PRODUZIONI CERAMICHE, SCAMBI, nell’area teramana dagli influssi della Protomaiolica COMMITTENZA E CIRCOLAZIONE DELLE meridionale, che utilizzava questo colore in associazione al MAESTRANZE IN TRA XIV E bruno sin dal XIII secolo (BUERGER 1974, p. 246; PATITUCCI UGGERI 1990, pp. 12-18), e dall’area abruzzese fu forse in- XVIII SECOLO: PRIMI APPUNTI trodotto nella gamma coloristica della ceramica nelle altre re- di gioni limitrofe dell’area centro-settentrionale (PANNUZI 1994a, pp. 67-68; PANNUZI 1995, pp. 207-208; PANNUZI-STAFFA 1995, SIMONA PANNUZI in c.s.). Contatti molto stretti con l’ambito umbro-toscano sono infatti attestati nella produzione atriana per il repertorio mor- fologico e decorativo di questi primi vasi maiolicati. I. I CENTRI DI PRODUZIONE CERAMICA IN ABRUZZO Per vengono a sopperire una documentaria DAL TARDO MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA: più nebulosa riguardo la reale ubicazione delle fornaci atte- NASCITA E SVILUPPO state dalla fine del XIII secolo, probabilmente collocate in aree esterne al centro cittadino vicino a corsi d’acqua, il Grazie agli interventi archeologici che negli ultimi due Senello e l’Olivello, forse entrambi controllati dal vicino decenni si sono condotti nella regione abruzzese si può co- monastero di S. Giovanni in Venere (vedi dopo), le impor- minciare a tracciare un quadro abbastanza chiaro di quella tanti scoperte archeologiche avvenute durante il restauro che doveva essere la realtà produttiva in Abruzzo in età tar- dell’antica chiesa di S. Legonziano (poi S. Francesco), con- domedievale e moderna. Il risultato della ricerca è un pano- cessa ai francescani dal vescovo di Landolfo rama molto più variegato e complesso di quello che si pote- Caracciolo nel 1252 e ricostruita con più ampie proporzio- va immaginare anche solo pochi decenni fa, caratterizzato ni nella seconda metà del XIII secolo, o al più tardi agli dall’esistenza di una pluralità di centri artigianali per la pro- inizi del XIV secolo. Nel rincalzo delle volte in laterizio è duzione ceramica, particolarmente numerosi già dal tardo- stata rinvenuta una serie di vasi in Maiolica Arcaica, fra cui medioevo nell’area gravitante sulla costa adriatica, mentre alcuni allo stato di biscotto (ODOARDI 1994, pp. 15-36). più limitato sembra essere stato l’apporto delle aree inter- Questo ritrovamento permette di attribuire al centro frentano ne, per le quali però si può far ricorso ad una documentazione l’esistenza di fornaci per una produzione di maiolica Arcai- archeologica meno estesa rispetto al versante adriatico. ca particolarmente elaborata dal punto di vista decorativo, Il primato di Castelli nella realizzazione di vasi maioli- evidenziando chiari contatti da una parte con l’area tosco- cati sta cedendo il passo, ma soltanto cronologicamente, umbra, dall’altra con le Protomaioliche meridionali, specie alle prime produzioni di Maiolica Arcaica che si sono indi- pugliesi, con una rielaborazione originale dei modelli mor- viduate in altri centri Abruzzesi, come Atri e Lanciano, dove fologici e decorativi, ed un livello tecnico senz’altro eleva- si cominciò a sperimentare la tecnica del rivestimento stan- to. Le botteghe ceramiche abruzzesi, di cui l’officina nifero su manufatti ceramici già nel XIII-XIV secolo, con lancianese rappresenta un’eloquente testimonianza, potreb- risultati anche particolarmente elevati. La posizione dei due bero dunque aver costituito, probabilmente proprio tramite centri, all’estremità Nord e Sud della costa adriatica abruz- le celebri fiere di Lanciano, uno stimolo per la diffusione zese, appare particolarmente privilegiata, per la possibilità nell’Italia centrale di tipologie e motivi decorativi derivanti di scambi frequenti con le regioni limitrofe, da cui poteva- dalla commistione di elementi di varia provenienza, specie no provenire merci, maestranze e tecnologie artigianali, dal meridione e dalle aree centrali della penisola. A questo come sempre più appare evidente dal confronto tipologico proposito va ricordato il riattivarsi in età normanna della e decorativo dei primi manufatti maiolicati abruzzesi con grande transumanza, lungo i numerosi Tratturi che collega- quelli pugliesi e dell’area umbro-laziale. vano le aree costiere ed interne dell’Abruzzo e del Molise Entrambi i centri si trovano in un territorio particolar- con la Puglia, sul principale dei quali, il grande tratturo mente adatto dal punto di vista geologico al reperimento L’Aquila-Foggia erede dell’antica via litoranea, il centro di dell’argilla per i vasi, posizionati favorevolmente sulla fa- Lanciano risultava collegato (PROPERZI 1988, p. 63). Tali scia collinare allo sbocco al mare di valli fluviali di colle- itinerari venivano così a rappresentare un canale privilegia- gamento con l’interno ed infine vicini alla viabilità costiera to per commerci (derrate alimentari, lana, zafferano) e con- e a luoghi d’approdo. Dipendeva da Atri il porto di Cerrano tatti di ogni genere, ivi compreso quello legato alla diffu- attestato già dal XIII secolo (KEHR 1909, vol. IV, p. 307), sione ed utilizzo di prodotti ceramici (PICCIONI 1993, pp. particolarmente florido nel XIV-XV secolo e collegato alla 205-212; STAFFA 1994, pp. 70-71). Puglia per il commercio di cereali (SORRICCHIO 1929, p. 281; Malgrado per l’Abruzzo si possa far ricorso a pochi dati AA.VV. 1983, p. 51), che decadde alla fine del XVI secolo, documentari, si può ipotizzare anche per questa regione un quando l’approdo fu spostato alla spiaggia di Calvano determinante impulso da parte della committenza monasti- (AA.VV. 1983, p. 55; BATTISTELLA 1985, p. 213 nota 25). ca alla produzione ceramica, come risulta dalla documen- Anche Lanciano era ben collegata ai porti di e di S. tazione d’archivio anche per altri ambiti regionali, per esem- Vito ed era inoltre luogo di famose fiere semestrali, forse pio già dal X secolo per i monasteri di Montecassino e di S. già dal XII secolo, nelle quali si incontravano mercanti pro- Vincenzo al Volturno (DONATONE 1993, p. 13). venienti anche da altre regioni italiane e dove si poteva com- Per l’Abruzzo si ha notizia nel XIII secolo di una figu- prare piombo e stagno, materie prime necessarie all’arte lina «sotto il monastero di S. Giovanni in Venere» che dava ceramica, di cui l’Abruzzo era privo (BOCACHE, ms. sec. ai monaci una cospicua rendita, la cui ubicazione ha dato XVIII, vol. II, p. 444 e sg.; MARCIANI 1962). adito ad ipotesi diverse tra gli studiosi locali (ANTINORI 1790, Ad Atri l’attività ceramica appare documentata in età p. 50; BINDI 1883, p. 26; PRIORI 1942, pp. 60, 68, 178 e medievale fin dal XIV secolo, attraverso documenti d’ar- 1950, pp. 133-134). chivio da cui risulta la presenza in città nel 1324 e nel 1341 Dell’esistenza di fornaci all’interno di complessi mo- di vasai, di pignatas pictas pro cocta, di urceos de terra nastici per l’area abruzzese è rimasta traccia nell’insedia- vitreatos e non, e di generici «vasselli» (SORRICCHIO 1929, mento benedettino di S. Maria dello Spineto a Quadri, dove p. 458), denominazioni che dovevano probabilmente indi- si sono rinvenuti probabili resti di una fornace (inf. S. La care prodotti ceramici maiolicati, rendendo più che plausi- Penna-C. Piraino), che forse produceva un tipo di ceramica bile l’ipotesi dell’esistenza in Atri di artigiani che realizza- Ingubbiata, rinvenuta nello scavo delle strutture medievali vano vasi in Maiolica Arcaica, in cui era presente anche della chiesa, ad imitazione delle Protomaioliche di XIII- l’uso del colore blu, forse tra le prime attestazioni in Italia XIV secolo di ambito molisano e napoletano, ma con l’ado- (in ultimo PANNUZI 1995, pp. 209-210; PANNUZI-STAFFA 1995, zione di una tecnica più economica senza l’uso dello sta- in c.s.). L’uso del blu-cobalto fu probabilmente stimolato gno per la copertura dei vasi (PIRAINO 1992, pp. 523-547;

©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 1 PIRAINO 1994, pp. 37-48). Questi manufatti dovevano esse- gubbiate, graffite e non, fu probabilmente stimolata dalle re realizzati per le limitate necessità dell’isolata comunità botteghe castellane, i cui manufatti erano senz’altro supe- monastica, per la quale erano sufficienti ceramiche poco riori come qualità e resa artistica. costose con un limitato repertorio decorativo. Nella stessa epoca anche nel vicino centro di Penne, Un altro esempio di produzione ceramica in ambito situato anch’esso in un’area geologicamente favorevole allo monastico sembra potersi attribuire al caso dell’Abbazia di sviluppo delle manifatture ceramiche, esistevano delle bot- S. Maria d’Arabona, nella Valle del , per la quale si teghe di vasai, specializzati nella realizzazione di Ingub- ha notizia del rinvenimento di superficie di scarti di forna- biate( graffite, dipinte e monocrome), di cui si sono rinve- ce di Maiolica Arcaica, databili al XIII secolo (DE POMPEIS nuti alcuni scarti di fornace, che tenevano a modello la coe- 1989, p. 39). va produzione castellana (COSTANTINI 1989; PANNUZI-STAF- Da altre ricerche compiute in monasteri benedettini del FA 1997, in c.s.). Anche la fornace pennese doveva trovarsi teramano, S. Maria di Mejulano presso Corropoli e S. Ma- in una zona periferica della città, vicino al Portello Marzio, ria di Montesanto presso Civitella del Tronto, è emerso in- come pare documentato, oltre che dai rinvenimenti cerami- vece come queste comunità non facessero grande uso di ci, anche da una fonte più tarda, del XVII secolo (vedi dopo). manufatti ceramici, almeno nelle epoche più antiche, forse Anche per questo centro può ipotizzarsi un impulso all’at- sostituiti da più economici recipienti in legno o in pietra tività ceramica da parte delle abbazie benedettine presenti ollare. Inoltre anche in periodi più recenti non risulta si svol- in un certo numero nel territorio, come quella di gesse in loco una produzione ceramica, preferendo impor- Colleromano, fondata probabilmente nell’XI secolo in area tare da altri centri limitrofi, come risulta dai dati archeolo- prossima al centro abitato. gici, i manufatti di cui abbisognava la vita della comunità Per l’Abruzzo interno gravitante verso l’area laziale, (PANNUZI 1994b, pp. 49-66; PANNUZI-STAFFA 1996a, pp. 355- dalle notizie archivistiche sparse e frammentarie che si co- 364 e PANNUZI-STAFFA 1996b, pp. 365-373). minciano ora a rimettere insieme, emerge sempre con più Anche per la nascita a Castelli nella Valle Siciliana del- chiarezza il centro di Tagliacozzo, dove nel XV secolo con la produzione ceramica si è ipotizzato che