco- nomiche, accumunate da un medesimo spirito di utilizzo colto del tempo e delle emozioni capaci, altresì, di mutare i consolidati bacini d’utenza trasformando i consolidati con- fini geografici e geopolitici in veri e propri distretti fondati sui valori, regole e riti che lo sport, da sempre, impone.

1 Tra le varie iniziative didattiche nell’anno accademico 2017-2018 di sul tema delle infrastrutture spor- un Corso di Master di II Livello in tive presso il Politecnico di Milano Progettazione Costruzione Gestione si ricordano: il corso di Formazione delle Infrastrutture Sportive che vede Permanente Gli stadi per il calcio. coinvolte le maggiori istituzioni di Progettazione, Costruzione, Gestio- governo sportivo (Sport e Salute Spa ne, Centro per la Formazione Per- già CONI Servizi Spa, Federazione manente del Politecnico di Milano, Italiana Giuoco Calcio, Istituto per il Lega Calcio, Intesa BCI, Milano, Credito Sportivo, Coni Lombardia, anno accademico 2000/2001 (diret- ). Sempre in un quadro tore del corso: Emilio Faroldi); il sinergico-attuativo di iniziative for- corso Progettazione Costruzione Ge- mative, il Politecnico di Milano per stione delle Infrastrutture Sportive, quattro anni ha presieduto all’even- attivo dall’anno accademico 2007- to Kickoff organizzato dalla FIGC, 2008 all’interno del corso di studi il tavolo multidisciplinare Stadi e di Laurea Magistrale in Architettura infrastrutture sportive contribuendo del Politecnico di Milano (docente alla disposizione di programmi di Prof. Emilio Faroldi); l’attivazione, sviluppo FIGC in materia. SAGGI

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PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA Architettura, ingegneria, design Davide Allegri

«Ero seduto su un parapetto, immerso fra gli al- beri. Vedevo già davanti a me i campi da gioco, le piscine, il futuro stadio. Riuscivo a sentire lo sparo di inizio gara, il rumore dell’acqua dopo i tuffi, il suono dei calci dati al pallone. Tirai fuo- ri il mio taccuino per tracciare uno schizzo di come sarebbe stato il nuovo stadio. A un certo punto qualcuno mi batté sulla spalla e mi disse con tono orgoglioso: “Lo sa? Qui verrà costru- ita una città!”. Ed esclamai con entusiasmo: “Certo! E che città… una città dello sport!”». Vasily Polikarpov, 1956

Per una teoria generazionale: evoluzione tecnologica, materiale e funzionale delle infrastrutture per il calcio

«[…] L’architettura perciò non può essere descritta solo in termini di concetti geometrici o semiologici. L’architettura deve essere compresa in termini di forme significative. La storia dell’architettura è storia di forme significative. Come tale essa partecipa della storia delle possibilità esistenziali […] si occupa di cose che vanno al di là delle necessità pratiche e dell’economia. Essa si occupa di significati esi- stenziali […] che derivano da fenomeni naturali, umani e spirituali»1. Sono parole di Norberg-Schulz a proposito del genius loci, concetto da lui magistralmente descritto. Partendo da questo assunto si può affermare, per traslato e senza timore di smentite, che lo stadio in quanto categoria morfo-tipologica (oggi meglio descritta dalla definizione di infrastruttura sportiva2), rappresenta una di quelle for- me significative di cui parla lo storico. La breve traccia evolutiva che introduce il presente saggio sotto forma di Teoria generazionale3 – una sorta di baukunst del “tipo stadio” – conferma l’incipit di Norberg-Schulz attraverso 26 Davide Allegri l’esplicitazione di alcuni suoi punti salienti: a) l’alto valo- re simbolico e iconico che gli spazi per lo sport in genere hanno sprigionato sin dall’antichità; b) la reiterazione di un modello spaziale e tipologico che, nel corso della storia, è rimasto, nelle sue componenti essenziali, sostanzialmente invariato e riconducibile in estrema ratio all’archetipo del recinto4; c) la forte connotazione identitaria della funzione sportiva e competitiva con le sue variegate connessioni e influenze, più o meno dirette, con aspetti politici e socio- culturali della società. La messa in luce di alcune invarianti all’interno dello sce- nario storico-costruttivo delle architetture per lo sport può aiutare a comprendere meglio i fenomeni oggi in atto. Da un punto di vista strettamente tipologico lo stadio moder- no si discosta assai poco dal Colosseo progettato duemila anni prima dai romani, espressione massima della cultura costruttiva di una civiltà. Gli elementi primigeni dell’ar- chitettura-stadio rimangono sostanzialmente gli stessi: le tribune gradonate, gli spazi dei sotto-tribune, il grande vuoto al centro dell’arena. Di contro quello che la “teoria evolutiva” evidenzia è un mutamento più immateriale connesso al modo in cui questo oggetto viene percepito dalla comunità attraverso le sue rinnovate valenze simboliche e funzionali e il suo rapporto con il paesaggio in senso più ampio. Gli elementi costitutivi – fisici, strutturali, lo scheletro dello stadio – permangono, mentre la pelle (gli involucri), il ventre (la pancia dello stadio che accoglie le funzioni) e gli aspet- ti immateriali (il messaggio, il simbolo) assumono nuovi significati. È quindi possibile ricostruire, a partire dalla fine dell’Ot- tocento, una successione generazionale delle infrastrutture sportive, nella quale sono rinvenibili alcune caratterizza- zioni di tipo costruttivo-tecnologico comuni ad ogni gene- razione. Sono tutti aspetti che si ritrovano, con differenti sfumature e canoni ovviamente aggiornati, anche nelle arene della contemporaneità alle quali si sono aggiunti, in tempi solo relativamente recenti, ulteriori caratteri che ne fanno di diritto i simboli di un superomismo architettonico oggi senza eguali nel panorama attuale della cultura archi- tettonica e ingegneristica. PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 27

Rispetto al concetto di tipo architettonico-stadio5 in anti- chità, in termini simbolici e astrattamente spaziali (arche- tipici), qui preme solo riprendere brevemente qualche con- siderazione che Norberg-Shultz fa a proposito del rapporto tra spazio, esistenza e paesaggio dell’uomo. «In termini di percezione spontanea, lo spazio dell’individuo è accentrato soggettivamente. L’evoluzione degli schemi non significa comunque che la nozione di centro sia stabilita soltanto come mezzo di organizzazione generale, ma che alcuni cen- tri sono esternati nell’ambiente come punti di riferimento»6. Possiamo applicare il concetto spaziale di centro come punto focale dello spazio-stadio archetipico della civiltà greca e di quella romana poi, fino ai giorni nostri: «Le no- zioni di prossimità, centralizzazione e chiusura cooperano quindi a formare un concetto esistenziale più concreto: quello di luogo, e i luoghi sono gli elementi primari dello spazio esistenziale»7. Fatta questa breve ma necessaria premessa, la successio- ne generazionale delle infrastrutture per il calcio prevede questa scansione temporale: I generazione (1880-1920)8, nascita del calcio moderno e di un sport (e di una sociolo- gia sportiva) di massa; II generazione (1920-1960/1970)9, le grandi arene come rappresentazione del potere; III ge- nerazione (1960/1970-1989)10, architetture di latta e ce- mento dal basso contenuto tecnologico; IV generazione (1992-2002)11, il new-deal degli stadi del post-Taylor Report12;V generazione (2002-2016): infrastrutture spor- tive e grandi eventi, affermazione dello stadio come ico- na identitaria su scala globale ad alto contenuto tecnolo- gico; VI generazione (dal 2018): design e tecnologia per stadi-parchi a tema e per eventi mass-mediatici virtuali. In generale, rispetto allo schema sopra esposto, va notato come, in sostanza e fino al 1989 – anno della tragedia di Hillsborough e della conseguente approvazione del Taylor Report con l’affermazione del noto “modello inglese”13 – gli stadi si riducevano, salvo rari casi, a grandi masse di cemento brutalista, recinti verticali implosi su se stessi, innesti urbani fuori-scala dalle sterminate superfici oriz- zontali di asfalto destinate a parcheggio, spazi di critica discontinuità e causa di degrado urbano e sociale, spesso teatro di vere e proprie guerriglie urbane. 28 Davide Allegri

Lo stadio costituiva quindi una entità chiusa14 sia dal pun- to di vista strettamente percettivo che da quello, ancor più importante, delle funzioni che vi trovavano collocazione15. È il 1989 l’anno decisivo per l’affermazione di un nuovo modello culturale, prima ancora che architettonico, inge- gneristico o urbanistico, di una nuova generazione di in- frastrutture sportive; anno in cui cadono i muri, quello di Berlino – fisicamente – mentre quelli degli stadi metafo- ricamente si sgretolano, si frammentano16, in definitiva si aprono alla città e a nuovi segmenti di utenti, si ibridano di nuove funzioni, forme, tecnologie e nuovi servizi per le comunità urbane. Tra il 1992 e il 200217 il paradigma della mixité funzionale investe anche questi edifici sostanziando così il modello dello “stadio-per-tutti” e dello “stadio-per-famiglie”. A prescindere da un oggettivo innalzamento dei livelli di sicurezza e fruibilità, sono ancora le discipline ingegneri- stiche “a dettare i ritmi”18 del progetto di impianti sportivi che denunciano una sostanziale assenza di ricerca estetica o implicazione simbolica di quel design accattivante che caratterizzerà le arene di ultima generazione. Nell’affermazione dell’infrastruttura sportiva – in- par ticolare quella per il calcio – a status di icona globale forniscono un contributo e una spinta decisivi i Grandi Eventi globali19, vere e proprie vetrine nelle quali mo- strare il potere socio-politico, economico e, soprattutto, la superiorità tecnologica delle Nazioni ospitanti, even- ti paragonabili, in questo senso, alle Grandi Esposizioni universali del Novecento. Parallelamente allo sviluppo generazionale delle infra- strutture per il calcio è possibile rinvenire alcuni caratteri che accumunano gli impianti concepiti per i Grandi Eventi, rispetto alla loro specifica collocazione geografica e alla cultura tecnologica e architettonica del Paese ospitante. Facendo un rapido excursus di alcuni di essi, i Campionati del Mondo di calcio di Corea del Sud e Giappone del 200220 sono caratterizzati dall’utilizzo di materiali tec- nologicamente evoluti – in particolare leggere membrane composite di derivazione tessile ad alte prestazioni (Teflon, EFTE, PTFE), applicate con sistemi modulari facilmente intercambiabili e riciclabili – e da forme direttamente in- PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 29 fluenzate dalla tradizione costruttiva da un lato e dalle ri- cerche sperimentali della corrente metabolism21 degli anni Settanta dall’altro, oltre che da una progettazione consape- vole ai temi dell’inserimento di questi mega-manufatti nel paesaggio nippo-coreano. I Campionati Europei di calcio di Portogallo 200422 sono invece connotati dall’utilizzo, seppur in chiave contem- poranea, di materiali e tecniche costruttive tradizionali e riferite alla cultura materiale del luogo come ad esempio rivestimenti in pietra, ceramiche colorate (le tipiche azu- lejos) o strutture “povere” in calcestruzzo gettato in opera comunque integrate sapientemente nella delicata morfo- logia del territorio portoghese. È chiaro il rimando a una certa tradizione costruttiva di tipo regionalista a cui l’ar- chitettura portoghese, anche attraverso l’opera prolifica di alcuni maestri contemporanei, attinge di continuo23. I Campionati del Mondo di calcio di Germania 200624 sono invece simbolo della svolta “eco-tecnologica” in tema di grandi impianti per il calcio. Se nell’esperienza portoghese la compatibilità ambientale è maggiormente declinata nel rapporto materiali-morfolo- gia-paesaggio, in quella tedesca l’accento viene posto per la prima volta in modo estensivo (come paradigma-guida dell’organizzazione dell’evento e della sua comunicazio- ne) sul tema di una gestione ambientalmente sostenibile degli edifici, attraverso la produzione di energia da fonti rinnovabili, il recupero delle acque piovane (che diverrà paradigma tecnologico e progettuale consolidato nelle grandi strutture in genere) e il riuso-riciclo dei materiali. Obbiettivo facilitato dalla sensibilità culturale e politico- sociale verso il tema della sostenibilità energetica e am- bientale della Germania di quegli anni. Sulla falsa riga si pone l’esperienza infrastrutturale dei Campionati Europei di Svizzera e Austria 2008, in con- tinuità con un approccio spinto di matrice “tecno-ecolo- gista”: gli impianti, di più ridotte dimensioni, presentano comunque un’alta concentrazione tecnologica in termini di soluzioni di dettaglio raffinate, un utilizzo estensivo di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili e di materiali tradizionali e a basso impatto ambientale quali il legno. 30 Davide Allegri

L’approccio svizzero si fonda poi sul modello tipologico- funzionale dello stadio-urbano (o stadio-quartiere). I Campionati del Mondo di Sud Africa 2010 offrono in- vece un panorama differente, meno coerente dal punto di vista degli obbiettivi programmatici, specchio anche di un contesto culturale e politico sicuramente di più difficile gestione. Gli impianti sudafricani oscillano tra velleità iper-tecnologiche che caratterizzano i nuovi impianti e soluzioni più “povere” e tradizionali, che prevedono la semplice messa a norma dal punto di vista della sicurezza e della capienza di stadi già esistenti o, al limite, un re- styling di facciata in grado di rendere mediaticamente ac- cattivanti le strutture. Discorso per certi versi analogo può essere fatto per i Campionati del Mondo di Brasile 2014: entrambi questi eventi sono accumunati da una bigness25 auto-celebrativa che ha comportato la realizzazione di mega-impianti poi difficilmente gestibili e sfruttabili nel- la fase post-evento26. Diverso il discorso per i Campionati del Mondo di Russia 2018 e per quelli futuribili di Qatar 2022, i cui impianti (nella teoria evolutiva considerati di VI generazione), sono concepiti alla stregua di icone me- diatiche, simboli di nuovi equilibri e poteri geo-politici ed economici prima ancora che tecnologici, non necessa- riamente direttamente connessi a un consolidato contesto sportivo di riferimento. Rappresentano per certi versi il rischio che l’auto-celebra- zione e l’esaltazione iper-tecnologica conducano, da un lato, alla deriva di un “effetto DisneyWorld” (simbolo per di un non-luoghismo alla Augé e di una archi- tettura prêt-à-porter) e, dall’altro, all’effetto “tabula-rasa” che, nel caso dell’evento in Qatar, ha portato alla creazione in area desertica, in una sorta di duplicazione dell’“effetto- Dubai”, di una città di nuova fondazione: Stadium-City27. Entrambi questi modelli28 contrastano con quel concetto di infrastruttura sportiva e di stadio in quanto luoghi radi- cati al contesto di riferimento, concetto che si è tra l’altro reiterato lungo l’intera evoluzione generazionale e che, a maggior ragione oggi, diviene di fondamentale importan- za affinché questi edifici costituiscano a tutti gli effetti dei brani di città integrati. PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 31

Infrastrutture sportive di V e VI generazione: paradigmi tecnologici e nuovi modelli

Analizzando dal punto di vista dell’architettura, dell’inge- gneria e del design e più in generale dell’innovazione tec- nologica29, le infrastrutture sportive di ultima generazione, si possono estrapolare alcuni modelli che si rifanno sostan- zialmente a due trend evolutivi: da un lato, quello legato ai grandi eventi e a una sorta di “corsa all’oro” allo stadio più innovativo; dall’altro, quello caratterizzato dall’evi- dente scarto di qualità architettonica che si esprime in una nuova e senza precedenti immanenza estetica. Architettura e tecnologia si fondono per definire nuovi canoni estetico- esperienziali che dialogano, secondo rinnovate relazioni e alle diverse scale del progetto, con il paesaggio nella sua accezione olistica30 che contempla i concetti di ambiente, territorio e identità delle comunità che lo abitano31. Non è più sufficiente il mero apporto ingegneristico o quello funzionale (inteso come una multi-funzionalità spinta che plasma nuove cattedrali laiche del consumo)32, le infra- strutture di ultima generazione acquistano nuovi livelli di identità alla scala globale attraverso complesse e persua- sive morfologie. Le arene della contemporaneità sono il risultato di una nuova visione degli spazi e della loro fruibilità, per la qua- le gli spazi per lo sport, il benessere e il tempo libero as- surgono a nuovi paradigmi della società. Come gli edifici espositivi negli anni Ottanta e Novanta, quando ogni città doveva avere un proprio museo come simbolo culturale e identitario (aldilà della relativa im- portanza dei materiali da esporre), contenitori dall’alto contenuto estetico (monumenti culturali) che ha finito con il travalicare il significato del contenuto, oggi spesso gli stadi assurgono a monumenti sportivi, dalla potente e abbagliante immagine, contenitori dalla luccicante tecno- logia anch’essi teatro spesso di spettacoli vuoti e di rela- tiva significanza33.Tecnologie e materiali innovativi, una rinnovata sensibilità per gli aspetti ecologico-ambientali che investono profondi ragionamenti sul ciclo di vita e di utilizzo degli edifici; morfologie architettoniche pseudo- organiche che dialogano con il paesaggio circostante in- 32 Davide Allegri serendosi come elementi di ri-organizzazione territoriale e non come elementi di critica discontinuità; oggetti-design alla macro scala le cui “pelli” divengono elementi ottici ed estetici sensibili dal mutevole aspetto e la cui percezione (fisica e sensoriale) si estende ben al di là rispetto alla ma- terialità fisica e alla scala del manufatto; nuovi complessi rapporti con il pubblico (l’utente non più o comunque non solo tifoso), attratto da un “simbolismo onirico” del quale gli stadi sono oggi più che mai ideale incarnazione. Dall’inizio del nuovo millennio è un gran proliferare di arene in tutto il globo che si stagliano come simboli da esporre con orgoglio nazionale; tutto quello che negli impianti fino alla III generazione era da nascondere o demolire – catini di cemento scrostato tatuati da graffi- ti e circondati da spiagge di asfalto e cemento di par- cheggi quasi sempre vuoti – ora è da mostrare. Le gran- di firme dello star-system architettonico e del design e i maggiori studi di ingegneria del mondo fanno a gara per aggiudicarsi la progettazione di nuove arene in quanto l’esposizione mediatica è in questi casi senza eguali e la gloria e il prestigio di chi costruisce questi memorabili edifici sarà perpetuata da altrettanto memorabili imprese sportive34. Le infrastrutture sportive nella loro accezione contemporanea sono oggetti complessi per definizione, così come sono complesse le tecnologie che ne veicolano tutto il processo (ex-ante) dall’ideazione, alla program- mazione, progettazione, costruzione investendo tutte le scale di intervento, e successivamente (ex-post) fino alla gestione, durante l’intero ciclo di vita dell’edificio fino alla sua dismissione e/o riconversione. Luoghi privile- giati di sperimentazione ingegneristica e tecnica35, oggi più che mai questi macro-edifici sono ambiti naturali di sublimazione e distillazione di innovazione e trasferi- mento tecnologici36.

Paradigma/01: integrazione nel paesaggio naturale. Progetti nei quali l’infrastruttura sportiva si relaziona con il contesto attraverso operazioni di anamnesi37 sfruttando la conformazione dell’invaso del catino da un lato e le tecnologie legate all’interfaccia natura-artificio dall’altro (ad esempio nelle superfici verticali). Approcci evidenti PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 33 nell’Estadio Chivas di Gualajara (VFO, Studio Massaud Pouzet, 2010), nel progetto del Rock Stadium a Dubai (MZ Architects, 2017) o nelle meno recenti realizza- zioni dell’Estadio Ciudad de La Plata (Roberto Ferreira Arquitectos & Asociados, 2003) e del Zentralstadion di Lipsia (Wirth & Wirth Architekten, 2006). Progetto- simbolo di questo approccio è senza dubbio il nuovo stadio di Braga (Eduardo Souto de Moura, 2004) per il quale il progettista portoghese propone un nuovo modello tipologico di impianto scavato nella roccia con due sole tribune (eliminando in sostanza le due “curve”), a favore di un inserimento paesaggistico di straordinaria forza e suggestione. All’interno di questo paradigma è interes- sante notare, in esperienze recentissime, un’ulteriore sfu- matura che richiama ancora più direttamente l’approccio Landscape Urbanism che tende a una diretta integrazione tra l’infrastrutturazione verde dello spazio pubblico ur- bano e l’edificio-stadio, ad esempio nel progetto per la riconversione dell’Hongkou Stadium a Shanghai (Sasaki Associates, 2019) o per il nuovo stadio del baseball di Oakland (BIG, Gensler e Field Operations, 2019)38, nei quali è evidente il tentativo di ibridare l’edificio-stadio non solo attraverso mere operazioni di “maquillage ver- dolatrico” ma con sostanziali sovrapposizioni tra elemen- ti naturali e artificiali, definendo complesse zone di inter- faccia, punti ad alta densità e condensazione tecnologica. Più in generale in questo paradigma è rilevabile chiara- mente quella “apertura” dell’infrastruttura sportiva verso il contesto – urbano/peri-urbano o naturale che sia – nel tentativo di instaurare un dialogo non solo percettivo ma concretamente fisico; approccio percepibile ad esempio nella sfaldatura delle sezioni delle tribune in piani oriz- zontali che diventano ampie terrazze e rue interiors aperte sul paesaggio circostante (piani che frammentano la tradi- zionale immagine di compattezza e chiusura verticali dei “muri” di cemento delle tribune di canettiana memoria) come ad esempio nei progetti per il nuovo stadio olimpi- co di Tokyo (Kengo Kuma, 2015-2019) – dove generose solette a sbalzo accolgono veri e propri viali urbani ricchi di fiorente vegetazione – o in quello per il nuovo di Barcellona. 34 Davide Allegri

Paradigma/02: integrazione nel paesaggio urbano e pe- ri-urbano. Questo paradigma progettuale è diretta espres- sione della nuova concezione di stadio sia come nodo di connessione e interscambio infrastrutturale e logistico sia come elemento di riordino, rigenerazione e riqualificazione alla scala urbana e peri-urbana39. Dal punto di vista pro- gettuale si espleta attraverso il modello della piastra ibrida poli-funzionale; un complesso elemento architettonico e funzionale di interfaccia e di raccordo tra sistemi urbani e peri-urbani del verde e della viabilità pubblici e le nuove funzioni dell’edificio-stadio. Diversi sono gli esempi di im- pianti di ultima generazione che adottano questo modello nel quale è ancora evidente, come nel primo paradigma ma alla scala del comparto urbano, il tema dell’ibridazione na- tura/artificio: come l’ di Monaco di Baviera (Herzog&De Meuron, 2006) che prevede un parcheggio a multi-livelli/parco pubblico che si sviluppa linearmente in relazione ai percorsi di accesso allo stadio; o, in anni più recenti, il progetto per l’Estadio Mineirao (BCMF Arquitectos, 2013), dove l’opera di riqualificazione in vista dei Mondiali brasiliani del 2014 ha lasciato intatta la po- derosa struttura brutalista in cemento armato dell’impianto originario agendo sullo spazio di interfaccia tra la città e lo stadio generando una grande piazza urbana che si sviluppa su più livelli con diverse funzioni, riorganizzando così un ampio comparto della città sudamericana. Altri esempi sono lo stadio Moses Mabhida a Durban (GMP Architeckten, SBP Architect, 2014) e il Nagyerdei Stadion a Debrecen (BORD Építész Stúdió, 2014). In quest’ultimo è chiaro l’obbiettivo di definire nuovi parametri di integrazione am- bientale e di qualità dello spazio pubblico attraverso una connessione senza soluzione di continuità tra l’accessibilità dolce attuata con percorsi ciclo-pedonali in quota, il parco e gli orti urbani nei quale è immerso lo stadio.

Paradigma/03: involucri tecnologicamente evoluti e po- rosi. Questo paradigma progettuale contempla una conce- zione di stadio-aperto, in antitesi alla versione chiusa pre 1989, già di per sé consolidata a partire dalla IV genera- zione, a cui si è poi aggiunto il dato estetico, simbolico e identitario che costituisce il vero scarto generazionale PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 35 che caratterizza gli stadi degli ultimi tre lustri. Tecnologie innovative di ultimissima concezione e ingegnerie hard unite alle firme di grandi studi di architettura di fama in- ternazionale hanno trasformato gli edifici per lo sport da indifferenziati e anonimi contenitori di cemento e ferro in oggetti ad alta sofisticazione morfo-tipologica e attrattivi- tà, da un lato, e dallo straordinario potenziale mediatico- comunicativo, dall’altro. Questo tema è declinabile a sua volta in quattro modelli. a) metafora identitaria e simbolica: in questo modello le tecnologie per l’involucro e la copertura diventano veico- lo comunicativo di temi inerenti l’identità e le tradizioni, in sostanza del paesaggio culturale e materiale, di un ter- ritorio. È il caso ad esempio del Soccer City Stadium di Johannesburg (Boogertman Urban Edge and Partners in partnership con Populous, 2014) nel quale la forma del- la nuova copertura dello stadio e la facciata in migliaia di pannelli in cemento fibro-rinforzato (GRC) prodotti in otto diversi colori (con cromatismi che rimandano alle to- nalità calde delle terre d’Africa), e due trame che com- pongono la facciata esterna che rimane comunque poro- sa e permeabile alla luce, si ispira al calabash, simbolo della vita rurale africana. Oppure è il caso della Energa Arena di Gdansk (Rhode-Kellermann-Wawrowsky, 2011), ricoperta da 18.000 moduli di policarbonato in sei va- rietà di colori che riecheggiano le sfumature dell’ambra simbolo della ricchezza di cui Danzica è capitale mon- diale. O ancora nell’Arena de Amazonia a Manaus (GMP Architekten, 2013) dove la complessa ingegnerizzazione della struttura in travi scatolari di acciaio tridimensiona- li è ispirata alla foresta amazzonica che circonda la città di Manaus e rimanda all’intreccio della tradizionale cesta di produzione indigena. Nell’Hazza Bin Zayed Stadium di Al-Ain (Pattern Design Ltd, Schlaich Bergermann und Partner, 2014) dove il complesso sistema di “tende” orien- tabili in base al sole rimanda, nelle sue geometrie frattali, a quelle delle cortecce dei tronchi di palma40; o nell’Al Bayt Stadium ad Al Khor (Maffeis Engineering, COX Architects, Perkins + Will, 2015-2018)41, dichiaratamente ispirato alla Bayt Al Sha’ar, con la pelle in PTFE di ul- tima concezione che richiama direttamene l’immaginario 36 Davide Allegri figurativo della tipica tenda tradizionalmente usata dalla popolazione nomade nel territorio del Qatar, metafora del messaggio di ospitalità e di società aperta ed “evoluta” che il governo qatariota vuole trasmettere al mondo sfruttando il grande evento dei Campionati del Mondo di calcio del 2022. Il design è definito come interamente Qatari con- cept, ovvero contenente il riflesso della cultura e dell’or- goglio storico del Qatar; l’Al Thumama Stadium, dove il design dello stadio è ispirato al gahfiya, un cappello tra- dizionale intrecciato indossato per secoli dagli uomini in molti paesi arabi. L’intricato disegno della “pelle” dell’Al Thumama Stadium rappresenta un ideale filo rosso tra il passato e il futuro non solo del Qatar ma dell’intero mondo arabo. Tutti esempi di infrastrutture sportive di ultimissima generazione dove le tecnologie (di prodotto e di processo) applicate agli involucri svolgono una duplice funzione: in primo luogo definire nuove icone globali dal “design unico” e dall’estetica accattivante attraverso l’adozione di soluzioni di raffinata complessità per facciate che sempre più si discostano dal modello “muro di cemento” che ha caratterizzato gli impianti fino alla IV generazione; in se- conda istanza, i nuovi impianti vengono utilizzati – specie in paesi che hanno la necessità di trasmettere su scala glo- bale un’immagine politico-sociale positiva (quale miglior strumento se non lo sport e le sue architetture?) – come simboli identitari, espressione di quel “paesaggio cultura- le”42 di un territorio, di una comunità e delle sue tradizioni, della sua, appunto, cultura, sia materiale che immateriale. b) Metafora verdolatrica e naturalistica: questo modello si rifà alle ultime tendenze di un certo paesaggismo e ca- mouflage43 di facciata, nel quale il design del verde e le tecnologie più aggiornate di connessione tra elementi ar- tificiali/strutturali e quelli naturali di finitura, trovano una loro riuscita convergenza in alcune esperienze progettuali nel campo delle infrastrutture sportive. Tra gli ormai di- versi esempi si ricordano qui il Bamboo Stadium (GMP Architekten, 2009-2011, che rappresenta un rimando iden- titario al tipico paesaggio di paludi e bamboo di Shenzhen), e lo stadio Manè Garrincha a Brasilia (in entrambi i casi il grande peristilio esterno crea una metaforica e astratta fo- resta di pilastri, colorati nel primo caso, di cemento grez- PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 37 zo nel secondo); i grandi petali dello Sport Park Stadium a Hangzohou (NBBJ, CCDI, 2013); la Timsah Arena a Bursa (Sözüneri Mimarlık, 2016) con il verdastro rivesti- mento in PTFE a forma di coccodrillo44. c) porosità e trasparenza: questi modelli utilizzano nuo- vi materiali compositi ad elevate prestazioni (energetiche, termiche, acustiche e illuminotecniche), pelli sensibili e modulabili che sotto l’azione dinamica di avanzate tecno- logie a LED diventano multiformi e interattivi mega-scher- mi, landmark a scala urbana, superficie porose, traslucide o trasparenti, che trasformano questi edifici in oggetti di design dalla elevata sofisticazione, raffinatezza e - quali tà percettiva. Materiali quali PTFE, EFTE, Teflon e altri polimeri complessi – eredi delle sperimentazioni di Frei Otto – trovano ideale applicazione nei grandi courtain- wall delle arene. Gli esempi sono ormai moltissimi45: tra i più interessanti citiamo l’ a Dublino (Populous and Scott Tallon Walker Architects, 2010) e il recentissimo Stade Jean Bouin a Parigi (Rudy Ricciotti, 2018). L’impianto irlandese è il primo progetto di stadio al mondo ad essere stato concepito e gestito – dall’inizio alla fine del processo – con tecnologie software di tipo pa- rametrico (BIM), e in particolare la morfologia dell’invo- lucro (in vetro le facciate e in policarbonato la copertura) è stata studiata parametricamente basandosi su una matrice complessa di input di dati derivanti dalla geometria dei pannelli e del loro sistema strutturale, dall’esposizione e dalla reazione ai dati climatici e dalla forma complessiva dell’arena in relazione al suo impatto rispetto al paesag- gio urbano. Lo stadio parigino di Ricciotti porta invece alle estreme conseguenze i concetti di porosità e di design di facciata, utilizzando pannelli prefabbricati – disegnati e prodotti uno ad uno con tecnologie al laser – in cemento fibro-rinforzato (super-GRC) di ultima concezione. d) Nuove pelli per la valorizzazione di stadi-icone: le tec- nologie per involucri ad alte prestazioni e ad alto contenu- to estetico-simbolico vengono utilizzate negli ultimi anni anche per riqualificare e valorizzare infrastrutture sportive che, in quanto icone e simboli identitari storicamente con- solidati, non possono essere abbandonati. Sono perlopiù impianti di II o III generazione, grandi masse dal linguaggio 38 Davide Allegri architettonico indistintamente brutalista che stanno suben- do ngli ultimi anni processi di ri-attualizzazione semantica attraverso accattivanti operazioni di design e di implemen- tazione della dotazione di servizi (al tifoso-cliente e alla cit- tà). È il caso degli stadi spagnoli del Bernabeu di Madrid (GMP Architekten, L35 Arquitectos, Ribas&Ribas, 2018) che prevede una nuova pelle in acciaio e titanio e una nuo- va copertura che si ispira, per la movimentazione, al vela- rium del Colosseo, e di quello del Camp Nou di Barcellona (Nikken Sekkei, Joan Pascual i Ramon Ausió Arquitectes, 2018), progetto che prevede una disgregazione della massa di cemento originaria attraverso una serie di “balconate ver- di”. Anche l’Amsterdam Arena (ora Johann Cruijff Arena), metafora per eccellenza di stadio come “macchina funzio- nale” urbana in stile Archigram, ha subito recentemente un’opera di restyling degli involucri e degli spazi a suppor- to nel tentativo di implementare la qualità estetica del suo design complessivo e di inserire nuove attività46 così come lo stadio-ferraglia di III generazione – lo Stanford Bridge di Londra – è in fase di profondo ripensamento a partire dall’inserimento di un nuovo “diaframma identitario” che gli architetti svizzeri Herzog&de Meuron hanno pensato nei tradizionali red-brick dei caratteristici quartieri (e stadi) in- glesi di fine Ottocento (Herzog&de Meuron, 2018). Anche l’impianto-icona per eccellenza del calcio sudamericano, la Bombonera di Buones Aires, recentemente è stata oggetto di ripensamenti in un’ottica di riqualificazione dell’intero quartiere su cui gravita lo stadio del Boca Juniors, anche in questo caso definendo un nuovo diaframma con la dupli- ce funzione di aumentarne l’appeal mediatico e di ottenere nuovi spazi di relazione tra interno ed esterno.

Paradigma/04: sostenibilità. I progetti di ultima gene- razione interpretano questo paradigma fondamentalmente secondo due modelli: il primo (in sostanza a partire dalla V generazione di impianti) che sfrutta l’ampia disponibi- lità di superficie a disposizione e che concepisce questi edifici come grandi hub energetici; anche in questo caso agiscono tecnologie innovative per l’applicazione in fac- ciata e in copertura di sistemi integrati per la produzione di energie da fonti rinnovabili. Sono esempi di questo mo- PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 39 dello lo Stade de Suisse a Berna (Lusche, Schwaar und Rebmann, 2005), lo Stadio Nazionale a Kaohsiung (Toyo Ito, 2009) e l’Adalia Arena ad Antalya (AZ Aksu, 2015). Il secondo modello è maggiormente riconducibile a un certo ambientalismo che fa largo uso di materiali tradi- zionali ed eco-compatibili rivistati in chiave contempo- ranea e secondo sistemi costruttivi innovativi, come nel caso dell’Eco Park Stadium a Forest Green (Zaha Hadid & Partners, 2018), primo impianto al mondo totalmen- te in legno al quale è stato affiancato il centro sportivo Ecotricity (anch’esso integralmente in legno), una sorta di cittadella dello sport che, attorno allo stadio, vedrà sor- gere impianti, uffici e servizi per la comunità. In generale, si è assistito negli ultimissimi anni a un «risveglio ecolo- gista nell’architettura per lo sport»47, sanando una cesura – per certi versi paradossale – tra la cultura salutistico- sportiva di chi frequenta questi luoghi e la quasi totale mancanza di accorgimenti ambientali per queste macchi- ne di cemento fonte di produzione di enormi quantità di rifiuti48. Il tema della sostenibilità è paradigma progettua- le quindi non solo rispetto alla configurazione morfologi- ca dello stadio (visto nel rapporto paesaggio-entità fisica/ culturale) ma anche rispetto a questioni più “immateriali” che investono la gestione di questi manufatti.

Paradigma/05: resilienza. Il tema della resilienza, consi- derato in relazione alle ripercussioni sociali, economiche e ambientali che derivano da queste macro-architetture, diventa oggi di importanza strategica49. Storicamente poco resilienti – per conformazione, struttura, funzione – i pro- getti di ultima generazione tentano al contrario di proporre modelli in grado di contemplarne un certo grado, intesa come capacità di adattamento e trasformazione rispetto a molteplici variabili e agenti esogeni/endogeni50. Alcuni esempi recenti di queste riflessioni sono il piano su vasta scala denominato Casa Futebol, che fa parte di un proget- to più ampio denominato 1 Week 1 Project, (De Stampa e Macaux, 2015), che prevede moduli prefabbricati del- la superficie di circa 105 mq ciascuno da inserire nelle strutture già esistenti dei dodici impianti sportivi utilizzati per i Mondiali brasiliani del 2014 (inserimento di livelli 40 Davide Allegri di resilienza ex-post). Un caso ex-ante può essere invece rappresentato dal nuovo impianto “temporaneo” Ras Abu Aboud a Doha (Fenwick Iribarren Architects, 2018-2020), progettato per i Mondiali di Qatar 2022 è concepito per es- sere, al termine della competizione, integralmente smon- tato e ri-assemblato altrove; anche la scelta di utilizzare vecchi container per il trasporto navale rientra nel generale ragionamento sulla riciclabilità e la rinnovabilità dell’edi- ficio a fine ciclo-vita.

Paradigma/06: la macchina totale. Il paradigma dello stadio come macchina-totale – che riecheggia le prefi- gurazioni degli Archigram – si sta affermando in tempi recentissimi in termini sia teoretici sia di concreta fatti- bilità. Ancora una volta l’infrastruttura sportiva diventa oggetto privilegiato di dibattito su nuove funzioni e in- novative modalità di fruizione degli spazi della contem- poraneità da un lato e, dall’altro, luogo in cui sublimare tutte le più avanzate tecnologie oggi presenti nel settore delle costruzioni e derivanti da altri settori attraverso il già citato trasferimento tecnologico. Su questo fronte è interessante la ricerca The Stadium of Tomorrow che lo studio di ingegneria e architettura Populous ha sviluppato in collaborazione con National Geographic: un’esplora- zione su come sarà o dovrà essere lo stadio del futuro e in che termini la tecnologia trasformerà l’esperienza51 dello spettatore. Secondo gli autori lo stadio sarà «altamente connesso e versatile, un eco-quartiere autosufficiente, un ecosistema multi-funzionale e multi-esperienziale con una pletora di opportunità sportive e ricreative che vanno dagli sport tradizionali come l’atletica e il calcio a sport non tipici (vela, surf ed e-sport). La visione dello stadio di domani è un luogo dove le persone vivono, lavorano e giocano»52. Un paradigma dove le sezioni dell’edificio acquisiscono nuove valenze e ulteriore complessità tec- nologica, da quelle del campo e della copertura, agli in- volucri, con elevatissimi livelli di interattività, flessibilità, adattabilità e resilienza53. «L’esperienza visiva all’interno di un ambiente dello stadio non è cambiata radicalmente da quando Vespasiano ordinò la costruzione del Colosseo quasi duemila anni fa. Le tecnologie dell’informazione PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 41 stanno letteralmente cambiando il punto di vista dello spettatore e offrono l’opportunità di creare una nuova vi- sione sia per l’esperienza di guardare e giocare sport ma anche per il ruolo che uno stadio può svolgere come im- portante influencer urbano»54. Il nuovo stadio del Tottenham Hotspurs a Londra (Populous, 2018) in via di ultimazione, rappresenta forse la prima concreta materializzazione dello “stadio del fu- turo”: un impianto dalla straordinaria complessità tecno- logica nel quale molte delle innovazioni sopra accennate trovano reale applicazione; seppure già diventato una ico- na mediatica globale rimane comunque uno stadio “ur- bano”, dal forte carattere identitario ed espressione di un club storico, di uno sport, di un quartiere, di una comunità e di una città intera.

Postilla. I quattro stadi-paesaggio di Herzog & de Meuron

Si è accennato al rinnovato rapporto, all’interno dei pa- radigmi progettuali degli stadi di ultima generazione, tra infrastrutture sportive e paesaggio, inteso non solo come rapporto fisico e percettivo ma anche in termini di iden- tità culturale e di immanenza simbolica e iconica. Alcuni progetti degli svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron se considerati insieme rappresentano un quadro di inte- ressanti esperienze di stadi-paesaggio. I progetti sono quelli dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera (2005), dello di Pechino (2008), dello stadio Matmut-Atlantique di Bordeaux (2015) e del progetto per la riqualificazione dello Stanford Bridge a Londra (2018). In questi progetti sono rinvenibili caratteri comu- ni quali: a) il rapporto con il paesaggio fisico – urbano, peri-urbano, naturale mediato da interfacce evolute tra natura/artificio (ad esempio nell’Allianz Arena questo avviene con la piastra ibrida di connessione infrastrut- turale e del verde pubblico, nell’impianto di Bordeaux attraverso la “foresta” di esili pilastri bianchi); l’utilizzo di involucri tecnologicamente avanzati, porosi, trasluci- di permeabili e modulabili con la luce LED (i “cuscini pneumatici” di EFTE nello stadio tedesco, la complessa 42 Davide Allegri trama di travi scatolari nel Bignest di Pechino o la nuova struttura gotica nel progetto londinese); c) il riferimento al paesaggio culturale e identitario (l’architettura spon- tanea delle case a schiera che costeggiano lo Stanford Bridge o i riferimenti all’arte contemporanea cinese dello Stadio Olimpico di Pechino). In conclusione: stiamo assistendo in tempi recenti, dopo la renaissance dei primi anni Duemila, a un ulteriore me- tamorfosi che investe la cultura progettuale e tecnologica delle infrastrutture per lo sport, che le colloca di diritto tra i “nuovi paesaggi della contemporaneità”, ideali e in- novative incarnazioni dei più aggiornati trend evolutivi della società contemporanea.

La citazione è di Vasily Polikarpov, colare il saggio Nardi G., Campioli uno degli architetti responsabili A., Mangiarotti A., 1994, a cura di, della costruzione dello stadio Luzh- Gli elementi costitutivi del proget- niki nel 1956, nel suo libro Cetral- to: genealogia degli archetipi del nyi Stadium. costruire, Frammenti di coscienza 1 Norberg-Shulz C., 1974, Il si- tecnica. Tecniche esecutive e cul- gnificato nell’architettura occiden- tura del costruire, FrancoAngeli, tale, Electa, Milano, p. 5. Milano, pp. 13-28. Si veda anche 2 Faroldi E., Allegri D., Chierici Guastamacchia I., 1992, «L’arche- P., Vettori M.P., 2007, Progettare tipo junghiano e l’architettura», in uno stadio. Architetture e tecnolo- Bertoldini M., Zapelli M. (a cura gie per la costruzione e gestione del di), Atti tecnici e cultura materiale, territorio, Maggioli, Santarcangelo Città Studi, Milano, pp. 27-44. di Romagna. 6 Norberg-Shulz, op. cit., p.32. 3 La “Teoria” indaga i diversi 7 Ibidem, p. 32. punti di tangenza tra lo sviluppo 8 Nasce in area anglosassone la storico-generazionale delle infra- versione moderna del calcio e con- strutture sportive dal 1880 ad oggi testualmente quella dello stadio, in- e i suoi punti di tangenza con quel- teso come luogo deputato a svolgere lo storico-architettonico e tecnolo- un gioco con regole pre-determinate gico, ponendo in evidenza come il e condivise. Lo stadio si configura tema sia poco o punto analizzato come una architettura spontanea nella manualistica di settore. (si veda Rudowsky B., 1964, Ar- 4 Jung C.G., 1964, L’uomo e i suoi chitecture without Architects. A simboli (Man and His Symbols, con Short Introduction to Non-Pedigree J.L. Henderson, M.L. von Franz, A. Architecture, MoMA Press Rele- Jaffé, e J. Jacobi), a cura di J. Free- ase, New York, (trad. it., 1979, Le man, Casini, Roma, 1967. meraviglie dell’architettura sponta- 5 Sul concetto di archetipo tecno- nea, Laterza, . Edizione inglese logico in architettura si vedano le originale in MoMA Press Release, riflessioni di Guido Nardi. In parti- New York) e un iconema (si veda PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 43

Jodice M., Turri E., 2001, Gli ico- stimenti che per strutture di copertu- nemi: storia e memoria del paesag- ra reticolari – a basso costo che fa gio, Electa, Milano) urbano senza riferimento da un lato alla cheap- soluzione di continuità con il tessu- architecture e dall’altro alle ricerche to circostante; forte identità sociale di Fuller e Frei Otto che vedranno di prossimità locale, tecnologie e una loro sublimazione nello stadio materiali poveri e di recupero da di Monaco di Baviera; 2) gli stadi cantiere; per le tribune legno e ghisa new-brutalism, (Team X), con un (nei pochi e privilegiati casi) o ter- utilizzo massivo del cemento armato rapieni, coperture quasi del tutto as- a vista i cui progetti più rappresenta- senti. Su questa generazione di stadi tivi sono lo stadio Parco dei Principi si vedano: Dietschy P., 2010, Storia di Parigi (1972) e lo stadio Olimpico del calcio, Paginauno, Monza; Lan- di Montreal (1976), entrambi pro- franchi P., 1992, a cura di, Il calcio gettati dall’architetto Roger Tailli- e il suo pubblico, Edizioni Scienti- bert. All’interno di questi due filoni fiche Italiane, Napoli; Hobsbawn esiste un fil-rouge che connette que- E.J., 1975, Il trionfo della borghesia sti mega-progetti sperimentali di in- 1848-1975, Laterza, Bari. frastrutture sportive con le proposte 9 Gli stadi del potere e della pro- di mega-strutture complesse urbane paganda politica sono declinati sviluppate, negli anni Sessanta e secondo tre principali modelli: Settanta, da gruppi di avanguardia quello tedesco-nazista con poche e culturale come Archigram e Team X grandi strutture concentrate a Ber- (Regno Unito), Metabolisti (Giap- lino e Norimberga; quello italiano- pone), Superstudio (Italia). fascista con la infrastrutturazione 11 In questa fase generazionale capillare del territorio attraverso il il paradigma è: “stadio per tutti” e modello di piccole e medie dimen- funzionante tutti i giorni dell’anno. sioni dello “stadio littorio” poli- Per raggiungere questo obbiettivo funzionale (gli sport “nazionali” di il parametro della sicurezza diventa regime: velodromo per ciclismo, – e lo è tutt’ora – di primaria im- stadio per il calcio, pista di atleti- portanza. Dal punto di vista della ca e, in diversi casi, anche pale- ricerca più avanzata della cultura stra per ginnastica, scherma, lotta architettonica in tema di impianti greco-romana e piscina per nuoto e sportivi sono da segnalare, oltre al tuffi); quello del blocco-est con la progetto dell’Amsterdam Arena ora proliferazione di numerosi impianti Johan Cruijff Arena, quello per lo di grande dimensione con pista di a Parigi (Aymeric atletica. Su questa generazione di Zublena, 1998), il progetto per il stadi si vedano: Bolz D., 2008, Les nuovo Euroborg Stadium a Gronin- arènes totalitaires: Hitler, Mussoli- gen (Wiel Arets Architects, 2006), ni et les jeux du stade, CNRS Edito- i progetti di concorso per la nuova re, Paris; De Finetti G., 1933, Stadi. Saitama Super Arena a Saitama Esempi, Tendenze, Progetti, Hoe- (1994) e quello per il nuovo Stadio pli, Milano; Scarrocchia S., 2013, Olimpico di Stoccolma (1996), en- Albert Speer e Marcello Piacentini, trambi di OMA. Skira, Milano. 12 Contrariamente a quanto si po- 10 Si possono evidenziare sostan- trebbe pensare la stragrande mag- zialmente due tendenze: 1) stadi gioranza delle “vittime da stadio” in cui è preponderante l’utilizzo di sono state storicamente provocate carpenteria metallica – sia per rive- da carenze infrastrutturali e da in- 44 Davide Allegri capacità di gestione della sicurezza 15 Tali attività si riducevano in so- in eventi critici (uscite, movimen- stanza a quella meramente sportiva tazione delle masse, ecc.). Il feno- svolta con cadenza rituale bimestra- meno della violenza negli stadi, e le e la cui sfera di coinvolgimento e dell’hooliganismo in particolare, interesse era limitata ai tifosi e agli ha provocato degrado e paura dif- appassionati. fusi capillarmente in tutta Europa 16 In sostanza, da monoliti gra- nelle zone circostanti lo stadio nei nitici di ferro e cemento, anche le match-day, ma sotto forma di atti infrastrutture sportive subiscono, di vandalismo e intimidazione che a partire dagli anni Duemila, quel raramente hanno provocato mor- processo di “liquefazione” e fram- ti. Sul fenomeno si veda De Biasi mentazione, sia fisico-materica che R., 2008, a cura di, You’ll never virtuale. Si veda: Bauman Z., 2011, walk alone. Mito e realtà del tifo Modernità liquida, Laterza, Bari. inglese, ShaKe, Milano. A un cer- 17 Quello per l’Amsterdam Arena to punto gli stadi III generazione, ora Johan Cruijff Arena, inaugurata quasi tutti ancora originari dalla I e nel 1996, è il progetto che rappre- II (materiali e strutture) si sono tro- senta il passaggio tra la III e la IV vati ad ospitare (dagli anni Settanta generazione: già proiettato verso e Ottanta) una massa sempre più il nuovo modello di impianto del imponente di pubblico in conse- post-Taylor Report è, allo stesso guenza della crescita esponenzia- tempo, materializzazione delle vi- le di popolarità del calcio: questo sioni di gruppi sperimentali come fenomeno ha provocato un corto Archigram e Superstudio. Basti circuito spesso sfociato in gravis- confrontare le sezioni di proget- simi disastri e la perdita di molte ti come Plug-in City con quelle vite umane. dell’impianto olandese per trovare 13 Il Taylor Report è un docu- dirette analogie in questo senso. mento redatto dalla commissione 18 In generale va sottolineata, sto- presieduta dal giudice Lord Peter ricamente, la “giurisdizione” del Taylor di Gosforth. Tra i punti sa- tema-stadio da parte di una cultura lienti: tutti i posti a sedere e nume- ingegneristica votata essenzial- rati, contingentamento del numero mente ad occuparsi di problemi di spettatori per settori, schedatura strutturali e funzionali, con parti- degli spettatori, eliminazione delle colare riferimento alle grandi luci barriere tra campo di gioco e tri- delle coperture, con poche e poco bune, sistemi di controllo video in riuscite divagazioni di natura este- tutti gli stadi. tico-simbolica. Fanno eccezione, 14 Elias Canetti, sociologo e antro- ad esempio, negli impianti di II ge- pologo, ragiona sui concetti di “mas- nerazione le sperimentazioni neo- sa chiusa” e “massa aperta” che pos- gotiche di Pier Luigi Nervi in Italia sono essere presi a riferimento per (stadio Berta a Firenze del 1931 e spiegare l’evoluzione del concetto di poi le strutture per le Olimpiadi di infrastruttura da “stadio chiuso” (da- Roma 1960) e José Luis Delpini in gli impianti di regime fino agli anni Sud America (Estadio Alberto José Settanta), a “stadio aperto” verso il Armando del Boca Junior detto la paesaggio. Si veda in particolare il “Bombonera” del 1940 e il model- saggio Canetti E., 1981, «La massa lo dello “stadio-turbina” del 1956): come cerchio», in, Massa e Potere, entrambi utilizzano la bigness degli Adelphi, Milano, pp. 33-34. impianti sportivi per portare all’e- PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 45 stremo le nuove potenzialità stati- 26 Si veda più avanti il paradigma che e tecniche del cemento armato. progettuale della resilienza. 19 In particolare ci si riferisce ai 27 Si è coniato il termine Stadium- grandi eventi del nuovo millen- City in quanto penso possa bene de- nio quali: campionato mondiale di scrivere il modello insediativo e so- calcio (Corea del Sud e Giappone, cio-urbanistico concepito per Qatar 2002; Germania, 2006; Sud Africa, 2022: per la prima volta nella storia 2010; Brasile, 2014; Russia, 2018; delle competizioni mondiali, tut- Qatar, 2022); Campionati Europei ta la manifestazione si svolgerà in di calcio (Portogallo, 2004; Austria una sola città, Doha, nella quale in e Svizzera, 2008; Polonia e Ucrai- un raggio di circa 30 km verranno na, 2012; Francia, 2016); Olimpiadi eretti otto grandi impianti dalle tec- estive (Pechino 2008, Londra 2012). nologie iper-evolute per far fronte 20 Si vedano gli impianti “metabo- alle condizioni climatiche estreme listi” del a Sapporo del deserto (sbalzi termici e tempe- (2001) e dell’Oita Stadium a Oita ste di sabbia). È stato tra l’altro co- (2001) o le organiche forme deli- struito un modello di piccolo stadio catamente inserite nel paesaggio in scala 1:1 (a cura della società di nippo-coreano del Niigata Stadium ingegneria ARUP) per collaudare (“Big-Swan”, grande cigno) e del tutte le tecnologie da applicare poi Daegu World Cup Stadium a Daegu. in tutti le otto infrastrutture. 21 Prestinenza Puglisi L., s.d., 28 In parte anche per Sud Africa La storia dell’architettura. 1905- 2010 e Brasile 2014 si sono crea- 2008, edizione libera on-line, pp. te icone mediatiche buone solo per 188-191. una fugace quanto virtuale espe- 22 Si vedano gli impianti “regio- rienzialità da sfruttare televisamen- nalisti” dello stadio Do Dragao a te per la durata della manifestazio- Oporto e del Municipal a Braga o ne, con il successivo progressivo quello di matrice “glocalista” di abbandono e desertificazione delle Aveiro. strutture nel post-evento. Questione 23 Basti pensare all’opera di Ma- questa che si riallaccia, in termini estri quali Alvaro Siza Vieira ed più generali, a quella della legacy Eduardo Souto de Moura (quest’ul- per i grandi eventi intesa come tutto timo ha firmato lo straordinario sta- ciò che rimane sul territorio ospi- dio di Braga). tante in termini concreti di riquali- 24 Si vedano in particolare l’Al- ficazione e valorizzazione sociale e lianz Arena e gli impianti di Gel- infrastrutturale. senkirchen e Francoforte come 29 Shumpeter J., 2002, Teoria modelli di stadio-parco peri-urbani. dello sviluppo economico, Rizzoli- Con gli impianti del 2002 e del Etas, Milano. 2006 si affermano alcuni paradigmi 30 Il nuovo pensiero sul paesaggio tecnologici che oggi sono conside- oggi non è più appannaggio esclu- rati consolidati come ad esempio il sivo di scienze “dure” o di approc- recupero delle acque piovane dalle ci esclusivamente umanistici, ma coperture e loro riutilizzo per usi nuove e continue rielaborazioni ne igienico-sanitari e per innaffiare i favoriscono una sperimentazione campi da gioco e la fito-depurazio- unitaria che infrange lo sterile spe- ne in loco. cialismo e la settorialità dei saperi, 25 Koolhaas R., 2006, Junkspace, per conformarsi alla totalità di sen- Quodlibet, Macerata. so e di realtà integrate che il pae- 46 Davide Allegri saggio rappresenta (Kroll L., 1999, a punto a Montreal, ed è anche il Tutto è paesaggio, Testo & Imma- primo progetto la cui analisi stati- gine, Milano; Lotus, n. 101, Electa, ca empiricamente svolta a partire Milano, 1999). da modelli fisici, viene supportata 31 Si veda la concezione olistica da attrezzature di calcolo elettro- del paesaggio nella «Convenzione nico […] possiamo sicuramente Europea del paesaggio», Firenze, individuare nello Stadio Olimpi- 2000. co di Monaco il primo esempio a 32 L’impianto di Amsterdam è es- grande luce in cui cavi pre-tesi non senzialmente una macchina, una di forniscono solo stabilità strutturale quelle che Reyner Banham avrebbe ma si integrano nel design fino a volentieri citato nei suoi scritti, una diventarne l’espressione architet- mega-struttura di ferro e cemento tonica e l’essenza stessa del pro- nel quale però il dato estetico e sim- getto […]. Viene coniato il termine bolico è ancora trascurato (Biraghi “Form-Finding” (ricerca di forma) M., 2005, a cura di, Reyner Ban- che diventerà di fatto una tecnica ham. Architettura della prima età progettuale che unita alle capacità della macchina, Electa, Milano). di sintesi [di alcuni progettisti] darà 33 AA.VV., 2000, The Stadium. vita a realizzazioni architettoniche Architecture of mass sport, NAi di elevata capacità espressiva e tec- Publischers, Rotterdam. nica» (Capasso A., 2013, a cura di, 34 Per le infrastrutture di ultima Architettura atopica e tensostruttu- generazione si può coniare il motto re a membrana. Segno e segni del grandi studi per grandi stadi. Solo nuovo archetipo costruttivo tra eti- per citarne alcuni: Herzog & de ca e forma, Clean, Napoli, p. 290). Meuron, GMP Architekten, Popu- 36 Sul trasferimento tecnologico, lous, HOK, Sports, Kisho Kuroka- ad esempio dall’industria aereo- wa/Associates, Nikken Sekkei Ltd., nautica, si vedano i progetti per la Arup, Zaha Hadid Architects. copertura dello stadio Big Swan 35 Ogni generazione è caratteriz- Stadium a Niigata o i sistemi di mo- zata da un progetto che costituisce vimentazione nella Saitama Super una “prima sperimentazione”: a Arena che utilizzano le tecnologie partire dal Colosseo con il vela- di connessione impiantistica per i rium, passando nella II generazio- rifornimenti in volo (A. Mangiarot- ne, alle grandi luci strutturali in ti, La questione del trasferimento: cemento armato della prima metà il discorso intorno all’architettura, del Novecento (Speer, Nervi, Delfi- in Nardi, Campioli, Mangiarotti, ni tra gli altri), alle grandi strutture op. cit., pp. 63-70). reticolari e tralicciata di acciaio e ai 37 L’azione di anamnesi (Marot, nuovi materiali “sintetici” nella III 1999) si rifà alle teorie paesaggi- generazione (Frei Otto, Taillibert); ste del Landscape Urbanism e alle per arrivare negli impianti di IV sue azioni: Process over time, The generazione ai sistemi di movimen- staging of surfaces, The operatio- tazione complessi in stadi come nal and working method. (an ope- l’Amsterdam Arena, il Gelredome rative strategy), The imaginary. Stadion, la Saitama Super Arena, Molti progetti di stadi di ultima il Millenium Stadium. «Il pro- generazione sono assimilabili a getto per lo stadio di Monaco del questo approccio teorico e opera- 1972 rappresenta un affinamento tivo che prevede una integrazione della tecnologia costruttiva messa sempre più spinta e “fluida” tra cit- PROGETTO CONTEMPORANEO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA 47 tà e campagna, tra natura e artificio Maffeis Engineering di Bassano del (Waldheim C., 2006, Landscape Grappa, il general contractor Sali- Urbanism Reader, Princeton Archi- ni Impregilo Group di Milano e l’a- tectural Press, New York; Repishti zienda specializzata (leader mon- F., 2008, «L’estetica della sparizio- diale) in grandi strutture in acciaio ne, in “Green Architecture. Oltre la Armando Cimolai Spa di Udine. metafora”», in Lotus, n. 135, Elec- 42 Il concetto di paesaggio cultu- ta, Milano, pp. 34-41). rale come espressione identitaria 38 La partecipazione dello studio della storia e delle tradizioni di una James Corner&Field Operations comunità travalica quello ormai (specializzato in landscape design superato di “paesaggio da cartoli- e integrazione tra paesaggio natu- na” trovando una sua collocazione rale e costruito, autori del progetto normativa nella Convenzione Euro- High Line di New York, realizza- pea del Paesaggio (CEP) del 2000 zione icona del Landscape Urba- (Paolillo P.L., Venturi Ferriolo M., nism) nel team di progetto per una 2015, Relazioni di paesaggio. Tes- infrastruttura sportiva costituisce sere trame per rigenerareluoghi, un chiaro segnale di questo para- Mimesis, Milano). digma progettuale di recentissima 43 Repishti, op. cit. affermazione. 44 Già soprannominato Crocodi- 39 Sul tema urbanistico dell’inter- le Stadium, l’impianto di Busan faccia ibrida tra zone con differen- è modello esemplare di un sim- ti funzioni si veda Ellin N., 2006, bolismo identitario (riferito alla Integral Urbanism, Routledge, storia del club) prima ancora che Abingdon-on-Thames. In particola- commerciale. re si veda la definizione di ecotone 45 Da citare anche il nuovo stadio derivata dalle scienze biologiche, St. Mames a Bilbao, con involucro per descrivere cellule urbanistiche a “inviluppo dinamico” e l’inseri- che hanno caratteristiche simili mento di sky-boxes sotto forma di a quelle che le precedono e le se- container a ricordare la vocazione guono immediatamente: lo stadio logistica del porto della città basca, contemporaneo è senza dubbio un 46 Sono tutte operazioni che non paradigma di ecotone tecnologica- contemplano solo un superficiale mente evoluto per eccellenza gra- maquillage di facciata ma anche zie alle sue potenzialità in termini l’implementazione funzionale e di connessione infrastrutturale, nuovi livelli di qualità degli spazi. logistica, funzionale, immateriale 47 Pfahl M., s.d., Environmental (di informazioni e significati) e di Awakening in Sport, in https:// condensazione di diverse cellule .thesolutionsjournal.com/article/the- del paesaggio naturale e artificiale. environmental-awakening-in-sport/. 40 Si ricordi anche l’Al Wakrah 48 Diverse le certificazioni nazio- Stadium (Zaha Hadid Architects, nali e internazionali (ISO 50001, 2014) sempre a Doha, il cui design LEED, Green Sport Alliance.) che, è ispirato alla Dhow, la tradizionale anche nell’ambito delle infrastrut- barca a vela araba utilizzata per la ture sportive, sono ormai parame- pesca. tri di riferimento consolidati per il 41 Nella progettazione e costru- raggiungimento di elevati livelli di zione dello stadio Al Bayt Stadium qualità ambientale e di sostenibilità. è forte la presenza di know-out 49 Allegri D., Vettori M.P., 2018, italiano: la società di ingegneria «Infrastrutture sportive complesse 48 Davide Allegri e resilienza urbana. Tecnologie e e portare via la spazzatura. L’auto- paradigmi», in Techne, n. 15, Firen- mazione si estenderà anche ai pod ze U.P., Firenze, pp. 165-174. di ospitalità elettromagnetici che si 50 La flessibilità funzionale e tec- sposteranno lungo le rotaie all’in- nologica è invece paradigma proget- terno dello stadio, consentendo agli tuale già ampiamente consolidato a appassionati di vedere da dove vo- partire dagli stadi di IV generazione gliono. Tale ambiziosa tecnologia e, in alcuni casi, anche di III. Preve- interattiva richiederà un cambia- dere elementi mobili di ogni genere mento radicale nella potenza del – tribune, campo da gioco, coper- computer di cui uno stadio avrà bi- tura – è ormai una prassi proget- sogno, il che significa che unaserver tuale consolidata e ineludibile per farm in loco sarà necessaria» (Per un rispondere in maniera adeguata alle approfondimento si veda: Lee C., solleticazioni di natura gestionale Populous, in www. populous.com) sempre più spinte verso uno sfrutta- 52 Lee C., op. cit. mento segmentato per ore (non più 53 «Ad esempio la superfici del per giorni o settimane), a sua volta campo cambia a seconda dello sport passo obbligato per adeguarsi a una che si sta giocando. Impiegando domanda sempre più variegata ed una superficie a LED, il campo va- articolata di spazi ed eventi per lo ria la texture e i materiali per diversi spettacolo, lo sport, l’intrattenimen- sport. Le linee che segnano l’area to puro e il tempo libero. di gioco sono proiettate sul campo, 51 «Per offrire un’esperienza senza consentendo al campo di variare in sforzo per tutti i visitatori dello sta- dimensioni e forma con la possibi- dio, il design di Populous prevede lità di rendere trasparente il campo l’aumento dei servizi automatizzati, per consentire ai fan di guardare l’a- tra cui la consegna di bevande rin- zione da un angolo completamente frescanti al posto a sedere e l’uso nuovo» (Lee C., op. cit.). di robot per servire cibo e bevande 54 Ibidem. 49

GLI SPAZI DELLO SPORT Beni culturali tra memoria e futuro Silvia Battaglia

Il tema del recupero e della valorizzazione del patrimo- nio costruito esistente assume oggi particolare rilevanza all’interno dei processi di governo della città contempora- nea. In tale ambito le infrastrutture sportive costituiscono, allo stato attuale, un asset strategico. Il contesto italiano in particolare è caratterizzato dalla dif- fusa e capillare presenza di impianti per lo sport (a tutti i livelli, da quelli dedicati allo sport agonistico fino ad arri- vare alla palestra di quartiere) che presentano, nella quasi totalità dei casi, avanzati stati di degrado se non di vero e proprio abbandono socio-urbanistico. Paradossalmente molti di essi assumono anche la valenza di beni culturali, in quanto edifici dalla stratificata complessità, rispetto ai quali è ineludibile un approccio multidisciplinare che coinvolge aspetti prettamente sportivi (con relative influenze sul pia- no culturale e sociale), socio-economici (che coinvolgono attori pubblici e privati), storico-culturali e identitari, (che richiamano principi di tutela), architettonico-urbanistici (innescando azioni legate al costruire sull’esistente e alla rigenerazione di comparti urbani strategici). Tali tematiche assumono ulteriore complessità se si con- sidera la scala e le dimensioni di questa tipologia edili- zia alla luce delle criticità che ne derivano: la difficoltà di reperimento di finanzamenti per una loro valorizzazione, la necessità di individuare funzioni e attività compatibili con la morfo-tipologia dell’edificio-stadio e l’esigenza di norme di gestione economicamente sostenibili sul medio e lungo periodo. In tal senso risulta strategico individuare azioni in grado di definire la cosiddetta terza via italiana per la valorizza- zione delle infrastrutture sportive, che possa davvero co- stituire una concreta occasione di rilancio sia per le società sportive sia per le municipalità coinvolte, favorendo così la crescita del profilo infrastrutturale dello sport italiano nella sua globalità, a partire dagli impianti di medio-pic- 50 Silvia Battaglia cola dimensione spesso localizzati in aree strategiche di molti centri urbani di livello provinciale. Lo stadio in particolare, considerato nella sua specificità tipologica e architettonica, riveste da sempre un ruolo di unicum all’interno della città sia dal punto di vista funzio- nale che dimensionale. Oggi più che mai le città necessi- tano di spazi pubblici polifunzionali e attivi per un esteso arco temporale, nei quali la differenziazione delle attività coincide con un diversificato target di fruitori.

