IL SINDACO: Dott. Clemente DI CERBO

RUP geom.Alfonso Giovanni ROMANO

PROGETTISTA ing.Angelo Carmine GIORDANO REVISIONI Redazione SPA 00 Arch.Angela FUSCHINI dott.Gianluca Masotta N. VERIFICA DATA RISPONDENZA

TIPOLOGIA DELL'ELABORATO NOME DELL'ELABORATO

RELAZIONE SPA-STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE

PROGETTO TITOLO

DEFINITIVO LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE

DATA REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE

CLASSIFICAZIONE DI SICUREZZA

NOME DEL FILE SCALA FORMATO CODICE FILE PAGINE E.61 E.1.61 01/119 di STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Agosto 2018 Pag. 1 di 119

Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE

Indice 1. Introduzione ...... 3 2. Struttura dello Studio Preliminare Ambientale ...... 6 3. Contenuti dello studio e metodologia adottata ...... 7 4. Normativa di riferimento ...... 8 4.1 Quadro Normativo comunitario e nazionale ...... 9 4.2 Quadro Normativo Regionale ...... 10 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO ...... 11 5. Introduzione ...... 11 6. Ubicazione dell’intervento e inquadramento geografico dell’area ...... 12 7. Descrizione di inquadramento del Piano Territoriale Regionale (PTR) ...... 14 8. Descrizione di inquadramento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) 24 8.1 PTCP della Provincia di ...... 25 9. Piano Territoriale Paesistico del Massiccio del Taburno (PTP) ...... 28 10. Pianificazione Comunale ...... 34 11. PSDA, PGRA, PSAI-Rf del Distretto idrografico Appennino Meridionale(DAM) ex AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno ...... 34 12. Siti d’importanza Comunitaria (SIC) – Zone a protezione speciale (ZPS)...... 37 13. Aree vincolate ai sensi del D. LGS. 42/2004 art. 142, 136-157 ...... 39 14. Sintesi dell’analisi rispetto ai vincoli sovraordinati...... 39 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE ...... 41 15. Descrizione delle opere in progetto ...... 41 15.1 Manufatto di regolazione con bocca tarata ...... 41 15.2 Argine di contenimento ...... 42 15.3 Scogliera e mantellata di pietrame ...... 43 15.4 Strada di servizio per manutenzione e accesso ai fondi ...... 44 15.5 Rampe per passaggio ciclo-pedonale delle infrastrutture Ferrovia e SP ...... 45 15.6 Passerella ciclo/pedonale in legno lamellare per l’attraversamento del torrente SanGiorgio e suoi affluenti a Nord nella Vasca Ischitella ...... 45 15.7 Terrazzamenti perimetrali all’area oggetto di sistemazione idraulica ...... 45 16. La cantierizzazione delle opere in progetto ...... 46 17. Cumulo con altri progetti ...... 46 18. Tempistica ...... 46 19. Gestione delle materie: siti di approvvigionamento e smaltimento ...... 47 19.1 Smaltimenti in impianti di discarica e di recupero ...... 47 19.2 Siti di approvvigionamento degli inerti ...... 47 20. Gestione delle terre e rocce da scavo ...... 49 21. Deposito temporaneo ...... 50 21.1 Deposito temporaneo delle terre da gestire come rifiuti ...... 50 21.2 Rifiuti di TRS-Recupero o Smaltimento ...... 51 21.3 Rifiuti di TRS-Recupero o Smaltimento ...... 52 22. Piano di indagini ...... 55 22.1 Numero e caratteristiche dei punti di indagine ...... 56 22.2 Frequenza dei prelievi in senso verticale ...... 57

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22.3 Modalità di esecuzione degli scavi/sondaggi ...... 58 22.4 Scavi esplorativi ...... 59 22.5 Perforazioni a carotaggio ...... 60 22.6 Campionamento ...... 62 22.7 Parametri da determinare ...... 64 22.8 Terreni di riporto ...... 65 22.9 Restituzione dei risultati...... 66 22.10 Limiti di riferimento in funzione della destinazione d’uso ...... 68 23. Volumi di materiale di scavo ...... 69 24. Emissioni in atmosfera ...... 69 25. Analisi delle alternative progettuali ...... 75 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE ...... 78 26. Introduzione ...... 78 27. Metodologia di lavoro ...... 78 28. Ambiente fisico: caratterizzazione meteoclimatica e della qualità dell’aria ...... 80 29. Impatto potenziale sull’ambiente fisico ...... 85 29.1 In fase di cantiere ...... 85 29.2 In fase di esercizio ...... 85 29.3 Misure di mitigazione e/o compensazione ...... 85 30. Ambiente Idrico ...... 86 31. Impatto potenziale sull’ambiente idrico ...... 87 31.1 In fase di cantiere ...... 87 31.2 In fase di esercizio ...... 87 31.3 Misure di mitigazione e/o compensazione ...... 87 32. Suolo e sottosuolo ...... 88 32.1 Aspetti geologici ...... 88 32.2 Uso del suolo ...... 90 33. Impatto potenziale su suolo e sottosuolo ...... 91 33.1 In fase di cantiere ...... 91 33.2 In fase di esercizio ...... 91 33.3 Misure di mitigazione e/o compensazione ...... 91 34. Ecosistemi naturali: vegetazione, flora e fauna ...... 92 34.1 Flora ...... 92 34.2 Fauna ...... 93 35. Impatto potenziale sugli ecosistemi naturali: flora, fauna ...... 93 35.1 In fase di cantiere ...... 93 35.2 In fase di esercizio ...... 94 35.3 Misure di mitigazione e/ compensazione ...... 94 36. Impatto potenziale sul paesaggio ...... 94 36.1 Valutazione dell’impatto visivo ...... 94 36.2 Componente visuale ...... 95 36.3 Metodologie per la valutazione dell’impatto visivo ...... 95 36.4 Mitigazione dell'impatto dell'intervento ...... 103 37. Valutazione impatto acustico ...... 104 37.1 Riferimenti normativi ...... 104

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37.2 Interazione opera/ambiente ...... 104 37.3 Classe acustica della zona interessata ...... 106 37.4 Caratterizzazione del clima acustico dell’area ...... 106 37.5 Analisi dei risultati ...... 106 37.6 Rumore ai recettori...... 107 37.7 Conclusioni ...... 108 37.8 Mitigazioni del rumore in fase di cantiere ...... 109 37.9 Mitigazioni delle vibrazioni in fase di cantiere ...... 110 38. Ambiente antropico ...... 110 39. Impatto potenziale ...... 112 39.1 In fase di cantiere ...... 112 39.2 In fase di esercizio aspetto socio economico ...... 112 40. Misure di mitigazione e/ compensazione ...... 112 41. Matrici di pressione ambientale ...... 113 42. Impatti sul sistema ambientale ...... 113 43. Conclusioni ...... 116

1. Introduzione L’azione della Regione in materia di tutela ed uso delle acque e di difesa del suolo, di gestione del demanio idrico e di riassetto idraulico ed idrogeologico del territorio persegue l’obiettivo di promuovere le misure specifiche e gli interventi necessari al riequilibrio idraulico ed idrogeologico del territorio, in conformità con i contenuti del piano di bacino distrettuale e dei piani di assetto idrogeologico, di cui al D.lgs. 152/2006, per garantire la sicurezza delle popolazioni e degli insediamenti rispetto ai fenomeni di degrado delle acque e di dissesto idraulico ed idrogeologico che interessano i centri e nuclei abitati, le attività produttive, le infrastrutture al servizio del territorio e per contribuire alla tutela e salvaguardia dei paesaggi fluviali, anche

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attraverso eventuali misure di compensazione territoriale per le opere di rilevanza regionale che comportano impatti territoriali significativi. L’attuale amministrazione comunale, in sintonia con l’obiettivo regionale, è intenzionata a procedere ad una programmazione di interventi tali da consentire la messa in sicurezza e la riduzione del rischio idrogeologico del centro abitato, con particolare riferimento alla riduzione della vulnerabilità idraulica delle infrastrutture e delle abitazioni, e a tal fine veniva approvato, con D.G.M. n.24 del 16/03/2017, lo studio di fattibilità tecnica economica dei “Lavori di riduzione del rischio idraulico del torrente San Giorgio mediante realizzazione di aree di laminazione ed opere di rinaturalizzazione a monte dell’abitato di Dugenta (Bn) a firma dell’U.T.C. Per la realizzazione dei “LAVORI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE A MONTE ED A VALLE DELL'ABITATO DI DUGENTA (BN)” è necessario procedere alla Verifica di Assoggettabilità di Impatto Ambientale (VIA) finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli eventuali impatti ambientali dell’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione. La procedura di valutazione di impatto ambientale è normata come strumento di supporto decisionale tecnico-amministrativo. Con il termine “impatto ambientale” si intende un effetto rilevante causato da un evento, un'azione o un comportamento sullo stato di qualità delle componenti ambientali, dove l'ambiente è inteso sia come ambiente antropizzato, sia come ambiente naturale. la Valutazione di Impatto Ambientale assume pertanto il compito di stimare quali sono gli impatti dello stato ambientale - cioè gli effetti delle sue modifiche, positivi o negativi - che possono essere causati dalle azioni e dalle pressioni antropiche e in particolare dall'attuazione di un determinato progetto. Il progetto rientra nella tipologia elencata nell’ Allegato IV alla Parte II del D. Lgs. 152/06 punto 7 lettera O e s.m.i., denominata “Progetti di infrastrutture - opere di regolazione del corso dei fiumi e dei torrenti, canalizzazione e interventi di bonifica ed altri simili destinati ad incidere sul regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale” ed inoltre, rientra nella tipologia “Terre e rocce da scavo derivanti da opere sottoposte a VIA con produzione maggiore di 6.000 m3 (cd. cantieri di grandi dimensioni)”.

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Alla presente relazione sono allegati i seguenti elaborati grafici: 1. Corografia – Stralcio Carta IGMI 25K 1960 2. Corografia – Stralcio Carta IGMI 25K 1992 3. Inquadramento stradale 4. Analisi multitemporale ortofocarta 1989 5. Analisi multitemporale ortofocarta 1994 6. Analisi multitemporale ortofocarta 1998 7. Analisi multitemporale ortofocarta 2006 8. Analisi multitemporale ortofocarta 2012 9. Overlay CTR – Immagine satellitare 2016 10. Overlay PTP Taburno- Camposauro – Immagine satellitare 2016 11. Stralcio PRG 11a. Stralcio catastale 12. Stralcio SITAP – MIBACT 13. Stralcio PTR 1.a – Sistemi di Terre 14. Stralcio PTR 1.b – Uso agricolo del suolo 15. Stralcio PTR 1.d – Risorse agro-forestali 16. Stralcio PTR 1.f – Paesaggi storici 17. Stralcio PTR 1.g – Ambiti di paesaggio 18. Stralcio PTR 2.a – Rete ecologica 19. Stralcio PTR 2.e – Livelli di urbanizzazione 20. Stralcio PTR – Aree inondabili 21. Stralcio PSAI-Rf del Distretto Idrografico Appennino Meridonale 22. Stralcio PSDA-Ri del Distretto Idrografico Appennino Meridonale 23. Stralcio PGRA del Distretto Idrografico Appennino Meridonale 24. Stralcio A.1.10.4e – Fattori di rischio ambientale PTCP 25. Stralcio A.1.7.1a1 – Alpha biodiversità PTCP 26. Stralcio A.1.7.2.1 – Grado di naturalità PTCP 27. Stralcio A.1.7.2.3.1 – Stabilità vegetazione PTCP 28. Stralcio A.1.7.2.4.1 – Vegetazione di pregio PTCP

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29. Stralcio A.1.9.E.5 – Aree di tutela PTCP 30. Stralcio A.2.3.a – Area di tutela archeologica PTCP 31. Stralcio Vincoli ambientali 32. Stralcio Carta Natura della Campania 2018 33. Stralcio di dettaglio PTP Taburno- Camposauro 34. Analisi impatto acustico – Stato di Fatto 35. Analisi impatto acustico – Stato di cantiere e di progetto 36. Analisi impatto acustico – Stato di cesercizio 37. Analisi bersagli sensibili 38. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni cloruri 39. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni floruri 40. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni BTEX 41. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni Alifatici clorurati cancerogeni 42. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni fitofarmaci 43. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni IPA policiclici aromatici 44. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni nitrati 45. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni fosfati 46. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni solfati 47. Acque sotterranee – Mappe di concentrazioni alifatici alogenati cancerogeni 48. Emissioni polverose – distribuzione spaziale venti 49. Emissioni polverose – distribuzione areale polveri

2. Struttura dello Studio Preliminare Ambientale Lo studio preliminare ambientale (SPA), così come precedentemente accennato, si articolerà in tre parti: un quadro di Riferimento Programmatico, un quadro di Riferimento Progettuale ed un quadro di Riferimento Ambientale. Il primo fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale. Il secondo, di Riferimento Progettuale descrive il progetto, e le soluzioni tecniche e fisiche adottate. Il quadro di Riferimento Ambientale definisce: (a) l’ambito territoriale ed i sistemi ambientali interessati dal progetto entro cui è da presumere possano manifestarsi effetti significativi, (b) descrive,

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quindi, i sistemi ambientali interessati se del caso ponendo in evidenza le criticità di equilibri naturali od antropici esistenti, (c) individua le aree, i componenti ed i fattori ambientali che manifestano un certo grado di criticità, in riferimento all’opera, e le relazioni tra questi, (d) documenta gli usi previsti delle risorse (rifiuti industriali), la loro articolazione, la priorità nel loro uso e trattamento, gli ulteriori usi potenziali ed alternativi, (e) documenta i livelli di qualità dell’ambiente preesistenti ed i fenomeni di degrado in corso, mitigabili o non con l’opera prevista.. Infine, saranno analizzate le eventuali misure di mitigazione e monitoraggio che descriveranno le misure previste per evitare, ridurre e compensare dal punto di vista ambientale i possibili effetti negativi del progetto su ogni componente ambientale considerata.

3. Contenuti dello studio e metodologia adottata Il presente studio si propone di analizzare la conformità dell’opera rispetto ai vincoli legislativi, agli indirizzi di pianificazione esistenti e alle matrici ambientali del territorio oggetto di intervento. Le matrici ambientali che saranno analizzate nel presente studio sono le seguenti: . atmosfera: per valutare l’eventuale impatto generato dalle polveri durante le fasi di lavorazione; . acque sotterranee ed acque superficiali: per la caratterizzazione della risorsa idrica potenzialmente interferita dall’opera in progetto; . fisiografia del territorio: per la caratterizzazione geologica, geomorfologica e idrologica dell’area in cui si imposterà l’impianto e la valutazione dei potenziali impatti su tali aspetti e sull’uso del suolo; . flora, fauna: per evidenziare sia gli elementi di unicità e di pregio, sia le problematiche legate ad interferenze di tipo diretto o indiretto; . paesaggio: per valutare l’influenza dell’opera in progetto sulle caratteristiche percettive e di intervisibilità dell’impianto rispetto all’area circostante; . rumore: per caratterizzare lo stato attuale della componente e definire le modifiche introdotte dall’opera, verificarne la compatibilità con gli standard esistenti per la salvaguardia della salute pubblica; . Aspetti antropici. Con riferimento agli aspetti ambientali sopra riportati, si è proceduto a selezionare quegli aspetti che, in relazione alla natura ed entità delle azioni previste nel progetto in esame e alle caratteristiche e

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sensibilità del territorio coinvolto, possono essere di oggettivo e significativo interesse ai fini del presente Studio. Nello specifico si sono individuati, in via preliminare, tutti quegli aspetti ambientali che sulla base di considerazioni ragionevoli e fortemente cautelative, sono stati ritenuti potenzialmente interferibili o interferenti le diverse opere e attività in progetto. Il metodo utilizzato per l’identificazione degli aspetti ambientali di progetto si basa, sulla correlazione fra gli elementi tipologici di un’opera e gli aspetti ambientali, individuati in base alla scomposizione della “matrice ambiente”, riportata nella tabella di seguito.

osuolo Acque territoriale Archeologia Beni storici e architettonici Materie prime Materie Ambiente sociale Suolo e sott Suolo delle aree protette aree delle Vegetazione, flora, Sostanze pericolose Sostanze fauna ed ecosistemi ed fauna Sistema dei vincoli e Paesaggio e visualità e vibrazioni Rumore Emissioni in atmosfera Rifiuti e materiali risulta di ASPETTII AMBIENTALI ASPETTII Programmazione e pianificazione e pianificazione Programmazione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 16

Trincee e scavi X X X X X X X X Viabilità in interferenza X X X X X X Sistema di cantierizzazione X X X X X X X X X X

Manufatto di regolazione con X X X X X X bocca tarata

Argine di contenimento X X X X X X X X

Scogliera e mantellata di X X X X X X X X X pietrame Strada di servizio per manutenzione e accesso ai X X X X X X X X X fondi Rampe per passaggio ciclo‐ pedonale delle infrastrutture X X X X X X X Ferrovia e SP Fondovalle Isclero Passerella ciclo/pedonale in legno lamellare per l’attraversamento del torrente X X X X San Giorgio e suoi affluenti a Nord nella Vasca Ischitella Terrazzamenti perimetrali all’area oggetto di X X X X X X X sistemazione idraulica Opera di compensazione X X X X X X ambientale: scarpata Tabella 1: Matrice di Correlazione "Tipologia di Opera - Aspetto Ambientale"

4. Normativa di riferimento Nel presente paragrafo si riporta l’elenco della normativa e dei provvedimenti di riferimento, riguardanti le opere in oggetto e per la predisposizione del presente lavoro.

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Si rinvia al Quadro di Riferimento Programmatico per l’analisi degli strumenti di programmazione e pianificazione del territorio.

4.1 Quadro Normativo comunitario e nazionale La Valutazione d’Impatto Ambientale è nata negli Stati Uniti nel 1969 con il National Environment Policy Act (NEPA) anticipando il principio fondatore del concetto di Sviluppo Sostenibile. In Europa tale procedura è stata introdotta dalla Direttiva Comunitaria 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985, Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati) quale strumento fondamentale di politica ambientale. La procedura di VIA viene strutturata sul principio dell’azione preventiva, in base al quale la migliore politica ambientale consiste nel prevenire gli effetti negativi legati alla realizzazione dei progetti anziché combatterne successivamente gli effetti. La struttura della procedura viene concepita per dare informazioni al pubblico e guidare il processo decisionale in maniera partecipata. La VIA nasce come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti/indiretti di un progetto su alcune componenti ambientali e di conseguenza sulla salute umana. La VIA è stata recepita in Italia con la Legge n. 349 dell’8 luglio 1986 e s.m.i., legge che Istituisce il Ministero dell’Ambiente e le norme in materia di danno ambientale. Il D.P.C.M. 27 dicembre 1988 e s.m.i contiene le Norme Tecniche per la redazione degli Studi di Impatto Ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità. La Direttiva 97/11/CE (Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, Modifiche ed integrazioni alla Direttiva 85/337/CEE) veniva presentata come revisione critica dopo l’esperienza di applicazione delle procedure di VIA in Europa. La direttiva ha ampliato il numero dei tipi di progetti da sottoporre a VIA (allegato I) e ha introdotto le fasi di “screening” e “scoping". Il quadro normativo in Italia, relativo alle procedure di VIA, è stato ampliato a seguito dell’emanazione della cd. “Legge Obiettivo” (L.443/2001) ed il relativo decreto di attuazione (D.Lgs n. 190/2002). Il D. Lgs. individua una procedura di VIA speciale, con una apposita Commissione dedicata. Con la delibera CIPE n. 57/2002 venivano date disposizioni sulla Strategia nazionale ambientale per lo sviluppo sostenibile 2000-2010 e si affermava come la VIA dovesse essere integrata a monte con Piani

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e Programmi che avessero già i criteri di sostenibilità ambientale, tramite la Valutazione Ambientale Strategica. Il primo resoconto dell’andamento dell’applicazione della VIA in Europa è stato pubblicato nel 2003: la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull’applicazione, sull’efficacia e sul funzionamento della direttiva 85/337/CEE, modificata dalla direttiva 97/11/CE. La relazione riscontra problemi sul livello di soglie di ammissione alla VIA, sul controllo di qualità del procedimento di VIA, sul frazionamento dei progetti e la valutazione degli effetti cumulativi sull’ambiente. Risulta evidente la necessità di migliorare: la formazione del personale delle amministrazioni locali; la valutazione del rischio e i sistemi di monitoraggio; la sensibilizzazione sui nessi tra salute umana e ambiente; la sovrapposizione di procedure di autorizzazione ambientale; la facilitazione della partecipazione del pubblico. Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 intraprende la riorganizzazione della legislazione italiana in materia ambientale e cerca di superare tutte le dissonanze con le direttive europee pertinenti. La Parte II tratta delle procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC); Un aggiornamento sulla applicazione della VIA in Europa è stato pubblicato nel 2009: la Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sull'applicazione e l'efficacia della direttiva VIA (dir. 85/337/CEE, modificata dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE). I problemi individuati nel resoconto del 2003 non risultano ancora risolti e vengono individuate ulteriori difficoltà nelle procedure transfrontaliere e nell’esigenza di un migliore coordinamento tra VIA, altre direttive (VAS, IPPC, Habitat e Uccelli, Cambiamenti climatici) e politiche comunitarie.

4.2 Quadro Normativo Regionale . D.G.R. 15 novembre 2001 n. 6148; . Circolare Prot.n. 331337 del 15 Aprile 2010 (Circolare esplicativa regolamenti regionali procedure valutazione ambientale); . D.G.R. 24 Maggio 2011 n. 211 Indirizzi Operativi e Procedurali per lo svolgimento della Valutazione di Impatto Ambientale in Regione Campania;

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. D.G.R. 4 Agosto 2011 n.406 Approvazione del "Disciplinare organizzativo delle strutture regionali preposte alla Valutazione di Impatto ambientale e alla Valutazione di Incidenza di cui ai Regolamenti nn. 2/2010 e 1/2010, e della Valutazione Ambientale Strategica di cui al Regolamento emanato con D.P.G.R. m. 17 del 18 Dicembre 2010"; . Direttiva Regione Campania prot. 1000353 del 18/11/2003 avente ad oggetto:” Direttiva sulle procedure amministrative per le attività da sottoporre a compatibilità ambientale, ai sensi del D.Lgs. 1520/2006”; . Delibera di Giunta Regionale n° 426 del 14 marzo 2008 avente ad oggetto:” Approvazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale - valutazione d'incidenza, screening, "sentito", valutazione ambientale strategica”; . Delibera di Giunta Regionale n° 1641 del 30 ottobre 2009 avente ad oggetto:” Approvazione del Regolamento "Disposizioni in materia di valutazione d'impatto ambientale”.

QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

5. Introduzione Il Quadro di Riferimento Programmatico fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra gli interventi in progetto e gli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale. Tali elementi costituiscono il parametro di riferimento per esprimere un giudizio di coerenza con gli atti pianificatori e normativi vigenti anche attraverso la seguente simbologia:

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Non Influente/Non vincolante

Moderatamente Influente/ Moderatamente vincolante

Influente/Vincolante

Tabella 2: Legenda simbologia utilizzata per esprimere gli effetti dell'Impatto rispetto alle Pianificazioni Sovraordinate

6. Ubicazione dell’intervento e inquadramento geografico dell’area Il territorio comunale di Dugenta, adagiato lungo la valle del fiume Volturno, è circondato dalle colline di , , Sant'Agata de' Goti e e si estende su una superficie di 16 km². La zona oggetto della proposta è ubicata a NE ed a monte del centro abitato di Dugenta (BN), ad una quota tra i 60 ei 30 metri s.l.m., ad una distanza minima di circa 200 metri dalle zone residenziali periferiche.

Figura 1: Ubicazione area di progetto.

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Il sito ha morfologia essenzialmente pianeggiante (altitudine media di circa 50 m s.l.m) e destinazione agricolo forestale, con sfruttamento del suolo a seminativo, seminativo erborato, pascolo e bosco. Come è possibile evincere dai grafici di progetto, la zona è confinata tra la ferrovia F.S. CE – BN – FG e prossima F.S.I. Alta Velocità, la S.P. Fondovalle Isclero, e d una sopraelevazione naturale del terreno situata alla località Ischitella/Masseria Cusano. Tale configurazione porta alla conformazione di numero di tre vasche di espansione che seppur s eparate fisicamente dalla ferrovia F.S. CE – BN – FG e prossima F.S. Alta Velocità e la S.P. Fondovalle Isclero rappresentano un opera idraulica tale da poter invasare un volume pari a 490.000 m3 . Le vasche di espansione sono ubicate, partendo da valle in corrispondenza del centro abitato di Dugenta, a sud “VASCA FERROVIA” con una quota di coronamento massima pari a 46.16 m s.l.m. in sinistra idrografica del torrente e 46,40 in destra idrografica. Al centro tra la ferrovia F.S. CE – BN – FG e prossima F.S. Alta Velocità e la S.P. Fondovalle Isclero è ubicata la “VASCA ISCLERO”con una quota di coronamento massima pari a 48.36 m s.l.m. in sinistra idrografica del torrente e 47,60 in destra idrografica, ed infine la “VASCA ISCHITELLA” invaso con maggior area occupata,che partendo da Est in corrispondenza della Fondovalle Isclero, segue il perimetro lungo un costone di origine tufaceo sopraelevato, attraversa il torrente San Giorgio e un suo affluente a Nord, delimita il centro rurale “Masseria Cusano” per poi collegarsi infine al rilevato della SP Fondovalle Isclero ad Ovest. Come è possibile desumere dalla documentazione di progetto allegata, oltre che dalla lettura della CTR (Carta Tecnica Regionale in scala 1/2.000 1/10.000), la conoscenza del territorio deriva da sopralluoghi e rilievi plano‐altometrici effettuati sulle aree d’interesse.

