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SENTIREASCOLTARE online music magazine OTTOBRE N. 36

DIRTY PROJECTORS DOVE MAHLER VA D’ACCORDO CON I BLACK FLAG

P.J. Harvey José Gonzáles sentire Jensa Lekmanscoltare 1 Van Dyke Parks Talibam! Derek Bailey Vert Oren Ambarchi sommario

4 News 8 The Lights On José Gonzáles, Sir Richard Bishop, Talibam!, White Rainbow 1 2 Speciali Jens Lekman, Vert, Disco Drive, Daft 8 Generation, Oren Ambarchi, Dirty Projec- tors, Super Furry Animals, P.J. Harvey 38 Recensioni , Amari, , Beirut, Fiery Furnaces, Digitalism... 101 Rubriche (Gi)Ant Steps Cecil Taylor 32 We Are Demo: Chester Polio, My Morning Needle, Desert Motel, Farmer Sea... Classic Van Dyke Parks, Pink Floyd, Trunk Records Cinema I Simpson, Sicko, Soffio... I cosiddetti contemporanei Derek Bailey

Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Teresa Greco Consulenti alla redazione 104 Daniele Follero Stefano Solventi Staff Valentina Cassano Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato Gianni Avella, Davide Brace, Filippo Bordignon, Marco Braggion, Gaspare Caliri, Nicolas Campagnari, Roberto Canella, Alessandro Grassi, Paolo Grava, Manfredi Lamartina, Alarico Mantovani, Massimo Padalino, Giulio Pasquali, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Stefano Renzi, Costanza Salvi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco. Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004h) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina

SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A.

Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione 118 scritta di SentireAscoltare sentirea scoltare 3 news a cura di Teresa Greco

Robert Wyatt, protagonista del nostro TRANSMISSION di questo mese e al suo ritorno con l’ Comicopera, si è esibito dal vivo per la prima volta a distanza di 25 anni. L’evento è accaduto presso la Drill Hall di Lincoln, in Inghilterra; il Nostro è comparso sul palco durante un concerto del Dylan Howe Quintet, gruppo che promuove ( e il cui batterista è il figlio di Steve Howe degli Yes) per cantare Round Mid- night di Thelonius Monk. L’artista si è detto molto divertito per l’esibi- zione…

Debuttano su Thrill Jockey gli School Of Language, gruppo di David Brewis dei Field Music; un album (Ships) è in completamento e uscirà nel 2008…

Tornano gli Undertones, il gruppo post-punk preferito da (Teenage Kiks era la song preferita dal DJ): il gruppo nordirlandese approda alla Cooking Vinyl per cui esce il 15 ottobre Dig Yourself Dip, il primo dalla reunion del 2003 con Get What You Need (il gruppo si era sciolto nel lontano 1983)…

La Universal pubblicherà prossimamente in cofanetto due raccolte per celebrare i 10 anni dei californiani Eels; Meet The Ells: Essential Eels Vol.1 è un best e un DVd con i loro video, mentre in Useless Trinkets saranno raccolti b-sides e rarità; il tutto sarà accompagnato da un DVD che testimonia la esibizione del gruppo al Lolappaloza Festival Undertones del 2006; il leader E pubblicherà intanto il primo romanzo, Things The Granchildren Should Know nel gennaio 2008 in America…

Morto un fan a un concerto degli Smashing Pumpkins: è successo il 24 settembre scorso a Vancouver, probabilmente dopo un crowd surfing che è stato fatale a un ventenne. Non sono state ancora rese note le circostanze esatte in cui è avvenuto il fatto…

Ep in uscita per i White Magic: i quattro pezzi contenuti in Dark Stars saranno pubblicati il 23 ottobre prossimo su Drag City…

Grosse novità su Southern Lord. L’etichetta ha in rampa di lan- cio i nuovi album di due gruppi da segnalare: gli Om, transfu- ghi dalla Holy Mountain, con il nuovo Pilgrimage e i dilatatissi- mi black-metal Wolves In The Throne Room con Two Hunters…

Nuovo lavoro per lo stakanovista Ninni Morgia. Questa volta in duo con Massimo ( Recs.) uscirà su No Fum Production il lavoro a nome S.X. Appeal…

George Harrison sarà raccontato in un prossimo documentario del re- gista americano Martin Scorsese; la moglie del musicista, Olivia, è stata coinvolta nel progetto come consulente…

4 sentirea scoltare Nuovo album, il quarto, per gli svedesi Hives: The Black And White Al- bum, prodotto da Pharrell Williams, Jacknife Lee (Bloc Party, , Editors), Dennis Herring (, Elvis Costello) e il prezzemolo Timbaland uscirà il 15 ottobre…

Album nuovo in uscita il 2 novembre prossimo per i Sigur Rós: Hvarf/Heim (accompagnato dal DVD Heima con esibizioni live islandesi risalenti all’an- no scorso) è pubblicato dalla EMI (in America da XL) e contiene reinterpre- tazioni di vecchi pezzi e tre inediti…

Nuovo disco anche per i canadesi Picastro: Whore Luck è uscito su Po- lyvinyl l’11 settembre, con la partecipazione di Jamie Stewart (Xiu Xiu) e Owen Pallet ( Final Fantasy, ex- componente del gruppo)…

Andrei W.K. (come coproduttore e arrangiatore) è al lavoro per un nuovo disco della leggenda Lee “Scratch” Perry che uscirà su Narnak a metà del prossimo anno, con collaborazioni di altri artisti (fra i quali Aimee Allen e Ari Up delle Slits) e pezzi originali…

Per gli irriducibili dei Cure, due concerti italiani del loro nuovo 4Tour 208: il prossimo 29 febbraio 2008 a Roma e il 2 marzo a Milano. Biglietti in vendita dal 4 ottobre…

La terza reunion dei Sex Pistols (dopo quelle del ’96 e 2003) si terrà il prossimo 8 novembre alla a Londra (in formazione ori- The Hives ginale con Glen Matlock al basso), l’occasione è data dai trent’anni dalla pubblicazione di Never Mind The Bollocks - che esce in special edition…

Si terrà il 26 novembre prossimo alla 02Arena di Londra il live-reunion dei Led Zeppelin (Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones e Jason Bon- ham) in onore dello scomparso boss dell’ Ahmet Ertegun. Ci saranno anche Pete Townshend e Bill Wyman tra gli altri…

Per la serie Don’t Look Back, i - dopo la reunion live della prima- vera scorsa - rifaranno il classico lo-fi Bubble And Scrape (, 1993) il prossimo 7 maggio a Londra all’All Tomorrow’s Parties, in formazione originale (, e ) …

Incredibile ma vero: venerdì 21 settembre presso la Fiera di Milano a Rho, nell’ambito del MEET (manifestazione in corso dal 21 al 24 del mese) e con la collaborazione del festival MiTo (Milano Torino), la Sinfonietta ha eseguito lo spettacolo unico Remembering : Sgt. Pepper’s And More…, uno speciale tributo con ospiti d’eccezione. Tra i nomi che hanno preso parte all’evento: Residents, Marianne Faithfull, Jarvis Co- cker, Robyn Hitchcock, Russell Mael degli Sparks, Alex Chilton, Peter Murphy, Beth Orton, Badly Drawn Boy. Ha diretto Jurjen Hempel su ar- rangiamenti di Matthew Scott…

sentirea scoltare 5 news a cura di Teresa Greco

I si apprestano ad entrare in studio per registrare il successore di Plans (2005), che dovrebbe uscire entro la primavera del 2008…

Il Chrome Dreams II di Neil Young (album in studio inedito che riecheggia sin dal titolo un lavoro mai pubblicato risalente al 1977, Chrome Dreams, appunto) di cui abbiamo già dato notizia il mese scorso, uscirà su Reprise il prossimo 16 ottobre…

L’11 settembre è scomparso a 75 anni Joe Zawinul, compositore e pianista fondatore dei Weather Report e collaboratore del elettrico…

È in uscita a novembre per Black Dog Publishing il volume No-Wave di Marc Masters, penna di “The Wire” e titolare del sito Noiseweek (http://noi- seweek.blogspot.com/). L’autore propone uno sguardo attento sul fenome- no musicale con tanto di approfondimento dei suoi risvolti cinematografici. Non resta che attendere una traduzione italiana...

Da YouTube, il video di , primo singolo estratto dal controverso degli , uscito il 14 settembre su Domino / Self (http://www.youtube.com/watch?v=fxvGHQHiY70)...

Gli Einstürzende Neubauten (www.neubauten.org/) tornano dopo 3 anni dall’ultimo Perpetuum Mobile con Alles Wieder Offen, il nuovo album che Death Cab For Cutie sarà pubblicato in Europa il 19 ottobre prossimo su Potomak / Kizmaiaz…

Primo disco solista uscito il 20 agosto per Susanna Karolina Wallumrød, già cantante di Susanna And The Magical Orchestra: Sonata Mix Dwarf Co- smos comprende pezzi inediti ed è pubblicato, come per il gruppo madre, dalla norvegese Rune Grammofon (www.runegrammofon.com)...

La stessa etichetta ha pubblicato il 17 settembre il nuovo dei Supersilent, 8, il primo in studio da cinque anni…

Un album dal vivo per i Daft Punk: Alive 2007 in uscita il prossimo novem- bre in versione CD unico o doppio più un DVD, mostra il concerto tenuto dal gruppo a Parigi lo scorso14 luglio… I Grizzly Bear pubblicheranno un EP il 6 novembre prossimo dal titolo Friend, con ben 10 pezzi, in attesa del successore di Yellow House dell’an- no scorso…

Secondo album per Beirut dopo il debutto con Gulak Orkestar: The Flying Club Cup esce su 4AD l’8 ottobre…

Da YouTube il video del singolo Seahorse di Devendra Banhart, un ritorno in pieni anni Settanta dall’ultimo disco Smokey… in uscita il 25 settembre (http://www.youtube.com/watch?v=sFMIYz0TZ-U)...

6 sentirea scoltare I hanno partecipato alla colonna sonora del film Dedication di Justin Theroux (Six Feet Under), uscito a fine agosto in America, in cui sono presenti parecchi loro brani e un inedito composto per l’occasione, Matchbook Seeks Maniac. La colonna sonora è uscita l’11 settembre, anche con Cat Power, The Strokes, Fischerspooner e Lightning Bolt tra gli altri…

Annunciate 6 nuove uscite per i Talibam! di Kevin Shea: una tripletta di album (Ordination Of The Globetrotting Conscripts su Azul; The Excusable Earthling su Pendu Sound e Buns And Gutter per la fran- cese Gaffer), un live su Blackest Rainbow (Live At The Tonic, ) e un paio di cassette di cui una per la !K7 series della nostrana No=Fi…

Ritorno alle origini per Jon Spencer? Sembrerebbe di si, visto che la In The Red ha in uscita a breve Jukebox Explosion, raccolta dei sin- goli pubblicati sulla stessa etichetta.

Dopo le numerose date seguite alla reunion dei Jesus And Mary Chain, arriva ora la notizia confermata di un nuovo disco: ritorneranno infatti in studio a oltre nove anni dall’ultima volta…

Collaborazione tra e i Killers per un brano di quest’ultimi, Tranquilize, che uscirà a fine anno su un album di lati b e rarità che il gruppo sta preparando… Deerhoof Disco solista per Dave Gahan dei Depeche Mode: Hourglass è pubbli- cato da Mute-EMI in ottobre…

Come molti sapranno già, è stata finalmente annunciata l’uscita del settimo album dei Radiohead. Dalla mattina del 1 ottobre, In Rain- bows è ufficialmente disponibile al pubblico in diversi formati, tut- ti acquistabili esclusivamente dal sito ufficiale (www.radiohead.com) della band. Già, perché almeno in questa fase, non c’è nessuna casa discografica a sostenere il progetto: dopo la fine del contratto con la Emi, i Radiohead non hanno infatti firmato per nessuna label. Pertanto il nuovo album verrà inizialmente lanciato come download legalizzato a partire dal 10 ottobre; l’aspetto più interessante è che non è stato fissato un prezzo, ma l’offerta è lasciata completamente libera all’ac- quirente. Dal 3 dicembre in poi, invece, In Rainbows sarà disponibile - sempre per corrispondenza - in uno speciale Discbox contenente l’al- bum in versione cd e doppio vinile, un cd extra contenente altri 8 brani inediti, foto digitali e l’artwork, più i booklet con le liriche. Prezzo: 40 sterline (circa 57 euro). La band fa sapere che il cd verrà infine rila- sciato nei negozi presumibilmente a inizio 2008; non si sa ancora a chi verrà affidata la distribuzione. Per ulteriori info su tracklist e dettagli: www.inrainbows.com...

sentirea scoltare 7 The Lights On... josé gonzáles

Una chitarra e una voce calda, avvol- scendenza, José si avvicina a quanto Knife inserita in uno spot televisivo. Un gente, solitaria. Un sentire personale e di più tipico e radicato nella sua cultura colpo di marketing ben assestato (non intimo che si affaccia sul mondo. Tem- latina: la chitarra classica. Da questo così deprecabile in questo caso…) che po ne è passato da quando un semplice momento in poi la strada del Nostro gli ha permesso di girare il globo, con- folksinger poteva scuotere coscienze e sarà tutta in discesa: intraviste le po- fermando un talento che ha fatto della cuori semplicemente con la forza di po- tenzialità di un’artista con una chiara e Hand On Your Heart di Kylie Minogue chi, genuini accordi. Ora che il muro di ben delineata cifra stilistica, la britan- (dall’ep Stay In The Shade, Peacefrog, indifferenza e impossibilità è diventato nica Peacefrog lo mette sotto contrat- 15 agosto 2005) un piccolo gioiello per sempre più alto, che fine ha fatto il me- to, pubblicando l’ep Crosses (Peace- i non avvezzi alla disco della starlette. nestrello, quella figura tra lo schivo e frog, 14 marzo 2005), che traccia con Un anno intenso, il 2005, che vede il il leader che parlava a nome di tutti? È tre brani su quattro le linee spartane Nostro prestare voce e chitarra nell’ep ancora plausibile fantasticare sulla sua di quello che sarà il debutto ufficiale. Black Refuge (Teme Shet, 2005) dei esistenza? Una risposta non c’è, ma un Tempo un mese e Veneer (Peacefrog, Junip (vero e proprio progetto collatera- dato è certo: il singolare ha rimpiazzato 25 aprile 2005) viene lanciato sul mer- le), trio nel quale il suono del Nostro si il plurale. Chiunque abbia l’esigenza di cato. Un esordio messo in piedi con una complica di moog e batteria all’insegna dire la propria lo fa guardando esclu- scarna strumentazione (chitarra acusti- di un pop dall’imprinting sempre folky, sivamente se stesso allo specchio. ca, percussioni appena accennate, una ma senza troppo mordente. Meglio rie- Nessuna comunità alle spalle, nessun luminescente tromba in Broken Arrows), sce la collaborazione, l’anno successi- sentimento comune, ma tanti, distanti che punta tutto su un fingerpicking di vo, con gli Zero 7, anzi, proprio la pre- interrogativi. Nonostante la strada per- estrema delicatezza e precisione (il senza di Gonzáles salva in extremis un corsa oggi sia questa, c’è ancora chi, desolato profumo di Slow Moves), che album altrimenti trascurabile come The di quella esperienza, ha fatto tesoro e sa animarsi di influenze brasiliane (la Garden, che invece sembra donargli o prova a declinarla nel presente. Meno bossa di Remain) e fare di un semplice comunque suggerire aperture intriganti facile pensare che un simile esempio hand clapping il suo miglior contraltare per il futuro (i delicati innesti elettroni- possa provenire dalla Svezia, terra di (Lovestain), mostrando tutta la sua ori- ci di Future e i tropicalismi sintetici di malinconie tutte private dall’algida es- ginalità nella preziosa Crosses, che al- Today). Non è, dunque, del tutto fuori senza (l’universo pop della Labrador). lontana Gonzáles dagli altisonanti nomi luogo aspettarsi qualcosa di più da In Eppure José Gonzáles nonostante a cui è stato subito associato (Drake in Our Nature (Imperial / Family Affair, 24 mantenga qualcosa di quella glaciale primis, ma anche Elliott Smith, qualcu- settembre 2007, in spazio recensioni), vena, evidenziata nella ossessiva cir- no ha scomodato addirittura Tim Buc- un guizzo innovativo che possa colmare colarità degli accordi, nella semplici- kley…) grazie ad un suono carnoso, un suono già denso che rischia però di tà nella costruzione delle canzoni, nel che si riempie di tensione e ritmo ad rimanere un po’ in superficie con il pas- suono così scarno, disadorno, accende ogni accordo (Deadweight On Velvete- sare del tempo, ma che ad un più atten- il tutto con le sue origini paterne argen- en e All You Deliver). Una voce grave to ascolto sa rilasciare sensazioni tanto tine, con il fuoco della vita che una voce ma sinuosa a decantare liriche sfuma- ambigue e confuse quanto reali, e quale dalle tonalità passionali e latine tradi- te e immaginifiche, come sfumata è la modo migliore per raccontare il presen- sce. Credere che abbia mosso i primi società di oggi, poche parole reiterate te se non immergendosi completamente passi in una band ispirata ai Black Flag in perfetta simbiosi con le note che le nei sui dilanianti dubbi? Non soluzioni e proseguito poi con l’hardcore nei Go- accompagnano. (7.0/10) Un disco che o canti di rivalsa e incitamenti, come thenburg’s Renascence riesce alquanto richiede attenzione e affinità d’animo succedeva a fine Sessanta, ma inter- improbabile, ma questi passaggi obbli- per essere compreso e sublimato, che rogativi pesanti, sofferti a cui risposta gati, seppur contorti, gli hanno dimo- però è riuscito a valicare i confini del non c’è, questo il compito del moderno strato quanto giocare di sottrazione non circuito indie, conquistando il primo po- troubadour e tanto basta per portargli sia poi tanto male. Tutt’altro. Come chi sto nelle charts inglesi, con la deliziosa rispetto e ascolto. scopra per la prima volta la propria di- cover di Heartbeats dei conterranei The Valentina Cassano

8 sentirea scoltare The Lights On... sir richard bishop

Sull’arte dell’improvvisazione molto è dell’eredità ideale imbracciata dal più chard incide tanto, ufficialmente e stato scritto. Fondamentale, però, ri- giovane. Burning Caravan apre il di- anche su cd-r. Fingering The Devil mane ancora oggi, e a distanza di più sco. Ed è un colpo di genio assolu- (Latitudes, 2005), ispirato al chitarri- di settant’ anni, un testo scritto da T. to. Come se Pepe Romero suonasse smo raga di Jack Rose e di Stephen Carl Whitmer. Edito nel 1934, il sag- l’Allegro Moderato del Quintetto Per Basho-Jugans, torna al virtuosismo gio contiene affermazioni, oggi evi- Chitarra e Archi n°1 In Re Minore improvvisativo lirico del passato. Al- denti per verità e chiarezza, che bene di Luigi Boccherini flirtando, nello meno in parte, se si tiene fede ad esemplificano quali siano le modalità stesso tempo, col suon de la risac- Abydos, composizione notevolissi- nell’improvvisazione di sempre: ca del buon vecchio Dick Dale. Ma ma per tecnica e maestria esecutiva, “In generale ci sono due modi di im- è il valore della composizione in sé imbevuta d’un pathos colmo d’attese provvisare. Il primo è per espansione, che lascia una traccia duratura. Così mai dissoltesi. È la colonna sonora il secondo è per forme già stabilite”. come i nove minuti di musica india- d’una terra immaginaria, un paradiso Il saggio uomo non citava (e non neggiante di Rasheed, o ancora le latino e caldo dove dissolvere le al- avrebbe potuto farlo, visto che sa- “spagnolerie” di Cadaqués. Il flamen- lucinazioni desertiche cui c’avevano rebbero state definite solo 30 anni co, come radice di certa improvvisa- abituato i Sun City Girls. I cd della dopo nell’ambito dell’improvvisazio- zione libera alla 6 corde, passa dal serie Vault, e soprattutto l’albo All ne libera anglosassone) le “compo- magistero di Derek Bailey - mediato Strung Out, datano 2006. Il lavoro sizioni istantanee”, sebbene di fatto forse dalle istanze roots di un Fahey prosegue con pervicacia nell’ambito esse siano implicite, per astrazione, - alle musiche del nostro Sir. Molto del lirismo chitarristico lirico ed epi- nella summenzionata definizione. Sir filmiche, invero. Pedro’s Last Ride ne co. Ha un che di eroico questo suo Richard Bishop è divenuto, nell’ar- testimonia. Superbamente. L’atteso far musica così antispettacolate e co di quasi un decennio, un maestro seguito di cotanta meraviglia si fa at- così fedelmente ancorata alle teniche nell’arte dell’improvvisazione “per tendere. È solo nel 2005, infatti, che e alle possibilità del proprio amato forme già stabilite”. Dopo esserlo sta- Improvika vede la luce. Maggiormen- strumento. Echoes Of Spain, come al to - e continuare ad esserlo - dell’im- te devoto al fingerpicking faheyano, solito già dal titolo palese, è il - provvisazione tout court (anche di il disco palesa meno genio del pre- conto in note d’un paese fantastico, quella free) in quella anomala, de- cedente, addentrandosi però molto fatto di mille e mille spartiti visti e viante ad ogni classificazione, crea- più nel profondo dei suggestivi antri rivisitati da Richard, tanto reali da tura del deserto che ebbe nome Sun dell’improvvisazione. Provenance sostituire l’immaginario d’un paesag- City Girls. Lui alla chitarra, il fratel- Unknown, di fatto, è un tour de force gio al paesaggio stesso. Mass Of The lino Alan al basso e Charles Gocher della chitarra fra temi abbozzati e poi Jack al chiude il cd soffocandolo, ati- (RIP) a dar giù di tamburi, furono le non rifiniti sui quali le dita di Bishop picamente, nei riverberi della chitarra glorie sotterranee che da Phoenix, arpeggiando allo strumento donan- trattata. L’atmosfera è davvero demo- Arizona, abbracciarono idealmente do mirabilmente azione e anima alla niaca qui! While My Violen- le musiche di tutto il Mondo in una “divagazione”stilistica virtualmente tly Bleeds e l’ultimissimo Polythei- sorta di worldfusion psichedelica infinita. Un po’ tutto l’album si muove stic Fragments (Drag City, 2007, in a tinte desertiche. Tanti gli stili che così. Ostico, prezioso. Lo strumento, spazio recensioni) pongono il nostro Richard ha assorbito nel suo modo vale ricordarlo, è una “single string Sir al rango di maestro fra i chitarri- unico di suonare lo strumento. E ce wooden guitar”, la musica è autode- sti odierni. Sono esercizi tecnici che ne accorgemmo bene al suo esordio finita come “1 parte di muscolarità focalizzano la vera vocazione (negli solista. Geniale sin dal titolo, Salva- a la Peckinpah, 2 parti di illuminato anni sempre più chiara) di Richard: dor Kalì, l’album esce nel 1998. È simbolismo jodorowskiano”. Chi ha nobilitarsi anche come “composiotore patrocinato dalla Revenant del com- orecchie per intendere, intenda. contemporaneo”. Progetto ambizioso pianto John Fahey. Riconoscimento A partire da questo album, la produ- ma non velleitario per il nostro eroe! implicito d’un talento alla sei corde zione discografica si infittisce. Ri- Massimo Padalino

sentirea scoltare 9 The Lights On... talibam!

Una delle definizioni più azzeccate escoriante. Troppo “in ballo” per rock). La vertigine free è anzi tal- formulate sui Talibam! suona così: ballare una sola danza alla volta. mente potente che farebbe, in un “Ornette Coleman playing on Soft Il noise newyorkese di quest’ul- film di sci-fi, l’effetto di una boc- Machine’s Fourth In Hell”. Kevin timo quinquennio ha i suoi nuovi cata di ossigeno troppo puro su or- Shea, anima vera dei Talibam! e profeti. E bello anche il gioco dei ganismi abituati ad inalare azoto. batterista sonico nei prime mover packaging per il cd-r omonimo su Uccide! I componimenti killer sono del rock de-composto Storm And Evolving Ear. Copertine di album tanti. La metronimica Guns And Stress, è sempre passato sotto si- più o meno noti avvolgono il cd, Butter, che sfrigola via su intermit- lenzio durante quell’esperienza. A chicca speciale: un frammento di tenti segnali sintetici mentre sax parlare per tutti c’era il chitarrista vinile aggiunto. I pezzi inclusi sono coltraniani (e non solo) s’arrampi- Ian Williams. Damon Che Fitzge- tre ma fanno il diavolo a quattro cano ad unghie strette sul suono- rald (batteria) era, di fatto, con lui nell’arte della decostruzione stili- rumore sovraesposto. Spettacola- i Don Caballero. Chi ricorda i pri- stica. Non è jazz, ma è “free”, non ri poi i 13 minuti, a sipario quasi mordi della scena chicagoana nel è noise, ma picchia duro, è artico- calato, di The Spectre Of Water segno del post rock ad inizi anni latissimo, ma epidermico, si sbri- Wars, modello di fusion nucleare ‘90 non ha bisogno certo di ulte- ciola di continuo, ma è solido come inaudita e senza lo scampolo di un riori delucidazioni. L’incontro fra roccia, si riconosce in forme astru- riferimento stilistico che sia uno. Kevin e Matthew Mottel, poi ai sin- se di worldmusic, eppure ha solide The Excusable Earthling (12” tetizzatori nei Talibam!, e un anno radici rock. Il suono dei Talibam! si LP, Pendu Sounds Recordings, dopo Ed Bear si aggiunge ai due. mostra camaleontico, difficilmente 2007) raccoglie invece due im- L’incipit della band sta tutto qui. arpionabile all’uncino di qualsivol- provvisazioni live (registrate in UK Il “feedbacksaxophone” di Bear glia categorizzazione di comodo. nell’estate 2007) – Explosive Soul rappresenta forse il suono più Così come le ultime sortite a nome e One Way Foot – che materia- caratteristico nel bailamme free- Talibam!. Iniziamo dal capolavoro lizzano la buonanima del vecchio jazz e noise donatoci dai Talibam! Ordination Of The Globetrotte- Sun Ra quando decideva di fare il all’epoca dell’esordio lungo.Ta- ring Conscripts (Azul Discogra- cazzone on stage. Suoni sintetici libam! (Evolving Ear) data 2006. fica, 2007, in spazio recensioni), che si perdono fra loro, un muli- È uno strepitoso saggio free su primo disco “ufficiale” del combo. nar di bacchette discreto e alla come la musica, e i segni sonori Ancora una volta il jazz viene sot- spicciolata, vuoti incomprensibili che ne compongono i significanti, toposto ad un attacco batteriologi- e pieni “a sfiatare”. Piacevole ma siano oggetto d’una precisa stra- co di antracite aritmica. Variante non essenziale, quindi. Così come tegia teoretica e comunicativa da indistruttibile derivata dal genio Buns And Butters (Geffer Re- parte di Kevin: “È come quando di Kevin e Mat soprattutto. E per cords, 2007), che nella sua mez- leggo L’Ulisse di Joyce, traendo- i curiosi ci sono in giro anche i 34 zora abbondante di divagazioni ne piacere dalla manipolazione del minuti di Buns And Butter (trat- improvvisate rimanda diretti diretti linguaggio e ispirazione dal suo ti dalle session d’esordio) e il cd alle sessioni Evolving Ear da cui humour. Quando ho suonato per Misbegotten Man dei People (I & è estrapolato. Davvero singolare, la prima volta con Matt e Ed, ho Ear Records, 2007) , sempre con invece, il connubio Mary Halvor- avvertito lo stesso tipo di curiosità Kevin coinvolto. Cercateli e non ve son/Kevin Shea nei People. Solo divertita”. ne pentirete! voce e batteria che richiamano da I gruppi di casa Load tremano. Ad Ordination Of The Globetrot- vicino, torturandone ancor più la Gli Orthlem avrebbero di che im- tering Conscripts spetta il posto mimica astratta, gli esperimenti parare all’ascolto. Forse anche d’onore. Trattasi di un piccolo ca- vocali presenti nell’esordio che fu i Lightning Bolt. Un caleidosco- polavoro di sgrammaticatura post degli Storm And Stress. pio inesausto di rock cangiante ed (noise, jazz, e perché no... anche Massimo Padalino

10 sentirea scoltare The Lights On... white rainbow

“FULL SPECTRUM VIBRATIONAL da i Surface Of Eceyon o Surface si completamente figlio del nuovo HEALING AUDIO IS PRISMATIC Of Eceon. Due dischi, due versioni corso. L’unico paragone possibile POSITIVE LIFE ENERGY”. “MORE diverse dello stesso moniker, ma è con Kesto dei Pan Sonic, ma la ADVANCED THAN MEDITATION!! stessa pasta psichedelica. Le chi- musica è completamente diversa. Il FASTER THAN MEDITATION. tarre di Dragyyn (Strange Attrac- lavoro non potrebbe essere più di- ABOVE AND BEYOND MEDITA- tor, 2003) coprono il vasto terreno spersivo. Dopo tutto è una raccolta TION”. Dal Teatro della Musica che separa il languore “al delay” di di provini e micro-sketch. È White Eterna al Prisma dell’Eterno Pre- David Gilmour dalla mistica dreamy Rainbow che prende dimestichezza sente il passo è molto breve. Più di Robin Guthrie. Sembra una delle con White Rainbow. Nel dvd appa- veloce della luce. Un attimo. Il pro- migliori vie di fuga dalla folla post- iono collaborazioni con videoartisti feta dell’Eterno Presente non è La rock di quegli anni, ma Adam scap- e dimostrazioni delle performance- Monte Young, ma Adam Forkner, pa già via verso nuove imprese. Nel installazioni dal vivo di White Rain- bizzarro habitué della scena psi- frattempo la sua padronanza stru- bow, sempre più intenzionato a far chedelica dell’Oregon. Si fece un mentale e il suo orecchio finissimo vivere un’esperienza psichedelica rapido cenno a lui, alcuni mesi or da tecnico gli permettono di attivar- a 360° con il supporto di strumenti sono, parlando di Honey Owens aka si come ingegnere del suono pres- ottici, luci, tubi e filmati. Con la sua Valet. Honey e Adam fanno infatti so i Dub Narcotic Studio della K Yarnalazer all’inizio di quest’an- coppia fissa e sono due tra i più Records, dove partecipa a registra- no pubblica Sun Shifts, un vero interessanti personaggi della sce- re svariati personaggi come Calvin antipasto del disco autunnale su na avant americana di questi anni Johnson, Greg Weeks e Kinski. Si Kranky. La musica di Adam Forkner 2000, anche se entrambi hanno nasconde dietro un moniker quanto è diventata ormai una via di mez- “curricula importanti” e non sono mai bizzarro per quello che è il suo zo tra l’ambient in odor di new age certo nati ieri. Forkner lo avvistiamo vero debutto come solista, ovvero e il kraut rock più etereo e oniri- già sul finire degli anni ’90 alla gui- la sigla [[[[VVRSSNN]]]] da pronun- co. Certi tribalismi dance non pos- da della compagine di space rock ciarsi come “version”. L’apparizione sono che agevolare ancora di più psichedelico denominata Yume Bit- di White Rainbow arriva con l’inizio la riuscita dell’operazione. Musica su (“battiti sognanti” in giappone- delle danze per la Yarnlazer la pic- che potrebbe tranquillamente es- se). Sono in quattro. Con lui ci sono cola etichetta di cdr che il Nostro sere usata come colonna sonora Franz Prichard, Alex Bundy, Jason condivide con la sua donna. Il pri- chill-out dopo infernali sessioni di Anderson e parlano argomenti ine- mo risultato con la nuova ragione goa-trance . Narcotica, tribale, quivocabili: chitarre spacey, tastie- sociale è Zome, un diamante dre- new agey… osserviamo attenta- re eteree, battiti ipnotici. Gli Yume am che ritorna sui passi interrotti mente l’arcobaleno che si scioglie Bitsu fanno surf su acuminate jam con gli Yume Bitsu e che si benefi- nel bagliore bianco del prisma e trancedeliche che si allungano in cia ancora una volta dell’aiuto dei lasciamoci abbindolare oltre che eterno come nella migliore tradizio- Landing. Post-rock con il cuore in dalla musica, dai proclami propa- ne psichedelica. Quattro dischi per mano nel peggiore dei casi, ma an- gandistici che addobbano l’artwork quattro capitoli distinti di un loro che elettro-beat pulsanti su chitar- in stile “Dream Syndicate” di Prism personalissimo volume dedicato re iper riverberate. Adam si sposta Of Eternal Now (Kranky / Wide, 1 alla trascendenza musicale. Di que- lentamente verso una possibile mu- ottobre 2007, in spazio recensioni) sti, probabilmente, il più completo e sica dance per angeli a due passi “Enjoy only 2 cosmetics, enough fantasioso rimane il disco omonimo dalla new age bella e buona. Un sleep & White Rainbow’s ‘Eternal del 2001. Ma Adam è già altrove. incredibile box di cinque cd + dvd Now’ sounds to cleance and relax A fare comunella con compagni di viene poi smerciato l’anno scorso body-mind-soul-spirit instantly uni- mentalità e di idee che rispondono da Marriage Records. È il primo ting Now! Infinite Now!”. al nome di Landing, con cui fon- parto vero e proprio che può dir- Antonello Comunale

sentirea scoltare 11 Jens Lekman EUGENETICA POP di Stefano Renzi

Vedi alla voce ineffabile. Un ragazzo piacevolmente privo di preconcetti e piacevolmente portato verso le melodie più carezzevoli e accattivanti. Una voracità inesorabile sotto l’indolenza blasé. Scintille di genio come tizzoni nella bambagia. Con l’opera seconda Jens Lekman stacca un biglietto sola andata verso l’olimpo del pop.

Quello tra la Svezia e la musica quelli che anche se ti stanno un insulto nei confronti di tutto pop pare un connubio destina- sul cazzo non puoi fare a meno quello che io amo della musica to a rinnovarsi all’infinito. Dai di dire che ti piacciono. Uno pop. Voglio essere personale, tempi del pre-pop-disco degli con i controcoglioni, uno che originale, e comunicare con Abba sino alle recenti scorri- i colleghi americani ed inglesi le persone che amano la mia bande di una etichetta geniale li guarda negli occhi senza im- musica ma i contatti che ho su e sottovalutata come la Labra- barazzo e che nel camerino gli my space si riducono a conver- dor Records, questi ex-barbari dà pure qualche dritta su come sazioni e commenti stupidi ed dalle folte chiome dorate figli aggiustare le canzoni. Sogni, insignificanti…. Non puoi inta- di Bjion Borg e della Volvo, forse speranze, per il momento volare una discussione creati- della dinamite e del mobilio a sicuramente illusioni che con va ed intelligente con una per- basso costo, sono sempre ri- ludico piacere ci costringono sona attraverso una telefonata usciti a reinventare il proprio a guardare altrove e a scrive- ad un cellulare oppure con un abbecedario musicale finendo re l’ennesimo articolo su que- sms…”. con il generare “fenomeni” che sto ventiseienne di Goteburgo Fuori dal tempo, direbbero i alle nostre latitudini manco ci anziché sul Mario Rossi del- Bluvertigo se ancora avesse- immaginiamo. Probabilmente la porta accanto che un disco ro pallottole da sparare. Fuo- è una questione di geni o di “della Madonna” - massì, dicia- ri dal tempo come i suoi ipo- genetica applicata alla mate- molo - come Night Falls Over tetici maestri: Scott Walker, ria musicale, oppure il frutto Kortedala non è ancora (forse il Jonathan Richman solista, di una solidità economica con non lo sarà mai) in grado nean- Stephen Merritt e, perché no, pochi paragoni al mondo, di che di pensarlo. Mr. , gente, che con uno stato efficiente e di servi- Alchimista dell’arrangiamento, il pop ha sempre avuto un rap- zi puntuali, di nove milioni di folletto della melodia, artigia- porto particolarmente stretto persone distribuite su di una no dell’ironia, questo ventise- anche se contorto e non certo superficie grande quasi quanto ienne dai tratti aristocratici e immediato. l’Italia nel suo complesso che dall’aria talvolta assonnata, è “Mi piacerebbe essere Jona- si spartiscono risorse naturali quanto di più di distante si pos- than Richman probabilmente inesauribili vivendo cullati nel- sa immaginare dal prototipo quanto a lui piacerebbe essere la bambagia anche con il solo di moderno cantautore, e non Lou Reed, ma siccome Jona- sussidio di disoccupazione. soltanto per quello che scrive than non sarà mai Lou io non Sarà quello che sarà, in fondo e per come lo scrive ma anche diventerò mai Jonathan per il non ce ne frega niente, anzi sì, per una visione ed un culto del- semplice motivo che non potrei per dirla tutta siamo un po’ ge- la propria arte totalmente agli mai essere così spensierato. losi poiché vorremmo che Ge- antipodi rispetto a quello dei E forse è giusto che sia così. nova somigliasse un po’ più a suoi colleghi. Probabilmente amerei la musi- Malmoe, che a Palermo si vi- “Ho provato a farmi piacere ca di Sthephen Merritt, ma ho vesse come a Stoccolma e che My Space ed ancora oggi cer- avuto il tempo di sentire soltan- magari, un giorno, da qualche co di avvicinarmi alla sua logi- to 69 Love Songs molto prima parte in questo disgraziato Pa- ca mettendo on line una sorta che la gente mi paragonasse a ese nascesse uno come Jens di audio diario e altro mate- lui ed adesso non riesco più ad Lekman. Un fuoriclasse, uno di riale ma credo che si tratti di ascoltare le sue canzoni”.

12 sentirea scoltare EUGENETICA POP

Contorsioni e immediatezza: e finalità differenti, ha ispirato Jens-mente illuminata verrebbe qualità che non mancano certo il Nostro in questo riciclaggio da dire, talmente pura e priva di allo svedese, capace di essere onnivoro che assume pop per spocchia da finire col piacere a sofisticato ma allo stesso tem- rigenerarne di nuovo, che in- chi la spocchia la mangia per- po incredibilmente accessibile, gurgita immondizia per rivomi- sino a colazione, talmente “ol- intelligente (per quanto può tare diamanti, un varco dimen- tre” da riuscire a vendere come palesarlo uno che scrive can- sionale aperto sul luogo fatato carne fresca cose che fino a zoni “pop”) ma disincantato, dove comincia ieri avrebbero fatto rabbrividi- quasi come se tutto quello che ad avere un senso. “Fantasy è re le orchestre da ballo della facesse e scrivesse non fosse una delle mie canzoni preferi- Costa Crociere, siano queste altro che un agevole gioco di te. Amo tutte le sue ballate del ispirate da un Bacharach in citazioni ed incastri, come una primo periodo, si tratta di can- versione love boat (Sipping On costruzione con il Lego di cui zoni semplici, storie d’amore The Sweet Nectar) oppure da si possiede già lo schema de- incredibili. Ascoltarle equivale uno Scott Walker in catalessi finitivo. Ascoltare un suo al- a sognare”. (And I Remember Every Kiss). bum genera quindi la solita, Che Mariah abbia avuto un È il prezzo da pagare quando incredibile, sensazione di déjà peso nella formazione del No- si fa (o si torna a fare) i con- vu, come se quelle melodie e stro pari a quella del Moz non ti con il pop, con quello vero quegli arrangiamenti a volte deve scandalizzare, perché che chiede semplicemente di così sfrontati facessero parte Jens è e rimarrà sempre un ra- raccontare storie e nel farlo del nostro patrimonio musicale gazzo di campagna, talentuoso riuscire a farsi piacere il più da una vita e che per qualche e bravo fino all’eccesso ma pur possibile. Elementi di seconda- strano gioco del destino fosse- sempre un sempliciotto e come ria importanza per alcuni, vitali ro state messe da parte, in un tale al di sopra di tutte le for- per altri che forse non riusci- angolo della casa in attesa di me di snobismo musicale una- ranno mai a capitolare di fronte tempi migliori per poter essere nimemente riconosciute. Per all’evidenza di una manciata di fruite. lui una canzone è soltanto una canzoni come quelle contenu- “Sono solito campionare dalle canzone, e una bella canzone te nell’opera seconda di Jens, fonti più disparate, è per que- è prima di tutto una bella can- Night Falls Over Kortedala sto che le mie canzoni prendo- zone, non conta se ad interpre- (Secretly Canadian, settembre no delle direzioni insolite. Se tarla è una popputa mulatta coi 2007, in spazio recensioni): trovo dei suoni pesanti di bat- glutei ipertrofici o un essere brani dentro ai quali puoi pre- teria che mi piacciono, campio- asessuato con dei fiori che gli cipitare come riparato da una no e metto da parte dicendomi pendono dalle tasche. La cosa rete di sicurezza, scoprendo “beh, un giorno li utilizzerò per principale è quello che si vuole ad ogni rimbalzo possibilità qualche cosa”, e magari ci co- trasmettere, il messaggio. Co- nuove, sfaccettature tanto in- struisco sopra un calypso.” municare è il fine e per farlo sospettabili quanto inusuali. Arte del campionamento che lo si segue il cuore, non la mente Qui sta la forza delle canzoni, pone al fianco di personaggi degli altri. Se poi si finisce per qui sta la forza di Lekman, il maestri e pionieri del genere, somigliare più a Scott Walker ragazzo qualunque che chiede come ad esempio l’olandese che a Paul Young ben venga, solo di scrivere canzoni. Come Solex che, seppur con modalità ma non è questo il punto. gli pare. Se vi pare.

sentirea scoltare 13 Vert BACK TO THE THIRTIES di Edoardo Bridda

Inghirlandato lo scorso anno con l’entusiasmante Some And An Octopus, Vert è in Italia per una piccola tournée. Il musicista garantisce soprattutto inediti che faranno parte di un prossimo lavoro dalla data ancora sconosciuta. Nel frattempo lo abbiamo preceduto via mail: il ragtime è proprio così importante? E com’è Vert dal vivo? Uno con il Mac riflesso in faccia? Lui garantisce: salirò sul palco da solo ma sarà come un hip hop trio …degli anni ’30.

Torniamo a parlare di Some Be- no già state avviate. Il ragtime poi cover di . Poi, da solo, ans... a un anno di distanza. non era un genere puro, esisteva ho fatto cover dei Can. È succes- Sorprende ancora quel pastiche combinato in differenti modi, con so un bel po’ di tempo fa, tuttavia post-moderno, anzi, facciamo il jazz e il blues principalmente. sono sempre dell’idea che la musi- retro-contemporaneo… senza of- Senza queste tre forme musicali ca può essere presa in uno spirito fesa. non ci sarebbe stata la pop music. completamente diverso. E poi sono L’ho prodotto da solo. Al mixer c’era Poi. Ancora. Ci sono molti paralle- un tipo anti-generi. C’è la musica Andi Toma dei Mouse On Mars che li tra ragtime e la musica attuale: bella e quella brutta. La cosa inte- naturalmente mi ha aiutato a met- sempre negli anni ’30 alcuni pia- ressante infine è che i due estremi terlo assieme. Sicuro. È stata una nisti s’incontravano ad Harlem per sono in un flusso costante… in un roba da diventare matti e per ve- sfidarsi. Chi era il migliore? E chi certo senso hai ragione. nirne ha capo ho applicato delle il più veloce? Proprio come accade strategie. Ho cercato d’inventarmi oggi con gli show open mic dove i October è una bella confident delle regole. Giusto per darmi dei rapper si sfidano a colpi di rima. song. È una calda canzone in- confini. Quando mi accorgevo che il Sempre rispondendo alla tua do- vernale. Tin Pan Alley. Sempre lavoro prendeva una piega la face- manda: le uniche pièce al piano anni ’30 eppure con una punta di vo diventare una regola. Per dire: che ricordo sono The Entertainer passione pop che fu l’humus di non ci sono cimbali di nessun tipo di Scott Joplin e la Gymnopedie lavori come Deserters Songs dei nel disco perché a un certo punto 1 di Satie. Credo che definiscano . Cosa ami di quel ho realizzato che non ne avevo mai bene la musica che faccio adesso. periodo della storia? utilizzati fin lì. Dunque quella era C’è veramente troppo da amare tra diventata una regola… Sembra che il tuo pop sia molto gli anni ’20 e gli anni ’30. Pren- versatile. Molti lo hanno parago- di Good For What Ails You, una Some Beans... non è così diffe- nato a Beck, altri a Waits. A me compilation di musica dei medici- rente dai tuoi lavoro precedenti. sembra una sorta di ritorno alla ne shows di quel periodo che ho Beh, lo è, però ci sono i ragti- belle époque (charleston, mam- nel lettore in questi giorni, è fan- me da vecchio saloon che in un bo, ballroom, ecc.) con in mezzo tastica. Se poi parli del songwri- modo o nell’altro ritornano sem- le battaglie per l’antiproibizio- ting, beh c’è uno special feeling pre come pure quel fare minima- nismo (comiche ragtime, frizzo quando nasce un certo modo di lista… electro…)... intendere la scrittura. E inoltre, Tutto viene dal ragtime! Sul serio, Versatili? Le canzoni dovrebbero dentro ci torvi quello stupore che quel genere è stato lo starting point esserlo sempre. Amerei pensare oggi è completamente soppiantato di così tanto pop a venire! Sape- che fosse possibile per la gente dal cinismo. Non che io abbia nulla vi che la musica diventò un affa- fare cover delle mie canzoni. Se contro il cinismo, ma è importan- re commerciale proprio attraverso ci pensi è un po’ triste che non ci te mantenere un senso di natività la vendita dei suoi spartiti? Erano sono cover nell’hip hop, o nella e trepidazione, anche in faccia al tunes dell’epoca. Un meccanismo musica elettronica. È una cosa che peggiore dei destini. e un certo modo di pensare era manca. Poco prima di scambiare la nato, dunque quando poco dopo mia chitarra per un sampler mi ri- È chiaro che il trend più hype arrivò il grammofono i concetti e le cordo d’aver cercato di convincere nella musica elettronica sia di strutture di cui aveva bisogno era- la band dove suonavo di fare una suonare acustico. Considerare il

14 sentirea scoltare laptop come uno degli strumenti in questo modo pensando che gen- synth? Ti stanno antipatici? La in campo e non più come il più te non la riconosca come figlia di vera domanda è: ma parti da un facoltoso… un particolare tempo o luogo, beh sound o da un feeling? Il computer è uno strumento come allora magari cominciamo a sentire Ho sempre comprato Pc. Sono più gli altri. A me per dire non interes- un po’ l’odore dell’arroganza (Ciao economici mica per altro. E poi non sa proprio la differenza tra ana- Goldie sto ancora ridendo della mi interessa… manco sono un fan logico e digitale. Meglio ignorarla tua definizione di Timeless come dei sintetizzatori. Ho sempre uti- non credi? Prendi lo “snare”. Sarà here-today-gone-tomorrow-album) lizzato tutto quel che mi capitava, figlio di una drum machine o è il o della pazzia (Ciao Moondog). soprattutto software. Poi per la do- field recording dello sbattere di manda più interiore parto alle volte una portiera di un auto? A parte per Potresti mettermi in fila, come con un sound e altre con un fee- i musicisti e i musicologi, ha così in una sequenza astratta, tutti ling. Altre ancora con il beat o una importanza questa distinzione? gli strumenti che hai scoperto e linea di testo, e soprattutto spesso amato partendo dal grembo ma- non ne ho idea. Continuo a pigiare Chiacchierando con Drew dei terno? finché non salta fuori qualcosa di Matmos era venuta fuori questa Prima è arrivato il piano. Ho stu- interessante. frase “non voglio suonare musi- diato piano dall’età di sei anni. Poi ca che in futuro la gente possa per poco arrivò l’oboe. Diciamo un Ti sei applicato anche ultima- irrimediabilmente legare a un paio di anni. Uno strumento orri- mente in questa pratica? sound specifico di un’annata. bile, pure difficile da suonare. A Per il nuovo lavoro ho cercato di Questa suona 1995 o 2002 …”. quattordici anni ho scoperto la chi- concentrare il mio autismo in un Non pensi che un musicista che tarra elettrica che poi ho suonato range limitato di strumenti. Però cerchi oggi di affascinare con un costantemente per sei o sette anni. ho registrato con Fedor Ruskuc, misto di glitch, shortwaves e Sa- Amavo collezionare i pedali della Gianni Legrottaglie e alcuni ottimi tie abbia rotto le palle? distorsione. Ne ho uno veramente musicisti per i fiati. A dire il vero È complicato. Da una parte nessu- bello tenuto da uno spago di non ho lavorato molto con le librerie di no vuole essere così riconoscibi- so cosa, mai scoperto di che mate- sample per piano. Sto facendo in le e catalogabile al primo ascolto. riale fosse. Poi mi sono scocciato modo di scrivere tutta la musica Però, d’altra parte, gosh, non vo- anche di quella e una sera pieno di prima di far entrare i musicisti. gliamo essere tutti così moderni? LSD l’ho scambiata in un negozio E lo sai, è un bel sentire… essere con un sampler, un computer Atari, Chi ti porterai con te in tour? contemporanei. Essere qui e ora. e una drum machine. Dopo averci Non è stato possibile portare Fe- La cosa noiosa è confondere forma giocato per un paio di anni sono dor e Gianni con me per ragioni e contenuto. Assumere che usando passato a un computer più serio. logistiche. Sarò da solo ma non ve i linguaggi della contemporaneità E infine sono finito a vivere in una ne pentirete spero. rimuova la possibilità di dire qual- grande casa con dentro un vecchio cosa. Così sì, se tu musicista pen- piano. Ho iniziato a suonare il pia- (Vert sarà in tour l’11 ottobre a Co- si che la formula glitch più Satie no again. droipo-UD, il 12 A Cesena, il 13 a sia abbastanza. Beh allora sei nel Faenza, il 14 a Milano) “wrong business”. E di più: se one- Continuando con gli strumenti stamente credi di poter fare musica sei uno che usa Pc o Mac? E i

sentirea scoltare 15 Disco Drive LA LUNGA STRADA VERSO LA CIMA di Manfredi Lamartina

Musica, immagine, stile per un gruppo in costante evoluzione. Il nostro incontro con il chitarrista Alessio Natalizia che ci svela cos’è per loro l’hip hop.

Incidere da indipendenti e pensare in inizialmente promettevano i Disco Drive. Non volevamo prendere in giro nessu- grande è qualcosa che agli occhi della Nel frattempo, tra cambi di formazione no. Il nostro obiettivo era quello di fare cerchia indie italiana suona quasi come (Matteo Lavagna che sostituisce al basso un album dei Disco Drive in tutto e per una bestemmia. Tant’è che chi lo fa si ri- Andrea Pomini), EP passati sotto silen- tutto ma in un modo completamente di- trova ad essere suo malgrado – o forse zio (The Very EP, pubblicato lo scorso verso. Magari l’hip hop non si sente e di proposito – il bersaglio principale degli anno, ultimo lavoro registrato dal trio ori- chiaramente la nostra intenzione non strali degli integralisti in musica. Parlate ginario) e più di trecento concerti in cur- era quello di fare un disco di hip hop male di me, purché parliate di me, disse riculum, riusciamo a beccare la band nel puro, ma è stato uno dei nostri punti di qualcuno. Prendiamo il caso dei Disco bel mezzo del loro tour in Gran Bretagna. riferimento maggiori (vedi i beat di Fin- Drive. Un paio di anni fa pubblicarono un Dove, manco a dirlo, pare stia andando gers And Nails, Things To Do Today e album che già dal titolo – What’s Wrong tutto davvero bene. Il chitarrista Alessio Grow Up!, e la metrica di molti cantati). With You, People? – sembrava voler Natalizia ci svela cos’è l’hip hop secondo In questo disco ci sono diversi strumenti prendere in contropiede tutte le discus- i Disco Drive. E soprattutto si dichiara un e quindi nuovi timbri, diversi riferimenti, sioni che di lì a poco sarebbero nate, cre- po’ stufo del volemose bbene che sem- abbiamo prodotto, registrato, e mixato sciute e alimentate intorno alla band. La bra imperare nei rapporti tra i complessi i pezzi in maniera totalmente diversa. prima, per inciso, che è riuscita a sdoga- italiani. Anche il modo di scrivere è cambiato nare in Italia in maniera credibile il verbo e abbiamo inserito molti loop su cui si del punk-funk, senza dover passare per Parliamo di titoli. Qual è l’idea che regge la struttura di intere canzoni. patetici wannabe (scritto, per ovvie ragio- sta alla base di Things To Do Today? ni, rigorosamente in inglese). E soprattutto, questa idea è inserita Grow Up è il pezzo che apre il disco. Un gruppo più inglese che italiano, quin- in un ipotetico continuum con quanto Ed in effetti si nota una crescita, que- di, per come è stato concepito. I Disco espresso da What’s Wrong With You, sto sì, in fase di scrittura. Quanto è Drive sono musica, immagine, stile. Loro People? stato difficile comporre questo cd? È ne sono convinti e consapevoli. Pure No, non c’è nessun continuum con l’al- vera la storia del secondo, difficile troppo, secondo molti, che infatti mostra- bum precedente. Tutt’altro. È un disco album? no qualche segno di insofferenza quando con nuove idee e nuove tematiche. Non è stato difficile ma piuttosto na- vede il gruppo che posa per un servizio di Things To Do Today si riferisce alle turale e fisiologico. Paradossalmente moda (sic!) in una rivista patinata musi- cose che abbiamo bisogno di fare oggi, sarebbe stato più complicato cercare di cale. Per non parlare di quelli che quando qui e ora nel 2007. fare un’altra volta lo stesso disco che passa un loro video su MTV cominciano a comunque non avremmo voluto e potuto soffiare manco fossero gatti idrofobi. It’s Qualche tempo fa avevate detto che fare. a long way to the top, cantano d’altronde il nuovo disco sarebbe stato diverso i DD in Things To Do Today, naturale rispetto al primo. Parlavate addirit- La cosa interessante è che anche se evoluzione del percorso cominciato con tura di hip hop. A me Things To Do avete rallentato un po’ il ritmo dei il disco d’esordio. Un lavoro che all’ur- Today pare un album dei Disco Drive brani, questi risultano più dissonanti genza dell’hardcore preferisce di gran in tutto e per tutto (per fortuna). Man- e complessi rispetto a quelli di What’s lunga le lusinghe del dancefloor. Pur cano i ruggiti hardcore, e in qualche Wrong With You, People… mantenendo, e questa è la sorpresa, un episodio siete più atmosferici e meno Esatto. È proprio il risultato che voleva- approccio dissonante di fondo. Il risultato ritmici, ma la sostanza è quella. In- mo ottenere. I ritmi sono meno serrati è senza dubbio interessante. Anche se è dubbiamente. Di’ la verità. Ci voleva- per lasciare spazio a soluzioni diverse. ben lontano dalla ventata di novità che te prendere per il culo? Prima il ritmo era elemento portante e

16 sentirea scoltare primario, adesso contribuisce alla strut- pericolosa questa deriva “modaiola” te per una band, soprattutto per una tura del pezzo insieme a tutti gli altri dell’indie? Come se si desse troppa come i Disco Drive che fa del ritmo la elementi. attenzione all’estetica e nulla alla mu- propria bandiera? sica… Sì, può portare all’esasperazione. Ma, Perché l’anno scorso avete pubblica- L’estetica e la musica sono due cose che dopo quasi trecento concerti, te ne fai to un EP? Non era meglio concentrar- da sempre vanno di pari passo e non si una ragione. Di certo non ballano tutti si direttamente sul nuovo disco? escludono a vicenda. È chiaro che ci come se fossero in discoteca ma per for- No. Quei pezzi sono nati insieme du- sono degli eccessi e basta andare in tuna non stanno neanche immobili. C’è rante il tour del primo album e abbiamo giro per l’Inghilterra per farsene un’idea. capitato anche di fare un pezzo e vedere preferito registrarli subito piuttosto che Ma il mondo indipendente italiano è tal- qualche testa muoversi e poi ascoltarlo farli invecchiare aspettando che ne arri- mente piccolo e chiuso in se che non ci messo dal DJ due ore dopo e vedere tutti vassero altri. si può permettere di escludere nessuna ballare scatenati. E la cosa comunque possibilità di arrivare ad altre orecchie ha anche il suo senso. Si dice che vi sentite i più bravi e i (ed altri occhi). più fighi di tutti. Perché date questa C’è un fenomeno molto strano che impressione, secondo voi? Molti dicono che ormai l’indie sta mo- sta accandendo nella musica. Ci sono Forse perché quando sei convinto e si- rendo, che è sulla bocca di troppi, molte più band rispetto a prima, ma curo di quello che fai puoi dare l’impres- spesso a sproposito. Che ne pensate? queste hanno una carriera molto più sione di sentirti più figo degli altri. Noi Non è forse una visione troppo milane- breve rispetto ai gruppi nati qualche non ci sentiamo più bravi e più fighi di se della questione, dato che, al di fuo- anno fa. Come ve lo spiegate? È tutto nessuno ma neanche il contrario. Maga- ri delle grandi(ssime) città, a vedere legato alla piaga dello scambio illega- ri siamo persone che se ne stanno ab- i concerti indie sono sempre quattro le di mp3? O c’è dell’altro? Davvero bastanza per i fatti loro e anche questo gatti? E poi, che male ci sarebbe se la nell’indie italiano non è possibile fare nell’angusto contesto italiano può dare musica indie riuscisse ad abbattere la progetti a lunga scadenza? l’impressione di spocchia e senso di su- barriera che si è autocostruita? Che il cambio delle tecnologie abbia periorità, ma non si tratta di questo. Il Esatto. Non farebbe male a nessuno e influito è innegabile. Non solo per lo fatto è che il carattere di una persona molte barriere inutili sarebbero abbattu- scambio di file ma anche per la facili- nel momento in cui suona in un gruppo te. tà di fare musica, registrarla e metterla viene percepito in maniera diversa: se online. Oggi un gruppo è un gruppo se te ne stai per i fatti tuoi rischi di venire È pur vero però che oggi si fa a gara ha una pagina su myspace e non se ha etichettato come uno stronzo. Oltretutto per far diventare indie qualsiasi ar- un disco fuori. A queste condizioni fare in Italia c’è questa regola non scritta del tista. Il M.E.I. per esempio lo scorso progetti a lunga scadenza è molto com- “volemose bbene”. E ogni volta che ti ci anno definì Pupo un cantante “neo in- plicato, soprattutto se l’intenzione è di sottrai sei di nuovo visto come l’arrogan- die”. Concordate? limitarsi solo all’Italia. te di turno. Ma per noi è più importante Non siamo mai stati al Mei ma diciamo essere sinceri piuttosto che sfoderare il che l’idea che ci siamo fatti a leggerne Sinceramente, che prospettive hanno complimento preconfezionato. In Italia non è delle migliori. i Disco Drive? Come vi vedete tra die- c’è troppo vittimismo e poco coraggio. ci anni? Ma ai vostri concerti la gente balla? I Disco Drive vogliono continuare a fare Voi avete fatto un servizio fotogra- O si limita a scuotere la testa ritmi- musica interessante e sempre diversa fico di moda su “XL”. Non è un po’ camente? Non è una cosa esasperan- per il più lungo tempo possibile.

sentirea scoltare 17 DAFT GENERATION di Edoardo Bridda e Marco Braggion

Da una parte la space disco a piroettare nella robodiscoteca, dall’altra la Daft Generation. Chi? Justice, Digita- lism e Chiamiamoli figli di astronauti francesi, del dancefloor e di questi tesi anni Duemila. Gli anni del qualunquismo mirabilandia post post. Ovvero dei riavvolgimenti ipercinetici tra palco e strobo.

Da icone a culto Düsseldorf rendendola semplicemen- due Daft scocca una scintilla che Un suono apparentemente facile. Che te un gioco, e dietro questa matrice porta ancora altrove. È punk. Una ri- affonda le radici in campionamenti c’è il tocco kitsch, magari con un re- voluzione tutta all’interno del dance- funk oculatissimi compressi nella cul- trogusto psych. Facile a dirsi difficile floor. Una bomba chiamata Da Funk. tura dell’E. Un’immagine iconografica a farsi. La kitschedelia con la quale Il funk appunto. Il resto è storia. Il di kraftwerkiana memoria e assieme veniva descritto il primo Daft Sound verbo è stato trasmesso Around The un’identità trasfigurata in man machi- è uno stile dance collagista antite- World, e la parola ha raccolto miglia- ne. Eppoi. Il binarismo robotico che tico alla cultura di stampo futurista ia di adepti. Gli apostoli della chiesa, si riaggancia al modernariato cartoon della città dei Motori e da gente con gli eletti, per quest’oggi sono solo 3. Jap e torna indietro al groove e alla la fissa droide come gli Autechre. Tre gruppi, doppi che si specchiano, scatoletta del circuito elettronico di Arduo per i cultori dance spogliarsi coppie d’assi che rispettano l’orto- base. Uno e Zero. Basta così: sono di un credo serissimo abbracciando dossia robotica. La messa è appena i Daft Punk, un culto, un fenomeno il kitsch. Prendersi gioco della cassa cominciata. Ma andiamoci calmi con transgenerazionale che non cono- in quattro pur amandola. Non sono i paragoni. sce la parola storicizzazione. Di più, cose che s’insegnano queste, maga- sono l’Università di scienze elettro- ri i Basement Jaxx lo potranno pure Generazione Daft dance, e a più di 10 anni dal primo spiegare in slide show ma parliamo di Eccoli qui, gli apostoli, adepti sca- singolo The New Wave (datato 1994) un’arte, proprio come quella del set- fati, pronti da un momento all’altro a e dall’esordio Homework la cui eco tare le voci filtrandole con vecchi ag- scardinare il trono dei sommi profeti: non smette di pulsare nei cuori digi- geggi presi al mercatino. Quelli sono Justice, Digitalism e Simian Mo- talizzati di mezzo mondo, i frequen- segreti. Segreti très francois che bile Disco. Tre strade diverse, tre tanti sono sempre più numerosi. s’imparano sul campo, oltre a pun- specchi riflettenti pronti a sfoderare I corsi attivati? Quello Old School ti di contatto con una l’altra scuola, gli electro ranocchi di una syntholo- fine Ottanta dove si studiano i suoni quella degli Air, anch’essi influentis- gy rigorosamente d’antan. Citazioni di beatbox Roland 303, e nel quale simi. Ma non divaghiamo e facciamo e imbastardimenti figli della finta- si comprende il passaggio dall’esteti- parlare lo stesso Bangalter, uno dei semplicità Daft. Pochi ingredienti di- ca hip-hop a quella Acid e . Il due uomini robot: “One of the cool retti alla base acida di quello che è corso avanzato Novanta dove s’impa- things about the house music spirit is stato e di quello che sarà (la disco?): rano le tecniche dj, la sociologia del- that it inspired to use in- cassa dritta e divagazioni melodiche, lo scazzo, il revival della lounge. Poi struments for things they weren’t de- filtri in progressione e aperture co- c’è quello sulla musica da ballo nera signed to do”. Dunque l’inconfessato smiche (vedi pure Music Sounds Bet- nel quale si comprendono le radici è trovare vecchie machine e farle ter With You, progetto parallelo di groove del verbo di Chicago. Infine, suonare in modi diversi, campionare Bangalter, che nel 1998 sbancava), e non può certo mancare, il seminario vecchi dischi e sporcarli fino a ren- vocoder che nel frattempo sono di- d’estetica e semiotica tedesca basa- derli ferramenta Futurama. Giocarci ventati dominio DFA mescolato ad un to sulla figura dei , la base su senza ideologia. Un gioco-concet- attitudine (nu)rave che dai Chemical di tutto. Chiaramente. to. Non proprio una cosa da nerd e Brothers porta all’oggi. Poi il French La scuola non insegnata tutto: i se- basta. Eravamo a metà Novanta con Disco con incursioni p-funk, ancora greti s’imparano sul campo ma il una Screamadelica oramai lontana, DFA passati al colino di Rapture e primo di questi è noto: l’abilità nello l’Aphex Twin in avvicinamento al derivati. Ritorno al dancefloor quin- stemperare la serietà dei manichini di pop (Windowlicker). Negli occhi dei di, ma attenzione...

18 sentirea scoltare Da sinistra: Daft Punk, Digitalism, Siman Mobile Disco, Justice.