possa aver influ- tutta probabilità doveva essere diffusa un’attività ceramica, ito l’abbazia benedettina di S. Salvatore, documentata con conosciuta ed apprezzata anche a Roma. Infatti nei docu- certezza dal XII secolo tra le pertinenze del monastero di S. menti della Dogana minuta di Roma, relativi agli anni 1420- Niccolò a Tordino (KEHR 1909, vol. IV, p. 315; PALMA 1981, 30 è riportata la notizia di ben tre arrivi di merce ceramica vol. IV, p. 397) ed ora non più precisamente localizzabile, provenienti dal centro abruzzese (GULL 1996, in c.s.). Poi- ma comunque non molto lontana dall’attuale centro storico ché non è specificato che detta merce fosse stata prodotta in di Castelli (MOCCIA 1972, p. 83; ROSA 1989, p. 19). Si è loco, come appare comunque molto probabile, non si può inoltre affermato che tra Castelli e l’area frentana si stabilì escludere del tutto l’ipotesi che Tagliacozzo fosse all’epoca in un’epoca precoce uno stretto contatto, poiché due rap- soltanto un centro di mercato e di commercio di tali manu- presentanti della famiglia di feudatari della Valle Siciliana fatti, realizzati in altri centri abruzzesi. Ad avvalorare però nel XII-XIV secolo, i Pagliara (JAMISON 1972, n. 1181; l’ipotesi dell’effettiva esistenza nel centro abruzzese di una VULTAGGIO 1983, p. 45), divennero abati della abbazia di S. locale produzione ceramica in questo periodo è la notizia Giovanni in Venere nell’XI e XII secolo (MOCCIA 1972, p. che nel XVI secolo operavano a Roma alcuni vasai prove- 83). Questo contatto potrebbe aver stimolato l’introduzio- nienti proprio da Tagliacozzo: in alcuni documenti romani ne dell’artigianato ceramico in un sito particolarmente fa- è nominato un famoso «Mauro vascellario da Tagliacozzo» vorito per l’approvvigionamento della materia prima indi- che lavorava a Roma nel 1558-59 (GRIGIONI 1955, p. 39 e spensabile, l’argilla. Dati archeologici certi per Castelli si 1958, p. 19), lo stesso forse che in un altro documento del hanno però soltanto per un’epoca più recente, quando co- 1554 è chiamato «fornaciaro in lisula» (Archivio di Stato minciarono a svilupparsi le produzioni ingubbiate, graffite di Roma, Atti del notatio capitolino S. Petrutius, vol. 1301, e maiolicate, forse a seguito della committenza della fami- f.226r e sg., in AA.VV. 1982, p. 315) e che in un atto nota- glia Orsini, che aveva fra XIV e XVI secolo vari pos- rile del 1558 viene chiamato come perito insieme ad un al- sedimenti nella Valle Siciliana (VULTAGGIO 1983, pp. 45-48). tro vasaio di Forlì per effettuare l’inventario dei beni messi Questa produzione è ormai ben accertata dai ritrovamenti in vendita della bottega di Cristoforo da Cotignola (Archi- archeologici degli scarichi della fornace Pompei che si rife- vio di Stato di Roma, Atti del notatio capitolino P.E. De riscono ad un’attività svoltasi nel XV secolo (in ultimo DE Calzolis, vol. 353, f.312v-314r e vol. 345, f.375v-378r, in POMPEIS-RICCI 1989; DE POMPEIS-DE COLLIBUS 1989, pp. 26- AA.VV. 1982, pp. 316-318 ), mentre in un altro documento 35). La produzione maiolicara sarebbe stata ulteriormente ancora è attestato maestro Virgilio di Giovanni Antonio da stimolata dall’arrivo a Castelli di un tal “mastro Renzo” da Tagliacozzo, che muore a Roma nel 1593 (GRIGIONI 1956, p. Lanciano e di suo figlio Polidoro agli inizi del XVI secolo 38). (BINDI 1889, pp. 325-326; FILANGIERI 1891, vol. VI, pp. 301 Nel XVI secolo il centro di Castelli acquista un’impor- e 339-340; sulla querelle relativa a questi due personaggi in tanza sempre più vasta sia in ambito abruzzese, che in Italia ultimo DONATONE 1981, p. 32), che avrebbero innestato le e addirittura all’estero. Nelle botteghe castellane comincia- loro conoscenze tecniche, maturate in ambiente frentano, no ora a distinguersi più nettamente due diverse produzio- in un contesto artigianale che già aveva indipendentemente ni: la prima legata alla committenza delle più importanti sviluppato una sua originale produzione. famiglie aristocratiche della regione o delle aree limitrofe, Oltre all’importante centro di Castelli, nel XV secolo come quella romana e napoletana ( a cui può riferirsi per es. più numerose diventano le testimonianze di un’attività ce- il servizio Orsini-Colonna, ormai definitivamente attribui- ramica nei siti abruzzesi, probabilmente stimolate dalla com- to al centro castellano: DE POMPEIS-DE COLLIBUS 1985, ed mittenza aragonese, come già a Napoli, capitale del regno anche il Servizio farnese: RAVANELLI GUIDOTTI 1985, pp. 43- (DONATONE 1993, p. 29). Ad Atri nel XV secolo continua la 65), la seconda invece, più corrente e meno costosa, pur produzione ceramica probabilmente con i manufatti graffi- mantenendo un livello tecnico abbastanza alto, riservata al ti, come è testimoniato dal rinvenimento di scarti di fornace mercato borghese e popolare, con un’ampia esportazione e dalle fonti documentarie, che attestano l’esistenza in città non solo nella regione, come attestano i ritrovamenti di sigillatores vasalium sul colle Muralto a Sud dell’antico archeologici, ma anche fuori del Regno di Napoli, attraver- centro, e di officine di figuli nella zona di Capo d’Atri nella so le sempre importanti Fiere di Lanciano, che nella prima parte occidentale della città, vicino alle mura (SORRICCHIO metà del XVI secolo vennero aperte anche a mercanti stra- 1929, p. 458); nel catasto del 1447 è inoltre attestato il nome nieri e di religione non cristiana (LA MORGIA 1974, p. 41). di un Bartolomeo pignatarius abitante nel quarto di S. Ma- Possiamo ipotizzare, sebbene manchino conferme dai ria (TRUBIANI 1973, p. 19). La produzione atriana di In- dati archeologici, che nella stessa Lanciano la tradizione

