Università degli Studi di Cagliari

DOTTORATO DI RICERCA in Studi filologici e letterari Ciclo XXVIII

REPERTORIO PLURILINGUE E VARIAZIONE LINGUISTICA A CAGLIARI: I QUARTIERI DI

CASTELLO, MARINA, VILLANOVA, STAMPACE, BONARIA E MONTE URPINU

Settore/i scientifico disciplinari di afferenza L-FIL-LET/09

Presentata da: dott. Roberto Rattu

Coordinatore Dottorato prof.ssa Cristina Lavinio

Tutor prof. Maurizio Virdis

Esame finale anno accademico 2015 – 2016 Tesi discussa nella sessione d’esame marzo – aprile 2017

1 Indice

1. Introduzione...... pag. 5 2. La sociolinguistica dell'urbanizzazione: problematizzazione...... 7 2.1. La contro-urbanizzazione...... 14 2.2. Il contatto...... 17 3. Aspetti del campionamento in sociolinguistica: metodi e problemi...... 23 3.1. Convenience sampling...... 26 3.2. Campionamento casuale (random)...... 26 3.3. Campionamenti di tipo jugdment...... 30 3.4. Problemi della stratificazione del campione: la variabile classe sociale, genere ed età...... 36 3.4.1. La classe sociale...... 36 3.4.2. Il genere...... 51 3.4.3. L'età...... 70 4. Cagliari plurilingue: suddistinzione in quartieri e linee guida del campionamento...... 76 4.1. La suddivisione in quartieri: aspetti teorici e di metodo...... 76 4.2. Sociolinguistica urbana e quartieri: alcuni esempi...... 78 4.3. Cagliari: suddivisione e selezione dei quartieri...... 91 4.4. Mutamenti sociali ed edilizi seguenti al secondo dopoguerra...... 92 4.5. Principali differenze socio-demografiche tra i quartieri di Cagliari...... 96 4.5.1. Calo demografico: età media e rapporto di mascolinità/femminilità...... 97 4.5.2. Istruzione...... 101 4.5.3. Lavoro, condizione sociale e abitativa...... 103 4.5.4. Tipologia delle famiglie...... 104 4.5.5. La componente immigrata extracomunitaria “regolare”...... 104 4.6. Trasformazione degli assetti demografici e della struttura insediativa: aspetti sociolinguistici nei quartieri storici di Cagliari...... 105 4.7. Conseguenze linguistiche dell’inurbamento e delle migrazioni interne...... 107 4.8. La scelta dei quartieri: principali tratti differenziali...... 112 4.9. Classi di età significative...... 118 4.10. Consistenza numerica del campione...... 124 5. Metodologia di indagine: il questionario, la ricerca e la selezione degli informatori...... 125 5.1. La ricerca e la selezione degli informatori...... 125

2 5.2. Metodologia di indagine: i questionari...... 128 5.3. La struttura del questionario...... 133 5.3.1. Compilazione long-distance vs. face to face...... 133 5.3.2. Il questionario utilizzato nel presente lavoro (face to face) e le prove test...... 137 5.4. Registrazione e trascrizione dei dati...... 139 5.5. Il questionario macro: architettura, obiettivi e problemi...... 140 5.6. Il questionario micro: architettura, obiettivi e problemi...... 142 5.6.1. La selezione delle variabili linguistiche...... 143 5.6.2. Il sardo a Cagliari: variabili selezionate...... 148 5.7. Problemi della raccolta sul campo dei dati linguistici...... 150 5.7.1. La conduzione dell’inchiesta: rappresentatività e affidabilità dei dati linguistici in ambito urbano...... 151 5.7.2. I contesti di inchiesta e le caratteristiche emotive degli informatori...... 159 5.7.3. L’intervista sociolinguistica...... 170 5.7.4. Il questionario basato sulla traduzione...... 175 5.7.5. La lingua di contatto...... 177 6. I dati micro: fenomeni linguistici esaminati...... 181 6.1. La rappresentazione grafica...... 181 6.2. Chiarezza grafica...... 181 6.3. Il sardo a Cagliari. Alcune correlazioni: la sezione 'macro'...... 183 6.4. Il sardo a Cagliari. Alcune correlazioni: la sezione 'micro'...... 211 6.4.1. Punteggio ottenuto e variabili età, genere, luogo di nascita e titolo di studio: alcuni aspetti...... 212 6.5. Il sardo a Cagliari: alcune variabili fonetiche...... 246 6.5.1. La rotacizzazione (in corpo di parola)...... 246 6.5.2. La rotacizzazione (in fonetica sintattica)...... 254 6.5.3. Altri tratti fonetici: labializzazione di a atona, trattamento del nesso r + cons, trattamento di -N- e -L-...... 256 6.6. Il sardo a Cagliari: alcune variabili lessicali...... 275 6.6.1. Gli appellativi 'tetto', 'riva', 'settimana'...... 280 6.6.2. Gli appellativi 'culla', 'pallida', 'ottone'...... 283 6.6.3. L'appellativo 'pugno'...... 286 6.6.4. Variabili lessicali: la caratterizzazione dei quartieri...... 287 6.7. Il sardo a Cagliari: alcune variabili morfologiche: gli antichi neutri in -s d’origine latina

3 (tempus, corpus, frius)...... 288 6.7.1. Il singolare collettivo...... 301 7. Conclusioni...... 312 8. Appendice - Il questionario 'macro' e 'micro' (test linguistici per gli informatori locali)...... 320 Bibliografia...... 333