Croce e delizia robo tastiere francesi con un po’ di Klaxons, Björk, Muse e Rapture. E di E partiamo con le promesse mante- aceeed! che non guasta mai di questi pari passo si forma un gusto che non nute a metà: Justice. Credenziali: tempi, e miele sintetico. Però: innesti può fare a meno dell’old skool e persi- un duo (Gaspard Auge e Xavier de rock nella pasta sonica. Triangolazio- no di gente straignorante come i Tech- Rosnay). Segni particolari: vengo- ni Out Hud e nu-rave (Klaxons). Poi notronic. Dunque ritmo robot lique- no dalla madrepatria daftpunkista, la ci sono gli Ottanta: Digitalism In Cairo fatto e riesumato dalla cricca Francia. Un paio di mosse divine, tra per dirne una, è un omaggio alla wave Snap, ovvero dalla scuola nera NRG a cui l’esordio: il remix di Never Be Alo- targata Robert Smith, il minimalismo cavallo tra gli Ottanta e Novanta. Così ne (guarda caso proprio dei Simian) art-dark da cui tutto riparte sempre e la linea dei daftpunkiani si lega diret- e successivamente la firma/marchio comunque. Ma se l’onda si trasforma tamente al ghetto-funk e rinasce altra. di fabbrica su voci e ritmi dell’olim- in bioritmo, il ricorso porta ai mani- Techno-truzza con stile. Sì. Ecco il di- po mainstream, come Britney Spears, chini e nonsoloDaft, ovvero chitarre. sco Attack Decay Sustain Release, Fatboy Slim e N*E*R*D. Quest’anno Nessuna novità? Più o meno si va le partecipazioni alle compilation Bug- registrano un album pomposamente d’addizione, tuttavia, sotto le pro- ged Out e le serate del Fabric. barocco che ai robot deve moltissi- gressioni melodico ritmiche qualcosa Il suono Simian Mobile Disco è sin- mo, che al loro sound si genuflette e c’è, s’apre alla psichedelia cosmica. copato, aceeed!, funk, ma soprattut- si specchia in narcisistiche pose. Un Un ponte con la kraut disco nordica di to pregno di negritudine e un tocco giochino di stucchi e paillettes riflet- Lindstrom è gettato, ma tutto trabal- dance brit (senza rinunciare ad alcuni tenti. Luci stroboscopiche a bassa la quando c’è la febbre scanzonata e, pezzi white per bianchi come Love). velocità per chi vuole lasciarsi travol- appunto, kitsch a dominare il platter. Di fatto è il duo meno emulo del lot- gere dai ricordi. Tastierine e suonini Ci siamo quasi. I Digitalism sentono il to, più consapevole della potenza del senza quel quid. Senza la visione del polso del presente. E quasi arrivano remix, vario nelle soluzioni (Scott Darkel (metà solista e gaia degli AIR) alla sintesi (quasi però). per dire è un balletto futurista e una più cosmico e stellare. Tutte consape- piece contemporanea assieme! Love volezze che il duo pare avere in testa Disco Mobile parte dai Klaxons e sfreccia a Ottan- ma reagisce macinando tutto vortico- Altra coppia infine, l’ultima, la più ta all’ora, I Believe è bass Miami al samente, bruciando così tutto e subi- completa: il duo James Shaw e James ralenti…), sapiente nell’uso dei filtri to. E di nuovo: leak ammiccanti buoni Ford che approda quest’anno all’ago- (gli inserti Phuture in Hustler), nel- per qualche vecchia superclassifica, gnato disco d’esordio sotto il moniker la realizzazione dei climax (It’s The archi disco e vocine per loliti e lolite di Simian Mobile Disco. Location: la Beat: un ponte tra electro Kraftwerk tutti vodka e red bull (che dicono che scazzata Bristol del fu . Prima, e Pump Up The Jam). In altre parole al fegato fa malissimo. Più dell’eroi- è vero, c’erano i Simian (e basta), un è il più smaliziato nel frullare i vibe na). Quel che non era possibile inse- ibrido di Broadcast e Beta Band. La con i rhythm. Un set poshy bastard, gnare non è stato metabolizzato. È febbre del remix nata per gioco però puttano come la coppia Beckham, ma mancato il tempo e questo fa molto cresce sempre più, finché i due lascia- pronto a convertire lo chic in kitsch Duemila. Meglio va con i Digitalism. no da parte l’istinto rock per tardoado- technotronico. “I know it’s good, it’s lescenziali pastiere sudaticcie. the beat”, dicono loro, ma che siano Ideal(ism) Paradise Il gancio arriva con un DJ di grido (Er- pre tutte le etichette che vi rintronano Digitalism, ovvero Jens Moelle e roll Alkan) che li porta in casa Kit- in testa ora (e che vi fanno odiare le Ismail Tuefekci. Sangue krauto dal- suné Music e I’m A Cliché. Dal 2004 recensioni) a noi tutti interessa il toc- la fredda Amburgo proteso verso le in poi, i remix sono per le star: Air, co. Loro ce l’hanno più di tutti.

sentirea scoltare 19 Oren Ambarchi NELLA MORSA DEL PENDOLO di Vincenzo Santarcangelo

Un excursus tra alcuni titoli della sterminata discografia da solista del chitarrista e sound-artist australiano Oren Ambarchi. Esperimenti tonali e riflessioni (meta)fisiche alla ricerca del puro suono, con la guida dell’incessante vagare della sfera di un pendolo.

Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, ti sublunari, per divina ragione lega tazione: quei suoni primigenei iterati mobile all’estremità di un lungo filo necessariamente la circonferenza al all’infinito simboleggiano senz’altro il fissato alla volta del coro, descriveva diametro di tutti i cerchi possibili - prostrarsi del fedele, sono indubbia- le sue ampie oscillazioni con isocro- così che il tempo di quel vagare di mente feticci della sillaba sacra; ma na maestà. una sfera dall’uno all’altro polo era prima e forse più, quei suoni simulano effetto di una arcana cospirazione tra il movimento infinito del pendolo. La Non conoscevo l’australiano Oren le più intemporali delle misure, l’unità musica di Oren Ambarchi, a ben pen- Ambarchi (Sydney, 1969) e la sua del punto di sospensione, la dualità sarci, è pura fisica del suono. arte della seicorde. Quando dedicavo di una astratta dimensione, la natura Se qualcuno avesse provato a farmi anima e corpo - più corpo che ani- ternaria di π il tetragono segreto del- ascoltare Insulation (Touch, 1999) ma, i pensieri non perdevano tempo la radice, la perfezione del cerchio. all’epoca dei miei infruttuosi tentativi a vagare lontano - allo studio della accademici, difficilmente mi avreb- chitarra classica, non potevo imma- Forse davvero per poter riscoprire be anche convinto del fatto che quel ginare che lo strumento che tenevo un qualunque artefatto nella sua na- disco era, in sostanza, un disco per abbracciato come fosse una donna tura di semplice oggetto tra gli altri, sola chitarra. Se ancora non risulti da sedurre (così mi aveva insegna- bisogna condurlo allo stremo delle chiaro cosa si debba intendere quan- to il maestro) potesse trasformarsi in possibilità funzionali, forzarne le po- do si parla di un processo in grado un pendolo. Me ne stavo seduto, con tenzialità al massimo grado. Forse di “condurre allo stremo delle pos- una gamba a mezz’aria sostenuta da solo allora, tra le mani del virtuoso, sibilità funzionali” un semplice arte- un ben disposto sgabellino poggia- l’artefatto torna, recalcitrante, ribelle, fatto, si ascoltino Insulation o i quat- piede, a decifrare ghirigori su righe a reclamare il suo status originario di tro volumi della serie Stacte (Jerker orizzontali. Tra un Giuliani ed un Sor, oggetto, si svela nel suo essere mera Productions, 1998, 1999 i primi due, mi chiedevo se fosse davvero quello materia. Ma queste sono solo sofisti- Jerker Productions/Plate Lunch, 2000 lo strumento che avevo scelto di im- cherie. Quando si parla di Oren Am- il terzo, En/Of, 2002 il quarto). Qui la parare a suonare. Ma era lungi da me barchi si finisce sempre per tirare in chitarra è neutrale sorgente di suono, l’idea che si potesse trasformare in ballo il minimalismo storico, in special oggetto spogliato di qualsiasi speci- un pendolo. Dopo qualche ora pun- modo la propaggine estrema di quel ficità artistica, dispositivo generatore tualmente rivestivo quella donna con movimento d’avanguardia che ha fini- di rumore volutamente pre-culturale cui - siamo sinceri - non avevo avuto to per confondere giustificazione teo- colato in architetture improvvisate e poi grande fortuna, riponevo i libri in rica e aspirazione al sacro in un ricer- cangianti. Qualcuno, è pur vero, po- uno scaffale che presto sarebbe di- care che ha presto condotto musicisti trebbe riconoscere in simile ardire il ventato il loro luogo naturale e ferma- borghesi di razza bianca e di buona già ascoltato di un Morton Feldman vo il metronomo - o forse si trattava famiglia ad un peregrinare inquieto e o di un La Monte Young, ma Insula- di un pendolo. spesso incostante, geografico - sulle tion è uno di quei dischi che cancella tracce della spiritualità incontamina- in un sol colpo (di spugna) interi ma- Lo sapevo - ma chiunque avrebbe ta dell’estremo Oriente, alla ricerca nuali di storia delle correnti e degli dovuto avvertire nell’incanto di quel delle origini dell’uomo e del ritmo, strumenti musicali. placido respiro - che il periodo era re- nel continente africano - prima anco- golato dal rapporto tra la radice qua- ra che spirituale. La musica di Oren Ancora sapevo che sulla verticale del drata della lunghezza del filo e quel Ambarchi ha sicuramente a che fare punto di sospensione, alla base, un numero π che, irrazionale alle men- con la sfera del sacro e della medi- dispositivo magnetico, comunicando

20 sentirea scoltare il suo richiamo a un cilindro nascosto sola chitarra (Corkscrew, la monu- - e perfettamente assecondato grazie nel cuore della sfera, garantiva la co- mentale Stars Aligned, Webs Spun), alla liaison con Chris Towned a nome stanza del moto, artificio disposto a vengono addizionate con il solito pro- Sun, esperimento sfociato nell’omo- contrastare le resistenze della mate- cesso graduale di scuola minimalista nimo disco (Staubgold, 2004) dal sa- ria, ma che non si opponeva alla leg- un organo alla Terry Riley (Remedios pore decisamente pop - si accoglie- ge del Pendolo, anzi le permetteva di The Beauty) e un brush di batteria ranno di buon grado le concessioni manifestarsi, perché nel vuoto qual- jazz (Girl With Silver Eyes), prima accordate all’intelligibilità di alcuni siasi punto materiale pesante, sospe- grande passione dell’artista da gio- elementi (addirittura la voce sussurra- so all’estremità di un filo inestensi- vane - determinante, per la formazio- ta del cantautore tormentato, sempre bile e senza peso, che non subisse ne del musicista, un soggiorno-studio in Trailing Moss In Mystic Glow). Ma la resistenza dell’aria, e non faces- come batterista free jazz a New York, l’impressione è che la sfera, stavolta, se attrito col suo punto d’appoggio, nel lontano 1988, alla scuola di quel abbia dovuto faticare più del dovuto a avrebbe oscillato in modo regolare John Zorn che diverrà uno dei suoi fendere la resistenza dell’aria. per l’eternità. primi mentori. Il recente In The Pendulum Embra- II Pendolo mi stava dicendo che, tutto La costanza del moto di un corpo ce (Touch, 2007) si colloca coeren- muovendo, il globo, il sistema sola- sospeso a mezz’aria. Un artificio di- temente sulla scia dei due predeces- re, le nebulose, i buchi neri e i figli sposto a contrastare le resistenze sori, pur non raggiungendone i picchi tutti della grande emanazione cosmi- della materia. Questo è Suspension espressivi. Fever, A Warm Poison ca, dai primi eoni alla materia più (Touch, 2001), il primo lavoro in cui si tinge di umori depressi ed oscu- vischiosa, un solo punto rimaneva, si inizia a definire compiutamente il ri, giocherà forse un ruolo la recen- perno, chiavarda ,aggancio ideale, suono dell’Oren Ambarchi solista. te collaborazione con i Sunn O))) di lasciando che l’universo muovesse Sprazzi di melodia vivissima germo- Black One? Ci pensa Inamorata a intorno a sé. E io partecipavo ora di gliano, quasi per caso, sullo sfondo ristabilire, grazie ai consueti armoni- quell’esperienza suprema, io che pure della logica binaria dominante - le ci, quello stato di trance a cui siamo mi muovevo con tutto e col tutto, ma due estremità della traiettoria trac- assuefatti; l’ingresso degli archi, a potevo vedere Quello, il Non Moven- ciata dalla sfera (Wednesday, Su- metà minutaggio, conferisce un certo te, la Rocca, la Garanzia, la caligine spension). Al suono degli armonici dinamismo al monolite, sì che il brano luminosissima che non è corpo, non della chitarra, vero e proprio fil rou- finisce quasi per diventare saggio del ha figura forma peso quantità o qua- ge dell’intero lavoro, si alterna quel- migliore post-rock. È un album varie- lità, e non vede, non sente, né cade lo dei bassi profondi, come se una gato rispetto agli standard, In The sotto la sensibilità, non è in un luogo, mano scavasse e l’altra lanciasse il Pendulum Embrace, frastagliato in in un tempo o in uno spazio, non è terriccio lontano, per aria; come se le mille sfumature cromatiche (la chitar- anima, intelligenza, immaginazione, leggi della statica fossero applicate a ra folkish di Trailing Moss In Mystic opinione, numero, ordine, misura, so- quel punto immateriale che è la nota Glow), curatissimo nei particolari; stanza, eternità, non è né tenebra né musicale (Vogler, As Far As The Eye eppure manca quella solennità se- luce, non è errore e non è verità.* Can See). vera che aveva fatto grandi, pur nel- Il miglior esempio dell’incessante ri- la loro immobilità espressiva, lavori (* I brani in corsivo sono tratti da Um- cerca di purezza di Ambarchi è sen- come Suspension e Grapes From berto Eco - Il Pendolo di Foucault - za dubbio Grapes From The Estate The Estate. Se si apprezza l’afflato Bompiani, 1988) (Touch, 2004): alle meditazioni per melodico mai rinnegato da Ambarchi

sentirea scoltare 21 DIRTY PROJECTORS dove Mahler va d’accordo con i Black Flag di Daniele Follero

Non ha compiuto venticinque anni e alle spalle ha già una carriera di tutto rispetto e un “progetto” multiforme che porta avanti da qualche anno. Dave Longstreth, leader assoluto dei “suoi” Dirty Projectors, conferma, con l’ultimo Rise Above di essere una figura di prima importanza della musica indipendente targata U.S.A..

Faccina pallida e brufolosa, ma- tivo vulcanico di questo ragazzo di cilmente riconducibile a riferimenti scella prominente, capelli scuri, irti, New Haven che di lì a poco sarebbe precisi: il neo-folk di Banhart e soci sparati confusamente verso l’alto, esploso. Ma spulciando nei solchi (neo-acustica, acoustic lo-fi o chia- smorfia da Sid Vicious poco con- di un disco dalle modeste pretese, matelo come preferite, ma, vi prego, vinto: guardando una foto di Dave ci si imbatte in scintille di geniali- non pre-war folk!), il Barrett post- Longstreth ai tempi degli esordi, tà, schizzetti di forte affermazione Pink Floyd e un pop sfacciatamente si incontra un giovincello america- di una personalità musicale anco- avant, quasi la negazione stessa no appena ventenne come ce ne ra troppo timida per venire a galla: del termine. La composizione stru- sono tanti, cresciuti a suon di IPod ballate sghembe alla Barrett (Fol- mentale appare più curata rispetto ed mp3, uno studentello qualunque low Me Not If You Still Care, I Don’t al precedente The Graceful Fallen che può permettersi di atteggiarsi a Know), singolari interpretazioni del Mango, ma sono ancora lontani gli pseudo-intellettuale solo perché è post-rock (Easily Resigned), il prog arrangiamenti classicheggianti e il iscritto a Yale con i soldi di un papà della title track, sono i momenti più grande lavoro sui cori che caratte- più che benestante. Nulla del suo interessanti di questo esordio, oltre rizzeranno il periodo più maturo di aspetto farebbe pensare, volendo a rappresentare il lato stilistico di Dirty Projectors. In questo “secon- giocare con le leggi della fisiogno- Longstreth più vicino al suo futuro do” esordio, Longstreth somiglia a mica, che dietro quell’apparenza di prossimo, firmato Dirty Projectors. un Capitain Beefheart che gioca adolescente disimpegnato si na- Dave lascia presto Yale, per dedi- a fare Roy Harper. Si passa dal- sconda in realtà un musicista già carsi alla musica a tempo pieno (an- la tranquillità psych-folk di Ground maturo e completo, un genietto del che se, a considerare il suo attuale Underfoot e Off Science Ill al funky post-tutto, uno che si trova a suo stato di semi-sconosciuto, il suo zoppo e strascicato di Boredom Is agio sia con Mahler che con i Black essere ostinatamente underground, A Product, giungendo fino alla follia Flag, con complesse composizioni qualche lavoretto extra avrà dovu- pura della title track, uno strano in- corali e grezze schitarrate neo-folk. to pur farlo) e decide di trasferir- crocio di avant hip hop, psichedelia In realtà, Dave non mette subito in si a . È qui che nasce e e i Contorsions. Se non fosse per mostra le sue poliedriche qualità prende vita il “progetto”: creare una l’eccessiva presenza di nenie per musicali, seguendo, anche se mai formazione aperta, una band inter- chitarra e voce, interessanti, per pedissequamente, la scia del filo- cambiabile che potesse esprimersi carità, ma alla lunga un po’ noiose, ne neo-acustico di inizio millennio, attraverso generi molto diversi tra si potrebbe già gridare al miracolo. Devendra Banhart in testa. Le scel- loro, dalla musica cameristica al te del primo album a suo nome, The pop. Un gruppo di esecutori che Slave’s Graves And Graceful Fallen Mango, sembrano, mettessero in pratica le sue inven- Ballads: piccoli geni infatti, tutte orientate alla sempli- zioni costantemente in fieri. crescono cità estrema dei mezzi: registrato (Western Vinyl, Ma l’esultanza è solo posticipata nella sua camera da letto con un 2003), però, sebbene sia uscito con di un anno. A seguito dell’uscita di semplicissimo 4 piste e il compu- il nuovo nome, è un album quasi in- Morning, Better, Last!, una raccol- ter del fratello, l’esordio discogra- teramente suonato e prodotto da ta di materiale inedito registrato tra fico di Longstreth non stupisce per Dave, che in questa occasione si fa il 2001 e il 2002, pubblicata per la originalità, né per particolari idee. aiutare dal collega di Portland Adam States Rights e venduta solo su In- Una strizzata d’occhio ai Beach Forkner (Yume Bitsu, Surface Of ternet, il giovane Dave decide che Boys e un’impostazione stilistica Eceon, World). Anche in questa è arrivato il momento di fare le cose tipica della tanto in voga “canzone occasione, Dave appare prevalen- in grande e arruola la Orchestral da cameretta”, tengono paralizzato, temente concentrato sulla ricerca Society For the Preservation Of the nelle strette maglie della semplicità di originali soluzioni melodiche e Orchestra (sic), (una formazione e della casualità, l’estro composi- rimane ben stretto ad un genere fa- composta da un flauto, un oboe, un

22 sentirea scoltare clarinetto, un corno, due violini, un Graves) l’orchestra si muove attra- Il passo pretenzioso violoncello e percussioni) per regi- verso passaggi armonici che lasce- della glitch opera strare il tanto orgogliosamente an- rebbero a bocca aperta anche Ge- “Una glitch opera sul leader degli nunciato album per “voce, quartetto orge Martin. Eagles, , e sul conflitto di Daniele Follero d’archi e quartetto di fiati” (anche La distorsione acustica di (Throw tra Hernan Cortes e gli Aztechi del se in questo caso, a voler essere On The) Hazard Lights piomba in 1519-21”. Stavolta Dave Longstreth precisi e pignoli, mancherebbe la una sorta di lo-fi orchestrale e vie- prova per grandi salti a dare la sua viola a completare i quattro archi… ne riproposta a mo’ di ripresa per visione dell’America, racchiudendo- vabbè, piccolezze…) chiudere il primo capitolo di que- la tra due personaggi che non hanno Dopo due album che lo avevano in- sto album. È a questo punto che niente in comune se non il fatto di quadrato in una corrente neo-folk la one-man-band Dirty Projectors appartenere entrambi alla vita de- tanto attiva quanto variegata, con viene fuori nella sua versione più gli Stati Uniti. Che cosa sia poi una Slave’s Graves And Ballads (We- intimista e Longstreth rimane qua- glitch opera (!) non è dato saperlo, stern Vinyl, 2004) il ventunenne del si totalmente solo con la chitarra anche perché, a parte qualche ela- Connecticut si avvia già verso uno a sussurrare le sue “homemade borazione elettronica (Ponds And stile plasmato ad immagine e somi- songs”. Prevale la dolcezza in La- Puddless), la musica ha veramente glianza della sua valanga di idee dies, You Have Exiled Me e Ob- poco a che vedere con quello che si musicali, prendendosi sotto brac- scure Wisdom, mentre l’atmosfera definisce glitch. Per non parlare dei cio il Robert Wyatt più ispirato e cupa di Since I Opened è perfetta riferimenti all’opera… la migliore tradizione cantautorale per chiudere un album che non cala Dopo i buoni livelli compositivi rag- americana, da Tim Buckley a Tom mai di intensità. giunti l’anno precedente, il princi- Waits. Chi si aspettava una ricon- Dave comincia a far parlare mag- pale Dirty Projector, richiamata a ferma di quell’approccio “casalin- giormente di sé pur rimanendo nel- se l’Orchestral Society, si fa pren- go” che aveva contraddistinto The la sua nicchia di estimatori statu- dere da ambizioni “colte”, cadendo Glad Fact sarà rimasto deluso al- nitensi, mentre qualcuno comincia in un tranello molto insidioso per meno per metà visto che, se parte ad affiancarlo ad altre interessan- gli artisti popular. Per sua fortuna dell’album (prodotto della riscrittu- tissime figure di spicco della scena Longstreth non si mette a emulare ra e reinterpretazione di due prece- avant-pop orchestrale come Sufjan nessuno (a parte alcuni momenti di denti EP) si conferma in pieno stile Stevens, Rufus Wainwright e scrittura operistica di impronta tar- lo-fi, il resto parla un linguaggio or- Andrew Bird. Incurante, almeno doromantica), ma la sua originalità chestrale che per raffinatezza e fre- in apparenza, di questa attenzio- non è coinvolgente. schezza degli arrangiamenti questa ne crescente nei suoi confronti, Laddove l’album precedente era or- volta sì che fa gridare al miracolo. Longstreth continua imperterrito il ganizzato in canzoni, accorpate in Le parti orchestrali, scritte e dirette suo cammino verso la sperimenta- due parti in base a scelte strumen- dallo stesso Longstreth (che rimane zione orchestrale e, non pago dei tali, The Getty Address (Western l’unico e incontrastato protagonista risultati stilistici (delle vendite si sa Vinyl, 2005) si presenta come una del “progetto”) più che funzionare poco) raggiunti con Slave’s Graves lunga suite, con il coinvolgimen- come semplice accompagnamento And Ballads, prova a superarsi e, to di un organico strumentale im- di una melodia-conduttrice (abuso di conseguenza, a complicarsi la pressionante per varietà: un ottetto tipicamente pop), sono usate con vita, annunciando una grande ope- di violoncelli, fiati, percussioni di un’espressività più unica che rara ra corale. La ricerca di una mag- tutti i tipi e coro femminile, il tut- negli ambienti “popular”: dalla leg- giore complessità formale lo spinge to scritto ed elaborato (guarda un gerezza (On The Beach) ad una verso i territori del concept album, po’!) da Longstreth stesso, che ha gestualità quasi operistica (Slaves’ ma l’approdo è difficile e incerto. lavorato le parti al computer e le ha

sentirea scoltare 23 ricostruite sovrapponendoci la sua to aspettare qualche annetto di più cles; Darkened Car). Che questo voce. Una voce che naviga per tutti per cimentarsi in un’avventura che sguardo all’indietro sia anticipatore i cinquanta e passa minuti dell’al- non sembra essere stato in grado di un cambiamento, lo si intuisce bum su uno stile a metà tra Robert di gestire fino in fondo, alla quale non solo da queste “rivisitazioni”, Wyatt e Jeff Buckley. non è bastato il suo approccio tra il più asciutte e free-form, ma anche A parte qualche richiamo melodi- colto e il naїf, che pure aveva dato dalle due perle che completano co qua e là, The Getty Address, linfa vitale ai due lavori precedenti. un lavoro breve ma ricco di spun- non dà l’impressione di un proget- Un passo falso, un’esagerazione, ti: il funk preso in prestito da Billy to organico (quello che dovrebbe ma fisiologica, comprensibile, po- Preston di Two Young Sheeps e il essere un’opera). Una musica che tenziale preludio ad una ulteriore sound sfacciatamente pop anni ’80 si sforza di essere evocativa, intel- fase di crescita artistica. Da uno di Katy At The Mall Pts. 1 & 2, la- lettuale, ma che risulta statica, “le- come Longstreth, che di idee ne ha sciano intravvedere già nuovi terri- gnosa”, ingessata dietro una forma da vendere, c’è da aspettarselo. tori inesplorati, pronti a sostituirsi troppo pretenziosa. Non che sia un nell’immaginario caleidoscopico di brutto lavoro, è senz’altro un ope- Uno sguardo all’indietro Longstreth. razione complessa, questa, con un Rispettando ancora una volta la Un altro interessante momento di risultato che ha bisogno di tempo cadenza biennale delle sue uscite, questo viaggio a ritroso nel tempo per essere metabolizzato. Momenti Dave Longstreth, dopo la faticaccia attraverso i “salti” stilistici, è rap- come Time Birthed Spilled Blood, di The Getty Address, si concede presentato da una chicca, che ha con le sue sovrapposizioni di parti, un anno sabbatico per guardarsi in- preceduto di poco l’uscita di Rise mettono in risalto una grande fan- dietro e scoprire come è cambiata Above: le Daytrotter Sessions, tasia compositiva, che però si per- la sua musica dopo una manciata pubblicate solo sull’omonimo sito de nella noiosa lentezza di I Will di dischi. È forse questa la motiva- internet (www.daytrotter.com), un Truck o di Warholian Wigs. Ritmi zione più fondata della pubblicazio- sito che pubblica session inedite lenti vicini al trip hop, ma spesso ne dell’EP New Attitude (Western di propria produzione e che può elaborati con percussioni dal sapo- Vinyl, 2006), un vero e proprio ri- vantare già un catalogo di tutto ri- re etnico come marimbas e campa- assunto in mezz’ora di musica, del- spetto, che comprende nomi come nacci (Jolly Jolly Jolly Ego). Un al- la carriera di Dirty Projectors. Una Grizzly Bear, Vietnam, Casiotone, bum a volte stucchevole, altre volte sintesi precisa, che esplora con , Bonnie ‘Prince’ Bil- affascinante, un percorso musicale grande consapevolezza, le stra- ly, My Brightest Diamond, Ponys, pieno di fermate, discontinuo, ma de via via intraprese: dagli esordi Low. Una sorta di John Peel in pic- che se attraversato a piccoli tratti elettroacustici (Fucked For Life; colo, che prova ad “accalappiare” rivela meglio il suo fascino, tra il Two Sheep Asleep; Imagine It) alle i musicisti di passaggio in Illinois cervellotico e il sempliciotto. For- composizioni orchestrali del perio- per fargli registrare qualche ses- se il giovane Dave avrebbe dovu- do più recente (Likeness Of Un- sion inedita. Così è stato per Dirty Projectors che, in viaggio per il tour di The Getty Address hanno fatto un salto al Futurappletree Studio One di Rock Island, per registrare quattro brani, tre dei quali tratti da New Attitude e un inedito che risale al periodo di Slave’s Graves And Ballads, A Labor More Restful. Brani che, in presa diretta e con diversi arrangiamenti, assumono tutt’altro aspetto, più propriamente rock, rispetto alle elaborazioni in studio.

Una virata a 350° Almeno stando ad alcune sue di- chiarazioni in un’intervista di qual- che anno fa, gli interessi musicali di Dave erano tutti concentrati, dopo il pretenzioso sforzo di The Getty Address, sulla figura di Krzysztof Penderecki, l’autore della celebre Trenodia per le vittime di Hiroshi- ma, compositore tra i più interes- santi dell’avanguardia post-bellica.

24 sentirea scoltare Ma probabilmente, l’irrequieto musi- come le sferzate noise e i passaggi ty Projectors si è reso conto della cista originario di New Haven, Con- dal sapore post-rock (Depression, grandezza del suo lavoro. Un pro- necticut, deve aver cambiato idea Spray Paint), ai quali è dato il com- getto musicale talmente aperto da all’ultimo momento, poiché il suo pito di rompere improvvisamente far convivere Xiu Xiu con orche- ultimo album è quanto di più lontano un’atmosfera generale che si può strazioni in stile tardo-romantico, si possa immaginare da quella che definire piuttosto pacata (in questo l’ukulele e il quartetto d’archi, l’ir- comunemente viene definita “clas- senso spicca la beffarda tenerezza riverenza di Captain Beefheart e sica” contemporanea. Eppure la lo- di Thirsty And Miserable e di Gim- quella di Stravinskij. gica avrebbe voluto che, dopo gli me Gimme Gimme), anche se i toni Certo è che un artista di questo spes- esperimenti cameristici di Slave’s sono quasi sempre sopra le righe. sore meriterebbe maggiore visibilità Graves And Ballads e il progetto Volendo tirare le somme, come si e riconoscimento. Ma si sa, la noto- corale dell’album successivo, ci si fa in genere per gli artisti arrivati rietà non va quasi mai di pari passo sarebbe potuti aspettare qualcosa ad un certo grado di maturità, ri- con i meriti artistici e il nome Dirty di simile. E invece, miracolo del sulta abbastanza difficile trovare Projectors, nonostante le prove e genio musicale che, se vuole, può stili, aggettivi e riferimenti che in le conferme di essere una delle mi- essere illogico (nel senso di anda- poche parole riescano a descrivere gliori realtà musicali dell’avant pop re contro le regole della logica) con esaurientemente la musica di Dirty del nuovo millennio, rimane relega- Rise Above (Dead Oceans, 11 set- Projectors senza rischiare di stila- to alla penombra dell’underground. tembre 2007, recensione sul #35), re elenchi interminabili di composi- Di suo, Dave Longstreth ci mette Longstreth si presenta alla prova tori, band, generi, nel tentativo di un atteggiamento restìo alle voraci (forse) definitiva della sua matura- afferrare le numerose relazioni e necessità del mercato: poche inter- zione artistica con un sound che, gli intrecci culturali che animano viste, un sito Internet che si limita grazie ad un organico strumentale la creatività di Longstreth. Una di- alle informazioni di base (concerti e ridotto all’osso (chitarra in eviden- screta formazione classica, mesco- discografia), una piccola label alle za, basso e batteria, con coro fem- lata ad una curiosità inesauribile spalle e, per ora, una presenza sul minile) strizza l’occhio in maniera e ad un’attitudine musicale nella territorio che riesce con molta fatica del tutto personale e schizofrenica quale convivono i geni del rock e ad oltrepassare l’oceano. alla “negritudine”: rythm’n’blues, dell’avanguardia, completano una Pensandoci bene, però, in fondo in funky e soul in stile Motown. Ma, personalità multiforme, che affonda fondo la sua è anche la condizione al cospetto di una personalità così le sue radici nella Canterbury wyat- ottimale di chi fa musica per il puro estrosa e musicalmente onnivora, tiana, nel sinfonismo di Gustav fine espressivo, senza scendere a questi riferimenti vanno presi con Mahler, negli esperimenti di Har- compromessi di nessun tipo. Pro- le molle, tanto sono amalgamati e ry Partch, nello stile vocale di Jeff babilmente, ragionando egoistica- metabolizzati (e, di conseguenza, Buckley e nell’attitudine folk di suo mente da ascoltatori, conviene spe- nascosti) attraverso strutture e stili padre Tim. Dave Longstreth stesso, rare che la situazione non cambi e che ne rappresentano l’esatto con- dall’alto della sua eccentricità, ha che il musicista di New Haven pos- trario. Tra questi, una certa vena provato a definire la sua musica sa continuare a pensarla così, an- prog, che pervade tutto l’album e con gli appellativi più strampalati che a discapito di migliori guadagni conferisce forse il marchio più pe- (glitch folk, wabi sabi, dun-songs) economici: meglio fare ottimi dischi culiarmente distintivo a questa en- fallendo sistematicamente. Forse che aspirare a mettere la propria nesima piccola-grande svolta; così perché neanche il mentore dei Dir- faccia a disposizione di MTV.

sentirea scoltare 25 SUPER FURRY ANIMALS meta-pop 4 everyone! di Antonio Puglia

Quattordici anni di inarrestabile creatività meta-pop. Proviamo a raccontarvi i Super Furry Animals; più che una monografia, un tentativo di guida in una discografia incredibilmente densa, da spulciare traccia per traccia.

They don’t give a fuck così bravi che la maggior parte del- album e canzoni, perché è proprio about anybody else la gente non se ne accorge; e dire questo che sono i SFA: un mega- Valli a capire, certi percorsi della che in patria il pubblico li ha più frullatore pop, un potentissimo sin- critica. Ci voleva l’ultimo Hey Ve- volte premiati, e lo fa tuttora, con tetizzatore di almeno quarant’anni nus! (recensito sul numero scor- dignitosi piazzamenti nelle charts. di musica, stilisticamente apolidi e so) per ricordarci ancora una volta Ora, verrebbe quasi da pensare onnicomprensivi eppure riconosci- quanto grandi fossero - non, ba- che in fondo a loro non frega un bilissimi nell’approccio, nei suoni, date, fossero stati - i Super Furry cazzo di nessuno (“they don’t give nell’attitudine. Le Mothers del Bri- Animals, fra gli astri meno celebra- a fuck about anybody else”, quel- tpop? I Beck d’Oltremanica? I Be- ti del Britpop. Anzi, del pop tutto, la frase scippata agli ach Boys degli anelli di Saturno? I che diamine, perché se attraversi divenuta vessillo di una carriera), Roxy from Mars? (E le libere asso- indenne gli anni ’90 e non solo visto che dopo oltre due lustri i ciazioni possono continuare). Pro- puoi raccontarlo in giro, ma con- Furries restano costantemente babilmente il segreto sta nell’en- tinui pure a collezionare cascate immersi in quella catena di mon- ciclopedico background dei cinque di elogi (quando il 99 percento dei taggio creativa che li ha portati a (, voce e chitarra, Huw tuoi contemporanei, nella migliore realizzare quasi un album all’anno, “Bunf” Bunford, chitarra, Guto delle ipotesi, si è perso per strada senza contare singoli, EP, progetti Pryce, basso, , tastie- o sta ancora raccogliendo i cocci), visuali, side-projects e ovviamen- re e aggeggi assortiti, Dafydd Ieu- allora non ti schioda nessuno. In te incessanti tour intorno al globo an, batteria), fonte inesauribile di teoria. In pratica, quando il discor- terraqueo. Senza mai esaurire le input per ogni output degli Animali. so cade sui grandi della musica al- batterie. Per loro, e soprattutto, Basta scorrere la tracklist del volu- bionica recente, si tirano fuori i so- nostra, fortuna. me di Under The Influence da loro liti Suede, Oasis, Pulp - tra l’altro, Questo in teoria farebbe di loro la curato nel 2005: Dennis Wilson e solo da poco collocati in their right più grande pop band del pianeta, , Undertones e Under- place -, Blur, Radiohead, perfino se il mondo fosse un posto mi- world, E.L.O. e MC5, Beach Boys i Verve. Loro, gli Animali Super gliore. O almeno, la migliore band e Datblygu… Pelosi, sono considerati al mas- britannica degli ultimi 10 anni. Vo- Questi ultimi, misconosciuti new simo un’anomalia; per la maggior lendo andare un po’ più a fondo, wavers attivi fra ’80 e ’90, erano parte del pubblico restano “quelli si potrebbe anche dire che i SFA stati tra i pochi alfieri di una spa- che cantano in gallese” (con tut- sono stati fra i primi, nel pop, ad ruta quanto seminale scena indie to ciò che ne consegue in termini anticipare quella tendenza di ultra- rock gallese (post-Young Marble di diversità / freakerie), “quelli di assimilazione/rielaborazione che è Giants, per capirci), a cui i Nostri si 50 volte fuck dentro una canzone” poi - da un punto di vista snob-no- riallacceranno direttamente al mo- eccetera. Tutto sacrosanto, per ca- stalgici e un po’ pigro - la cifra dei di muovere i primi passi nel- rità, ma ci sarebbe dell’altro. E poi nostri tempi. Peccato che (quasi) la Cardiff di inizio decennio scorso. certo, si è sempre saputo che sono nessuno sappia farlo bene quanto Nel 1993, anno in cui Rhys, Ieuan valenti e talentuosi; a dirla tutta loro. Eppure, non basta. e Pryce sono già noti nell’ambiente sono i proverbiali critic’s darlings Sia come sia, non dovete stupirvi se come sovversivi techno-ambient, è (fatevi un giro per la rete e vedete questa monografia probabilmente tempo di rinascite, a livello loca- un po’ che media voti hanno TUTTI somiglierà a un interminabile elen- le e nazionale. Il Parlamento in- i loro dischi), al punto che ormai co, a una ragnatela potenzialmente glese approva il Welsh Language ogni loro uscita viene data quasi infinita, e perché no, opinabile, di Act, dando ufficialmente il via alla per scontata e plausi e complimen- riferimenti incrociati. Troverete una riscoperta della cultura e della lin- ti, pur meritati, diventano addirittu- riga sì (e l’altra pure) una quanti- gua del Galles e, di lì a venire, una ra routine. Paradossalmente, sono tà pantagruelica di nomi di artisti, serie di band della regione assur-

26 sentirea scoltare gerà a gloria patria: Catatonia, Ma- mento di scritturarli per la sua Cre- reminescenze di Madchester (Han- nic Street Preachers e, in misura ation, richiedendo che le prossime gin’ With Howard Marks) e parec- SUPER FURRY ANIMALS minore, Gorky’s Zygotic Mynci. È a canzoni siano scritte nella lingua chia altra roba, mescolando estro loro, i più fieri e tradizionalisti, ma della BBC; nel giro di pochissimo e ironia in un marchio di fabbrica meta-pop 4 everyone! di Antonio Puglia anche i più obliqui, del lotto che - siamo a inizi 1996 e i cinque non già riconoscibile. guardano i Furries quando si co- hanno praticamente esperienza al L’album non decolla nelle charts mincia a fare sul serio, ovvero una di fuori del Galles -, i SFA si ritro- come vorrebbero gli interessati Quattordici anni di inarrestabile creatività meta-pop. volta fissata la classica formazione vano già parte di uno dei roster più (idea poi abbandonata col tempo, Proviamo a raccontarvi i Super Furry Animals; più che una monografia, un tentativo di guida in una discografia a cinque dopo alcuni assestamenti prestigiosi e celebrati della storia salvo alcune gratificazioni), ma i incredibilmente densa, da spulciare traccia per traccia. (ad occupare il posto di lead singer della musica britannica, seppure Furries sono già una cult-band: per un breve periodo c’è stato per- prossimo all’estinzione (che arri- lo dimostra un’esibizione durante sino l’attore Rhys Efans, quello di verà inevitabile nel 1999, quando lo Smash Hits Tour (reperibile su Twin Town e, per i musicofili, del McGee dovrà chiudere baracca e i YouTube) che vede i Nostri, nel video di Importance Of Being Idle vari , Teenage Fan- delirio generale, salire sul palco degli Oasis). club, Ride, My Bloody Valentine e in costumi da animaloni di pelu- I Gorky’s incidono per la Ankst, Oasis sono già leggenda). che, in una via di mezzo fra i col- storica label locale - già casa dei A undici anni di distanza, il debut- leghi Supergrass e i Flaming Lips sunnominati Datblygu - specia- to su LP dei superpelosi sorpren- yet to come. lizzata in dalla forte de ancora: Fuzzy Logic (Creation, A consolidare tale status su sca- matrice psych; e psichedelico è giugno 1996) è certamente figlio del la nazionale arriva nel novembre l’esordio dei SFA, un EP di quattro suo tempo, ma va anche oltre quel 1995 il singolo al quale il quintetto tracce in gallese il cui titolo pare limite, grazie agli scintillanti gio- deve una buona fetta della propria studiato apposta per entrare nel iellini meta-pop che lo costellano. mitologia, The Man Don’t Give A Guinness dei primati (cosa che, ef- God! Show Me Magic (ri-registrata Fuck. Ingredienti: una front cover fettivamente, avviene). per l’occasione e pubblicata su 45) dedicata a una leggenda del calcio sembra la partenza di una navicel- politicamente scorretta (lo scom- Show Me Magic! la spaziale alimentata a popper, i parso Robin Friday, ripreso nell’at- Llanfairpwllgwyngyllgogery- New York Dolls che surfano con to di mandare affanculo l’obietti- chwyrndrobwllllantysiliogogo- i fratelli Wilson; Something 4 The vo), un irresistibile sample di Show gochochynygofod (In Space) Weekend è una boccaccia ai Blur Biz Kids degli Steely Dan come esce nel giugno del 1995, portando di allora, con All The Young Du- ritornello (su base ballabilissima), in sé i semi del tipico suono dei des a fare da canovaccio (laddo- e soprattutto quella parolaccia, primi SFA fra fuzz, coretti, ballate ve Gathering Moss è già l’Albarn che prevedibilmente compromette alla Major Tom ed effetti spaziali del futuro, citazione morriconiana l’airplay ma garantisce un enorme a iosa. Il successivo Moog Droog, inclusa nella chiosa); If You Don’t successo in termini di costume (e sempre per Ankst, presenta la pri- Want Me To Destroy You, ballatona un altro record da Guinness). Cul- ma canzone in inglese, God! Show stringicuore ’70 con finale d’archi to totale. Me Magic; un cambiamento non cinematico... E questi sono solo i È il preludio a quello che ancor oggi da poco visto che l’idioma locale, singoli, ché la lunga distanza con- viene considerato il miglior album per quanto affascinante, liquido e sente ai gallesi di allargare il ven- della fase “pop” (o meglio, di inizi incredibilmente musicale è anche taglio delle possibilità espressive, carriera) dei Super Furry Animals, incomprensibile alla maggior parte incorporando inoltre funk&soul quello a cui il neofita si deve asso- degli ascoltatori. Il sig. Alan McGee (Mario Man, Fuzzy Birds), chitarre lutamente rivolgere, per farla breve lo fa notare a Gruff & Co. al mo- Pixies su cori dementi (Frisbee), (in secondo luogo va bene anche

sentirea scoltare 27 Quando esce, Guerrilla (Creation, giugno 1999) fa cadere più di una mandibola, a colpi di una produ- zione impressionante (a cura della sola band) e una palette stilistica ancora più ampia. Vediamo: acid lounge (Check It Out), Genesis in Brazil (The Turning Tide), trip hop (A Specific Ocean), salsa (North- ern Lite), electro-ballad à la Zero 7 (Some Things Come From Noth- ing), se avesse suonato sul terzo disco dei VU (), garage glitterato (Night Vi- sion, Teacher), Flaming Lips cata- pultati in Smiley Smile (Chewing Chewing Gum), Beatles a base di mellotron (l’hidden track Citizen Band), Zombies in giro sulla luna (Keep The Cosmic Trigger Happy). Basta? No, perché c’è anche, so- prattutto, l’electro-dance stupida e contagiosissima di Wherever I Lay My Phone (It’s My Home), a base Songbook Vol. 1, che raccoglie sce una carriera, ma si potrebbe di slogan, loop e vocoder, messa tutti i singoli fino al 2004). Classi- dire lo stesso di She’s Got Spies assieme con l’arte dei dj più scafa- co sin dalla copertina di Pete Fow- (The Velvets+soul+SFApunk) o ti. A sentirla oggi fa tanto anni ’90, ler - titolare della grafica di tutti Play It Cool (acid disco exotica su ma resta puro genio. Che è pure gli output dei Nostri fino al 2005 -, falsetto impossibile). Come ficcare l’opinione che la maggior parte Radiator (Creation, agosto 1997) una bomba dentro il proprio lettore della critica del tempo ha, giusta- è un ricettacolo ultraconcentrato di cd, insomma; ed è solo l’inizio. In mente, formulato sull’album, anche arte compositiva e creatività in 14 un crescendo frenetico, gli sforzi se non si riesce più a capire cosa atti, la cui freschezza e immedia- discografici saranno sempre più c’entrino questi eccentrici gallesi tezza restano ineguagliate (prima- improntati su un imperativo “nes- con l’allora morente Britpop. Nien- to forse conteso solo dall’attuale sun limite alla creatività”, in una te, è chiaro, come dimostra la mos- Hey Venus!). Rispetto all’esordio, sfornata continua di singoli assur- sa successiva. la produzione è meno “pastosa” damente catchy e album minimo da e più calda nel mescolare tinte 4 stelle. No, questi Animali decisa- Welsh for Zen elettriche e acustiche, mantenen- mente non sono umani. Complice lo scioglimento della do comunque quel suono corposo Creation, i Pelosi si tolgono infatti e pieno che, coi dovuti distinguo, Cosmic Trigger uno sfizio mica da poco: un disco avrebbe fatto la fortuna di act affi- Un anno scandito da un solo EP, tutto in gallese, in aperto omaggio ni come la Beta Band (fino alla sua Ice Hockey Hair (Creation, mag- al loro eroe Meic Stevens, solita- attuale incarnazione The Aliens). gio 1998), che scalerà le classifi- rio folksinger d’altri tempi e galas- L’entità SFA è un blobbone che as- che grazie a una vocoderizzata e sie di cui hanno spesso coverizza- sorbe tutto ciò che lo circonda, si popadelica title track e alla blax- to la hit (se può definirsi tale) Y tratti di passato, presente o futuro: ploitation di Smokin’, e dall’extra Brawd Houdini. Uno dei suoi EP di sentite come suona Pulp Hermann catalogo , (Creation, fine ’60 si chiamava Mwg, ed ecco Loves Pauline, in un arrangiamen- novembre 1998), vendemmia di b- allora (per la loro Placid Ca- to vocale impossibile, o come Gruff sides e rarità straripante di gem- suals, maggio 2000), che si tradu- si trasforma in un clone di Peter me, e ritroviamo i SFA intenti a ce come mane, “criniera”. Le stra- Gabriel in Placid Casuals, o anco- bissare lo strike di Radiator più ca- nezze finiscono qui, ché, a parte ra come International Language Of richi e pompati che mai. La prima l’iniziale cazzeggio di Drygioni, Screaming è de facto una delle mi- parola che viene in mente è “ambi- questo è anzi un lavoro apparen- gliori canzoni di Beck, senza par- zione”, anche se è lecito pensare temente sottotono, laddove si cer- lare delle solite convergenze Blur, che per i Furries si tratti solo di ca una via più semplice e rilassata in vena folk, di Different River, o ordinaria amministrazione, vista all’arrangiamento con una predile- dell’epos-psych filtrato Fab Four la naturalezza con cui attraversa- zione per i toni acustici. La perla della conclusiva Mountain People. no il luna park marziano che han- del caso è fra i brani più lineari ed Demons è una gemma che defini- no allestito nel loro terzo disco. orecchiabili del repertorio, Dacw Hi

28 sentirea scoltare (velvettiana alla Rock And Roll, nel ci), It’s Not The End Of The World momento in cui Y Teimlad - in re- (la ballatona romantica che i Blur altà una cover dei Datblygu - è la non hanno mai inciso), il capolavo- loro versione di New Age, restando ro Juxtaposed With You (il soul di in tema Reed & co.); non manca- Barry White su una Love Boat in no i colpi di coda, vedi Gwreiddiau rotta verso il pianeta Venere). Se Dwfn / Mawrth Oer Ar y Blaned proprio vogliamo trovare un apice Nefion, una ballata prog-folk-jazz nella carriera dei Pelosissimi, que- aspersa di briciole Tim Buckley, sto è Rings, un disco che sembra o Pan Ddaw’r Wawr, il fantasma nato per raccogliere applausi, e di Pet Sounds che si vaporizza infatti arriva a sfiorare il Mercury in psichedelie acustiche assortite, Prize e frutta ai gallesi la posizio- mentre il singolo Ysbeidiau Heulog ne più alta di sempre (#3). rischia decisamente meno propo- nendo il tipico suono SFA (una roba visto che quello di Macca è un ca- alla primi Roxy Music + i Floyd del meo per filologi (rosicchia verdure A questo punto appare quasi fisio- pifferaio); in Ymaelodi Â’r Ymylon, in Receptacle For The Respectable, logico allentare la presa, lasciare Y Gwyneb Iau e Nythod Cacwn c’è in ricordo della sua analoga per- la via maestra per imboccare un perfino un relativo antipasto di car- formance in Vegetables dei Beach sentiero laterale, tranquillo e in tucce ancora da sparare (il Gruff Boys, versione inedita dello Smile apparenza indisturbato. Phantom Rhys gigione e folk-barrettiano di originale), e quella dell’ex Velvet Power (Epic, luglio 2003) sembra Candylion più certo mellow pop ’70 (al piano in Presidential Suite) è infatti nascere da un istinto di con- e classic country di Rings Around più una partecipazione abortita, servazione, un’urgenza di sempli- The World e Phantom Power). Beh, una toppa messa sopra il diniego cità, che non è la stessa di Mwng, non si può certo parlare di passo ad arrangiare gli archi del disco. ma le è parente, non più rinviabile; falso: l’album venderà anche bene Un’opera invece splendidamente dall’altro lato però, il sodalizio sti- (11° in classifica, risultato inspera- condotta dall’High Llama Sean O’ pulato con Mario Caldato Jr. (com- to per un album in gallese), e rice- Hagan che, sommata a un budget pagno di lungo corso dei Beastie verà inoltre una menzione d’onore da major, si traduce nel disco più Boys) e rinnovato con O’Hagan in Parlamento per meriti linguisti- magniloquente e, stavolta sì, am- (chiamato ancora ad arrangiare co-culturali; nondimeno, presenta bizioso del gruppo. gli archi) dimostra che la guardia alcuni fra i brani più gradevoli del La solita, inarrestabile emorragia non si è del tutto abbassata, che canzoniere degli Animali. Sai mai di idee si unisce a una nuova visio- lo sguardo è ancora rivolto oltre che, giocando di ripiego, han fatto ne del suono, che adesso si vuole l’orizzonte. A fronte di una forte vi- persino meglio di Guerrilla? il più cinematico e ampio possibile: rata verso placidi lidi country rock a partire dal campo lungo di Alter- (Hello Sunshine), folk (le Drake-ia- Let’s Get Juxtaposed! nate Route To Vulcan Street, fino ne Father Father #1 e #2, la oppia- Parrebbe di sì, e Rings Around allo splendido sogno in Technico- cea e Donovan-iana Sex, War And The World (Epic, luglio 2001) è la lor di Presidential Suite (gli Ste- Robots) e pop classico (la Wilson- controprova che il viaggio è anco- ely Dan sulla spiaggia di Malibu iana Piccolo Snare, dove l’High ra in salita. Messe da parte velleità insieme a ), la mu- Llama sciorina meraviglie), l’album indie di sorta, adesso si alza il tiro sica dei SFA dà proprio l’impres- in realtà non fa altro che rinnova- coinvolgendo perfino gente come sione di prendere letteralmente il re il mood da grande schermo di Sir Paul McCartney e sua maestà volo. Non bastasse, gli input psych Rings, prefiggendosi altri obiettivi. John Cale, re del Galles; ma non e sperimentali vengono tutt’altro Non mancano infatti alcune incur- bisogna farsi abbagliare dai nomi, che meno, dal trip-hop sci-fi di [A] sioni in territorio rock come Golden Touch Sensitive alla pastoral/pa- rodistica Shoot Doris Day, per poi far convivere nello stesso brano kitsch ’70, folk e drum’n’bass (No Sympathy), surf pop, hard-psych e thrash metal (Receptacle For The Respectable), infiniti suoni elet- trici e acustici, analogici e digitali (Sidewalk Serfer Girl). E, ovvia- mente, fanno da corollario di lus- so i singoli estratti, tutti e tre da punteggio pieno: (Drawing) (gli Stereolab a braccetto coi Beach Boys classi-

sentirea scoltare 29 30 sentirea scoltare Zoom mette assieme Neil Young ed Air, Walk You Home Steely Dan e (ovviamente) High Llamas… Non mancano alcuni scivoloni, come il reiterare un suono trippy che ormai puzza un miglio di ’90 (Pscylone!), e ma quando produzione e songwri- ting si mantengono sui livelli di una meraviglia popadelica come Atomik Lust, non è proprio il caso di met- tersi a cercare il pelo nell’uovo. Se questa non è la fatidica “maturità”, le somiglia parecchio.

Retriever (parte CSNY e prosegue Run-Away! che a inizio 2006 ha finalmente proto-metal) e Out Of Control (gli Ma i nostri cari Animali di cresce- pubblicato Omni, l’esordio del suo Hawkwind dell’era Lemmy), assie- re e mettere la testa a posto non side project Acid Casuals, vec- me a intrattenibili sfoghi di un’in- ne vogliono proprio sapere, anzi. chio quanto i SFA; per non restare dole gigiona impossibile da tenere Dal 2005 le loro attività collatera- indietro, anche Dafydd Ieuan ha a freno (Undefeated, la samba di li sembrano moltiplicarsi magica- messo su un’altra band, i Peth, in Valet Parking), fino alla conclusiva mente, in un dispendio inesauribile cui torna dietro al microfono nien- ed epica Slow Life che mette as- di energie, un rinnovarsi continuo temeno che Rhys Efans. sieme electro, pop orchestrale per di stimoli, un entusiasmo da se- È in questo scenario adrenalinico poi ammiccare pesantemente alla conda adolescenza. Gruff comin- che si colloca il più recente capi- di blurresca memoria. cia una personalissima carriera tolo della saga, Hey Venus!, che Slow sì, ma mica tanto. solista con Yr Atal Genhedlaeth, segna anche un cruciale passaggio Un album irrimediabilmente mel- dischetto di pop sperimentale su dei Pelosi alla Rough Trade, oltre low - leggi: rilassato - per gli stan- quattro tracce, rigorosamente in all’alleanza con nuovi compagni di dard SFA; forse per questo (o per lingua madre; a inizio 2007 ha viaggio come il producer dei Bro- per puro e semplice sfizio) subirà fatto il bis con Candylion, che ken Social Scene David Newfield un drastico restyle in Phantom fa ancora meglio con le sue fre- e l’illustratore giapponese Keiichi Phorce (Placid Casuals, aprile akerie folk tinte di rosa-pastello Tanaami. Ne abbiamo già parlato 2004), remix concessi da signo- barrettiano, con l’amico O’Hagan in sede di recensione, ma val la ri come , Brave Captain sempre presente a dipingere il pena di rimarcare i punti segnati e lo stesso Caldato Jr. Nessuna paesaggio. Intanto è in corso una da questo disco anche qui. Dove abiura di quanto fatto, per carità; collaborazione - che è già tutta un i due predecessori soffrivano di il progetto successivo vede infatti programma - col maniaco electro una certa pesantezza (in dura- nuovamente all’opera la medesima ’80 nel progetto Neon ta e talvolta in sostanza), nonché squadra, con la differenza che sta- Neon, di cui si attende presto il dell’eredità gravosa (anche in ter- volta, e per la prima volta in as- primo parto; nel frattempo Rhys mini di suono) di Rings Around The soluto, il songwriting è equamen- sta curando il secondo volume del- World, oggi si recupera in agilità e te diviso fra Rhys, Bunf, Ieuwan e la compilation Welsh Rare Beat - scioltezza, selezionando una trac- Ciaran, chiamati anche a spartir- il primo risale al 2005 - e si diletta klist di poco più di mezz’ora in cui si il microfono. Come dichiara la a ripescare improbabili album di i singoli brani sono uno strike pop stessa band, il modello per Love progressive turco. Il tastierista dietro l’altro. Oltre alla solita cri- Kraft (Epic, agosto 2005) è Surf’s Cian Ciaran non è da meno, dato tica, anche il pubblico finalmente Up dei Beach Boys e questo, oltre gradisce e premia l’album con un che nella pluralità dei autori, si ri- buon 11° posto in classifica; in at- flette in un quanto mai massiccio tesa di vederli prossimamente sui uso di archi da parte di O’Hagan, palchi d’Europa, sappiate che Su- maestro nel ricreare quei nostal- ckers, Run-Away, gicissimi landscape tardo-califor- e Baby Ate My Eightball sono i nomi niani. Ecco quindi un lavoro dalle dei nuovi classici, e se qualche mi- atmosfere intense e dal carattere scredente pensa che i SFA ormai marcatamente classico e rétro, in sono belli che alla frutta, ebbene cui proprio il singolo scelto, Lazer sappia che c’è già un nono album Beam, stona nell’insieme ripropo- in fase di rifinitura. Insomma, sem- nendo certi cliché dei Furries; per bra che non ci sbarazzeremo facil- il resto Cabin Fever sembra proprio mente degli Animaloni. Per loro, e uscita da quel disco dei BB del ’71, soprattutto, nostra, fortuna.

sentirea scoltare 31 p.j. harvey

Alice nel Paese delle meravigliose atrocità (e ritorno)

di Stefano Solventi

WILCO

32 sentirea scoltare Che fine ha fatto Polly Jean? Ce lo potevamo legittimamente chiedere, prima che , sesto album firmato dall’irrequieta ragazza del Dorset, ci suggerisse una risposta. Una risposta sconcertante: Polly Jean è implosa in una dimensione intima, friabile, schiva. A ben guardare però le canzoni girano attorno alla stessa anima nuda e corazzata.

Quelli che hanno seguito in diretta la parabola di un’esperienza sconvolgente. Dry (Too Pure, 1992; Polly Jean Harvey fin dagli inizi, portano dentro una (7.3/10) sembra fin dalle prime note un’invocazio- consapevolezza feroce, il marchio di una collisione ne al demone del blues perché accolga, esorcizzi e inaudita. Quel modo di traslocare i rovelli atavici del se possibile risolva il dissidio cosmico tra l’amore blues sul pianerottolo del più rude... Da e la sua insostenibilità. Di più, il suo corollario cru- non credere che muscoli e nervi femminili potessero dele, la carnefice propensione al dominio dell’Uno tanto. Invece, la giovane Harvey – classe ’69 da Cor- sull’Altro, conflitto atavico dalla valenza simbolica scombe, Dorset – ci riusciva benissimo, immolando pressoché intatta. Undici pezzi selvaggi e disperati: la propria femminilità con tanto slancio da annullare strategie post punk imbrattate di misteri folk-blues, quel senso minimo di finzione che siamo soliti at- blues e ancora blues, sgranato, rallentato, devasta- tenderci - che in fondo esigiamo - quando ascoltia- to, elevato a grido catartico, a cerimoniale pagano mo canzoni. Forte di una screanzata immediatezza, (la produzione di Head azzecca l’enfasi cruda dei Polly dava fondo alle smanie iraconde, al malanimo bassi, il crogiolo sonnecchiante ed esplosivo di chi- cocente, all’esplosiva turbolenza erotica. Pescando tarre e drumming). Tra i titoli spiccano la cruda Oh nella pignatta del passato - nel fetido minestrone da My Lover, il sabba garage della già citata Dress e la streghe e diavoli al crocicchio, tra i fenomeni del- giga amfetaminica di Joe. Poi, soprattutto, Sheela- la mitologia terrigna - senza concedere sconti alla Na-Gig e Victory, atti al fulmicotone d’una commedia contemporaneità. Come una Alice di periferia che si epica e uterina ad un tempo, tra rigurgiti di mitologia getta nella tana del diavolo, solo perché non farlo e femminilità sotto schiaffo. Discorso a parte meri- significa arrendersi ad una realtà peggiore. ta Plants And Rags, viluppo nevrastenico del vio- Alla musica Polly si prestò fin da giovanissima, spin- loncello che s’impiastra sui pensieri, una specie di ta da un’atmosfera familiare favorevole - i genitori consiglio di sfuggita a tutto il cantautorato folk-rock sono due reduci del ’68 con la discoteca zeppa di passato, presente e futuro. È solo l’ansito iniziale, sano acidissimo rock’n’roll. A soli quindici anni suo- preliminare di un amplesso di cui è già facile intuire nava il sax nell’ensemble Boulogne, avventura curio- il fuoco. sa (otto dilettanti in cerca d’eccentricità) ma breve. Col successivo (Island, 1993; 7.2/10) cam- Timbrò quindi il cartellino nei Polekats e – soprat- biano “solo” l’etichetta ed il produttore - la beneme- tutto - negli Automatic Dlamini di Bristol, band in rita Island ed uno in fase di consacra- cui militava un certo , di cui riparlere- zione. Quanto al resto, stessa band e stesso piglio. mo. La giovane Harvey si occupava di sax, chitarra Forse le esplosioni suonano appena più differite, e backing-vocals: non poteva bastarle. Il tempo di come se la lama fosse penetrata di qualche altro pubblicare un album, From A Diva To A Diver, e se millimetro e la carne e il metallo imbastissero un dia- ne andò per dare forma alle proprie composizioni, logo fatto di dolore, di adattamento, di confidenza. alla propria musica. La accompagnarono il bassista Musicalmente, quanto detto si riflette nella densità Steve Vaughan ed il batterista Robert Ellis: con lei melmosa di episodi come Missed o Ecstasy (brontolii a voce e chitarra, era nato il PJ Harvey Trio. cupi di un grembo senza pace), nella straordinaria “fisicità aerea” che Mr. Albini riesce a imprimere su Spezzarsi l’anima nastro (come il basso che in Legs aleggia sul frinire Ne uscì musica come brandelli d’anima e particole vi- del violoncello), il canto appena meno viscerale in scerali a squassare una morale profonda, incarnita. una cappa di volume sensibilmente attenuato. Cruento cerimoniale d’autoflagellazione. Cercando Ma il conflitto è pur sempre in atto, indigerito e indi- l’infimo, la degradazione, come una guerra concen- geribile, pronto ad aggredire ogni ipotesi di quiete. trata sul proprio metro quadro, tanto veemente - con E può contare su una scrittura più matura e strut- la chitarra elettrica scorticata, col canto posseduto e turata, in equilibrio instabile su improvvisi squarci carnefice - da coinvolgere il mondo. Un primo singo- umorali. Emblematiche in tal senso le due versioni lo, Dress, ovvero un graffio pericolosamente vicino di Man-Size, una allucinata e urticante, l’altra ca- all’iride. Quanto all’album d’esordio, è ancora oggi meristica arrangiata per sestetto d’archi. Quanto al

sentirea scoltare 33 resto, indimenticabili le gighe hardcore di Me Jane zione (come nel retro copertina, il broncio apatico, e le stordenti lacerazioni di Snake, mentre la sor- la magrezza inconsolabile avvolta in orrido cellopha- dida strategia valzer di Rub ‘Til It Bleeds ed il cre- ne). Le versioni scollacciate e sferraglianti dei pez- scendo fino allo sconquasso ovarico della title track zi già noti sono quindi un’esperienza tutt’altro che tracciano uno schema senz’altro risaputo - il rilascio trascurabile. Quanto agli inediti, la Harvey non si progressivo della tensione, la veemente esplosione risparmia: è auto-esorcizzante in Reeling, è uterina - di cui la Harvey s’impossessa senza sforzo. Se Dry e flemmatica in Hardly Wait (trascinante ovvietà già suonava come un’anima sul punto di spezzarsi, Rid rivelata nella OST di Strange Days per l’interpreta- Of Me sembra la consapevolezza di questo trauma. zione di una puttanissima Juliette Lewis), capriccio- Polly cresce letteralmente con la propria musica, samente mesmerica in Driving, angolosa e spiritata s’indaga, si costruisce attorno quel guscio che non in M-Bike, mentre nella conclusiva Goodnight ca- ha mai avuto e forse mai avrà del tutto. valca lasciva il dio serpente del malanimo. Episodio Quasi a rimarcare la propria natura di sanguigna per nulla accessorio anzi piuttosto inevitabile, ossa performer, oltre e nonostante l’accasamento presso e polpa Polly Jean Harvey da gustare addentando Island, esce 4-Track Demos (Island, 1993; 7.1/10), anche il dolore. raccolta di demo registrate in totale autarchia, ver- sioni embrionali e scalcianti di pezzi che avrebbero I vestiti nuovi del dolore trovato versione definitiva su Rid Of Me, lati “B” e Come è tipico di tutte le carriere “importanti”, ad un qualche inedito. Sorta di “unplugged” primordiale, si certo punto arriva il disco topico che conferma, po- struttura su pochi ingredienti, ma la formula non la- tenzia o smentisce. Nel caso di To Bring You My scia scampo: il canto come un sortilegio sgraziato, Love (Island, 1995; 8.0/10) accadono tutte queste la ruggine sfocata delle chitarre, talora l’organo ina- cose. Nel migliore dei modi. Polly si sposta, trasloca cidito o il frinire maligno del violoncello. Il quattro in uno status nuovo, muta la pelle armonizzandosi tracce raccoglie tutto, giustappone gli elementi con allo status di matrona d’una stirpe antica e maledet- malferma fragranza, ma fa anche altro: intercetta ta. È Alice che conosce la maturità, raccoglie il san- (crea?) un riverbero stretto da bugigattolo squalli- gue nell’urna e compone la propria “persona”. Reclu- do, getta luci deboli e improvvise sulla fisionomia di tati ed il vecchio amico John Parish (assieme Polly Jean, mai tanto nuda, in masochistica rivela- ai quali co-produce il disco), ingaggiato il “seme

34 sentirea scoltare cattivo” Mick Harvey, adottato un impatto estetico potina di Waits in overdose di valium) o dalla morbo- raffinato e decadente (vedi la languida posa preraf- sa litania di Teclo (in cui convergono gli struggimen- faelita in copertina ed il raso rosso degli abiti vamp ti del Cave più sordido). Su questi sostrati, come per lo sconcerto dei fan), sembra che Polly tenti di sul pastoso languore della conclusiva The Dancer e incendiare le consuete polveri aggiungendo additivi sull’acidità robotica di Meet Ze Monsta, si inneste- teatrali e umori moderni, definendo una cortina ico- ranno i costrutti sonori degli episodi futuri. nica sempre più spessa che la rivela e la nasconde Il sodalizio con Parish si rivelò azzeccatissimo, al allo stesso tempo. Conseguentemente, l’ossessione punto da fruttare un album in condominio, l’ottimo blues-rock sembra consumarsi in un’atmosfera da vi- Dance Hall At Louse Point (Island, 1996; 7.8/10). visezione emotiva, destrutturazione psichica-arche- Undici tracce a firma di Parish più la fascinosa co- tipica (e quindi - al solito - mitologica) e ricostruzione ver di Is That All There Is?, classico a firma Leiber accurata e accorata (organi, vibrafoni, percussioni & Stoller. La Harvey si cala nella parte con tutta se d’ogni ordine e grado, archi). Una sorta di iperblues stessa, donandosi completamente, facendone mate- lancinante e carezzevole che racconta la femminilità ria propria, tanto che in queste trasfigurazioni post- violata, la musicista preda di un formidabile circolo punk, in queste congetture blues claudicanti, lan- vizioso stilistico (da spezzare), l’immagine massme- guide e vetrose, puoi scorgere un ulteriore tentativo diatica sempre più aliena a se stessa. di confondere le acque, di togliersi dal centro del Il vecchio e il nuovo in Polly Jean toccano lo zenit, mirino. Il nebuloso incedere di Civil War Correspon- si ridefiniscono a vicenda, sublimando l’impossibi- dent o le fluorescenti striature di Rope Bridge Cros- lità dell’uno e la necessità dell’altro. La “vecchia” sing, per non dire di un delirio fantasmagorico come Harvey portata ad implacabile compimento è tanto Taut, propongono una Polly Jean in cerca del punto la travolgente Long Snake Moan - sovraccarica di di equilibrio tra vacuo e sanguigno, tra stregoneria minacciose metafore sessuali - quanto l’appassio- vocale (à la Diamanda Galas) e urlo liberatorio, tra nato romanticismo di C’mon Billy, per non dire della crudezza e incantesimo alla luce di un istinto che cavernosa title track o della crudele Down By The poco o nulla concede al mestiere. Water. Il “nuovo” si presenta come una ridda di ipo- A quel punto Polly poteva vantare un repertorio già tetici umori dal tasso urticante già elevato, tempesta considerevole, che obbligava e obbliga gli addetti ai interiore le cui avvisaglie germogliano dai cincischi lavori a registrare i parametri su nuove frequenze. vischiosi di I Think I’m A Mother (dove sembra la ni- La Harvey era sì considerata una sorta di appendice

sentirea scoltare 35 li (Joy), dolenti crescendo (la title track, il sordido melodramma di Angelene) e languide cospirazioni di piano e tromba (The River), melme cibernetiche frastagliate da brezze jazzy (The Wind) e un singo- lo sì commestibile ma irrimediabilmente indolenzito (A Perfect Day Elise), mentre The Sky Lit Up e No Girl So Sweet consumano con una certa brutalità lo zenit energetico della scaletta. Una stessa febbre in ogni canzone. Anime illuminate dall’interno, schegge di sensazioni, stralci di pensiero minimo, una pietà muta ad aleggiare ovunque, unificando ritratti ora malinconici, ora disperati, ora brutali. Scenari che si squadernano aprendosi all’urbanità senza appigli, in cui Polly sembra smarrirsi come Alice nel Paese delle Atrocità. Tuttavia consapevole di doverlo fare, per non perdersi davvero.