Lo stadio nella sua accezione contemporanea coniuga questi requisiti ponendosi come elemento primario del territorio, luogo di concentrazione di attività catalizzatrici in grado di generare fenomeni di rinnovamento di intere porzioni urbane1. In tale ottica non va sottovalutato che l’età media degli stadi italiani di Serie A è di 68 anni e 65 per quelli di , mentre l’epoca di costruzione del 42% di questi è com- presa tra il 1911 e il 1935 (periodo di intensa infrastruttu- razione sportiva di matrice fascista), il 30% tra il 1946 e il 1970, il 17% tra il 1970 e il 1990 e soltanto l’11% tra il 1990 a oggi2. Nei primi anni del Novecento gli impianti sportivi ven- gono, per ragioni pratiche, costruiti a ridosso dei centri storici come «elementi fondativi di nuove parti di città»3; soltanto nel corso del secolo verranno poi inglobati, a cau- sa dell’esplosione urbanistica del secondo dopoguerra, nel tessuto urbano risultando così oggi inseriti nella struttura del costruito consolidato. Durante il Ventennio ogni municipalità viene dotata di un campo sportivo: le città competono nella costruzione di imponenti stadi e si avverte la necessità di edificare opere grandiose che avrebbero trasmesso un’impressione di po- tenza ed efficacia. Nella progettazione di stadi il mondo accademico dell’ar- chitettura appare in difficoltà: «quando […] ci si trovò di fronte alla necessità di realizzare queste grandi strutture, […] l’architettura accademica se ne disinteressò, lascian- do campo libero agli specialisti – gli ingegneri – non aven- do niente da dire in questo campo»4. Salvo sporadiche occasioni, è dai tempi di Roma antica che le grandi folle GLI SPAZI DELLO SPORT 51 non si riuniscono per assistere a un evento, i modelli archi- tettonici di riferimento vengono mutuati dal mondo clas- sico. Gli antichi gymnasia sono «la base architettonica dei futuri stadi»5: il nuovo stadio di Atene in previsione delle Olimpiadi del 1896 viene progettato a ferro di cavallo ri- proponendo la forma dello stadio del 180 d.C. su cui deve essere costruito. Solo a partire dal primo dopoguerra, in Europa, la con- formazione a “U” comincia a essere sostituita da due ret- tilinei congiunti da altrettante curve simmetriche, forma necessaria per ospitare non solo il calcio ma anche tutte le discipline che necessitano di uno sviluppo circolare della pista: atletica, ciclismo e ippica6. In Italia, lo stadio di Bologna7, inaugurato nel 1927 in un clima di entusiasmo che coinvolge perfino Ungaretti8, in- carna quello che è il modello tipologico dello stadio litto- rio9: impianto polisportivo ad anfiteatro dove il rettangolo da gioco è circondato da una serie di cerchi concentrici destinati a tutte le attività sportive all’epoca praticate. Il Littoriale con il suo campo da calcio perimetrato da una pista podistica a sei corsie, è circondato da due piscine e da quattro campi da tennis; si differenzia dai precedenti im- pianti per essere struttura polifunzionale ospitando, oltre alla funzione sportiva, servizi per atleti, palestre, ristoranti e un centro di medicina sportiva10. Se gli stadi si presentano spesso come rappresentazioni «conflittuali di passato e futuro»11, allo stesso tempo si ri- velano elementi chiave per l’identità di molte città italia- ne e la loro architettura costituisce un simbolo della città moderna. La massima sperimentazione sul tema sportivo è rappre- sentata, a partire dagli anni Trenta fino alle Olimpiadi romane del 196012, dall’opera di Pier Luigi Nervi13 che «s’impone agli occhi del mondo come sineddoche della modernità e del miracolo economico e tecnologico ita- liano del boom del dopoguerra»14. La ricerca progettuale e tecnica sugli stadi per il calcio rappresenta il filo rosso lungo tutta la carriera dell’ingegnere, dal primo stadio realizzato a Firenze agli ultimi costruiti fuori dall’Italia, per un totale di 22 progetti15 concepiti come tappe di un costante percorso che lo afferma nel panorama interna- 52 Silvia Battaglia zionale quale figura di riferimento per la ricerca formale e costruttiva sul tema. Solo a partire dagli anni Novanta in Italia matura una cer- ta sensibilità che coinvolge il tipo stadio nel più ampio dibattito sul recupero dell’esistente e sul “costruire sul costruito”. L’occasione è quella del campionato mondiale di calcio 1990, per il quale vengono coinvolte dodici città: Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Bologna, Verona, Palermo, Udine, Torino e Bari tutte impegnate, ad ecce- zione delle ultime due, nell’ampliamento, adeguamento e ammodernamento di impianti preesistenti. Il grande evento rappresenta un’occasione dalle straordi- narie potenzialità per poter intervenire in modo sistemico su alcune delle infrastrutture più importanti. Occasione mancata per diversi motivi: dall’assenza di una visione strategica a medio-lungo termine che contemplasse anche la vita “dopo-evento” degli impianti coinvolti alla man- canza di linee guida innovative in grado di risolvere in modo efficace e “socialmente attivo” il complesso rappor- to tra stadio e contesto urbano. L’Italia conserva tracce antiche: il suo patrimonio cultura- le16, elemento fondante dell’identità nazionale, comprende la straordinaria eredità materiale e immateriale stratificata durante il susseguirsi dei secoli. La dotazione di beni culturali17 è una delle caratteristi- che che contraddistingue universalmente il nostro Paese: sono 53 i siti riconosciuti come “patrimonio dell’umani- tà” nella World Heritage List dell’UNESCO; le aree sot- toposte a vincolo di tutela dal Codice dei beni culturali e del Paesaggio coprono quasi la metà del territorio na- zionale (46,9%) e i beni censiti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo superano, conside- rando quelli architettonici, paesaggistici e archeologici le 100.000 unità18. All’interno dei beni immobili tutelati rientra il vasto patri- monio culturale delle infrastrutture sportive: su un totale di 111 stadi presenti nelle province italiane, 63 risultano sottoposti a tutela da parte delle Soprintendenze19. Sono differenti i regimi di tutela che agiscono sul patrimonio immobiliare sportivo italiano con svariate declinazioni: GLI SPAZI DELLO SPORT 53

“d’interesse artistico o storico”, “d’interesse culturale” (talvolta relativamente a una sola porzione del manufatto edilizio), “ope legis”, “indiretta”, “paesaggistica” e “dirit- to d’autore”. Gli impianti sportivi sottoposti a tutela “delle cose d’inte- resse artistico o storico”20 risultano essere lo stadio Renato Dall’Ara di Bologna (1927), il Sinigaglia di Como (1927), il Franchi di Firenze (1931): tutti di proprietà pubblica, dopo il raggiungimento dei cinquant’anni dalla loro rea- lizzazione, negli anni Ottanta, viene riconosciuta la loro rilevanza storico-artistica. Tutelato dal 1986 in quanto «la realizzazione dell’impian- to è risultata ai tempi all’avanguardia per la sua unitaria concezione progettuale»21, il Littoriale di Bologna, oggi stadio Renato Dall’Ara, viene considerato un simbolo, il più importante dall’inizio della “nuova era”22, in grado di modificare profondamente l’immagine e la percezione del- la città spostandone per la prima volta il baricentro dal nu- cleo storico dei portici e delle torri medioevali verso le aree periferiche dove sorgono le principali architetture del regi- me fascista. Il centro storico della città è urbanisticamente collegato all’impianto sportivo e arriva fino al santuario di San Luca (il cui nucleo originario risale al 1194) per mez- zo dell’omonimo portico settecentesco costituito da una successione di 666 archi e riconosciuto come il più lun- go al mondo. Sia nella struttura complessiva caratterizzata dalla rigorosa geometria ellittica che nei singoli elementi architettonici vi sono espliciti riferimenti alla classicità e alle grandi opere romane come le Terme di Caracalla e il Colosseo. Ferro, cemento, quattro milioni di mattoni e di- ciotto chilometri di gradini23, lo stadio di Bologna da sem- pre si è distinto per soluzioni architettoniche all’avanguar- dia: sebbene le gradinate risultino costruite interamente in calcestruzzo armato, a differenza degli stadi di Firenze e Torino in cui il materiale viene lasciato a vista, qui risulta coperto da un rivestimento in mattoni che corre lungo tutta la forma ellittica del suo perimetro nascondendo la strut- tura portante. L’intenzione di concepire uno stadio come un’architettura perfettamente inserita all’interno del tes- suto urbano, della storia, dell’architettura e dei materiali di Bologna sembra essere dimostrata dall’aspetto esterno 54 Silvia Battaglia dell’edificio caratterizzato da una facciata continua dove una serie di aperture ad arco sovrapposte sono ripartite se- condo un ritmo regolare che organizza cornicioni, apertu- re, lesene, ingressi e aggetti. Risulta evidente il tentativo di Giulio Ulisse Arata24, a prescindere da quale sia stata l’in- fluenza effettiva di Leandro Arpinati25 nelle scelte definiti- ve, di fornire all’impianto elementi di continuità con la città dei portici realizzando una struttura che si potesse inserire nel tessuto urbano come «primo anfiteatro della rivoluzio- ne fascista […] che collegava deliberatamente il passato imperiale con la modernità fascista. Unendo architettura tradizionale e moderna, materiale da costruzione antichi e tecniche innovative […]»26. Di fronte alla tribuna, la Torre Maratona, con i suoi 42 metri di altezza, si inserisce all’in- terno dello spazio vuoto tra le mura perimetrali dello stadio e il portico di San Luca risultando in questo modo parte di un’architettura preesistente, vera e propria addizione ar- chitettonica, in grado di trasmettere alla vecchia Bologna il messaggio incessante dell’avvento di una nuova epoca. Lo stadio di Como viene considerato bene di interesse stori- co-artistico dal 1989 per «[…] l’inserimento nell’ambiente, per le vicende che lo collegano ad un esaltante periodo per la città di Como, per la viva presenza nella memoria della collettività e per essere parte integrante di un complesso urbanistico che, pur sorto senza un preciso programma pre- ordinato, è riuscito a proporsi come organismo unitario ed altamente qualificato»27. Situato in uno dei punti maggior- mente suggestivi di Como, lo stadio Giuseppe Sinigaglia sorge all’interno di quella porzione di città che si affac- cia sul lago caratterizzata dalla presenza di diversi esem- pi ed espressioni di rilievo della cultura architettonica del Novecento. Affascinante è la stratificazione delle architet- ture che denotano l’area come cittadella dello sport, brano di città storica che, attraverso la cerniera del tempio vol- tiano, si ricollega a un unico itinerario che diventerà negli anni una sorta di museo a cielo aperto dell’architettura ra- zionalista: è di Giuseppe Terragni28 il Monumento ai Caduti (1931-1933) realizzato elaborando un disegno di Sant’Elia, di Pietro Lingeri29 la sede della Motonautica Italiana (1927- 1947) e di Gianni Mantero30 quella dei Canottieri Lario (1930-1931), unitamente alla Casa del Fascio (1928-1936) GLI SPAZI DELLO SPORT 55 e all’Asilo Sant’Elia (1935-1937) sempre di Terragni. L’architetto Gianni Mantero, progettista dello stadio, pun- ta a una definizione unitaria dell’edificio realizzando così un’opera abilmente inserita all’interno del tessuto urbano che per definirsi non ha bisogno di ricorrere al simbolismo del Ventennio, in linea con il portato culturale di Terragni. La facciata, costruita parallelamente al Novocomum (1927), sostituisce quella preesistente realizzata dal Greppi e nasce condizionata dalle costrizioni dettate dalla precedente edi- ficazione dello stadio, ad esempio nell’assoluta essenzialità dell’insieme dove sono sottolineati alcuni elementi signifi- cativi quali l’ingresso e il grande portale centrale tripartito che sintetizza l’intera composizione, elementi in marmo di Musso dal colore grigio che contrastano con la dosatura to- nale delle pareti intonacate in rosso cupo. Tutelato dal 1983 lo stadio Giovanni Berta di Firenze, oggi Artemio Franchi, rappresenta, insieme alla stazione di Santa Maria Novella31, uno dei segni più tangibili e duratu- ri di un’immagine urbana dove architetture moderne con- vivono a stretto contatto con operazioni ancora fortemente legate alla tradizione. Il progetto per lo stadio fiorentino viene affidato al più grande esperto italiano del cemento armato, Pier Luigi Nervi. Quando vengono smontate le impalcature l’intera città comprende la portata dell’opera degna della tradizione rinascimentale, nella quale la lezio- ne di Brunelleschi – fondere nello stesso edificio forma e funzione, tecnica e bellezza – ritrova, in un’architettura poco “nobile” come uno stadio, una sua inaspettata e idea- le sublimazione. Emblematiche in tal senso le parole di un maestro del Novecento come Giovanni Michelucci: «La città con questo stadio di schietto carattere Moderno, ha realizzato un’opera che delinea il risveglio delle energie italiane»32. Situato a Campo di Marte, lo stadio di Firenze rappresenta il principale episodio di un sistema urbano a forte vocazione sportiva. L’opera di Pier Luigi Nervi si af- ferma da subito come una delle più avanzate del suo tem- po, vero paradigma ingegneristico grazie ai tre elementi che lo contraddistinguono, l’avveniristica copertura della tribuna, le futuristiche scale elicoidali e la slanciata Torre Maratona, ideate singolarmente per essere ricomposte nell’organismo stadio che assurge così nella sua globalità 56 Silvia Battaglia a simbolo della potenzialità espressiva del cemento arma- to. Come scrive l’architetto Giovanni Klaus Koenig alcuni decenni dopo: «Ben pochi però sapevano quanto il giova- ne ingegnere avesse dovuto tribulare per portare a fondo il suo stadio. La voce, passando di bocca in bocca, divenne certezza, la pensilina sarebbe crollata, cosicché il povero Nervi, il giorno del disarmo delle armature, si trovò dinan- zi il cantiere deserto»33. Caratterizzata da un «uso creativo e plastico»34, l’intera struttura rappresenta la concretizza- zione di quello che lo stesso Nervi considera «l’aspetto più difficile e allo stesso tempo più elevato dell’architettura», e cioè «la sintesi tra fattori discordi quali l’armonia for- male e le esigenze tecniche, il calore dell’ispirazione e la freddezza del ragionamento scientifico, la ricchezza della fantasia e le ferree leggi dell’economia»35. Parallelamente per le sue consolidate qualità di Bene Culturale, l’intero complesso del Foro Italico a Roma, che comprende lo , oggi di proprietà di Sport e Salute Spa (già CONI Servisi Spa) e sede di diverse mani- festazioni sportive, eventi teatrali e musicali, è sottoposto a vincolo monumentale dal 198936. L’intero complesso, vero e proprio “testo di riferimento” per l’architettura italiana del Novecento, conserva un singolare sapore sospeso e stra- niante, un accento metafisico che deriva dalle ambientazioni impresse sulla tela da Giorgio de Chirico37, proprie di gran parte dell’architettura di questo periodo ma che raggiungo- no qui uno degli esiti più riusciti. Tutto è minuziosamente calibrato lungo l’asse che condu- ce allo stadio in una perfetta simbiosi tra architettura di pietra e scenario naturale: rigide simmetrie, fondali che inquadrano il paesaggio, punti di vista che moltiplicano le prospettive, volumi puri, superfici e opere d’arte, in un gioco di continui rimandi tra natura e artificio. Alla cal- da tonalità del travertino di tradizione romana, Enrico del Debbio38 preferisce la purezza e la raffinatezza materica del marmo di Carrara che domina l’intero scenario assu- mendo una ricca variazione luministica generata dalle di- verse lavorazioni del materiale. Il recente dibattito sui possibili scenari futuri riguardan- ti lo stadio Atleti Azzurri d’Italia di Bergamo (1928), il Vesturi di Salerno e l’Olimpico (1933) ha GLI SPAZI DELLO SPORT 57 attivato il procedimento per la verifica e la conseguente tutela “d’interesse culturale” previsto dal D.Lgs. 42/2004, in sostituzione della L. 1089/1939 che prevede tale proce- dura per quei beni, opera di autori non viventi, la cui ese- cuzione risale non più a cinquant’anni ma a settant’anni fa. Parallelamente il riconoscimento dell’interesse culturale dello stadio Adriatico di Pescara (1955), opera dell’architet- to Luigi Piccinato e dello (1957) di Roma, progettato da Pier Luigi e Antonio Nervi, rientra nella più ampia azione di tutela e valorizzazione della cultura ar- chitettonica del Novecento, decretato con riferimento agli aspetti storici e contestuali delle opere, pur non essendo an- cora trascorsi i settant’anni dalla loro realizzazione. Lo stadio di Pescara, che nel 1961 ha ottenuto l’autorevole premio “INARCH Domosic”, è stato infatti dichiarato dal 2015 «di interesse particolarmente importante […] in ra- gione del suo riferimento alla storia dell’architettura e del- la tecnica costruttiva, alla cultura in genere oltre che alla storia delle istituzioni pubbliche e collettive della città di Pescara»39. Per apprezzarne la qualità architettonica basta richiamare quanto pubblicato da Bruno Zevi, nel genna- io 1957: «In un tema come lo stadio l’intuito urbanistico fonde con quello creativo delle figurazioni strutturali […]. Nessuno poteva collocarlo più funzionalmente del proget- tista del piano regolatore […]. Come raramente accade, progetto architettonico e piano urbanistico erano piena- mente congruenti: un valore storico aggiunto, che ancor più lega l’opera alla città»40. Lo stadio Flaminio, con i 92 telai strutturali che ritmano la dell’involucro esterno, i dinamici profili delle strut- ture che ospitano gli ambienti di servizio nelle sottotribune e la snella pensilina a sbalzo dal profilo corrugato, realiz- zati grazie al Sistema Nervi41, diventa immagine della mo- dernità e rappresenta per Pier Luigi Nervi il risultato più alto, completo e definitivo della ricerca di una spazialità interna a elementi bidimensionali.Viene così riconosciuto «il valore di un’opera singolare che coniuga efficacemente e in modo originalissimo forma e struttura, architettura e ingegneria testimonianza di un felice momento della cultu- ra architettonica romana e, in generale, italiana, in conco- mitanza con il boom economico che caratterizzò la ripresa 58 Silvia Battaglia produttiva della penisola nel dopoguerra». Nonostante il suo indiscusso valore architettonico, l’impianto versa oggi in uno stato di sconcertante abbandono: «la tutela apposta alla struttura dalla Soprintendenza Speciale Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha l’obiettivo di un suo recupero secondo criteri di qualità e controllo del processo di restauro, in quanto si garantirà sempre il pieno rispetto del progetto nerviano pur innovandolo e adattandolo a un utilizzo contemporaneo»42. In alcuni casi l’interesse culturale non riguarda l’inte- ro manufatto bensì alcune sue porzioni: a possedere va- lore culturale sono esclusivamente le tribuna degli stadi Gabrielli di Rovigo (1913), Zini di Cremona (1929), Druso di Bolzano (1930) e Piola di Vercelli (1932), le facciate del Moccagatta di Alessandria e del Ferraris di Genova, l’in- gresso monumentale di epoca fascista dello Stadio Picco di La Spezia, «risalente agli anni Trenta del XX secolo, […] interessante manufatto del periodo nonché importante testimonianza della città e della squadra calcistica»43. Risultano 37 gli stadi sottoposti “ope legis” alle disposizio- ni di tutela del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: beni mobili, di proprietà pubblica, opera di autore non più vivente realizzati da oltre settant’anni, in attesa di verifica di “interesse culturale”44. Lo stadio Martelli di Mantova è il solo caso a essere sotto- posto a “tutela indiretta”45 trovandosi in relazione spaziale con l’area monumentale di Palazzo Te46; la finalità della disposizione di tutela è quella di garantire la conservazio- ne dei caratteri del contesto e del bene soggetto a vincolo diretto, assicurando, attraverso prescrizioni destinate alle aree o agli edifici circostanti, il mantenimento dell’integri- tà della prospettiva e delle condizioni ambientali. Sono numerosi gli stadi localizzati in contesti geografica- mente peculiari e, in particolare, sottoposti a “tutela pae- saggistica”: lo stadio Penzo di Venezia (1913) sull’isola di Sant’Elena nella laguna veneziana, il Franchi di Siena (1938) e il Curi di Perugia (1975) immersi nel paesaggio collinare tosco-umbro, l’Esseneto (1952) per la sua vici- nanza alla Valle dei Templi di Agrigento, lo stadio Barbera di Palermo (1932) per la prossimità al Parco della Favorita, il Picchi di Livorno (1934) per la sua vicinanza al mare. GLI SPAZI DELLO SPORT 59

Il “diritto d’autore”47 non tutela direttamente le opere ma il progettista, riservando a lui o, in caso di decesso, ai familiari, la possibilità di modificare e rifiutare eventua- li proposte che potrebbero pregiudicare i caratteri e la qualità originale dell’opera: è il caso del San Nicola di Bari (1990) progettato da Renzo Piano48. «Una conchi- glia sospesa nel verde»49: con queste parole l’architetto descrive il progetto dello stadio di Bari, progettato per i campionati mondiali di calcio 1990 e sottoposto a dirit- to d’autore per «l’indiscussa qualità architettonica» e in grado di rappresentare «un’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza sia per lo studio della forma planimetrica che per le soluzioni strutturali adottate»50; il progettista opera qui senza la volontà di stupire, evidenziando gli elementi primari dell’architettura-stadio e trasformando- ne l’immanenza tipicamente ingegneristica in elementi esteticamente “attivi”. Il San Nicola viene definito come stadio extra-urbano: il suo poco felice posizionamento all’esterno della città consolidata è eredità di scelte ur- banistiche derivanti dalla stesura del Piano Regolatore di Ludovico Quaroni del 1968, al quale si aggiunge, ad accentuare il suo carattere di “cattedrale nel deserto”, il mancato completamento dell’intervento che, mediante un grande parco attrezzato, prevedeva l’inserimento di una serie di servizi connessi allo stadio. La cronica mancanza di investimenti pubblici, nonchè l’assenza di una visione a lungo termine, comportano una gestione fallimentare delle infrastrutture sportive in Italia, prevalentemente di proprietà pubblica. È noto come vi sia un rapporto di causa-effetto tra la natura giuridica dell’as- setto proprietario, i mancati investimenti per il riammo- dernamento degli impianti e i bassi introiti realizzati dalle società calcistiche da questa voce di ricavi. L’assenza di fondi adeguati, i pochi interessi nel migliora- re strutture onerose e sottoutilizzate nonchè percepite dalla collettività come una criticità piuttosto che come punto di forza, hanno portato all’attuale situazione critica dell’im- piantistica italiana. Non mancano tuttavia esempi virtuosi in grado di deline- are modelli, strategie e strumenti per un radicale rinnova- mento del settore. 60 Silvia Battaglia

A Udine, ad esempio, è risultata urgente la necessi- tà di rinnovare l’impianto esistente, opera di Giuliano Parmigiani e Lorenzo Giacomuzzi Moore51: icona della ricostruzione e del ritorno alla normalità dopo il dram- matico terremoto del 1976, ha generato una struttura contemporanea aperta ad atleti, spettatori ma soprattutto cittadini. Con l’intento di valorizzare l’arco che sovra- sta la tribuna e «si eleva da terra ma non tocca il cielo, piega su se stesso a difesa di chi sta sotto […]»52 il nuo- vo volume non risulta collegato all’elemento esisten- te ma lo lambisce in modo da garantire continuità tra passato e futuro mediante un’operazione di addizione. Lo da un lato mantiene i caratteri formali consolidati, dall’altro punta a una nuova immagine fina- lizzata ad aumentare il comfort e introdurre innovative dinamiche di integrazione sociale. Progettato per essere un punto di riferimento per lo sport, e luogo identitario di un’intera regione per le attività sportive e tutte quelle ad esse correlate, il nuovo impianto prevede 20.000 mq di aree coperte da utilizzare per attività quotidiane pen- sate nell’ottica di creare un vero e proprio hub di servizi integrati funzionalmente indipendentemente dall’attività calcistica.

La cosiddetta terza via italiana può rappresentare un’al- ternativa – rispetto al tema delle infrastrutture sportive – a un approccio di sostanziale indifferenza ai valori storico- identitari, diffuso in molti contesti europei, così come a un atteggiamento di passiva conservazione, spesso ricon- ducibile al contesto culturale italiano, proponendo una vi- sione declinabile nelle peculiarità storico-sociali e paesag- gistiche del nostro paese, evitando l’adozione acritica di modelli europei sicuramente virtuosi nei loro contesti di afferenza ma difficilmente applicabilitout-court . Anche per questo il modello italiano non può essere de- lineato in modo univoco dal punto di vista tecnico-pro- gettuale e morfo-tipologico: in continuità con le parole di Ernesto N. Rogers53 è necessario individuare un DNA dell’infrastruttura sportiva in grado di costituire un filo rosso che lega i singoli interventi nei diversi contesti che arricchiscono il nostro Paese. GLI SPAZI DELLO SPORT 61

Stadio come luogo integrato al contesto di riferimento (in contrapposizione all’impianto concepito unicamente come oggetto astratto), da leggere come infrastruttura che con- nette il continuum urbano in grado sempre più di esprime- re un’architettura, una funzionalità e una spazialità, valo- rizzandone la presenza sul territorio, la riconoscibilità, il senso di appartenenza e d’identità.

1 Faroldi E., Allegri D., Chierici stadio. Ottant’anni dal Littoriale al P., Vettori M.P., 2007, Progettare Dall’Ara, Pendragon, Bologna. uno stadio. Architetture e tecnolo- 8 In occasione della sua inaugu- gie per la costruzione e gestione del razione, il 31 ottobre 1936 il poeta territorio, Maggioli, Santarcangelo compose un’ode: la Palestra No- di Romagna. vella. «Ordunque che è? / Mutata tu 2 I dati sono tratti da: Battaglia sei civiltà? / Questa palestra novella S., 100+11 infrastrutture sportive / è la sede più bella / di te, Verità?» e Beni Culturali. Strategie e linea- 9 In epoca fascista la denomina- menti per la “terza via” italiana tra zione stadio littorio viene adottata riqualificazione urbana, memoria per vari impianti sportivi italia- e identità, Politecnico di Milano, ni: stadio Riva di Albenga, stadio Scuola di Architettura Urbanistica Moccagatta di Alessandria, stadio Ingegneria delle Costruzioni, tesi Dorigo di Ancona, stadio Fattori di laurea Magistrale, relatore prof. dell’Aquila, stadio Simeone di Bar- Davide Allegri, a.a. 2016-2017. letta, stadio Dall’Ara di Bologna, 3 Romagni L., 2010, Lo stadio stadio Fanuzzi di Brindisi, stadio nella città, Alinea, Perugia, p. 6. Monterisi di Cerignola, stadio Co- 4 Koenig G.K., 1968, Architettura munale di Chiavari, stadio Paschie- in Toscana 1931-1968, ERI,Torino, ro di Cuneo, stadio Candrida di p. 17. Fiume, stadio Zaccheria di Foggia, 5 Vercelloni M., San Pietro S., stadio Miramare di Manfredonia, 1990, a cura di, 1990. Stadi in Ita- stadio Collana di Napoli, stadio lia, L’Archivolto, Milano, p. 10. Patti di Novara, stadio Colbachini 6 Picchi S., 2007, a cura di, Firen- di Padova, stadio Ranchibile di Pa- ze. Lo stadio racconta. Oltre 75 anni lermo, di Pa- di storia cittadina nella memoria del lermo, stadio Giuseppe Lopresti di Franchi, Giunti, Firenze, p. 40. Palmi, stadio Comunale di Piacen- 7 Il progetto dello stadio viene za, stadio Bottecchia di Pordenone, affidato all’Ingegnere Umberto Co- stadio Viviani di Potenza, stadio stanzini che si occupa della parte Arena Garibaldi di Pisa, stadio Neri strutturale dell’impianto a cui vie- di Rimini, stadio Vestuti di Salerno, ne affiancato Giulio Ulisse Arata, stadio Zanutto di San Donà di Pia- che si dedica alla progettazione ve, stadio Comunale di Sanremo, architettonica, pur non figurando stadio Colombo di Saronno, sta- ufficialmente e non firmando il dio Nicola de Simone di Siracusa, progetto. Su questo tema si veda: stadio Mazzola di Taranto, stadio Quercioli G., 2006, Bologna e il suo Tenni di Treviso, stadio Grezar di 62 Silvia Battaglia

Trieste, stadio Ossola di Varese, del 1968). Tutti questi progetti sono stadio Pedroni di Verbania, stadio indagati nel libro Antonucci, Tren- Menti di Vicenza, stadio Rocchi di tin, Trombetti, op.cit. Viterbo. 16 «Il patrimonio culturale è co- 10 De Finetti G., 1934, Stadi. Esem- stituito dai beni culturali e dai beni pi, tendenze, progetti, Hoepli, Milano. paesaggistici» (Codice dei beni 11 Martin S., 2006, Calcio e fasci- culturali e del paesaggio, D.Lgs. n. smo, Mondadori, Milano, p. 102. 42/2004, art.2). 12 DOCOMOMO Italia, n. 17 «Sono beni culturali le cose 23/2008. immobili e mobili appartenenti 13 Pier Luigi (1891-1979), inge- allo Stato, alle regioni, agli altri gnere e costruttore, progetta e rea- enti pubblici territoriali, nonché lizza numerose strutture sportive: ad ogni altro ente ed istituto pub- stadi, palazzetti, piscine, ippodromi blico e a persone giuridiche private e velodromi. senza fine di lucro, ivi compresi gli 14 Antonucci M., Trentin A., enti ecclesiastici civilmente rico- Trombetti T., 2014, a cura di, Pier nosciuti, che presentano interesse Luigi Nervi. Gli stadi per il calcio, artistico, storico, archeologico o et- Bononia U.P., Bologna, p. 97. noantropologico» (Codice dei beni 15 Oltre ai più noti, come lo Sta- culturali e del paesaggio, D.Lgs. n. dio Giovanni Berta poi Artemio 42/2004, art.10). Franchi di Firenze (1929-1932, 18 Paesaggio e patrimonio cultu- ampliato dallo stesso Nervi nel rale, in www.istat.it. 1951) e lo stadio Flaminio di Roma 19 I dati sono tratti da: Battaglia (realizzato tra il 1957 e il 1959 per S., 100+11 infrastrutture sportive le Olimpiadi del 1960), l’archivio e Beni Culturali. Strategie e linea- Nervi documenta altri sei interventi menti per la “terza via” italiana tra in Italia (un progetto per le tribu- riqualificazione urbana, memoria ne di uno stadio per 100.000 posti e identità, Politecnico di Milano, a Roma, 1935; il progetto per lo Scuola di Architettura Urbanistica stadio delle Palme alla Favorita di Ingegneria delle Costruzioni, relato- Palermo, 1954; lo stadio di Taormi- re, tesi di laurea Magistrale, relatore na, costruito tra il 1955 e il 1959; prof. Davide Allegri, a.a. 2016-2017. l’ampliamento dello Stadio Nazio- 20 «Sono soggette alla presente nale di Roma, realizzato tra il 1956 legge le cose, immobili e mobili, e il 1958; il progetto di tribune in che presentano interesse artistico, cemento armato per il campo spor- storico, archeologico o etnografico, tivo di Cuneo e il progetto per l’ap- compresi: a) le cose che interessano palto concorso per la costruzione la paleontologia, la preistoria e le dello stadio comunale di Salerno) e primitive civiltà; b) le cose d’inte- quattro interventi all’estero (il cam- resse numismatico; c) i manoscritti, po sportivo coperto del Dartmouth gli autografi, i carteggi, i documenti College ad Hanover nel New Ham- notevoli, gli incunaboli, nonché i pshire, Stati Uniti 1960-1961; un libri, le stampe e le incisioni aventi progetto per lo stadio di Swindon carattere di rarità e di pregio. in Gran Bretagna, del 1963; un pro- Vi sono pure compresi le ville, i getto per uno stadio a Rio de Janei- parchi e i giardini che abbiano inte- ro per 150.000 posti del 1964 e un resse artistico o storico. progetto per uno stadio a copertura Non sono soggette alla disciplina integrale nel Kuwait Sport Center della presente legge le opere di au- GLI SPAZI DELLO SPORT 63 tori viventi o la cui esecuzione non da Giovanni Michelucci, l’opera na- risalga ad oltre cinquanta anni» (L. sce tra le accese polemiche e viene 1089/1939, art.1). inaugurata il 30 ottobre 1935, nello 21 Stadio Comunale di Bologna, de- stesso giorno in cui è inaugurata creto di vincolo, 15 novembre 1986. la Biblioteca Nazionale di Firenze 22 Saitta G., 1927, «Fascismo Bo- (1911-1935) progettata da Bazzani, lognese», in Littoriale, Bologna, imponendosi come un’opera se- maggio, p. 22. minale dell’architettura Moderna. 23 Luminasi I., 1925, «Il Littoria- L’inusuale volumetria dell’edificio, le», in Il Comune di Bologna, Bolo- asimmetrico e orizzontale, costi- gna, luglio. tuisce il fondale della piazza; l’in- 24 Giulio Ulisse Arata (1881- volucro di pietra custodisce al suo 1962), architetto che fonde l’imma- interno lucenti marmi colorati, vetri ginario Liberty con elementi anche e metalli scintillanti; la cura proget- molto diversi tra di loro derivati tuale e la modernità dell’edificio si dalla sua formazione eclettica e in misurano anche sulla declinazione particolar modo dalla sua esperienza estetica degli impianti. Sul tema si come decoratore e restauratore. Per veda: Conforti C., Dulio R., Ma- un approfondimento si veda: Man- randola M., Musumeci M., Ricco, gone F., 1993, Giulio Ulisse Arata. 2016, La stazione di Firenze di Gio- Opera completa, Electa Napoli. vanni Michelucci e del Gruppo To- 25 Leandro Arpinati (1892-1945), scano 1932-1935, Electa, Milano. nella seconda metà degli anni Venti 32 Michelucci G., 1932, «Lo diventa l’uomo più potente e osan- stadio Giovanni Berta in Firenze nato di Bologna. Comproprietario dell’Ingegnere Pier Luigi Nervi», del Resto del Carlino, fonda il più in Architettura, n. 3, marzo, p. 105. grande stadio di calcio d’Italia, di- 33 Koenig G.K., 1968, Architettu- venta presidente della Federazione ra in Toscana 1931-1968, Eri, Fi- Italiana Gioco Calcio nonché pre- renze, op. cit., 15. sidente del CONI e riunisce tutte 34 Vercelloni, San Pietro, op. cit., le associazioni sportive cittadine p. 32. nella gloriosa Bologna Sportiva. 35 Nuti F., Isola G., Cozzi M., Ca- Sul tema si veda: Gallian M., 1928, rapelli G., 1994, Edilizia in Tosca- Arpinati politico e uomo di sport, na tra le due guerre, Edifir, Firenze. Casa Editrice Pinciana, Roma. 36 DOCOMOMO, op. cit., p. 1. 26 Ibidem, p. 4. 37 Giorgio De Chirico (1888- 27 Complesso Stadio Sinigaglia, de- 1978), pittore e scrittore italiano, creto di vincolo, 21 settembre 1988. principale esponente della corren- 28 Cani F., Rostagni C., Mantero te artistica della pittura metafisica. D., 2004 Oltre Terragni: la cultura Per un approfondimento sul tema si del Razionalismo a Como negli anni veda: Trione V., 2005, Atlanti Me- Trenta, NodoLibri, Como, p. 101. tafisici. Giorgio de Chirico. Arte, 29 Cani F., Rostagni C., 2004, op. Architettura, Critica, Skira, Milano. cit., p. 103. 38 Neri M.L., 2002, Enrico del 30 Cani F., Rostagni C., 2004, Debbio. Opera completa, 1909- op.cit., p. 104. 1973, Idea Books, Milano. 31 Progettata dal Gruppo Toscano 39 Note di apprezzamento e so- (Nello Baroni, Pier Niccolò Berar- stegno vincolo Stadio Cornacchia di, Italo Gamberini, Sarre Guarnie- Pescara, in www.sbapabruzzo.be- ri, Leonardo Lusanna) capeggiato niculturali.it. 64 Silvia Battaglia

40 «Paesisticamente una splen- 45 «Il Ministero ha facoltà di pre- dida posizione nelle immediate scrivere le distanze, le misure e le vicinanze del mare, visibile dalle altre norme dirette ad evitare che tribune alte, e dalla vasta pineta sia messa in pericolo l’integrità D’Avalos […] 11 anelli che cre- dei beni culturali immobili, ne sia scono lievemente negli archi di danneggiata la prospettiva o la luce più ampio raggio […] formano la o ne siano alterate le condizioni gradinata inferiore. Ma l’episodio di ambiente e di decoro», (Codice saliente è costituito dalla tribuna dei beni culturali e del pesaggio, sopraelevata di 17 gradoni […] una D.Lgs. 42/2004, art. 45). sequenza di tonanti cavalletti in ce- 46 Bazzotti U., 2005, a cura di, mento armato sostiene le travature Palazzo Te a Mantova, Skira, Mi- su cui poggia il tappeto curvilineo lano, p. 42. e ascendente dei gradoni […] un’o- 47 «Sono protette ai sensi di que- pera di drammatico valore architet- sta legge le opere dell’ingegno di tonico: cavalletti, travi, scale, solai carattere creativo che appartengono a risega si accavallano lungo il alla letteratura, alla musica, alle arti ricurvo asse della tribuna secondo figurative, all’architettura, al teatro un racconto prospettico di straordi- e alla cinematografia, qualunque ne naria efficacia» (Cocchia C., «Sta- sia il modo o la forma d’espressio- dio Adriatico a Pescara. Architetto ne» (L. 633/1941, art. 1). Luigi Piccinato», in L’architettura, 48 Per i progetti di Italia 90 ven- – Cronache e Storia, n. 15, gennaio gono chiamati due architetti ita- 1957, p. 634). liani, Vittorio Gregotti e Renzo 41 «Il Sistema Nervi è dunque eco- Piano, progettisti di due interventi nomico perché elimina le cassefor- di notevole importanza. Gregotti me di legno, costose e non recupe- viene incaricato della ristruttura- rabili e perché riduce le spese per i zione dell’impianto Luigi Ferraris materiali, limitando gli spessori de- di Genova, considerato lo stadio gli elementi resistenti. Al contempo più antico d’Italia, poiché la sua è rapido perché consente di dividere inaugurazione risale al 1911. Il il cantiere in due location autonome, progetto di Gregotti prevedeva la dove gli operai possono lavorare in totale ricostruzione dell’impianto parallelo: da una parte il cantiere in storico, di cui è rimasto solamen- opera, dove si eseguono gli scavi, si te l’ingresso alle tribune. Renzo realizzano le fondazioni, i pilastri Piano si occupa della costruzione e tutte le parti gettate; dall’altra, il dello di Bari, cantiere di prefabbricazione, dove ispirandosi – come egli stesso si preparano i pezzi che serviranno afferma – ad un altro importante a comporre le coperture». Iori T., segno architettonico nel territorio 2012, «Il Sistema Nervi» (Bianchi- pugliese: Castel del Monte, la re- no G., Costi D. a cura di, Cantiere sidenza di caccia di Federico II di Nervi. La costruzione di un’identi- Svevia realizzata nel XIII secolo. tà, Skira, Milano, pp.51-54). La struttura comportò l’ingen- 42 Comunicato stampa Tutela te costo di 123,5 miliardi di lire. Flaminio, in www.flaminio.org. Per un approfondimento su tema 43 Stadio Picco di La Spezia, de- si veda: San Pietro S., Vercelloni creto di vincolo, 24 settembre 2015. M., 1990, a cura di, Renzo Piano. 44 I dati sono tratti da Battaglia S., Il nuovo stadio di Bari, L’Archi- op. cit., p. 58. volto, Milano. GLI SPAZI DELLO SPORT 65

49 Piano R., 1987, «Dalla rela- 52 Nuovo Stadio Friuli, in www. zione del progettista», in Domus n. udine20.it. 684, giugno, p. 5. 53 «Contro il cosmopolitismo che 50 Elenco decreti riconoscimento opera in nome di un sentimento particolare carattere artistico ai universale non abbastanza appro- sensi della L. 633/41, in www.aap. fondito, e innalza le stesse architet- beniculturali.it. ture a New York, a Roma, a Tokio, 51 «Erano i primi anni Settanta, o a Rio, in mezzo alle campagne io e l’architetto Giacomuzzi Moore o alle città, noi dobbiamo cercare vincemmo un appalto-concorso del di armonizare le nostre opere con Comune. Fu un lavoro di gruppo, le preesistenze ambientali, sia con non la definirei un’opera personale, quelle della natura sia con quelle ci lavorammo in una ventina di per- create storicamente dall’ingegno sone» Cescon M., 2013, «Così nac- umano» (Rogers E. N., 1958, Espe- que l’arco famoso in tutta Italia», in rienze dell’architettura, Einaudi, Messaggero Veneto, 10 maggio. Torino, p.149).

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GLI STADI DEL FUTURO Un fattore competitivo per il calcio italiano Marco Brunelli

È opinione ampiamente diffusa che l’arretratezza degli impianti sportivi in genere – e degli stadi in particolare – costituisca una delle principali cause della mancanza di competitività del sistema-calcio italiano rispetto a contesti che, per caratteristiche sociali, economiche, demografiche e culturali sono con esso paragonabili. Si pensi solo, ad esempio, allo status infrastrutturale in tema di impiantistica sportiva raggiunto da alcuni paesi europei quali Svizzera, Francia, Germania e Inghilterra e, in misura diversa, Spagna e Portogallo1. Si può quindi a ragion veduta parlare di un vero e proprio “fattore-stadio”2 come nuovo paradigma di riferimento in grado di assumere una rilevan- za strategica nel processo di ammodernamento e riqualifi- cazione del sistema italiano dell’impiantistica sportiva nel tentativo, non più eludibile, di colmare un gap strutturale drammaticamente evidente. Un rapido excursus dei modelli di sviluppo dei movimenti calcistici delle più evolute realtà a scala europea pone in evidenza il tema delle infrastrutture sportive come imprescindibile punto di partenza. La costru- zione di nuovi impianti di moderna concezione e la riquali- ficazione di quelli esistenti sono stati oggetto di un radicale ripensamento sia in termini di programmazione e gestione, sia in termini architettonici e figurativi, definendo in tal sen- so nuovi parametri di qualità e di innovazione tecnologica di processo e di prodotto. Alla scala europea le infrastrut- ture sportive sono considerate, da un lato, strumenti strate- gici per la di politiche volte al miglioramento e all’implementazione dell’offerta culturale e di intratteni- mento per un pubblico vasto (che va ben aldilà del concetto di “tifoso”); dall’altro vengono reputate strumenti indispen- sabili grazie ai quali raggiungere adeguati livelli di sosteni- bilità economica per le società operanti nel settore-calcio. Per “misurare” la competitività di un sistema sportivo vi sono alcuni metodi valutativi e “unità di misura” che consentono di confrontare tra loro dati anche non neces- 68 Marco Brunelli sariamente omogenei. Il primo e più semplice parametro di riferimento è costituito dai risultati sportivi che un dato sistema-calcio è in grado di esprimere. Lo strumento che viene attualmente utilizzato per rilevare questa tipologia di dati è il ranking UEFA3. Esso esprime una media pon- derata dei risultati europei dei club calcistici, restituendo una fotografia costantemente aggiornata dello status reale delle squadre e mostrando nel contempo come evolvono nel tempo tali risultati. Un altro parametro di riferimento è costituito dalla dimen- sione delle “aziende-calcio”4; esso esprime la dimensio- ne sotto forma di fatturato complessivo che riescono a produrre. Questo dato, forse più di ogni altro, esplicita in modo evidente l’attuale situazione a scala europea: se il gap tra l’Inghilterra e le altre nazioni (tra cui l’Italia) fino a dieci-quindici di anni fa era limitato, da allora il sistema- calcio inglese ha consolidato il suo primato in termini di fatturato, mentre Italia, Spagna e Germania esprimono va- lori più bassi. Un terzo sistema che consente di interpretare la dimen- sione economica del sistema-calcio europeo consiste nel considerare la classifica dei venti club di calcio più ricchi, i cui ricavi sono generati da quattro fattori: i profitti deri- vanti dalla gestione dello stadio (biglietti e abbonamenti), dai diritti televisivi, dalle sponsorizzazioni e dal merchan- dising. Nella stagione agonistica 2004-2005 tra i primi dieci posti erano presenti tre società italiane (AC , Juventus FC e Inter 1908), e le differenze rispetto ai top club europei erano abbastanza contenute. Secondo il rap- porto della Deloitte & Touche, nella stagione agonistica 2014-2015, nelle prime dieci posizioni si trova una sola società italiana (Juventus FC), mentre sono aumentati in modo esponenziale i club inglesi (ben cinque: Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal e Liverpool). Un quarto e ultimo metodo di valutazione dello stato di salute del sistema-calcio – di recente definizione – pren- de in considerazione i risultati sportivi, le performance economiche, l’indicatore sintetico di impatto sociale e la sostenibilità del business. La media ponderata tra ognuno di questi dati offre un indicatore più completo e maggior- mente articolato prendendo in considerazione diversi dati. GLI STADI DEL FUTURO 69

Anche rispetto a questo indicatore l’Italia risulta essere fa- nalino di coda tra le cosiddette “potenze del calcio”. Si evince, inoltre, come il sistema degli introiti sia ben equilibrato in Inghilterra, dove gli incassi provengono in egual modo dalle televisioni, dagli stadi e dal merchandi- sing, mentre in Italia la fetta di gran lunga più consistente dei profitti deriva dalla cessione dei diritti televisivi che sono diventati in pratica l’unico “cliente” importante del mercato calcistico italiano. La situazione che emerge dalla lettura critica di tutti questi indicatori è sostanzialmente quella di un deficit del siste- ma italiano rispetto ai competitors europei che ogni anno è sempre più evidente. La natura strutturale di questo gap obbliga tra l’altro a ridefinire in termini sostanziali il set- tore sport nel suo complesso, a partire proprio da una pro- fonda e capillare re-infrastrutturazione su scala nazionale. La fotografia appena descritta non può che provocare una grave perdita di competitività del sistema-calcio naziona- le, e il primo elemento di forte criticità è dovuto in so- stanza alla totale inadeguatezza degli stadi italiani rispetto alle attuali esigenze in termini gestionali e di sfruttamento economico e funzionali degli stessi. È necessario fin da subito sgomberare il campo da un luo- go comune – tanto diffuso quanto poco attendibile – che l’aumento esponenziale dell’offerta televisiva calcistica è, o sia stata, la causa primaria del graduale svuotamento e dell’abbandono del “pubblico-pagante” dagli stadi italiani. Varrebbe da sola la semplice asserzione che l’offerta te- levisiva negli altri paesi europei è la medesima (se non superiore) e gli stadi sono puntualmente caratterizzati dal “tutto esaurito”. La spiegazione della peculiare – purtroppo in senso ne- gativo – situazione italiana è che, mentre la quantità e la qualità della rappresentazione dello spettacolo televisivo offerto sono cresciuti in Italia in modo straordinario ne- gli ultimi due lustri (restando in questo senso in linea con gli altri paesi o addirittura superandoli), negli altri paesi europei si è manifestato un contestuale sviluppo delle in- frastrutture: crescita in quantità e qualità dei servizi allo spettatore, attività, funzioni e intrattenimento per diversi segmenti sociali (famiglie, ecc.), arene iper-tecnologiche. 70 Marco Brunelli

In Italia, l’aumento vertiginoso dei diritti televisivi ha con- sentito alle società di operare, senza avere l’urgenza di do- ver intervenire in modo sistematico sulle proprie strutture; questo, in aggiunta alla natura pubblica che caratterizza la quasi totalità degli impianti sportivi italiani, ha creato una sorta di cortocircuito decisionale politico-economico tuttora irrisolto. A livello europeo si è agito anche in fun- zione di un rafforzamento della cultura “del servizio allo spettatore”, cercando di mettere a disposizione un’offerta di intrattenimento sempre più variegata e diversificata ri- spetto a differenti target socio-culturali. Ciò ha permesso, in sostanza, da un lato di soddisfare le esigenze di tutte le fasce di utenza e dall’altro di massimizzare i profitti “extra-calcio”. Il paradosso è proprio questo: da un lato l’interesse e la passione per il fenomeno calcio in Italia è ai massimi livelli (a livello globale non esiste paese in cui il fenomeno calcio abbia maggior seguito e influenza mass- mediatica: basti pensare allo straordinario indotto collega- to al comparto editoriale). È un interesse che è trasversale ai più disparati segmenti sociali e, proprio per questo mo- tivo, in grado di esprimere una richiesta di servizi assai varia. Dall’altro lato, proprio in Italia gli stadi – e più in generale le strutture per lo sport e il tempo libero – versano in condizioni tali da non riuscire a coprire, se non in mi- nima e trascurabile parte, tale “fame” di spazi e di servizi legati al fenomeno calcio che l’utenza richiede. È lo stesso paradosso che richiama indirettamente quel- lo che caratterizza, più in generale, la gestione dei Beni Culturali in Italia dove, a fronte di un patrimonio artistico di straordinario valore, gli indirizzi politico-strategici non riescono a sfruttarne in modo esemplare l’indotto econo- mico che ne potrebbe derivare. Tornando al tema stadi per il calcio, mentre all’estero si parla di Stadium Experience5, pacchetti di intrattenimento diversificati che permettono di vivere un’esperienza unica che si può provare solo allo stadio (e in quello stadio in particolare), in Italia il dibat- tito verte ancora su questioni che all’estero sono già state del tutto brillantemente superate, e la legge-stadi ristagna ancora in iter parlamentari incerti. In Italia solo lo Stadio Olimpico di Roma e lo Stadio di Milano sareb- bero in grado di ospitare una finale di Champions League GLI STADI DEL FUTURO 71 o di Europa League; alcune società6 non hanno nemmeno la licenza UEFA obbligatoria per poter svolgere competi- zioni europee nel proprio impianto, proprio a causa dell’i- nadeguatezza dello stadio rispetto ai parametri minimi di sicurezza, capienza e servizi che la UEFA stessa richiede.

Gli stadi inglesi e il Taylor Report

Si può analizzare la perdita di competitività del calcio ita- liano nel contesto europeo basandosi su due fattori di rife- rimento: il ranking UEFA e l’affluenza media alle partite. Mentre fino agli anni Novanta l’Italia guidava sia la classifica delle affluenze sia quella del ranking UEFA (e l’Inghilterra era addirittura solo ventunesima nonché esclusa dalle coppe europee per motivi legati ai ben noti fenomeni poi definiti hooliganismo), oggi la situazione è diametralmente opposta. L’Italia è infatti scesa al terzo posto del ranking mentre l’Inghilterra è al secondo (al primo posto troviamo la Spagna)7. Come ha potuto uno Stato che pochi anni prima era stato coinvolto in uno delle più grandi tragedie calci- stiche della storia trasformarsi nel simbolo del fair play e dello stadio concepito come nuovo luogo di ritrovo so- ciale per tutti, famiglie comprese? Come spesso avviene, purtroppo, è stato un evento drammatico di straordinaria portata emozionale a costituire lo spartiacque per la defi- nizione di una nuova concezione dello stadio per il calcio. Una vera e propria rivoluzione – culturale prima ancora che sportiva – che ha consentito all’Inghilterra di diven- tare il modello di eccellenza assoluta per l’impiantistica dedicata al calcio. Quella che ormai è tristemente ricordata come la strage dell’Hillsborough nella quale nel 1989, mo- rirono novantasei persone, costituì la spinta decisiva per il nuovo corso del calcio nei paesi anglosassoni. L’emotività e la straordinaria impressione dei primi giorni di quell’evento tanto assurdo quanto, per certi versi, pre- vedibile, lasciò spazio alla pragmatica azione del governo inglese sotto la cui spinta fu redatto e approvato in pochi mesi il noto Taylor Report. Il documento è divenuto in breve tempo un modello giuri- dico-normativo che esprime un nuovo modo di intendere 72 Marco Brunelli l’esperienza-stadio nella sua globalità. I principali punti del Taylor Report riguardavano: l’acquisizione dei dati dei tifo- si, stadi con tutti posti a sedere numerati ed eliminazione del- le famigerate terraces, eliminazione delle barriere tra campo di gioco e pubblico con l’introduzione degli steward a bordo campo, un piano di riqualificazione di tutti gli impianti per il calcio, anche quelli delle divisioni minori. Venne creata poi la Premier League8 il campionato di calcio oggi maggior- mente evoluto dal punto di vista commerciale del suo appeal su scala globale: vennero introdotti termini come safety and security, non solo rispetto a fattori di sicurezza legata alla presenza della polizia, ma anche e soprattutto rispetto alla nuova percezione che lo stadio doveva avere come un luogo in cui lo spettatore potesse sentirsi come a casa: in totale si- curezza e con tutti i comfort e i servizi possibili. L’approccio culturale di matrice anglosassone si è rive- lato senza dubbio il più adatto a recepire in poco tempo i dettami del Taylor Report volti a definire un radicale cam- bio di direzione del sistema-calcio inglese. I tifosi, infatti, hanno compreso, con indubbio senso di responsabilità, la gravità dei problemi legati alla violenza e all’inadeguatez- za degli stadi; la “rivoluzione” del Taylor Report è stata possibile solo grazie ad un approccio bottom-up senza il quale ogni tentativo di riformare lo spettacolo-calcio nel suo complesso sarebbe stato vano. Gli investimenti delle società sono stati così primariamente rivolti non più (e non solo) all’acquisto di nuovi calciatori bensì finalizzati a miglioramenti infrastrutturali: ammodernamento che in una prima fase si è limitato agli stadi esistenti ma che nel giro di pochi anni si è sviluppato a tal punto da diventare un vero e proprio modello di intervento attraverso il quale furono concepiti diversi nuovi impianti all’avanguardia. Occorre però notare che da questo punto di vista il model- lo anglosassone non è replicabile nella realtà italiana; il modello inglese, infatti ha previsto (e prevede a tutt’oggi, nella quasi totalità dei casi), la demolizione degli impianti esistenti e la loro ricostruzione ex-novo (spesso delocaliz- zandoli). Nel contesto italiano tale approccio non sarebbe replicabile in quanto il nostro contesto è caratterizzato da un elevato numero di impianti parzialmente vincolati e con una proprietà pubblica assai invasiva. GLI STADI DEL FUTURO 73

Un caso-studio paradigmatico: l’Emirates Stadium a Londra

Un caso-studio assai interessante di ricostruzione-riqua- lificazione è costituito dal nuovo stadio dell’Arsenal a Londra, l’Emirates Stadium9. La “vecchia casa” dei lan- ceri era localizzata nel caratteristico quartiere inglese di Highbury, caratterizzato da bassi blocchi residenziali a schiera. Il club londinese ha voluto dotarsi di un nuovo impianto multi-funzionale (capienza di circa 70.000 po- sti), ritenendo di fondamentale importanza investire nel nuovo impianto, punto di partenza imprescindibile per ri- definire nuove strategie economiche finanziarie e di mar- keting a medio-lungo termine. Il percorso che ha portato alla costruzione dell’Emirates è stato caratterizzato da un’elevata complessità nella fase di programmazione e di progettazione, attraverso le quali si è delineato il proces- so decisionale che ha coinvolto, nelle diverse fasi, tutti gli stakeholders pubblico-privati: società di calcio, tifosi, abitanti dei quartieri di Highbury e di Ashburton Grove, amministrazione comunale di Londra, governo inglese, comitati, soggetti privati di investimento. Soltanto un’opera di graduale persuasione da parte della società verso i tifosi e la promessa che la memoria dello storico stadio venisse in qualche modo salvaguardata, ha consentito di convincere l’opinione pubblica della validità delle scelte urbanistiche. Altro punto critico che i dirigenti dell’Arsenal hanno dovuto far comprendere ai sostenitori è stato quello relativo alle politiche d’investimento della società, non più incentrate in via prioritaria – per almeno una decina di anni – all’acquisto di nuovi giocatori ben- sì orientate a canalizzare risorse per il finanziamento del nuovo stadio da quasi mezzo miliardo di euro. Politica che ha comportato, inevitabilmente, uno scadimento dei risultati sportivi della squadra. Anche queste remore sono state superate; i tifosi hanno accettato l’idea di un nuovo grande stadio (a poche centinaia di metri da quello vec- chio), innovativo, sicuro e multi-funzionale ed è stata so- prattutto accettata l’idea che proprio grazie al nuovo im- pianto nel medio termine la società e la squadra potranno stabilmente collocarsi tra i quattro club inglesi più ricchi 74 Marco Brunelli

(al netto degli aumenti di capitale dovuti a portafogli pri- vati, si veda ad esempio il caso del Manchester City). La complessa operazione immobiliare del nuovo Emirates ha inoltre previsto la ri-conversione del vecchio Highbury in appartamenti duplex con affaccio su quello che una volta era il campo da gioco e che oggi è, a tutti gli effetti, un sistema di giardini e orti urbani a disposizione dei resi- denti. Da un investimento complessivo di 430 milioni di euro la società guadagna – tra biglietti e altri indotti diretti e indiretti – 3,1 milioni di sterline ad ogni evento e 42 milioni di sterline dal contratto con la Fly Emirates per i naming-rights. In totale, grazie al nuovo stadio, la società dell’Arsenal fattura circa 200 milioni di sterline all’anno, rispetto ai 140 milioni di sterline dell’Highbury.

Esperienze europee tra Inghilterra, Germania e Spagna

Gli stadi inglesi, a parte gli esempi dell’Emirates Stadium e del New a Londra e dello dell’Etihad Stadium di Manchester10, sono i più “antichi” d’Euro- pa (risalenti alla nascita del calcio moderno avvenuta in Inghilterra a fine Ottocento). Nonostante la loro “storia” questi stadi sono stati progressivamente demoliti e rico- struiti (o sullo stesso sedime o in nuove aree): oggi la re- altà anglosassone è costituita da una nuova generazione di stadi moderni, a “misura di società” in quanto generatori di introiti fondamentali per sostenere nuovi investimenti, costituendo da questo punto di vista un modello da seguire sia per le grandi società sia per i club medio-piccoli. Il modello inglese è inoltre caratterizzato da un fortissimo radicamento del calcio nella cultura sociale diffusa. Qui lo stadio è vissuto in quanto casa e, anche dal punto di vista tipologico, esso è fisicamente percepibile in continuità con la tipica sequenza di case a schiera; in quanto storicamente inserito nei quartieri popolari, a pochi metri dalle case, un tutt’uno inscindibile con la culturale materiale, sportiva e sociale del luogo in cui è collocato. Se in Inghilterra si è puntato maggiormente sulla struttu- ra-stadio, in Germania sono state attuate anche ulteriori politiche indirizzate e finalizzate a migliorare la qualità GLI STADI DEL FUTURO 75 della relazione con i tifosi. Il sistema-calcio tedesco, già a partire dagli anni Novanta, veniva considerato all’avan- guardia, espressione di politiche e programmazioni assai accorte e ben calibrate sul medio-lungo termine. Di con- tro, i successi sportivi a livello di club risultavano assai rari. Le politiche di lungo periodo, finalizzate alla crescita dei settori giovanili e a una sempre maggiore fidelizzazio- ne del rapporto con il pubblico-tifoso, hanno permesso al campionato tedesco di costituire oggi il torneo europeo di riferimento (dal punto di vista organizzativo e del rappor- to costi-ricavi rispetto agli investimenti). Sia per l’Inghil- terra che per la Germania le politiche adottate costituisco- no una chiara risposta a situazioni critiche di partenza: mentre nel caso inglese la crisi derivava dallo stato fati- scente delle strutture in sé e dai fenomeni diffusi del tifo violento, in Germania la crisi derivava sostanzialmente dalla scarsa competitività sportiva delle proprie squadre. Lo scadente spettacolo dovuta alla debolezza tecnica del- le compagini doveva necessariamente essere compensato con iniziative in grado di stimolare il pubblico a frequen- tare comunque lo stadio. Durante gli anni Novanta la Germania ha quindi adot- tato alcune soluzioni mirate a soddisfare le esigenze dei tifosi e non solo: ad esempio, mantenendo la possibilità dei posti in piedi nelle curve almeno per le partite dome- stiche (modularità per venire incontro all’obbligo UEFA di avere solo posti a sedere nelle coppe); promuovendo politiche, in accordo con le società più importanti, di cal- mieramento del prezzo medio dei biglietti e introducen- do pacchetti ad hoc diversificati in base alla tipologia di utenza (famiglie, giovani, ecc.). Proprio in Germania nei primi anni Novanta, nasce il servizio denominato sup- porters liaison office, che ha il compito di assistere gli utenti dall’acquisto del biglietto all’organizzazione delle trasferte11. Ciò costituisce il primo passo nella graduale trasformazione dello status sociale del tifoso-spettatore a tifoso-utente generico per arrivare al concetto attualmente ormai diffuso ditifoso-cliente , in cui l’accezione di tifoso ha definitivamente perso la sua connotazione prettamente sportiva per spostarsi verso quella più ampia e più stret- tamente commerciale. L’infrastrutturazione impiantistica 76 Marco Brunelli sportiva tedesca ha poi definitivamente mutato direzione in occasione dei Campionati del Mondo di calcio che la Germania ha ospitato nel 2006. A differenza del modello inglese, in Germania il grande evento dei mondiali ha fornito l’occasione per mostrare al mondo la supremazia tecnologica da un lato e la sensibilità ambientale filo-eco- logista del popolo tedesco dall’altro. Certamente, enormi sono stati gli investimenti, mirati a una generale riqua- lificazione non solo degli impianti in sè bensì, senon soprattutto, a nuove infrastrutture e alla riqualificazione di interi comparti urbani e peri-urbani. I nuovi stadi di Germania 2006 hanno costituito dei veri e propri motori di rigenerazione urbana, centri di attrazione per un indot- to socio-economico assai evidente: dalla realizzazione di nuovi mega-parchi urbani (Francoforte, Lipsia, Monaco di Baviera, Stoccarda, Hannover), alla sperimentazione di nuove tecnologie per il risparmio energetico (Allianz, Gelsenkirchen) e per la realizzazione di visionarie archi- tetture mobili (Gelsenkirchen, Francoforte) o di involucri interattivi (Monaco di Baviera). Negli anni successivi al 2006, anche in Germania si è verificato un rinnovamento diffuso dell’impiantistica che ha investito anche tutta una serie di impianti “minori” (per il calcio e non solo). Il modello di sviluppo del sistema-calcio spagnolo diffe- risce sia da quello inglese sia da quello tedesco. Per certi versi può essere avvicinato – come modello culturale di calcio “latino” – al contesto italiano ma, rispetto a esso, ha saputo rinnovarsi e ammodernare il sistema infrastrut- turale degli impianti sportivi, grazie ad una govenance più avveduta e più avanzata dal punto di vista manageriale. Non si registrano grandi eventi che hanno favorito tale processo e solo in parte particolari esigenze di sicurezza, bensì è cresciuta la consapevolezza che, rispetto a una do- manda crescente di servizi e spazi di qualità da parte dei tifosi (il fenomeno-calcio in Spagna ha tradizionalmente un seguito enorme), gli stadi esistenti non erano più in gra- do di soddisfare l’offerta. Ecco quindi che le maggiori so- cietà della Liga BBVA (Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Atlethic Bilbao, Valencia, ecc.) in accordo con so- cietà private di investimento, hanno cominciato a costruire GLI STADI DEL FUTURO 77 nuovi impianti o a riqualificare profondamente quelli esi- stenti: un effetto-traino delle società più importanti che ha coinvolto anche quelle meno strutturate senza però creare una vera e propria nuova infrastrutturazione “dal basso”. Il modello-Spagna, infatti, ha privilegiato sino ad ora un approccio up-down che ha comunque permesso di “smuo- vere” un panorama ingessato in posizioni arretrate che, purtroppo, caratterizzano ancora con evidenza e diffusa- mente il contesto italiano.