4 1. Introduzione La dialettologia intesa in senso tradizionale si è principalmente esercitata in particolari contesti, manifestandosi essenzialmente attraverso studi che hanno privilegiato la dimensione spaziale orientata verso varietà linguistiche parlate nei centri e comunità geograficamente appartate. Lo scopo era quello di documentare e indagare le lingue che meno risultavano esposte agli influssi innovativi e che mantenevano in tal modo più salde le caratteristiche conservative che costituivano l'aspetto di maggiore interesse (Paulis et al. 2013). Perciò, nonostante la dialettologia abbia prodotto alcune indagini svolte nel contesto urbano (Sivertsen 1960; Heike 1964), in generale i parlanti delle città sono stati trascurati in quanto si è ritenuto che le loro varietà fossero particolarmente esposte ai fenomeni di contatto e interferenza: gli informatori provenienti dai centri urbano risultavano essere i candidati meno rappresentativi per la descrizione delle varietà locali. Basti pensare al relativamente recente progetto Survey of English Dialects (SED) che, condotto dall'Università di Leeds tra il 1950 e il 1961, ha istruito i rilevatori sul campo indirizzandoli verso la ricerca e la selezione di informatori di età particolarmente elevata, in special modo uomini. Anche l'interesse accordato dalla dialettologia tradizionale alla riflessione su quali debbano essere le caratteristiche ideali dell'informatore rappresenta una conseguenza degli aspetti appena citati. Un filone invece particolarmente trascurato dalla dialettologia tradizionale ha riguardato la riflessione sulle dinamiche attraverso cui le variabili sociali si correlano alla variabilità linguistica. A partire dagli anni Sessanta i lavori di Labov, oltre ad avviare gli studi di sociolinguistica, determinano lo slittamento di interessi riguardante il contesto in cui svolgere le ricerche: dall'ambito rurale si passa ad indagini sulla variazione linguistica nelle comunità urbane. La mutata prospettiva si individua facilmente nella denominazione di urban dialectology con cui è stato definito, almeno in un primo tempo, il filone di ricerca laboviano e che condensa da un lato l'aspetto 'tradizionale' (dialectology) esercitato però in un contesto innovativo, quello urbano (urban). Occorre notare che la concezione delle varietà linguistiche delle aree rurali geograficamente appartate come le più conservative ha, all'opposto, indotto a ritenere quelle urbane maggiormente innovative, più esposte al contatto e all'interferenza. Al di là dell'effettiva verosimiglianza di tali aspetti, la storia degli studi di linguistica sarda si presta bene ad evidenziare come queste concezioni possano determinare una certa sproporzione nell'approfondimento di determinati filoni di indagine a discapito di altre. Le realtà linguistiche dei maggiori centri della Sardegna sono state notevolmente trascurate, proprio in seguito alla preponderanza di un approccio scientifico che ha posto in primo piano gli esiti conservativi delle varietà sarde rurali, parlate nei centri di piccole dimensioni, al di fuori delle vie di comunicazione o comunque in posizione periferica. Le varietà urbane, ritenute più

5 innovative, sono state del tutto trascurate. Lo scopo del presente lavoro è presentare un contributo all'indagine delle varietà linguistiche del centro urbano di Cagliari, attraverso l'articolazione in quartieri e l'approfondimento di una delle due varietà che ne costituiscono l'articolazione essenziale, il sardo.

6 2. La sociolinguistica dell'urbanizzazione: problematizzazione Il concetto di urbanizzazione, nel suo senso moderno, trova l'origine nella Rivoluzione Industriale del XVIII secolo. L'impatto che tale processo ha avuto e ha tutt'oggi nella maggior parte degli aspetti della vita dell'Uomo è tale per cui la bibliografia, estremamente ampia, continua ad aggiornarsi attraverso studi che approfondiscono e riprendono aspetti già precedentemente indagati e ne mettono in luce di nuovi (Nordberg 1994). L'urbanizzazione appare come un fenomeno piuttosto complesso, che va ben al di là del semplice accentramento fisico di popolazione che dalle aree rurali si sposta verso le città (Barbour & Stevenson 1990: 101) anche se è ovviamente da sottolineare che tale aspetto costituisce un prerequisito per comporta ed è alla base di notevoli e complessi mutamenti sociali e linguistici. Le trasformazioni economiche alla base dei fenomeni inurbativi hanno comportato la specializzazione delle attività lavorative e una rigida divisione in comparti della vita intesa in senso lavorativo con conseguenze dal punto di vista sociale nel senso più ampio del termine. È per tale ragione che l'urbanizzazione, attraverso peculiarità e caratteristiche di tipo demografico, economico, sociale ed etnografico, presenta ovvie anche dal punto di vista linguistico. Secondo Malmberg & Nordberg (1994), il processo di urbanizzazione comporta la creazione di una nuova sub culture, attraverso uno sviluppo ben più complesso rispetto a una semplice spostamento spaziale e concentramento di popolazione in una grande città. L’urbanizzazione implica anche una profonda trasformazione delle attività economiche e della struttura occupazionale, un maggior peso dato alla specializzazione e alla tecnicizzazione e al contempo un regresso dell’importanza dell’agricoltura e allevamento. L’urbanizzazione ha comportato la realizzazione di ampi spazi di vita pubblica e privata, oltre che un crescente peso di diversi aspetti legati alla tecnologia. Il fenomeno dell’urbanizzazione, assieme ai flussi migratori che in tempi recenti interessano i grandi nuclei, influenzano in vario modo la lingua (Siemund e al. 2013). Innanzitutto la crescita delle comunità urbane comporta la compresenza di persone di differente provenienza geografica e parlanti lingue diverse. Secondo Gogolin e al. (2013: 4-5) «linguistic diversity is often conceptualized as the ‘neighborhood’ of different languages associated with a region or a state. Language are seen as linked to territories, and the people living in one area are perceived as connected to the territory’s language. The actual reality, however, as it can be observed especially in urban areas, presents itself as a crisscrossing network of many different languages co-existing in the same place. The linguistic texture of urban areas in Europe can be described as a combination of a regional majority language, a wide range of migrant language, foreign languages which are learnt by considerable parts of the school population, and English as the actual lingua franca in many