Mimetismi in traslato Polly si stava quindi adattando, pagando lo scotto di un necessario rito iniziatico. Non le mancava certo il carattere per superare la prova. Infatti, la Polly Jean colta in fragrante da Stories From The City, Stories From The Sea (Island, 2000; 6.5/10) dimostra nuove, sorprendenti mutazioni. Alice ha imparato la strada, ovvero le strade della Grande Città. New York – dove per mesi vive, scrive, incide - è sfondo ed emblema, gravida di presente in bilico su qualcosa (l’ecatombe delle Twin Towers sarebbe avvenuta l’anno successi- vo). Polly mimetizza la fragilità selvaggia da animale periferico sotto abiti decisamente urbani. Più sicura, felino metropolitano corazzato Prada, decide di fare a meno di Flood e Parish per co-produrre l’album femminile di Nick Cave, a cui fu anche effettivamen- assieme ad Ellis e Mick Harvey, col non certo piccolo te legata e col quale collaborò in un pezzo di Murder aiuto del redivivo Head alla consolle. Ballads, ma per quanto riguarda il rock al femminile Ne risulta un sound d’impatto wave, flessuoso e to- la sua intransigenza, l’intensità uterina e la veemen- sto, riesumazione Patti Smith – giustificando chi a lei te presenza artistica la elessero a riferimento irri- l’aveva spesso paragonata - sfrondata di lirici deliri nunciabile. (Good Fortune) o rigurgito U2 corroborato Iggy Pop Proprio questa straordinaria compiutezza espressiva (Big Exit), per non dire di quella Kamikaze (a propo- e iconografica fu probabilmente il motivo per cui Pol- sito di preveggenze undicisettembre...) che sembra ly Jean si sentì intrappolata, avvertì il pericolo di un una frenesia Bad Seeds in procinto di farsi Prodi- cul de sac. I tempi erano maturi per un vero e proprio gy. L’altra campana sono quelle ballad spalmate su cambio di rotta. Così, annusato l’estro dei tempi nel- una strisciante frenesia, come Beautiful Feeling o la compenetrazione stilistica e tecnologica, azzardò This Mess We’re In (in entrambe la partecipazione di Is This Desire (Island, 1998; (7.0/10). Album che un invero piuttosto risaputo Thom Yorke) o ancora deve molto alle ugge ruggenti del trip-hop bristolia- quella Horses In My Dream che caracolla nel solco no, in primis dell’amico Tricky (con cui aveva appe- tra angoscia e liberazione, tra scorie blues e far- na collaborato in Angels With Dirty Face), senza ragini jazz. Quanto Polly abbia lavorato sulla voce, però tradire l’amore primo, il blues. Blues colto nel addomesticandola per conseguire un’impostazione riflusso, dissanguato, sovraesposto e incrudito, ma cui non sembrava votata, è evidente soprattutto in pur sempre blues (vedi le cupe ossessioni circolari A Place Called Home e nella conclusiva We Float, di Electric Light e The Garden). Una vera e propria nelle quali alterna il registro tumido e flessuoso ad continuità nel cambiamento, come testimonia anche un falsetto lirico e graffiante. Inevitabilmente, qual- la conferma dello staff (Flood, Parish, Ellis, Har- cosa sembra perdersi. Nel riflesso l’immagine cede vey) a cui si aggiunge il multistrumentista Eric Drew intensità, si rilassa compiaciuta. Anche per questo, Feldman, già al lavoro con Captain Beefheart, mito in un certo senso, è un disco paradigmatico. personale della Harvey. Questa “stabilizzazione” in un corpo urbano non po- Scrittura, interpretazione e arrangiamento vivono teva durare. Ancora una volta, ancora di più, ciò che quindi una tensione implosiva, tra grugniti in slow- Polly era diventata sembrava non appartenerle. Lo motion (My Beautiful Leah) e scudisciate digita- rifiutò. Si rifiutò. Per spostarsi, di nuovo. Uh Huh

36 sentirea scoltare Her (Island, 2004; 6.4/10) si sostanzia di fotogram- doti le polaroid d’una vita passata e amen. E ti va mi in traslato. L’ennesimo strappo, stavolta però “in bene che non ti mostra il dito medio. fieri”, che azzarda tirare le fila, coinvolgendo nel- la cesura tutto il passato, come dimostrano espli- Alta indefinizone citamente gli autoscatti del libretto. Il più recente Dopo quel disco, Polly Jean era un rovello inestin- dei quali è forse quello utilizzato in copertina, lei guibile, un’immagine ad alta indefinizione. Cui si ac- sdegnosissima seduta in un’auto guidata da un tale compagnarono dichiarazioni shock circa il ritiro dal- che forse è Josh Homme, così come lo sfondo po- le attività live (figuriamoci, lei che sul palco ci sta trebbe essere quel Joshua Tree nel quale presero come un ragno nella ragnatela). Faceva tutto parte vita le irresistibili Desert Sessions vol. 9 - 10 cui del gioco: ritirata strategica, stracciarsi l’ennesima Polly regalò ragguardevoli performance. Movimenti maschera, il trucco lavato via col sapone, i capelli imprendibili e antigraziosi. Non-definizione. Verità a tagliuzzati da sola. Scappare verso dove puoi es- squarci. Alice si muove verso nuove atrocità. Non sere di nuovo, sempre più vicina all’Io che fugge, importa dove, importa andare. Non farsi intrappo- sfugge, si confonde. E dove, ancora? White Chalk lare. E lo fa, finalmente, nuovamente, da sola. O (Island, 24 settembre 2007; 7.1/10, in spazio recen- quasi. La produzione è di Polly, restano a dare una sioni) propone l’ennesima tappa. È il ritorno al paese mano Head (missaggio, backing vocals) e Rob Ellis natio, un luogo dove ciò che è stato conta meno di (tamburi, backing vocals). Sono indubbiamente suoi ciò che sei. Perché non sei mai stata tanto sola. Ma quei blues sputati, stridenti, accartocciati (It’s You, è anche un costrutto mentale, dove puoi provare a The Life And Death Of Mr. Badmouth), così come il raccogliere i cocci di una carriera ancora viva, orga- punk villano di Who The Fuck – lezioncina di stile en nizzare l’esperienza e il talento in una calligrafia, se passant ai troppi Yeah Yeah Yeah’s in circolazione. possibile, nuova. Con sforzo. Snaturandosi al pun- La scaletta persegue una sconcertante per quan- to da farlo sembrare una naturale necessità. Poche to comprensibile estemporaneità stilistica, bazzica chitarre (argh!), un pianoforte malfermo - suonato da brume industrial-blues (Cat On The Wall) e folk no- lei - al centro della scena, la voce appesa a registri made (The End), esplora sonorità esotiche a base di più alti e rarefatti. Il corpo che prova a indagarsi xilofono e tastiere nella splendida You Come Throu- senza il corpo, come un affare più di spirito che al- gh oppure persegue la più classica delle palpitazio- tro. Di coscienza. D’anima. ni acustiche in The Disperate Kingdom Of Love. Di Dove, in quale luogo esiste White Chalk? Non esi- questo mood inafferrabile e disagiato, di questo ap- ste. È solitudine nutritiva, abbandono sotto controllo. proccio sgarbato all’esigenza espressiva, il disco si Distanza dal mondo che sostanzia la trepidazione di nutre ma inevitabilmente soffre, sciorinando episodi colmarla. È la Nebraska che le covava dentro. Pied- oziosi come la danza pellerossa di The Pocket Kni- à-terre sopra un mondo meraviglioso e atroce, irresi- fe (estremo rigurgito Patti Smith?) o la prevedibile stibile richiamo per anime fameliche di vita malgrado folk-wave di Shame. Il disco di chi se ne sta andando la vita. Nido costruito sulla desolazione di esistere, e ti guarda dallo specchietto retrovisore. Srotolan- che ci restituisce un’artista in qualche modo rinata. DISCOGRAFIA Dry Is This Desire? (Too Pure, 1992) (Island, 1998)

Rid Of Me Stories From The City, Stories (Island, 1993) From The Sea (Island, 2000)

4-Track Demos Uh Huh Her (Island, 1993) (Island, 2004)

To Bring You My Love The Peel Sessions 1991-2004 (Island, 1995) (Island, 2006)

Dance Hall At Louse Point White Chalk (With John Parish) (Island, 2007) (Island, 1996)

sentirea scoltare 37 turn it on

Aesop Rock - None Shall Pass (Definitive Jux, 2007) Genere: hip hop E chi lo scorda Aesop Rock che con il suo flow zigzagante rubava letteral- mente la scena ai Cannibal Ox durante il tour di The Cold Vein? Ancora vivido è il ricordo. Lo sapevamo che era un grande ma ci aveva lasciato lo stesso tutti a bocca aperta. Quella scioltezza, quella facilità di linguag- gio, quella consapevolezza dei propri enormi mezzi quasi sfrontata ma al contempo carica di rispetto. E poi l’inconfondibile timbro vocale. Erano i tempi del suo terzo album, uscito nel 2001, quel capolavoro che risponde al nome di Labor Days. È trascorso un lustro e nel frattempo il Nostro si è trasferito da New York a San Francisco, si è affermato presso un pubblico più ampio ed ha pure in- ciso un disco per la Nike senza tuttavia sputtanarsi, restando a suo modo un artista underground. Aesop, così come fotografato oggi dal suo quinto full lenght, è un artista maturo e più misurato, meno funambolico e sbarazzino forse ma ben piazzato e sempre stilosissimo. Evidente come l’apporto di colleghi indiscutibilmente bravi dia quel quid in più a None Shall Pass. A produrre una buona metà dei pezzi ci pensa Blockhead, suo uomo di fiducia sin dal secondo album, il quale svolge un lavoro come al solito egregio: basta sentire Fumes e Getaway Car per rendersene conto. Da segnalare parecchi altri pezzi: Gun for the Whole Family, prodotto da El-P (pare infatti uscito da I’ll Sleep When You’re Dead) e poi 39 Thieves, con lo stesso boss della Def Jux in combutta al mic; oppure Dark Heart News, a cura di un altro campione della scuderia come Rob Sonic (a proposito, nuovo disco in uscita per lui proprio in questi giorni). E alla fine, con Coffee (occhio alla ghost track), c’è anche spazio per John Darnielle dei Mountain Go- ats, a suggellare un disco che si distingue rispetto al passato per l’utilizzo di una notevole strumentazione live mixata con synth e campionamenti (ascoltate No City…). Ciliegina sulla torta l’artwork di Jeremy Fish (!). Un ritorno convincente dopo il non entusiasmante Bazooka Tooth e sette punti e mezzo in più da aggiungere alla Def Jux nella classifica costruttori. Questo è quel che si suol dire un buon lavoro di squadra. (7.5/10)

Alarico Mantovani

38 sentirea scoltare passaggi segreti. qualsiasi DJ), Plastikman, i primi Sicuramente dedicato a tutti quelli sentori del minimalismo che ormai che pensavano non avrebbero mai è verbo techno (la stupenda Minus messo un CD Troniks nel loro let- di Robert Hood e le incursioni su- tore. Mentre a chi aveva già avu- perfiltrate di Dopplereffekt) e alcu- to modo di apprezzare le 16 bitch, ne puntatine sul clubbismo più soul non molti per la verità, diciamo che (Jupiter Jazz). le Nostre non si sono ammorbite, il In due ore è difficile riassumere più loro suono si sta solo evolvendo in di vent’anni di cultura musicale; qui qualcosa di più terrificante ma ad si va alla ricerca di chicche nasco- un livello più subliminale. (7.2/10) ste, pezzi più o meno underground che costituiscono una buona intro- Nicolas Campagnari duzione per i neofiti e una bella rac- colta di ricordi per chi mangia onde sinusodiali a colazione.(7.0/10) 16 Bitch Pile-Up – Bury Me Deep AA. VV. – The Kings Of Electro (Troniks, maggio 2007) (Rapster / Audioglobe, 24 set- Marco Braggion Genere: noise isolazionista t e m b r e 2 0 0 7 ) Le 16 Bitch Pile-up sono un trio Genere: old school electro all-female che proviene dall’, Nuova uscita per la pregevolissima AA. VV. – Boxer 50 Jubilee hanno alle spalle una discografia serie The Kings Of… della Rapster (Boxer Recordings / Family Af- tanto sterminata quanto di difficile Records. L’etichetta – affiliata alla fair, 21 settembre 2007) reperibilità, e si trovano a far usci- !K7- aveva già da tempo coniato il Genere: compilation mi- re per la Troniks di Paul Blanken- modello perfetto: doppio CD scelto nimal technodreaming smiths (The Cherry Point) il primo e mixato da due personaggi culto Grande festa in casa Boxer per il CD con una tiratura di “ben” 1000 delle rispettive scene che vanno a cinquantesimo album in uscita. copie (che per gli standard dell’un- riempire i puntini di sospensione L’etichetta uberminimal di Colonia deground americano sono un’enor- dopo il titolo. Questa volta tocca a ci sforna un doppio di classe mixato mità). due protagonisti dell’electro: Play- dalle sapienti mani di Frank Mar- Ma non aspettatevi l’ennesimo au- group e Alter Ego. La cosa che sor- tiniq. tocompiacimento harsh-noise tipico prende di questa lunga selecta è il Molti i nomi importanti sia sul mix della label sopracitata, siamo più richiamo costante all’old school. che sull’ormai classico bonus CD dalle parti di un cupo isolazionismo Nel primo CD il ricordo si orienta di remix: la trance onirica di Wes- di stampo :zoviet* e The più verso nomi black-80, vicini alla sling & Schrom, il minimalismo Hafler Trio. In effetti rispetto alle break-dance e alle sonorità hip-hop di Zentex, l’incursione nell’acid di uscite precedenti in cui l’improvvi- di Afrika Bambaata o delle prime Handycraft, le rivisitazioni acide di sazione noise faceva la parte del street crew, come con il super tur- Gui Boratto, la progressività à la leone, in Bury Me Deep c’è mag- ntabilzm di Dynamix II, la pseudo- Vibrasphere di M.A.N.D.Y., lo scic- giore calcolo e precisione, come ci wave ipnotica di Mr & Mrs Dale, il cosissimo remix di Michael Meyer si aspetterebbe da un Alva Noto funk robotico dei Fearless 4, le ta- (che ricompone Adriano, la traccia o da un Ryoji Ikeda; prendete So- stierine orientaleggianti di Ryuchi con cui ha preso inizio l’avventura mething Poke Up che parte con il Sakamoto, la cavalcata spacey che Boxer) e il ricordo anni ‘80 di The metronomico battito del cuore per prelude ai ‘90 di Deee-Lite. Suoni Shock, fanno di questo doppio un poi incorporare durante la sua cor- vintage che possono sembrare da- gioiellino di stile minimal che ci ri- sa suoni di campane, latrati di lupi, tati e naïf, ma che a guardar bene vela come già sette anni fa qualcu- per chiudersi con il solo suono di stanno tornando alla grande in no stava mutando inconsciamente un orologio a pendolo, tutto ciò qualsiasi genere: dal rock al pop, ben esemplifica questa mutazione: dall’hip-hop alla techno. meno rumore ma un suono che si Nel secondo CD si respira invece fa sempre più magmatico e tene- l’aria dei primi club, delle speri- broso. Oppure il tappeto di basse mentazioni acid, specchio della mu- frequenze The Dead Boy Would tazione elettronica degli anni ‘80: Not Go Away, che pare uscito dallo dance che si trasforma in techno, studio di un Brian Eno periodo On anima black che conserva le radici Land, sopra il quale si sovrappon- afro ma che spinge il confine contro gono piccole miniature di musique le pareti a specchio del club. Il suo- concrète. Una parola potrebbe de- no si spezza e compaiono le prime finire Bury Me Deep: intenso. Ri- figure che porteranno il germe alla petuti ascolti aiuteranno a scoprire maturazione: Maurizio (con la sto- sempre nuove architetture sonore e rica hit M4, pulsazione base per

sentirea scoltare 39 (?) le sorti della cassa-Detroit, at- uggioso al limite del malinconico a te, caldo, africano. Disco armoni- traverso sonorità rarefatte, camere far propendere l’ago della bilancia camente ricercatissimo. Parente metallizzate per cybermaniaci del a favore di Rainy Days. (7.0/10) stretto della 4th di Jon dancefloor, pur conservando un’at- Hassell. Disco intriso di una spi- titudine pienamente indie, uno stile Stefano Pifferi ritualità antichissima, ancestrale. che in molti passaggi si avvicina (7.5/10) alla soft-trance onirica, allo sballo da decompressione. Massimo Padalino Uno degli slogan che ricorre di più nei blog è: “se non è minimal non è techno, se non è techno non è Amor Fou – La stagione del minimal”. Questa compilation lo cannibale (Homesleep, ottobre riconferma in pieno. Il 2007 come 2 0 0 7 ) anno bipolarmente nu-soul e mini- Genere: elettronica mal. Gli estremi che si toccano. Un A leggere il nome dei musicisti bookmark per le nuove generazio- coinvolti nel progetto Amor Fou ci si ni. 50 di questi dischi, cara Boxer. rende conto, ancor prima di schiac- (7.2/10) ciare play sul lettore, di quello a cui si andrà incontro con La stagione Marco Braggion del cannibale: un cantautorato ele- gante, fortemente “letterario”, dal Alejandro Franov – Khali (Stau- passo lento ma raffinato, venato da Airportman – Rainy Days (Liz- bgold, 2007) striature elettroniche. Una musica ard / Audioglobe, giugno 2007) Genere: world inevitabilmente legata al caratte- Genere: post post-rock? Argentino, 35enne, Alejandro Fra- re dei singoli, che in questo caso I quattro aeroportuali piemonte- nov ha già alle sue spalle una hanno il nome di Cesare Malfat- si propongono come da titolo una carriera discografica onorevole. ti (La Crus e The Dining Rooms), musica da giorni di pioggia e lo Innanzitutto come collaboratore di Alessandro Raina (ex frontman fanno con la non comune capaci- Juana Molina, in ben tre dei suoi dei Giardini di Miro’ e paroliere di tà di toccare le corde più sensibi- bei album (Segundo, Tres Cosas interessanti prospettive), Leziero li dell’ascoltatore. Musica in punta e Son), e in seconda battuta con Rescigno (multistrumentista colla- di strumento che per semplificare tante altre teste (musicali) pensan- boratore di Francesco Di Bella dei definiamo post-rock, ma che è ben ti della contemporaneità (Liliana, 24 Grana e Mara Redighieri degli lungi dall’essere la semplice ripro- Herrero, Fernando Kubasacki, Ustmamo’) e Luca Saporiti (titola- posizione di quei suoni che nel de- Mono Fontana ecc). Khali è se- re del progetto Lagash). cennio scorso fecero gridare alla gnato dall’incrociarsi, ed ibridarsi, Nelle undici tracce del disco si par- ennesima morte (o rinascita, che è dei suoni di tre strumenti diver- la d’amore. Un rapporto di coppia la stessa cosa) del rock. si. Ognuno proprio di un differen- consumatosi tra Sessanta e Set- Colonna sonora immaginaria ed te continente: mbira (Africa), sitar tanta che è anche una storia di ab- ideale per brumose giornate nella (india) e l’arpa paraguaiana. Khali bandoni e ritorni, passioni e con- pianura dell’Oltrepò, concentrato è anche una isola croata, dove il flitti, nonché il punto di partenza di emozioni sussurrate per autun- nonno dell’autore è nato, ed uno per una riflessione sociologica su nali tramonti, Rainy Days esalta le dei cicli della musica Hindustani. Il quarant’anni di vita italiana. Vissuti doti strumentali del quartetto dise- suono che dal lavoro sgorga fuo- dai due protagonisti tra differenze gnando lande di quiete ora folky, ri rimanda, inevitabilmente e feli- di classe, infatuazioni politiche, ora indie, ora al limite del cantau- cemente, alle musiche del Mali, a spinte culturali, doveri e meschi- torato afono. C’è infatti molto del- quelle degli indios centroamericani la musica che hanno (e abbiamo) e ai raga indiani. Qualche chitarra amato negli ultimi anni nelle frecce di contorno, qui e là una tastiera, di quest’album: melodie soffocate e giochi di voce al femminile talvolta desertiche ambizioni, echi sognan- (Lea Franov) e l’ibrido prodottosi, ti e umorali di Smog e The Paper come nel caso di Gandanga, assu- Chase, paesaggi acustici amplifi- me il volto di una sorta di minimali- cati da glockenspiel e fisarmoni- smo etnico. Un Philip Glass sparso che, lievi increspature elettroniche, fra una miriade di spezie esotiche. struggenti e funeree nenie (Octo- Tuonami Diabate, sommo artista ber, una delle vette dell’album). africano, potrebbe anche fungere Ma è la maturità dei quattro nel da riferimento specifico (un brano saper coniugare questi linguaggi come Pasando El Mar) nel lirismo verso un mood intimo e personale, così sofficemente, e soffusamen- turn it on

Amari – Scimmie d’amore (Riotmaker / Warner Music, ottobre 2 0 0 7 ) Genere: soulgazing pop hip “In fondo ti avevo avvertito, dicevi che sarebbe andato tutto bene…” Ap- punti di viaggio dal presente off-cantautorale italico. Sette anni di Ama- ri. Sette anni lungo tutto lo stivale. Lo scorso anno poi, hanno bissato l’exploit indie degli Offlaga in quanto a band con più date e affluenza di pubblico; oggi, questo è il disco della maturità, quel disco che fa paura a tutti. Staccare o farsi travolgere. E la gente che dice: non c’è gara con l’arroganza e la propositività dei due precedenti. Dopo i primi vagiti con Apotheke e Corporali, Gamera è stata la sperimentazione, Grand Master Mogol il botto pop. E ora? Adolescent pop fatto da thirty something boys. Non servono più le prove di forza sperimentali, non serve strafare, gli Amari convertono la scuola romana masticando Nord-Est e post hip hop, riuscendo a fare quel che non ti aspetti: non un’altra manciata di coloratissime cartoline del “proprio come allora” (Conoscere gente sul treno uber alles), ma un po’ di quel “poi” da vecchi/giovani che ascoltano la tardoadolescenza con distacco, ma con immense vo- ragini di nostalgia. “Quanti amici ho perso nella nebbia”, “vorrei conoscerti tra quindici anni” e naturalmente tutti quei “e se…”, più sottotraccia che tracciati. Il revival buono insomma. L’impianto agrodolce alita dietro la nuca e la musica che ne esce è più viva che mai, con l’elettro a graffiare quando serve, i groove a muoverti le gambe, il tocco rockista nella stanza da letto e le piroette camp - perché no - per il pubblico più omosex (che furbastri…). Meno plastici e gai, Pasta e Dariella riescono a mantenersi leggeri in un modo nuovo, un po’ come i personaggi della letteratura contemporanea giapponese. Le storie di Banana Yoshimoto o di Haruki Murakami. Quelle descri- zioni di un attimo. La bellezza diabolica dei dettagli (“nessuno di noi avrà più camicie stirate… … Quanto le ho sognate”). E naturalmente quel tocco naïf come dovrebbe essere: un po’ Bersani (ma senza spocchia) e un po’ Baustelle (ma senz’esser i soliti maudit, perdio). La cute generation italiana troverà negli Amari i suoi alfieri. Li ha già incontrati, è vero. Ora (grazie anche a una distribuzione major) li consacrerà mettendoli come uno scudo stellare per tutto ciò che è adulto… e sarà un casino, sarà una nuova stagione intimista, puro concentrato soul- gazing. Prima che tutto ciò accada, i nostri heroes convertono tempo e spazio in un misto di synth pop al compressore, indie Ottanta e Novanta e un andamento da b-boy emozionati, da scimmie in amore (singolo e ritratto fauve di noi voi tutti). È il top artistico e neanche a dirlo, il singolo Le gite fuori porta lo fischiettiamo già tutti. Lo stesso, vedrete, accadrà con tante altre canzoni di quest’album, perché è solo un raffreddore. Non è sangue di naso. Vedrai fra qualche giorno non ci farai più caso. Per questo scappa via.(7.5/10)

Edoardo Bridda e Marco Braggion

sentirea scoltare 41 nità. A dar spessore alle parole un In questo nuovo episodio i tre sem- mani esperte? Diciamolo subito Set elettropop sognante, malinconico, brano procedere per sottrazione, The Woods On Fire non soddisfa liquoroso, vicino per indole alle giocando con silenzi e pause, vuo- le aspettative. Non che sia un brut- leggerezze dei Notwist, decora- ti pneumatici in cui far riverberare to disco: molte canzoni (I Thought to da nuvole di chitarra e tasti di ancor più prepotentemente i brevi I Was Free, Set The Woods On Fire pianoforte, solcato da voci suaden- momenti di presenza che danno il e The Game) sono di ottima presa ti e cornici sintetiche. Una musica titolo al lungo flusso sonoro. Ri- confermando l’ispirata vena creati- che guadagna in familiarità ascolto chiedono coi loro spasmi l’atten- va di . Ma è tutto qui. dopo ascolto, quando anche i det- zione dell’ascoltatore, costretto a Non colpisce. Non aggiunge nien- tagli più nascosti vengono a galla, vedere con l’orecchio frammenti di te di nuovo. Le canzoni sono tutte e che nelle finali L’anno luce e La suono, sfilacciamenti di note, abor- adagiate su un tappeto tradizional- Strage – si parla di quella di Piaz- ti di strofe che assumono il proprio mente folk che sa tanto di manie- za Fontana - raggiunge forse il suo senso se visti come continuum con rismo. Ciò che ne scaturisce sono zenith qualitativo. (7.0/10) i vuoti. i recenti trascorsi delle , La stimolante sensazione che se ne qualche timida deriva pop alla Fei- Fabrizio Zampighi ha è quella di una versione oltre- st e soprattutto quel gusto melodi- jazz dei 4’33 di cageiana memoria co proprio dei Cardigans. Il tutto o una rilettura di certi momenti ri- mischiato e condito con un fare fin leyani in chiave anatrojazz. La cer- troppo antico e prevedibile. Fosse tezza è che gli Anatrofobia hanno stato un disco solista avremmo po- effettuato sul “jazz” lo stesso per- tuto pensare, almeno, che qualco- corso che gli Starfuckers/Sinistri sa in futuro potesse cambiare. Ma effettuarono mandando Infrantumi così… (5.2/10) il rock. Entrambi, ovviamente con eccellenti risultati. (8.0/10) Andrea Provinciali

Stefano Pifferi Babyshambles - Shotter’s Na- tion (Capitol, 12 ottobre 2007) Art In Manila – Set The Woods G e n e r e : p o p ’ n ’ r o l l On Fire (Saddle Creek, 7 agosto Il titolo non deve ingannare. Shot- 2 0 0 7 ) ter’s Nation che tradotto dallo Genere: indie-folk slang significa “la nazione degli Anatrofobia – Brevi momenti di Dopo lo scioglimento delle Azure spacciatori”, è il post Down In Al- presenza (Wallace / Audioglo- Ray avvenuto nel 2004, Orenda bion. Non il capitolo successivo ma be, ottobre 2007) Fink – la metà del duo –, intrapre- un nuovo libro. Un lavoro che si di- Genere: anatrojazz se una breve carriera solista che rebbe maturo, forma canzone den- Sono centellinati i momenti di pre- la condusse alla pubblicazione del tro i ranghi, partiture anche com- senza che gli Anatrofobia dispen- debutto The Invisibile One, sem- plicate, rifforama e cambi tempo, sano al mercato musicale, ma de- pre presso la Saddle Creek, onni- pulizia formale. gni della più totale attenzione. In comprensiva etichetta di Omaha, Lasciatosi il claudicante debutto particolare quando, come nel caso Nebraska. Durante il tour promo- alle spalle assieme ai vecchi tes- di Brevi momenti di presenza, lo zionale del disco la Nostra si ac- sitori (Mick Jones dei Clash, il di- scarto dalle precedenti prove è no- corse, grazie all’accompagnamento screto alla chitarra, tevole. Un unicum suddiviso in 14 strumentale di molti amici/colleghi andatosene nel 2005 per problemi tracce frutto di una sessione di re- tutti gravitanti intorno all’etichetta di eroina…), un Pete ripulito in- gistrazione in presa diretta in cui i succitata, che la veste di solista le tre (la chitarra di Sassi non è più calzava stretta. Ecco così nascere della partita) prescindono da ogni gli Art In Manila. Ecco così nasce- sovraincisione. re una piccola sintesi di molte band Prescindono però i canavesi, an- della Saddle Creek. Infatti ad af- che da loro stessi, affidandosi non fiancare la Fink ci sono membri dei più unicamente alla loro peculiare Good Life, Mayday, Bright Eyes sintassi jazz, ma riferendosi qua- e . Senza contare an- si alla colta contemporanea. E lo che altri membri di band come The fanno consapevolmente alla luce di Anniversary, Little Brazil, Dan- un percorso ormai quasi decennale ce Me Pregnant, non propriamen- che li ha visti e li vede tuttora trat- te colleghi di etichetta. Ora, come tare la materia fino a plasmarla a non aspettarsi il meglio da un sif- proprio piacimento. fatto album composto da così tante

42 sentirea scoltare traprende un corso pop punk’n’roll cup.com/). Il nodo della faccenda è dal restyling molto professional. tutto qui, da quelle parti è racchiu- C’è Stephen Street (Smiths, Blur e sa la bontà del progetto Beirut, la ) dietro al desk e si sua peculiare variante rispetto ai sente, ma c’è un bel buco (e non lavori dei capofila del movimento sul braccio questa volta): Delivery, quali Jeremy Burns e (a lato) Matt singolo apripista, tra primi Kinks a Elliott, la fascinosa sensibilità pop un ritornello normalizzato (più coda che lo contraddistingue, l’attitudine qualunquista), è modernariato per- apolide/stradaiola che lo alimenta. fetto per l’IPod, non l’hit più o meno Girato a Brooklyn, è probabilmente generazionale . Nantes il clip a spiccare per resa In sostanza, il problema dei nuovi acustica e visiva: Zach scende le Babyshambles sembra proprio un scale d’emergenza di una palazzi- fattore d’attitudine e controllo: suo- na industriale intonando una balla- nano con il motore di una macchina cimento. Ed è proprio quanto hanno ta nello stile del Patrick Wolf più appena uscita dal concessionario, fatto. Detlef Schrempf è una cazzo dolente e intimista. Piano dopo pia- quando a guidarla ci sono sempre di ballad compiaciutissima e non è no, passo dopo passo, la canzone i soliti drogati. Sono tutti cinturati l’unica ahimé. E nell’economia di incontra i suoi musicisti diventando però, ecco perché il giochetto vo- un disco di 10 pezzi non si posso- sempre più corposa. Prima chitarra cale attorno a nel classico no spendere tre cartucce in questo e violino, poi il trio di fiati, infine rhythm’n’blues è stucchevole, il sa- modo. No perché Marry Song è un la fisarmonica e la batteria. Fanta- liscendi di Unstookie Titled automa- gran pezzo anche se è uno scim- stico. C’è tutto l’afflato live che ci tico, il jazzino There She Goes un miottamento palese degli Shins vuole e la performance di Condon divertissement per prender fiato. senza avere la loro classe, e Ode è semplicemente magnifica. Impa- Neanche il Doherty 2.0 è però un To LRC è una buona traccia anche riamo che di Nantes c’è una take manichino, qualcosa la dice e non è se puzza di Built To Spill d’annata, precedente per nulla marziale e su tanto il brano Side Of the Road (un e No One’s Gonna Love You è una disco ce n’è un’altra ancora diver- trasch punk sguaiato e goliardico grande ballad commovente degna sa con una pianola reggae style, ripescato da una vecchia session di stare nel loro primo disco, che un andamento più lineare (batte- assieme a Barat) quanto un dolce diciamocelo, aveva tutt’altra grinta ria schematica, la tromba in docile anthem, Baddies Boogie, a rega- e tutt’altra ispirazione. contrappunto) e una sezione d’otto- larci qualcosa assieme alla valida Sì perché Wicked Girl era un po’ In- ni più composta. The Penality (e gli Deft Left Hand (funk svagato dal terpol ma aveva carica da vendere, altri video) confermano: è come se sapore cabarettistico) e Lost Art Of The Funeral aveva delle aperture in studio tutto si fosse raffreddato - Murder (una ballad con l’idolo folk sonore portentose e The Great Salt o peggio - i brani si assomigliasse- inglese Bert Jansch), il finale ide- Lake era semplicemente una gran- ro. In quest’ultimo video, catturato ale tra autobiografismi e squarci di de canzone. E’ triste pensare che in un parcheggio (in presa diretta vita bruciata. il debutto di Everything All The più che mai), voce e ukulele in soli- Sono gli episodi migliori di una Time avveniva solo l’anno scorso, tario per il prodigio e l’ensemble da band che punta ad allargare l’au- ma questo Cease To Begin si guar- strada in accompagnamento bandi- dience (la rock ballad canonica da allo specchio e si sorride am- stico. Tutti in passeggiata con l’au- Unbilo Titled). A farsi un futuro (le miccante, ed è tutto quello che sa dio che va e viene, ma la vibrazione classiche maniere rock di French fare. (4.9/10) è papabile. È come essere li con Dog Blues). Del resto una rockstar lui. La canzone è viva. Su disco, non prende Stephen Street a caso Alessandro Grassi la base s’è trasformata in un val- e Glastonbury ce l’ha rivelato: per zer e di valzer ce ne sono poi tan- Pete è l’ora d’iniziare una carriera, una fortuna per la sua salute e una Beirut - The Flyng Cab Cup ( B a bad news per chi amava l’Albione Da Bing / Goodfellas, 9 ottobre che brucia. (5.5/10) 2007) Genere: folk-pop mediterraneo Edoardo Bridda Per accompagnare il nuovo lavo- ro, Zach Condon e la sua band da strada “allargata”, hanno girato per Band Of Horses – Cease To Be- New York una serie di videoclip ri- gin (Sub Pop / Audioglobe, 9 gorosamente homemade. Pare che o t t o b r e 2 0 0 7 ) lo scopo sia quello di filmarne uno Genere: indie-pop per ogni canzone e attualmente L’unica cosa che non dovevano quelli disponibili sono stati raccolti fare era arrendersi all’autocompia- in un sito dedicato (http://flyingclub-

sentirea scoltare 43 tissimi altri, tutti un po’ imbrigliati. terzo, il quale resta nondimeno il Ma perché dopo dodici album in C’è il rischio che Flying Cup annoi suo apice insuperato. Lo ha fatto solitaria, il più recente dei quali, gli scafati mediterranisti frustrando però dubitare l’autore, fino a una il doppio Fast Man Raider Man, proprio l’appetito live che da sem- buona metà abbondante di scaletta risale addirittura al 2006, e dopo pre li contraddistingue. in cui non si butta via niente, dal- l’annunciato tentativo (mancato?) D’altro canto, è innegabile che a la statica, ombrosa La Garçonier- di riunire la sua vecchia band in favore delle tracce in studio c’è re che rinnova Serge Gainsbourg studio dopo un tour che ha fatto il bel lavoro d’archi di Owen Pal- (un mito per Biolay: gli si crede, sobbalzare i cuori dei fans più no- lett (Final Fantasy), generalmente eccome) all’autentico capolavoro stalgici, Charles Thompson IV si presente a mo’ di valore aggiunto di ballata da camera La Chambre presenta oggi sempre come solista (l’attacco di In The Mausoluem, ) D’Amis, alla scansione modernista ma con il suo primo nome d’arte ma dominante in Un Dernier Ver- sotto Douloreux Dedans a una Re- Black Francis, proprio quello usato re (Pour La Route), una traccia su garder La Lumiere che dici sottratta con i Pixies? Che sia già un primo base jazzy dal fascino chanson su- a un Songs Of Faith And Devotion passo di avvicinamento alla reu- blimata dall’orchestrazione. E poi più romantico. Splendido a tal pun- nion tanto attesa, oppure, al con- c’è la qualità della scrittura: Zach to, e non è da meno quanto gli fa trario, un segnale per annunciare ha dichiarato di aver ascoltato un compagnia in un’azzeccata sintesi la totale rinuncia a tale progetto? sacco di Brel e canzone francese tra presente e futuro. Mistero. Ci basti sapere però, che prima di comporre il disco, come del Però: succede che dal sensaziona- Bluefinger (dedicato al pittore e resto i Flying Cab sono i palloni ae- le picco intimista sopra magnifica- musicista olandese Herman Brood), rostatici all’internazionale di Parigi to, il “trash” del titolo si imponga rispetto alle derive country, blues e degli anni ’10 che il nostro aveva d’un tratto e appesantisca quasi soul degli ultimi album, sancisce visto in foto. Non aspettatevi cose tutti i brani che lo seguono. Non si un semi-ritorno a certe sonorità tipo Ne me quitte pas (la sensibilità può restare indifferenti e sordi di graffianti e visionarie che fecero la passa comunque attraverso Wolf o fronte al bolso disco-rock Qu’est- fortuna della prima band. Le prime Wainwright) ma belle epopee co- ce Que ça Peut Faire, allo stucche- due canzoni dell’album rappresen- rali/tascabili quelle sì. Intelligente vole avvitarsi privo di centro Cac- tano un vero pugno nello stomaco: poi lo spostamento verso Ovest con tus Concerto, a un pop linearmente i volumi sono altissimi, la chitarra le emblematiche Forks and Knives modesto che si redime solo con la tagliente e la voce si perde in de- e St. Apollonia a preferire fisarmo- morbida Laisse Aboyer Les Chiens liri fuori squadra degni dei migliori nica e xilofono alla tracotanza dei e in una seconda metà di De Beaux tempi andati. Threshold Apprehen- fiati. Fatevi i vostri conti e se avete Souvenirs che unifica Nick Drake pochi soldi spendeteli al concerto. e Momus. Un po’ troppo ineguale Condon comunque è un grande. Trash Yé Yé, per raccogliere più (7.0/10) di una promozione con riserva, di quelle che fanno benedire il tasto Edoardo Bridda di avanzamento veloce del letto- re; peccato, perché di canzoni se- ducenti o slanciate come Dans La Benjamin Biolay-Trash Yé Yé Merco Benz e Bien Avant non se (Virgin / Emi, 21 settembre ne ascoltano ogni mese. Che t’è 2007) preso a un certo punto, Benjamin? Genere: nuova chan- (7.0/10) son d’autore Potenzialmente, Biolay è uno che Giancarlo Turra può far diventare verdi dall’invidia: bello e talentuoso, occupa saldo una posizione di assoluto rilievo tra Black Francis – Bluefinger sion ne rappresenta l’episodio più le nuove generazioni di “chanson- (Cooking Vinyl, 4 settembre riuscito facendo quasi gridare al niers” francesi. Lionese e con un 2 0 0 7 ) miracolo: rende palpabile l’illusione background di studi conservatoriali Genere: indie-rock di un viaggio nel passato sul finire (evidenti nell’eclettismo strumenta- Chitarrista e cantante di quella sbi- degli Ottanta, quando imprevedibi- le e nel gusto con cui arrangia gli lenca ciurma che erano i Pixies, lità schizofrenica e urgenza sonica archi), s’è affacciato alla ribalta con ne rappresentava indubbiamente il dettavano criteri stilistico-estetici. discrezione, scrivendo e producen- deus ex machina. Emblematica di Illusione che però pian piano perde do per Keren Ann, Henri Salvador ciò è la lunga e prolifica carriera di efficacia. Già alla terza traccia e Juliette Gréco. solista che il Nostro iniziò nel 1993, Francis aggiusta il tiro tornando Giunge qui al quarto album, dopo dopo lo scioglimento del gruppo a sonorità recentemente a lui più aver brillantemente superato due madre, sotto lo pseudonimo Frank care, anche se cariche e vitali come anni or sono la difficile prova del Black. da tanto non avveniva. Così ci tro-

44 sentirea scoltare turn it on

Fiery Furnaces - (Thrill Jockey / Wide, 10 ottobre 2007) Genere: rock opera revisited Nulla si crea e nulla si distrugge ma le fornaci, ancora una volta alle pre- se con una rock opera, si muovono. Canzone e narrazione. Cambi tem- po come giocare a flipper. Momenti grandguignoleschi e marcette. E c’è poco da fare, Matthew Friedberger vuole essere il miglior arrangiatore di questi anni e se non c’è riuscito ancora è solo perché dobbiamo abituarci all’idea. Da un paio di album a questa parte sotto i suoi ferri resta poco da arrangiare: magari una spolverata in produzione (Bill Skibbe e Jessica Ruffins), un giro di manopola al mixer (John McEntire), oppure lasciare tutto com’è, perché sound & format sono inconfondibilmente e fieramente Fiery Furnaces. Arrivato dopo il sontuoso , Widow City pare la solita menata da primo della classe: ancora canzoni-collage, al solito matriosche di stili, strappi, melodie. Eppu- re… Non stiamo parlando certo del Chamberlain, la novità più appariscente del disco, uno strumento a tastiera che rimanda loops di altri strumenti e permette di creare tessiture maestose (Ex Guru), prendete piuttosto i testi: il cut up bourroughsiano di riviste femminili e magazine culturali degli anni Settanta dove s’alternano incomuni- cabilità di coppia e temi politici trasversali, è un continuo cortocircuito tra significati e significandi, soprattutto quanto l’interazione tra testo e arrangiamento, si fa più marcata, con Eleanor più versatile e l’arrangiamento più focalizzato nel rendere sonicamente quel che sta accadendo. Inoltre Widow è un album di hit, a modo loro s’intende, anzi a modo di ama la musica e il suonato: prendete My Egyptian Grammar, oppure la buffissima The Old Hag Is Sleeping (che spedisce in cantina tutti i campionamenti delle Cocorosie). I ritornelli ti rimangono in testa subito come quel “It’s a Clear / It’s a Clear / Signal From Cairo” che già un classico, e lo è pure per i memorabili interventi hardcore che costituiscono l’ennesimo battito d’ali. Spostando il cut up dalla musica ai testi e farcendo la prima di gesti liberatori da scafata live band (assoli, rasoiate hardcore, riff hard rock) i brani diventano assolutamente pop senza perderci in gusto “avant”. Potevano tacciarli di eccentricità e di eccessiva frammentarietà ma ora non lo possono più fare (se non stoltamente). L’avanguardia per le “masse” è finalmente raggiunta. Cose da Grandi. Altro che “sempre la solita minestra”. Sempre indietro tutta. Sempre avanti ancora. I Furnaces son tornati. (8.0/10)

Edoardo Bridda

sentirea scoltare 45 viamo dinnanzi ancora a un miscu- Monaco; Barbara Panther, la can- glio di pop, rock, blues, country e tante dal cuore di Berlino, al suo soul ma stavolta condito da una fre- esordio su disco; Theo Altenberg il sca tensione punk, che non viene sempreverde berlinese già frequen- rilasciata neanche nei momenti più tatore di comuni hippies negli anni intimi dell’album. Questa è la vera Settanta, amico di Joseph Beuys e novità di Bluefinger, quella che fondatore del gruppo ambient Oder sicuramente si cela anche dietro Nice; il cantante d’opera americano la scelta di chiamarsi ancora una Daniel Dodd-Ellis. Queste menti/ volta Black Francis. Per poter an- voci, aggiunte ad altri strumenti tra cor delirare urlando in piena libertà cui clarinetto, violini, chitarre e dia- su zigzaganti traiettorie rumoristi- volerie electro, vanno a comporre che, tra controcanti femminili e li- il magma su cui il Nostro costrui- nee di basso pulsanti, ma con una di un decennio e passa fa. Come sce visioni di un dub influenzato maturità raggiunta che gli evita di Miles Davis a cavallo tra Sessanta dall’elettronica per l’ambiente e dal scimmiottare l’omonimo se stesso e Settanta, come chi gli tenne die- soul/jazz. di vent’anni fa. Vi sembra poco? Il tro a ruota (anche i nostrani Peri- Un modo di svincolarsi dalle sono- Grande Folletto è ancora in ottima geo…) C’è, nondimeno, una certa rità di questo 2007 (electro)dub, forma: inconfondibilmente ironico e oleografia in più, una palla lunga una strada che differisce dalle freneticamente pungente oltremo- acid jazz di troppo tirata nel salotto tendenze grime/dubstep (Burial e do. (6.7/10) buono, perché il futuro è diventato soci) o mat/hop (, Subtle e presente e passato prossimo. Va compagnia) che stanno spazzando Andrea Provinciali benissimo se non ci si attendono e facendo nascere nuovi semi nella rivoluzioni e, magari, sarebbe ora: sempre mutante storia della black si può rimediare inseguendo le ci- music. Where Should I Go è un ri- Brian Ellis - The Silver Crea- tazioni o apprezzare la condizione chiamo a quello che Tricky ha an- ture (Benbecula / Wide, 20 ago- piacevolmente accessoria di dischi nunciato con il suo album più oscu- sto 2007) come questo. ro, quel Pre-Millennium Tension Genere: post-fusion Se la personalità è carente e lo snobbato da molti, ma che ha pre- Sul post-rock si concorda un po’ sforzo di modernizzare per lo più visto molte delle incrinature musi- tutti: vive di gloriosi ricordi, me- assente, gli scenari dipinti sono cali (e non solo) che stiamo viven- diocrità poco aurea, ritorni di pro- suggestivi quanto basta e i loro co- do oggi, Machine In The Ghost è un tagonisti ed emulatori ritardatari. lori vividi e sapientemente dosati. inno acoustic-blues con richiami e Significativo resta, tuttavia, quan- Cinquantaquattro minuti da fruire sonorità che toccano la voce di Cat to del suo spirito si sia radicato nell’insieme (magari privilegiando Power (stupenda l’interpretazione con forza nell’attualità, di come la la slanciata Night Trails, il rutilare di Barbara Panther) e degli arran- commistione totale tra generi - che di chiusura Cookies And Cream e giamenti che ricordano (guardaca- iniziò nei primi Ottanta e volò al- quello jazz funk di Home Cookin’) so) i Police più wave. A Walk With tissima nel decennio successivo - che scorrono abbastanza rapidi Me manca solo la parola Fire per si sia con esso del tutto compiuta. sono cosa oggi insolita, pur nella diventare un lamento adatto alle at- La trovate incuneata sottopelle agli fatica a imporsi e incidere sul serio. mosfere dark di Lynch, Need Is All sperimentatori odierni, a chi traffi- Mica tutta colpa di Brian, sappiate- You Love un dub-blues da scarica- ca con idiomi ibridi cercando di far- lo. (6.6/10) tori di porto per il prossimo disco di si capire. Che poi i più tra costoro Tom Waits con un Theo Altenberg cadano nell’autoreferenzialità, è Giancarlo Turra in estasi. da imputarsi nella poca cura per Un gioco cine-dub che rimescola ti- la scrittura: concentrati sul suono, toli e sonorità jazz (in particolare gli chi ci pensa più alla canzone? An- Burnt Friedman – First Night ultimi lavori di Sylvian) con un gu- che se “post”, sarebbe sempre rock Forever (Nonplace / Audi- sto soul-funk deciso (ascoltate ad e come tale a qualche cosa deve oglobe, 21 settembre 2007) esempio la misuratissima grazia di appoggiarsi, anche quando lo si in- Genere: electro-dub nu- Healer, o il riff incalzante di basso tende in senso molto lato, o dove jazz ambient-soul di Thumb Second), colonna sonora non ve n’è più traccia. Dopo le prove con l’amico Sylvian cool piena di suoni acustici e voci Sorta di “one man band” dalla co- nel progetto/supergruppo Nine Hor- da gustare con calma. Un maestro sta ovest degli U.S.A., Brian pare ses, Friedman ritorna al progetto di del nu-dub che attende paziente- esserne fin troppo cosciente quan- produzione in solitaria, riunendo mente 6 anni per scolpire in studio do traffica attorno ai confini eccel- una congrega di musicisti dai pa- un disco eccellente. In un mondo lenti di jazz ed elettronica, pulsioni lati completamente diversi: Steve fatto di produzioni velocissime e kraute e percussioni latine, funk e Spacek, la voce soul dalla Island; di singoli che si susseguono ormai rock come si faceva nella Chicago Enik, il produttore dalla krautissima alla velocità del suono, Friedman ci

46 sentirea scoltare riporta a un artigianato produttivo qua come ogni cosa per farsi poi di hart, mentre Three Months Paid basato sulla qualità e sulla medita- nuovo, eternamente e magicamente non strappa gli applausi che forse zione. Una via da seguire. (7.3/10) sciarada di se stessa. Camusica- cercava e Sounded Like A Train, Musi. (8.0/10) Wasn’t A Train ha dal suo un melo- Marco Braggion diare monocorde, stringato all’osso Stefano Pifferi ma vincente. Episodio interlocutorio dunque, con Camusi – Self Titled (Setola Di qualche apice regalato alle stelle Maiale, luglio 2007) e qualche riempitivo di troppo per Genere: ur-jazz essere un disco sopra la media, e È il duo Stefano Giust-Patrizia Oli- proprio da quell’esordio di cui sem- va (a.k.a. Madame P) la sorpresa bra così fratello non riesce a evin- più stimolante del 2007. Camusi, cerne la verve e la profondità tota- sciarada di significati lontani, ora le, che là era pregnante, e qui solo rinoceronte, ora profilo umano, si accennata. (6.1/10) presenta sotto le cangianti forme dei due protagonisti. La madama Alessandro Grassi dell’elettronica italiana ci mette rumori, loops, elettronica deviante e soprattutto la voce: cristallina, Ceephax - Volume One & Two pura, sussurrata, distorta, devia- (Rephlex / Goodfellas, giugno- ta. Il deus-ex-machina delle musi- luglio 2007) che non convenzionali di Setola di Castanets – In The Vines (Asth- G e n e r e : a c i d , I D M Maiale invece percuote, colpisce, matic Kitty / Wide, 23 ottobre Sul portale di discografie Discog, sbatte, sbuffa, accelera e decelera 2 0 0 7 ) Ceephax c’ha una foto niente male: su tutto ciò che possa dare un sen- Genere: folk-rock capello lungo stile Aphex bisunto, so ritmico al tutto, tanto da divenire Raymond Raposa è cantore dolen- birra da sessantasei in mano e il vero cuore pulsante dell’opera. te, un folkster perduto nell’abisso, maglione di merda. Come se non L’unione incestuosa tra i due, la un’ombreggiatura scura che si erge bastasse un’espressione da metal- fusione estatica tra due spiriti af- lungo la luce di una notte partico- laro idiota per la serie “facci una fini genera un mostro a mille teste, larmente buia ed intrisa di pericolo. faccia alla Ozzy, Andy!”. Andy di tentacolare medusa postmoderna In The Vines, terza perlina della cognome fa Jenkinson e suo fratel- al cui ascolto si resta pietrificati. filiera Castanets, si ricongiunge lo maggiore è Tom, ovvero Squa- Trip-hop deforme quanto un Ele- simbioticamente con l’esordio del repusher. Metti pure sul piatto le phant Man su pentagramma, schiz- 2004, quel Cathedral scuro, goc- ultime due fatiche del ragazzo, zi di una Diamanda Galas luciferina ciolante sangue. tutte acid e sperimentazioni Uni- ma atipicamente jazz, Portishead First Light’s Freeze poi è stata la versal Indicator (la serie più avant in deliquio, brandelli di rumorismo sperimentazione che usciva da un della produzione Rephlex) e già te digital-percussivo, mantra orienta- classicismo , per abbrac- li vedi litigare quei due. “Lo stile leggianti. Madame P che si autofa- ciare un cantautorato sempre folk slap fa schifo e pure tutte quelle gocita in continui controcanti in cui ma poggiato su strascinamenti ru- trovate jazz-fusion elettro-acusti- campiona e rimanda in vortice la moristi, su basi campionate e su che!” Mi sa che Andy è un gran sua stessa voce. Il Giust che sten- frenesie quasi kraute, ma sempre freak, di quelli che nei Sessanta si de un tappeto ritmico che ha dello con un occhio di riguardo verso le sarebbero fottuti di acidi. straordinario ma soprattutto dell’or- tenebre. Tenebre che tornano qui Altro che quella fighetta di Luke dinario (metalli, forchette, penne… ossessive nel cadenzare doloroso Vibert, l’approccio del nerdone al tanti, tantissimi oggetti). La voce dell’opening Rain Will Come, che classico sound di Chicago non è di Nostra Signora Electro che si ri- va perdendosi in una coltre di ru- per nulla morbido, anzi, Ceephax frange e diventa più voci, più an- more bianco, accecante come un praticamente è un esperimento di golazioni, casamatta di se stessa, nodo alla gola. clashing tra due elementi: ambient Mina + Diamanda Galas + Meira E mentre This Is The Early Game e di stampo IDM minimale da un lato, Asher + ogni cosa. Westbound, Blue sono due numeri e trip/orge Roland e drum machi- Le aritmie dell’uomo-ritmo che ten- folk senza infamia né lode, Strong ne dai settaggi hardcore dall’altro. tano di frenarla, confinarla, inclu- Animal con le sue percussioni si- Sono lame a doppio taglio: alle volte derla in un perimetro riconoscibile nistre e le sue atmosfere caracco- si creano delle strane convergenze, ma che finiscono per deragliare lanti ha il marchio di una grandeur altrimenti convivono forzatamen- anch’esse sul sottile filo della fol- emotiva che gioca a nascondino te due anime incompatibili. Questa lia. La musica che avvolge mondi con fantasmi Black Heart Proces- la magia/limite del doppio volume lontani, che moderna sirena incan- sion e Howe Gelb. Sway tocca il tutto, un gioco che tuttavia quando ta gli ignari naviganti, che si fa ac- cuore come il primo Devendra Ban- riesce è tanto brutto quanto terribil-

sentirea scoltare 47 mente fascinoso. Senza dimenticare sarebbe anche tentati di girare loro che Andy è un efficace tessitore di le spalle, storcere il naso, trovare il incubi post rave come Ravenscar, pelo nell’uovo, mettere in campo i nello stile di Aphex depurato dai se e i ma e snocciolare la solita tiri- . Probabilmente Ceephax tera che prima è bello, dopo è brut- è il miglior acid-maker della sua ge- to. In quest’opera di revisionismo nerazione, capace anche di dialoga- coatto e snob, potrebbero aiutarci re con il fratello tramite certe cose i primi due brani di Likeness. Un- easy listening rullate dentro il mia- cloudy Day è un’impacciata nenia sma analogico-lisergico. Per una con Christina al piano e Tom al wah volta abbiamo due album che non wah. Do You See un blues claudi- basano tre quarti dell’arrangiamento cante per doppie voci. Non esatta- su un putiferio di breakbeat in tutte mente le cose migliori che abbiamo le salse. Basta drill. Datemi l’acido. ascoltato da loro. Poi arriva Figs Anche se forse è tardi… (6.5/10) erano pur sempre invettive. Ma quel- And Oranges: arpeggio circolare, le di questo lavoro sembrano tutte delay cosmico, voce di Christina Edoardo Bridda ballate, un po’ movimentate un po’ a volare altissima e a raddoppia- troppo melodiche. Sembra di vede- re una seconda traccia di chitar- re un musical ambientato nel Crazy ra. A 2’50’’ notiamo che le chitarre Celebration – The Modern Tribe Horse e con i colori caricatissimi e si sciolgono, vanno in reverse, si (4AD / Wide, 12 ottobre 2007) posticci del buon vecchio Techni- forma una marea ondeggiante che G e n e r e : w a v e color. Pony e Fly The Fly riportano ci investe dolcemente. L’effetto è Probabilmente in un’altra vita Katri- la febbre ad una giusta gradazione piacevolmente suggestivo. Memo- na è stata una regina del funk. Un “hot”, ma si dimostrano due fuochi ry Takes Hold prosegue il discorso super-concentrato-sexy di ormoni di paglia. I Celebration ci mandano per altri tredici minuti di vocalizzi urlanti e curve cromate come una per altro a dire che questo disco lo e cori fantasma. Su Saddle Up The Plymouth Fury rosso fuoco del ‘58. hanno concepito in due battute diffe- Pony si permettono anche di usa- In un’altra vita Katrina è stata qual- renti. Nel mezzo David Sitek dei Tv re lo stesso ritardo nel delay usato cuna che ha furoreggiato sui palchi On The Radio, chiamato a produrre dai Pink Floyd su Another Brick In come una via di mezzo tra Mahalia come avvenuto per il precedente, se The Wall. Questo eden fatato chia- e Sharon Jackson. Puro e semplice ne è andato in vacanza in Grecia, mato Likeness prosegue lungo la Soul-Power, la cui forza trova val- lasciandoli a metà del lavoro e con scia di un onirismo sfacciato e di vole di sfogo anche negli algidi anni solo le parti ritmiche messe su na- una narco-psichedelia d’ambiente del download con gruppi più bianchi stro. Ma Hands Off My Gold, manco di grana finissima. La chiusura è di dell’ebano come i Celebration. The a dirlo, strizza l’occhiolino proprio ai quelle in grande stile con Walking Modern Tribe è il secondo disco Tv On The Radio. Del resto, Katrina Through The Graveyard e What del gruppo di Baltimora, quello che ci confessa che la tribù moderna del You Do For Money, che sono i ti- stavamo aspettando con ansia, per titolo sono proprio loro “The title is pici “blues lunari” in cui si è ormai lasciarci di nuovo prendere dall’on- homage to friendships with the pe- specializzata Christina. Likeness è da d’urto della sezione ritmica, dalle ople we’ve worked and connected nato improvvisando in studio poco dolci maree dell’organo e dalle zuc- with. Bands like Antibalas, Dragons dopo aver chiuso A Vintage Bur- cherosissime sillabe della voce. Una of Zynth, TV on the Radio, and the den. Quest’ultimo era un disco di prima ricognizione ci dice che è tutto – all good friends “canzoni”, mentre qui c’è il taglio come lo avevamo lasciato. La pasta and musical collaborators, along with crudo dell’improvvisazione a met- strumentale è esattamente quella others. Together, we’re the modern ter su un ponte che ci riporta dritti che t’aspetti da loro. Semmai, l’at- tribe.”. E se per il party serviva una dritti a Joy Shapes, Huston e Mar- tenzione per le parti di basso si è fat- colonna sonora, eccola servita, ma ket Square. La differenza è che il ta ancora più meticolosa. Brani come il sudore del primo disco viene qui generale mare di echo in cui quasi Evergreen, Pressure e Hearbreak, edulcorato da un termostato regolato tutti i brani vengono affogati è lo ascoltati come comanda il Sacro Dio a temperatura ambiente. (6.5/10) stesso degli ultimi dischi di Chri- del Rock - in uno stereo di qualità e stina. Del resto ci pensa sempre al massimo del volume concepito - Antonello Comunale lei ad aggiungere ulteriore fascino agitano le più recondite cellule del all’operazione, usando per le liri- tuo corpo rendendoti praticamente che parole prese in prestito da can- impossibile restare fermo. Eppure Charalambides – Likeness zoni popolari americane del 19° e c’è qualcosa che non va. Il singolo (Kranky / Wide, 29 ottobre del primo 20° secolo, riassemblate apripista del disco di debutto si chia- 2 0 0 7 ) in un nuova struttura e in un nuovo mava WAR e faceva da apertura a G e n e r e : p s y c h f o l k significato. Uno dei loro lavori mi- un’infuocata giostra di invettive, che Arrivati a questo che è su per giù gliori, che è come dire l’ennesimo. per quanto edulcorate e lucidate, il 24° disco dei Charalambides, si C’è poco da storcere nasi e fare gli