La tessera del tifoso, strumento di competitività dello stadio

La tessera del tifoso è nata per essere uno strumento di relazione tra le società sportive e la massa di persone che, più o meno assiduamente, frequentano lo stadio. In parti- colare è stata introdotta con l’obiettivo di risolvere alcuni problemi legati al biglietto nominativo, consentendo al ti- foso di registrarsi una sola volta anziché eseguire da capo tutte le procedure per ogni singolo biglietto. Uno stru- mento utile in primo luogo ad aumentare la sicurezza ne- gli stadi grazie all’acquisizione dei dati dei singoli acqui- renti dei biglietti di ogni singola persona che vi accede; in seconda battuta può essere finalizzato alla creazione di una “carta fedeltà” erogatrice di diversi servizi-vantaggi a favore del tifoso. Anche in questo ambito va messo in evidenza come esista una diversa cultura del servizio dei vari club inglesi rispetto a quelli italiani: ad esem- pio la Football League (Lega che riunisce i tre campio- nati professionistici a esclusione della Premier League) coordina, supervisiona, e supporta tutte le società nello sviluppo delle politiche atte a far crescere “i tifosi del fu- turo”, attraverso agevolazioni, forme interattive, servizi, promozioni, intrattenimento allo stadio, ecc. Queste stra- tegie possono innescare la nascita di nuovi mestieri legati alla gestione di uno stadio: lo stadium-manager (figura ormai consolidata all’estero anche per realtà societarie medio-piccole), costituisce l’esempio più lampante di colui che affronta la gestione dello stadio, dall’organiz- zazione degli eventi al rapporto con i tifosi. 78 Marco Brunelli

La situazione degli stadi italiani dal 1990 ad oggi. Scenari attuali e futuri

Inghilterra e Germania costituiscono, allo stato attuale, i due Paesi i cui modelli di sviluppo e gestione delle infra- strutture sportive rappresentano un imprescindibile rife- rimento non solo in merito a questioni strettamente eco- nomiche bensì per come hanno saputo creare, a partire da situazioni di crisi, modelli di gestione del sistema-calcio e della struttura-stadio altamente innovativi e competitivi. L’Italia, caratterizzata da una cronica situazione di crisi e di vera e propria emergenza infrastrutturale da decenni (nel settore sportivo come in molti altri), non è ancora riuscita a definire un proprio modello di sviluppo a lungo termine. Il contesto italiano risulta per ovvie e diverse ragioni (eco- nomiche, culturali, geografiche), differente da quello in- glese, tedesco e spagnolo; basti pensare alla stretta relazio- ne tra impianti esistenti e i vari regimi di tutela afferente alla sfera di Beni Culturali: non è pensabile, nel nostro Paese, azioni ripetute di demolizione e rifacimento così diffusa come quella adottata, ad esempio, in Inghilterra. Il modello attuale – in cui gli introiti sono basati quasi esclusivamente sui diritti televisivi – non è più persegui- bile, evidenziando i primi segni di un collasso globale del sistema-calcio italiano che oggi sono già evidenti (falli- menti di società “gloriose” con bacini di utenza potenzial- mente enormi; scadimenti dei risultati sportivi a livello europeo; fatturato medio, ecc.). L’ultima volta che l’Italia ha visto la costruzione di nuovi stadi è stata in occasio- ne del campionato di calcio 1990. L’esperienza di Italia ‘90, se confrontata con altre similari a livello europeo o mondiale, risulta essere quella di gran lunga più negativa. Mondiali in Francia nel 1998, Europei in Olanda e Belgio nel 2000, Mondiali in Germania nel 2006 e via di segui- to: tutte esperienze organizzative di grandi eventi straor- dinariamente positive per l’economia del Paese ospitante e per l’ammodernamento infrastrutturale legato al calcio e allo sport in generale. Le “scorie” di Italia ‘90 sono an- cora oggi ben visibili sul nostro territorio: stadi troppo grandi per le realtà sportive e socio-demografiche in cui sono inseriti; strutture già fatiscenti e obsolete in quanto GLI STADI DEL FUTURO 79 concepite secondo vecchi modelli tipologici e progettuali (basti pensare alla lontananza dal campo di gioco; all’uso di materiali quali il calcestruzzo armato utilizzato senza le opportune accortezze, alle tribune scoperte, ecc.); struttu- re poco sicure e accoglienti, senza alcun tipo di servizio a integrazione dello spettacolo calcistico ad esclusione di banali, quanto scontati, punti-ristoro in localizzazioni scomode e poco e/o male connesse. Italia ‘90, per mol- ti versi, avrebbe potuto costituire una decisiva occasione per il sistema-calcio nazionale finalizzata a poter avvia- re un percorso di riqualificazione generale degli impian- ti sportivi: un incentivo a definire politiche di program- mazione e pianificazione a lungo e medio periodo che probabilmente avrebbero portato oggi l’Italia, a distanza di un quarto di secolo, a competere alla pari con le altre nazioni europee. Nulla di tutto ciò è avvenuto. Il trend, già allora, mostrava un graduale allontanamento del pub- blico dagli stadi, percepiti come luoghi ostili, poco sicuri e scarsamente accoglienti (specie per donne e bambini). Indagini statistiche condotte negli ultimi anni su un signi- ficativo campione di popolazione (venti milioni circa di italiani si definiscono tifosi di una qualche società calci- stica) evidenziano un trend di sempre maggiore squilibrio tra chi segue gli eventi attraverso i media e chi frequenta gli stadi. Paradossalmente, proprio sul tema “sicurezza” in Italia si sono concentrati gli unici investimenti importan- ti: installazione dei tornelli, telecamere, regolamentazione degli accessi. Attualmente gli stadi italiani possono essere considerati a ragion veduta luoghi sicuri, pur mantenendo il loro aspetto di fortezza inaccessibile soprattutto se os- servati da chi non segue il calcio in qualità di tifoso. Non è sufficiente, anche se necessario, rendere uno stadio sicuro e “a norma” per invogliare il pubblico ad andare a vedere le partite, è necessaria una campagna di sensibilizzazione culturale congiuntamente a un’imponente opera di riqua- lificazione degli impianti. In tal senso in Italia gli esempi sono pochi: la burocrazia e l’incertezza normativa spesso disincentivano iniziative di questo tipo. Le nuove realiz- zazioni si limitano allo (Torino, 2011, ex-novo ora Allianz Stadium) e alla Dacia Arena (Udine, 2016, riqualificazione dell’esistente). 80 Marco Brunelli

Un’altra causa dell’arretramento del nostro sistema calci- stico si collega direttamente all’influenza che i diritti tele- visivi hanno avuto, a partire dagli anni Ottanta e Novanta, sui bilanci delle società di serie A e B. Queste ultime hanno visto aumentare i loro introiti in modo esponenziale senza l’esigenza di effettuare alcuna azione concreta di migliora- mento delle proprie strutture. Inoltre, mentre alcune socie- tà italiane si sono quotate in borsa basandosi sui soli risul- tati calcistici, le società inglesi si sono quotate attraverso credibili progetti sportivi e immobiliari, nei quali la riqua- lificazione del proprio patrimonio di real estate costitui- scono un tutt’uno con i risultati che la squadra raggiunge. La legge sugli stadi12 dovrebbe regolare e velocizzare il processo di rinnovamento, definendo e individuando, final- mente, passaggi chiari all’interno dei complessi e tortuosi percorsi di programmazione e pianificazione che caratte- rizzano le infrastrutture sportive. Al di là delle norme, va ancora una volta evidenziato come solo un atteggiamento culturalmente e profondamente diverso da quello fino ad ora adottato sarebbe in grado di trasformare concretamen- te il sistema-calcio nel suo insieme.

Lo stadio “deve innanzitutto fare lo stadio”

Lo stadio deve innanzitutto fare lo stadio e attirare più persone possibili, fare il tutto esaurito, perché solo così anche tutte le altre attività correlate saranno sostenibili. Qui di seguito vengono schematicamente indicate alcune caratteristiche, che uno stadio dovrebbe possedere affinché faccia lo stadio. Uno dei fattori prioritari è l’importanza del sold-out: lo stadio dell’Arsenal, ad esempio, ogni volta che ospita un evento, ossia circa 40 volte l’anno, incassa 3 milioni di sterline tra biglietti e altre attività. Negli stadi inglesi la media dei posti occupati è del 92%, con casi, come l’Emirates, che toccano il 99%. In Italia la media è intorno al 50%. Uno stadio moderno è quindi uno sta- dio che si riempie (in molti casi oltre il 90%) e con molti abbonati. In tal modo le società possono contare a inizio stagione su incassi sicuri e immediati che possono essere da subito re-investiti. GLI STADI DEL FUTURO 81

Un altro tema riguarda il rinnovamento e ristrutturazione degli impianti: considerando l’età media degli stadi euro- pei, gli stadi del Regno Unito, assieme a quelli italiani, sono i più obsoleti, mentre le nazioni che hanno ospitato manifestazioni sportive recenti, come Russia, Germania, Francia, Polonia, Ucraina hanno stadi di età media infe- riore. Perfino gli anni medi di rinnovamento sono simili tra Italia e Inghilterra; ma, mentre in quest’ultima si sono investiti 3 miliardi di sterline per costruire nuovi stadi o migliorare quelli esistenti e 150 milioni di sterline all’anno per garantire azioni costanti di riqualificazione e ammo- dernamento, in Italia gli unici investimenti significativi- sono stati fatti sulla sicurezza non risolvendo tuttaviala mancanza di attrattività degli stadi. La qualità del servizio è al centro della questione: la va- lutazione sul costo del biglietto dipende dal valore che le persone associano ai servizi che il biglietto rappresenta. Analizzando i dati, emerge che in Italia i biglietti sono me- diamente meno cari nei settori a basso costo quali le curve: all’estero, tuttavia, anche le curve sono dotate di diversi servizi. Di contro i prezzi dei settori quali tribune e distinti in Italia sono mediamente i più alti d’Europa, pur fornendo una qualità minore di servizi e comfort. Si deduce che in Italia non vi è un equilibrato rapporto tra qualità del servi- zio e costo richiesto. Interpretare la gestione dello stadio come opportunità consentirebbe di migliorare la sicurezza, ridurre i costi del patrimonio di edilizia pubblica (ad oggi ancora ingenti), riqualificare aree degradate spesso collocate in posizione urbana e peri-urbana strategiche, creare nuovi settori eco- nomici e nuovi posti di lavoro.

Conclusioni

Il divario esistente tra il sistema calcio italiano e quello de- gli altri paesi europei è destinato ad aumentare. Se non si riqualifica l’enorme patrimonio immobiliare costituito da- gli stadi, il calcio italiano sarà destinato a perdere ulteriori posizioni, poiché i diritti televisivi – dopo un decennio di aumenti esponenziali – sono destinati a stabilizzarsi. Le 82 Marco Brunelli nuove infrastrutture saranno quindi un punto fondamen- tale affinché gli introiti commerciali delle società possano finalmente decollare. Il tifoso è straordinariamente coinvolto in tutto ciò che ri- guarda la sua società di calcio e la fedeltà di marca del cliente-tifoso è inimmaginabile per un qualsiasi altro tipo di azienda: se nelle altre aziende la fedeltà del cliente è uno degli obiettivi più importanti da perseguire, nel calcio que- sto è un dato già scontato e ampiamente assodato in par- tenza. Se in una prima fase le televisioni hanno cercato di portare in ogni casa l’esperienza dello stadio, oggi, al con- trario, gli stadi – già realizzati nel resto d’Europa – stanno cercando di inglobare al loro interno l’esperienza della te- levisione. Lo stadio costituisce la materializzazione fisica di un’esperienza globale. L’auspicio è che nell’immediato futuro l’Italia torni a primeggiare nell’architettura delle in- frastrutture sportive come fu all’inizio del secolo scorso.

1 I modelli dei Paesi citati differi- indipendentemente da un interesse scono, anche in modo sostanziale, diretto per le vicende sportive. sulle modalità di approccio. In co- 5 Questi “accorgimenti” sono in mune vi è comunque la volontà po- grado di creare, nei tifosi-utenti, il litica di definirevision strategiche a feeling e il senso di appartenenza medio-lungo periodo, caratterizzate e partecipazione nei confronti di da interventi organici a largo rag- stadio e società. Da questo punto gio e da approcci bottom-up che di vista l’Italia è rimasta ferma, ne- prediligono investimenti strutturali gli altri paesi gli stadi nuovi hanno diffusi a partire dalle strutture per lo avuto un ottimo impatto in termini sport non professionistico. di incremento del fatturato delle so- 2 Il termine è inteso come quell’in- cietà corrispondenti. sieme di caratteristiche – economi- 6 La classificazione UEFA confe- co-finanziarie, socio-culturali, politi- risce agli stadi europei un diverso che, architettoniche, territoriali – che livello di giudizio a seconda delle definiscono il sistema-stadio come loro caratteristiche. Si veda anche fattore decisivo per la crescita di un la Guida UEFA agli stadi di qualità. movimento calcistico in genere. 7 Per un approfondimento si veda: 3 Per un approfondimento si veda: https://it.uefa.com/memberassotia- UEFA club rankings in www.uefa. tions/uefarankings/index.html. com. 8 La Barclays Premier League è 4 Si parla di “azienda-calcio” in la massima serie del campionato riferimento alla trasformazione so- inglese di calcio posta sotto l’egida cio-culturale dalla figura tradizio- della Football Association. nale del “tifoso” a quella di “tifoso- 9 L’Emirates Stadium ospita le utente” o, semplicemente “utente” partite casalinghe dell’Arsenal: si GLI STADI DEL FUTURO 83 trova a Ashburton Grove, a nord di Road al nuovo impianto. Misura 106 Londra, ed è stato inaugurato nel m di lunghezza e 71 di larghezza con 2006. Lo stadio ha una capienza di una capacità di 47.726 posti. 60.260 posti, tutti a sedere. 11 La UEFA ha poi reso obbliga- 10 L’Etihad Stadium, nome com- torio tale servizio (in Italia è stato merciale del City of Manchester Sta- recepito introducendo la figura del dium, è un impianto sportivo multi- “responsabile dei rapporti con la funzione di proprietà comunale, che tifoseria”). ospita gli incontri interni del Man- 12 Si tratta della proposta di Legge chester City. Inizialmente progettato Nardella, che è stata approvata in per i Giochi della XXVII Olimpiade, data 27 dicembre 2013 (testo in vi- che Manchester si candidò ad ospi- gore dal 12 novembre 2014), all’in- tare, fu costruito nel 2002, al costo terno della L. n. 147, art. 1 commi di 110 milioni di sterline, per ospi- 303, 304, 305. Per un approfondi- tare i Giochi del Commonwealth. In mento sul tema si veda: CONI Ser- seguito è stato ristrutturato ad uso vizi, 2014, «Guida all’applicazione calcistico diventando lo stadio della della Legge dello sviluppo dell’im- squadra, che ha lasciato il preceden- piantistica sportiva», in Spazio te impianto di spostatosi dal Maine Sport, n. 28, gennaio-febbraio.

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LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA Prospettive di crescita di Guglielmo Cammino, Niccolò Donna

Lo stadio di calcio rappresenta la casa del tifoso, il luogo simbolo che connette la cittadinanza allo sport. La funzio- ne degli stadi è di primaria importanza, poiché rappresen- tano il punto di riferimento per milioni di persone che tutte le settimane dedicano il loro tempo alla propria squadra del cuore, con l’obiettivo di trasmettere e provare emozio- ni uniche. Risulta dunque fondamentale adattare gli impianti alle esigenze e alle necessità del tifoso, focalizzando l’atten- zione sui servizi a lui dedicati. Ogni cittadino dovrebbe infatti avere il diritto di assistere agli spettacoli sportivi in ambienti moderni, fruibili, comodi e, soprattutto, sicu- ri. La capacità di riuscire a garantire un simile scenario, particolarmente in un momento economico estremamen- te delicato, è strettamente connessa alla realizzazione di infrastrutture sportive all’avanguardia o all’ammoderna- mento degli impianti esistenti, che spesso nello scenario italiano appaiono obsoleti e fatiscenti; è infatti riscontrabi- le una stretta relazione fra la capacità di attirare praticanti e spettatori e la moderna fruibilità degli impianti sportivi. La programmazione, costruzione e gestione di una nuova generazione di infrastrutture sportive per il calcio italiano potrà consentire altresì la crescita del business legato ai ricavi da gare, riuscendo ad incrementare e diversificare i fatturati dei top club, attualmente troppo legati ai proventi derivanti dai diritti televisivi. Il presente lavoro si propone di analizzare le differenze esistenti tra i parametri economici dello sport professio- nistico del Nord America, a oggi considerato il bench- mark di riferimento, e quelli del calcio europeo, per poi esaminare le eccellenze rappresentate dal modello tedesco e inglese di impiantistica sportiva legata al calcio. Si evi- denzieranno, in un secondo momento, le criticità relative agli impianti calcistici italiani, indicando un possibile per- 86 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna corso da seguire, finalizzato alla creazione di un modello di business che possa da un lato accrescere ulteriormen- te l’interesse dei tifosi verso il calcio italiano e dall’altro, valorizzare un settore dotato di margini di crescita poten- zialmente rilevanti (come testimoniato dalle best practice internazionali), ma finora inespressi.

Modello sportivo europeo vs modello sportivo del Nord America

L’aspetto infrastrutturale riveste un ruolo sempre più rile- vante nello scenario attuale del sistema sportivo a livello globale; tale rilevanza va a incidere fortemente sulle di- namiche economiche del settore. Il potenziale ancora ine- spresso da parte del calcio europeo risulta particolarmente significativo. Attualmente vi è, infatti, un grosso divario tra gli sport professionistici del Nord America e le 54 Top Division calcistiche europee in termini di ricavi da gare, composti dalla vendita di biglietti e abbonamenti. Nel 2017 le 122 franchigie nordamericane (ripartite tra NFL, NBA, MLB ed NHL) hanno generato ricavi da gare pari a 6,9 miliardi di euro (ovvero 56,2 milioni di euro in media per ogni società) contro i circa 3 miliardi di euro incassati dai 713 club militanti nei 54 massimi campionati calci- sti europei (di cui 2,2 miliardi riferibili alle 5 Top League europee, ovvero Premier League inglese, Bundesliga te- desca, Liga spagnola, Serie A italiana e Ligue 1 francese, vale a dire una media per società pari a 22,1 milioni). Confrontando le principali franchigie delle 4 leghe ame- ricane ed i primi club del calcio europeo in termini di fatturato, emerge come le prime riescano ad ottimizzare maggiormente i ricavi derivanti da gare. La Top 20 delle franchigie americane ha registrato introiti di questo tipo per 1.928 milioni di euro, una differenza di oltre 600 mi- lioni (+ 45%) rispetto ai 1.326 milioni incassati dai 20 principali club calcistici europei. Nei primi 5 posti della classifica delle 10 società sportive con i maggiori ricavi da gare al mondo figurano inoltre solo franchigie di baseball affiliate alla MLS, con in testa i New York Yankees (224,5 milioni di euro), seguiti da Chicago LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 87

Cubs (172,8), Boston Red Sox (155), Los Angeles Dodgers (151,8) e San Francisco Giants (145,3). Il primo club calci- stico europeo, ovvero il Barcellona, si posiziona appena al sesto posto (con ricavi da gare pari a 137,2 milioni). La differenza esistente tra lo sport nel Nord America ed il calcio europeo è riscontrabile anche in termini di affluenza degli spettatori (in considerazione anche del diverso nu- mero di partite disputate), tanto è vero che nel 2017 sono stati 133,8 milioni i tifosi che hanno assistito alle gare di NFL, NBA, MLB e NHL, mentre nello stesso periodo in Europa il numero di persone che hanno popolato gli stadi di tutte le 54 Top Division calcistiche europee non ha su- perato i 98 milioni. Alla base della notevole supremazia delle franchigie ame- ricane c’è innanzitutto l’ingente livello di investimento nell’impiantistica sportiva: secondo uno studio della socie- tà di consulenza PwC, dal 1996 a oggi sono stati investiti oltre 32 miliardi di dollari per la costruzione e il miglio- ramento di 83 diversi stadi. La natura dei capitali investiti ha visto la forte crescita dei contributi privati rispetto a quelli pubblici. Le sole franchigie di football americano hanno speso negli ultimi venti anni quasi 14 miliardi di dollari per la realizzazione di 22 nuovi stadi, e l’incidenza dei capitali privati, rispetto a quelli pubblici, è salita dal 36% del periodo 1997-2002 al 73% tra il 2003 e il 2017. Il forte aumento degli investimenti nell’impiantistica sporti- va ha portato alla creazione di gioielli architettonici dotati delle più recenti innovazioni dal punto di vista tecnologi- co, al fine di rendere unica la fan experience e attrarre un pubblico sempre più ampio: il nuovo Stadio degli Atlanta Falcons e le future case dei Las Vegas Raiders e dei Los Angeles Rams, per i quali sono stati investiti oltre 6 miliar- di di dollari, sono gli esempi più recenti di questo trend.

Il calcio europeo: evoluzione affluenza e ricavi da gare

Analizzando l’evoluzione dell’affluenza e dei ricavi da gare nel corso degli ultimi anni è doveroso menzionare il momento storico particolare che sta attualmente attraver- sando il settore calcistico europeo, caratterizzato da una 88 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna complessiva fase di stasi in termini di affluenza comples- siva. Negli ultimi 12 anni, il numero di spettatori nelle 54 Top Division europee si è attestato, con variazioni mini- me, sempre intorno ai 100 milioni. L’incidenza dei ricavi da gare sul fatturato aggregato dei club europei è invece diminuita, passando dal 23% del 2006 al 15% del 2017 (a fronte di un incremento in termini assoluti di 0,7 miliardi di euro). Restringendo invece il campo ai ricavi relativi ai 20 top club europei per fatturato, tale incidenza è passata dal 29% del 2006-2007 al 17% del 2016-2017. Dai dati emerge quanto oggi i ricavi derivanti dalla vendita di bi- glietti e abbonamenti non rappresentino più la principale fonte di entrata dei club calcistici, essendo stati superati negli ultimi anni dai ricavi commerciali e da quelli deri- vanti dalla vendita dei diritti audiovisivi. A testimonianza di questo scenario, nella stagione 2016- 2017 si segnala come 11 squadre su 20 di Premier League avrebbero potuto chiudere l’esercizio in attivo senza dover vendere neanche un biglietto. Il dato è dovuto principal- mente alla forte crescita degli importi derivanti dagli ac- cordi siglati, sia a livello nazionale che internazionale, per la vendita dei diritti televisivi, che rappresentano la princi- pale fonte di introiti per le squadre inglesi (61% rispetto al 13% dei ricavi da gare). Lo scenario presente nel confronto tra le 5 Top League eu- ropee appare molto diversificato. Osservando nel dettaglio il trend relativo all’evoluzione dei ricavi da gare tra il 2003- 2004 ed il 2016-2017 si riscontra infatti un incremento de- gli incassi della Bundesliga pari al +143% (passando da 207 a 504 milioni di euro), seguita da Liga (+97%), Ligue 1 (+52%), Serie A (+26%) e Premier League (+22%). Analizzando i dati in termini assoluti, la Premier League risulta comunque il campionato che nel corso del perio- do considerato ha sempre massimizzato maggiormente gli introiti derivanti dalla vendita di biglietti e abbonamen- ti. Con riferimento alla sola stagione 2016-2017, il dato relativo al principale campionato inglese ha raggiunto i 718 milioni di euro, contro i 544 della Liga, i 504 della Bundesliga, i 217 della Serie A ed i 182 della Ligue 1. Emerge in particolare la differenza nei percorsi intrapresi da Bundesliga e Serie A: se nel 2003-2004 il distacco tra i LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 89 due campionati era sostanzialmente ridotto, con le società della massima divisione tedesca che incassavano il 20% in più, nel 2016-2017 lo spread è aumentato fino al 132%, vale a dire quasi 300 milioni di euro di differenza. Il crescente gap esistente tra il calcio italiano e i com- petitor esteri appare ancora più evidente nel confronto a livello di club. Tra il 2002-2003 ed il 2015-2016 l’evo- luzione dei ricavi da gare dei top club italiani rispetto ai top europei ha seguito infatti un percorso opposto. Milan, Inter e Roma incassano meno rispetto a 13 anni fa, mentre la Juventus è l’unico club ad aver incrementato i propri introiti grazie all’inaugurazione del Juventus Stadium nel 2011. All’opposto, le principali società europee hanno sa- puto generare maggiori ricavi, per merito soprattutto della presenza degli impianti di proprietà. Il club che maggior- mente ha accresciuto gli incassi derivanti dalla vendita di biglietti e abbonamenti nel periodo considerato è l’Ar- senal (+93,5 milioni di euro), mentre nel complesso è il Manchester United la società che ha generato più introiti dai ricavi da gare a livello aggregato negli ultimi 13 anni (1.665,6 milioni di euro). Prendendo i Red Devils come termine di paragone, il confronto con il calcio italiano è quasi demoralizzante: il Milan, la squadra del campiona- to italiano che, nello stesso periodo, ha ottenuto a livello aggregato gli incassi maggiori dalle partite casalinghe, ha registrato ricavi totali per 418,1 milioni di euro, vale a dire un quarto degli introiti della squadra inglese. Le dinamiche relative ai ricavi da gare nascono, ovviamen- te, dal trend degli spettatori presenti negli stadi. Con riferi- mento all’affluenza media nelle 5 Top League europee, nel periodo compreso tra le stagioni 1996-1997 e 2016-2017 la Serie A risulta essere l’unico campionato analizzato ad avere registrato una flessione (da 29,5 a 21,3 migliaia di spettatori medi per partita), contro gli aumenti di Liga (da 24,2 a 27,6), Premier League (da 28,4 a 35,8), Bundesliga (da 30,9 a 40,7) e Ligue 1 (da 14,2 a 21,1). In termini asso- luti da un decennio si segnala il dominio della Bundesliga, culminato nella stagione 2014-2015 con 42.685 spettatori medi per partita. La disaffezione del pubblico italiano è ancora più evidente nel confronto relativo all’affluenza media dei campionati 90 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna di seconda, terza e quarta divisione. Infatti, anche da que- sta graduatoria si evince come Germania (Bundesliga 2, 2°divisione) e Inghilterra (Championship, 2° divisione) registrino dati di gran lunga superiori rispetto alle serie cadette degli altri campionati, rispettivamente con una me- dia di 21.739 e 20.084 per partita, addirittura sui livelli della Serie A italiana. La media spettatori in Spagna per una partita di Liga Adelante (2° divisione) del 2016-2017 è stata pari a 7.617 spettatori, mentre la Serie B italiana ha riportato una media di 6.545 per gara.

Stadio “costo” e stadio “ricavo”

I dati e i trend descritti nel capitolo precedente riassumono le difficoltà presenti nello scenario italiano e il crescente gap con i modelli esteri. Un differenziale che nasce dalla differente concezione del “modello stadio” tra il sistema sportivo italiano e quello degli altri principali Paesi. Considerato il fatto che non è possibile delineare un mo- dello perfetto che possa essere indifferentemente applicato a tutte le diverse realtà calcistiche e sportive del pianeta, risulta infatti in ogni caso possibile classificare gli impian- ti in due macro-modelli: “stadio costo” e “stadio ricavo”. Lo stadio costo si caratterizza, in termini generali, per la proprietà pubblica, con conseguente costo di locazione a carico della società calcistica e costo della manutenzio- ne che preme sui conti pubblici. La struttura, quasi mai economicamente sostenibile, presenta un basso livello di comfort, sicurezza e appeal verso i tifosi; è la cosiddet- ta “cattedrale nel deserto” contraddistinta dall’assenza di servizi necessari a renderlo accessibile e fruibile, tanto che l’impianto viene utilizzato quasi esclusivamente nel matchday. Tale “non modello”, tipico degli stadi italiani, ha comportato una progressiva disaffezione del pubblico che si traduce in una sempre meno consistente affluenza e nelle corrispondenti ricadute negative in termini economici. Sono opposte, invece, le caratteristiche del modello “sta- dio ricavo”, la cui gestione è quasi sempre affidata diretta- mente ai club calcistici che ne sono proprietari, o che par- tecipano come azionisti a società miste pubblico-privato. LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 91

Generalmente si tratta di un impianto nuovo o profonda- mente rinnovato, di conseguenza moderno, confortevole, sicuro e soprattutto finanziariamente sostenibile. Offre ogni genere di servizio utile a renderne redditizia la gestione. Viene utilizzato anche per attività extracalcistiche (concer- ti, spettacoli, mostre, visite guidate, convegni e corporate events). Germania e Inghilterra vantano i migliori esempi di questo modello di impiantistica sportiva, che è anche in grado di offrire prospettive economiche capaci di attirare l’attenzione di finanziatori pubblici e privati. Le società di Bundesliga e Premier League basano infatti i loro successi sulla capacità di sfruttamento degli impianti e delle attività commerciali connesse alla valorizzazione del brand.

Il modello inglese

In Inghilterra il processo di rinnovamento infrastrutturale ha una data ben precisa, che coincide con l’emanazione del Taylor Report nel 1989. Nei 5 anni precedenti si veri- ficarono le stragi dell’Heysel (1985), di Bradford (1985) e Hillsborough (1989) che costarono la vita ad un nume- ro complessivo di 191 tifosi. A seguito di questi tragici eventi, derivanti sia dalle intemperanze degli hooligans che dalle carenti infrastrutture degli stadi inglesi, fu for- mata una commissione parlamentare presieduta dal giu- dice Peter Taylor, su mandato del governo britannico, per redigere un report finalizzato a risolvere il problema del- la sicurezza all’interno degli impianti sportivi. Una volta conclusa la fase di studio e pubblicato il Taylor Report, le direttive imposero l’eliminazione delle barriere tra il pub- blico e il campo di gioco, l’abolizione delle terraces (gra- dinate) rendendo tutti i posti a sedere e coperti per il 100% della capienza, l’introduzione di telecamere di sicurezza a circuito chiuso in grado di identificare potenziali pericoli, la creazione in ogni stadio di stand dedicati ai diversi seg- menti della tifoseria (come la family area), l’aumento del numero e della qualità dei servizi offerti ai tifosi (come la creazione di aree VIP ed Hospitality), oltre all’obbligo generale per le società di investire per il miglioramento della qualità delle infrastrutture. Qualunque club che entro 92 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna un anno e mezzo dalla pubblicazione del Rapporto non avesse soddisfatto i requisiti stabiliti sarebbe stato (senza alcuna eccezione) escluso dal campionato. A 29 anni di distanza dall’emanazione del Taylor Report i risultati sono evidenti. L’85% degli stadi della Premier League è oggi di proprietà privata, fruttando mediamen- te quasi 36 milioni di euro di ricavi da gare per club nel 2016-2017 (oltre 3 volte di più rispetto ai club di Serie A), tanto è vero che nella Top 20 dei club europei per ri- cavi da gare figurano 8 società inglesi. Tra il 1992-1993 ed il 2016-2017 l’investimento complessivo negli stadi del calcio professionistico britannico si attesta intorno ai 4,9 miliardi di sterline (di cui 3,6 miliardi relativi alla Premier League), che hanno portato all’edificazione di 32 nuovi stadi con una capienza complessiva pari a 763.000 posti. L’esempio inglese dimostra come i club dotati di un im- pianto di proprietà abbiano più possibilità di aumentare i ricavi derivanti dall’impianto stesso, grazie soprattutto a un maggiore facilità nell’apportare interventi di rinnova- mento funzionali a rendere la struttura più confortevole, personalizzata e attrattiva per i propri tifosi e per le loro famiglie. La capacità di modernizzare l’impianto adattan- dolo alle mutevoli esigenze del proprio pubblico si tra- duce, nel breve e nel lungo periodo, in una stabilizzazio- ne e potenziale incremento dei ricavi da gare e di quelli commerciali. Uno dei migliori esempi è rappresentato dall’Emirates Stadium, la nuova casa dell’Arsenal a partire dal 2006, anno nel quale i Gunners si sono trasferiti lasciando lo storico stadio di Highbury, la cui vendita del terreno su cui sorgeva l’impianto ha permesso la costruzione di 700 appartamenti. La gestione immobiliare ha consentito all’Arsenal di realizzare sostanziosi introiti; in particolare il conto economico del club ha registrato tra il 2001-2002 e il 2016-2017 nuovi ricavi aggiuntivi per 466,9 milioni di sterline e 69 milioni di utili. Il costo dell’operazione di costruzione dell’Emirates Stadium ammonta a 564 mi- lioni di euro, coperti da un modello di project financing interamente costituito da apporti di capitale privato; la sola cessione per 15 anni dei naming rights dell’impianto ad Emirates ha fruttato un introito di 100 milioni. Lo sta- LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 93 dio, che conta una capienza di 59.867 posti, è dotato di 150 skybox per un costo unitario che varia tra le 65.000 e le 150.000 sterline annue, oltre a ristoranti, bar, museo, uffici e infrastrutture varie. Tutti questi servizi si tradu- cono in un costo maggiore per i tifosi, la cui spesa media annua è passata dalle 480 sterline necessarie per accede- re ad Highbury alle 2.387 sterline nel caso dell’Emirates Stadium. Tutto ciò ha permesso all’Arsenal di aumentare notevolmente la voce a bilancio relativa ai ricavi da gare, che è passata dai 63,8 milioni di euro del 2005-2006 ai 134,6 milioni della stagione successiva. Il processo di ammodernamento degli stadi di calcio in- glesi è dinamico ed in continuo divenire, come testimo- niato dai numerosi investimenti e progetti, tra cui l’am- pliamento della capienza di Road (storico stadio del Liverpool) fino a 58.800 posti. I lavori recentemen- te ultimati riguardano la Main Stand, ampliata di 8.000 posti raggiungendo una capienza di 20.000 unità. Anche il Manchester City ha esteso la capienza dell’Etihad Stadium fino a raggiungere 61.000 posti, mentre il West Ham si è trasferito nell’ costruito per i Giochi Olimpici del 2012, lasciando Upton Park dopo ben 112 anni. Il Tottenham inaugurerà nei prossimi mesi il suo nuo- vo stadio, edificato a fianco dello storico : un investimento stimato intorno agli 800 milioni di sterline con una capienza di 62.000 posti (un aumento del 68% rispetto ai 36.284 del precedente impianto). La struttura si presterà ad ospitare diverse tipologie di even- ti: nell’ambito della partnership stipulata con la NFL, il terreno di gioco potrà essere rimosso e sostituito con una superficie in sintetico da utilizzare per ospitare ogni anno due incontri di regular season di football americano per le prossime 10 stagioni. Accordo che richiederà al nuovo stadio degli Spurs di rispettare gli elevati standard della lega americana per quanto riguarda l’architettura IT dell’impianto, realizzata grazie alle partnership con Redstone Connect e Hewlett Packard. Oltre al football americano, il management del club ha aperto anche a concerti ed eventi esports, mercato in forte espansione capace di attrarre negli USA e in Corea del Sud folle di 94 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna

50-60 mila spettatori. Uno stadio innovativo già dalla fase di costruzione, con la pubblicazione sul sito del club di un aggiornamento video ogni 10 minuti e la realizza- zione dell’app SPVRS che permette di esplorarlo tramite l’esperienza a 360 gradi della Virtual Reality. L’impianto valorizzerà l’esperienza corporate: il Tunnel Club sarà posizionato a bordo campo con un affaccio esclusivo sul tunnel di ingresso delle due squadre, oltre a una stan- za dedicata ai formaggi, ristoranti stellati e un bar con il bancone più lungo in Inghilterra (86,6 m). La creatività nell’innovazione non è riservata soltanto ai clienti più abbienti, ma anche ai tifosi più accesi: la maggior parte dei seggiolini saranno riscaldati e dotati di porte USB per il caricamento dei device. Il tetto, costruito dalla società italiana Radaelli Tecna SpA, sarà ricoperto in alluminio per impedire la rottura delle onde sonore e riflettere il suono verso il pubblico, oltre a disporre di uno Sky Walk sulla sommità dell’impianto, creando una vera esperien- za per i tifosi. Un tema interessante riguarda anche la capacità del cal- cio inglese di rappresentare un volano per il turismo: se- condo uno studio redatto dell’agenzia Visit Britain ag- giornato al 2014-2015, emerge come oltre 800.000 turisti stranieri (tra cui 40.000 viaggiatori per business) hanno assistito ad almeno una sfida di Premier League, con una spesa complessiva pari a 684 milioni di sterline (circa 770 milioni di euro). In particolare il 40% dei visitato- ri del Paese ha confidato di aver scelto l’Inghilterra sol- tanto per andare a vedere una partita di Premier League. Un turista che visita l’Inghilterra spende mediamente 636 sterline, mentre chi si reca per una partita di calcio addirittura 855. Il successo del turismo legato al calcio in Inghilterra si connette principalmente all’ampia fan base internazionale della Premier League, che tocca gli 1,2 miliardi di tifosi a livello globale, con un’audience cumulata di 4,8 miliardi. Nell’elenco degli stadi più fre- quentati figurano l’ di Manchester e il già citato Emirates Stadium di Londra, che hanno attirato quasi 110.000 turisti ciascuno. LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 95

Il modello tedesco

Il successo sotto il profilo infrastrutturale del modello tedesco ha radici diverse rispetto all’Inghilterra, dove il cambiamento è stato imposto da ragioni principalmente di pubblica sicurezza. La Germania ha invece sfruttato l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2006 per rin- novare gli impianti esistenti e costruirne di nuovi, con un investimento di 1,4 miliardi di euro in 12 diversi stadi al fine di ottenere un’importante crescita economica, sporti- va e di immagine. Lo Stato Federale tedesco ha contributo con uno stan- ziamento di 196 milioni di euro (14% del totale), mentre il Governo centrale con altri 85,5 milioni (6%). Le am- ministrazioni comunali coinvolte hanno investito 259,7 milioni (18%), mentre i club calcistici altri 412,2 milioni (29%). La restante parte dei fondi è stata ottenuta con al- tre forme di finanziamento (447,7 milioni di euro, pari al 32% del totale). Oltre all’investimento negli impianti, sono stati spesi ulte- riori 3 miliardi di euro per la costruzione e per il migliora- mento delle infrastrutture, specialmente linee ferroviarie, stazioni e autostrade. Come avviene in Inghilterra, anche in Germania il pro- cesso di rinnovamento è dinamico ed in continuo dive- nire, come testimoniato dagli interventi di costruzione o ristrutturazione di 7 impianti di club che hanno militato in Bundesliga successivamente al Mondiale del 2006, per un investimento di 425 milioni di euro, raggiungendo la cifra complessiva di 19 stadi costruiti o ristrutturati negli ultimi 16 anni. Tali impianti sono costruiti su misura nel contesto loca- le in cui si trovano, soddisfando anche le esigenze dei ti- fosi e dei cittadini locali. Grazie a questi investimenti, la Bundesliga è divenuto il campionato calcistico al mondo con l’affluenza media più elevata, con 40.693 spettatori per partita nella stagione 2016-2017. Al raggiungimento di tali risultati ha concorso anche la politica del calcio tedesco di praticare prezzi bassi per biglietti e abbonamenti, favorendo l’afflusso delle fasce meno abbienti e delle famiglie, consentendo ai ricavi di 96 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna meglio difendersi anche in un contesto di crisi economi- ca. Tra il 2006-2007 e il 2016-2017, i ricavi da gare sono infatti cresciuti del 62,5%, mentre la Premier League, che pratica prezzi dei biglietti molto più elevati, presenta una diminuzione del 10,5%. Il prezzo medio dei titoli di acces- so per assistere alle partite della Bundesliga (36,8 euro) ri- sulta infatti solo al terzo posto tra le 5 Top League europee (in vetta vi sono i ticket appunto della Premier League con un costo medio di 56,4 euro). A dimostrazione della po- litica dei prezzi bassi concorre la strategia delle standing areas (posti in piedi), il cui obiettivo è quello di portare il maggior numero possibile di tifosi allo stadio, con politi- che di prezzo accessibili; così facendo si incoraggia la cre- azione di un modello sportivo e sociale di partecipazione, oltre a massimizzare gli spazi commerciali presenti all’in- terno degli impianti. L’esempio migliore è rappresentato dal Borussia Dortmund che all’interno del proprio stadio ha disposto ben 27.589 posti in piedi, tutti coperti, su una capienza totale di 81.359, ovvero circa un terzo del totale (il prezzo dei biglietti per questi settori non supera mai i 17 euro); anche l’Allianz Arena, casa del Bayern Monaco, ne utilizza 17.794 su quasi 75.024. Tali disposizioni hanno valenza esclusivamente per i match di Bundesliga, mentre per le competizioni internazionali la UEFA ha vietato tale divisione per motivi di sicurezza. L’eccellenza degli impianti tedeschi è rappresentata, in modo particolare, proprio dalla case history dall’Allianz Arena, stadio inaugurato nel 2005 e che ospita le partite casalinghe di Bayern Monaco e del Monaco 1860. Con una capienza di oltre 70.000 spettatori e la valorizzazione di 6.000 mq di aree commerciali, strutture per la ristora- zione, uffici e sale conferenze. Grazie anche alle poten- zialità commerciali dell’asset stadio, il Bayern Monaco è diventato uno dei club che a livello mondiale genera i più alti ricavi da sponsorizzazioni e attività commerciali, in- cassando 343,4 milioni di euro solo nel 2016-2017. I 346 milioni di euro necessari per la costruzione dello sta- dio sono stati coperti interamente da apporti di capitale privato, ed in particolare 277 milioni di euro mediante le operazioni di cessione parziale del capitale sociale: 9,09% del pacchetto azionario è infatti passato sia ad Adidas che LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 97 ad Audi mentre l’8,33% è stato acquisito da Allianz, che ha inoltre stipulato un accordo trentennale per i naming rights dell’impianto pari a 90 milioni di euro. Il mutuo re- lativo alla parte restante del finanziamento è stato estinto in appena nove anni, con ben sedici anni di anticipo sul- la tabella di marcia (2014 rispetto al 2030). In termini di oneri finanziari, il risparmio è stato significativo (circa 13 milioni di euro). Il calcio tedesco si dimostra all’avanguardia anche in ter- mini di sostenibilità ambientale. Una spinta che nasce dal piano energetico nazionale del governo, che ha portato all’approvazione di più di 10 disegni di legge sul tema ne- gli ultimi anni, con l’obiettivo ambizioso di ampliare tra il 2010 e il 2020 il contributo delle fonti pulite di energia dal 17% al 35%, generando un parallelo decremento dei consumi energetici del 10%. Nel 2030 le energie rinnova- bili, secondo il piano generale, dovrebbero coprire la metà del fabbisogno energetico, per arrivare all’80% nel 2050. Questa visione politica in Germania ha favorito ovvia- mente la crescita del numero di investimenti delle società appartenenti al settore della Green Economy. Il calcio, da questo punto di vista, rappresenta uno degli esempi più significativi: ad oggi si contano circa 17 aziende apparte- nenti al settore del fotovoltaico che investono in 12 club del calcio tedesco di vertice. La peculiarità di questi accor- di deriva dal fatto che il rapporto instaurato tra i club cal- cistici e le aziende non riguarda solo la sponsorizzazione in senso stretto, ma può consistere in una collaborazione molto più profonda, fino all’adozione di investimenti con- giunti orientati a massimizzare la sostenibilità ambientale degli stadi. Ogni società di Bundesliga intraprende una me- dia di circa 3 progetti di sostenibilità ambientale all’anno, la maggior parte rivolta all’efficientamento energetico e al recupero dell’acqua piovana. Queste iniziative permettono di ridurre le emissioni di CO2 per circa 14.000 tonnellate ogni anno, con lo stadio del Wolfsburg capace di ridurle di oltre 2.000 e risparmiare oltre 16 milioni di litri all’an- no di acqua potabile all’interno della Volkswagen Arena. Oltre a sponsorizzare il Borussia Dortmund, Q-Cells ha installato sul tetto del Signal Iduna Park numerosi pannel- li fotovoltaici e cambiato il sistema di riscaldamento del 98 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna manto erboso, con il 70% di risparmio di energia elettrica. Iniziative analoghe riguardano gli stadi di Bayern Monaco (con Yingli Solar), Hoffenheim (Suntech), Werder Brema (SIG Solar) e Bayer Leverkusen (Jinko Solar). Altra caratteristica distintiva degli stadi tedeschi è la loro multifunzionalità, che li rende degli asset aperti 365 giorni all’anno e dunque altamente produttivi, riuscendo così a valorizzare al meglio gli investimenti effettuati per la loro costruzione: cinema, ristoranti, supermercati, aree com- merciali, uffici e sale conferenze sono solo alcune delle ulteriori attività praticabili al loro interno. Il caso della Commerzbank Arena di Francoforte rappresenta sicura- mente una delle best practice: a fronte di un investimento di 126 milioni di euro, nei primi 5 anni e mezzo di vita, l’impianto ha ospitato (oltre alle partite di calcio) 200 ma- jor arena events (come concerti o festival) e 1.000 corpo- rate events, con un’affluenza di oltre 7 milioni di spettatori.

Il “non modello” italiano

Il passaggio dal modello dello stadio “costo” a quel- lo dell’impianto “ricavo” rappresenta uno dei principali obiettivi da raggiungere per il sistema calcistico italiano. Negli ultimi anni, sono stati molteplici i fattori che hanno rallentato questa fase di transizione, a partire dalla com- plessità e lunghezza dell’iter burocratico necessario per re- alizzare i diversi progetti di costruzione o ristrutturazione degli impianti, nonché da una generalizzata scarsa attitu- dine verso questo tipo di investimento da parte dei soggetti sia pubblici che privati. Se in Germania è stata sfruttata l’occasione di avere ospitato i Mondiali nel 2006, lo stesso non si può dire per l’Italia, che non è mai riuscita a creare una legacy derivante dai grandi eventi ospitati. Per i Mondiali di calcio del 1990 sono stati costruiti o ristrutturati 12 impianti su tutto il territorio na- zionale, la cui proprietà era ed è tuttora per la maggior parte in capo alle pubbliche amministrazioni cittadine; oltretutto tali impianti (i cui lavori di costruzione o ristrutturazione hanno prodotto un costo extra budget, attualizzato al luglio 2018, di 558,9 milioni di euro e 2.129 giorni complessivi di LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 99 ritardo) non sono stati pensati specificatamente per il calcio, tanto è vero che in diversi stadi è presente la pista di atletica, che come noto riduce la fruibilità dello spettacolo sportivo da parte degli spettatori. In tal senso l’esempio emblematico è quello dello di Torino, il cui preventivo di spese era di 60 miliardi di lire a fronte di un costo effetti- vo pari a 187 miliardi, uno stadio peraltro demolito appena 19 anni dopo la sua costruzione. I dati relativi al calcio italiano mettono in evidenza una si- tuazione molto critica. L’età media degli impianti dei club professionistici nel 2016-2017 risulta particolarmente eleva- ta (circa 60 anni), mentre dai numeri relativi al riempimento medio percentuale della capienza emerge come solo la Serie A superi l’utilizzo della metà della capienza (54%), dato che in Serie B non oltrepassa il 40% e scende al 30% in . Questo si connette innanzitutto all’inadeguatezza del profi- lo infrastrutturale e del livello di servizi offerti all’interno degli impianti stessi. In base ai dati ufficiali pubblicati dalla FIGC nel ReportCalcio 2018 emerge ad esempio come la copertura degli spalti sia pari solo al 71% del totale dei posti a disposizione in Serie A, per poi scendere al 47% in Serie B e al 36% in Serie C. Tutti gli impianti analizzati risultano di proprietà pubblica, con le uniche eccezioni dello Juventus Stadium di Torino, della Dacia Arena di Udine, del MAPEI Stadium di Reggio Emilia e dello Stadio Olimpico di Roma, quest’ultimo di proprietà di Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa). In Serie A, nel 23% dei casi lo stadio non può essere utilizzato per fini alternativi ad una partita di calcio (e non viene consentita quindi una valorizzazione dei ricavi al di fuori dei matchday), una percentuale che sale al 77% in Serie B, mentre addirittura nell’82% degli stadi di Serie A e nel 95% di Serie B non sono previsti impianti di energia rinnovabile. La presenza di una pista di atletica (che com- porta l’allontanamento delle tribune dal campo di gioco e un conseguente peggioramento nella qualità della visione della partita da parte degli spettatori) si riscontra nel 41% dei casi in Serie A e nel 27% degli stadi di Serie B. Le criticità infrastrutturali e lo scarso livello dei servizi offerti negli stadi italiani hanno condotto ad una sempre più accentuata disaffezione del pubblico, tanto è vero che la Serie A si posiziona oggi appena al 9° posto nella clas- 100 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna sifica dell’affluenza media per partita relativa ai principali campionati sportivi con 21.262 spettatori (6° posizione se si considerano le sole competizioni calcistiche, dietro an- che alla Top Division messicana e a quella statunitense); molto distanti risultano i 69.487 spettatori medi della NFL statunitense ed i 40.693 della Bundesliga, prima con rife- rimento al settore calcistico. Il costo del titolo di accesso agli impianti italiani è sta- to spesso additato come possibile causa della disaffezio- ne del pubblico, ma in realtà in termini assoluti il prezzo medio per assistere alle partite di Serie A nel 2016 è pari a 23,4 euro, classificando l’Italia al 7° posto in Europa (dietro Inghilterra, Spagna, Germania, Svizzera, Turchia e Francia). Con riferimento all’incidenza di tale prezzo medio sul salario medio giornaliero (Indexuva©) si evince come tale percentuale in Italia si attesti appena al 32,6% classificando la Serie A alla quinta posizione europea, a grande distanza dalla Süper Lig turca (65,7%) e dalle al- tre Top Division: Premier League (56%), Liga (53,3%), Bundesliga (39,9%) e Ligue 1 (34,1%). Le opportunità non sfruttate relative all’organizzazione dei Mondiali 1990, le carenze infrastrutturali degli stadi e la costante disaffezione del pubblico hanno così condot- to ad una perdita di competitività del calcio italiano, che attualmente si trova a rincorrere i competitor europei, con particolare riferimento a Bundesliga e Premier League, dove nella stagione sportiva 2016-2017 il tasso di riempi- mento degli stadi (comprendendo le gare dei campionati e coppe nazionali, oltre a quelle relative ad Europa League e Champions League) è stato pari al 93%. A tal proposito i risultati peggiori sono stati registrati nella Liga (72%), nella Ligue 1 (64%) e appunto in Serie A (52%). Riguardo l’affluenza totale negli stadi della Premier League gli spet- tatori sono stati 17,1 milioni (a fronte di 467 partite dispu- tate) contro i quasi 15 della Bundesliga (352 partite), i 13,5 della Liga (463 partite), i 9,4 della Serie A (444 partite) e i 9,5 della Ligue 1 (447 partite). I posti invenduti totali nel campionato di Serie A sono dun- que stati pari a 8,5 milioni, che avrebbero garantito rica- vi da gare potenziali aggiuntivi per oltre 193,2 milioni di euro nell’ipotesi di riempimento del 100% della capienza LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 101

(che diventano 291,8 sommando gli introiti potenziali ag- giuntivi di Serie B e Serie C). Un esempio emblematico che dimostra il mancato sfrutta- mento dei possibili introiti che un impianto potrebbe garan- tire è rappresentato dallo di Napoli; secon- do una relazione realizzata alcuni anni fa da Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa), l’SSC Napoli “perderebbe” circa 14,5 milioni di euro di potenziali ricavi aggiuntivi ogni anno a causa delle condizioni di inadeguatezza nel- le quali si trova l’impianto del San Paolo. Dallo stadio di Fuorigrotta, infatti, il club partenopeo negli ultimi anni ne ha incassati in media circa 18 a stagione mentre se adegua- tamente sfruttato il San Paolo potrebbe produrre introiti per oltre 30 milioni. Sono stati stimati circa 5,5 milioni di euro all’anno di mancati ricavi derivanti da biglietti e abbona- menti a causa delle cattive condizioni del terzo anello, della bassa qualità/quantità di servizi igienici e dei punti ristora- zione, oltre alla difficoltà nel controllare il pubblico nella fase di ingresso. All’interno dell’impianto sono previsti 21 punti di ristoro, ma non tutti sono raggiungibili o in linea con aspettative e standard UEFA. Per la vendita dei gadget e il merchandising c’è un unico negozio, aperto solo per le partite, con mancati incassi per circa 350.000 euro. È anche interessante osservare a livello più generale quan- to la già accennata diminuzione del pubblico negli stadi incida sui risultati sportivi della squadra di casa: il calo dell’affluenza ha portato una minore rilevanza del fattore campo. In base a un’elaborazione del Centro Studi FIGC, è stato infatti osservato il livello di correlazione esistente tra l’affluenza allo stadio e i risultati sportivi tra il 1978- 1979 e il 2016-2017. In Serie A, a fronte di una riduzione dell’affluenza media del 35,3%, le vittorie in trasferta sono aumentate dal 17% al 31% del totale delle partite. In media, dunque, la diminuzione di 1.000 spettatori ha comportato un aumento di 3 vittorie in trasferta in più in ogni stagione, provocando un impatto ancora più rilevante in Serie B e Serie C. Nella serie cadetta, a fronte di un calo dell’affluen- za media del 47%, il numero di vittorie in trasferta è passa- to dal 12% al 21%. In Serie C, il numero di vittorie esterne è passato dal 14% al 27% come conseguenza del calo degli spettatori medi del 5,7%. 102 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna

I programmi strategici sviluppati dalla FIGC

La FIGC riveste un ruolo di primo piano nel percorso di transizione dal modello dello stadio “costo” a quello dell’im- pianto “ricavo”, che rappresenta come ampliamente descrit- to e contestualizzato nei capitoli precedenti una necessità inderogabile per il sistema calcistico italiano. A tal proposito sono diverse le iniziative poste in essere dalla Federazione per raggiungere questo obiettivo nel futuro prossimo.

Convenzione FIGC – Politecnico di Milano Il 30 settembre 2015 FIGC e Politecnico di Milano han- no sottoscritto una convenzione operativa, finalizzata alla creazione di un vero e proprio laboratorio tecnico perma- nente, costruito con la presenza di manager FIGC, esperti del settore e del mondo accademico che possa costituire un punto di riferimento (in termini di consulenza e supporto) per tutti quei soggetti che intendano investire in un nuovo impianto o riqualificare lo stadio già esistente, in una lo- gica di eccellenza e di formazione continua. L’esigenza di una gestione più efficiente delle infrastrutture sportive è legata necessariamente a un’altrettanta adeguata capacità di progettazione e costruzione degli impianti. In tal senso, la FIGC ha contribuito (insieme a Politecnico di Milano, Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa), Lega Serie A e Istituto per il Credito Sportivo) all’organizzazione del pri- mo Master in progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture sportive, istituito nel settembre 2017. Il cor- so si propone di formare professionisti di elevato livello in grado di operare con successo nell’ambito della ideazione, pianificazione, progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture sportive, secondo logiche e competenze tra- sversali e multidisciplinari. La FIGC ha curato la redazione del programma scientifico del modulo sulla gestione delle infrastrutture sportive (stadi e centri di allenamento), indi- viduando i docenti all’interno delle best practice europee: UEFA, Barcellona, Ajax, Benfica, Espanyol e Galatasaray, oltre a società italiane quali Atalanta, Cagliari, Frosinone, Juventus e Udinese. La Federcalcio si era già mossa anche nel passato in modo importante nel campo della formazione sul tema dell’im- LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 103 piantistica sportiva, con l’obiettivo di arricchire le compe- tenze manageriali dei diversi stakeholder coinvolti. Il ri- ferimento va, ad esempio, all’organizzazione del Corso di Alta Formazione in Stadia Management (con 10 sessioni pianificate e gestite tra il 2011 e il 2014, oltre 100 parteci- panti e la presenza di relatori di primo piano a livello in- ternazionale), nonché all’iniziativa Stadia Tour, con visite guidate a impianti calcistici all’avanguardia in Inghilterra, Germania e Spagna.

Convenzione FIGC – Istituto per il Credito Sportivo L’obiettivo della Convenzione FIGC-ICS, stipulata nel 2015, riguarda la creazione di un programma di finanzia- mento dell’ammontare complessivo di 90 milioni di euro (messi a disposizione direttamente da ICS), destinato a in- terventi infrastrutturali sugli stadi di calcio italiani e sugli impianti sportivi, mediante l’utilizzo di tassi di interesse agevolati (fino ad arrivare in molti casi al totale abbatti- mento degli interessi). Tale somma complessiva può esse- re destinata a favore della FIGC e delle società sportive a esse affiliate, dei comuni proprietari degli impianti utiliz- zati dai club o di altri soggetti privati proprietari o conces- sionari dell’impianto, di intesa con le società sportive che utilizzano lo stadio. Il finanziamento riguarda la realizzazione di interventi de- stinati al miglioramento della classificazione dello stadio secondo i parametri UEFA, nonché ulteriori interventi fi- nalizzati a ospitare in Italia la fase finale dei Campionati Europei UEFA Under 21 del 2019. Una parte del finan- ziamento riguarda inoltre altre tipologie di interventi in- frastrutturali e/o di efficientamento energetico, nonché la realizzazione e l’ammodernamento dei centri sportivi federali, delle sedi della FIGC e ulteriori programmi di investimento relativi alla Fondazione Museo del Calcio. A oggi, il programma ha trovato applicazione per il rinno- vamento degli impianti di , Cremona e Foggia, con un investimento complessivo pari a 7,7 milioni di euro. Gli interventi apportati sono stati volti ad aumentare il numero di posti dotati di seggiolini secondo le direttive UEFA, a potenziare le dotazioni di sicurezza e a migliorare i servizi igienici, le aree media e gli spogliatoi. 104 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna

UEFA Guide to Quality Stadiums – Versione Italiana La FIGC ha finalizzato inoltre la redazione e la pubbli- cazione della versione italiana della "Guida UEFA agli Stadi di Qualità” (UEFA Guide to Quality Stadiums), un report di grande valore che mette a frutto la straordinaria esperienza che la UEFA ha maturato a livello internazio- nale in tema di impiantistica sportiva e che rappresenta un importante punto di riferimento per tutti gli stakeholder interessati, includendo tra questi tutti i soggetti coinvol- ti nella progettazione e costruzione di un nuovo stadio o nell’ammodernamento dell’impianto esistente.

La legacy derivante da una nuova generazione di impiantistica sportiva: occupazione e rispetto del contesto locale

La legacy derivante dalla tanto auspicata nuova genera- zione di impiantistica sportiva ed i relativi programmi di rinnovamento degli stadi potrebbero produrre una crescita del sistema calcistico e della sua competitività economica, ma anche un positivo impatto sul sistema occupazionale, che comporterebbe l’impiego di nuova forza lavoro sia per quanto riguarda i lavori di realizzazione dell’impianto, sia con riferimento alla manutenzione e gestione dello stesso. In particolare la costruzione di un nuovo stadio impliche- rebbe l’impiego di lavoratori sia in maniera diretta (perso- nale direttamente e/o stabilmente coinvolto nelle attività di rinnovamento e gestione dello stadio) che indiretta (perso- nale impiegato nelle attività e nei servizi generati dall’in- dotto determinato dai progetti di rinnovamento). Per quanto riguarda gli effetti diretti, la gestione di uno sta- dio moderno prevede mediamente l’impiego di un numero di persone compreso tra 15 e 30 per impianto, con un alto livello di specializzazione nelle varie aree di riferimento (stadium manager, amministrazione, marketing, eventi, commerciale matchday e no matchday, comunicazione, risorse umane, ecc.). Le esperienze internazionali hanno dimostrato che la co- struzione/ristrutturazione di un impianto sportivo compor- ta inoltre benefici in termini occupazionali riconducibili LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 105 a tre aspetti: un posto di lavoro per quattro anni ogni 100 spettatori di capienza dell’impianto per la realizzazione dell’impianto, un posto e mezzo di lavoro per 100 spet- tatori di capienza dell’impianto per lo sviluppo della mul- tifunzionalità dell’impianto, un posto di lavoro stabile e a tempo pieno ogni 200 spettatori per l’implementazione dell’utilizzo delle strutture e dei servizi di vario genere di carattere sportivo, sociale, culturale, ricreativo e ricettivo connesso all’impianto multifunzionale. Utilizzando come base per una simulazione i dati relativi al rinnovamento infrastrutturale del calcio professionisti- co inglese, nel quale come già visto solo negli ultimi 25 anni sono stati realizzati 32 nuovi stadi per un investi- mento complessivo pari a 4,9 miliardi di sterline e una capienza totale di oltre 763.000 posti, è possibile stimare come un analogo rinnovamento dell’impiantistica spor- tiva applicata al calcio potrebbe generare in Italia un effetto occupazionale pari a circa 24.000 nuovi posti di lavoro. Un processo organico di rinnovamento più ampio e relativo al movimento sportivo nel suo complesso (pa- lazzetti dello sport, arene, strutture polisportive) potreb- be produrre un impatto in termini occupazionali ancora più significativo. Un esempio emblematico è quello della costruzione del Nouveau Stade de Bordeaux, iniziata nel 2013 e terminata nell’aprile 2015, che ha generato un totale di 63.000 ore di lavoro, precedute da 8.300 ore di formazione profes- sionale. I lavori sono stati eseguiti in partnership con una serie di operatori attivi a livello locale, e la selezione della manodopera ha privilegiato, oltre alla preparazione e all’e- sperienza pregressa, la provenienza geografica locale. La progettazione e la realizzazione dei nuovi impianti an- dranno inoltre pensate in base alle necessità dei tifosi tra 10-15 anni. Lo stadio del futuro dovrà dunque essere pro- gettato e costruito soddisfacendo le esigenze dei supporter, agendo sui seguenti ambiti: architettura, tecnologia, con- nettività, servizi per il tifoso, multifunzionalità, sostenibi- lità ambientale, valorizzazione del no matchday, diversifi- cazione delle fonti di ricavo, espansione della dimensione commerciale, dematerializzazione del ticket, viabilità/ac- cessibilità ed integrazione con il contesto sociale. 106 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna

Con riferimento all’ultimo punto, ovvero alla confor- mazione degli impianti sportivi al contesto cittadino e locale, si può citare l’esempio dell’Aviva Stadium di Dublino, uno degli stadi più all’avanguardia in Europa, il cui elemento distintivo è la progettazione nel rispet- to delle abitazioni storiche presenti attorno al sito. L’impianto (costato 365 milioni di euro per una capienza pari a 51.700 posti) sorge in Lansdowne Road, accanto alla stazione ferroviaria, a 2,5 km dal centro di Dublino, costruito nel rispetto delle abitazioni del quartiere, e li- vellato così da non togliere luce alle case circostanti. La struttura esterna è costruita in modo tale da conformarsi col contesto urbano che lo ospita: un quartiere situato nei pressi del centro cittadino ma caratterizzato dalle tipiche case in pietra irlandesi. Il motivo della particolare forma a “scodella”, è dato dall’esigenza di minimizzare il più possibile l’effetto ombra sulle case poste a ridosso della parte nord della struttura. Tale stadio (tra le cui attività si contano 3 ristoranti, 69 bar/chioschi, 36 corporate boxes e diverse sale meeting) è all’avanguardia innanzitutto per ciò che riguarda l’impatto ambientale: sistema a grondaie di conservazione e riutiliz- zo di acqua piovana, utilizzo di sistemi di riconversione energetica (recupero calore, elettricità), sistema di mini- mizzazione dell’inquinamento acustico, sistema di riciclo- diminuzione e smaltimento rifiuti. Per queste ragioni è il primo stadio al mondo certificato ISO 50001, dotato di un sistema avanzato di gestione dell’energia che permette un minor impatto ambientale, il recupero dell’energia e un considerevole miglioramento nella gestione finanziaria della struttura. Un’altra delle particolarità più rilevanti, e che meglio spie- gano la sinergia tra struttura e ambiente urbano ospitante, è il progetto di Local Community, che mette in palio ogni anno 100.000 euro per i migliori progetti di sviluppo che coinvolgano l’area urbana circostante (entro il raggio di 1 km). Il programma dal 2007 a oggi ha finanziato circa 80 progetti nella zona locale, tra cui ristrutturazioni di pisci- ne, acquisto di strutture informatiche e organizzazione di summer camp. L’organizzazione che gestisce lo stadio si preoccupa inoltre di introdurre costantemente campagne LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 107 per uno stile di vita sano come programmi di responsa- bilità nell’uso dell’alcol, promozione di una vita attiva e campagne sociali contro il fumo. L’architettura dello stadio e la promozione dei progetti so- pracitati nascono da un continuo coordinamento tra l’or- ganizzazione che gestisce lo stadio e la comunità locale. Il Comune di Dublino ha approvato il progetto di costru- zione dello stadio nel 2006, imponendo la creazione di un Environmental Monitoring and Management Programme (EMMP), con l’obiettivo di studiare l’impatto dello sta- dio nel raggio di 1 km. Il Comune ha anche imposto la creazione di un Project Monitoring Committee (PMC, composto da rappresentanti della società proprietaria dello stadio e da componenti delle associazioni locali), incari- cato di riunirsi periodicamente, studiare l’impatto dello stadio nell’area circostante e inviare ogni 6 mesi all’au- torità competente un report scritto contenente le proprie valutazioni.

Aree di rilevanza: da “impianto costo” a “impianto ricavo”

Investimenti Analizzando la situazione italiana all’interno del contesto europeo nel decennio 2007-2017, emerge quanto il nostro Paese si trovi indietro sia in termini di realizzazione di nuovi stadi che di investimento: soltanto 3 nuovi impianti dedicati al calcio di vertice sono stati costruiti in Italia, ri- spetto ai 139 edificati in Europa, rappresentando in termini di investimento soltanto l’1% rispetto alla spesa comples- siva a livello europeo di 13,7 miliardi di euro. Oltre agli esempi già riportati di Inghilterra, Francia e Germania, emerge come anche Paesi quali la Polonia (26 stadi e circa 1,6 miliardi di euro investiti), la Turchia (13 stadi per ol- tre 804 milioni di euro) e la Russia (con oltre 2,2 miliardi di euro spesi per 6 nuovi impianti) abbiano già intrapreso questo percorso di rinnovamento. In base a questa analisi e a quanto riportato nelle sezioni precedenti, emerge come il calcio italiano abbia urgente bisogno di avviare la realizzazione di una vera e propria nuova generazione di impianti sportivi, che non può pre- 108 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna scindere dalla diffusione di nuove iniziative di investimen- to, in grado di produrre una significativa legacy a medio lungo termine sotto diversi profili: sicurezza, riqualifica- zione urbana, socialità, positivo impatto economico per le società e per i conti pubblici, sostenibilità ambientale e formazione di nuove figure professionali specializzate. È pertanto importante sottolineare come, da questo punto di vista, il settore italiano rappresenti un mercato con grandi potenzialità: in base ai risultati di un sondaggio condotto da Deloitte, emerge come appena il 18% degli appassio- nati di calcio frequenti oggi gli stadi italiani, considerati ormai non attrattivi da un punto di vista di servizi e match- day experience. Allo stesso tempo, l’86% dei tifosi dichia- ra che modificherebbe le proprie abitudini in presenza di una nuova offerta di servizi (anche settimanali) all’interno degli stadi, e il 69% degli appassionati si dichiara disposto a pagare di più rispetto agli attuali prezzi di biglietti e ab- bonamenti, a condizione che gli impianti siano in grado di fornire infrastrutture e servizi migliori. Le principali esperienze internazionali dimostrano che, laddove progettato correttamente, l’investimento in un nuovo impianto produce degli importanti impatti a livello economico: i 20 principali nuovi stadi costruiti in Europa negli ultimi 15 anni hanno generato nel primo anno di inaugurazione un incremento medio di circa il 53% dell’af- fluenza e di quasi il 104% dei ricavi da gare. L’implementazione di una nuova generazione di impianti sportivi all’avanguardia non può prescindere da numero- se iniziative di investimento. Il successo delle operazio- ni sarà garantito dalla collaborazione di società sportive, investitori, finanziatori ed istituzioni. L’esempio italiano più significativo di investimento sostenibile è rappresen- tato dallo Juventus Stadium, per la cui costruzione sono stati necessari 145 milioni di euro, ampiamente ripagati nelle successive sei stagioni sportive dai ricavi da gare quantificabili in 31,8 milioni di euro (2011-2012), 38,0 milioni (2012-2013) 41,0 milioni (2013-2014), 51,4 mi- lioni (2014-2015), 43,7 milioni (2015-2016) e 57,8 milio- ni (2016-2017), una differenza enorme rispetto agli 11,6 milioni incassati durante l’ultimo anno giocato allo Stadio Olimpico di Torino (2010-2011). LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 109

Project financing Il project financing è un’operazione di finanziamento a lungo termine di un progetto la cui copertura viene garan- tita dai flussi di cassa che l’attività di gestione dell’opera stessa sarà in grado di garantire. A titolo esemplificativo si cita il caso del San Mamés Barria di Bilbao: la nuova casa del club basco si caratterizza invece per l’investimen- to misto pubblico-privato e la costituzione di una socie- tà a responsabilità limitata (San Mamés Barria SL) per la gestione del progetto di realizzazione dell’impianto. Le quote della società sono ripartite tra il club, la Diputaciòn Foral de Bizkaia (organo esecutivo regionale), il governo basco e Kutxabank, ognuna detentrice del 23,58%, a cui si aggiunge il rimanente 5,68% dell’Ayuntamiento di Bilbao, ossia il comune, per un capitale sociale complessivo di 140,9 milioni di euro. Il costo totale per la realizzazione dell’impianto è composto dall’investimento apportato nel- la società San Mamés Barria SL, a cui vanno aggiunti cir- ca 33,6 milioni del valore dei terreni del vecchio e nuovo impianto imputati a club e Diputaciòn de Bizkaia e 12 mi- lioni rilasciati in licenze dall’Ayuntamiento di Bilbao, per un totale di 186,5 milioni di euro. Un costo più contenuto di circa 60 milioni rispetto al progetto originale, rivisto a causa dell’avvento della crisi economica con l’eliminazio- ne del terzo anello. Per mantenere l’utilizzo esclusivo dell’impianto, l’Athle- tic Bilbao ha stipulato un contratto di locazione dello sta- dio per i prossimi 50 anni, a un canone annuo di 500.000 euro, con opzione per l’acquisto fissata a 66 milioni di euro. Il coinvolgimento dell’amministrazione pubblica nel progetto di finanziamento si inquadra nell’ampio contesto del piano di rinnovamento urbano dell’area di San Mamés, con l’obiettivo di creare strutture pubbliche per la prati- ca dell’attività sportiva quali il polideportivo municipal, che si estende per circa 5.400 mq mettendo a disposizio- ne attrezzatura di ultima generazione, oltre a un impian- to per l’atletica leggera e un centro di medicina sportiva. Rinnovamento dell’impiantistica sportiva cittadina sia a livello professionistico che amatoriale: una visione con- divisa da club e pubblica amministrazione, che hanno fat- to leva l’uno sull’altro per il raggiungimento dei propri 110 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna obiettivi. La collaborazione fra club e istituzioni pubbli- che ha tuttavia destato più di un sospetto da parte della Commissione Europea, portando all’apertura di un pro- cedimento amministrativo, archiviato nel luglio 2016, per accertare che non si trattasse di aiuti di stato, la stessa fatti- specie che ha portato alla condanna del Real Madrid per le sovvenzioni ricevute per il Centro Sportivo di Valdebebas.

