Numero 7 Maggio-Giugno 2012

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Numero 7 Maggio-Giugno 2012 MENSILE - POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. 70% - ROMA - COPIA EURO 0,001 VI DICE NULLA LA DICE PAROLA VI CAPITALE DELLA CULTURA 2019 DELLA CULTURA CAPITALE ACCOUNTABILITY? PAROLA ALLE CANDIDATE ALLE PAROLA UNA NUOVA MEGA-FONDAZIONE NUOVA UNA BISAZZA, IL MOSAICO E MOSAICO IL BISAZZA, anno 11 LA PASSIONE DEL GALLERISTA DEL LA PASSIONE numero MAZZOLI DIXIT MAZZOLI 7 maggio-giugno 2012 maggio-giugno SUDAMERICA NUOVA FRONTIERA NUOVA SUDAMERICA VACANZE GASTRONOMICHE VACANZE FACCIAMO TAPPA IN MACEDONIA IN TAPPA FACCIAMO REPORTAGE BALCANICO REPORTAGE AL VIA UNA NUOVA INCHIESTA NUOVA UNA VIA AL LA CURATELA, OGGI LA CURATELA, idateci i principi, verrebbe da dire. Prìncipi, quelli con l’accento sulla prima i. Detto in senso sarcastico, soprattutto. Det- to per identificare quei politici, presidenti e amministratori che, nella coda ultima degli Anni Novanta e soprattutto negli Anni Zero, intrapresero grandi iniziative nel campo della cultura per puro tornaconto elettorale, politico, di visibilità. Di narcisismo. E di posizio- namento. Quei politici che utilizzavano (sì, utilizzavano!) la cultura, i musei, le mostre per farsi belli nei confronti del resto d’Italia e del mondo. Li abbiamo criticati fino alla morte e oggi ne conserviamo un ricordo opaco, grigio, talvolta appassito. E invece... E invece non abbiamo tenuto conto che, in effetti,almeno in Italia, i potenti hanno sempre fatto così, da TONELLI Lorenzo il Magnifico in giù: utilizzando l’arte come grimaldello per generare allure, per promuovere marketing di se stessi, per far status attorno al proprio nome. A proposito di nomi, forse è il caso di iniziare a farne qualcuno. Forse è il caso di rispondere alla domanda: chi erano i prìncipi? E cosa facevano? E, ecco il punto, ecco la pietra di paragone, cosa sta succedendo ora che i prìncipi non MASSIMILIANO ci sono più e che, forse, non avrebbero neppure le risorse per esistere? Erano ben dislocati su tutto il territorio nazionale, i prìncipi. Dal nord al sud, passando per il centro. Prendete Riccardo Illy, il gover- natore della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia: si inventò il centro d’arte contemporanea di Villa Manin. Un progettone dotato di staff, idee, soldi e soprattutto di un contenitore che dire iconico è dire poco. A dirigerlo chiamò Francesco Bonami e Sara Cosulich Canarutto, oggi al comando di Artissima. Ora Villa Manin c’è ancora, ma è stata trasformata in una location per mostre, in affitto di fatto. Peraltro dopo mille umilianti vicissitudini. Dunque, era condannabile la grandeur di Illy o forse la situazione di oggi è un po’ peg- gio? Passiamo a sud: Napoli è storia esemplare per definire l’epopea dei prìncipi. Vi dice nulla il nome di Antonio Bassolino? Il suo era un regno, un’oligarchia, una dittatura. Dite quel che vi pare, ma la metropoli campana rinacque per davvero. Era percepibile a occhio nudo. L’arte in Piazza Plebiscito c’era e ora non c’è più. Il Pan c’era e ora non c’è talmente più che l’Amaci, l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, ha dovuto cacciarlo via dal novero dei soci. Il Madre c’era e praticamente, per il momento, non c’è più manco lui: vedremo se in un modo o nell’altro riusciranno a salvarlo per il rotto della cuffia. Mille difetti, per carità, mille errori: ma qualcuno, oggi, nel nostro settore, si ricorda anche solo il nome del governatore della Regione Campania? Vi sfugge, eh? Andiamo oltre. A Roma, la capitale del Paese, le cose andavano più o meno alla stessa maniera, in quegli anni. Walter Veltroni impose talmente la sua visione delle faccende culturali che certe devianze vennero sprezzantemente bollate come “veltronate”. E un certo atteg- giamento divenne “veltronismo”. Intanto in città l’aria profumava di una energia tale per cui dal 2002 in poi iniziarono a nascere forse più di cento gallerie d’arte. Meglio, in quegli anni, faceva solo Berlino (chiaramente su standard di qualità un filo più elevati, ma questo è un altro problema). Si progettava un museo d’arte contemporanea a settimana; quando nacque il Museo Bilotti fu praticamente una sorpresa. Un museo in più, un museo in meno... cosa vuoi che sia! Quando Veltroni arrivò all’eccesso di far nascere un festival del cinema in smaccata concorrenza con quello di Venezia, le critiche non mancarono, ma davvero oggi pensiamo di essere messi meglio rispetto all’epoca dei prìncipi? Proprio in queste settimane in cui il Festi- val di Roma rischia di scomparire (o per lo meno di perdere la faccia) a causa del pressappochismo e della strafottenza politica di gente come Alemanno Gianni e Polverini Renata? La questione andrebbe analizzata con maggior calma e distacco. Siamo in questa condizione, oggi, a causa dell’atteggiamento troppo disinvolto o personalistico dei prìncipi? O i prìncipi sono stati gli ultimi ad avere interpretato la crescita artistica e culturale del Paese nell’unico modo in cui questa crescita può palesarsi? 