©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 2 ceramica si fosse conservata in questo periodo, in connes- mo e Girolamo Filippegna, Bernardo di Ruggiero e Zerbi- sione con le fiere periodiche, dove si svolgevano anche tran- no Cappelletti, l’ultimo dei quali gestiva l’antica fabbrica sazioni di vendita di ceramiche castellane per il mercato napoletana detta del Ponte della Maddalena (DONATONE napoletano (FILANGIERI 1891, vol. VI, p. 74; BATTISTELLA 1981, p. 44) e molti altri sono attestati anche nel secolo 1985, p. 206, doc. II-III). In realtà lo spostamento di mastro successivo (FILANGIERI 1891, voll. V-VI). Renzo e di suo figlio Polidoro da Lanciano a Castelli agli I vasai castellani si diressero anche verso altri piccoli inizi del secolo potrebbe far pensare all’inizio di una crisi centri del regno napoletano, se può essere interpretato come dell’attività ceramica nel centro frentano, mentre sempre proveniente dal centro abruzzese un «Domenico di Rocco più famosa diventava la produzione teramana. Una crisi che de Sania de Castello della Faenza», morto nel 1644 a Cer- nel corso del XVI secolo, con l’occupazione spagnola del reto Sannita (DONATONE 1992, p. 42), mentre sicura è l’ori- napoletano, si riflettè anche sull’organizzazione delle fiere, che gine di «Agostino e Antonio de Santo di Castello de vennero private da parte di Filippo II di tutti i privilegi di cui Abruzzi», che nel 1634 sono impiegati a dipingere vasi, prima godevano (RAZZI 1968, p. 66; LA MORGIA 1974, p. 41). insieme a Tommaso de Placito e Tommaso de Jacovo, pres- Mentre Castelli andava organizzando la sua produzio- so la «Faenzera del Diluvio» di Salerno (Archivio di Stato ne in modo sempre più articolato, gli altri centri del di Salerno, Notaio Gregorio Siniscalco, 18-6-1634, fol.13 teramano, nei quali si era già affermata l’attività ceramica in DONATONE 1992, p. 62), e di Lorenzo Salandra di Castelli nei secoli precedenti, continuavano la realizzazione di pro- presente a Cerreto e poi a Napoli nella prima metà del XVIII dotti per i ceti medi, in gran parte tributari delle botteghe secolo (FILANGIERI 1891, vol. VI, p. 407; DONATONE 1992, p. castellane per il repertorio morfologico e decorativo. 42). Altri vasai castellani sono attestati a Vietri nel corso Per Atri, in questo periodo feudo della potente famiglia del XVII secolo (DONATONE 1992, pp. 59-60). Acquaviva, manca una conferma dalla documentazione ar- Nel XVII cominciò in Abruzzo l’attività di un nuovo chivistica sulla reale continuazione della produzione cera- centro, Torre de’ Passeri nell’alta Val Pescara, dove dalla mica, benché possa essere ipotizzata dal ritrovamento di fine del secolo furono attivi Lorenzo e Raimondo Pompei, reperti maiolicati con difetti di cottura (in ultimo PANNUZI appartenenti alla famiglia dei famosi ceramisti di Castelli, 1995, p. 215), e dal rinvenimento di una struttura, forse in- la cui produzione torrese è ben conosciuta dal ritrovamento terpretabile come una fornace, la cui utilizzazione trova un dei butti della loro fornace (FRANCESCHILLI-DE POMPEIS 1974). terminus ante quem nella fine del XVI secolo (AZZENA 1987, Oltre ai Pompei lavorava a Torre anche un’altra famiglia di pp. 51-52). ceramisti castellani, i Fraticelli, la cui presenza è conferma- Maggiori notizie rimangono invece per Penne da docu- ta in un documento già nel 1665, prima che i Pompei si menti conservati nell’Archivio Comunale della città, dai trasferissero da Castelli. Nel secolo seguente, nel catasto quali si ha notizia di un Matteo Procacci che aveva una bot- onciario di Torre relativo al 1753, sono documentate sette tega di ceramica nel Piano di S. Domenico nel XVI secolo, famiglie di ceramisti, in parte di origine castellana, per alcune mentre da un’epigrafe datata al 1610 sappiamo dell’esistenza delle quali l’attività continuò fino alla fine dell’800 (ROBOTTI di una corporazione di vasai intestata proprio ad un Procac- 1989, pp. 98-99). Una delle fornaci presenti nel paese, di pro- ci, un discendente del quale negli anni ’70 aveva ancora prietà dei Calenzani, impiantata probabilmente nella seconda una fornace di ceramica grezza nel Rione S. Paolo metà del 1700, ma utilizzata fino alla seconda metà del XIX (COSTANTINI 1989, pp. 10-11). L’attività ceramica a Penne secolo, è stata scavata dall’Archeoclub di Pescara, portando al continuò anche nel secolo successivo come è ricordato in rinvenimento di una gran quantità di scarti di ceramica, pur- altri documenti da cui risulta che nel XVII sec. «la chiesa di troppo ancora inediti (ROBOTTI 1989, pp. 98-101). S. Giovanni vicino al Portello di Marzio e` profanata essen- Nello stesso periodo pare si sia sviluppata un’attività done oggi una bottega di figulina con fornace…» (N. TOPPI, ceramica anche nel vicino paese di Bussi, dove nel 1713 si ms. in Biblioteca della Deputazione di Storia