Naming rights Con il termine naming rights si indicano i diritti di de- nominazione di un impianto, acquistati da uno sponsor a fronte del pagamento di un corrispettivo economico. Nello scenario dello sport professionistico americano, 105 delle 122 franchigie delle 4 principali leghe hanno un siglato un accordo di cessione dei naming rights. Il principale settore merceologico che investe in questa tipologia di sponsoriz- zazioni è quello bancario e assicurativo, con il 37% degli accordi. Il calcio europeo si trova notevolmente indietro rispetto alle leghe nordamericane: nelle 10 Top League europee sono stati siglati 43 accordi di naming rights. Per avere un’idea del giro di affari, il 40% dei club di Premier League può contare su questa fonte di ricavo, con un in- casso aggregato nel 2017 pari a 135,6 milioni di sterline ed una crescita del valore commerciale di questo genere di sponsorizzazioni dell’80% rispetto a quattro anni prima. In Italia sono al momento scarsamente sfruttate, ma è pos- sibile stimare un incasso potenziale aggiuntivo di circa 70 milioni di euro a stagione considerando una media annua di 3 milioni per ogni club di Serie A e di 500.000 per quelli di Serie B.

Diversificazione del business Il passaggio dallo “stadio costo” allo “stadio ricavo” vede nella diversificazione delbusiness una delle caratteristiche principali; risulta fondamentale investire nella differenzia- zione dei ricavi e nella multifunzionalità in modo che gli impianti sportivi vengano così sfruttati ed utilizzati 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 e non solo una volta alla settima- na in concomitanza dell’evento calcistico. Appartamenti, ristoranti, cinema, bar, musei e uffici sono alcuni esempi concreti con cui un club può utilizzare il proprio stadio LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 111 massimizzandone l’utilizzo e dunque realizzando introiti aggiuntivi. A tal proposito un esempio di diversificazio- ne è rappresentato dalla (stadio che ospita le partite del Coventry City FC), i cui ricavi legati agli eventi calcistici sono pari ad appena il 15% del totale, contro il 42% relativo a conferenze-esposizioni ed al 18% inerente agli altri sponsor. Perseguendo la strada della diversificazione gli impianti do- vranno essere altresì utilizzati per l’organizzazione di eventi sportivi extracalcistici, come testimoniato dal successo del- la finale della Top 14 francese di rugby nel 2016 disputata al Nou Camp di Barcellona (99.354 spettatori) e dallo stadio Pierre Mauroy di Lille, scelto come sede della fase finale degli Europei di Basket del 2015, nonché per i Mondiali di Pallamano 2017 e per la finale di Coppa Davis di Tennis 2014. La tecnologia utilizzata nello stadio del Lille permet- te di sollevare una metà campo sopra l’altra e sfruttarne la derivante parte sottostante. Grazie al tetto retrattile – un particolare sistema di tendaggio e delle tribune temporanee rimovibili a supporto di quelle già esistenti – è quindi possi- bile ottenere un’arena indoor di circa 30.000 posti.

Innovazione e tecnologia Il mercato degli smart stadiums (impianti di ultima ge- nerazione dotati di alti standard tecnologici per favorire l’esperienza dei tifosi, aumentare la fruibilità dei servizi e migliorare l’efficienza della gestione) è in netta cresci- ta: secondo le stime contenute nel report Smart Stadium Market by Software, si passerà dai 4,6 miliardi del 2016 ai 17 miliardi di dollari del 2021. L’uso delle tecnologie apre lo scenario al concetto di smart structure, ovvero strutture in grado di “curarsi” e segnalare potenziali inefficienze. Attualmente sono ancora in fase sperimentale, limitandosi all’introduzione di sensori per il monitoraggio strutturale, in grado di prevedere rischi senza eccessivi costi. L’Amsterdam Arena, impianto di proprietà pubblico- privata con oltre 11 mila eventi e 35 milioni di visitato- ri, ne é l’esempio: grazie all’accordo siglato dalla Città di Amsterdam con Huawei e altre aziende del settore delle telecomunicazioni, lo stadio della capitale olandese dispo- ne di un Innovation Center, che contribuisce a mantenere 112 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna l’impianto secondo gli standard tecnologici più all’avan- guardia e fornisce un servizio di consulenza in materia in altri dieci paesi. L’Innovation Center mira anche ad au- mentare l’efficienza di alcune funzionalità operative del- lo stadio, come il segnale inviato dal terreno di gioco per l’accensione e lo spegnimento dell’impianto di irrigazione a seconda della temperatura dell’erba. In tutte le leghe professionistiche americane è stato portato avanti il concetto di crescita condivisa, individuando un nuovo trend: per portare le nuove generazioni allo stadio sarà sempre più indispensabile disporre di una connessio- ne Wi-Fi gratuita, funzionante e senza interruzioni. Per questo motivo sono stati stabiliti degli standard di diffu- sione della connessione Internet degli stadi. L’installazione di tecnologie all’avanguardia aumenta lo- gicamente il potenziale di ricavi derivanti dall’impianto sportivo. Lo Schalke 04 ha recentemente introdotto alla Veltins Arena la possibilità di pagamento tramite un micro- chip integrato nella manica della maglia venduta al pub- blico, scalando l’importo direttamente dal conto corrente connesso. Altro esempio è quello della Rugby Football Union che ha dotato Twickenham, lo storico stadio della nazionale inglese, di un sistema di pagamento via tablet per gli spettatori nei corporate hospitality box. Tutto ciò sarebbe impossibile senza un’adeguata struttura IT: per trovare delle best practice sull’argomento, bisogna guar- dare nuovamente agli stadi americani. Il Mercedes-Benz Stadium di Atlanta mette a disposizione il sistema PON (Passive Optical Network), una fibra ottica a basso consumo energetico che garantisce la connessione di 75.000 apparecchi, mentre il Levi’s Stadium dei San Francisco 49ers è dotato di 400 miglia di cavi e 40 gi- gabyte al secondo di larghezza della banda. Investimenti tecnologici che hanno permesso un cambiamento nel trend di affluenza allo stadio, come per lo stadio di Kansas City, dove l’app Uphoria viene utilizzata da circa il 25% degli spettatori e l’affluenza media è passata da 10 mila a oltre 18 mila. L’app permette agli utenti di condividere le loro opinioni sul match in corso, ricevere upgrade del proprio posto. L’innovazione tecnologica prevede anche di miglio- rare il livello di fan experience e sicurezza. LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 113

L’ultimo Super Bowl disputato è stato definito come l’evento sportivo più “connesso” nella storia: oltre 11 Terabyte di dati trasmessi dall’NRG stadium di Houston (il 12% sui social network), con il 49% degli spettatori collegati al WiFi dello stadio ed un picco di oltre 27.000 utenti connessi simultaneamente. Fornire solide piattafor- me IT permette anche di competere con i servizi offerti dalle televisioni, replicandoli e rendendoli disponibili an- che all’interno delle venue. Un esempio riguarda l’impian- to della franchigia NBA dei Sacramento Kings, dotato di una connessione 17 mila volte più veloce di quella media americana e una portata di 225 mila post su Instagram al secondo. Attraverso l’app ufficiale dello stadio è possibile prevedere il risultato della prossima giocata tramite il gio- co in-app, accedere costantemente alle statistiche e riceve- re replay multi-angolo sul proprio device. La squadra inglese di rugby dei Saracens fornisce l’oppor- tunità di vedere in anteprima sul proprio sito la visuale a 360° di ogni posto acquistabile tramite una piattaforma in 3D, mentre gli Atlanta Braves della NFL, tramite la pro- pria app, collaborano con Waze e Uber per facilitare il rag- giungimento dello stadio. Anche rispetto al tema sicurezza, la tecnologia è sempre più adottata all’interno delle strutture sportive: durante i Campionati Europei 2016 sono stati usati droni dotati di telecamere HD per la videosorveglianza ed il riconosci- mento delle targhe delle auto. L’uso di strumenti come gli scanner biometrici, adottati anche allo Stadio Olimpico di Roma, o delle impronte digitali, come avviene alla Groupama Arena di Budapest, ha portato nella stagione successiva all’implementazione al raddoppio dei ricavi derivanti dai matchday e all’azzeramento degli episodi di violenza.

Formazione Come sottolineato precedentemente, una nuova genera- zione di infrastrutture sportive non può prescindere dallo studio e dall’analisi delle necessità imposte dal contesto cittadino e sociale rispetto al quale lo stadio costituirà un valore aggiunto, oltre alle esigenze richieste dal club stesso. A tal fine risulta di primaria importanza dotarsi 114 Guglielmo Cammino, Niccolò Donna di professionisti competenti in grado di pianificare e co- struire impianti in linea con le esigenze, oltre ad avere le capacità per massimizzare la funzionalità e la gestio- ne di questo asset. I Corsi di Alta Formazione in Stadia Management ed il supporto accademico per l’organizza- zione del Master in Progettazione, Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive presso il Politecnico di Milano, testimoniano la grande attenzione prestata in questi anni dalla Federazione in tema di formazione degli operatori del settore.

Musei sul calcio Visitare gli stadi d’Europa è ormai diventata una tendenza sempre più diffusa tra i tifosi di calcio. Le arene dei più importanti club, così come i loro musei, sono ormai entrate a far parte dei circuiti turistici internazionali, permettendo ai club di incrementare i propri ricavi. In tal senso Real Madrid e Barcellona rappresentano le best practice a livel- lo mondiale. Il museo della società madrilena, che si trova all’interno dello stadio Santiago Bernabeu, è recentemente diventato, con 1,2 milioni di ingressi registrati in un anno, il terzo museo più visitato della città, dietro a due istituzio- ni quali il Museo Reina Sofia (2,6 milioni di visitatori) e il Museo del Prado (2,5 milioni di ingressi). Anche il museo del Barcellona, si è affermato con 1,9 milioni di ingressi, come lo spazio espositivo più visitato dell’intera Catalogna, davanti al Museo Dalì di Figueres (1,3 milioni) e al Museo Picasso di Barcellona (920 mila presenze). Il Bayern Monaco è l’unico club europeo che ri- esce a tenere testa alle due spagnole con 1,3 milioni di per- sone che ogni anno decidono di visitare l’Allianz Arena e l’FC Bayern Erlebniswelt, il museo del club situato all’in- terno dello stadio bavarese. Anche in quest’ambito l’Italia resta molto indietro rispetto ai competitor europei. L’unico museo dedicato a un club all’interno di un impianto è quel- lo della Juventus, che attira circa 181.000 visitatori l’anno. In Sud America il museo calcistico di club più visitato è il Museo de la Pasión Boquense del Boca Juniors che conta annualmente circa 300.000 visitatori, seguito dal Museo River con 125.000. LE STRUTTURE PER IL CALCIO IN ITALIA E IN EUROPA 115

Conclusioni: lo stadio del futuro

Durante KickOff 2017, evento coordinato dalla FIGC che si propone come laboratorio di idee, contenuti e progetti finalizzati all’innovazione e alla valorizzazione del patri- monio calcistico italiano, il tavolo dedicato allo sviluppo degli impianti e delle infrastrutture sportive si è posto l’obiettivo di anticipare i trend e le funzionalità richieste all’interno degli stadi nei prossimi 10-15 anni, tramite un’analisi della società del domani. Le principali dimen- sioni riguardano la sociologia e psicologia del consumo per anticipare le future richieste di beni e servizi, nonché la tecnologia per soddisfare i bisogni sempre crescenti dei clienti, partendo dalla sicurezza fino ad arrivare al comfort e all’entertainment; la multimedialità per intercettare le future modalità di fruizione dell’evento e aumentare il fan engagement, fino alla sostenibilità di tipo ambientale, economica e sociale. Uno stadio concepito come luogo, in contrapposizione alla concezione di stadio oggetto: gli im- pianti dovranno infatti sempre più esprimere un’architet- tura, una funzionalità e una spazialità in grado di valoriz- zarne la presenza sul territorio, la riconoscibilità, il senso di appartenenza e la valenza educativa che, da sempre, lo spazio ha su comportamenti e abitudini. Partendo da questa prospettiva, l’obiettivo del presente documento è stato quello di descrivere le best practice a livello nazionale e internazionale, in modo da definire i di- versi ambiti di riferimento dei più avanzati stadi moderni nell’intento di tracciare, in sintesi, le principali linee evo- lutive che caratterizzeranno lo stadio del futuro.

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LO STADIO TOTALE Riflessioni sull’architettura tra paesaggio urbano, ibridazioni e utopia Dario Cea

Gli ultimi decenni hanno visto una radicale trasformazione dell’architettura dello stadio, contraddistinta dal graduale passaggio da un generico contenitore di folle, morfolo- gicamente riconducibile a un recinto chiuso e avulso dal paesaggio, a una struttura che accoglie destinazioni d’uso diversificate, a volte anche scarsamente legate alle temati- che sportive, ma a esse complementari. La nuova genera- zione di stadi, artefice di un sempre più marcato passaggio da un modello “chiuso” – dove la mancanza di flessibilità induceva a un utilizzo solo sporadico delle grandi struttu- re monofunzionali – a una matrice “aperta” – nelle quali una diffusa flessibilità ne consente una fruizione - conti nuativa e diversificata – si inserisce in un dibattito di più ampio respiro che riguarda le trasformazioni della città contemporanea. Le moderne infrastrutture per lo sport si presentano, infatti, come prodotto territoriale allargato, un sistema che all’in- terno del contesto diventa catalizzatore dello sviluppo en- dogeno di un’intera area geografica. Pensare allo stadio in tale ottica significa concepire un landmark territoriale vero e proprio, un segno identificativo del territorio e della città, un polo magnetico capace di attrarre investimenti, risorse, interessi; ma significa anche concepire uno spazio pubblico dotato di peculiarità proprie, in grado di attivare la sociabilità e, al tempo stesso, elemento stimolatore di aggregazioni e fondatore di nuclei di vita in cui mescolare l’attività ludica con lo spettacolo. Lo stadio contemporaneo, costituendone uno dei moltepli- ci nodi, entra a far parte di una rete infrastrutturale estesa e capace di disegnare nuove geografie: la mera funzione sportiva diventa così solo una delle molteplici variabili in gioco. D’altro canto, interpretare il progetto architettonico di uno stadio solo come espressione di valori linguistici e tecnologici non è più sufficiente, in quanto il suo valore -ar 118 Dario Cea chitettonico e funzionale può diventare marginale rispetto a quello sociale e urbanistico. Se la sfida progettuale posta da una nuova arena, rappre- senta un’opportunità per sovvertire l’inclusione e la chiu- sura tipica dello stadio, dischiudendo il recinto rigido e compatto per trasformarlo in una piattaforma flessibile e diffusa, la ricerca di un dialogo armonico con il paesaggio in cui è calato deve fare i conti con il peso che un oggetto di tali dimensioni inesorabilmente implica. La questione della scala dimensionale comporta, infatti, notevoli riper- cussioni sul paesaggio urbano: spesso l’inserimento di uno stadio ne interrompe le trame del tessuto, palesando una discontinuità evidente o una emarginazione derivante dal calare un grande oggetto in un contesto a cui, per misura, non appartiene. Del resto, la contrapposizione, il contra- sto, la complessità, la contraddizione1 caratterizzano la cultura contemporanea in ogni sua sfaccettatura: la mo- dernità contrappone all’integrità la frammentazione, alla contemplazione l’utilizzo dinamico, all’onestà strutturale la scissione tra interno ed esterno. La modernità, insomma, dà vita a una sommatoria di dinamiche e istanze non più legate a un ideale unificante. In questo dibattito emergono così nuovi modi di confrontarsi con la città e l’architettura, secondo ideali e principi forse mai tanto distanti dai pre- cetti vitruviani di Utilitas, Firmitas e Venustas. Una visione nostalgica verso il passato, come quella del nonluogo di Marc Augé2, porterebbe a una certa angoscia nei riguardi della natura incontrollabile delle nostre città e al desiderio di immaginare delle nicchie di perfezione. Rem Koolhaas, seguendo le orme di Robert Venturi, pro- pone, specularmente, una diversa visione dello scenario contemporaneo. Egli, prendendo atto degli imprescindibili mutamenti delle dinamiche del vivere quotidiano, teorizza nel 1995 la Bigness3, una realtà di fatto nella “città ge- nerica”4; Koolhaas afferma che «superata una certa sca- la, l’architettura assume le peculiarità della Bigness. […] La Bigness è il punto in cui l’architettura diventa insieme massimamente e minimamente architettonica, massima- mente per via dell’enormità dell’oggetto; minimamente per la sua perdita di autonomia, per la quale diventa stru- mento di altre forze, diventa dipendente». I centri com- LO STADIO TOTALE 119 merciali, gli stadi, gli aeroporti, le stazioni ferroviarie, i centri fieristici, le grandi arene per lo sport riguardano tutti esempi di questo genere architettonico, caratterizzato non solo dalla grande mole, bensì da una pluralità e commi- stione di attività e modi d’uso. La loro proprietà di attrarre una moltitudine di utilizzatori fa sì che esse rappresentino, all’interno di determinati eventi, intere città o porzioni di territori, infatti «solo la Bigness può accogliere una proli- ferazione eterogenea di eventi in un unico contenitore», e a questo punto «La Bigness non ha più bisogno della città: è in competizione con la città; rappresenta la città; o, anco- ra meglio, è la città!»5. Sulla base di tali presupposti, i cinque teoremi della Bigness delineati da Koolhaas possono essere considerati come un lucido sistema di analisi per l’architettura dello stadio contemporaneo. 1° Teorema: «Una tale mole non riesce più ad essere con- trollata da un solo gesto architettonico, e nemmeno da una qualsivoglia combinazione di gesti architettonici. Questa impossibilità fa scattare l’autonomia delle sue parti, il che è diverso dalla frammentazione: le parti restano legate al tutto». Molte arene edificate negli ultimi tempi denuncia- no un’evidente autonomia degli elementi, mostrando, ad esempio, un’indipendenza a livello strutturale, tecnologi- co e materico tra il catino e la copertura. Quest’ultima, nella maggior parte dei casi, emerge rispetto alla monoli- tica struttura del catino, realizzata sovente in calcestruzzo armato, attraverso elementi quasi scultorei come archi, pi- loni, stralli, strutture reticolari. Anche gli spazi sotto tribu- na si staccano come elementi autosufficienti, racchiusi da lucidi anelli di curtain-wall variamente articolati e compo- nendo spesso un basamento da cui affiorano le gradinate. 2° Teorema: «L’ascensore – con la sua possibilità di cre- are collegamenti meccanici anziché architettonici – e il complesso di invenzioni che da esso derivano, annullano il repertorio classico dell’architettura. Questioni di com- posizione, scala metrica, proporzioni, dettaglio sono or- mai accademiche … l’arte nell’architettura è estranea alla Bigness»6. Sulla scia di quanto affermato nel fortunato Delirious New York7, Koolhaas conferma che la mecca- nizzazione dei movimenti ha permesso un abbattimento 120 Dario Cea delle distanze percorribili e il conseguente ingrandimen- to, quasi (o apparentemente) incontrollato, del manufatto. Coperture apribili, campi da gioco estraibili, tribune scor- revoli o impacchettabili, catini modulabili sono accorgi- menti meccanici fortemente tecnologici che diventano so- luzioni costruttive e architettoniche in grado di integrarsi appieno nello Stadio-Bigness. L’introduzione di parti mec- caniche negli impianti sovverte, così, il repertorio classico della disciplina architettonica, contribuendo ad ampliarne al contempo la gamma compositiva ed espressiva, oltre a consentire la sperimentazione di soluzioni ibride oltremo- do innovative. 3° Teorema: «La distanza tra nucleo e involucro cresce al punto che la facciata non può più rivelare ciò che avviene all’interno. L’esigenza umanistica di “onestà” è abbandona- ta al suo destino: architettura degli interni e architettura de- gli esterni divengono progetti separati: una confrontandosi con l’instabilità delle esigenze programmatiche e iconogra- fiche, l’altra – portatrice di disinformazione – offrendo alla città l’apparente stabilità di un oggetto»8. Tramontata l’e- poca dello stadio come tipologia a esclusivo appannaggio di un espressionismo ingegneristico nel quale la struttura portante coincideva con l’architettura che veniva esibita or- gogliosamente, lo stadio di ultima generazione, sulla spinta di alcune esperienze di grande successo, come ad esem- pio l’Allianz Arena di Monaco di Baviera, ha scoperto le potenzialità generate dal dotarsi di una propria facciata o, meglio, pelle. Quest’ultima nella maggioranza dei casi è del tutto indipendente dal cuore, celando una qualsiasi re- lazione tra interno ed esterno: ciò mediando il rapporto col contesto attraverso soluzioni tecniche ed espressive a forte valenza iconografica, la cui riconoscibilità assurge al ruolo di landmark a scala territoriale, senza nulla rivelare degli spazi contenuti al suo interno. 4° Teorema: «Tramite la sola dimensione, tali edifici en- trano in una sfera amorale, al di là del bene e del male. Il loro impatto è indipendente dalla loro qualità […]»9. Sospendendo ogni giudizio estetico, Koolhaas ci invita ad accettare la Bigness per quella che è, poiché, se è vero che una buona architettura possiede il potere di influenzare i comportamenti umani, non è altrettanto vero che questi di- LO STADIO TOTALE 121 pendano necessariamente da essa. Il successo della Bigness non discende dalle sue valenze architettoniche, bensì prin- cipalmente dalla sua connessione alla rete infrastrutturale, dalla competitività nell’ambito del mercato e dalla qualità dei prodotti e servizi offerti agli investitori e agli utenti. Sono evidenti i casi di stadi costruiti in occasione di eventi quali i campionati mondiali di calcio (a partire da Italia ‘90 per giungere a Brasile 2014) che, a evento terminato, non hanno saputo generare alcun potere attrattivo nel territorio, proprio per mancanza di una visione in grado di superare la mera contingenza del grande evento. Al contrario, esistono numerosi esempi di impianti che pur non avendo evidenti qualità architettoniche hanno invece saputo generare delle dinamiche positive di sviluppo territoriale. 5° Teorema: «Tutte insieme, queste rotture – con la scala metrica, con la composizione architettonica, con la tradi- zione, con la trasparenza, con l’etica – implicano la rottura definitiva, quella radicale: la Bigness non fa più parte di alcun tessuto. Esiste; al massimo, coesiste. Il suo messag- gio implicito è: fuck the context »10. Messo al bando il for- malismo e, più in generale, il linguaggio architettonico, il contesto non è visto come un vincolo al quale l’architettu- ra deve obbligatoriamente ancorarsi seguendone le regole, bensì come semplice terreno, il quale può essere sia fertile sia sterile. Proprio in tale scenario, poiché attinge anche da un ventaglio ampio di discipline, la Bigness possiede le potenzialità per bonificare un contesto impreparato ad ac- coglierla. In questo modo lo stadio, inserito all’interno di un sistema infrastrutturale integrato, ha le potenzialità di contribuire attivamente alla valorizzazione di un territorio, attraverso l’implementazione di nuove funzioni diversifi- cate e appropriate al contesto nel quale si insedia. La Bigness è dunque l’eccezione che irrompe nel pae- saggio urbanizzato, senza curarsi di cosa le stia intorno, ossia un contesto caratterizzato da un amalgama infor- me, casuale, privo di ogni progettualità, altrimenti detto Junkspace11. «Se lo space-junk (spazzatura spaziale) sono i detriti umani che ingombrano l’universo, il Junkspace (spazio spazzatura) è il residuo, che l’umanità lascia sul pianeta»12. Il prodotto costruito dalla nostra epoca è de- scritto da Koolhaas più come un residuo, un ammasso di 122 Dario Cea rottami, un frammento di ciò che rimane dell’azione della modernità, che come vera e propria architettura. La forma della città contemporanea si rivela come un patchwork, un mosaico, di incongrue rimanenze sorte ai margini di composizioni scientemente progettate. Tali residui sono tanto evidenti quanto più ci si allontana dal centro, dove il tessuto consolidato costituito da maglie dense e compatte ha lasciato spazio allo sprawl, alla città diffusa, a quelle zone in cui la città ha invaso la campagna e questa si incunea a fatica tra gli edificati o in quei vuoti urbani caratteristici del drosscape13: il Junkspace esplora quindi la natura architettonica della città generica, quella città libera dalla «schiavitù del centro» e dalla «camicia di forza dell’identità»14, dove gli edifici sono privi di una propria qualità architettonica, ma carichi di importanza economico-finanziaria, quella città insomma dove i nuovi stadi vengono a sorgere e tentano di inserirsi come poli attrattori e fulcri di vita sociale alternativa. In antitesi con la composizione architettonica il Junkspace dà origine a omogeneità, uguaglianza e accumulo di pro- dotti; lì dove l’architettura separa gli spazi, detta regole e sancisce relazioni: il Junkspace unisce, affianca unità all’infinito. Lo spessore del corpo di fabbrica non èpiù un limite perché l’aria condizionata e la luce artificiale permettono di abbatterlo. Figlio dell’high tech, ne adotta i sistemi e ne sfoggia l’estetica sotto forma di linguaggio, mostrando la struttura e gli impianti che in passato veniva- no nascosti. Tutto è pensato in un’ottica provvisoria, una visione in cui tutto può essere cambiato, sostituito, in cui alle parti se ne possono aggiungere altre. Se il giunto sal- dava, fondeva gli elementi costruttivi in maniera solidale, il nodo strutturale del Junkspace consente sempre una ria- pertura, una sostituzione di elementi, un’aggiunta di parti. Per questo la trasformazione è sempre in atto: le partizio- ni, le soluzioni standardizzate e modulari permettono allo spazio un fluido cambio di scena, tanto che «l’architettura si è trasformata in una sequenza al rallentatore che rende visibile un’«evoluzione permanente»15. Il Junkspace è espressione diretta delle grandi compagnie, ed è frutto di speculazioni, riconversioni immobiliari; in- fatti, il marchio associato a esso (brandnaming) diventa la LO STADIO TOTALE 123 sua identità, il suo nome. Ma è un’identità labile, pronta a cambiare con il variare della sponsorizzazione. Il quadro offerto dal panorama costituito dagli stadi ita- liani sembrerebbe così appartenere più a quest’ultima ca- tegoria del Junk-Stadio che allo Stadio-Bigness, se non altro per la condizione di precarietà e provvisorietà che la maggioranza degli impianti ha assunto per rispondere in maniera contestuale alle necessità nel tempo sopraggiunte; si pensi alla promulgazione o aggiornamento di normative in materia di sicurezza in seguito a incidenti legati al “tifo violento” o ad adeguamenti della capienza in risposta a promozioni delle squadre in campionati più importanti. In questi casi, gli interventi eseguiti sugli impianti somiglia- no più a caotiche superfetazioni che a interventi armonica- mente integrati nelle preesistenze architettoniche. Nell’ottica di una possibile e necessaria riqualificazione del nostro parco stadi come opportunità di rilancio e sviluppo del paesaggio, è opportuno interrogarsi se la direzione, per certi versi già intrapresa, del Junk-Stadio sia quella effetti- vamente percorribile. Pur sorgendo in zone periurbane, lo stadio contempla basi salde e solide: discende da una fami- glia di antenati illustri16 e ne conserva le fattezze tipologi- che e un’identità imprescindibile. Un Junk-Stadio, da un lato, costituirebbe l’espressione di una società in continuo mutamento ed espansione, dall’altro, porterebbe a una ne- gazione dell’architettura, lì dove questa ha radici che ripor- tano a tipologie consolidate. Si può plaudere all’intervento di società di real estate per gli investimenti di capitali nel- la realizzazione e sponsorizzazione delle grandi strutture multifunzionali, perché indispensabili alla loro gestione; d’altro canto non si può lasciare che siano solo le iniziati- ve private a fornire gli spazi d’incontro e sociabilità per la collettività, né pretendere che le funzioni di luogo pubblico vengano ridotte e compresse in uno spazio contenitore a tema. Un Junk-Stadio si conformerebbe come una struttura che in nome dell’adattabilità rinuncerebbe alla propria uni- tà, identità, fisicità. Col passare del tempo diventerebbe un organismo informe, esito di tagli, aggiunte e improponibili prolunghe; da organismo regolatore, da caposaldo urbano diverrebbe una vittima inerme dei cambiamenti non piani- ficati, figlia del caos dei nostri tempi. 124 Dario Cea

Occorre però confrontarci con la situazione che la nostra contemporaneità ci presenta, anche se questa ci appare sot- to forma di cumuli di scarti e rottami, non illudendoci di poter agire come se avessimo un foglio bianco dinanzi a noi. Si tratta probabilmente di raccogliere e riutilizzare, reinventandoli, gli spazi della città, dei luoghi di lavoro, di svago e dello sport muovendosi nel Junkspace della postmodernità, rigenerando un paesaggio e costruendo un montaggio a partire proprio da quei frammenti oggi rifiu- tati. Bisognerebbe costruire un processo evolutivo che isti- tuisca delle relazioni, nuove identità e nuovi significati tra quei frantumi allo stesso modo di un ipotetico Merzbau17 dei giorni nostri. L’artista tedesco Kurt Schwitters lavorò al Merzbau dal 1919 al 1937 (quando fu distrutto dai bom- bardamenti alleati) trasformando alcune stanze della sua casa-studio di Hannover in un’opera d’arte totale, in cui lo spazio originario veniva profondamente trasfigurato, ag- gregando materiali, oggetti dalle forme scultoree, squarci e ritagli che erano così affissi alle pareti, al pavimento e al soffitto. Si trattava di un progetto in continua evoluzione; giorno dopo giorno piccole aperture venivano ricavate en- tro una massa più grande e altre ancora venivano invece chiuse, sigillando entro caverne gli oggetti in esse conte- nuti. «L’intersezione tra la materialità – qualsiasi materia- lità, da quella corporale a quella di produzione industriale o artigianale – e il flusso indefinito della produzione a pro- cesso continuo [è la dimensione più straordinaria dell’ope- ra]. Il solo principio, l’unica legge cui il progetto obbedi- sce è quella della produzione fluida continua, un processo dinamico additivo e sottrattivi di connessione e taglio»18. Del resto, come affermava lo stesso Schwitters, ilMerzbau è «incompiuto per principio». Allo stesso modo le nostre infrastrutture sportive, inglo- bando le spazialità ereditate (o prese in prestito) dalle nuo- ve funzioni, potrebbero attivamente integrare il paesaggio concepito, quest’ultimo, come un palinsesto su cui scrive- re, cancellare e riscrivere, e dal quale emergono tracce di ciò che è stato e che rappresentano l’eredità della nostra contemporaneità. Il Junk-Stadio, da negazione dell’archi- tettura, potrebbe così trasformarsi in un’opera d’arte to- tale19, una compenetrazione di funzione, struttura, luogo, LO STADIO TOTALE 125 estetica, simbolismo. Peter Eisenman guarda all’opera to- tale non come a una disciplina totalizzante, in quanto que- sta porterebbe a cancellare l’autonomia delle altre disci- pline, quindi a colonizzarle. Il nodo centrale è il rapporto tra l’autonomia di una disciplina nei confronti della natura totalizzante dell’opera totale. «Autonomia non significa l’autoreferenzialità di un sistema chiuso e quindi di una totalità, ma piuttosto l’esplicitazione della problematica di un sistema aperto. Fondamentalmente l’autonomia di una disciplina è necessaria a mantenere l’integrità e la diversi- tà il problema sorge quando [l’autonomia] diventa autore- ferenziale, un sistema chiuso, e chiudi considera sé stessa come un’altra forma di totalità»20. Produrre un’opera totale attraverso il mezzo dell’architet- tura, che sia uno stadio o qualsiasi altro progetto a grande scala, non significa considerare l’architettura come una disciplina totalizzante (ce lo ricorda anche la Bigness); l’architettura, infatti, non può colonizzare altri discorsi ma piuttosto usarli come apertura per la propria disciplina, interrogandosi sull’imprescindibilità delle proprie basi, quando è il caso. «I nostri progetti tentano di aprire il cam- po della conoscenza architettonica attraverso una fluidità, un’immersione di altre idee, altre possibilità che mettano in discussione le basi dialettiche, come forma e funzione, figura e sfondo, soprattutto se un edificio debba necessa- riamente assomigliare alla propria funzione»21. Quindi, considerare la disciplina architettonica come si- stema aperto significa porsi in relazione con la storia e i luoghi, suggerendo non solo relazioni geometriche e di proporzione bensì aprendosi verso espressioni che tra- scendono i significati funzionali e che si prestano a letture nuove e molteplici. In questo senso, il Merzbau può essere letto (ed è lo stesso Schwitters a suggerirlo) come metafora della metropoli: «è l’opera totale della civiltà del consumo, fatta degli scarti e dei residui (bellici) di una società che trova nella metropoli il suo compimento in forma di rizoma o costellazione di piani assemblati in un processo di mutamento continuo»22. Utilizzando metafore e procedure dell’assemblaggio ac- cennate in precedenza, l’architettura si trova a incorporare nei propri prodotti le tematiche dell’incompiutezza, della 126 Dario Cea crescita, fondendo la propria individualità con una rappre- sentazione del tutto. Una tendenza che è ottenuta attraver- so il montaggio di elementi urbani come la piazza-atrio o la strada-galleria, ma anche attraverso l’assemblaggio di elementi costruttivi e tecnologici, come curtain-wall, sca- le mobili, ascensori, solai, partizioni che possono costitui- re una nuova libreria per l’architetto, ideatore di organismi ibridi, a metà strada tra edificio e paesaggio, tra natura e artificio, tra architettura e urbanistica. Così come nel Merzbau lo spazio privato si apre diventan- do luogo pubblico (l’opera, visitabile, era allestita all’in- terno della sua abitazione) anche nei grandi interventi urbani la distinzione tra spazio pubblico e privato va esau- rendosi, dando origine a spazi attraversabili, semiaperti, simili a infrastrutture di scorrimento. Le azioni telluriche che portano a grandi sospensioni di volumi da terra, evi- denti piegature di superfici in origine rigidamente orizzon- tali o verticali, vaste aperture nei blocchi, sono alla base di ibridazioni architettoniche-metropolitane-paesaggistiche capaci di instillare vita in aree altrimenti desolate. Anche lo stadio, che già consente la convivenza di pubblico e pri- vato nei suoi spazi, potrebbe consentire questa permeabi- lità laddove la sua compattezza lo ha sempre caratterizzato finora come struttura chiusa. Proprio attraverso la fusione di spazi o entità prima nettamente separati (interno/ester- no, chiuso/aperto, edificio/città, edificio/paesaggio, natu- ra/artificio), un Merz-stadio potrebbe davvero rappresen- tare un’opera totale del nostro tempo, colonizzando quei terreni abbandonati ai margini della città consolidata o ri- sanando voragini apertesi nel tessuto urbano compatto. La sua presenza può rivelare un ordine diverso, o far giungere l’ordine lì dove regnava il caos, poiché contiene i presup- posti di un nuovo ordine formalizzato ed estetizzato. Allo scopo di individuare un esempio di modello appli- cativo che incarni le argomentazioni qui presentate, si può citare il progetto per l’Estadio Municipal de Riazor, di Eisenman Architects del 2003. Qui lo stadio si inseri- sce nel tessuto urbano aprendosi in parte verso una grande piazza che si prolunga fino a raggiungere il porto offrendo una serie di nuovi spazi e attività alla città. Lo stadio è concepito come un centro civico dove, oltre al calcio, ven- LO STADIO TOTALE 127 gono riunite attrezzature per il tempo libero, attività cul- turali e commerciali allo scopo di integrare l’architettura con l’ambiente: l’uomo e il mare. L’immensa e scultorea struttura del tetto, non solo si sospende abbracciando due delle tribune, ma si propone come quinta che chiude la piazza fondendosi con gli edifici per le nuove funzioni. L’immagine che ne deriva trasfigura le funzioni in esso incorporate e l’assemblaggio di diversi oggetti urbani e architettonici produce un’icona urbana integrata nella cit- tà. Tale integrazione non è frutto dell’utilizzo di principi morfologici e formali tipici della città, bensì della volontà di intrecciare le diverse funzioni dello stadio, dell’hotel, dei negozi, della piazza in un edificio-mondo capace di dar vita a un nuovo e vitale tessuto urbano. In conclusione, emerge così una rivisitazione del concet- to di stadio che, a scopo puramente sintetico, potremmo battezzare come “Stadio Totale”, ricercando nei due ter- mini un’accezione di stadio inteso come sistema totale ma non autosufficiente, come un’infrastruttura che si pone oltre la scala della dimensione edilizia, per agire direttamente alla scala del paesaggio. Questo pensiero richiama alla mente gli esperimenti condotti negli anni Sessanta, secondo orientamenti semi-utopistici, da figu- re come Richard Buckminster Fuller, Frei Otto, Alison e Peter Smithson, Archigram, Superstudio, in cui un’atmo- sfera fantascientifica e l’ambiente Pop rappresentavano lo sfondo culturale per produrre performance tecnologi- che e megastrutturali in grado di ripensare radicalmente la condizione del vivere. Possiamo, infine, tentare di individuare alcune proprietà dello Stadio Totale, che sarà quindi caratterizzato da: 1. la grande dimensione, che lo colloca su di un piano di- verso da quello meramente urbano; 2. la tecnologia avanzata, indispensabile per realizzare strutture complesse e ardite, per il funzionamento degli impianti, per concretizzare strategie di risparmio ener- getico, per i materiali di nuova concezione impiegati; 3. la flessibilità, vista sia a livello tecnologico, per- per mettere di movimentare parti dell’edificio (copertura, tribune, campo, ecc.), sia a livello funzionale, per poter ospitare diversi tipi di eventi nello stesso contenitore; 128 Dario Cea

4. l’ibridazione funzionale, che caratterizza lo stadio tota- le come arena al cui interno funzioni diverse possano convivere, integrandosi e offrendo al fruitore una varie- tà e un’articolazione di momenti che invitano a un uso quotidiano del medesimo; 5. l’ibridazione architettonica che, derivando dalla prece- dente, consente di modificare profondamente la tipo- logia consolidata, aprendosi a nuove sperimentazioni spaziali in grado di dialogare e trasformare il paesag- gio, e accogliendo elementi e frammenti nuovi per ge- nerare una nuova struttura integrata; 6. il nodo d’interscambio, inteso come impianto in grado di stimolare la circolazione e il movimento di cose e persone, attraverso un’integrazione con le infrastruttu- re e il sistema dei trasporti pubblici e privati; 7. il caposaldo ordinatore: l’importanza assunta dallo sta- dio totale per il paesaggio circostante è tale da dettare le regole a ciò che gli sta intorno indirizzando traietto- rie e stabilendo connessioni; é, inoltre, un catalizzatore di vita sociale ed economica che può promuovere la riqualificazione sociale e urbana. 8. il landmark territoriale: in quanto punto di riferimento a scala territoriale, lo stadio totale ha una sua riconosci- bilità propria che lo fa emergere nel contesto; 9. lo spettacolo, inteso come l’esperienza vissuta dall’u- tente che vi si reca e vive il rapporto tra l’evento e il suo contenitore con un coinvolgimento sensoriale in- tenso e globale; 10. l’edificio-evento: la stessa costruzione dello stadio di- venta parte fondamentale della programmazione di un evento, come le Olimpiadi, i campionati mondiali, le fiere e le esposizioni universali. In queste occasioni lo stadio diventa anche un’immagine simbolo per una po- litica di marketing territoriale, in grado di attirare atti- vità produttive economiche e sociali. LO STADIO TOTALE 129

1 Venturi R., 1966, Complexity 16 Si possono trovare gli archetipi and Contradiction in Architectu- dello stadio negli stadi, ippodromi, re, Museum of Modern Art, New teatri greci, o negli anfiteatri e i cir- York. chi romani. 2 Augè M., 1992, Nonluoghi. In- 17 Noto anche con il nome: Kathe- troduzione a una antropologia del- drale des erotischen Eldend (Catte- la modernità, Elèutera, Milano. drale della miseria erotica-KdeE); 3 Koolhaas R., 1995, «Bigness la parola Merzbau significa lette- or the Problem of Large», in ralmente “costruzione Merz”, dove OMA, Koolhass R., Mau B., S, M, Merz è tutto ciò che rimane di un L, XL, The Monacelli Press, New annuncio della Kommerzbank, una York. banca privata, utilizzato per un col- 4 Koolhaas R., 1995, «The Ge- lage di Schwitters. neric City», in OMA, Koolhass R., 18 Mansoor J., 2004, «Il Merzbau Mau B., op.cit. di Schwitters», in Lotus Internatio- 5 Koolhaas, 1995, op. cit. nal, n.123, pp. 42-59. 6 Ibidem. 19 Richard Wagner formulò la no- 7 Koolhaas R., 1978, Delirious zione di opera d’arte totale nel suo New York, Oxford U.P., New York. saggio Gesamtkunstwerk del 1850, 8 Koolhaas, 1995, op. cit. quando progettò di realizzare “l’o- 9 Ibidem. pera d’arte dell’avvenire” allo scopo 10 Ibidem. di stabilire l’alleanza delle arti nelle 11 Koolhaas R., 2006, Junkspace, loro tre forme: plastica, letteraria, Quodlibet, Macerata. musicale, al fine di creare la vita. 12 Ibidem, p. 61. 20 Eisenman P., 2004, «L’opera 13 Berger A., 2006, Drosscape: totale come sistema aperto», in Lo- Wasting Land in Urban America, tus International, n. 123, pp. 22-27. Princeton Architectural Press, New 21 Ibidem. York. 22 Nicolin P., 2004, «Merzbau», 14 Koolhaas, 1995, op.cit. in Lotus International, n. 123, pp. 15 Ibidem. 8-17.

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L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE Strategie, modelli, processi per lo stadio contemporaneo Pietro Chierici

A seguito dell’evoluzione e della complessità dei processi gestionali, economici e sociali dello scenario urbano inter- nazionale, nell’ultimo decennio è maturata la diffusione di una nuova generazione di stadi polifunzionali in grado di garantire qualità ambientale, sicurezza e ricavi finanziari. Da diversi anni in Europa è in atto un processo trasforma- zione del concetto di stadio, che da semplice contenitore di eventi si è trasformato in un’infrastruttura capace di pro- muovere e produrre servizi, divenendo un centro di profit- to autonomo in grado di generare opportunità finanziarie, localizzative e professionali. In Italia il processo di valorizzazione delle strutture spor- tive risulta in ampio ritardo, manifestando la necessità di introdurre nuove modalità di gestione degli impianti e di interazione con il territorio così da rispondere alle esigen- ze della dinamicità del mercato e delle politiche di svilup- po locale, risolvendo l’annosa problematica del rapporto tra stadio e città consolidata. In particolare, il tema della riqualificazione e riconversione degli stadi italiani, poco frequentati e in stato di precaria manutenzione, si pone quale fulcro strategico degli interventi, al fine di miglio- rare l’assetto funzionale delle strutture esistenti, valoriz- zarne l’inserimento nelle comunità di appartenenza e pro- muoverne nuove modalità di gestione.

Approcci strategici per una competitività territoriale

Un territorio non delimitato né delimitabile da confini istituzionali, ma modernamente interpretato come «si- stema che compete»1, richiede l’adozione di modalità innovative di intervento attraverso le quali sviluppare idonee strategie di offerta prestazionale, operando sulle componenti del sistema locale e rafforzandone l’identità 132 Pietro Chierici economica, sociale, ambientale secondo strategie proprie del marketing territoriale. L’inevitabile interdipendenza tra localismo e globalizza- zione ha condotto alla diffusione di un neologismo, quello della glocalizzazione2, in grado di riassumere la dimensio- ne sia locale sia globale, consentendo, all’interno di una visione d’insieme, di prestare attenzione alle peculiarità dei caratteri identitari specifici di un ambito geografico. Tale atteggiamento ha prodotto molteplici fenomeni di ag- gregazione territoriale, la diffusione di un’offerta presta- zionale diversificata e la definizione di distretti in grado di innescare dinamiche di mercato inter-comprensoriali. Residenza, lavoro, sport, tempo libero, produzione e cultu- ra si interconnettono nello spazio urbano secondo piani dei tempi differenziati inducendo una riduzione degli sposta- menti, un risparmio energetico, una limitazione dell’inqui- namento ma, soprattutto, promuovendo una riconnessione di parti della città in un sistema interagente di comunità capaci di esprimere molteplici modalità di vita urbana in risposta a diversificate domande di città3. Il potenziamento delle peculiarità locali si eleva a stru- mento mediante il quale riscoprire il territorio come luogo dotato di identità e consapevolezza, tramite una visione strategica di tipo multiscalare. I temi della salvaguardia e tutela delle risorse costituiscono argomenti nodali del rinnovo urbano, permeati da logiche non solo di natura conservativa ma anche dalla creazione di nuove opportunità dal punto di vista ambientale e sociale. Gli anni recenti hanno visto l’affermazione di innovative strategie di promozione del territorio quali, ad esempio, il city marketing e l’event marketing, processi mirati a una forte competizione, a livello nazionale e internazionale, per l’acquisizione di eventi, fiere, esposizioni, grandi ap- puntamenti sportivi e culturali. La “strategia competitiva” di un territorio è quindi finaliz- zata al perseguimento di un preciso modello di sviluppo sostenibile. In tale ottica essa concerne il rafforzamento della “capacità competitiva” intesa come arricchimento del patrimonio di risorse materiali e immateriali di cui possono beneficiare i soggetti localizzati nell’ambito terri- toriale secondo logiche intersettoriali. L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 133

Il tema dei grandi progetti innovatori, suddivisi nelle ca- tegorie di progetti portabandiera e grandi eventi, rappre- senta, nell’attuale scenario, una delle componenti più ri- levanti e complesse della politica di sviluppo dell’offerta: i progetti costituiscono un volano per i processi evolutivi di un sistema di area vasta, rappresentando una significa- tiva strategia per il rafforzamento dell’identità locale di un contesto. Le grandi opere infrastrutturali consentono di creare le premesse per la programmazione e l’attuazione di nuovi eventi che il territorio intende promuovere: al contempo, la realizzazione di manifestazioni nazionali e internazio- nali, sottende la costruzione di nuove strutture a servizio dell’evento medesimo, determinando una molteplicità di ripercussioni sul sistema ambientale geografico ospitante. Regioni e aree metropolitane utilizzano i grandi progetti innovatori come occasione di riposizionamento interna- zionale, visibilità e sviluppo economico-turistico, pro- muovendo il consumo culturale e l’uso qualificato e socia- lizzante del tempo libero. Le infrastrutture sportive polifunzionali si collocano nell’ambito dei grandi progetti innovatori, in quanto ricon- ducibili a progetti portabandiera, interventi logistici che per la loro complessità economica e materiale, coinvolgo- no in maniera consistente il territorio interessato e il tessu- to urbano su cui insistono. Essi si pongono come progetti “strutturanti”, in grado di riorganizzare il sistema territo- riale nel suo insieme, generando una rete di connessioni e di ridisegno della città che ne valorizzano le emergenze. Strettamente correlati ai progetti portabandiera, i grandi eventi rappresentano, per le città che li ospitano, il pre- supposto di rilancio della loro immagine rinnovando e ot- timizzando le proprie risorse. Un grande evento assume valenza di grande progetto innovatore quando è in grado di porsi in qualità di manifestazione relativamente unica che richiede la costruzione di infrastrutture funzionali e stimola significativi flussi finanziari verso il territorio, im- plicando il coinvolgimento di attori molteplici. L’utilizzo dei grandi eventi come pretesto per intervenire in merito alle situazioni critiche del territorio ha visto l’av- vio già dai primi anni Ottanta. Le esperienze intraprese 134 Pietro Chierici dai paesi europei hanno dimostrato come la loro efficacia risulti limitata se perimetrati alla sola pianificazione fisica e non considerati in qualità di strategico strumento di re- gia politica. La complessità dei processi necessita infatti di innovative metodologie di approccio alle problemati- che, mediante l’adozione di tecnologie di processo di tipo flessibile e incrementale, in grado di confrontarsi con una molteplicità di attori secondo logiche multiscalari (piani- ficazione strategica, programmi complessi, gestione del ciclo di progetto, quadro logico, ecc.). Politiche attuative di promozione e di ristrutturazione del- le aree influenzano in maniera decisiva le trasformazioni fisiche e sociali di un territorio, in modo particolare nel caso delle aree urbane, determinando la dinamica della do- manda dei servizi pubblici, in particolare della mobilità. Tali interventi necessitano perciò di essere pensati all’in- terno di una precisa “visione” verso la quale orientare il territorio-mercato. Il piano urbanistico delinea obiettivi, valori di fondo e fattori vincolanti attraverso i quali impo- stare la strategia evolutiva del territorio e l’utilizzo degli spazi, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile che intende potenziare il proprio livello di attrattività per gli attori eco- nomici interni ed esterni4. Nell’ambito di questo scenario, il settore dell’impiantistica sportiva emerge come una delle componenti fondamentali per lo sviluppo del tessuto urbano e dell’imprenditoria che ne governa l’assetto, volano di un’economia che interpreta l’individuo come figura centrale delle dinamiche sociali. Benessere, competizione, valori etici e mercato si combi- nano all’interno di un processo di valorizzazione del terri- torio che origina da un ripensamento del rapporto tra sport, infrastrutture e città. Gli impianti sportivi e l’organizzazio- ne di eventi collaterali rappresentano, di conseguenza, uno strumento privilegiato di marketing territoriale. Ciascuna azione strategica, nell’ambito delle infrastruttu- re sportive, intende infatti promuovere e realizzare inter- venti che consentano di strutturare il territorio, mirando alla qualificazione e al rafforzamento della maglia infra- strutturale esistente, migliorando i livelli di accessibilità e di flusso dei comparti urbani. La creazione di un’offerta sportiva di primo livello, integrata con l’ambiente e con L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 135 la cultura locale al fine di produrre una valorizzazione diffusa sia dello sport sia del sistema-territorio, incorpora l’obiettivo di generare un cluster organico e funzionale, profondamente strutturato nella sua articolazione presta- zionale, avviando specifiche aree strategiche allo sviluppo di autentici distretti per lo sport e l’intrattenimento. Il potenziamento del sistema sportivo promosso all’inter- no di precise logiche d’integrazione si inserisce in una vi- sione della città articolata non più per funzioni, bensì per relazioni sovrapposte e interagenti, dove la mixité funzio- nale costituisce prerogativa per il buon esito dell’integra- zione tra manufatto e comunità. Emerge che l’intero processo di trasformazione indotto dall’infrastruttura sportiva necessiti della definizione di strumenti operativi multilivello che prevedono l’adozione di protocolli di intesa, accordi di programma, piano degli interventi e cabine di regia che garantiscano l’integrazione tra i diversi attori coinvolti e una progettualità flessibile e in- crementale, capace di gestire la città nelle sue diverse parti. I criteri e le modalità procedurali dovranno garantire la co- erenza e la funzionalità degli interventi al conseguimento degli obiettivi, nonché l’impegno dei soggetti locali diret- tamente interessati alla realizzazione dell’intervento pre- posti a garantire la propria quota di cofinanziamento nel caso di opera misto pubblico-privato. Gli impianti sportivi possono, perciò, rappresentare una determinante opportunità di sviluppo del territorio sotto molteplici punti di vista nel momento in cui vengano pia- nificati, con accortezza e innovazione, attraverso un’atti- vità di marketing in linea con le più efficaci esperienze vissute anche in altri settori di attività5. Un impianto sportivo costituisce perciò un punto di aggre- gazione e incontro che può essere sviluppato in modo coe- rente con le tendenze presenti nei paesi evoluti, dove tempo libero e ricerca di intrattenimento rappresentano fattori for- temente in crescita. I complessi per lo sport rappresenta- no occasioni d’interesse per la pubblica amministrazione, divenendo una componente infrastrutturale del territorio, sempre maggiormente attenta, a livello centrale e locale, alle politiche di marketing territoriale strategico, nel conte- sto di una crescente competitività tra governi locali6. 136 Pietro Chierici

Storicamente lo stadio è stato collocato in prossimità del tessuto urbano tradizionale o nelle immediate aree perife- riche della città, spesso inserito internamente a complessi sportivi dotati di attrezzature minori, costituendo una po- larità in grado di riconnettere gli spazi marginali all’arma- tura storica e ai sistemi infrastrutturali. In modo differente, nei paesi anglosassoni, lo stadio si è inserito all’interno della misura del costruito consolida- to7 in qualità di isolato urbano direttamente relazionato alla dimensione del quartiere, ridefinendo loskyline della città fondata. La misura della città si pone perciò quale limite e riferi- mento dimensionale e tipologico dell’impianto sportivo, integrandolo alla maglia e alle giaciture esistenti, nell’in- tento di promuovere una continuità urbana sia morfologica sia funzionale. Il rapporto tra edificio e contesto si risolve primariamen- te attraverso una corretta sovrapposizione tra manufatto e spazi pubblici, individuando nel fronte-stadio l’elemento di risoluzione e integrazione delle molteplici problema- tiche che un edificio di tale natura comporta inserendosi all’interno di un sistema urbano compatto. Questa tendenza appare oggi fortemente strategica nei processi di rigenerazione e valorizzazione dell’ambiente costruito, orientando la progettazione degli edifici sportivi verso la realizzazione di complessi compatti polifunzio- nali e di media capienza, rafforzandone il carattere urba- no, i livelli di accessibilità e fruibilità, conferendo nuo- vi livelli di resilienza alla scala della città come a quelli dell’architettura8.

Esperienze europee a confronto

Tra gli impianti sportivi europei che più di altri hanno intessuto con l’armatura urbana un solido rapporto di ri-connessione tra parti di città vi sono la Johan Cruijff Arena (Amsterdam, Olanda), lo Stade de Suisse (Berna, Svizzera), lo Stade de la Maladière (Neuchâtel, Svizzera) l’Emirates Stadium (Londra, Regno Unito) e il recente Estadio San Mamés Barrìa (Bilbao, Spagna). L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 137

Complessi sportivi, questi, che rappresentano sperimen- tazioni e paradigmi d’eccellenza dal punto di vista della pianificazione urbanistica e finanziaria, confermando come il mercato delle infrastrutture sportive rappresenti oggi una tra le realtà maggiormente interessanti e promettenti nell’ambito dei processi di valorizzazione del territorio e dei suoi servizi infrastrutturali, coniugando esigenze collet- tive e private ed elevandosi a luogo privilegiato per la pia- nificazione strategica e la produzione di un’identità di mar- ca, nello scenario globale della competizione territoriale. I paradigmi europei riportati costituiscono l’occasione di lettura di alcuni approcci paradigmatici all’organizzazione del progetto e all’articolazione del processo di program- mazione e gestione delle strutture complesse nell’ambito urbano consolidato. Ad eccezione della Johan Cruijff Arena – che rappresenta un volano per lo sviluppo di un quartiere di nuova fonda- zione – e dell’Emirates Stadium, gli impianti proposti sono stati realizzati sul sedime degli stadi esistenti, demoliti per lasciare spazio ad aggiornate strutture polifunzionali in grado di attivare nuove sinergie logistiche e funzionali con la città consolidata, definita da una continuità strutturale che lega ogni singola parte con il tutto. Tale processo di valorizzazione della città e dei suoi luoghi endogeni rappresenta una strategica opportunità per l’atti- vazione di nuove forme di convivenza urbana, inducendo innovative modalità di abitare e lavorare all’interno di spa- zi rigenerati, producendo, in tal modo, flussi trasversali e relazioni dinamiche tra spazio pubblico e spazio privato.

Arena Boulevard, Amsterdam (Olanda)

L’Arena Boulevard di Amsterdam rappresenta una delle aree più sviluppate in Olanda costituendo un esempio di integrazione tra destinazioni di diverso utilizzo (shopping, sport, intrattenimento, residenza, terziario avanzato), nella definizione di un autentico distretto per l’intrattenimento di tipo innovativo. Il ruolo ricoperto dall’amministrazione pubblica nel finanziamento dell’Arena è stato decisivo per incoraggiare e rendere sostenibile lo sviluppo dell’area. 138 Pietro Chierici

Nel caso specifico è stata attivata una partnership pubbli- co-privato, con la partecipazione al finanziamento dell’e- dificio di banche e imprese. La città di Amsterdam ha visto di conseguenza crescere il valore commerciale dell’area ottenendo un ritorno eco- nomico dagli oneri di concessione pagati dalle aziende insediate attorno all’Arena e dallo sviluppo immobiliare attivato. La struttura sportiva si è rivelata essere un potente magnete nell’attrarre imprese in loco, creando una vera e propria meta turistica per l’intrattenimento9. La costruzione dell’Arena, infatti, oltre a dotare la città di una struttura moderna, polivalente e confortevole, è stata l’elemento catalizzatore per lo sviluppo economico e so- ciale dell’area. Lo stadio si è rivelato non solo un potente strumento per la crescita immobiliare, ma ha permesso la realizzazione di nuove strutture ricettive, sportive e commerciali valoriz- zando l’intera comparto urbano10.

Stade de Suisse, Berna (Svizzera)

La costruzione dello Stade de Suisse (Berna, 2005), ope- ra finanziata mediante i fondi previsti per i Campionati Europei di calcio 2008 in Svizzera e Austria, si è collocata all’interno del Piano di Sviluppo per la promozione del contesto ospitante come area d’eccellenza. Nel 1997, a seguito di un referendum popolare, il 72% della popolazione bernese ha approvato la modifica del piano regolatore per la costruzione di un nuovo stadio11. L’impianto storico è stato demolito nell’agosto del 2001 per essere sostituito da un nuovo stadio multifunzionale, realizzato su un terreno di proprietà della pubblica ammi- nistrazione di Berna. La costruzione del nuovo edificio è stata inclusa nel piano di sviluppo dell’area Bern-Wankdorf, un programma inte- grato di intervento per la promozione della zona quale area ideale per ospitare esposizioni, eventi sportivi, congressi e uffici, frutto della sinergia tra diversi enti, pubblici e privati. Obiettivo principale del progetto, oltre al fatto di offrire al quartiere del Wankdorf uno stadio concepito secondo L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 139 le nuove tendenze europee, è stato quello di destinare alla comunità un nuovo centro urbano dotato di servizi a sup- porto della vita di quartiere tra i quali un importante polo scolastico e amministrativo. La società ha ottenuto dal Comune un diritto di superficie valevole per 99 anni. Al fine di poter finanziare la costruzione dello stadio, che ha richiesto ingenti investimenti, alcuni attori privati, tra cui fondi pensionistici e società di assicurazioni, si sono associati costituendo un consorzio di comproprietari; ga- rantendo in tal modo un capitale di investimento per la realizzazione dell’infrastruttura sportiva. Al fine di rafforzare un processo di tutela ambientale, il consorzio Stade de Suisse si è occupato della promozione di tre progetti che hanno riguardato, in particolare, la pro- duzione di energia solare, il recupero del calore e l’incre- mento del trasporto pubblico. Il complesso dispone, infatti, di un impianto fotovoltaico di circa 12.000 mq (il primo utilizzato su questa tipologia di edifici) distribuito sulla copertura dello stadio e in grado di produrre una quantità di energia tale da provvedere alla pro- pria fornitura e a quella di una parte dei quartieri limitrofi.

Stade de la Maladière, Neuchâtel (Svizzera)

Il complesso polifunzionale La Maladière (Neuchâtel, 2005) risponde alla doppia sfida di realizzare un elemen- to di design alla grande scala nel cuore di Neuchâtel pur perseguendo un calibrato rapporto di integrazione con il contesto storico della città. Di forma compatta e sagomata secondo un profilo con- tinuo ma variegato, l’edificio è caratterizzato da un in- volucro omogeneo disposto lungo facciate diversamente profilate, dichiarando la varietà delle funzioni ospitate e confrontandosi con le molteplici realtà del quartiere. Il complesso immobiliare della Maladière comprende uno stadio per il calcio, una caserma per i vigili del fuoco, sei sale per la ginnastica e uno spazio commerciale di circa 24.000 mq. Interamente finanziato dai privati, l’edificio è stato realizzato in luogo dello stadio storico, collocandosi in un’area strategica del centro. 140 Pietro Chierici

Per la sua costruzione, l’amministrazione comunale ha provveduto alla vendita delle superfici necessarie agli in- vestitori che si sono interamente addossati la responsabi- lità finanziaria dell’operazione. Nel prezzo di vendita del terreno sono stati compresi il valore dello stadio esistente e dei suoi annessi, nonché il costo delle installazioni dello stadio provvisorio. L’amministrazione di Neuchâtel ha ottenuto un contratto d’affitto di lunga durata per la caserma dei Vigili del Fuoco e per le sale polisportive. Vista la complessità finanziaria, gestionale e immobiliare dell’operazione, l’Amministra- zione ha provveduto a sviluppare una procedura speciale di piano, accompagnata da uno studio di impatto ambien- tale e paesaggistico con attenzione particolare al tema dei trasporti pubblici e individuali, ai parcheggi e alla sistema- zione degli spazi esterni, così come al rapporto tra l’edifi- cio e il contesto storico di Neuchâtel12. Il progetto è infatti concepito come offerta attrattiva com- plementare con quella del centro-città. La realizzazione dello stadio ha consentito di apportare una nuova dinamicità alla città e di ampliarne l’area desti- nata all’intrattenimento e all’attività sportiva. Nel contesto urbano di Neuchâtel lo Stade de la Maladière costituisce un ambito dal marcato carattere popolare e per- vaso da una forte carica emozionale per l’intera regione e i suoi abitanti. Si tratta, infatti, di un brano di città le cui stratificazioni storiche sono dense di significato e di valori. I vantaggi che la realizzazione dello stadio è stata in grado di apportare non soltanto alla città, ma all’intera regione, sono stati molteplici. In particolare, tale processo ha condotto all’affermazione del ruolo di centro di agglomerazione e di valorizzazione del quartiere La Maladière consentendo di individuare una reale porta di accesso al centro della città. La realizzazione dello stadio è dunque il risultato di un dina- mismo operativo e decisionale di un gruppo ristretto di ope- ratori, nonché la concretizzazione di un’intesa perfetta e di un processo di condivisione di interessi e bisogni diversificati. Il programma d’interesse generale promosso da La Maladière ha consentito di utilizzare il suolo urbano in modo intensivo e di risolvere molteplici problematiche L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 141 sino a quel momento rimaste senza soluzioni soddisfacen- ti: l’esigenza di uno stadio, ma anche di una caserma per la protezione civile, di sale polisportive e di un parcheggio capiente e la creazione di 440 posti lavoro. La Maladière ha rappresentato uno straordinario vola- no per il rilancio di Neuchâtel, in particolare per la ri- organizzazione delle infrastrutture e dei trasporti pub- blici, fornendo un nuovo impulso per l’intero territorio circostante13.