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Figura 2: Ubicazione opera in progetto.

7. Descrizione di inquadramento del Piano Territoriale Regionale (PTR) Alla proposta di Piano Territoriale Regionale, adottata con deliberazione GR n. 287 del 25/02/2005, è seguita l’adozione con deliberazione della GR 1956 del 30/11/06 pubblicato sul BURC del 10/01/2007 e il 16/09/2008 l’approvazione da parte del Consiglio Regionale del disegno di Legge “Approvazione e disciplina del Piano Territoriale Regionale”. Il Piano si articola in: . Progetto di legge; . Documento di piano - con 5 Quadri territoriali di riferimento utili ad attivare una pianificazione d'area vasta concertata con le Province (reti, ambienti insediativi, sistemi

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territoriali di sviluppo, campi territoriali complessi: indirizzi per le intese intercomunali e buone pratiche di pianificazione); . Linee guida per il paesaggio; . Cartografia. Le Linee Guida per il paesaggio e la relativa cartografia di piano costituiscono l'elemento necessario, nonché parte integrante del piano, per raccordare armonicamente le previsioni del Codice per i Beni Culturali e del Paesaggio, nella versione vigente, al sistema di pianificazione territoriale e urbanistica attraverso cui la Regione Campania ha, a suo tempo, con la LR 16/2004, ritenuto di dover assicurare il governo del proprio territorio. La definizione di Linee guida per il paesaggio in Campania nel Piano Territoriale Regionale (PTR) risponde a tre esigenze specifiche: . adeguare la proposta di PTR e le procedure di pianificazione paesaggistica in Campania ai rilevanti mutamenti intervenuti nella legislazione internazionale (Convenzione Europa del Paesaggio, ratificata dallo Stato italiano con la legge 9 gennaio 2006 n. 14), ed in quella nazionale, con l’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 come modificato dall’art. 14 del D.Lgs. 24 marzo 2006 n. 157); . definire direttive, indirizzi ed approcci operativi per una effettiva e coerente attuazione, nella pianificazione provinciale e comunale, dei principi di sostenibilità, di tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, dei paesaggi, dello spazio rurale e aperto e del sistema costiero, contenuti nella legge L.R. 16/04; . dare risposta alle osservazioni avanzate in seno alle Conferenze provinciali di pianificazione, richiedenti l’integrazione della proposta di PTR con un quadro di riferimento strutturale, supportato da idonee cartografie, con valore di statuto del territorio regionale. . Le Linee guida indicano il percorso metodologico e definiscono delle strategie per il paesaggio in Campania, esprimendo indirizzi di merito per la pianificazione provinciale e comunale. In particolare:

o forniscono criteri ed indirizzi di tutela, valorizzazione, salvaguardia e gestione del paesaggio per la pianificazione provinciale e comunale, finalizzati alla tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, come indicato all’art. 2 della L.R. 16/04;

o definiscono il quadro di coerenza per la definizione nei Piani Territoriali di

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Coordinamento Provinciale (PTCP) delle disposizioni in materia paesaggistica, di difesa del suolo e delle acque, di protezione della natura, dell’ambiente e delle bellezze naturali, al fine di consentire alle province di promuovere, secondo le modalità stabilite dall’art. 20 della citata L. R. 16/04, le intese con amministrazioni e/o organi competenti;

o definiscono gli indirizzi per lo sviluppo sostenibile e i criteri generali da rispettare nella valutazione dei carichi insediativi ammissibili sul territorio, in attuazione dell’art. 13 della L.R. 16/04. Attraverso le Linee guida per il paesaggio in Campania, la Regione indica alle Province e ai Comuni un percorso istituzionale ed operativo coerente con i principi dettati dalla Convenzione europea del paesaggio, dal Codice dei beni culturali e del paesaggio e dalla L.R. 16/04, definendo direttive specifiche, indirizzi e criteri metodologici il cui rispetto è cogente ai fini della verifica di coerenza dei piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP), dei piani urbanistici comunali (PUC) e dei piani di settore, da parte dei rispettivi organi competenti, nonché per la valutazione ambientale strategica prevista dall’art 47 della L.R. 16/04. Le disposizioni contenute nelle Linee guida per il paesaggio in Campania sono specificatamente collegate con la cartografia di piano, la quale: . costituisce indirizzo e criterio metodologico per la redazione dei PTCP e dei PUC e rappresenta il quadro di riferimento unitario per la pianificazione paesaggistica, la verifica di coerenza e la valutazione ambientale strategica degli stessi, nonché dei piani di settore di cui all’art. 14 della L.R. 16/04; . definisce nel suo complesso la Carta dei paesaggi della Campania, con valenza di Statuto del territorio regionale, inteso come quadro istituzionale di riferimento del complessivo sistema di risorse fisiche, ecologico-naturalistiche, agroforestali, storico- culturali e archeologiche, semiologico-percettive, nonché delle rispettive relazioni e della disciplina di uso sostenibile che definiscono l’identità dei luoghi; . rappresenta la base strutturale per la redazione delle cartografie paesaggistiche provinciali e comunali. Per quanto attiene l’area del progetto, si è proceduto all’ubicazione dello stesso rispetto al PTR, come di seguito riportato.

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Figura 3: Ubicazione dell'Impianto rispetto ai sistemi di terre della Campania - PTR.

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Figura 4: Ubicazione dell'impianto rispetto alle Dinamiche delle coperture delle terre 1960-2000 - PTR.

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Figura 5: Ubicazione dell'impianto rispetto ai Sistemi del Territorio Rurale - PTR.

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Figura 6: Ubicazione dell'impianto rispetto alla carta delle strutture storico-archeologiche del paesaggio - PTR.

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Figura 7: Ubicazione impianto rispetto allo schema di articolazione della rete ecologica della Campania - PTR.

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Figura 8: Ubicazione dell'impianto rispetto alla Visioning Preferita della Campania -PTR.

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Figura 9: Ubicazione dell'impianto rispetto alla Visioning Tendenziale della Campania -PTR.

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Sintesi di valutazione rispetto al PTR Valutazioni Sintesi Ambito di Titolo Descrizione dell’area di interesse dell’opera in valutazioni riferimento riferimento al PTR PTR I4 – Aree morfologicamente depresse delle Sistemi di terre della 1.a pianure alluvionali, nel basso corso del fiume Campania Volturno e dei fiumi appenninici Dinamiche delle coperture 1.c F – Intensivazione irrigua delle terre 1960-2000 1.e Sistemi territori rurali 19 – Valle Telesina

Carta delle strutture storico- 1.f Nessuna perimetrazione archeologiche del paesaggio Schema di articolazione dei 14-17 Taburno-Valle Telesina 1.g paesaggi della Campania (tavola 17) Schema della Reta 2.a Aree di massima frammentazione ecosistemica Ecologica della Campania

2.i Campi territoriali complessi Nessuna perimetrazione

Visioning preferita Aree vallive irrigue

Visioning tendenziale Aree vallive irrigue

Aree inondabili Nessuna perimetrazione (tavola 20)

9

TOTALE 1

Tabella 3: Sintesi di valutazione rispetto al PTR.

Dall’analisi appen aeffettuata, si può concludere che l’opera risulta conciliabile con le linee di indirizzo di detto strumento di pianificazione.

8. Descrizione di inquadramento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) Il 22 dicembre 2004 il Consiglio regionale della Campania ha approvato la legge 16/2004, “Norme sul governo del territorio”, che stabilisce – in attuazione dell’art. 57 della legge 112/98 – che il PTCP, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, assuma anche valore ed efficacia di piano paesistico. Nell’ottobre del 2006 il Ministero per i beni culturali, il Ministero per l’ambiente e la Regione

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Campania hanno sottoscritto una Intesa istituzionale preliminare sulle modalità di collaborazione per l’elaborazione congiunta dei piani territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed hanno approvato le “Linee guida per il paesaggio” che la Giunta regionale della Campania ha inserito nel Piano Territoriale Regionale, poi approvato nel 2008. Tali Linee guida per il paesaggio costituiscono pertanto il riferimento fondamentale per l’adeguamento del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale al PTR, per quanto concerne il valore e l’efficacia anche di piano paesaggistico. A questo punto vi è stata un’ulteriore modifica normativa relativamente al Codice dei beni ambientali (D.lgs n.4/08) e soprattutto in riferimento alle competenze sulla pianificazione del paesaggio, allorquando, a fine 2008, la Regione Campania ha approvato il Piano Territoriale Regionale, attribuendo a se stessa, conformemente al dettato normativo, il compito della disciplina del piano paesaggistico con il contributo delle province interessate. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica operanti nell’area d’indagine, tenendo conto della loro ordinazione, sono: . Piano Territoriale Regionale (PTR) . Piano Territoriale Paesistico del Massiccio del Taburno (PTP) . Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della provincia di Benevento e della provincia di ; . Piano per l’Assetto Idrogeologico dell'Autorità di Bacino dei fiumi Liri-Garigliano- Volturno; . Pianificazione comunale. Si descrivono di seguito il livelli di tutela e le indicazioni riferibili agli strumenti vigenti sopra elencati.

8.1 PTCP della Provincia di Benevento Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Benevento è stato approvato dal Consiglio Provinciale il 26.07.2012 con delibera n. 27. La verifica di compatibilità del Piano, da parte della Regione Campania, è stata approvata con D.G.R. n. 596 del 19/10/2012, pubblicata sul BURC n. 68 del 29/10/2012. Per effetto della L.R. 13/08 il PTCP non ha valore e portata di Piano Paesistico, ma concorre alla formazione del piano paesaggistico regionale, che sarà redatto congiuntamente dalla Regione e dal

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Ministero per i beni culturali. In ogni caso il PTCP – redatto in coerenza con i documenti costitutivi del PTR, e in particolare con le Linee guida per il paesaggio in Campania e Carta dei paesaggi – è attuativo della Convenzione europea del paesaggio e assume la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale e paesaggistico del territorio provinciale come una finalità primaria. Nelle more dell’entrata in vigore del Piano Paesaggistico Regionale, vigono i Piani Territoriali Paesistici approvati con Decreti del Ministro per i beni culturali le cui disposizioni prevalgono su quelle eventualmente difformi del presente PTCP. Il PTCP si compone di una parte strutturale, a sua volta articolata in un quadro conoscitivo- interpretativo e uno strategico, e di una parte programmatica. Completano gli elaborati di piano le Norme Tecniche di Attuazione, la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Incidenza. Gli obiettivi del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Benevento sono stati articolati rispetto ai seguenti n.3 Macrosistemi: 1. Macro-Sistema ambientale; 2. Macro-Sistema insediativo e del patrimonio culturale e paesaggistico; 3. Macro-Sistema delle infrastrutture e dei servizi. Essi, a loro volta, sono stati organizzati in ulteriori 15 sistemi allo scopo di individuare in maniera specifica, per ciascun sistema, le successive strategie e le azioni da intraprendere. Pertanto, ai fini della presente Relazione sono individuati gli obiettivi di Piano per i Sistemi che interessano gli aspetti paesaggistici, secondo il seguente schema: 1. Macro-Sistema ambientale: . Sistema ambientale e naturalistico (S1): . individuare una rete ecologica provinciale, interconnettendo tutte le core areas e le stepping zones attraverso corridoi ecologici e zone di transizione25; . assicurare l’uso efficiente e razionale delle risorse naturali e la loro fruibilità. 2. Macro-Sistema insediativo e del patrimonio culturale e paesaggistico: . Sistema storico-paesistico (S11): . promuovere la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione del paesaggio complessivo, di cui i beni storico-culturali sono parte integrante; . tutelare e valorizzare in modo sostenibile le risorse storico-insediative ed ambientali; . stabilire condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel settore della cultura e delle

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attività culturali; . valorizzare, tutelare e rendere maggiormente fruibili le risorse culturali. Il PTCP fornisce inoltre, un corposo contributo per la definizione delle Unità di Paesaggio. In particolare il PTCP di Benevento, per contribuire alla costruzione del Piano Paesaggistico Regionale, approfondisce alcuni aspetti legati al paesaggio ovvero alle caratteristiche storiche, storico- archeologiche, naturalistiche, estetiche e panoramiche del territorio provinciale attraverso uno studio che consente la lettura analitica della componente insediativa, degli elementi vegetazionali, dei beni culturali, nonché degli elementi di vulnerabilità; oltre a definire l’edificabilità del territorio rurale e aperto, in conformità con il PTR. Il territorio compreso nella provincia di Benevento viene inquadrato dal PTCP nell’Ambito Insediativo n° 5 “Sistema delle città storiche della Valle Caudina”, appartenente al sistema insediativo della Valle dell’Isclero costituito dai territori comunali di Dugenta, , Limatola, S. Agata De’ Goti. L'ambito presenta una molteplicità di valori ambientali, paesaggistici e culturali. In primo luogo i centri storici. Dugenta: centro di pianura di forma assiale. Durazzano: centro medievale di pianura di forma ad avvolgimento strutturato secondo tre nuclei: Terra murata di forma quadrata, Capocasale e Piedicasale. Limatola: centro di pendio di forma lineare. S. Agata De’ Goti: città di impianto altomedievale, nella configurazione originaria di forma assiale-lineare; rappresenta il centro di maggiore interesse storico-culturale della Provincia. Inoltre il PTCP, nelle Norme Tecniche di Attuazione, all’art. 96 indica “direttive e indirizzi per gli insediamenti della Valle dell'Isclero (Dugenta, Durazzano, Limatola, S. Agata de' Goti)". All’art. 105, il PTCP individua 119 Unità di Paesaggio, identificate con riferimento alla “Carta dei paesaggi della Campania” contenuta nel PTR e in coerenza con il concetto di paesaggio espresso dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Inoltre tali Unità di Paesaggio sono classificate a loro volta in 6 “Categorie di Paesaggio prevalenti”, per le quali definisce i principali indirizzi di qualità paesaggistica volti alla conservazione, alla tutela, alla valorizzazione, al miglioramento, al ripristino dei valori paesaggistici esistenti o alla creazione di nuovi valori paesaggistici. Il Comune di Dugenta in sede di adeguamento del Piano Urbanistico Comunale al PTCP, relativamente alle unità di paesaggio individuate dovrà orientare la pianificazione alla tutela degli elementi connotanti le diverse unità di paesaggio.

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Così come fatto per il PTR, si è proceduto all’ubicazione dell’area di progetto anche rispetto al PTCP, come riportato nelle tavole allegate al presente studio.

Sintesi di valutazione rispetto al PTCP

Ambito di Titolo Descrizione Valutazioni dell’opera in Sintesi valutazioni riferimento riferimento al PTCP rispetto al PTCP FATTORI RISCHIO A.1.10.4e AMBIENTALE Nessuna perimetrazione

(Tavola 24) A.1.7.1.a.1 ALPHA BIODIVERSITA 35-44 Medio Basso (Tavola 25) GRADO DI A.1.7.2.1 NATURALITA’ Naturalita’ 8

(Tavola 26) STABILITA’ A.1.7.2.3.1 VEGETAZIONE Aree antropizzate

(Tavola 27) VEGETAZIONE DI Boschi non di pregio/nessuna A.1.7.2.4.1 PREGIO perimetrazione (Tavola 28) A.1.9.E.5 AREE DI TUTELA Nessuna perimetrazione

A.2.3.a AREE DI TUTELA Nessuna perimetrazione ARCHEOLOGICA 7

TOTALE 0

Tabella 4: Sintesi di valutazione rispetto al PTCP.

Il progetto risulta compatibile con le linee di indirizzo di detto strumento.

9. Piano Territoriale Paesistico del Massiccio del Taburno (PTP) L'art.1 bis della Legge n.431/1985 prevede la redazione del Piano Territoriale Paesistico (PTP) o del Piano Urbanistico Territoriale (PUT) in relazione ai beni e alle aree che, per le loro caratteristiche, sono subordinati in modo oggettivo ed automatico al vincolo di tutela di cui alla Legge n.1497/1939 come richiamato dall'art.1, comma 3 della Legge n.431/1985. In seguito all'esercizio dei poteri sostitutivi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in Campania tra il 1995 e il 1996 venivano approvati n.14 PTP relativi ai perimetri delimitati con i DD.MM. 28.03.1985, due dei quali riguardavano la provincia di Benevento. Rispetto a tali piani la Regione Campania, richiamando il dettato dell'art.57 del D.L.vo 31.03.1998, n.112, attraverso le "Linee guida per la Pianificazione Territoriale Regionale", aveva riconosciuto il superamento "di una pianificazione esclusivamente paesistica", auspicando la confluenza di quest'ultima all'interno della più complessiva pianificazione territoriale.

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Anche per questo motivo la Regione ha sottoscritto un Protocollo d'Intesa con il Ministero per i Beni Culturali e le Attività Culturali nell'agosto del 1998 che va proprio nella direzione del superamento dell'attuale pianificazione paesistica. In tale documento le Sovrintendenze della Campania offrono la loro collaborazione tecnico-scientifica soprattutto in riferimento ad un sistema cartografico digitale da gestire presso le sedi delle Sovrintendenze stesse e/o presso il Servizio Cartografia del Settore Politica del Territorio della Giunta Regionale. Va in ultimo ribadito che l'art.57 del D.L.vo n.112/1998 riconosce al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale la valenza di PTP nei settori della protezione della natura, dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali in caso di intesa con le Amministrazioni competenti. I Piani territoriali paesistici (PTP) della provincia di Benevento sono due: il PTP del Massiccio del Taburno e quello del Matese. Le aree interessanti tali piani sono distinte in varie zone a ciascuna delle quali corrisponde un diverso grado di tutela paesistica; in particolare, partendo dal più alto grado di tutela ambientale, esse sono: Conservazione integrale, Conservazione Integrata del paesaggio di pendice montana e collinare, Conservazione del paesaggio agricolo di declivio e fondovalle, Conservazione integrata del paesaggio fluviale, Protezione del paesaggio agricolo di fondovalle, Recupero urbanistico-edilizio e restauro paesistico ambientale, Valorizzazione degli insediamenti rurali infrastrutturali, Riqualificazione delle aree di cava, Valorizzazione di siti archeologici, Valorizzazione turistico-sportiva. La perimetrazione dei due piani territoriali paesistici vigenti sul territorio della Provincia di Benevento, con le relative zone omogenee sono rappresentate nell’elaborato di PTCP denominato “A 0.12 Carta di perimetrazione dei piani territoriali paesistici – scala 1/250.000”, di cui nel seguito si riporta uno stralcio. Il DM 28 marzo 1985 (dichiarazione di notevole interesse pubblico degli interi territori dei comuni di , Campoli del Monte Taburno, , , , , Frasso Telesino, Dugenta, Melizzano, S. Agata dei Goti, , , , , e ), relativo alle aree ed ai beni individuati ai sensi dell’art.2 del DM 21 settembre 1984, ha sottoposto a “vincolo paesaggistico” ai sensi della Legge n.1497/1939, sedici comuni ricadenti nel territorio denominato gruppo montuoso del Taburno. Inoltre, è stato sottoposto a vincolo parte del territorio di . In seguito il Piano è stato approvato dal Ministero per i Beni Culturali con DM 30.09.1996, e comprende l'intero territorio dei succitati 17 comuni, tutti facenti parte della provincia di Benevento. Il

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Piano, redatto ai sensi dell’art.1 bis della Legge 8 agosto 1985, n.431, è costituito da n.18 "tavole fotografiche di zonizzazione", dalla “Relazione” e dalle “Norme di Attuazione” riferite a tutto il territorio di competenza. Le norme di attuazione del PTP si articolano in 23 articoli, che sono: . Titolo I – Disposizioni generali (le finalità e i contenuti del piano; l’ambito di delimitazione del piano; le categorie dei beni da tutelare; le norme di tutela e la suddivisione in zone; l’efficacia delle norme e le prescrizioni; le categorie degli interventi di recupero; le norme e le disposizioni generali per tutte le zone; gli interventi consentiti per tutte le zone; le norme per la tutela di sistemi o singolarità geografiche, geomorfologiche e vegetazionali; le aree di paesaggio storico archeologico; le infrastrutture antropiche; la sanatoria delle opere abusive); . Titolo II – Norme e prescrizioni delle singole zone (Zone di conservazione integrale (C.I.); Zona di conservazione integrata del paesaggio di pendice montana e collinare (C.I.P.); Zona di conservazione del paesaggio agricolo di declivio e fondovalle (C.A.F.); Zona di conservazione integrata del paesaggio fluviale (C.I.F.); Zona di protezione del paesaggio agricolo di fondovalle (P.A.F.); Zona di recupero urbanistico edilizio e di restauro paesistico ambientale (R.U.A.); Zona di valorizzazione degli insediamenti rurali infrastrutturali (V.I.R.I.); Zona di riqualificazione delle aree di cave e miniere (R.A.C.); Emergenze monumentali isolate di rilevante interesse paesistico; Zona di valorizzazione di sito archeologico (V.A.S.); Opere pubbliche e di interesse pubblico; Norme transitorie). In generale, si evidenzia che l'art. 23 delle NTA del PTP disciplina le "Opere pubbliche e di interesse pubblico", per le quali "è consentito in tutte le zone del presente piano anche in deroga alle norme e prescrizioni delle singole zone di cui alla presente normativa, la realizzazione e/o l’adeguamento degli impianti tecnologici ed infrastrutturali, purché interrati, quali sistemi fognari e di depurazione, idrici, elettrici, telefonici e sistema di pubblica utilità sia di rilevanza comunale che sovracomunale; l'adeguamento ed il potenziamento delle reti ferroviarie con le opere connesse con l'abolizione dei passaggi a livello; la bonifica e la sistemazione degli alvei e dei canali ricadenti nelle aree del presente piano. Ai sensi delle circolari del P.C.M. n. 1.2.3763/6 del 20/4/82 e n. 3763/6 del 24/6/1982, la localizzazione dei manufatti e delle volumetrie strettamente indispensabili alla realizzazione e funzionalità dei predetti impianti tecnologici ed infrastrutturali dovrà preventivamente essere

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autorizzata dal Ministero BB.CC.AA. I progetti esecutivi di dette opere, che dovranno tenere conto dei criteri di tutela paesistica, se in deroga alla normativa di zona in cui esse ricadono, dovranno recepire eventuali indicazioni e prescrizioni dettate dalla Soprintendenza BB.AA.AA.AA.SS. e dalla Soprintendenza Archeologica (se ricadenti in area di interesse archeologico). Le procedure autorizzative delle predette opere sono quelle sancite dalla legge n. 1497/39 e legge 431/85". Nel dettaglio, il progetto interessa: . l'area RUA (4,9 ha) "Recupero Urbanistico-edilizio e restauro paesistico Ambientale"; . l'area CAF (7,16 ha) "Conservazione del Paesaggio agricolo di declivio e fondovalle"; . l'area PAF (5,04 ha) " Protezione del paesaggio agricolo di fondovalle "; La zona "RUA" comprende aree urbanizzate di elevato valore paesistico costituite tanto dal tessuto edilizio di antica formazione ovvero tradizionale, quanto da borghi, nuclei sparsi ed insediamenti edificati anche di recente impianto con relative aree contigue. L'interesse paesaggistico della zona risiede nell’adattamento alle singolarità e alle emergenze geomorfologiche degli insediamenti abitativi, nell'equilibrio volumetrico e cromatico tra tessuto edilizio storico e caratteri dell'ambiente naturale, nella compatibilità delle espansioni recenti rispetto all'immagine urbana consolidata, ovvero alle connotazioni paesistiche dei siti". Nella zona sono vietati i seguenti interventi: . apertura di nuove cave di qualunque materiale e prosecuzione della coltivazione di eventuali cave esistenti; . realizzazione di impianti di discarica di rifiuti di qualsiasi tipo; . esecuzione di movimenti di terra che comporti estese e sostanziali trasformazioni della morfologia del terreno; . l'espianto della vegetazione arborea e degli oliveti; . realizzazione di elettrodotti od altre infrastrutture aeree; . ristrutturazione urbanistica per le aree interne ai perimetri dei centri storici e dei nuclei e complessi rurali di valore storico ed ambientale, individuati ed approvati secondo le disposizioni di cui all'art. 5 p.to 2 della presente normativa. ....Gli interventi da realizzare in dette aree dovranno, comunque, tener conto dei criteri di tutela paesistica: rispetto dei punti di vista panoramici; rispetto della geomorfologia e dell'andamento naturale del terreno; divieto di terrazzamenti; rispetto delle caratteristiche tipologiche e compositive tradizionalmente connesse con le destinazioni funzionali dei manufatti...".

