MILANO & LOMBARDIA 2017/2018 PORTA VENEZIA Segue Lezione 3

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MILANO & LOMBARDIA 2017/2018 PORTA VENEZIA Segue Lezione 3 MILANO & LOMBARDIA 2017/2018 PORTA VENEZIA segue lezione 3 E' una delle porte storiche della città di Milano. Sino al 1860 era chiamata Porta Orientale ovvero Porta Renza o Argentea. Fu la prima a essere restaurata da Giuseppe Piermarini, che progettò dal 1782 la trasformazione della porta in stile neoclassico e la sistemazione del terrapieno dei Bastioni. (bastione deriva da un termine utilizzato per indicare una fortificazione campale, di terra o in muratura che poteva essere a carattere provvisorio o permanente: bastia (con l’accento tonico sulla “i”, come la città corsa). Quella che oggi è un’importante arteria cittadina, una tempo era parte della cinta muraria eretta a difesa della città tra il 1549 e il 1561, dal governatore spagnolo Ferrante Gonzaga. Nel 1789 le mura vennero trasformate in elegante viale alberato per il passaggio delle carrozze. I Bastioni di Porta Venezia fiancheggiati dai Giardini Pubblici, congiungono pza della Repubblica e pza Oberdan. La prima fu creata nel 1931 con la demolizione della vecchia stazione ferroviaria ottocentesca, riedificata 800 metri più indietro e ingrandita per rispondere all’aumento del traffico ferroviario dovuto all’apertura delle gallerie del Gottardo. La piazza Oberdan è dominata dalla Porta Venezia, già Orientale, ricostruita nel 1828 sul luogo dell’omonima porta spagnola, e adibita a casello daziario. I due edifici sono ornati da statue e rilievi relativi alla storia di Milano. La porta separa cso Venezia da cso Buenos Ayres. Alcune immagini di corso Venezia e piazza Oberdan nel corso degli anni La sistemazione della porta e dei bastioni Già all'epoca della peste Manzoniana la porta aveva perso la sua originaria funzione difensiva e veniva usata in gran parte per controlli daziari, per poi passare in epoca Napoleonica ad elemento estetico dello spazio urbano che fosse adeguato allo status della capitale del Regno d'Italia. Per questo motivo il governo del Melzi d'Eril pianificò un generale rifacimento delle porte di ingresso in Milano, previa demolizione delle porta spagnole ed alberazione dei bastioni. Già in epoca austriaca, il governo aveva provveduto a trasformare il tratto dei bastioni compreso fra Porta Venezia e Porta Nuova: venne spianato il terrapieno e trasformato in viale alberato. Tra il 1783 ed il 1786 il Comune sistemò i "Giardini pubblici" che conducevano a Porta Orientale. Della sistemazione urbanistica del terrapieno dei Bastioni, si occupò il grande architetto Piermarini, che monopolizzava i grandi appalti milanesi sino alla morte nel 1808, ben oltre l’inizio del governo napoleonico (Teatro alla Scala, Palazzo Belgioioso, la facciata della Pinacoteca di Brera, parte del Palazzo Reale e Palazzo Greppi, Palazzo Mariani e il Palazzo del Monte di Pietà). Nel 1782 lo stesso Piermarini stese un primo progetto della nuova Porta Orientale in stile neoclassico. Nel 1806 il progetto venne ripreso da un allievo l' architetto Luigi Cagnola, che realizzò un arco trionfale "effimero", ovvero provvisorio, per celebrare l'ingresso del viceré Eugenio di Beauharnais. E proseguì nella realizzazione del progetto definitivo, che prevedeva un arco trionfale aperto su tre lati da un ordine dorico-rinascimentale e circondato da due caselli daziari. Il progetto non era tuttavia ancora completo nel 1825, quando da Porta Orientale fece il proprio ingresso trionfale in città l’imperatore Francesco II, accompagnato dalla moglie Carolina Augusta di Baviera. Nel 1860 venne ribattezzata Porta Venezia, in omaggio alla città ancora irredenta. Eugenio Beauharnais (1781-1824) figlio di Alexandre di B. e Giuseppina di B (poi sposa di Napoleone). Vicerè d'Italia 1805-1814. la moglie era Augusta di Baviera-. Francesco II° Asburgo-Lorena (1768-1835) figlio di Leopoldo II° Asuburgo-Lorena e di Maria Luisa di Borbone. Quando venne a Milano nel 1825 era con la 4° moglie Carolina Augusta di Baviera. Fu imperatore del Sacro Romano Impero 1792-1806. L'arco non fu più aggiunto e la cosa piacque subito ai “sciori” che abitavano sul corso Venezia, perché l’assenza del solito arco a coronamento della porta, consentiva loro la libera visione dei monti a est della città. Era questa la cosiddetta “servitù del Resegone” che vietava in quella zona di Milano di alzare le case più alte dei Bastioni, per lasciare libera la vista delle Prealpi. il primo palazzo che infranse questo vincolo fu Palazzo Luraschi, così chiamato dal nome del suo costruttore. Era un imponente palazzo di 8 piani, costruito nel 1887 sull’area dell’ex Lazzaretto, tuttora presente in corso Buenos Aires e per la cui costruzione, novità quasi assoluta per l’Italia, fu utilizzato il cemento armato. Ma bisogna anche ricordare che l’ingegner Luraschi, quasi a scusarsi con i milanesi di aver nascosto il Resegone, una montagna molto cara ai suoi concittadini perché legata indissolubilmente alle celeberrime vicende letterarie manzoniane, nel cortile interno sopra le colonne recuperate dal vecchio Lazzaretto fece mettere 12 busti