7 spheres of life». Nell'ambito urbano variano anche i diversi background culturali delle componenti sociali che la compongono: queste non solo possiedono competenze linguistiche di varietà strutturalmente tra loro diverse ma diverse norme legate al ‘parlare’. I comportamenti linguistici degli individui si sviluppano all’interno delle situazioni in cui è prevista la comunicazione verbale e in cui, essendo elementi sociali, sono naturalmente coinvolti nella quotidianità. Le competenze comunicative risultano altamente dipendenti dalle singole situazioni e inoltre «at the same time, the ability or inability of particular individuals to cooperate linguistically in concrete situations influences the broader society and creates, maintains or changes social structures at various levels» (Malmberg & Nordberg 1994: 16). In dipendenza dalla struttura occupazionale ed economica, dalle caratteristiche dei social network, dalle caratteristiche culturalmente determinate dell’interazione, ecc., l’insieme di situazioni con cui gli individui hanno a che fare dal punto di vista comunicativo varia in relazione alle varie località e alle diverse zone di una città. Inoltre la specializzazione delle professioni, delle attività e istituzioni significa che le varietà specifiche di uso della lingua, dette anche activity languages, possono differire notevolmente tra loro, soprattutto in termini di vocabolario, fraseologia, strategie testuali e regole di interazione (Malmberg & Nordberg 1994: 18). Inoltre, sempre secondo gli studiosi appena citati «traditionally, urbanization has been associated with structural changes in phonology, morphology, syntax and lexicon which, in Sweden and elsewhere, have broadly speaking resulted in a levelling of once very distinct dialects or their replacement with regional standards. This has been ascribed partly to the mixture of dialects that arises in migration centres and partly to the greater overall geographical mobility of the population, over and above their moving to towns». Fought (2002: 449) si concentra sul ruolo del contatto inter-etnico che avviene nell'ambito delle grandi città europee ed americane e sugli sviluppi linguistici che ciò implica, apprezzabili specialmente grazie agli studi di Rickford (1986a; b), Ash & Myhill (1986), Labov & Harris (1986). Tali lavori hanno complessivamente evidenziato che gli effetti del contatto appaiono asimmetrici in relazione alle diverse componenti del sistema linguistico. Proprio per l'interesse che ha l'individuazione dei pattern di divergenza e convergenza tra varietà linguistiche in seguito al contatto inter-etnico, Fought rileva che è nell'ambito urbano, rispetto a quello rurale, che risulta più ricca la bibliografia (Fought 2002: 450). D'altronde Britain (2002: 607) sottolinea come, a partire dal lavoro pionieristico di Labov (1966) svolto nella città di New York, tutte le indagini successive che hanno utilizzato il medesimo approccio si siano concentrate non in contesti rurali ma urbani. Infatti, a parte Labov (1963) che si è basato su indagini presso la comunità di Martha's Vineyard, basterà ricordare, tra i numerosi studi

8 pubblicati, Wolfram (1969) presso Detroit, Sankoff & Cedergren (1972) a Montreal, Trudgill (1974) a Norwich. Solamente un numero estremamente ridotto di sociolinguisti hanno utilizzato l'approccio laboviano nei contesti non urbani. Tale aspetto, in generale trascurato, può essere spiegato sia come reazione alla principale direzione seguita dalla dialettologia che, tradizionalmente, si è concentrata sulle varietà parlate da comunità numericamente ridotte e insediate presso centri o territori geograficamente appartati. Secondo Britain (2002: 607) ciò però è dovuto anche al fatto che «researching in the city was […] seen as the way to gain access to the most fluid and heterogeneous communities, and therefore to tackle the issue of the social embedding of change “where it's all happening”. In some senses, though, it could be seen as throwing the rural baby out with the traditional dialectology bathwater […] This urbanism still pervades much of the discipline, however: the rural is still portrayed as the insular, the isolated, the static, as an idyll of peace and tranquillity rather than as composed of heterogeneous communities, of contact, of change and progress, and of conflict». Secondo Britain (2012: 13) la percezione dello spazio urbano come un qualcosa di piuttosto complesso e vario rispetto alle aree rurali ha senza dubbio costituito un elemento fondamentale che ha indirizzato la scelta della sociolinguistica di esercitarsi in prima battuta e con notevole impegno nelle grandi città. Per tale ragione Woods (2011: 35) interpretando il 'senso comune', descrive le aree urbane come un qualcosa «where it's all happening» mentre le zone rurali «a quiet tranquil even backward place where nothing interesting happens».

Norberg (1994: 1-2) sottolinea che nonostante sia ampiamente riconosciuta l'importanza del fenomeno dell'urbanizzazione in età contemporanea dal punto di vista sociolinguistico gli studi evidenziano alcuni aspetti ancora trascurati: «it is true that the numerous studies of urban dialects testify to the considerable importance of the consequences of urbanization […] but the process itself and its linguistic ramifications have largely been neglected. Sociolinguistic research in the Labovian tradition has mostly been preoccupied with linguistic variation in socially diversified but geographically stable and mostly native populations, within economically and culturally well- established communities». Malberg & Nordberg (1994: 16) schematizzano i principali aspetti riguardanti la sociolinguistica urbana. Partendo da un assioma di base che prevede che la sociolinguistica si occupi di indagare gli usi linguistici in dipendenza dalla struttura sociale sottolineano come «social stratification and social mobility are reflected in and reinforced by sociolects and changes in the relationship between them». Inoltre il grado di centralizzazione sia nella società che nell'economia, in quest'ultimo caso dal punto di vista del grado di accentramento del potere economico, presenta dei risvolti per quando

9 riguarda i rapporti di forza/prestigio tra la varietà standard (ufficiale) e altre varietà generalmente designate come non-standard (non ufficiali). Ancora, occorre notare che se ogni performance linguistica è vista come una forma di comportamento sociale allora le caratteristiche sociali della comunità in cui una certa varietà linguistica è utilizzata sono fondamentali. La competenza comunicativa di ogni parlante è per questo altamente dipendente dalla singola situazione; tale competenza è il risultato di uno sviluppo nel tempo, attraverso le esperienze comunicative che avvengono quotidianamente in quanto esseri sociali. Inoltre la capacità più o meno efficace di ogni parlante di cooperare linguisticamente nelle situazioni comunicative è un importante elemento che influenza la società e che ne modifica - creando, mantenendo o indebolendo - la struttura (Malberg & Nordberg 1994: 16). L'urbanizzazione ha comportato, oltre all'accentramento fisico di larghe masse di popolazione, alla trasformazione delle attività economiche, della struttura occupazionale e degli aspetti legati a una maggiore specializzazione delle attività, anche mutamenti meno evidenti ma altrettanto importanti. Malberg & Nordberg (1994: 17) rilevano da tale punto di vista un aspetto apparentemente contraddittorio: infatti se è vero che da un lato l'urbanizzazione è responsabile della notevole concentrazione di popolazione in determinate aree, ha al contempo favorito una maggiore mobilità, sia per ragioni connesse ad esigenze lavorative che per esigenze riguardanti il tempo libero. Tuttavia uno tra gli aspetti che appaiono maggiormente assodati è che l'urbanizzazione determina la promozione e l'aumento del multilinguismo: «urbanization is know to promote or increase multilingualism, especially in developing countries where people with a wide variety of native languages flock togheter in the rapidly growing towns and are forced to learn to switch between different codes in order to handle their everyday affairs» (Nordberg 1994: 2). Sornicola (1989: 30 ss) rimarca per questo come la definizione stessa di ‘sociolinguistica urbana’ contenga aspetti che necessitano di essere chiariti perché, evidentemente, la disciplina deve prevedere delle specificità che la distinguono dalla sociolinguistica tout court. Nordberg (1994: 3-4) discute, a livello complessivo, non solo quali siano i principali temi della sociolinguistica urbana ma anche quale grado di complessità presentino in confronto all'ambito rurale e soprattutto in cosa si differenzino da quest'ultimo: «several factors on the urban sociolinguistic scene conspire to complicate an analysis of the linguistic behaviour of townspeople as compared to that of more rural speakers, especially when the sample of informants is not limited to speakers native to the town in question. First of all, the set of possible speech situations is greatly augmented and more diversified than in rural settings, as a consequence of the multifarious and specialized occupational, institutional and leisure activities that an urban milieu offers». Inoltre gli individui, in generale, si caratterizzano per networks numericamente più complessi ma