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All'interno dell'area "CAF", che comprende aree a prevalente carattere agricolo con presenza di colture arboree tradizionali e di seminativo, presentano interesse paesaggistico per le visuali delle emergenze naturalistiche, vegetazionali e morfologiche del Massiccio, l’equilibrio estetico assunto dai segni dell’attività antropica per dimensioni e forma degli appezzamenti, le caratteristiche formali e cromatiche delle colture tradizionali locali. Nella zona sono vietati i seguenti interventi: . incremento dei volumi esistenti con la esclusione degli interventi consentiti al successivo punto 4 del presente articolo; . apertura di nuove cave di materiale litoide o sciolto, prosecuzione della coltivazione di cave di calcare; . realizzazione di impianti di discarica di rifiuti solidi urbani; . esecuzione di movimenti di terra che comporti estese e sostanziali trasformazioni della morfologia del terreno; . espianto degli oliveti. Sono invece consentiti opere di sistemazione di aree libere e di parcheggi che non comportino variazioni morfologiche, tagli si alberi e muri di contenimento, realizzazione di infrastrutture di sevizio a rete e di adeguamento e potenziamenti di antenne radio e ripetitori. La zona “PAF” comprende aree agricole con presenza di colture arboree e di seminativo misto, che presentano interesse paesaggistico per il loro inserimento nel contesto del Massiccio e per il rapporto esteticamente equilibrato fra caratteri naturali e segni della trasformazione antropica. La zona in oggetto è sottoposta alle norme di Trasformabilità Controllata, finalizzate all'individuazione del grado di sviluppo delle attività agricole e produttive esistenti, compatibili con l'attuale equilibrio paesistico (P.A.F.). Nella zona sono vietati i seguenti interventi: . apertura di nuove cave; . realizzazione di impianti di discarica di rifiuti solidi urbani; . esecuzione di movimenti di terra che comporti estese e sostanziali trasformazioni della morfologia del terreno; . l'espianto degli oliveti. Nella zona sono ammessi i seguenti interventi, fatte salve le norme e disposizioni di cui agli artt. 9 e 11 del Titolo I della presente normativa:

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. realizzazione di aree di parcheggio che non comporti rilevanti movimenti di terra, muri di sostegno e taglio di alberi; . opere di sistemazione di aree libere per uso ricreativo o attività sportive all'aperto che non comportino alterazione dell'andamento naturale dei terreni, realizzazione di muri di sostegno, taglio di alberi. Eventuali manufatti esclusivamente destinati alla dotazione di servizi igienici e spogliatoi non dovranno superare il limite imposto dalla vigente normativa in materia; . opere di adeguamento delle infrastrutture di servizio a rete, delle antenne radio e ripetitori televisivi esistenti. . Realizzazione di nuovi impianti interrati, installazione di protezioni stagionali delle colture ed impianto di serre stagionali costituite da strutture smontabili; . ristrutturazione edilizia integrale degli edifici esistenti, a parità di volume e con le limitazioni di cui ai punti 6 e 7 dell'art. 6, finalizzati al migliore inserimento paesistico, da ottenere attraverso la nuova composizione volumetrica e tipologica, che preveda in ogni caso il contenimento delle altezze nei limiti di m. 7,50 dal piano di campagna all'imposta della copertura a tetto; . adeguamento igienico funzionale e abitativo, anche attraverso ampliamento delle case esistenti,nonché adeguamento funzionale delle pertinenze agricole con esclusione degli edifici di valore ambientale e paesistico e di quelli di cui alle lettere b) e c) dell'art.139 del D.L.vo 490/99, da realizzarsi secondo quanto previsto ed alle condizioni delle leggi vigenti in materia; . adeguamento funzionale degli impianti per attività produttive, anche attraverso ampliamento delle volumetrie, fino al raggiungimento degli indici e degli standards previsti dalla normativa di settore; . realizzazione di case rurali e pertinenze agricole, impianti per attività produttive, i cui volumi non dovranno superare indici e standards previsti dalla normativa di settore. Le norme non contengono per l’area tutelata prescrizioni specifiche relative agli interventi di sistemazione idraulica pertanto il progetto risulta compatibile con le linee di indirizzo di detto strumento. Sintesi di valutazione rispetto alle Aree vincolate ai sensi del PTP Valutazioni dell’opera in riferimento alle Aree Sintesi valutazioni rispetto alle Aree Descrizione vincolate ai sensi del PTP vincolate ai sensi del PTP

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Zona RUA

Zona CAF

Zona PAF

TOTALE 3

10. Pianificazione Comunale Dal punto di vista urbanistico, nel vigente Regolamento Urbanistico del Comune di Dugenta l’area è classificata come “Zone omogenee di completamento ‐ B2”, “Zona omogenea agricola semplice ‐ E2” e “Aree per attrezzature di interesse comune – AIC”, disciplinate rispettivamente dagli artt.20, 31 e 48 delle Norme Tecniche di Attuazione. Il sottosistema in esame può essere caratterizzato da uso agricolo o da uso pubblico. Tra gli interventi previsti, sono considerati la rinaturalizzazione delle aree di pertinenza dei corsi Il sottosistema in esame può essere caratterizzato da uso agricolo o da uso pubblico. d'acqua, la riqualificazione idrogeologica ed il riassetto idraulico, il mantenimento, ripristino ed potenziamento della vegetazione ripariale, la creazione di percorsi di servizio, naturalistici e didattici e piccole radure per le attività di tempo libero e pratiche agricole di tipo biologico ed orientate al potenziamento degli assetti botanico‐faunistici. L’intervento di progetto è pertanto conforme alla destinazione della zona.

Sintesi di valutazione rispetto alla Pianificazione comunale Valutazioni dell’opera in riferimento alla Sintesi valutazioni rispetto alla Descrizione Pianificazione comunale Pianificazione comunale

B2-A2-AIC

TOTALE 1

Tabella 5: Sintesi di valutazione rispetto alla Pianificazione comunale.

11. PSDA, PGRA, PSAI-Rf del Distretto idrografico Appennino Meridionale(DAM) ex AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno La direttiva 2000/60/CE ha istituito da 3 lustri un "quadro per l’azione comunitaria in materia di acque e rappresenta uno dei fari per le politiche ambientali dei singoli stati membri" ed è stata recepita nel nostro ordinamento normativo con il D.L.vo 152/2006, pur essendo la normativa italiana già molto avanzata in materia di risorse idriche.

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In particolare, la Comunità Europea con tale direttiva ha sancito che l’uso delle risorse idriche (superficiali, sotterranee, di transizione e costiere), nel rispetto del principio di sostenibilità, non possa prescindere dal preservare il capitale naturale per le generazioni future (sostenibilità ambientale), con l’allocazione efficiente di una risorsa limitata (sostenibilità economica), con la garanzia dell’equa condivisione e dell’accessibilità per tutti di una risorsa fondamentale per la vita e la qualità dello sviluppo economico (sostenibilità sociale). Inoltre, per il tema delle alluvioni, sulla scorta di quanto già tracciato con la citata normativa, è stata emendata la direttiva 2007/60 sulla "Gestione rischio alluvioni" che ha tra gli obiettivi la riduzione delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche e sociali, dovute al rischio di alluvioni; riduzione che potrà avvenire attraverso l'individuazione di interventi e di azioni per la riduzione della pericolosità. Per entrambi i piani, il contesto naturale di riferimento, in coerenza con l’attuale quadro normativo europeo e nazionale, è rappresentato dall’unità fisiografica del Distretto Idrografico: questo è, e soprattutto sarà, il riferimento territoriale per qualsivoglia programmazione che riguardi il bene acqua e suolo, attesa l'assunzione del concetto riguardante il superamento delle barriere amministrative, privilegiando limiti di tipo naturale. In Italia sono stati individuati 8 Distretti Idrografici , “aree di riferimento”, per i quali sono stati elaborato il Piano di Gestione (Governo) delle Acque” e Piano di gestione del Rischio delle Alluvioni. Il Piano Stralcio di Difesa delle Alluvioni del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridonale ex AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno, considera la regolamentazione d’uso delle aree inondabili come un mezzo essenziale di prevenzione dai possibili danni generati da interventi antropici per garantire condizioni accettabili di rischio. Le prescrizioni e i vincoli territoriali sono differenziati per le diverse fasce fluviali: la fascia di pertinenza idraulica, cioè la fascia prettamente idraulica, è stata allargata rispetto all’alveo di piena ordinaria previsto dalla vecchia normativa, salvaguardando le fasce di rispetto delle piane golenali. La Fascia A, quindi, viene definita come l’alveo di piena e assicura il libero deflusso della piena standard, di norma assunta a base del dimensionamento delle opere di difesa. Secondo il Piano Stralcio di Difesa delle Alluvioni si è assunta come piena standard quella corrispondente ad un periodo di ritorno pari a 100 anni. Si è comunque voluto escludere dall’alveo di piena (fascia A) le aree in cui i tiranti idrici siano modesti,

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in particolare inferiore ad 1 m, garantendo nel contempo che l’alveo di piena sia capace di trasportare almeno l’80% della piena standard. In altri termini, se ai limiti dell’alveo di piena si costruisse un sistema di arginature, con franco adeguato, sarebbe assicurato il libero deflusso della piena standard con un sovralzo del pelo libero moderato rispetto al livello di pelo libero nella situazione attuale, e tale da non aumentare significativamente i danni nell’ipotesi di collasso dell’argine. La seconda fascia, Fascia B, comprende le aree inondabili dalla piena standard, eventualmente contenenti al loro interno sottofasce inondabili con periodo di ritorno T < 100 anni. In particolare sono state considerate tre sottofasce: . la sottofascia B1 è quella compresa tra l’alveo di piena e la linea più esterna tra la congiungente l’altezza idrica h=30 cm delle piene con periodo di ritorno T=30 anni e altezza idrica h=90 cm delle piene con periodo di ritorno T=100 anni; . la sottofascia B2 è quella compresa fra il limite della Fascia B1 e quello dell’altezza idrica h=30 cm delle piene con periodo di ritorno T=100 anni; . la sottofascia B3 è quella compresa fra il limite della Fascia B2 e quello delle piene con periodo di ritorno T=100 anni. In tale fascia dovranno essere prese adeguate misure di salvaguardia per le aree che producono un significativo effetto di laminazione (volume di invaso non trascurabile, al di sopra della sezione di uscita dei deflussi di piena). La fascia B limita quindi nuovi insediamenti e assume un carattere di fascia fluviale di carattere naturalistico. La Fascia inondabile della piena eccezionale, Fascia C, è quella interessata dalla piena relativa a T = 300 anni o dalla piena storica nettamente superiore alla piena di progetto.

Sintesi di valutazione rispetto al PSDA dell’AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno Descrizione Valutazioni dell’opera in riferimento al PSDA Sintesi valutazioni rispetto al PSDA

PSDA

PGRA

PSAI_Rf

TOTALE 3

Tabella 6: Sintesi di valutazione rispetto al PSDA-PGRA-PSAI_Rf dell'AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. L’opera di progetto è pertanto compatibile con tali pianificazioni agendo su un tratto non perimetrato rispettivamente dal PSDA e dal PGRA, riuscendo a coadiuvare tali pianificazioni, individuando con lo

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studio idraulico il dettaglio delle aree a rischio e a contenerle con la progettazione delle opere in oggetto.

12. Siti d’importanza Comunitaria (SIC) – Zone a protezione speciale (ZPS) Nel 1992 gli Stati Membri dell’Unione Europea hanno approvato all’unanimità la Direttiva “Habitat” che promuove la protezione del patrimonio naturale della Comunità Europea (92/43/CEE). Questa Direttiva è stata emanata per completare la Direttiva “Uccelli” che promuove la protezione degli uccelli selvatici fin dal 1979 (79/409/CEE). Tale direttiva comunitaria, inoltre, disciplina le procedure per la costituzione della cosiddetta “rete Natura 2000”, ossia il progetto dell'Unione Europea per "contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione di habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri". I SIC presenti sul territorio comunale di Dugenta sono: . IT 8010027 Fiumi Volturno e Calore L’area di progetto non interferisce con la perimetrazione del SIC

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451000 452000 453000 454000 455000 456000 Caiazzo Melizzano 0 0 0 0 0 0 6 6 5 5 5 5 4 4 IT8010027

Castel Campagnano

Dei Corridoi Ecologici 0 0 0 0 0 0 5 5 5 5 5 5 4 Fiume Volturno 4

0 Dugenta Frasso Telesino 0 0 0 0 0 4 4 5 5 5 5 4 4 0 0 0 0 0 0 3 3 5 5 5 5 4 4

Limatola

Fiume Isclero 0 0 0 0 0 0 2 2

5 Dei Corridoi Ecologici 5 5 5 4 4

Caserta 451000 452000 453000 454000 455000 456000 Figura 10: Ubicazione dell'impianto rispetto alle Aree Protette.

Sintesi di valutazione rispetto alle Aree Naturali Protette: SIC Valutazioni dell’opera in riferimento alle Aree Sintesi valutazioni rispetto alle Aree Descrizione Naturali Protette: SIC Naturali Protette: SIC

SIC IT8010027

TOTALE 1

Tabella 7: Sintesi di valutazione rispetto alle Aree Naturali Protette.

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13. Aree vincolate ai sensi del D. LGS. 42/2004 art. 142, 136-157 L’impianto non ricade in “Aree vincolate ai sensi del D. Lgs. 42/2004 art. 142, lettera c e artt. 136- 157; pertanto, può considerarsi conciliabile con tale pianificazione.

Figura 11: Inquadramento rispetto alle Aree tutelate.

Sintesi di valutazione rispetto alle Aree vincolate ai sensi del D. LGS. 42/2004 art.142 lettera c), 136-157 Valutazioni dell’opera in riferimento alle Sintesi valutazioni rispetto alle Descrizione Aree vincolate ai sensi del D. LGS. 42/2004 Aree vincolate ai sensi del D. LGS. art.142 lettera c), 136-157 42/2004 art.142 lettera c), 136-157 Aree tutelate D. Lgs. 42/2004 art. 142 lettera c)

Aree tutelate D. Lgs. 42/2004 art. 136-157

TOTALE 2

Tabella 8: Sintesi di valutazione rispetto alle Aree vincolate ai sensi del D. Lgs. 42/2004, art. 142 lettera c), 136-157.

14. Sintesi dell’analisi rispetto ai vincoli sovraordinati. Al fine di ricomporre la valutazione in una visione unitaria si è provveduto a riassumere le risultanze analiticamente riportate nei paragrafi precedenti in forma tabellare per costituire un quadro sinottico e giungere ad un giudizio di coerenza con gli atti pianificatori e normativi vigenti. Tale riassunto offre una visione unitaria e globale degli impatti delle singole azioni costituenti il progetto, descritti singolarmente in precedenza, sulle pianificazioni sovraordinate e i vincoli.

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Sintesi di valutazione rispetto ai vincoli sovraordinati. Descrizione Valutazioni dell’opera Non influente/ Moderatamente Influente/ Influente/

Non vincolante Moderatamente vincolante Vincolante

PTR 9 1 0 PTCP 7 0 0 PTP 0 3 0 Pianificazione comunale 1 0 0 PSDA-PGRA-PSAI-Rf Distretto Idrografico dell’Appennino Meridonale 3 0 0 SIC/ZPS/EUAP 1 0 0 Aree tutelate D. Lgs. 42/2004 art. 142 lettera c Aree tutelate D. Lgs. 42/2004 art. 136-157 0 2 0 TOTALE 21 6 0 Percentuale 78% 22% Tabella 9: Sintesi di valutazione rispetto ai vincoli sovraordinati.

Pertanto, sulla base dei risultati riscontrati a seguito delle valutazioni condotte, si può concludere che l’intervento genera un impatto compatibile con gli strumenti di pianificazione.

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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE Il quadro di riferimento progettuale descrive il progetto e le soluzioni adottate a seguito degli studi effettuati. Di seguito, verranno descritti gli elementi di progetto e le motivazioni tecniche delle scelte progettuali, le misure, i provvedimenti e gli interventi, anche non strettamente riferibili al progetto, che il proponente ritiene opportuno adottare ai fini del migliore inserimento dell’opera nell’ambiente.

15. Descrizione delle opere in progetto 15.1 Manufatto di regolazione con bocca tarata Il manufatto di regolazione è costituito da uno scatolare in c.a., inserito all’interno dell’alveo del Torrente San Giorgio, dotato di bocca tarata mediante paratoia meccanica; due muri d’ala disposti ad arco realizzano la funzione di smorzamento della corrente e di diaframma (Tav. 46 – E.3.33 ‐ Opera di sbocco). Lo scatolare in c.a. è impostato su una platea di fondazione provvista di taglioni di ammorsamento in c.a. che si estendono per almeno 2.70 m al di sotto della stessa: detti taglioni, oltre a garantire l’ancoraggio della struttura al terreno sottostante, impediscono fenomeni di dilavamento e scalzamento della fondazione. Si specifica che gli spessori della fondazione e del setto in elevazione sono stati dimensionati preliminarmente per sopportare la spinta dell’acqua, trascurando il contributo del rilevato arginale addossato. Il manufatto è realizzato in guisa di bocca tarata in modo che la portata massima rilasciata sia compatibile con quella transitabile all’interno dell’alveo a valle. Il manufatto reca in sommità una soletta carrabile in c.a. di spessore 50 cm per il collegamento della strada di servizio di coronamento; La paratoia presenta una luce netta pari a 2,50 x 4,00 m. Il grado di apertura della paratoia deve essere regolato, mediante apposite apparecchiature, in modo tale da far transitare a valle di essa una portata idrica di 45 m3/s. Occorre precisare, un aspetto importante, che il valore della portata che defluisce a valle del centro abitato è stato calcolato tenendo conto di un’azione di riprofilatura dell’alveo e quindi di regolarizzazione delle pendenze. Senza tale operazione preliminare, la capacità dell’alveo sarebbe nettamente inferiore in quanto, in corrispondenza del centro abitato in particolare del Ponte SP335, è

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presente un avvallamento che tende a far innalzare il tirante idrico con conseguente allagamento dell’area mercato. La regolazione del grado di apertura della bocca tarata sarà molto importante per il controllo della portata che defluisce, in quanto la portata che transita dipende dal livello del tirante a monte di essa. Per quanto riguarda l’analisi idrologica e il calcolo delle portate di piena sono stati effettuati in fase di progettazione preliminare. Oltre la bocca tarata e procedendo verso valle oltre il ponte stradale SP 335 in muratura, termina il primo lotto funzionale oggetto del presente intervento. Per quanto riguarda le scarpate fluviali, si specifica che in prossimità del manufatto di regolazione, sia a monte che a valle, le stesse sono protette mediante messa in opera muro in massi ciclopici o scogliera, di altezza variabile tra 1,5 e 2,50 m. Al fine di assicurare durabilità all’opera, i massi che vengono posti in opera non devono essere gelivi, friabili o dilavabili; essendo l’opera di sostegno a gravità è logico l’utilizzo di materiale con elevato peso specifico (peso > 2000 kg). Come è possibile desumere dagli elaborati grafici di progetto, gli elementi vengono disposti a strati sfalsati verso l’interno della scarpata, inclinati a reggipoggio (5°÷7°); il piano d’imposta della fondazione è ubicato ad almeno ‐70 cm dal p.d.c. Il fondo dell’alveo, a monte e a valle del manufatto, è invece protetto da scogliera realizzata mediante massi naturali di II categoria (peso compreso tra 1.000 e 3.000 kg) posti in opera con spessore medio almeno 1.20 m. L’apposizione di un’asta graduata sulla parete della bocca tarata trasforma la stessa in un idrometro.

15.2 Argine di contenimento L’argine di contenimento è realizzato in terra ed ha uno sviluppo complessivo di 2257,87 m. La sezione tipo ha forma trapezia con coronamento di larghezza pari a 3.0 m e scarpate inclinate, verso l’invaso e la campagna, nel rapporto 2:1 (“2” di base ed “1” in altezza) completamente inerbite a mezzo idrosemina; l’altezza massima del rilevato è pari a circa 3.50 m sul piano di campagna, con quota di coronamento variabile in funzione della posizione dell’argine e della disposizione morfologica. In particolare le vasche di espansione sono ubicate, partendo da valle in corrispondenza del centro abitato di Dugenta, a sud “VASCA FERROVIA” con una quota di coronamento massima pari a 46.16 m s.l.m. in sinistra idrografica del torrente e 46,40 in destra idrografica. Al centro tra la ferrovia F.S. CE – BN

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– FG e prossima F.S. Alta Velocità e la S.P. Fondovalle Isclero è ubicata la “VASCA ISCLERO” con una quota di coronamento massima pari a 48.36 m s.l.m. in sinistra idrografica del torrente e 47,60 in destra idrografica, ed infine la “VASCA ISCHITELLA” con una quota di coronamento massima pari a 53 m s.l.m. Sul coronamento dell’argine trova collocazione la pista ciclo‐pedonale interrotta in alcuni punti per consentire l’attraversamento della viabilità di servizio per la manutenzione. La pista ciclopedonale è realizzata mediante la posa in opera di misto granulare di cava stabilizzato s = 25 cm all’interno di un cassonetto di idonee dimensioni ( larghezza 2,40 m e spessore totale 28 cm), avvolto intorno a geotessile TNT e strato finale di spessore 3 cm in pavimentazione con legante naturale ecologica. Ai lati della massicciata sarà disposto un coronamento prefabbricato in cls ed una staccionata a croce di Sant’Andrea a delimitare la pista. Lungo il percorso saranno realizzate n. 5 aree di sosta in c.a. : avranno dimensioni m. 5.30 x ml. 6.15 con panchine e rastrelliere porta biciclette. La costruzione dell’argine è da realizzare previa bonifica del terreno di fondazione a mezzo scotico del p.d.c. di almeno 60 cm, e successivi strati di materiale drenante avvolto in telo di geotessile di 350gr/mq ‐ spessore 1.00 m, terreno proveniente dagli scavi adeguatamente compattato, impermeabilizzazione mediante geocomposito bentonitico con superficie irruvidita con successivo ricoprimento mediante terreno di adeguata granulometria a protezione dell’impermeabilizzazione e infine terreno vegetale e inerbimento. Al piede del rilevato è prevista la realizzazione della pista di servizio per il controllo e la manutenzione delle opere nonché la realizzazione dei fossi di guardia. L’ammorsamento dell’argine al terreno avviene a mezzo di taglione (taglione di argilla) riempito con materiali tali da abbassare la permeabilità di almeno due ordini di grandezza (pari alle migliori caratteristiche di permeabilità delle formazioni mediamente presenti in zona). (Tav. 47 – E.3.34 ”Argine della vasca di espansione: sezione tipo”)

15.3 Scogliera e mantellata di pietrame La risagomatura dell’alveo viene effettuata mediante muratura in massi ciclopici rinverditi con talee, in corrispondenza delle sponde non particolarmente instabili. Con tale intervento di provvederà quindi alla risagomatura e ricostruzione della scarpata e allo stesso tempo si proteggerà la stessa da fenomeni

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erosivi dell’acqua e attraverso la posizione di talee di ricostruirà l’habitat naturale faunistico presente nel corso d’acqua. Laddove le sponde dell’alveo presentano grossi cedimenti dovuti principalmente all’effetto erosivo dell’acqua, il rivestimento e la difesa delle scarpate spondali viene realizzato a mezzo massi calcarei naturali provenienti da cave autorizzate di volume non inferiore a 0,2 mc rivestiti di rete metallica a doppia torsione (Materassino Tipo Reno). Il materiale lapideo, non friabile né gelivo, è libero da impurità, radici, sostanze vegetali, rifiuti, grumi dannosi di materiale argilloso, materiali gelivi o comunque nocivi ed è costituito soltanto da massi di cava o, ove sia possibile, da massi di fiume reperiti in alveo, di dimensioni e peso tali da garantire la stabilità della scogliera. La mantellata di pietrame, realizzata sulle porzioni delle scarpate arginali di monte più prossime alla bocca tarata, in alcuni tratti dell’alveo e in corrispondenza delle spalle del Ponte SP335, è posta in opera con spessore pari a 30 cm. Su altri tratti delle sponde dell’alveo, invece si provvederà al ricoprimento e alla riprofilatura della scarpata mediante la posa in opera di geostuoia tridimensionale con successivo rinverdimento. (Tav. 49 – E.3.36 ”Interventi di riprofilatura dell’Alveo”). A protezione dei rilevati delle infrastrutture viarie e ferroviarie esistenti (Ferroviario FS CE – BN– FG e Strada Provinciale Fondovalle Isclero) nei punti di connessione degli argini alle scarpate con i rilevati saranno realizzate delle mantellate in pietrame e rete metallica a doppia torsione per un’altezza assoluta di 3.00 m, tutto ciò per evitare l’ eventuale erosione del rilevato dovuta dall’azione dell’acqua durante l’evento di piena. (Tav. 49 – E.3.36 ”Interventi di riprofilatura dell’Alveo”).

15.4 Strada di servizio per manutenzione e accesso ai fondi La realizzazione dell’argine di sbarramento richiede la realizzazione di una viabilità secondaria per l’accesso all’interno della cassa stessa sia per realizzare di interventi di manutenzione che per l’accesso stesso ai fondi non espropriati; i tratti di strada secondaria realizzati hanno uno sviluppo totale di circa 750,00 m. realizzati in corrispondenza delle tre vasche e collegati a strade già esistenti. La sede stradale è composta da rilevato con materiale proveniente dagli scavi e dalle cave e successivo strato di misto cementato, con pendenza del 2,5% verso un solo lato della strada dove sarà realizzata una cunetta

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laterale in terra di forma trapezoidale con recapito finale in corrispondenza dei ponticelli esistenti di raccordo alla viabilità esistente. La sede stradale, di larghezza pari a 3,00 m, è dimensionata per consentire il transito dei mezzi agricoli. (Tav.20 E.3.07 ‐ “Planimetria generale degli interventi su Aerofotogrammetria”).

15.5 Rampe per passaggio ciclo-pedonale delle infrastrutture Ferrovia e SP Fondovalle Isclero e area natura per la mitigazione ambientale Per consentire il passaggio della pista ciclo/pedonale delle infrastrutture Ferrovia e SP Fondovalle Isclero sarà realizzata una rampa di discesa e risalita della larghezza ml. 3.00. La pista ciclo‐pedonale è realizzata mediante la posa in opera di misto granulare di cava stabilizzato s = 25 cm all’interno di un cassonetto di idonee dimensioni (larghezza 3,00 m e spessore totale 28 cm), avvolto intorno a geotessile TNT e strato finale di spessore 3 cm in pavimentazione con legante naturale ecologica. Ai lati della massicciata sarà disposto un coronamento prefabbricato in cls ed una staccionata a croce di Sant’Andrea a delimitare la pista. Lungo il percorso saranno realizzate n. 5 aree di sosta in c.a.: avranno dimensioni m.5.30xml. 6.15 con panchine e rastrelliere porta biciclette.