Patria di Na- trasferì Francesco Antonio Grue da Castelli (BATTISTELLA poli, in COSTANTINI 1989, p. ?). Relativi alla produzione 1985, p. 207). pennese di XVI-XVII secolo sono gli importanti rinveni- Anche ad Atri l’attività ceramica riprese, o più proba- menti avvenuti nel 1956 nell’odierna Piazza Luca da Pen- bilmente perdurò senza soluzione di continuità, grazie an- ne, nel piano di S. Domenico, relativi ad una serie di boc- che all’arrivo di Aurelio Grue da Castelli, che nella prima cali di maiolica dipinta, con originali raffigurazioni, evi- metà del XVIII secolo aprì in città sotto il patrocinio degli denti scarti di una fornace locale (Varo 1956, pp. 17-18; Acquaviva una nuova bottega, forse vicino alla chiesa di S. COSTANTINI 1989). Agostino presso la piazza della Cattedrale (Archivio di Sta- Nel XVII secolo il pesante fiscalismo spagnolo comin- to di Teramo, Protocolli del Notaio F.M. Binni di Atri, a.1726 ciò a gravare anche sull’attività dei vasai abruzzesi, e in e Protocolli del Notaio G. Bucciarelli di Atri, a. 1751 in particolare di quelli castellani, che nella seconda metà del BATTISTELLA 1985, p. 207 nota 18; ARBACE 1993, p. 37). Ad secolo dovettero subire onerose tasse sulla vendita delle Atri nella metà del ’700 operava anche la bottega di Gaeta- merci (VULTAGGIO 1983, p. 67). Queste ulteriori spese co- no Castagna (Archivio di Stato di Teramo, Protocolli del minciarono a procurare una certa crisi nell’attività dei cera- Notaio D.A. Olivieri di Castelli, a. 1746, in BATTISTELLA misti di Castelli, che già dovevano scontare a livello finan- 1985, p. 207 nota 22; ARBACE 1993, p. 44). Da Atri le maio- ziario la difficoltà di poter commerciare i loro prodotti, che liche si potevano imbarcare più facilmente presso la spiag- spesso non arrivavano integri al luogo d’imbarco sulla co- gia di Calvano (Archivio di Stato di Teramo, Doganella di sta adriatica, mentre ancor peggio era per i prodotti inviati Penne, B. 10, Atti civili tra C. D’Ercole e G. D’Eusanio in ai mercati del versante tirrenico. Si assiste così ad una dia- BATTISTELLA 1985, nota 25; DE LUCIA 1969, p. 240), evitan- spora dei maiolicari castellani in altri siti abruzzesi ed ex- do il lungo trasporto per mulattiere che scendevano da Ca- traregionali, nella speranza di poter impiantare con più fa- stelli verso il mare, percorribili soltanto da animali da soma, cilità e con meno spese nuove manifatture ceramiche uniche vie di collegamento per il centro teramano ancora (BATTISTELLA 1985, p. 207). Il più diretto luogo di trasferi- fino alla metà dell’ottocento (DE LUCIA 1969, pp. 239-263). mento furono le Marche, nello Stato Pontificio, per le quali A Lanciano, dopo uno iato nella documentazione d’ar- si ha notizia nel 1672 di un Giovanni Antonio di Cesare, chivio e in quella archeologica, probabilmente derivante da maiolicaro di Castelli, che aveva impiantato una bottega un difetto della moderna ricerca, che andrà senz’altro ap- ceramica nel territorio di Ascoli, chiedendo all’autorità cit- profondita, si segnala l’esistenza tra il 1703 e il 1717 di una tadina l’esenzione dai pagamenti dovuti per tale attività faenzera attribuita a Francesco Ursini (Archivio di Stato di (BOJANNI 1988, p. 78; ARBACE 1993, p. 12). Lanciano, Protocolli del Notaio S. Peschio di Lanciano, Altro luogo privilegiato per l’ emigrazione di vasai ca- a.1728 in BATTISTELLA 1986, p. 57, nota 22). Inoltre dal Ca- stellani fu Napoli: nel 1621 erano in città i faenzeri Giaco- tasto Onciario della città, formato nel 1747, risultano attivi

©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 3 otto tra faenzari, vasari, pignatari e rovagnari, sparsi in vari dazi e tributi. Proprio a quest’ultimo motivo e alla generale quartieri, Borgo, Civitanova e la contrada della Ruga di S. recessione economica nel Regno di Napoli può ricollegarsi Giovanni, uno dei quali è detto originario di Torre de’ Pas- la mobilità interna ed esterna della popolazione abruzzese seri (Biblioteca Comunale di Lanciano, in BATTISTELLA 1986, nel corso del XVII secolo (BULGARELLI LUKACS 1993, p. 173), nota 22). Questa documentazione ben si connette con i recen- fenomeno riscontrabile anche tra i vasai di Castelli, centro ti rinvenimenti di frammenti di Ingubbiate dipinte e di Graf- dove i gravami fiscali furono particolarmente intensificati fite tarde, tipologicamente non confrontabili con altri rin- dai feudatari spagnoli, i Mendoza (MARINO 1983, p. 67). venimenti abruzzesi e che si è proposto essere prodotti in Altra causa nel teramano di un possibile spostamento Lanciano nel XVII-XVIII secolo (PANNUZI-STAFFA 1994, in di attività artigianali come quella ceramica, può essere sta- c.s. e 1997, in c.s.). Ancor più interessante a questo propo- to il crescente fenomeno del banditismo, che nella seconda sito appare il rinvenimento, durante i restauri di un palaz- metà del XVII secolo fu causa dell’interruzione dei contatti zetto del centro storico, di una serie di esemplari di cerami- commerciali nella regione per i pericoli che si correvano sulle ca Invetriata da fuoco con decorazione a ingobbio, tra i quali strade (PROPERZI 1988, p. 66; BULGARELLI LUKACS 1993, p. 175). un gran numero di pentole e tegami, da considerare scarti All’interno della regione abruzzese più frequenti