10 meno stretti rispetto al contesto rurale, entrando in contatto linguistico con un numero più ampio e vario di interlocutori, sia dal punto di vista sociale che linguistico. Questo fa sì che gli individui siano maggiormente orientati verso l'utilizzo di un maggior numero di forme linguistiche che Nordberg definisce «intercambiabili» e la cui presenza è condizionata da molteplici aspetti di carattere strettamente locale. In un contesto in cui più varietà linguistiche convivono, l'associazione a una certa forma linguistica di precisi aspetti identitari è particolarmente importante; secondo Norberg (1994: 4) la consapevolezza del parlante verso tale aspetto è maggiore nel contesto urbano rispetto al contesto rurale. La possibilità di spiegare in profondità le ragioni della scelta di una certa forma linguistica, oltre a far uso delle tradizionali variabili macrosociologiche (età, genere, classe socioeconomica, grado di scolarizzazione), aumenta se si considerano ulteriori aspetti, di tipo individuale, ideologico, culturale, oltre che relativi alla percezione di se stessi in rapporto ad altri individui e nel complesso alla comunità. La componente 'migrante' va inoltre esaminata in relazione alle cause che hanno determinato lo spostamento, l'età in cui questo è avvenuto, il grado di integrazione raggiunto e la raccolta degli atteggiamenti riguardanti la comunità di 'accoglienza' e i membri della comunità di origine. Lo stesso autore, pur sottolineando la complessiva notevolissima mole di contributi riguardanti la sociolinguistica urbana, individua alcuni settori lacunosi. Uno di questi riguarda le dinamiche linguistiche riguardanti lo stanziamento, in aree precedentemente non popolate, di componenti sociali di diversa provenienza e parlanti varietà tra loro diverse. Tali indagini sono state pioneristicamente indagate da Van de Ven (1969) presso Noordoostpolder, un centro di nuova fondazione che è stato popolato da componenti provenienti da diverse zone dell'Olanda. Il lavoro di Gal (1979) si è svolto invece in Austria, presso il centro di Oberwart, dove c'è stato il passaggio linguistico dall'ungherese al tedesco in conseguenza del mutamento dell'economia che da carattere agricolo e rurale è passata ad una caratterizzazione 'urbana', essendosi concentrata sull'industria e sul commercio. La lacuna più ampia segnalata da Norberg (1994) riguarda, in generale, i rapporti che varietà rurali e urbane intrattengono tra loro, più nello specifico i correlati sociolinguistici della relazione e del contatto che vi è tra varietà dialettali 'rurali' e le varietà linguistiche più impiegate e diffuse nelle città. L'aspetto assume particolare interesse principalmente in seguito a due condizioni, cioè quando per varie ragioni i flussi demografici si dirigono verso le città o, all'inverso, quando le abbandonano; e quando tali varietà 'rurali' sono diverse o hanno una diversa connotazione sociolinguistica rispetto alle varietà usate in contesto urbano. Norberg (1994) rileva anche come appaia trascurato o comunque non trattato con la necessaria profondità un ulteriore filone e cioè le dinamiche sociolinguistiche legate all'urbanizzazione di

11 parlanti provenienti dal contesto rurale, limitandosi a citare due soli studi che, a suo giudizio, si distinguono per l'importanza che rivestono in relazione al problema: Bortoni-Ricardo (1985) e Mæhlum (1986). Il primo è stato condotto presso Brazlandia, città satellite di Brasilia e ha studiato la varietà degli immigrati provenienti dalle zone rurali con lo scopo di appurare quali sollecitazioni linguistiche avesse provocato lo spostamento spaziale e di contesto sociale. In particolare si è voluto osservare se e quali influssi abbia esercitato la varietà portoghese 'rurale', nota come Caipira, in modo da rilevare se i migranti, all'interno del nuovo contesto abitativo, si siano isolati, preferendo frequentare altri immigrati di provenienza affine, o se si siano integrati, intrattenendo relazioni più o meno strette con componenti sociali risiedenti da più tempo nella città (urban networks). L'ipotesi di partenza era di verificare se il mutamento di vita da un ambiente 'rurale' a 'urbano' comportasse un passaggio da un network «insulated», con reti di contatto prevalentemente ristrette alla cerchia parentale e dei vicini di casa, oppure a un network di tipo integrato, con legami associati a un maggior numero di contesti sociali. Per testare le ipotesi sono stati elaborati due indici che potessere essere funzionali a misurare i mutamenti dei pattern dei rapporti sociali degli immigrati considerati: uno di integrazione (integration index) e uno di urbanizzazione (urbanisation index). Il primo, attraverso complesse misurazioni, ha inteso misurare in generale la forza dei network, esprimendo numericamente alcune caratteristiche ritenute rilevanti dalle tre persone con cui ogni migrante interagiva con maggiore frequenza. Il punteggio assegnato ad ogni migrante intendeva evidenziare i mutamenti e i progressi riguardanti il network. Il secondo indice riguardava il grado di urbanizzazione rilevabile nel network di ogni informatore ed era inteso come indice supplementare al primo. Per questo Amara (1999: 205) osserva che «the move from one country to another or from village to city weakens or breaks traditional social relations and results in new speech networks that require modification of speech repertoires». Linguisticamente il mutamento delle caratteristiche del network poteva essere osservato attraverso lo studio di una qualche caratteristica strutturale della varietà Caipira. L'indagine ha complessivamente mostrato come i mutamenti dei legami caratterizzanti i network siano scaturiti dall'allontanamento dal contesto 'rurale' in cui era utilizzata la varietà Caipira. Sempre nell'ambito dell'interesse dell'incontro-scontro tra varietà urbane e rurali e delle dinamiche sociolinguistiche che ne scaturiscono, la ricerca di Bortoni-Ricardo (1985), così come numerose altre indagini, ha esaminato le conseguenze del contatto dei 'dialetti rurali' nella città e l'adozione da parte dei flussi immigratori delle forme proprie del contesto urbano e la corrispettiva perdita delle originarie forme 'rurali', considerando aspetti quali «koineisation, second dialect acquisition and speech accomodation» (Britain 2012: 14). Tuttavia un altro filone di indagine ha preferito analizzare una diversa sfaccettatura,