Emirates Stadium, Londra (Regno Unito)

L’Emirates Stadium (Londra, 2006), sede dell’Arsenal Football Club, costituisce un’esemplare esperienza di va- lorizzazione incrementale del tessuto urbano e dell’am- biente costruito. L’investimento infrastrutturale è stato avviato sulla base della necessità del club britannico di sostituire lo storico impianto, non più idoneo al calcio professionistico, e sul- la prerogativa di ricollocare la nuova struttura all’interno dello stesso quartiere, in conseguenza dello stretto legame esistente tra quest’ultimo e la società sportiva. La strategia di trasformazione urbana individua- ta si è sviluppata secondo tre assi di intervento tra loro interdipendenti: a) l’individuazione di un’area di superficie doppia rispet- to alla precedente, nelle vicinanze dello storico stadio Highbury, ove è stato realizzato un impianto di nuova generazione dotato di molteplici servizi di intratteni- mento per gli utenti (l’area era stata precedentemente acquistata dal municipio e in fase iniziale destinata al trattamento dei rifiuti); b) la costruzione di alcuni complessi residenziali insi- stenti sull’area ricavata dalla demolizione dello storico stadio Highbury. Una parte importante della riconver- sione immobiliare è rappresentata proprio dal progetto Highbury Square, inaugurato nel settembre 2009: un complesso residenziale che recupera parte delle stori- che tribune perimetrali organizzando lo spazio aperto interno mediante una trama di orti e giardini; 142 Pietro Chierici c) la riqualificazione di una terza area in stato di abban- dono, all’interno della quale è stato previsto un sistema di servizi pubblici, a potenziamento di quelli presenti nell’area dove è sorta la nuova struttura14. Questo modello di pianificazione a rete, che indubbia- mente ha prodotto un forte impatto sulla realtà locale, ha evidenziato in modo esemplare come la costruzione di un nuovo impianto sportivo sia in grado di innescare dina- miche di riqualificazione diffusa del territorio, avviando logiche d’intervento parallele e correlate, all’interno di un processo di ridisegno complessivo della città a partire da una necessità primaria e localizzata. Il miglioramento dei sistemi di trasporto e la creazione di nuovi posti di lavoro ha rafforzato il legame tra la società sportiva e la comunità locale, mediante la definizione di un programma funzionale e gestionale che ha consentito di affiancare all’aspetto puramente economico e finanzia- rio anche finalità di natura sociale tra le quali l’obbligo di rendere commercialmente accessibile almeno il 25% dei nuovi alloggi costruiti nelle vicinanze dello stadio e l’inserimento di strutture e servizi pubblici quali un asilo, una scuola secondaria, una biblioteca e una scuola calcio integrata al sistema scolastico. L’intervento è stato in parte finanziato dall’Amministra- zione, attraverso i proventi derivanti dalla cessione di aree pubbliche e dalle lotterie, in parte da investitori privati (in particolare dalla compagnia aerea Emirates, già sponsor del club, la quale ha associato il proprio nome al nuovo stadio tramite un contratto pluriennale di sponsorizzazio- ne) e in parte direttamente dal club. Per l’ottenimento del permesso di costruire, la Società Arsenal ha dovuto sottoscrivere lo Stadium Management Plan, un documento che ha imposto all’attuatore dell’in- tervento di impegnarsi con la Islington Borough al fine di mantenere aggiornata in modo continuativo la comunità sullo stato di avanzamento dei lavori e limitare gli impatti derivanti dall’insediamento. L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 143

Estadio San Mamés Barrìa, Bilbao (Spagna)

Lo stadio San Mamés Barrìa (Bilbao, 2014) rappresenta uno dei più recenti esempi di coniugazione tra esigenze urbanistiche e interessi privati nell’ambito della realizza- zione di infrastrutture sportive. Ubicato ai margini del centro della città di Bilbao come parte terminale della trama urbana del quartiere Ensanche, l’edificio si rapporta al contesto esistente con rispetto, completandone l’assetto urbano e confrontandosi con il corso fluviale verso il quale si pone in modo deciso, si- gnificativo punto di riferimento sull’estuario del Nervión. L’impianto è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici e la sua collocazione logistica risulta strategica grazie alla presenza capillare di strutture ricettive e commerciali che supporteranno e si integreranno alle nuove attività previste internamente al complesso sportivo. Il nuovo edificio sorge in adiacenza allo stadio storico, per il quale è stata prevista la demolizione, dopo un referen- dum che ha visto il consenso del 70% dei soci della squa- dra calcistica. Il progetto del nuovo manufatto edilizio si è articolato in due fasi sequenziali: la prima ha previsto la costruzione di tre quarti dell’edificio, comprensivo di due tribune prin- cipali e di una curva, in adiacenza all’impianto storico, in modo tale da consentire alla squadra di continuare a dispu- tare le partite casalinghe internamente allo stadio esistente durante il periodo dei lavori di edificazione. La seconda fase ha consentito la costruzione della secon- da curva la quale ha sostituito fisicamente la tribuna del vecchio Catedral, interamente demolito nonostante la sua storia centenaria. Capienza e dimensioni dell’impianto (53.000 spettatori circa) sono state calibrate in relazione alla grandezza della città e al numero dei suoi abitanti perseguendo una strut- tura moderna efficiente e rispondente alle normative e ai regolamenti nazionali ed europei. L’impianto, attento alle esigenze locali, ospita un polo tec- nologico dell’Università e un centro per gli sport acquatici d’avanguardia, comprensivo di una piscina olimpionica multifunzionale, adatta sia per il nuoto agonistico sia per 144 Pietro Chierici quello ricreativo, oltre a una serie di zone dedicate al fit- ness e al benessere. Sono presenti numerose attività com- merciali tra loro connesse: il tutto facilmente accessibile grazie alla realizzazione di una nuova strada d’accesso appositamente dedicata. Il risultato è una sorta di “cuci-scuci” alla scala urbana che persegue un’operazione di sostituzione di un intero isolato, dotandolo di nuove potenzialità economiche e relazionali.

Prospettive

Nell’ultimo decennio il rapporto tra stadio e città si è evo- luto non solo su di un piano fisico-geografico, ma soprat- tutto dal punto di vista delle sinergie funzionali che le nuo- ve strutture sono in grado di intrattenere con il contesto. Lo stadio si pone quale elemento strategico in grado di attivare nuove logiche urbanistiche, funzionali, economi- che e sociali, perseguendo e rafforzando un’idea di città compatta e inclusiva. I temi della valorizzazione delle aree urbane, della ridu- zione del consumo di suolo e della sostenibilità ambientale ed economica costituiscono premesse allo sviluppo di città sicure, accoglienti e durevoli, luoghi di produzione di ser- vizi e di creazione di valore. In tale contesto le nuove infrastrutture sportive dovranno necessariamente confrontarsi con la possibilità di costitui- re nodi intelligenti all’interno del tessuto cittadino, in una logica di servizio ai nuovi stili di vita. L’accessibilità agli impianti dovrà essere supportata da un posizionamento strategico in prossimità delle infrastruttu- re viarie e dal potenziamento dell’uso di mezzi pubblici o di una mobilità dolce, inducendo una riduzione del traffico urbano e delle emissioni in atmosfera. Lo stadio si propone, perciò, come nuovo condensatore urbano: non più un centro di costo, bensì una infrastruttu- ra in grado di produrre nuovi servizi, risorse, relazioni ed economie di scala. Nella sua qualità di isolato contemporaneo, lo stadio co- stituisce l’elemento propulsore di innovative dinamiche di quartiere, nell’ottica di generare un ambiente fertile L’ISOLATO URBANO POLIFUNZIONALE 145 di scambio, apprendimento e cooperazione, una piatta- forma intelligente in grado di valorizzare lo sviluppo e il potenziamento di un quartiere ambientalmente e social- mente sostenibile. Lo stadio delle possibilità.

1 Caroli M.G., 2006, Il marketing trare nelle città». (Norsa A., 2007, territoriale. Strategie per la com- Le infrastrutture per la competitivi- petitività sostenibile del territorio, tà, Milano, ottobre). FrancoAngeli, Milano, p. 15. 5 Cherubini S., Canigiani M., 2 Susio B., Ceschin F., Montanari Santini A., 2003, a cura di, Il co- S., 2007, Territori strategici. Mo- marketing degli impianti sportivi, delli di pianificazione per lo svilup- FrancoAngeli, Milano. po dei sistemi locali, FrancoAngeli, 6 «Significativo il caso di Cara- Milano. cas, in Venezuela, popolato da ol- 3 «La città multifunzionale è so- tre un milione di persone residenti prattutto città policentrica: una fianco a fianco in stabili di tre-quat- città delle reti e dei nodi, una città, tro piani spesso privi di acqua cor- ad esempio, che nel privilegiare rente e fognature, che sta assistendo il recupero dell’esistente lo rende a una serie di notevoli esperimenti un’opportunità per la diversificazio- di integrazione sociale e spaziale ne; è una città che tende alla riqua- tesi a rendere più vivibili questi lificazione urbana come potenzia- barrios. La costruzione di una pale- mento di centralità diversificate; è stra verticale, il Gimnasio Vertical, una città della rigenerazione sociale impianto sportivo prefabbricato che e moltiplicatrice della vitalità eco- può essere posto nei cortili interni nomica» (Carta N., 2004, Next City: della città dove si gioca a basket, ha Culture City, Meltemi, Roma). contribuito in misura consistente a 4 «Questo a evidenziare non solo coinvolgere i giovani cittadini e a la necessità di seri studi di fattibi- ridurre il tasso di criminalità. Que- lità e di convenienza, ma anche di ste iniziative accentuano la consa- attenzione all’ottimizzazione fun- pevolezza del legame fragile, ma zionale delle infrastrutture esistenti significativo tra la progettazione di (con interventi su attrezzature, im- edifici e il relativo impatto sulla so- pianti e forniture, e non necessa- cietà» (Burdett R., Kanai M., 2006, riamente i lavori civili). Valga un La costruzione della città in un’era esempio per tutti: sulle due tratte di trasformazione urbana globale, dell’alta capacità/velocità inaugu- dal catalogo della 10a Mostra Inter- rate a cavallo tra il 2005 e il 2006 nazionale di Architettura, Venezia). i treni (solo passeggeri e solo cin- 7 Romagni L., 2010, Lo stadio nel- que coppie al giorno tra Milano la città, Alinea, Firenze. e Torino e 14 tra Roma e Napoli) 8 Allegri D., Vettori M.P., 2018, rallentano quando tornano sui vec- «Infrastrutture sportive complesse chi binari (che comunque il Tgv e resilienza urbana: tecnologie e Milano-Torino-Parigi percorre tutti paradigmi», in Techne, n. 15, pp. perché “non compatibile”) per en- 165-174. 146 Pietro Chierici

9 Cuzzupoli L., Il marketing degli 11 Attualmente ha assunto il stadi di calcio in Europa: il caso nome di Stade de Suisse Wankdorf dell’Amsterdam Arena, Università Nationalstadion. degli Studi di Roma La Sapienza, 12 Ville de Neuchatel, 2003, Rap- Facoltà di Scienze della Comuni- port du Conseil communal au Con- cazione, tesi di laurea Magistrale, seil général concernant la réalisa- relatore prof. Marco Castellet, a.a. tion de La Maladière, Dossier de 2003-2004. presse, 14 marzo. 10 Markerink H.J., Sanyini A., 13 Geninasca Delefortrie SA, 2004, «Stadi e grandi aree di in- 2007, Complexe de La Maladière, trattenimento. Il caso Amsterdam Neuchâtel, relazione di proget- Arena», in Sport Management to, Dossier de presse, Conferenza e mercati globali, n. 2, ISTEI stampa, 13 febbraio. – Istituto di Economia d’Im- 14 Steer Davies Gleave, 2006, Emi- presa, Università degli Studi, rates Stadium Local Transport Opera- Milano-Bicocca. tion. Information Brochure, London. 147

INFRASTRUTTURE SPORTIVE Nascita, evoluzione, trasformazione Emilio Faroldi

«Per la prima volta nella storia dell’umanità, a intervalli regolari e a orari fissi, milioni di in- dividui si sistemano davanti al loro televisore domestico per assistere e, nel senso pieno del termine, partecipare alla celebrazione dello stesso rituale». Marc Augè, 1982

L’infrastruttura sportiva rappresenta un’importante occa- sione di sperimentazione architettonica, progettuale e tec- nologica: valorizzarne le potenzialità rappresenta il princi- pale obiettivo del presente contributo1. Esplorare i paradigmi della progettazione, costruzione e gestione dell’architettura dello sport, estrapolandone i va- lori d’innovazione, multidisciplinarietà e interscalarità, si- gnifica ripercorrere un solco tematico di ricerca d’indubbia attualità, alimentando una dimensione critica del dibattito inerente l’anima che tali infrastrutture esprimono nella con- temporaneità, in armonia e/o dissonanza con la loro storia. La loro pregnanza territoriale e urbana suggerisce l’ado- zione di una visione ampia del problema, non più limita- bile, come in passato, allo studio dell’aspetto oggettuale e prestazionale del manufatto, bensì estesa all’intera sfera “processo-progetto-prodotto”, coinvolgendo sin dalle pri- me esplorazioni gli indicatori di matrice gestionale legati ai concetti di compatibilità, funzionalità, manutenibilità, durabilità, fruibilità, sicurezza, sottesi a una comprovabile verifica della fattibilità economica e finanziaria ampliata all’intero ciclo di vita dell’infrastruttura. L’orizzonte della progettazione ambientale e il quadro di riferimento strumentale, normativo e procedurale rappre- sentano, in forma complementare agli aspetti di natura funzionale e morfologico-linguistico, il campo culturale all’interno del quale si articola il fenomeno della pianifica- zione e realizzazione delle strutture destinate alla pratica sportiva. 148 Emilio Faroldi

Le strategie integrate di intervento ex-novo, parimenti all’azione di recupero e valorizzazione del patrimonio co- struito, applicate alle infrastrutture sportive, definiscono il realistico margine di approfondimento critico, culturale e progettuale in materia di elevazione dell’architettura spor- tiva a motore di rigenerazione urbana e sociale. La contemporaneizzazione dello spazio urbano e l’ese- cuzione di un sistema organico di spazi pubblici, funzio- nalmente connesso alle grandi manifestazioni sportive, rappresenta un fenomeno di recente sviluppo e relativo successo in presenza di condizioni politico-strutturali fa- vorevoli e positive. Le pionieristiche esperienze promosse da alcuni paesi eu- ropei a partire dagli anni Ottanta, mostrano una limitata efficacia di tali eventi quando pensati esclusivamente dal punto di vista della pianificazione fisica e oggettuale: al contrario, rappresenta pratica ormai comprovata conside- rarli quali strumenti di regia politica. Ci si riferisce alle positive esperienze delle Olimpiadi di Barcellona 1992, Atlanta 1996, Sidney 2000, Atene 2004, Londra 2012; e alle Expo internazionali di Siviglia 1992, Lisbona 1998, per giungere all’edizione italiana di Milano, concretizzatasi con Expo 2015, vero e proprio elemento di rilancio e valorizzazione internazionale della città lombarda. Il paesaggio urbano disegna, in tale ottica, nuove e fles- sibili logiche organizzative: gli spazi multifunzionali co- stituiscono nuove forme urbane dell’abitare, capaci di in- fluenzare la mobilità, attirando a sé importanti quantità di popolazione, ritmate nei molteplici segmenti di tempo. Le nuove infrastrutture sportive s’inseriscono in tale con- testo culturale, stimolando una risposta moderna in grado di coniugare istanze funzionali, morfologiche, politiche, sociali ed economico-finanziarie. L’architettura dello sport, la sua progettazione, si confron- tano, quindi, con la varietà e ramificazione dei temi che impersonificano il ripensamento degli spazi collettivi, le forme, i loro paradigmi. Progettare un’infrastruttura spor- tiva, parallelamente agli specifici approfondimenti tecnici, funzionali, distributivi e linguistici, significa oggi dialoga- re con alcune puntuali variabili: la ritualità-simbologia di NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 149 cui è portatrice, il significato di infrastruttura sportiva in quanto luogo, i concetti di sostenibile e di sicurezza. La vocazione che gli stadi, o comunque le strutture spor- tive, hanno a porsi nei confronti della città e del territo- rio come fatti urbani, “elementi primari”, “parti di città”2 – strettamente connesse alla forma urbana e alle proprie dinamiche evolutive –, dato il permanere delle ragioni formali di queste tipologie edilizie da De Finetti descritte come «architetture definitive ed esemplari, durate utili per secoli, tipiche per la loro armonia mirabile tra necessità e forma»3, offre l’occasione di ripercorrere alcune tappe della storia del territorio antropizzato e tracciare possibili prospettive per la trasformazione che tali costruzioni sono in grado di generare.

Lo stadio come emblema dell’infrastruttura sportiva. Origine, evoluzione e modelli

Le origini dello stadio4 – in questa sede assunto strumen- talmente come paradigma primario di infrastruttura sporti- va – risiedono nella concezione di pratica sportiva connes- sa non tanto e non solo al concetto di tempo libero, quanto al suo ruolo di teatro destinato allo spettacolo sportivo. Il passaggio terminologico, avvenuto in epoca greco-ro- mana, che muta il suo significato da indicatore d’unità di misura5 a tipo architettonico, a sua volta declinato da un particolare modello di corsa che si disputava su una spe- cifica lunghezza nell’antica Grecia6, affianca le trasforma- zioni funzionali che hanno contrassegnato tale manufatto. Nel trascorrere del tempo, lo stadio ha incorporato presta- zioni peculiari che, nell’arco dei secoli, hanno costituito e ancor oggi innervano l’ossatura fondamentale della sua concezione e ideazione progettuale: invarianti tese a ca- ratterizzare il tipo stadio adattandosi alle esigenze delle singole epoche. Nell’antica Grecia l’Ippodromo e lo Stadio rappresenta- vano i fondamentali complementi architettonici, assimilati dall’impianto urbano ai sistemi delle palestre e dei ginna- si, all’interno dei quali i Greci praticavano una costante e metodica attività atletica. Gare e manifestazioni, seguite 150 Emilio Faroldi da un pubblico sempre più vasto, richiedevano nuovi spazi adibiti a tale scopo. Nel 180 a.C. lo stadio di Mileto, con- tenente circa 15.000 spettatori, costituiva un’architettura essenziale formata da due lunghe tribune rettilinee con- trapposte, con il campo di gara posto al centro. L’Anfiteatro Flavio a Roma, simbolo della potenza dell’Im- pero Romano, rappresenta lo storico esempio di capacità progettuale e organizzativa, derivata dalla ricchezza degli accorgimenti tecnico-distributivi previsti e dalle innova- tive e originali modalità di risoluzione dei problemi di visibilità, d’accesso e d’esodo degli spettatori. Concepito per accogliere circa 50.000 persone, l’immenso invaso era protetto dagli agenti atmosferici attraverso il montaggio di velari fissati alla sommità dell’impianto e comandati da apposite macchine, a testimonianza del fatto che già in epoca antica il livello di confortevolezza riservato allo spettatore e la qualità delle modalità di percezione dello spettacolo rappresentavano obiettivi primari e diffusi. Le prime infrastrutture volte a ospitare un gioco con la palla, furono comunque alcuni spazi urbani: in Italia, dove esisteva un’antica e radicata tradizione di giochi pubblici, accolti nelle piazze cittadine e nelle corti dei palazzi no- biliari, sin dall’Alto Medioevo si praticavano attività che prevedevano l’uso di palle o palloni, dotate di regole e ruo- li ben conosciuti7. Con l’evolversi del gioco e il passaggio dal “calcio fioren- tino” al cosiddetto “gioco del pallone”8, inizialmente prati- cato nei cortili dei palazzi rinascimentali, e in seguito, data la violenza dei colpi, in spazi più vasti quali le piazze urba- ne, il trasferimento della pratica sportiva dagli spazi con- finati dei palazzi a quelli aperti della città, rispondeva non solo all’esigenza di reperire un ambito più adatto al gioco aereo, bensì avviava un percorso di “democratizzazione” che coinvolse il gioco nell’arco del Settecento quando, con l’incremento del pubblico e l’affollamento delle piazze, le partite divennero frequenti e frequentate. La piazza-stadio di epoca illuminista fu posta al centro del dibattito sulla funzione educativa e didattica del gioco, in quanto luogo di trasposizione e traduzione delle attività ludiche e della socialità popolare, contrapposta al teatro, simbolo primario del loisir aristocratico9. NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 151

Dall’Ottocento, il luogo ospitante il gioco subì una radi- cale e decisiva mutazione che contribuì ad avviare la mo- dernizzazione del processo di costruzione di nuove e spe- cifiche strutture: i problemi d’ordine pubblico, l’esigenza di sicurezza e la presa di coscienza dei disagi creati alla popolazione urbana da tale attività generarono la necessità di istituire luoghi nuovi, a carattere pubblico, finalizzati ad accogliere il crescente interesse di una sempre più artico- lata utenza. La diffusione a scala nazionale dello sferisterio10, avve- nuta in Italia nel XIX secolo, fornì una concreta risposta ai problemi legati alla sicurezza degli spazi che lo svol- gimento del gioco in piazza aveva minato, nonché definì e codificò, all’interno dello scenario urbano e sociale, il gioco del pallone nelle diverse città italiane. Tra i motivi principali all’origine della costruzione diffusa degli sferisteri, un ruolo di primo piano è individuabile nel- la funzione sociale che il gioco medesimo assunse nell’or- ganizzazione degli stati pre-unitari italiani, configurandosi come luogo ufficiale del gioco del pallone, fondamentale ambiente d’aggregazione all’interno del tessuto urbano. La diffusa azione edificatoria di tali edifici, infatti, avven- ne nei primi decenni dell’Ottocento, in un periodo di grave crisi economica per l’Italia: ciò evidenzia come sia i poteri pubblici sia lo Stato Pontificio attribuivano un significa- to di ampia importanza allo sferisterio, considerato come opportunità tramite la quale distrarre e allontanare la gio- ventù dal vizio e dal malcontento, eleggendolo a garanzia del temporaneo assorbimento di una crescente disoccu- pazione, interpretata quale temibile serbatoio d’ansie e di tormenti popolari. Gli sferisteri cominciarono ben presto a richiamare ampie folle di pubblico tanto che, nel 1786, l’illustre scrittore te- desco Wolfgang Goethe, dopo avere assistito a una partita di pallone a Verona, riportò che erano presenti tra i quat- tro e i cinquemila spettatori. L’imponente e monumentale sferisterio di Macerata, ad esempio, contava dalle 2.000 alle 3.000 persone. Vista la sua significativa capienza, lo sferisterio può a pieno titolo essere considerato una sor- ta di struttura anticipatrice dei moderni stadi calcistici e, comunque, delle arene sportive, rappresentando uno dei 152 Emilio Faroldi luoghi privilegiati e maggiormente affollati della socialità urbana del tempo. Tale struttura ospitava non solo le parti- te di pallone – non ancora associabile al football moderno – bensì rappresentava, al contempo, il teatro di gran parte dei giochi e dei divertimenti che precedentemente veniva- no ospitati nelle piazze cittadine11. L’avvento del concetto di professionismo e la decisa meta- morfosi sociale del gioco, accompagnata dalle implicite tra- sformazioni dei luoghi preposti a ospitarlo, amplificò quel fenomeno evolutivo sorto verso la fine del XVIII secolo, che decretò l’avvio della parabola discendente del gioco della palla. Molteplici e complesse furono le motivazioni: le sfide divennero sempre più rare e gli sferisteri si svuotarono per lasciare spazio a nuove esigenze urbanistiche e sociali impo- ste dall’evoluzione dei gusti e del costume del nuovo secolo. Il loro tramonto definitivo12 avverrà con l’avvento di una nuova realtà, nata in Inghilterra: il foot-ball, ovvero piede- palla. Il gioco del pallone, allora, era praticato ancora con le mani ed era più simile al rugby: il football rappresenta in tal modo il vero antenato del gioco del calcio. La dif- fusione di tale sport, avvenuta con efficacia negli ambiti formativi anglosassoni, in particolare scuole e strutture universitarie, al punto da renderlo uno dei maggiori titoli di merito e qualificazione delle strutture medesime, por- tò all’investimento di notevoli risorse per la realizzazione d’impianti sportivi moderni: il prestigio culturale delle isti- tuzioni universitarie s’identificava con i successi sportivi. Le arene di ampia dimensione e, in particolare, gli stadi per il calcio contemporanei individuano la loro vera origi- ne nella nascita del calcio moderno13, avvenuta agli albori del XIX secolo, prevalentemente nei contesti delle regioni inglesi urbanizzate ed economicamente sviluppate, diffon- dendosi non tanto in paesaggi rurali ed extra-urbani bensì in ambienti cittadini, alimentati dallo stimolo economico della rivoluzione industriale. Le strutture sorte all’interno di quella che, in più ambiti, è stata definita la “prima generazione”14 di stadi moderni, fondati sui principi della cultura industriale, sono di natura multifunzionale, riconducibile alla compresenza di molte- plici pratiche sportive, o polifunzionale, con caratteri di monumentalità, veri e propri parchi dello sport. NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 153

La nascita dei primi club, costituiti e frequentati dalle or- ganizzazioni operaie15, avviò il processo di radicamento di un luogo e di una connessa società sportiva con un quar- tiere, una città o, più in generale, con la medesima cultura operaia che li aveva generati. Gli impianti inglesi, sino alla metà degli anni Ottanta del Novecento, erano prevalente- mente frequentati dalla classe lavoratrice16: per avere un’i- dea della compenetrazione tra calcio e cultura operaia in Inghilterra, è sufficiente pensare all’architettura di alcuni stadi che, attraverso le loro forme, i materiali e specifiche tecnologie, richiamava stilisticamente e non solo metafo- ricamente la struttura delle fabbriche. Tra il 1880 e il 1890, il miglioramento del tenore di vita della classe dei lavoratori inglesi, congiuntamente all’introduzio- ne del concetto di tempo libero, avviò il processo di radica- mento dello sport nel profondo dell’immaginario collettivo. In Europa, in quel periodo, la concezione generale dello stadio e dell’architettura per lo sport risultavano ancora quelle di un luogo ispirato all’arena napoleonica, realizza- te per manifestazioni civili e patriottiche. In Italia, il calcio nacque nelle piazze d’armi e negli spiaz- zi della periferia: solo sul finire dell’Ottocento, attraverso un fenomeno di adattamento, furono utilizzati i velodromi. Dall’inizio del Ventesimo secolo fino al primo dopoguerra, in Italia e in Europa la progettazione degli stadi rimase influenzata da un’ispirazione classica, d’impronta greco- romana17 riguardante prevalentemente gli stadi monumen- tali destinati maggiormente all’atletica, e non al calcio: si pensi allo stadio dei Marmi, localizzato presso il Foro Mussolini a Roma – oggi Foro Italico – inaugurato nell’ot- tobre del 1932; o agli impianti realizzati in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia. Lo stadio per il gioco del calcio invece non era ancora entrato nel repertorio delle tipologie di matrice “accade- mica”18 e non aveva, di conseguenza, varcato il limite tra azione spontanea e azione codificata: dagli anni Venti in poi, si cominciarono a costruire strutture proprio in fun- zione del nuovo sport emergente, avviando un processo tramite il quale la questione tecnica catalizzava lo sforzo progettuale e costruttivo, alimentata della scuola d’inge- gneria strutturale italiana e dei suoi principali protagonisti. 154 Emilio Faroldi

A cavaliere tra gli anni Venti e Trenta la filosofia moder- nista e il tentativo d’affrancamento del repertorio lingui- stico in auge dai codici del decorativismo, coinvolsero la neo-tipologia “stadio” in alcuni rilevanti episodi: lo stadio di Colombes del 1925, realizzato per la VIII Olimpiade di Parigi, lo stadio di Firenze del 1929, quello di del 1931 e di Torino del 1933, rappresentano solo alcuni tra i più significativi paradigmi di una nuova generazione d’impianti sportivi che vide nella sperimentazione tecnica e costruttiva la strada maestra per un rinnovamento lingui- stico e formale. In Italia, il primo stadio per il calcio, sorto sulla base di un’iniziativa pubblica, fu il Littoriale di Bologna19, i cui lavori iniziarono nel 1925 terminando nel maggio del 1927. Il Littoriale marca l’inizio di una stagione nuova per le strutture sportive italiane 20: è il periodo compreso tra il 1926 e il 1937, vera e propria epopea degli stadi fioriti in gran numero sul territorio nazionale, in concomitanza con quella in atto in molti paesi europei 21. Anche nei momenti di massima enfasi retorica o cele- brativa, lo stadio rimane campo di ricerche linguistiche e morfologiche subordinate alle ragioni di natura funzio- nale: «un edificio che […] per la sua funzione richiedeva un’architettura specializzata e intessuta di caratteristiche costruttive proprie»22. Gli stadi della generazione successiva sono in prevalenza radiali, con strutture di copertura, parziale o integrale, in calcestruzzo armato. I temi della loro integrazione con il paesaggio, della morfologia della copertura e dell’inter- faccia tra sistemi tecnologici e tipologia insediativa, pur rappresentando focali momenti di riflessione architettoni- ca, venivano affrontati in rare occasioni e per tramite di pochi protagonisti del dibattito culturale di settore23. La ricerca progettuale svolta in Italia costituì, tuttavia, un importante punto di riferimento per la progettazione e rea- lizzazione di molte strutture sportive all’estero. Le profon- de trasformazioni che investono nel dopoguerra il settore delle costruzioni e la cultura architettonica, il passaggio dalla costruzione tradizionale alla costruzione moderna, le innovazioni tecnologiche che riguardano la modernizza- zione, la diffusione della tecnologia del cemento armato, NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 155 il rinnovamento degli elementi costruttivi e dei materiali per effetto della industrializzazione, pongono l’ingegne- ria strutturale italiana al centro dell’attenzione interna- zionale, innescando, specularmente e proficuamente, il dibattito contro una visione esclusivamente tecnologica dell’innovazione. Le Olimpiadi romane, giapponesi e messicane degli anni Sessanta24 e lo sviluppo economico del decennio successi- vo, favorirono l’adozione e il conseguente sviluppo delle grandi strutture in cemento armato: alle opere infrastruttu- rali si affiancò la costruzione di numerosi impianti sportivi ed edifici per lo sport e spettacolo, caratterizzati da coper- ture di grandi luci, rafforzando e sancendo l’interazione magica tra architettura ed ingegneria. La continuità della sperimentazione in Italia è rappresen- tata, fin dal 1929, dalla costruzione dello stadio Comunale di Firenze, di Pier Luigi Nervi25 che, insieme a Riccardo Morandi26, individua nelle infrastrutture e nelle grandi opere pubbliche molteplici e originali strade per una speri- mentazione nel segno dell’innovazione. In tale quadro, gli interventi destinati all’edilizia sportiva recuperano un ruolo essenziale all’interno della ricerca sulle nuove tecniche co- struttive, in qualità di paradigmi tipologici nei quali edifi- cio e struttura, quasi sempre, coincidono e, al tempo stesso, congiuntamente alla progettazione relativa i temi degli assi autostradali, delle stazioni ferroviarie e di servizio, degli aeroporti, dei supermercati, dei parcheggi, anticipano l’in- teresse per alcuni luoghi e spazi propri della società moder- na sui quali il dibattito socio-culturale oggi ripone un’ele- vata attenzione e con i quali il progetto di architettura non può esimersi dall’attivare un fattivo confronto. Oltre al riconosciuto e significativo contributo sul tema offerto da Pier Luigi Nervi27, le non numerose sperimen- tazioni di alcuni grandi maestri dell’architettura moderna quali Giuseppe Terragni, Le Corbusier, Oscar Niemeyer, per citarne alcuni, riguardano la produzione di schizzi, quasi astratti, eseguiti forse nella consapevolezza che sa- rebbero rimasti sulla carta28. Negli anni del dibattito sul destino delle città e sull’arti- colazione delle sue parti, lo stadio viene così emarginato dalla ricerca architettonica, lasciato al dominio delle di- 156 Emilio Faroldi scipline strutturali e ingegneristiche: l’architettura dello stadio diviene aspetto di confine rispetto al suo contenuto meccanicistico e prettamente funzionalistico. «Curiosamente il più popolare e spettacolare dei giochi non offre normalmente un adeguato contributo di sé a chi lo guarda dai grandi stadi o dalla televisione per quanto riguarda la qualità grafica e plastico-estetica del suo cam- po», sono parole di Vittoriano Viganò che alla fine degli anni Ottanta propose, all’interno delle attività legate alla sua sfera didattica svolta presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, un tema progettuale provocato- riamente insolito, intitolato un “disegno per il goal”: una ricerca di nuovi segni per un gioco, quello del calcio, an- corato al suo tradizionale e immutabile “ambiente”29. L’esperienza italiana degli anni Novanta rappresenta l’occa- sione di un processo di sperimentazione sul “tipo stadio”, in particolare su un tema progettuale oggi di forte attualità, e riguardante l’adeguamento, l’ampliamento e l’ammoderna- mento delle strutture esistenti30, mettendo in evidenza diffi- coltà e criticità del rapporto tra stadio e tessuto urbanizzato in un’ottica sia progettuale-prestazionale, sia gestionale. La letteratura di settore ha già sancito con fermezza il fal- limento dell’azione svolta: un’occasione sprecata dovuta all’inadeguatezza delle soluzioni progettuali adottate, ri- specchianti appieno le criticità che il mondo della proget- tazione architettonica italiana, ma ancor più la sfera della pianificazione politica e strategica di un evento, evidenzia, manifestando un forte scarto tra obiettivi, risorse disponi- bili e capacità di controllo dei sistemi complessi.

Mutazioni e affinamenti concettuali tra ibridazioni funzionali e contaminazioni semantiche

Il dibattito sociologico individua lo stadio come luogo di socialità primaria in cui prende forma e anima una col- lettività in grado di porsi e di agire anche esternamente all’impianto, negli altri spazi della città. «Un’articolazione sociale, culturale e di conseguenza territoriale, questa, che riconosce nello stadio per il calcio non più un manufatto estraneo attorno al quale possono casualmente collocarsi NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 157 altri edifici, bensì un oggetto di riconfigurazione program- mata e coerente del territorio, in grado di catalizzare varie- gate utenze sociali con tempi e regole di fruizione anche molto differenti tra loro. Non un oggetto bensì un luogo: questo il paradigma»31. Al suo interno, il calcio, lo sport interpreta e trasmette, tramite i suoi riti e i suoi immutabili codici, i drammi, le aspirazioni, le repressioni di una società sempre più carat- terizzata da crisi d’identità. La trasformazione dei “teatri per lo sport”, avvenuta dall’i- nizio degli anni Novanta, rimanda a radici di natura socia- le: se fino a quel momento lo stadio era frequentato quasi esclusivamente da tifosi veri e propri, che vi si recavano per assistere allo svolgimento della partita, oggi esso rappresenta un sistema di funzioni e relazioni particolarmente complesse e articolate che relegano sullo sfondo il momento sportivo e agonistico, privilegiando un’interpretazione che favorisce la riacquisizione, da parte dello stadio, del suo significato di “edificio”, di elemento cioè complesso atto a ospitare attività strettamente connesse alle esigenze della società moderna. Perdendo la connotazione di semplice “contenitore” in cui “si scarica la massa”, la sua ideazione ha pertanto richie- sto e continua a richiedere profondi e costanti mutamenti concettuali, funzionali e prestazionali, dovendo rispondere alle esigenze di differenti fasce di pubblico e di una società dinamica per essenza e abitudini. Lo stadio, e di conse- guenza le infrastrutture sportive, hanno nella storia rappre- sentato un luogo d’aggregazione dedicato a un segmento temporale definito e limitato: attualmente, i tempi e le mo- dalità di frequentazione e fruizione, nonché le tipologie di utenza, si sono notevolmente dilatate. Le strutture, per orari e modalità d’appropriazione, sono divenute costantemente accessibili, incorporando quel- le attività che ne consentono il funzionamento, favoren- do una più intensa opera di socializzazione e un corretto utilizzo del tempo libero che la società post-industriale e post-moderna ha ottenuto e tende a valorizzare. Lo stadio, da tempo ormai, non è più solo uno stadio: è qualcosa di più, con tutte le potenzialità e le criticità che tale aspetto comporta. Un fattore, questo, che sta rivolu- zionando il significato culturale dell’edificio, determinan- 158 Emilio Faroldi do un articolato e molteplice utilizzo dell’impianto, da parte, soprattutto, di quelle fasce d’utenza non coinvolte direttamente dall’evento sportivo, che possono in tal modo ritrovare nella struttura, oltre a servizi di pubblica utilità, nuove e diversificate occasioni di relazione, interpretando l’infrastruttura sportiva come vero e proprio isolato urba- no contemporaneo, reinterpretazione moderna di modelli aggregativi consolidati e storicizzati. Alcune opere dei recenti due decenni, oltre a favorire lo svago e il tempo libero, hanno promosso spazi e funzio- ni di significativa rilevanza sociale: ciò evidenzia come la possibilità di incrementare e rinnovare il sistema funzio- nale di strutture di tale portata dimensionale e ad elevata complessità tecnica non sia disgiunta dall’opportunità di migliorare spazi e servizi, consolidando un atteggiamento d’attenzione rispetto ai bisogni e alle esigenze primarie di una comunità. Gli attuali stadi inglesi e tedeschi, che rap- presentano alcuni dei modelli più emblematici al mondo, si presentano come manufatti globali, radicalmente mo- dernizzati, quando paragonati a quelli di quindici anni fa. Le tematiche della sicurezza, della mobilità sostenibile, della gestione consapevole delle risorse, dei processi di marketing territoriale che possono derivare da tali forme di sviluppo urbano e che sono all’origine degli interven- ti di riconfigurazione spaziale e funzionale dei manufatti, oggi vere e proprie infrastrutture culturali, sono affiancate da un approccio imprenditoriale influenzato da una pres- sante ricerca di opportunità economiche. Solo attraverso un profondo ripensamento dell’impianto, accompagnato dal passaggio da una “cultura del controllo” a una “cultura della sicurezza”, per lungo tempo ricono- sciuto come esempio di traduzione inconscia dell’architet- tura “carceraria”, l’edificio tradizionale ha lasciato il posto ai moderni stadi multifunzionali che oggi costituiscono il vanto dei club di calcio inglesi, anglosassoni, europei. Negli ultimi anni, il modo di concepire lo stadio ha subito una profonda modificazione, fisica e simbolica, eleggen- dolo ad ambiente sicuro, consentendo l’afflusso di nuove fasce di pubblico e configurandosi in modo sempre più vi- sibile quale luogo di socialità urbana destinato ai nuclei famigliari e alle loro rinnovate esigenze. NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 159

Cogliere e radiografare tale mutamento, implica intercet- tare il processo che recentemente ha investito, in generale, l’ambito degli spazi pubblici. Le modalità di abitare lo spazio hanno subito profonde evoluzioni, grazie anche alla diffusione di nuove logiche aggregative: si assiste tuttora a una significativa influenza del modo di abitare esterno su quello interno, nella logi- ca di un continuum spaziale pubblico-privato che mitiga i confini tra spazi di natura differente. Gli spazi aperti e quelli pubblici definiscono e orientano nuovi modelli abitativi, generati dal rilevante ruolo che il design strategico riveste nella progettazione dei luoghi pubblici, e della conseguente azione attrattiva che questi ultimi esercitano sulle generazioni più giovani. Muta la nostra interpretazione dei fenomeni, condizionan- do l’atto di metabolizzazione delle nuove forme spaziali, in termini d’attrazione sociale, nei confronti d’ambienti quali centri commerciali, mediateche, media store, disco- teche, autogrill, stazioni, aeroporti e quelle strutture che, come gli stadi, esercitano nuove accattivanti forme di at- trazione sugli utenti. Gli spazi esterni, forme antropiche che attribuiscono un elevato valore agli spazi serventi o comunque collettivi, comunicano e influenzano i modelli abitativi attraverso la propria identità morfologica: da questo punto di vista i nuovi ambiti si configurano come veri e propri media, in grado di captare e attirare i nuovi clienti del prodotto architettonico. Gli stadi tradizionali, o “chiusi”, da sempre sono conce- piti come “oggetti-contenitori” di pubblico, funzionanti esclusivamente in occasione dell’evento sportivo, tramite un rapporto spazio-temporale diretto. Per anni essi hanno esclusivamente riguardato edifici monofunzionali a uso temporaneo: la loro presenza all’interno del tessuto urba- no non ne ha rafforzato l’immagine bensì, causa il loro aspetto incombente, opprimente e spesso dequalificato e il loro utilizzo concentrato e frammentario, ha sovente- mente contribuito a degradarla. L’impianto non produce- va servizi o vantaggi agli abitanti: al contrario, induceva disagi indotti legati al disturbo della quiete, al massiccio parcheggio degli automezzi, all’inquinamento e, natural- 160 Emilio Faroldi mente, ai fenomeni di vandalismo. Lo stadio di matrice tradizionale non fornisce alcun valore aggiunto alla città, mettendo in evidenza solamente i lati più ambigui e tetri della sua presenza. Ciononostante, la gran parte degli stadi anglosassoni era – ancor oggi è – collocata all’interno di complessi residen- ziali, per lo più costruiti negli anni Venti del Novecento. Il loro rinnovamento rappresenta un’azione epocale per tali contesti. Parimenti, un modello “aperto” di stadio rende ne- cessaria un’articolata progettazione equilibrata, in grado di tener conto del passaggio dal generico utente-tifoso a una serie differenziata di nuove entità sia sociali, sia temporali. Il deciso cambiamento della struttura degli stadi, e della composizione delle utenze calcistiche, è alla base di una riconfigurazione del rapporto architettura-sport-cultura: primariamente, con la volontà fondante di perseguire l’e- liminazione del fenomeno del tifo a-sportivo, portatore di fenomeni degradanti l’immagine della società e del luogo in cui essa si riconosce; in secondo luogo, attraverso la so- stituzione del tradizionale utente-tifoso con la nuova figura dell’utente-cliente. Il mutamento della composizione delle folle calcistiche, con- seguente alla nuova concezione di “stadio totale”, rappresen- ta una delle tappe inevitabili della complessa evoluzione che ha investito la pratica sportiva e, conseguentemente, il luogo di suo svolgimento, nel corso dell’ultimo decennio. Gli stadi, le arene, i palazzetti, si prospettano oggi come infrastrutture urbane contraddistinte dal maggior poten- ziale in termini di fruibilità, compatibilità, adattabilità e capacità di generare eventi di richiamo per la città, reale volano di concentrazione d’attività catalizzatrici, in grado di generare fenomeni economici sostenibili finalizzati alla fattibilità degli interventi. Il manufatto è sempre più un elemento urbano, vero e pro- prio edificio progettato, costruito e gestito su misura per la nuova figura dello spettatore-cliente, coerentemente ai principali criteri di comfort, qualità e sicurezza. La rinnovata cultura di gestione dedicata a tali infrastruttu- re incorpora il ruolo che i nuovi strumenti di divulgazione e percezione dell’evento spettacolare e sportivo svolgono all’interno della struttura organizzativa calcistica: l’avvento NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 161 dei media ha scomposto la centralità dello stadio promuo- vendo una sua apertura rispetto ai sistemi esterni e alle reti. Tale processo di de-contestualizzazione e globalizzazio- ne dell’informazione ha promosso un rinnovato rapporto tra infrastruttura sportiva e città: essa acquista un ruolo aggiunto rispetto a quello di matrice tradizionale, rappre- sentando un elemento attivo del processo di rinnovamen- to e potenziamento del sistema infrastrutturale urbano. Il rapporto tra città e “mercato dello stadio” modello shop- ping malls, proposto negli anni recenti, ha promosso una sorta di ribaltamento dei valori in gioco. In passato il mercato e i luoghi di interscambio commer- ciale erano costituiti da luoghi pubblici la cui integrazio- ne con le altre attività veniva demandata alla dinamica propria del sistema urbano; successivamente alla fioritu- ra dei nuovi centri commerciali, il mercato diventa una specie di piazza, di “agorà ad accesso condizionato” che simula la città, riproponendone un’interpretazione espli- citamente artificiale. «Siamo dunque in presenza di un’e- voluzione del rapporto fra mercato e sistema urbano in termini di “imitazione selettiva” del secondo da parte del primo; imitazione esperita anche attraverso una partico- lare contaminazione simbolica, una fusione tra principio di realtà (attività transattiva come approvvigionamento di risorse) e principio di piacere (consumo come pretesto per l’esperienza ludica)»32. La domanda sociale va oltre e si focalizza nel ridisegno dell’impianto sportivo in qualità di momento focale della vita della città, in termini di valore delle attività organiz- zate e predisposte al proprio interno, congiuntamente alla comunicazione indotta. Le infrastrutture sportive rappresentano il punto di conver- genza di molteplici istanze, poiché dotate di programmi fun- zionali altamente specializzati, articolati e complessi: sistemi ricettivi, ristoranti, centri benessere, cinema multisala e tea- tri, poli convegnistici, nonché sedi d’istituzioni pubbliche e forme culturali, attività cioè capaci di eludere l’idea diffusa di ambito marginale e luoghi di pericolo, caratterizzando- si come veri e propri centri di servizio e di socializzazione. Occorre mettere in evidenza il mutamento in atto riguardante il significato attribuito dalla collettività allo sport e a quel- 162 Emilio Faroldi le attività mirate a coltivare il benessere fisico e psichico dell’uomo: un dato che conferma un deciso potenziamento della dimensione ludica e socializzante dell’attività sportiva. Il manufatto è quindi orientato a configurarsi quale struttu- ra camaleontica, luogo ove quotidianamente si dispiegano attività storicamente consolidatesi all’interno della città post-moderna: un contenitore dal potenziale mass-media- tico altamente competitivo, grazie anche alla posizione di rilievo che occupa all’interno della città e della connessa domanda sociale. Tale potenziale si articola su livelli differenti: esso può, in- fatti, assurgere a veicolo per la sponsorizzazione d’aziende multinazionali o, più semplicemente, contestualizzarsi nel territorio in qualità di luogo riconoscibile d’aggregazione, potenziando l’identità di un distretto culturalmente omo- geneo. La diversificazione delle attività può essere perse- guita mediante un programma esigenziale mirato a con- sentire il funzionamento continuativo della struttura e la sua accessibilità nell’arco della giornata e dell’anno. La scansione e l’articolazione funzionale, oltre a contri- buire notevolmente alla rigenerazione dello spazio fisico e sociale in cui il manufatto è situato, perseguono l’obiettivo di richiamare fasce d’utenza ancora inespresse, presenti in tempi differenziati: l’impianto diviene perciò multifunzio- nale e multitemporale, in linea con le moderne tendenze di fruizione della città emergente. L’importanza di distinguere la performance economica da quella sportiva, che genera una nuova base d’utenti in gra- do di interagire con i servizi d’intrattenimento offerti negli stadi, fa si che le società calcistiche potranno in futuro ar- ticolare i loro ricavi rendendoli indipendenti dai risultati e dalle prestazioni sportive, investendo nella promozione di società di servizi e nell’ambito immobiliare. In linea con la loro storia, lo stadio e le infrastrutture spor- tive affermano un ruolo specifico all’interno della società configurandosi quali prioritari luoghi della centralità urba- na, in grado di coagulare persone di differente estrazione sociale e culturale in nome di un valore comune, lo sport o l’appartenenza a una comunità, dove la tecnologia e il segno architettonico vengono utilizzati al fine di offrire un’esperienza di coesione e di riconoscibilità. NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 163

«Da un punto di vista culturale, l’aspetto che maggior- mente caratterizza la costruzione di un impianto spor- tivo, è il ruolo monumentale che riveste sia all’interno del tessuto della città, sia all’interno dell’immaginario collettivo e quindi nell’inconscio sociale. L’arena e lo stadio, così come le terme e le piscine, hanno sempre costituito e rappresentano tuttora un punto di riferimento che va ben oltre il semplice contenuto funzionale per di- scutere invece la rappresentazione di contenuti simbolici riguardanti la struttura sociale di tutta una collettività»33. Gli impianti tendono a configurarsi sempre più come strut- ture mutevoli: consentendo il movimento di più porzioni dell’edificio, è possibile, in primo luogo, aumentarne la fles- sibilità – quindi l’adattamento ad ogni singolo evento – e, in secondo luogo, prolungarne e differenziarne il ciclo di vita. L’incidenza delle tecnologie della comunicazione, e il loro impatto sulla concezione del rapporto spazio-temporale, sono divenuti elementi di primaria importanza nel pano- rama moderno. All’inizio del ventunesimo secolo tali strutture hanno per- ciò iniziato a configurarsi in modo diverso, grazie all’en- fatizzazione continua di sistemi pubblicitari elettronici, di zone multimediali d’intrattenimento e di sedute differenti per ogni tipologia di biglietto. L’evoluzione che ha coin- volto le infrastrutture sportive nell’ultimo decennio è stret- tamente correlata ai cambiamenti che hanno caratterizzato le funzioni che essa ospita. Trasformazioni prevalentemente legate al processo di spettacolarizzazione dell’evento e alle nuove logiche di marketing che governano la volontà di commercializzare un territorio, un sistema, i distretti che lo definiscono34.

L’infrastruttura sportiva: paradigma di una progettualità complessa

In sintesi: l’infrastruttura sportiva rappresenta una stimo- lante occasione di sperimentazione e integrazione tra le di- verse componenti funzionali, morfologiche e tecnologiche che connotano la produzione dell’architettura degli anni recenti. 164 Emilio Faroldi

Un manufatto che si configura quale evento costruttivo ove confluiscono, tramite un elevato grado di specificità, le principali variabili del rapporto ideazione-progettazio- ne-costruzione, il quale si esprime sul duplice fronte: eso- geno, in termini di relazione con l’esterno, i suoi collega- menti, l’accessibilità, l’integrazione all’esistente, i valori d’impatto ambientale; endogeno, negli aspetti di natura architettonica, strutturale, funzionale, distributiva, impian- tistica dell’evento progettuale e costruttivo. Due i principali lineamenti riconoscibili nella recente sto- ria dell’architettura dello stadio moderno: da un lato, “la sfida” della grande opera d’ingegneria che prende il so- pravvento sugli altri valori dell’architettura, esplicando- si tramite soluzioni simboliche, costruttive e contestuali dall’elevato valore tecnologico, spesso autoreferenziale, in parte tese a confrontarsi con il futuro. Dall’altro, una ricerca dal sapore maggiormente localistico che tenta di rapportarsi con un mondo produttivo e un linguaggio ra- dicati al luogo d’appartenenza, pur esprimendo le sue po- tenzialità di “fare sistema” attraverso reti e relazioni alla grande scala alla ricerca di nuove centralità. Il requisito della flessibilità, spesso vincolato dagli apparati normativi esistenti, costituisce un orizzonte per l’ottimiz- zazione dell’utilizzo di strutture caratterizzate dall’elevata dimensione e quindi potenzialmente in grado di rispondere a molteplici esigenze, sia programmate sia emergenziali, anche e soprattutto di carattere pubblico35. L’infrastruttura sportiva da sempre rappresenta una delle principali valvole di sfogo e di accoglienza in occasione di eventi drammatici e imprevisti: sfollamenti dovuti a ca- lamità naturali, asilo di profughi o clandestini, raduni per accadimenti eccezionali. Da tali istanze sorge l’esigenza di una strategia di riappropriazione, da parte della cultura architettonica, di un «oggetto tecnico di grande scala»36, trasformandola in una preziosa occasione di dialogo tra il mondo del progetto e quello della costruzione, rifiutan- do una posizione culturale che relega l’architettura dello sport a semplicistico teatro dell’evento. «Una costruzione per lo sport, oltre a dare risposta a un problema tecnico, deve essere allo stesso tempo fruibile anche funzionalmente e percettivamente, e confrontarsi NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 165 con la cultura e la fisicità del sito. In altre parole: una co- struzione per lo sport è un’architettura e di conseguenza il progetto deve confrontarsi contemporaneamente con le implicazioni di carattere culturale ed estetico. Il problema così impostato trova risposta solo all’interno di un riav- vicinamento tra le competenze tradizionalmente attribu- ite all’ingegnere. Innovazione costruttiva ed evoluzione formale sono solo due aspetti dell’unica risposta al pro- blema della costruzione di un impianto sportivo»37, nel tentativo di riconquistare il tema dello stadio alla causa dell’architettura. «Uno stadio, infatti, è divenuto nella coscienza comune una sorta di immagine fissa: un po’ come un oggetto tecni- co, un attrezzo o una bicicletta; sembra legato a semplici, fisse e ben comprensibili regole interne: capacità, distanza, visibilità, forma del campo e delle piste. Il resto è un affare d’ingegneri che calcolano, e sovente esibiscono, strutture, telai, balzi poderosi, coperture in cui solo sembra possibile concentrare le capacità inventive del progetto. L’interno, poi, è in genere costituito da ambiti che si arrangiano a ricavare, sfruttando lo sfortunato spazio a sezione triango- lare sottostante, i locali di servizio necessari. Un modello, quindi, distributivo e tipologico con scarse alternative e che presenta anche nella tradizione del moderno un nu- mero di casi felici assai limitato: lo stadio di Garnier a Lione, quello di Lindegrend a Helsinki, lo stadio di Nervi a Firenze, e pochi altri esempi. Il resto è costituito spes- so con solida trionfalistica professionalità, sovente con retorica governativa, ma quasi mai con intenzionalità di architettura»38. Le infrastrutture sportive costituiscono una reale occasio- ne, per la disciplina urbanistica e architettonica, di cimen- tarsi su temi complessi facenti parte della tradizione, al fine di rivendicare il significato dell’architettura e ricon- durla al centro dei bisogni collettivi di trasformazione, sottraendo l’architetto al pericolo di svolgere un ruolo di “organizzatore culturale”, anziché quello di intellettuale dedicato alla predisposizione di metodi e strumenti interni alla propria disciplina. 166 Emilio Faroldi

La citazione è tratta da: Augè M., terminata dalle diverse descrizioni 1982, «Football. De l’histoire so- fatte da Polibio e Strabone. ciale a l’ànthropologie religieuse» 6 Il più antico stadio conosciuto è in Le Débat, n. 19, pp. 59-67. quello di Olimpia, nel Peloponneso 1 Il testo prende liberamente spun- occidentale in Grecia, dove furono to dal contributo: Faroldi E., 2017, condotti i giochi olimpici dell’anti- «Le infrastrutture culturali. Archi- chità fin dal 776 a.C. tetture e tecnologie emergenti per lo 7 Il più famoso tra questi giochi è sviluppo territoriale», in Faroldi E., quello praticato, fin dai primi del Allegri D., Chierici P., Vettori M.P., Quattrocento, in molte città della Progettare uno stadio. Architetture Toscana e che ebbe grande fortuna e tecnologie per la costruzione e a Firenze nei secoli XVI e XVII gestione del territorio, Maggioli, chiamato “calcio fiorentino”. Il gio- Santarcangelo di Romagna, rive- co consisteva in uno scontro tra due duto, ampliato e aggiornato rispetto squadre di 27 giocatori, schierati in all’evoluzione del dibattito teorico tre linee, che si contendevano con sviluppatosi negli anni recenti in le mani e con i piedi un pallone a materia. vento per condurlo oltre la meta 2 «[…] per architettura della città avversaria. Il calcio fiorentino non si possono intendere due aspetti aveva origini rurali, come l’hur- diversi; nel primo caso è possibile ling, ma era nato nelle aree urbane assimilare la città a un grande ma- dell’Italia comunale e signorile. nufatto, un’opera di ingegneria e di Le sue caratteristiche principali ri- architettura, più o meno grande, più guardavano l’assidua coreografia di o meno complessa, che cresce nel stile feudale e un codice di valori tempo; nel secondo caso possiamo cavallereschi. riferirci a degli intorni più limitati 8 Risalente al XV secolo e ori- dell’intera città, a dei fatti urbani ginariamente gioco di corte: due caratterizzati da una loro architet- squadre di tre-quattro giocatori si tura e quindi da una loro forma» affrontavano in un campo rettango- (Rossi A., 1966, L’architettura del- lare, diviso da un cordino, lancian- la città, Marsilio, Padova). dosi una palla. 3 De Finetti G., 1933, Stadi. Esem- 9 Perché, come concepiva l’in- pi, Tendenze, Progetti, Milano. tellettuale francese Jean Jacques 4 «Stadio: lat. stadium dal gr. Rousseau, se tradizionalmente stàdion (…) Estensione determina- l’idea della festa era considerata ta di 600 piedi greci o 625 romani, come momento di superamento ossia 125 passi geometrici; metoni- delle distanze tra attori e spettato- mic. Il luogo talora cinto di un an- ri, ora si traduceva nella mentalità fiteatro, di portici, di colonne, dove e nella pratica dei pubblici poteri. in Grecia si correva a gara, il quale In pratica, il gioco del pallone fece in Olimpia era appunto della lun- sì che l’attività ludica fosse eletta a ghezza di uno stadio» (Pianigiani momento di annullamento delle di- O., 1937, Vocabolario Etimologico sparità sociali, così che alcune clas- della Lingua Italiana, Sonzogno, si sottomesse potessero competere Milano; ed. 1993, Polaris, Faenza). alla pari con i loro padroni. 5 Pari a circa 177 metri nel sistema 10 Lo sferisterio (dal latino spha- attico e circa 185 metri nel sistema eristerium e questo dal greco alessandrino. Tale differenza è de- σφαιριστήριον, sphairisterion) o NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 167 sferodromo (dal greco σφαος, sfe- piccoli laboratori di Sheffield, un’o- ros, palla, e δρόμος, dromos, corsa) rigine che si rispecchia nel loro so- è un impianto sportivo per le varie prannome, “The Blades” (le lame); specialità del gioco del pallone, da il West Ham United fu fondato da non confondersi con il calcio. Nel- un gruppo di lavoratori degli sta- le tante nazioni dove si praticano bilimenti Thames Iron Works e il sport sferistici, le definizioni di Manchester United da operai che sferisterio cambiano ma il signifi- lavoravano nelle ferrovie del Lan- cato del termine si riferisce sempre cashire e dello Yorkshire» (Tay- all’impianto dove si disputano par- lor I., 1971, «“Football Mad”. A tite di tali giochi. Speculative Sociology of Soccer 11 Prima e dopo gli incontri si Hooliganism», in Dunning E., The svolgevano spettacoli equestri, Sociology of Sport, Cass, London). lancio di mongolfiere, tombole e 16 La stessa figura professionale lotterie, spettacoli lirici e circensi. del calciatore era tradizionalmente Spesso scoppiavano rivoluzioni considerata come “operaia” poiché politiche, come a Rimini, nel set- il giocatore era classificato come tembre 1845, dove nello sferisterio un lavoratore manuale che utilizza si riunì metà della popolazione ri- i piedi come strumento di lavoro. minese, per cospirare contro il go- Lanfranchi P., 1998, «I Calciatori e verno: questo fatto testimonia l’im- il People’s Game», in De Biasi R. portanza sociale di questo luogo, (a cura di), You’ll Never Walk Alo- scelto per la possibilità di contenere ne. Il Mito del Tifo Inglese, ShaKe, un alto numero di persone. Milano. 12 Il declino iniziò negli ultimi de- 17 La ricostruzione dello stadio cenni dell’Ottocento, in un periodo Panatenaico di Atene in occasione in cui si stava affermando il cicli- della prima olimpiade moderna nel smo, che aveva sicuramente contri- 1896 aveva rafforzato per i decenni buito a dirottare gli interessi dei tifo- successivi tale tendenza; vedi De si dal pallone a questo nuovo sport. Finetti G., 1933, Stadi. Esempi, 13 Il gioco del calcio si affermò Tendenze, Progetti, Milano. originariamente in Inghilterra, dif- 18 Del Fante L., 1988, «Lo stadio fondendosi inizialmente come pra- Comunale di Firenze di Pier Luigi tica aristocratica. La sua fortuna è Nervi», in Aa.Vv., Tre architetture però dovuta al periodo vittoriano, degli anni Trenta a Firenze, Fonda- durante il quale lo sport veniva pro- zione Callisto Pontello, Firenze. mosso con finalità di igiene socia- 19 Progettato dall’ing. Costanzini le e valorizzazione dello spirito di e dall’arch. Giulio Ulisse Arata, lo solidarietà. stadio, di evidente matrice fascista, 14 Frank B. Lowe, progettista ma con uno stile ispirato alla Roma della filiale londinese dello Studio Imperiale, si differenziava dai pre- HOK sport, ha suddiviso gli sta- cedenti impianti per il fatto di es- di moderni in tre categorie. Vedi sere una struttura polifunzionale Nixdorf S., 2005, «The Composi- costruita nella periferia della città, tion of Stadiums. Between Multi- con campo da calcio perimetrato functionality and Reduction», in da una pista podistica a sei corsie. Detail, n. 9, pp. 916-925. Circondato da due piscine e quat- 15 «Lo Sheffield United, per tro campi da tennis, si configurava esempio, fu fondato da un gruppo come una vera e propria cittadella di piccoli artigiani, coltellinai dei sportiva. 168 Emilio Faroldi

20 Fino ad allora una delle rare cit- 25 La costruzione degli stadi, una tà dotate di un impianto per il calcio delle più esplicite manifestazioni era Genova, che ne aveva uno fin dello stretto legame tra estetica e dal 1911. struttura, rappresenta l’espressio- 21 Koenig G.K., 1968, Architettu- ne paradigmatica della poetica di ra in Toscana 1931-1968, Firenze. Nervi. Pier Luigi Nervi, ingegnere 22 Sono parole di Giulio Ulisse e costruttore, progettò e realizzò Arata scritte in occasione della numerose strutture sportive: oltre presentazione del suo progetto per allo stadio Giovanni Berta poi Ar- il nuovo stadio di Roma in Arata temio Franchi di Firenze (1929- G.U., 1942, Costruzioni e progetti; 1932, ampliato dallo stesso Nervi con alcune note sull’urbanistica nel 1951) e lo stadio Flaminio di e sulla conservazione dei monu- Roma (realizzato tra il 1957 e il menti, Milano, p. XVI. Arata, oltre 1959 per le Olimpiadi del 1960), alla torre di Maratona nello stadio l’archivio Nervi documenta altri 6 di Bologna, completata nel 1928, interventi in Italia (un progetto per e allo stadio dei Centomila (come le tribune di uno stadio per 100.000 fu denominato il nuovo stadio per posti a Roma, 1935; il progetto per Roma) del 1932, lavorò anche, per lo stadio delle Palme alla Favorita la società Ansaldo, al progetto di di Palermo, 1954; lo stadio di Taor- uno stadio coperto all’inizio degli mina, costruito tra il 1955 e il 1959; anni Quaranta, una sorta di edificio l’ampliamento dello Stadio Nazio- circolare in struttura metallica e ve- nale di Roma, realizzato tra il 1956 tro caratterizzato da un linguaggio e il 1958; il progetto di tribune in decisamente modernista. cemento armato per il campo spor- 23 In Italia, si assiste ad una mo- tivo di Cuneo e il progetto per l’ap- dificazione culturale: dopo un palto concorso per la costruzione periodo affidato interamente all’i- dello stadio comunale di Salerno) e niziativa privata, si sviluppa un quattro interventi all’estero (il cam- importante fenomeno di municipa- po sportivo coperto del Dartmouth lizzazione degli stadi. Nel 1930 si College ad Hanover nel New Ham- potevano contare 2.405 campi spor- pshire, Stati Uniti 1960-1961; un tivi, costruiti e gestiti dai comuni: progetto per lo stadio di Swindon impianti regolari nel rispetto delle in Gran Bretagna, del 1963; un pro- norme FIFA, idonei per gli incon- getto per uno stadio a Rio de Janei- tri di carattere internazionale, di ro per 150.000 posti del 1964 e un dimensione pari a 100 x 60 m. Di progetto per uno stadio a copertura questo periodo sono infatti alcuni integrale nel Kuwait Sport Center tra i principali stadi italiani ancora del 1968). oggi, sebbene rivisitati, in funzio- 26 Anche Riccardo Morandi pro- ne: l’Arena Garibaldi di Pisa, 1929; gettò, nell’arco degli anni Sessanta il Giovanni Berta di Firenze, 1932; due impianti sportivi: uno stadio La Favorita di Palermo, 1932; il per 100.000 spettatori per la Cit- Littorio di Trieste, 1932; il Benito tadella dello Sport di Teheran (con Mussolini di Torino, 1933; il Cibali A. Zavitteri) e una proposta per lo di Catania, 1935; il Menti di Vicen- Stadio Olimpico per Monaco di za, 1937; lo stadio di via Vesuvio a Baviera. Napoli, 1930. 27 L’architettura di Nervi, ba- 24 Roma 1960, Tokyo 1964, Città sata sull’estetica delle strutture e del Messico 1968. sviluppata secondo i diagrammi NASCITA, EVOLUZIONE, TRASFORMAZIONE 169 di calcolo ritorna: dalle soluzioni 29 Dal Dipartimento di progetta- adottate per lo stadio di Firenze del zione della Facoltà di Architettura 1930, agli studi del Grande Stadio del Politecnico di Milano (gruppo per Roma del 1935, oppure ancora docente Vittoriano Viganò, Valsec- nello stadio di Taormina del 1956; chi, Mascazzini, Occhini, Palavez- sono tutti caratterizzati da soluzioni zati) è nata la proposta di Viganò diverse, dettate anche dalle diverse per l’introduzione dell’innovazione condizioni in cui Nervi si trovava tecnologica e percettiva e per una ad operare. Nonostante le differenze partecipazione più colta. «[…] Or- che sono proprie di ciascun ambito bene, cosa si chiede in questo qua- progettuale, non si può però fare a dro di carenza tanto più evidente meno di ritrovare in tutti i progetti quanto più palese è il potenziale per gli stadi, una costante: la ricerca che gioco e popolarità consentono? dell’unione tra sensibilità estetica Si chiede uno studio che, facendo e statica, ed anzi, è forse in queste leva proprio sui dati e sui poten- opere così “essenziali” dal punto di ziali predetti, apra a un disegno vista strutturale, che questa fusione del goal più suggestivo figurativa- è ancora più evidente; la cogliamo mente e spazialmente e, perché no, nelle scale elicoidali dello stadio di strutturalmente innovativo. […] È Firenze, nella pensilina dello stadio un tema di architettura? Sì, certo Flaminio a Roma, negli studi per perché, pur nella sua particolarità, lo stadio da 100.000 posti quando presuppone un intento, impegna un Nervi progetta il secondo livello di approccio critico e un processo di gradinate a sbalzo, oppure lo si vede elaborazione, apre a inattese e plau- ancora nella volta del campo spor- sibili proposte di rinnovo, di qua- tivo del Dartmouth College. Altro lificazione attraverso il contributo fattore meno evidente ma, comun- estetico, si delinea insomma come que presente in queste opere, è il co- un reale presupposto a una espe- stante studio per la prefabbricazione rienza di immaginazione e restitu- strutturale, che permise di realizzare zione grafica». (Viganò V., 1988, soluzioni strutturali in modo più ve- «Un Disegno per il goal. Progetti e loce ed economico rispetto a quelle avventure creative per un gioco del ottenute con il sistema costruttivo calcio più…», in T-SPORT, n. 8-9, tradizionale, ed allo stesso tempo, agosto-settembre, pp. 581-595). costituiscono un’innovazione co- 30 Dei dodici stadi coinvolti dai stante nell’opera progettuale e co- mondiali di calcio 1990, dieci sono struttiva di Pier Luigi Nervi. interventi riguardanti strutture 28 Giuseppe Terragni (1904- preesistenti. 1943), alla fine della sua breve 31 Faroldi E., 2016, «Un luogo carriera lavora al progetto per uno chiamato stadio», in Marchesi A., Un stadio parzialmente copribile (attri- luogo chiamato stadio. I teatri dello buito da Enrico Mantero al 1941): sport tra divertimento, aspetti socia- dai pochi disegni (5 schizzi su carta) li, tecnologia e business, Maggioli, emerge un approccio attento all’in- Santarcangelo di Romagna, p. 36. tegrazione e all’orientamento oltre 33 Nardi G., 1990, «La tecnica ad alcuni accenni alle soluzioni co- nell’architettura per lo sport: note struttive per la parziale copertura. intorno all’auspicata fine di un cul- Si veda Mantero E., 1983, Giuseppe to monumentale», in Aa.Vv., Im- Terragni e la città del razionalismo pianti sportivi. Parchi e giardini, italiano, Dedalo, Bari, pp. 212-213. Electa, Milano, p. 53. 170 Emilio Faroldi

34 «Il termine marketing territo- abbiano cambiato e influenzato riale può essere utilizzato in alme- la forma dei paesaggi, naturali e no tre accezioni differenti: come urbani, e specularmente come l’e- promozione del territorio, delle sue voluzione tecnologica e urbana caratteristiche e delle sue prospet- abbia mutato i luoghi dello sport. tive […]; come finalizzazione delle Dümpel­mann S., 2018, «Big sport politiche territoriali e urbane […]; for big landscape», in Topscape Il come organizzazione complessi- progetto del paesaggio contempo- va delle procedure amministrative raneo, n. 31, pp. 49-53. nella direzione di una maggiore 36 Gregotti V., 1990, Cinque Dia- attenzione ai clienti del prodotto loghi necessari, Quaderni di Lotus, sistema locale» (Schiaffonati F. et Electa, Milano, p. 7. al., 2005, Marketing Territoriale. 37 Campioli A., 1990, «L’inno- Piano, azioni e progetti nel conte- vazione tecnica nella costruzione sto mantovano, Clup, Milan, p. 17). degli impianti sportivi», in Aa.Vv., 35 Su questo tema si vedano le Impianti sportivi. Parchi e giardini, ricerche di Sonja Dümpelmann re- Electa, Milano, p. 67. lative a come gli spazi dello sport 38 Gregotti, 1990, op.cit., p. 27. 171

IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT Evoluzione storica degli impianti sportivi tra marketing e comunicazione Roberto Ghiretti

La rilevanza che lo sport ha assunto in campo sociale, civile ed economico, fa sì che oggi, qualsiasi persona si voglia approcciare professionalmente a questo mondo, debba per forza di cose possedere conoscenze provenien- ti da differenti ambiti disciplinari. Quella che si definisce generalmente come “la pratica sportiva” costituisce, nella società contemporanea, un fondamentale elemento di con- divisione di valori e di interrelazione socio-culturale per ogni comunità. Ciò significa, quindi, che parlare di sport comporta allar- gare molto l’abituale visuale, dovendo includere funzioni sociali, educative, economiche, legate alla salute ma anche al marketing e alla comunicazione. Di conseguenza, anche un impianto sportivo non è più unicamente un mero con- tenitore di attività, bensì deve diventare il luogo dove tutte queste declinazioni possano trovare compimento e dove si possa giocare la partita più importante per l’intero Paese.