spo- di produzione di una fornace locale, databile per i confronti stamenti di maestranze sono documentati tra Castelli e gli tipologici, specie con i materiali romani, al XVII-XVIII altri centri del teramano e dell’area chietino-pescarese, secolo (PANNUZI-STAFFA 1994, in c.s. e 1997, in c.s.). mentre non risultano contatti frequenti con l’aquilano, pro- Soltanto dalla documentazione archeologica invece babilmente dovuti alle difficoltà di comunicazione tra un possiamo ipotizzare l’esistenza di un altro luogo di produ- versante e l’altro del Gran Sasso (VULTAGGIO 1983, p. 66). zione nell’Abruzzo centro-meridionale, forse ubicabile a Inoltre trasferimenti di ceramisti abruzzesi sono documen- Chieti o in un altro centro della zona. Infatti il ritrovamento tati anche nelle regioni limitrofe, nelle Marche, a Roma, a di una particolare tipologia di ceramica Graffita in alcuni Napoli e in alcuni siti della Campania, dove più semplici e siti del chietino (Rosciano, Moscufo, Pianella, etc.) e nella diretti potevano essere i contatti e più facile e lucrosa l’or- stessa Chieti, dove i dati stratigrafici permettono di inqua- ganizzazione di una nuova attività. drarla tra XVII e XVIII secolo, ha fatto ipotizzare l’esisten- za anche in quest’area di una produzione ceramica autono- ma in epoca tarda. Un documento d’archivio pubblicato di III. IL COMMERCIO DEI PRODOTTI CERAMICI recente potrebbe in qualche modo suffragare l’ipotesi del- ABRUZZESI ALL’INTERNO E FUORI DELLA l’esistenza di una tradizione ceramica chietina: infatti a REGIONE Chieti nel 1569 venivano a rifornirsi di «...piombo, stagno, terra bianca, gesso...» nella bottega del «mercatore Iacobo Le ceramiche che dal XV secolo alimentarono maggior- Martino bergamensi» Donato Valeriani e i fratelli Tomma- mente i contatti commerciali all’interno della regione abruz- so e Annibale Pompei di Castelli (Archivio di Stato di Chieti, zese furono le diverse produzioni castellane, ingubbiate e Protocolli del Notaio N.A. Fiorentini di Chieti, a. 1569, in maiolicate. Castelli fu l’unico centro che dall’inizio della BATTISTELLA 1986, p. 55, nota 11). Il fatto che questi prodot- sua produzione fino al XVIII secolo mantenne contatti di- ti, indispensabili per una bottega ceramica, venissero ven- retti con siti anche lontani ed impervi, come i castelli di duti a vasai castellani in Chieti, provenendo forse dalle fie- Rovere e di Bominaco, che nel XV e XVI secolo utilizza- re lancianesi, fa ipotizzare che nel chietino vi fosse un lar- vano ceramica Graffita e Maiolica delle botteghe castella- go utilizzo di queste merci, probabilmente anche da parte ne, a volte merce difettata di seconda scelta (PANNUZI 1988, di vasai locali. pp. 17-35; PANNUZI-STAFFA 1997, in c.s.). Nell’Abruzzo interno meridionale si sviluppò dalla Anche i siti del teramano, come Atri e Penne, che pro- seconda metà del XVIII secolo il centro ceramico di Palena, ducevano ceramica Graffita di imitazione castellana aveva- attivo fino agli inizi del ’900 (BATTISTELLA 1986, p. 51), dove no un mercato che arrivava fino a Rovere e probabil- lavorava alla fine del ’700 il vasaio Giuseppe Antonio di Car- mente anche a Bominaco, forse percorrendo le medesime lo, la cui famiglia era originaria di Torre de’ Passeri (Archivio vie di commercio della ceramica di Castelli. Questi contatti di Stato di Lanciano, Protocolli del Notaio N.F. Masciarellindi potevano essere facilitati dai rapporti con incorrevano tra Palena, a. 1794 in BATTISTELLA 1986, p. 52, nota 19). territori soggetti alla medesima famiglia nobiliare. La ma- Per Rapino e Pretoro abbiamo ancor meno notizie, ma iolica pennese aveva il suo mercato più diretto verso il por- probabilmente la produzione ceramica si affermò solo in to di Pescara, dove arrivava ovviamente anche merce ca- epoca moderna tra ’800 e ’900 (BATTISTELLA 1986, p. 53 e stellana, come è emerso dallo scavo del Bagno Barbonico, nota 24). Palena, Rapino, Tagliacozzo, Castel di Sangro e in cui un’alta percentuale degli esemplari rinvenuti appar- Loreto Aprutino nell’area adriatica sono tutti ancora atte- tiene alle botteghe ceramiche pennesi del ‘500-’600 (PAN- stati come centri ceramici nell’inchiesta fatta nel 1895 sulle NUZI-STAFFA 1997, in c.s.). condizioni industriali dell’Abruzzo (AA.VV. 1987). Un altro centro che nel XVII-XVIII secolo sembra aver avuto particolare fortuna è quello di Torre de’ Passeri, ben collegato alle viabilità principali della regione, la cui pro- II. LA CIRCOLAZIONE DELLE MAESTRANZE duzione di maiolica, forme aperte e chiuse, è stata riconosciuta ALL’INTERNO DELLA REGIONE ABRUZZESE E NEI tra i materiali rinvenuti nell’area pescarese e chietina, arrivan- TERRITORI LIMITROFI do anche fino al teramano (PANNUZI-STAFFA 1997, in c.s.). Reperti attribuibili con certezza alla produzione frentana Da questa panoramica su i centri di produzione cerami- non sono stati per ora rinvenuti in altri siti abruzzesi. ca in Abruzzo emerge come nella regione siano stati impor- Probabilmente almeno le maioliche medievali, approfittan- tanti, soprattutto dal XV-XVI secolo in poi, i contatti tra le do delle fiere locali, preferirono prendere la più comoda varie manifatture locali attraverso lo spostamento, di solito via dei commerci marittimi, diretti forse anche