48 sentirea scoltare turn it on

Jens Lekman - Night Falls Over Kortedala (Secretly Canadian, settembre 2007) Genere: pop Il caro, vecchio Jens. Strano, eppure nascono proprio sensazioni di questo tipo ascoltando il nuovo lavoro lungo - appena il secondo - del giovane cantautore svedese, così forte la sensazione che procura l’imbattersi nuovamente con questa calligrafia tanto ciondolante quanto marcata, lan- guida e frondosa, cazzona e sofisticata. Una scaletta che nei soli primi due pezzi squaderna afrori da Scott Walker in dormiveglia (And I Remem- ber Every Kiss) e dance soul da Bacharach sul love boat (Sipping On The Sweet Nectar), senza tralasciare quella certa inclinazione post-wave da Morrissey scarabocchiato sul diario (la malinconia dolcissima e strapaz- zata di Shirin). Palpiti e tremori stemperati tra sogni esotici (A Postcard To Nina) e rigurgiti disparati (i REM di Near Wild Heaven nella struggente Your Arms Around Me, una inopinata La Colegiala nell’ineffabile Into Eternity) fino a una geniale regressione nella ninna nanna belleandsebastiana di It Was A Strange Time In My Life. Certo, la scrittura paga pegno inevitabilmente ad una certa ripetitività, forse anche un po’ di quella freschezza raffazzonata e carbonara si disperde nel cesello sempre più definito degli arrangiamenti (archi e trombe, vibrafo- nini e percussioni, strani campioni come miraggi al ralenti), quasi che il Nostro avesse messo sul serio il maestro Stephen Merritt nel mirino. Alla fine però tocca capitolare di fronte all’evidenza, perché è un lavoro che ti ci tuffi come nella rete di sicurezza, scoprendo ad ogni rimbalzo possibilità nuove, sfaccettature tanto in- sospettabili quanto inusuali, come nelle conclusive Kanske Är Jag Kär I Dig - funky soul pervaso di strane allucinazioni TV On The Radio - e Friday Night At The Drive-In Bingo, il sax da orchestrina di periferia per un piccolo inno al disimpegno trafelato. Ad accompagnarlo in questa straordinaria cavalcata altre due teste pensanti della contemporanea scena pop svedese, le amiche El Perro Del Mar e Frida Hyvonen, che hanno inciso sulla gestazione dell’album molto di più di quanto si possa intendere e pensare. Ovvero, in quel modo particolare che non può non caratterizzare tutto ciò che circonda l’universo scombiccherato e ineffabile del caro Jens. Il quale ha infatti dichiarato: “El Perro e Frida) sono due geni. El Perro doveva produrre l’intero album ma alla fine ha deciso lei stessa che si sarebbe trovata molto più a suo agio in un ruolo più defilato. Ci siamo ritrovati nel suo studio, lei si è seduta dietro di me limitandosi ad annuire con la testa, sorseggiando una tazza di caffè…Era tutto quello di cui avevo realmente bisogno.” Che dite, c’è bisogno di commentare? (7.2/10)

Stefano Solventi

sentirea scoltare 49 snob. Questi due texani andrebbero Pre-Emptive False Rapture lo si live: sorprendente il dialogo tra glorificati nella Hall Of Fame della può ascoltare anche privi di amian- elettronica e strumenti, mood che psichedelia. (7.3/10) to. (6.0/10) si intrecciano in maniera graduale, senza break, senza bisogno di su- Antonello Comunale Gianni Avella perproduttori, un po’ come quando Herbie Hancock si metteva a sco- vare riff da pelledoca, o quando Cobblestone Jazz – 23 Seconds Davis sparava quegli inni stellari (!K7 / Audioglobe, 18 ottobre su Bitches Brew. Ovviamente la 2 0 0 7 ) nuova generazione non prescin- Genere: nu-jazz mini- de da quello che sta succedendo mal ravetronica nel dancefloor. Si va quindi per la Il trio di Mathew Johnson, Danuel strada grondante sudore del deep Tate e Tyger Dhula arriva su !K7; rave, attaccandoci patches blues dopo la militanza su Wagon Re- da sogno. pair, il jazz elettrico dei canadesi Se il primo disco inizia tutto con- entra quindi nel mercato major ed centrato sull’electro, basta atten- è pronto per fare il botto. Ascol- dere qualche minuto per vedere tando il lungo doppio 23 Seconds come il blues sia ancora l’anima viene in mente la piccola grande che muove il suono idealmente rivoluzione di Kruder & Dorfmei- black. Lime In Da Coconut è inno ster costruita sul remix samplede- minimal per eccellenza e singo- Chrome Hoof – Pre-Emptive lico. Da quel piccolo grande disco lo per il prossimo set di Ricardo False Rapture (Southern / – che, guarda caso, usciva sempre Villalobos, Change Your Apesuit Goodfellas, 23 luglio 2007) su !K7 -, sono nati milioni di cloni. un funkettino spacey con una base Genere: arty-metal Tutto partiva dall’Austria, da una da far invidia a Medeski Martin & Un logo che sembra la storpiatu- delle periferie mitteleuropee di tra- Wood, gli echi afrodelici di Satur- ra di quello degli Accept (teutonici dizione essenzialmente techno e/o day Night e di W sono pronti a farci metallici di un tempo) e una can- minimal, rivoluzionare spostando sognare notti infinite a base di vo- tante colored molto denim e tanto lo sguardo. Oggi la storia sembra coder e filtri risonanti, brevi detriti blaxploitation, nove elementi dalla ripetersi, ma questa volta l’ago old school. mise richiamante parimenti i Gwar della bilancia si sposta a Ovest. Una sorpresa. Un gruppo double- e Slipknot come anche il guarda- Questa crociera salpa da oltreoce- face che eccelle nella pura tecnica roba di Sun Ra. Giocano molto ano, e cambia rotta. Non più remix, strumentale e nella sapiente arte sull’appariscenza i Chrome Hoof, anche live music. Sì, i nostri amici del rhythm making. Il nuovo modo che dicendosi non di meno ispirati di elettronica ne usano a bizzeffe, di pensare e di fare jazz è servito. da Mc5, lo stesso Sun Ra, Geor- sparano samples ed effetti come Re-Birth of the cool. (7.3/10) ge Clinton, Goblin, il doom eppure se piovesse, ma in più aggiungono le Esg punzecchiano la nostra, li- pianoforti Rhodes, vocoder, per- Marco Braggion bidinosa fantasia; ma se una ron- cussioni e un basso caldissimo. dine non fa primavera, imbracciare Atmosfere che attingono dalla cul- qualche fiato non è suonare p-funk tura da club e dal funk blues di Dave Gahan - Hourglass (Mute, cosi come una figura progressiva fine Settanta. Ascoltate che cosa 22 ottobre 2007) non fa Goblin fuori tempo (massi- riescono a fare in 45 minuti di Genere: electro blues/rock mo). performance, nel secondo prezio- Il Paper Monster di quattro anni fa Diciamo più volentieri che i Nostri sissimo disco quasi interamente rappresentò un debutto solista più sanno disegnare ossuti riff chirur- che dignitoso, in cui Gahan mostra- gici (Tonyte) e perdersi in granitici va una scrittura forse non geniale pseudo funk-rock (Spokes of Uri- ma ben innestata sul fusto della dium) forti di veemenza e princi- propria ossessione, ovvero il blues pio, con una versatile Lola Olafi- nient’altro che il blues. Una certa soye convincente nei toni medi e franchezza anche imbarazzante graffiante (sembra Karyn Crisis dei svolgeva il ruolo di valore aggiun- Crisis) nello screaming di Death Is to, vizietto che non perde questo Certain, un doom scritto coi Ca- Hourglass, scritto e prodotto as- thedral (il bassista Leo Smee da lì sieme a due turnisti depechiani, il proviene) a far da garante. Dei loro chitarrista Andrew Phillpott ed il show si dice un gran bene e pare batterista Christian Eigner. E’ gra- che si circondino di ballerini, tea- zie a loro, presumo, che la barra si tranti, fuoco e fiamme, ma questo sposta sensibilmente verso solu-

50 sentirea scoltare zioni electro più strutturate quan- Devendra Banhart - Smokey do non raffinate, vedi il tramestio Rolls Down Thunder Canyon lasco e vetroso in un inquieto chia- (XL, 24 settembre 2007) rore Notwist di Insoluble oppure le Genere: folk psych omeopatie Badalamenti nella va- Uno di quei dischi che tenta di rac- porosa trepidazione di Miracles. cogliere tutto quel che c’è da racco- Ma il “manico” ovvero la pen- gliere in un dato tempo in un dato na di Mr. Gahan è quella che è, luogo. Pensate a qualche celebre i limiti sono evidenti per quanto doppio vinile del passato - non fate- mi citare titoli - e capirete dove vo- glio andare a parare. Devendra Ban- hart consuma una fatidica resa dei conti con se stesso, ordisce un ere- mitaggio irrequieto assieme alla sua band di musicisti e compari fricchet- Un micragnoso sdrucciolare tra sug- toni (tra i quali l’attore Gael García gestioni contigue ma eterogenee Bernal - il Che Guevara de I Diari che azzeccano talora combinazioni Della Motocicletta! -, Nick Valensi di stordente bellezza - come l’incan- degli Strokes e Chris Robinson già tevole ninna nanna incantata me- Black Crowes), srotola il tappeto xico di Cristobal, i filamenti spersi delle meditazioni e ci lascia cadere Tim Buckley a ordire il folk mistico qualsiasi demonietto gli passi tra la di Seaside o ancora le placide illu- testa e il cuore: folk, blues, samba, minazioni d’archi e slide Mojave 3 psichedelia, progressive, funk, dub, sulla spiaggia younghiana di Freely rumba, caro vecchio rock’n’roll... Un - oppure soltanto divertenti, come la li dissimuli aggrappandosi ad un trip folle e scentrato, spiazzante e rumba elettrica di Carmencita o il go- vissuto di tutto rispetto e graffian- inafferrabile. Un dare fondo e vita spel asprigno nel baraccone louree- do con una certa personalità. E’ a qualsiasi scintilla valida, ad ogni diano/lennoniano di Saved. Nel caso il caso della sdegnosa Use You, particella sonora che giustifichi il di Seahorse c’è addirittura l’azzardo quasi una versione cibernetica di Devendra Banhart musicista ora e della suite-manifesto, otto minuti di Black Velvet di Alannah Myles, o qui, in questo mondo più folle di lui. solenne folk psych morbidamente di quella Kingdom perfettamente Difficile trovare il bandolo del filo che ammorbato soul, il Van Morrison inscritta nella minacciosa mitolo- attraversa tutti questi sedici pezzi, giovane sbilanciato prog con natura- gia industrial/pop/wave così cara a meno che non si decida d’averlo le movimento black, nel gorgo imba- ai fans dei Depeche (per quanto il già trovato in questa tensione ac- stito da piano, organo, flauti, cori (ai chorus sembri ispirato a certi Du- cumulatrice, rivelatrice e liberato- quali partecipa l’immancabile Vashti ran Duran). ria, in questo darsi totale, in questo Bunyan), nell’oppiacea tracotanza Quanto al resto, il sound pesca cercarsi visionario nel pelago delle Traffic frastagliata Jethro Tull, tra spesso dalle gotiche scenografie (proprie) visioni. Nell’affermare se elettricità doorsiane dalla ieratica periodo Songs Of Faith And De- stesso - uomo e artista, una cosa quadratura (assolo acido compre- votion (l’ebbra A Little Lie, la torva sola - attraverso musica che sem- so), galleggiando come un piccolo Saw Something), ammiccando ta- bra uscire dalle pieghe d’un sogno prodigio di Madre Natura concesso lora l’assedio sfrigolante imbastito storto, alambiccato, a tratti febbrile. a questi strani giorni rock. dagli U2 dei Novanta (se i ghigni Pur sempre un sogno gioioso, anche I fantasmi - quei fantasmi prewar tribali di Deeper And Deeper ricor- quando le trame s’infittiscono di mi- che Devendra raccattava da chissà dano vagamente Mojo, la sferzante stero e umori inesprimibili. Perché quali cassetti di chissà quali stanze 21 Days caracolla ombrosa come Devendra conosce il segreto della dimenticate - finalmente ha imparato una The Fly al ralenti). Immagino leggerezza, un equilibrio ebbro ma a cavarseli di sana pianta dal cuo- sia anche il caso di sottolineare saldo tra i flutti che schiaffeggiano re. Senza che sembrino per questo quanto le strofe della conclusiva con liquida disinvoltura ora la pla- meno sconcertanti. (7.4/10) Down siano pressoché identiche a cida e incontenibile inquietudine del quelle della radioheddiana Creep, Caetano Veloso londinese (Samba Stefano Solventi ma questo non vi suoni come una Vexillographica, Rosa), ora brume condanna. In fondo Hourglass è il doorsiane spiritati glam (Tonada prodotto dignitoso di un non-genio Yanomaminista), ora funk-glam tipo Digitalism – Idealism (Virgin, con molto appeal, impegnato a non Bolan & The Family Stone (Lover), g i u g n o 2 0 0 7 ) sconfessare un rispettabilissimo ora schivi capricci Grant Lee Buffa- Genere: dance electro- passato. (6.4/10) lo (Bad Girl), ora adorabili e inquie- funk post-daft generation tanti chimere fifties (So Long Old Le citazioni in cassa dritta. L’em- Stefano Solventi Bean, Shabop Shalom). blema robotico per eccellenza:

sentirea scoltare 51 il tributo alla seconda metà dei ne che brilla di luce propria. Digi- Novanta dominati dall’Homework talism ancora in viaggio. Ma il loro daftpunkiano. Non solo: un gusto Galaxy Express è pronto a stupir- per la rivisitazione indie che ri- ci. Li aspettiamo, guardando un siede nella mente dei Rapture e tramonto dall’acidissima Jupiter negli archivi della DFA, passando Room, aspettiamo i loro racconti per qualche remix dei Soulwax. digitali, le loro scorribande attra- Questo è il nuovo suono rock dan- verso il tempo. Viaggiate ancora, ce minimal del 2007. piccoli nipotini. Daft Generation is E questo è quello che fanno i due the way.(6.7/10) amici krauti Jens Moelle e Ismail Tuefekci. Nella loro opera prima Marco Braggion sulla lunga distanza sparano an- them come fossero noccioline. stesso tempo una festa caciarona, L’incipit spiega già tutto: il voco- Disco Drive – Things To Do un inno d’amore eterno al quattro der spacey di Magnets in quattro Today (Unhip / Audioglobe, 30 quarti e uno scioglilingua pop. E e quattr’otto dichiara un amore in- a g o s t o 2 0 0 7 ) la canzone che dà il titolo al disco condizionato verso il classico dei Genere: punk-funk, dub, indie è un pezzo che se lo sentissero padrini francesi, il delay di Zdar- Grow Up!, dicono subito i Disco quelli di Pitchfork lo innalzereb- light è tutto costellato di paillettes Drive, mentre in sottofondo la bero a brano dell’anno, con buona post-BiggerBetterFasterStronger. musica si fa ipnotica, lenta, dis- pace delle band angloamericane Ma se è vero che la storia (in)se- sonante. E per un attimo sembra che credono di saper suonare la gna il suono, in I Want I Want sco- realizzarsi la profezia che la band grancassa e il charleston meglio priamo che le coordinate dance di What’s Wrong With You, Pe- di tutti gli altri. non possono prescindere dall’in- ople andava ripetendo in giro da Se da una parte allora si assi- die-p-funk di New York, in Ideali- un po’ di tempo a questa parte. “Il ste al perfezionamento di una stic ricompaiono fantasmi Ottanta nuovo disco – ammonivano – sarà formula che aveva fatto gridare filtrati dall’acido, in Pogo (il sin- completamente diverso rispetto a al miracolo alla sua prima appa- golone da lacrime e sangue) ripar- quello che eravate abituati a sen- rizione, dall’altra si nota come il te la baracca rock’n’acid che ab- tire da noi”. Ma è una sensazio- gruppo abbia inserito il freno a biamo sentito dalle parti dei !!!. ne che accompagna l’ascolto solo mano per gettare un ponte verso Un substrato che ammicca ai Daft per qualche minuto. La successiva la sperimentazione. Find Me Ani- The Flower Stall infatti riporta la mal sembra provenire dal periodo questione in ambiti più realistici e psichedelico dei Beatles. Cholsey sobri. I Disco Drive sono tornati. E è in bilico tra pop e dub, prima di sono sempre loro. Niente perico- deragliare nelle distorsioni assor- lose inversioni a U. Niente dera- danti del finale. Finger and Nails pate hip hop. Niente cambiamenti è come sentire i Clash rallentati di epocali. Piuttosto, Things To Do London Calling in versione elec- Today è la naturale evoluzione tro, ipotesi di una prossima evo- del discorso iniziato un paio d’an- luzione dei Disco Drive. Che con- ni fa col CD d’esordio. Un’attitu- fermano a questo giro di essere dine punk-funk che tende a con- una band dalle buone potenzialità, taminarsi e ad allungare il proprio pienamente espresse peraltro dal raggio d’azione. proprio repertorio. Anche se li pre- Evoluzione, quindi. Che porta sta- ferivamo quando ci permettevano Punk (il quasi plagio di Moonlight volta il trio Unhip – con Matteo La- talvolta di sfogare i nostri istinti o i crescendi di Anything New e vagna che prende il posto di An- con qualche sacrosanto, violento The Pulse) ma che non li emula drea Pomini al basso – a lasciare pogo sotto il palco. Ma non si può fino in fondo. È ancora lunga la a casa il poster dei , a su- avere tutto dalla vita. (6.8/10) strada per staccarsi dalle radi- bire le fascinazioni lisergiche dei ci. Consideriamo questo esordio primi Liars e ovviamente a tenere Manfredi Lamartina come un esercizio ben riuscito. nel portafoglio – manco fosse una Una dimostrazione di reverenza e reliquia – una fototessera auto- rispetto. Un lungo inchino che per grafata di LCD Soundsystem. Si Don Turbolento – Spend The 53 minuti farà sorridere i ventenni continua a ballare, dunque, bat- Night On The Floor (Auto- dei Novanta e farà pensare a più tendo le mani e dicendo – ça va produzione, luglio 2007) di qualcuno che la meteora fran- sans dire – yeah. Gonna Love This Genere: electro p-funk cese non è ancora scomparsa. Più è la Stayin’ Alive dell’indie rock. Dispositivo per il lancio obli- che una meteora, una costellazio- It’s A Long Way To The Top è allo quo di una sferetta – La Gente

52 sentirea scoltare turn it on

Mother And The Addicts – Science Fiction Illustrated (Chemikal Underground / Audioglobe, 23 agosto 2007) Genere: indie post punk E 100. Tocca un numero di catalogo importante al secondo album di Mo- ther And The Addicts, una cifra tonda tonda che sa di ripartenza dopo il recente ricambio generazionale in casa Chemikal Underground (a seguire Delgados e Arab Strap, perfino gli Aereogramme hanno gettato la spugna). Vuoi vedere che saranno questi quattro amabili debosciati glaswegiani a risollevare le sorti della label? Parrebbe di sì, dal momento che Sam Smith (ovvero Mother – il Madre Superiora di Trainspotting, laddove gli addicts sono i compagni di band) stavolta l’ha fatta grossa. Nel senso che ha buttato via i toni sguaiati dell’esordio - Take The Lovers Home Tonight, tutt’altro che illuminante - per sbatterci in faccia uno dei migliori dischi di post punk moderno (in altri tempi avremmo detto emul, magari in senso un po’ dispregiativo) che ci sia capitato di ascoltare ultimamente. Che Science Fiction Illustrated nasca da un’indubbia infatuazione per la new wave inglese della primissima on- data, con Magazine e Banshees sugli scudi (i romanticismi di Roll On Me Over e Yeah Next, i tribalismi di Going Native), non è certo un mistero; il punto è che, oltre all’amore per quella musica, ci sono gusto e credibilità nella luccicanza Fall + Orange Juice dell’incipit All In The Mind, o nel kraut-pop di So Tough, o nel falsetto punky pop di quel gioiellino di scrittura che è Carthage. E ci sono – cosa più importante di tutte – parecchie potenziali hit indie, dall’ineffabile disco talkingheadsiana di Are Others a quella sorta di mostro synth pop che è Watch The Lines, come dire i New Order guidati da Mark E. Smith. Brillante. Da quanto la Chemikal non licenziava un album così? È proprio il caso di dirlo: altri cento di questi dischi. (7.5/10)

A n t o n i o P u g l i a

sentirea scoltare 53 sionati. Un quarto d’ora scarso è perfetta linea con l’aria dei tempi. troppo poco per dare un giudizio Elettronica colta, sensibile, emoti- ma l’impressione è da pollice altis- vamente “carica”, astutamente ap- simo. (6.5/10) piccicosa. Di loro i danesi ci met- Dulcis in fundo, si fa per dire, i tre tevano un’attenzione inedita per le scellerati lombardi che prendono parti vocali, suonando a tratti né nome da una novella di Faulkner e più né meno che come un coro poli- ispirazione dal guitar sound ameri- fonico da orchestra. Parades arriva cano. Post-punk strillato, potente e 3 anni dopo per sbancare il botte- lanciato a mille all’ora debitore di ghino come tutti i sequel che si ri- troppi nomi per essere solo deri- spettano, ma come spesso accade, vativo. Qui si tratta di anni di de- il numero uno era più originale pur voti ascolti, non di mere fotocopie nei limiti di un’opera di debutto. Il Mormora (Spastic Guru, agosto funzionali. Schegge di Fugazi, GSL vero difetto di Parades è premere 2007) sound, mathematiche evoluzioni a tavoletta l’acceleratore sulle voci Genere: follia prog-metal alla Shellac, intrecci chitarra/bas- e sugli arrangiamenti orchestrali. Il Go Down Moses – Welcome so come li facevano solo i Lungfish dettaglio che si fa “opera”. L’unica Idiots (Produzioni Sante, set- per un disco ottimamente prodotto cosa che davvero era originale nel- tembre 2007) (da Giulio Favero) e molto ben suo- la proposta degli Efterklang viene Genere: noise-rock nato. E il batterista è un vero mo- elevato all’ennesima potenza come Italian guitar attack! Tre nomi nuo- stro! (6.8/10) cifra “autoriale”. Ma così facendo vi e belli caldi che si muovono su si smarrisce il senso della misura. coordinate diverse ma pur sempre Stefano Pifferi Polygyne inizia classicamente alla partendo dal terreno comune del loro maniera. Un glitch circolare, guitar sound. Per primi i Don Tur- l’innesto sempre più progressivo bolento, duo bresciano protagoni- Dylan Donkin – Food For delle voci e dell’orchestra a dise- sta di un curioso episodio legato Thoughtlessness (Pias / Self, 1 gnare un’aria da melodramma. I da- alla Dischord e del quale potrete o t t o b r e 2 0 0 7 ) nesi vanno sempre alla ricerca della leggere ovunque su carta e web. Genere: folk-pop melodia ficcante, cercando di farla L’EP d’esordio si muove su territo- Quella di Dylan Donkin è musica uscire da strati e strati di tracce ri- ri p-funk con l’urgenza di un paio figlia dell’Elliott Smith più smali- colme di suoni. Il problema sta li. A di anni fa: la title track è una pura ziato e dei 3 Ep della Beta Band. volte gli scappa la mano e sembra- bomba di synth-rock rotondo e fun- Musica aerea, punteggiata di poco, no una banda di paese (Mirador), kissimo che in un mondo appena che parte da un’acustica narrante altre volte gli arrangiamenti orche- proponibile girerebbe su tutte le per poi fluire attraverso qualche strali sono davvero fuori controllo e radio. Non da meno gli altri pez- arco monocorde, qualche tastiera a coprono anche la melodia (Horse- zi, con il ritornello robospastico di delineare le linee del panorama. Un back Tenors, Maison De Réflexion). Take It Up una spanna sopra i re- folk-pop povero, fin troppo rilassa- Infatti, la drammatica e dark Frida stanti due. A fare la differenza con to e ripiegato in sé per essere ab- Found A Friend, quella che più si gli altri p-funkers è il periodo di ri- bastanza espressivo. avvicina alla maniera di Tripper, ferimento: questi stanno veramente Un ep di debutto che non convin- colpisce nel segno e sembra una in fissa con gli ?80, ma quelli seri. ce, che non sottolinea un talento in boccata d’aria fresca in tanto bai- Promossi. (6.5/10) fase di scrittura e che evidenzia le lamme sinfonico. Il disco è stato Palma d’oro per il nome più assur- ancora notevoli mancanze in fase concepito proprio per essere gonfio do, i Dispositivo vengono da Roma, di ricerca melodica e proposizione e pesante. Parti di coro e organo esordiscono con un 3 pezzi in cui sonora del Nostro. Vediamo cosa sono state registrate in una chiesa dimostrano appieno di meritare la riesce a fare su un lavoro completo. e in stanze molto grandi e sgombre fama di Usa Is A Monster italici (ai Ma per adesso (4.5/10). quali hanno pure fatto da suppor- to senza sfigurare). Stessa follia Alessandro Grassi nell’approccio “prog” a composizio- ni che assumono di volta in volta i contorni del metal più creativo e Efterklang – Parades (Leaf / fuori binario, dell’indie più spastico, Wide, 15 ottobre 2007) dell’art-core più rovinato. A farla da Genere: elettronica padrone sono i breaks strumenta- Il primo disco degli Efterklang, li in cui a comandare è il dialogo Tripper (2004), era stato un ina- tra synth e batteria, ma è il senso spettato best seller. Il combo da- di velata follia evocata dai quattro nese sembrava arrivare dal nulla che lascia piacevolmente impres- con una vagonata di argomenti in

54 sentirea scoltare in modo che restituissero un giusto “sexy”, a distanza di tanti anni, ri- delle onde del mare in Die Wellen); eco. In fase di missaggio ci ha mes- mangono ancora, anche in quest’al- ironici e grotteschi (come definire so mano anche Darren Allison che bum, elementi imprescindibili dello altrimenti Let’s Do It A Dada, colla- già aveva lavorato su Loveless dei stile della band tedesca. In questo ge dadaista nel quale trova spazio My Bloody Valentine per dire di un contesto, il passato espressionista, anche una divertente presa in giro altro disco davvero fuori misura, in l’angosciosa furia industriale degli in italiano dei “signori Russolo e senso buono però. A discolpa degli esordi, divenuta ormai da tempo Marinetti” di ritorno dall’Abissinia); Efterklang si può certamente dire immemore un elemento espressivo stranamente apocalittici (o rivolu- che quello che avevano in mente come tanti, viene relegata alla pura zionari?) (il motto “tutto è ancora di fare - una parata fracassona, aperto” della title-track) o crepu- pestona e gioiosa - sortisce il suo scolari (la descrizione della morte effetto, ma proprio come nella pro- in Unvollstaendigkeit), creano un cessione per il Santo Patrono del mondo parallelo ai suoni che di- Paese, alla fine quando ti sei fatto i venta imprescindibile per cogliere tuoi sacri km e sei arrivato in chie- l’essenza di un disco che pur non sa, ti fa così male la testa che non essendo un capolavoro mantiene la c’è più spazio nemmeno per ascol- sua dignità di prodotto finito, opera tare il Signore. (6.3/10) compiuta e, diciamocelo pure, facil- mente commerciabile.(6.4/10) Einstürzende Neubauten – Alles Wieder Offen (Potomak / Audio- Daniele Follero globe, 19 ottobre 2007) Genere: industrial neubaten Sono passati tre anni da Perpetu- Eisley – Combinations (Reprise um Mobile. Tre anni durante i quali funzione estetica, una parentesi da / Warner, 7 agosto 2007) la band non è rimasta con le mani aprire solo quando serve. Genere: fake in mano, coinvolta com’era nei vari Forse a Blixa Bargeld, una volta la- Un (brutto) affare di famiglia quello progetti, sia teatrali che musicali, sciati i Bad Seeds, è venuta voglia delle Dupree. Tre sorelle tre: bion- che hanno tenuto occupati i musi- di sperimentare direttamente sulla de, texane, giovanissime e carine cisti tedeschi, lontano dalla Mute: sua creatura la “literature in music” in perfetto stile “alternativo”, oc- Alles Was Irgendwie Nützt, la se- di Nick Cave. Sta di fatto che in cupate - con un cugino e un altro rie Musterhaus e altre iniziative alcuni suoi episodi, Alles Wieder fratello a rimorchio - in qualcosa spesso riservate ad una più o meno Offen ricorda molto il Cave son- che sa di successo a lettere ma- ristretta cerchia di fan, saranno gwriter di Murder Ballads (Nagor- iuscole. Un coacervo di assortiti ricordate soprattutto per aver in- ny Karabach). E, comunque, in tut- luoghi comuni, se è di musica che nescato un meccanismo di autofi- to l’album è evidente la centralità parliamo, dal rokkettone emo-grun- nanziamento attraverso la rete, che conferita alla parola e alla sua de- ge (corrente rimpiazzo di quello da ha permesso alla band di lavorare clamazione. Blixa più che cantare, FM) ai gorgheggi che vorrebbero la lontano dalle esigenze delle case recita, su accompagnamenti musi- Mitchell ma possono permettersi discografiche e di produrre in tota- cali spesso costituiti da pattern rit- solo Michelle Branch o, al limite, le libertà. mici minimali e ripetitivi. C’è molto Jewel. Tra ballate populiste, count- Alles Wieder Offen, che è pubbli- senso del teatro in questo continuo ry svenevole e svolazzi folk, se do- cato dalla Potomak, etichetta per- susseguirsi di relazioni figura sfon- tati della pazienza necessaria rac- sonale degli Einstürzende, nasce in do tra l’attore-cantante-creatore e cattate per strada la regolamentare questo clima e si presenta come un il suo ambiente, fatto di suoni e ru- strizzatina d’occhio alla new wave ritorno, ma anche come sintesi di mori, di atmosfere placide e battiti e un karaoke in odore di Tori Amos un percorso che ha visto la band martellanti dall’incedere ossessivo (la title track, di gran lunga l’unica berlinese interagire e discutere e claustrofobico (Unvollstaendi- cosa decente). della propria produzione musicale gkeit), climax che raggiungono in Molta plastica usa e getta ma poca direttamente con il pubblico. Un ri- progressione picchi di intensità da cura, figuriamoci la dignità: troppo torno che, però, al di là delle novità cardiopalma (Die Wellen). Fino a imberbi per sapere cosa sia. Ha in termini di produzione, dal punto sfociare nell’ ambigua canzonetta alle spalle un altro album e una di vista strettamente musicale, non Ich Hatte Ein Wort, che coglie su- manciata di EP, la formazione, e riserva nessuna sorpresa particola- bito di sorpresa, tanto è lontana da me la scommetterei lanciata ver- re, visto e considerato che l’album qualsiasi idea si possa avere degli so la gloria, considerando che ha è la logica continuazione del suo Einstürzende. aperto tournee di Coldplay e Hot predecessore. Per il resto, dove non arriva la poli- Hot Heat in patria, Gran Bretagna Attenzione alla prosodia, alla pa- semia della musica, la chiave inter- e Australia e dietro ha un’etichetta rola e al gesto teatrale, arrangia- pretativa dell’album si ritrova nei te- potente (che fa uscire loro e dice di menti raffinati, minimalismo, silenzi sti. Versi altamente lirici (l’apologia no agli Wilco…). Ottime possibili-

sentirea scoltare 55 tà di trovarli presto su MTV con la Eric Copeland – Hermaphrodite cificato con se stesso (quale os- Lavinia e i bambolotti frangettoni, ( / Goodfellas, agos- simoro più azzardato), forse con il o nell’episodio finale della nuova t o 2 0 0 7 ) solito aiuto delle droghe, comun- serie di The O.C. Roba da far sem- Genere: noise-pop? que nel riflusso di quella pace on- brare i Fleetwood Mac di Tango In Si trastulli per qualche mese con divaga - eppure quanto rilassante The Night gli Slint. (3.5/10) questo giochino, chi brama impa- - che gli stessi vanno ziente il nuovo Black Dice ché qui conquistando album dopo album, Giancarlo Turra ce n’è abbastanza per ingannare stemperatesi ormai definitivamen- l’attesa. Eric (uno dei due fratelli te le inutili foghe degli esordi. Copeland della formazione new- (6.8/10) Enon - Grass Geysers… Carbon yorchese), si sa, riveste, in quel Clouds (Tough & Go / Self, 8 ot- gruppo, il ruolo di ideale paciere Vincenzo Santarcangelo tobre 2007) tra pulsioni free-noise e vezzi ac- Genere: indie-rock cademici da laboratorio di ricerca Gli Enon sono una bizzarria nel pa- sul ritmo; si scopre il membro più norama indie rock americano. Veico- artisticamente affine alle derive lano le istanze j-pop dei Deerhoof e folk dell’Animal Collective e, non le stralunatezze soniche dei semi- a caso, diviene con la nali Brainiac (ex band del cantan- mente del progetto Terrestial To- te e chitarrista John Schmersal) in nes. una serie di uptempo rock viscerali E allora, nel suo primo album da e obliqui che fanno dell’alto tasso solista: echi e gocce riverberate, di bpm il loro cavallo di battaglia. arcobaleni colorati di suono pri- Come al solito è tutto incentrato mitivo e démodé (Hermaphrodite, nella creatività del duo Schmersal- Scraps); elettronica a basso con- Yasuda e come al solito i Nostri cer- sumo, effettistica a prezzi modici, cano di costruire la pop song per- la più economica attualmente sul fetta e possibilmente che sia pure mercato (Oreo, Wash Up, Tree ballabile. Peccato che la lezione sia Aliens); rumore, dunque, ma assai Faris Nourallah – Gone (Kitch- sempre quella e che i migliori fasti trattenuto, e sempre circoscritto en - Blog Up Musique - Awful li abbiano già raggiunti con il mai nel perimetro dell’ultima parvenza Bliss, 2 luglio 2007) troppo celebrato High Society or- di una forma-canzone (FKD, Din- Genere: pop mai vecchio di 5 anni. Hocus Pocus ca); ipotesi di cantautorato che Che ci si avvicini a Gone spinti da era un degno erede di quel disco e sappia ancora stupire come solo un sentimento di condivisione - i ne riassumeva la verve dando in pa- le melodie concepite da bambini proventi della vendite finiranno nel- sto agli ascoltatori altre ottime trac- (Mouthhole); e ancora, dub astrat- le casse della Knk, un’associazio- ce, cosa che sicuramente fa anche ti (La Booly Boo, Green Burrito) e ne umanitaria che opera nell’area questo nuovo episodio ma quello nenie tribali (Spacehead). asiatica –, per semplice curiosità o che viene a mancare è la zampata Gli ingredienti già li conoscia- magari perché già si conosce qual- decisa, la traccia convincente che si mo, e il progetto è indubbiamente cosa della produzione di Faris Nou- abbia realmente a che fare con del estemporaneo (Hermaphrodite è rallah, di un fatto ci si renderà con- materiale esplosivo e non con delle il progressivo sedimentarsi di re- to ben presto: che le tredici tracce miccette di seconda mano. gistrazioni accumulatesi negli ul- in scaletta lasciano senza fiato. E Tra scarti e pezzi di ricambio sem- timi due anni), ma stupisce come non tanto per le qualità estetiche bra di addentrarsi in un Lost Mar- l’insieme sia architettato con la – di quelle nemmeno ci si accorge bles… (la loro raccolta di b-side ed serenità dello sperimentatore pa- in brani della durata media di due inediti del 2005) e si ha la sensa- minuti e venti secondi - quanto per zione che tutto questo indie rock la freschezza che contraddistingue sconquassato sia abbastanza una la poetica del musicista di stanza cosa da fine anni ’90, realmente a Dallas. fuori tempo massimo. Detto que- Un’attitudine lo-fi che lo spinge a sto non tutto è da buttare e bene generare pop inaspettatamente o male Grass Geysers…Carbon cameristico (Forgiveness), piace- Clouds è un dischetto che si con- volmente “stonato” (Elephantine), quista la sua fetta di sufficienza. vagamente Sixties (Anticipation An- Quindi “rigorosamente per fan”… xiety e The Rope), con l’ausilio di I curiosi vadano a ripescarsi High chitarra, basso, batteria e poco al- Society… (6.0/10) tro. Tra quel “poco altro”, generose dosi di inventiva, quella che in Ay Alessandro Grassi Carlo fa coesistere zerbini di drum

56 sentirea scoltare turn it on

Polly Jean Harvey - White Chalk (Island, 24 settembre 2007) Genere: folk rock Visti i nomi coinvolti, sembrerebbe proprio un ritorno al passato: Flood, John Parish, Eric Drew Feldman. Quasi per intero il team che realizzò Is this Desire?, più il non trascurabile contributo del batterista Jim White, membro degli spiriti affini Dirty Three. Ma la Polly Jean che torna a ma- nifestarsi con White Chalk non è più la rockettara acuta e spaurita alle prese con le brume metropolitane di fine millennio, quella specie di Alice alla scoperta della città-mondo dopo le mille battaglie con gli spiriti atavici e terrigni del blues. La Harvey da allora si è fatta donna corazzata, sempre più padrona di sé ma anche inevitabilmente preda del meccanismo. Fino al punto di non accettarsi più e sbracare sprezzante col trafelato Uh Huh Her, il disco del vaffanculo, del raccattare i cocci e levare le tende. Polly ricomincia quindi dal proprio metro quadro, accogliendo tutto ciò che nel frattempo - dentro e attorno - è cambiato. Per farlo, azzarda una tabula rasa sconcertante: il perno di queste undici canzoni è il pianoforte, di chitarre appena qualche accenno, il mood è intimo e piuttosto desolato. Quanto alla voce, tratteggia una se- quela di malanimi puntuti, accenna soltanto ai cavernosi viluppi del passato spiegazzandosi perlopiù in falsetto, concedendo rare - peraltro intensissime - deflagrazioni, comunque mai del tutto fuori controllo (vedi quella, pur lancinante, nella conclusiva The Mountain). Potrebbe rammentare la Tori Amos più schiva (Dear Darkness, The Piano), altrove addirittura la Björk più pani- ca/arcaica (Broken Harp). All’inizio, per chi l’ha conosciuta e amata, è un vero shock. Poi scopri che i pezzi, que- ste fantasmatiche concrezioni di errebì omeopatico, queste bave folk-blues impregnate di gotica irrequietezza, palpeggiano lo stesso cuore ferito di sempre. Come è evidente nell’ostinazione indolenzita di Grow Grow Grow, tra rombi di pelli ed evanescenze angosciose. Oppure nella vitalità desolata di Silence, a testa bassa nel senso di perdita e abbandono. Ma, soprattutto, i pezzi ci sono. Lungi dall’essere (soltanto) dimostrazioni di un percorso estetico nuovo da parte dell’ex incazzatissima del blues-rock, covano buoni motivi per esistere, sono ispirati. A partire dalla psych languida, inafferrabile della title track, per non dimenticare l’ipnosi jazzy scostante di To Talk To You e la scarna trepidazione di Before Departure. Mi piace pensare a questo disco come al Nebraska di Polly, un raccoglimento (quasi) solipsistico per rimettersi a fuoco, per tornare al nocciolo della questione dopo le troppe tempeste che ne hanno messo alle corde la poetica, il linguaggio, la vita stessa. (7.1/10)

Stefano Solventi

sentirea scoltare 57 machine e voci alla Beck, in Galla la ritmica molto Sound and Vision elargire rock simile a quella di cer- sonda i punti di contatto tra reggae di Les Enfants. ti ultimi Oneida con una venatura e pop malinconico, in Things We Se Ferrari En Feu Pt. 2 richiama le di pop scherzoso in mezzo (forse il Really See avvicina l’autore ai can- perplessità della traccia iniziale, la pezzo migliore). Il singolo Be Less tori sghembi di casa Sub Pop – in romanticheria cosmica (chi ha det- Rude ha un fraseggiare leggiadra- particolare Shins e Rogue Wave - to Royksopp?!) di La Nuit Est Une mente Sonic Youth senza ombratu- e in generale regala piccole gemme Femme e la chiusa di Laisse Bril- re noise o chitarrismi manieristici e sotto forma di melodia. ler Tes Yeux Danse Le Soleil il cui con inserti di tastierine trasparenti Mezz’ora di musica che dovrà ba- climax ricorda molto, ma molto da e leggere che ben rendono l’atmo- starvi, in attesa del nuovo Radio vicino Abbracciala, Abbracciati Ab- sfera in che di trasognante. Faris in uscita a gennaio 2008. bracciali di Battisti (provate a can- Yawns è quasi sussurrata, mentre (7.0/10) ticchiarci sopra il motivo del Lucio Behave tenta strade diverse per nazionale e poi mi dite...) conge- un pezzo comandato da un’acusti- Fabrizio Zampighi dano come meglio non si potrebbe. ca e da un’atmosfera malinconica Forse nelle mani di qualcun altro e sofficemente folk rock, disturbata questo disco sarebbe di diversa da un basso distorto e sta a Squa- Feu Therese – Ça Va Corner valutazione, ma visto che ad occu- re 9 tracciare un altro tragitto per (Constellation, 8 ottobre 2007) parsene è il sottoscritto lascio tutto un crescendo fragoroso e mai inva- Genere: art-rock all’empatia. Euro neuen pop. Sem- dente di tastiere e di chitarra. Il disco che ci aspettavamo da Se- bra un giorno dei Seventies, oggi… Questo debutto mostra un gruppo bastian Tellier. Sicuramente non il (7.5/10) fresco che sa applicare alla forma disco che ci aspettavamo dai Feu classica dell’indie rock idee inte- Therese. Avant-rocker oramai pen- Gianni Avella ressanti e sa trasfigurare al me- titi (il primo disco), il gruppo capi- glio canovacci ultranoti in scenari tanato da Jonathan Parant (Fly Pan stimolanti; mancano le zampate Am) e Alexandre St-Onge (Klaxon che lasciano veramente il segno, Gueule) se ne lava le mani, si am- ma forse, se son fiori, fioriranno. monisce. Ricomincia. (6.4/10) Quanto Bowie avranno sentito nell’ultimo periodo? Quanto tardo Alessandro Grassi krautrock (leggasi Cluster) avran- no consumato? ascoltandoli ora, a più di un anno dal debutto, par- F.S. Blumm Meets Luca Fadda rebbe veramente molto. Differenze: - Self Titled (Autopilot / Wide, la forma canzone si snellisce e si ottobre 2007) abbandonano le tendenze free-form G e n e r e : l o o s e j a z z di una volta; la voce, tutta in fran- Il fascino indolente e dinoccolato cese, si scopre mélo e decadente del fiato di Fadda e le minuterie a e l’atmosfera analogica del lavoro perdita d’occhio di F.S. Blumm. Il non si discosta da quanto espresso Frightened Rabbit – Sing The jazz da after dinner e la placenta dal Bowie a ridosso del muro. Greys (Fat Cat / Wide, 25 otto- di animaletti sonori. I suoni dei gio- L’inizio di À Nos Amours lascia in bre 2007) cattoli, dei “fields” e della tromba verità un tantino interdetti nel suo Genere: indie rock tra il “trovato” e il “ritrovato”. La essere funkettina, insipida senza I Frightened Rabbit sono un trio e riflessione e il rilascio sul/del quo- avere capo quanto coda; poi però vengono da Glasgow come i Mog- tidiano. Sprofondare nella più co- una digressione improvvisa e Vi- wai e i Belle And Sebastian, ma moda delle poltrone con in mano il sage Sous Nylon evoca Moroder, non c’entrano assolutamente nulla migliore dei liquori, oppure l’imma- Kraftwerk e orizzonti space-disco con loro, anzi. I Nostri fanno indie gine del robot con il joint in mano (se la sentisse Lindstrom …). Si rock, di quello puro e diretto senza simbolo dell’IDM reincarnato uomo apre, ora, uno scenario mitteleu- troppe declinazioni o fronzoli. che si fa coccolare da una grossa, ropeo che è puro art-rock mid-se- The Greys inizia in pompa magna grassa mano. Oppure. Pensare che venties: Les Déserts Des Azurs, il crescendo sempre di più in mood dal buco più profondo e onirico sia Bowie/La Dusseldorf di Le bruit du con un salire di chitarra che ricor- possibile levarsi in aria e rimanerci pollen la nuit, l’ancora Bowie – sta- da molto alcuni passati Sebadoh all’infinito. Il sogno di Wyatt. volta però Young Americans-era – e anche nella voce Scott rimanda F.S. Blumm Meets Luca Fadda è, nella soffice, bellissima Nada tutta notevolmente a quella di un Lou almeno per tre quarti della sua du- sorretta da synth ovattati e bassline Barlow. Music Now è un mid tem- rata, pura alchimia sulfurea come white-funk, l’ austera e ambientale po umorale molto alla The Wrens, se i due musicisti si fossero capiti Ça Va Corner che fa il paio con la mentre Go-Go Girls è in qualche e completati da subito. Giorgi and Warzawa del Duca Bianco oppure modo assonante ad una maniera di Lucy, posta in capo alla scaletta,

58 sentirea scoltare tratta proprio dal primissimo live affrontare lungo tutto il disco, fra- dell’uomo, sempre ancorato alla set newyorchese, ne è la riprova: seggi di tastiere e di chitarre che si magica triade composta da Big una sorta di streaming fusion tropi- incrociano e giocano sibillini a rin- Black, Gang Of Four e Fall, e, calista per chitarra, basso e trom- correre le nuvole e un altro “Ano- fortunatamente per noi, non si al- ba “innaturale” difficile da dimen- ther Sunny Day” di memoria Belle terano neanche i valori delle singo- ticare. Trans-etnica leggermente And Sebastian. Poi arrivano le bal- le composizioni, ancora una volta sporcata d’elettronica come la ama lad (Straight From The Heart o Par- schegge anfetaminiche di due/tre il musicista tedesco ma decisamen- king Lots) dove sembra di scorgere minuti ricolme d’autoironia (Friges te più esotica-amniotica rispetto la penna commossa di un vecchio Become Thumbs, Fuck The Count- alla produzione quartomondista di Paul McCartney, senza tutta quel- ryside Alliance, Manchasm con un un Hassell. C’è dentro la sensibi- la sofisticata grandezza espressiva giro di tastiere che vale il prezzo lità indietronica e l’eleganza New che ben conosciamo nel quartetto del biglietto), esplosività (Wringley York like del jazz e tutto sembra di Liverpool e nei suoi momenti più Scott, Plegue Of Onces, ovverosia suonato e pulito, pure quando c’è toccanti. Qualche uptempo belloc- l’equivalente dei in il “processo” di mezzo, quando cioè cio e ben curato piazzato qua e studio con i Fugazi) e schizofre- l’intervento della tromba di Fadda è qualche momento più riflessivo ap- nia (The Lord Hates & Coward, My filtrato (ma non come quella di Jon) poggiato sulle note di una giornata Gymnastic Past), come sempre do- e i suoni di Blumm manipolati come di tempo confuso e nuvole rapide, vrebbero essere i dischi che si pro- un bravo zoologo del suono. In fin ed ecco servito As Found. clamano fedeli alla materia rock. dei conti è come se i due smasche- Fugu è un progetto laterale nel Il futuro della sinistra, almeno da rassero continuamente la sterilità senso che si occupa di ripescare questi parti, è certo in buonissime di certi dibattiti sulla musica calda una certa vena pop lasciata spes- mani. (7.0/10) e quella fredda. Schizzano sulla so in disparte, ma laddove finisce tela una varietà di colori e sfuma- l’emozione di far parte di un so- Stefano Renzi ture senza voler ricomporre figure strato ormai sepolto, riemerge la o narrazioni. Niente pop. Piuttosto pedissequità del risultato, che ben sensazioni. Umori anche complessi si accompagna a plurimi ascolti ma Giuseppe Ielasi – August (12k, da sciogliere il timpano come ac- stona in fatto di necessità. Alla fine a g o s t o 2 0 0 7 ) cade nell’abbacinante Ricke and quella che rimane è la sensazione Giuseppe Ielasi / Nicola Ratti – Dina, l’altro brano lungo presente che il compitino è stato fatto e che Bellows (Kning Disk, settembre in scaletta. Una savana interiore. questo basti e avanzi. (6.0/10) 2007) Senz’altro una pastella dolcissi- Genere: microsuo- ma e non è un caso che la traccia Alessandro Grassi ni, elettronica sia stata pensata per un’audience Quando è solo davanti a macchine di bambini, e nulla ci fa se Fadda e strumenti, Giuseppe Ielasi non è l’ha suonata a duemila chilometri di – Curses unicamente lo sperimentatore au- distanza mentre Blumm era a Ber- (Too Pure / Self, 28 settembre dace e raffinato che continuiamo a lino. An Ideal for a leaving room. 2007) riconoscere nelle frequenti collabo- (7.0/10) Genere: noise ‘n’ roll razioni che lo vedono coinvolto; è, Dalle ceneri dei gloriosi , piuttosto - ce ne siamo accorti già Edoardo Bridda la nuova creatura del cantante/ con l’eponimo lavoro del 2006 –, il chitarrista Andy Falkous, anco- brillante arrangiatore di disparate ra una volta nel segno del noi- fonti sonore, rumori e microsuoni, Fugu – As Found (Third Side se’n’roll più smaliziato e corrosivo recrudescenze ambient e guizzi or- / Audioglobe, 17 settembre in circolazione. chestrali, sprazzi di acuto lirismo e 2 0 0 7 ) Non mutano i punti di riferimento sussulti di infinita desolazione che Genere: pop si alternano in strutturate microsui- All You Need Is Pop. Questo viene te dagli infiniti dettagli. da dire sentendo il secondo capi- August è la naturale prosecuzio- tolo della saga Fugu di cui si fre- ne del discorso intrapreso nel suo gia come protagonista principale il predecessore: cinque nuovi brani poliedrico compositore Mehdi Zan- senza titolo, lunghi in media sette nad, di origini francesi. Il Nostro si minuti, curati sin nel minimo parti- muove fra sinuosità Brian Wilson, colare; minacciosamente rigorosi, melodie frizzanti Beatles e un cer- nella loro dinamica, eppure capaci to gusto rétro per i ritornelli ed i co- di ferire l’ascoltatore nel contesto di retti che fanno tanto Sixties. una vera e propria guerra di sfian- Here Today, simpatico opening, è camento, psicologica ed emotiva. una traccia semplicissima, diretta Generano attesa, per poi disillu- che ben illustra ciò che andremo ad derla (il primo brano), rasserenano

sentirea scoltare 59 percussiva psichedelica, 2’24 tribu- to esplicito a Derek Bailey. Risto- ra la quiete raggiunta dalle ampie volute di droni dell’ultimo 10’ 57, brano memore dei fasti di August. Disco affascinante, ma solo per orecchie ben disciplinate. Meravi- gliosa l’immagine di copertina dal vago sapore pasoliniano. (6.5/10)

Vincenzo Santarcangelo

Goldmund - Two Point Discrimi- con stasi di frequenze o meditazio- nation (Western Vinyl, 10 set- Police sono una macchina infer- ni pianistiche, dopo il levarsi di un tembre 2007) nale che produce claustrofobiche crescendo ansiogeno, finiscono per Genere: ambient tracce sulle quali soffiano venti di inabissarsi in un mare di mestizia Mentre il progetto Helios continua pura malignità. Registrato a Ypsi- senza fondo (il secondo brano). egregiamente con Ayres, il piani- lanti, Michigan, nei primi mesi del La formula è ormai collaudata e Ie- smo astratto dell’altro moniker di 2007, The Empty Quarter parte lasi un maestro nell’accostare sta- Jenniff ovvero Goldmund è tornato con A Dead Bell e immediatamente ti d’animo, nell’evocare paesaggi inaspettatamente a farci visita, que- veniamo catapultati nel loro terrifi- e visioni: discrete trame di timidi sta volta non più per la Type bensì cante e degradato universo: drones glitches si alternano - in una dia- a casa Western Vinyl. Il cambio di dalle tonalità bassissime, suoni che lettica che è ormai quasi proletti- etichetta è puramente formale, Two sembrano provenire da oscillatori ca - ad aperture di maestosi drones Point Of Discrimination, seguito malfunzionanti, grida disumane e dall’ampio respiro sinfonico (la se- sulla lunga distanza di Corduroy vorticose spirali dissonanti. conda e la terza traccia). Più spes- Road, si compone di undici pièces Non c’è un raggio di luce in The so simile all’ultimo , dunque, di più breve durata e dall’approc- Empty Quarter, ne sono la prova che a quegli improvvisatori radicali cio – ma sono inezie - maggiormen- le successive Interruption and In- a cui si è abituati ad accostare il te intimista e minimale. Il solco è vasion e Breathing in Conflict in cui suo nome; ma sempre più simile a il medesimo, tra Feldman, Harold pare sentire creature mitologiche se stesso, al Giuseppe Ielasi che, Budd e una spruzzata di classica muoversi nell’oscurità. da solo, non è unicamente lo spe- contemporanea, ma il focus dichia- Per chi ha dimestichezza con la rimentatore audace e raffinato che rato del musicista diventa quello discografia del gruppo, qui siamo abbiamo imparato ad apprezzare. d’indagare le relazioni tra il suona- dalle parti dei vari Drawn Dead e (7.5/10) re (toccare i tasti) e il suonato (il Constantly Terrified, stessa peri- In questo senso, le collaborazioni suono che esce). Il risultato è più zia nel costruire mostruosità noise con artisti dalla sensibilità affine ambiguo rispetto all’ottimo esordio a battuta bassa. Potrebbe essere paiono assumere il rango di eser- ma il risultato è più che dignitoso. una perfetta colonna sonora per in- citazioni e studi preparatori in vista (6.5/10) cubi cinematografici del tipo Nekro- di quell’opus maius perennemente mantik ma forse il vero obiettivo del in costruzione che è il percorso in Edoardo Bridda trio del Michigan è quello di lascia- solitaria del chitarrista lombardo. re all’ascoltatore la libertà di legge- La più recente, quella con l’allievo re in queste tracce le sue peggiori e sodale Nicola Ratti (già in Pin Hair Police – The Empty Quarter paure e fantasie. Pin Sugar e Ronin, ma anche au- (Harbinger Sound, luglio 2007) Un disco consigliato chiaramente a tore di interessanti dischi a proprio Genere: drone/noise/industrial tutti gli estimatori, ma anche a tutti nome), è un lavoro di precisione ar- Considerati a torto un side-project quelli che hanno amato le sonori- tigianale pazientemente offerto alle di Mike Connelly (), gli tà subliminali e meditate di Human potenzialità dello strumento primat- Hair Police (che per la precisione Animal dei Wolf Eyes. (7.0/10) trice – sebbene si ascoltino, oltre nascono prima della sua entrata alle chitarre, percussioni, turnta- nei Wolf Eyes) meriterebbero una Nicolas Campagnari bles, elettronica. 4’27’’ è ipnotico diversa considerazione, soprattutto girare a vuoto di chitarra effettata in un momento come questo, in cui su sfondo sintetico, 7’30’’ loop di la scena free-noise sta ottenendo Hollywood Pornstars – Satel- arpeggio alla Gastr del Sol e suc- la massima esposizione mediatica. lites (Naïve / Self, 7 settembre cessiva risacca di feedback, 6’19’’ Lasciati ormai alle spalle gli assalti 2007) improvvisazione su ritmica dub, all’arma bianca delle prime temibili Genere: rock (?) 07’01’’ noise digitale e lunga coda uscite datate 2002, oggi gli Hair Possibile trovare un nome più or-

60 sentirea scoltare turn it on

Sir Richard Bishop - Polytheistic Fragments (Drag City, 2007) Genere: indian raga guitar Il Pantheon di riferimento, in copertina, è quello delle divinità induiste. Ri- chard, le cui origini familiari incrociano da vicino quella porzione di mon- do, indugia di fatto nel suo privatissimo Pantheon di eroi alla sei corde. Jack Rose, Stephen Basho-Jugans, John Fahey, Django Reinhardt, Ravi Shankar (raga, alapa, gat), il flamenco, le musiche zigane...Cross My Palm With Fingers non deve inventare nulla, deve solo lasciarsi ese- guire, tenendo fede ai neumi personali dell’autore, a quella punteggiatura tutta sua personale, fatta di intervalli e pause fra le note improvvisate su stili e temi ben definiti. L’album ha una sua grammatica precissima, dunque. E le composizioni sono il riflesso, in forma strutturata, di quanto ha investito negli anni l’immaginario del nostro Vescovo. Hectate’s Dream riprende (evviva evviva!) il suono dilatato, lisergico, sporco, di certo chitarrismo che fu del glorioso Torch Of The Mystics (1990). I Sun City Girls non sono passati invano nella vita del Nostro! Qui si fanno sospensione di glissandi fantastica e appiccicosa come glassa. Un quadro d’espressionismo puro a firma SRB. Il resto dell’al- bum suona desertico, viscerale, filmico come da anni (dall’esordio) non era dato sentire. E (finalmente, sitar incluso) c’è un raga vero e proprio, Saraswati, inchiodato alle sue armonie da un pianoforte allucinato. Speriamo non siano questi gli ultimi frammenti del politeismo apolide dell’ottimo Richard Bishop. Di lui non se ne avrà mai abbastanza. (7.5/10)

Massimo Padalino

sentirea scoltare 61 rendo di Hollywood Pornstars? prestata per una volta alla seicor- un anno intero, e infatti questo XI - Come si possano spendere soldi de. ottavo lavoro sotto l’egida Howling per produrre e far circolare porca- Poi di nuovo tutto in frantumi, la Hex - ha il piglio di un amplesso te di questa portata? Un bel pacco chitarra resta pur sempre lo stru- dopo lunga astinenza. Però l’età e di soldi, verrebbe da pensare, vi- mento da spaccare sul palco, quel- l’esperienza sono quelle che sono, sto che per dare lustro alla cosa si lo con cui distruggere quel rock che e la foga trova il modo di compiersi è convocato persono un tecnico di ha contribuito a far nascere. Si si- con un certo stile. Particolarmente richiamo come John Goodmanson mula un crescendo, se è lecito, qui, azzeccata l’introduzione in organi- in passato al servizio di big quali parlare ancora in termini musica- co del sassofonista Robbie Lee, il Wu Tang Clan, e li, se a infinito si può addizionare cui stile naif vagamente Getatchew Sleater Kinney. maggiore. Qualcuno potrebbe an- Mekurya realizza un contrappun- Denaro buttato. Ci sarebbe voluto che inventarsi di ascoltare assoli, è to ruspante e blasé con la fregola l’ennesimo miracolo di Padre Pio passato quasi un altro quarto d’ora, delle chitarre. Ne viene fuori un lin- ed il buon Goodmanson natural- ma chissà, forse si tratta solo di al- guaggio gustoso e aggressivo, una mente, che di miracoli ancora non lucinazioni indotte. Quattro: si odo- festa mordace innaffiata con acidi ne fa. Un album inutile tra nefan- no voci effettate in sottofondo, ma stoner, garage e funk, anche se tra dezze glam rock (Andy), polpettoni ancora una volta il tutto si confon- le tartine puoi trovare folk rock cor- new wave in salsa Interpol (Islan- de nel consueto, amorfo fascio di ruschi tipo i Grateful Dead impa- ds) ed un brano come The Fugitive frequenze irremovibili pur nel loro stati Creedence (Martyr Lectures dove sembra di ascoltare gli Artic fluire. Coda rumorosissima, come Comedian), oppure rock-blues à la Monkeys con la diarrea. (3.0/10) di cantiere industrioso a pieno regi- Keith Richards strattonato MC5 me. Cinque: frequenze più basse, (Ambulance Across The Street) o Stefano Renzi quasi un sollievo; volendo, talvol- ancora soul-rock tipo il Bowie di ta, si possono isolare scie di suo- Young Americans irrorato di sma- no che tracciano percorsi consueti nia Jon Spencer ed impudenza - a mimare l’abbozzo di una melo- Primal Scream (Fifth Dimensional dia, a inseguire tonalità che uno si Johnny B. Goode). aspetta -, ma il processo necessita Ci si diverte sì, ma non troppo, di grande pazienza e capacità di perché un’aria surreale aleggia su astrazione, ché il resto dell’orche- tutto, non ti fa abbassare la guar- stra – chitarra, chitarra, ancora chi- dia, ad esempio quando imprigiona tarra – continua frattanto a picchia- il blues-rock visionario di The 88 in re assai duro. una scostante trama post, oppure Se così deve andare, se qualcu- quando spinge il boogie-psych in no, ciclicamente, deve arrivare e stile Patto tra le fauci di un tossico distruggere tutto affinché sia poi assolo noise. Considerate poi quel- possibile ricostruire su quelle ma- la sorta di Lenny Kravitz sballot- cerie (ne abbiamo parlato anche tato Beastie Boys di Dr. Slaughter a proposito dell’ultimo Prurient), o la sorniona ossessione Liars di Hototogisu - Chimärendämme- ebbene noi staremo stoicamente Save/Spend, e finirete per conside- runs (De Stijl / Goodfellas, 26 a guardare senza alimentare cata- rarla una bolgia sul battello ebbro s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) strofismi, senza simulare entusia- verso dove non si sa bene. D’al- Genere: drone rock, smi. Ci si venga a spiegare, però, tronde, pare che ad Hagerty piaccia post industrial perché l’aver militato in Double parecchio questo navigare a vista. Uno: Sette minuti di monolite per Leopards (Marcia Bassett, la metà (6.4/10) mugugni di sola chitarra, non una femminile del duo) o Sunroof!, Vi- variazione tonale, non una con- bracathedral Orchestra (Matthew Stefano Solventi cessione al colore. Grigio catrame, Bower) debba costituire condizione fumo, lordume e detriti di lavoro pe- sufficiente per farsi carico del (sin sante: ciò che resta della fabbrica troppo allettante, ci pare di capire) Ian Brown – The World Is Yours smantellata. Due: appena un legge- sacrificio dell’iconoclasta. (s.v./10) (Universal, 24 settembre 2007) ro dinamismo si impadronisce del genere: soul orches- molosso, parvenza di note, là sot- Vincenzo Santarcangelo trale, r’n’b, indie to, sepolte da tonnellate di rumori, Se ci guardiamo intorno, agli ex le- sfrigolii e dissonanze che nemmeno ader dei gruppi inglesi di successo i primi Einsturzende Neubauten The Howling Hex - XI (Drag City, degli anni ’90 sono toccate le sor- arrabbiati. E’ un gioco al massacro 28 agosto 2007 ) ti più disparate. C’e chi attraversa che va avanti quasi per venti minu- Genere: psych rock terribili crisi di mezza età (Brett ti. Tre: chitarra effettata, riverberi Stavolta Neil Michael Hagerty è ri- Anderson), chi veleggia tranquillo, di drone come Pauline Oliveros uscito a tenere a bada l’estro per gratificato dagli odierni traguardi