Gli inizi

Per molto tempo lo sport è stato considerato alla stregua di un mero fenomeno spettacolare finalizzato ai pochi adepti interessati all’evento, in cui i protagonisti facevano sfog- gio di muscolarità (fisicità) dei suoi partecipanti1. Fino agli anni Sessanta-Settanta, lo sport era pratica quasi esclusi- vamente maschile. Sono anni caratterizzati dalla totale mancanza di una qualsiasi politica sociale in campo spor- tivo, in cui manca anche l’esigenza di dotazione minima di infrastrutturazione delle cosiddette palestre di quartiere (fanno eccezione le sole strutture G.I.L. o ex G.I.L.)1. Solo a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, gradual- mente e assai lentamente, inizia ad affermarsi l’esigenza di concepire e possedere dei “contenitori” progettati e costru- 172 Roberto Ghiretti iti appositamente per lo svolgimento delle diverse pratiche sportive, strutture che all’inizio non venivano chiamate “palasport”, bensì palestre spettacolari. L’inversione di tendenza avviene nel momento in cui Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa)2 con il supporto dell’Istituto per Credito Sportivo e con i ricavi derivanti dal Totocalcio, co- mincia ad investire in nuove strutture per lo sport e il tempo libero diffuse in modo capillare su tutto il territorio naziona- le. Nascono a fine anni Sessanta anche i primi Giochi della Gioventù, iniziativa politico-sociale che avrà il merito di avvicinare alla pratica sportiva milioni di giovani. Il trend positivo di diffusione dello sport come pratica amatoriale e dilettantistica è proseguito sviluppandosi in modo espo- nenziale dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri: sport/tem- po libero, sport/intrattenimento, sport/benessere, ecc. sono facce della stessa medaglia, dinamiche sociali e culturali di straordinaria importanza nella crescita e nell’affermazione di una idea sana e virtuosa della società contemporanea. Dinamiche che determinano poi, più o meno direttamente, scelte strategiche dal punto di vista dell’organizzazione e pianificazione degli spazi (politico-urbanistiche) deputati allo svolgimento di tali pratiche. Sono queste attività che ruotano intorno al tema più generale (e universalmente ri- conosciuto, superando etnie, culture e posizioni geografi- che) del benessere psico-fisico e di un miglior rapporto con l’ambiente che ci circonda. Temi straordinariamente vasti e importanti nelle società evolute di oggi, in cui il tempo li- bero assume sempre più rilevanza sia dal punto di vista dei segmenti temporali a lui dedicati nella giornata-tipo di un abitante medio occidentale, sia dal punto di vista della defi- nizione dei nuovi trend di consumo. Volendo legare il tema del tempo libero e quello del benessere, è ovvio che lo sport – assieme all’alimentazione – rappresenta il primo e più strategico elemento da considerare, studiare e controllare.

La nuova considerazione dello sport

Recentemente si è finalmente aperto un nuovo scenario, dovuto a una diversa considerazione che la collettività at- tribuisce e riserva allo sport che non viene più interpretato IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 173 unicamente come pratica spettacolare o esibizione di fisi- cità. Infatti, se osserviamo con attenzione la realtà attuale, oltre all’ovvia componente agonistica, l’attività sportiva ha ricevuto una rivalutazione culturale, ottenendo una considerazione che mai era stata tale. Lo sport ha assunto una rilevanza fondamentale per tutta la società civile, di- venendo un asset strategico per lo sviluppo di nuove poli- tiche sociali finalizzate alla crescita e al miglioramento del territorio e della popolazione che in esso vive e lavora. Al fine di introdurre un rapido esempio, si pensi alle politiche sportive che vengono attuate dai Comuni o dalle Regioni per favorire la pratica sportiva di ragazzi e ragazze pro- venienti da situazioni di disagio, o all’utilizzo dello sport e dei suoi eventi per riqualificare le periferie delle grandi città o, ancora, le aree dismesse. Allargando leggermente la visuale è possibile constatare quanto l’attività sportiva sia fondamentale nello sviluppo di percorsi di turismo e marketing territoriale o come tematica ambientale e di mo- bilità sostenibile (le piste ciclabili non sono forse un modo di fare sport?). Senza infine dimenticare l’impatto che l’at- tività motoria ha nei confronti della salute dei cittadini: è storia recente come in alcune Regioni italiane (prendendo spunto da quanto già avviene nei Paesi del Nord Europa) l’attività sportiva venga prescritta ai pazienti esattamente come un farmaco o un medicinale, utile dal punto di vi- sta sia fisico sia relazionale e psicologico. In riferimento a questa nuova attenzione, è giusto far notare come sempre maggiori soggetti provino ad analizzare l’impatto socio- economico dell’attività motoria. Ultima a livello tempora- le, la ricerca realizzata da London Sport che mostra come, per ogni sterlina investita nello sport, si generi un ritorno di 1,48 sterline in termini di impatto sociale. Questa nuova valenza dello sport prende il via con il Libro Bianco della Comunità Europea del 2007 che inserisce il medesimo tra le attività culturalmente e socialmente più ri- levanti: «Lo sport comprende qualsiasi forma di attività fi- sica che attraverso una partecipazione organizzata o meno, consente ed ha come obiettivo il miglioramento della con- dizione fisica e/o psichica, lo sviluppo di relazioni sociali ed il conseguimento di traguardi agonistici»3. Una defini- zione questa, che offre interessanti spunti di riflessione. 174 Roberto Ghiretti

Emerge la concezione di un nuovo modo di praticare sport: l’attività sportiva, infatti, può essere strutturata o destrut- turata. Con il primo termine si intendono tutte quelle pra- tiche, agonistiche e non, in cui è presente un’organizzazio- ne del gioco (arbitro, campo regolamentare, formazione, partita, calendario, ecc.); quella destrutturata (che tratte- remo diffusamente più avanti) in forte e costante aumento negli ultimi anni, non necessita al contrario di alcun tipo di organizzazione, basandosi esclusivamente sulla volontà temporanea dell’individuo (orari, modalità, compagnia e luogo). Ciò significa che anche l’impianto sportivo deve adeguarsi a tali nuovi trend: deve dunque consentire en- trambe le tipologie di pratica e deve essere polifunzionale. La seconda parte della definizione parla invece di condi- zione fisica e/o psichica, di relazioni sociali e di traguar- di agonistici. In questo momento storico cambiano, infatti, anche la concezione e le modalità di fruizione dello sport, le notevoli influenze che tali modalità hanno sulla qualità della vita, sulla situazione politica ed economica del paese, sull’educazione e sulla salute. Risultano molteplici gli am- biti nei quali lo sport riveste un ruolo centrale e strategico: dalla responsabilità sociale al benessere4 e qualità della vita; dal turismo culturale all’innovazione legata ad esempio all’alimentazione, al volontariato, alle possibilità di occu- pazione in un settore in costante evoluzione ed espansione.

Lo sport come strumento educativo

Una delle valenze più significative dello sport è sicuramen- te la sua componente educativa. Grazie infatti alla sua “tra- sversalità” e alla sua capacità di parlare a molteplici sog- getti, lo sport diventa un fondamentale connettore sociale, strumento pedagogico ed educativo di straordinaria impor- tanza nell’evoluzione di una società civile. Esso rappresen- ta un vero generatore culturale in cui non si fanno distin- zioni di etnia, religione, lingua ed età. Lo sport rappresenta uno straordinario contenitore e generatore di passioni ed emozioni, in grado di aggregare, di far condividere, di cre- are fenomeni di emulazione: dunque un qualcosa di stra- ordinariamente potente anche a livello di comunicazione. IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 175

Per questi motivi, lo sport può e deve essere utilizzato dalle istituzioni pubbliche per sviluppare progettualità e politi- che sociali che, attraverso la pratica motoria, abbiano come obiettivo la crescita e lo sviluppo del territorio. Ecco per- ché deve essere valorizzato al massimo il potenziale valore educativo che deriva dal mondo dello sport in genere: la pratica sportiva permette ai ragazzi di crescere in un am- biente sano, basato su valori chiari e certi; permette di ma- turare sia dal punto di vista fisico sia da quello relazionale imparando il gioco di squadra, il fair play e il rispetto delle regole e degli avversari. L’ambiente sportivo rappresenta spesso uno dei luoghi sociali dove, al di fuori della scuola, i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo libe- ro, e per questo le società sportive devono essere investite di una responsabilità primariamente educativa, in quanto rappresentano un soggetto che, assieme alle famiglie e alla scuola, contribuisce a formare i giovani. È necessario quindi che società e famiglie abbiano chiara la consapevolezza reciproca del proprio ruolo, attraverso un coordinamento che non sia solo temporaneo bensì che porti allo sviluppo di un vero e proprio patto educativo, aderendo a un progetto condiviso che la società propone per la crescita umana e sportiva dei ragazzi. Troppo spes- so, infatti, il rapporto tra le società e le famiglie degli atleti risulta assente, in quanto le prime non riescono a integra- re e coinvolgere le famiglie, mentre le seconde tendono a considerare le società alla stregua di baby parking. Appare quindi fondamentale migliorare il modello delle società sportive, cercando di trovare regole che possano essere condivise e utilizzate reciprocamente5. In questo senso, gli impianti sportivi e le palestre diventa- no, simbolicamente, anche palestre di vita; le individuali- tà che esistono nello sport (ad es. l’allenatore, il capitano, ecc.) sono individualità che si possono ritrovare nella re- altà di tutti i giorni, così come le situazioni di gioco (ad es. il ritiro, la trasferta, la vittoria, l’infortunio, la sconfit- ta, ecc.). Un esempio lampante di come i valori sportivi incidano positivamente sull’educazione dei giovani viene fornito dal seguente dato: il 95% dei ragazzi che praticano sport non sono coinvolti in fenomeni di bullismo, in quanto hanno compreso e condiviso un codice comportamentale 176 Roberto Ghiretti all’interno di precise coordinate valoriali. In tal senso, an- che il ruolo dell’allenatore assume un’innovativa rilevante, perché il modo in cui crea e guida il gruppo si riflette nei comportamenti e nelle scelte degli atleti. L’allenatore rap- presenta una sorta di leader del gruppo, è una persona a cui normalmente i ragazzi danno ascolto e si affidano, a cui chiedono consigli anche rispetto a problematiche che si collocano al di fuori del campo di gioco. La priorità per una società non deve essere dunque quella di avere l’allenatore migliore sulla piazza, quanto invece di avere l’allenatore giusto al posto giusto. Una società non deve ricercare l’al- lenatore il cui obiettivo sia unicamente la vittoria, senza se e senza ma: al contrario l’obbiettivo è avere una persona che anteponga la crescita educativa dei ragazzi ai risultati, conscio che da uno sviluppo del valore “umano” potrà di conseguenza scaturire anche quello del “giocatore”.

Le società sportive

Queste considerazioni ci portano a comprendere quanto lo sport si collochi in forma totalizzante all’interno del tema più generale del Welfare, rappresentando un asset fonda- mentale per lo sviluppo di efficaci politiche sociali6. E il soggetto primario che più di altri riesce sia a ottimizza- re il valore dello sport sia a dialogare proficuamente con il territorio è costituito dalla società sportiva. All’interno delle comunità infatti, la società sportiva si pone al centro di un sistema territoriale di relazioni che coinvolgono enti pubblici, aziende private, segmenti diversi di soggetti so- cialmente attivi. La capacità di dialogare con tutti gli attori di un territorio rappresenta la vera forza di un’organizza- zione sportiva in grado, in tal modo, di promuovere un circolo culturalmente virtuoso. La miscela di competenze tecniche e rapporti umani socialmente positivi, unitamente all’adozione di opportune strategie di comunicazione, rie- scono a ottenere un consenso rispetto all’attività della so- cietà sportiva. Di conseguenza, il consenso promuove un maggiore radicamento territoriale, grazie al quale si pos- sono attivare relazioni più proficue e sviluppare strategie più efficaci anche a livello di marketing, definendo pro- IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 177 dotti adatti alla vendita (sponsorizzazioni) e ottenendo un auto-potenziamento/finanziamento della propria attività, che rappresenta l’ultimo anello di questo circolo virtuoso. Esistono, ovviamente, diverse tipologie di società che, in sintesi estrema, si possono distinguere tra: società a livello professionistico, società di livello ma non professionisti- co, società di livello aggregativo. Tra queste società non tutte hanno la forza, la capacità o l’interesse di attivare meccanismi di crescita; tuttavia, ap- pare chiaro che un numero sempre maggiore di esse si sta adoperando per diventare vere e proprie imprese sociali, in grado di gestire politiche familiari, impianti multi-funzio- nali, organizzare eventi eccezionali a tutti i livelli territo- riali7. Purtroppo, a fronte delle molteplici attività e inizia- tive che le società sportive può mettere in atto per creare radicamento e consenso, la soglia di percezione e valuta- zione del risultato sportivo è oggi ancora troppo importan- te, incidendo, a tutti i livelli, fino al 90-95%, (ad esempio se si perde qualche partita si è già considerati perdenti; nell’ottica generale si continua a tifare per la squadra, ma il club perde molta credibilità). Negli Stati Uniti questo dato si abbassa fino al 60%, e chi scrive è convinto che operando opportunamente rispetto alla propria communi- ty, si possa tentare di abbassare tale soglia di percezione anche in Europa, separando il risultato sportivo dalla reale percezione dell’operato di una società sportiva. Risulta dunque chiaro il fatto che lo sport abbia assunto un ruolo strategico nella vita e nella programmazione della nostra società: ruolo che potrà diventare ancora più im- portante quando le società sportive e i dirigenti stessi ar- riveranno a comprendere tale rilevanza e l’impatto che la loro attività può rivestire nella realizzazione di un nuovo modello di politica territoriale.

Un nuovo fenomeno: lo sport destrutturato

Una delle più importanti trasformazioni che hanno investi- to il mondo sportivo negli ultimi anni è rappresentata dalla nascita e sviluppo di attività sportive destrutturate. Ciò a causa, soprattutto, delle trasformazioni tecnologiche e co- 178 Roberto Ghiretti municative che hanno avuto come conseguenza principa- le una maggiore solitudine e individualismo nelle singole persone che, unita ad una sempre più scarsa capacità di ag- gregazione da parte delle reti sociali del passato (si pensi ai partiti politici, alle parrocchie con gli oratori, alle stesse società sportive e/o circoli ricreativi) si sta ripercuotendo anche nella pratica sportiva. Queste condizioni, infatti, hanno fatto emergere una nuo- va modalità di attività motoria, completamente avulsa e disconnessa da qualsiasi rete o struttura associativa. L’idea è infatti quella che si possa praticare sport nelle condizioni che più facciano comodo al singolo: quando voglio, dove voglio, con chi voglio e, soprattutto, come voglio. Si tratta del cosiddetto sport destrutturato, ovve- ro, svolto al di fuori di regolamenti e da strutture com- petenti, che tanto sta crescendo e diffondendosi in tutto il nostro Paese: a fronte di una crescita della passione e della cultura sportiva cala il numero di tesserati sportivi. Potrebbe sembrare un paradosso ma in realtà è un’offerta sportiva che nasce dal basso e dagli stessi praticanti che non riescono a trovare risposte adatte alle nuove logiche che la società impone. La consapevolezza che l’individuo stesso sia al centro dell’attività sportiva, potendo scegliere in completa au- tonomia le proprie modalità di pratica, ha di fatto contri- buito alla nascita di nuove discipline sportive. In questo percorso la facilità di comunicazione ha avuto un impatto fondamentale, contribuendo a diffondere con velocità e interazione lo sviluppo di discipline o pratiche sportive che fino a quel momento erano state circoscritte ade- terminate regioni geografiche o a numeri non particolar- mente significativi. L’elencazione di tali nuove discipline sarebbe esteso: è però facile individuare nuovi sport che, giunti in Italia da pochi anni, sono già capaci di intercet- tare un numero molto ampio di praticanti. Nuovi sport (o forse sarebbe più corretto chiamarli nuovi modi di svolgere attività motoria) che vivono completamente ai margini dell’attività strutturata (impianti, regole, eventi) ma che allo stesso tempo crescono e trovano ogni giorno nuovi adepti. Una recente ricerca americana ha, infatti, analizzato come la Generation z (ovvero i giovani nati IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 179 dopo il 1997) sia caratterizzata da un approccio e una considerazione dello sport diverse dalle generazioni pre- cedenti. Oltre a “vedere” gli sport non tradizionali come più creativi, giovani e innovativi, la maggioranza di que- sti ragazzi, li considera più rilevanti per i propri coetanei, praticaldoli con una frequenza sempre maggiore e supe- riore agli sport tradizionali. Lo sport è una pratica libera e indipendente, che ha supe- rato quella organizzata, proiettato verso una forma di quo- tidianità in grado di intercettare una molteplicità di utenti.

Il ruolo del marketing

Le trasformazioni che hanno investito il mondo sportivo non hanno intaccato la sua essenza, costituita dalla capaci- tà di emozionare e appassionare tutti coloro che ne entrano in contatto (giocatori, praticanti, tifosi, dirigenti, addetti ai lavori). Una capacità di giungere direttamente sia alla testa sia al cuore rendendolo uno strumento unico nel mondo dei servizi alla persona: un mezzo da sempre strategico nella visione di marketing e comunicazione di aziende ed enti pubblici. Se fino a qualche decennio fa il legame tra sport e marketing era costituito unicamente dall’esposizio- ne di cartelli pubblicitari o dall’apposizione di marchi sul- le divise degli atleti, ora la connessione è molto più forte e stretta, riferibile non tanto alla mera visibilità quanto al raggiungimento delle emozioni stesse. Il marketing sportivo si può definire come l’approccio che la società sportiva promuove per affrontare la propria ge- stione quotidiana. In questi anni, la definizione e il vero significato di marketing sportivo – che come si è sottoli- neato è relativo all’intera vita di una società – è stato male interpretato e spesso parcellizzato riferendolo unicamente ad ambiti speculativi commerciali di ricerca di sponsor. Tale aspetto fa sicuramente parte del macro-mondo del marketing, pur costituendone solo una parte. Il marketing esprime un approccio di carattere generale, a sua volta specchio di un orientamento che indirizza tutte le strategie della società sportiva: dai rapporti con i propri in- terlocutori diretti (famiglie e tesserati) a quelli con i propri 180 Roberto Ghiretti tifosi, spettatori e lettori, per giungere alla definizione di pacchetti ad hoc per tesserati/tifosi/clienti. Questo tipo di approccio si definisce anche legacy8, cioè la capacità di la- sciare al proprio territorio di riferimento un’eredità positiva in termini di valori ai giovani che rappresentano gli adulti del futuro. Una corretta strategia di marketing deve svilup- pare iniziative a largo impatto che abbiano la lungimiran- za di promuovere attività utilizzando le giuste risorse. Un evento non si misura dalla grandezza dei partecipanti, bensì dalla quantità dei partecipanti e dalla loro soddisfazione9. Le aziende utilizzano le emozioni che lo sport è in grado di generare negli spettatori, al fine di veicolare il proprio messaggio, non più riferito al prodotto e alle sue caratteristi- che, quanto ai valori medesimi dell’azienda o del prodotto e al loro legame e vicinanza con quello dello sport o della squadra con la quale si stringe la collaborazione. Lo sport, dunque, utilizzato per la sua capacità di parlare alle perso- ne, raggiungendo le sue più profonde passioni ed emozioni. Per tale motivo le stesse modalità comunicative (dai termi- ni tecnici alle locuzioni proverbiali) sono ormai divenuti di utilizzo comune: il tentativo è quello di avvicinarsi al mon- do dello sport. Si pensi nel comune linguaggio alla “zona Cesarini” quando qualunque obiettivo viene raggiunto pro- prio all’ultimo momento o all’“andare KO” che sta a signi- ficare il subire un crollo di qualunque genere. Un linguaggio della quotidianità utilizzato senza preoccuparsi di chi fosse Cesarini o che, il termine KO venga dal mondo del pugilato.

Il binomio sport e impiantistica

La sfida dello sport è in continua evoluzione. Viviamo un’epoca nella quale i cambiamenti tecnologici e comuni- cativi sono all’ordine del giorno, e nuove abitudini e rin- novate esigenze modificano il modo di vivere della popo- lazione accompagnate dall’introduzione di strumenti atti a innalzare la qualità dei servizi. All’interno di un simile panorama, è lecito domandarsi come il mondo sportivo stia reagendo a tali cambiamenti e come la pratica motorio-sportiva possa e debba adattarsi ai mutamenti sociali. IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 181

Tale attitudine al cambiamento tesa ad allinearsi alle nuo- ve trasformazioni della vita quotidiana, necessita di due soggetti differenti: da un lato l’erogatore di servizi spor- tivi (Associazione, società sportiva, Federazione e/o Ente di Promozione) che deve essere in grado di migliorare la propria offerta sportiva, adattandosi alle nuove età, ai nuo- vi orari e alle rinnovate modalità di pratica dello sport; dall’altro, la necessità di cambiamento da parte dei sogget- ti che gestiscono e/o sono proprietari degli impianti sporti- vi, siano essi pubblici o privati, al fine di costruire una rete sinergica in grado di far crescere l’intero territorio. Un cambiamento che non può esimersi da tale doppio binario: sarebbe impensabile per uno sportmaker poter sviluppare nuove strategie laddove l’impianto non sia in grado di accoglierle. Parimenti un impianto moderno e polifunzionale non servi- rebbe a nulla se non ci fossero società o associazioni spor- tive in grado di sfruttarlo al massimo delle sue potenzialità. La necessità di tale cambiamento e di una sempre maggio- re sinergia tra mondo sportivo e mondo pubblico risulta essere sempre più urgente e stringente. La costante crescita dello sport destrutturato ne è una lam- pante prova al pari dello sviluppo dello sport per persone con disabilità, favorito dall’ideazione e sviluppo di proget- ti e percorsi – promossi anche grazie al supporto di soggetti privati – che operano per promuovere lo sport paralimpico e la promozione dei benefici che lo sport può rivestire per i diversamente abili. Siamo, però, certi che laddove questi progetti trovino un’auspicabile successo, esistano strutture accessibili e impianti dove si possa praticare correttamente e senza ostacoli il proprio sport? Domande assolutamente lecite che scaturiscono da un presupposto: il mondo dello sport e della Pubblica Amministrazione sono consapevoli dei reali bisogni dei cittadini (siano essi sportivi, economici o promozionali)? Laddove la società sta evolvendo rapidamente, siamo certi di trovarci di fronte a soggetti in grado di comprendere tali cambiamenti e, di conseguenza, capaci di adoperarsi per rispondere ad essi in maniera tempestiva? Sulla base delle risposte è possibile tracciare una strada futura da intraprendere relativa al binomio sport-impianti- 182 Roberto Ghiretti sca. Un discorso attendibile su questo tema deve partire da alcuni assunti, che proviamo a riepilogare. Un primo punto su cui riflettere in merito ai nuovi impianti è l’analisi del contesto di riferimento: conosciamo infatti le necessità primarie del territorio? Siamo in grado di capire quali sono le discipline sportive più “trascurate” nel nostro territorio e che per numeri ed esigenze necessiterebbero di nuovi spazi e/o strutture? Analisi questa troppo spesso trascurata, sia per una sottovalutazione delle innovazioni sportive che emergono dal web e dall’estero, sia per una erronea e obsoleta consuetudine che vede l’impianto spor- tivo come casa naturale delle discipline classiche. Quando ci si riferisce a impianti sportivi, infatti, normal- mente il pensiero rimanda a palestre, campi da calcio o da tennis, piscine o altre strutture atte allo svolgimento di discipline sportive indoor. I cambiamenti sociali e tecnologici e le nuove abitudini della popolazione, non ammettono il limitarsi a tali strut- ture. La città stessa, i parchi, le strade e le vie, possono e devono essere considerati a pieno titolo veri e propri im- pianti sportivi. Siamo perciò pronti a intercettare le esigenze del territorio utilizzando tutto quanto già presente per rispondere in ma- niera innovativa e moderna alle istanze sportive espresse dalla contemporaneità? Siamo attrezzati per ascoltare il territorio e rispondere al un vuoto di offerta sportiva (sia esso relativo a un’assenza di spazi sportivi o sia relativo a una presenza di strutture sovradimensionate o sottodi- mensionate rispetto alle reali esigenze)? Siamo preposti a realizzare bagni e spogliatoi nei parchi delle nostre città per creare “palestre” a cielo aperto? Il secondo quesito è sicuramente relativo all’aspetto socia- le e valoriale che lo sport e la pratica motoria hanno insito nel proprio DNA, e che deve essere valorizzato e promos- so su tutto il territorio di riferimento. In tal senso, l’im- pianto sportivo deve rappresentare l’esplicitazione pratica di questa ricchezza: è auspicabile e necessario che l’im- pianto sportivo possa diventare un punto di aggregazione per la comunità, uno strumento di diffusione di socialità che permetta alla pubblica amministrazione di utilizzare l’impianto non solo come punto di offerta sportiva, bensì IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 183 come luogo di incontro e sviluppo di politiche sociali atti- vate attraverso lo sport. Se l’impianto deve rappresentare un punto di riferimento per il territorio stesso, è altrettanto importante che esista un momento di consultazione e dialogo con la comunità stessa affinché l’impianto possa essere interpretato come elemento di crescita per tutto il contesto sociale. I “con- sumatori” hanno oggi un potere enorme nella scelta e svi- luppo di servizi (siano essi di ristorazione, ricettivi o di prodotti): è dunque importante che anche relativamente alla pratica sportiva, specialmente in occasione di impianti territoriali, possano e debbano avere voce in capitolo ve- nendo coinvolti in tutte le fasi ideative e realizzative. Il terzo punto è riferito al proprio ambito di riferimento (inteso come città, quartiere o provincia), ovvero alla pos- sibilità, per i soggetti deputati, di utilizzare lo sport come strumento di riqualificazione e rigenerazione di aree di- smesse o zone disagiate con l’obiettivo di farle rifiorire grazie alla presenza di giovani e sportivi. Troppo spesso le nostre città sono caratterizzate da edifici, strutture e aree abbandonate o dismesse che rappresentano un costo per la comunità e diventano luoghi dove la delin- quenza e il degrado trovano terreno fertile. Lo sport quindi può arrivare in supporto alla Pubblica Amministrazione, offrendo le proprie professionalità e conoscenze per con- tribuire ad ammodernarne tali strutture rendendole adatte alla pratica motoria, di gruppo o individuale. Sono sempre maggiori gli esempi, a livello nazionale e internazionale, di realtà territoriali che hanno ottenuto nuova linfa vitale gra- zie allo sport o di soggetti privati che hanno voluto offrire alla propria comunità nuovi spazi sportivi, ottenendo grandi risultati in termini di visibilità e responsabilità sociale. Alla base di ciò esiste sempre la volontà di costruire un dia- logo, di mettere in rete due mondi (quello sportivo e quello istituzionale) che tanto hanno da offrire alla cittadinanza. Tre elementi, quelli citati, che, seppure trattati in forma sin- tetica devono rappresentare i pilastri su cui costruire e piani- ficare qualunque strategia legata all’impiantistica sportiva. Ripartiamo dalla base, ascoltiamo il territorio, osserviamo le nuove discipline che fioriscono: solo in tale maniera po- tremo essere certi di offrire risposte adeguate e moderne. 184 Roberto Ghiretti

Alcuni esempi internazionali

Analizziamo alcuni casi studio di assoluta rilevanza inter- nazionale che possono essere presi come esempio virtuoso. L’Innsbruck InnMotion10, situato nella città austriaca di Innsbruck, rappresenta un tracciato di 185 km, sviluppato all’interno del tessuto urbano e in alcune aree più perife- riche, che può essere percorso in diverse fasi e tappe cia- scuna di distanza variabile. Sul sito dedicato sono presenti tutte le informazioni relative ai tracciati, ai consigli medici e sportivi, e su come affrontare i percorsi. Lungo il tragit- to, perfettamente disegnato, sono distribuiti vari punti di ristoro e aree gioco nei quali sperimentare numerose disci- pline sportive (ad esempio pattinaggio su ghiaccio, calcet- to): l’intero progetto si sviluppa secondo precisi parame- tri di sostenibilità ambientale, allo scopo, tra agli altri, di incentivare un alto livello di consapevolezza degli utenti. A Dorset, Inghilterra, è stato attivato l’Outdoor Education11, un progetto che prevede l’utilizzo di alcuni luoghi nei qua- li gli studenti delle scuole possono effettuare attività spor- tiva in contesti produttivi per la loro educazione scolastica. Si può praticare il canottaggio e altre attività acquatiche presso la costa giurassica, dove si studiano anche le specie preistoriche; praticare la corsa campestre presso i siti ar- cheologici; svolgere orienteering o altre discipline all’aria aperta nei pressi della Foresta di Wareham, ideale per gli studi ambientali e l’attività all’aria aperta. Il progetto è sta- to attivato in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012, in modo da coniugare luoghi dal carattere culturale-educati- vo alla pratica sportiva. Il Comune di Miami, Stati Uniti, organizza un programma di doposcuola, chiamato After School Program12, offrendo ai bambini un luogo sicuro per praticare attività motorie e sportive, sotto la guida di istruttori esperti. Tutti i pomerig- gi i bambini dai 7-13 anni possono recarsi in diversi parchi segnalati sul web, dove ci si può iscrivere ai vari corsi in base al proprio specifico interesse. In ciascun parco si può praticare una differente disciplina sportiva: attraverso la diffusione capillare su tutto il territorio cittadino e l’alto livello di personalizzazione il programma ha ottenuto un evidente successo. IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 185

Altri esempi in Europa e nel mondo, mirati a sport, trova- no spazio in strutture dedicate e spesso integrate in edifici rifunzionalizzati. A Koprivnika, in Croazia, troviamo il pro- getto dello Studio UP13 del nuovo polo scolastico denomi- nato Gymnasium 46º09’N-16º50E, attraverso il quale viene promossa la massima integrazione tra attività sportiva e at- tività di insegnamento in un’area localizzata al margine di due quartieri differenti per funzioni e morfologia urbana, tra una zona industriale e la periferia borghese in stile londine- se. Il progetto architettonico assume qui una forte connota- zione politica e culturale, nella definizione di spazi capaci di incentivare l’integrazione e il dialogo tra ceti sociali diffe- renti grazie all’istruzione e, soprattutto, allo sport. Oltre alla collaborazione tra pubblico e privato per la costruzione del liceo e del complesso sportivo di Koprivnica, si è applicata l’idea di far rientrare all’interno dello stesso organismo ar- chitettonico due strutture urbane complementari. Le strutture ibride intendono giustapporsi al concetto di partnership tra pubblico e privato, in quanto il complesso ibrido è affittato e gestito in modo indipendente rispetto alle istituzioni appena formate. Lo Studio UP ha intenzio- nalmente utilizzato l’ibridazione del complesso sportivo, del liceo e di altri servizi, quali elementi di base per l’or- ganizzazione dell’intero edificio. La sovrapposizione spa- ziale e visiva delle funzioni e la sinergia del loro utilizzo costituiscono la logica operativa fondamentale che carat- terizza l’edificio. Nel testo di accompagnamento del pro- getto realizzato per il concorso, lo Studio UP ha lavorato sulle dualità concettuali che definiscono l’appezzamento di terreno (una tabula rasa) nel perimetro di Koprivnica. Una relazione particolare si è instaurata tra la parte del terreno orientata verso la città e quella orientata verso il vicino quartiere residenziale. I progettisti utilizzano queste dualità nel proprio vocabolario espressivo: nero e verde, pieno e vuoto, freddo e caldo, spirituale e fisico. Proprio questa opposizione di linee di forza determina il risultato finale: un volume unico, enigmatico e compatto, che uni- sce il liceo al complesso sportivo, con intricate relazioni spaziali in contrasto con il vasto paesaggio pianeggiante. A Pechino, l’Olympic Green Convention Center, realiz- zato in occasione dei Giochi della XXIX Olimpiade di 186 Roberto Ghiretti

Pechino nel 2008, è una struttura che ospita le gare di scherma e le discipline di sparo e scherma del pentathlon moderno. È anche utilizzato come centro internazionale di trasmissione e centro stampa (per convegni e esposizioni). La struttura, che copre circa 270.000 mq, una volta termi- nati i Giochi olimpici, è stata parzialmente riconvertita14 in spazi multifunzionali dedicati ad accogliere convegni e conferenze; nel progetto di riconversione particolare atten- zione è stata posta sugli aspetti di sostenibilità energetica di contenimento dei costi di gestione dell’intervento15.

Alcuni esempi in Italia

In Italia, al contrario che in Europa o nel resto del mon- do, esistono molti sport cosiddetti “minori” che faticano maggiormente a trovare spazi adeguati in cui svolgere le proprie attività: ciò a causa principalmente del loro minor riscontro mediatico e quindi del minor appeal ri- spetto all’intercettazione di potenziali sponsor. Questo implica, ovviamente, minori risorse da investire per la realizzazione di centri dedicati. Nonostante la loro qua- lità, tali sport non vengono intaccati da alcune logiche di arrivismo o di traguardo: essendo meno contaminati, si possono definire più genuini ed educativi a livello gio- vanile. Nel nostro paese esistono tuttavia progetti inte- ressanti come, ad esempio a Bologna, contesto dove è stata promossa una valida iniziativa, a cura della “UISP”, denominata “Un chilometro di salute”: attiva in molti parchi del bolognese l’iniziativa costituisce un test per il calcolo della velocità di passo in rapporto alla salute, cioè la velocità indicata per ogni persona per percorre- re 1 km lungo una camminata veloce, una corsa lenta o una combinazione delle due. Obiettivo è quello di av- viare gruppi di cammino omogenei a diversa velocità di passo (una sorta di evoluzione dei percorsi vita), così da poter svolgere attività fisica seguendo i propri ritmi e le proprie attitudini. Si segnalano altri due progetti – rea- lizzati dallo studio bolognese Teco+ – quali la riquali- ficazione del Centro Sportivo Dozza a Bologna, e la ri- qualificazione del centro sportivo a Carugate, Milano. Il IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 187 centro sportivo Dozza, situato all’interno di un grande parco, è uno dei principali impianti sportivi polivalenti di Bologna dedicato prevalentemente al calcio, con 3 campi per calcio a 11 e un campo in sintetico per calcio a set- te. A questi spazi, sono state addizionate aree per nuove attività sia per lo sport destrutturato, sia per attività non propriamente sportive, richieste dalla comunità residen- te nell’area. Il centro contiene diverse tipologie di spa- zi attrezzati per molteplici attività sportive: skatepark, campo per il tiro con l’arco (indoor e outdoor), campo da cricket, playground per la pallacanestro, pista di pat- tinaggio e/o rollerblade, pista auto-modelli, palestrina/ sala motoria, sale polivalenti, locale ristoro, parco giochi per bambini, campo di paintball, bocciofila. L’area in cui è collocato il centro Dozza è riconducibile a una tipica area peri-urbana di cerniera tra l’edificato consolidato e denso della città e le prime aree agricole e semi-naturali collocate oltre la cintura delle tangenziali. Il progetto ha valorizzato la posizione sfruttandone la vocazione ludi- co-sportiva e potenziandone i collegamenti con la città attraverso un sistema di mobilità dolce che si sviluppa tramite la realizzazione di nuovi percorsi ciclo-pedonali di collegamento con le zone urbane centrali e con altri servizi limitrofi. Sono state, inoltre, valorizzate e riqua- lificate anche le strutture edilizie esistenti, grazie a una loro riconversione e all’adeguamento degli spazi rispetto alle funzioni ricreative, educative e di ristoro che erano deputate a ospitare. Si tratta di un duplice intervento di potenziamento e diversificazione delle attività sportive esistenti, che si esplica in una diminuzione degli spazi dedicati alle attività sportive tradizionali, nonché nella loro riqualificazione, allo scopo di garantire alti livelli di qualità delle strutture e dei servizi a esse correlate. A Carugate, il progetto ha comportato la demolizione dell’impianto natatorio esistente e la realizzazione di una nuova struttura, concepita secondo la filosofia del “Nuota, Corri e Pedala”, in linea con le indicazioni dell’Organiz- zazione Mondiale della Sanità. L’iniziativa è focalizzata principalmente alla realizzazione di luoghi in grado di integrare l’esercizio fisico con il benessere e la salute. L’idea muove dalla volontà di promuovere le attività in 188 Roberto Ghiretti grado di migliorare le capacità funzionali senza provocare danni alla salute, innescando uno stile di vita attivo, teso all’integrazione dell’attività fisica nella routine quotidia- na. L’impianto comprende: una palestra in acqua (piscina invernale); una palestra a cielo aperto (piscina estiva); una palestra ecologica (palestra polivalente).

La Case History del Palazzo Wanny

Esempio virtuoso nel panorama italiano è senz’altro il nuovo Palasport di Firenze, che sarà completato nel 2020: il Palazzo Wanny, così chiamato dal nome del mecenate che lo sta concretizzando, è, infatti, un chiaro esempio di come si possa realizzare un’opera capace di soddisfare i bisogni di carattere sportivo e sociale in una città come Firenze. Un grande Palazzo che, come le grandi opere architettoniche del territorio, vuole inserirsi nella storia culturale della città. Wanny Di Filippo è un imprenditore fiorentino e patron dell’Azzurra Volley Firenze (club fem- minile di Serie A1) che, a causa della difficoltà di trovare spazi adeguati per gli allenamenti e le partite della squa- dra, ha voluto offrire un considerevole contributo alla città attraverso la realizzazione di un nuovo impianto sportivo. Il nuovo palasport costituirà la nuova “casa” dell’Azzurra e di altre realtà di alto livello agonistico: congiuntamente garantirà al quartiere e alla città un’offerta ampia e diversi- ficata tra eventi sportivi, di spettacolo, di carattere sociale e momenti di aggregazione. Un luogo condiviso, dunque, un punto di incontro quotidiano per persone di tutte le età e con interessi diversificati che sorgerà nel quartiere di San Bartolo a Cintoia, nella zona ovest di Firenze, allo scopo di coniugare le necessità di impianti sportivi, con l’esigenza di un nuovo sviluppo del quadrante nord-ovest della città. Il PalaWanny, dunque, nasce come struttura moderna: un palasport in grado di soddisfare una fascia di capienza in- termedia, flessibile fra i 2.000 e i 5.000 posti, attraverso un’offerta polifunzionale, che lo eleggerà a risposta di una domanda attualmente non ancora soddisfatta e, contempo- raneamente, un luogo di incontro per tutta la cittadinanza grazie alla sua particolare conformazione architettonica. IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 189

La scelta è quella di avere più edifici a sistema tra loro vol- ti a creare uno spazio urbano perfettamente integrabile nel tessuto del Parco Sportivo di San Bartolo a Cintoia, che co- stituirà la nuova agorà sulla quale si aprirà la grande piazza coperta costituita dal Foyer del Palazzo. Saranno tre gli edi- fici che renderanno Palazzo Wanny esclusivo e non un sem- plice palasport: un impianto polifunzionale, utilizzato per le attività di allenamento, comprensivo di palestra, spogliatoi, area fitness, area wellness, uffici e sala conferenze; il pala- sport, che ospiterà i più grandi eventi sportivi al coperto, come volley, basket, pugilato, ginnastica, ecc.; e l’edificio Foyer, in aderenza al Palasport, comprensivo di area ristoro, sala conferenze e sala stampa. I tre stabili potranno convive- re in perfetta autonomia intrattenendo l’utente per un tempo superiore a quello della sola attività sportiva, concentrando contemporaneamente diverse iniziative e creando sinergie con la comunità e il territorio, allo scopo di diventare un luogo di riferimento per momenti di sport, ricreativi e di pubblica utilità, nell’arco dell’intera settimana. Un impianto dunque, sorto con l’esigenza di dare una nuo- va “casa” al club fiorentino e, di conseguenza, all’intero territorio: un intervento in grado di cogliere l’esigenza di riqualificare un’intera area periferica della città, renden- dola un punto di riferimento e aggregazione per la cittadi- nanza per mezzo dell’offerta di un’ampia gamma di eventi sportivi e di carattere sociale.

Riflessioni conclusive

Appare ormai chiaro che quando si parla di impianto sportivo esso deve essere in grado di rispettare tre criteri fondamentali: sostenibilità (ambientale, economica, ener- getica e sociale); funzionalità (un impianto, cioè, in grado di accogliere praticanti e spettatori in maniera adeguata); bellezza (dal punto di vista architettonico e strutturale). L’impianto sportivo deve configurarsi come una struttura che consenta all’utente di svolgere nel miglior modo pos- sibile la propria pratica sportiva, connotata da alti livelli di comfort e da competitivi parametri di sostenibilità econo- mica, ambientale ed energetica. 190 Roberto Ghiretti

Negli ultimi decenni in Italia si è spesso manifestata, per i centri sportivi, la sindrome da “cattedrale nel deserto”, con tutte le conseguenze che si possono immaginare; oppure abbiamo assistito alla progettazione di impianti rigidi, ri- vestiti da strutture esterne di ferro che ne hanno impedito un qualsiasi nuovo ri-utilizzo o riconversione. I nuovi pa- radigmi progettuali, al contrario, devono oggi perseguire modelli polifunzionali, flessibili, adattabili e scomponibili in breve tempo a seconda del loro diverso utilizzo, in grado di ospitare più attività contemporaneamente, rispondendo alle esigenze del territorio per sette giorni alla settimana e 24 ore al giorno. È di fondamentale importanza che il pro- gettista debba essere affiancato – dall’inizio del processo ideativo – da un esperto in gestione di questa tipologia di strutture, caratterizzato da un elevato livello di esperien- za e da una piena consapevolezza dello sport e delle sue dinamiche. È importante pensare in forma integrata e pro- gettare con la testa di un fruitore di sport in modo tale da offrire, a tutti coloro che frequentano l’impianto, un luo- go da vivere in modo intensivo ogni giorno. Un impianto funzionale e ben ideato contribuisce a rendere la città più vivibile, creando una grande connessione tra molti ambiti della vita di tutti i giorni: ambientale, sportivo, culturale, sanitario. Considerazioni, queste, che non devono riguardare unica- mente i soli stadi, palazzetti o piscine, bensì tutti quegli spazi socialmente attivi usufruiti dai diversi segmenti della popolazione (strade, piazze, parchi, ecc.) che costruiscono la vera trama di connessione sociale, urbana e culturale di cui lo sport è veicolo imprescindibile. Basti pensare, nei contesti territoriali e urbani occidentali, a tutte quelle aree di risulta, di margine, abbandonate o degradate, frammen- tate e dagli usi incerti di cui gli abitanti si riappropriano (quasi) sempre per poterle sfruttare ai fini di attività spor- tive. Parimenti, si pensi ai paesi sotto sviluppati, nei quali gli spazi per lo sport rappresentano il motore di rigenera- zione urbana e sociale dei cosiddetti contesti informali. I progetti degli impianti sportivi devono entrare a far parte di una visione globale di crescita e sviluppo della società contemporanea. Il processo di riappropriazione dello spa- zio pubblico delle nostre città, infatti, non può che passare IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 191 dalla promozione dell’attività fisica e motoria all’aperto, e non solo dentro le palestre e gli impianti sportivi. Per raggiungere l’obiettivo è importante che le politiche urba- nistiche riconoscano e accolgano i criteri di progettazione degli impianti sportivi e i regolamenti d’uso dello spazio pubblico, affinché le nostre città si rendano disponibili ad accogliere eventi, manifestazioni e attività sportive. È necessario favorire il dialogo tra i diversi attori dell’u- niverso sportivo, che spesso faticano a considerarsi come portatori d’interessi comuni. Alcuni di loro posseggono un alto grado di propensione all’innovazione, propongono modalità e visioni nuove, riformulano le proprie strategie di azione. Si pensi, ad esempio, alle associazioni sporti- ve di base, che promuovono la pratica sportiva tout court, quali l’Unione Italiana Sport per Tutti (UISP) e il Centro Sportivo Italiano (CSI), presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e che svolgono un compito fonda- mentale di promozione e sensibilizzazione del fine socia- le della pratica sportiva. Esse, insieme a Sport e Salute Spa (già CONI Servizi Spa) e ai Comitati delle singole Regioni, hanno giocato e giocano nel panorama naziona- le un ruolo rilevante, soprattutto in sede istituzionale, che riguarda il diritto di tutti allo sport, quest’ultimo inteso come espressione di un nuovo diritto di cittadinanza e di attiva partecipazione.

1 G.I.L. ovvero Gioventù Italiana in armonia con le deliberazioni e del Littorio, organizzazione giova- gli indirizzi emanati dal Comita- nile fascista. Fu fondata il 29 ot- to olimpico internazionale. L’ente tobre 1937 (XVI dell’era fascista) cura l’organizzazione e il poten- dalle ceneri dei Fasci giovanili di ziamento dello sport nazionale, e combattimento (18-21 anni), allo in particolare la preparazione degli scopo di accrescere la preparazione atleti e l’approntamento dei mezzi spirituale, sportiva e militare dei idonei per le Olimpiadi e per tutte ragazzi italiani fondata sui principi le altre manifestazioni sportive ma- dell’ideologia del regime. zionali e internazionali» (artt. 1 e 2 2 «Il CONI è la Confederazione del D.Lgs. n. 15, 8 gennaio 2004, delle federazioni sportive nazionali n.15 Modifiche ed integrazioni al e delle discipline sportive associate decreto legislativo 23 luglio 1999, e si conforma ai principi dell’ordi- n.242 recante “riordino del Comi- namento sportivo internazionale, tato olimpico nazionale italiani – 192 Roberto Ghiretti

Coni” ai sensi dell’articolo 1 della dena; società dilettantistica che ha legge 6 luglio 2002, n 137). come obiettivo primario la divulga- 3 Commissione Europea, Li- zione dello sport della pallavolo fra bro bianco sullo sport, in www. i giovani dai 3 ai 20 anni. ec.europa.eu. 8 Letteralmente tradotto come 4 Che lo sport abbia a che fare col eredità, lascito, è un termine che nel benessere e la salute delle persone è senso più ampio esprime la capacità un concetto acquisito e ampiamente di una data azione (di governo, di condiviso: numerose ricerche han- pianificazione, ecc.) di lasciare una no dimostrato quanto lo sport abbia traccia positiva sulla quale le gene- importanti implicazioni positive razioni futuro possano, a loro volta, per la salute fisica e mentale delle costruire i propri progetti. persone, contribuendo, di conse- 9 Appare chiaro che il marketing guenza, anche a una riduzione della sportivo svolga anche la funzio- spesa sanitaria e assistenziale, che ne di network sociale: in questo diminuisce proporzionalmente di caso il ruolo del progettista diven- fronte a un aumento della pratica. ta fondamentale. La funzionalità Ciò significa che una pratica sporti- dell’impianto in tutte le sue parti va svolta correttamente e con conti- (in particolare quelle dove avven- nuità (fondamentale il consulto con gono processi di comunicazione) un medico che possa “prescrivere” rappresenta il successo del gestore il giusto apporto di esercizio fisico dell’impianto, della società spor- in relazione al livello di salute della tiva che lì vi opera e, infine, dello persona) avrebbe esternalità positi- sport medesimo considerando i ve misurabili e quantificabili nella molteplici potenziali indotti che produzione di risparmio sanitario esso può generare. sia per lo Stato sia per le singole 10 Per un approfondimento si Regioni, potendo essere considera- veda: www.run-walk-innsbruck.at. ta come una vera e propria terapia 11 Per un approfondimento si (sport therapy). veda: www.dorsetforyou.com. 5 «Gianni Rivera, campione di 12 Per un approfondimento si calcio, deputato e presidente del veda: www.miamidade.gov. Settore Giovanile e Scolastico 13 Liceo e complesso sportivo di FIGC, ha detto: […] Oggi c’è l’in- Koprivnica, Studio UP di Zagabria, teresse materiale, economico, pri- 2003. ma che sportivo. I calciatori sono 14 Il Water Cube, a Pechino rap- delle piccole imprese, centri di in- presenta un esempio positivo di teresse vasti. […] Oggi la società riconversione: l’edificio accoglie considera il denaro un fine e non un la principale piscina olimpionica, mero strumento, e anche le società la vasca per i tuffi, la piscina per il di calcio sono grandi protagoniste riscaldamento degli atleti, la vasca di questo fenomeno» (Uva M., Vi- per le competizioni di pallanuoto tale M., 2011, Viaggio nello sport e nuoto sincronizzato, tutti i ser- italiano, Esd, Bologna). vizi necessari sia per gli atleti, sia 6 Lo sport è anche un valido “ter- per gli spettatori, un lounge bar e mometro” per misurare l’evoluzio- 17.000 posti a sedere di cui 11.000 ne culturale di un Paese. pensati come struttura rimovibi- 7 Un esempio, in tal senso, è co- le e riciclabile che hanno lasciato stituito dalla scuola di pallavolo “F. spazio, a manifestazione olimpica Anderlini”, nata nel 1985 a Mo- conclusa, a uffici e aree ristoro; tra- IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT 193 sformazioni già previste fin dalla gli impianti costruiti ad Atene per fase progettuale. Riaperto nell’ago- i Giochi Olimpici del 2004, come sto del 2010 come parco acquatico, ha ammesso Spyros Capralos, pre- continua a ospitare manifestazioni sidente del Comitato Olimpico gre- nazionali e internazionali. co, sono stati realizzati in assenza 15 La problematica dell’utilità del- di un piano di riutilizzo. La tenden- le strutture dopo la fine della mani- za attuale sembra puntare a una più festazione è, infatti, uno dei temi ragionata gestione dei grandi eventi più complessi per le amministra- sportivi in merito alla progetta- zioni locali e per i governi dei Paesi zione degli impianti: il futuro nel ospitanti. Spesso le infrastrutture post-evento è deciso fin dalle fasi di vengono abbandonate: ad esempio, progettazione.

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LO STADIO SOCIALE I luoghi per il calcio tra identità, spazio e società Chiara Manzoni

«Allo stadio la passione non cambia». Pier Paolo Pasolini

L’infrastruttura sportiva, in particolare lo stadio per il cal- cio, è senza dubbio una delle rappresentazioni del nostro tempo, nonché uno degli edifici più significativi e simbo- lici della società contemporanea. Fine ultimo di queste ar- chitetture è – ed è stato anche in passato – quello di conte- nere un elevato numero di spettatori raccolti per assistere a un evento di carattere spettacolare, sia esso sportivo o di altro genere. La nascita dello stadio moderno coincide con la trasforma- zione dello sport in attività agonistica e spettacolare con un’accezione professionale; in Italia lo sport più seguito, il calcio, si è diffuso in modo capillare solo a partire dal 1920. Da allora la crescita del fenomeno-calcio è stata esponenziale mentre, al contrario, la situazione dell’im- piantistica sportiva italiana versa ancora oggi in una grave situazione di arretratezza rispetto allo scenario europeo, nord-americano e asiatico. Nell’epoca globalizzata e virtuale in cui si sviluppa la so- cietà contemporanea i processi di riconfigurazione degli spazi dedicati allo sport, al consumo e al tempo libero coinvolgono direttamente il tema della progettazione degli stadi. Essi non possono più essere concepiti valutandone esclusivamente gli aspetti formali o funzionali; al contra- rio sono necessarie riflessioni più profonde, che coinvol- gono motivazioni socio-politiche e culturali. La prima di queste motivazioni è il condizionamento diretto che uno stadio può avere, dal punto di vista urbanistico, sulla città. Un impianto sportivo, come del resto qualsiasi altra ope- ra pubblica, assume la funzione di catalizzatore sociale. Gli utenti che frequentano gli stadi, rispetto ad un recen- te passato, risultano aumentati e mutati nella tipologia: il pubblico, da passivo è diventato attivo. Gli attori che uti- lizzano l’impianto sono molteplici: gli atleti e il persona- 196 Chiara Manzoni le tecnico durante l’evento sportivo, oppure gli artisti per l’evento extra-sportivo, come per esempio quello musica- le; i mass-media, coloro che raccontano e trasmettono al mondo l’evento-spettacolo: dalla carta stampata, alla tele- visione a pagamento, alle nuove frontiere di internet (so- cial network) e della televisione via web; tutti gli addetti ai lavori diretti (dirigenti, personale delle società sportive, procuratori, ecc.) e indiretti, ovvero il personale di servi- zio e supporto (sempre più numeroso e qualificato) che lavora all’interno dello stadio (basti pensare alle numerose funzioni ormai presenti negli stadi di ultima generazione: negozi, cinema, bar, ristoranti, palestre, ecc.). Gli stadi di nuova concezione sono fruiti da una figura nuova se rap- portata alla dimensione dicotomica tifoso/stadio: l’utente- cliente, che non si reca allo stadio per seguire la partita o l’evento in genere ma usufruisce, allo stesso modo, delle strutture dei servizi collaterali all’impianto (centro com- merciale, bar, ristoranti, palestra ecc.), anche nei cosiddetti no-match-day.

Il tifoso tra identità e spazio

Lo stadio è da sempre un luogo dove si assiste non solo a una partita di calcio, ma anche a un’altra partita: quel- la giocata dal pubblico. L’etnologo francese Christian Bromberger1 afferma che la geografia sociale della città si proietta prevalentemente all’interno dello stadio; gli spazi del catino suddivisi in tribune, gradinate, curve, contribui- scono in questo senso al rafforzamento delle differenze so- ciali. Il settore del catino coincide, quindi, con il segmento sociale a cui si appartiene2, rappresentando una sorta di porzione territoriale in cui si radica una identità condivisa. L’antropologo e sociologo John Bale3 fa ricadere questo concetto in quello di topofilia, un concetto carico di valen- ze sociali. Lo stadio è, o almeno era, un luogo di identificazione di tale celebrazione. Il fatto stesso che l’esperienza della gara viene vissuta in modo diverso nei vari settori, ci offre l’i- dea di come lo stadio sia assai lontano dalla concezione di non luogo4; al contrario esso può essere molti luoghi nello LO STADIO SOCIALE 197 stesso luogo. Gli stessi singoli segmenti di stadio al suo in- terno sono luoghi di estrema identificazione, nei quali vie- ne celebrata un’identità personale del tifoso e, parallela- mente, un’identità collettiva. Il sociologo e scrittore Elias Canetti5 già rifletteva sulla massa da stadio e sul fatto che la dimensione e morfologia anulare dello stadio obbliga la folla a rispecchiarsi creando un elemento di forte iden- tificazione e di presa di coscienza della massa in quanto massa. Siamo in presenza di un luogo, nel caso dello sta- dio, che garantisce identificazione, identità, un luogo di raduno ciclico, regolare, che, oltre ad essere molti luoghi nello stesso luogo, è in grado di ospitare eventi diversi. Nei vari settori dello stadio ci sono aspetti che rispecchia- no chiaramente alcuni rituali religiosi; ad esempio la rei- terazione sequenziale, la permanenza degli idoli, che nel mondo del calcio si rinnovano a un ritmo accelerato6. John Bale, a questo proposito, insiste sul concetto che il calcio può essere considerato, senza esagerare, come una sorta di surrogato della religione, e come tale deve essere analiz- zato e studiato7. Lo stadio, già associato al termine topofilia cioè il senso del luogo coniato da Yi-Fu Tuan8 prima e da John Bale dopo, e al termine latino genius loci (identità-spirito del luogo), al suo opposto può rappresentare un paesaggio della paura, ovvero una fonte di topofobia9; tali concetti, rapportati al tema stadio, spiegano come il calcio riesca a coniugare il sentimento e lo spirito di appartenenza con il luogo. John Bale10 ritiene che l’attaccamento a un luogo o il senso del luogo contribuiscono alla qualità della vita, e Edward Relph11 evidenzia l’importanza dei paesaggi e dei luoghi: essi non sono semplici sfondi visivi casuali di altri interessi sociali, ma fanno parte del nostro essere e diret- tamente influenzano la qualità della nostra vita, offrendo numerosi piccoli piaceri. «I luoghi come gli esseri umani, acquistano caratteristiche uniche nel corso del tempo»12. Il geografo americano-cine- se Yi-Fu Tuan, osserva come molti tifosi di calcio posseg- gono un legame affettivo con lo stadio della propria squa- dra del cuore che richiama molto da vicino il sentimento dell’abitante verso la propria casa13. Questa intensa identi- ficazione tra le persone e i luoghi fa sì, come scrive Relph, 198 Chiara Manzoni che i campi da calcio siano dei “luoghi autentici” nei cui confronti i tifosi avevano un inconsapevole senso del luo- go; «oltre allo spostamento di luogo, che è uno spostamen- to di identità […] lo stadio non è affatto un “non luogo”, è un pezzo di territorio che custodisce un’identità, anche il semplice spostamento da uno stadio all’altro, nello stesso contesto urbano comporta una ridefinizione di essa in un altro luogo ed è un percorso non facile […] bisogna riabi- tuarsi, risocializzare, ricostruire dei riti in un contesto che è ancora freddo, che è ancora da investire simbolicamente, è un processo che richiede tempo, ma che allo stesso tem- po è interessante dal punto di vista sociologico, col quale molte piazze faranno i conti […]. C’è il caso dello storico stadio di Wembley a Londra, demolito per costruirne uno nuovo […] ma sarà comunque un luogo diverso e pur es- sendo dal punto di vista topologico il medesimo spazio, il luogo cambia perchè sarà costruito diversamente, non è la stessa cosa e mai lo sarà […]»14.

Dallo stadio chiuso allo stadio aperto

La forma dello stadio e le sue caratteristiche hanno attra- versato diverse generazioni. La prima generazione carat- terizza il periodo storico dall’anno 1880 al 1920, mentre il secondo periodo dall’anno 1920 al 1960-1970 e il terzo dagli anni 1960-1970 al 1989. In queste prime tre gene- razioni lo stadio era caratterizzato da una conformazione chiusa e introversa, con un catino concepito per ospitare il maggior numero di spettatori possibili. Alla fine degli anni Ottanta, a fronte delle trasformazioni sociali che comune- mente vengono associate all’approvazione del rapporto Taylor15 si avvia un processo decisivo per la definizione di un nuovo modello culturale di stadio per le famiglie. A partire degli anni Novanta gli impianti per il calcio comin- ciano a parlare, aprendosi verso la città e comunicando in modo diretto anche a segmenti di popolazione estranei al fenomeno calcio e al tifo. Lo stadio “chiuso” delle prime generazioni era prevalen- temente rivolto alle famiglie che la domenica andavano prima in chiesa e poi alla partita, pagando un biglietto dal LO STADIO SOCIALE 199 prezzo più o meno fisso, indipendentemente dalla zona scelta per accedere all’impianto: lo stadio era un luogo fa- miliare, una libreria, una sorta di casa degli affetti. Con lo stadio “aperto” di quarta generazione, la famiglia si allar- ga, si apre, e all’interno degli spazi troviamo altre attivi- tà, non più esclusivamente legate all’evento sportivo, ma anche al commercio (ristorante, palestra, albergo, negozio, bar). Lo stadio moderno comincia ad avere una gestione in grado di garantire flussi finanziari indiretti rispetto all’e- vento sportivo in sé. Lo stadio di quarta generazione (1992-2002) ha preso quindi i connotati del cosiddetto shopping mall, che ha lo scopo di calare il consumatore all’interno di un’espe- rienza. Il rapporto tra città e mercato dello stadio modello shopping mall finisce per realizzare una sorta di rovescia- mento: i centri commerciali diventano, di fatto, la versione artificiale della piazza, dell’agorà, del mercato16. Successivamente, si assiste al sopraggiungere di una quin- ta (2002-2016) e sesta generazione (dal 2018) di stadio, dopo quelli realizzati tra gli anni Novanta e Duemila17. Lo stadio di ultima generazione è in grado di accogliere una pluralità di attori, che coinvolgono soprattutto i cosid- detti tifosi millenials. I tifosi millenials18 sono spettatori iperconnessi che danno maggiore importanza alla condi- visione social e ai selfie, quindi alla realtà virtuale, anzi- ché a quella reale, nonostante la presenza fisica allo stadio e all’evento; «è cambiato il protagonismo degli attori che frequentano il mondo del calcio, che si è trasformato in show business all’americana. Quello che conta è essere presente agli eventi più importanti e fare dei selfie. Così il divario tra il calcio che conta, le partite che si devono vedere e il resto sta crescendo. Esiste un nuovo pubblico che va all’evento, non è realmente interessato al calcio e/o alla partita, ma fa del protagonismo attraverso i social network come Facebook, Instagram, Twitter […]. Lo sta- dio e la passione dei tifosi appare abbastanza fittizia, ma ormai questo non condiziona le scelte dei maggiori club calcistici […]. È sempre connesso e comunica tramite so- cial network. Il tifoso è ogni giorno sempre più sconnesso dal territorio […]»19. Lo stadio contemporaneo diventa uno spazio polivalente di qualità da fruire non solo in fun- 200 Chiara Manzoni zione alla sua trasposizione mediatica, pur non ignorando l’aspetto ormai imprescindibile che in quasi tutti i grandi luoghi pubblici e ancor più nello stadio (luogo principe dello svolgimento di uno spettacolo che non ha tempo e luogo), chi vi assiste fisicamente ha una percezione degli avvenimenti a volte assolutamente diversa da chi è a mi- gliaia di chilometri di distanza. In tanti stadi europei, nor- damericani, e asiatici, è presente il concetto di connected stadia20, ovvero la possibilità per i tifosi di connettersi tramite i propri dispositivi personali, smartphone o altro, in qualsiasi momento allo stadio, con un sistema Wi-Fi e Hi-Fi, gratuito o a pagamento a seconda delle occasioni. Lo stadio di ultima generazione, nella sua complessità, mostra prevalentemente tre caratteristiche: la prima è la sua fisicità, che è un valore proprio, contrapposto all’im- materialità della società contemporanea; la seconda è la sua simbologia per mezzo della quale con grande facilità lo stadio appare come luogo simbolico all’interno della collettività; e infine, la terza caratteristica è la sua poliva- lenza, intesa come articolazione in termini di segmenta- zione dell’utenza, strumenti di marketing misti a seconda dei ritmi e dei segmenti sociali, tempi e modi dello spazio pubblicitario. La polivalenza è il nucleo di quel processo di rovesciamento rispetto alla massa da stadio descritta da Elias Canetti, che implica l’apertura verso la città non solo in termini fisici, tecnologici e infrastrutturali, ma anche in termini di comunicazione dell’immagine rispetto alla co- struzione organica della città. Lo stadio come contenitore di tante funzioni mantiene, comunque, quel carattere isti- tuzionale e pubblico forte all’interno della città che tale luogo intrinsecamente possiede.