4 EDITORIALE a nuova sfida educativa è antropologica: riportare nella sensibilità delle nuove generazioni il senso della vita e della morte, il coraggio della sfida e della crescita, affiancando alla straordinaria palestra tecnologica che ciascuno di loro ha la possibilità di attivare un’esperienza di educazione sentimentale che parta dalle relazioni di amicizia, affetto, amore. Mettere cioè nuovamente al centro i grandi temi dello stare al mondo, seguendo i quali la loro straordinaria sensibilità di scelta e intenzione possa essere messa alla prova. La società dei consumi di massa, nella sua fase più matura, ha attivato nei propri protagonisti più giovani una velocità e un’intelligenza sconosciuta nelle generazioni precedenti: i meccanismi decisionali e la capacità di orientamento nei gusti permettono ai ragazzi di muoversi in un paesaggio di stimoli preventivi che aspettano solo MORACE di essere messi alla prova sui grandi temi esistenziali. E in questo l’arte in genere è di grande aiuto. Trasferire la sensibilità per il look e per la dotazione personale di beni materiali in una capacità di elaborazione dei propri paesaggi interiori, attraverso la musica, l’arte, il cinema e le FRANCESCO altre discipline creative profondamente sintonizzate con la loro temperatura più profonda. Il ruolo che la scuola deve avere in questa nuova sfida educativa è insegnare attraverso la conoscenza empatica, mai sganciata dal contesto quotidiano e presente, affondata nel mondo delle relazioni umane. Approfondire le piattaforme abilitanti che dalle lingue straniere si esten- dono a storia e geografia, filosofia e matematica, ma sempre evitando il problema dell’eccessiva specializzazione e lavorando invece sulle connessioni e le trasversalità. Scrive Edgar Morin nel suo libro La Via: “Le due principali minacce per la società e per gli esseri umani sono: una, esteriore, che risulta dal degrado ecologico dell’ambiente; l’altra, interiore, che procede nel deterioramento della qualità della vita e nella metastasi dell’Ego”. Il narci- sismo che emerge come grande minaccia nello scenario della postmodernità impregnata di spettacolarizzazione mediatica e relazione autoreferenziale - come quella proposta da Facebo- ok - rischia di diventare narcosi, come aveva genialmente intuito McLuhan già negli Anni Sessanta. Narciso, quando si innamora della propria immagine, non ne conosce l’origine, immagina l’altro, non sa di essere se stesso, mentre oggi chi porta avanti il mito di sé, investendo sulla propria immagine, sa benissimo cosa sta facendo. Parlando di narcisismo si fa dunque un torto a Narciso: si propone un modello degradato che amplifica l’enfasi di sé e sminuisce l’amore per l’altro. Il tema decisivo diventa in questo pa- norama la consapevolezza. Nei nuovi modelli educativi è fondamentale spezzare questo circolo vizioso, proporre nuovi itinerari di consapevolezza: letture improbabili e svariate, ispirazioni incrociate e viaggi in terre lontane alla scoperta del diverso. L’avventura della conoscenza agganciata a pratiche concrete, possibili, quotidiane. Aiutare i ragazzi a individuare le proprie vocazioni, le proprie passioni, amare il loro futuro e aiutarli a conquistarlo. Come fa la maestra Oliviero con Elena Greco, nel bellissimo romanzo di Elena Ferrante L’amica geniale. Bisognerebbe adottare tecniche di insegnamento che affrontino direttamente questi temi e l’equilibrio tra queste diverse componenti. Sele- zionando brani musicali, opere d’arte, spezzoni di film ad alta intensità emozionale, trasformando l’intensità in contenuto didattico. Quanti di noi hanno scelto la propria strada e costruito il proprio futuro sull’onda emotiva di un film, di un libro, di un personaggio amato? Natu- ralmente questo non basta: è importante creare una cornice solida, multidisciplinare, una piattaforma di base sulla quale tutti i ragazzi pos- sano poi trovare una propria collocazione, definire un proprio percorso attraverso conoscenze che diano una profondità, un senso generale a quanto si sceglie e si decide. E allora, tutti al lavoro! Sociologo e scrittore, presidente di Future Concept Lab l’altro editoriale 5 LA CULTURA È PARTECIPAZIONE MECENATI DA NOMINARE CINESI, SINDACI DEL MONDO a cultura non è mai stata un “ l mecenate. Figura quasi mito- on occorre molta esperien- Lprodotto elitario. Se ne può Ilogica che viene evocata, con di- Nza di politiche culturali per restringere l’accesso e quindi il sperazione e speranza mal riposta, pervenire a questa amara quanto consumo, ma la cultura è un pro- dalle parti culturali, politiche e semplice verità: con pochissime cesso sociale di emersione, dall’in- sociali. Qualcuno ha anche orga- quanto lodevoli eccezioni, è estre- terno verso l’esterno, che non può nizzato, si dice, una caccia al tesoro mamente difficile fare in modo LUIGI SACCO non rivolgersi a tutti, indipenden- per scovare gli ultimi superstiti di che un sindaco o un temente da chi raggiunge o la re- una categoria che riporta alle gesta pubblico ammini- di grand’uomini dei secoli scorsi. Il PIER SEVERINO cepisce. Oggi si arriva all’esigenza stratore di livello FABIO della partecipazione solo perché i momento è evidente a tutti.
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