15.6 Passerella ciclo/pedonale in legno lamellare per l’attraversamento del torrente SanGiorgio e suoi affluenti a Nord nella Vasca Ischitella Sarà realizzata una passerella in legno lamellare composta da una trave in legno lamellare di lunghezza pari a ml. 28.00 , larghezza ml. 6.30, fissata a due piloni in calcestruzzo armato di dimensioni ml. 1.80x6.30x2.50, con travi parapetto ed impalcato costituito da traversi metallici inferiori, che supportano le strutture del piano di calpestio, anch’esse in legno. I parapetti sono in acciaio inox e la copertura in legno lamellare e traversi in acciaio.

15.7 Terrazzamenti perimetrali all’area oggetto di sistemazione idraulica Saranno realizzate opere di stabilizzazione dell’area laterale alla rampa pedonale di collegamento tra Piazza Mercato e Via Stazione I Traversa e precisamente: . pulitura dell’area dalla vegetazione distrutta dall’evento alluvionale (taglio di alberi ed arbusti estirpati); . riprofilatura e rimoddelamento della scarpata, attraverso opere di scavo e riporto, al fine di ottenere una morfologia ottimale dell’area sotto il profilo paesaggistico;

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. stabilizzazione del terreno attraverso la posa in opera di geostuoie grimpanti antierosive ad indice alveolare rinforzata, rete metallica con funzione di contenimento; . inerbimento con idosemina e piantumazione di talee; . realizzazione di trincee drenanti composte da geotessile nontessuto ad azione filtrante: - saranno eseguite attraverso uno scavo sul cui fondo verrà collocato un tubo in polietilene micro fessurato; lo scavo sarà riempito con materiale lapideo di varia granulometria. . saranno realizzati dei percorsi pedonali in pietrisco, al piede della scarpata, allo scopo di consentire la manutenzione della vegetazione; . riqualificazione dell’area verde a monte della scarpata (Via Stazione I traversa). Attraverso la ricostruzione di questo profilo del versante, si otterrà una condizione di equilibrio, dell’area sconvolta dall’evento alluvionale e una condizione di sicurezza nell’ipotesi che si ripresenti una precipitazione con le stesse caratteristiche.

16. La cantierizzazione delle opere in progetto La relazione relativa alla cantierizzazione delle opere in progetto sarà prodotta in fase di progetto esecutivo. La suddetta relazione definirà i criteri generali del sistema di cantierizzazione individuando la possibile organizzazione e le eventuali criticità di questo.

17. Cumulo con altri progetti Non sono presenti altri altri cantieri nelle immediate vicinanze che possano essere messi in rapporto di amplificazione dell'effetto prodotto dalle attività previste in progetto. Non sono presenti nelle immediate vicinanze né strutture turistiche né zone urbane ad alta densità demografica.

18. Tempistica Le attività per la realizzazione dei vari interventi avranno una durata complessiva di circa 6 mesi; ogni intervento avrà una durata specifica, alcune delle fasi potranno prevedere tra di loro una

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sovrapposizione parziale o totale dei tempi di intervento, oppure sospensioni per motivi tecnici e successive riprese.

19. Gestione delle materie: siti di approvvigionamento e smaltimento 19.1 Smaltimenti in impianti di discarica e di recupero La ricerca dei siti idonei è stata effettuata consultando l’Albo Nazionale Gestori Ambientali (http://www.albogestoririfiuti.it/), al fine di ottenere l’elenco iniziale di siti autorizzati alla messa in discarica e al trattamento dei materiali provenienti dalla realizzazione delle opere in progetto in funzione di alcuni parametri (distanza dalle opere e tipologia di materiali trattati). In particolare ci si riferisce a materiali che, per motivi ambientali, potrebbero essere riutilizzati nelle opere in rilevato (CER 170504), e potrebbero essere destinati a ricomposizione ambientale , dunque il loro riutilizzo nel caso le loro caratteristiche lo consentano, permetterebbe un miglioramento della qualità ambientale. L’utilizzo di tali materiali prevedrà uno specifico piano di utilizzo così come previsto dalle vigenti normative.

19.2 Siti di approvvigionamento degli inerti I bacini di approvvigionamento più vicini all’area di cantiere sono quelli di Benevento e quello di Caserta; i siti di cava censiti risultano sempre localizzabili con precisione, pertanto vengono denominati come ‘cava con ubicazione certa’. Sulla base degli elementi analizzati, si rileva che all’interno dell’area di indagine la distribuzione dei siti estrattivi interessa 18 Comuni, rappresentati da: , Caserta, Maddaloni, San Felice a Cancello e Castelmorrone per la provincia di Caserta e nei comuni di Dugenta, Durazzano, Limatola, Melizzano, Arpaia, Cautano, Vitulano, S. Salvatore Telesino, Castel Venere, Solopaca, Talese Terme, Benevento e S. Agata dei Goti per la provincia di Benevento. Per quanto riguarda la situazione amministrativa risulta quanto segue: . 21 siti risultano “Autorizzati”; 12 di questi sono presenti all’interno dell’area A.C. (di crisi) nel comune di Caserta, Castel Morrone, Maddaloni, San Felice a Cancello, Arpaia, Sant’ Agata dei Goti, Cautano e Vitulano, 7 siti ricadono in ‘Zona Critica Z.C.R. ed 1 cava ricade in area di completamento nel comune di ; . 1 sito risulta “Abbandonato”; presente nel comune di Caserta e ricadente nell’area di

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crisi e in Z.C.R.. . 15 siti risultano “Chiusi”; di questi 6 sono inclusi nelle Aree di crisi presenti nei comuni di Caserta, San Felice a Cancello e Sant’Agata dei Goti, una sola cava, presente nel comune di Caserta ricade in Z.C.R. e una in area di completamento nel comune di San Salvatore Telesino. . 1 sito risulta “Dimesso”. Di seguito si riporta una Tabella riepilogativa dei siti di approvvigionamento dei materiali presente nell’area di interesse progettuale:

SITUAZIONE CODIC RAGIONE ID. TIPOLOGIA LOCALIZZAZIONE AMMINISTRATIV DISPONIBILITÀ E SOCIALE P.R.A.E. MATERIALE A Del Monaco C 01 61048_05 Maddaloni (CE) Calcari Autorizzata Esaurita Giovanni & C. s.a.s. Cementir s.p.a. di C 02 61048_01 Maddaloni (CE) Calcari Autorizzata Non determinato Leone Luciano

C 03 General Sindes Spa 61048_07 Maddaloni (CE) Calcari Autorizzata 3.000.000 m3

C 04 IN.CA. s.r.l. 61048_06 Maddaloni (CE) Calcari Autorizzata Esaurita Dugenta / S. Agata de' C 05 E.T.E.P. s.n.c. 62027_01 Tufo Autorizzata Non determinato Goti (BN) C 06 Vigliotti Antonio 62028_01 Durazzano (BN) Pozzolana Autorizzata 15.000 m3 Fran.ca.Spa C 07 61022_019 Caserta (CE) Calcare Abbandonata Esaurita di Natale Pasquale

C 08 IMMARD 62038_01 Limatola (BN) Ghiaie e sabbie Chiusa Esaurita

C 09 CELIP s.r.l. 62038_02 Limatola (BN) Ghiaie Chiusa Esaurita Castel Campagnano C 10 Fusco Domenico 61023_01 Sabbie Autorizzata 200 m3/g (CE) C 11 E.L.I. Volturno 62027_03 Dugenta (BN) Ghiaie Dismessa Esaurita C 12 Di Stadio Rosaria 62039_03 Melizzano (BN) Ghiaie Chiusa Esaurita San Felice a Cancello C 13 Diglio Michele 61075_04 Tufo Chiusa Esaurita (CE) Dolomie per C 14 Ditta Luserta Luigi 61022_01 Caserta (CE) Chiusa Esaurita refrattari Cementi Moccia Calcari per C 15 61022_03 Caserta (CE) Autorizzata Non determinato s.r.l. granulati Castel Campagnano C 16 IMMARD 61023_04 Ghiaie e sabbie Autorizzata Esaurita (CE) F.lli Palladino Inerti Castel Campagnano C 17 61023_06 Ghiaie Autorizzata Esaurita s.a.s. (CE) C18 3 C 62005_01 Arpaia (BN) Autorizzata Non determinato Acerrana Cave C 19 62070_011 S. Agata de' Goti (BN) Tufo Chiusa Esaurita s.n.c. S. Agata de' Goti C 20 Lettieri Nicolangelo 62070_015 Tufo Chiusa Esaurita (BN) C 21 SO.GEM. 61026_01 Castelmorrone (CE) Calcari Autorizzata Non determinato Castelmorrone C 22 Tulipano Saverio 61026_03 Calcari Autorizzata Non determinato (CE) S. Agata de' Goti C 23 Iannotta Francesco 62070_23 Calcari Chiusa Esaurita (BN) S. Agata de' Goti C 24 Iannotta Francesco 62070_24 Calcari Chiusa Esaurita (BN) C 25 Scarinzi G. 62021_00 Cautano (BN) Marmo Autorizzata Non determinato

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Calcari e brecce Vitulano Marmi C 26 62077_01 Vitulano (BN) da taglio Autorizzata Non determinato s.r.l. Cooperativa

Marmorea C 27 62021_01 Cautano (BN) Marmo Autorizzata Non determinato Cautanese

Calcari e brecce C 28 Marmi Loia s.r.l. 62021_03 Cautano (BN) da taglio Chiusa Esaurita

C 29 Razzano Antonio 62070_32 S. Agata de' Goti (BN) Calcari Autorizzata 150.000 m3 Maturo C 30 62068_01 S. Salvatore Telesino Calcari Autorizzata Non determinato Pierdomenico S. Salvatore C 31 Bove Emilio 62068_06 Calcari Chiusa Esaurita Telesino Tabella 10: Riepilogo dei siti di approvvigionamento dei materiali presenti nell'area di studio.

20. Gestione delle terre e rocce da scavo Durante la realizzazione delle opere, il criterio di gestione del materiale scavato prevede il suo deposito temporaneo e successivamente il suo riutilizzo, all’interno dello stesso sito di produzione (ai sensi dell’art. 185, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. e dall’Art. 24 del D.P.R. 120/2017), previo accertamento, durante la fase esecutiva, dell’idoneità di detto materiale per il riutilizzo in sito. Le terre e rocce da scavo saranno utilizzabili per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, miglioramenti fondiari o viari oppure per altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, per rilevati, per sottofondi e, nel corso di processi di produzione industriale, in sostituzione dei materiali di cava: . se la concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A, in qualsiasi sito a prescindere dalla sua destinazione; . se la concentrazione di inquinanti è compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B, in siti a destinazione produttiva (commerciale e industriale). In generale in base alle specifiche destinazioni d’uso delle aree d’intervento in funzione dei risultati analitici ottenuti a seguito dell’esecuzione di specifiche indagini, è possibile configurare n. 2 diverse ipotesi di gestione, come di seguito specificato:

a) Conformità ai limiti di cui alla colonna A o B, tabella 1 allegato 5, al titolo v, parte quarta del d.lgs. 152/06 in funzione della specifica destinazione In caso di conformità dei materiali indagati alle CSC previste dal D.Lgs 152/06 per specifica destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 185, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.. previo comunque accertamento analitico durante la fase esecutiva, il materiale da scavo potrà essere riutilizzato nel medesimo sito in cui è stato prodotto.

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Nell’eventuale presenza di terreni di riporto, dovrà comunque essere verificata la conformità del test di cessione alle CSC acque sotterranee. Le matrici terreni di riporto che non fossero conformi al test di cessione sono considerate fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse.

b) Superamenti dei limiti di cui alla colonna A o B in funzione della specifica destinazione Nei casi in cui è rilavato il superamento di uno o più limiti di cui alle colonne A (Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.) o di Colonna B, e non risulti possibile dimostrare che le concentrazioni misurate siano relative a valori di fondo naturale, il materiale da scavo non potrà essere riutilizzato nello stesso sito di produzione e verrà gestito come rifiuto (smaltimento/recupero) ai sensi della vigente normativa in materia. In tal caso, il riempimento delle aree di scavo dovrà essere effettuato con materiali inerti certificati, attestanti l’idoneità (per qualità, natura, composizione, ecc.) degli stessi al ripristino dello scavo. Nell’eventuale presenza di terreni di riporto, dovrà comunque essere verificata la conformità del test di cessione alle CSC acque sotterranee. Le matrici terreni di riporto che non fossero conformi al test di cessione sono considerate fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse. La movimentazione dei materiali avverrà esclusivamente con mezzi e ditte autorizzate secondo le modalità previste dal D.Lgs. 152/06.

21. Deposito temporaneo Il materiale da scavo idoneo al riutilizzo all’interno dello stesso sito di produzione o entualmente da destinare ad apposito impianto di conferimento sarà depositato in spazi appositamente individuati all’interno dell’area di cantiere. In caso di superamento delle CSC o nel caso di eccedenza, il materiale sarà accantonato in apposite aree dedicate e in seguito caratterizzato ai fini dell’attribuzione del codice CER per l’individuazione dell’impianto autorizzato.

21.1 Deposito temporaneo delle terre da gestire come rifiuti Le Terre e Rocce da scavo non conformi alle CSC e quelle non riutilizzabili in quanto eccedenti, saranno accantonate in apposite aree dedicate e, successivamente, caratterizzate ai fini dell’attribuzione del codice CER per l’individuazione dell’impianto autorizzato. Comune di Dugenta STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Agosto 2018 Pag. 51 di 119

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Le TRS saranno quindi raccolte e avviate a operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative (Art. 23 del D.P.R. 120/2017): - con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; - quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 4000 m3 di cui al massimo 800 m3 di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno. Il deposito temporaneo sarà effettuato nel rispetto delle norme tecniche relative a ciascun rifiuto e il raggruppamento dei rifiuti, all’interno del deposito temporaneo, sarà effettuato per tipologie omogenee. L’area adibita al deposito sarà separata rispetto ai luoghi ove si svolgono altre attività, ma tale da consentire una ottimale gestione e controllo dei materiali. Tale area sarà delimitata e opportunamente contrassegnata, resistente alle intemperie, ben visibile e ben compresa anche a distanza e garantire il completo isolamento delle sottostanti matrici ambientali (suolo e/o acque sotterranee) tramite l’uso di teli impermeabilizzanti i cui bordi saranno piegati in modo da evitare eventuali sversamenti sul terreno.

21.2 Rifiuti di TRS-Recupero o Smaltimento

Tutto il terreno proveniente da attività di scavo nell’ambito dei lavori sopra citati e non destinato al riutilizzo sarà considerato rifiuto. Le Terre e Rocce da Scavo che non verranno utilizzate nel rispetto delle condizioni esposte ai paragrafi precedenti sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti. Quindi, di tutto il terreno scavato, quello che non verrà riutilizzato perché: . contaminato; . avente caratteristiche geotecniche tali da non consentirne il riutilizzo; . in quantità eccedente a quella destinabile al riutilizzo; verrà conferito in idoneo impianto di trattamento o recupero o, in ultima analisi, smaltito in discarica. Per il terreno che costituisce rifiuto va privilegiato il conferimento in idonei Impianti di Trattamento o Recupero (con conseguente minore impatto ambientale e minori costi di gestione). In ogni caso, per i rifiuti vanno adottate le modalità previste dalla normativa vigente (Titolo IV del D. Lgs. 152/2006

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE e s.m.i.). Per la verifica delle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali, sui campioni di terreno deve essere prevista l’esecuzione di “un set analitico” finalizzato all’attribuzione del Codice CER. Per i materiali da scavo che dovranno essere necessariamente conferiti in discarica sarà obbligatorio eseguire anche il test di cessione ai sensi del D.M. 27/09/2010, ai fini di stabilire i limiti di concentrazione dell'eluato per l'accettabilità in discarica. Relativamente al trasporto, a titolo esemplificativo verranno impiegati come di norma camion con adeguata capacità (circa 20 m3), protetti superiormente con teloni per evitare la dispersione di materiale durante il tragitto. Al fine di consentire la tracciabilità dei materiali interessati dall'escavazione sarà redatta la prescritta documentazione che consentirà anche nel tempo di individuare l'intera filiera percorsa dal materiale. Le operazioni di trasporto e conferimento agli impianti finali di destinazione vengono effettuate previa compilazione del formulario di identificazione del rifiuto (FIR) dove vengono indicate tutte le informazioni necessarie a definirne la tracciabilità, ovvero a definire tutti i collegamenti dal momento della messa in carico sul registro, dello scarico, al trasporto presso l’impianto finale. Tale documentazione come per legge sarà custodita almeno per i successivi cinque anni e sarà disponibile presso la società committente dell'opera. Il trasporto del rifiuto è accompagnato inoltre dal relativo certificato di analisi, rilasciato dal laboratorio chimico accreditato ACCREDIA, dove sono indicate, oltre al codice CER, tutte le informazioni necessarie a caratterizzare il rifiuto da un punto di vista chimico-fisico. La gestione dei rifiuti sarà effettuata mediante l’ausilio di contratti aperti con fornitori opportunamente qualificati che esplicano l’attività di raccolta, trasporto e conferimento agli impianti di destinazione finale.

21.3 Rifiuti di TRS-Recupero o Smaltimento A seconda della classificazione, delle caratteristiche chimico-fisiche, e dalla natura degli inquinanti presenti nei rifiuti, i rifiuti prodotti dalle attività di progetto saranno conferiti presso i seguenti impianti: 1. Recupero Comune di Dugenta STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Agosto 2018 Pag. 53 di 119

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. impianti di macinazione e recupero di rifiuti inerti e terre e rocce; 2. Smaltimento . impianti di stoccaggio e/o smaltimento rifiuti inerti; . impianti di stoccaggio e/o smaltimento rifiuti non pericolosi. In base alla caratterizzazione, terre e rocce da scavo non riutilizzabili, devono essere trasportati, conferiti e sistemati alla/e discarica/e o impianto/i di trattamento autorizzata/e/i. La disponibilità relativa alla capienza ed all’accessibilità degli impianti di trattamento e/o discariche, sarà assicurata nel totale rispetto della Legislazione vigente, degli Strumenti Urbanistici locali e dei vincoli imposti dalle competenti Autorità. Concluso il conferimento del materiale a sistemazione definitiva, l’area utilizzata per la realizzazione dei cumuli sarà ripristinata nella situazione ante-operam; saranno smantellate tutte le opere provvisionali e l’area sarà caratterizzata come previsto dal DM 152/06 e s.m.i. ed eventualmente sottoposta agli interventi di ripristino ambientali necessari.

Nella tabella seguente si riportano, per ciascuna tipologia di materiali da scavo che si prevede produrre, la relativa attività di gestione qualora le terre e le rocce da scavo siano gestite come rifiuto in conformità alla Parte IV - D.Lgs 152/06 e s.m.i..

CODICE EUROPEO DENOMINAZIONE RIFIUTO ATTIVITA’ DI GESTIONE RIFIUTI (CER) D1, D13, D14, D15, 170503* Terre e rocce contenenti sostanze pericolose R5, R4, R3

D1, D9, D13, D14, D15, 170504 Terre e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 170503* R5, R13

D1, D13, D14, D15 170301* Miscele bituminose contenenti catrame e carbone R13, R5

D1, D9, D13, D14, D15, 170302 Miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301* R13, R5

Rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, diversi da D1, D13, D14, D15 170904 quelli di cui alle voci 170901, 170902 e 170903 R13, R5, R4, R3

Per quanto riguarda il recupero sussistono i seguenti codici previsti dall’allegato C del D.Lgs 152/2006: Comune di Dugenta STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Agosto 2018 Pag. 54 di 119

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CODICE OPERAZIONE DESC DI RECUPERO (All. C) RIZI ONE Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi R3 (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche) R4 Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici

R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche

Messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R13 R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

Lo smaltimento dei rifiuti verrà effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere infatti il più possibile ridotti sia in massa che in volume e smaltiti tramite una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento attraverso le migliori tecniche disponibili tenendo conto anche del rapporto costi/benefici complessivi. Prima dello smaltimento o recupero finale i rifiuti possono essere oggetto di specifici trattamenti di tipo chimico-fisico per renderli conformi alle norme tecniche che regolano queste tipologie di attività.

I rifiuti che saranno prodotti possono essere ricondotti in linea generale alle seguenti operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii..

CODICE OPERAZIONE DI DESCRIZIONE SMALTIMENTO (All. B)

D1 Deposito sul o nel suolo (es. discarica).

Trattamento chimico-fisico non specificato altrove nel presente allegato, che dia D9 origine a composti o miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (es. evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.).

D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12.

D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

Deposito Preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 escluso D15 il Deposito Temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti.

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Per quanto concerne le operazioni di cui ai punti D13, D14 e D15 dell’allegato B, la responsabilità del produttore è esclusa a condizione che quest’ultimo, oltre alla quarta copia di ritorno del FIR, debitamente sottoscritta per accettazione da parte dell’impianto di destinazione, abbia ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell’impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato allegato B. Dalle informazioni disponibili circa le attività ambientalmente rilevanti, attuali e passate, presenti sul sito d’intervento è presumibile che le attività di scavo producano tipologie di rifiuti classificabili come “non pericolosi” e quindi conferibili presso un impianto di recupero autorizzato o, se necessario, un impianto di smaltimento che, (considerate le caratteristiche chimiche, presumibilmente una discarica per rifiuti speciali non pericolosi). 22. Piano di indagini Il presente capitolo illustra le attività d’indagine che si propone di eseguire al fine di ottenere una caratterizzazione delle aree oggetto degli interventi previsti. Lo scopo principale dell’attività è la verifica dello stato di qualità dei terreni nelle aree destinate alla realizzazione degli interventi, mediante indagini dirette comprendenti il prelievo e l’analisi chimica di campioni di suolo e il confronto dei dati analitici con i limiti previsti dal D.Lgs. 152/2006, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito. In particolare la caratterizzazione sarà effettuata considerando: . l’estensione dell’area di progetto; . la disponibilità di dati esistenti sullo stato qualitativo dei terreni in zone prossime alle aree d’indagine; Le attività saranno eseguite in accordo con i criteri indicati nel D.Lgs. 152/2006. I punti di indagine sono stati ubicati in modo da consentire un’adeguata caratterizzazione dei terreni delle aree di intervento, tenendo conto della posizione dei lavori in progetto e della profondità di scavo. Per quanto concerne le analisi chimiche, si prenderà in considerazione un set di composti inorganici e organici tale da consentire di accertare in modo adeguato lo stato di qualità dei suoli. Le analisi chimiche saranno eseguite adottando metodiche analitiche ufficialmente riconosciute. Sulla base dei risultati analitici verranno stabilite in via definitiva: . le quantità di terre da riutilizzare in sito, per i riempimenti degli scavi,

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. le quantità da avviare a smaltimento in discarica e le relative tipologie di discariche, . la logistica e i percorsi previsti per la movimentazione delle terre.

22.1 Numero e caratteristiche dei punti di indagine L’ubicazione e il numero di punti di indagine potrà subire modifiche a seguito di sopralluoghi per accertarne l’effettiva fattibilità. Tutte le posizioni dei singoli punti di sondaggio saranno individuate solo a seguito di attenta verifica, tenendo conto, in particolare, della presenza di tutti i possibili sottoservizi, delle restrizioni logistiche e dei riflessi sulla sicurezza degli operatori. Considerato inoltre che al momento dell’esecuzione delle indagini preliminari, non si avrà ancora la disponibilità dei suoli interessati dalle opere in progetto (le attività di asservimento e di natura espropriativa avverranno solo dopo l'avvenuta autorizzazione dell'opera), i sopralluoghi di campo dovranno verificare: . l’accessibilità ai siti; . la presenza di coltri sufficienti da permettere il campionamento; . l’eventuale presenza di sottoservizi; . eventuali ulteriori restrizioni logistiche.

Si consideri inoltre che buona parte delle aree interessate dalle attività in progetto saranno in corrispondenza di aree di proprietà privata e che le attività di asservimento e di natura espropriativa avverranno solo dopo l'avvenuta autorizzazione dell'opera, di conseguenza l’esecuzione dei sondaggi in tali aree sarà possibile solo previo accordi con i proprietari dei fondi. La caratterizzazione ambientale sarà svolta, prima dell'inizio dello scavo, nel rispetto di quanto riportato agli allegati 2 e 4 del D.P.R. 120/2017. Qualora, si riscontri l’impossibilità di eseguire prima dell'inizio dello scavo la completa caratterizzazione ambientale di tutti i punti di indagine previsti ci si riserverà la possibilità di eseguire talune indagini in corso d'opera, secondo le indicazioni di cui all'allegato 9 del D.P.R. 120/2017. In base a quanto stabilito nell’Allegato 2 del D.P.R. 120/2017, la densità dei punti di indagine nonché la loro ubicazione sono basate su un modello concettuale preliminare delle aree o sulla base di considerazioni di tipo statistico (campionamento sistematico su griglia o casuale). Il numero di punti d'indagine, in base alle dimensioni dell'area d'intervento, è aumentato secondo i criteri minimi riportati nella tabella seguente.

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DIMENSIONE DELL’AREA PUNTI DI PRELIEVO Inferiore a 2.500 m3 3 Tra 2.500 m3 e 10.000 m3 3 + 1 ogni 2.500 m3 Oltre 10.000 m3 7 + 1 ogni 5.000 m3

Alla luce di quanto sopra, al fine di prelevare un numero di campioni di terreno sufficientemente rappresentativo del materiale di scavo prodotto, si prevede la realizzazione di: . 7 punti di indagine + 1 ogni 5.000 m3 per un totale di 15 punti di indagine, essendo l’area di progetto di circa 170.000 mq

Nella Tavola dei punti di campinamento allegata al presente documento è riportata l’ubicazione dei punti di campionamento che verranno effettuati nell’ambito del presente piano. L’ubicazione definitiva di tutti i singoli punti andrà nuovamente verificata in sede di cantiere, e in corso d’opera potrebbero quindi richiedersi lievi spostamenti.