Lo stadio di ultima generazione

Cosa accade oggi dal punto di vista sociologico nel rap- porto spettatore-stadio? Quali fonti di topofilia e topofo- bia, rimangono attuali? Innanzitutto, lo stadio può essere ancora considerato un luogo turistico: lo stadio costituisce senza dubbio ancora oggi un’attrazione ludica e di svago. Tale valenza è di fondamentale importanza nel momento LO STADIO SOCIALE 201 in cui la società sportiva è anche proprietaria dell’impian- to. Inoltre, lo stadio può essere ancora considerato uno spazio sacro e una casa: il pubblico che frequenta gli stadi ha ancora legami con l’impianto della propria squadra che possono essere paragonati a quelli con la casa. Ciò nono- stante gli stadi moderni necessitano di tempo per creare genius loci e quindi identità. Ascoltando e leggendo il parere dei principali scrittori, giornalisti, sociologi e architetti contemporanei (Augè, Russo, Lanfranchi, Nora, Koolhaas, Eisenman), vengono in questa sede ipotizzati quattro binomi sociologici dello stadio di ultima generazione, per giungere alla conclusio- ne di uno stadio come utopia della società globale.

Luogo di loisir – luogo di consumo. Lo stadio ci permette di stare insieme a gente con la quale si condivide un piacere comune. Nello stadio alberga il principio del divertimento e dell’intrattenimento. Può diventare un luogo privilegiato di invenzione urbana, nel quale localizzare nuove funzio- ni, legate più o meno direttamente all’evento sportivo. C’è una sfera del rituale che è ancora strettamente legata alla partecipazione diretta e al bisogno di fusione, dello stare in massa: trattasi, soprattutto, di una ricerca da parte dei tifosi di identità collettiva che alcuni riti continuano a offrire. Gli sport di squadra, in Italia soprattutto il calcio, continuano a offrire modelli di identificazione e partecipazione che nes- sun simulacro televisivo potrà mai sostituire21. Lo stadio produce un modello di città che assomiglia a un centro commerciale, luogo di soli scambi, luogo dove non si produce niente al di fuori degli spettacoli. La cultura americana è già andata in tale direzione, e la generazione di stadi presenti anche in Europa, Asia e Medio Oriente, conferma tale tendenza. Bisogna evitare di arrendersi completamente alle logiche economiche di organizzazione spaziale e distribuzione funzionale, pur essendo coscienti che le stesse logiche sono fondamen- tali per lo sviluppo e la riuscita di un progetto di stadio. L’obiettivo è quello di cercare di assorbire tali logiche in un discorso architettonico più ampio che non deve e non può più essere solo ed esclusivamente di tipo formalisti- co e autoreferenziale22. 202 Chiara Manzoni

Luogo di memoria – luogo di invenzione della tradizione. «Lo stadio è anche un luogo dove si compie un rituale di passaggio dell’infanzia all’età adulta: si va all’inizio con il padre, poi con i compagni di scuola, di squadra, di cen- tro sociale, poi ci si va con la ragazza/ragazzo, dopo si va insieme ai figli e nipoti. Lo stadio è un luogo della memo- ria, dove una persona possiede dei bei ricordi da tifoso, da giocatore, da giornalista. Lo stadio, molto spesso, può essere il simbolo di una città, una sorta di cattedrale mo- derna della quale una persona può essere molto fiera, che sia a Dakar e Port Elizabeth, in Africa, al Cairo, Egitto, a Firenze, in Italia, ecc.»23. Il rifiuto di molte tifoserie organizzate a trasferirsi in infra- strutture nuove, fa sì che gli stadi esistenti possano essere considerati veri e propri luoghi della memoria. Secondo le teorie di Pierre Nora, storico francese, «la volontà di me- moria è indispensabile per conferire ad un sito il titolo di “luogo di memoria”: al fine di dare un significato vero e vivente del luogo, per dare a quest’ultimo la sua ragion d’essere, un’anima. I luoghi di memoria diventano così delle “fonti dirette”, quelle cioè che una società produce volontariamente per trasmetterle ai posteri, a differenza della massa indefinita delle fonti indirette, vale a dire quelle testimonianze che l’epoca ha tramandato senza interrogarsi sulla loro utilizzazione futura da parte degli storici»24. Potranno i tifosi italiani difendere un modello perdente? Il nuovo modello è quello del tifoso impegnato su mille fronti. I tifosi millenials non posseggono ancora un’iden- tità: è una realtà nuova, che solo il tempo potrà dirci come potrà evolversi25. Al contrario, lo stadio può rappresentare un’invenzione di una tradizione: le teorie del 1983 di Eric J. Hobsbawn e Terence Ranger mettono in evidenza che le tradizioni sono inventate e reinventano, come la reinvenzione della lingua gallese, della tradizione scozzese delle Highlands o, in Italia, per esempio, la reinvenzione del calcio storico fio- rentino26. Il concetto di invenzione della tradizione può ap- parire interessante, in contrasto a quello di luogo della me- moria, e vuole ipotizzare che le «tradizioni che ci appaiano, o si pretendono, antiche hanno spesso un’origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta»27. LO STADIO SOCIALE 203

Luogo di coabitazione – luogo di segregazione. Lo stadio è un laboratorio di coabitazione pacifica tra età, genere, etnie e categorie socio-economiche. Allo stadio accade di conversare con il nostro vicino di posto che magari ap- partiene a un gruppo che non incontriamo mai durante il resto del nostro tempo. Lo stadio è capace di raccogliere migliaia di spettatori al pari di luoghi di passaggio come l’aeroporto e il centro commerciale, ma rispetto a questi non luoghi, la differenza fondamentale arriva dal forte sen- so di identità dei tifosi attraverso l’appartenenza verso una nazione e una squadra (basti pensare ai migliaia di tifosi, di qualsiasi estrazione sociale, che seguono la propria na- zionale ai Mondiali, oppure la propria squadra locale in trasferta in Champions League o Europa League). Questa connotazione è rimasta, nonostante la forte influenza eco- nomica che tende a trasformare il tifoso in cliente. In Italia, a partire dal 2010, si rileva l’inizio della crisi del- le tifoserie organizzate. Molto hanno influito i recenti stru- menti normativi (Daspo28 e Tessera del Tifoso29), che di fat- to hanno limitato la libertà di azione dei tifosi negli stadi, cambiando il senso dell’esperienza del tifo da stadio. Si sta formando un nuovo movimento sociale, un nuovo movi- mento collettivo che non vede positivamente l’evoluzione attuale dello sport business, una sorta di utopia regressiva30. Al contempo lo stadio è anche un campo di concentramen- to in prospettiva (si veda Santiago del Cile con gli episodi politici dell’11 settembre 1973, Bari durante la Seconda Guerra Mondiale e Parigi al Vélodrome d’Hiver31) dove rimane facile “parcheggiare” e rinchiudere persone indesi- derate. Gli ultimi attentati di Parigi allo Stadio Saint-Denis, nel novembre 201532, ribadiscono che l’evento calcistico e lo stadio possono rivestire un potenziale enorme per gli stragisti (Topofobia al massimo). Gli stadi rappresentano anche luoghi di esclusione e segregazione economica, con le VIP boxes, lounge bar, ristoranti e aree esclusive: vere e proprie zone superprotette33.

Luogo di invenzione di nuove forme urbane – luogo simu- lacro e set televisivo. Si può considerare lo stadio come un luogo privilegiato di libertà e invenzione di particolari forme urbane e sperimentazioni tecnologiche, come una 204 Chiara Manzoni sorta di laboratorio, in qualità di struttura eccezionale. La pluralità delle funzioni nello stadio e la possibilità di uti- lizzo della struttura, al di là del proprio specifico uso, sono parametri imprescindibili, che diventano positivi solo se tale pluralità è effettiva e non solo metaforica. Un pericolo insito nell’estremizzare il concetto di multi- funzionalità è quello di tematizzare gli spazi e, ancor peg- gio, di eseguire tale operazione per funzioni culturali: il rischio, cioè, è quello di rubare l’aura di autenticità alla realtà che tematizzano. Il simulacro, o simulazione, che viene creato da tali spazi preconfezionati, agisce sul modo in cui noi percepiamo la realtà e assorbe l’autenticità del fenomeno. Un altro aspetto negativo può essere costituito dal fatto che lo stadio, così come il parco tematico, propone un modello di differenziazione a volte puramente televisi- vo. I media hanno sempre più influenza nell’esplicita- zione dell’evento sportivo: i diritti televisivi costitui- scono i principali finanziatori del movimento calcistico, specie in Italia, dove le altre voci che costituiscono la gamma dei ricavi per i club calcistici hanno un’inci- denza molto marginale. Dettano i tempi della stagione calcistica e determinano il modo in cui il calcio viene raccontato, costringendo i media tradizionali all’inse- guimento. Le conseguenze si ripercuotono anche sul rapporto che le altre discipline sportive hanno coi mass media, rischiando in alcuni casi la scomparsa. Stanno, inoltre, consolidandosi nuovi sistemi mediatici interes- santi quali lo streaming, che promuove in senso glocale il calcio, permettendo di viverlo in modo globale e di se- guire la propria squadra, anche quando afferenti a cate- gorie inferiori; «esiste una piattaforma streaming che ti permette di seguire squadre anche di categorie inferiori, sul web, ovunque ti trovi: un fenomeno molto interes- sante che può dare concorrenza al monopolio televisivo. Dall’altra parte i Mondiali di calcio in Russia del 2018 ci ricordano quanto sia importante per i media l’evento globale, nonchè per promuove i vari canali, fare vendere i prodotti e anche per finanziare FIFA, UEFA e i clubs. Nessun dubbio che l’influenza dei mass media sugli eventi sportivi sia ancora forte»34. LO STADIO SOCIALE 205

Lo stadio come utopia della società globale. I progettisti, e comunque tutti gli attori che ruotano attorno alla pro- gettazione di uno stadio, hanno la straordinaria occasio- ne di realizzare un’infrastruttura che può rappresentare in tempo reale l’espressione futura della società globale, senza per questo perdere di vista le utopie e lo spirito cri- tico del progetto35. Gli stessi concetti di luogo della me- moria, di glocale e di sviluppo, esprimono nello sport e in particolare negli studi sugli stadi per il calcio, una grande importanza36. Marc Augè, nella prefazione del suo ormai famoso Non Luoghi, scrive che gli architetti hanno delle scappatoie, una di queste è l’opportunità di affrontare i non luoghi empirici37, cioè di affrontare direttamente gli spazi del- la comunicazione, della circolazione e del consumo, che compongono i paesaggi dominanti del nostro nuovo mon- do. Al medesimo tempo possiamo immaginare lo stadio contemporaneo come la possibilità per i progettisti di la- vorare sulla qualità degli utenti: frammenti di utopia, a im- magine della nostra epoca divisa tra passività, angoscia e, malgrado tutto, speranza o quanto meno attesa. Realizzare uno stadio significa lavorare su tale dimensione utopica, costituita da nuove forme, alludendo a una società plane- taria ancora assente: in fondo l’architettura è espressione del sistema di un contesto cambiato. Il contesto è dive- nuto globale e lo stadio può rappresentare qualcosa che è all’ordine dell’allusione tracciando, a grandi linee, un tempo non ancora giunto, che forse non arriverà mai, e che rimane nell’ordine del possibile. L’elencazione di alcuni casi studio dimostra che alcune utopie sono possibili. Il caso dell’Emirates Stadium di Londra rappresenta un esempio lungimirante di riquali- ficazione sociale e urbana che ha coinvolto un quartiere londinese, la cittadinanza e i tifosi della squadra dell’Ar- senal, valorizzando sia l’esistente (il vecchio Highbury, trasformato in un edificio residenziale, con orto e giardini al posto del campo da gioco) sia l’avveniristico stadio, si- tuato non lontano da quello storico. Un esempio di iden- tità locale e di rispetto della storia del club e del vecchio impianto, che non è stato smantellato, bensì mantenuto e valorizzato. 206 Chiara Manzoni

Altri esempi di rigenerazione urbana provengono dal- la Svizzera: lo Stadio de la Maladière di Neuchâtel, che ospita, oltre alle infrastrutture sportive, 54 negozi per un’area commerciale di 28.000 mq, 930 posti auto coper- ti, la sede centrale del corpo dei pompieri e sei palestre, e il St. Jakob Park di Basilea, con all’interno un centro commerciale e una casa di riposo per anziani. Notevole risulta essere la connotazione sociale di questi due sta- di, che fungono da motore di rigenerazione urbana di un quartiere ospitando rispettivamente la caserma dei pom- pieri e una casa di riposo. E in Italia? L’Allianz Stadium a Torino, la Dacia Arena di Udine, lo a Frosinone sono tre esempi che possono fare da apripista ad altri club italiani38, pur in evidente ritardo, consci che il rilancio economico non può che passare dalla realizzazione di un nuovo stadio in grado di avvicinare i tifosi, i quali potranno finalmente viverlo come luogo di topofilia e non più, come paesaggio della paura. «Per programmare bene uno stadio ci vogliono tan- ti attori comuni, abitanti, sponsor, ambientalisti, architetti, ecc. Faccio un esempio: il caso di Zurigo. Zurigo non si può certo definire una città in crisi, ma nonostante questo ha perso uno stadio leggendario l’Hardturm (dove giocava il Grasshoppers), durante l’organizzazione degli Europei di calcio del 2008, dove un ricorso degli abitanti del quar- tiere ha fermato il progetto di ristrutturazione; da allora lo stadio giace in uno stato di abbandono. Stadi per il calcio, certo: ma serve anche una parallela visione della città»39. In paesi quali la Germania, la Gran Bretagna e la Spagna sono stati sperimentati meccanismi di partecipazione da parte dei tifosi alla vita dei club. La partecipazione dei tifosi è ormai l’unico antidoto alla mutazione genetica del calcio verso la direzione del feno- meno puramente finanziario. Per funzionare, i progetti oggi devono conciliare l’apertu- ra a gruppi nuovi (donne, anziani, persone benestanti tra i 35 e i 50 anni di età) e innovazione. L’attuale evoluzione dello sport-business implica cambia- menti che comportano importanti contraddizioni, alle qua- li l’architetto è chiamato a rispondere con coerenza, pas- sione, spirito critico e, come consiglia Pierre Lanfranchi40, LO STADIO SOCIALE 207 senza temere le utopie: lo stadio contemporaneo sarà esclu- sivamente l’ennesima stimolante occasione di progettuali- tà complessa e multifunzionale, oppure ci si ricorderà che esso incorpora anche una propria identità, un genius loci, e soprattutto che lo sport è una storia di passione la quale senza la presenza di un pubblico che partecipa perde com- pletamente il suo significato? Progettare uno stadio vorrà ancora dire pensare un luogo per un consenso sociale o solamente pensare a una sceno- grafia di un set televisivo? Nel 1967 Jorge Luis Borges, insieme a Adolfo Bioy Casares scriveva profeticamente: «Non esiste punteggio, né formazioni, né partite. Gli stadi cadono tutti a pezzi. Oggi le cose succedono solo alla televisione e alla radio. La falsa eccitazione degli speakers non le ha mai fatto sospettare che è tutto un imbroglio? L’ultima partita di calcio è stata giocata in questa città il 24 giugno del 1937. Da quel preciso momento il calcio, come tutta la vasta gamma degli sport, è un genere drammatico, interpretato da un solo uomo in cabina o da attori in maglietta davanti al cameraman»41.

La citazione è di: Pasolini P.P., Lanfranchi P. (a cura di), Il calcio 1969, «Riflessioni dopo aver visto e il suo pubblico, Edizioni Scienti- una partita allo stadio», Il Caos n. fiche Italiane, Napoli, pp. 161-182). 1, 4 gennaio. 2 «Come un tempo, durante l’im- 1 Nel suo saggio Bromberger in- pero romano, il circo era la scena dica la presenza di quattro termini di un dramma triangolare, al tem- mediatori che formano la trama dei po stesso politico e cruento, che si processi di adesione dello spettaco- svolgeva tra imperatore, senato e lo: identificazioni, territorializza- plebe, così oggi lo stadio di calcio fa zione, simbolizzazione, ritualizza- da cornice a un evento spettacolare zione. Se i primi tre termini sono complesso, a cui partecipano diret- propriamente di natura sociologica, tamente le squadre, l’arbitro e gli legati allo spazio e allo stadio, solo spettatori» (Dal Lago A., 1992, De- in modo passivo, gli ultimi due scrizione di una battaglia. I rituali esprimono il luogo dello spettacolo- del calcio, il Mulino, Bologna). calcio, il luogo di uno spettacolo 3 Bale J., 1992, «Il calcio come nello spettacolo che mette alla ri- fonte di topofilia. Il pubblico e lo balta un protagonista: il pubblico stadio», in Lanfranchi, op.cit., pp. (Bromberger C., 1992, «Lo spetta- 183-220. colo delle partite di calcio. Alcune 4 Augè M., 1992, Non-Lieux. In- indicazioni di analisi etnologica», in troduction à une anthropologie de 208 Chiara Manzoni la surmodernité, Seuil, Paris (trad. Space and Place. The perspective it., Rolland D., 1996, Nonluoghi. of Experience, University of Min- Introduzione a una antropologia nesota Press, Minneapolis; Tuan della surmodernità, Elèuthera, Y.F., 1974, Topophilia: A Study of Milano). Environmental Perception, Attitu- 5 Canetti E., 1974, Potere e so- des and Values, Prentice Hall, En- pravvivenza, Adelphi, Milano. glewood Cliffs). 6 Secondo Bromberger esiste una 9 Tuan Y.F., 1979, Landscapes of constatazione: lo scenario di un Fear, Pantheon Books, New York. incontro, le figure simboliche che 10 Lo studioso, nel suo saggio in- lo attraversano, i comportamenti, dividua cinque fonti di topofilia re- i discorsi, le pratiche propiziatorie lative al modello di stadio britanni- dei tifosi, presentano solide affinità co, in cui si ritrovano sia gli aspetti con i rituali religiosi della tradizio- fisici (edifici e spazi) sia quelli ne cristiana. mistici (quasi religiosi): lo stadio 7 «il calcio può essere considerato come luogo sacro; lo stadio come alla stregua di un rituale religioso, spazio scenico; lo stadio come casa; o un surrogato di esso; e lo stadio, lo stadio come luogo turistico; or- che ne contiene lo sviluppo spetta- goglio locale e patriottismo (Bale J, colare, può essere considerato alla 1992, op.cit.). stregua di una cattedrale, con i suoi 11 Relph E., 1989, «Responsive riti, i suoi attori. A questo proposito methods, geographical imagination è interessante riportare una dichia- and the study of landscapes» in razione di uno spettatore abituale di Kobayashi A., MacKenzie S., Re- una squadra non molto importante making Human Geography, Unwin […] della quarta divisione inglese, Hyman, Boston. in occasione della presentazione di 12 Tuan Y.F., 1978, «Spazio e un piano per lo spostamento dello luogo. Una geografia umanistica», stadio (Sealand Road) e sua relati- in Vagaggini V. (a cura di), Spazio va chiusura: Sealand Road fa parte geografico e spazio sociale, Franco della mia vita da trent’anni; è qual- Angeli, Milano. cosa di più di un semplice campo di 13 In Inghilterra abbiamo molti calcio; è uno stile di vita, non solo esempi che testimoniano il rapporto per me ma per migliaia di altre per- fortemente sentimentale tra stadio sone […] la cui esistenza è ruotata e tifoso, come successe nel 1985 attorno ad una partita allo stadio. a Londra, al Charlton Athletic, il È qualcosa di più dei mattoni e del campo del Crystal Palace, trasferito cemento, è quasi qualcosa di spiri- a 11 km di distanza con molte per- tuale» (Bale, op. cit., pp. 183-220). sone che vedevano in questo trasfe- 8 Topofilia dal greco Topos (spa- rimento la fine di un sogno. zio) e Philia (amore per), esprime 14 Pippo Russo in un’intervista rila- un forte senso del luogo, che spesso sciata all’autrice nel giugno 2004. si mescola con il senso dell’iden- 15 Il Taylor Report consisteva tità culturale tra alcune persone e in questi dettami: eliminazione l’amore per certi aspetti di un tale di ogni sistema di separazione tra luogo (Bachelard G., 1957, La campo di gioco e pubblico, elimi- poétique de l’espace, Presses uni- nazione delle terraces, gestione versitaires de France, Paris (trad. dell’impianto da parte di società It., 2006, La poetica dello spazio, proprietarie, controllo rigoroso dei Dedalo, Bari); Tuan Y.F., 1977, sistemi di affluenza e deflusso, si- LO STADIO SOCIALE 209 stemi di sicurezza all’avanguardia, 24 Nora P., 1997, a cura di, Les sistemi elettronici di schedatura e lieux de mémoire, Gallimard, Paris. riconoscimento del singolo tifoso. 25 Pierre Lanfranchi in un’intervista 16 Magnier A., Russo P., 2002, So- rilasciata all’autrice nel giugno 2018. ciologia dei sistemi urbani, il Muli- 26 Il calcio storico fiorentino è una no, Bologna. tradizione consolidata a Firenze, 17 Per maggiori approfondimenti dove tutti gli anni nel periodo di sulle diverse generazioni di stadi giugno, si svolge il torneo in Piazza si veda il testo di Davide Allegri, Santa Croce, che vede la parteci- all’interno del presente volume. pazione dei quattro quartieri della 18 Il termine millenials rappre- città (Bianchi di Santo Spirito, Az- senta la generazione costituita da zurri di Santa Croce, Rossi di Santa ragazzi e ragazze diventati/e mag- Maria Novella, Verdi di San Gio- giorenni dal 2000 in poi. Sono an- vanni): non a caso la tradizione del che detti “Generazione Y” e si con- calcio fiorentino viene ampiamente trappongono alla “Generazione X” ripresa e utilizzata dalla Società (i nati tra il 1965 e il 1980) rispetto ACF Fiorentina per pubblicizzare alla quale sono più numerosi. Solo la campagna abbonamenti e il mer- in Italia sono rappresentati da 11,2 chandising locale, con la vendita milioni di persone, mentre nel mon- delle maglie da gioco riportante do sono circa 2,3 miliardi. I millen- gli stessi colori delle quattro squa- nials sono la prima generazione di dre partecipanti al calcio storico iperconnessi e vengono definiti “la fiorentino. generazione delle tre C”: connessi 27 Hobsbawm E., Trevor-Roper alla rete e al mondo (Connected); H., Morgan P., Cannadine D., aperti al cambiamento (Open to Cohen B.S., Ranger T., 1983, The Charge) e con molta fiducia in Invention of Tradition, Cambridge loro stessi, e voglia di emergere U.P (trad. it. Hobsbawn E., Ranger (Confident). T., 2002, a cura di, L’invenzione 19 Pierre Lanfranchi in un’intervista della tradizione, Einaudi, Torino). rilasciata all’autrice nel giugno 2018. 28 Legge n. 41, 4/4/2007. 20 Il Barcellona, il Real Madrid, il 29 Direttiva 14/8/2009. Liverpool possiedono già, all’inter- 30 «Utopia che prefigura un futuro no dei propri stadi, una connessione che è un ritorno al passato, prefi- Wi-Fi, gratuita o a pagamento. gura la realizzazione di uno stato 21 Russo P., 2004, Sport e società, ideale delle cose, che corrisponde Carocci, Roma. a un’immagine di come stavano le 22 Il sociologo polacco Zygmunt cose una volta, che è spesso un’im- Bauman, nel suo testo Consumo magine soltanto idealizzata, ma dunque sono (2007), si era espresso che comunque viene creduta come sul rapporto tra l’uomo e la società vera. Quindi la grande trasforma- del consumo facendo riferimento zione del mondo ultras delle curve agli abitanti della città di Leonia, va ricondotta soprattutto a questo una delle città invisibili di Calvi- aspetto: la condivisione di un’im- no, come esempio di capacità di magine sullo stato attuale del calcio disfarsi del vecchio per far spazio che non piace ai gruppi di radica- al nuovo. lismo da stadio e contro la quale 23 Pierre Lanfranchi in un’intervi- bisogna organizzarsi e promuovere sta rilasciata all’autrice nel giugno delle azioni da condividere come 2018. un movimento collettivo a tutti gli 210 Chiara Manzoni effetti» (Pippo Russo, in un’intervi- è presso il Teatro Bataclan, dove sta rilasciata all’autrice il 21 giugno sono rimaste uccise 90 persone. 2004). 33 «È ben lontano il tempo dove 31 Durante il golpe di Pinochet Jackie Milburn, capitano del New- del 1973, l’Estadio Nacional de castle, tornava a casa dopo la partita Chile venne utilizzato come campo in autobus insieme ai tifosi. Razzi- di concentramento. Al suo interno smo e sessismo sono ancora troppo transitarono circa 40.000 prigionie- presenti negli stadi, e non mi piace ri, tra il settembre e il novembre di nemmeno lo stadio all’inglese o quell’anno. Il campo da gioco e la all’americana dove ci sono gli an- galleria furono utilizzati per tenere chormen, cantano per te e ti dicono imprigionati gli uomini, mentre le sempre quello che devi o non devi donne furono relegate nella piscina, fare» (Pierre Lanfranchi in un’in- negli spogliatoi e in altri edifici. I tervista rilasciata all’autrice nel locali interni dello stadio furono giugno 2018). trasformati in luoghi di tortura e di 34 Pierre Lanfranchi, intervista esecuzioni, mentre gli interrogato- all’autrice nel giugno 2018. ri venivano svolti nel velodromo. 35 Eisenman P., 2000, «Lo spettro Allo di Bari, dello spettacolo», in Casabella, n. durante la Seconda Guerra Mon- 673-674, dicembre-gennaio, pp. diale, nel 1940, un reggimento di 84-85. fanteria dotato di numerosi muli vi 36 «Tra i lavori che raccoman- alloggiò all’interno in attesa di es- derei a tutti ci sono quelli di Julio sere imbarcato per la Grecia. Una Frydenberg, storico argentino, che notte la paglia utilizzata per i muli ha studiato il rapporto tra calcio e prese fuoco: l’incendio divampato comunità a Buenos Aires. Lui lavo- distrusse tutti i locali all’interno ra da più di 20 anni sullo sviluppo della struttura, le porte e lo steccato parallelo della città e del calcio e su in legno utilizzato come recinzione come i club siano parte di questo provvisoria dal 1934. Inoltre duran- processo, e come gli stadi delle me- te il tragico bombardamento di Bari galopoli siano ancora oggi luoghi del 2 dicembre 1943 due bombe di identificazione che rimpiazzano caddero sullo stadio. Al Velodro- spesso le istituzioni. Frydenberg, me d’Hiver, stadio e circuito per ma anche altri studiosi, evidenziano gare di ciclismo, ci fu la più gran- l’importanza congiunta dello stadio de retata di ebrei condotta su suolo e del club. Esiste, inoltre, una lette- francese durante la seconda guerra ratura alternativa (per un approfon- mondiale. Gli arresti in massa furo- dimento si veda: www.11freunde. no compiuti dalla polizia francese de, www.sofoot.com e www. bal- nell’intera città di Parigi, il 16 e 17 lesterer.at) che cerca di combina- luglio del 1942. re una visione intelligente della 32 A Parigi il 13 novembre 2015 passione calcistica e un impegno sono avvenuti una serie di attacchi sociale, politico, ambientalista. È terroristici di matrice islamica tra i forse in questo versante che ci sono quali tre esplosioni nei pressi dello state le innovazioni più significati- stadio Saint-Denis, durante l’ami- ve negli ultimi venti anni» (Pierre chevole di calcio tra Francia e Ger- Lanfranchi in un’intervista rilascia- mania e di sei sparatorie in diversi ta all’autrice nel giugno 2018). luoghi pubblici della capitale fran- 37 Marc Augè, nella prefazione del cese, fra le quali la più sanguinosa 2009 del testo Non luoghi, ha in- LO STADIO SOCIALE 211 serito questo terzo elemento, dopo 40 «Consiglio a un tifoso di an- “luogo” e “non luogo”, il “non luo- dare allo stadio solo con mezzi di go empirico”, ovvero gli spazi di trasporto pubblici, di godersi lo circolazione, di consumo e di comu- spettacolo insieme agli amici, fra- nicazione. Secondo Augè la coppia telli, figli o nipoti, di condividere la luogo/non luogo è uno strumento sua passione. Mentre a un architetto di misura del grado di socialità e di consiglio di realizzare stadi per tut- simbolizzazione di un dato spazio. ti: bambini, adulti, anziani, donne 38 Mentre in Italia esistono solo e uomini, e stadi aperti il più pos- due stadi di proprietà diretta (il Ma- sibile. Consiglio a tutti i progettisti pei Stadium di Reggio Emilia e lo di osare e di non avere paura delle stadio Atleti Azzurri d’Italia di Ber- utopie nello stadio. A un presidente gamo) e tre stadi con le società che di un club sportivo dico: guardati in hanno acquisito dal Comune il dirit- giro, parla con tutti e dai (e ridai) al to di superficie (l’Allianz Stadium tuo stadio la centralità di un luogo di Torino, la Dacia Arena di Udine, di sana abitudine e di alta civiltà lo stadio Benito Stirpe di Frosino- e memoria» (Pierre Lanfranchi in ne), in Germania e Inghilterra, tutte un’intervista rilasciata all’autrice le società che militano nelle prime nel giugno 2018). due leghe professionistiche sono 41 Borges J.L., Casares A.B., dotate di stadi di proprietà. 1967, «Esse est percipi», in 39 Pierre Lanfranchi in un’intervi- Cronìcas de Bustos Domecq (trad. sta rilasciata all’autrice nel giugno it., 1975, Cronache di Bustos Do- 2018. mecq, Einaudi, Torino).

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VALORIZZARE I VALORI Lo sport tra spazi e comunità Antonio Marchesi

Pleistocene. Un branco di Hooliganopitechi ciondola nella savana alla ricerca di qualcosa da fare. Primo pomerig- gio, caldo afoso e un invitante boschetto, con una radura al centro. Gli ominidi vi si inoltrano, disponendosi a cer- chio sotto le acacie: due grugniti, una spidocchiata solida- le, sonnolenza e tanta noia. Improvvisamente Alfa, uno di loro, vede una grossa palla di escrementi al centro della ra- dura. Si alza e con un perfetto collo piede interno la calcia tra due piante distanti otto yarde l’una dall’altra. La palla si infila all’interno della porta sfiorando uno dei due esili fusti e gonfia il cespuglio retrostante. Il branco sobbalza: scarica di adrenalina, urla, abbracci, salti di gioia. Anche Alfa esulta e corre per il campetto alzando le braccia, am- miccando ai compagni. Poi si ferma di colpo e avverte una sensazione mai provata, si rende conto d’averla combinata grossa: ha inventato il calcio, un fatto che avrebbe cambia- to per sempre il destino della sua specie. Da quel momento infatti trasmetterà a tutti i suoi discendenti il gene dell’Ho- mo Ludens. Il gioco nasce quindi con l’uomo; esso può essere consi- derato come elemento intrinseco al suo stesso DNA? Il filosofo olandese Johan Huizinga ne parla in un interes- sante lavoro pubblicato circa novant’anni fa, titolato ap- punto Homo Ludens1. Egli sostiene che la civiltà umana sorge e si sia sviluppata nel gioco e come gioco attraverso una integrazione culturale e sociologica che ha definito un legame indissolubile tra i primigeni comportamenti umani e il gioco. Per il filosofo il gioco va oltre l’attività biologica, contiene un valore a cui è difficile fornire una giustificazione logica. Non si gioca ovunque nello stesso modo: le varie civiltà esprimono modi di giocare differen- ti legati alle loro caratteristiche ma, ovunque, si gioca e si è da sempre giocato. Esattamente come il nostro Alfa che prova piacere per sé e per gli altri senza un apparen- te motivo razionale. Huizinga allarga poi il campo della 214 Antonio Marchesi sua analisi considerando il gioco come un atto libero, non urgente, non necessario, che va oltre le esigenze primarie come la riproduzione o la nutrizione. Infine, è limitato nel tempo e nello spazio ed è disinteressato. La sua analisi è assolutamente condivisibile, tranne che per l’affermazione relativa al fatto che il gioco non sia anche portatore di altri interessi. Probabilmente così nasce, ma subisce quasi subi- to strumentalizzazioni e contaminazioni di diversa natura. Sin dai tempi di Olimpia la sfida, la prova di forza o di abilità hanno mosso interessi di diverso tipo: dimostrare la propria superiorità rispetto ai confinanti, per fornire un messaggio del tipo sono molto forte, non ci provare, nar- cotizzare il popolo con il “panem et circenses” dell’ antica Roma, alla pretesa di supremazia razziale delle Olimpiadi di Berlino, fino alle attuali contaminazione che lo sport “puro” ha subito rispetto tematiche socialmente diffuse e affermate come quelle relative al benessere delle persona, all’entertainment, alla comunicazione e al business. Da tutto ciò non è difficile trarre, seppur nella sintesi di un breve saggio, una considerazione di fondo: il gioco – da qui in avanti lo sport – nella sua muliebre forma interpreta- tiva, non può non prescindere dalle relazioni tra individui o gruppi di essi, dagli spazi, ovvero i luoghi dove esso è praticato e da un fine, sia esso salutistico, sociale, politico oppure economico. Tutti questi elementi, nella concezione attuale, sono assolutamente integrati, quasi indissolubili in ogni forma di competizione sportiva. Analizziamo, ad esempio, le quattro tipologie di sport de- finite da Gianfranco Piantoni2 quali lo sport amatoriale, lo sport di localismo, lo sport ad alta intensità di business e gli sport di specializzazione. È evidente che ognuna di queste categorie è orientata verso forme di fruizione, in- tegrazione sociale e comunicazione tali da richiedere so- fisticati e complessi strumenti atti alla loro gestione. La Coppa America di Vela (specializzazione) e la corsa degli asini di Bereguardo (localismo) hanno la stessa matrice: molto complessa e sofisticata la prima, molto meno la se- conda ma entrambe necessitano di mezzi e di luoghi che devono possedere caratteristiche e peculiarità uniche. La stessa cosa si può affermare se si procede a classificazio- ni di sport basate su criteri differenti, con gli infiniti mix VALORIZZARE I VALORI 215 combinatori che ne conseguono. Prendiamo, ad esempio, il tennis: singolo o doppio; al chiuso o all’aperto; su terra, sintetico o erba; tra uomini, donne o misto; amatoriale o professionistico. Si possono creare infinitiformat , nei qua- li magari si modificano lo spirito e gli obiettivi ma non si altera il valore dell’integrazione e del luogo. Alfa, il calciatore di escrementi, ha tracciato inconsape- volmente una strada che, in tutte le diramazioni immagina- bili, è comunque riconducibile ai valori legati ai suoi com- pagni sfaccendati che esultano e alla radura circondata da acacie. Il cavaliere con l’armatura luccicante che lancia il suo cavallo davanti al palco reale incrociando l’avversario nella giostra medioevale secondo le regole dell’amor cor- tese, tende sostanzialmente a far spettacolo per incassare il suo premio: la gloria, meglio se accompagnata da un bacio dalla principessa. A volte, paradossalmente, è il pubblico stesso che riesce a esprimere un maggiore effetto spettaco- lare rispetto alla gara medesima: i vezzosi cappellini del- le signore ad Ascott, le fragole con panna a Wimbledon, il You’ll never walk alone ad Anfield3. Poi cosa sarebbe un test match degli “All Blacks” senza la “Haka” iniziale, oppure l’intervallo del Superbowl senza la rock star che catalizza tutti gli sguardi? Tali comportamenti, che costi- tuiscono lo spettacolo sia da parte di chi lo guarda sia da parte di chi ne è protagonista, sono tutti riconducibili al tema sociologico assai interessante che lo studioso Pierre Lafranchi definisce come «leggi dello spettacolo»4. Per Lanfranchi esse si possono così elencare: Identificazioni; Territorializzazione; Simbolizzazione; Ritualizzazione. Le identificazioni si definiscono rispetto ad una gamma molto variegata che si modula secondo gli habitus delle diverse categorie di spettatori: possono essere verso una città, una regione, con un’azienda attraverso lo stile e la composizio- ne della squadra; identificazione verso questo o quel tipo di giocatore secondo le sue specifiche qualità5, e infine verso il dramma costituito da una gara, dalla stagione di una squadra, dalla storia di un club. Territorializzazione e teatralizzazione: luogo di spettacolo di una pratica, lo stadio è anche luogo di uno spettacolo, quello offerto dal pubblico. Per la sua ampiezza e forma, tale spazio è uno dei pochi in cui una società all’altezza dei tempi moder- 216 Antonio Marchesi ni può darsi un’immagine sensibile della propria unità ma anche delle proprie differenziazioni. Si può senz’altro dire che la geografia sociale della città si proietta, gros- so modo, su quella dello stadio, con gli spazi suddivisi in tribune e curve, che contribuiscono all’espressione delle differenziazioni. Simbolizzazione: la trama drammatica, le caratteristiche agonistiche, il dispositivo strumentale, fanno dell’incontro di calcio un campo privilegiato per l’affermazione di un certo numero di valori, che i tifosi esprimono mediante forme rigorosamente ritualizzate. Ritualizzazione: si può, pur con i dovuti limiti, paragonare il rituale dello spettacolo di una partita di calcio e tutto quanto ne consegue, ad un rituale religioso. Ci sono una serie di elementi che li accomunano: la presenza di fedeli che esprimono il loro stato di effervescenza emozionale secondo una rigorosa codificazione gestuale e vocale; of- ficianti incaricati dell’esecuzione del sacrificio, con i quali i fedeli comunicano; un’organizzazione, il club, rigorosa- mente gerarchizzata, leggi valide per tutti; un calendario “liturgico” regolare e autonomo (in rapporto al calendario civile); una teatralizzazione dei rapporti sociali all’interno dello stadio6. Ritengo che uno degli interpreti più brillanti e significativi per tentare di comprendere tutto ciò sia lo scrittore Nick Hornby, in particolare nella trasposizione cinematografica del suo libro Febbre a 90°. Le riflessioni di Paul, il protagonista tifoso dell’Arsenal che abita a 100 metri dallo stadio di Highbury, forniscono con poche pa- role l’idea, la magia e allo stesso tempo la semplicità, che questo insieme di valori possono esprimere. «Ma ... non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro…E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazzisco- no e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio?»7. Dare valore ai valori dovrebbe essere il fil rouge sul qua- le impostare una nuova e realmente efficace politica per l’impiantistica sportiva. Questo può e deve naturalmente valere in termini generali, sia per la Coppa America che VALORIZZARE I VALORI 217 per la corsa degli asini. Facile a dirsi, assai più difficile da realizzare. Per intenderci sui termini, valore è un concetto del deside- rabile, esplicito o implicito, che distingue un individuo o caratterizza un gruppo, che influenza la selezione tra mo- dalità, mezzi e i fini d’azione possibili. I valori variano storicamente e geograficamente perché non appartengono al mondo assoluto delle idee, ma sono interconnessi alla realtà sociale. Come già accennato, il rapporto giocatore/ squadra/comunità/luogo dovrebbe trovare il punto di equi- librio massimo per esaltare il valore di ogni forma di sport; il luogo ove lo sport, qualunque esso sia, svolge in tutto questo un ruolo primario. Infatti, con un rapidissimo viaggio nel tempo passiamo dalla radura con le acacie del nostro scimmione, al pra- to dove era montata la giostra medioevale per giungere al luogo dove le cronache collocano la finale del primo campionato italiano di calcio: Genova, 6 gennaio 1898. In un prato vicino a Ponte Galliera, si incontrano e Internationale Torino. 22 giocatori, un arbitro, 292 spet- tatori, qualche addetto ai lavori e personale a vario titolo. Un evento unico per quei tempi. L’occasione per capire tante cose del contesto del tema che ci siamo dati è offerta da Gianni Brera che pubblica, nel suo libro8, il resoconto finanziario dell’avvenimento. Analizziamolo con spirito critico: 154 biglietti, 84 sedie noleggiate e 31 ingressi vari. Dalla descrizione si potrebbe evincere la creazione di zone differenziate per comfort e visione del campo però tutti gli ingressi del pubblico sono venduti allo stesso prezzo, 1 lira. Ha poco senso, oppure già allora prevaleva il senso del “chi se ne frega”, chi vuo- le venga, non stiamo a complicarci la vita? Già all’epoca lo Stato pretendeva la sua fetta. Poi 25 lire per tagliare l’erba? E altri 16 per sistemare il terreno? Anche in questo caso c’è invero poca logica, ma mai come il costo del tim- bro e del fischietto, che insieme sono 8 volte il costo del guardiano. Gli oneri della messa in funzione del campo inducono a pensare a una scelta casuale: uno spiazzo suffi- cientemente grande per giocare a calcio una sola volta, per poi lasciarlo per altre funzioni. I rinfreschi costano 1,4 lire. D’accordo che a Genova il giorno dell’Epifania non è il 218 Antonio Marchesi caso di rinfrescarsi troppo, ma non sembra che l’hospitali- ty fosse un sentimento caro agli organizzatori. Comunque bravi, perché alla fine il risultato finanziario dell’iniziati- va, grazie al puro dilettantismo dei protagonisti sportivi, risulta in attivo per oltre 100 lire. Oggigiorno, con una ge- stione così strampalata e con il costo dei giocatori al li- vello che conosciamo, quel medesimo risultato sarebbe di gran lunga in perdita. Cosa è cambiato da allora? Tanto e poco o nulla, dipende da che lato la si vuole guardare. Se ci si porta avanti nel tempo e osserviamo la cronaca del pri- mo dopoguerra, ci viene raccontato del progetto (rimasto fortunatamente sulla carta) di ampliamento dello stadio di San Siro. Lo fa tale Franco Brera su Tuttosport del 10 giu- gno 1949: «Capacità dello stadio: 150.000 posti a sedere, in piedi oltre 200.000. L’ampliamento è costituito da una serie di 126 portanti in calcestruzzo armato, che poggiano su una platea, pure in cemento armato, contigua all’anello esterno dello stadio e fiancheggiata da un condotto di dre- naggio che migliorerà le condizioni del campo di gioco […] Sono previsti 20 accessi per il pubblico, posti all’ini- zio di 20 rampe elicoidali in cemento armato intersecanti i portanti, lunghe 150 metri e larghe 2,50 metri». Nulla è trascurato: avranno posto anche i rivenditori di bruscolini e noccioline americane e soprattutto innumere- voli spettatori, dato che i margini di sicurezza per il carico sono larghissimi. Ho voluto citare questi esempi, voluta- mente provocatori per ribadire come in cinquant’anni l’ap- proccio e il modo di pensare rispetto al rapporto luogo/co- munità sia cambiato poco o nulla. Si immettono tonnellate di calcestruzzo al posto delle sedie numerate e poco altro. L’unica differenza è di carattere quantitativo: da circa 300 spettatori a 200.000 mila e l’hospitality passa da un misero rinfresco da 1,4 lire ai bruscolini e alle noccioline ameri- cane. Giusto per attrarre le scimmie, come nel Pleistocene. Con il campionato mondiale di calcio 1990 si sono rea- lizzati nuovi impianti e migliorate alcune strutture, ma il concept di fondo non è cambiato: lo stadio è rimasto, nella sua percezione così come nella sua effettiva materializza- zione, un enorme manufatto di cemento, accessibile per pochi e coraggiosi fans, chiuso verso l’esterno e concluso verso se stesso, in una sorta di implosione sociale. Da al- VALORIZZARE I VALORI 219 lora il mondo si è evoluto a livello esponenziale ma molti hanno pensato che lo sport di casa nostra fosse immune da tutto ciò. Un’eclissi totale della visione politico-strategica nei confronti di uno dei settori più socialmente rilevanti del paese. C’è stato e c’è un progressivo mutamento del modo di pensare, di consumare, di alimentarsi e di divertirsi nel- la popolazione in tutti i paesi. Fino alla metà degli anni Novanta questo cambiamento è stato lento e impercetti- bile. La comunità sportiva, sia attiva sia passiva, aveva abitudini consolidate rispetto al tempo degli hobby a cui dedicarsi attraverso forme associative e sociali quasi ecu- meniche. Tanta prevedibile routine. Infatti il tempo libero si sfruttava: con ritualità sociali (gli amici, il cinema, la pizzeria, le gite familiari), con atteggiamenti atti ad espri- mere e confermare il proprio status socio-economico (boc- ce/tennis/golf), con una gestione, sebbene frutto di libera scelta, prevalentemente preconfezionata da altri, ripetitiva e abitudinaria. La partita allo stadio oppure alla TV, rientrava nella cate- goria delle ritualità sociali, a cui aderire secondo modalità di partecipazione e fruizione codificata e standardizzata, appunto passiva. Sempre alla stessa ora e allo stesso gior- no: la Messa, il pranzo in famiglia e la partita. Le dinami- che evolutive degli anni più recenti hanno profondamente ridefinito gli schemi e la fruizione. Infatti, oggi si manife- sta una fortissima esigenza di valorizzazione del tempo li- bero che si esprime: nella ricerca di emozioni intense, gra- tificanti, proattive e nei limiti del possibile, personalizzate, in un arricchimento fatto da esperienze uniche (non più riti da ripetere), nella ricerca di valori e intensità, nell’utilizzo di uno o più strumenti multimediali anche per le attività più semplici. Se l’approccio passivo poteva consentire allo sport-maker di seguire una strategia di marketing pull (io sono qui, se vuoi vieni tu dove il cliente viene in quanto tifoso fi- delizzato), le nuove tendenze obbligano al ribaltamento dell’approccio, attraverso una dinamica push, vale a dire la massimizzazione degli sforzi per mantenere il pas- so con i cambiamenti di valori e con le nuove forme di concorrenza. Ogni sport deve combattere e adeguarsi per 220 Antonio Marchesi mantenere le attuali quote di mercato e per conquistarne di nuove, ovvero per trovare aree di offerta non coperta dalle proposte globali che l’industria di riferimento offre. È il luogo13 che incarna i valori, le emozioni, la qualità dei servizi e le possibilità di integrazione diventa pertan- to fondamentale. Non mi basta l’emozione del goal del- l’“Hooliganopiteco”, voglio viverla in modo particolare, condividerla con altri, commentarla e consumarla in una struttura che mi faccia sentire speciale. L’obiettivo, quin- di, è quello di creare un luogo con un suo spirito, i suoi ru- mori, una specifica e forteidentità , adatto a svolgere quei servizi che meglio identificano i bisogni e le moderne necessità che elevano la qualità della vita dell’uomo con- temporaneo. Un posto dove si sta bene, dove ci si ritrova, dove ci si identifica e non si esclude, dove si comunica e si può condividere, come il quartiere dove siamo nati e cresciuti. Le strade, i rumori, la gente, i giardinetti, il bar degli amici. In due parole, si dovrebbe aspirare alla crea- zione del moderno genius loci. In architettura con questa locuzione si intende individuare l’insieme delle caratte- ristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio e di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città. Un termine quindi trasversale, che riguarda le caratteristiche proprie di un ambiente fisico, relazionate con elementi antropologici, culturali, identitari attraver- so i quali l’uomo, con le sue abitudini e tradizioni, vive l’ambiente stesso. Si vuole indicare il carattere di un luo- go. Il prato e le acacie di Alfa avevano un genius loci. Molti degli impianti sportivi italiani paiono, al contrario, concepiti secondo concetti assai lontani rispetto a quello appena descritto. È evidente che il genius loci non lo si crea in un giorno e non lo si può definire tantomeno a tavolino. In questa sede si vuole solo affermare come nel progetto di un nuovo impianto sportivo, e di uno stadio in particolare, i temi del luogo e del genius loci vanno presi in considerazione fin dalla definizione del concept progettuale e vanno strategicamente creati i presupposti tecnici, logistici e culturali affinchè ciò possa avvenire. Il modello che segue traccia il processo seguito in recenti esperienze per delineare il concept di base su cui costru- ire un progetto di impianto sportivo rispondente ai con- VALORIZZARE I VALORI 221 cetti esposti. Infatti, tra i primi elementi di input vengono previlegiati i valori che devo trasferire al progetto. Si noti che la scelta del luogo è, per coerenza, conseguenziale al processo di elaborazione degli input nella centrifuga del modello di business. I paradigmi per elaborare questo concept non sono na- turalmente uguali per tutti e vanno contestualizzati. Una linea generale può comunque essere ricondotta alla consi- derazione e alla valutazione di questi elementi: Interattività: attraente, divertente, sorprendente; Innovazione: multimediale, convergente, flessibile, su mi- sura; Sostenibilità: ambientale, sociale, economica, crea lavoro; Comunicazione: globalità, piattaforma visibile e riconoscibile, amplifica il valore del brand; Integrazione: esalta i valori del territorio e della città, si inserisce, non è staccato; Diversificazione: innova continuamente, sor- prende, attrae, fornisce energia; Relazione e apertura ver- so la città: ne fa parte, comunica, è aperto a tutti; Socialità: aggrega e non divide, è la casa, trasmette valori e cultura; Benessere: ti devi sentir bene, esperienza positiva, sicurez- za; Facilità: biglietti, servizi, logistica, indicazioni, per- corsi, raggiungibilità; Iconicità: orgoglio cittadino, non puoi non vederlo, leva turistica. Una breve frase di Eugenio Montale per concludere: «Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia»15. Appunto, lo stadio dovrebbe trasmetterci quella magia che ognuno di noi per- cepiva da bambino nel luogo dove siamo cresciuti e dove abbiamo tirato i primi calci al pallone o giocato alla lippa.

1 Apparso in lingua tedesca ad te culturale, non nuova ai discorsi Amsterdam nel 1939 e pubblica- dell’antropologia culturale di que- to in Italia nel 1946, Homo ludens sto secolo, ma cosí nettamente al- tratta di due concetti che a noi oggi ternativa rispetto ai principi delle sono familiari ma che allora dove- filosofie idealistiche della storia. vano suonare abbastanza provoca- Apparentata ai suggerimenti del tori: una nozione di cultura come positivismo, da Spencer all’estetica complesso di fenomeni sociali “sociologica” di Lalo, la nozione di di cui fan parte a pari titolo l’arte gioco come costante dei comporta- come lo sport, il diritto come i riti menti culturali affascinava se non funerari, e una nozione di invarian- altro perché era oltraggiosa: aveva 222 Antonio Marchesi tutta l’aria di uno pseudoconcetto cio: idee a confronto, atti del conve- che prendeva violentemente il po- gno, Milano, 18 dicembre). tere insediandosi nel Palazzo d’In- 6 Il pre-partita, il durante e il do- verno sino ad allora alteramente po-partita è vissuto intensamente abitato dall’Estetica, dalla Teoreti- dai tifosi; una ricerca su un cam- ca, dall’Etica e dall’Economia» (U. pione di tifosi dell’OM, squadra Eco, «Homo ludens oggi» in J. Hui- principale di Marsiglia, effettuata zinga 2002, Homo Ludens, Einaudi, a metà degli anni Ottanta, mostra Torino, pp. IX-X). come già due giorni prima del 2 Piantoni G., 1999, Lo sport tra match c’è grande attesa e interesse agonismo, business e spettacolo, attorno alla partita. Se questo avvie- ETAS, Milano. ne in Francia, sicuramente ancora 3 Ci si riferisce alla canzone di- più sentito è l’evento spettacolare venuta anche inno ufficiale della in Paesi come l’Inghilterra e soprat- squadra di calcio inglese del Li- tutto l’Italia. Questo concetto della verpool che ha ispirato il titolo del ritualizzazione dello spettacolo libro: De Biasi R., 1998, a cura di, sportivo sottolinea come lo stadio You’ll Never Walk Alone. Il mito del potrebbe materializzarsi come un tifo inglese, Shaka, Milano. luogo in cui ospitare e masse di ti- 4 Lanfranchi P., 1992, a cura di, Il fosi anche due giorni prima dell’ef- calcio e il suo pubblico, Scientifi- fettivo svolgimento della partita e/o che Italiane, Napoli, 1992. fino ai due giorni successivi. 5 Ricerche nel campo del marke- 7 Hornby N., 1992, Fever Pitch, A ting applicato alle società sportive Fam’s Life, (trad. it 1997, febbre a di calcio, affermano l’idea «di cre- 90, Guanda, Melano) are, proprio a partire dal concetto 8 Brera G., 1976, Storia criti- di identificazione, delle figure di ca del calcio italiano, Bompiani, spicco all’interno dello spettacolo Milano. calcio, quelle che si definiscono All 9 Marchesi A., 2016, Un luogo Stars. Figure che nello sport iper- chiamato stadio: i teatri dello sport spettacolare degli Stati Uniti sono tra divertimento, aspetti sociali, canonizzate ormai da decenni, e che tecnologia e business, Maggioli, servono proprio per una maggio- Santarcangelo di Romagna. re personalizzazione della volontà 10 Montale E., 1987, Trentadue identificatrice dei singoli spettatori» variazioni, Libri Scheiwiller, Mila- (Slack J., 2001, Gli scenari del cal- no, p. 80. 223

QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI Scenari di organizzazione, gestione e controllo di Media Marketing attraverso l’evoluzione del Ticketing Fabio Verga

Nel mondo degli eventi sportivi e dell’intrattenimento in generale, l’applicazione di tecnologie evolutive legate al ticketing, ovvero l’utilizzo dei media nel controllo degli accessi, è in rapida evoluzione. Il concetto di biglietto, utilizzato solamente come stru- mento di controllo accessi, è ormai largamente superato: è un uso limitato destinato a lasciare spazio a qualcosa di più ampio, che può essere riassunto come media marke- ting. Il tagliando è uno strumento di accezione comune an- che nell’immaginario collettivo. È utilizzato da milioni di persone e, con esso, si sviluppano moltissimi aspetti quali la sicurezza, l’economia e lo sviluppo del marketing. Il tema del ticketing racchiude innumerevoli possibilità oc- cupazionali: si riferisce a un settore che sta conoscendo un forte sviluppo grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie – il Social Media Marketing1, ad esempio – che ne hanno ampliato le frontiere di crescita. Per analizzare gli scenari di sviluppo è opportuno utilizza- re la definizione di “titolo d’accesso”, anziché quella tradi- zionale di “biglietto”. Il concetto di biglietto è strettamente legato alla presenza fisica di un pezzo di carta, mentre il titolo d’accesso è legato al concetto di media e di virtuale, che mantiene lo scopo di controllare l’accesso delle perso- ne a determinati eventi sviluppando, in parallelo, una serie di altre funzioni. Il titolo d’accesso comprende principal- mente tre funzioni: il corrispettivo economico, i servizi per gli utenti, la sicurezza. Per corrispettivo economico si intende una funzione di vali- dazione d’accesso utile al gestore per incassare la cifra pagata dallo spettatore che vuole assistere a un determinato evento. I servizi per gli utenti includono sia il possesso di un titolo d’accesso (che apre le porte a una serie di benefici, come 224 Fabio Verga la garanzia di poter fruire dell’evento), sia la garanzia del posto assegnato. Rientra in questa categoria anche la pos- sibilità di acquistare il biglietto in prevendita on-line2. Per sicurezza, si intende la corrispondenza esatta tra il numero di persone giunte all’evento e la quantità di per- sone ammesse per legge. Si tratta di una condizione in- dispensabile al fine di consentire al pubblico di godere dello spettacolo senza correre rischi. La storia, purtroppo, insegna che la mancata corrispondenza può causare tra- gedie. Un esempio nefasto in tal senso è costituito dalla finale di Coppa dei Campioni di calcio del 1985: allo sta- dio Heysel di Bruxelles, prima dell’inizio della partita tra Juventus e Liverpool, persero la vita 39 persone3. La tra- gedia fu causata principalmente da un problema di gestio- ne del sistema di ticketing: non furono installati sistemi per determinare il numero d’ingressi attraverso i cancelli, con il conseguente sovraffollamento di determinati settori. Un piccolo scontro tra tifosi si trasformò in un massacro. Più recentemente, nel 2010, è stata sfiorata una tragedia analoga durante l’amichevole (con ingresso gratuito) tra Nigeria e Corea del Nord svoltasi nello stadio Makhulong, a Johannesburg (Sud Africa). La frettolosa organizzazione ha provocato gravi mancanze nella gestione del ticketing. Diverse migliaia di persone, sprovviste di titolo d’acces- so, si presentarono agli ingressi causando forti disagi4. L’organizzazione del ticketing è perciò azione fondamen- tale in quanto comprende la gestione della sicurezza degli eventi e degli impianti che li ospitano. In Italia l’attività di ticketing è legata, causa le normative vigenti in materia, a un’altra funzione: quella di garantire all’erario la certezza dell’incasso dei corrispettivi previsti per legge. Il settore del pubblico spettacolo è uno dei rari esempi italiani nel quale il livello di evasione fiscale è trascurabile e quasi prossimo allo zero. Tale sistema di contabilità, in Italia, è fondato su una serie di normative in grado di garantire, in maniera matematica e inoppugnabile, la corrispondenza tra il numero di titoli d’accesso venduti e il prezzo di ven- dita. Una corrispondenza registrata dall’erario che incassa delle percentuali stabilite per legge sugli eventi di pubbli- co spettacolo e intrattenimento. Purtroppo, a causa della debolezza normativa, in presenza di leggi a volte anche in QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI 225 contrasto tra loro, l’applicazione pratica del sistema non risulta facile. A ogni categoria di spettacolo è associata una precisa aliquota IVA che varia da evento a evento (musei, cinema, concerti)5. Un evento aperto al pubblico nel quale si paga l’ingresso, implica che una quota dei soldi pagati da ogni singolo spettatore debba essere versata all’erario. Al fine di garan- tire la certezza di ottenere tale introito e per impedire ogni tipo di frode l’Agenzia delle Entrate impone per legge l’utilizzo di “sistemi di emissione certificati”. Sono siste- mi di emissione conformi a una serie di parametri defini- ti elettronicamente, sviluppati dalla stessa Agenzia delle Entrate, che permettono di registrare ogni singola opera- zione elaborata dal sistema. Successivamente alla verifi- ca di conformità, vengono rilasciate delle smartcard6 al soggetto giuridico che si sottopone alla certificazione. I tecnici della società che vogliono certificare il software devono presentare all’Agenzia delle Entrate la documen- tazione per capire se il sistema presenta delle eventuali lacune che permetterebbero l’emissione di biglietti ov- viando il sistema di registrazione. Nel momento in cui il sistema supera tale tipo di controllo, riceve la certificazio- ne necessaria e le smartcard rilasciate all’ente vengono inserite e registrate nel server centrale dell’Agenzia delle Entrate. Da allora in poi è possibile utilizzare tale siste- ma per l’emissione di titoli d’accesso. Quando l’incasso passa attraverso un sistema certificato di emissione, ogni operazione è registrata e si calcola l’imposta dovuta all’e- rario, garantendo la tassazione dell’attività. Ci si doman- da perché esistano aziende quali ad esempio “Ticketone”7 e non succeda, al contrario, che ciascun organizzatore si crei il proprio sistema di emissione certificato: ciò è dovu- to al fatto che il sistema di emissione, a livello di softwa- re, gestione e reportistica, risulti estremamente complesso e, dal punto di vista economico, sia molto più semplice acquistare in licenza un sistema di emissione certificato piuttosto che crearne uno proprio. Si sono quindi svilup- pate, in Italia e nel resto del mondo, delle società di ticke- ting8 che vendono ai grandi organizzatori di eventi la li- cenza d’uso del software certificato con il quale è emesso il titolo d’accesso. 226 Fabio Verga

La Remote Frequency IDentification

In Italia il mancato sviluppo del concetto di customer sati- sfaction9 del cliente legato al ticketing ha avuto come con- seguenza il non aver elaborato efficaci servizi accessori per l’utente. Nel caso di entrata in parco a tema, pagando l’in- gresso abbiamo diritto solamente all’entrata: ogni cosa che acquistiamo all’interno dobbiamo pagarla separatamente. Per quanto concerne il marketing questo è un aspetto pe- santemente negativo in quanto non favorisce il consumo. Negli impianti per lo sport e l’intrattenimento degli altri paesi la tendenza è quella di spingere il cliente, magari in- consapevolmente, a spendere maggiormente. Eticamente tale azione è diversa dall’aumentare i prezzi, in quanto non esiste alcuna costrizione: i sistemi legati all’RFID (Remote Frequency IDentification10) e all’uso del ticketing come un media marketing, permettono il fare una libera scelta nel caso si voglia e possa spendere di più. Questo sistema è stato sviluppato inizialmente negli Stati Uniti e nei paesi medio-orientali. L’esempio più eclatante in questo campo è la Walt Disney Company che adotta tali sistemi in tutti i suoi parchi a tema. Un altro esempio riguarda gli ingressi al parco acquatico Yas Waterworld ad Abu Dhabi11, dove è possibile caricare una cifra in denaro su un braccialetto RFID, che al tor- nello scarica il costo dell’ingresso e che successivamente scala il pagamento di ciò che viene acquistato all’interno del parco. Parte del valore immagazzinato può essere rim- borsato all’uscita. Nella Johan Cruijff Arena, ad Amsterdam, si utilizza questo sistema per i pagamenti all’interno della struttura (food/beverage), dove non è possibile pagare in contanti. L’introduzione di queste tecnologie di ticketing apre a mol- teplici possibilità di sfruttamento in termini commerciali e di marketing degli eventi legati allo sport e allo spettaco- lo. In sostanza, si tratta del concetto di carte prepagate, a cui sono associate politiche di sconto legate al valore delle carte medesimo. L’Arena Advisory, ad esempio, so- cietà che gestisce la Johan Cruijff Arena, ad Amsterdam,, ha registrato incrementi del 70% nei consumi grazie al sistema delle carte prepagate e ai seggiolini delle tribune QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI 227 dotati RFID. In questo stadio la quasi totalità dei settori è provvista di sedili contenenti chip RFID che sono asso- ciati agli abbonamenti o ai biglietti occasionali. Il titolo d’accesso contiene lo stesso chip che all’avvicinamento/ allontanamento del fruitore fa abbassare/alzare il sedile. Questo semplicissimo sistema ha portato a un aumento del consumo di food/beverage perché si ha la certezza di ritro- vare il proprio posto. Con questo sistema è possibile asso- ciare servizi particolari al titolo d’accesso (ad esempio gli armadietti oppure il noleggio passeggino12) oltre alla cifra a scalare per effettuare acquisti all’interno della struttura. Da un punto di vista emotivo esiste un’enorme differenza tra l’aumentare il costo del biglietto fornendo benefici, e i sistemi basati su questo tipo di carte che offrono la possi- bilità di associare configurazioni e pacchetti differenziati di servizi in base ai differenti segmenti di utenza, con alti livelli di personalizzazione on-demand 13.

Il controllo degli accessi

Un secondo aspetto funzionale da conoscere è quello del controllo accessi. A valle dell’emissione è necessario che i titoli di accesso siano controllati o validati. Il sistema più semplice è quello utilizzato al cinema: c’è un modello certificato che registra le operazioni e successivamente un addetto strappa fisicamente il biglietto. Questo è possibile perché il flusso di persone è molto limitato (200-300 per- sone); nessun parco a tema, , stadio potrebbe utilizzare questo sistema di controllo per effetto della mole di spettatori e per la sua facile eludibilità. Tutti i grandi impianti utilizzano un sistema di controllo accessi che autorizza i titoli di accesso validi, avendo il ruolo di antifrode, nonché di sistema di sicurezza. Il titolo valido è annullato dopo l’accesso. I sistemi della “tessera del tifoso”14 e del “DASPO”15, ge- nerano le cosiddette white e black list, appoggiandosi a sistemi di controllo in grado di impedire gli accessi indesi- derati. L’annullamento del titolo d’accesso dopo l’ingresso può sembrare una banalità: in realtà i biglietti validi per più giorni sono provvisti di algoritmi che li rendono validi 228 Fabio Verga per l’ingresso solo per un determinato giorno, bloccando pratiche di illecito riutilizzo che potrebbero avvenire all’e- sterno. In termini di funzionalità, gestione degli spazi e progettualità della localizzazione e tipologie dei diversi gates, anche e soprattutto per quanto riguarda la pianifi- cazione dei flussi di persone, questi risultano essere temi molto importanti. Il grande sviluppo del futuro è costituito dalla “smateria- lizzazione del titolo d’accesso” – concetto introdotto attra- verso un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 4 marzo 200816 – che ha permesso la liberalizzazione della smaterializzazione del titolo d’accesso, fino a quel mo- mento non prevista. Con tale provvedimento è legalmente possibile smateria- lizzare il titolo d’accesso, legato a un’entità digitale. Il si- stema che emette questi titoli possiede una regolare certi- ficazione presso l’Agenzia delle Entrate. Il palmare di cui sono dotati i controllori del treno, ad esempio, è un sistema di controllo d’accesso certificato: il biglietto è validato/an- nullato e Trenitalia paga le tasse corrispondenti all’introito riscosso. Tale tecnologia consente di sviluppare ulteriori approcci legati al marketing del ticketing. Risulta quindi oggi possibile vendere biglietti in cui è compreso il caffè: una bevanda che, prepagata, costerebbe 90 centesimi invece di 1 euro, se fosse escluso. Dal punto di vista di chi eroga i servizi è un vantaggio: per ogni titolo si incassano 90 centesimi in più, oltre all’acquisto del bi- glietto. Si crea il cosiddetto cash flow positivo: nelle casse entra il corrispettivo di un caffè in anticipo, utilizzabili per creare flussi finanziari di investimento e per avere inte- ressi attivi. È solo un semplice esempio per comprendere meglio le possibilità che gli strumenti di ticketing sono in grado di offrire, utilizzando tecnologie in linea di massima semplici e già largamente diffuse in altri settori. I due sistemi si possono così riassumere: il sistema di con- trollo accessi e il sistema di emissione del titolo d’accesso. La modalità più semplice si ha nel caso in cui il sistema di controllo accessi e il sistema di emissione sono gesti- ti contestualmente in un sistema integrato: ad esempio, per lo stadio di San Siro a Milano, utilizzato da entram- be le società dell’Inter e del Milan, si sfrutta un sistema QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI 229 di emissione certificato che è un tutt’uno con quello di controllo accessi. Al contrario, nell’autodromo di Monza, dove ogni anno si disputano eventi diversi come gare di Formula 1 e Superbike rispettivamente gestite da F.I.A17 e FG-GROUP18, il posto in cui si svolge l’evento è il me- desimo ma non necessariamente i sistemi di emissione e controllo sono i medesimi. È necessario che il circuito di Monza e gli organizzatori che usano il circuito facciano certificare all’Agenzia delle Entrate il dialogo tra i due si- stemi, che deve essere garantito sia per lo spettatore, sia per l’erario. In caso contrario, si creerebbe il paradosso che i titoli emessi da un sistema non siano compatibili con l’al- tro o che il sistema di controllo accessi non sia in grado di dialogare con il sistema di emissione. Nel momento in cui il sistema sia unico o il bridge (dialogo d’interfaccia tra due sistemi differenti) sia certificato, il dialogo con l’Agenzia delle Entrate diviene possibile.