12 approfondendo i correlati linguistici dell'urbanizzazione e intendendoli come aspetti specifici della città. Secondo Calvet (1994: 129-130) «[...] this coming togheter of migrants to the city has linguistic consequences. The reality of urban multilingualism leads us, in the first istance, to three themes: the role of the city in linguistic unification, the city as site of language conflict and the city as site of language mixing and language co-existence; [...] the city also produces specific linguistic forms, urban dialects, it must tease out what is specific about these contexts and build a specific approach to these context; [...] the city embodies multilingualism, drawing on the range of linguistic situations from the surrounding area, like a pump, the city breathes in multilingualism and spits out monolingualism, and thus plays a fundamental role in shaping the linguistic future of the region or state» [trad. Britain 2012: 15]. A tale approccio sono state tuttavia mosse diverse critiche che partono dal tentativo di analizzare nuovamente e criticamente tutti gli aspetti che, dal punto di vista sociolinguistico, risulterebbero peculiari dei nuclei urbani e che in molti casi vengono dati per assodati e certi, senza essere stati vagliati e ridiscussi in profondità. In primo luogo Britain (2012: 16), attraverso un'analisi critica serrata, osserva come i metodi di analisi della sociolinguistica variazionistica appaiano i medesimi, sia che vengano esercitati nel contesto rurale che in quello urbano. I metodi del campionamento, la scelta e la definizione dei parametri di tipo sociale ritenuti di maggiore interesse, le tecniche di raccolta dei dati sul campo e l'analisi dei dati appaiono gli stessi. Ciò può essere osservato confrontando due lavori di Labov: il primo, condotto presso la comunità rurale di Martha's Vineyard (Labov 1963) e il secondo presso la città di New York (1966). Comparando tali due ricerche, condotte evidentemente in ambiti piuttosto diversi tra loro, non appaiono presentarsi differenze sostanziali dal punto di vista metodologico. Più in generale anche tutti i presunti mutamenti e peculiarità di tipo socio-economico che distinguerebbero le città rispetto ai piccoli centri sono stati passati al vaglio della critica. L'urbanizzazione, vista e intesa come causa di mutamenti sociali, è stata in tal senso revisionata da Massey (1985) che ha sottolineato come, a suo avviso, non vi sono processi di tipo sociale peculiari del contesto rurale e/o di quello urbano: alcuni fenomeni sociali, culturali ed economici possono presentarsi con maggiore frequenza ed intensità nell'ambito delle città ma ciò non vuol dire che questi siano 'endemici' del contesto urbano. Secondo Britain (2012: 17) «these [social processes] are simply tendencies and do not represent unique and exclusive traits of urban or of rural context. Instead it is argued that there are certain casual social processes which simply have geographically uneven consequences, affecting rural areas more than urban or vice versa». Per questo occorre individuare in maniera chiara quali siano questi processi e come agiscano nei diversi contesti, urbano e rurale, anziché assegnare alla città peculiarità specifiche.

13 Sono anche gli stessi concetti di 'città' e 'contesto rurale' ad essere problematici nonostante il loro uso appaia frequente e sia apparentemente privo di aspetti controversi. Secondo Hubbard (2006: 1) «to isolate some characteristic of the city that might distinguish it from its nominal counterpart, the rural, is extremely difficult». Woods (2011: 1) rileva come il concetto di 'rurale' sia piuttosto sfuggente, mancando di una definizione chiara e discreta; Hoggart (1990: 245) sottolinea che tra contesti rurali le differenze possono essere molto più profonde rispetto a contesti rurali e urbani. Con maggiore precisione Hoggart (1990: 246) così si esprime: «I do not mean by this that there are no differences between (most) rural and urban places, but rather that, in the main, these are generated by the uneven presence of some known causal factor X, as opposed to either rurality or urbanity. The obvious follow-up point is that for theory to progress we should focus on X».

2.1. La contro-urbanizzazione Alcune delle principali caratteristiche che dovrebbero appartenere all'ambito urbano, quali spiccata mobilità e aumento dei ritmi dello stile di vita sono in realtà aspetti, secondo Britain (2012: 18), che hanno a che vedere piuttosto con la modernità contemporanea. Per questo tali tratti possono sì essere maggiormente salienti all'interno del contesto urbano ma non sono peculiari di esso. Inoltre è stato sottolineato come l'urbanizzazione non sia un processo sempre irreversibile in quanto spesso si assiste a fenomeni di 'deconcentrazione' demografica in cui i flussi si dirigono fuori dalla città. La cosiddetta counterurbanization è un fenomeno di grande importanza assieme a quello dell'aumento dell'età media della popolazione delle aree rurali più appartate e accanto al mutamento repentino degli assetti sociali delle città (Britain 2010). Si tratta quindi di un aspetto apparentemente contraddittorio: unitamente a una notevole densità abitativa dovuta alla concentrazione della popolazione in pochi centri, si riscontra una notevole mobilità dovuta a motivazioni lavorative e di svago. Si è infatti parlato di una particolare modalità di conduzione di vita nelle città, detta 'modalità di vita urbana' in cui l’attività di un individuo risulta suddistinta in compartimenti ben delimitati: lavoro, tempo libero e svago, vita familiare e privata. Oltre a ciò il network dei contatti in ambito urbano e nella ‘modalità di vita urbana’ appare ampio e caratterizzato da contatti a ‘maglie larghe’ (Malmberg & Nordberg 1994: 18) anche se presso diverse città vi sono, ad esempio, quartieri operai che si caratterizzano per network piuttosto stretti, come quelli descritti in Milroy (1980). Per quanto riguarda la contro-urbanizzazione, Britain (2010) repertoria diversi aspetti che concorrono nel favorire lo spopolamento contemporaneo dei centri urbani occidentali: i più importanti sono, in primo luogo, la maggiore 'normalità' e frequenza tributata agli spostamenti sulle lunghe distanze, sia per ragioni lavorative, sia per scopi relativi al raggiungimento di un maggiore