Coordinate metriche (UTM) Punti di indagine x y 1 455064,6094 4553263,548 2 455084,4532 4553218,304 3 454980,4717 4553232,592 4 454859,8215 4553284,979 5 454851,0902 4553342,923 6 454842,359 4553473,098 7 454759,8088 4553601,686 8 454581,2147 4553627,88 9 454240,6953 4553569,142 10 453890,1216 4553425,672 11 453626,1331 4553540,071 12 453353,2589 4553742,037 13 453003,9553 4553877,451 14 453085,7117 4553872,688

22.2 Frequenza dei prelievi in senso verticale I campioni da sottoporre ad analisi chimico-fisiche verranno così prelevati: . campione 1: da 0 a 1 m dal piano campagna; . campione 2: nella zona di fondo scavo; . campione 3: nella zona intermedia tra i due.

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Per scavi superficiali, di profondità inferiore a 2 metri, i campioni da sottoporre ad analisi chimico- fisiche saranno almeno due: uno per ciascun metro di profondità.

Prima di definire le precise profondità di prelievo, sarà necessario esaminare preventivamente il rilievo stratigrafico di massima, allo scopo di evidenziare le variazioni fra gli strati della sezione da campionare. Si porrà cura a che ogni campione sia rappresentativo di una e una sola unità litologica, evitando di mescolare nello stesso campione materiale proveniente da strati di natura diversa o materiale del riporto con terreno naturale. Ai campioni previsti sarà possibile aggiungerne altri a giudizio, in particolare nel caso in cui si manifestino evidenze visive o organolettiche di alterazione, contaminazione o presenza di materiali estranei, oppure strati di terreno al letto di accumuli di sostanze di rifiuto, ecc..

22.3 Modalità di esecuzione degli scavi/sondaggi La caratterizzazione ambientale sarà eseguita mediante scavi esplorativi (pozzetti o trincee), effettuati per mezzo di escavatori meccanici (benna rovescia o altro mezzo meccanico con prestazioni analoghe) oppure mediante sondaggi a carotaggio. Qualora tali metodi risulteranno non applicabili si opterà per l’utilizzo di strumenti manuali (trivella, carotatore manuale, vanga, etc.). In ogni caso le indagini saranno eseguite prima dell’avvio dei lavori. Le attrezzature per il campionamento saranno di materiali tali da non influenzare le caratteristiche del suolo che si andranno a determinare. Le operazioni di sondaggio saranno eseguite rispettando alcuni criteri di base essenziali al fine di rappresentare correttamente la situazione esistente in sito, in particolare: . gli scavi saranno condotti in modo da garantire il campionamento in continuo di tutti i litotipi, garantendo il minimo disturbo del suolo e del sottosuolo; . la ricostruzione stratigrafica e la profondità di prelievo nel suolo sarà determinata con la massima accuratezza possibile, non peggiore di 0,1 metri; . durante le operazioni di perforazione, l’utilizzo delle attrezzature impiegate, la velocità di rotazione e quindi di avanzamento delle aste e la loro pressione sul terreno sarà tale da evitare fenomeni di attrito e di surriscaldamento, il dilavamento, la contaminazione e quindi l’alterazione della composizione chimica e biologica del materiale prelevato; . sarà adottata ogni cautela al fine di non provocare la diffusione di inquinanti a seguito

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di eventuali eventi accidentali ed evitare fenomeni di contaminazione indotta, generata dall’attività di perforazione (trascinamento in profondità del potenziale inquinante); . Il prelievo dei campioni verrà eseguito immediatamente dopo la realizzazione dello scavo, campioni saranno riposti in appositi contenitori, e univocamente siglati. . il campione prelevato sarà conservato con tutti gli accorgimenti necessari per ridurre al minimo ogni possibile alterazione; . impiego, ad ogni nuova manovra, di strumentazione pulita ed asciutta. Nel corso delle operazioni di prelievo dei campioni, tutto il materiale estratto sarà esaminato e tutti gli elementi che lo caratterizzano saranno riportati su un apposito report di campo. In particolare, sarà segnalata la presenza nei campioni di contaminazioni evidenti (evidenze organolettiche).

22.4 Scavi esplorativi Nel caso di campionamento di suolo mediante scavi esplorativi si ricorrerà a metodi di scavo meccanizzato (benna rovescia o altro mezzo meccanico con prestazioni analoghe) o, qualora impossibile, mediante strumenti manuali (trivella, carotatore manuale, vanga).

Le attrezzature per il campionamento saranno di materiali tali da non influenzare le caratteristiche del suolo che si andranno a determinare.

Figura 12: Scavo realizzato con pala meccanica. Consente di osservare la sequenza litologica sulle pareti dello scavo stesso e di verficare la presenza di una falda superficiale.

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In presenza di contaminazione evidente, il materiale prelevato dallo scavo sarà posto sopra un telo e non direttamente sul terreno. Per l’eventuale decontaminazione delle attrezzature sarà predisposta un’area delimitata non interferente con gli scavi. Al termine delle operazioni di esame e campionamento gli scavi verranno richiusi riportando il terreno scavato in modo da ripristinare all’ incirca le condizioni stratigrafiche originarie e costipando adeguatamente il riempimento. La documentazione di ciascuno scavo comprenderà, oltre alle informazioni generali (data, luogo, tipo di indagine, nome operatore, inquadramento, strumentazione, documentazione fotografica, annotazioni anomalie): . una stratigrafia sommaria di ciascun pozzetto con la descrizione degli strati rinvenuti; . l’indicazione dell’ eventuale presenza d’acqua ed il corrispondente livello dal piano campagna; . l’indicazione di eventuali colorazioni anomale, di odori e dei campioni prelevati per l’analisi di laboratorio.

22.5 Perforazioni a carotaggio Per le perforazioni a carotaggio saranno impiegate attrezzature del tipo a rotazione, con caratteristiche idonee all'esecuzione di perforazioni del diametro di almeno 200 mm. I carotaggi saranno eseguiti a secco, evitando l’utilizzo di fluidi e quindi l’alterazione delle caratteristiche chimiche dei materiali da campionare. Solo in casi di assoluta necessità, ad es. consistenza dei terreni in grado di impedire l’avanzamento (trovanti, strati rocciosi), sarà consentita la circolazione temporanea ad acqua pulita, sino al superamento dell’ostacolo. Si riprenderà, quindi, la procedura a secco. Le corone e gli utensili per la perforazione a carotaggio saranno scelti di volta in volta in base alle necessità evidenziatesi e saranno impiegati rivestimenti e corone non verniciate. Al fine di evitare il trascinamento in profondità di eventuali contaminanti presenti in superficie, oltre che per evitare franamenti delle pareti del foro nei tratti non lapidei, la perforazione sarà eseguita impiegando una tubazione metallica provvisoria di rivestimento. Tale tubazione, avente un diametro

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adeguato al diametro dell'utensile di perforazione, sarà infissa dopo ogni manovra fino alla profondità ritenuta necessaria per evitare franamenti. Prima e durante ogni operazione saranno messi in atto accorgimenti di carattere generale per evitare l’immissione nel sottosuolo di composti estranei, quali: . la rimozione dei lubrificanti dalle zone filettate; . l’eliminazione di gocciolamenti di oli dalle parti idrauliche; . la pulizia dei contenitori per l’acqua;la pulizia di tutte le parti delle attrezzature tra un campione e l’altro.

Figura 13: Sondaggio effettuato mediante perforazione a carotaggio.

Il materiale, raccolto dopo ogni manovra, sarà estruso senza l’utilizzo di fluidi e quindi disposto in un recipiente che permetta la deposizione delle carote prelevate senza disturbarne la disposizione stratigrafica. Sarà utilizzato un recipiente di materiale inerte (PVC), idoneo ad evitare la contaminazione dei campioni prelevati. Per evitare la contaminazione tra i diversi prelievi, il recipiente per la deposizione delle carote sarà lavato, decontaminato e asciugato tra una deposizione e l'altra. Il materiale estruso sarà riposto nel recipiente in modo da poter ricostruire la colonna stratigrafica del terreno perforato. Ad ogni manovra, sarà annotata la descrizione del materiale recuperato, indicando colore, granulometria, stato di addensamento, composizione litologica, ecc., riportando i dati in un apposito

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modulo. Tutti i campioni estratti saranno sistemati, nell’ordine di estrazione, in adatte cassette catalogatrici distinte per ciascun sondaggio, nelle quali verranno riportati chiaramente e in modo indelebile i dati di identificazione del perforo e dei campioni contenuti e, per ogni scomparto, le quote di inizio e termine del campione contenuto. Ciascuna cassetta catalogatrice sarà fotografata, completa delle relative indicazioni grafiche di identificazione. Le foto saranno eseguite prima che la perdita di umidità abbia provocato l’alterazione del colore dei campioni estratti. Per ogni perforo verrà compilata la stratigrafia del sondaggio stesso secondo le usuali norme AGI. Le cassette verranno trasferite presso un deposito in luogo chiuso, e ivi conservate. Al termine delle operazioni, i perfori dei sondaggi verranno chiusi in sicurezza mediante per tutta la profondità, in modo da evitare la creazione di vie preferenziali per la migrazione dell'acqua di falda e di eventuali contaminanti.

22.6 Campionamento

14.6.1 Prelievo campioni di suolo

Per ogni posizione di prelievo, prima di definire le precise profondità di prelievo, sarà preventivamente esaminato il rilievo stratigrafico di massima, allo scopo di evidenziare le variazioni fra gli strati della sezione da campionare. Ogni campione di terreno prelevato e sottoposto alle analisi sarà costituito da un campione rappresentativo dell'intervallo di profondità scelto. Gli incrementi di terreno prelevati verranno trattati e confezionati in campo a seconda della natura e delle particolari necessità imposte dai parametri analitici da determinare. Il prelievo degli incrementi di terreno e ogni altra operazione ausiliaria (separazione del materiale estraneo, omogeneizzazione, suddivisione in aliquote, ecc.) saranno eseguiti seguendo le indicazioni contenute nell’Allegato 2 al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06 e in accordo con la Procedura ISO 10381-2:2002 Soil Quality – Sampling Guidance on sampling of techniques, nonché con le linee guida del Manuale UNICHIM n° 196/2 Suoli e falde contaminati – Campionamento e analisi. Particolare cura sarà posta al prelievo delle aliquote destinate alla determinazione dei composti

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organici volatili (COV), che saranno prelevati nel più breve tempo possibile dopo la disposizione delle carote nelle cassette catalogatrici e immediatamente sigillati in apposite fiale dotate di sottotappo in teflon, in accordo con la procedura EPA SW846 - Method 5035A-97 Closed-System Purge-and- Trap and Extraction for Volatile Organics in Soil and Waste Samples. Le aliquote destinate alla determinazione dei COV saranno formate come campioni puntuali, estratte da una stessa porzione di materiale, generalmente collocata al centro dell’intervallo campionato. Per le determinazioni dei restanti parametri (non COV), il materiale prelevato sarà preparato scartando in campo i ciottoli ed il materiale grossolano di diametro superiore a circa 2 cm, quindi sottoponendo il materiale a quartatura/omogeneizzazione e suddividendolo, qualora richiesto, in due replicati, dei quali: . uno destinato alle determinazioni quantitative eseguite dal laboratorio di parte; . uno destinato all'archiviazione, a disposizione dell’Ente di Controllo, per eventuali futuri approfondimenti analitici, da custodire a cura del Committente. . Un terzo eventuale replicato, quando richiesto, verrà confezionato in contraddittorio solo alla presenza dell’Ente di Controllo. Le determinazioni analitiche in laboratorio saranno condotte sull'aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione è determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro campionato (frazione compresa tra 2 cm e 2 mm). Qualora si abbia evidenza di una contaminazione antropica anche del sopravaglio le determinazioni analitiche sono condotte sull'intero campione, compresa la frazione granulometrica superiore ai 2 cm, e la concentrazione è riferita allo stesso. In caso di terre e rocce provenienti da scavi di sbancamento in roccia massiva, la caratterizzazione ambientale sarà eseguita previa porfirizzazione dell'intero campione. La quantità di terreno da prevedere per la formazione di ciascuna aliquota, sia destinata alle determinazioni dei composti volatili che non volatili, dovrà essere concordata col laboratorio analitico di parte. Le aliquote ottenute saranno immediatamente poste in refrigeratore alla temperatura di 4°C e così mantenute durante tutto il periodo di trasposto e conservazione, fino al momento dell’analisi di laboratorio.

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14.6.2 Prelievo di campioni di terreno superficiale (top-soil) Il prelievo dei campioni di terreno destinati alla determinazione di PCDD/PCDF (Diossine e Furani), PCB (PoliCloroBifenili) e Amianto Totale, sarà eseguito per mezzo di saggi, della profondità massima di 10 cm circa, eseguiti con una trivella azionata manualmente. Per ogni punto di indagine saranno operati un numero minimo di 5 saggi, disposti all’interno di un’area quadrata di circa 1 metro di lato. Dalle carote ottenute, della lunghezza massima di 10 cm, verrà eliminata la cotica erbosa e il materiale risultante dalle carote per ognuno dei punti di indagine sarà omogeneizzato e suddiviso mediante le usuali tecniche di quartatura/omogeneizzazione e suddividendolo infine in due replicati come descritto nel paragrafo precedente.

22.7 Parametri da determinare

Sui campioni di terreno prelevati saranno eseguite determinazioni analitiche comprendenti un set mirato di parametri analitici allo scopo di accertare le condizioni chimiche del sito in rapporto ai limiti previsti dal D.Lgs.152/2006. Come stabilito nell’Allegato 4 del D.P.R. 120/2017, il set di parametri analitici da ricercare è definito in base alle possibili sostanze ricollegabili alle attività antropiche svolte sui siti o nelle sue vicinanze, ai parametri caratteristici di eventuali pregresse contaminazioni, di potenziali anomalie del fondo naturale, di inquinamento diffuso, nonché di possibili apporti antropici legati all'esecuzione dell'opera. Fermo restando che la lista delle sostanze da ricercare può essere modificata ed estesa in accordo con l’Autorità competente, in considerazione delle attività antropiche pregresse, una proposta di parametri analitici da determinare per i campioni di terreno è derivabile dalla Tabella 4.1 dell’All. 4 al D.P.R. 120/2017: - Metalli: As, Cd, Co, Cr tot, Cr VI, Hg, Ni, Pb, Cu, Zn; - Idrocarburi C>12; - Contenuto di acqua; - Scheletro (frazione > 2 cm). Inoltre, in tutti i campioni di suolo superficiale (Campione 1) verrà determinato anche il contenuto di Amianto Totale e nel caso di superamento della relativa CSC, le determinazioni analitiche di tale 64

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parametro verranno estese anche ai campioni profondi (Campione 2 e 3). Ai parametri sopraelencati, , si propone di aggiungere ulteriori parametri analitici solo per gli scavi ricadenti in aree a distanze inferiori a 20 m dalle infrastrutture viarie di grande comunicazione, di seguito specificati: - Aromatici [BTEX+Stirene] (parametri da 19 a 24 della Tab. 1, All. 5 al Titolo V della Parte IV, D.Lgs. 152/2006) - Aromatici Policiclici [IPA] (parametri da 25 a 38) I risultati delle analisi sui campioni saranno confrontati con le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B Tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica.

22.8 Terreni di riporto Per rientrare all’interno delle procedure di caratterizzazione ambientale dei materiali, la percentuale in massa del materiale di origine antropica contenuta nel terreno non deve essere maggiore del 20%. In tale circostanza inoltre, non essendo nota l’origine dei materiali inerti che costituiscono il terreno di riporto, la caratterizzazione ambientale, dovrà prevedere: . l’ubicazione dei campionamenti in modo tale da poter caratterizzare ogni porzione di suolo interessata dai riporti, data la possibile eterogeneità verticale ed orizzontale degli stessi; . la valutazione della percentuale in massa degli elementi di origine antropica. La quantificazione dei materiali di origine antropica di cui all'articolo 4, comma 3 del D.P.R. 120/2017 sarà effettuata secondo la metodologia descritta nell’Allegato 4 del medesimo decreto, allo scopo di separare il terreno con caratteristiche stratigrafiche e geologiche naturali dai materiali origine antropica in modo che la presenza di questi ultimi possa essere pesata. Nello specifico, per il calcolo della percentuale si applica la seguente formula:

dove: - %Ma: percentuale di materiale di origine antropica

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- P_Ma: peso totale del materiale di origine antropica rilevato nel sopravaglio - P_tot: peso totale del campione sottoposto ad analisi (sopravaglio+sottovaglio)

Il test di cessione sarà effettuato secondo la norma UNI10802-2004, con determinazione dei medesimi parametri previsti per i suoli, fatte salve specifiche indicazioni fornite dagli enti competenti. I limiti di riferimento per confrontare le concentrazioni dei singoli analiti nell’eluato saranno quelli di cui alla Tabella 2, Allegato 5, Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs. 152/06, previsti per le acque sotterranee. Si sottolinea, inoltre, che le disposizione di cui all’art. 41, comma 3 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, deve ritenersi applicabile ai riporti storici, ovvero formatisi a seguito dei conferimenti avvenuti antecedentemente all’entrata in vigore del D.P.R. 10/09/1982 n. 915.

22.9 Restituzione dei risultati Ai fini del confronto con i valori delle CSC, previsti dal D.Lgs. 152/06, nei referti analitici verrà riportata la concentrazione riferita al totale (comprensivo dello scheletro maggiore di 2 mm e privo della frazione maggiore di 2 cm, da scartare in campo). Considerati gli strumenti urbanistici vigenti, i valori limite di riferimento, sono quelli elencati nelle colonne A e B della Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs.152/06. Riguardo le analisi condotte sugli eluati, ai fini del confronto con i valori delle CSC nei referti analitici sarà effettuato il confronto con i limiti previsti dalla Tabella 2, Allegato 5 al Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs. 152/06.

14.9.1 Metodiche di analisi Si prevede l’adozione di metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite e nell'impossibilità di raggiungere tali limiti di quantificazione, l’utilizzo delle migliori metodologie analitiche ufficialmente riconosciute che presentino un limite di quantificazione il più prossimo ai valori di cui sopra. Le analisi chimiche sui campioni prelevati nell’ambito del presente progetto verranno effettuate adottando metodiche analitiche ufficiali UNICHIM, CNR-IRSA e EPA o comunque in linea con le indicazioni del D.Lgs. 152/2006, anche per quanto attiene i limiti inferiori di rilevabilità.

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Nella Tabella seguente si riportano i metodi analitici che si adotteranno per le determinazioni quantitative sui campioni di terreno.

METODO ANALITICO DI C.S.C. USO VERDE E PARAMETRO U.M. RIFERIMENTO RESIDENZIALE

METALLI DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del Arsenico 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C mg/Kg 20 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del Cadmio 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C mg/Kg 2 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Cobalto mg/Kg 20 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del Cromo tot. 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C mg/Kg 150 2007

Cromo VI UNI EN 15192:2007 mg/Kg 2

DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Mercurio mg/Kg 1 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Nichel mg/Kg 120 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Piombo mg/Kg 100 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Rame mg/Kg 120 2007 DM 13/09/99 SO 185 GU n° 248 del 21/10/99 Met XI.1 + EPA 6010C Zinco mg/Kg 150 2007 Idroc. C>12 ISO 16703:2004 mg/Kg 50

Amianto tot. DM 06/09/1994 GU n° 288 mg/Kg 1000

Per quanto riguarda le determinazioni analitiche negli eluati, nella tabella che segue sono indicati per ciascun parametro i metodi analitici di riferimento, i limiti di rilevabilità e i limiti previsti dalla normativa vigente.

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22.10 Limiti di riferimento in funzione della destinazione d’uso Le analisi sui campioni di terreno, ad eccezione delle determinazioni sui composti volatili, verranno condotte sulla frazione secca passante il vaglio dei 2 mm. Relativamente alle sostanze volatili, data la particolarità delle sostanze, non può essere eseguita la setacciatura e l’analisi, pertanto, dovrà essere condotta sul campione tal quale. La parte IV del D.Lgs. 152/2006 decreto definisce, in relazione alla specifica destinazione d’uso del sito, due livelli di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) per gli inquinanti organici ed inorganici nel terreno, il cui superamento richiede un’analisi di rischio sito-specifica. I valori di CSC per le sostanze presenti nel suolo e sottosuolo si differenziano in base alla destinazione d’uso e sono indicati nell’allegato 5 tabella 1 dello stesso D.Lgs. 152/2006: . verde pubblico, verde privato e residenziale (colonna A),

Ai fini del confronto con i valori delle CSC, nei referti analitici verrà riportata la concentrazione riferita al totale (comprensivo dello scheletro maggiore di 2 mm e privo della frazione maggiore di 2 cm, da scartare in campo). Considerati gli strumenti urbanistici vigenti, i valori limite di riferimento, sono quelli elencati nella colonna A della Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs.152/06.

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23. Volumi di materiale di scavo In sede progettuale è stata operata la stima dei quantitativi di materiali movimentati In particolare:

A: Intervento a monte dell’abitato di Dugenta totale scavi = 16682,25m/c totale riporti = 2257,87m/c differenza = 14424.38m/c

B: Intervento a valle dell’abitato di Dugenta totale scavi= 1200m (lunghezza) *1m (profondità)*4m(larghezza torrente) = 4800m/c totale rilevati necessari realizzazione argini trapezoidali (8mq*1200m*2)=19200m/c

Bilancio materie differenza A+ totale scaviB= 14424.38m/c+4800m/c= 19224.38 in prima analisi non ci saranno conferimenti di materiale verso discariche .

24. Emissioni in atmosfera Nel rispetto della genericità degli elementi indicati dall’Allegato V, Parte I del D.Lgs. n. 152/2006 in riferimento alle emissioni polverose per le attività previste si è provveduto a: . Stimare le emissioni delle polveri (flusso di massa in kg/h) tramite fattori di emissione e semplici algoritmi di stima accreditati dall’US-EPA (AP-42 "Compilation of Air Pollutant Emission Factors”) e largamente reperibili, in parte semplificati e adattati alla realtà locale, che richiedono pochi dati quantitativi capaci di caratterizzare le varie fasi delle lavorazioni. . Valutare l’entità delle emissioni, anche in relazione alla durata delle lavorazioni, secondo un criterio semplice definito in modo oggettivo, al fine di consentire la fissazione delle misure di mitigazione più efficaci in relazione all’entità dell’impatto delle lavorazioni (i fattori di emissione proposti includono la stima dell’effetto delle mitigazioni), garantendo il rispetto degli standard di qualità dell’aria per il PM10.

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Figura 14: Struttura logica della valutazione eseguita.

Ogni fase di attività capace di emettere polveri è stata classificata tramite il codice SCC (Source Classification Codes). Le emissioni di PM10 (PTS e PM2.5) sono in genere espresse in termini di rateo emissivo orario (kg/h). Quindi, per una corretta e completa stima dell’emissione complessiva di una data lavorazione è stato essenziale procedere preliminarmente alla sua schematizzazione nelle diverse fasi/attività in cui si articola, per ognuna delle quali stimare l’emissione specifica individuando il relativo codice SCC. Una volta stimata l’emissione totale questa è stata confrontata con dei valori soglia di emissioni annuali in riferimento alle distanze da specifici target individuati.

Tabella 11: Valori soglia di emissione all'anno in g/h.

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Tabella 12: Valori soglia di PM10 (g/h).

Le soglie di valutazione delle emissioni sono state stimate con l’obiettivo di garantire il rispetto degli standard di qualità dell’aria per il PM10 e PM 2.5 fissati dal Decreto Legislativo n. 155/2010 e s.m.i. (Decreto Legislativo n.250/2012, DM Ambiente 22 febbraio 2013, DM Ambiente 13 marzo 2013 e DM 5 maggio 2015) che ha abrogato il Decreto Legislativo n. 351/99 e i rispettivi decreti attuativi (il DM 60/02, il Decreto Legislativo n.183/2004 e il DM 261/2002). Il Decreto Legislativo n.155/2010 contiene le definizioni di valore limite, valore obiettivo, soglia di informazione e di allarme, livelli critici, obiettivi a lungo termine e valori obiettivo, quali:

. 50 µg/m3 come concentrazione media giornaliera, da non superare più di 35 volte in un anno.

Per PM2.5 25 µg/m3

. 40 µg/m3 come media annua delle concentrazioni medie giornaliere. Il limite riguarda tutte le emissioni presenti: per tenere conto delle altre, oltre a quella stimata dovuta alla lavorazione

di interesse, si è ipotizzato un valore della concentrazione di “fondo” pari a 20 µg/m3 (tipico

delle aree rurali). Per PM2.5 20 µg/m3 Le soglie sono state stimate applicando “a ritroso” un modello di dispersione “gaussiano” (ISC3, accreditato da US-EPA): in pratica, si è stimato il flusso di massa che determina, nei punti recettori posti intorno al cantiere, una concentrazione di PM10 tale da consentire il rispetto dello standard di qualità dell’aria, tenuto conto del “fondo”. Le valutazioni sono state eseguite per la fase progettuale stato di fatto o ipotesi ‘0’, la fase di cantiere/realizzazione opere e la fase di esercizio del progetto.