verso la co- definitivo, dei vasai da un centro all’altro. I motivi di questi sta dalmata (BUERGER 1974, pp. 243-244). Invece le produ- trasferimenti, quasi mai documentati, appaiono comunque zioni più recenti (Ingubbiata, Graffita e le Invetriate da fuo- frequenti tra i ceramisti in genere, non soltanto abruzzesi, co), che rientrano nelle tipologie più comuni, potevano es- derivando spesso da cause legate all’organizzazione della sere fabbricate con facilità un po’ dovunque, risultando più stessa attività ceramica, come la crisi in cui poteva trovarsi difficile individuare le diverse aree di provenienza, vista l’estre- in una certa epoca un centro di produzione prima ma semplicità dei decori e del repertorio morfologico. floridissimo, la concorrenza con altre officine locali, la ces- Anche per quanto riguarda il commercio verso altre re- sazione di una particolare committenza, l’inasprimento di gioni la ceramica castellana appare privilegiata rispetto agli

©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 4 Fig. 1 – Carta distributiva dei centri produttivi di ceramica sinora noti in Abruzzo e dei principali siti di rinvenimenti archeologici: tondino nero = centri di produzione ceramica di epoca medievale e rinascimentale; quadratino nero = centri di produzione ceramica in età moderna; triangolo nero = siti di rinvenimento di ceramica postantica (dis.: S. Pannuzi-A.R. Staffa). altri centri abruzzesi, sia nelle sue produzioni auliche che Un altro dato utile per verificare i possibili contatti in quelle correnti. Uno dei luoghi di vendita con cui i vasai commerciali tra le botteghe castellane e il mercato esterno abruzzesi avevano un contatto diretto era ovviamente Na- nel XVI secolo, sembra emergere dalla misurazione dei pro- poli, la città più importante del regno. Nel XVI secolo a dotti castellani, che ad una prima e sommaria analisi sem- Napoli, malgrado fosse ben presente una locale produzione brano corrispondere alle misure in uso a quell’epoca a Roma, di maiolica (DONATONE 1993), esportata anche nelle Mar- Napoli e L’Aquila, piazze per le quali erano evidentemente che pontificie tramite il mercato di Salerno (a. 1585) destinati (MONTAGUT 1990, pp. 44-45). (FILANGIERI 1891, vol. VI, p. 281), è attestata negli stessi Un altro sbocco della produzione castellana, e secondo anni l’importazione di maioliche castellane (RAZZI 1968, p. alcune ipotesi anche probabile luogo di apprendistato dei 98; FILANGIERI 1891, vol. VI, p. 74; BATTISTELLA 1985, p. vasai castellani, potrebbe essere stata fin dal pieno cinque- 206, doc. I-II-III). Secondo recenti studi del Donatone uno cento la regione marchigiana, dove stretti furono i legami scambio di esperienze artistiche tra napoletani e abruzzesi di parentela tra i signori pesaresi ed urbinati e gli Orsini e i potrebbe essere testimoniato dalla realizzazione nell’ulti- Colonna del ramo abruzzese (GARDELLI 1990, p. 87). Tra la mo ventennio del ’500 del rivestimento maiolicato della fine del XVI e gli inizi del XVII secolo sono documentati facciata della chiesa di S. Maria delle Grazie a Collarmele, contatti commerciali con il territorio marchigiano, soprat- nei pressi dell’Aquila, realizzata, per confronti stilistici e ico- tutto con Ascoli, dove veniva esportata la produzione cera- nografici, dalle stesse maestranze campane, che avevano già mica corrente castellana. La città pontificia nel XVII seco- pochi anni prima lavorato a Villa d’Este a Tivoli (DONATONE lo commissionava al centro teramano anche una produzio- 1993, p. 75). Viceversa secondo altre ipotesi gli stessi maioli- ne di un certo pregio, per occasioni particolari di feste o di cari di Castelli, che nel 1576 avevano eseguito il pavimento visite di personaggi importanti (BOJANNI 1988, pp. 77 e 86; nella chiesa della Madonna della Spina ad Isola Gran Sasso, ARBACE 1993, p. 25). ne realizzarono un altro simile nella Cappella Polverino della I contatti con lo Stato Pontificio si fecero più frequenti chiesa di S. Maria delle Grazie a Caponapoli in Napoli, negli nella prima metà del XVIII secolo, quando le fiere di Lan- ultimi decenni del XVI secolo (ARBACE 1993, p. 22). ciano, la cui decadenza cominciò dalla fine del XVI secolo,

©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 5 furono definitivamente sostituite da quelle di Senigallia, ARBACE L. 1993, Maioliche di castelli. La raccolta Acerbo, Verona. dove i vasai abruzzesi, in maggioranza castellani, arrivava- AZZENA G. 1987, Atri: forma e urbanistica, Roma. no via mare (DE LUCIA 1969, p. 240; STRAZZULLO 1979, pp. BATTISTELLA F. 1985, Nuovi documenti per la storia della maioli- 279-281; Archivio di Stato di Teramo, Protocolli dei Notai ca abruzzese, «Rivista Abruzzese», a. XXXVIII, nn. 3-4, pp. di Castelli metà XVIII sec., in BATTISTELLA 1986, pp. 219- 206-232. 