14 livello di scolarizzazione; l'aumento dell'impiego e dell'efficacia dei trasporti pubblici e di quelli privati; lo slittamento verso settori economici che dal primario e secondario passano al terziario con conseguente legame meno stretto con la localizzazione delle risorse naturali e la ricerca, da parte delle aziende, delle località economicamente più vantaggiose per la produzione; l'aumento del lavoro di tipologia flessibile come conseguenza degli sviluppi tecnologici e delle nuove normative sulla legislazione riguardanti il mondo del lavoro. In sostanza le dinamiche demografiche contemporanee indicano una maggiore mobilità ma quel che è più importante non sempre orientata verso i centri urbani. Britain (2012: 19) rileva come nel contesto britannico il fenomeno della counterurbanization, inteso come mutamento della direzione di spostamento demografico che dalla città si orienta verso le aree rurali, abbia interessato tutte le classi d'età, tranne quella tra i 16 e i 24 anni: gli individui che rientrano in tale fascia d'età non si sposterebbero o lo farebbero in maniera meno spiccata poiché nel nucleo urbano cercano di raggiungere un elevato livello di scolarizzazione oltre che un impiego; anche la classe media appare meno propensa ad abbandonare la città in quanto in generale caratterizzata da forme di impiego che rendono necessaria la stanzialità nel nucleo urbano. È interessante notare, così come rilevato anche per quanto riguarda la città di Cagliari (Profilo demografico, 2013), che l'intensità dello spostamento demografico che caratterizza la counterurbanization ha registrato progressivamente un aumento negli ultimi decenni. Britain (2012: 19) rileva che «this outward exodus of professional urbanites has triggered a massive reorientation of personal mobilities, as many of these millions of migrants to the countryside commute, drive to new shopping malls, and work in the highly mobile tertiary sector of economy». Dal punto di vista linguistico i riflessi di tali dinamiche demografiche non sono ancora stati ancora indagati in profondità. Nelle aree rurali popolate in maniera più rada, Piercy (2006) rileva che la counterurbanization è alla base del livellamento linguistico, inteso come perdita di alcuni tratti caratterizzanti alcune varietà rurali. Nel Dorset, contea dell'Inghilterra che si trova nella parte sud-ovest del territorio, ha appurato la perdita di /r/ in posizione non prevocalica, una caratteristica fonetica che in quella contea risultava particolarmente radicata. I parlanti appartenenti alle fasce d'età giovani, intervistati da Piercy, sia nelle aree rurali del Dorset che in quelle urbane, hanno palesato un impiego estremamente raro di tale caratteristica. Anche nell'Inghilterra orientale sono stati riscontrati, in certi casi, fenomeni di adozione di forme standard tra le persone che vivevano stanzialmente nella località e, contemporaneamente, la perdita di caratteristiche 'locali' specialmente per quanto riguarda la morfologia verbale. Il certi casi la counterurbanization ha portato ad un drammatico spopolamento di alcune città come Manchester e Liverpool che a partire dal 1931 hanno visto la popolazione dimezzarsi. Oswalt

15 & Rieniets (2006: 6) ritengono che «between 1950 and 2000, more than 350 large cities experienced [...] significant declines in population. In the 1990s, more than a quarter of the world's large cities shrank. Their number is continually increasing, even though urban growth will continue to dominate in decades to come. An end is in the sight, however: somewhere betwenn 2070 and 2100, the world population is expected to reach its zenith, with the process of urbanization largely coming to a close». Dal punto di vista delle dinamiche del mutamento linguistico il processo di spopolamento delle città suggerisce ipotesi di lavoro che appaiono in contrasto con quanto normalmente risulta indagato nella letteratura. Gli studi di dialettologia 'tradizionale' hanno evidenziato come, in generale, le tipologie del mutamento nel contesto delle comunità più appartate dal punto di vista geografico seguano direzioni opposte rispetto al contesto del contatto che caratterizza le comunità più esposte agli influssi esogeni: la conservatività e la complessificazione appaiono costanti nelle comunità linguisticamente meno esposte al contatto (Trudgill 2002). Il lavoro di Schilling-Estes & Wolfram (1999) ha mostrato però che queste dinamiche caratterizzano non tutte le aree rurali, svolgendo un'indagine presso Smith Island, nel Maryland. Si tratta di una piccola comunità insulare che si distingue soprattutto per la distanza fisica più ampia rispetto alle altre comunità insulari vicine, per la tipologia di relazioni intrattenute con la terraferma e per la generale e particolare traiettoria del mutamento linguistico. La comunità è andata incontro ad uno spiccato declino demografico: da circa 700 residenti nel 1960 si è passati a 364 nell'anno 2000, soprattutto per l'indebolimento delle attività legate alla pesca che ha fatto sì che gli abitanti si spostassero nella terraferma alla ricerca di lavoro. A una scarsa rilevanza del turismo occorre aggiungere che l'isola sta progressivamente vedendo diminuire la sua superficie in conseguenza dell'erosione marina. A dispetto dello spopolamento e del futuro piuttosto incerto dell'isola, la ricerca di Schilling- Estes & Wolfram ha evidenziato che il mutamento linguistico sta seguendo una direzione particolare: le caratteristiche linguistiche più peculiari, anziché perdersi, stanno andando incontro a un rafforzamento e ad una intensificazione, diversamente da altre comunità dalle caratteristiche affini, quali Ocracoke e Harkers Island. A questo punto Britain (2012: 20) suggerisce una possibile direttrice di indagine per quanto riguarda la sociolinguistica urbana: le statistiche riguardanti il decremento degli abitanti nelle città suggerirebbe che quella che Britain (l. c.) chiama dialect concentration possa presentarsi almeno presso certi nuclei cittadini che hanno trends demografici affini a quelli della comunità di Smith Island. Britain (2012: 20-21) sostiene che «dialect concentration may indeed be an appropriate way to understand certain linguistic changes in progress in these urban areas». Watson (2002) ha

16 condotto dei rilievi nella città di Liverpool appurando che tale vasta città ha partecipato in maniera molto marginale ai generali e diffusi mutamenti che caratterizzano l'inglese britannico. Inoltre, sempre secondo Watson (2006: 59), alcune caratteristiche 'endemiche' della città di Liverpool, anziché andare incontro ad un indebolimento, registrano una maggiore diffusione. Ad esempio l'uso di [h] per /t/ che precedentemente era una caratteristica fonetica tipica e ristretta alla sola Liverpool ha visto un ampiamento delle condizioni in cui si presenta: inizialmente apprezzabile nelle parole monosillabiche precedute da vocale breve (ad es. at, what) si è in seguito estesa anche a parole polisillabiche precedute da vocale atona (ad es. biscuit, bucket, chocolate). Britain (2012: 21) osserva come, a suo avviso, «this typology of linguistic changes has been determined then, not by rural status or by urban status, but by demographic circumstances which lead to lack of contact - wherever such circumstances are found».