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La stima è stata effettuata ipotizzando la lavorazione come un’emissione “areale” attiva 10 ore (8- 17), ripetendo il calcolo per diverse forme di aree, e impiegando dati meteorologici locali rilevati in diverse annualità. Per garantire il rispetto degli standard è stato effettuato un calcolo statistico per stimarne la probabilità di superamento al variare della durata annua della lavorazione. Nel dettaglio sono state valutate le emissioni in termini di particolato fine PM10 dovute alle attività previste all’interno del cantiere relative al recupero rifiuti mediante frantoio a martelli e vaglio. In particolare abbiamo le seguenti sorgenti emissive: . Le attività di “scarico camion” e di “carico” sono state associate al codice SCC 3-05-020-31 “Truck unloading” relativo al “Stone Quarrying – Processing”, pari a 8x10-6 kg/Mg (8x10-6 kg/t). Relativamente alle operazioni di scavo e movimentazione i fattori di emissione sono stati ricavati dal parametro 11.19.2 “Crushed stone processing and pulverized mineral processing” dell’AP-42 (US- EPA). In particolare il fattore SCC-3-05-020-02 per lo scavo ed il fattore (SCC 3-05-020-06) per la movimentazione.

Un’attività suscettibile di produrre l’emissione di polveri è l’operazione di formazione di carico e stoccaggio del materiale a bordo dei camion ed il relativo scarico. Il modello “Aggregate Handling and Storage Piles” dell’AP-42 calcola l’emissione di polveri per quantità di materiale lavorato in base al fattore di emissione: . . = 0.0016 2.2 1 3 2 −1 4 𝑈𝑈 𝑀𝑀 dove: 𝐸𝐸 𝑘𝑘 ∙ ∙ � � ∙ � � . E: quantità di particolato PM10 emesso espresso in Kg per ogni tonnellata di materiale movimentato . K: costante legata alle dimensioni del particolato che nel caso di PM10 corrisponde a 0,35 . U: velocità del vento in m/s (range di velocità condizionata all’applicazione dell’equazione 0,6÷6,7 m/s) . M: umidità del materiale espressa come % (range di % condizionata all’applicazione dell’equazione 0,25÷4,8 ).

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per la valutazione delle emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico o stoccaggio di materiali polvirulenti”, la relazione che esprime il fattore di emissione, non avendo informazioni sulla velocità del vento, nel periodo diurno, è la seguente: = 0.0058 ( ) . −1 4 Per le operazioni relative al “carico camion”𝐸𝐸 𝐾𝐾 del∙ materiale∙ 𝑀𝑀 di produzione, non è disponibile un fattore di emissione specifico, in questo caso si è utilizzato per le operazioni relative al carico camion il fattore di emissione corrispondente al SCC 3-05-025-06 Bulk Loading Construction sand and Gravel cui corrisponde un fattore di emissione pari a 1,20 x10-3 kg/Mg. È stato tenuto conto del contributo emissivo legato all’erosione del vento dei singoli cumuli di inerte depositato in cantiere Il rateo emissivo orario verrà calcolato con la seguente espressione: ( / ) =

Dove: 𝐸𝐸𝑃𝑃𝑃𝑃10 𝐾𝐾𝐾𝐾 ℎ 𝐸𝐸𝐸𝐸𝑃𝑃𝑃𝑃10 ∗ 𝑎𝑎 ∗ 𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚𝑚ℎ . EFpm10(Kg/mq) è il fattore di emissione areale pari a 7,6E-06 Kg/mq per i cumuli alti con H/D>0.2; . a è la superficie dell’area movimentata in mq (500 mq); . movh è il numero di movimentazioni/ora ipotizzato in 5 movim/h. Di seguito vengono riportate le varie stime del quantitativo di polvere che viene emessa all’interno dell’area di lavorazione. Considerato che: . l’impianto della ditta New Ecology è caratterizzato dalla presenza di pavimentazione in cemento e i camion percorrono solo aree cementate, si può escludere, di fatto, un trasporto di particelle fini. . L’impianto sarà comunque dotato di un sistema di bagnatura dei piazzali, di lavaggio ruote mezzi e di nebulizzazione dei cumuli di inerti di pezzatura più fine; . il conglomerato risulta fortemente coeso e di densità tale da non determinare emissioni diffuse anche durante l’attività di messa in riserva in cumuli; . la formazione di eventuali polveri può essere legata solo alla lavorazione degli impianti mobili quali sterratore, frantoio e vaglio.

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Tali relazioni, che collegano fasi di movimentazione e lavorazione materiali con le equazioni e parametri EPA, all’interno della presente documentazione sono state elaborate con i seguenti dati fissi: Nel dettaglio si ottiene: Sorgenti di emissione polveri senza kg/h g/h Sterratura SCC-3-05-020-02 0.0043 kg/t 0.516 516 Carico camion SCC3-05-025-06 1.20E-03 kg/t 0.144 144 Scarico camion SCC3-05-020-31 8.00E-06 kg/t 0.00096 0.96 Formazione e stoccaggio cumuli AP-42 13,2,4 0.0008 kg/t 0.096 96 Erosione del vento dai cumuli AP 43 13.2.5 7.6E-06 Kg/mq 0.007 7 TOT 0.764 764 AP-42 13,2,4,5 Variabile Descrizione variabile Valore

K1 Costante Empirica 0.35 Costante legata al vento 0.0058 m Umidità materiale 2 Tabella 13: Emissione prodotta in assenza di bagnatura.

Nell’ipotesi di effettuare l’umidificazione del rifiuto (così come avverrà nel reale ciclo di lavoro) durante le operazioni di sterratura, frantumazione e vagliatura, il fattore di emissione subisce un abbattimento che determina il nuovo quadro valutativo dell’impatto atmosferico.

Sorgenti di emissione polveri con abbattimento kg/h g/h Scarico camion SCC3-05-020-31 8.00E-06 kg/t 0.00096 0.96 Formazione e stoccaggio cumuli AP-42 13,2,4 0.0002 kg/t 0.024 24 Carico camion SCC3-05-025-06 1.20E-03 kg/t 0.144 14.4 Erosione del vento dai cumuli AP 43 13.2.5 7.6E-06 Kg/mq 0.01 19.75 TOT 0.169 169 AP-42,43 13,2,4,5 Variabile Descrizione variabile Valore

K1 Costante Empirica 0.35 Costante legata al vento diurno 0.0058 m Umidità materiale 4.8 Tabella 14: Emissione prodotta con presenza di bagnatura.

Dal calcolo quantitativo sviluppato e dall’analisi dei target individuati, 2 edifici in 150m (vedi fig. 17), ed attuando le misure di mitigazione previste mediante bagnatura costante nelle fasi di lavorazioni, risulta essere rispettato ampiamente il valore di riferimento per target nella fascia di 150m < 360 g/h.

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Tabella 15: Valori soglia di PM10 (g/h).

Dal calcolo numerico, prevedendo idonee misure di mitigazione quali la bagnatura in tutte le operazioni che potrebbero produrre emissioni polvirulente, si evince dal confronto delle tabelle di riferimento che non dovrà essere previsto alcun tipo di monitoraggio/azione.

25. Analisi delle alternative progettuali L’analisi delle alternative, in generale, ha lo scopo di individuare le possibili soluzioni diverse da quella esistente e di confrontarne i potenziali impatti con quelli determinati dalla richiesta in oggetto. Le alternative di progetto possono essere distinte per: . alternative strategiche; . alternative di localizzazione; . alternative di processo o strutturali; . alternative di compensazione o di mitigazione degli effetti negativi; dove: . per alternative strategiche si intendono quelle prodotte da misure atte a prevenire la domanda, la “motivazione del fare”, o da misure diverse per realizzare lo stesso obiettivo; . le alternative di localizzazione possono essere definite in base alla conoscenza dell’ambiente, alla individuazione di potenzialità d’uso dei suoli, ai limiti rappresentati da aree critiche e sensibili; . le alternative di processo o strutturali passano attraverso l’esame di differenti tecnologie, processi, materie prime da utilizzare nel progetto;

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. le alternative di compensazione o di mitigazione degli effetti negativi sono determinate dalla ricerca di contropartite, transazioni economiche, accordi vari per limitare gli impatti negativi. Oltre a queste possibilità di diversa valutazione progettuale, esiste anche l’alternativa “zero” coincidente con la non realizzazione dell’intervento che, nel caso in esame, non può essere presa in considerazione in quanto l’opera è necessaria ai fini della salvaguardia delle vite umane. Nel caso in esame, tutte le possibili alternative sono state ampiamente valutate e vagliate nel corso della redazione del SIA; tale processo ha condotto alla soluzione che ha fornito il massimo rendimento con il minore impatto ambientale. Le alternative di localizzazione non sono state affrontate in quanto si tratta di opera non delocalizzabile. Appurata la non delocalizzazione del sito e l’urgente necessità di realizzare le opere ai fini della salvagurdia delle vite umane, è stata effettuata l’analisi delle alternative di processo o progettuali riguardanti, oltre che la forma, anche altri aspetti correlati ed interagenti come gli standard funzionali, i materiali e le tecniche costruttive. La valutazione dei suddetti aspetti, come si è visto in precedenza, ha condotto alla scelta delle opere di necessarie alla mitigazione del rischio idrogeologico che rende il maggior beneficio socio- ambientale per la comunità. La richiesta di per sé può essere configurata come un’alternativa di mitigazione e compensazione ambientale, in quanto risulta indispensabile ai fini della riduzione dei potenziali rischi sul territorio comunale. A supporto di tali considerazioni è stata compilata una matrice trade-off. Nella matrice sono stati indicati i nomi delle alternative, dei fattori decisionali ambientali e socio- economici e il nome dei fattori ambientali considerati.

Alternative da confrontare A1 A2 A3 A4 A5 Alternative di compensazion Alternative di Alternative Alternativa Alternativa e o di localizzazion di processo 0 strategica mitigazione e o strutturali degli effetti negativi attori decisionali da considerare F1 Atmosfera 1 2 3 4 5 F2 Acqua 1 2 3 4 5 F3 Suolo e sottosuolo 1 2 3 4 5

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F4 Flora e Fauna 1 2 3 4 5 F5 Paesaggio/Visivo 1 2 3 4 5 F6 Ambiente antropico 1 2 3 4 5

Successivamente sono stati attribuiti dei pesi (ranghi) in relazione ai fattori decisionali e socio economici nonché dei fattori ambientali ed è stato scelto l’ordine dei fattori. Nella tabella finale sono riassunti pesi e prestazioni di ciascuna alternativa di progetto rispetto ai singoli fattori. Questi fattori sono alle base del calcolo (sommatoria pesata) delle unità riportate nella tabella precedente. Il valore più alto rappresenta l’alternativa più vantaggiosa.

Alternative A1 A2 A3 A4 A5 Alternative Alternative di di compensazione o Alternativa Alternativa Alternative di processo o di mitigazione degli Fattori Pesi 0 strategica localizzazione strutturali effetti negativi F1 Atmosfera 0,119 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 F2 Acqua 0,119 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 F3 Suolo e sottosuolo 0,119 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 F4 Flora e Fauna 0,119 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 F5 Paesaggio/Visivo 0,262 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 F6 Ambiente antropico 0,262 0,133 0,267 0,200 0,067 0,333 Tabella 16: Tabella riassuntiva con pesi e prestazioni di ciascuna alternativa di progetto rispetto ai singoli fattori.

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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

26. Introduzione Il quadro di riferimento ambientale analizza la relazione tra il progetto e le componenti ambientali; l’ambiente viene articolato in componenti e fattori ambientali. Le componenti ed i fattori ambientali previsti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/12/1988 sono: . atmosfera: qualità dell'aria; . ambiente idrico: acque sotterranee e acque superficiali; . suolo e sottosuolo: intesi sotto il profilo geologico, geomorfologico e come risorse non rinnovabili; . vegetazione, flora, fauna: formazioni vegetali ed associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali; . salute pubblica: come individui e comunità; . rumore e vibrazioni: considerati in rapporto all'ambiente sia naturale che umano; . paesaggio: un elemento che deve essere valutato facendo riferimento a criteri oggettivi e/o soggettivi; . Aspetti antropici.

27. Metodologia di lavoro Schema concettuale Uno schema concettuale ritenuto generalmente valido anche negli studi di Impatto Ambientale è il modello DPSIR (Determinanti – Pressioni – Stato – Impatti - Risposte), proposto dall’OCSE ed applicabile tanto a livello pianificatorio (Valutazione Ambientale Strategica) quanto a livello progettuale.

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Figura 15: Modello DPSIR. Secondo questa impostazione le forze trainanti dell’economia generano una pressione sul territorio in termini di consumo di risorse e di inquinamento. Se questa pressione eccede la capacità di carico dell’ambiente sul quale insiste, essa produce come effetto diretto il degrado irreversibile dello stato dell’ambiente interessato e deve pertanto essere considerata non sostenibile. In alternativa, se l’impatto risulta sostenibile, devono essere messe in atto tutte le risposte possibili in termini di riduzione degli impatti. Gli impatti, intesi come modificazioni delle condizioni di qualità delle componenti ambientali, costituiscono gli effetti ultimi delle pressioni sull’ambiente (es. peggioramento della salute umana, diminuzione della biodiversità, degrado del paesaggio etc). A questi impatti devono conseguire adeguate risposte della società in termini di azioni per controllare, mitigare, prevenire gli effetti negativi sull’ambiente. In accordo a questo schema di analisi si intende per impatto la differenza tra due condizioni di qualità ambientale (pre- e post- realizzazione dell’opera in progetto), misurata tramite opportuni indicatori di stato. La procedura di analisi si ispira ai metodi storici degli studi di VIA quali il WRAM (Water Resources Assessment Method; U.S. Army Corps of Engineers, 1980), e l’EES (Environmental Evaluation System; Dee, 1973), perfezionandoli ed arricchendoli con l’impiego di tecnologie moderne (GIS). Lo studio si articola nelle seguenti fasi: . Fase 1 – analisi ambientale (caratterizzazione delle componenti ambientali); . Fase 2 - analisi della sensibilità ambientale e della sua variazione in rapporto al progetto; . Fase 3 - stima degli impatti ed interventi di minimizzazione, mitigazione, compensazione.

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28. Ambiente fisico: caratterizzazione meteoclimatica e della qualità dell’aria In tale componente vengono esaminati gli aspetti atmosferici, intesi come qualità dell’aria. L'aria è in stretto rapporto, attraverso scambi di materia ed energia, con le altre componenti dell'ambiente; variazioni nella componente atmosferica possono essere la premessa per variazioni in altre componenti ambientali. Il clima può essere definito come l'effetto congiunto di fenomeni meteorologici che determinano lo stato medio del tempo in un dato luogo o in una data regione. Esso è innanzitutto legato alla posizione geografica di un'area (latitudine, distanza dal mare, ecc.) ed alla sua altitudine rispetto al livello del mare. I fattori meteorologici che influenzano direttamente il clima sono innanzitutto la temperatura e l'umidità dell'aria, la nuvolosità e la radiazione solare, le precipitazioni, la pressione atmosferica e le sue variazioni, il regime dei venti regnanti e dominanti. In ambito locale, si possono avere caratteristiche microclimatiche particolari, che differenziano nettamente una località o un'area rispetto ad altre vicine aventi le stesse caratteristiche climatiche. Non vanno peraltro tralasciati i contributi, ancorché singolarmente modesti, provocati dagli interventi in termini di emissioni di gas, suscettibili di provocare alterazioni climatiche globali. L'obiettivo della caratterizzazione di tale componente è l'analisi dell'inquinamento atmosferico, inteso come modifica dello stato dell'aria conseguente alla immissione di sostanze di qualsiasi natura, tali da alterarne le condizioni di salubrità e, quindi, costituire pregiudizio diretto o indiretto per la salute dei cittadini o danno per le altre componenti ambientali. La Regione Campania ha redatto il Piano Regionale di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria approvato in via definitiva con Delibera della Giunta Regionale n. 683 del 23/12/2014. Il suddetto Piano contiene la valutazione della qualità dell’aria a scala locale di tutto il territorio regionale e lo suddivide ne effettua quindi una zonizzazione in funzione del risanamento da operare. La zonizzazione del territorio è stata effettuata in base ai risultati delle campagne di monitoraggio della qualità dell’aria; le stime delle concentrazioni di inquinanti dell’aria sono state quindi estese a tutto il territorio della regione mediante elaborazioni statistiche e modellistiche. Nella figura che segue sono riportate le risultanze dell’attività di classificazione del territorio regionale.

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L’area interessata dal progetto, evidenziata in verde nella figura, ricade in parte nella Zona costiero- collinare IT1508 di cui si riporta, nella successiva tabella, i valori la classificazione delle zone determinata in base alle concentrazioni degli inquinanti nell'aria ambiente nei cinque anni civili precedenti con dati estrapolati dai questionari CE (2006-2010) e dalle valutazioni supplementari, inserita nella già citata appendice alla relazione sulla zonazione del territorio della Regione Campania, trasmessa ufficialmente al MATTM. Tale tabella costituisce uno dei riferimenti fondamentali per il dimensionamento della rete di monitoraggio regionale.

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Tabella 17: Classificazione delle zone. Nel dettaglio, si riportano gli ultimi dati analitici del monitoraggio della centralina di Sant’Agata de’ Goti limitrofa all’area di intervento.

I dati si riferiscono al monitoraggio in continuo dell’Istituto Zooprofilattico per il Mezzogiorno in collaborazione con Enea, di seguito si riportano i valori di riferimento.

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Per quanto attiene la matrice ambientale appena considerata si può affermare che la realizzazione degli interventi di progetto sono da considerarsi coerenti con gli indirizzi del piano.

29. Impatto potenziale sull’ambiente fisico 29.1 In fase di cantiere Generalmente i principali impatti attesi a carico della componente atmosferica sono dovuti alle produzioni significative di polveri nell’aria in seguito al trasporto ed alla movimentazione di materiali ed all’uso dei macchinari e delle attrezzature di cantiere. Quindi, l’impatto sulla componente atmosfera in fase di cantiere tiene conto della sovrapposizione delle attività di sistemazione e di funzionamento dello stesso impianto di trattamento, che non sospenderanno le attività in quanto non interferenti. Pertanto l’impatto prodotto in fase di cantiere è da ritenersi lieve e di breve durata.

29.2 In fase di esercizio In considerazione della tipologia di opera in progetto, non vi sono impatti sulla componente atmosfera riferibili all'area indagata. Durante la fase di esercizio, infatti, non sono rilevabili impatti sulla componente in esame in quanto le opere per la mitigazione del rischio idrogeologico non producono emissioni di inquinanti in atmosfera.

29.3 Misure di mitigazione e/o compensazione Per ridurre gli impatti connessi con l’innalzamento di polveri e con il traffico veicolare, in fase di cantiere, saranno utilizzati mezzi che rispettino le norme in materia di emissioni, saranno minimizzati i tempi di stazionamento “a motore acceso” durante le attività di carico e scarico di ogni genere (merci e/o passeggeri) e attraverso una efficiente gestione logistica degli spostamenti, sia in entrata che in uscita dal cantiere. Inoltre, durante le lavorazioni a maggiore produzione di polveri, si provvederà alla bagnatura delle piste usate dagli automezzi, al ricoprimento con teli dei cumuli di terra provvisori ed all’utilizzo di mezzi di trasporto dotati di cassoni chiusi.

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30. Ambiente Idrico L’analisi dell’ambiente idrico accerta la presenza dei principali corsi d’acqua, sia superficiali (corsi d’acqua, invasi, risorgive ecc.) sia sotterranei (falde e sbocchi di falde). Idrosfera: Acque superficiali - Acque sotterranee La componente ambientale “acqua” è stata affrontata sia con riferimento alle risorse idriche superficiali che a quelle sotterranee. L’area di progetto ricade all’interno della zona pianeggiante del comune di Dugenta dove il corpo idrico su cui insisteranno le opere di mitigazione del rischio idrogeologico è un corso d’acqua secondario affluente del Volturno. Il torrente San Giorgio presenta valori bassi dello Stato Ecologico, come rappresentato nella tabella successiva pubblicata per il Piano di Monitoraggio dell’ARPAC 2016 sui corsi d’acqua superficiali:

a.a. alveo asciutto

c.i. copertura insufficente - metodo non applicabile

corpo idrico temporaneo - metodo non applicabile

corpo idrico non guadabile o non accessibile

n.d. stato non determinato per assenza di dati

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I processi territoriali che hanno condotto all’attuale assetto insediativo hanno seguito diversi orientamenti (indotti dalle localizzazioni, dai caratteri fisico-naturalistici, produttivi, insediativi, ecc.) nel corso del tempo, differenziando gli assetti nelle diverse zone dell’area, ma le dinamiche attuali fanno emergere come i processi in atto, nonché le relative prospettive evolutive, siano sempre più interrelati, sicché il riconoscimento di caratteri distintivi dei luoghi va integrato all’interpretazione delle relazioni che tra di essi si svolgono.

31. Impatto potenziale sull’ambiente idrico 31.1 In fase di cantiere Per quanto riguarda le acque superficiali, dalle analisi delle interferenze prodotte dalle azioni di progetto è emerso che non si prefigurano impatti in quanto le opere in oggetto, seppur interferiscono con il corso d’acqua San Giorgio, produrranno effetti positivi mitigando il rischio idrogeologico. Pertanto l’impatto sulla componente idrica superficiale, sia in fase in fase di cantiere sia in esercizio è nullo. Anche per l’idrologia sotterranea si può affermare che l’impatto in fase di cantiere è nullo, visto che non sono previste lavorazioni che possano interferire con il substrato e quindi con le acque di falda, in quanto la falda freatica si attesta ad una profondità che garantisce un ampio margine di sicurezza. Particolare attenzione andrà posta, in fase di cantiere, per eventuali sversamenti accidentali di sostanze pericolose ed osservata in fase di scavo e nello stoccaggio di sostanze inquinanti come oli minerali e/o lubrificanti al fine di evitare eventuali inquinamenti delle falde.

31.2 In fase di esercizio Per quanto riguarda le interferenze con il reticolo idrografico è stato redatto uno specifico studio di compatibilità idraulica, dal quale si evince la compatibilità dell’impianto rispetto ai vincoli dell’AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. Durante la fase di esercizio gli impatti sulla componente idrica saranno nulli.

31.3 Misure di mitigazione e/o compensazione Come descritto, le attività di cantiere e di esercizio determineranno interferenze di entità nulla/trascurabile con le componenti idriche superficiali e sotterranee, pertanto non sono state previste misure di mitigazione e/o compensazione.

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32. Suolo e sottosuolo L’analisi della componente “suolo e sottosuolo” è finalizzata alla descrizione dell’assetto geologico e morfologico dell’area di intervento. Le informazioni relative a tale componente sono riprese dalle indagini eseguite dallo studio geologico del progetto cui si rimanda per i dettagli. Nel presente documento viene riportata una sintesi delle risultanze di tale.

32.1 Aspetti geologici L’area in esame è al margine centro orientale di un grosso graben dislocato tra gli horst stratigrafico- strutturali del Matese-Monte Maggiore e dei rilievi carbonatici di Castelmorrone - Valle di Maddaloni, originatosi durante le fasi parossistiche dei movimenti orogenetici del Plio-Miocene; successivamente, nell’Oligo-Pliocene, con l’avvento della tettonica distensiva, sulle dislocazioni preesistenti si insediarono valli secondarie con assi quasi sempre ortogonali a quelle principali; le une e le altre furono poi, nel Quaternario, parzialmente colmate da depositi piroclastici e da sedimenti detritico-alluvionali. Tra le valli principali segnaliamo quella del medio Volturno mentre tra le secondarie quella del torrente San Giorgio. Le fasi tettogenetiche che accompagnarono i movimenti orogenetici furono caratterizzate dall'arrivo, sotto forma di coltre di ricoprimento, della formazione del flysch argilloso-arenaceo miocenico. Detta formazione ricopre tettonicamente la piattaforma carbonatica abruzzese-campana e costituisce modeste colline dalle quali trae origine l’asta torrentizia del torrente. San Giorgio. In ultimo, vi è stata la messa in posto dei depositi piroclastici ascrivibili all’Ignimbrite Campana che, con hanno dato origine ad una importante litotipo che ricopre buona parte del territorio comunale, nonché del sito interessato dall’intervento come si vede dalla successiva immagine tratta dalla Carta della Principali Unità Cinematiche dell’Appennino. L'area di studio, in relazione con la complessa evoluzione geologica subita, risulta fortemente influenzata dal locale assetto stratigrafico e strutturale, oltre che dai fenomeni di modellamento superficiale che l'hanno interessata durante il Quaternario e dalle importanti variazioni eustatiche succedutesi nel tempo. Quindi il torrente San Giorgio scorre in un fondovalle formatosi dall’erosione dell’ignimbrite campana che delimita a destra ed in sinistra idrografica questa morfologia con pareti verticali e piatte in top. Tale fondovalle, così delimitato si chiude a forma di imbuto in corrispondenza dell’abitato di 88

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Dugenta e precisamente all’intersezione dell’asta del torrente San Giorgio con la SP335 . Tale conformazione morfologica, quindi ed oltretutto, determina le effettive condizioni di pericolosità e rischio idraulico, in quanto l’intero bacino idrografico del San Giorgio in questo punto si restringe fino a pochi metri di larghezza, incassato in sponde alte e ripide. Ulteriormente, si determinano anche condizioni di erosione alla base delle pareti verticali che pregiudicano la stabilità dell’ignimbrite campana con rischio di fenomeni di crollo. A tal proposito sono state controllate le cartografie dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Campano, della Carta delle frane della Provincia di Benevento e dell’inventario dei fenomeni franosi dell’Italia (IFFI) al fine di poter meglio definire i livelli di pericolosità idrogeologica. La valutazione del rischio idraulico è stata effettuata nell’apposita relazione. Va ricordato, però, che l’area risulta ad alta pericolosità visto anche gli eventi alluvionali che hanno fortemente colpito e arrecato danni al tratto urbano del torrente San Giorgio e che solo un caso ha evitato che vi fossero vittime. Non a caso, quindi, il progetto prevede, appunto la mitigazione della pericolosità e conseguente rischio. Nella tabella successiva si riportano, i sintesi, i livelli di pericolosità geologica del sito.