62 sentirea scoltare Beh, pare che padre Brown abbia trovato finalmente la sua strada, andando oltre quell’abbagliante bolla di sapone che era stata l’in- gombrante band di cui aveva fat- to parte tanto tempo fa. Come si chiamavano? Ah già, Stone Roses. Bene così Ian, e che non ti venga in mente di fare la “classica telefo- nata” a John Squire per rimettere assieme i cocci (vedi un po’ il pa- pocchio che hanno combinato i tuoi amici Mondays…). (7.0/10) (Jarvis, Albarn), chi dopo averci suggestivo, certo, peccato che la provato da solo fa la classica te- Antonio Puglia lunga distanza metta duramente lefonata agli old pals: “rimettiamo alla prova l’ascoltatore non avvez- su la band?” (Richard Ashcroft). E zo ad atmosfere tanto monocordi il “re scimmia” di Madchester, come iLIKETRAINS – Elegies To Les- - ovvero narcolettiche ed inesora- se la passa? Fra alti e bassi, è ar- son Learnt (Beggars Banquet / bilmente in minore (con l’eccezione rivato tranquillo tranquillo al quinto Self, 5 ottobre 2007) della minacciosa We Go Hunting), capitolo di una carriera solista sen- genere: post-rock storicista con i suoi bei crescendo epici al za infamia né lode, spesa per lo più Sì, ok, il cosiddetto post-rock - o posto giusto (We All Fall Down). in una dignitosa terapia di mante- quantomeno, la sua deriva emotiva Il che si traduce più o meno in: gli nimento. di marca -Sigur Ròs-Explo- iLIKETRAINS non sono male, e Preambolo dovuto, perché per Ian sion in The Sky - è passato di moda questo Elegies For Lesson Learnt Brown questo è l’album della scom- da un pezzo ed è irrimediabilmen- merita l’attenzione che gli compete messa più grande, il suo What’s te caduto dalle grazie della critica. (ovvero, più di ogni altra uscita di Going On. Almeno, per come lo Allora perché questo debutto sulla genere); però, a lungo andare, oc- vede lui. Per come la vediamo noi, lunga distanza degli iLIKETRAINS chio alla noia. (6.4/10) ci è andato parecchio vicino: The (di cui abbiamo trattato su queste World Is Yours mette assieme soul, pagine l’anno scorso, all’epoca del Antonio Puglia hip hop, r’n’b, parlando proprio di mini d’esordio Progress / Reform), quello che succede. Più che nei che si colloca immediatamente nel contenuti, la forza del disco sta in suddetto e vituperato filone, do- Imperial Teen – The Hair The TV un sound mirato e fortemente am- vrebbe mai fare eccezione? Beh, The Baby & The Band (Merge, miccante ai ’70, che mischia archi a anzitutto perché ha un fascino tutto 2 1 a g o s t o 2 0 0 7 ) cascata (la memorabile title track), suo, nella scelta del liricista David Genere: indie-pop upbeat (On Track) e riff cicciuti e Martin di trattare di precisi episodi Dopo cinque anni dal debutto su trascinanti (Sister Rose); la presen- storici in una “elegia per le lezio- Merge di On, tornano gli Imperial za nell’edizione deluxe dei 12 brani ni imparate” (quelle della Storia, Teen, la band di Roddy Bottum (ex in versione puramente orchestrale non quelle di storia). Poi, perché Faith No More) con il loro pop so- non fa che dimostrare quanto il suo si allontana da certi cliché di ge- praffino, screziato di nonsense e di autore abbia mirato in alto in termini nere, aggiungendo a una musica melodie dense e carezzevoli e spi- di suono e concetto. La produzione che nasce prevalente strumentale golose solo a tratti. I riferimenti più azzeccatissima, coi fiocchi, va in- delle liriche narrative e colte, che vicini sono alle delicatezze melodi- fatti a braccetto con una persona- accentuano l’aspetto puramente che degli ultimi Yo La Tengo e allo lità che stavolta è difficile da igno- evocativo e cinematico dei suo- sciabolante ondeggiare note dei rare, anche quando si cimenta nel ni. Immaginifiche, queste canzoni, sempiterni Belle And Sebastian. più classico ballatone britpop come che sanno di pellicole in bianco Everything tacabanda con un soft Goodbye To The Broken. Non per e nero, di incessanti tormente di power pop declamante, tastiere e niente, per l’occasione Ian si e’ fatto neve, di cappotti lunghi e pesanti soli di chitarra come piovesse, Do aiutare da vecchi amici come Andy copricapi da Tundra. Con la stessa It Better fa tanto Yo La Tengo su- Rourke degli Smiths e Paul Ryder band a produrre e la mano di Ken ite casalinga, Shim Sham rispol- degli Happy Mondays, Steve Jones Thomas (Sigur Ròs, manco a dir- vera la generazione “Big Muff” dei e Paul Cook dei Sex Pistols, nonche lo) ad aggiungere magniloquenza metà anni ’90 e Baby And The Band la pasionaria per eccellenza Sinead e solennità (vedi i fiati e gli archi è ancora un numero alla maniera O’Connor nel singolo antibellico Il- in Come Over), le coordinate sono del terzetto di Hoboken. Con Room legal Attacks. Retorica a parte, que- quelle degli islandesi funerei di ( ), With A View arriva lo spettro dei sto e’ un disco potente e - alleluia! con una coltre di malinconia Disin- Belle And Sebastian, dove i cori – credibile di soul moderno. tegration a ricoprire. Tutto molto la fanno da padrona e il pianoforte

sentirea scoltare 63 e la batteria con un ritmo uptempo a fuoco della calligrafia. Scaletta conducono il tutto dentro tradizio- di soli tre pezzi inaugurata da una nalismi pop d’oggi, niente più che We Rock che è suadente intruglio soffici e sbarazzini. Depeche Mode// La minestra non cambia quan- Japan, il passo blando e inesora- do i Nostri provano a mutarsi in bile tra riffettini di synth e brusio di fantasmi glam-pop (la “grandeur chitarre, il canto setoso di Johanna plasticosa e zuccherina” di Fallen Tham a spargere flemma sull’in- Idol) o ritentano il numero power quietudine. (la coda di It’s Now e Sweet Pota- C’è questa specie di energia trat- to), ma il meglio lo danno quando tenuta sotto la patina, di sensualità si limitano a toccare il cuore con cocciutamente differita, che attrae melodie soffici e con cori dolci da rischiando però un’eccessiva algidi- regalare ai primi vagiti di autunno tà. Lo stesso accade nella più tesa come nella conclusiva e deliziosa Kama (sorta di Kim Wilde reincar- vuoi per mancanza di mistero, ca- What You Do.. nata tra ugge wave, arzigogoli Daft risma e stile, vuoi per la più totale Una band che è in giro dal 1996 e Punk e vampe di ottoni) e nella deficienza di senso della misura, che ha attraversato il power pop rumba robotica di Crack (screziata non toccano le stesse corde e il più “disgraziato” per poi approdare di umori jazzy e additivi chill-out). giocattolo weird immediatamente si ad una forma canzone più consona Alla ricetta manca forse un pizzico rompe sotto i nostri occhi nella gof- e più coerente, fino ad avvalorare di cattiveria, ma ti viene voglia lo faggine più totale. Con Jakob non una strada fatta di squisito pop mo- stesso d’infilarci il dito. Più di una siamo proprio su questi termini, ma derno, delicato, tradizionale senza volta. (6.8/10) poco ci manca. L’arrangiamento essere vecchio dentro… Questo è di queste serenate da “fabbrica” è uno di quei dischi che fanno bene Stefano Solventi completamente fuori fuoco, com- al cuore. (6.2/10) pletamente sballato. Nelle occasio- ni migliori possiamo andare a pa- Alessandro Grassi Jakob Olausson – Moonlight rare dalle parti del Matt Valentine Farm (De Stijl-Sub Pop / Audio- più bucolico e “hippie” ma di lui non globe, ottobre 2007) c’è certo la stessa maestria. Preso Inina Gap – We Rock EP (Auto- G e n e r e : w e i r d f o l k come esperimento estemporaneo e mat, 7 settembre 2007) Jakob Olausson è un ragazzone “naif” si potrebbe anche perdonare Genere: electro fusion svedese che lavora in una fabbri- a Jakob il delirante accumulo di fre- Il buon debutto Software Society ca di zucchero da barbabietola. Nel akerie che coprono melodie folk in- (Automat, 2005) ci lasciò il tipico tempo libero Jakob strimpella la sua vero abbastanza scialbe, ma se De formicolio delle promesse stuzzi- chitarra acustica e biascica parole Stijl e Sub Pop addirittura si uni- canti, in virtù di quella fregola dan- introverse con un piglio da crooner scono per distribuire un disco del ce cathcy benché strutturata, sa- ingobbito e l’aria di chi è talmente genere, allora ci conviene tornare tura di memorie electro in differita depresso che le parole escono fuori a bussare alla porta della Corwood dagli Ottanta con copiosi rimbalzi direttamente impregnate del sapor Industries (5.0/10) Nineties. Nell’attesa del secondo di Jack Daniels. Non si sa come, lavoro lungo, il quintetto austriaco ma De Stijl lo nota e l’anno scorso Antonello Comunale (il cui nome, per inciso, è Paganini distribuisce Moonlight Farm solo al contrario) ci offre la possibilità in vinile. Dal momento che il mer- Jeffrey Lewis – 12 Crass Songs di aprire il file su di loro con un ep cato del weird folk si è allargato a (Rough Trade / Self, 5 ottobre che testimonia il processo di messa sufficienza e in virtù di una tiratura 2007) comunque esigua, Jakob riesce a Genere: protest piazzare qualche disco. Quest’anno Che succede se metti assieme De Stijl non paga dello sforzo com- Lou Reed, Adam Green, Jonathan piuto l’anno passato, fa una joint Richman, e Daniel venture con Sub Pop e ora distribu- Johnston? Succede che ti compa- isce il disco a tiratura più elevata re davanti un personaggione come e in pratico formato compact disc. Jeffrey Lewis, allucinato – eppur E’ in questa versione che ascoltia- lucidissimo – trovatore metropolita- mo Moonlight Farm. La prima cosa no, folkster, fumettista e, più sem- che salta all’orecchio è la chitarra plicemente, artista a tutto tondo. scordata e l’assolo di sitar del pri- Arriva dritto dal cuore della Grande mo brano. Immediatamente pensia- Mela, da quella fucina anti-folk che mo che per un Jandek che ci riesce unisce idealmente Moldy Peaches ci sono 100 Jandek-wannabe che e Roadrunner dei Modern Lovers,

64 sentirea scoltare turn it on

Sunburned Hand Of The Man – Fire Escape (Smalltown Super- sound, 2 ottobre 2007) G e n e r e : w e i r d f u n k Cosa possono mai avere in comune Julian Cope e Kieran Hebden? Proba- bilmente niente, se non fosse che entrambi hanno una passione svisce- rata per i Sunburned Hand Of the Man. Come ogni avant-musicista che si rispetti Kieran compra regolarmente The Wire e proprio leggendo un articolo della rivista inglese, si incuriosisce a proposito della compagine americana, portapandiera – come si legge nell’articolo - della cosiddetta ””. A quanto pare Kieran diventa rapidamente un esti- matore del gruppo. Segue un tour in cui i Sunburned fanno da spalla a Four Tet e poi nel marzo 2006 quest’ultimo rompe gli indugi si avvicina al Reverendo John Malony e gli chiede spassionatamente di poter produrre un loro disco, in modo da dare la sua personale visione della band. Questo disco è quindi il risultato di questa stramba storia d’amore. Quattro ore di registrazione condensate da Four Tet in un disco di poco meno di 50 mi- nuti, in cui c’è una fusione integrale e perfetta tra la psichedelia free form del gruppo americano e l’approccio free jazz indietronico di Four Tet. Così come lo scienziato Seth Brundle si fondeva con la mosca per diventare un mostruoso ibrido nel vecchio film sul Dottor K rifatto da Cronenberg, così Fire Escape fotografa integralmente la cronaca di questa fusione di stili, visioni e suoni. I Sunburned e Four Tet in un unico organismo sonico. Sulla carta poteva venire fuori una mostruosità aberrante come quella del film, ma i risultati sono deliziosamente degni di nota. Il loro è un matrimonio deciso all’inferno e più precisamente nel misterioso Girone Infernale del Groove. Kieran la sa troppo lunga per non premere l’acceleratore sul profilo funk del basso. Contestualmente l’attenzione per le percussioni viene enfatizzata dal taglio nervoso così tipico del musicista anglo-iraniano. Di contro l’in- fernale e ferratissimo jamming dei Sunburned, a dispetto del bruttissimo Z pubblicato appena alcuni mesi fa su Ecsatic Peace, regala qui ulteriori capisaldi nella loro personale storia dello sballo psichedelico, iniziata con il fenomenale Jaybird e proseguita con risultati costantemente alterni. Per questo disco danno per altro una mano, come membri effettivi della band, Michael Flower e Bridget Hayden della Vibracathedral Orchestra. È così che si ottengono brani come Nice Butterfly Mask, The Parakeet Beat, Fire Escape e Raw Backwards, allucinati deliri psych funk, con il basso in prima linea e la ritmica a marciare spedita verso la rovina totale. What Color is the Sky in the World You Live In? e The Wind has Ears sono i brani su cui più si avverte la mano di Four Tet. Oasi lisergiche per calmare il cardiopalma tra una frenesia e l’altra. Che il disco sia rifinito in ogni dettaglio è presto dimostrato anche dall’artwork opera di Yamatsuka Eye dei . Un altro spirito affine che qui non avreb- be affatto sfigurato come musicista. Un lavoro del genere, in un modo molto sottile e con nessuna supponenza retorica, chiude inevitabilmente il discorso sulla primo ciclo della New Weird America. Di fatto, già da un po’, si poteva parlare di seconda generazione, ma mancava ancora un imprinting ufficiale. Eccolo. (7.5/10)

Antonello Comunale

sentirea scoltare 65 il Dylan visionario del Greenwich ciava a prender forma. Tralascio il ti. Emul (prog? space? pop?) rock Village e il Lou sul marciapiede di world wide web e mi concentro sul meets smiling. (7.0/10) Lexington 125. dischetto, lasciando partire la pri- Ha praticamente tutti i numeri per ma traccia di Afrikan Majik, Suffi- Gianni Avella farsi incoronare da pubblico e cri- ciently Breakfast, una supernova di tica come definitivo personaggio di sedici minuti con riffing proto-space culto dei prossimi anni, ed è possi- e solista lercia come il James Wil- bile che ciò avvenga con 12 Crass liamson degli Stooges; c’è anche Songs, suo quarto disco ufficiale un tintinnio monotono di tastiera - senza contare le tante autoprodu- che sa molto Scott Thurston (sem- zioni a partire dal 1997 - su Rough pre Stooges) e la cosa, confesso, Trade, che tra l’altro arriva dopo la piace a me come al pulsare delle mietitura di consensi del preceden- mie vecchie Jbl. te City & Eastern Songs (firmato Ce ne vuole di coraggio a piazzare insieme al fratello Jack) e un trion- un monolite del genere ad apertu- fale tour in UK di supporto al suo ra disco e giocarsi buona parte del maestro Danny. minutaggio; ma il coraggio, si sa, Non viene meno il suo songwriting spesso collima con incoscienza e intelligente, buffo, acuto, colto, di- questi Je Suis France ne hanno da vertente e impegnato, e nella con- vendere per come saltano con ar- sueta attitudine simil-slack fatta di dire dalle parti dei Belle And Se- cori, coretti e filastrocche - fanno bastian (That Don’t Work That Well Jenny Hoyston - Isle Of (South- adesso l’occhiolino arrangiamen- For Us) e synth-pop (mica facile ern / Goodfellas, settembre ti accurati e suggestivi (vedi gli evocare all’unisono The Perfect 2007) archi in crescendo di Where The Kiss dei New Order e Every Time Genere: wave folk rock Next Columbus), quando non sem- dei Radio Dept, eppure The Love Of Un discreto shock ce lo regalò già plicemente eccentrici (Walls In The The France ci riesce) con disincan- Hallways Of Always, lavoro a quat- Oven). Nel mirino delle sue per- tata attitudine mista a scazzo come tro mani assieme a William Elliot sonalissime protest songs c’è ov- dei Violent Femmes nel garage af- Whitmore, nel quale la Hoyston viamente l’amministrazione Bush, fianco (Chemical Agents). rivelava un’inopinabile attitudine la guerra, i mass media, lo stato Giocano molto, si divertono (vedasi country rock. Da una Erase Errata generale delle cose; a metterci al le foto interne del blooket) e zig- è pressappoco l’ultima cosa che mi riparo dalla retorica interviene la zagano dai Trans Am (Wizard Of sarei aspettato. Pare tuttavia che terrificante catchyness di buona Points) alla sintesi pink floyd-iana a folk più o meno roots Jenny sia parte delle canzoni (quasi una con- – un po’ Barrett e molto Run Like effettivamente cresciuta, la qual troparte schierata dei primi Bishop Hell – di Whalebone, chiosando il cosa deve averle lasciato in eredi- Allen, diremmo). E poi, se proprio tutto con un numero in levare, Ne- tà batteri che oggi sbocciano dopo cercavate qualcuno che vi spiegas- ver Gonna Touch The Ground, pa- lunga incubazione. Gli stessi che se come, quando e perché “Punk Is cione come lo erano certi XTC. Da oggi contendono il timone della sua Dead”, l’avete finalmente trovato. qualche parte ho letto una cosa tipo cifra stilistica alla verve lo-fi/noise (6.7/10) “Here Come the Warm Jets played e alle ubbie grrrl/wave. La ragaz- by Superchunk” e vista la natura za, va detto, sembra marciarci alla Antonio Puglia centrifuga dei Nostri, nonché la- grande. Sapendo di avere un bel vorando di fantasia, ci può anche credito di stima e verginità indie da stare. L’idea fattasi al principio va spendere, fa in modo che le dodici Je Suis France – Afrikan Majik a farsi benedire. A noi sono garba- tracce del debutto solista alternino (Antenna Farm / Goodfellas, ot- tutto il campionario. t o b r e 2 0 0 7 ) Così, scorrendo questo Isle Of Genere: miscellaneous rock passi dal livido quadretto Wire di Da Athens, , come B-52’s, I Don’t Need Em’ alla sordidezza R.E.M., Pylon e il collettivo Ele- electro blues - un po’ Waits, un po’ phant 6. Si nominano Je Suis Fran- PJ Harvey - di Ruff.. Ruff../Rain- ce e sono al terzo full leight, ma al bow City, dalla filastrocca Laurie sottoscritto – mi si perdoni la negli- Anderson/Stereolab di Everyone’s genza – suonano nuovi come della Alone al folk/blues pressoché La- prima ora. negan di Send The Angels, dalla Li ignoravo insomma, ma girova- Joan Jett strattonata Sonic Youth gando per il web ho saputo di un di Spell D-O-G ai guizzi da nipotina loro split con gli Acid Mother Tem- screanzata di Loretta Lynn in Even ple e l’idea sul loro conto comin- In This Day And Age.

66 sentirea scoltare Convincono i pezzi, sia quelli dal- Ma non tutte le ciambelle vengono Che suona bene e si lascia ascolta- la scrittura brusca ed essenziale col buco. E questa volta il cantau- re come tutti i classici del suo ge- (vedi Bring Back Art, un pizzico di tore americano lascia un po’ troppo nere. (6.8/10) Stooges via Sleater Kinney) che il filo della propria ispirazione ad quelli stranamente ibridati (la riti- episodiche ballad dal sapore count- Teresa Greco mica bossa tra grugniti di chitarra ry o cavalcate folk oscure, territori di Novelist). Convince un po’ meno che ha già battuto ma con una ca- il fatto che stiano insieme, o meglio pacità di scrittura sicuramente mi- non è chiaro cosa li faccia stare uno gliore. Qui manca il piglio melodico accanto all’altro, uno dopo l’altro. I vincente, la boutade riuscita che prossimi lavori di Jenny dovranno, riesca pienamente a convincere. Ci tra le altre cose, darci qualche ri- sono episodi buoni, come il cantare sposta in proposito. (6.8/10) la libertà della mente che vola oltre le barriere di una Jailbird sussur- Stefano Solventi rata, o come l’opening A Town Cal- led Amen che trasuda soul da ogni poro e che respira sincerità da ogni antro. Molti episodi medi ma il fascino lati- ta e il coinvolgimento emotivo a cui aveva abituato è stato momenta- neamente messo in disparte, forse José Gonzáles - In Our Nature per una fruizione migliore che però (Imperial / Family Affair, 24 ha traghettato il livello di qualità ad settembre 2007) uno strato decisamente più basso. Genere: folk songwriting Si rimane speranzosi per il futuro I numeri, José Gonzáles se li è con- ma per adesso non si va oltre un quistati tutti, diciamolo. Con le 700 (5.5./10). mile copie vendute di Veener il qua- si trentenne ha sbancato tutti i tavo- Alessandro Grassi li più prestigiosi e ambiti, dal South By Southwest di Austin ai vari dischi Jim White – Transnormal di platino e oro in diverse parti del Skiperoo (Luaka Bop – V2, 1 ot- Joe Henry – Civilians (Anti / mondo, fino a conquistare letteral- t o b r e 2 0 0 7 ) Self, 14 settembre 2007) mente il Nuovo Mondo. E c’è di che Genere: folk-rock Genere: songwriting essere contenti per un successo più Jim White è un uomo complesso e Arrivato al decimo album e al se- che meritato, quando le doti e le ca- un cantautore eccellente. Da una condo su Anti, il e pro- pacità sono così evidenti. Per cui parte la tensione verso la religio- duttore Joe Henry (Allen Toussaint/ non suona più di tanto eccezionale ne e i furiosi dubbi che ne con- Elvis Costello, Ani Di Franco) si l’attesa che si è montata all’indoma- seguono, dall’altra una viscerale circonda di un manipolo di collabo- ni delle prime indiscrezioni sulla sua passione alla descrizione figlia di ratori eccellenti (Van Dyke Parks, ultima fatica. In Our Nature, un tito- quell’America memore di Faulkner Bill Frisell per citarne alcuni) per lo dall’aura tanto universale quanto e di Hemingway. E poi c’è il Jim con un disco di rock classico imparen- personale in realtà è l’approccio. Era la sua chitarra elettrica e il suo folk tato da un lato al songwriting del già affiorato quel modo introverso e rock delicato come fosse la manna primo Tom Waits, quindi con tutte quasi maniacale nella costruzione più semplice, figlia della tradizione le tensioni bluesy e notturne del dei brani, quel ripiegamento su se Nineties che ha agglomerato espo- caso (si veda l’incipit con Civi- stessi alla ricerca della perfezione nenti come i Wilco fra le sue gem- lians), dall’altro con tutta la tradi- formale che senza forzatura alcuna me più preziose. Dopo quel mez- zione della canzone d’autore che si apre alla facilità d’ascolto, alla zo capolavoro che è Drill A Hole va da Dylan in giù (Parker’s Mood), limpidezza di certe soluzioni che In That Subsstrate And Tell Me passando per il Costello america- trovano nello stile classico il volano What You See White si è concesso no e le sue orchestrazioni solenni per la modernità. Segni particolari, tre anni di pausa per tirare le redi- (l’elegia di Civil War, con Parks al che istigano ad una qualche reazio- ni a se. Quello che esce nel nuovo piano) e il pianismo classico di un ne, che sia spegnere il lettore, an- Transnormal Skiperoo è uno stato Randy Newman (Our Song, I Will dare avanti o ricominciare daccapo. nuovo di evanescenza alla sensa- Write My Book). Ecco, il più delle volte capita con lo zione di sentirsi liberi e respiranti, La crema della song d’autore ame- svedese proprio quest’ultima, del un nuovo descrivere un rock deli- ricana quindi. A cui Henry si avvici- tipo: “forse qualcosa mi è sfuggito, cato, speziato di soffici attimi da na per osmosi ed esperienza, con riascoltiamo”. Non è certo da meno cristallizzare e dedicare all’infinito. un disco godibile e ben prodotto. questo secondo lavoro, dunque, che

sentirea scoltare 67 lascia perplessi e quasi allontana, pero dell’estro compositivo il quale o cerca di tenere a distanza, nono- però, ripulito di quelle bizzarrie psi- stante l’intenso richiamo sgusci via chedeliche che oggi non hanno più da quella porta socchiusa appena ragione d’essere, porge il fianco a dietro le nostre spalle. Ė così con una poco coinvolgente semplicità. The Nest e Fold che nulla aggiun- Only Heaven Knows, Baby Come gono alla storia scritta dalla sei cor- Home, Unfairground sono l’Ayers le- de del Nostro, un po’ Drake un po’ zioso e pop, adagiato su una mor- Simon & Garfunkel, episodi minori bidezza che gli anni potevano come che dischiudono l’oscura intensità minimo accentuare. Arrangiamenti che si nasconde tra gli accordi di con archi a cantare melodie risapute, How Low o Down The Line (voce spezie latine a ricordarci che il profonda e guizzi chitarristici qua- di una spiaggia è preferibile a una si percussivi per un’accusa verso la Banquet ha ristampato il loro Coal; vecchiaia maledetta. Fa piacere alle stupidità umana che stenta ad im- è bastato per far sì che nascesse un orecchie la psichedelia della porta parare dai propri errori), nelle aper- piccolo culto anche dalle nostre par- accanto di Cold Shoulder. Quando il ture quasi Sixties della title track, ti. Quello era già il secondo album discorso si fa appena più spedito e nel lungo crescendo della conclu- dei Devastations, formazione debi- rock (Wide Awake) il Nostro si rivela siva Cycling Trivialities (risplende trice in larga parte al romantico son- uno dei tanti cantautori di talento (e una volta di più l’impennata ritmica gwriting noir del conterraneo King oggi è già molto). Episodio più riu- della chitarra), nel perverso e attra- Ink e dei cari vecchi Tindersticks; scito: Brainstorm. Tutto viene messo ente ipnotismo di Teardrop, densa e adesso, per il primo album rilascia- a tacere con una Run Run Run che sinistra proprio come l’originale dei to direttamente dalla storica label non ci vorrà molto per dimenticare. Massive Attack. Il resto scorre via inglese, quelle atmosfere rarefatte Intervengono alla festicciola: Phil senza troppo rimanere impresso, e fumose si fanno liquide, dense e Manzanera, Jeff Baron, Euros Childs, ciò che avevamo assaporato nella sfuggenti come il mercurio. Gus Franklin, Graham Henderson, collaborazione con gli Zero 7 non In Yes, U si delinea insomma una Isobel Knowles, Kellie Sutherland, si è trasformato in realtà, lasciando svolta a tutti gli effetti, in direzio- Bill Wells, Wyattron, Dave McDo- in stand by la curiosità di vederlo e ne di una personalità più marcata; nald, Luca Cantucci… Ripescato in sentirlo in altre vesti, deludendo in merito dell’elettronica (il cui uso ci sala di registrazione Hugh Hopper, parte le aspettative riposte e ripro- riporta dritti dritti agli ultimissimi Ayers dovrebbe tornare a circondarsi ponendo uno stile sempre amma- Low, come in Oh Me Oh My), che al- degli Allen, Oldfield, Coxhill ecc. per liante e ben congeniato (e il carat- tresì vira il sound verso certa wave sperare in un ritorno che coinvolga tere deciso di Down The Line o How ’80, quando non verso il trip hop (il i più disillusi. Ma forse i tempi sono Low lo dimostrano ampiamente), ma denso tappeto di The Pest), senza cambiati, per tutti. (6.5/10) fin troppo circolare e riconoscibile, timore di nascondere certe vellei- soprattutto quando assestato su tà da soundtrack (gli Air infatuati Filippo Bordignon toni pacati come nelle già citate The Gainsbourg di As Spark); altrove le Nest o Fold. Resta comunque la cer- tinte si fanno distorte (Rosa), poppy tezza di una scrittura matura, in cui (Mistake), acustiche (The Face Of ghiaccio e fuoco, natura e artificio, Love). Nessun miracolo, beninteso, fede e disperazione, vengono con- ma i segni di una bella crescita - densati in una precisione artistica di non ancora completa, ci sembra - ci appena 33 minuti, ma saremmo stati sono tutti. (6.8/10) ben più soddisfatti se José avesse imparato ad osare di più. E chissà Antonio Puglia che la prossima volta non ci prenda in considerazione. (6.8/10) Kevin Ayers – The Unfairground Valentina Cassano (Lo-Max, settembre 2007) Genere: songwriting Erano in pochi ad attendere un ca- Devastations – Yes, U (Beg- polavoro dal nuovo album di Ayers. KK Null – Fertile (Touch / Fa- gars Banquet / Self, 19 ottobre Solo i nostalgici meno smaliziati. Gli mily Affair, aprile 2007) 2007) altri non si alzeranno dalla sedia per Genere: noise / field genere: songwri- la standing ovation. Vero è che que- recordings t i n g e l e c t r o - n o i r sto The Unfairground, confrontato Ricordate il disco Number One? La Di questo trio australiano trapiantato con gli album più recenti (si fa per collaborazione tra KK Null, z’ev e in Europa se ne è parlato di recen- dire; l’ultimo, Still Life With Guitar, Chris Watson, uscita su Touch un te, quando l’anno scorso la Beggars risale a 15 anni fa) dimostra un recu- anno e mezzo fa, che univa sapien-

68 sentirea scoltare turn it on

Talibam! - Ordination Of The Globetrottering Conscripts ( A z u l Discografica, 2007) Genere: post noise/jazz Ordination Of The Globetrottering Conscripts è il primo disco “ufficia- le” del combo dopo l’esordio omonimo su Evolving Ear dell’anno scorso. Ancora una volta il jazz viene sottoposto ad un attacco batteriologico di antracite aritmica. Variante indistruttibile derivata dal genio di Kevin e Mat soprattutto. Il loro connubio ai rispettivi strumenti devasta (Revolutionary Bummer Weed), il resto ce lo mette la sfilza di ospiti presenti: Moppa El- liott, Michael Evans, Peter Evans, Jon Irabagon, Sam Kulik, Robbie Lee. L’album è un piccolo capolavoro di sgrammaticatura post (noise, jazz, e perchè no... anche rock). La vertigine free è anzi talmente potente che farebbe, in un film di sci-fi, l’effetto di una boccata di ossigeno troppo puro su organismi abituati ad inalare azoto. Uccide! I componimenti killer sono tanti. La metronimica Guns And Butter, che sfrigola via su intermittenti segnali sintetici mentre sax coltraniani (e non solo) s’arrampicano ad unghie strette sul suono-rumore sovraesposto. Spettacolari poi i 13 minuti, a sipario quasi calato, di The Spectre Of Water Wars, modello di fusion nucleare inaudita e senza lo scampolo di un riferimento stilistico che sia uno. Capolavoro (8.0/10)

Massimo Padalino

sentirea scoltare 69 temente field recordings a suoni de del Brit Pop, soltanto gli Elec- o l’appropinquarsi a una teoria di digitali? Ecco, questo Fertile, con ktroids si erano genuflessi al Kling trancedub in Synthetik aprono in- titolare il solo KK Null, si propone Klang con tanta devozione. terrogativi sulla bravura inespressa come una naturale prosecuzione di Anche all’interno di uno stesso appieno dal duo. quell’esperienza, anche se le diffe- idioma, le differenze tuttavia non Rifare i Kraftwerk oggi è un’impre- renze restano evidenti. Infatti tanto mancavano: rispetto all’esordio di sa fattibile: basta partire da una Number One puntava all’ipertrofia quest’ultimi (Elektroworld uscito scrittura solida. Questo sistema- sonora, tanto Fertile fa del mini- peraltro un anno dopo), il sound ticamente lo dimenticano tutti. Un malismo la sua caratteristica pecu- dei Komputer si caratterizzava per consiglio per chi – come pochi - non liare; pochi elementi coinvolti ma la fascinazione futurista/costrutti- posa: l’ultimo Righeira. C’è della sempre significativi: suoni robotici vista piuttosto che per la compo- farina propria nel sacco. (5.0/10) che si intrecciano con rigurgiti liqui- nente elettrica-robotica (divulgata di (03), epilettiche sinewaves unite in modo massiccio dai Daft Punk). Edoardo Bridda a drones urbani (05), dissonanze Dunque più un affare di Sputnik e metalliche che irrompono su tappeti macchine da calcolo che un’attitu- La Sornette – Etnoacustica (Et- di bleeps e glitches futuristici (06). dine cartoon autoironica. noacustica, settembre 2007) Il tutto in una fusione perfetta tra L’attuale Synthetic, album di ritor- Genere: etnico suono analogico e suono digitale, no proprio alle sonorità dell’esor- Se non apprezzate il suono del- tanto da renderli indistinguibili l’uno dio The World Of Tomorrow, di la fisarmonica, della ghironda, del dall’altro. Proprio questo è uno de- ironia infatti non è ha per nulla, bouzouki o del baghet, se la svolta gli elementi più singolari, infatti anzi, l’estetica rimane la medesi- etnica di De Andrè non vi ha mai pur presentando una moltitudine ma in risposta/fusione alle sono- convinto, se l’unica forma di danza di fonti sonore, dal cinguettio degli rità rinnovate del rientro in studio che concepite è quella che si bal- uccelli alle batterie industrial, dal dei Mannequins di Düsseldorf. Non la sui riff elettronici dei Faint, te- crepitio del fuoco ardente a drones sorprende trovare Sir Eno e più netevi alla larga da questo disco. di rumore bianco, Fertile dimostra indietro sua maestà Stockhausen Qui si parla la lingua della terra, il una, forse insperata, omogenità, tra le influenze dichiarate piuttosto dialetto delle campagne dell’Italia un’unica visione di un mondo disu- che Gary Numan e i suoi anthem settentrionale, e lo si fa vestendo manizzato in balia dei suoi istinti techno-adolescenziali, eppure par- le melodie con gli abiti ampi delle più primordiali e terrificanti. classi popolari e qualche copricapo La ricerca musicale di KK Null sem- vistoso in stile PFM (le tastiere di bra non conoscere pause: ricordia- Carnivè). Sotto la superficie, folk mo anche la recente collaborazione autografo, brani tradizionali, world con Daniel Menche e lo split con music, suonati da un gruppo di gli Earth del 2005, dove il Nostro strumentisti capaci e dalla prepara- ci dimostra come gli sia difficile zione classica. (6.5/10) fossilizzarsi su generi, stili o prati- che ma che al contrario sia sempre Fabrizio Zampighi aperto a nuove sfide e orizzonti so- nori. (6.5/10) - Chicago Detroit Nicolas Campagnari Redruth ( / Goodfel- las, ottobre 2007) Genere: aceed, am- Komputer - Synthetic (Mute, 16 liamo pur sempre di pop. Pop song b i e n t d r u m ’ n ’ b a s s agosto 2007) depurate della cupezza synth fine Sempre in prima fila nel missare Genere: Kraftwerk, in- Settanta, a tutto favore dell’indie- ondulazione dance e IDM, Luke d i e t r o n i c a tronica leggera della laptop music Vibert, il ragazzo gentile dell’elet- I Komputer non fanno mistero della ma – tocca dirlo - senza catchyness tronica albionica, è uno dei figli più loro fede indefessa per i Kraftwerk. (il singolo deboluccio Like A Bird). emblematici della mentalità mesco- Loro stessi dichiaravano nel 1998 Al massimo del loro potenziale, lona e scazzona dei Novanta. È da che l’unico modo per contrastare i Komputer potranno anche venir circa un lustro che i suoi album si lo strapotere degli Oasis era quello scambiati per gli originali (in ver- caratterizzano per un’alternanza di formare una band che tornasse sione Duemila chiaramente), ma di acid track chicagoane (Phutu- a far sognare gli amanti del synth- più propriamente viene da pensare re, Trax Records) e un indietroni- pop german-britannico. Erano tem- a un disco di bastard pop Tarwater ca made in Planet Mu, , pi non sospetti: il primo album at- (Headphones and Ringtones un se- e Rephlex, come è nota la terrava quell’anno, giusto prima del miplagio) versus The Man Machi- zampata nella serie di 12’’ ritorno Ottanta di inizio Duemila ne (Blakie), pure quando le toste a firma AFX che prendevano il titolo e antecedentemente, nella deca- sperimentazioni come Gloopy, Rain proprio da una canzone dell’album

70 sentirea scoltare sonalizzante come la colonna sono- tabilissima e per certi versi pure ra di un film. È un pastiche di robba condivisibile ma qualora vorreste indiana, di beat hip-hop, di un pres- mettere da parte, almeno momenta- sappochismo filologico e antropolo- neamente, chitarre ed amplificatori gico simile a un b-movie, appunto. per far posto ad una sana iniezione Ma, come già è accaduto di recen- di BPM, beh, questo disco è quanto te, il Madlib nostro gioca con la re- di più consigliato oggi in circolazio- lazione tra individuale e collettivo, ne per approcciare le derive post e a noi ci piace abbastanza. house. Come in altri suoi lavori, infatti, è Pensato e generato (oltre che per i l’individualità autoriale a emergere, soldi) per tutti coloro che non ama- e proprio nel lavoro di produzione; no sbattersi ad acquistare le ver- d’altra parte, però, è una colletti- sioni in vinile, 12 Great Remixes vità esotica che parla, ancor prima For 11 Great Artists 2001 – 2007, Lover’s Acid. che a causa di ciò che viene suo- raccoglie quanto di meglio ha sa- Chicago Detroit Redruth è meno nato, ovvero musica indiana; anche puto fare il team tedesco nel corso acid di quest’ultimo e probabilmen- perché, come già accennato, non è della propria carriera, destreggian- te più vicino a Yoseph (che tuttavia per nulla una musica indiana valida dosi abilmente tra spigolosità elec- gli rimane superiore), ma sostan- (sentite per esempio l’incrocio sci- tro e profondità deep house. zialmente le coordinate sono date: va-sci-fi drum’n’bass di Early Par- Difficile consigliare un brano ri- ballo di testa e ballo di piedi, cita- ty, che, dai, è divertente), ma piena spetto ad un altro, tanta è la qua- zioni old skool e trame tastieristi- di filtri occidentali, cult-ismi ricchi lità messa sul piatto, anche se Da- che stile On (Aphex Twin) e Lunatic di inserti che ci riportano a noi. è mage di Tiefschwarz Feat. Tracey Harness (Mu-Ziq). Il percorso del un flusso di inserti che blatera – Thorn, la classica Round Round di resto, è quello di molti reduci dei caratteristica proprio della cultura Sugababes e The Thrill Of It All dei Novanta: fermata una griglia di sti- dell’hip-hop da cui Madlib proviene; Roxy Music sembrano possedere lemi, il lavoro si concentra sui det- un gioco di inserti giocato da una quel tocco di sensualità e sinuosità tagli e sulla cifra stilistica acquisita forma mentis fortemente chiusa in in più capace di fare la differenza. dove senz’altro non manca l’estro e sé eppure aggressivamente rivolta Da avere. (7.7/10) la timidezza, il sorriso e la zampata all’esterno. Insomma la riproduzio- naïf di cui il nostro è capace. Cor- ne dell’arroganza culturale di un Stefano Renzi rosiva Argument Fly (per Roland mondo che ha subito arroganza. Vi- radioattiva e ribollente), languido sta l’idea di flusso (e il numero im- l’interludio jazzy alla Mu-Ziq di Rot- barazzante di brani), dunque, non Marhaug/Asheim – Grand Muta- ting Flesh Bags, come efficaci le ha senso citare un brano piuttosto tion (Touch / Family Affair, giu- citazioni cantieristiche-analogiche che un altro; The Beat Konducta è gno 2007) à la Richard D. James in Clikilik. Madlib dietro che sta facendo il dj Genere: drones/minimal/noise D’altro canto non mancano le ideu- per noi, nella ricostruzione di Ban- Grand Mutation ovvero sinfonia e zze abusate come il robot parlante gkok che sicuramente ci dev’esse- rituale pagano assieme. Prendete di Breakbeat Metal Music, oppure re a Vegas, e noi siamo nel locale un poderoso ed imponente organo i campionamenti sci-fi di God. La dove suona, potremmo benissimo da chiesa (proprio come quello in classe però punge ancora in una fare altro, bere una bevanda al gu- copertina) che si mette a dialogare scintillante Comphex (acid, lirismi sto di tè alla menta in polvere, sen- con un corredo di oscillatori sinu- ambient e disco-funk mescolati con tire un profumo artificiale di spezie, soidali ed intonarumori del Ventu- leggerezza) o nel caleidoscopio ancheggiare… per poi uscire dal lo- nesimo secolo. Swet (jazz, house, psych, electro, cale e ritrovarci tra i mall e le Brit- Si potrebbe sintetizzare così l’esor- exotica alla Ninja Tune) con tanto ney. (6.5/10) dio di Lasse Marhaug su Touch (in di finalone ironico di un cantante li- coabitazione con il compositore rico. Un Vibert sempre godibile ma Gaspare Caliri norvegese Nils Henrik Asheim) che un po’ ripetitivo. (6.5/10) prende le mosse dal progetto Spire (che si propone di indagare le affi- Edoardo Bridda M.A.N.D.Y. - 12 Great Remixes nità e le diversità tra, un antichissi- For 11 Great Artists 2001 – 2007 mo strumento, ovvero l’organo e le (Get Physical / Audioglobe, set- odierne sperimentazioni elettroni- Madlib – The Beat Konducta tembre 2007) che, documentate da esibizioni live vol.3-4: In India (Stones Throw Genere: electro/deep house e pubblicazioni in cd) ma al tem- / Goodfellas, 28 agosto 2007) Se non avete confidenza con il po stesso se ne distacca sensibil- Genere: indian hop nome M.A.N.D.Y., probabilmente mente; in Grand Mutation troviamo Il nuovo lavoro di Madlib, The Beat non avete molto a cuore le vicende meno calcolo, più cuore e la volon- Konducta vol.3-4: In India, è sper- della dance music. Opinione rispet- tà di creare un disco che possa fare

sentirea scoltare 71 della compattezza e della monoliti- feriamo raccontarvi come l’uomo Social Scene. Grow Up And Blow cità la sua bandiera. se ne sia sottratto e abbia messo Away doveva essere il loro primo Per fare questo ai due norvegesi è ogni bruttura alle spalle, di quanto album. Nato fra il 1999 ed il 2001 ad bastata una notte chiusi nella sei- sia in ragione di ciò ancor più gra- opera dei soli Emily Haines (voce, centesca cattedrale di Oslo, che dito il suo ripresentarsi tra le fila tastiera) e di James Shaw (chitarra ospita il già citato organo (uno dei del gruppo che fondò più di venti ed effettistica digitale), questo di- preferiti da Asheim), per mettere in- anni fa con Curt e il batterista Der- sco è stato rigettato dall’etichetta sieme questa cavalcata minimalista rick Bostrom (qui rimpiazzato dal Restless ed è poi stato accantona- e dronante di un’ora, registrata nel discreto Ted Marcus). to finchè la Last Gang (l’etichetta giugno del 2006 e successivamente Un altro nome da aggiungere, quin- canadese dei Metric) ha deciso di mixata e divisa in cinque capitoli. di, sulla lista delle vecchie glorie pubblicarlo nel giugno di quest’an- Ecco allora la solenne Phoneuma, dell’underground americano riaf- no. Da qui poi la Gronland ha fatto la frammentata e noisy Magnaton, facciatesi sulle scene nel corso del il resto. la quieta ma minacciosa Philomela, 2007, per di più tra quelli che meri- Com’erano i Metric all’inizio? Un che ci introducono in stanze oscure tano da sempre caratteri maiusco- duo indie pop che si dedicava ad dove si dimenano inquietanti fan- li. Fantastica quella “sexy music”, uptempo deliziosi ma privi di ner- tasmi gotici. Un disco che si collo- come loro la etichettavano in man- bo, che spruzzava qualche melodia ca a cavallo tra la ricerca colta e canza d’altro, sfuggente e sospe- di sapore electro-pop con qualche il noise, e che ci dimostra almeno sa tra hard, folk, psichedelia, jazz. due cose: la prima che Touch riesce Così eclettica che non credevi fosse ancora a sorprendere e a licenziare l’evoluzione di un ipercinetico, con- dischi eccellenti, la seconda è che torto punk. Cosa resta nel terzo mil- la carriera “vera” di Lasse Marhaug lennio, di tanta meraviglia? Più di sia appena agli albori. (7.5/10) quel che si potrebbe ragionevolmen- te pretendere ma meno che nell’ul- Nicolas Campagnari timo dispaccio, il pregevole Golden Lies che sette anni fa trovava il solo Curt Kirkwood al timone. Pesano in- fatti su questi sessantasette minuti alcune lungaggini strumentali e un pugno di brani sfocati, cui tuttavia risponde l’efficace poker inaugurale all’altezza - se non di II o Mirage - almeno di Too High To Die. base campionata e qualche nota di Da Fly Like The Wind, On The Rise, piano buttata lì in maniera spaval- Radio Moth e Tiny Kingdom salgo- da. E allora la title track apre con no vapori da respirare a pieni pol- il suo fare puttanesco e sbarazzi- moni, stonato intruglio tra chitarre no, una soft-dance per palati poco alla Jerry Garcia, rivisitazioni poco esigenti così come Rock Me Now ortodosse delle radici e piglio squa- shocka per il suo verbo scostante, drato ma agile da primi ZZ Top. un recitato su una base vagamente Anima di un disco che, nel tanto slow-dance con tanto di coretti in Meat Puppets - Rise To Your di buono che comunque dispiega, falsetto… Riconosciamo fortuna- Knees (Anodyne Records, 13 si fa ricordare soprattutto per The tamente la band che poi partorirà settembre 2007) Ship, capolavoro d’oppiacea balla- quella delizia di album che è Old Genere: american indie-rock ta e tempo sospeso sopra le sabbie World Underground, Where Are Nella foto interna di Rise To Your dell’Arizona. Le stesse che li videro You Now? nella cadenza malizio- Knees il viso di Cris Kirkwood è nascere decenni fa e alle quali si sa di Hardwire, con i suoi giochi torvo, quasi da reduce, in netto rivolgono oggi, rughe e scricchiolii di piano e chitarra e il suo solo di contrasto con la più rilassata posa d’ossa compresi. Umani, dopo tut- tastiera soffuso ma anche e soprat- del fratello. Ne ha tutti i motivi, to. (6.8/10) tutto nella desolazione puramente considerando quel che ha passato, pop di On The Sly, bellissima nel e sembra di leggerglielo in faccia Giancarlo Turra suo ancheggiare chitarristico e vo- l’inferno in terra dell’ultimo decen- cale che traghetta il pezzo a ben al- nio. Rescisso il contratto major dei tri lidi rispetto a quanto sentito pri- Burattini Di Carne, si spalancò per Metric – Grow Up And Blow ma. Soft Rock Star è una piacevole lui un abisso esistenziale sempre Away (Gronland / Audioglobe, 2 e soffice semi-ballad d’intermezzo più fosco: orrende storie di crona- o t t o b r e 2 0 0 7 ) mentre con Raw Sugar si raschia ca - anche nera, purtroppo - sulle Genere: indie-pop il barile di un trip-hop velocizzato quali non vogliamo ritornare. Pre- Metric. Canada. Amici dei Broken di quarta generazione. White Gold

72 sentirea scoltare turn it on

White Rainbow – Prism Of Eternal Now (Kranky / Wide, 1 ottobre 2 0 0 7 ) Genere: ambient kraut Il packaging è già un omaggio. Prism Of Eternal Now scritto a caratteri cubitali, in viola su fondo rosa. Un colpo in un occhio che richiama la linea grafica del primo Dream Syndicate di John Cale, Tony Conrad, Angus MacLise, La Monte Young e Marian Zazeela. Insomma i maestri a cui Adam Forkner fa qui esplicitamente riferimento e da cui attinge per dise- gnare la sua fantasiosa tela astratta. Una vera e propria filosofia metafisi- co-esistenziale che salta fuori anche dagli ironici proclami propagandistici ammassati nel retro di copertina: “Prism Of Eternal Now = 100% Total Now Vibrational Presence! Centuries old Eastern Wisdoms prove that Sound Vi- brations contain Vast, Powerful, Positive Healing Energy! White Rainbow is Fullest Spectrum Possible of Healing Rays of Sound, Light and Eternal Now Life-Vibes. Wide Rainbow! White Waves!”. Le onde bianche di White Rainbow riducono tutti i colori dell’iride in un metafisico bagliore eterno. Pulses comincia sul ritmo di una danza tribale e sciama ordinata ed enfatica verso la più classica delle ipnosi kraut. Middle gioca con i droni come farebbe un bambino con i bastoncini dello shangai. For Terry strizza l’occhiolino a Riley fin dal titolo. L’Eterno Adesso di White Rainbow è una scaltra mi- scela di territori affini: drone music, new age, musica chill out, kraut rock, minimalismo. Per erigere architetture complesse ma dall’impatto immediato come Mystic Prism occorre avere una dimestichezza con il mezzo costruita con anni di ascolti e passione. Dopo tutto, il mondo di White Rainbow non è così lontano da quello degli Yume Bitsu. Adam Forkner sgomita con astuzia per diventare il nuovo guru dello yoga sound. (7.2/10)

Antonello Comunale

sentirea scoltare 73 è il numero intimista con la nostra Che sia colpa della maturità, di una nelle tenebre, il tutto accompagnato protagonista al piano e con il vocal stanchezza generalizzata o maga- da un contrabbasso suadente e da quasi sussurrato, mentre London ri soltanto una questione di scel- tocchi di chitarra ammalianti, ma la Halflife tocca le stesse corde con te, sembra chiaro, tuttavia, che il sensazione di pericolo è ovunque un’acustica paracula al centro ad musicista senza fronzoli ma me- e l’armonica è lì a dipingere questa accompagnare le note di piano. ravigliosamente diretto di qualche sensazione che si fa sempre più tat- Quello che si dipana in questo di- tempo fa ha lasciato il posto ad una tile. Febbrile è lo stato di coscienza sco “ripescato” è un duo simpatico nuova creatura, attratta dalle mez- a cui spingono i Nostri e Fireday è e dalle capacità abbozzate che però ze luci, intima ma aristocratica, di- uno swing delizioso, dal sapore anti- non ha ancora intrapreso la strada sposta a sacrificare sull’altare della co, pura stilosità alla Mrs. Mitchell e giusta ossia quella che poi sareb- cura esteriore - e della reiterazione la conclusiva Jaywalker apre la stra- be giunta con l’indie rock simil-in- - ogni forma di progresso (nei testi da ad un piano sconsolato ed ad un your-face dei due dischi successivi. quanto nelle musiche). melodiare la luna e quello che po- Nell’attesa di un nuovo vero disco, L’EP Io non sono come te non fa trebbe dire. questo rimane un capitolo interlo- eccezione in questo senso, dal mo- I Moriarty sono una band da tenere cutorio. Un vezzo per fan. (5.5/10) mento che recupera il discorso la- d’occhio perché mette in tavola in- sciato aperto con l’ultimo Toilette gredienti comuni in certo folk, ma con Alessandro Grassi Memoria senza tuttavia ampliarlo. una capacità di scrittura sicuramente Affidandosi invece, ancora una vol- sopra la media e con una notevole ri- ta, al binomio chitarra acustica-Wur- cerca melodica che rende il risultato litzer per dare colore alle sfumature veramente degno di ogni attenzione. (Felce), incorniciare i particolari, Guardiamoli crescere. (7.1/10) perdersi in strumentali (Il risveglio) o macerare in suadenti lentezze. Alessandro Grassi Col rischio di dar vita a un disco ap- prezzabile, capace forse di regalare qualche buon momento di raccogli- mento, ma lontano dall’apparire me- morabile. Peccato. (6.5/10)

Fabrizio Zampighi

Moriarty – Gee Whiz But This Is Moltheni – Io non sono come te A Lonesome Town (Naive / Self, EP (La Tempesta / Venus, 8 set- 9 o t t o b r e 2 0 0 7 ) t e m b r e 2 0 0 7 ) Genere: folk rock Genere: indie-rock Una voce assonante a quella di Joni Non comprendiamo davvero per qua- Mitchell e una maniera di declina- le motivo la musica di Moltheni, che re un certo folk rock con atmosfere fino a due anni fa riservava strette fumose e con orchestrazioni disso- MV & EE With The Golden Road al cuore, lacrime e sorrisi, oggi non nanti, non possono che far risplen- – Getting Gone (Ecstatic Peace, riesca più a penetrare quella coraz- dere questo debutto degli americani 9 o t t o b r e 2 0 0 7 ) za fatta di cinica disillusione e co- Moriarty. G e n e r e : p s y c h f o l k stante incazzatura con cui ci trovia- Le ambientazioni sono bucoliche, Forse è la volta buona che Matt Va- mo quotidianamente a fare i conti su l’armonica conduce i giochi e la voce lentine vende qualche disco anche questa Terra. Per quale strana con- di Rosemary è quanto di più amma- fuori dal ristretto cerchio di amici e giunzione astrale insomma, uno che liante ci possa essere per entrare in appassionati. In tanti anni di carrie- ai tempi di Natura in replay cullava questo microcosmo fatto di chitar- ra, Getting Gone è la cosa più ac- la nostra integrità con parole nuo- rine jingle-jangle e di un folk mae- comodante e facile da ascoltare su ve, in Fiducia nel nulla migliore ci stoso, cullante, a tratti tenebroso. cui abbia messo mano. La coppia più faceva urlare a squarciagola, con Jimmy racconta la migliore austerità bella del mondo weird folk, MV & EE, Splendore Terrore prospettava - a made in Black Heart Procession, torna quindi con un lavoro nuovo su ragione - una nuova forma di canzo- Lovelinesse ha un tocco alla Ani Di Ecstatic Peace e con una compagnia ne d’autore, ora non sia in grado di Franco di un tempo e Private Lily è mutata, al punto che non si parla più meritarsi più di un cenno d’appro- una ballad per slide guitar accesa dei Bummer Road, bensì dei Golden vazione per qualche arrangiamento come un fuoco in mezzo alla foresta, Road. C’è ancora una colonna fon- riuscito o una pacca sulle spalle per occhi che si ammaliano a guardare damentale come , una progressione armonica indovi- uno spettacolo di colori e luci dis- mentre saltano all’occhio J. Mascis nata. sonanti. Cottonflower apre la strada (già nel precedente disco “vero” su

74 sentirea scoltare Ecstatic Peace, dove suonava il mel- logna nel giro di pochi mesi sono it suddenly rise Up) l’album scivo- lotron su un paio di tracce) e John passati da beniamini della blogo- la via che è un piacere. Dormire, Maloney dei Sunburned Hand Of sfera a next-big-thing dell’universo piangere, gridare, perdere, low-fi, The Man, entrambi chiamati a suo- indie. Revenge of the Nerds. Meri- debuggare, pixel, cassettine, riav- nare la batteria. Come preannunciato to del passaparola (reale e virtua- volgere, korg, cuore, ballare, insert da Green Blues, c’è voglia di andare le) ma anche dell’incessante attivi- coin, smanettare, myspace, spam- oltre il solito bailamme psyco-freak. tà live, che li ha portati a calcare i mare, amici, baciare, morire, why? Voglia di smettere di farsi d’erba, ri- palchi dei principali festival italia- (7.2/10) manere più sobri e fare musica con ni, Mi Ami, Spaziale e Italia Wave. Paolo Grava tutti i crismi del suono americano. Dopo l’EP Songs of Sadness - Voglia di prendere la chitarra distorta Songs of Happiness uscito per la e di lanciarsi in cavalcate acid roots. Ufo Hi-Fi in edizione vinile + cd alla Insomma…c’è voglia di copiare Neil Albini, eccoli alla prova del nove Young. Il riff di Susquehanna che con l’album in questione, prova su- apre il disco ti fa subito sorridere. La perata in maniera brillante grazie a cadenzata marcia di Hammer sem- melodie a presa rapida, ritmi dan- bra uscita fuori da On The Beach zerecci e incastri azzeccati di elet- o Harvest Moon. E ancora ci sono tronica vintage e strumenti classici. Mama My, Coaled Out, Speed Que- Maolo e compagni hanno poco più en, Home Comfort, Sweet People di vent’anni ma il loro immaginario tutte trattate alla maniera del grande sembra quello dei thirtysomething canadese. Non so proprio cosa gli cresciuti a pane e C64, gli anni di sia venuto in mente, ma è tutto così War Games e Space Invaders, gli apertamente scoperto che per uno anni di Tron e delle tastierine gio- come Matt Valentine non può trattar- cattolo che tanto affascinano i geek si semplicemente di provare a fare del nuovo millenio. Il suono inve- Neil Young per vedere cosa viene ce è quanto mai attuale, un frulla- Nervous Cabaret – Drop Drop fuori. La copia è talmente spudorata to di hip hop sbilenco, indie-pop, (Naive /Self, 11 settembre e precisa che sembra una serigrafia micromusic che non sfigurerebbe 2 0 0 7 ) di Warhol o Gus Van Sant che rifà nei cataloghi Tomlab e Anticon. Genere: art-rock Psycho identico in ogni fotogramma. Prendete Hilarious, dove il pae- Immaginate un miscuglio del Cap- Poi però tra una strizzatina d’occhio saggio plumbeo, denso di cari- tain Beefheart più oscuro e speri- e l’altra i Nostri piazzano quelle de- che elettrostatiche si dissolve in mentale, la tromba del Miles Davis liziose ballate da hippie fuori tempo un clap & beat isterico e un finale più invasato e l’estrosità dei Tv massimo, che ce li hanno fatti amare vorticoso e corale o l’incantevo- On The Radio ed avrete un’idea in tutti questi anni. Brani folk legge- le dream-hop di Silently April Left di cosa sono i Nervous Cabaret. rissimi e soffici come nuvole acide a Us Without A Kiss, prossimo an- Insomma una creatura deforme, pascolare su un campo di fiori fioriti. them di ogni loser che si rispetti. musicalmente una via di mezzo tra The Burden è la prima. I Get Caves I testi di Maolo parlano di piccole singulti hardcore, smanie avant- in There è la seconda. Easy Livin’ è battaglie quotidiane, notti insonni, jazz e momenti di art-rock. Con- la terza. Motorin’ la quarta. Country pomeriggi in cameretta e tra cita- diti tutti dalla voce semplicemente Fried la quinta. Matt Valentine e Eri- zioni di Edgar Lee Master (Francis irritante e fastidiosa del cantante- ka Elder fanno ancora “blues lunari”, Turner) e gioca jouer 2.0 (Napalm chitarrista Elyas Khan. ma stavolta hanno provato a fare la on B*** G****), atari-spleen e fila- Ed immagino che con queste pre- rock band e a presentarsi in pubbli- strocche a 8 bit (As the clouds make rogative il gruppo avrebbe già la co. Del resto, Matt ha indossato la my mood fall down, the beat makes copertina di qualche rivista under- giacca buona e si è fatto anche la ground blasonata, ma il problema barba! (7.1/10) qui è che proprio il loro miscuglio non convince per nulla. Melodica- Antonello Comunale mente non dicono niente, ritmi- camente possono essere interes- santi e i loro momenti di tragedia My Awesome Mixtape - My Lone- da cabaret da quattro soldi con ly And Sad Waterloo (My Honey gli incroci di tromba, e Records / I Dischi Dell’Amico sassofono baritono possono esse- Immaginario, 7 settembre re intriganti, ma ai fini della frui- 2007) zione risultano troppo indigesti e Genere: indie-geek-pop semplicemente inascoltabili. Sin- Chi non ne ha ancora sentito parla- gulti jazz per atmosfere noir nel- re? I My Awesome Mixtape da Bo- la deprezzabile Flamegirl, scenari

sentirea scoltare 75 da bolgia in stile Gogol Bordello tando i punti di contatto presenti nella carente Les Enfant Du Pa- tra le sue numerose ramificazioni pillon e cori alla luna in mezzo a interne, curando particolarmente la fantasie post punk nel tremendo forma, adattando le vecchie scale cadenzare della dolorosa Sleep- pentatoniche ai ritmi feroci e al ru- walkers. more dei giorni nostri. Questo è il mondo dei Nervous In termini più prosaici, incrociare Cabaret, ed è veramente troppo i linguaggi, o come direbbero gli difficile da digerire anche per chi americani, fare crossover, magari ha a cuore un certo tipo di avan- affidandosi a una batteria in levare guardia. In una parola, inutile. qui e a qualche distorsione di chi- Ergo (3.0/10). tarra là, facendo sempre ben atten- zione a rimanere in equilibrio sul Alessandro Grassi filo della decenza estetica. Numbers – Now You Are This Gli Overmood da Alessandria non (, 21 agosto fanno eccezione in questo senso, Northern State - Can I Keep 2 0 0 7 ) mescolando, nel loro esordio disco- This Pen? (Ipecac, 2007) Genere: indie-rock grafico sulla lunga distanza, chitar- Genere: indie-rap Metà Velvet White Light/White re elettriche rugose, synth (Grain Immaginate Le Tigre c h e g i o c a n o Heat, metà Stereolab. Ecco in po- a fare i Beastie Boys e d a v r e t e che parole i Numbers. Già ci sono una riproduzione piuttosto fedele gli Electralane direte voi, e noi con di quel che realizza questo trio voi. E non solo gli Electralane, per femminile di Long Island giunto al giunta. Un gruppo, questo di Frisco, terzo album, il primo su Ipecac. che ho sempre seguito di striscio Non a caso le Northern State han- (qualche video nella programmazio- no già aperto concerti per le ti- ne notturna di MTV oppure sporadi- grotte (un pezzo come Cold War è che visite al loro My Space) in virtù più realista del re, da questo pun- di un attrazione mai nata. Ricordo, to di vista) e non a caso dietro che nel recente clamore neo-new- Oooh Girl e Suck a Mofo c’è pro- wave venivano considerati come la prio lo zampino di Adrock dei Be- next big thing alla stregua di Erase astie Boys. La produzione di uno Errata et simila, poi però il nulla. che ha a che fare col mainstream Comunque siamo qui a dirvi del loro come Chuck Brody emerge pre- quarto lavoro – secondo per la rino- potentemente in un pezzo come mata Kill Rock Stars – e la fanta- Of Hope) e incedere pulsante in Better Already, pura paraculag- sia già scricchiola, dato che quello stile disco (Flame – Red Lawn), gine da Mtv, roba da gettare in che dovevo dire è nell’incipt di cui dissonanze (Odds&Ends) e punk pasto al pogo di liceali ubriachi. sopra, ossia: Velvet Meets Stereo- strumentale (Climb The Days), Hip Talvolta invece affiora un qualco- lab, un equazione appariscente e Hop e accenti R&B (Palely e Rub- sa che è uno strano ibrido tra Ma- dai frutti oramai essiccati. Il Nuovo ber). Il tutto condito da qualche bit donna e le Breeders. Quando le Numbers, interessa? (5.0/10) di elettronica sparso e parecchio Nostre, a dispetto delle tendenze entusiasmo giovanile, quest’ultimo riot, abbassano i toni e recupe- Gianni Avella in grado di esaltare quando la mu- rano melodia canora e fragilità sica colpisce a fondo – i Pixies di femminili, esce infatti qualcosa Winning Guitar – e di sopperire suf- di buono: Run Off the Road, Fall Overmood – Sorry For The Set- ficientemente alle carenze quando Apart e Away Away - c o n a c c e n t i backs (Suiteside / Audioglobe, invece cala la lucidità (Restless da all-female bands K e Kill Rock 2 0 s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) Song). (6.5/10) Stars anni ‘90, tipo Sleater Kin- Genere: indie ney - sono infatti i pezzi che ri- Messa da parte ogni velleità inno- Fabrizio Zampighi sollevano le sorti di questo disco vatrice su una musica tanto usurata assai leggero, talvolta carino e quanto vitale come il rock - forse carezzevole e sovente scimmiot- anche per raggiunti limiti di età del- P.C. Solal – Presents The Moon- tante, di cui presumibilmente non la stessa -, alle nuove leve spesso shine Sessions (Ya Basta! / ci ricorderemo in futuro. Anche se non rimane che optare per quello Self, 28 ottobre 2007) Away Away non smetto proprio di che obiettivamente sembra il male Genere: country canticchiarla... (5.5/10) minore. Esplorare cioè gli angoli Questa è una di quelle faccende meno illuminati di questa creatura che, per raccontarle, si deve prima Alarico Mantovani vecchia più di mezzo secolo esal- prender fiato: il sig. Solal, DJ fran-