2.2. Il contatto In generale la sociolinguistica pone il parlante come punto focale della ricerca: è tale figura a costituire il punto di maggior interesse per l'esame dei problemi teorici riguardanti il mutamento linguistico in correlazione con determinate variabili sociali. Per tale ragione il sociolinguista dovrebbe esaminare le interazioni che i parlanti sostengono durante le svariate attività quotidiane, prescindendo dalla località e/o dalla tipologia di ambiente dove questa avviene, sia essa quindi la città, il piccolo centro, la campagna. Secondo Britain (2012: 21-22) nelle interazioni che rivestono interesse sociolinguistico, a prescindere che queste avvengano in un contesto di urbanizzazione classico, inteso come agglomerato cittadino che ha calamitato flussi demografici di varia provenienza, o in un contesto di 'controurbanizzazione', è centrale il contatto tra parlanti le cui rispettive varietà linguistiche risultano, in varia misura, differenti tra loro. Le indagini sul contatto hanno evidenziato chiari pattern di mutamento con risultati ricorrenti, sia che questi contatti avvengano in una grande città o in un piccolo villaggio in contesto rurale. Tali cambiamenti sono «simplification, loss of redundancy, transparency, levelling, reallocation, emergence of hybrid interdialect forms» (cfr. ad es. Trudgill, 1986; Britain 2012). Che non sia il contesto a determinare strettamente la tipologia di mutamento strutturale è evidente dal seguente schema che, sostanzialmente, cataloga i principali fenomeni di mutamento che avvengono in seguito a contatto linguistico sulla base dello spoglio di diversi lavori che si sono incentrati nel contesto urbano e nel contesto rurale (Britain 2012: 22):

17 Urban Rural

Levelling Milton Keynes, England Falkand Islands (Sudbury (Kerswill & Williams 2000); 2000); Fens, England (Britain Corby, England (Dyer 2002); 2001); East Devon e West Newcastle, England (Watt Somerset (Jones 1998); Palau, 2002); Cairo, Egypt (Miller Western Pacific (Matsumoto & 2005) Britain 2003)

Simplification Amman, Jordan (Al-Wer 2003); Ocracoke, United States Kristinestad, Finland (Ivars (Schilling-Estes & Wolfram 2005); Bergen, Norway 1994); Zeeland, Netherlands (Kerswill 1994) (De Vogelaer & Rooze- Stouthamer 2007)

Interdialect Reading, England (Cheshire Fens, England (Britain 2001); 1982; Trudgill 1986) Tristan da Cunha (Schreier & Trudgill 2006)

Reallocation Jakarta, Indonesia (Wouk Fens, England (Britain 2001); 1999); Takatsuki/Osaka/Kyoto, Mauritius (Domingue 1981); Japan (Long 2001); Ban Rural Flanders, Belgium Khlong Sathon, Thailand (Taeldeman 1989) (Prompapakorn 2004).

In relazione al fenomeno del livellamento, l'indagine di Watt (2007) si è rivolta nella città di Newcastle, nel nord-est dell'Inghilterra. Il risultato più importante è stato la constatazione della progressiva erosione e sparizione di alcune caratteristiche di tipo fonetico aventi diffusione strettamente locale, a favore di aspetti aventi diffusione molto più ampia nel settore nord-orientale dell'Inghilterra. Sudbury (2000) ha riscontrato ed esaminato il medesimo fenomeno di erosione ma in un contesto completamente differente, le Isole Falkland. L'inglese parlato in tali isole, di natura composita in quanto legato a flussi immigratori provenienti da diverse aree del Regno Unito, è apparso sottoposto a un notevole livellamento nonostante la popolazione di tali isole si presenti estremamente 'polverizzata' nel territorio, per tale aspetto in seconda posizione nel mondo rispetto alla Groenlandia. Per quanto riguarda la semplificazione - intesa come quel fenomeno secondo cui, in seguito al

18 contatto di due varietà linguistiche, avviene che una delle due semplifichi alcuni aspetti grammaticali quali distinzioni di genere, caso, persona, numero oltre che sull'ambito lessicale - nel contesto urbano è stata indagata da Al-Wer (2003) nella città di Amman, in Giordania. Tale città rappresenta un contesto di particolare interesse perché è di fondazione relativamente recente ed è popolata da 1.5 milioni di abitanti di origine e provenienza eterogenea, principalmente giordani e palestinesi, di cui una rilevante componente proveniente da aree rurali. Al-Wer infatti sottolinea come Amman sia una città priva di una varietà considerabile 'tradizionale' poiché i suoi abitanti non possono essere considerati nativi e stabili. Dopo un lunghissimo periodo di rovina la città rinacque solamente a partire dal 1921, quando venne ripopolata da componenti provenienti da altri centri della Giordania, della Siria e della Palestina che parlavano varietà arabe differenti ma comunque intercomprensibili tra loro. In un lasso di tempo di circa tre generazioni si sono sviluppate e generalizzate determinate caratteristiche strutturali che rendono possibile definire e circoscrivere l'arabo della città di Amman rispetto alle varietà circostanti. Al fine di evidenziare il fenomeno della semplificazione la studiosa ha costruito un campione di 35 parlanti. Tra le diverse caratteristiche analizzate, Al-Wer ha esaminato i suffissi pronominali di seconda e terza persona plurale nell'arabo parlato nella città; le varietà arabe di Amman presentano, di norma, suffissi diversificati in relazione alla distinzione di genere maschile e femminile. Inoltre vi è una certa variabilità nella tipologia di suffissi per la marcatura del genere femminile. Al-Wer ha evidenziato come la semplificazione abbia agito su questi poiché la distinzione di genere è risultata neutralizzata nella suffissazione dei pronomi di seconda e terza plurale. Tale semplificazione caratterizza le classi d'età giovani: «the findings show that the youngsters in Amman are clearly not emulating the linguistic behaviour of their parents, nor that of other groups in the city. They are, rather, engaged in the making of a new dialect» (Al-Wer 2002: 63). Per quanto riguarda la semplificazione in contesto rurale, De Vogelaer & Rooze-Stouthamer (2007) hanno compiuto rilievi nel centro rurale di Zeeland, nei Paesi Bassi. La loro ipotesi di ricerca parte dalla considerazione del fatto che odiernamente i dialetti tedeschi sono in molti casi appresi come seconda lingua e per questa ragione è verosimile che sviluppino caratteristiche tipiche appunto delle varietà linguistiche apprese come L2 (Kortmann & Szmrecsanyi 2004). Per la verifica di tale ipotesi hanno indagato i mutamenti che interessano il sistema pronominale delle varietà di Zeeland in modo da chiarire se e in quale modo questo possa essere correlato con l'apprendimento come L2 delle varietà stesse. La proposta esplicativa circa l'insorgenza e la diffusione repentina del pronome maschile singolare soggetto di terza persona hem 'lui' e del corrispettivo femmine haar 'lei' (quando invece la norma prevede la distinzione soggetto vs. obliquo hij vs. hem per il maschile e zij vs. haar per il femminile) sia dovuta all'apprendimento delle varietà tedesche non come lingua