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Tenendo conto che il progetto sul torrente San Giorgio, oggetto dell’esondazione dell’ottobre 2015, mitigherà il rischio idrogeologico, si può affermare che la realizzazione degli interventi di progetto sono da considerarsi coerenti con gli indirizzi del piano.

32.2 Uso del suolo Al fine di inquadrare lo stato dei luoghi e comprendere le interferenze tra ambito interferito dalla infrastruttura in progetto ed opera è stata considerata una carta dell’uso del suolo organizzata per componenti descrittori della struttura del paesaggio, così come viene percepito. Nella carta si propone la seguente classificazione: Superfici artificiali Zone urbanizzate . Zone residenziali Infrastrutture . Infrastrutture viarie . Ferrovia Territori agricoli Seminativi . Seminativi Colture permanenti . Vigneti Dalla lettura della carta emerge a colpo d’occhio la dominanza delle aree coltivate. Sono presenti anche piccole macchie boscate.

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La maggior parte del territorio in esame presenta ecosistemi artificialmente mantenuti. L’agricoltura richiede, infatti, periodiche concimazioni del terreno essendo le sostanze organiche portate fuori dal territorio di produzione per il proprio consumo. Analogamente, l’uso a calendario, di anticrittogamici finalizzato alla difesa delle colture orticole, fa sì che scompaiano anche molte delle specie di insetti a cui si deve generalmente lo sminuzzamento della sostanza organica, prima fase indispensabile per la mineralizzazione della stessa. È stato, quindi, in tal modo definitivamente alterato il delicato equilibrio tra l’ecosistema agrario e l’ambiente naturale. In sintesi, gli ecosistemi presenti hanno subito per la forte influenza dell’uomo, profonde trasformazioni divenendo ecosistemi più giovani e semplificati con scarsa capacità omeostatica. Nello specifico, poi, il sito ove è presente l’impianto risente, più di altri, l’effetto dell’antropizzazione per effetto della costante modifica dell’assetto territoriale dovuto all’avanzamento dell’attività agricola. Pertanto, il territorio in esame non presenta particolari valenze ecologiche. In conclusione, si può evidenziare una sostanziale perdita di naturalità dell’ecosistema terrestre nel territorio analizzato, aggravata dallo sviluppo edilizio e delle attività agricola, oltre che da quello infrastrutturale (es. viabilità), che ha ridotto a pochi lembi le aree naturali in cui si conservano ancora, sebbene a volte parzialmente modificati, i cicli naturali in essi esistenti.

33. Impatto potenziale su suolo e sottosuolo 33.1 In fase di cantiere Gli interventi previsti nel progetto per la mitigazione del rischio idrogeologico, in fase di cantiere non produrrà alcun impatto su tale componente.

33.2 In fase di esercizio Anche in fase di esercizio l’impatto sul suolo e sottosuolo delle opere può considerarsi nullo/trascurabile.

33.3 Misure di mitigazione e/o compensazione Anche per la matrice suolo e sottosuolo, visto che l’impatto può considerardi nullo/trascurabile, non sono previste opere di mitigazione e/o compensazione.

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34. Ecosistemi naturali: vegetazione, flora e fauna Nel seguito, dopo un inquadramento generale dell’area vasta relativa al progetto, vengono analizzate le caratteristiche della flora e della fauna del territorio in cui si inserisce l’impianto in questione. In riferimento alla normativa disposta a protezione delle specie vegetali e faunistiche nonostante esista un corpo normativo e giuridico vigente, l’assenza di interferenze con aree protette e con elementi e/o strutture afferenti a queste categorie l’impatto legislativo è da considerare non significativo. Analoga considerazione vale per quanto attiene la rete ecologica e gli ecosistemi in generale.

34.1 Flora Analizzando l’ecosistema terrestre nell’intorno dell’impianto, si evince immediatamente come ci si trovi dinanzi ad un territorio antropizzato, in cui gli spazi occupati da “ecosistemi naturali e semi- naturali” sono quasi del tutto assenti. Il territorio oggetto di studio, infatti, risulta caratterizzato ad ampio raggio prevalentemente da agroecosistemi in cui la coltura principe è costituita da vigneti e seminativi. La maggior parte del territorio in esame presenta, pertanto, ecosistemi artificialmente mantenuti, considerato che i cicli della materia non si chiudono più sullo stesso territorio. L’agricoltura richiede, infatti, periodiche concimazioni del terreno essendo le sostanze organiche portate fuori dal territorio di produzione per il proprio consumo. È stato, quindi, in tal modo definitivamente alterato il delicato equilibrio tra l’ecosistema agrario e l’ambiente naturale. In sintesi, gli ecosistemi presenti hanno subito per la forte influenza dell’uomo profonde trasformazioni divenendo ecosistemi più giovani e semplificati con scarsa capacità omeostatica. Pertano, il territorio in esame non presenta particolari valenze ecologiche. In conclusione, si può constatare una sostanziale perdita di naturalità dell’ecosistema terrestre nel territorio analizzato, aggravata dallo sviluppo della coltivazione, che ha ridotto a pochi lembi le aree naturali in cui si conservano ancora, sebbene a volte parzialmente modificati, i cicli naturali in essi esistenti. Non essendo censite all’interno dell’area di studio strutture ambientali significative riferibili alla componente vegetazione e flora interferite direttamente dalle opere in progetto, non si attendono interferenze significative con la componente specifica. 92

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34.2 Fauna L’area nell’intorno dell’impianto può essere definita come “area di coltivi”. L'omogeneità delle coltivazioni e la conseguente semplificazione dell'ambiente, l'uso abbondante di prodotti chimici nell'agricoltura, oltre alla presenza capillare da parte dell'uomo, hanno rappresentato e tutt'ora rappresentano fattori limitanti alla conservazione ed un eventuale sviluppo di un quadro faunistico articolato. Le trasformazioni dell'habitat hanno portato ad una trasformazione della fauna locale; non sono molte tuttavia le specie che hanno saputo colonizzare questi ambienti coltivati. Nelle colture cerealicole, orticole, e nei pascoli troviamo la Galerida Cristata. Sugli alberi da frutto nidificano quasi tutti i fringillidi; mentre la gazza, i tordi, e gli storni sono le specie che maggiormente si sono avvantaggiate delle trasformazioni del territorio colonizzando in forte numero tutti gli ambienti antropici. I mammiferi e rettili sono rappresentati da: volpi, ricci, topi selvatici, lucertole campestri. Per quanto riguarda la fauna terrestre, non essendo rilevati habitat indicativi della presenza di specie rilevanti e/o protette, non si ritiene possano emergere criticità ed impatti sulla componente specifica; per quanto riguarda la fauna ittica non essendo direttamente interferiti i corpi idrici, non sono prevedibili impatti esercitati a danno delle biocenosi acquatiche.

35. Impatto potenziale sugli ecosistemi naturali: flora, fauna 35.1 In fase di cantiere Eventuali impatti e criticità riferibili alla fase di costruzione delle opere, oltre a quanto assimilabile alle componenti abiotiche, possono essere ricondotti ad eventi accidentali e fortuiti riconducibili in sintesi a: . perdita o riduzione delle formazioni vegetali presenti nelle aree di cantiere; . sversamenti accidentali di fluidi inquinanti nei corpi idrici; . dispersione di particolato solido in sospensione causato dai lavori di sterro e scavo; . rumori estranei all’ambiente. Il passaggio dei mezzi di lavoro potrebbe provocare, sollevamento di polveri che, depositandosi sulle foglie della vegetazione circostante, e quindi ostruendone gli stomi, causerebbero impatti negativi riconducibili alla diminuzione del processo fotosintetico e della respirazione attuata dalle piante. 93

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Tuttavia, per quanto concerne l’impatto previsto in fase di cantiere derivato dall’emissione di polveri, si può affermare che non c’è alcun tipo di interferenza con aree residenziali o altri recettori sensibili o rilevanti dal punto di vista delle emissioni pulviscolari. Per quanto riguarda l’impatto acustico generato in fase di cantiere dai mezzi di trasporto e di movimentazione carichi, si può affermare che sarà sicuramente di entità inferiore rispetto a quello ordinario derivato dall’attività dell’impianto, oltre che dalla circolazione dei mezzi. Per quanto detto, si può concludere che l’impatto sulla flora e fauna è trascurabile e di breve durata.

35.2 In fase di esercizio In fase di esercizio, non vi sarà alcun impatto negativo sulla flora e sulla fauna. Quindi l’impatto sulla componente ecosistemica può considerarsi certamente trascurabile.

35.3 Misure di mitigazione e/ compensazione Per ridurre gli impatti sugli ecosistemi naturali dovuti principalmente all’innalzamento di polveri ed alla produzione di rumori in fase di cantiere saranno utilizzati mezzi che rispettino le norme in materia di emissioni, saranno minimizzati i tempi di stazionamento ”a motore acceso” durante le attività di carico e scarico di ogni genere (merci e/o passeggeri), attraverso una efficiente gestione logistica degli spostamenti. Inoltre, durante le lavorazioni a maggiore produzione di polveri, si provvederà alla bagnatura delle piste usate dagli automezzi ed all’utilizzo di mezzi di trasporto dotati di cassoni chiusi.

36. Impatto potenziale sul paesaggio 36.1 Valutazione dell’impatto visivo Con il termine paesaggio si designa una determinata parte di territorio caratterizzata da una profonda interrelazione fra fattori naturali e antropici. La caratterizzazione di un paesaggio è determinata dai suoi elementi climatici, fisici, morfologici, biologici e storico-formali, ma anche dalla loro reciproca correlazione nel tempo e nello spazio, ossia dal fattore ecologico. Il paesaggio risulta quindi determinato dall'interazione tra fattori fisico- biologici e attività antropiche, viste come parte integrante del processo di evoluzione storica dell’ambiente e può essere definito come una complessa combinazione di oggetti e fenomeni legati tra loro da mutui rapporti funzionali, sì da costituire un’unità organica.

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36.2 Componente visuale La percezione del paesaggio dipende da molteplici fattori, quali la profondità, l’ampiezza della veduta, l’illuminazione, l’esposizione, la posizione dell’osservatore, ecc.., elementi che contribuiscono in maniera differente alla comprensione degli elementi del paesaggio. La qualità visiva di un paesaggio dipende dall’integrità, dalla rarità dell’ambiente fisico e biologico, dall’espressività e leggibilità dei valori storici e figurativi, e dall’armonia che lega l’uso alla forma del suolo. Gli studi sulla percezione visiva del paesaggio mirano a cogliere i caratteri identificativi dei luoghi, i principali elementi connotanti il paesaggio, il rapporto tra morfologia ed insediamenti. A tal fine devono essere dapprima identificati i principali punti di vista, notevoli per panoramicità e frequentazione, i principali bacini visivi (ovvero le zone da cui l’intervento è visibile) e i corridoi visivi (visioni che si hanno percorrendo gli assi stradali), nonché gli elementi di particolare significato visivo per integrità; rappresentatività e rarità.

36.3 Metodologie per la valutazione dell’impatto visivo Nel caso di questa tipologia di opera, non si rileva alcuna interazione con il paesaggio, soprattutto nella sua componente visuale. Tuttavia per definire in dettaglio e misurare il grado d'interferenza che tale progetto potrebbe provocare alla componente paesaggistica, è opportuno definire in modo oggettivo l'insieme degli elementi che costituiscono il paesaggio e le interazioni che si possono sviluppare tra le componenti e le opere. A tal fine, in letteratura vengono proposte varie metodologie. Tra queste quella quantitativa attraverso il calcolo di indici specifici come di seguito riportati.

Impatto paesaggistico (IP) Un comune approccio metodologico quantifica l’impatto paesaggistico (IP) attraverso il calcolo di due indici: . un indice VP, rappresentativo del valore del paesaggio . un indice VI, rappresentativo della visibilità dell’opera L’impatto paesaggistico IP, in base al quale si possono prendere decisioni in merito ad interventi di mitigazione o a modifiche impiantistiche che migliorino la percezione visiva, viene determinato dal prodotto dei due indici di cui sopra: IP=VP*VI

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Valore da attribuire al paesaggio (VP) L’indice relativo al valore del paesaggio VP connesso ad un certo ambito territoriale, scaturisce dalla quantificazione di elementi quali la naturalità del paesaggio (N), la qualità attuale dell’ambiente percettibile (Q) e la presenza di zone soggette a vincolo (V). Una volta quantificati tali aspetti, l’indice VP risulta dalla somma di tali elementi: VP=N+Q+V In particolare, la naturalità di un paesaggio esprime la misura di quanto una data zona permanga nel suo stato naturale, senza cioè interferenze da parte delle attività umane. Indice di naturalità (N) L'indice di naturalità (N) deriva da una classificazione del territorio, come per esempio quella mostrata nella tabella, nella quale tale indice varia su una scala da 1 a 10.

AREE INDICE N Territori industriali, commerciali, urbani Aree industriali o commerciali 1

Aree estrattive, discariche 1

Tessuto urbano e/o turistico 2

Aree sportive e ricettive 2

Strade 2

Territori agricoli

Seminativi e incolti 3

Colture protette, serre di vario tipo 2

Vigneti, oliveti, frutteti 4

Boschi e ambienti semi-naturali

Aree a cisteti 5

Aree a pascolo naturale 5

Boschi di conifere e misti 8

Rocce nude, falesie, rupi 8

Macchia mediterranea alta, media e bassa 8

Boschi di latifoglie 10 Tabella 18: Indice di naturalità Qualità attuale dell'ambiente percettibile (Q)

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La qualità attuale dell'ambiente percettibile (Q) esprime il valore da attribuire agli elementi territoriali che hanno subito una variazione del loro stato originario a causa dell'intervento dell'uomo, il quale ne ha modificato l'aspetto in funzione dei propri usi. Come evidenziato nella tabella che segue, il valore dell’indice Q è compreso fra 1 e 6, e cresce con la qualità, ossia nel caso di minore presenza dell’uomo e delle sue attività.

AREE INDICE Q

Aree servizi industriali, cave, ecc. 1

Tessuto urbano 2

Aree agricole 3

Aree seminaturali (garighe, rimboschimenti) 4

Aree con vegetazione boschiva e arbustiva 5

Aree boscate 6 Tabella 19: indice di qualità dell'ambiente percepito

Presenza di zone soggetta a vincolo (V) La presenza di zone soggetta a vincolo (V) definisce le zone che, essendo riconosciute meritevoli di una determinata tutela da parte dell'uomo, sono state sottoposte a una legislazione specifica. L'elenco dei vincoli ed il corrispondente valore dell’indice V è riportato nella tabella sottostante.

AREE INDICE V

Zone con vincolo storico – archeologici 1

Zone con vincoli PAI 0,5

Zone con vincoli forestali-ambientali 0,5

Zone con tutela delle caratteristiche naturali 0,5

Zone “H” comunali 0,5

Areali di rispetto (circa 800 m) attorno ai tessuti urbani 0,5

Aree Vincolate PTP 0,5

Zone non vincolate 0 Tabella 20: Indice vincolistico

VP=N+Q+V= (2+3+4)+(2+3)+0.5=14.5

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La visibilità dell’opera (VI) L'interpretazione della visibilità è legata alla tipologia dell'opera ed allo stato del paesaggio in cui la stessa viene introdotta. Gli elementi costituenti l’opera si possono considerare: . come un unico insieme, rispetto ad una scala vasta presa in considerazione, . elementi diffusi sull’area interessata nel territorio considerato. Da ciò appare evidente che sia in un caso che nell’altro tali elementi costruttivi ricadono spesso all’interno di una singola unità paesaggistica e rispetto a tale unità devono essere rapportati. In tal senso, la suddivisione dell’area in studio in unità di paesaggio, permette di inquadrare al meglio l’area stessa e di rapportare l’impatto che subisce tale area agli altri ambiti, comunque influenzati dalla presenza dell’opera. Per definire la visibilità dell’opera si possono analizzare i seguenti indici: . la percettibilità dell'opera (P); . l’indice di bersaglio (B); . la fruizione del paesaggio (F); sulla base dei quali l’indice VI risulta pari a: VI=P*(B+F).

Indice di percettibilità dell’opera (P) Per quanto riguarda la percettibilità P dell’opera, la valutazione si basa sulla simulazione degli effetti causati dall’inserimento di nuovi componenti nel territorio considerato. A tal fine i principali ambiti territoriali sono essenzialmente divisi in tre categorie principali: . i crinali; . i versanti e le colline; . le pianure; . le fosse fluviali. Ad ogni categoria vengono associati i rispettivi valori di panoramicità, riferiti all'aspetto della visibilità dell'opera, secondo quanto mostrato nella seguente tabella:

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AREE INDICE P

Zone con panoramicità bassa (zone pianeggianti) 1

Zone con panoramicità media (zone collinari e di versante) 1,2

Zone con panoramicità alta (vette e crinali montani e altopiani) 1,4 Tabella 21: Indice di panoramicità

Indice di bersaglio (B) Con il termine "bersaglio", si indicano quelle zone che per caratteristiche legate alla presenza di possibili osservatori, percepiscono le maggiori mutazioni del campo visivo a causa della presenza di un'opera. Sostanzialmente quindi i bersagli sono zone in cui vi sono (o vi possono essere) degli osservatori, sia stabili (città, paesi e centri abitati in generale), sia in movimento (strade e ferrovie). Dalle zone bersaglio si effettua l’analisi visiva, che si imposta su fasce di osservazione, ove la visibilità si ritiene variata per la presenza degli elementi in progetto. Nel caso dei centri abitati, tali zone sono definite da una linea di confine del centro abitato, tracciata sul lato rivolto verso l’ubicazione dell’opera; per le strade, invece, si considera il tratto di strada per il quale la visibilità dell’opera è considerata la massima possibile.

Indice di fruizione del paesaggio (F) Infine, l’indice di fruibilità F stima la quantità di persone che possono raggiungere, più o meno facilmente, le zone più sensibili alla presenza dell’opera, e quindi trovare in tale zona la visuale panoramica alterata dalla presenza dell'opera. I principali fruitori sono e popolazioni locali e i viaggiatori che percorrono le strade e le ferrovie. L’indice di fruizione viene quindi valutato sulla base della dalla densità degli abitanti residenti nei singoli centri abitati e dal volume di traffico per strade e ferrovie. Anche l’assetto delle vie di comunicazione e di accesso all’opera influenza la determinazione dell’indice di fruizione. Esso varia generalmente su una scala da 0 ad 1 e aumenta con la densità di popolazione (valori tipici sono compresi fra 0,30 e 0,50) e con il volume di traffico (valori tipici 0,20 - 0,30).

Andamento delle sensibilità visiva ed indice di bersaglio La percezione, dal punto di vista visivo, della tipologia di opera risulta bassa anche a distanze non rilevanti. Il metodo usato per valutare l’andamento della sensibilità visiva in funzione della distanza,

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considera una distanza di riferimento d fra l’osservatore ed l’opera, in funzione della quale vengono valutate le percepite da osservatori posti a distanze crescenti. La distanza di riferimento d coincide di solito con l’altezza H dell’oggetto in esame, in quanto in relazione all’angolo di percezione α (pari a 45°), l’oggetto stesso viene percepito in tutta la sua altezza. All’aumentare della distanza dell’osservatore diminuisce l’angolo di percezione (per esempio esso è pari a 26,6° per una distanza doppia rispetto all’altezza dell’elemento) e conseguentemente l’oggetto viene percepito con una minore altezza. Tale altezza H risulta funzione dell’angolo α secondo la relazione: H=D*tg(α) Le considerazioni sopra riportate si riferiscono alla percezione visiva di un unico elemento, mentre per valutare la complessiva sensazione panoramica dell’opera nel suo complesso è necessario considerare l’effetto di insieme. A tal fine occorre considerare alcuni punti di vista significativi, ossia dei riferimenti geografici che, in relazione alla loro fruizione da parte dell’uomo (intesa come possibile presenza dell’uomo), sono generalmente da considerare sensibili alla presenza dell’opera. L’effetto di insieme dipende notevolmente oltre che dall’altezza e dall’estensione dell’opera, anche dal numero degli elementi visibili dal singolo punto di osservazione rispetto al totale degli elementi inseriti nel progetto. In base alla posizione dei punti di osservazione e all’orografia della zona in esame si può definire un indice di affollamento del campo visivo. Più in particolare, l’indice di affollamento IAF è definito come la percentuale di occupazione territoriale che si apprezza dal punto di osservazione considerato, assumendo una altezza media di osservazione (1,7 m per i centri abitati ed i punti di osservazione fissi, 1,5 m per le strade). Sulla base di queste considerazioni, l’indice di bersaglio per ciascun punto di osservazione viene espresso attraverso il prodotto fra l’altezza percepita degli elementi visibili visibile e l’indice di affollamento: B=H*IAF Nel caso delle strade la distanza alla quale valutare l’altezza percepita deve necessariamente tenere conto anche della posizione di osservazione (ossia quella di guida o del passeggero), che nel caso in cui l’opera sia in una posizione elevata rispetto al tracciato può in taluni casi risultare fuori dalla prospettiva “obbligata” dell’osservatore. Sulla base delle scale utilizzate per definire l’altezza percepita e l’indice di affollamento, l’indice di bersaglio può variare a sua volta fra un valore minimo e un valore massimo:

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il minimo valore di B (pari a 0), si ha quando sono nulli H (distanza molto elevata) oppure IAF (elementi dell’opera fuori vista), il massimo valore di B si ha quando H e IAF assumono il loro massimo valore, (rispettivamente HT e 1) cosicché

BMAX è pari ad HT. Dunque, per tutti i punti di osservazione significativi si possono determinare i rispettivi valori dell’indice di bersaglio, la cui valutazione di merito può anche essere riferita al campo di variazione dell’indice B fra i suoi valori minimo e massimo.

Calcolo dell’impatto Quanto riportato nei paragrafi precedenti è stato utilizzato per la realizzazione del calcolo dell’impatto visivo, al fine di ottenere una valutazione della visibilità dell’opera, inserito nel paesaggio circostante. In particolare, considerato che il territorio interessato dal presente progetto è agricolo incolto, sono stati attribuiti agli indici precedentemente elencati i seguenti valori: . Indice di naturalità (N) = 2 - Tessuto urbano e/o turistico; 3 - Seminativi e incolti; 4 - Vigneti, oliveti, frutteti; . Qualità attuale dell'ambiente percettibile (Q) = 2 – “Tessuto urbano”, 3 – Aree agricole; . Presenza di zone soggetta a vincolo (V) = 1,5 “Aree Vincolate PTP”; Da ciò si deduce che il valore da attribuire al paesaggio è (VP) = 14,5 Per quel che riguarda la visibilità dell’opera si ha: . Indice di percettibilità dell’opera (P) = 1 - “Zone con panoramicità bassa (zone pianeggianti)” . Indice di bersaglio (B) = 0 . Indice di fruizione del paesaggio (F) = 0,3 Da ciò si deduce che il valore da attribuire alla visibilità dell’opera è (VI)=0,3 Pertanto l’impatto sul paesaggio è complessivamente pari a IP=VP*VI= 4.35 da cui può affermarsi che l’impatto visivo prodotto dall’opera in esame è da considerarsi Basso.

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Parametri di lettura paesaggistici ambientali: Per la lettura delle caratteristiche paesaggistiche sono stati individuati alcuni parametri, utili per l'attività di verifica della compatibilità delle opere in progetto:

Parametri di lettura di qualità e criticità paesaggistiche: diversità: riconoscimento di caratteri/elementi peculiari e distintivi, naturali e antropici, storici, culturali, simbolici, ecc.: . l’area, in ambito agricolo, è caratterizzata dalle coltivazioni foraggere semi-permanenti; . Non si riscontrano vicinanze con luoghi di particolare pregio storico; integrità: permanenza dei caratteri distintivi di sistemi naturali e di sistemi antropici storici: . permangono i caratteri distintivi del sistema in cui è già inserita l’opera; qualità visiva: presenza di particolari qualità sceniche, panoramiche: . l’area non presenta particolari qualità sceniche; rarità: presenza di elementi caratteristici, esistenti in numero ridotto e/o concentrati in alcuni siti o aree particolari; . nelle vicinanze all’opera in oggetto non sono presenti elementi caratteristici, esistenti in numero ridotto e/o concentrati in alcuni siti o aree particolari; . le aree oggetto dell’intervento riguarderanno aree già urbanizzate da strade extraurbane.

Parametri di lettura del rischio paesaggistico, antropico e ambientale: sensibilità: capacità dei luoghi di accogliere i cambiamenti, entro certi limiti, senza effetti di alterazione o diminuzione dei caratteri connotativi o di degrado della qualità complessiva;

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. i luoghi sono in grado di accogliere i lavori senza effetti di alterazione o diminuzione dei caratteri connotativi o di degrado della qualità; vulnerabilità/fragilità:condizione di facile alterazione e distruzione dei caratteri connotativi capacità di assorbimento visuale; attitudine ad assorbire visivamente le modificazioni, senza diminuzione sostanziale della qualità; . I luoghi presentano caratteristiche idonee ad assorbire visivamente gli interventi di mitigazione in progetto. stabilità: capacità di mantenimento dell'efficienza funzionale dei sistemi ecologici o situazioni di assetti antropici consolidate; . il rispetto delle qualità complessive dei luoghi e quindi delle esigenze di tutela paesaggistica assicura il mantenimento dell'efficienza funzionale dei sistemi ecologici o situazioni di assetti antropici consolidate.

Principali tipi di modificazioni e di alterazioni indotte dal progetto Vengono qui di seguito indicati, i principali tipi di modificazioni e di alterazioni che incidono con maggiore rilevanza: Modificazioni: . Nessuna modificazioni delle associazioni vegetali; . Nessuna modificazione dell’assetto percettivo, scenico o panoramico; Alterazioni: . Assenza di intrusione (completamento e risanamento nel sistema paesaggistico di elemento già esistente).