229, doc. V-VI-VII-VIII). A Senigallia pare che le merci BATTISTELLA F. 1986, Nuovi documenti per la storia della maiolica abruzzesi fossero comprate anche da mercanti veneziani, abruzzese, «Rivista Abruzzese», a. XXXIX, n. 1, pp. 51-61. mentre i maiolicari abruzzesi compravano qui alcune mate- BATTISTELLA F. 1994, Ceramiche abruzzesi dal ’700 al ’900, rie prime, come piombo e stagno, di cui l’Abruzzo difetta- Catalogo della mostra di Sulmona 1994, Sulmona. va e che precedentemente venivano comprate alle fiere BINDI V. 1883, Le maioliche di Castelli, Napoli. frentane (ANSELMI 1905, pp. 622-623). Uno stretto contatto BINDI V. 1889, Monumenti storici e artistici degli Abruzzi, Napoli. tra l’Abruzzo e l’area marchigiana andò avanti fino alla se- BOCACHE O., Storia di Lanciano, ms. sec. XIX, Biblioteca comu- conda metà del XVIII secolo, quando lo Stato pontificio nale di Lanciano. cominciò ad imporre dei forti dazi sull’importazione di ce- BOJANNI G. 1988, Ceramica nelle Marche, Bergamo. ramica dall’esterno. In questo contesto nel 1760 dovrebbe BUERGER J. 1974, Ceramica smaltata tardomedievale dalla costa essere stata avviata una produzione ceramica nella stessa adriatica, Atti del VII Convegno Internazionale della Cera- mica di Albisola, Albisola, pp. 243-253. Senigallia, nella quale furono chiamati a lavorare anche al- BULGARELLI LUKACS A. 1993, Economia rurale e popolamento del cuni vasai castellani (DE LUCIA 1969, p. 240). territorio nell’Abruzzo tra ’500 e ’600, in COSTANTINI M., FELICE C. (a cura di), Abruzzo e Molise. Ambienti e civiltà nella storia del territorio, Mantova, pp. 151-194. IV. CONCLUSIONI COSTANTINI M. 1989, La produzione ceramica di Penne, Penne. DE LUCIA G. 1969, Il commercio della ceramica castellana nel Sta dunque ormai emergendo dalle numerose ricerche periodo borbonico, «Abruzzo», VII, 1, pp. 239-263. archeologiche, condotte in Abruzzo dal tardo medioevo al- DE POMPEIS C. 1989, La più antica maiolica abruzzese: scarti di l’età moderna, una preferenza nelle varie epoche e in tutte fornace del XIII sec., «Castelli», semestrale del Museo delle le classi sociali per l’uso di ceramica prodotta localmente, Ceramiche, a. I, n. 2, pp. 39-42. più semplice da reperire ed evidentemente meno costosa. DE POMPEIS C., DE COLLIBUS G. 1985, Nuovi contributi per l’attri- Negli scavi abruzzesi infatti è stato sempre molto esiguo il buzione a Castelli della tipologia Orsini-Colonna, Quaderni rinvenimento di ceramica proveniente da officine extrare- dell’A.S.T.R.A. di Pescara, 13, Pescara. gionali, limitato a pochi frammenti provenienti dall’area DE POMPEIS C., DE COLLIBUS G. 1989, Le indagini sul terreno rea- lizzate a Castelli, in AA.VV., Le maioliche cinquecentesche tosco-umbra e romana rinvenuti in siti fortificati, come di Castelli, Pescara, pp. 26-35. Rovere e Bominaco. Questa sporadica presenza sembra però DE POMPEIS C., RICCI M. 1989, La ceramica graffita di Castelli, meglio spiegabile con lo spostamento delle guarnigioni Quaderni dell’A.S.T.R.A. di Pescara, 18, Pescara. militari e della corte signorile da una zona all’altra dei vasti DONATONE G. 1981, Il soffitto della chiesa di S. Donato e la maio- possedimenti feudali, piuttosto che ipotizzando l’esistenza lica di Castelli d’Abruzzo, Cava dei Tirreni. di vere e proprie vie di commercio continuo tra queste re- DONATONE G. 1992, Maiolica decorativa e popolare di Campania gioni. e Puglia, Napoli. I contatti che per le epoche più antiche (XIII-XV seco- DONATONE G. 1993, La maiolica napoletana del Rinascimento, lo) si sono potuti verificare, in base agli influssi morfologi- Napoli. ci e decorativi esercitati sulle produzioni abruzzesi da quel- FILANGIERI G. 1891, Documenti per la storia, le arti e le industri le dei maggiori centri ceramici delle regioni vicine, sem- delle province napoletane, Napoli. brano così derivare più che dalla conoscenza diretta delle FRANCESCHILLI V., DE POMPEIS C. 1974, L’Antica maiolica di Torre tipologie extraregionali, da uno spostamento delle maestran- de’Passeri, Pescara. ze artigiane. In mancanza per ora di una qualsiasi docu- GARDELLI G. 1990, Caratteri della maiolica dello Stato di Urbino mentazione in tal senso per queste epoche, si può ipotizzare nel ’500, in AA.VV., Castelli e la maiolica cinquecentesca sia un trasferimento dei vasai abruzzesi nelle vicine regioni italiana, Atti del Convegno di Pescara aprile 1989, Pescara, pp. 152-157. ed un loro successivo ritorno, arricchiti di un bagaglio tec- GRIGIONI C. 1955, Figuli romagnoli a Roma nel ’400 e nel ’500, nologico e artistico, sia un’immigrazione in Abruzzo di «Faenza», XLI, 1-2, pp. 39-43. maestranze provenienti dall’esterno. GRIGIONI C. 1956, Figuli romagnoli a Roma nel ’400 e nel ’500, Altro problema che andrà chiarito con un’intensifica- «Faenza», XLII, 1-2, pp. 38-42. zione delle ricerche sarà capire se nell’area aquilana della GRIGIONI C. 1958, Figuli romagnoli a Roma nel ’400 e nel ’500, Valle dell’Aterno, luogo di passaggio della viabilità princi- «Faenza», XLIV, 1, pp. 16-19. pale Nord-Sud, l’antica “Via degli Abruzzi”, esisteva un GULL P. 1996 c.s., Le botteghe dei vasai a Roma tra XV e XVI centro ceramico autonomo (forse la stessa L’Aquila?: PAN- sec.: l’apporto delle fonti scritte, in Le ceramiche di Roma e NUZI-STAFFA 1997, in c.s.), o se più probabilmente, come del Lazio in età medievale e moderna, Atti del III Convegno dimostrano anche i rinvenimenti archeologici, quest’area di Studi, Roma 19-20 aprile 1996. era invece inserita in una rete di traffici commerciali che la JAMISON E. 1972 (a cura di), Catalogus Baronum, «F.I.S.I.», 101, collegavano, grazie anche ai tratturi, all’area tosco-umbra e Roma. a quella campano-pugliese. 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