76 sentirea scoltare cese fondatore del famigerato Gotan la musa Cruise infatti è proprio quel- Project, ha deciso di scrivere e pub- la che canta nel famoso episodio di blicare un disco country. Tutto vero: Twin Peaks), dall’altra una narrazio- però dimenticatevi i modernismi lac- ne androide à la Blade Runner. cati da Buddha Bar che - pur insop- Il problema non sta tanto nella pro- portabili - proponevano un approccio duzione, certamente potente e dai consapevolmente inedito alla musica riverberi ben amplificati. E neanche argentina. Qui c’è il classico arma- le performance vocali - che questa mentario di slide, duetti uomo/donna, volta vedono protagonisti anche Ju- violini e armoniche oleografiche che lia Hummer (un’attrice tedesca), l’ar- impazza nelle frange più edulcorate tista e scrittore Jutta Koether e (no- della musica d’oltreoceano. Un ma- vità) lo stesso Marcus - deludono, nuale seguito a puntino, fatta ecce- semmai è una questione d’abuso. zione per qualche rara intromissione Specie sul versante estatico (Bor- affossata dalle aggiunte posticce di der, If Time Was On My Side), que- bene così, il gusto di queste marmel- un sottofondo di grilli e fruscii tipici ste canzoni sono troppo note, trop- late difficilmente annoierà e gli stile- del vinile, paradosso che va contro i po patinate, troppo perfettine e ok, mi imbastiti saranno pur sempre im- presupposti di genuinità sbandierati pure troppo commerciali. Rientrano burrati dalla parte giusta. Per capirci da Solal. in quella brutta categoria di adult fate conto che i Pram sono il gruppo Il disco è ben eseguito, e come po- quando per adult s’intende l’assetto esotico più complicato che ci possa trebbe essere diversamente, dato mentale di chi non rischia più ma ti essere. E nessun fan di Canterbury che a supervisionare l’operazione fa le cose con infinita precisione (e potrebbe resistergli. Tuttavia non si c’è Bucky Baxter (da anni a fianco di per tutti). può negare che gli ultimi quattro di- Dylan e prima ancora di Steve Earle) Sarebbe stato più intelligente ap- schi di questi signori di Birmingham e al canto ecco autentiche star delle profondire il discorso letterario. So rappresentano la coda di una glorio- stazioni radio specializzate, ma non infatti disegna percorsi interessanti sa epopea iniziata nel 1993 con una è questo il punto. Manca di autenti- attorno al testo di Koether. Ma se un tripletta d’album di devastante bellez- cità e anima che in un supermerca- Badalamenti non si tocca, Schmickler za. Il confronto con quelle creature è to non trovate e che latita nel 90% certamente sì: quest’idea di “nuovo” pesante assai ma non c’è pericolo, dei dischi da catena di montaggio di soul metropolitano bianco per bian- neppure se l’iniziale The Empty Quar- Nashville. Un mero divertissement, chi tra sottili amarezze e sferzate ter inizia con una morriconata trita Presents The Moonshine Sessions, blasé non è altro che un’elegante re- e ritrita, fatta da loro suona ancora appartenente per nostra sfortuna troguardia. (5.0/10). come dovrebbe. Come pure tacciare alla categoria che diverte solo chi li Sundew di discoverychannelismo sa- fa e non chi li deve ascoltare: lo di- Edoardo Bridda rebbe una cattiveria gratuita. Piutto- mostrano le cover di Dancing Queen sto poggiate l’orecchio su Iske, come degli ABBA e della pistoliana Pretty dire il miglior jazz-rock calato in Mes- Vacant, inferiori all’idea di partenza Pram - The Moving Frontier sico, oppure Hums Around Use, una (e se gli Hayseed Dixie han stufato (Domino / Self, 5 ottobre 2007) straniante gemma minimal psych, op- al secondo disco, vedete voi…). Bel Genere: avant lounge pure ancora la finale The Silk Road, tentativo, Monsieur, ma si rimetta le Da meravigliosa anomalia trip hop country come si farebbe a Bombay. scarpe da ballo, se proprio deve far- a ensemble morriconiano su Marte. Pensate che quest’album, scioglie le si vedere in giro. (4.5/10) Troppo riduttivo. Da splendida forma- tessiture più aspre del precedente Giancarlo Turra zione neo canterburiana a mirror band concedendosi al sale e alla sabbia, degli Stereolab. Stupidamente snob. ai deserti e alla frontiera appunto. I Da frullato di jazz, psych, kraut e et- punti molli, l’abbiamo detto, ci sono. Pluramon - The Monstrous Sur- nica come i King Crimson di Island, il Le proprietà di linguaggio anche. E i plus (Karaoke Kalk / Wide, 28 Robert Wyatt di Dondestan e gli AIR Pram parlano una gran bella lingua settembre 2007) di Premiers Symptomes in un unico meticcia. (6.8/10) Genere: pop box, a una dignitosa formula che tut- E così insistiamo. A distanza di quat- to comprende e tutto sublima. Non ci Edoardo Bridda tro anni da Dreams Top Rock, Plu- siamo ancora ma capirete senz’al- ramon ritorna a quella formula sho- tro una cosa: i Pram sono una band egaze (adult) pop che poco aveva spessa come una quercia. Perlomeno Prefuse 73 - Preparations (Warp entusiasmato il pubblico indie. Il plot lo erano. Attualmente sono quel luo- / Self, 14 settembre 2007) s’allarga inglobando ospiti nuovi, ma go raffinatissimo in cui è sempre bel- Genere: glitch hop i problemi d’allora rimangono. Stes- lo accamparsi. Dove non si rimarrà Come ogni disco di Prefuse anche sa divisione in due della medaglia mai delusi. E fin qui ci siamo. questo quarto nuovo album è un la- feedback: da una parte una sorta di Il nuovo The Moving Frontier ap- voro che più lo mandi giù e più si Badalamenti meets Ride (per inciso punto si muove, su se stesso ma va tira su. Eh sì, perché come ben si

sentirea scoltare 77 a livello cerebrale e passionale gli Róisín Murphy - Overpowered highlights del disco: Girlfriend Boy- (Emi, 15 ottobre 2007) friend, Prog Version Slowly Cru- Genere: wave dance shed e Let It Ring. Nell’ultima parte La bella Róisín, ex-Moloko, scot- arrivano i numeri più “sperimenta- tata dalla poca energia spesa per li”: Pomade Suite Version One ha promuovere l’ambizioso esordio struttura e sapore prog ed è proprio solista Ruby Blue dalla Echo Re- qui che si percepisce maggiormen- cords, ha scelto stavolta una cilin- te l’affinità con i compari Battles. drata di lusso come la Emi e scom- Alla fine, con Preparation Outro metto che la musica cambierà. Version, si lascia da parte l’hip hop Quanto alla musica vera e propria, verso scenari ed immaginari elet- fa di tutto per essere quell’ordigno troacustici ancora da definire. Bene catchy, sferzante e stiloso capace così. (7.5/10) di arrampicarsi sulle chart più cool sa, qui non stiamo parlando di un della parte godereccia del pianeta. parvenu ma di un tipo che ha conia- Alarico Mantovani Sulle orme, se vogliamo, della Gol- to uno stile. Uno da annoverare nel- dfrapp più caciarona del secondo la cerchia di quei produttori estro- album: c’è un simile impasto di no- si, obliqui e raffinati che, come il Prinzhorn Dance School - Prin- stalgia fastosa e modalità caricatu- collega Dabrye, si sono guadagnati zhorn Dance School (DFA Re- rali dove vale più l’empito che non la stima incondizionata di un’ampia cords-EMI, 2007) l’oggetto della nostalgia, tanto che schiera di rapper di razza. Genere: empty-funk una Movie Star evoca una parata E dunque ecco Preparations, che in I nuovi protetti di Mr. Murphy synth wave sovraccarica, muro di CD uscirà doppio, in coppia con un si chiamano Tobin Prinz e Suzi synth depechiani e piglio funk-glam altro disco “ombra”, Interregnums, Horn e vengono da Brighton. colorato, plastico, onirico, langui- una raccolta di composizioni clas- Nonostante il Dance piazzato in do, festoso e spacey, una messin- siche moderne composte e suonate mezzo al nome del gruppo, si trat- scena vera e propria con nessuna da Herren, utilizzando violoncello, ta di uno dei dischi meno pista- pretesa di plausibilità. clarinetto, piano ed altri strumenti, oriented del catalogo DFA, il basso La quantità e qualità dei collabo- totalmente prive di beats, in per- di Suzi che scava più che smuove- ratori (da Andy Cato dei Groove fetta dialettica con Preparations. re, le voci che declamano triplici Armada a - che di- Per ora non ci è dato sapere di più slogan (Up! Up! Up!, Crash Crash stribuisce vocalizzi invero piutto- ma le reazioni di alcuni suoi amici Crash) inchiodano l’ascoltatore in- sto addomesticati - passando dal lo immortalano come un “sad-ass vece di lanciarlo in balli sfrenati. sempre più lanciato Richard X fino soundtrack” e questo basta per ac- Oltre a Crackjack Docker, già usci- al violoncellista e broken beaters crescere la nostra curiosità. ta su singolo e in versione remix, Seiji) garantisce circa la qualità di Le collaborazioni sono poche ed sono degne di nota You Are The questo gioco tra intelletto, adrena- oculate: non più la parata di stelle Space Invader dalla chitarra slab- lina, tendini e ormoni. Electroclash - peraltro efficace - di Surrounded brata e Worker, dove il timbro en- metabolizzata, meditata, meno pro- By Silence, bensì la volontà di fatico e beffardo di Tobin ricorda pensa allo shock che al pungolo. concentrarsi totalmente sulla ricer- Hugh Cornwell. Stormo di visioni danzerecce che ca musicale. Non rilevantissime le Oltre agli Stranglers di No More scrutano gli Eighties attraverso i novità stilistiche, benché il tour con Heroes vengono in mente ai soli- Novanta più evoluti (giochini iper- gli amici Battles abbia creato più ti nomi della stagione post punk cromatici e pragmatismo incalzante di un positivo feedback in questo e della recente onda revivalista, in You Know Me Better), Madonna senso. E se nell’album precedente Wire, Slits, Erase Errata, No New ingravidata Depeche Mode via Eu- il compagno di merende era stato York e Metal Box. Parlando invece Tionday Braxton, in questo caso dei dischi di quest’anno si avvicina uno degli apici del disco Guillermo a due recenti esperimenti di post- Scott Herren lo tocca insieme al core minimale usciti su Dischord, il grande John Stanier (ex batterista disco solista di Joe Lally e Reflector degli Helmet,): sentite che razza di degli Antelope. Album caratterizzati bomba è Smoking Red ed annuite da vuoti e riduzioni strumentali, con quando ad un tratto una voce cam- il basso in primo piano a pulsare pionata recita: “Every day is just an spesso da solo. I Prinzhorn Dance extension of yesterday...”. Parole School sembrano proporre una ver- sante. Eccitante anche il singolo, sione minimale e narcotica dell’or- School of 73 Bells, con la parte- mai demodé punk-funk, senza funk, cipazione degli School of Seven senza punk, senza futuro. (6.5/10) Bells, così come sono gratificanti Paolo Grava

78 sentirea scoltare rythmics (la title-track), i Dead Or Atti di vita consapevole e parteci- Alive immischiati in un rave Che- pe, potremmo quindi dire. Il primo mical Brothers (la fin troppo chi- dei quali (dal titolo Lost In Noise) rurgica Cry Baby), funk soul torvi si apre col delirio blues di Stay Tu- irrorati di falsetti jacksoniani (Pri- ned a firma Anja Garbarek, ripor- mitive) e carnose patinature à la tato sulla terra tra coretti angelici Grace Jones tra agili paturnie Nel- e quel contrabbasso che scomoda ly Furtado (Tell Everybody). allucinazioni Badalamenti, la voce Ne esce decisamente bene, l’estro- rappresa in una sorta di gelatina sa gnocca irlandese, voce di seta sintetica, gli ottoni a scompaginare e carne, umori e afrori mimetiz- le coordinate emotive. Trepidazio- zati dalla cosmesi al neon. Facile ne calda e un bel po’ angosciosa, pronosticare sfracelli, se le leg- che il valzer jazzato della successi- gi del mercato fossero equazioni. va Just As You Are (scritta assieme (6.9/10) alla moglie Alfreda) sbaraglia con e atmosferica commozione della aria da solenne banalità, in virtù classica Hasta Siempre Comandan- Stefano Solventi anche del canto soave di Monica te. Vasconcelos. Tirate le somme, forse il disco più E’ un inizio a dir poco disarmante. leggero mai licenziato da Wyatt, tut- Robert Wyatt - Comicopera (Do- Siamo all’esasperazione di quel- tavia come al solito portatore sano mino / Self, 12 ottobre 2007) la tipica facilità d’approccio che di nutritive complessità, da indaga- Genere: avant/jazz caratterizza Wyatt fin dall’epoca re nel tempo e col tempo. Tanto Ro- E’ lo stesso Wyatt a spiegarci la Matching Mole. L’atto secondo (The bert sarà sempre lì, col suo sorriso fragranza di questo disco, sugge- Here and The Now) non smentisce senza scampo, a indicarci la strada rendo d’essersi ispirato alla stra- questa immediatezza, schiudendo- senza alzare un dito. (7.0/10) ripante comunicativa degli album si col folk elettroacustico di A Be- di Charles Mingus con band di autiful Peace (un Dylan pacificato) Stefano Solventi cinque, sei, undici elementi. Vale e ospitando uno swing sferzante e a dire, all’atmosfera amicale che stiloso (Be Serious) che ricorda il permeando lo studio finiva inevi- Lou Reed di The Beginning Of the Scout Niblett – This Fool Can tabilmente per contagiare la musi- Great Adventure. Poi però On The Die Now (Too Pure-Beggars / ca. Gli amici coinvolti nel progetto Town Square è uno strumentale ca- Self, 19 ottobre 2007) sono i “soliti” Phil Manzanera (nel raibico vetroso che giochicchia tra Genere: alt.folk, songwriting cui studio casalingo sono avvenute impalpabili cianfrusaglie covando Un po’ Cat Power e un po’ Polly Jean le registrazioni), Brian Eno, Paul una malinconia che somiglia all’an- (ma in fondo solo se stessa), la po- Weller, l’ottima trombonista An- goscia, la spettrale Out Of The Blue listrumentista inglese Scout Niblett nie Whitehead e il pianista David è una giustapposizione eniano/ arriva al traguardo del quarto album Sinclair tra gli altri. Wyatt insom- bjorkiana di tecnologia (vocoder, con alle spalle un curriculum di tut- ma può permettersi di consegnare synth, tromba effettata...) e natura to rispetto, speso tra Inghilterra e se stesso (con tutto ciò che questo (la manifestazione analogica di sax America, che vanta collaborazioni significa, e non sia letta come una e tromba) che si specchiano senza eccellenti come quelle con Steve frase fatta) alle grazie di cotanta compenetrarsi. Albini e Jason Molina. benemerita atmosfera, e così sfor- Sembra uno schema consueto, per E Albini lo si ritrova anche dietro nare ciò che l’estro - del momento, quanto un po’ annacquato: la spe- This Fool Can Die Now, il clas- nel momento - suggerisce e con- rimentazione in souplesse, il decol- sico disco che arriva ad un certo sente. lo verso sfere sempre più astratte momento di una carriera, in cui Poi però non deve stupire se Comi- e astruse. Invece, in realtà, non è l’urgenza primigenia cala a favore copera si struttura come una vera così. Difatti la terza e ultima parte della riflessione. L’irruenza della e propria… opera in tre atti. Atti (Away With The Fairies) si compie Nostra incontra infatti il flemmatico d’accusa, a dirla tutta. Rivolti ad all’insegna di una nostalgica me- Bonnie Prince Billy, e allora sono un mondo di uomini che perseguo- stizia, rinuncia all’idioma inglese quattro intensi duetti - di cui due no con ostinazione la decadenza, e con questo compie una garbata cover, Confort You di Van Morrison la rovina, la tragedia. Evitando con ma ferma dissociazione. Rilegge e River Of No Return dall’omonimo naturalezza - con grazia wyattiana la solenne gravità CSI di Del mon- film con la Monroe - pieni di palpita- - le trappole della retorica, persi- do - stordente e ineffabile tra archi zioni folk-rock accompagnate dalla no quando nel finale si permette di pizzicati e synth -, palpeggia lan- sola chitarra, ora acustica (Do You rispolverare il commosso ricordo/ guore ineluttabile con Cancion De Wanna Be Buried With My People), rimpianto di Che Guevara (lo ave- Julieta - testo di Garcia Lorca - e ora elettrica (Kiss, che finisce per va già fatto con Song For Che in infine, come già detto, ci saluta con esplodere nelle lacerazioni vocali Ruth Is Stranger Than Richard). la rumba allarmata tra spasmi jazz della Niblett); altrove è puro psy-

sentirea scoltare 79 ch rock agitato da pulsioni oscure menti e pensiero che lo scarto as- (Nevada), ballad nervose tra PJ e sume i toni della sorpresa. Shannon Wright (Baby Emma), in- La cosa peggiore – suggeriscono – quieto lirismo agitato dai suoi eterni è restare indifferenti. E noi confer- fantasmi (Dinosaur Egg) e tutto un miamo in pieno. saliscendi di implosioni/esplosioni, Dura è la vita della provincia, ma fino alla conclusione con una stre- finché gente come Seminole scat- gata ninnananna finale al piano (Fi- terà istantanee di tale portata ri- shes And Honey). Con tutto il suo echeggerà sempre quel senso di consueto humour da pièce dell’as- vaga comunione spirituale che se surdo (“Dinosaur Egg, when will non risolve il problema almeno aiu- you hatch? ‘Cos I got a million peo- ta a sentirsi parte di una comunità. ple coming on Friday who expect to (7.0/10) see a dinosaur, not an egg”). Album disomogeneo ma non per Stefano Pifferi questo frammentario, testimonia la Sic Alps – Description Of The conferma di un’espressività ormai Harbor (Awesome Vistas, set- matura e compiuta. (7.1/10) Shitmat – Grooverider (Planet tembre 2007) Mu, settembre 2007) Sic Alps – Strawberry Guillo- Teresa Greco Genere: drum’n’bass, tine 7” (Woodsist Records, set- breakcore tembre 2007) Henry Collins e il ritorno dell’har- Genere: psichedelia out Seminole – Non Tutti I Vermi dcore plunderfonico più estremo Dei due Sic Alps, uno dei segreti Diventano Farfalle (Seminole, che mai. La scuola Wrong Music (il meglio conservati dell’underground giugno 2007) ragga jungle di personaggi oscuri a stelle e strisce, avevamo ap- Genere: anarco-noise-rock come Dj Scotch Egg, Roger Spe- prezzato il precedente Pleasures Autoproduzione a base di lucide li- cies o Chezny Hawkes), si riasset- And Treasures (Animal Disguise, riche e chitarre taglienti, fieramen- ta dopo i fasti del dubstep e ritorna 2006), punta dell’iceberg di uscite te indipendente e crudamente nitida qui con poco più di 40 minuti che in formati minori che ci avevano nella sua disamina della contempo- vanno da al meltin’ consegnato un gruppo capace di raneità. Nessuno canterà (e ne ha pot della fine dei Novanta operato fornire una versione moderna della cantato in 10 anni di attività) le lodi dall’underground londinese, il tutto psichedelia rock coniugata però se- di Seminole, collettivo torinese del rigovernato da qualche puntatina condo i propri canoni. Ora i califor- giro dei centri sociali, ed è un pec- post-bhangra che in M.I.A. ha ritro- niani si ripresentano con due uscite cato. Non Tutti I Vermi Diventano vato da pochissimo la necessaria in cui continuano le loro incursioni Farfalle è un disco breve, intenso e consacrazione. nei vasti territori del genere: il vini- orgogliosamente contro che seppur Ma se a un primo ascolto l’opera- le 12” per il collettivo artistico Awe- sfruttando un impianto tipicamente zione può sembrare per lo meno some Vistas vede sul lato B nove noise-rock ha dalla sua una lucidità meritevole, dopo un po’ ci si accor- brevi pezzi che scivolano con non- nelle liriche che sembra riaccende- ge che i tempi degli Atari Teenage chalance tra derive country-noise, re quel fuoco mai spento nel ventre Riot sono troppo distanti e la vio- boogie’n’roll pestone, litanie semi- della Torino antagonista. lenza punk che aggiungeva perso- acustiche e grandiosi pezzi rock in La tensione è sempre alta grazie nalità al gabber underground sem- slow-fi (l’arrapante Dr. Bag And The alle chitarre che riecheggiano alcu- bra essere (oggi) priva di valenza Pomade Nature Giants) che sanno ni passaggi alla Massimo Volume estetica. Niente da dire per la tec- tanto di Woodstock quanto di Jesus ma è grazie agli intrecci tra stru- nica: siamo ai livelli di decostruzio- & Mary Chain. ne di Kid 606 e dei Coldcut (splen- A sorprendere però è il lato A occu- didi gli insert Novanta in Benson & pato dalla lunga suite che intitola il Hedges, il loop arabo in Zagreb, il vinile e che da sola occupa la metà richiamo agli AsianDubFoundation dell’intero minutaggio. Description in More Fire), ma la monotonia e lo Of The Harbor inizia come un pezzo sballo non attirano più. di psichedelia rock come potevano Se il dubstep ha ridato vita alla intenderlo, per capirsi, i primi e più scena londinese, non è detto che sconnessi Mercury Rev, ma poi si con qualche campione più o meno sfalda in rivoli di suoni scremati eterogeneo e con qualche drum-set debitori tanto di una forte pulsione scintillante sia matematico riuscire avant quanto, in alcuni momenti, a produrre un buon disco.(5.5/10) della contemporanea psichedelia più astratta. Il 7” per Woodsist in- Marco Braggion vece incarta un esperimento di ru-

80 sentirea scoltare morismo free-rock (RATROQ) tra senza barocchismi. Il suono pulito, A parte un raga-psych lisergico in due pezzi di pachidermica psiche- dritto, puro e semplice inviluppo. coda (Surviving In 45 Below), Skal- delia come potrebbero intenderla i Preceduto da due compilation (ri- lander è un progetto di raffinato Melvins se fossero dei frikkettoni. spettivamente su Bugged Out e Go semi-isolamento, lontano dalle fre- Dopotutto non c’è da meravigliarsi Commando), dove il duo britannico akerie neocosmiche, e più vicino dell’approccio poco ortodosso alla ci aveva già fatto capire che aria al pop Sixties californiano (Flesh materia rock, visto che della parti- si sarebbe respirata, il disco parte Born Constellation, Misery), come ta era fino a poco tempo fa anche alla grande con Sleep Deprivation, ai migliori Kings Of Convenien- Adam Stonehouse dei devastanti un crescendo che spara misticismo, ce virati seppia (Dusting The Gal- Hospitals… Come dire, la garan- un opener che non lascia spazio a lows), oppure alle riflessioni adulte zia. (6.8/10) niente che non sia movimento o di stampo Low (Ingrain), il brio di estasi contemplativa. I Got This certo folk baronetto (Dismember- Stefano Pifferi Town è un fottuto inno breakdan- ment, Time Is Only A Revolution). ce anni Novanta col vocoder, trac- Ciò che c’è di buono è una scrittura ce di storia dance-hop, sapiente e sopra la media, per di più basata Simian Mobile Disco – Attack ammiccante, supersingolo maran- su pochissimo: arpeggi e calibrati Decay Sustain Release (Wichi- za; It’s The Beat riporta la vocalist inserti ambient (come d’archi “finti” ta, 18 giugno 2007) (Ninja) dei Go! Team a un punket- eppur caldissimi). È la terza prova Genere: electro post- tino indie che ricorda tanto le ulti- omonima a firma Skallander, la pri- daft generation me cose de Le Tigre, Char Johnson ma su Type. E se qualcuno pensa Da electropoppers a remixatori. Da che canta sexyssima in Hustler in che l’etichetta abbia preso un pro- remixatori a seguaci del culto Daft una performance che fa gara con dotto mediano si sbaglia di grosso. Punk. E il titolo è già dichiarazione Madonna. Tits & Acid è quello che (7.0/10) d’intenti minimal. Supertechno da i Chemical Brothers non osano più sballo rock mescolata a una mor- scrivere da anni, pura energia aci- Edoardo Bridda bosa simbiosi con le macchine, la da, I Believe (che coinvolge il vec- perfezione che costruisce suoni ol- chio compagno di gruppo Simon tre l’impasse p-funk per una nuova Lord) è un mid-tempo ottantissimo dimensione vicina all’eurodisco e al con cori e harmonizer già nell’olim- suono ibizenco. po, Wooden una visione old scho- La lunga esperienza come remisce- ol di Armando e Phuture, Love e latori di capiscuola rock-funk non Scott doppio epilogo robotico fuori può che giovare, e qui si sentono dal tempo. tutte le intuizioni dei vari Rapture, Gli eredi dei Daft sono arrivati. Klaxons e Bloc Party. Ma il risul- Sopraffini e sciccosissimi, senza tato supera il puro divertissement e sbavature. Pura energia in 4. Disco diventa atto di sfida contro la tradi- minimal dell’anno per chi scrive. zione. Se in altri casi (vedi Justi- (7.6/10) ce) la meta rimane l’esibizionismo puramente discopop, qui si rimasti- Marco Braggion ca la acid house e la si riconfigura nell’unico act possibile dopo le av- venture di !!! e LCD Soundsystem. Skallander - Self Titled (Type Spokane - Little Hours (Jagjag- Per non soccombere sotto la serie / Wide, 27 agosto 2007) uwar / Wide, 7 agosto 2007) infinita di emuli, qui si spinge tut- G e n e r e : f o l k Genere: american indie-rock to al massimo, senza pesantezze, Uscita decisamente drakeiana per Ennesimo segnaposto sulla lunga l’etichetta inglese specializzata in strada dei singoli artisti nascosti elettronica e foreste nere, come da pseudonimi di “gruppo”, Spo- dire che i due neozelandesi Mat- kane è dal 2000 creatura del solo thew Mitchell (chitarra) e Bevan Rick Alverson, nella quale infonde Smith (elettronica) unici detentori tutta l’ammirazione per formazioni del progetto, preferiscono rimane- capitali come L’Altra, Low e, più re vicini alle bronze del focolare in controluce, verso gli esperimen- che addentrarsi nel thrilling della ti cameristici di Rachel’s e 33.3. casa (Xela e Svarte Greiner). La Atmosfere tenui e dilatate, soffuse loro musica si nutre di crepuscoli e e dolenti, non di rado percorse da dell’intimità di pochi amici ma non brividi e sottolineature d’archi che aspettatevi la solita parata di spet- sono fondale di storie sofferte e tri dal volto gentile, incensi gotici e meditate. L’effetto è uno stordimen- trovate barocche. to malinconico, oppiaceo e simile a

sentirea scoltare 81 quei pigri pomeriggi d’inverno che via dalla palude dell’improduttività su Jagjaguwar. La storia degli in- paiono alvei infiniti. sia stato il boss in persona della trecci in casa canadese è nota, e il Registrato nell’isolamento - che fa Bella Union Records, Simon Ray- deus ex-machina del gruppo, Spen- tanto Big Pink - di un cottage della monde (ex Cocteau Twins), il quale cer Krug, che come si sa, gravita Virginia, Little Hours si sistema sul- ha anche messo mano alla compo- in vari altri ensemble (Swan Lake, le medesime coordinate dei quattro sizione di A Lily For The Spectre. …) apparecchia un al- lavori che lo hanno preceduto ma li Nel frattempo si registra anche una tro strambo piatto all’insegna del supera quanto a scrittura ed equi- comparsa di una sua canzone nella melting pot, questa volta ponendo librio. Beneficiando in molti epi- serie televisiva Dawson Creek. Che più del solito l’accento sul versante sodi delle corde vocali leggere di dire della sua proposta musicale? psych pop. Courtney Bowles, già ospite nel Che la sua passione per i fantasmi Pezzi dilatati e stratificati, con lun- più recente Measurement del 2003, è in questo disco del tutto giustifi- ghe jam acide (Magic vs.Midas), le sonorità siedono all’esatto incro- cata. Infatti più di uno spettro aleg- crescendo alla Arcade Fire fiati cio tra le prime due formazioni cita- gia dietro le tracce che compongo- e voce compresi (The Mending Of te poche righe sopra: sono stanze The Gown), marcette alla Bowie abitate da pianoforti fantasma che post-Ziggy in acido (Up On Your si stringono violini e violoncelli, Leopard…), e tutta una serie di dove le voci sussurrano confiden- stramberie psych ora alla Barrett ze e la ritmica si affida esclusiva- (The Courtesan Has Sung) ora elet- mente a un rullante e alcuni piatti trificate e rielaborate alla Beck e polverosi. Pescando quasi a caso Mercury Rev (Stallion), con tutta in una scaletta breve ma solidissi- l’esagerazione del caso (For The ma, sappiate allora che i sei minu- Pier…). Una deriva che, rispetto ti di Building inquietano con tasti al precedente, li fa peccare in di- e carillon sospesi a mezz’aria, If spersione mancando di unitarietà; There Is Hope, It Lies In The Proles vengono ripetuti alcuni spunti e si spezza in due sopra un abisso se lasciano indietro altri, come le di emotività e Middle School è una svelte pop song destrutturate mar- rivelazione pura per voce, piano e chio di fabbrica. Peccato, perché pulviscolo sonoro. no l’album. Su tutti spicca quello di Krug sembra crederci parecchio. Altrove si fronteggiano scheletri, Polly Paulusma: il timbro vocale (6.3/10) ma dalle ossa robuste e incapaci della Dosen è talmente identico da di spaventare: semmai inducono provocare imbarazzo. Ma non solo: Teresa Greco benvenuti a tirare il fiato per una anche quello di Emiliana Torrini e, manciata di minuti del nuovo seco- più nella penombra, quello di Feist lo, che - frenetico e distratto - fa- spirano tra le pieghe del disco. In ticherà a prestare orecchio tanto più se si aggiunge anche una ec- alla minimale solennità chiesastica cesssiva omogeneità tra le canzoni, di Addendum che a Tell Me, gemma i fantasmi diventano insopportabili. memore dell’Alex Chilton intento Certo l’iniziale This Joy e Death a guardarsi allo specchio e doler- And The Maiden sono episodi che sene. Voi siate più saggi: non ri- per la loro buona incisività avrebbe- nunciate a queste ore, piccole però ro sicuramente impreziosito l’ultimo profonde, intime e rare. Di conse- lavoro dell’ectoplasmica Paulusma. guenza, da assaporare all’infinito Parafrasando il titolo dell’album: un senza annoiarsi mai. (7.7/10) disco per lo spettro. (5.0/10)

Giancarlo Turra Andrea Provinciali

Stephanie Dosen – A Lily For Sunset Rubdown – Random Supersilent – 8 (Rune Grammo- The Spectre (Bella Union / V2, Spirit Lover (Jagjaguwar, otto- fon, 17 settembre 2007) 4 g i u g n o 2 0 0 7 ) bre 2007) Genere: future jazz Genere: folk Genere: psych pop obliquo Non sembrerebbe, ma i Supersi- La biondissima statunitense del A pochi mesi dalla distribuzione lent mancavano da uno studio di Wisconsin Stephanie Dosen giunge italiana del secondo album (Shut registrazione dal lontano 2003. Nel al suo secondo album addirittura Up I Am Dreaming, uscito in real- mentre, tra una tournée che ha toc- cinque anni dopo il suo debutto au- tà l’anno scorso su Rough Trade), cato l’Italia (i due concerti in suc- toprodotto Ghosts, Mice And Va- ecco ancora il combo di pop obli- cessione la sera del nove febbraio gabonds. Si narra che a trascinarla quo Sunset Rubdown, questa volta 2006 nella cornice romana de La

82 sentirea scoltare Casa del Jazz) e un cd/dvd live da rano di cobalto il vuoto circostante. possedere e custodire gelosamen- Ma giusto il tempo di veder svanire te, le primavere si fanno dieci e la la loro scia che già quella buia at- discografia accoglie il nuovo arri- mosfera, illuminata soltanto dal ti- vato. La tavolozza dell’artwork ora, mido baluginare sidereo, ci avvolge dopo gli anteriori blu, turchese, materna. Materna, sì: perché inve- nero e le due tonalità di verde pro- ce di opprimere e angosciare, essa, pone un rosa femmineo e la solita con quel suo incedere compassato, grafica essenzialista. non rappresenta che un dolce ri- I Weather Report cyberpunk, il jazz scaldare. La ballata pianistica Lily, dell’anno 3000 che ascolti oggi e posta in chiusura dell’album, ne è anche in un misterioso domani par- la conferma lampante: 2:34 di can- te subito col doom di 8.1 che fa- dore etereo. rebbe rabbrividire pure l’accoppia- Certo, occorre un’indubbia predi- ta Ktl di Stephen O’Malley e Peter ne e la sospensione sonora delle sposizione d’animo per addentrarci Rehberg. sue canzoni riescono a infondere nelle trame di Sonata Mix Dwarf Il misticismo di 8.2 e l’ansiogeno nell’ascoltatore. Cosmos, ma una volta dentro, sta- drumming di 8.3 sembrano, an- Per di più, stavolta la Nostra è uf- te pur certi, vi sentirete in pace, che in virtù di un acidissimo Stale ficialmente sola. Morten Ovenild alleggeriti di quelle zavorre inutili Storløkken all’organo, variazioni e gli altri musicisti – tra i quali al con le quali la vita terrestre ci lega decomposte dell’Alice Coltrane piano spicca anche il fratello della a sé. Benvenuti nell’universo. Ben- di Universal Consciusness. Arve Wallumrød, Christian – collabo- venuti nell’antigravità. (7.3/10) Henriksen, sinora rimasto nelle re- rano all’album in maniera del tutto trovie, disegna con quella tromba ornamentale. La semplicità strut- Andrea Provinciali sempre più hassell-iana la sedu- turale delle tracce è emblematica cente e parimenti desolante trama di ciò. Non che i precedenti lavori di 8.4 e la compiutezza (dentro c’è fossero complessi, ma quella com- Swod – Sekunden (City Cen- tutto: jazz, terzomondismo, rock) di ponente elettronica che in passato tre Offices / Wide, settembre 8.5 che staziona una spanna sopra arricchiva il suono e che andava a 2 0 0 7 ) le altre. “sporcare” la limpidezza di strumen- Genere: piano music Non si può dire altrettanto di 8.6 e ti classici come l’arpa, il piano, la Dotato di evidente respiro cinemati- del suo glitch di maniera (anche se celesta etc., è ora del tutto imper- co - note che esprimono il massimo il cantato pagano riassesta un po’ cettibile se non in rare eccezioni. È delle proprie potenzialità solo se a il tiro) né del noise di nove minu- la voce, accompagnata sempre da musicare immagini, come testimo- ti (se fossero stati la metà…) a là un’essenzialità strumentale sche- niato dalle due tracce video che in- Stooges/L.A. Blues di 8.7. Chiude letrica, a dare densità, a dettare il tegrano la seconda opera del duo lo straniante ambient, con tastieri- passo di ogni singolo episodio, im- berlinese - Sekunden è disco che ne tipo Piero Umiliani, di 8.8. Per pregnando l’album di una classicità si fatica ad ascoltare per intero, se dirla come Arve Henriksen: un di- ancora più marcata rispetto ai la- non come sottofondo ad altre atti- sco chiaroscuro. (6.5/10) vori precedenti. Classicità che sor- vità o coadiuvante di esercizi me- prendentemente però non appesan- ditativi. È il pianoforte di Stephan Gianni Avella tisce il risultato finale. Anzi, proprio Wöhrmann il protagonista assoluto quella leggerezza malinconica del- dei nove brani, un pianoforte che la componente vocale rende tutte odora di Erik Satie, Yann Tiersen, Susanna – Sonata Mix Dwarf le canzoni come sospese nel vuoto Black Tape For A Blue Girl, persino, Cosmos (Rune Grammofon, 20 cosmico, in assenza di gravità. talvolta, di Ludovico Einaudi. a g o s t o 2 0 0 7 ) Intruder ci dà il benvenuto in pa- Genere: alternative pop esaggi lunari che delineano già Encomiabile la produttività artisti- quale sarà l’atmosfera dell’album: ca di questa norvegese dal nome cupamente leggera e quietamente atipico. Appena un anno fa, infatti, malinconica. Della quale People usciva la sua seconda fatica Melo- Living e For You ne rappresentano dy Mountain, album di cover mes- senza dubbio gli episodi migliori so su insieme alla sua metà Mor- toccando picchi emotivi altissimi. ten “Magical Orchestra” Qvenild. Soltanto alcune sfumature pop qua E pensare che per Susanna Karo- e là, che emergono soprattutto in lina Wallumrød un anno potreb- quegli episodi nei quali è il suono be essere considerato addirittura sommesso della chitarra a dettare come un anno luce, data la per- il passo, Stay e Better Days, fanno cezione cosmica che la dilatazio- scorgere code di comete che colo-

sentirea scoltare 83 Un’ambient elegante e discreta- audaci: lo stetoscopio biauricolare mente pretenziosa, dall’attitudine ad auscultare gli ultimi battiti del spiccatamente neoclassica (Deer), modernismo in musica, un’elettroni- venata da effettistica elettronica e ca tanto minimale quanto efficace, scariche sintetiche - è Oliver Doe- il riannodarsi ciclico di glitches e rell ad occuparsene - buone, se frequenze (E/R, A). Nuove direzioni non altro, a mitigare le pretese che si spera vengano approfondite oratorie e caparbiamente monolo- in futuro. (6.5/10) ganti dello strumento principe. Non mancano frangenti di oggettiva bel- Vincenzo Santarcangelo lezza (Patinage), slanci di ostinato lirismo (Exit, coinvolti anche basso e batteria, uno dei brani più riusciti Telephone Jim Jesus – Any- in scaletta) o soluzioni indovinate where Out Of The Everything (Sekunden: il piano come pattern (Anticon / Goodfellas, 25 set- Sole e , così come nei ritmico oltre che strumento solista), tembre 2007) nuovi arrivi Thee More Shallows e ma risulta difficile consigliare per Genere: avant hip hop Bracken, avevamo notato un’atten- intero un disco che al più può se- Tre anni di distanza tra un disco e zione meticolosa alla raffinatezza durre filmmaker e videoartisti dai il suo successore possono rappre- nella scelta dei suoni, ma anche gusti non troppo difficili. (5.7/10) sentare un tempo molto relativo, a una pericolosa tendenza a gioche- seconda del contesto musicale a cui rellare con melodie decisamente Vincenzo Santarcangelo ci si riferisce. Per una band ormai troppo “easy listening”. Un rischio agli sgoccioli in quanto a creativi- che si sente di correre anche Geor- tà, che si ritrova a fare dischi per ge che, abbandonati quasi del tutto accontentare contratti discografici i residui electro e i beats presi in decennali, possono anche essere prestito da Aphex Twin, prova a pochissimi, considerato il perico- mettersi in riga con i colleghi, re- lo-disaffezione del pubblico. Se si gistrando un album che vira deci- parla invece di avanguardie, di mu- samente verso il ritmo, rispetto alla sicisti che in qualche modo rappre- pacatezza e alle atmosfere statiche sentano il futuro della musica, un del precedente lavoro discografico. triennio equivale a un’eternità, a un TJJ continua le sue elaborate co- tempo denso che prova a riassume- struzioni di sample, ma questa volta re intensità e creatività. le sovrappone a una sezione ritmi- Se ci si guarda alle spalle, e si fis- ca più accentuata, pronta a marca- sa l’attenzione sulle trasformazioni re l’accento su passaggi lentissimi, avvenute in seno alla scuderia An- al limite del doom (Did You Hear?; ticon rispetto a quel fatidico 2004 Hit By Numbers – ma allora si può che ha visto la dissoluzione del davvero parlare di doom-hop?), su Sylvain Chauveau – S. (Type / progetto , ci si accor- parentesi hip hop old school (Dice Wide, settembre 2007) ge di quanto sia cambiato, in que- Raw, con le voci di e Genere: modern composition sta manciata di anni, il panorama Why?) oppure su schizzi di funky L’approdo di Sylvain Chauveau alla dell’avant hip hop e, più in gene- (A Mouth Of Fingers). In alcuni casi corte di John Twells è processo del rale, dell’elettronica che volge lo sembra quasi di ascoltare Prefuse tutto naturale se si pensa all’umore sguardo alla contaminazione. 73. di certe recenti uscite in casa Type Questa breve digressione può aiu- La mano pesante e risoluta di Alias Recordings (Deaf Center, Julien tare a comprendere le evidenti dif- si fa notare sia a livello creativo Neto, Goldmund). In attesa della ferenze che contraddistinguono che produttivo. In Birdstatic, in par- ristampa per l’etichetta mancunia- Anywhere Out Of The Everithing ticolare, si ritrovano perfettamente na dell’acclamato Le Livre Noir Du rispetto al suo predecessore, A tutti gli elementi musicali che con- Capitalisme (Disques Du Soleil Et Point Too Far To Astronaut, esor- traddistinguono il suo stile: arpeggi De L’Acier, 2003) un variegato an- dio per l’etichetta statunitense di reiterati a mo’ di tappeto sonoro, tipasto: dalle ultime concessioni al George Chadwick, aka Telephone un’atmosfera generale inconfon- post-rock (gli sparuti bagliori di chi- Jim Jesus. Un album, il nuovo, che dibilmente dreamy e percussioni tarra preparata su fondale sintetico risente del cambiamento di rotta sti- lente e pesanti. Manca solo la voce di Composition 8), allo Chauveau listico che ha contraddistinto molti della Tarsier, a completare il qua- che già conosciamo, l’erede ange- degli artisti che si riconoscono nel- dro. licato della tradizione maudit (P. , la famiglia-Anticon, come fosse una Ma non è solo Alias a metterci let- N, brevi composizioni per piano e sorta di filosofia del fare musica: teralmente le mani in questo disco. poco altro); e poi le proposte più già nei dischi solisti di Why? Alias, Nei credits si leggono nomi ormai

84 sentirea scoltare turn it on

Yeasayer – All Hour Cymbals (Now We Are Free / Wide, 22 ottobre 2 0 0 7 ) G e n e r e : w a v e r o c k Si parte con una Sunrise che sembra uscita fuori da un disco di George Michael. Pare quasi di vederlo ancheggiare sul clap clap in mid-tempo della ritmica, quando Chris Keating attacca la parte vocale subito doppiata da un gioioso coretto gay. Tutto questo potrebbe tranquillamente suonare in modo orribile, ma invece funziona alla perfezione. Wait For the Summer paga invece tributo a Peter Gabriel come buona parte dei brani restanti. È lui la stella polare verso cui tendono brani fantasiosi come No Need To Worry e Forgiveness. 2080, il primo singolo per le radio, ti appiccica su- bito addosso la sua melodia in maniera vigliacca e sembra una Shock The Monkey rifatta da Paul Simon mentre jamma con gli Animal Collective. Parte del fascino della musica degli Yeasayer è di natura prettamente post-modernista. Musica che strizza l’oc- chiolino in maniera subdola ad un trilione di riferimenti e puoi tanto stare al gioco quanto lasciarti andare all’in- cedere delle melodie e cedere al minutaggio del disco. Sotto questo punto di vista la tenuta su strada è di quelle da auto di prima linea. Germs è un’altra ode etno-eighties che si anima su cori da giungla in stile Real World. Wintertime è un’epica marcetta indiana ma suonata come la suonerebbero gli Akron / Family. Gli Yeasayer que- sto sono. Un matrimonio astuto tra passato (gli anni ‘80) e il presente (tanto tribal indie di questi anni) Riuscite ad immaginarvi un ibrido tra i Fine Young Cannibals, Peter Gabriel e gli Animal Collective? Se non ci riuscite gli Yeasayer possono essere una risposta. (7.2/10)

Antonello Comunale

sentirea scoltare 85 familiari a chi ha un po’ di confiden- EP pubblicati presso la loro conter- per questioni legate ad una neces- za con quella che si potrebbe defi- ranea etichetta Lil’ Chief Records, sità interiore e non come attività nire la “scena di Oakland”: Odd No- è nientedimeno che la Sub Pop a collaterale, da intraprendere tra sdam, Pedestrian, Why?, scommettere su di loro sdoganan- un’aggiustatina ai capelli prima di (che presta il suo rapping a Ugly doli al mondo intero. Tratto distin- salire sul palco e un’intervista rosa Knees), Alex Kort dei Subtle (vio- tivo della band è quell’alternarsi di shocking da rilasciare alla stampa. loncello elettrico in Featherfall), voci maschili e femminili che rag- There Is Life In This Old Land Bomarr, che ci mette lo zampino in giunge l’apice qualitativo quando rientra in questa categoria, con il parecchi brani. Continua dunque, diventa un vero e proprio duettare. suo folk ingiallito in bilico tra tra- la filosofia dell’ uniti-si-vince (e si Se la prima canzone potrebbe di- dizione americana e canzone d’au- crea) che ha sempre contraddistin- sorientare muovendosi su un par- tore, l’incedere lento e rurale, il to le produzioni Anticon. E’ proprio ty pop all’insegna di band come country sottopelle, il potere tauma- per il cooperativismo perfettamente Architecture In Helsinki e Go! turgico delle otto stazioni di questo riuscito che esprime, nonché per la Team con tanto di cori e handclap- viaggio verso Ovest. Otto tappe più (disomogenea) compattezza e l’in- ping, sono le successive tracce a à la Mojave 3 che in stile Dylan, finità di sfumature che lo contrad- riassestare il tiro spostandosi su sospese e ristoratrici (It Ain’t), ele- distinguono, che Anywhere Out Of binari più decisamente twee pop. ganti e intense (Starshuttle e Just The Everything si candida senz’al- Infatti Stereo (Mono Mono), Small Semptember), malinconiche e mi- tro ad essere la migliore uscita Town Crew e Credit Card Mail Or- surate (Through Rivers e New Ma- dell’anno per la label californiana. der con il loro delicato pop acustico chine). Alla guida della Buick scas- (7.2/10) da cameretta, condito qua e là da sata ma indomita che attraversa i allegri inserti tastieristici, evocano cinquanta minuti del disco, Roger Daniele Follero tanto i paesaggi raffinati dei Bel- Ridelbauer (Transmission, Jolie le And Sebastian quanto i bozzetti Holland, Boxcar Saints) e Charles sbarazzini delle Cocorosie, finan- Sommer (Halifax Pier), più qual- che i Beach Boys e i Beatles più che amico della Bay Area fatto ac- compassati. Non sono paragoni da comodare sui sedili posteriori tra poco; le canzoni funzionano e la contrabbasso, batteria, violoncello loro facile orecchiabilità è tenuta a e tromba. Un gruppetto scapigliato bada da un approccio lo-fi che non e senza aspirazioni particolari, ca- appesantisce mai il risultato finale. pace tuttavia di perdersi piacevol- Her Hairagami Set è l’esempio com- mente tra le pieghe di una musica piuto della giusta misura pop: strofa disciplinata, essenziale, dal passo pimpante e spensierata, ritornello elegante. (6.7/10) dilatato e malinconicamente amaro a presa rapida. Non mancano nep- Fabrizio Zampighi pure episodi più cupi come l’ondeg- giante Wall Poster Star: quasi una rivisitazione pop dei Black Heart The Brunettes – Structure And Procession. Quest’album riesce ad Cosmetics (Sub Pop / Audi- addolcire l’autunno senza innesca- oglobe, 5 novembre 2007) re diabetici allarmi. (7.0/10) Genere: indie-pop Un album tutto zucchero e arcoba- Andrea Provinciali leni, miele e bubblegum, intriso di una nostalgia pastello dal retrogu- sto dolceamaro. Giunto fin da noi The Cannery – There Is Life In dalla Nuova Zelanda sospeso a This Old Land (Awful Bliss, 15 mezz’aria da palloncini multicolo- s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) ri passando attraverso cieli grigio Genere: folk autunnali. I Brunettes sono un duo A volte basta poco per regalare composto da Heather Mansfield emozioni: una chitarra acustica in- e Jonathan Bree, affiancati nelle dolenzita, una pedal steel un po’ loro morbide trame pop da diversi ruffiana, qualche colpo ben asse- strumentisti mai troppo invasivi. stato di fingerpicking, la voce di The Focus Group – We Are All Structure And Cosmetics rappre- chi si è svegliato presto la mattina Pan’s People (Ghost Box, aprile senta la loro terza fatica e sancisce senza aver dormito a sufficienza. 2007) molto probabilmente il loro legittimo O magari la sensazione che chi sta Genere: pop/lounge/dance/folk coronamento internazionale. Infatti suonando lo faccia esclusivamente The Focus Group, la creatura di Ju- dopo due album e una manciata di lian House (fondatore dell’etichet-

86 sentirea scoltare ta Ghost Box, assieme a Jim Jupp) rappresentano la parte più intima rappresenta forse la parte più radi- e folk del Nostro. La loro proposta cale e integralista dell’intero catalo- musicale si basa su un incedere go. Già il titolo è una dichiarazione chitarristico quasi del tutto acustico d’intenti. We are All Pan’s People sorretto da una sezione ritmica che fa riferimento sia al dismesso corpo difficilmente prende il sopravvento. di ballo del de- Come nei dischi del gruppo madre, gli anni Settanta, sia al capolavoro protagoniste assolute sono le liri- della letteratura horror The Great che. Ma qui, grazie a una più mar- God Pan (1894) dell’autore gallese cata semplicità strutturale delle can- Arthur Machen (1863-1947). zoni e all’attenuazione dei volumi, Il mondo in cui si muove The Fo- quel modo estremamente personale cus Group è popolato da fantasmi, di interpretare le canzoni di Kasher fantasmi di un passato prossimo, diventa ancor più profondo e com- dei programmi radio educativi della movente. Dobbiamo ammettere che The Thrills – Teenager (Virgin, BBC, serie tv sci-fi, romanzi e film dopo il salto qualitativo fatto con il settembre 2007) horror. Un pantheon di personalità precedente Album Of The Year, ri- genere: sunshi- musicali-letterarie-televisive-cine- ne pop, folk rock matografiche off, come Joe Meek, Ci sono voluti quasi tre anni per Nigel Kneale, Algernon Blackwood, dare un seguito a Let’s Bottle Bo- C. S. Lewis, MB Devot. La musi- hemia, controverso sophomore di ca può essere ad un primo ascolto quei Thrills che fino a cinque anni spigolosa nella sua frammentarie- fa sembravano destinati a dominare tà e varietà di stili: lounge, musi- le charts pop; invece, gli irlandesi que concrète, techno, ma l’idea è hanno scelto un cammino laterale, proprio quella di ricreare una sor- meno clamoroso, facendo amicizia ta di zapping radiotelevisivo, che con i R.E.M. e band minori – e ge- possa indurre l’ascoltatore ad un melle – come The Tyde. Sbagliato processo di riattivazione della me- però pensare che, nel frattempo, moria. Non si tratta però solo di siano intercorse maturazioni o cre- uno sguardo nostalgico e passivo scite di sorta: Teenager (guarda un della Storia, ma si tratta semmai po’ che titolo) ci restituisce i soliti di un tentativo di ri-scrittura della spetto ai primi due dischi (Novena Thrills, sempre intenti a costruire stessa attraverso la ri-cerca e la ri- On A Nocturne e Blackout), questo un ponte fra le colline della verde scoperta di una Passato alternati- Help Wanted Nights ne rappresen- Irlanda e le spiagge di Malibu. Cer- vo, parallelo.Ecco perché siamo un ta un’ottima conferma. Certo, niente te doti di scrittura pop, così come passo oltre alla Recherche prou- di nuovo sotto il sole: un indie folk la solarità prevalente della musica, stiana. Unico vero limite di queste che si muove sulla stessa strada sono sostanzialmente confermate 25 tracce, dove risuonano riverberi del suo amico Conor “Bright Eyes” (sentite un po’ This Year); i toni di un passato tanto glorioso quanto Oberst. Ma composto da canzoni sono per lo più delicati, e nono- poco conosciuto, sta nel fatto, da tanto semplici quanto delicate da stante l’andamento di alcuni brani non sottovalutare, che l’ascoltatore insinuarsi sottopelle con una facilità faccia emergere certi fremiti rock italiano potrà avere qualche diffi- disarmante. Si va dalle pacate melo- sottopelle, non c’è niente di imme- coltà a riconoscere elementi di una die dell’iniziale On The Picket Fence diato come Big Sur, anzi è a tratti tradizione che non gli appartiene, il a quelle più melodrammatiche di So un lavoro quasi introspettivo. Il loro cui contesto culturale e geografico Let Go, passando dall’allegra bizzar- Fables Of The Reconstruction? è quello della Gran Bretagna anni ria del singolo Heartbroke fino allo No, visto che come nel fortunato So ’60 e ’70. (7.0/10) sfarzoso crescendo finale di Some Much For The City c’è lo zampino Tragedy. Ma è You Don’t Feel Like del veterano Tony Hoffer (Beck, Nicolas Campagnari Home To Me, tutta dolcezza e sospi- Belle And Sebastian, Sondre Ler- ri, a rappresentare al meglio l’ottimo che) e si sente, nella produzione stato di forma di Kasher. Un lavoro lucida e nel mood indubbiamente The Good Life – Help Wanted ispirato e poco pretenzioso che si californiano. Dal canto suo, Conor Nights (Saddle Creek, 11 set- muove in punta di piedi su territori Deasey continua ad impersonare t e m b r e 2 0 0 7 ) morbidamente folk. Messo su con un ibrido nerdy fra il giovane Brian Genere: indie-folk una semplicità che forse persino il Wilson e Rivers Cuomo dei Weezer, Quarto album per il progetto paral- suo caro amico Oberst ultimamente mentre il chitarrista Daniel Ryan fa lelo di Tim Kasher, cantante e chi- invidierebbe. (6.9/10) di tutto per suonare come il suo tarrista dei più conosciuti Cursive. idolo dichiarato Peter Buck, fra Ri- Rispetto a quest’ultimi, i Good Life Andrea Provinciali ckenbacker, mandolini e ukulele di

sentirea scoltare 87 sorta. Tutto al suo posto, quindi; nuare ad apprezzare nonostante che sia questa la ragione per cui non siano il massimo dell’origina- questo disco sta passando pratica- lità. Un onesto gruppo devoto ai mente inosservato? (6.5/10) padri che divulga ai figli il verbo country rock. Con un precipuo Antonio Puglia mood malinconico (si veda Emo Country Rock, per esempio, bal- lad di atmosfera crepuscolare tra To Kill A Petty Bourgeoisie – Young e Dylan) che in quest’ultimo The Patron (Kranky / Wide, 15 album si accentua, a favore della o t t o b r e 2 0 0 7 ) consueta foga. Un episodio che li Genere: post 4AD potrebbe portare verso altre dire- Nell’incastro tra il trip hop più zioni, o semplicemente una pausa atmosferico e sexy (Massive At- di riflessione. (6.5/10) tack, Portishead, Lamb) e cer- tasma di Jehna, fascinosa ma un to dark etereo griffato 4AD (His po’ anonima, ha le stesse qualità Teresa Greco Name Is Alive, This Mortal Coil, cripto-erotiche dell’ugola di Karyn Durutti Colum) nascono le can- Charff e ammanta tutto il suono di zoni dei To Kill A Petty Bourgeoi- un ombra eterea da sirena dream. sisie, ennesimo duo uomo-donna, infatti se non avessero dedicato Mark McGee e Jehna Wilhelm, tanta attenzione al taglio crudo di arrivato su Kranky per il debutto certi beat potevano tranquillamen- sulla lunga distanza. Dediti a un te essere inseriti nella categoria sound elettronico, avvolgente, mi- dream-pop, ma ora come ora, per sterioso e decisamente chic, i due quanto stretti, sono solo dei pa- costruiscono complicate e ipnoti- renti. (7.0/10) che trame elettro eteree. Piccoli labirinti che sembrano cercare co- Antonello Comunale stantemente una forma più defini- ta. The Patron, per esempio, parte su una base di elettronica molto Two Gallants – Self Titled (Sad- pesante ai limiti di certo post-in- dle Creek / Self, 5 ottobre dustrial anni ’90 e procede in un 2007) costante gorgoglio di frequenze. Genere: alt.country rock Ungdomskulen – Cry Baby (Ever In altre occasioni possono essere Solidamente cristallizzatosi tra / Audioglobe, ottobre 2007) più tenui e languidi, creando pic- le coordinate , Neil Genere: rock alternativo, wave Young, Dylan torna - a distanza Più che un disco, sembra una cor- di qualche mese dall’EP acustico sa sulle montagne russe. Cry Baby The Scenery Of Farewell - il duo degli Ungdomskulen ti disorienta Two Gallants con il terzo lavoro con i continui sbalzi ritmici, con la sulla lunga distanza. Questa vol- voce tenorile del cantante, con i riff ta agli ingredienti si aggiunge un di chitarra che spesso lambiscono impatto decisamente più classic il confine che separa la ruffianeria rock, insieme all’usuale alt.count- con la pacchianeria. E, per la veri- ry e questo si avverte sin dall’inci- tà, quando cominci ad apprezzare pit con The Dealer, ballad in forte l’approccio sbruffone e muscolare odore Pearl Jam, e in altri episodi della band non capisci se sia un del lotto, in cui è piuttosto forte la bene o un male, se è da interpre- somiglianza ritmico-vocale con il tare come un campanello d’allar- gruppo di Eddie Vedder. me che ti avverte che la tua salute Stemperatasi leggermente l’ur- mentale vacilla pericolosamente. cole romanze oniriche come Long genza espressiva che li aveva ca- Perché a conti fatti l’album è indie Arms, I Box Twenty, e l’ultimissi- ratterizzati finora, a favore di una rock casinista, tamarro, festaiolo. ma Window Shopping. Certe tro- forma più adulta di country rock A tratti persino sperimentale. Glory vate non possono non ricordare da (ma non di maniera e pur sempre Hole è un tornado che mescola vo- vicino altra gente di Bristol, come più grezza di un Oberst, per dire) calizzi estremi, schitarrate a palla i primissimi Third Eye Founda- restano alcune pregevoli intuizio- e spiazzanti intermezzi strumenta- tion e in special modo gli Amp, di ni melodiche e un’omogeneità di li in quattro quarti che sembrano cui sembrano una versione moder- fondo, insieme alla solita epica fare il verso ai gruppi punk-funk. na e hi-tech. La voce da lolita fan- del racconto, che ce li fa conti- Feels Like Home parte a cento

88 sentirea scoltare all’ora per poi lasciarsi andare ad demo nel 2005, ora disponibile Un girovago dalle orecchie ri- uno sconcertante ritornello che me- in uscita ufficiale in un’edizione cettive, Vinicius è in ciò perfetto scola in un modo quasi sublime i limitata di 750 vinili); se invece esempio per i fecondi incroci del Sonic Youth con i Darkness (l’oro non gli dice nulla, si lasci andare villaggio globale: nato nel profon- col piombo – scegliete voi qual è dall’onomatopea epidermica del do dell’Amazzonia, ha suonato l’oro e quale il piombo, benché non suono, la trasmetta dalla pelle progressive negli O Terço, pre- dovrebbero esserci dubbi, no?). alle orecchie e di nuovo a tutto il stato l’abilità strumentale a Velo- Ungdomskulen rasenta addirittura corpo; sappia insomma che di ru- so, Buarque e Gil, i n f i n e s c r i t t o l’hardcore, quello della costa orien- more vero qui si parla.Un monoli- fior di successi altrui. Da qualche tale degli Stati Uniti, risultando cre- te di rumore. Una distorsione pra- tempo risiede nel crocevia cultu- dibile e serrato. ticamente omnipervasiva, la cui rale di New York, dove gode della Un disco che suona rock, allora. unica controparte sono gli squarci stima dell’intellighenzia più acu- Con quegli stacchi di batteria che creati dalle urla; come fosse una ta, da ad Arto Lin- hanno fatto ultimamente la fortuna ricerca sui timbri del rumore allo dsay e Brian Eno. Tutti a tesser- dei Muse. Con quelle soluzioni rock stato finale, a cui risulti acces- ne le lodi, e ne han ben donde: che sembrano provenire dal rock sorio il lavoro compositivo, tran- senza toccare gli spigoli di Zé o i l mainstream dei primi anni 2000. ne in rari casi (Levothroid parte classicismo velosiano, il suo ac- Con quel senso del ritmo – così dall’archetipo di Heroine e lo svi- costarsi alla musica verdeoro è di denso di groove – che già appar- luppa secondo un muro distorto di quelli che le cartoline le schiva- teneva ai Rapture. Forse stancano puro fastidio; in Banalg ci sem- no. Anzi, le prendono con ambo le un po’ dopo qualche ascolto, ma bra di riconoscere un tentativo mani e le stracciano sorridendo. questi otto pezzi suonano valvola- di velocità). Il problema è allora Succede nella maggior parte di ri e maestosi come Dio comanda. aggrapparsi a una fonte di com- questi quaranta minuti agili e Non fondamentali, certamente cari- prensibilità, che esuli dal classi- guizzanti, toccanti e delicati, al- ni. (6.8/10) co (e fin troppo bonario, a dirla legri e mesti come la migliore tutta) leit-motiv dell’esternazione musica d’autore deve essere a Manfredi Lamartina di un malessere esistenziale. Che prescindere dalla provenienza palle. Ci si potrebbe appellare al geografica. Ben accompagnato titolo, pensare ai gender studies da un parterre di strumentisti ec- e via, ma si appiopperebbe un’in- cezionali nell’integrarsi (tra i più terpretazione forse sovradimen- noti un Brad Meldhau non troppo sionata all’oggetto che ci sta mar- ligio alla tradizione, Bill Frisell, toriando. Piuttosto è interessante il superbo Eric Friedlander a l notare una cosa, e cioè che in violoncello), Cantuaria si dedi- tutto questo marasma incompren- ca a impreziosire di dettagli ogni sibile succede, cosa ben strana, brano, aggiungendo elementi che che si rimane stranamente turbati inscenano piccole rivoluzioni sti- quando il rumore viene interrotto, listiche in brani gradevoli. Galope quando riemerge un filo di umani- scende spigliata da Cuba al con- tà, verso l’ascoltatore, verso un tinente sottostante, per risalire capello di intelligibilità. E ciò av- verso la Grande Mela; l’agrodolce viene tra un brano e un altro, per qualche attimo di silenzio. La sufficienza andrebbe data Vegas Martyrs – Female Mind di default a chi arriva in fondo (Troubleman Unlimited, luglio all’ascolto, per passione o anche 2007) solo per lavoro. Forse che i Ve- Genere: noise gas Martyrs meritano meno, al- I Vegas Martyrs sono la nuova lora? Il punto è che negare ogni creatura a cui partecipa Domi- argomentazione è un’argomenta- nick Furnow (insieme a R i c h a r d zione fortissima, che a me basta. Dunn e Joe Potts) , f i g u r a m i c a ( 6.5/10) da poco del noise estremo new- yorkese (non troppo lontano da Gaspare Caliri un incrocio malato di hardcore e Black Metal), soprattutto noto ai più come Prurient. Se a qualcu- Vinicius Cantuaria - Cymbals Voçe E Eu innesta pianismo jazz no questo nome dice qualcosa, ha (Naive / Self, 21 settembre su una bossanova sospesa e im- capito anche di cosa tratta que- 2007) palpabile; Chuva è m o t o r e r i t m i c o sto Female Mind ( g i à u s c i t o c o m e Genere: pop brasiliano e fiatistico in trascinante progres-

sentirea scoltare 89 so punteggiato da pause solari. di zecca mollate i virtuosismi pro- Perfetto amalgama d’avanguardia gressivi e la confusione stilistica e tradizione che non rinuncia a zappiana, preferendo abbracciare comunicare, Cymbals si volge ef- una briglia sciolta in cinque brani ficace al passato (Vivo Sonhando tra loro così radicalmente diversi è vergata da Jobim e percorsa da che sembra una compilation. archi felpati) e altrettanto fa col Siete danzerini (Friends: inenar- futuro di scenari poco uditi: val- rabile, tra Rednex e Bloodhound gano, a mo’ di splendidi esempi, Gang) e reggae (una King Billy l’infelicità romanticamente aguz- sfiatatissima, e dire che produce za che dona l’anima a Prantos e King Jammy…), camuffati da bale- l’abbraccio tra echi dub e percus- ra latina (Light Me Up) e infine in- sioni da giungla di un’autobiogra- filati nell’abito degli Ottanta (Slow fica O Batuque, a q u a t t r o m a n i Down Boy potrebbe esser tranquil- con Nana Vasconcelos. Una mu- lamente un demo degli Spandau pezzi come Army Of Me di Bjork sica siffatta, capace di indagare Ballet di True). Vorreste far cre- per quanto possibile fedele all’ori- l’attualità senza la minima traccia dere di conoscere il segreto del ginale, Message In A Bottle dei Po- di forzature e distacco emotivo, “nerd pop” arguto e perspicace, lice e soprattutto Toxic di Britney andrebbe inculcata in tanti sedi- Gene e Dean, ma per promuover- Spears, che non perde per strada centi innovatori incapaci a com- vi bisogna essere di bocca buo- la brillantezza della versione ma- porre canzoni. (7.6/10) nissima. Oppure non capire nien- dre. Nota favorevole a parte per te di musica come il sottoscritto. la chiusa veramente emozionante Giancarlo Turra (4.5/10) con la cover del Leonard Cohen migliore ossia quello della sempre Giancarlo Turra eterna Hallelujah. Da rivedere in un contesto più de- gnamente loro per vedere se la Yaron Herman Trio – A Time For bravura tenderà ancora a prevale- Everything (Naive / Self, 12 ot- re sul cuore. (5.0/10) t o b r e 2 0 0 7 ) Genere: jazz Alessandro Grassi Coniugare il verbo jazz coveriz- zando dei pezzi parte dell’imma- ginario pop commerciale non è im- Yellow Capra – Chez Dédé (Pi- presa da poco, ma non è neanche loft / Wide, ottobre 2007) inusitata, dato che è stata abbon- Genere: prog-post dantemente portata avanti negli Del primo disco di questi Yellow anni scorsi ed in maniera eccelsa Capra (self titled), avevamo se- da gruppi come i Bad Plus (di cui gnalato delle tendenze di compo- si ricordano con piacere le cover sizione, che miravano a integrare di Smell Like Teen Spirit dei Nir- gli strumenti meno rock utilizzati Ween – The Friends EP (Schnit- vana e Heart Of Glass dei Blon- di brano in brano. Sembra che con zel / Goodfellas, agosto 2007) die). questo Chez Dédé g l i Y C s i s i a n o Genere: indie pop demenziale Il trio di Yaron Herman non porta lasciati andare a quelle tendenze; Forse sono io che non ci arrivo, avanti solo questo verbo e fago- il che è una buona notizia, va det- che sono privo dei mezzi adatti a cita strada facendo anche pezzi to subito. C’è di meno buono che comprendere. Eppure non mi fanno propri, suite che vivono della bril- questo secondo disco è la con- ridere gli Ween, con i loro sketch lantezza del Miles Davis aureo ferma di una doppia natura, che triti e le battute sagaci degne del del primo periodo, brani pregni ancora un po’ fa fatica a convin- Bagaglino. Però il fatto che, tra di swing e di incastri suadenti di cere, fatta di una certa progres- una ristampa e l’altra, siano anco- basso, batteria e pianoforte. Che sività primi Settanta dell’approc- ra sulle scene qualcosa dovrà pur i Nostri ci sappiano fare è palese cio, da un lato, e dello struggente dire; ci dovranno pur essere anni- ma è il lato emotivo a non giovar- “bellezza” mogwaiana, dall’altro. dati da qualche parte una morale, ne pienamente, dato che si perdo- Certo, meglio loro che la miriade un significato, un motivo che ne no spesso in dialoghi troppo sche- di cloni dei Mogwai. A n z i , q u e s t o giustifichino l’esistenza. matici ed in manierismi da primi disco rivela le loro potenzialità di Sì, perché non è davvero possibile della classe abbastanza noiosi e ergersi sopra il mare magnum po- che basti la musica, cari i miei Mi- con pochissima verve… strockorum, senza che però deci- ckey Melchiondo e Aaron Free- Paradossalmente il gioco vale la dano di ergersi veramente. man, anche se in questo EP nuovo candela solo quando coverizzano Si sente poi un ottimo allena-