Le normative specifiche per gli stadi per il calcio e la smaterializzazione del titolo di accesso

Il calcio, in Italia, come in molti altri paesi dell’Unione Europea, ha una peculiarità importante: è lo spettacolo sportivo più diffuso per numero di spettatori che acqui- stano titoli d’accesso, che siano essi biglietti singoli o ab- bonamenti. Si parla quindi di normative specifiche per il calcio e alcune di esse risultano assai interessanti rispetto ai temi trattati in questa raccolta di saggi. Tutto nasce nel 2007 come conseguenza di un fatto tragico e delittuoso: l’assassinio dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti durante una partita di calcio a Catania. A valle di tale episodio sono stati emanati una serie di provvedimenti allo scopo di contrastare fenomeni di violenza endemici negli stadi. Si è quindi provveduto ad emanare una spe- cifica normativa – il DM. 15/8/200919 – che ha introdotto l’obbligatorietà dei biglietti nominali e il sistema di rico- noscimento legato alla tessera del tifoso. Scopo principale dell’articolato normativo è quello di non permettere più la vendita del biglietto a soggetti interdetti all’ingresso allo stadio, i cosiddetti DASPO; grazie alla introduzione del 230 Fabio Verga biglietto nominativo è stato possibile stilare la lista dei soggetti da inserire nelle black-list. La norma risulta incompleta causa un conflitto giurisdizio- nale tra il D.M. citato e la normativa italiana in base alla legge sulla tutela dei dati sensibili, più comunemente nota come legge sulla privacy, la quale specifica che le società private (come tutte le società sportive) non possono acce- dere ai dati del casellario giudiziario dei singoli cittadini. È lecito perciò domandarsi: come fa una società sportiva a inserire nella black-list i nomi di coloro che sono soggetti a DASPO senza poter accedere al casellario giudiziario? Ad oggi, in Italia, tutte le Prefetture forniscono alle società sportive gli elementi dei “daspati” compiendo una palese violazione della legge. Adempiono alla normativa sulla si- curezza negli stadi ma al contempo violano la legge sulla protezione dei dati sensibili. Quando emerse il problema si cercò una soluzione istituendo, con il DM. 15/8/2009, il server centrale del centro elaborazione nominativi della Polizia di Stato. Con questo database tutti i sistemi di emis- sione certificati devono obbligatoriamente interfacciarsi con il server centrale verificando il nominativo dell’acqui- rente del titolo d’accesso, purtroppo la realizzazione di que- sto strumento è rimasta a livello di dichiarazione d’intenti e non si è mai tradotta in un’attuazione pratica, con il risultato di lasciare le problematiche in un limbo che dura tutt’oggi. Il passo successivo è stato compiuto istituendo la “Tessera del tifoso”, resa obbligatoria per chi vuole acquistare un abbonamento o per chi vuole vedere una squadra in tra- sferta nel settore ospiti. A differenza del decreto sopra ci- tato, la tessera ha avuto conseguenze assai positive – pa- radossalmente non per ciò per cui era stata concepita – in quanto per la sua progettazione è stato necessario definire la normativa sulla smaterializzazione del titolo d’accesso. Il “Telepass” è il più classico degli esempi di smaterializ- zazione del titolo d’accesso: è uno strumento di schedatura perfetto, ma non ha suscitato le stesse polemiche che su- scitò l’introduzione della tessera del tifoso. Tali strumenti introducono enormi vantaggi, ma hanno il limite di creare una mole di dati sensibili sulla persona, suscitando rifles- sioni sul tema più generale della privacy e sull’opportunità di diffondere dati sensibili personali. QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI 231

In generale, il sistema mira a sviluppare il concetto di customer care. In Italia tale visione ancora non è consoli- data: una volta pagato l’ingresso, il rapporto del gestore/ organizzatore con il cliente è concluso. I sistemi descritti rendono, al contrario, la logica di customer care assoluta- mente possibile e facilmente realizzabile tramite l’estra- polazione di dati singoli, anche mediante la conoscenza dei gusti del cliente (social media marketing). Per torna- re all’esempio di possibile utilizzo, se un cliente duran- te le manifestazioni sportive consuma sistematicamente caffè, si può dedurre che ne è un consumatore abituale: con tale logica è possibile intrecciare relazioni di tipo commerciale e di sponsorizzazioni basate sullo scambio d’informazioni delle preferenze. Ovviamente il limite tra opportunismo e uso virtuoso dei dati personali, a fini di soddisfazione del cliente e sviluppo commerciale, è mol- to sottile.

Conclusioni

Le tecnologie e gli approcci commerciali legati al ticketing sono destinate, nell’arco dei prossimi dieci anni, a cam- biare il modo di fruizione a un evento rivisitando profon- damente il rapporto tra spettatore e spettacolo, tra utente e struttura ospitante. Non solo rispetto alla fruizione delle grandi infrastrutture – stadi o palazzetti – ma anche rispet- to a tutti i luoghi di socializzazione della città contempo- ranea: università, stazioni, aeroporti, musei. L’obbiettivo, utopico ma non troppo, è quello di creare una sorta di spet- tacolo personalizzato per ogni singolo spettatore che da passivo diventa attivo smettendo di costituire un semplice numero stampato sul biglietto e sul seggiolino per diven- tare, a tutti gli effetti, un soggetto conosciuto con i suoi gusti, le sue preferenze e le sue abitudini. L’Italia denota ancora un ritardo piuttosto pronunciato nel- la definizione di queste infrastrutture digitali e virtuali di supporto all’evento. Anche per il nostro paese costituirà un passaggio obbligato e inevitabile per non perdere troppo terreno rispetto a realtà tecnologicamente e commercial- mente più evolute. 232 Fabio Verga

1 Il Social Media Marketing è per iniziare la gara, migliaia di ti- quella branca del marketing che fosi, per lo più nigeriani, si sono si occupa di generare visibilità su accalcati ai cancelli e hanno cercato social media, comunità virtuali e di entrare senza biglietto. La partita aggregatori 2.0. Il Social Media è poi ripresa regolarmente» (www. Marketing racchiude una serie di repubblica.it). pratiche che vanno dalla gestione 5 Per alcuni di essi è tuttavia dif- dei rapporti online (PR 2.0) all’ot- ficile stabilire la finalità: per esem- timizzazione delle pagine web fat- pio, nel caso degli Harlem Globe- ta per i social media (SMO-Social trotters, non è chiaro se si tratta di Media Optimization). Il termine è intrattenimento per famiglie o di un comunemente usato per indicare la evento sportivo. gestione della comunicazione inte- 6 La smartcard è un dispositivo grata su tutte le diverse piattaforme informatico a microprocessore uti- che il Web 2.0 ha messo e mette lizzato per servizi di identificazione continuamente a disposizione (siti in grado di elaborare e memorizzare di social networking, foto video e dati di vario tipo ad alta sicurezza. slide sharing, comunità 2.0, wiki, 7 Con diversi milioni di bigliet- ecc.). La caratteristica di queste ti commercializzati attraverso la piattaforme è che la proprietà delle propria piattaforma multicanale, stesse non è dell’azienda (o per- TicketOne operativa dal 1998, è sona) che intende instaurare tali la prima società leader in Italia relazioni. Il fine del Social Media nel settore dei servizi integrati di Marketing è quello di creare con- ticketing, e-commerce e marketing versazioni con utenti/consumato- per eventi di musica, culturali e ri. L’azienda, attraverso il proprio sportivi. corporate blog o siti di social net- 8 In Italia, tra le più note aziende working, è infatti abilitata a una di ticketing e di vendita online di relazione 1:1 che avvicina mittente biglietti per qualsiasi tipo di evento e destinatario. Un esempio comune come sport, cinema, teatro, concer- di Social Media Marketing è l’azio- ti, conferenze, ecc., troviamo le se- ne di marketing virale che si com- guenti: TicketOne, Vivaticket (Best pie su YouTube o altri siti di video Union Company), ticket.it, mailti- sharing. cket, ticketclick.it, ticketitalia.com, 2 Creando paradossalmente il fe- e altri. nomeno della coda on-line. 9 Il termine indica nell’ambito 3 La strage dell’Heysel è una tra- dell’economia l’insieme di metodi gedia avvenuta il 29 maggio 1985, e modelli per la rilevazione del gra- poco prima dell’inizio della finale do di soddisfazione della clientela. di Coppa dei Campioni di calcio 10 Con l’acronimo RFID (dall’in- tra Juventus e Liverpool allo stadio glese Remote-Frequency IDentifi- Heysel di Bruxelles, in cui moriro- cation) identifica le tecnologie per no 39 persone (di cui 32 italiane) e l’identificazione automatica di dati altre 600 rimasero ferite. da etichette elettroniche (tag o tran- 4 «Lo stadio Makhulong, a Jo- sponder) mediante radiofrequenza. hannesburg, dove sono avvenuti gli 11 Il p-arco acquatico Yas Wa- incidenti, ha una capienza di 10.000 terworld di Abu Dhabi, si trova posti a sedere, che sono rimasti in accanto al Ferrari World e al centro buona parte liberi. Quando stava del complesso di intrattenimento di QUALITÀ E SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI 233

Yas Island, ed è il più grande parco 15 Il DASPO (acronimo di Divie- acquatico della capitale. Si sviluppa to di Accedere alle manifestazioni su 15 ettari, è caratterizzato da una SPOrtive), è una misura prevista gamma emozionante di 45 giostre, dalla legge italiana al fine di con- scivoli e attrazioni. Il tema di Yas trastare il crescente fenomeno della Waterworld si basa su una leggen- violenza negli stadi di calcio. Fa ri- da che rappresenta la cultura degli ferimento all’art. 6 della Legge n. Emirati Arabi e del patrimonio 401, 13/12/1989 (divieto di accesso locale. ai luoghi ove si disputano manife- 12 Servizio che, ad esempio, è for- stazioni sportive-DASPO). nito nel Ferrari World Abu Dhabi, 16 In data 4 marzo 2008, l’Agenzia il primo parco progettato con temi delle Entrate, ha varato il provvedi- connessi alla Ferrari; contiene una mento n. 2008/22799 (c.d. smate- pista, un teatro, 20 attrazioni, il rializzazione del titolo) “Disciplina cinema 3D, la galleria delle auto delle modalità̀ di controllo accessi storiche, la riproduzione del pad- automatizzato per i titoli di accesso dock e l’Italia in miniatura. Il parco emessi anche in forma digitale e di accoglie il Formula Rossa, il roller trasmissione telematica dei docu- coaster più veloce al mondo; rag- menti riepilogativi dei sistemi di giunge infatti i 240 km/h in meno emissione e di controllo accessi”, di 5 secondi. Il parco è di proprietà grazie al quale è possibile, tramite di Aldar Properties, la compagnia l’introduzione dei titoli digitali, snel- principale di sviluppo di Abu Dha- lire i tempi di acquisto dei biglietti e bi. Farah Leisure Parks Manage- velocizzare l’afflusso del pubblico ment LLC, una joint-venture tra attraverso il “dialogo” con i sistemi Aldar Properties PJSC e ProFun informatici posti ai varchi di accesso. Management Group Inc. (strutture 17 La F.I.A. Fédération Interna- internazionali di divertimento) che tionale de l’Automobile, è una fe- gestirà il Ferrari World Abu Dhabi. derazione di circa 150 Automobile 13 La reattività di questi sistemi, Club di oltre 100 Paesi del mondo, per quanto riguarda il marketing, in rappresentanza di quasi 100 mi- è infinita: se occorre pubblicizzare lioni di automobilisti. un nuovo ristorante all’interno di 18 Il GRUPPO-FG è stato fondato un parco a tema, all’ingresso viene nel 1975, specializzata nei setto- caricato sulla card RFID un coupon ri dello sport, eventi (creazione e con il 50% di sconto in quel risto- organizzazione), il marketing e la rante, e in qualunque momento è comunicazione, oltre a fornire si- possibile togliere o aggiornare le stemi architettonici, di ingegneria e promozioni in maniera flessibile e servizi tecnologici. In oltre 35 anni veloce. di esperienza, il GRUPPO FG ha 14 La “tessera del tifoso” è uno creato più di 1.000 programmi in 5 strumento di fidelizzazione e iden- continenti, con oltre 30 milioni di tificazione introdotto dalle società spettatori paganti. di calcio italiane a partire dal cam- 19 DM. 15/8/2009, “Accertamen- pionato 2010-2011, al fine di rende- to, da parte delle questure, della re più trasparente il rapporto con i sussistenza dei requisiti ostativi al tifosi e garantire maggiore sicurez- rilascio di accesso ai luoghi ove si za negli stadi. svolgono manifestazioni sportive”.

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SPORT E SPAZIO PUBBLICO Il ruolo delle infrastrutture sportive nell’evoluzione della città Maria Pilar Vettori

Infrastruttura sportiva e città aperta

Dal momento della sua nascita, la pratica sportiva rappre- senta uno dei principali indicatori di progresso sociale. Parimenti, il sistema infrastrutturale a essa dedicata co- stituisce, in epoca contemporanea, un parametro sempre più rilevante di qualità urbana a livello non solo materiale bensì di programmi, azioni e strategie. Se già negli anni Settanta il dibattito promosso dalla socio- logia urbana evidenziava il tempo libero come un diritto a cui aspirare, oggi la fruizione di luoghi e spazi per il suo esercizio è parte integrante di tale diritto nonché elemento fondante di una «etica della città aperta»1. In tale scenario, la recente evoluzione delle infrastrutture sportive si propone come ambito nel quale la sperimen- tazione trova applicazione attraverso politiche socio-am- bientali e programmi di qualificazione urbana mirati a pro- muovere nuovi ed elevati standard di benessere e socialità. Negli ultimi decenni l’attenzione ai temi della salute, for- temente correlata all’incremento quantitativo e di valore del tempo libero, ha influito sulla percezione e la confi- gurazione del sistema infrastrutturale dedicato alle attività ludico-sportive, ponendolo al centro della più ampia rifles- sione sui nuovi ruoli e significati dello spazio pubblico. Le recenti strategie di implementazione della vivibilità urbana, riportate dalla letteratura come contributo sostan- ziale alle azioni di rigenerazione urbana e di marketing territoriale, coinvolgono politiche e azioni sul tema delle infrastrutture sportive evidenziando la loro portata para- digmatica all’interno del dibattito sulla città e sulla qualità dei suoi spazi. Altrettanto significativo risulta il quadro complessivo, facilmente percepibile a livello mediatico, che connota il rapporto sport/società, oggi un contesto in rapida evolu- 236 Maria Pilar Vettori zione caratterizzato da una crescita della domanda di spazi e servizi destinati alla pratica sportiva a tutti i livelli, da quello agonistico a quello amatoriale. La necessità di identificare luoghi per lo sport si affianca all’esigenza di spazi nei quali dedicare il tempo libero alla cura, al benessere e alla salute. Basti pensare ad alcune espressioni dello sport dilettantistico e semi-agonistico che negli ultimi anni hanno visto un forte incremento riconside- rando la città in un’accezione aperta e diffusa: sport infor- mali, urbani che si insinuano positivamente in aree spesso irrisolte, ripensandole. La città diviene teatro di eventi quo- tidiani e spontanei traendo effetti positivi da tale fenomeno. Nell’epoca dei social network e della continua condivi- sone dei flussi d’informazione, gli eventi sportivi sono in grado di coinvolgere migliaia di persone con frequenza quotidiana, incidendo a ogni livello sui contesti di riferi- mento e sugli usi e costumi della collettività. A una dimensione globale e globalizzante dello sport e della sua rappresentazione, che necessita di infrastruttu- re sempre più complesse e integrate, fa da contraltare una dimensione capillare e diffusa della pratica sportiva che, partendo dagli stessi presupposti culturali e grazie alla condivisione virtuale delle informazioni, assume uguale, se non maggiore, rilevanza nei settori dell’industria dello sport e del tempo libero coinvolgendo sezioni di mercato sempre più consistenti. Lo spettatore diventa sempre più attore attivo dello spettacolo sportivo e l’attività fisica co- stituisce azione diffusa e inclusiva per ogni fascia di età, ceto sociale, ambito culturale e geografico2. Le dinamiche in atto svelano che la modalità di adesio- ne all’ambito sportivo sta mutando, veicolandosi sempre più nella direzione di una pratica destrutturata, fuori dagli schemi classici del tesseramento federale e interpretando sempre più lo sport non esclusivamente quale attività com- petitiva bensì quale strumento di diffuso benessere menta- le, fisico e sociale. Un crescente numero di persone praticano, negli spazi aperti della città, attività sportive di ampia diffusione e facile attivazione come ad esempio yoga, fitness, skate- board, per giungere a sport più specialistici quali arrampi- cata, o più tradizionali quali basket e golf. Lo sport iden- SPORT E SPAZIO PUBBLICO 237 tifica il micro-evento della quotidianità: fattore che agisce da potente strumento di coesione sociale, il cui accesso non risulta regolato, non esistendo limiti fisici tra attore/ spettatore e campo di gioco/spazio pubblico. Il confine tra contenuto e contenitore diviene sfumato, labile, spesso provvisorio e temporaneo, non per questo meno incisivo sulla dinamica delle trasformazioni urbane3. Se da una parte l’avvento del cosiddetto sport-business, favorito dalla generale trasformazione del divertimento inteso come loisir, ha innescato un processo per cui le ma- nifestazioni sportive si sono trasformate in un bene di con- sumo da immettere sul mercato, dall’altra, l’infrastruttura sportiva, non solamente dei grandi eventi, ha acquisito vi- sibilità mediante i nuovi media che ne favoriscono la vei- colazione in quanto luogo di relazione, generando all’in- terno del tessuto urbano una serie di relazioni che vanno oltre la definizione spaziale e fisica della propria identità. Tale interpretazione dell’infrastruttura sportiva, non solo contenitore di un evento o di una attività, ma elemento in grado di influenzare la qualità della vita di una parte di città, esprime la propria essenza nei concetti di pros- simità e compresenza, introducendo nei propri parame- tri prestazionali quello della “responsabilità sociale”. Paradigmatici, sul tema, i paesi in via di sviluppo o i con- testi urbani a elevata problematicità di degrado sociale, in cui spesso lo spazio che agevola la pratica sportiva a tutte le categorie di utenza è uno dei baricentri dei pro- cessi di rigenerazione urbana. Pionieristico in tal senso il progetto di Lina Bo Bardi per il SESC Pompeia di San Paolo del Brasile4, in cui gli spazi dedicati allo sport (campi, palestre, aree attrezzate) sono protagonisti del recupero fisico di una fabbrica e sociale di un quartiere; o l’idea (rimasta sulla carta) di una città-stadio per Bari di Gianfranco Dioguardi, in vista del campionato mondiale di calcio del 19905: una proposta studiata per utilizzare una struttura imponente e dispendiosa anche finiti i mon- diali, realizzando una rete di laboratori di quartiere colle- gata al corpo centrale dello stadio con lo scopo di creare un interscambio fra periferia e unità centrale, aggregare i giovani attorno all’agonismo, recuperare l’emarginazio- ne urbana di Bari. 238 Maria Pilar Vettori

Praticare sport in luoghi non convenzionali, purché capaci di individuare e riconoscere l’identità sportiva anche di chi li pratica, diviene sempre più un fattore sociale decisivo nelle logiche dell’evoluzione degli stili di vita. Pensare la città come una grande “palestra a cielo aperto” attraverso la riqualificazione di architetture o intere porzioni urbane in condizioni di abbandono da mettere a disposizione dei cittadini, è tema di stringente attualità. Lo sport diffuso consente di iniettare negli interstizi- ur bani cellule portatrici di effetti positivi, dal punto di vista socio-educativo e della qualità degli spazi aperti, opera- zioni riconducili a quelle che Renzo Piano ha definito di «rammendo urbano»6 o, in termini sociologici e non solo morfologici, di «agopuntura urbana»7. Una pratica che si affianca alla grande e media infrastruttu- ra, facendo della città e dei vuoti urbani il luogo ideale per parchi, aree attrezzate, piste ciclabili, ecc. Il grande evento rappresenta, se visto da tale prospettiva, un tassello di un movimento i cui confini risultano di non facile perimetrazione. Lo sport in strada, lo sport spon- taneo, lo sport diffuso, si sta riappropriando degli spazi informi e informali, abbandonati e degradati dei paesaggi urbani e peri-urbani, anch’essi «terzi paesaggi»8 di questa epoca: nascono così nuove modalità di pratica sportiva e attività fisica, con un’interazione e interfaccia diretta tra spazio fisico e luogo del movimento. Sport “minori”, ma maggiori, di nuova concezione: at- tori attivi nella modellazione degli spazi aperti pubblici. Sempre più spesso la funzione sportiva integrata e rimo- dulata congiuntamente a quelle del benessere e del tempo libero, è posta al centro del sistema, asse portante di pro- grammi funzionali complessi di operazioni di riqualifica- zione urbana. Da un lato i grandi interventi infrastrutturali legati agli eventi sportivi globali caratterizzati da approcci speciali- stici; dall’altro, interventi puntuali e capillarmente diffusi connotati da un approccio partecipato. Entrambi i criteri accumunati da un elevato livello di multi-disciplinarietà e complessità. SPORT E SPAZIO PUBBLICO 239

Spazio pubblico per la città sana

Le ricerche più recenti sul tema della relazione tra am- biente costruito e vivere sano, fondandosi sull’allarme per la prevalente tendenza all’inattività e alla sedentarietà, ri- conoscono l’urgenza di invertire tale tendenza attraverso azioni e strategie a livello di governance dei sistemi urbani al fine di ridurre i rischi per la salute, economici e socia- li, nonché l’impatto negativo sull’ambiente. È evidente la duplicità antitetica che la città genera in quanto sistema che simultaneamente può scoraggiare come incoraggiare l’attività fisica per tutte le categorie di popolazione. Già nel momento in cui, circa un decennio fa, furono defini- ti dal EU Working Group Sport & Health i principi del do- cumento EU Physical Activity Guidelines. Recommended Policy Actions in Support of Health-Enhancing Physical Activity (2008), il contributo della infrastrutturazione dello spazio fu ritenuto basilare9. Uno dei principi su cui si fon- dano le strategie in atto è quello non di portare le persone verso le infrastrutture sportive ma viceversa di portare le infrastrutture sportive verso le persone. Tale approccio pone lo spazio pubblico al centro di qual- siasi azione in quanto elemento urbano prossimo alla so- cietà. La visione in corso di diffusione è che la città possa rappresentare un playground collettivo in risposta al fatto che «la vita urbana è in costante evoluzione e il nostro lavoro di architetti è garantire che le opportunità di espri- mersi non siano limitate e che le nostre città rappresentino la vita che vogliamo vivere»10. Anche la congiuntura economica attuale svolge un ruolo sostanziale nella riconsiderazione della gestione di risor- se condivise, generando una vera a propria domanda di spazi pubblici attrezzati da parte dei cittadini, indirizzan- do la pianificazione11 e influenzando in termini concreti l’ecosistema urbano indipendentemente dalla scala degli interventi. La dinamica evolutiva delle iniziative promosse in termini di potenziamento del sistema infrastrutturale mette in luce un approccio alla tematica intesa principalmente come dotazione e potenziamento dello spazio pubblico: l’infra- struttura sportiva diviene spazio che si pone in relazione 240 Maria Pilar Vettori con altri spazi e non semplicemente elemento soprapposto ma autonomo e chiuso rispetto al sistema urbano. Questo è percepibile a un duplice livello: da una parte la progettazione di stadi e impianti sportivi che interpreta le dotazioni ad essi connessi quali spazi esterni di sosta, e di connessione, improntati sulla complementarietà con il si- stema urbano, andando a integrarsi e sostituirsi anziché ag- giungersi al quadro funzionale della città. Azioni queste, se da una parte necessariamente da attuarsi attraverso politiche fortemente integrate a interventi su diverse scale e diversi ambiti socio-economici, dall’altra doverose in una visione orientata al contenimento del consumo di suolo e alla valo- rizzazione del territorio come quello della città europea di matrice storica. L’altro livello è rappresentato dallo spazio pubblico, che nel suo caratterizzarsi come spazio funziona- le, di servizio, integrato e multiplo, incorpora sempre più frequentemente le dotazioni per lo svolgimento di pratiche sportive in sinergia con il ruolo sociale che tali pratiche pos- sono svolgere. Tale gestione del sistema sportivo alle sue di- verse scale, individua una lettura della questione ambientale non unicamente concentrata sul contenimento del consumo delle risorse energetiche e naturali, bensì fortemente connes- sa ai temi della compattezza urbana e del corretto equilibrio tra l’identità dei luoghi e l’utilizzo degli spazi pubblici12. La densità urbana rappresenta oggi un indicatore priori- tario nel definire le prestazioni della nuova città. Si pensi ad esempio ai tanti programmi di rigenerazione urbana in grado di interconnettere una molteplicità di ambiti funzio- nali. In quest’ottica, la creazione delle nuove infrastrutture sportive si basa sul duplice obiettivo di valorizzare una se- rie di centralità consolidate e parallelamente di attivarne di nuove, ponendosi l’obiettivo di fornire risposte ma anche di creare nuove domande e riconnettendo le differenti esi- genze prestazionali in un sistema interagente di comunità. D’altra parte, se la compattezza del tessuto edificato e l’ar- ticolazione delle reti che lo innervano consentono di con- tenere la dispersione e promuovere azioni per sostenere una mobilità sostenibile, molte azioni dimostrano come l’infrastruttura sportiva non sia intesa come sistema paral- lelo e integrativo ma sostanziale e strutturante le dinami- che produttive di una città. SPORT E SPAZIO PUBBLICO 241

Partendo dal presupposto che la città, nelle sue diverse di- mensioni, rappresenta oggi il modello di massima concen- trazione di fattori di impatto critico sul benessere dell’uo- mo e sulla sua salute, il sistema dei servizi per lo sport è il principale protagonista della ricerca di efficaci e dinami- che soluzioni in grado di riequilibrarne la diffusione. Il di- battito architettonico europeo sta offrendo importanti con- tributi in termini di innovazione nella progettazione e nella realizzazione di interventi mirati a coniugare le istanze di sviluppo urbano delle città e le indispensabili politiche per la sostenibilità a livello istituzionale. Programmi quali Health in Public Spaces di Urbact 2017 costituiscono azioni interpretabili come differenti declina- zioni di un unico filone di approccio innovativo che, so- prattutto nei paesi del Nord Europa e anglosassoni, carat- terizza le strategie di rigenerazione urbana e di costruzione di nuove parti di città, coinvolgendo simultaneamente i campi dell’innovazione digitale, della coesione sociale e della infrastrutturazione evoluta. Sulla base del presupposto che, come definito a livello comunitario, l’attività fisica consiste in «qualsiasi movi- mento corporeo associato alla contrazione muscolare che genera un dispendio di energie superiore allo stato di ri- poso»14, numerosi studi e ricerche indagano il rapporto tra benefici dell’attività fisica e ambiente urbano, ricono- scendo alla città e ai suoi elementi un ruolo protagonista nell’incremento della qualità della vita. Un approccio transdisciplinare e integrato è condizione operativa indispensabile: ricerche promosse in sinergia con il settore aziendale come Active Cities Designed to Move15, o network a scala europea come Vital Cities16, confermano l’attualità di un tema che deve essere fondato sul partenariato pubblico/privato a tutte le scale, e sul prin- cipio che l’ambiente urbano e il suo disegno deve creare opportunità per l’attività fisica. Le reti tecnologiche e le prestazioni da esse garantite si elevano a ulteriore strumento di modellazione dell’infra- struttura, in sinergia con le reti per la mobilità e con la diffusione di spazi pubblici aperti strutturati, al fine di ga- rantire comfort, sicurezza e qualità ambientale, nonché la flessibilità nel tempo e nello spazio. 242 Maria Pilar Vettori

Interventi a grande scala, al di là della risonanza mediatica data all’iniziativa, favoriscono la percezione dei luoghi in quanto spazi sequenziali della collettività: in un sistema organizzato in modo flessibile, tra loro connessi in fun- zione delle mutevoli necessità e dei diversificati obiettivi di trasformazione urbana. Il progetto dell’infrastruttura ri- qualifica lo spazio urbano attribuendo a esso identità, qua- lità e valore rappresentativo, al fine di connotarlo come ambito di riferimento per la vita pubblica e di suscitare un senso di appartenenza a chi ne fruisce all’interno di un’i- dea di città coesa e sicura. Una delle missioni della World Health Organisation, espressa nel documento Physical Activity Strategy for the European Region, è assicurare «un ambiente in grado di promuovere l’attività fisica attraverso spazi e infrastrutture pubbliche sicure e accessibili»17. Questo significa uno svi- luppo dei quartieri urbani volto a favorire interventi a pic- cola scala orientati a incoraggiare l’attività sportiva, com- plementari al generale ridisegno e recupero degli spazi pubblici degradati in linea con esempi virtuosi della fatti- bilità di tali politiche. Numerosi i casi europei, ad esempio, di iniziative rivolte alla realizzazione o riqualificazione di campi sportivi all’aperto ad uso pubblico integrati a par- chi, piazze, common grounds finalizzate alla rigenerazio- ne sociale, come la Merida Youth Factory, o alla rigene- razione ambientale come la Benthemplein Water Plaza di Rotterdam18. Fuori dal contesto europeo, il Gymnasio Vertical di Caracas19, o le iniziative promosse dall’orga- nizzazione non-profit “love.fútbol” nata in Brasile e oggi operante in varie città del mondo20, rappresentano le più note tra le molteplici azioni che rendono lo sport e i suoi spazi al centro della qualificazione socio-urbana. Protagonista centrale del ridisegno dei nuovi modelli in- frastrutturali diviene perciò l’abitante, a cui è conferito un ruolo attivo e autonomo nei processi di partecipazione lo- cale, in grado di generare azioni e strategie di solidarietà e responsabilità sociale, da sempre connesso alle azioni di sviluppo e potenziamento di servizi pubblici e di spazi per la socialità. In particolare, molte politiche in atto intendono valoriz- zare le risorse umane disponibili, coinvolgendo differenti SPORT E SPAZIO PUBBLICO 243 classi sociali e diverse fasce d’età, promuovendo l’inter- relazione tra differenti categorie di popolazione: residenti, lavoratori, anziani, giovani coppie, bambini. A ciò va aggiunto il ruolo prioritario che la promozione di un’infrastruttura sportiva accessibile e condivisa svolge all’interno delle questioni legate alla città sana: le variabili della sicurezza e della sua difesa, così come quella del- la promozione di una cultura della salute e del benessere psico-fisico, costituiscono il tema trasversale ai differenti interventi previsti, proponendo un’articolata filiera di ser- vizi e soluzioni rivolta alle diverse fasce di età e divenendo elemento strutturante dell’intera strategia. L’esempio di Copenhagen rappresenta nell’ultimo decen- nio un benchmark di riferimento. La partnership tra istitu- zioni di ricerca e il terzo settore ha generato nella capitale danese la definizione di linee guida per l’integrazione del- lo sport nell’ambiente urbano, i cui risultati si collocano positivamente nel generale bilancio derivante del progres- sivo investimento nello spazio pubblico già a partire dagli anni Settanta. Al di là dei noti risultati sull’implementa- zione della mobilità dolce e sostenibile e la radicale dimi- nuzione del traffico veicolare con benefici quantificati og- gettivamente in termini di benessere anche economico, la città danese, attraverso l’integrazione di spazio pubblico e funzioni collettive (culturali, sportive, sociali) ha affronta- to temi quali l’inclusione sociale delle minoranze etniche e il degrado delle aree marginali e marginalizzate a seguito della trasformazione economica delle aree portuali e indu- striali. A fianco del noto intervento di Superkilen Park21 che attraverso un processo di pubblica partecipazione ha ridisegnato un’estesa area in una sequenza di spazi pubbli- ci in cui l’attività sportiva svolge un ruolo protagonista di servizio al quartiere e di strumento di coesione sociale tra più di 60 etnie differenti che abitano la zona, molti altri in- terventi di riconfigurazione di aree pubbliche vedono nelle attrezzature per lo svolgimento di svariate attività sportive un elemento fondante per la socialità. Parchi lineari, piaz- ze, percorsi attrezzati, waterfront. Tali azioni non possono prescindere da indirizzi a livello di governance complessiva. In UK, nel 2014 su ispirazione di Design to Move è stata costituita una commissione sull’at- 244 Maria Pilar Vettori tività fisica che incoraggia nuovi approcci transdisciplinari alla problematica dell’inattività a scala nazionale preve- dendo, tra le varie categorie coinvolte, l’iniziativa Active by Design23 indirizzata a favorire studi e ricerche sulla proget- tazione di nuovi spazi urbani e sul ridisegno degli esistenti. Rientra in tali scenari strategici anche il programma italia- no SMAR-TRACK promosso dalla FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera) per favorire politiche di ag- giornamento impiantistico basate sul concetto di atlethics playground e “impianti a km 0”, mirati all’incremento del- le attività socializzanti, e sul riconoscimento dell’elevato valore sociale e ambientale della disciplina sportiva inter- pretata quale potenziale strumento per il recupero delle aree urbane depresse23. Una stretta integrazione spaziale è in grado di creare nuo- ve idee, prodotti, servizi e istituzioni contribuendo al suc- cesso economico di interi comparti urbani, siano essi di nuova fondazione o di rigenerazione. Una polifunzionalità sovrapposta offre la possibilità di disporre di una gamma di servizi quotidiani di carattere sociale, per il tempo libe- ro e commerciali di facile accessibilità. Il progetto di una infrastruttura sportiva, e quindi il pro- getto di un brano di paesaggio urbano, costruisce un si- stema di relazioni e dinamiche multi-scalari, insite nella definizione di spazio collettivo. La progettualità espressa nei casi recenti esprime un’innovativa idea di città, che privilegia la molteplicità, l’eterogeneità, il contrasto, l’ac- costamento di elementi tra loro stratificati: lo spazio urba- no viene concepito come campo d’interazione tra proget- tualità diversificate, non ultime le esperienze culturali e identitarie di cui sono portatori i suoi abitanti. Lo spazio dell’evento e della pratica sportiva assume in tale logica un ruolo sempre più importante nel processo di fruizione della città, inteso quale luogo di attività, oltre che di incontro. Al di là dell’attualità del tema, in quanto coagulo di rap- presentazioni sociali e antropologiche c’è un aspetto più concreto legato alla riformulazione del rapporto delle per- sone con lo spazio e con il territorio. La questione non può prescindere da una visione sistemi- ca, pur con soluzioni e scale di intervento estremamente SPORT E SPAZIO PUBBLICO 245 differenziate. Parallelamente non può prescindere da un approccio multidisciplinare, partecipato e fondato su una cultura collettiva della responsabilità e della riconoscibili- tà dei luoghi che va oltre le misure reali e la comprensione delle ragioni per una sua attuazione. L’esempio di alcuni ambiti europei può delineare, anche per altri contesti quali quello italiano, una strada da intra- prendere, pur con differenti livelli di specificità: a partire dal cambiamento di approccio alla progettazione, auspica- bilmente da orientare verso team multidisciplinari e verso processi di partecipazione degli stakeholders; la promo- zione di nuove forme di partecipazione pubblico-privato e di organizzazione dei processi decisionali; l’applicazione di modelli di management innovativo orientati a una ge- stione razionale delle risorse economiche ed energetiche; la definizione di mirate strategie di fattibilità procedurale, finanziaria e realizzativa. Tali strategie possono rappresen- tare gli elementi comuni a diverse realtà, incorporando gli indirizzi di sostenibilità sociale e ambientale espressi dagli organi di governo europeo e rafforzando il ruolo dell’infra- struttura sportiva come attuatore di quella «manutenzione sociale»24 che, attraverso il coinvolgimento degli utilizza- tori del costruito, va auspicabilmente operata sul patrimo- nio architettonico e sull’ambiente.

Le infrastrutture sportive tra educazione e formazione

L’accesso alla pratica sportiva da sempre incarna valori sociali di democrazia, parità, condivisione e coesione so- ciale facendosi promotore di “vicinanza” e creando nuove logiche aggregative nella logica di un continuum spaziale pubblico-privato che spesso annulla i confini tra spazi di natura differente, incentiva una condivisione dei servizi e il rafforzamento di un sistema auto-centrato in grado di generare un diffuso senso di “comunità” in risposta ai pro- cessi di de-territorializzazione materiale e immateriale che incidono negativamente sul territorio. L’avvento e la diffusione dei mass-media tendono sempre più a scomporre la tradizionale centralità del luogo dello sport, sia esso stadio o palazzetto, promovendone l’aper- 246 Maria Pilar Vettori tura rispetto al sistema esterno; diviene, perciò, di primaria importanza individuare e interpretare quale sia questo si- stema di relazioni che de-struttura le nuove forme di cen- tralità e che definisce modalità di sviluppo innovative a favore d’iniziative di marketing urbano, di rinnovate for- me d’investimento economico25, e di nuove forme aggre- gative basate su adeguati modelli di mobilità e fruibilità dell’utente. In un’epoca caratterizzata da una crescente frammentazio- ne e disgregazione a livello fisico-architettonico e urbano e sotto il profilo socio-culturale, il ruolo educativo dello sport e dei luoghi di aggregazione nei quali lo sport medesimo assume un aspetto fondativo, diviene centrale26. Gli aspetti culturali sottesi alla condivisone di valori legati all’attività sportiva sono direttamente connessi agli spazi/centri ricre- ativi educativi in genere: si pensi allo sport diffuso negli oratori e nei centri parrocchiali, vere e proprie cellule di rigenerazione sociale alla scala di quartiere e di vicinato. Tuttavia, a fianco di situazioni pionieristiche o spontanee, il principale limite allo sviluppo di tali approcci è rappre- sentato dalla carenza di risorse destinate alle attività spor- tive non organizzate. L’ampia letteratura sul tema dimostra una generale con- sapevolezza dell’influenza che lo sport può esercitare su molte problematiche sociali oltre che sulla qualità del- la vita e della salute27, pur evidenziando una carenza di monitoraggio sistematico del fenomeno dovuta anche alla difficoltà di quantificare i benefici di attività di natura spontanea o di breve termine. L’esigenza sarebbe quella di comprendere la relazione tra processi partecipativi nel- lo sport e l’uso delle infrastrutture esistenti delineando le potenzialità per nuovi interventi. L’istituzione pubblica svolge in tal senso un ruolo imprescindibile e insostitui- bile nel sostenere interventi di infrastrutturazione sportiva e del loro mantenimento, comprendendone il significato e la portata dal punto di vista sociale. Da sempre educazione e sport vivono un rapporto sinergico e di reciprocità nel promuovere una cultura della salute e a formare il senso civico di una comunità e la cultura di una società. Non è un caso se lo spazio pubblico dei campus uni- versitari costituisce oggi il filtro del rapporto della città SPORT E SPAZIO PUBBLICO 247 con l’istituzione, con i suoi attori e i suoi utenti. Sempre più attraverso operazioni che coinvolgono rapporti di scala differenti, gli impianti sportivi universitari e gli spazi aperti a essi connessi costituiscono strumenti di ri- generazione urbana e sociale. Parallelamente, la pratica sportiva diviene sempre più parte integrante del percor- so formativo anche universitario, svolgendo un ruolo di strumento di condivisione, integrazione sociale, promo- zione della salute. Le dinamiche che ne derivano possono essere di tipo di- retto, quando la sola presenza fisica degli impianti e del- le funzioni che essi contengono costituisce già di per sé un elemento qualificante del quartiere urbano; e indiretto quando l’intervento genera il potenziamento della dota- zione infrastrutturale, la costruzione di una nuova identità locale, lo sviluppo di iniziative sociali e per la salute. Gli esempi recenti, a livello europeo ma anche globale, sono molteplici: dai più noti, grazie anche alla risonan- za del progetto architettonico, come i recenti interven- ti all’interno dei campus di Columbia University a New York (Campbell Sports Center, Steven Holl); del campus Paris-Saclay (edificio polifunzionale, Studio Muoto); del- la Jacobs University di Brema (Sports and Convention Center, Max Dudler); dell’Università di Birmingham che con un investimento di 55 milioni di sterline ha realizzato uno Sports Center, aperto sia alla popolazione universita- ria sia alla cittadinanza e che nel 2022 ospiterà parte dei Giochi del Commonwealth; oppure, a dimostrazione che la questione prescinde dalla scala dell’intervento o dall’in- vestimento economico, della Universidad Francisco de Vitoria di Madrid con il recente padiglione polisportivo progettato da Alberto Campo Baeza. Ai complessi edilizi, spesso polifunzionali anziché mono- funzionali in virtù dei grandi spazi utilizzabili anche per attività non sportive come eventi, convention ma anche didattica, si affiancano i molteplici programmi di re-infra- strutturazione degli spazi aperti che, grazie alla promozio- ne di politiche istituzionalizzate di incentivo alla mobilità dolce e alla sinergia con il trasporto pubblico, vengono ri- disegnati e attrezzati per attività all’aria aperta, la sosta, la fruizione prolungata, la socialità. 248 Maria Pilar Vettori

I programmi in atto in Italia, dove il tema dell’utilizzo intensivo del suolo urbano è prioritario pur a fronte di una indiscutibile esigenza di adeguamento delle strutture universitarie agli standard internazionali anche a livello strutturale e infrastrutturale, coinvolgono molti grandi atenei e i relativi campus urbani: l’esempio, tra gli altri, dei campus dei grandi atenei milanesi come Bocconi, Università degli Studi di Milano, Politecnico di Milano, offre uno scenario di molteplici iniziative di potenziamen- to delle strutture sportive esistenti e di valorizzazione de- gli spazi aperti ai fini della pratica sportiva. Ai programmi sulle strutture materiali si affiancano le iniziative di pro- mozione istituzionalizzata dello sport, attraverso percorsi formativi dedicati, incentivi per la pratica a livello agoni- stico, promozione di eventi e competizioni in una logica atte ad alimentare la costruzione di un’identità e il senso di appartenenza che qualifica, tra le altre cose, gli atenei di alto profilo. La cultura politecnica, in particolare, offre un ampio po- tenziale anche allo sviluppo della ricerca e della didatti- ca. Analogamente a quanto si verifica in contesti europei come ad esempio nella Technische Unversiteit di Delft con l’istituzione di un Dipartimento di Ingegneria dello sport che svolge ricerca e didattica a vari livelli28, il Politecnico di Torino ha attivato un Master in Ingegneria dello sport, prevalentemente orientato al management, mentre il Politecnico di Milano ha nell’ultimo decennio potenziato la propria offerta formativa nel settore delle infrastrutture sportive attraverso corsi e master di secondo e terzo livel- lo29, che affiancano i programmi di ricerca svolti con le principali istituzioni del settore sportivo (Sport e Salute Spa già CONI Servizi Spa, FIGC)30. L’auspicio è che anche in Italia il potenziamento delle infrastrutture sportive universitarie, la cui promozione si fonda tuttora su provvedimenti legislativi degli anni Settanta31, possa trovare sviluppi e prospettive nelle attuali politiche di rinnovamento urbano, contribuendo al ridise- gno della città e allo sviluppo della società che la abita. Il significato dell’impianto sportivo come luogo di socia- lità è profondamente mutato, se relazionato alle modali- tà di sua percezione, per effetto delle attuali possibilità di SPORT E SPAZIO PUBBLICO 249 sviluppo tecnologico, economico, sociologico e culturale: processi sociali e interdisciplinari, quelli scatenati dalla pianificazione di ambiti multifunzionali complessi, che s’inseriscono nell’ambito di un mutamento generale carat- terizzante, in modo più o meno incisivo, la maggior parte del territorio urbanizzato. La sfera dello sport non deve esimersi, vista la sua radicata natura, dall’adottare un approccio etico di elevata salva- guardia sociale, configurando norme e codici capaci di ri- affermare il ruolo formativo ed educativo che tale ambito, da sempre, incorpora.

1 Sennett R., 2018, Costruire e Comércio) con scopo di garantire abitare. Etica per la città, Feltrinel- delle strutture adeguate per la pra- li, Milano. tica di sport e attività culturali per 2 Nel 2015, sono stimate in oltre abitanti meno abbienti, attraverso 20 milioni le persone di tre anni e la parallela rigenerazione fisica più che dichiarano di praticare uno del contesto in cui si inserisce, una o più sport con continuità (24,4%) vecchia industria di fusti metallici, o saltuariamente (9,8%). L’inciden- trasformata in un attrattore sociale za dei praticanti sulla popolazione di 16.000 mq con il ruolo di “conte- di 3 anni e più e pari al 34,3%. Il nitore del tempo libero”, che la pro- 26,5% della popolazione non prati- gettista italiana naturalizzata brasi- ca uno sport ma svolge attività fi- liana affrontò in termini “globali”, sica, come fare lunghe passeggiate dal progetto urbano all’architettura, a piedi o in bicicletta, giardinaggio, dagli arredi alle divise delle squa- ecc. (15 milioni 640 mila persone). dre. Delle tre torri in cemento che Dati tratti da: ISTAT, Anno 2015. caratterizzano l’insediamento due La pratica sportiva in Italia, 19 ot- ospitano il centro sportivo “vertica- tobre 2017. le”: una cinque piani di palestre e 3 Marc Augè, antropologo, ha af- piscina, l’altra undici piani per sale frontato anche il tema dello sport. da ballo, palestre, bar e spogliatoi. Nel suo testo sul calcio, il più po- 5 Faroldi E., Allegri D., Chierici polare tra gli sport di massa, evi- P., Vettori M.P., 2007, Progettare denzia la duplicità dello sport in uno stadio. Architetture e tecnolo- qualità di pratica e spettacolo, e la gie per la costruzione e gestione del sua natura di fenomeno sociale tra territorio, Maggioli, Santarcangelo professionismo e pratica amatoriale di Romagna. (Augè M., 2016, Football. Il calcio 6 Il termine “rammendo” rimanda come fenomeno religioso, EDB, alla pratica della “ricucitura” del Bologna). tessuto urbano esistente, interve- 4 Il progetto di Lina Bo Bardi, nendo in tutti quegli spazi che oggi del 1977, rientrava in un progetto risultano compromessi, quelle parti sociale di rilevanza nazionale pro- di città dove manca il rapporto tra mosso dal SESC (Serviço Social do servizi e persone. «Siamo un Paese 250 Maria Pilar Vettori straordinario e bellissimo, ma allo Ingels, figura di rilievo nei processi stesso tempo molto fragile. È fragi- di disegno urbano di uno dei conte- le il paesaggio e sono fragili le città, sti più paradigmatici su tali politi- in particolare le periferie. Ma sono che come quello danese, che coin- proprio le periferie le città del futu- volge architetti, filosofi, urbanisti, ro, quella dove si concentra l’ener- politici, specialisti sul tema della gia umana e quella che lasceremo in relazione tra movimento e spazio eredità ai nostri figli. C’è bisogno di urbano per dimostrare come i nuovi una gigantesca opera di rammendo tipi di sport emergente stiano modi- e ci vogliono idee» (Piano R., 2014, ficando gli assetti e i confini della «Il rammendo delle periferie», in Il città. Sole 24 Ore, 26 gennaio). 11 La letteratura cita come signi- 7 Il termine utilizza la metafora ficativi i fenomeni, paralleli alla dell’agopuntura, pratica della me- tendenza generale, di movimenti dicina cinese, per indicare microin- di cittadini divenuti attori nel re- terventi di rigenerazione in punti clamare spazi pubblici in come bi- critici, ma strategici, della città, lanciamento della privatizzazione finalizzati a innescare un proces- di aree pubbliche. Un fenomeno so di risanamento che si ripercuote di “riconquista degli spazi” che ri- sul benessere di una comunità. Uno guarda temi come il trasporto “at- dei primi ad introdurre la tematica tivo” (Critical Mass movements, dell’agopuntura urbana in termini No Car Days, PARKing Days, Ci- teorico-scientifici e sulla base di clovias), i fenomeni di urban guer- esperienza concreta sul campo è sta- rilla gardening, l’uso spontaneo di to Jaime Lerner, urbanista e sindaco piccoli spazi residuali per attività per tre mandati di Curitiba, con il te- sportive indipendenti, o la riconver- sto Acupuntura Urbana, Pubblicato sione programmata dei brownfields nel 2003 (Record, Rio de Janeiro) e in spazi ricreativi come il noto successivamente tradotto in Giappo- caso dell’aeroporto di Tempelholf ne (2005), Spagna (2005), Francia a Berlino, chiuso nel 2008 oggi il (2007), Usa (2014) e Russia (2016). più grande parco urbano della città 8 Si fa riferimento al noto concet- tedesca (300 ettari di spazi aperti to espresso da: Clèment G., 2005, dedicati ad attività sportiva e tempo Manifesto del terzo paesaggio, libero). Quodlibet, Macerata. 12 Faroldi E., 2016, «Infrastrut- 9 EU Physical Activity Guideli- tura. La metafora organica tra fe- nes. Recommended Policy Actions nomenologia del sistema urbano e in Support of Health-Enhancing opportunità», in Techne, n. 11, pp. Physical Activity, approvato dal EU 6-11. Working Group “Sport & Health” 13 Per un approfondimento si il 25 settembre 2008, e confermato veda: EU Physical Activity Gui- dai EU Member State Sport Mi- delines. Recommended Policy nisters il 27-28 novembre 2008. Actions in Support of Health-En- Da evidenziare che tra le 6 Policy hancing Physical Actuvity in www. Areas delineate nel documento è ec.europa.eu. presente l’area Transport, Envi- 14 Design to Move è un’inizia- ronment, Urban Planning and Pu- tiva di sensibilizzazione sul tema blic Safety. dei benefici dell’attività fisica in 10 My Playground è un documen- relazione all’ambiente urbano pro- tario promosso nel 2009 da Bjarke mossa da The American College SPORT E SPAZIO PUBBLICO 251 of Sports Medicine (ACSM) e da alcune conseguenze del cambia- The International Council of Sport mento climatico. Science and Physical Education Con il termine “water square” si (ICSSPE) con la collaborazione di definisce uno spazio urbano per at- NIKE Inc. (www.designedtomove. tività ludiche e ricreative ad assetto org). “variabile” rispetto alle condizioni 15 VITAL CITIES. Urban Sports climatiche. Attrezzata con campi Promotion for Social Inclusion, da volley, basket, football e gradi- Healthy and Active Living è un nata in caso di pioggia è strutturata network di città europee avviato per una “raccolta disciplinata” del- dall’Unione Europea all’interno del le acque piovane al fine di evitare programma URBACT III (2014- allagamenti. 2020) con l’obiettivo di combat- 19 L’idea di Gimnasio Vertical ha tere l’inclusione sociale attraverso convertito un impianto per il calcio il ridisegno degli spazi pubblici in in un complesso per il fitness ver- aree degradate tramite il linguag- ticale al centro di uno slum ad alta gio comune dello sport e azioni di densità abitativa della capitale ve- sport urbano innovative sul fronte nezuelana. Il complesso, sviluppato materiale (attrezzature) e immate- su numerosi livelli, include campi riale (IT e servizi). I temi chiave da basket, studi di danza, palestra del network sono il rafforzamento attrezzata, percorsi per il running, delle identità delle comunità; azio- pareti per arrampicata raccogliendo ni “IT based” nel ridisegno di spazi una media di 15.000 visitatori al pubblici connessi al tempo libero; mese. Dalla sua inaugurazione pare servizi di promozione dello stile che la criminalità nel quartiere si di vita sano; progettazione di atti- sia ridotta del 30%. vità fisiche innovative finalizzate 20 Per un approfondimento si a promuovere lo sport negli spazi veda: www.lovefutbolbrasil.org. pubblici; organizzazione di eventi 21 Il Superkilen Park, parte del innovativi per promuovere la prati- più ampio programma di rigenera- ca sportiva e uno stile di vita sano. zione del quartiere di Nørrebro a 16 World Health Organisation, Copenhagen, progettato da Bjarke 2015, Physical Activity Strategy Ingels Group (BIG), Topotek e SU- for the WHO European, Region PERFLEX Studio, si fonda su un 2016-2023. World Health Organi- processo di design partecipato che sation Regional Office for Europe, ha coinvolto la comunità locale rap- Copenhagen. presentata da più di 60 nazionalità. 17 Il caso della Merida Youth Gli utenti sono stati coinvolti nella Factory viene spesso citato in pro- definizione del quadro esigenziale posito. Si tratta di un intervento di in termini di funzioni, attrezzature, rigenerazione di un’area degradata arredo urbano. Il parco offre attrez- della città spagnola di Merida, su zature per l’attività fisica in svaria- progetto dello studio Selgas Cano, te forme, dai ring per la boxe agli attraverso l’inserimento di attrez- scivoli per bambini, alle rampe per zature per le attività sportive dagli lo skateboard, ai campi da basket. skateboard al basket promossa dalla Alla fruizione del parco lineare municipalità e attuata a basso costo. contribuisce in modo sostanziale 17 La Benthemplein water Plaza- l’infrastrutturazione ciclabile che di Rotterdam è stata realizzata nel attraversa l’intero sito e lo connetta 2015 con l’obiettivo di affrontare al circuito cittadino Green Path. 252 Maria Pilar Vettori

22 La All Party Commission on re anche la gestione di ciò che si Physical Activity è stata creata in è costruito» (Dioguardi G., 2003, Gran Bretagna nel 2014 per incenti- Il Museo dell’esistenza, Sellerio, vare nuovi approcci alla problema- Palermo). tica della inattività a livello nazio- 25 A fronte dell’impossibilità delle nale. L’intento è quello di favorite risorse pubbliche di coprire i costi metodologie “cross-sectional wor- per la varietà degli interventi ne- king” e livelli di partecipazione a cessari, molteplici sono le formule scala nazionale con organizzazioni oggi in corso di sperimentazione per del terzo settore come ad esempio la copertura finanziaria delle inizia- la British Heart Foundation o la tive: da incentivi fiscali alla costitu- Young Foundation. Con gli stessi zione di “crowd sourced capitals”, obiettivi, il Design Council ha lan- alla costituzione di fondi dedicati. ciato l’iniziativa Active by Design 26 Hofmann S., 2014, «Spaces as allo scopo di incoraggiare progetti the Third Education», in Ferguson per nuovi spazi e il recupero degli F. (ed.), Make_Shift City. Renego- esistenti. tiating the Urban Commons, Jovis 23 Avviato nel 2015 da parte della Verlag, Berlin. FIDAL, con finanziamenti da parte 27 Giles-Corti B. et al., 2015, «The dell’Istituto del Credito Sportivo, il Influence of Urban Design and programma SMAR-TRACK è mi- Planning on Physichal Activity», in rato all’adeguamento specialistico Barton H., Thompson S. (eds.), The e prestazionale degli impianti di Routledge Handbook of Planning atletica leggera con la consapevo- for Health and Well-Being. Shaping lezza dell’elevato valore sociale e a Sustainable and Healthy Future ambientale riconosciuto alla disci- the Built Environment, Routledge, plina e del suo potenziale in am- London. bito di recupero delle aree urbane 28 Lo Sports Engineering Institu- depresse attraverso l’incremento te della TU di Delft svolge ricerca di attività socializzanti. Una delle in cinque campi tra l’ingegneria e iniziative più recenti attuate trami- la biomedica ma anche sul tema te il programma è il Parco Nelson delle “Sports Infrastructure and Mandela a Sestri Levante inaugura- Facilities”. to nell’aprile 2018: la riconversione 29 Oltre alle iniziative all’interno dell’area ex industriale in funzioni dei percorsi formativi di primo e ludico-sportive (pista di atletica, secondo livello della Scuola di Ar- complesso natatorio, bike park, chitettura Urbanistica e Ingegneria nordic walking, fitness) ricondu- delle Costruzioni, si segnala il Ma- cibile alle tipologie degli athletics ster di II livello in Progettazione playground o “impianti a km 0” Costruzione Gestione delle Infra- previsti dalla Federazione. strutture Sportive che vede coin- 24 Il concetto di “manutenzione volte le maggiori istituzioni di go- sociale” è stati introdotto negli anni verno sportivo (Sport e Salute Spa Novanta da Gianfranco Dioguardi già CONI Servizi Spa, Federazione in cui parla di «veri e propri “piani- Italiana Giuco Calcio, Istituto per il processo” con funzioni arricchite Credito Sportivo). rispetto alle semplici indicazioni 30 Convenzione tra Federazione che sanciscono dove e che cosa sia Giuoco Calcio (FIGC) e Politecnico consentito o meno costruire […], di Milano (responsabile scientifico strumenti capaci di programma- Prof. Emilio Faroldi, 2015) stipulata SPORT E SPAZIO PUBBLICO 253 con lo scopo di istituire un “Labora- le scientifico Prof. Emilio Faroldi, torio di studi e ricerche relativi alla 2017) finalizzato ad un rapporto progettazione, costruzione e gestio- di collaborazione tramite attività ne delle infrastrutture sportive, con di formazione e ricerca sul settore riferimento, in particolar modo, a dell’impiantistica sportiva. quelle relative al settore calcistico”; 31 L. 394, 28 giugno 1977, “Po- Accordo quadro tra CONI Servizi e tenziamento dell’attività sportiva Politecnico di Milano (Responsabi- universitaria”.

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Davide Allegri (1974) architetto, laureato con lode al Politecnico di Milano nel 2002, consegue presso lo stes- so Ateneo il Dottorato di Ricerca in Design e Tecnologie per la Valorizzazione dei Beni Culturali nel 2009 e la Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio nel 2016. Già docente a contratto del Politecnico di Milano svolge attività progettuale e di ricerca con parti- colare attenzione ai temi connessi alle infrastrutture spor- tive. Autore di pubblicazioni, articoli e saggi è coordina- tore scientifico del Master Universitario di II Livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive del Politecnico di Milano.

Silvia Battaglia (1990), laureata con lode in Architettura al Politecnico di Milano concentra la propria ricerca di tesi sul tema Infrastrutture Sportive e dei beni culturali. Coinvolta dalle tematiche del recupero e della valorizza- zione del patrimonio costruito, ha partecipato a esperien- ze progettuali in alcuni studi di architettura e attualmente collabora e svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Architettura Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (DABC) del Politecnico di Milano. Da ottobre 2018 è iscritta alla II edizione del Master Universitario di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive del Politecnico di Milano.

Marco Brunelli (1963), dopo essersi laureato all’Univer- sità di Bologna, inizia a lavorare come senior economist di Norisma e, successivamente, viene nominato a capo del centro studi della Lega Calcio. Dal 1996 è Direttore del Master Internazionale in Strategia e Pianificazione delle Organizzazioni, degli Eventi e degli Impianti sportivi pres- so le università di Parma e San Marino ed è impegnato, sia come docente sia come coordinatore, nel Master FIFA in Management, Diritto e Scienze sociali dello Sport. È stato membro di commissioni UEFA e FIFA, Direttore Generale della Lega Serie A, nonché membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione delle Leghe di calcio europee e del Forum delle Leghe Mondiali. Attualmente è direttore generale della FIGC. Profili Biografici Autori 285

Guglielmo Cammino (1988), dopo aver lavorato nell’am- bito della consulenza aziendale, ha conseguito nel 2015 il FIFA Master in Management, Law and Humanities of Sport presso il CIES. A seguito dell’esperienza in UEFA per EURO 2016, nel corso dello stesso anno ha iniziato a lavorare presso il Centro Studi FIGC. Ha contribuito alla redazione delle ultime due edizioni del ReportCalcio e del Bilancio Integrato FIGC, oltre alla pubblicazione di diversi articoli nell’ambito dell’impiantistica sportiva su Spazio Sport, rivista ufficiale del CONI.

Dario Cea (1983), si forma presso il Politecnico di Milano e la Technische Universiteit di Delft. Approfondisce le tematiche relative all’innovazione morfo-tipologica nelle infrastrutture sportive tenendo, dal 2009, lezio- ni presso il Politecnico di Milano e l’Università degli studi di Parma all’interno del Master Internazionale in Strategie e Pianificazione delle Organizzazioni, degli Eventi e degli Impianti sportivi. Nel 2012 vince, insieme a Jacobs Italia e Pietro Chierici, il concorso internazionale “Riqualificazione Urbanistica dell’Ambito di trasforma- zione ex Annonaria, denominato Cremona City Hub.

Pietro Chierici (1971), architetto, docente a contratto presso la Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano, concentra la propria attività di ricerca, teorica e applicata, nell’ambi- to della progettazione architettonica nelle sue definizioni multiscalari. Coordinatore di esperienze progettuali ri- guardanti i processi di trasformazione di aree multifunzio- nali, approfondisce tematiche legate ai luoghi del tempo libero della cultura, dello sport. Orienta la propria ricerca verso la definizione del ruolo rivestito dalle infrastrutture sportive all’interno dei processi di riqualificazione urbana.

Niccolò Donna (1986), ha lavorato presso Juventus e Lega Serie A, e dal 2011 è entrato in FIGC all’interno del Centro Studi. Ha ricoperto il ruolo di Coordinator per la candida- tura per UEFA EURO 2020 e di Project Manager per la candidatura per i Campionati Europei Under 21 2019. Fa parte della Commissione UEFA HatTrick e nel 2018 è di- 286 Profili Biografici Autori ventato Responsabile dell’Area Sviluppo e Responsabilità Sociale. Autore con Michele Uva e Gianfranco Teotino del libro Il Calcio Conta. Ha collaborato, inoltre, nella reda- zione dei libri Il Calcio ai tempi dello spread e Viaggio nello sport italiano.

Emilio Faroldi (1961), architetto Professore Ordinario presso il Politecnico di Milano. Progettista, vanta ricerche, progetti e opere realizzate nell’ambito dell’architettura per lo sport. Autore di numerose pubblicazioni, ha presieduto e coordinato, per oltre un decennio, i corsi di studio in Scienze dell’Architettura e Progettazione dell’Architettura presso il Politecnico di Milano. Attualmente è Editor in Chief della rivista scientifica TECHNE_Journal of Technology for Architecture and Environment, e Direttore del Master Universitario di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive. Professore della International Academy of Architecture, dal gennaio 2017 è Prorettore Delegato del Politecnico di Milano.

Roberto Ghiretti (1955) Presidente di SG Plus Ghiretti & Partners, è stato dirigente nazionale e internaziona- le di Volley. Ha gestito Candidature di eventi internazio- nali, dirigendo i Mondiali di Hockey Ghiaccio 1993 e la Comunicazione dei Mondiali di Ciclismo 2013. Svolge at- tività didattica nell’ambito dell’organizzazione, comunica- zione e marketing dello sport presso la Scuola Centrale dello Sport del CONI e alcune tra le principali Università e Master italiani. È docente e componente del Comitato Scientifico del Master internazionale in Strategia e Pianificazione del- le Organizzazioni, degli Eventi e degli impianti sportivi presso l’Università di Parma. È tra i maggiori esperti nazio- nali di sport con all’attivo numerose pubblicazioni. È vice presidente nazionale di Special Olympics.

Chiara Manzoni (1979), architetto e giornalista pubbli- cista, dal 2004 ha iniziato a lavorare per diversi studi di architettura, occupandosi prevalentemente di opere pub- bliche e impianti sportivi. Ha pubblicato numerosi artico- li per testate on line, per l’Eco di Bergamo e la rivista di Architettura Ark. Ha collaborato e svolto attività di ricerca Profili Biografici Autori 287 con il Dipartimento di Scienza e Tecnologie dell’Ambiente Costruito del Politecnico di Milano. Attualmente concentra i suoi studi sul rapporto tra Spazio, Società e Architettura dello Sport, con particolare attenzione verso la tecnologia e l’accessibilità delle persone non udenti e diversamente abili.

Antonio Marchesi (1946), aziendalista, ha fondato e diret- to per anni il segmento Sport Industry di Deloitte. Ha in- segnato per un decennio Gestione delle Aziende Sportive nell’ Università di Torino e fatto parte, per un triennio, del Consiglio di Amministrazione di AC Milan. Attualmente si occupa di consulenza strategica e di sport innovation in P41. Fa parte del Comitato Scientifico del Master Universitario di II livello in Progettazione Costruzione Gestione delle Infrastrutture Sportive.

Fabio Verga (1963), laureato in Giurisprudenza, ha occu- pato ruoli di pianificazione prima al Palazzo dello Sport Forum di Milano, poi presso lo Stadio San Siro dove è stato vice direttore Commerciale della società di gestione. Ha diretto una struttura specializzata nella sicurezza degli impianti sportivi prima di una lunga esperienza nei paesi arabi occupandosi di progettazione e gestione di sistemi di controllo per accessi di impianti aperti al pubblico. È attualmente Outsourcing Division Manager presso la mul- tinazionale Adecco, docente presso Master di II livello di Economia e Gestione degli Impianti Sportivi e opinionista presso trasmissioni sportive televisive.

Maria Pilar Vettori (1968), architetto, è Ricercatore pres- so il Politecnico di Milano dove svolge attività didattica presso la Scuola di Architettura, urbanistica e ingegneria delle costruzioni nell’ambito della Progettazione tecnolo- gica dell’architettura. Ha partecipato a progetti di ricerca e consulenza relativi in particolare alle strutture e infrastrut- ture per la salute e il benessere, lo sport, la ricerca e la pro- duzione. Ha partecipato e organizzato convegni, seminari e workshop, nonché lavorato con continuità a studi e pub- blicazioni. Come architetto ha esercitato attività professio- nale progettando e realizzando opere in Italia e all’estero premiate e pubblicate in ambito nazionale e internazionale. Estádio Municipal de Braga, schizzo di Eduardo Souto de Moura, Porto 22 febbraio 2019