Previsioni degli effetti delle trasformazioni Gli effetti delle trasformazioni sono da ritenersi nulli.

36.4 Mitigazione dell'impatto dell'intervento L’intervento di che trattasi rappresenta di interventi mirati alla mitigazione del rischio idrogeologico apportando modeste modificazioni, in corrispondenza delle aree in cui sono state previste vasche di laminazione, al territorio esistente. L’estensivo utilizzo delle tecniche di ingegneria naturalistica, delle opere di mitigazione dell’impatto,

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il rivestimento in pietra delle opere in c.a. a vista già esistenti e non ultima la rinaturalizzazione di ampie aree con la messa a dimora di numerose essenze arboree autoctone, fanno si che l’intervento possa essere interpretato globalmente come un miglioramento dell’ambiente esistente che appare attualmente in pessimo stato di manutenzione.

37. Valutazione impatto acustico 37.1 Riferimenti normativi . Legge 26 ottobre 1995, n. 447, recante «Legge quadro sull’inquinamento acustico», pubblicata nella G.U. (Supplemento ordinario) n. 254 del 30 ottobre 1995; . Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997, avente ad oggetto «Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore», pubblicato nella G.U. (Serie generale) n. 280 del 1° dicembre 1997; . Decreto del Ministro dell’Ambiente 16 marzo 1998, avente ad oggetto «Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico», pubblicato nella G.U. (Serie generale) n. 76 del 1° marzo 1998; . Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 1997, avente ad oggetto «Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici», pubblicato nella G.U. (Serie generale) n. 297 del 22 dicembre 1997; . Decreto dell’Assessore alla Tutela dell’Ambiente della Giunta Regionale della Campania 3 novembre 1999 n. 15829, avente ad oggetto «TUTELA DELL’AMBIENTE – legge 26.10.95, art. 2, commi 6 e 7: riconoscimento del possesso dei requisiti per l’esercizio dell’attività di Tecnico competente in acustica ambientale Sig. Gismondi Franco», pubblicato nel B.U.R.C. n. 3 del 17 gennaio 2000; . Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991 avente ad oggetto «Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno» . Norma ISO 9613-2 «Acoustics - Attenuation of sound during propagation outdoors - Part 2: General method of calculation»

37.2 Interazione opera/ambiente Di seguito si analizzano quelle che potrebbero essere le ricadute ambientali acustiche relative al cantiere per la realizzazione delle opere di mitigazione. 104

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L'inquinamento acustico in fase di cantiere dipende dalla tipologia delle lavorazioni svolte e dalla loro durata. In generale, si può affermare che le maggiori criticità sono legate al fronte avanzamento lavori ed in particolare alle lavorazioni legate allo scavo e riporto delle terre, alla riprofilatura delle sponde ed all’arginatura. Qui di seguito si analizzano le fasi di lavoro maggiormente impattanti dal punto di vista acustico: movimentazione mezzi nelle aree di lavorazione; condizione imprescindibile per una minimizzazione del problema è l’adozione di automezzi a basse emissioni acustiche, in perfetto stato di manutenzione. È necessario inoltre ottimizzare il numero degli spostamenti attraverso la localizzazione delle diverse attività nella maniera quanto più razionale possibile. Si deve inoltre tenere conto del legame che intercorre tra emissione acustica e velocità dei mezzi in transito e dell’influenza che possono avere grandi pendenze sulla quantità di potenza da erogare. movimentazione mezzi da e per le aree di lavorazione; è rappresentata dal traffico indotto di mezzi pesanti da e per le aree di lavorazione. operazioni di scavo; anche le operazioni di scavo interessano tutta la durata delle attività di cantiere. Esse chiaramente rappresentano una considerevole sorgente di rumore. In questa fase può essere fondamentale, per quanto riguarda le problematiche acustiche, la selezione di macchinari a basse emissioni e una accorta preparazione del materiale. operazioni di carico e scarico materiale; anche questa operazione accompagna l’intera vita del cantiere e il rumore prodotto da questa attività è fortemente dipendente dal buon senso e dalla buona preparazione degli addetti. È presumibile che nelle zone di caricamento sia comunque necessario predisporre accorgimenti volti a limitare le emissioni sonore derivanti dalle operazioni. In relazione alle criticità per l’impatto potenziale vi è inoltre da considerare la posizione e destinazione d’uso dei ricettori. Con l’ausilio del GIS e precisamente del modello di simulazione SOUNDPLAN è stata effettuata una stima dei livelli prima della realizzazione dell’opera, in corso d’opera e post operam. La valutazione è stata effettuata in una configurazione territoriale semplificata che vede la presenza di un’area pianeggiante in assenza di ostacoli alla propagazione, il macchinario sorgente di rumore ed un ricettore tipico dell’area di 3 metri di altezza (1 piano). Sono stati quindi verificati i livelli acustici presso il ricettore più vicino.

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37.3 Classe acustica della zona interessata Alla data odierna il comune di Dugenta è dotato del Piano di Zonizzazione Acustica previsto dall’art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447. Nella zona interessata perciò (ai sensi dell’art. 8 c. 1 DPCM 14/11/1997) si applicano i limiti previsti dall'art. 6 comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991 e valevoli per tutto il territorio nazionale.

Periodo diurno Periodo notturno ore 6.00-22.00 ore 22.00-6.00 Limiti di accettabilità per le sorgenti sonore 70 dB(A) 60 dB(A) Valore differenziale 5 dB 3 dB

37.4 Caratterizzazione del clima acustico dell’area Le principali sorgenti di rumore in fase di costruzione, prodotte dai mezzi di cantiere, sono riportate nella tabella seguente: Livello potenza Macchina operatrice sonora Lw Pala gommata 106 dB (A) Pala cingolata 106 dB (A) Camion >30 q 90 dB (A) Autobetoniera 90 dB (A) Pompa calcestruzzo 86 dB (A) Rullo compressore 94 dB (A) miniruspa 81 dB (A) Taglia asfalto a disco 102 dB (A) Vibratore per cemento 92 dB (A) Dumper 90 dB (A) Gruppo elettrogeno 80 dB (A) (*) valore più elevato riportato sulla scheda tecnica allegata

Nella valutazione si è ipotizzato che tutte le sorgenti sonore operino in servizio continuo durante l’intero periodo acustico diurno.

37.5 Analisi dei risultati Il DPR 14/11/1997 stabilisce i requisiti delle sorgenti sonore ai fini dell’inquinamento acustico ambientale e fissa i valori limite consentiti in funzione del tempo di riferimento durante il quale esse sono attive e della classe acustica dell’area in cui sono inserite. Il tempo di riferimento dal punto di

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vista acustico va dalle ore 06:00 alle 22:00 per il periodo diurno e dalle ore 22:00 alle 06:00 per il periodo notturno. La classe acustica, che dipende dal Piano di Zonizzazione Acustica del Territorio Comunale, stabilisce i limiti di rumore consentiti all’interno dell’area in esame. Nel caso specifico le sorgenti di emissione sonora saranno attive solo nel periodo diurno, pertanto i limiti consentiti saranno quelli riportati nella tabella seguente:

Periodo diurno

ore 6.00-22.00 Limiti di accettabilità per le sorgenti sonore 70 dB(A) Valore differenziale 5 dB

37.6 Rumore ai recettori Il rumore proveniente dalle sorgenti raggiunge i recettori con una intensità che dipende da un insieme di parametri ambientali caratteristici dello spazio di propagazione. Il livello di rumore al recettore si può esprimere come = dove Lp è il livello di rumore al recettore, L0 il𝐿𝐿 𝑝𝑝livello𝐿𝐿𝐷𝐷 −alla𝐴𝐴 distanza di riferimento di 1 m dalla sorgente ed A l’attenuazione, che a sua volta è costituita da una serie di termini dipendenti dalle condizioni dell’ambiente di propagazione = + + + + (formula 4 norma ISO 9613)

I singoli termini𝐴𝐴 𝐴𝐴della𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 formula𝐴𝐴𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 𝐴𝐴rapp𝑔𝑔𝑔𝑔 resentano𝐴𝐴𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏𝑏 𝐴𝐴 𝑚𝑚𝑚𝑚rispettivamente:𝑚𝑚𝑚𝑚 attenuazione per divergenza geometrica, assorbimento atmosferico, assorbimento del terreno, attenuazione dovuta alle barriere interposte tra sorgente e recettore, eventuali altre forme di attenuazione.

L’attenuazione per divergenza geometrica Adiv è data da:

= 20 𝑑𝑑 dove d è la distanza sorgente-recettore espress𝐴𝐴𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑𝑑 a in 𝑙𝑙metri𝑙𝑙𝑙𝑙 e𝑑𝑑𝑑𝑑 d0=1 m la distanza di riferimento. 𝑑𝑑0 Nell’ipotesi cautelativa di considerare solo l’attenuazione per divergenza geometrica trascurando gli altri termini, il livello di rumore a distanza d dalla sorgente è dato da:

= 20 log 𝑑𝑑 𝐿𝐿𝑑𝑑 𝐿𝐿0 − dove L0, livello alla distanza di riferimento di 1m, è il livello𝑑𝑑0 di emissione complessivo, dato dalla somma energetica di tutte le sorgenti considerate concentrate in un unico punto. Dalle caratteristiche acustiche delle sorgenti, riportate in tabella, risulta:

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Livello potenza Macchina operatrice sonora Lw Pala gommata 106 dB (A) Pala cingolata 106 dB (A) Camion >30 q 90 dB (A) Autobetoniera 90 dB (A) Pompa calcestruzzo 86 dB (A) Rullo compressore 94 dB (A) miniruspa 81 dB (A) Taglia asfalto a disco 102 dB (A) Vibratore per cemento 92 dB (A) Dumper 90 dB (A) Gruppo elettrogeno 80 dB (A) Tabella 22: principali fonti di emissione sonora

, = 10 log 10 = 10 log 10 + 10 + 10 + 10 = 96.7 ( ) 𝐿𝐿0 𝑖𝑖 95 84 91 69 10 10 10 10 10 𝐿𝐿0 �� � � � 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝐴𝐴 Il livello Ld è dato quindi1 da

= 96.7 20 log dB(A) = 95.4 20 log 110 = 55.87 , 𝐿𝐿𝑑𝑑 − 𝑑𝑑 dB(A) Il livello di rumore del cantiere𝐿𝐿𝑑𝑑𝑎𝑎𝑎𝑎, va2 lutato in − c orrispondenza dei recettori sensibili, è inferiore al limite di 70 dB(A) previsto dalla normativa per l’area interessata. Il livello di rumore prodotto dai principali mezzi d’opera in prossimità dei recettori sensibili R1 e R2, distanti rispettivamente 200m e 110 m dalla sorgente, è:

, = 96.7 20 log 200 = 50.67 dB(A)

𝐿𝐿𝑑𝑑𝑎𝑎𝑎𝑎,1 = 95.4 − 20 log 110 = 55.87 dB(A) Il livello di rumore del cantiere𝐿𝐿𝑑𝑑𝑎𝑎𝑎𝑎 2, valutato − in c orrispondenza dei recettori sensibili, è inferiore al limite di 70 dB(A) previsto dalla normativa per l’area interessata (vedi tavole allegate).

37.7 Conclusioni Alla data odierna il comune di Dugenta è dotato del Piano di Zonizzazione Acustica previsto dall’art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447. Nella zona interessata perciò (ai sensi

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dell’art. 8 c. 1 DPCM 14/11/1997) si applicano i limiti previsti dall'art. 6 comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991 e valevoli per tutto il territorio nazionale. Dalle valutazioni effettuate risulta che le emissioni acustiche dei mezzi durante la fase di cantiere rientrano nei limiti previsti dalla normativa per la zona di interesse. In fase di esercizio, invece, le emissioni sonor, non supereranno i valori limite di accettabilità, non determinneranno alcun impatto sulla componente salute pubblica.

37.8 Mitigazioni del rumore in fase di cantiere In fase di realizzazione è necessario attuare nel cantiere misure, di carattere generale, finalizzate al contenimento delle emissioni rumorose. In particolare, l’appaltatore dovrà: . prestare adeguata manutenzione dei macchinari, facendo attenzione ai problemi di tipo acustico; . nell’installazione del cantiere tenere presente, quando possibile, che qualsiasi elemento costruttivo o di materiale che abbia elevata massa e dimensione, può diventare una barriera acustica efficace; . prevedere il silenziamento di tutte le sorgenti fisse; . collocare gli impianti fissi più rumorosi quanto più possibile lontano dai ricettori e comunque procedere alla loro insonorizzazione; . orientare eventuali sorgenti direttive verso un punto privo di ricettori o comunque protetto da barriere ed ostacoli; . organizzare il cronoprogramma generale e giornaliero del cantiere tenendo conto anche della collocazione temporale delle attività più rumorose (evitare le ore di riposo). Inoltre, per contenere le emissioni sonore legate alle attività di cantiere, dovranno essere adottati tutti gli accorgimenti necessari al fine di organizzare il lavoro nel cantiere ed i comportamenti delle maestranze in maniera tale da evitare rumori inutili. In particolare, è necessario garantire, in fase di programmazione delle attività di cantiere, che operino macchinari ed impianti di minima rumorosità intrinseca. Successivamente, ad attività avviate, sarà importante effettuare una verifica puntuale sui ricettori più vicini mediante monitoraggio, al fine di identificare le eventuali criticità residue e di conseguenza individuare le tecniche di mitigazione più idonee.

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37.9 Mitigazioni delle vibrazioni in fase di cantiere Per la componente in esame non sono prevedibili interventi di mitigazione propriamente detti. Al fine di contenere i livelli vibrazionali generati dai macchinari, è necessario agire sulle modalità di utilizzo dei medesimi e sulla loro tipologia ed adottare semplici accorgimenti, quali quelli di tenere gli autocarri in stazionamento a motore acceso il più possibile lontano dai ricettori. La definizione di misure di dettaglio è demandata all’Appaltatore, che per definirle dovrà basarsi sulle caratteristiche dei macchinari da lui effettivamente impiegati e su apposite misure. In linea indicativa, l’Appaltatore dovrà: . rispettare la norma di riferimento ISO 2631, recepita in modo sostanziale dalla UNI 9614, con i livelli massimi ammissibili delle vibrazioni sulle persone; . contenere i livelli vibrazionali generati dai macchinari agendo sulle modalità di utilizzo dei medesimi e sulla loro tipologia; . definire le misure di dettaglio basandosi sulle caratteristiche dei macchinari da lui effettivamente impiegati; . per i ricettori sensibili, dove presumibilmente le attività legate alle lavorazioni più impattanti saranno incompatibili con la fruizione del ricettore, dovrà porre in essere procedure operative che consentano di evitare lavorazioni impattanti negli orari e nei tempi di utilizzo dei ricettori.

38. Ambiente antropico La dinamica demografica della popolazione italiana, raffrontata agli altri Paesi europei, evidenzia una bassa natalità ed un'accentuata incidenza della percentuale degli anziani sul totale della popolazione (con una diversa distribuzione nelle diverse aree del Paese). Il Mezzogiorno presenta un tasso di crescita naturale positivo se pur dimezzato rispetto a quello registrato agli inizi degli anni 90, mentre nelle regioni del Centro Nord il tasso di crescita migratorio mostra un segno positivo ed un trend crescente rispetto all'inizio del decennio con un incremento naturale negativo. L'incremento naturale positivo registrato nelle regioni del Sud non compensa l'inverso andamento delle nascite e delle morti nel resto d'Italia.

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L'invecchiamento della popolazione, quindi, rappresenta il fenomeno più rilevante dell'attuale trend demografico del nostro Paese. Esso è dovuto ad un calo notevole della fecondità e all'allungamento progressivo della vita. Questo fenomeno è destinato, nell'immediato futuro, ad intensificarsi ulteriormente a causa sia della scarsità di nuove generazioni che dell'invecchiamento delle generazioni nate nel corso degli anni 60. La popolazione attuale è caratterizzata da un processo di invecchiamento e di concentrazione nelle zone costiere e nei grandi comuni. Per comprendere l'entità del fenomeno è necessario partire dall'analisi della distribuzione per analizzare la densità e la variazione della popolazione residente nell’intera provincia di Caserta. Rispetto ai dati registrati nella provincia di Benevento si riscontrano valori decisamente più bassi ma Dugenta presenta un aumento di 4.01 punti percentuali della sua popolazione.

Oltre all’aspetto demografico c’è da considerare anche l’aspetto socio-economico.

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39. Impatto potenziale 39.1 In fase di cantiere Sull’assetto Socio-Economico, il potenziale impatto dovuto alla realizzazione degli interventi in oggetto può considerarsi positivo medio e di breve durata, in quanto ci potrebbe essere richiesta di manodopera locale durante le lavorazioni. In fase di cantiere gli effetti sulla salute pubblica sono individuabili principalmente sulla salute dei lavoratori direttamente coinvolti; infatti, si potrebbero verificare emissioni di polveri dovuti alla movimentazione dei mezzi di cantiere, le emissioni sonore e vibrazioni prodotte dagli stessi mezzi durante le attività. L’entità dell’impatto può considerarsi lieve e di breve durata, in quanto rientra nell’ambito della normativa sulla sicurezza dei lavoratori che sarà applicata dalla azienda realizzatrice a tutela degli stessi.

39.2 In fase di esercizio aspetto socio economico Ulteriori benefici occupazionali, in fase di esercizio, sono rappresentati dalla richiesta di manodopera per la mautenzione delle opere previste. Pertanto, l’impatto sull’assetto socio economico è sicuramente positivo, rilevante e di lunga durata.

40. Misure di mitigazione e/ compensazione Per quanto riguarda la tutela della salute dei lavoratori, sia in fase di cantiere sia di esercizio, verranno strettamente osservate tutte le norme in materia di sicurezza in modo da ridurre sia la probabilità di accadimento che l’entità del danno a valori accettabili. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti, nella fase di cantiere sarà adottata la raccolta e lo smaltimento differenziato dei rifiuti prodotti dalle varie attività, per il breve periodo di durata delle lavorazioni. In fase di esercizio, affinché la movimentazione dei rifiuti nelle sue diverse fasi di trattamento e stoccaggio avvenga in sicurezza sia per il lavoratore e sia per l’ambiente, verranno eseguite le seguenti azioni: . identificazione di tutte le apparecchiature per la manipolazione e movimentazione dei rifiuti ritenute più idonee; 112

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. messa a disposizione tutti i DPI ritenuti necessari; . attività di informazione e formazione ai responsabili coinvolti. Per quanto riguarda la produzione di rumore, nell’impianto verranno attuate le seguenti misure di compensazione e mitigazione per il controllo del rumore: . utilizzo di apparecchiature con sistemi di abbattimento del rumore; . sosta di mezzi a motore spento; . messa a disposizione ai lavoratori di tutti i DPI ritenuti necessari.

41. Matrici di pressione ambientale Per poter evidenziare quali interventi producono le pressioni più significative è stata prodotta la matrice di pressione ambientale, riportando nelle righe gli interventi determinanti e nelle colonne i fattori di pressione, cioè le interferenze ambientali indotte dagli interventi determinanti (per esempio polveri, rumore, ecc..). Nella matrice sono state messe in relazione: . Le varie opere (determinanti); . Vari tipi di interferenze ambientali (pressioni); . Vari tipi di ricettori ambientali (componenti e fattori impattanti). Per ogni ricettore è stata specificata la rilevanza, proporzionale alla loro sensibilità e propensione di variare stato se sottoposti a pressioni di riferimento (A=alta rilevanza, M=media, B=bassa; 0=rilevanza non significativa per il contesto in valutazione). La matrice Interferenze-Ricettori correla le pressioni prevedibili con ricettori ambientali attraverso dei fattori qualitativi e dopo la verifica della matrice qualitativa si è proceduti a quantificare i fattori A, M e B. Si è proceduto all’assegnazione del valore di calcolo per ogni fattore con A=1,00, M=0,67 e B=0,33 alla quantificazione delle pressioni.

42. Impatti sul sistema ambientale Al fine di ricomporre la valutazione in una visione unitaria si è provveduto a riassumere le risultanze analiticamente riportate nei paragrafi precedenti in forma tabellare a costituire un quadro sinottico dei seguenti aspetti: . punti di attenzione relativi agli aspetti peculiari delle varie componenti ambientali;

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE.

. grado di significatività degli impatti per componente (eventualmente declinata nelle sue sottocomponenti); . misure di compensazione e/o mitigazione degli effetti determinate attraverso la ricerca di interventi di ingegneria naturalistica, contropartite, transazioni economiche, accordi vari per limitare gli impatti negativi. Tale riassunto offre una visione unitaria e globale degli impatti delle singole azioni costituenti il progetto, descritti singolarmente in precedenza, sulle componenti ambientali. La metodologia adottata rappresenta nella sua complessità la modalità con cui le azioni di progetto “impattano” sulle singole componenti ambientali; permette una puntuale discretizzazione del problema generale in elementi facilmente analizzabili e giunge alla definizione delle relazioni dirette, anche se sotto forma descrittiva, tra azioni di progetto, fattori causali d’impatto e componenti ambientali. Individuati gli impatti prodotti sull’ambiente circostante dall’opera in esame, descritti al capitolo precedente, si è proceduto alla quantificazione dell’influenza che essi hanno sulle singole componenti ambientali da essi interessate attraverso l’assegnazione di un grado di significatività. La scala di giudizio utilizzata è qualitativa o simbolica: gli impatti sono stati classificati in base a parametri qualitativi (ad esempio alto/medio/basso, positivo/negativo, reversibile a breve termine, reversibile a lungo termine, irreversibile, ecc.) utilizzando sia una rappresentazione descrittiva che una simbologia grafica, assegnando colori diversi a seconda del segno e dell’entità dell’impatto, come si può evincere dalle tabelle seguenti. Per ogni impatto generato dalle azioni di progetto la valutazione e stata condotta considerando: . il tipo di beneficio/maleficio che ne consegue (Positivo /Negativo); . l’entità di impatto sulla componente: “Lieve” se l’impatto e presente ma può considerarsi irrilevante; “Rilevante” se e degno di considerazione, ma circoscritto all’area in cui l’opera risiede; “Media” indica un’entità di impatto intermedia tra le precedenti; . la durata dell’impatto nel tempo (“Breve” se e dell’ordine di grandezza della durata della fase di costruzione o minore di essa / “Lunga” se molto superiore a tale durata / “Irreversibile” se e tale da essere considerata illimitata). Dalla combinazione delle ultime due caratteristiche scaturisce il valore dell’impatto, mentre la prima determina semplicemente il segno dell’impatto medesimo.

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE.

SIGNIFICATIVITA’ DELL’IMPATTO

Breve Lunga Irreversibile Durata dell’impatto Durata

Entità dell’impatto B L I

Lieve L Medio M

Negativo Rilevante R

Lieve L Medio M

Positivo Rilevante R

Dalla consultazione della matrice si può evincere che, la realizzazione dell’intervento non determina degli impatti negativi sulle componenti ambientali. Tuttavia, si deduce che alcune interferenze di entità lieve (con durata breve o lunga a seconda della fase a cui si riferiscono) sono dovute soprattutto alle lavorazioni durante la fase di cantiere. In particolare, ci si riferisce soprattutto alle emissioni pulviscolari, ai rumori ed alle vibrazioni ed ai disagi provocati al traffico veicolare; tali impatti, comunque, sono sempre contenuti al di sotto di soglie accettabili grazie all’intervento delle misure di mitigazione di cui si è detto. Al contrario, però, a fronte delle voci negative, nella matrice compaiono anche elementi di valutazione positivi dell’aumento di produzione, rappresentati soprattutto: Si può, quindi, concludere che le opere progettuali previste per la mitigazione del rischio idrogeologico del torrente San Giorgio comportano notevoli vantaggi dal punto di vista socio- ambientali ed economiche per il comune di Dugenta, quali: . Scongiurano danni da alluvionamenti improvvisi; . Scongiurano il consumo di suolo causato dalla elevata energia cietica delle acque e, quindi, di materia prima non rinnovabile;

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE.

. Rappresentano un notevole risparmio economico per le aministrazioni pubbliche per il ripristino dei danni post evento; . Evitano danni alla collettività. Pertanto, effettuando un bilancio tra gli impatti negativi e gli effetti positivi, anche se rappresentati nella matrice sotto forma qualitativa, si ottiene una prevalenza di aspetti positivi.

43. Conclusioni Nella presente relazione, accanto ad una descrizione qualitativa della tipologia dell’opera, delle ragioni della sua necessità, dei vincoli riguardanti la sua ubicazione, sono stati individuati, in maniera analitica e rigorosa, la natura e la tipologia degli impatti che l’opera genera sull’ambiente circostante inteso nella sua più ampia accezione. Sono state valutate le potenziali interferenze, sia positive che negative, che la soluzione progettuale determina sul complesso delle componenti ambientali addivenendo ad una soluzione complessivamente positiva. Infatti, a fronte degli impatti che si verificano, in fase di cantiere, per la pressione dell’opera su alcune delle componenti ambientali (comunque di entità lieve e di breve durata), l’intervento produce indubbi vantaggi sull’ambiente antropico e socio-economico. Pertanto, sulla base dei risultati riscontrati a seguito delle valutazioni condotte nel corso del presente Studio, si può concludere che l’intervento genera un impatto compatibile con l’insieme delle componenti ambientali ed antropiche.

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE.

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Titolo: LAVORI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO DEL TORRENTE SAN GIORGIO MEDIANTE REALIZZAZIONE DI AREE DI LAMINAZIONE ED OPERE DI RINATURALIZZAZIONE.

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Studio Preliminare Ambientale Comune di Dugenta Verifica di Assoggettabilità Agosto 2018 Pag. 119 di 119

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