90 sentirea scoltare mento nella capacità compositiva Stephen Ramsay (voce/chitarra) – un allenamento che gli derive- e Catherine McCandless (voce/ rà, plausibilmente, dalle colonne tastiera). Il loro è uno space- sonore che sono stati chiamati a pop etereo, speziato di sinuosità scrivere e suonare in questi anni; psych, viscosità Spiritualized e la variazione improvvisa di P o r c o qualche singulto shoegaze. E il ri- Io (che vince la palma d’oro al ti- sultato è comunque molto interes- tolo), per esempio, sembra voglia sante perché uniforme, delicato e accompagnare un colpo di scena preciso nella propria esposizione cinematico, pur con il persistente e mediamente emozionante. tema in tono minore tipico della Swing Your Heartache è l ’ o p e n i n g band di Glasgow a cui non si fa perfetto per aprire le danze, tem- meno di ritornare. Califoggia, poi, pi lenti e una tastiera sparata alla pare una bossa violoncellata suo- luna per una coralità di voci in un nata da dei timidissimi Stratova- crescendo emotivo denso. O u t s i d e rius. The City con il suo basso suaden- Yo Zushi - Notes For Holy Lar- Ma abbiamo detto sopra “primi te gioca agli incastri melodici tipi- ceny (Pointy / Goodfellas, 3 Settanta”, e fermiamo a rifletter- ci dei compagni di scuderia Stars settembre 2007) ci sopra. Pensiamo alla parabola come fa la limpida Searchlight, Genere: folk dei Meat Puppets, che partirono Wailing Wall è d e c i s a m e n t e u n Un rampante atipico, il londine- dal punk hard-core americano (a numero che inframezza le chitar- se Yo Zushi, già apprezzato per re migliori degli Stone Roses più l’album di debutto S o n g s F r o m aerei con la soffice delicatezza A Dazzling Drift’ (Pointy, marzo declamante degli Spiritualized 2006). Occhi a mandorla rivol- e Come And See è u n r o c k e t t i n o ti all’altra sponda dell’Atlantico, in tempi dispari per spacerockers verso quella sciarada di sogni più intransigenti. spersi che un tempo erano Ame- Ma il meglio lo si raggiunge alla rica e oggi sono un luogo mentale fine con The Alchemy B e t w e e n tappezzato di nostalgia e lap ste- Us, la vera summa espressiva el (i Mojave 3 insegnano). Tutto di quanto sa fare questo duo, il buono comunque affinché il giovi- vero connubio che sa di screzia- notto - 26 anni compiuti il 3 set- ture shoegaze e che profuma alla tembre, giorno di uscita di questo lontana delle nuvole e di quel Notes For Holy Larceny - si la- gocciolare sottile che era l’anima sci incantare e decida d’incantare di brani come Sometimes dei M y noialtri in ascolto. Il folk di Zushi Bloody Valentine. possiede una ferrata indolenza, cui aderirono nel suo momen- Insomma un debutto solido, un ciondola con trepida disinvoltura to aurorale) e si rivolsero poi ai disco quadrato che fa di una for- tra emerite folk ballad talora ma- seventies acidi, dimenticandosi mula unica il suo vero punto di culate da un piglio swing-blues in superficie dell’hard-core, ma forza e che trova nella sinergia (che fa outing in Bright Lucifer, conservandone qualcosa, l’atteg- del duo la vera valvola propulsiva sezione fiati compresa). La voce, giamento, la sensibilità, o anche per un narrare stolto e inebriante. a metà strada tra il Cohen giova- solo il fatto di averci passato i ( 6.6/10) ne, il Bright Eyes p i ù p o s a t o e d vent’anni. Gli Yellow Capra po- il Matt Ward dei miraggi fifties, trebbero fare questo, e sarebbe Alessandro Grassi snocciola terse mestizie e rigur- molto più interessante, in quel giti d’allegria, senso di perdita e caso, cogliere dove e come il accorata speranza. Mantenendo post-rock, una volta rimosso, tor- quel tipico “distacco partecipe” nerebbe ad affiorare. (6.4/10) da narrastorie consumato (è o non è il profilo di Dylan q u e l l o c h e Gaspare Caliri spunta nell’illustrazione del bo- oklet?) che permette ad esempio alla lunga The Trees, They Grow Young Galaxy – Self Titled (Arts High di non scadere nel tedio. Se & Crafts / Audioglobe, 13 set- questi sono i frutti, forse le sta- t e m b r e 2 0 0 7 ) gioni del NAM e del prewar non Genere: space-pop sono passate invano. (6.8/ 10) Gli Young Galaxy sono un duo gra- vitante intorno alle personalità di Stefano Solventi

sentirea scoltare 91 Backyard

Like Me, Umi De No Jisatsu), qua- si lounge nei casi migliori (Taiyō è forse la canzone più convincente di tutto il disco), è tutto dire, sia per le pieghe che il gruppo avrebbe potuto prendere (sì, sto tendenziosamente suggerendo: “che avrebbe fatto me- glio a prendere”), sia per un’opinio- ne personale dello scribacchino che in questo momento li sta ascoltando. Come già per il postpostrock mog- waiano (che fra l’altro fa espresso capolino in It’s Too Late), è tempo di severità. (5.0/10) pezzo ci si diverte, già al secondo Asobi Seksu – Self Titled (One Lit- Gaspare Caliri si comincia a dubitare; al terzo ci tle Indian / Goodfellas, 2007) si stanca visto che se ogni tanto si Genere: indiepop/shoegaze Awesome Color – Self Titled (Ec- esce dal tunnel stoogesiano/mc5ia- Tempo di ristampe a passo di gam- static Peace, 2007) no lo si fa per imboccare quello bero per gli Asobi Seksu. Dopo Ci- Genere: retro-noise-rock caro al padrone di casa: Free Man trus, seconda prova dei newyorkesi Ristampa sui generis per Awesome è de facto un vero e proprio outtake un po’ giapponesi, ora la One Little Color, album che l’anno scorso vide dall’epoca Goo/Dirty. Non basta la Indian ne ristampa anche l’esordio il debutto dell’omonima band ameri- dilatazione psichedelica della con- self titled, che uscì inizialmente cana e che da noi non era circola- clusiva Animal a risollevare il tutto. nel 2002 (ma per pochi fortunati) to affatto. Il trio scoperto dal talent Awesome Color è un album non e poi già fu ripubblicato nel 2004 scout più rumoroso del pianeta ap- brutto, ma sostanzialmente inutile. da Friendly Fire. Senza cattiveria, partiene al versante più accessibile (5.5/10) uno a volte si chiede il perché delle della Ecstatic Peace e si pone sul- Stefano Pifferi cose. Procedendo anche noi all’in- la scia del suono grunge-oriented dietro, riprendendo Citrus prima dell’altro gruppo del roster, i Black Brainbombs – Singles Collection di questo disco, scopriamo l’origine Helicopter, di cui abbiamo parlato Vol. 2 (Load Records / Goodfellas, della vena shoegaze della band, e qualche tempo fa. Anch’essi come i ottobre 2007) onestamente non è una festa. Cer- label-mates sono micidiali dal vivo, Genere: garage/trash rock to, uno può dire che anche i My Blo- anche essi su coordinate noisy e Per tutti gli amanti delle chitarre ody Valentine non hanno fatto solo rétro, ma con qualche peculiarità sature e del garage più rumoroso: cose brillanti prima dei due diaman- in più rispetto ai compari. Già a ve- attenzione, i Brainbombs sono tor- ti che uscirono in long playing. Ma derli, infatti, si dovrebbe capire il nati. La Load fa uscire in occasione loro erano in medias res, decideva- pesante accento posto sul versante dei vent’anni di carriera del combo no (anzi: hanno deciso) dello shoe- psichedelico: nastri, lustrini, lunghi svedese questa compilation che gaze; e comunque il paragone, mi capelli tenuti su da fasce multicolo- racchiude vari 7 pollici usciti per si perdoni, non reggerebbe neanche re; insomma gli hippy del terzo mil- Wabana, Tumult, Ken Rock, Anthem coi vari This Is Your My Bloody Va- lennio in salsa noise-rock. e Big Brothel, più una manciata di lentine o Sunny Sundae Smile. L’incipit di Grown non lascia dubbi pezzi live. È sufficiente scorrere i ti- Insomma l’origine di quella vena è in proposito: batteria piena, chitar- toli della raccolta, Stinking Memory, poco incisiva, e il fatto è che alla ra e basso che seguono sempre lo The Grinder, I Need Speed, per ca- fine i risultati migliori sembrano stesso giro ipnotico e una voce che pire come i Brainbombs ricalchino in emergere dai brani che, sì, sono sembra quella di Iggy Pop prima che pieno tutti gli stereotipi del rock and potenzialmente shoegaze, ma in de- si friggesse il cervello e diventasse roll più anti politically-correct. finitiva indie pop pseudonipponico la pantomima vivente di se stesso. Musicalmente non ci discostiamo (l’iniziale I’m Happy But You Don’t Il problema però è che se al primo molto da un mid-tempo garage con

92 sentirea scoltare sane chitarre distorte e voce tra il armonico a ricordare ciò che queste quelle canzoni che sono diventate, lamentoso e l’indolente, basta poi melodie avevano rappresentato in dopo gli anni ’40, il pane per tutti aggiungere qua e là il suono di un passato per i jazzisti dal be-bop in i jazzisti. Ma che per lui sono sol- sax anarchico e si avrà un quadro poi, tanto che veniva da chiedersi tanto un pretesto, semplici titoli per più o meno completo del disco. il perché di quei riferimenti, impe- dare, una volta ancora, l’ultima, un Difficile capire se sia un prodotto netrabili ad un ascolto superficiale. nome alla sua splendida anarchia destinato anche alla nuova Load- In fin dei conti, la libertà assoluta sonora. (8.0/10) Generation, che forse è già in tre- che si era concesso Bailey in tutto Daniele Follero pidazione aspettando il prossimo il corso della sua vita da musicista, disco dei Lightning Bolt, decisa- era ancora lì a gridare ancora più Glenn Branca – Symphony Nos. mente avanti anni luce rispetto alla forte al mondo il senso vero, quello 8-10 - Live At The Kitchen DVD musica ivi contenuta. (5.0/10) più recondito, dell’improvvisazione: (2004 - Atavistic / Goodfellas, set- Nicolas Campagnari l’espressività senza limiti. tembre 2007) Sarà per il successo che quell’al- Genere: no wave/contemporanea Derek Bailey – Standards (Tzadik, bum è riuscito ad ottenere, sarà Un conto è pensare Glenn Branca 2007) perché quel Natale di due anni fa, ai tempi della no-wave, un intellet- Genere: standard revisited quando Derek Bailey ha deciso di tuale prestato alla violenza e al ni- Negli ultimi anni della sua vita la lasciarci per sempre, è ancora mol- chilismo, un compositore che si in- Tzadik di John Zorn ha rappresenta- to vicino e la voglia di ascoltare la serisce in un colpo di mazzo (cioè to un punto di riferimento importan- sua musica ancora forte come quel- con un paio di lesson e quel primo te per l’ultimo periodo compositivo la di baciare una donna che ti ha monolite che è The Ascension) con del chitarrista inglese. Un periodo in appena lasciato; sta di fatto che la una scarpa nella contemporanea e cui il suo stile, mai sceso a compro- Tzadik, senza timore di essere ac- nell’altra nella storia del rock. Uno messi, ha cominciato a concedere cusata di speculare sulla sua morte, a cui viene l’idea di un esercito di qualcosa alla tradizione, in parti- ha deciso di pubblicare un album chitarre la cui scordatura è un’arma colare a quella jazzistica. Ballads gemello di Ballads, una raccolta di da controllare e usare, non un difet- (Tzadik, 2002) rappresentò il mani- materiale inedito che fa riferimento to da minimizzare. festo di questo sguardo all’indietro alle session precedenti di due mesi Un conto è ritrovarselo a teatro, con verso i classici: per la prima volta, la pubblicazione di quel disco. Ce la serietà che si confà al luogo e Bailey si confrontava con gli stan- n’era davvero bisogno? Probabil- che comunque merita la musica di dard, abbandonando il radicalismo mente sì, visto che si tratta di ma- Branca; e questa seconda possibili- dell’improvvisazione libera. Aper- teriale assolutamente inedito e che tà è leggermente straniante. In defi- ture melodiche, accordi dal sapore quindi, considerata l’unicità di ogni nitiva, comunica una punta di noia. inconfondibilmente jazz, si intrufo- performance del chitarrista, riesce a Sono gli occhi che si annoiano, per- lavano nei meandri di una tecnica dire qualcosa in più su un musicista ché a chiuderli – durante l’ascolto chitarristica divenuta inconfondibi- mai completamente compreso. – le scordature colossali di Glenn le, dando vita all’ennesimo capola- L’approccio è lo stesso di Ballads: ipnotizzano lo spirito, lo tengono voro del musicista di Sheffield, che il tocco raffinato, una tecnica quasi in costante stato di ammonimento; sarebbe presto divenuto il disco più convenzionale e un flebile richia- certo diciamo che le due sinfonie venduto della sua carriera. Classici mo ad armonie costruite sulla so- contenute in questo DVD, cioè Sym- inossidabili della canzone afroame- vrapposizione di intervalli di terza, phony Nos. 8-10 – Live At Kitchen ricana come Body & Soul, Stella By fanno da collante ad uno stile che (registrato al Kitchen, appunto, di Starlight, Georgia On My Mind, ve- abbandona, ma non del tutto, il ra- New York nel 1995), soprattutto la nivano qui presi e trasformati dalla dicalismo degli anni precedenti. ottava, sono un po’ sottotono rispet- testa ai piedi, resi assolutamente ir- Ma, attenzione. È sempre di Derek to ad altre (giustamente) più blaso- riconoscibili. Non un tema né un giro Bailey che si sta parlando, per cui nate – sempre da un ristretto nume- non aspettatevi di ascoltare nulla che possa ricordare il passato o un tentativo di nascondersi dietro la sicurezza dei classici. La chitarra rimane uno strumento polifunziona- le, che nelle sue mani, attraverso lo sfregamento delle corde, la percus- sione, lo scuotimento e l’evasione da qualsiasi successione melodica consonante, diventa strumento di liberazione da tutto ciò che è stan- dardizzato. Un paradosso, rispetto ad un titolo e ad un progetto che si richiamano proprio agli standard,

sentirea scoltare 93 ro di blasonatori, certo; anche se la fornire una panoramica trasversa- mistura tra potenza e raffinatezza è le di approcci alla materia. Ci sono indiscutibile. weird folk, dark folk, traditional folk, Per concludere, giudicando solo apocalyptic folk, psych folk e così l’operazione audiovideo, non riesco via a illustrare tutte le sfaccetta- a non pensare che quell’esercito di ture di un sound che nel corso del chitarre prende la forma (non me ne tempo si è fatto multiforme, ma non vogliano) di musicisti un po’ inges- ha mai perso quelle qualità mitiche sati; e allora qui si propone un ti- che lo legano alla notte dei tempi. mido (6.5/10). Che passa a (7.0/10) John Barleycorn è del resto basata man mano che si riascolta (ma non sulla trasformazione del grano, sul vede) la seconda parte della Sym- ciclo delle stagioni e dei raccolti. phony No. 10, mentre ci si sussurra Musica che ci parla delle nostre ra- The Horror. dici e della terra su cui poggiamo Gaspare Caliri la nostra presenza. La raccolta offre Che è tra gli inventori di quel dub anche l’opportunità di dare spazio a oramai infiltratosi come un benefico piccoli artisti legati a website spe- virus dentro a rock, dance e deriva- cializzati come The Unbroken Circle ti. Chiuso nel suo studio Black Ark, e Terrascope. Figure ancora poco Perry si è creato rudi strumenti ca- conosciute come The Horses of the paci di fornire un’immagine visiona- Gods, Damh the Bard, The Triple ria - perciò psichedelica nel senso Tree, Alphane Moon, English Her- più autentico - del reggae, ottenuta etic, The Straw Bear Band, The per sottrazione invece che aggiun- Purple Minds of Lazeron. Accanto gendo elementi. Rivoluzione epoca- a questi ci sono poi sigle più cono- le della quale è (stato) tra i protago- sciute come The Owl Service, che nisti assoluti. offrono per l’occasione una rilettu- Strettamente parlando, non si trat- ra filologia di North Country Maid; i ta di materiale completamente dub, Sol Invictus densi e marziali come ma neppure roots o reggae classico, al solito; una Sharron Kraus delle e va bene così, perché i tre dischi migliori con Horn Dance; e anco- (i primi due in particolare) siedono AA. VV. – John Barleycorn Reborn ra i Pumajaw, Peter Ulrich, Sand sul crinale e ne osservano ambo i (Cold Spring / Woven Wheat Whis- Snowman (probabilmente l’episodio lati, confondendosi la vista e me- pers, settembre 2007) migliore del lotto), Clive Powell, scolando tutto. Lee è al suo meglio Genere: dark britannia Xenis Emputae Travelling Band nel trafficare con dilatazioni, inserti È certamente una stagione fertile e dulcis in fundo Martyn Bates. La di fiati, piste duplicate e accatastate per il doom folk. A confermarlo ar- compilation si suddivide in due di- una sull’altra, rumori sparsi ovunque riva una poderosa compilation as- schi, il primo intitolato “Birth” e il come punti interrogativi (muggiti e semblata da Marc Coyle del Woven secondo “Death”, ma per gli avven- ronzii, pianti di bimbi e cigolii…). Wheat Whispers e distribuita da tori del sito Woven Wheat Whispers Stranezze che non diventano mai Cold Spring. Un lavoro minuzioso c’è anche un terzo disco, disponibile gratuite, innestate sul corpo di una che cerca di fare il punto sulla com- solo in download e intitolato, manco scrittura di alto lignaggio in dischi ponente britannica del dark folk. Nel a dirlo, “Reborn”, giusto per non far che appartengono a una dimensione momento in cui la colonna sonora di morire la tradizione e dirne quattro unica, allucinata e vaneggiatrice di The Wicker Man diventa sempre più ai Traffic. (7.3/10) un futuro che sarà. Del quale Clash di culto e le nuove leve della weird Antonello Comunale e Primal Scream - così, giusto per generation prendono a piene mani buttar lì un paio di nomi - faranno dal suono della tradizione, John Lee Perry and The Upsetters – tesoro per riscrivere le regole. Cosa Barleycorn diventa una chiave di Apeology: Super Ape/Return Of che accade già qui, casomai non lettura privilegiata per indagare tra The Super Ape/Roast Fish And l’abbiate ancora chiaro a sufficien- le pieghe del suono folk anglosas- Cornbread (1976/1978 - Trojan / za. Imperdibile, Super Ape viene sone. Traditional tra i più celebri del Goodfellas, 25 giugno 2007) oggi ristampato assieme al “sequel” repertorio britannico, riletto e rifatto Genere: reggae dub di poco inferiore Return Of The Su- migliaia di volte, John Barleycorn Il Lee Perry che arriva a proporre a per Ape e a un album da tempo ir- offre l’opportunità a Marc Coyle di Chris Blackwell Super Ape è un Ge- reperibile ancorché pregiato come disegnare un affresco in due (anzi nio affermato, che ha apposto il suo Roast Fish And Cornbread. tre) dischi sullo stato dell’arte di inconfondibile marchio produttivo Il rifiuto da parte della Island di pub- quella che fin dal sottotitolo, non ha sui maggiori capolavori della battu- blicarlo (una pazzia seconda solo al paura a chiamare, Dark Britannia. Il ta in levare e ha tenuto a battesimo no opposto ai Congos di Heart Of pregio di questa raccolta è quello di i primi sottovalutati passi di Marley. The Congo: indovinate chi lo pro-

94 sentirea scoltare dusse…) sarà l’ennesimo inciampo 35 mm di Chasing A Bee, presente – in un rapporto da sempre difficile insieme al video della splendida Car (con chiunque: uomo difficile, Mr. Wash Hair – nel DVD della riedizio- Perry) e una delle gocce che ren- ne in cofanetto di Yerself Is Steam deranno l’eccentricità una pazzia dei Mercury Rev, ristampata dalla traboccante. Preda di una folle ira, Mint. I commenti su questo disco “Scratch” darà fuoco al Black Ark e potrebbero essere solo parabolici; a sparirà, recuperando il senno con quelli abbiamo preferito il racconto Adrian Sherwood (altro grande che di un’Arcadia, che comprende anche gli deve tutto o quasi) e il Dub Syn- Lego My Ego (peraltro già uscito in dicate all’altezza dell’ennesimo ca- abbinamento a YIS nel 1992 per la polavoro Time Boom For De Devil Beggars Banquet), altra raccolta di Dead. Fate il conto e capirete che pietre mercuriali preziose. si tratta di una ristampa essenziale, Se in quel fiume tutto passa, allora anche se di reggae avete in casa sì passa la psichedelia, passa lo sho- LP a tiratura limitata licenziati dalla e no dieci dischi. (8.5/10) egaze, passa un senso di terreno ul- Aquarius Records, è un estenuante Giancarlo Turra traterreno e insieme amatoriale (si e avventuroso tour de force - lungo ascolti la versione da camera auto- più di due ore – fra territori musi- Mercury Rev – Yerself Is Steam/ mobilistica di Chasing A Bee, che in cali (più o meno esplorati) di ieri e Lego My Ego CD + DVD (Mint / Lego My Ego recita “Chasing A Girl di oggi, avanguardia e tradizione, Goodfellas, 21 maggio 2007) / Inside A Car”, con il belare della influenze lampanti o velate, citazio- Genere: psych chitarra); si dà insomma conferma ni dotte e temerari esperimenti che In un fiume sonnecchiante possono di una cosa che già noi di SA ave- diresti di spregiudicato e curioso accadere molte più cose di quel- vamo segnalato: la natura ectopla- apprendista. lo che ci si potrebbe aspettare. Ci smatica delle canzoni dei MR, che Disorientato da interminabili caval- sono acque lisergiche ma inquietan- mantengono cristallina personalità cate tribali sostenute da drumming ti, docili e scherzose ma spavente- attraverso ogni alternate take. E à la Can (Sun Place, All Things voli e imprevedibili; calmissime e dunque ha senso ascoltare un alter- Vibrations, Everybody Fuck With dolci ma capaci di diventare frago- nate take (o un live, di cui Lego è Somebody), da folate ambient- rose. Ci sono mulinelli imprevedibi- pieno) dei Mercury Rev. Allo stesso noise esalate come ultimo respiro li, note che non sanno se guardarsi modo, la coppia di video in 35 mm di elettronica non troppo invadente le scarpe o rivolgersi paganamente presenti nel DVD sono una forma (Cosmic Noise), da interludi psiche- al mondo e agli astri. Un satiro, se- di conoscenza ulteriore del gruppo, delici (You Do This. I Do That, Dre- duto su un sasso che affiora dall’ac- più che una chicca da nerd. amtigers) e divagazioni cosmiche qua, suona il flauto, dopo aver inse- Certo, due soli video sono pochi, abbondantemente disseminate, da guito con cupidigia un infante. Lì di per giustificare il valore aggiunto episodi che ammiccano pericolo- presso, bela una pecora, si lamenta di una ristampa. Ne vale la pena? samente alle avventure sonore più sorniona. Se qualcuno non avesse il CD, e se audaci degli ultimi tempi (i field re- In questo paesaggio ci sono tanti, avesse intenzione di comprarlo, di- cordings di Sleep Map, i drones di tutti i colori, tra cui anche quello che rei di sì. Poi, certo, il voto dovreb- Somebody Fucks With Everybody, li racchiude tutti, cioè il nero (“I see be essere ponderato all’operazione, l’attitudine improv di Tied ToTree blue, I see black”, recita Blue And ma non ce la faccio a pensarlo meno In A Jungle Of Mistery ), il frequen- Black). Come tutti i colori ci sono di (9.0/10). tatore di dischi come From Bone del video(-documentario? Non è Gaspare Caliri To Satellite (Temporary Residen- così lontana la testimonianza ripre- ce, 1999) o The Order Of Things sa del primo acido di Syd Barrett) in Tarentel – Ghetto Beats On The (Neurot, 2001) faticherà non poco Surface Of The Sun (Temporary a ritrovare nei solchi di questi due Residence / Goodfellas, agosto dischi i propri Tarentel. 2007) È agli intrepidi sperimentatori della Genere: kraut-psych rock Germania del kraut rock che i quat- A partire almeno da We Move Throu- tro volgono oggi lo sguardo, a This gh Weather (Temporary Residence, Heat o 23 Skidoo più che alla pa- 2004) i Tarentel si sono gradual- cificata ambient di un Brian Eno o mente emancipati dai manierismi alle dilatazioni spacey di certi Pink post degli esordi per accasarsi nei Floyd. Fornendo indiscutibile prova pressi – più perigliosi – di un rock di coraggio, sebbene a costo di lun- strumentale di chiara impostazione gaggini e leziosità che dicono di un krauta. Ghetto Beats On The Sur- gruppo ancora alla ricerca di una face Of The Sun, poderoso doppio nuova, definita identità. (7.0/10) CD che racchiude la serie di quattro Vincenzo Santarcangelo

sentirea scoltare 95 Dal vivo Independent Days 2007

Independent Days Festival C’è da aspettare quei ruffiani dei pure con quella pancetta post-ripu- 2007: Maximo Park, Tool, Nine Maximo Park per divertirci un po’ listi alcolico. Inch Nails - Bologna (2 settem- (ma poco), proprio come il rinfran- Bam. Il Signor NIN spinge sulla bre 2007) cante episodio Franz Ferdinand av- pura memorabilia cyber-noise-rock È la storia di un’opinione negati- venuto qualche anno fa in circostan- sfoderando l’intero repertorio di va che nasce, che si rafforza, che ze molto simili (prima della gioventù cavalli da battaglia. Aggredisce il diventa nervosismo, per quanto è sonica); eppure i sorrisi compiaciuti microfono, se la prende con una corroborata, ma che poi si spegne e le teste che tengono il tempo con- chitarra che gli si frantuma tra le all’improvviso. L’Independent Days tinuano a latitare, mentre attorno mani, tiene il palco come un vero Festival, consueta giornata di con- alle mura delimitate dell’area deci- leader e la voce bella, potente, ca- certi all’aperto dell’inizio settembre ne di ragazzi, per saltare la fila del rismatica è proprio quella dei film bolognese, è un po’ così. Ha spesso bagno, sono lì a dieci metri l’uno audio della sua discografia. La un cartellone che perplime, mette il dall’altro pronti per l’esecuzione. band? Non è da meno: spavaldis- dubbio, e poi si finisce per andarci, Disatteso l’hype inglesoide, abbia- sima, sfascia strumenti, li lancia in attratti da qualcosa. Quest’anno quel mo la conferma che il 60% dei ra- aria, digita tasti sui computer; ma qualcosa sono i Nine Inch Nails – gazzi sono qui per i Tool, famosi se ci si aspetta semplicemente uno non se la prendano i fan dei Tool. per i loro show video-sonici e per la spettacolo da professionisti c’è il E anche per questa edizione arrivare tosta massa sonora che riescono a colpo da maestro; un flash brucia agli headliner non è stato facile. Una far vibrare. Lo spettacolo, un teatro retine che a metà show cala sul coda improponibile per prendersi cyber-dark per drumming tostissi- palco sottoforma di 16/9 in pesan- una birra; un volume altalenante per mo, è irrimediabilmente rétro, come te griglia metallica. A quel punto, tutto il pomeriggio prima dei tre nomi di chi è stato troppo puntuale a suo pure chi non è riuscito a prendersi di punta; non si può uscire da Parco tempo e a quel tempo resta anco- una birra in sei ore non si preoc- Nord una volta entrati; fuori c’è una rato. I fedelissimi cantino a memo- cuperà della sete. È uno schermo fiera campionaria, anzi no, la Festa ria tutte le canzoni della band, ma gigante senza retroilluminazioni. dell’Unità/umidità. è meglio che Trent faccia qualcosa, Un plasma da 1000 pollici. La band

96 sentirea scoltare ridotta a trio si piazza davanti ad Dalla Main Street al Main Stage: sonorità più mainstream che carat- esso in un set minimal di macchine una serata ad Italia Wave (Sesto terizzano quasi tutta la loro produ- (che tanto deve ai Kraftwerk, nel- Fiorentino, 19 luglio 2007) zione post-’72). Il pubblico c’è e la disposizione, ma con un surplus Cominciamo sul lirico? Massì, vai. segue, sebbene una gran parte sia di contemporaneità). Si apre un Allora: all’ora in cui i Tinariwen in giro a guardare il festival, o in inside show di potentissimo noise salgono sul palco, il colore del fila per Mika o a farsi dare da man- elettronico fatto di grafiche aliens, cielo è lo stesso che decora le giare altrove, visto che i prezzi dei zapping velocissimo d’esplosioni e loro tuniche. E’ giovedì sera, due stand vicino al Global Stage assenza di segnale tv. È l’apoteosi, siamo davanti al Global Stage, non sono certo da Terzo Mondo. e proprio su quest’ultima sequenza il secondo palco per importanza La scaletta del Festival -che giu- Reznor si piazzerà dietro allo scre- del festival Italia Wave, al suo stamente non vuole sovrapporre i en bucandolo come un Poltergeist. primo anno lontano dalla sede concerti- purtroppo non ci concede La chicca nell’apoteosi. storica di Arezzo.Ma le linee più di un’oretta di afroblues magico Detto tutto questo, suonato prati- guida del festival sono rimaste ed ipnotico; così ci accomodiamo camente tutto Downward Spiral, le stesse, ovvero presentare la alla tavola calda che al costo di Dead Souls, la cover dei Joy Divi- musica più interessante e curiosa due global-birre ci imbandisce una sion, e Hurt, che importa del triste in circolazione, magari ricorrendo cena di tutto rispetto, in una posta- siparietto a proposito del downlo- alla presenza di qualche grosso zione da cui possiamo ammirare, ad quando Trent, tramite la voce nome anche del mainstream (tra pur da lontano sui maxischermi, il del tastierista Alessandro Cortini, virgolette, ovvio) come volano per suddetto Mika che invece ci imban- ci dice che a lui importa più che l’intera manifestazione. E questa disce i risultati del suo frugare tra si ascolti la sua musica, piuttosto è proprio una di quelle serate e rielaborare quella parte di storia che la si compri. Certo, proprio lui giocate su un tale equilibrio, con del pop che si muove tra acuti, fal- che ha pubblicato l’ultimo album che successo vedremo. setti e un grammo di classe. Tutto con un materiale termosensibile Si comincia, per quanto riguarda pulito, tutto preciso, anche qualche (lo metti nel lettore e ci leggi cose le proposte pregiate, con i suddetti passaggio più accorato, ma certo il che a freddo sono invisibili). Lo “uomini blu”, sull’onda dell’entu- confronto col concerto precedente stesso personaggio che ha mes- siasmo suscitato anche in orecchie più che paragoni suscita stupore, so online tutto l’album giusto pri- importanti (Robert Plant, per dir- visto che ci troviamo davanti a un ma della pubblicazione ufficiale. ne uno) dalla loro proposta, che pur bravo e preparato interpre- Contraddizioni? Forse. I Nine Inch ribadisce quanto affermato nei do- te della musica più occidentale e Nails sono un tramite tra la sempli- cumentari di Scorsese sull’origine meno contaminata possibile. cità argomentativa dell’adolescen- africana del blues. Qua e là infat- Finita la cena finisce anche Mika, e za e ciò che di quella resta qual- ti, mentre nel giro di tre canzoni il così torniamo al Global Stage, dove che anno dopo. Quelle esplosioni gruppo finisce di salire sul palco, stanno per suonare gli Avion Tra- hollywoodiane viste in TV che poi tra i ritmi ipnotici del loro natio vel, purtroppo - accidenti del (e al) ti scoppiano in faccia. Realmente. Mali, fanno capolini echi Cooder- festival- in contemporanea con gli Year Zero. La fine del mondo. Su- iani e fraseggi che ricordavamo di Yo-Yo Mundi che musicano Scio- bito! aver ascoltato sulla Main Street pero! del maestro Ejzenstejn: non Gaspare Caliri e degli Stones (prima che rientrasse- che il pubblico dei due gruppi sia Edoardo Bridda ro dall’esilio per accomodarsi sulle esattamente lo stesso, per quanto Tinariwen ad Italia Wave

sentirea scoltare 97 entrambi si muovano a grandi linee le canzoni con una voce da ultrà Badly Drawn Boy, Beth Orton, i sul crinale tra rock e folk, ma cer- ubriaco ce le canta anche (non gli RESIDENTS (!!!) tutti insieme? Dal to l’accoppiamento suscita qualche hanno spiegato che il festival da vivo? In un concerto dedicato al rammarico. Tornando ai casertani, quest’anno non si tiene più in uno Sgt. Pepper’s? a RHO!??! É tutto la loro oretta è dedicata principal- stadio?), e un gruppo i cui riff, giri, vero, caspita. A fine serata li vedi mente all’ultimo Danson Metropoli stacchi e passaggi si collocano lì, in fila sul palco, che intonano (l’omonimo brano apre il concerto) sullo stesso grado di raffinatezza sorridenti All You Need Is Love e, misteriosamente, a quasi dieci (ci fosse stato un gallagherometro mentre la London Sinfonietta scio- minuti di assolo del vibrafonista a misurare la banalità musicale sa- rina uno ad uno i motivi orchestrali (bello, ma su un’ora...), che è uno rebbe saltato per aria). Un rock che del brano, ripresa finale di She Lo- dei musicisti che supportano i no- sarebbe stato vecchio già nell’81, ves You compresa. Irreale. Impos- stri, come detto ormai in quattro (e a parte forse qualche dettaglio so- sibile. Bellissimo, a suo modo. in forma smagliante). noro peraltro non pervenuto: forse La notizia era talmente inverosi- La quale formazione a quattro, perché eravamo lontani, ma meno mile - e, ahimé, mal pubblicizzata supporti o meno, lascia molto più di quanto questo gruppo lo sia dal- - da passare per la proverbiale bu- spazio a Mesolella. Il quale però, la verve di uno qualsiasi dei mille fala, ma non parleremo delle gran- curiosamente, non ne approfitta gruppi altrettanto classici ma dotati di pecche organizzativo-logistiche tanto sulle canzoni dell’ultimo disco di una penna capace di rivitalizza- del caso; anzi sì, giusto per dire (registrato con questo organico) re la tradizione. che il costo popolarissimo di 5 quanto su due vecchi classici come Avevo cominciato sul lirico, ma euro, di per sé stupefacente, ha Sogno biondo e soprattutto Aria di tocca finire sul polemico. Lascian- piuttosto fatto sì che buona parte te: più della consueta, affascinante do perdere le ovvie domande sul degli avventori fosse del tutto ca- teatralità di Servillo, infatti, stavol- perché del loro successo e le al- suale e poco interessata a quanto ta a caratterizzare il loro act è la trettanto ovvie risposte, infatti, du- stesse accadendo, dalla classi- prova stellare del chitarrista, che rante la lunga mezz’ora di strada ca signora annoiata (con tanto di ci porta in mondi lontani tirando per il parcheggio (sempre ahimé seggiola portata da casa) al marito fuori da una chitarra classica con seguiti dalla musica dei KC) non di lei, incazzato con l’organizza- pochi effetti più o meno tutto quan- si può fare a meno di chiedersi: a zione perché “non ci sono i posti to è possibile tirarci fuori, come un questo gruppo farebbe meglio una a sedere”. Peccato, ché l’evento guitar-hero d’altri tempi ma senza settimana chiusi in una stanza con è di quelli irripetibili - in senso sguappare come spesso fanno i Fear of Music e Sandinista! a ripe- proprio: è una rappresentazione suoi colleghi di categoria (ci sarà tizione o, più semplicemente, ba- unica - e avrebbe meritato la do- un motivo per cui da venti anni ab- sterebbe consigliargli, la prossima vuta attenzione e rispetto per gli bondanti è confinata al metal...): e volta che gli Avion Travel o qualsia- artisti coinvolti. Vi risparmiamo la sì che sarebbe anche campàno... si altro gruppo davvero degli anni retorica esterofila (che pure non Ma a portarci lontano è anche il 2000 (già Mika sarebbe un passo guasterebbe), così come vi rispar- piacevole disorientamento davanti avanti) suona nei loro dintorni, di miamo il solito pippone sul valore all’impossibilità, a un certo punto, andarli ad ascoltare con un minimo della sostanza del concerto in sé, di capire che genere stiano suonan- di attenzione? Ma soprattutto: chi è ovvero un tributo a quel colorato e do i quattro (più annessi) e come si stato quel sadico che, inserendoli lisergico dischettino inglese su cui può chiamare questa sintesi, anche in questa giornata, li ha sottoposti gravano già 40 primavere (no, non qui magica, di stili e geografie. C’è a questo confronto impietoso? The Piper At The Gates Of Dawn; poco da fare: nell’arte come in bio- Se alla fine, infatti, l’equilibrio tra quell’altro), e ai quattro musicisti logia, la mescolanza e il meticciato ricerca e pubblico di cui diceva- che lo hanno partorito. Non é tanto significano forza (come evidente- mo all’inizio si è numericamente il cosa viene tributato; é il come, e mente sapeva anche Presley, che tradotto in un successo degli “oc- soprattutto il chi. dalla mescolanza di country folk e cidentali”, il bilancio artistico in- Da un lato una delle più acclamate blues diede vita al R’n’r). vece riflette al contrario quello del orchestre di contemporanea, le cui Poi anche loro se ne vanno, e men- pubblico. Forse, è equilibrio anche incursioni in ambito pop-rock non tre facciamo un giro per le banca- questo. sono mai scontate o banali (la re- relle prima di andar via (il viaggio Giulio Pasquali cente rilettura del catalogo Warp, di ritorno lo impone), sul Main Sta- la collaborazione con i Radiohead ge iniziano gli attesi, chissà per- London Sinfonietta + Guests – nel 2005); dall’altro – come s’è vi- ché, Kaiser Chiefs. Dalle banca- Remembering The Beatles: Sgt. sto - un cast stellare ma non pro- relle si sentono benissimo, ma non Pepper’s And More (Fieramilano - priamente “all star”, di estrazione è certo un bene: quello che esce Rho, 21 settembre 2007) piuttosto obliqua e cult-oriented. dal Main-stream-stage infatti è il Che è, uno scherzo? Jarvis Cock- Fanno da ponte i Baby Lemonade, rock più banalmente occidentale er, Peter Murphy, Russell Mael quintetto di valenti (-issimi) musi- sentito da anni a questa parte, con degli Sparks, Robyn Hitchcock, cisti americani visti alla corte del un cantante che oltre a introdurre Alex Chilton, Marianne Faithfull, compianto Arthur Lee, cui tocca

98 sentirea scoltare riprodurre con massima fedeltà le Sacre partiture. Niente spericola- te riletture o azzardate sperimen- tazioni insomma, anche se certi nomi avrebbero fatto sperare il contrario: è una pura celebrazione in cui tutto il disco viene rivissuto in diretta sul palco, dall’accorda- tura dell’orchestra all’inizio della title track all’accordo tonante che chiude A Day In The Life (c’é per- fino un allestimento floreale che London Sinfonietta + Guests ricrea la scritta Beatles, come in copertina); in sostanza, pur con gli arrangiamenti di Matthew Scott e la conduzione di Jurjen Hempel, la musica è quella (la Sinfonietta esce dai ranghi giusto quando ri- empie certi vuoti o sottolinea alcu- ni passaggi, ma basta così). E allora parliamo dei protagonisti, sia che impersoni il dandy divertito ‘70 improbabili strumenti con cui a cominciando dai meno probabili, simil-Ferry in When I’m Sixty Four, volte scherza e a volte li usa sul ovvero un Badly Drawn Boy un po’ sia che attacchi una vigorosa It’s serio, si lascia portare dagli effetti troppo sottotono - in ogni senso - e All Too Much nei bis; riprendersi delle tastiere che un paio di volte una spaesata, emozionata e titu- dallo shock di vedere le teste d’oc- vanno per conto loro e ci accenna bante Beth Orton. Fa piacere tro- chio su un palco mentre inscena- su qualche vecchio classico (anni vare tutta baci e sorrisi la Signora no una pantomima della fanfara ‘80, ovviamente), dice che in re- della serata, Marianne Faithfull, circense di Mr. Kite, declamazioni altà lui e il gruppo preferiscono le specie dopo la brutta avventura da fiera e atmosfera da vaudevil- chiacchiere e gli intermezzi tra le passata di recente (un male oscu- le inclusi, non è per niente facile canzoni alle canzoni stesse - forse ro da cui si è pienamente ripresa); (rarità estrema dell’evento a parte, perché è la seconda data del tour peccato che la suggestività delle l’esecuzione più efficace); se già e, confessa testuale, stanno “suo- sue interpretazioni - specie A Day in cuor nostro sapevamo che nes- nando con le chiappe strette”. in The Life - non sempre è all’al- suno meglio di Hitch avrebbe potu- Ma è un gioco: sebbene qualche tezza della resa. Lo stesso vale to addentrarsi nei brani del Pepper imperfezione qua e là si senta, il per un deludente Peter Murphy, (impresa che ha compiuto di suo composito gruppo de Le sagome troppo teatrale e poco concentra- qualche mese fa), figurarsi quando ormai sa come seguire i percorsi to sul pezzo, tanto da commette- si è messo nei panni del Lennon del signor Castoldi, e alcuni bra- re alcuni vistosi errori nella pur visionario di I Am The Walrus, con ni suonano anche meglio dal vivo difficile Within You Without You a tanto di orchestra alle spalle. Con che su disco (Il singolo Tra 5 mi- lui affidata insieme a dei musici- il rischio - anzi, la certezza - di nuti per dirne una). E’ un viaggio sti indiani. Fa ancora più piacere farci odiare a vita da chi legge,èé quindi per le strade curiose del ritrovarsi a sorpresa mr. Big Star proprio il caso di dire: beato chi pop (tipo la filastrocca di Animali Alex Chilton – una partecipazione c’era. familiari), condotto con atteggia- last minute -, la cui Fixing A Hole Antonio Puglia mento di citazione giocosa e sbruf- si fa ricordare per il solo doppiato foncella (per quanto con un senso di chitarra, che per l’interpretazio- Morgan & Le Sagome - Prato, 25 sacrale dell’arte della canzone) più ne in sé, ma tant’è. luglio 2007 netto rispetto ai tempi dei Bluverti- Adesso, solo in base alle appari- Un semicerchio di tastiere in mezzo go, quando il tutto era incanalato in zioni di Residents, Russell Mael, al palco, e gli altri musicisti intor- coordinate stilistiche più definite. Jarvis Cocker e Robyn Hitchcock, no: la postazione da cui Morgan ci Nella sua carriera solista invece potremmo spendere righe su righe. guida nel suo circo (pop, staccan- l’approccio si è liberato, pur aven- Basterà dire che: l’aplomb dinoc- dosene ogni tanto per suonare il do mantenuto un’impronta netta e colato di Jarv sta bene indosso sia basso o per cantare e basta, è una riconoscibile: è questa impronta a Ringo che a Macca (magistrali le via di mezzo tra un trono, un sedile che spiega sia l’idea di rifare in- sue Help From My Friends e l’in- da pilota e la poltrona del padrone teramente un disco di De André ciso di Day In The Life); la classe di casa. Anche l’atteggiamento è (che vista la beatificazione in atto della voce degli Sparks (sciarpa- da salotto: l’ex leader dei Bluver- del cantautore genovese comporta- munito come ai bei tempi) spazza tigo chiacchiera, scherza, tira fuori va più rischi che altro), sia il fat- via buona parte della concorrenza, da una borsa stile “tascapane” anni to che nella scaletta del concerto

sentirea scoltare 99 Z ’ ev, Piombino eXperimenta 2007

quelle canzoni, anche se magari tonio Della Marina; e proprio dalla cupo, ha dato conferma della sua inferiori alle originali, calzino per- seconda sono arrivate le note più capacità nel maneggiare bordoni fettamente in mezzo alle compo- liete del festival. noise. Nella serata di giovedì un sizioni del Nostro (e alla cover di Come dimenticare, infatti, l’infuo- folto pubblico è stato chiamato a If dei Pink Floyd già su Canzoni cato live set di Fabio Orsi assieme raccolta dall’icona dell’industrial dell’appartamento); anche più di all’ex leader dei Limbo Gianluca americano, Mr. Stefan Joel Weis- una Sovrappensiero la cui bellezza Becuzzi, che ci hanno dato dimo- ser, in arte Z’ev, il quale in poco non toglieva un senso di irrisolto strazione di come si possa colpire più di un’ora ci ha dato saggio del- nell’arrangiamento nella versione al cuore anche utilizzando due lap- la sua arte di percussionista alle su disco ancora più forte in questa top e una chitarra. Molto convin- prese con i famosi gong e piatti in versione dal vivo. cente anche l’installazione a Palaz- titanio autocostruiti; un live set tra Ma non è - pur rigoroso - tutto gio- zo Appiani di Pietro Riparbelli con il ritualistico e il minimalista. co: verso la fine Morgan abban- la sua Camera Sonora for 4 Radio- Da segnalare inoltre il Long String dona lo scherzo per far posto alla dramas, incentrata sullo studio del Instrument di Ellen Fullman per confessione di Contro me stesso rapporto pensiero/percezione, gra- la prima volta in Italia, installato condotta, ma senza “citare”, un po’ zie a cinque radio modificate poste all’interno della torre Rivellino. La con lo sguardo deciso di Per nien- all’interno di una stanza buia. Lo stessa Fullman per tre sere conse- te stanca della Consoli e un po’ stesso Riparbelli assieme a San- cutive, nel suo live set ha accarez- al ritmo della rapsodia dolorosa di dro Gronchi/Radical Matters ha zato del suo particolare strumento, Povero me di De Gregori. dato vita a quattro installazioni con corde lunghe 16 metri, produ- Poi, con la chiusura di Altrove, si site-specific in una stanza del pa- cendo soffici e delicati drones. torna al classico, con il gusto per lazzo in ristrutturazione, dove tra Ha raccolto molti consensi Chri- il testo arguto e tutti gli armamen- field recordings, giradischi locked stina Kubisch e la sua installazio- tari stilistici soliti; ma quella can- groove ed evocazioni di demoni ne nei giardini del castello, dove zone mostra un’altra faccia di quel (Goetia), i due hanno dato saggio indossando cuffie wi-fi modificate talento di cui lo accusano di com- delle potenzialità del progetto/eti- e seguendo le trame dei cavi elet- piacersi, ma che di sicuro non gli chetta Radical Matters. Sempre a tromagnetici posti sopra gli albe- manca. Palazzo Appiani si è potuto assi- ri, si potevano creare, a seconda Giulio Pasquali stere al Lt. Murnau Music Mixer di della posizione, delle composizioni Vittore Baroni, grazie al quale tutti sonore. Degna chiusura della ras- Piombino eXperimenta3 – Piom- avevano l’occasione frantumare e segna toscana è stata l’esibizione bino (29/30/31 agosto - 1 set- sminuzzare fotocopie che rappre- dell’organico audiovisivo Cellule tembre 2007) sentavano trent’anni di scorie mu- d’intervention Metamkine, che Giunto alla terza edizione Piom- sicali. Sul fronte “maestri” John grazie al loro consueto armamen- bino eXperimenta, rassegna di Duncan con la sua installazione tario fatto di magnetofoni, sintetiz- sound art e sperimentazione elet- site-specific in un capannone in- zatori, microfoni a contatto e pro- tronica, ha messo a confronto due dustriale del porto di Piombino, iettori di pellicola, hanno fornito diverse generazioni: da una parte all’interno del quale aveva siste- uno spettacolo d’impatto figlio di- quella dei maestri John Duncan e mato degli altoparlanti da cui fuo- retto della tradizione delle lanter- Z’ev e dall’altra quella delle gio- riuscivano drones metallici, non ha ne magiche create nel Seicento da vani leve come Fabio Orsi, Pietro convinto fino in fondo; al contra- Christiaan Huygens. Riparbelli, Radical Matters e An- rio il suo live, dal tono austero e Nicolas Campagnari

100 sentirea scoltare (Gi)Ant Steps Cecil Taylor CONQUISTADOR! #10 di Fabrizio Zampighi

Alle soglie dei Sessanta pochi musicisti seppero racchiudere nel termine free jazz impeto muscolare ed eleganza, atonalità e desinenze classiche, libertà di parola e rigore. Cecil Taylor fu uno di questi. una rubrica jazz a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi

“Penso alla mia musica in termini di possessione e di trance [...]. Ho bi- sogno di creare delle circostanze [...] che dipendono dal modo in cui vivo, che si riferiscono sia al pianoforte sia ad altro, in maniera tale che lo svilup- po della musica possa continuare”. Vita e jazz vanno di pari passo nell’ar- te di Cecil Taylor. Lo scorrere del tempo, l’evolversi del quotidiano, la sofferenza, la nascita e la morte di- ventano colori, sfumature, declinazio- ni di un sound furente e inarrestabile. Un sound talmente umorale da poter essere circoscritto soltanto dai limiti fisici del buon vecchio vinile, sulla cui superficie si postano senza ritegno al massimo un paio di sillogismi (uno per lato). Un sound massiccio, dall’aspet- to poco invitante, summa del lavoro di un pianoforte che scalpita, si impen- na, viene battuto a sangue, galoppa come un purosangue imbizzarrito. Se- no il corpus del disco vengono chia- prima e un omaggio alle attese spa- condo un illustre studioso della mate- mati Bill Dixon alla tromba, Jimmy smodiche di Charles Mingus poi. ria come Arrigo Polillo, tre sono i nomi Lyons al sax alto, Andrew Cyrille alla Due battiti di ciglia ed è gia ora di gi- che cambiarono forma al jazz all’inizio batteria e Henry / Alan Silva rare l’LP. Si scopre allora che il con- degli anni sessanta: John Coltrane, al contrabbasso. Musicisti dall’ani- trabbasso di Alan Silva non disdegna i Ornette Coleman e, appunto, Cecyl mo affine capaci al tempo stesso di volteggi controllati e le pattinate sulla Taylor. Tre cavalieri dell’Apocalisse esaltare le storture armoniche del pia- tastiera, che il pianoforte di Cecil Tay- che rivoltarono dal basso la vecchia noforte e di indirizzarne i passi con lor puo’ anche sciogliersi in cascate musica afroamericana domiciliando un contorno strumentale adeguato. di note classiche, che gli strumenti a il futuro free tra le istanze politiche A cominciare dai diciassette minuti e fiato sono più libertini di quanto non progressiste del periodo e la voglia di cinquantuno del lato A, in cui i fraseg- fosse sembrato inizialmente. Una rinnovamento di un gruppo di musici- gi veloci posti in apertura da Taylor sensazione che guadagna in consi- sti fuori dagli schemi. Taylor fu forse, svegliano gli ottoni, chiacchierano tra stenza con i minuti che passano, fin- dei tre, quello che raccolse meno con- loro, per poi seguire – si fa per dire – ché i tasti bianchi e neri non rubano la sensi, in virtù di uno stile spigoloso, la batteria in un’orgia ritmica sudata scena agli altri strumenti accelerando ostico, vicino all’atonalità, difficilmen- e distonica tra saliscendi di tromba e Monk da trentatrè a quarantacinque te digeribile, tuttavia affascinante, sax. Passa un terzo della title track giri, imprecando contro le spazzole, elegante, anarchico. ed è già tempo di fermarsi a pensare: perdendo gradualmente di intensità Uno stile che in Conquistador! (Blue si rilassano i muscoli, si sciolgono le fino al termine del disco. Un silenzio Note, 1966) rivela tutte le sue poten- dita, si dà aria ai polmoni, per poi ri- conclusivo che, tuttavia, ha il sapore zialità. A dar manforte al padrone di prendere gradualmente il match con di un nuovo inizio. casa nelle due tracce che costituisco- una danza serrata di tastiere e piatti

sentirea scoltare 101 WE ARE DEMO #20

raccomandabile, amante delle provoca- zoni sono sempre più compiute e sembra zioni (anche gratuite) e dell’osceno. E’ che finalmente ci sia anche la voglia di il solito gioco a cercare di capire quan- comunicare e piacere, che ricordiamo, to ci è e quanto ci fa. Lasciamo ad altri. non è male alle volte. In più c’è da se- Ci concentreremo piuttosto su questo gnalare che la canzone Girls from Ronta C’è chi è morto sul Tagadà, concen- è veramente e finalmente una meraviglia, trato di canzoncine svogliate e sboccate singolo riuscito e maturo. Bello che pron- fino all’eccesso, minimalismi elettronici, to per i vostri I-pod. Inevitabile il consiglio puntilli di tastierine vintage, micromusic di continuare su questa strada. Molto bel- 8 bit, electro cafona ed autoreferenzia- la anche Paul Rock che richiede a gran lità hip hop. Su tutto questo ambaradàn voce una linea vocale adeguata. Inutile svetta la voce di Gioacchino che per- aggiungere che fa piacere constatare i lopiù canta-parla-delira estemporaneo progressi di un’artista sul quale si era già Side A come fosse un karaoke con il solo scopo scommesso. Forza Mark! (7.0/10) Giovani virgulti dell’entroterra soglianese di divertire una stretta cerchia di amici D a v i d e B r a c e tutti umiltà, disagio e panzette da birra. ubriachi nel suo appartamento. Eppure Power trio d’assalto, i Chester Polio. nonostante l’atmosfera completamente Grande desiderio di venire allo scoper- disimpegnata e cazzona sembra di intu- to. Grande urgenza di spaccare tutto. ire che il ragazzo sappia il fatto suo ed Hardcore noise strumentale (tuttavia una abbia le idee abbastanza chiare in fatto voce sarebbe un gran bel passo avanti) di stile e attitudine. Viene il dubbio che strutturato come da scuola math rock ma se smettesse di giocare e si impegnasse suonato con inevitabile attitudine punk. un po’ di più potrebbe essere in grado Le figure geometriche ci sono, semplici di sfornare vere e irriverenti hit bomba. se vogliamo, ma ci sono. Il problema (se Anzi, mi arrischio ad affermare che su problema lo si vuol chiamare) e che sono questo dubbi non ce ne siano poiché su piani cartesiani differenti: impressiona L’uomo + bello del mondo e soprattutto come spesso chitarra e basso siano com- la splendida Forza Marco Prandi delle hit pletamente dissonanti e paralleli. Viene bomba lo sono già. Le ascolti, le vuoi ri- quasi il dubbio che non si siano accordati ascoltare e non te le scolli più dalle cer- gli strumenti prima di registrare. Oppure vella. E allora, Gioacchino! (6.7/10) che ognuno suoni quel che gli va buttan- Di Mark Zonda si era già parlato nel We Side B do appena l’orecchio al putiferio che lo Are Demo di aprile. Sembra che ora il ta- I My Morning Needle sono un trio bre- circonda. Mi piace comunque pensare lentuoso cesenate abbia voluto dividere sciano coagulato nel 2002 attorno a che sia tutto voluto e studiato al centime- la sua produzione in due diversi progetti: quest’idea psych eterea e pastosa, tipo tro. La batteria sferraglia e mattona a do- M’Ar(o per quel che concerne la produzio- un blues (mal)digerito a post e dark di vere. Pesante e precisa. La registrazione ne solista in italiano e per l’appunto Tiny cui resta una vena pietosa e scura, un è molto buona ed adeguata al genere. Tide che invece vedrà il Nostro affiancato battito che batte flebile ma incessan- Come prima prova insomma c’è da diver- da valenti compagni di squadra. Le coor- te, chitarre che indagano il silenzio tra tirsi e da godere forte, magari con qual- dinate di questo Zonda Feb Demos sono esplosioni differite e distorsioni pitto- che dubbio e riserva. Sono giovani e si sempre le stesse: ultrapop deviato molto riche. Le tracce di While A Beautiful

a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi sente, in senso del tutto positivo comun- Eighties, melodie appiccicosissime e riu- Autumn Fell sono quattro ma bastano que. Una maggiore esperienza, coesione scite ma sfasate e dall’effetto straniante a raggiungere i tre quarti d’ora canonici, e qualche struttura più complessa giove- e psichedelico. Strati di tastiere fluttuan- grazie soprattutto a quella Venus Blue ranno in futuro al disastroso combo. Per ti, cori angelici, basi elettroniche, voce che sfiora i venti minuti al modo d’una ora la cosa migliore è andarseli a vedere lontana, sommersa e spesso imprecisa, suite tutta assorti ciondolamenti, sussur- dal vivo. Candidi quanto brutali. (6.5/10) come se stessimo assistendo ad un kara- ri, sospensioni sigurrossiane, una trom- Gioacchino Turù da Ivrea ora Firenze è oke casalingo nell’iperspazio. La novità è ba che scomoda il Miles di Solea, palpiti un ragazzo pigro, molesto, un tipo poco che i progressi ci sono. Eccome. Le can- Kozelek nella penombra For Carnation,