che ricordano i più famosi personaggi de I Promessi Sposi. Arricciarono il naso invece per la scarsa imponenza degli edifici, così l’anno dopo venne aggiunto ai caselli di base un secondo cubo più piccolo, a mò di torretta belvedere. Nascita del corso di Porta Venezia a seguito di trasformazione urbanistica Qualche nota di costume (nobili in cso Venezia) Verso la fine del XVIII secolo, il conte Ludovico Barbiano di Belgioioso, col suo palazzo ai Boschetti, mise in atto la trasformazione e rivalutazione del quartiere. Lo imitarono presto i Saporiti, i Bovara, i Carcano, con i loro palazzi neoclassici lungo il nuovo corso di Porta Orientale, ricavati dagli orti di conventi soppressi. Anche i Bastioni vennero sistemati a nuovo, con la loro bella vinta di alberi frondosi; e al posto della casupola del gabelliere sorsero due edifici classicheggianti, che oggi si conoscono come Porta Venezia. Fra l’uno e l’altro edificio una cancellata di ferro sbarrava il passo alle mercanzie provenienti da Sesto e da Monza, per il tributo d’obbligo. Piacque immensamente all’aristocrazia ambrosiana il nuovo assetto di Porta Orientale, e piacque l’eleganza nuova del Corso, ogni giorno arricchito di nuovi palazzi e giardini: così la Milano signorile finì con lo scegliere il Corso, la Porta e i Bastioni orientali come luogo di convegno per le sue mondanissime scarrozzate. Arrivavano le carrozze, si fermavano e subito cominciavano conversazioni animatissime alle portiere. Infatti una varietà incredibili di legni ed equipaggi si davano il cambio a piccolo trotto, per poi fermarsi appaiati; le signore sfoggiavano cappelli, vestiti, ninnoli, le novità della moda londinese e parigina , scambiavano pettegolezzi, porgevano la mano ai cicisbei. L’abitudine continuò per tutto l’ ‘800; riferisce Cesare Cantù che le carrozze erano 2500 a metà ‘800, ammirate anche dai parigini e dai viennesi per i legni particolari. Un testimone dell’epoca, Carlo Lainati, scrisse “ Tutto il bastione spumeggiava come una coppa di Moèt Chandon, si tramutava in una specie di garden party frusciante di chiacchere e di sussurri, d’occhiate e di appuntamenti, dopo un breve caracollare per quel chilometro di bastione, gli equipaggi venivano a disporsi s’una sola fila al lato sinistro, dove già gli ippocastani allungavano le loro ombre odoranti. E lì cominciava, come in un immenso salotto all’aperto, il grande chiacchiericcio e le visite di rito da carrozza e carrozza.. era una parata di ricchezza, d’eleganza, d’attacchi fulgidi, d’idilli, di saluti,d’amori”. segue lezione 3 La creazione di un degno coronamento al corso di Porta Orientale rimase lungo tempo insoluto. Era infatti sconsigliabile creare un arco, come era avvenuto nel caso della altre porte di Milano, per non privare il corso del suo sfondo naturale rappresentato dalla catena alpina. Solo nel 1828 si decise finalmente di costruire due caselli monumentali e si affidò il lavoro a Rodolfo Vantini, un architetto di Brescia che aveva vinto il concorso bandito a questo scopo. Più che l’architettura, è interessante qui il complesso di statue e rilievi che ornano il monumento, sia per la fattura delle opere che per il programma iconografico, che è il seguente: Il 22 agosto 1838 l’imperatore Ferdinando d’Asburgo veniva incoronato re del Lombardo-Veneto nel Duomo di Milano. Il corteo imperiale entrò in Lombardia attraverso la nuova strada dello Stelvio, e passando dal lago di Como e da Monza, dove si conserva la Corona dei re longobardi, fece il suo ingresso in Milano il primo di settembre. Ferdinando I° d'Asburgo (1793-1875). Imperatore d' Austria 1835-1848 lezione 4 Reliquia del sacro chiodo e il rito della nivola Nel Duomo di Milano è conservata una delle reliquie più importanti della cristianità: uno dei chiodi della Croce di Cristo. Il Santo Chiodo, prima di essere trasportato in Duomo nel 1461, era conservato presso la Basilica di Santa Tecla e oggi è custodito in un reliquiario posto nel semicatino absidale, in corrispondenza dell’Altare Maggiore. Per celebrare la presenza della preziosa reliquia all’interno del Duomo, in memoria della processione fatta da san Carlo Borromeo durante la peste del 1577, si svolge il rito della Nivola. La struttura, a forma di nuvola, ideata nel XVII secolo e decorata in cartapesta con angeli e nuvole, viene sollevata da una argano fino a 40 metri d’altezza per permettere all’Arcivescovo di portare a terra, accessibile allo sguardo dei fedeli il Santo Chiodo. La reliquia rimane a terra per 40 ore, al termine delle quali il Chiodo viene riportato nella sua sede, sempre segnalato ai visitatori del Duomo grazia ad una luce rossa, accesa ad indicare la posizione del tabernacolo. Un rito di enorme fascino che, a distanza di quasi cinque secoli, non cessa di stupire, incantando fedeli e visitatori che da ogni parte del mondo giungono per assistere a questa antica tradizione che si rinnova. Originariamente, il rito veniva celebrato a maggio per la festa dell’Invenzione della Croce e prevedeva anche una processione che dal Duomo conduceva alla chiesa del Santo Sepolcro, situata nell’omonima piazza.
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