Omaggio a Pier Francesco Mola (1612-1666) Nel Quarto Centenario Della Nascita
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Omaggio a Pier Francesco Mola (1612-1666) Harris (1974) e del Genty (1979), che hanno costituito le premesse in- dispensabili per il proseguimento degli studi nel decennio successivo, nel quarto centenario della nascita sfociati nella piccola monografica ospitata nel 1986 nello studio luga- di Laura Damiani Cabrini nese dell’antiquario Bruno Scardeoni e nella mostra del 1989 dedicata all’artista dal Museo Cantonale d’Arte di Lugano in collaborazione con È un doppio omaggio quello che la Pinacoteca Züst intende offrire i Musei Capitolini di Roma: curata da Manuela Kahn-Rossi e insuperata quest’anno al visitatore: quello rivolto a Pier Francesco Mola – un artista che per rigore di analisi critica e selezione delle opere esposte. Le istituzioni ha inciso profondamente sulle sorti della pittura romana alla metà del XVII locali hanno risposto a quelle sollecitazioni con l’acquisto da parte dello secolo – e quello nei confronti del collezionismo ticinese e lombardo, che Stato del Cantone Ticino del Suonatore di viola da gamba, nel 1977, e nel ne ha da sempre coltivato con passione il ricordo, ricercandone con tenacia 1984 della Sfida tra Apollo e Marsia, mentre il Museo Cantonale acqui- opere anche in parte selezionate per questa occasione. Nell’anniversario del siva il San Gerolamo in meditazione: un capolavoro assoluto della sua quattrocentesimo della nascita del pittore è infatti sembrato naturale dare tarda attività. Anche il collezionismo ha nuovamente risposto al fascino voce a questa affezione, presentando una dozzina tra tele e disegni, in parte di quelle indicazioni, offrendo oggi allo studioso la possibilità di con- inediti, o già attribuiti in passato alla sua mano, da far dialogare con opere frontarsi con un buon numero di dipinti presenti sul territorio attribuiti stabilmente presenti nelle sedi istituzionali dello Stato del Cantone Ticino o all’illustre compatriota. Sopra: Pier Francesco Mola, Nubi e colline al crepuscolo, penna, inchiostro bruno, acquarello nelle sale del Museo Cantonale d’Arte di Lugano. Non si meravigli quindi il visitatore del leggero spaesamento provato nel bruno e grigio, rialzato di bianco su carta, 201 x 309 mm, Lugano, Museo Cantonale d’Arte varcare le soglie della sala ocra interamente dedicata alla sua attività di Sotto: Pier Francesco Mola, Estasi di San Bruno (particolare), penna su carta incollata su foglio Se è vero che il “Gran Turco con arco e frezze”, collocato alla fine del pittore e disegnatore. La varietà dei soggetti e degli approcci stilistici si azzurro, 151 x 129 mm, Collezione Giovanni Maria Staffieri, Muzzano Seicento nelle sale della Villa dei conti Turconi di Castel San Pietro, può giustifica avendo voluto accostare opere di assoluta qualità, benché ap- essere identificato con l’esemplare oggi al Museo del Louvre di Parigi – l’u- partenenti a momenti stilistici distanti e non sempre congruenti, che se- nico dipinto datato e firmato da Pier Francesco Mola (1650) – dobbiamo gnalano d’altronde l’eterogeneità della sua formazione e dei suoi interessi, immaginare che le origini del collezionismo devoto all’artista originario di sinonimo di un’intelligenza creativa capace di riassumere organicamente Coldrerio nei territori appartenenti all’antica diocesi comasca fossero ra- molte delle principali componenti della cultura pittorica peninsulare tra dicate oltre le soglie del Seicento. Non è questa l’occasione per ricostruire Cinquecento e prima metà del Seicento. la storia dell’apprezzamento del pittore sottocenerino di nascita e romano Quanto alle attribuzioni: c’è margine per una discussione. Alle certezze d’adozione entro i confini dell’attuale Cantone Ticino. È però doveroso se- assolute si affiancano opere dai connotati ambigui, la cui autografia, gnalare come il nome dell’artista sia riverberato più di altri nella storiografia benché sostenuta anche in pubblicazioni recenti, non mi trova sempre locale ottocentesca. Ciò sta a giustificare di riflesso anche la richiesta di concorde. Ma non si tratta qui di operare un affondo sull’attività del opere del Mola nel corso della prima metà del Novecento e il fiorire di un Mola, che si spera possa avvenire comunque in tempi brevi, quanto di discreto mercato di dipinti ruotanti intorno al suo nome nell’immediato fornire un piccolo contributo alla ripresa del dibattito sul suo profilo sti- dopoguerra. A decretarne la piena rivalutazione critica hanno contribuito listico, minacciato negli ultimi anni dall’apprezzamento di un mercato soprattutto le fondamentali indagini del Cocke (1972), della Sutherland internazionale in costante evoluzione che ha visto proliferare in direzioni spesso antitetiche l’entità e la qualità delle proposte attributive. Pier Francesco Mola: un abbozzo biografico Nativo di Coldrerio (Mendrisiotto), Pier Francesco raggiungeva nel 1616 a Roma il padre Giovan Battista, architetto della camera apostolica ro- mana, e rimaneva legato alla dimora paterna fino al 1633. Non si pos- seggono elementi certi circa la sua formazione, se non grazie ai racconti di Giovan Battista Passeri, che lo conosceva personalmente, e di Lione Pascoli, i quali ci informano di un suo apprendistato presso le botteghe di Prospero Orsi e del Cavalier d'Arpino e di viaggi di studio a seguito del padre tra Bologna e Venezia. Anche gli esordi della sua attività sono per buona parte lacunosi: nel 1631 era a Castel Bolognese e nel 1637 a A sinistra: Pier Francesco Mola, Figure inginocchiate in preghiera (particolare), Lucca, presso l’amico pittore Pietro Testa. I suoi biografi insistono su matita, penna, inchiostro rialzato di bianco su carta, 166 x 174 mm, di un periodo di attività a Venezia e presso Francesco Albani a Bologna; Collezione Giovanni Maria Staffieri, Muzzano lo stesso Albani confermerà la permanenza di due anni del Mola nella A destra: Pier Francesco Mola, Idillio campestre (particolare), sua bottega in una lettera del 1658. Tra il febbraio del 1641 e la prima- penna e inchiostro bruno su carta, 105 x 107 mm, Collezione privata Pier Francesco Mola, Baccanale, olio su tela, 195 x 232 cm, Collezione privata vera del 1642 risultava in patria, dove affrescava una cappella nella Chiesa della Madonna del Carmelo a Coldrerio. L’approdo definitivo a Roma per chi fu realizzato, se non in onore della visione antichizzante dello una gestualità però già completamente barocca, si esprime la superba fi- sacrificati nell’ideazione finale. Una linea spiraliforme, indice di una sicu- avvenne nel 1647, quando entrò in contatto con i membri di alcune im- stesso mecenate, lo strepitoso Baccanale presentato per la prima volta in gura di Sant’Andrea. I tratti del volto, incorniciati da una chioma fluente, rezza e velocità di tratto non comuni, è invece nota distintiva della Visione portanti famiglie, per le quali realizzò le prime imprese pubbliche. Su questa sede, in cui la visione classica della scena – tra Sacchi e Poussin – tipica delle figure che animano gli affreschi di Nettuno, sono sottolineati di San Bruno, connesso con l’analogo dipinto appartenente alle collezioni commissione della famiglia Costaguti dipinse intorno al 1648 la Visione contempla, nella resa del volto ebbro del satiro di destra, una pittura di da un grafismo inedito nelle opere meglio conosciute di quel periodo, del Getty Museum di Malibù. L’opera venne commissionata nel 1663 dal di San Domenico a Soriano, nella chiesa dei Santi Domenico e Sisto, e nel tocco espressa anche in opere dell’immediato ritorno a Roma, dopo le tanto da portarci a credere che si tratti di altro autore, ancora da scoprire. cardinale Flavio Chigi, a cui forse si riferisce la scritta vergata nella parte Rancate (Mendrisio), Canton Ticino, Svizzera loro palazzo l'affresco con Bacco e Arianna. Nel 1650 firmava e datava il peregrinazioni giovanili. Di qualità più seriale e probabilmente realizzata Alla lunga serie di “abbozzi” e “teste” ritrovati negli inventari della sua superiore del disegno: “Al Molto Ill.e Sig.re mio Sing.mo”. Pirata ora al Louvre. Successivamente realizzava affreschi nel chiostro del grazie all’ausilio della bottega risulta la Sfida tra Apollo e Marsia, forse bottega e delle più importanti collezioni romane dovrebbe appartenere seminario di Santa Maria della Quercia a Viterbo (1650-51) e partecipava replica di un originale perduto. anche quella di San Pietro, indagata attraverso l’intreccio di pennellate Pier Francesco alla decorazione della chiesa romana di San Marco. Intorno al 1652 ese- La figura umana diventa predominante nelle opere assegnabili alla fine lunghe e morbide, che lasciano per buona parte a vista l’imprimitura, nei Colophon guiva la Predica di San Barnaba nella Chiesa di San Carlo al Corso, com- della sua carriera, in particolare dopo il 1650, come nel Suonatore di viola A sinistra: Pier Francesco Mola e bottega, La sfida tra Apollo e Marsia (particolare), termini di un’assoluta aderenza al vero naturale. Dal 1. aprile 2012 al 13 gennaio 2013 (1612-1666) missionata dal cardinale Luigi Alessandro Omodei, per il quale avrebbe da gamba, siglato con le iniziali “M.F.” sulla tromba posata in basso. Se olio su tela, 60 x 73 cm, Lugano, Museo Cantonale d’Arte Mostra e testi a cura di Laura Damiani Cabrini Mola realizzato nel 1661, per la Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Milano, i riferimenti alla pittura di Veronese si palesano nello squarcio luminoso A destra: Pier Francesco Mola, Scena di sacrificio (particolare), olio su tela, Pier Francesco Mola: il disegno Coordinamento: Mariangela Agliati Ruggia e Alessandra Brambilla la pala raffigurante San Giovanni Battista,