WE ARE DEMO 102 sentirea scoltare WE ARE DEMO finché non deflagra al modo di un acco- Bonus Track rato folk-rock gilmouriano (l’assolo però Contrariamente a quello che potreb- tende al noise) e s’acquieta di soul tri- be sembrare dalla copertina piuttosto phoppato. Capito che roba? Quanto ad spartana, Does It Make You Smile? Halogen 1200, il pezzo più breve coi suoi degli Shine è un EP che poco ha del “soli” sei minuti e mezzo, è una marcia demo e molto del disco finito. Merito di tra schiva apprensione e livide inquietu- una proposta musicale matura basata dini, una carica sotterranea che promette su una sfida a colpi di riff tra basso, minacce sul punto di accadere e invece chitarra (due) e batteria, un po’ Tele- si limita a piantarti una falce di luna giu- vision, decisamente Cure – soprattut- sto nella giugulare. Ok, basta così. I re- to nel cantato -, non troppo distante stanti due pezzi più che altro ribadiscono dagli Smiths. Nei tredici minuti del per altri venti minuti - più morbidamente disco, tra grooves uncinanti (la title jazzy Cable Swing, in liquido crescendo track) e parabole venate di acid jazz psych-post Coal Day. I ragazzi hanno certa rabbia moderna manteca la devo- e funk (Close To The Ground), i Nostri fatto le cose per bene, registrando live zione (This Town, In Your Time Of Need), trovano anche il tempo per una dedica (chapeau) a Milano con Lorenzo “Milaus” soprattutto c’è un voler stare con tutti e “speciale” riservata alla stampa di set- Monti per poi affidare il mastering alle due i piedi in questo sogno alla frontiera tore (Music Press) (voto: 6.7/10, web: cure dell’inglese Alan Ward in quel di di tutti i sogni disillusi ma evidentemente www.shineplace.it). Dialetto siciliano Bruxelles. Direi che ne valeva la pena. ancora vivi. Tutto ciò me li fa amare su- e rock si uniscono nell’omonimo demo (6.9/10) bito e senza condizioni. Sarà che sono dei Tramuntana, per nove episodi in Tocca poi a questo duetto da Aprilia, Cri- sensibile a certe cose. (7.0/10) bilico tra toni riflessivi (In cattività) e stiano (voce, chitarre e tastiere) e Fa- Come già segnalato in un vecchio WAD, mid-tempo energici (A Prisenza), dis- brizio (batteria, basso, cori), coadiuvati i torinesi Farmer Sea suonano come una sonanze (8/10) e intermezzi cantati in nelle esibizioni live da Massimo e Rober- fantomatica “next big thing” già acca- italiano (Dal profondo), chitarre acu- to, rispettivamente bassista e chitarrista. duta, solo che non se n’è accorto nes- stiche (Sonata triste) e vapori noise D’altronde, c’è o non c’è da suonare qual- suno. Almeno, per me che ho amato il (Dumani). Se il cuore suggerisce di cosa che suoni caldo e pieno? Un sound precedente Where People Get Lost And chiamare in causa i 24 Grana come covato negli anni in cui i due fondatori Stars Collide questo quartetto è “acca- illustri predecessori, la testa ci fa in- si sono trovati a collaborare in proget- duto” eccome. Tornano con Helsinki Un- vece notare come la band possegga ti vari, finché la brama folk rock impre- der The Great Snow, un mini cd - due una personalità musicale peculiare, gnata di Seventies si è concretizzata nei brani appena – bastevole ad assodare veicolata da buone doti di scrittura e Desert Motel, al debutto con questo Out le buone sensazioni. Prima ciondolan- capacità tecniche nella media. Per un For The Week End ep. Già il titolo dice do trepido sulla grazia slo-fi della title suono che ha ancora bisogno di cre- molto. Sette tracce in cui puoi vedere track, sorta di fusione tra lo sciropposo scere, pur mostrando di avere agevol- neanche tanto in filigrana la sagoma del- languore dei Pavement più quieti, il “te- mente superato i turbamenti ormonali la Band (What About You), di Petty, dei pore algido” della miglior , il dell’adolescenza (voto: 6.5/10, web: Calexico, qualcosa di Young e dell’im- dipanarsi orizzontale delle inquietudini www.myspace.com/tramuntana) prescindibile Gram Parsons (Paths). Il Yo La Tengo e nel cuore forse - chissà Zerovolume è invece sinonimo di suono è pasturato ad organo, slide, ar- - un po’ dello spazio dilatato Red House elettronica nell’accezione più gene- monica, c’è persino una tromba tex-mex. Painters. Eppoi con l’incedere dinocco- rica del termine, ovvero musica in Sfilano ballate acidule col cuore che si lato di Neil Young Is Watching Me, genti- cui programmazione industrial e cor- spalma on the road (A Song For When lezza remmiana dedita a turgori Malkmus nici sintetiche di basso vanno di pari You’re Blue, Resurrection), la vibrazio- cantata a mezza voce intanto che monta passo con chitarre elettriche e bat- ne analogica incombe su tutto, la voce l’emulsione di chitarre Teenage Funclub teria. A dar vita ad una formula che rammenta vagamente Willie Nelson, una nel giaciglio elettronico, ma considera- più che i Bluvertigo sembra ricordare te che con un titolo così mi piacerebbe i meno noti Dorian Gray, tre musici- anche un rutto di topo. Recuperando la sti innamorati della techno applicata serietà, vorrei sottolineare come la loro agli overdrive (Silenzi Radio), dei forza non stia - lo avrete capito - nell’ori- Subsonica (Effetti collaterali), delle ginalità della proposta, quanto nella pa- narcosi in forma di beat (Fotografia), dronanza, nella disarmante disinvoltura dei paesaggi cosmici (lo strumentale con cui mettono assieme la loro cosa, Echoes Of Emotive Interferences). senza clamori gratuiti, una lucidità este- Cinquanta minuti che da un lato non tica che va al sodo senza mai perdere lasciano trasparire cadute di stile la tenerezza. Non potrebbero che miglio- e dall’altro non soddisfano appie- rare, se qualcuno investisse su di loro. no causa soluzioni musicali talvolta Casomai quel qualcuno si decidesse ad troppo asettiche (voto: 6.4/10, web: accorgersene. (7.2/10) www.zerovolume.it). S t e f a n o S o l v e n t i Fabrizio Zampighi

sentirea scoltare 103 Van Dyke Parks FIABA DEL GENIO D’ANTAN

di Filippo Bordignon

Senza bisogno dei clamori della cro- prio enfant prodige) e poi al Car- voso. Dopo una serie di registrazio- naca o del tributo di qualche compi- negie Institute di Pittsburgh dove, ni inefficaci non se ne fa più nulla; lation celebrativa Van Dyke Parks abbandonato il clarinetto, suo pri- Smile diventerà l’album fantasma si è infiltrato nelle trame delle più mo strumento, si dedicherà al pia- più famoso della storia. Ne uscirà importanti situazioni del rock e del noforte diplomandosi. una versione abortita a titolo Smi- pop. Tracce del suo operato nelle Con il fratello Carson però decide ley Smile e solo nel 2004 Wilson canzoni di decine e decine di arti- d’imbracciare la chitarra acusti- troverà la forza per dare una ve- sti diametralmente opposti tra loro: ca, tentando l’approccio del folk a ste definitiva all’album agognato, Byrds, U2, Leo Kottke, Stan Ridg- nome The Steeltown. Si inizia con consegnando una versione suona- way, , Fiona Apple, un duo, un trio, poi tutto si allarga ta ex-novo senza infamia e senza Grateful Dead, Phil Ochs, Tim Buc- come Greenwood County Singers. lode. Parks nel frattempo non si kley, Bruce Springsteen per citar- Le prime registrazioni ufficiali (’66) perde d’animo, realizzando il suo ne alcuni. Pianista, compositore, a proprio nome sono due singoli per primo album solista, unanimemen- arrangiatore, produttore e parolie- la MGM di cui uno in particolare, te considerato il suo capolavoro. re, egli ha incarnato in maniera del Number Nine / Do What You Wan- Song Cycle (Warner Bros, ’68) è tutto personale la figura dell’artista ta, mette in luce un elegante arran- un caleidoscopico altalenarsi di che parte dal passato (nel caso la giamento pop su un celebre tema generi musicali che impiega un’or- musica tradizionale americana) per della Nona di Beethoven. Grazie chestra di 60 elementi e più. L’in- giungere al conio di chissà qua- a un cambio di etichetta (Warner terpretazione di Vine Street (scritta le nuova estetica. La risultante di Bros) Parks ha modo di conoscere dall’amico Randy Newman del qua- questo viaggio inimitabile è bene ed entrare in sintonia con il leader le ha appena prodotto l’omonimo espressa da una manciata di album dei Beach Boys, Brian Wilson. esordio) in apertura parla 1 minuto che, considerati per la validità della Questi i fatti: reduce dal masterpie- di bluegrass per poi mutare inspie- loro proposta musicale, meritereb- ce Pet Sounds e dalla replica dei gabilmente verso arrangiamenti in bero di venire analizzati nei Con- Beatles Revolver il povero Brian si bilico tra Broadway e il trip liser- servatori di ogni dove. sta scervellando nel tentativo di su- gico. Palm Desert prosegue, affa- Van Dyke Parks nasce il 3 genna- perare Lennon e soci con un opera bulata dal canto di Parks, specie io 1943 a Hattiesburg (Mississi- che vorrebbe fosse “una sinfonia di entertainer disneyano in vena pi) cittadina nota se non altro per adolescenziale per il Signore” a ti- di surrealtà. Widow’s Walk, Lau- l’attribuzione, da parte di qualche tolo Dumb Angel (“Angelo Sordo”). rel Canyon Blvd., Public Domain giornalista, del titolo di “luogo di Parks, ingaggiato come paroliere, sfruttano ogni trucchetto impiegan- nascita del rock’n’roll”, per via del- cambia subito il titolo nel più bene- do effetti, sovraincisioni e un uso le registrazioni effettuate nel ‘36 augurante Smile e realizza i testi dell’orchestra (specialmente degli dai Mississippi Jook Band, un trio di Surf’s Up, Heroes And Villains, archi) originale e magniloquente. acustico. Lungo tutta la sua infan- Wonderful, Cabin Essence e della Tutti i brani sono incastrati l’uno zia Van Dyke respira a pieni polmo- drogata Wind Chimes (brani che, ri- nell’altro (“song cycle”, appunto) ni musica, arte e spettacolo. I pri- cordiamo, Wilson pare abbia scritto lasciando l’ascoltatore estenuato mi passi “professionali” riguardano al pianoforte, all’interno di un box da una complessità strutturale cal- quest’ultima categoria: tra il ’53 e il riempito di sabbia nel proprio sog- colata fino al parossismo. La ver- ’58 si presta per comparsate tele- giorno). In casa Beach Boys però sione strumentale della Colours visive e cinematografiche; il ruolo il suo approccio stravagante con di Donovan fa sembrare Let’s Go che oggi viene più menzionato gli le lyrics viene spesso freddato da Away For Awhile (unico strumentale capita, tredicenne, per Il cigno, Mike Love che bolla certe immagini nell’osannato Pet Sounds) poco più con protagonista Grace Kelly. La come “alliterazioni in preda all’aci- di un esercizio incompiuto. Toccan- sua predisposizione musicale in- do”. te il breve Van Dyke Parks: si tratta vece è sviluppata prima grazie alla L’uscita dell’imbattibile Sgt. Pep- dell’inno cristiano Nearer, My God, frequentazione dell’American Boy- per’s è per Wilson la goccia che fa To Thee, l’ultima canzone suonata choir School di Princeton (nella traboccare il vaso e cade in preda dall’orchestrina del Titanic prima quale si distingue come vero e pro- a un devastante esaurimento ner- di colare a picco, al quale vengono

Classic 104 sentirea scoltare Classic sovrapposti i bombardamenti della vestito di tutto punto come un sou- Home e Manzanar. The Fisherman guerra in Vietnam. The All Golden thern man primi ‘900. La title track & His Wife (Windham Hill, ’91) è è sintesi perfetta di ricerca armo- (unico pezzo originale della raccol- più che altro un tentativo multime- nica e capacità melodica (pur nella ta) è uno dei momenti più semplici diale presto dimenticato nel quale frammentazione, nello scherzo e ed efficaci dell’intero repertorio. La Parks scrive il tappeto sonoro per nel gioco alla citazione colta). riedizione Rykodisc contiene inoltre una fiaba recitata da Jodie Foster. Stimolanti sorprese sono previste il commovente strumentale Ama- Nel ’95 si ripristina la partnership pure nei ’70, all’indomani della pro- zing Grace - Slow Version. Jump! con Wilson per Orange Crate Art duzione per un’altra grande promes- (Warner Bros, ’84) e ha il merito di (Warner Bros); pur bolsa e mammo- sa, Ry Cooder, con il quale si in- distogliere il nostro da ulteriori ten- na la voce di Wilson torna a inte- staurerà una vivace collaborazione tazioni etnomusicologiche e ricon- nerire grazie alle convincenti com- che dura fino ai giorni nostri (vedi giungerlo con la creatività del gio- posizioni dell’amico. La bella title My Name Is Buddy del 2007). L’uni- co, del sogno, della fiaba. Si tratta track, Sail Away e Wings Of A Dove co difetto del successivo Discove- di 11 pezzi concepiti per un musical alzano la polvere dei “bei vecchi ring America (Warner Bros, ’72) è mai realizzato e ispirati alla raccol- tempi”, con le tipiche armonizza- di suonare un poco estraneo ai non ta per bambini Uncle Remus dello zioni vocali di casa Beach Boys e conoscitori della musica tradizione scrittore Joel Chandler Harris. Il il mestiere di Parks. Lullaby di Ger- americana. Titoli e testi citano per- melting pot di umori in rotazione shwin in chiusura vale da sola l’ac- sonaggi politici (J. Edgar Hoover), ha rinunciato all’elegante ombrosi- quisto dell’album. La “crate art” è dello spettacolo (Jack Palance) e tà di Song Cycle, pur continuando anche un sottogenere artistico da della musica (il quartetto jazz dei a farci apprezzare l’ecletticità del noi sconosciuto che si riferisce alle Mills Brothers) americani che al nostro. Bluegrass, jazz e Tin Pan illustrazioni per le casse della frut- pubblico d’oltreoceano dicono poco Alley style raccontano a picco- ta, testimonianze dai colori accesi o nulla. L’indagine musicale si apre li e grandi le vicende del coniglio di un mondo bucolico tutto allegria verso le orchestrine di calypso in Br’er. Tokyo Rose (Warner Bros, e serenità. Il sorprendente Moon- composizioni più rilassate e deci- ’89) sposa plasticamente sapori lighting (Warner Bros, ’98) palesa samente esotiche. Estremizzando orientali a vapori di Broadway, ana- la validità dell’estetica parksiana i toni della sua ricerca Parks fini- lizzando con ironica intelligenza i anche nel contesto live con delica- sce sulla copertina di Clang Of The rapporti Giappone - Stati Uniti in te conferme (Danza) e interpreta- Yankee Reaper (Warner Bros, ’76) canzoni spassose come Yankee Go zioni superiori alle versioni da stu-

sentirea scoltare 105 dio come The All Golden, per solo Cosa ricordi del periodo di Song per gioco, affinché certe persone si piano e voce. Se la produzione di- Cycle? fermassero un attimo ad ascoltare scografica del Nostro può sembrare Quell’album lo composi che avevo quello che sono riuscite a dire… centellinata è a causa dell’infinità 24 anni; ero piuttosto abbattuto a magari qualcuno di quelli nominati di collaborazioni e attività musicali causa della morte di mio fratello. rileggendosi potrebbe ventilare la collaterali nelle quali è costante- Ne risultò un’opera di grande inten- possibilità di ficcarsi una ciabatta mente immerso. sità, del tutto personale. in bocca prima di uscire con certe Tra le tanto colonne sonore va ri- dichiarazioni. cordato il toccante esordio cine- Clang Of The Yankee Reaper: una matografico alla regia di Angelica canzone pressoché perfetta; ven- Da dove salta fuori la storia nar- Huston Bastard Out Of Carolina tilasti l’ipotesi di farne un hit sin- rata nell’album The Fisherman e i da noi più noti Verso il sud e gle? And His Wife? Si tratta di una Il grande inganno, diretti e inter- Non ricordo precisamente come fiaba tedesca del 18simo secolo pretati da Jack Nicholson. Ma poi ci andò ma sta sicuro che ignorare raccolta dai fratelli Grimm. sono le musiche per gli spettacoli le possibilità di farne un singolo fu La copertina dell’album Greatest teatrali, quelle per piccole e grandi una decisione della casa discogra- Hits di Phil Ochs lo ritrae come produzioni televisive e le sempre fica. Non si può proprio dire che mi una rock star tutta lustrini e disim- più nutrite comparizioni nei proget- supportassero in maniera efficiente. pegno. Che razza di scherzo era ti di amici e colleghi in qualità di quello? Tutto puoi dire di Phil Ochs pianista o arrangiatore. Come non Prima apparizione sullo schermo tranne che scherzasse. Fu uno dei restarne affascinati? Questo picco- nel ’53; l’ultima volta che ti ho vi- più sottili commentatori della scena lo grande uomo cela in sé il mistero sto in TV è stato in un episodio socio-politica americana. A Bob Dy- di una creatività contagiosa, della di Twin Peaks nel ’90 (stagione 2, lan sarebbe piaciuto essere come quale possiamo sperare di venire episodio 12). Quali altri “cameo” Phil Ochs! Di sicuro se fosse anco- colpiti, rispolverando in qualsiasi mi sono perso? ra vivo oggi non si sarebbe presta- punto la sua impresa musicale. Beh quei piccoli cameo (che non to per apparire in una pubblicità di richiedono specifiche abilità inter- Victoria’s Secret o della Cadillac. Van Dyke, la tua musica ha un pretative) mi si sono presentati di Quelle sì che sono prese in giro. forte impatto visivo tuttavia non tanto in tanto senza che stessi a mi risulta sia mai stata abbinata cercarli. Me la sono spassata met- “Quello che non ammazza for- a dei videoclip… tendomi alla prova e, unitamente a tifica”. Bello sarebbe sape- Nei tardi anni ’60 - inizio dei ’70 ho ciò, quelle “apparizioni” mi danno re cos’ha tentato di ammaz- calzato le vesti di produttore per al- la possibilità di coprire la mia fami- zarti nel corso della tua vita. cuni video usciti per la Warner Bros glia con un’adeguata assicurazione L’intolleranza nei confronti del- e la Reprise Records, ma si trattò sanitaria. la musica da parte dell’industria sempre di un lavoro svolto per altri della musica. artisti. Nessuno ha mai pensato di Dal tuo sito internet hai lan- Delicato stabilire durante la fase di produrne uno per me così ho deciso ciato la provocazione dei Gol- composizione quando un pezzo sia di arrangiarmi. Ne realizzerò uno in den Mike Awards: chi potrebbe veramente terminato. Il rischio è di occasione del mio prossimo album essere il prossimo candidato? dilungarsi o di lasciare un senso la cui uscita è prevista nel 2008. Beh quei premi sono nati un po’ d’incompletezza.

Qualche puntualizzazione? Non me la sento di dare consigli a un compositore. Se proprio doves- si darne uno sarebbe un sentito ri- chiamo alla modestia che tutti noi, successivi a J. S. Bach, dovremmo praticare senza esclusioni.

Qual è la differenza sostanziale tra scrivere la colonna sonora per un film o per un’opera teatrale? Sta tutto nel fatto che si tratta di due cose diverse. Se l’arte è uno specchio, cosa vedi riflesso nell’ascolto del tuo Tokyo Rose? Dipinge la decade nella qua- le il Giappone raggiunse il suo “zei- tgeist” diventando una superpoten- Van Dyke Parks e Brian Wilson Van

Classic 106 sentirea scoltare Classic za economica. Tentai di esprimere la mia apprensione di allora riguar- do quell’evoluzione. A questo pro- posito vorrei raccomandare il libro Hocus Pocus dello scrittore ame- ricano Kurt Vonnegut che, qualche anno dopo la pubblicazione del mio album, affrontò la stessa tematica con grande humour.

Non ti sembra che le prime re- gistrazioni blues (Blind Lemon Jefferson, Blind Willie Johnson ecc.) pur nei limiti delle tecniche di registrazione contenessero un feeling che il blues contempora- neo non riesce a catturare? Da quelle prime registrazioni tra- spira una tristezza sincera e molto diretta che è poi il fulcro del blues. Si sente un senso di urgenza che scaturisce da una rabbia quasi pal- pabile. cosa”. Domanda: cosa ti appas- Cosa credi esprima la tua mu- Qualche nome? sionò nella fase di realizzazione sica? Il mio preferito è Howlin’ Wolf con il di Smile nel ‘67 che non hai ritro- Mi piace l’idea di esprimere ciò che quale ho condiviso (in forma postu- vato in quella del 2004? esiste ma che risulta inesprimibile ma per lui) l’inserimento nella Mis- Secondo me la versione 2004 ri- attraverso il linguaggio verbale. sissipi Musician Hall of Fame. specchia l’idea originale, non de- lude le mie aspettative. Semmai la Esiste la volgarità in ambito mu- Eri amico di Tim Buckley… cosa che mi ha infastidito è che la sicale? Ma non abbastanza da impedirgli veste grafica originale disegnata Comunque anche la musica più di cadere nella trappola dell’eroi- da Frank Holmes è stata sostituita idiota è preferibile al più raf- na. Gli ero molto vicino, ma al da una diversa. Frank era coinvolto finato dei bombardamenti. tempo non sospettavo che ci fosse e chiamato a dire la propria nel pro- cascato. getto quanto il sottoscritto. Ci mise Cos’hanno lasciato di buono gli una sorta di “coscienza fumettisti- anni ’60? Dopo 30 anni una nuova col- ca” che risultò fondamentale. Però La loro inossidabile forza vitale. laborazione con Brian Wilson che opportunità fantastica lavorare Tanti degli ideali di allora sono sta- per Orange Crate Art; com’è con Brian negli anni ’60! ti abbandonati mentre sarebbe sta- stato tornare a confrontare le to necessario battersi per essi fino vostre creatività dopo il casino C’è il tuo zampino pure nell’otti- alla morte. Naturalmente questa è di Smile? mo YS di . Come l’opinione di un simpatizzante del Sentivo di dover dare una mano ti è parso lavorare con questo così detto “comunismo”. alla carriera di Brian, in nome del- giovane talento? la fiducia che mi aveva dimostrato Joanna ha tutto il mio appoggio. Ma La vita è troppo breve? prendendomi come suo paroliere a dire il vero io “lavoro” solo per Non per tutti i casi; a volte è fin nei tardi ’60. Nel ’95 non stava re- conto mio. troppo lunga, prova ne è quella di gistrando nulla. Mi sembrava una personaggi come Hitler e tanti altri follia e pensai che un po’ di atten- Moonlighting prova la validità uomini politici americani. zione mass-mediatica sarebbe sta- della tua musica anche in un ta utile per stimolare la sua vita. E contesto live. Quali sono i tuoi Qual è l’aspetto più straordinario avevo ragione. limiti? dell’essere un artista? Beh, mantenere una piscina (con Realizzare con appagamento i frutti Parlando dell’edizione 2004 di tutto ciò che comporta la manuten- che può generare un certo tipo di Smile David Thomas ha detto: zione ecc.) sembra al di sopra delle empatia. Per chi l’accoglie, la mu- “Smile non è mai uscito. Quello mie capacità. È un peccato perché sica è un dono che non si esaurisce che trovi nei negozi contiene al- vivo nel sud della dove mai. Per i musicisti invece è sem- cune delle canzoni scritte duran- un genere di attività fisica come il plicemente tutto, fino al loro ultimo te quelle session. Non è la stessa nuoto è decisamente l’ideale. respiro.

sentirea scoltare 107 Pink Floyd THE PIPER AT THE GATES OF DaWN

di Stefano Solventi

L’obiettivo, peraltro riuscito - con- a corroborare le già clamorose verrete che non era difficile -, era spinte pop-syke di Chapter 24, restituire una fotografia esausti- di The Scarecrow, di Matilda Mo- va di quei primissimi strabilianti ther, quel loro vorticare tra colori Pink Floyd. Ben fatto. Chapeau. sovraesposti e strali d’un oriente Di pseudo-floydiani che ignorano oleografico, la concrezione molle in tutto o in parte la fase pre-scri- e febbricitante dentellata di insi- gno dei segreti (per non dire pre- die e intuizioni e squarci. Un gio- lato scuro della luna) ce ne sono co a disorientare, a spostare gli a frotte, probabilissimo che mol- appigli e centri di gravità come nel ti finiranno nelle spire di questa tunnel vorticoso di Lucifer Sam, ghiottoneria e buon pro gli faccia. che giusto un gatto può riuscire Se dunque vogliamo trovare un a starci in piedi, o come quando senso alla cosa, dobbiamo guar- la marcetta beffarda di The Gno- dare a questa sorta di reinven- me spalma d’oppio l’arcobaleno, o zione del disco, un po’ come se come la stordente fantasmagoria ipotizzassimo la scaletta di Sgt squadernata dalla placida (forse) Pepper rinforzata dalle due songs Flaming. “monstre” ad esso contempora- Una tavolozza di colori che non Troppo grande e importante que- nee, quelle Strawberry Fields Fo- puoi sostenere a lungo, e quando sto disco. Sono quarant’anni che rever e Penny Lane che andarono ti arrendi al caleidoscopio (perdo- ci fa trasecolare, gli fanno un baffo a costituire il 45 giri con più lati natemi, prima o poi dovevo scri- certe operazioni puramente specu- “A” di ogni tempo. Una forzatura verlo) affondi nella tazza sbreccia- lative, pur se confezionate benissi- che possiamo permetterci con la ta del cappellaio matto, galleggi mo, con cura e gusto come la qui nonchalanche di questi giorni di nel siero intangibile respirando il presente edizione deluxe in triplo bastard-music, di post-modernità lato vuoto del pieno, senti le cose CD. Triplo CD, già: e come ti riem- sovra-realista che d’emblé osa ravvivarsi di sensi diversi perché pio tre dischi? Facile. Alla versione denudare Let it Be solo perché è semplicemente arrivato il tem- originale rimasterizzata (nulla di ri- sarebbe stato meglio anziché tutti po che le cose cambino, scosse levante in merito) ne aggiungo una quegli stronzissimi fronzoli spec- dall’immobilità come un piedistallo mono (“the original mono version” toriani (salvo poi rimpiangerli di che si stiracchia, sbocciate come nientemeno, pare sia stato lo stes- nascosto, perché c’è una ragione fiori sul pavimento a rivestire d’un so Syd a curarsene: ok, la prendo per ogni cosa, anche per le meno soffice delirio la solida e invero con ampi benefici d’inventario, ac- opportune). Ok. Procediamo. Fac- stolida normalità del reale. colgo con curiosità una scheletri- ciamolo pure. Tanto gli fa un baf- Cosa era accaduto? Fu un po’ ta Pow R Toc H, ma non so cosa fo, al Piper. come se in una diga riempita accu- farmene di una Bike o di una Ma- Ecco dunque i deragliamenti gar- mulando il pop, il blues elettrifica- tilda Mother senza ondeggiamenti ruli e vischiosi di Arnold Layne to e tutta una tradizione di fanfare stereo!), quindi affastello in un ter- e See Emily Play, l’ebbrezza er- e ballate popolari, si fosse mes- zo dischetto i singoli del ‘67, lati rebì minacciosa e fumettistica di sa in moto una reazione druidica B compresi (di cui una Apples And Candy And A Current Bun (che in irreversibile. E dall’effervescen- Oranges piacevolmente stereo, eh origine s’intitolava Let’s Roll Ano- za fin troppo rapida. Difatti, quei eh), più due versioni alternative di ther One, i riferimenti non erano Floyd eminentemente barrettiani Interstellar Overdrive (una ovviabi- occasionali), la marcetta peppe- dureranno appena il tempo di at- le “french edit” e una take inedita riana (ovvero scombiccherata di traversare i cancelli del tramonto scossa da un estro selvaggio, svi- ruspante e febbrile delirio) di Ap- seguendo la rotta tracciata dal pif- sante, capace di regalare in soli 5’ ples And Oranges ed i mesmerismi feraio ineffabile. Ho scritto Floyd qualche strano brivido in più). stropicciati di Paintbox che vanno eminentemente barrettiani, certo,

Classic 108 sentirea scoltare Classic

ma non voglio con ciò tralasciare ascensionale che le annichilisce e mixer. E gli occhi di Syd immersi quella Take Up Thy Stethoscope libera nel vuoto pneumatico della nel rituale (quegli stessi occhi che And Walk firmata Waters che pure visione spaziale. Più che il tem- ne saranno ingoiati, indicando per rielabora la scelleratezza del beat po – malgrado il tempo – conta primi i sintomi della sua “assen- (attra)verso un motorismo ango- lo spazio, appunto. La sua rein- za”), impegnato a balbettare as- loso e ipnotico in cui percepisci venzione attraverso il suono che sieme a tutto lo studio-strumento esoterici contagi Velvet Under- si compie in un tempo ciclico (in quel linguaggio inaudito, quei ground e Can. C’è qualcosa che quest’ottica può essere letta an- suoni senza gravità, unico limite brucia, nel piglio del bassista, che la sperimentazione della qua- la fine dell’orecchio come indiche- un’ansia di futuro da fustigare nel drifonia nelle esibizioni live, che rà qualche anno più tardi lo spiri- presente con lo scudiscio del pas- convoglia e distribuisce il suono a to tutto sommato affine di Robert sato (invertite pure i fattori) che 360 gradi), abbozzando un’alluci- Wyatt. il folle Syd semplicemente ignora nazione d’infinito . Ok, non poteva durare. Giusto perché già impegnato a costruirsi, Vale a dire, Interstellar Overdri- così. Diamante pazzo in buca, a percorrere la propria dimensio- ve: firmata da tutta la band, è una largo alle apocalissi atmosferiche ne parallela, nella quale passato, suite tribale e cosmica innescata Waters-Gilmour, che comunque ri- presente e futuro sono semplici da un riff che da solo vale tutto empiranno altrettanti imprescindi- souvenir. il grunge poi si sfilaccia, si sdi- bili spazi. Per anni. Per sempre. Un viaggio nel profondo-ac- linquisce seriale, compie un’orbita Basti però non scordare quan- canto che da un lato attraversa mutante prima di tornare “jazzisti- to dal Piper si diparte, quanti ne quelle canzoni come altrettanti camente” sul tema con sbalordi- hanno attinto, glam, kraut, wave, specchietti verso il paese delle tivi quanto ingenui effetti stereo. neo-psych, popadelici d’ogni ordi- meraviglie, dall’altro simula i de- Sembra di vederlo, Norman Smith ne e grado. Dite, non vi sembra colli tremebondi e immaginifici di – il produttore “con la testa sulle forse che ovunque il rock abbia Astronomy Domine e - soprattut- spalle” imposto dalla EMI in sosti- osato ipotizzare realtà alternati- to - Interstellar Overdrive. Dove tuzione del mai troppo lodato Joe ve, si scorga più o meno in filigra- le strutture rinnegano se stesse Boyd - che non sa darsi pace di na l’ombra del pifferaio passare implodendo disarticolate per poi tutto il bailamme, di quell’appa- come uno stormo di spaventapas- esplodere formidabili, canzoni - rentemente scervellato & scelle- seri ridanciani? se volete - rapite da una corrente rato smanettare con le leve del

sentirea scoltare 109 Trunk Records Così ieri che sembra oggi

di Giancarlo Turra

Un’autentica ossessione dello sca- che strane”, curiosità esotiche che vo, preferibilmente in un passato dopo il boom di metà Novanta sono immaginario, che è particolarmente per lo più roba da rigattiere. Non viva in alcune frange appartenenti è così: Jonathan Benton-Hughes (ancora per poco) all’under-under- (che preferisce farsi chiamare Jon- ground d’oltremanica, come pun- ny Trunk) ha posto le basi dell’eti- tualizzato a fine 2006 da Simon chetta nel 1995 mosso da una non Reynolds in un articolo apparso in comune capacità di scelta, da un The Wire. Persuasivo, come suo disegno preciso che mirava subito solito, da indurci a prendere in esa- al cuore del problema. Inseguiva me una delle etichette simbolo di quel materiale da peculiare “libra- - è bene precisarlo da subito - un ry” (musica d’accompagnamento “non movimento”. Nessuna scena per pubblicità, jazz salottiero ma da eleggere a hype e abbattere di tagliente ed elettronica televisiva) PopNonStop lì a poco: la questione abita caso- genialmente stravolto e stridente C’è un’idea condivisa da eminenti mai dalle parti di un comune sen- nei dettagli. Musica strumentale al critici e avvertiti ascoltatori: che la tire, di un abbeverarsi a sorgenti quadrato, insomma, per lo più priva musica pop sia per definizione una accomunate dallo spirito originario del canto e spesso asservita a una faccenda sfuggente e atemporale. nonostante le modalità stilistiche. funzione precisa. Laddove molti si Insomma, pare che riesca nell’im- In questo panorama, la Trunk Re- limita(va)no a ritrovamenti dissen- presa di aprirsi una cavità, cresce- cords ci sembra - per catalogo, am- nati o basati sulla mera stranez- re dentro una dimensione parallela piezza delle vedute e un decennio za, ogni disco pubblicato da Jonny a sé stante dove ricicla in allegria i di attività fresco di festeggiamen- arriva da luoghi affatto anonimi e cascami della cultura di cui è parte ti - il caso da portare a esempio, confusi, mai radicati in un vuoto integrante e - morendo ogni giorno parallelamente a quel Focus Group autoreferenziale. Sono i figli spe- - rinasce in eterno. Per magia, ciò con cui condivide affinità elettive rimentali dell’arte visiva e sonora che è “retro” si permea d’una com- ed istruzioni per l’uso. tipica degli ottimistici “tempi mo- ponente nostalgica, confortevole e Approfittando della pubblicazione derni”, anni in cui si lavorava col affettuosa come la poltrona preferi- di Now We Are Ten (Trunk / Good- meta-pop. Ci trovate la sperimen- ta di quando eravamo bambini. fellas; agosto 2007; 7.8/10), raccol- tale televisione britannica dei Ses- Ma c’è un trucco: nei “non luoghi” ta celebrativa ricca di inediti che ne santa e dei primi Settanta (serie e della ritenzione certe sonorità me- riassume a grandi linee i tratti stili- pupazzi animati visionari e inquie- ditano, si rinnovano e tornano come stici, l’abbiamo posta sotto la lente tanti come Dr. Who, The Clangers, risacca a cancellare le certezze, le del microscopio. Non ve ne raccon- U.F.O., The Tomorrow People), il stesse che credevamo incrollabili teremo la storia: a quello ci pensa cinema in grado di mostrare una ed erano al contrario sulla sabbia. già Mr. Trunk nelle note di coper- differente percezione della realtà Lavorano sull’immaginario comune tina del CD. Vi diremo piuttosto di (Gola profonda, The Wicker Man, il di un passato prossimo così vicino come, nonostante ogni possibile cui soundtrack di culto è diventato da sembrare antico, teneramente cautela, ci abbia dato da grattare un successo, La notte dei morti vi- e illusoriamente ottimista se con- il capo, confortando con amorevole venti), i suggestivi suoni che a tut- frontato al presente arrivato in sua rievocazione un momento e agitan- to questo s’abbinano. O che, in un vece, che no, non è esattamente doci a colpi di detournement situa- gioco di rimandi ed echi incessanti, come lo aspettavamo. Una fugace zionisti quello successivo. sembrano preconizzarne e perce- ombra di inquietudine riposa pronta pirne lo spirito, siano essi jingle all’agguato, anche nei momenti più Yesterday… pubblicitari, mosse cabarettistiche allegri e spensierati (anche in quel- Se si analizza con superficialità il o indagini da scienziati del suono lo che viene considerato “mainstre- catalogo Trunk ci si può fare l’idea come , BBC Ra- am” e invece osa: ascoltatela bene che si tratti solo di una delle solite diophonic Workshop o il miscono- Umbrella di , poi diteci…) label dedite al recupero di “musi- sciuto preconizzatore dell’ambient

Classic 110 sentirea scoltare Classic Basil Kirchin. Difatti, l’intento iniziale della label britannica fu di preservare e divulgare la messe di materiali della Bosworth Libra- ry, il più longevo archivio sonoro di musica “da commento” esisten- te oltremanica. Come non vedervi un’ideale ricongiungersi all’epoca dell’intrattenimento ingegnoso, dei dettagli subliminali inseriti dentro quella che pare, ma non è, sempli- ce sottocultura usa-e-getta? Per- ché non ridare vita a dischi incisi da virtuosi jazzisti e genialoidi di un’elettronica a basso sviluppo tec- nologico, perciò dal potenziale evo- cativo inversamente proporzionale? Un’operazione simile a quella por- tata avanti da Stereolab, e Broadcast, con la differenza che qui si scandaglia il cuore di quella che è stata splendi- damente etichettata come “memo- riadelia”. Là si riproduce creativa- mente partendo dalla suggestione, prossima all’onirico, del ricordo,

qui se ne studia per lo più il reper- Jonny Trunk to (ri)generativo. L’intento non è da amanuense, semmai dell’umanista: prova ne sia che Jonny, primo con- trosenso che tira le fila, ha pubbli- cato anche interessante materiale piedi la Trunk, il motto è stato “mu- statement” anglosassone bilancia i di sua composizione, perfettamente sica, nostalgia e sesso”, in forza pochi eccessi, come già accadeva scambiabile per vintage. Ogni usci- del quale ha trovato subito un baci- per la El, etichetta dalle non poche ta, grondante stile fin dall’artwork, no d’utenza tra collezionisti e culto- affinità vocazionali con quanto fin rappresenta un gesto d’amore per ri terminali, ma anche tra chi cerca qui esposto. Dal torbido sgranato epoche dimenticate e dimensioni nella musica un valore aggiunto di seventies sopraggiungono tanto la parallele. arguzia e spirito dei tempi (andati). colonna sonore di Gola Profonda Aiutato finanziariamente dal suc- (pellicola dal sottotesto oggi buffa- …And Today cesso di Oh Boy dei Transcargo mente ironico) che le antologie di 7” Da John Cameron, Orriel Smith e (usata per una nota pubblicità di allegati a riviste sconce, culminanti compagnia bella si leva la polvere e automobili, ed ecco che il cerchio nel grado zero di spazzatura onani- lì si scopre lucenti arcani da soffitta si chiude…), ha allargato pian pia- sta Dirty Fan Male. Idea spassosa, psichica, si è investiti da immagi- no il cerchio degli interessi. Fin qui quella di mettere su disco letture di ni sonore radicate in noi anche se nulla di male o anormale, se non missive inviate alla sorella di Jon- mai sentite né viste davvero al tem- che in un’operazione fedele a una ny, anonima attrice porno, trasfor- po in cui c’erano. Ne aleggia solo linea che forse c’è e forse no (ma matasi in “fatto” mediatico e in un il misterioso, non di rado stridente si vede), il Nostro ha sentito la ne- libro che reiniettano il veleno nel magnetismo, e quando occorre c’è cessità di andare alla fonte con lo corpo che lo ha prodotto. la televisione che “una tantum” ser- scrupolo dell’avventuriero, portan- Cosa resta, infine, oltre a musica di ve al recupero. In un paragone dal do in salvo intere collezioni di mu- gradevolezza e intuito non comu- sapore di madeleine proustiano, è sica falsamente accessoria, vice- ni? Una certezza, per lo meno: la come se artisti nostrani partisse- versa in grado di reggersi in piedi memoria si ricicla autonomamente ro dalle ipnosi musicali del mono- alla perfezione. nell’immaginario e il pop le tiene die- scopio Rai, dai commenti sonori ai Del campionario discografico, non tro. Sembra confortante, ma appena documentari anni ’70 e dalle follie ricchissimo ma di qualità media scruti dietro la facciata appare sem- visive della Tv Svizzera per inda- considerevole, Now We Are Ten pre qualcosa che scricchiola. È lì che garle e capirne i segreti. Vedere offre adeguato e stimolante com- avete ottime possibilità di incontrare l’effetto che fa. pendio. Nessuna traccia di archi- Jonathan e, siatene certi, sta alacre- Da quando Jonathan ha messo in vismo, ribadiamo, perché l’“under- mente lavorando per voi.

sentirea scoltare 111 112 sentirea scoltare Lost Grunge Heroes Classic Satchel- Reservoir Dogs Of Soul

In fondo, ogni artista impara a scrivere il lavoro a cui sta lavorando solo nel momento in cui vi mette mano. In qualche modo, è l’opera d’arte stessa che gli insegna come vuole essere realizzata, di che necessita, cosa meglio può oliarne i meccanismi interni e renderla perfettamente funzionante. I Satchel, grandi dimenticati del grunge di , ebbero a che fare con questa forma di apprendistato rudimentale, ma necessa- rio, proprio nella preistoria delle singole carriere d’ognuno dei membri fondatori. Per capire, però, un minimo da dove sbucassero fuori questi signori che, durante la mareggiata chitarristica heavy-psych del grunge, osarono rifarsi a nomi quali Marvin Gay, Temptations e Prince, biso- gna rivangare un pochetto gli strati della geologia grunge più remota e rilevarne alcuni carotaggi. Nomi quali Mother Love Bone e Fire Ants vi dicono nulla? Allora, passando all’analisi il primo campionamento fatto, si dà il caso che tal Regan Hagar avesse militato, in qualità di batteri- sta, in entrambe le seminali formazioni. Poi, terminata con queste la proficua esperienza artistica, si diede a nuovi progetti. Altri due nomi da sottoporvi: i Bliss e i Brad. Semiobliati i primi, laddove dei secondi, animati quali fossero sua personale marionetta hard dal Pearl Jam Stone Grossard, si ricordano un po’ tutti. La prima metà importante dei futuri Satchel l’abbiamo quindi individuata. Adesso tocca spendere un paio di parole anche sul cantante Shawn Smith. Smith fu colui il quale volle, assolutissimamente volle, che i Satchel fossero e, soprattutto, suonassero così neri, black e groovy quale mai nessun altra band in quei paraggi. Certo, Shawn aveva avuto anche lui il suo apprendistato musicale colto. I , in combutta col pro- duttore Steve Fisk, furono autori di un paio di album a loro nome, fra il 1993 e il 1997. Come suonavano? Campionamenti, soul, filamenti sperimentali sguscianti via da ogni singola partitura, devoti al genietto di Min- neapolis Prince e fieri nella prassi loro imposta di decostruzione armonico-melodica ad oltranza. Un oltraggio al grunge d’allora, una speranza per quello a venire. E di questa ipotesi artistica ”’speranzosa” si nutrirono i Satchel. Eccentrici, ispirati, devoti all’arrangiamento jazz sofisticato (il magistero degli Steely Dan non ha certo fatto il suo tempo), pop nel senso maggiormente nobile, psichedelici di straforo e moderatamente inficiati da inserti electro, i Satchel del debutto suonano così. EDC contiene 13 canzoni che hanno il pre- gio sicuro della varietà. E della raffinatezza (cosa inusuale per una band di Seattle nell’anno domini 1994). La casa discografica, una major (la Epic), evidentemente non sa bene se i nostri eccentrici venderanno o meno, se la formula sia funzionale al successo di classifica o no, ragione per cui, nell’incertezza, adotta una politica sola... lascia fare! Mr. Brown apre il disco e suona come un Brain Damage dei Pink Floyd se solo Prince ne volesse fare una cover. Spaziale! Meglio ancora Equilibrium, coi suoi falsetti a riverbero, e quel muro di tastiere vintage tanto anni ’70. Titoli di canzoni quali Mr. Pink, Mr. Blue nonché la miriade di inserti (dialoghi) presi da Reservoir Dogs di Tarantino, non lasciano scampo su quale sia l’immaginario (filmico- musicale) che ispiri i nostri. Ma torniamo alle canzoni: la circolare filastrocca soul di Trouble Come Down, l’hard-rock sornione in More Ways Than 3, esperimento di rarefazione dell’ossigeno soul nella colonnina rock dei Satchel, sono solo altri modi in cui si esprime l’eclettismo del gruppo. Album memorabile quanto pochi altri, nella storia del sub-genere grunge, EDC fu seguito, a un paio di anni di distanza, da un secondo cd. The Family esce nel 1996 e, purtroppo, non raccoglie l’attenzione che meriterebbe. Né di pubblico, né di critica. La cometa grunge si è quasi disintegrata del tutto, durante la sua folle corsa nei cieli rock di inizi ‘90, ed adesso i Satchel son poco meno che pesci fuor d’acqua, se solo li si pensa legati alla storia di quelle musiche. Punto focale del nuovo disco, come tutto sommato dei precedenti, è la vocalità di Smith. Qui meno gigioneggiante, leggermente più “focalizzata”. Isn’t That Right, che apre il cd degnamente, è una sorta di esperimento, riuscito, di fusione soul-psichedelica con forti tinte confidenziali. Quasi una torch song che bruci lenta sull’ostinato del piano e il sottofondo chitarristico dilatato. Without Love suona grossomodo iden- tica, solo aumenta i giri di marcia e scorre via uptempo. La sofisticazione più barocca la si tocca in Criminal Justice, piccolo gioiello d’arrangiamento che non soffoca la canzone (essa c’è! Il suo ritornello pulsa lento e dolente). È il canto del cigno. Altro i Satchel, agli annali del rock, non vollero lasciare. E forse fu un bene fermarsi così, al momento giusto. Massimo Padalino

sentirea scoltare 113 VISIONI

4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (di Cristian Mungiu - Romania, 2007) Il Festival di Cannes sembra essere qualcosa di più del classico baracco- ne pubblicitario saturo di star. Basta guardare i film premiati negli ultimi anni con la Palma d’Oro – premio numero uno della manifestazione – per capire che tra quei titoli si annida un’idea di cinema che ricorre nel tempo e si ripropone nonostante il cambio delle giurie internazionali. L’idea è che il cinema migliore sia quello che scaturisce dal corpo a corpo tra macchina da presa e realtà. Se il cinema non indaga la realtà, se non produce chia- rezza su un fatto storico, se non inquadra il presente e i suoi drammi, non è adatto ad un riconoscimento ufficiale – un paradosso per il festival che ha osannato Tarantino e Lynch. Eppure, neanche Tarantino, una volta a capo della giuria, ha fatto diversamente: il suo voto è stato determinate nell’assegnazione del premio a Fahrenheit 9/11. Così 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, vincitore della Palma d’Oro nel 2007, è un film che s’inscrive nel solco del neo-realismo caro al Festival di Can- nes. Ed è un film potentissimo, capace in meno di due ore di squadernare un mondo, di riordinare un passato, di svegliare la memoria. Secco e forte come un pugno, ti si assesta dentro fin dalle prime battute. Il pugno è la storia di Gabita e Otilia, nella Romania del 1987, ai tempi della dittatura: di Gabita decisa ad abortire e di Otilia che l’aiuta, fino in fondo. A guardare bene, è la storia di un’amicizia senza pari tra due donne che scoprono sul loro corpo, dentro il loro corpo - l’aborto, la violenza dello stupro - il dominio feroce del potere. Ed il film è spettacolo senza essere spettacolare. Gli orrori della storia sono tenuti fuori campo. La macchina da presa, rigorosamente tenuta a mano, alterna lunghissime inquadrature a calcolatissimi piani sequenza – bel- lissimo e insostenibile quello della cena. Gli attori sono superlativi, a tal punto mimetizzati dentro il film, che le loro espressioni svelano i sentimenti e marcano un epoca storica. Le musiche sono completamente assenti, ed il controllo quanto l’esplosione della tensione, della suspence, delle emozioni, sono affidate unicamente alla sapienza narrativa della sceneggiatura, che non si sfilaccia mai, ma che prevede al suo interno elementi che di continuo potrebbero riaprire il film verso ulteriori sviluppi (il coltello rubato, il documento d’identità dimenticato in albergo). Un film necessario, questo di Mungiu: così come nel 2006 era stato importante Proprietà privata di Lafosse, e ancora prima i film dei fratelli Dardenne. Opere tese, asciutte, spoglie, che riportano gli uomini, le loro storie, la materialità della loro vita, dentro il cuore dell’immaginario collettivo. È un buon segno se la realtà, organizzata nella narrazione, ingigantita dalle tecniche di rappresentazione, torna a illuminarci dai bordi di uno schermo. Se il cinema svela cosa siamo o cosa siamo stati, tocca a noi spingere questa consapevolezza nel progetto di un futuro diverso e più giusto e più umano. Giuseppe Zucco

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I Simpson – Il film (di David Silverman - USA, 2007) Dopo diciotto stagioni e quattrocento episodi ecco la famiglia più amata d’America approdare al grande schermo. Nessun’altra spiegazione ci inte- ressa se non quella gioia un po’ ignorante di vedere proiettato sul grande schermo l’inno all’indolenza, alle dipendenze e alle umane debolezze rap- presentate da questo adorabile capofamiglia. È un po’ inutile raccontarvi la storia: come accade di solito negli episodi tv, si tratta di un inanellarsi infinito di eventi surreali. Homer deve salvare l’intera città di Springfield da una catastrofe dovuta all’inquinamento da lui stesso provocato. La più grande scommessa degli ideatori era quella di evitare di concepire il film come una sequenza di tre episodi: per far questo ci sono voluti molti mesi di riscritture e la possibilità di allargare il “cast”. Per tutelare l’ori- ginalità del film rispetto al tv show che intanto proseguiva, vennero presi accordi secondo cui nessun elemento del plot avrebbe dovuto fuoriuscire dallo studio blindato in cui gli scrittori lavoravano. Di fatto l’acume del team si è rivelato eccellente nelle battute più che, ovviamente, nella sto- ria, pretesto per un perfetto meccanismo ad orologeria della risata basato sul ritmo delle battute agganciate le une alle altre. Impossibili da ricordare tutte, alcune sfuggono, molte esprimono questo profondo senso di sfiducia che i cineasti (Moore, Linklater, Spurlock) sentono ultimamente nei confronti dell’era Bush. Per non parlare, poi, dell’acume con cui Groening riesce a tratteggiare i costumi e le abitudini americane, le tendenze di certe comunità ristrette a trovare il capro espiatorio, il gusto per le sofisticatezze tecnologiche: tutti elementi su cui s’innescano le battute migliori. Un altro problema del team era quello di esaltare le potenzialità del grande schermo che permetteva un raddop- piamento dello spazio a disposizione per il layout dei disegni. Così lo schermo si riempie di “grandissime scene di massa” (huge mob scene), elemento di novità rispetto ai tagli close-up del tv show. Non si possono contare poi le citazioni di film che Groening fa e ha fatto nel corso dei 18 anni di programmazione dei Simpson. Grande cinefilo, amante di film sci-fi di culto come Gli invasori spaziali (Menzies, 1953) o Beyond The Time Barrier (Ulmer, 1960) inedito da noi, incentrato sul time-travel che influenzerà anche Futurama, Groening è anche grande consumatore di tv e ovviamente di cartoon: Donald Duck (di Barks) e Mickey Mouse (di Disney) e altri decisamente meno conosciuti da noi. Ma Disney, non è mai stato fra i suoi favoriti: paragonato in un episodio tv a Hitler e accusato di aver spaventato a morte generazioni intere di bambini impressionabili (!) Insomma non importa essere tra i fedeli che non si perdono una puntata o tra gli acculturati che bistrattano un intrattenimento da cultura popolare, andate comunque a vedere questo film con un secchiello di o magari con uno zuccherosissimo donut rosa: non ve ne pentirete! Costanza Salvi

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Sicko (di Michael Moore - Usa, 2007) La saga di Michael Moore continua. Dopo l’incursione nel mondo della disoccupazione in Roger And Me, dopo la scorreria negli States dalle pistole facili di Bowling at Columbine, dopo il pamphlet scaccia-Bush sparato pochi giorni prima delle elezioni presidenziali di Fahrenheit 9/11, ecco il pluripremiato Moore avventurarsi negli impervi scenari del sistema sanitario americano. Ma non è solo un cinema, quello che ne viene fuori. Il film, denuncia dopo denuncia, constatazione dopo constatazione, diventa la radiogra- fia impietosa del disastro sanitario che ha spedito il paese più potente del pianeta al 37° posto nella classifica mondiale che certifica la qualità dell’assistenza medica. Ma, contrariamente a quello che dovrebbe essere un referto, una relazione clinica, non vi è nulla di asettico ed impersonale, in questa radiografia, poiché tutto il documentario è filtrato dallo sguardo cinico, molto ironico, di Moore. Ma non basta. Moore non è solo il regista dell’operazione. Moore è anche l’attore numero uno della rappresentazio- ne. È l’indispensabile raccordo in carne e ossa che permette di cucire, legare insieme, tutte le storie e gli scenari - dal locale al globale: Ameri- ca, Canada, Inghilterra, Francia, Cuba – che il racconto ospita. Perché, in fondo, Moore non è solo il filtro attraverso cui passa il nostro sguardo. Ma è anche il setaccio attraverso cui passa la nostra percezione dell’americano medio. Come nelle sue opere precedenti, Michael Moore, con il cappellino rosso, la giacca di pelle, le sneaker ai piedi, è l’identificazione dell’americano medio. Non è un dettaglio da poco. Anzi, questo ci permette di cogliere meglio le sue intenzioni. Moore si traveste da Americano Medio per tre ragioni. Prima ragione: per potenziare il suo punto di vista. Una volta travestito, lo sguardo di Moore appare situato all’interno del sistema, come quello di un testimone. Se avesse indossato i panni del Regista da Oscar, il suo sguardo sarebbe stato percepito fuori dal sistema, al di sopra del sistema: da testimone sarebbe passato a giudice. Seconda ragione: per farsi accogliere dalla comunità di americani medi in- guaiati dal sistema sanitario senza ergersi a paladino o santone. Terza ragione: per porsi immediatamente come contraddizione, come una controparte diversa e disturbante, anche solo a livello fisico - per il tipo di corporatura, per il modo in cui parla o veste - quando il documentario lo porta in giro per il mondo per saggiare altri sistemi sanitari. Con l’attenzione costante rivolta al corpo dei pazienti, ma anche al corpo del regista-attore, questo documentario ricorda gli studi di Michel Foucault. Lui stesso avrebbe pensato il film come una buona analisi della biopolitica - cioè del modo in cui il potere amministra e dispone della vita degli uomini. La gestione del corpo umano nella società americana, il suo impiego, il suo controllo, sembra non lasciare scampo agli incubi di un neoliberismo applicato e pervasivo come mai prima. Giuseppe Zucco

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Soffio (di Kim Ki-duk – Corea del Sud, 2007) Tutto il mondo è paese. Le società industrializzate hanno tutte gli stessi problemi. La coppia non comunica, ma potremmo aggiungere semplice- mente il celebre adagio: “Non drammatizziamo. È solo questione di cor- na”. Kim Ki-duk avvertiva l’impellenza di dover presenziare per l’ennesima volta al festival di Cannes e per esserci ha fatto il consueto film in tempi record. Soffio è stato accolto con generosità da “raffinati” esteti del cine- ma d’autore contemporaneo come Kezich e Mereghetti e ha trovato una rapidissima via distributiva a stagione appena iniziata. Ormai per certo cinema coreano il mercato, e in particolare il nostro mercato, è tutto in discesa. Potremmo dire che tutto il cinema orientale gode di un’attenzio- ne nel nostro paese altissima (Ang Lee che trionfa ancora a Venezia è lo sconfortante effetto di tutto questo). Sarà pur vero che siamo sempre stati all’avanguardia (Mizoguchi che vince per tre volte di fila a Venezia è un vanto da portare all’occhiello), ma mai come ora si cadeva ai piedi di qualsiasi cosa abbia gli occhi a mandorla e sia inquadrata con un certo gusto raffinato pseudo chic. Il fatto che il nuovo Kim Ki-duk sia stato di- stribuito immediatamente a settembre appena iniziato, come Mungiu (che però ha dovuto vincere a Cannes, sennò…), come Shreck e i Simpson… è un dettaglio non irrilevante. Negli anni passati, per vedere cose come Address Unknown e L’isola dovevamo aspettare che Enrico Grezzi ci facesse la cortesia, agevolandoci la visio- ne via Fuori Orario, ma ora basta entrare in una libreria Feltrinelli per poter scorgere vagonate di Time e L’arco in comode edizioni DVD. Se fosse il Kim Ki-duk di un tempo sarebbe un bel segnale, ma purtroppo è l’ombra dell’autore che era. Ormai ha messo il pilota automatico e Soffio è la dimostrazione lampante che i suoi film sono teoremi freddi e pilotati. Come poter prendere seriamente l’ennesima storia di corna e di incomunicabilità tra coppie? Come poter sopportare silenzi su silenzi il cui unico scopo è quello di bearsi della propria apparente profondità? Come fare a lasciarsi prendere da metafore logore e telecomandate (le stagioni, le foto, l’incisione sul muro della cella, il rapporto omo-affettivo tra i due condannati). Non c’è verso di lasciarsi prendere da un film che è più freddo del ghiacco siberiano e di una tecnica così goffamente artistica da sembrare televisiva (lo specchio nell’angolo che inquadra i protagonisti di riflesso dal salotto è una cosa di un infantile allucinante…). Per Kim ci vorrebbe una pausa e un bel po’ di umiltà in più, e per il pubblico italiano una disintossicazione da tutto questo esotismo superficiale di plastica. Antonello Comunale

sentirea scoltare 117 Derek Bailey L’ANARCHIA DEL GENTLEMEN LIBERTARIO di Daniele Follero

“Deve esserci un qualche grado non dialetti nei confronti di una lingua. Dal jazz alla liberazione solo di mancanza di familiarità, ma Sono il prodotto di localismi che totale della musica “non proprio di incompatibilità con un possiedono le caratteristiche di una idiomatica” partner. Altrimenti, che improvvisi a determinata società. L’improvvisa- Eppure la carriera di musicista di fare?” (Derek Bailey) zione esiste nella musica di que- Derek Bailey, inglese di Sheffield, Non è possibile introdurre un per- ste società (e qui ci si riferisce al classe 1930, è cominciata con sonaggio come Derek Bailey, sen- jazz classico quanto alle musiche tutt’altre premesse. Formatosi alla za accennare al suo concetto di im- etniche) nella misura in cui serve corte di chitarristi classici e di jaz- provvisazione libera. E’ stato così ad affermare un’identità centrale, zisti, tra cui spicca la figura di John importante questo concetto per lui che rifletta una particolare regione Duarte, gli esordi professionali del e la sua musica, che sarebbe in- ed una particolare popolazione. E giovane Derek sono legati al lavoro concepibile anche solo percepire il l’improvvisazione diventa uno stru- di turnista nei più svariati contesti: suo modo di suonare, senza prima mento (foss’anche lo strumento più sale da ballo, radio e tv, prevalen- sforzarsi di capire cosa intendesse importante). Le radici dell’improv- temente. Il suo primo trio, insieme a il chitarrista inglese per improvvi- visazione libera, invece, stanno Tony Oxley e Gavin Bryars, fonda- sazione. Niente a che vedere con nell’occasione più che nel luogo. to nel 1963, si muove ancora in un le “variazioni sul tema” proprie del Forse l’improvvisazione, qui, pren- contesto jazzistico “classico”, an- jazz più convenzionale, né con la de il posto dell’idioma. In pratica, che se lascerà presto queste sicure combinazione estemporanea di ar- in un’improvvisazione di questo sponde, per intraprendere il cammi- chetipi stilistici. Per Bailey il con- tipo, una miriade infinita di stili può no della “liberazione”. cetto di improvvisazione coincide mescolarsi, ma senza dare vita a Nel 1966, Bailey, allora trentaseien- con quello di anarchia e supera un idioma, bensì ad un’idiosincra- ne, decide di trasferirsi a Londra, qualsiasi limitazione all’espressio- sia, cioè un incrocio estemporaneo dove trova un ambiente piuttosto ne libera e incondizionata. Improv- e assolutamente imprevedibile di consono alle sue ancora embriona- visare vuol dire, in questo senso, linguaggi musicali”. li idee sull’improvvisazione. Nella essere totalmente padroni delle Forse è proprio questa la ragione capitale, infatti, il chitarrista co- proprie volontà, senza interessarsi principale della difficoltà con la mincia un periodo fruttuosissimo di minimamente alla convenzione. Ma quale, nella maggior parte dei casi, collaborazioni e prende parte a di- nessuno meglio di lui stesso (caso la musica di Bailey è giudicata versi ensemble dediti al verbo del- a cura di Daniele Follero più unico che raro in ambito artisti- estremamente ostica ad un ascolto la libertà improvvisativa, tra i quali co) è riuscito a dare una definizio- che potremmo definire convenzio- vale la pena di ricordare, almeno: lo ne della sua musica e della diffe- nale, cioè legato a parametri con- Spontaneous Music Ensemble, cui renza tra quella che normalmente divisi dalla maggioranza. Nessuna presero parte anche Evan Parker, il viene definita improvvisazione e struttura formale, nessuna gerar- contrabbassista Dave Holland e il ciò che lui intendeva per “freely chia timbrica, melodica e armonica trombettista Kenny Wheeler; la Mu- improvised music”: alla base. Tutto, ma proprio tutto, sic Improvisation Company (con “La principale differenza tra la mu- regolato unicamente dalla libertà Parker, Jamie Muir e Hugh Davies) sica liberamente improvvisata” e espressiva di chi interagisce nel la Jazz Composers’ Orchestra e ciò che normalmente viene definita processo improvvisativo. Anche gli Iskra 1903, un trio con il con- improvvisazione su pattern ritmico- per questo Bailey è stato definito trabbassista Barry Guy e il trombo- melodici “è che quest’ultima è idio- il della chitarra (in ma- nista Paul Rutherford. matica laddove l’improvvisazione niera un po’ troppo semplicistica, Ma la sua formazione è legata anche libera non lo è per niente. [Le mu- a dire la verità, ché le differenze alla musica “colta” europea, che in- siche improvvisate] sono costituite tra i due sono tantissime, ma non è fluenzerà i suoi primi lavori solisti. da un idioma, non dall’improvvisa- questo il luogo per metterle in evi- In particolare, la fascinazione per la zione stessa e si formano come i denza). musica di Anton Weber è evidente

i cosiddetti contemporanei 118 sentirea scoltare i cosiddetti contemporanei in quella ricerca di parcellizzazione della composizione in momenti (atti- mi) separati e indipendenti tra loro, in cui il silenzio è parte integrante del suono. E’ questo l’approccio che contraddistingue le sue prime regi- strazioni (riedite successivamente da Tzadik con il titolo di Pieces For Guitar) e i due album solisti Solo Guitar Voll. 1 e 2 (rispettivamente del 1971 e dell’anno successivo). Due dischi , questi ultimi, che figu- rano tra le prime uscite per la Incus, etichetta da lui fondata a Londra nel 1970 insieme a Tony Oxley, Evan Parker e Michael Waters e che dal- la sua fondazione e fino alla morte di Bailey rappresenterà, oltre alla sua principale occupazione, anche il punto di riferimento di una gene- razione di improvvisatori i cui soli nomi possono dare l’idea della por- ha spinto il chitarrista inglese ad musicali, attraverso l’uso del ritmo tata di un movimento che ha con- aprire la porta a chiunque, dando libero, di distanze intervallari am- dizionato e continua a condizionare vita ad una sperimentazione inces- pissime ottenute con l’uso alternato l’avanguardia musicale. Tutti musi- sante, che lo ha portato a confron- di armonici e di corde pizzicate in cisti che nel 1976 confluiranno nella tarsi con mondi diversi, a volte agli maniera tradizionale, e di feedback Company, una vera e propria con- antipodi con il suo concetto di mu- (se si trattava di strumenti elettrici). gregazione di improvvisatori: Anto- sica e che ha dato vita ad una di- Il tutto, manco a dirlo, costruito su ny Braxton, Tristan Honsinger, Mi- scografia difficilmente catalogabile: un tessuto melodico-armonico ato- sha Mengelberg, Lol Coxhill, Fred dal sax di Anthony Braxton (il Duo nale, che si butta alle spalle circa Firth, Steve Beresford, Steve Lacy, pubblicato nel 1974 dalla Emanem nove secoli di teorie sulle relazioni Johnny Dyani, Leo Smith, Han Ben- rimane una pietra miliare nella car- verticali e orizzontali tra le note, la- nink, Eugene Chadbourne, Henry riera di entrambi) a quello di John sciando il campo libero da qualsiasi Kaiser, John Zorn (ma la lista po- Zorn; dal suo diretto discendente costrizione. Qualsiasi. trebbe essere molto più lunga). Per- Fred Frith alla band noise giappo- Anche quando la costrizione diventa sonaggi legati in maniera diversa al nese Ruins (Tohjinbo, Paratactile, fisica, Bailey cercherà di eluderla. Il mondo dell’improvvisazione, molti 1997) fino alle raffinate “canzoni” rifiuto di farsi operare alla sindrome dei quali cresciuti, non a caso, con di David Sylvian, raccolte in quel del tunnel carpale (neuropatia do- il jazz, emblema occidentale dell’ar- Blemish (Samadhisound, 2003,a vuta all’irritazione del nervo media- te di improvvisare. cui ha partecipato anche ) no e preludio della sclerosi laterale Per Bailey, ogni incontro di musici- che ha fatto conoscere la sua chi- amiotrofica che lo avrebbe ucciso sti, anche tra realtà molto diverse tarra (in molti casi, per la prima vol- in poco tempo), che gli impediva di tra loro (anzi, soprattutto tra que- ta) ad un pubblico di profani della impugnare il plettro, per apprende- ste), genera potenzialmente sempre sua musica. re una nuova tecnica che si potes- qualcosa di interessante, se è libe- Questa frenetica ricerca del nuovo se adattare alla limitazione fisica, è rato dalle strette maglie degli schemi si rifletteva benissimo anche nel indicativo di quanto la sua voglia di preordinati. Il momento dell’improv- suo stile, assolutamente estraneo sperimentare con la musica fosse in visazione, il vero qui-ed-ora della a qualsiasi riferimento possibile. realtà un atteggiamento esistenzia- musica, se non è strumento di una Bailey è stato il primo ad esplora- le. Carpal Tunnel (Tzadik, 2005), struttura, può dire cose veramente re le possibilità timbriche non con- oltre ad essere l’ultimo album regi- nuove, il non-detto, il cui fascino è venzionali della chitarra, sfregan- strato in vita da Bailey (in questi due anche dovuto al fatto che non si ri- dola, grattandola, percuotendola, anni sono già stati pubblicati alcuni peteranno mai più come prima. e in questo rappresenta il padre album postumi, tra cui il più recente di una lunga serie di discepoli, di- è Standards (uscito per la Tzadik, Quando l’arte si confonde retti e indiretti, che vanno da Fred nella sezione Backyard), è anche la con la vita. Fino alla Frith a Bernard Falaise dei cana- testimonianza diretta di quella sua morte desi Foodsoon. Ma la sua maniera lotta contro il male. Una lotta im- Quest’attitudine libertaria, teoriz- di suonare non si limitava ad inter- possibile da vincere. Ma forse era zata nel 1980 con il libro Improvi- venire sul timbro, bensì provava a proprio questa sfida all’impossibile sation: It’s Nature And Practice, stravolgere anche gli altri parametri che lo aveva sempre affascinato.

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