19 nativa. Gli autori rimarcano inoltre che il fenomeno costituisce al contempo un aspetto di semplificazione ma anche di divergenza rispetto alle varietà tedesche standard. Le forme 'interdialettali' (la cui definizione si basa su Trudgill (1986: 62), «we use the term interdialect in the manner of the term interlanguage, which is now widely used in studies of second- language acquisition. The label 'interdialect' is intended to refer to situations where contact between two dialects leads to the development of forms that actually originally occurred in neither dialect») sono spiegate come il risultato della conoscenza parziale e della padronanza imperfetta di due varietà linguistiche. In contesto urbano e per la precisione a Oslo, in Norvegia, Trudgill (1986) sottolinea la presenza di forme 'ibride' nei migranti giunti dal centro di Sunndal a Oslo e ivi residenti da uno a cinque anni: 'ibride' o 'interdialettali' perché non corrispondenti né a forme proprie delle varietà linguistiche dei paesi d'origine dei migranti, né alle varietà linguistiche proprie della città di Oslo. Gli aspetti sono principalmente di tipo fonetico: Trudgill (1986: 62) sottolinea tuttavia che «interdialect, however, is by no means confined to the development of vowel sounds that are phonetically intermediate. Imperfect accommodation may lead to the (temporary or permanent) development of forms that are intermediate in other ways». Per quanto attiene invece il contesto di tipo rurale, la presenza di forme interdialettali è stata indagata da Schreier & Trudgill (2006) nell'isola di Tristan da Cuhna, posta nell'oceano Atlantico meridionale. Si tratta di una delle isole meno esposte ai traffici e alle rotte commerciali, quindi in una posizione estremamente marginale con una popolazione stimata di circa 300 abitanti. Lo studio si è concentrato sulla varietà di inglese parlato nell'isola, di matrice postcoloniale, frutto della fusione di componenti di diversa origine geografica: britannica, americana, europea (Regno Unito escluso) e un gruppo di donne provenienti da Sant'Elena. I coloni britannici giunti nell'isola prima del 1850 provenivano da aree diverse (Inghilterra sud-occidentale, Londra, Sussex, Yorkshire e Scozia). Gli autori hanno evidenziato numerosi fenomeni di tipo interdialettale, in special modo di ambito fonetico, insorti a seguito del contatto di differenti varietà diatopiche di inglese. Il fenomeno denominato reallocation definito da Britain (2012: 24) come la «refunctionalisation of two or more variants from the contact feature pool to serve novel functions in the emergent new variety» o come quel fenomeno «where two (or more) ingredient variants of the dialect mix are refunctionalised to serve new social, stylistic, or, as here, grammatical roles» (Britain 2002) annovera notevoli attestazioni sia un ambito urbano che rurale. Per quanto riguarda il primo contesto Long (2001) ha studiato la varietà giapponese del centro di Takatsuki, posto a metà tra le città di Osaka e Kyoto, evidenziando come questa fonda i morfemi aventi funzione negativa e negativa potenziale utilizzati rispettivamente a Osaka e Kyoto, come è

20 evidente dal seguente schema (Long 2001):

Dialect Negative (i.e. 'do not') Potential negative (i.e. cannot')

Kyoto -ahen (e.g. kakahen - 'I do not write') -ehen (e.g. kakehen - 'I cannot write')

Osaka -ehen (e.g. kakehen - 'I do not write') -arehen (e.g. kakarehen - 'I cannot write')

Takatsuki -ahen (e.g. kakahen - 'I do not write') -arehen (e.g. kakarehen - 'I cannot write')

Long ha quindi dimostrato come gli abitanti della zona di Takatsuki, sorta in una posizione intermedia tra due grandi metropoli, abbiano adottato una soluzione di compromesso, adottando la forma negativa propria di Kyoto e la forma della negazione potenziale propria di Osaka ma mantenendo al contempo la distinzione tra tali due forme di negazione. Il fenomeno della reallocation trova però interessanti attestazioni anche nel contesto rurale, come si evince ad esempio dal lavoro di Britain (2001) condotto nell'Inghilterra orientale, nella regione del Fens: questa si caratterizza per una popolazione piuttosto sparsa e una densità abitativa molto bassa. Per quanto attiene il fenomeno fonetico della distribuzione allofonica di /ai/ in parole quali like, side, nice, buy, facente parte del fenomeno detto Canadian-Raising che, a dispetto del nome annovera attestazioni anche al di fuori del Canada, Britain porta avanti un'ipotesi esplicativa che si basa sul fenomeno della reallocation. Le varianti di /ai/ che si caratterizzano per il timbro aperto del nucleo vocalico sono presenti nella zona occidentale del Fens mentre e le varianti che invece si caratterizzano per il nucleo più centralizzato sono attestate nella zona orientale. A seguito del contatto, nella zona centrale del Fens, Britain ha rilevato un sistema con varianti allofoniche condizionate dalla sonorità/sordità del fono successivo. In contatto è avvenuto a seguito di movimenti immigratori dovuti a nuove opere di bonifica del territorio. In conclusione Britain (2012: 24-5) sostiene che «intensive dialect contact [...] can lead to koineisation - levelling, simplification, interdialect and reallocation, but this is not restricted to the urban areas that we perhaps associate most with contact, mobility and diversity. If the contact conditions are right, such processes can take place in the world's largest cities, yes, but also in some of the world's most remote and sparsely populated communities too». La geografia sociale ha mostrato come non vi siano processi esclusivi dell'ambito urbano o di quello rurale;

21 l'urbanizzazione ha solamente giocato un ruolo contingente su determinati fenomeni sociolinguistici, favorendo i contesti di contatto che sono più facilmente apprezzabili in una grande città rispetto a un piccolo centro appartato: «but what has become clear is that while contact may well be most obviously and vividly felt and observed in cities, it is not confined sociologically or epistemologically to an urban context». Inoltre occorre notare che, almeno presso diversi nuclei urbani dell'Occidente, il trend demografico indica un'inversione di tendenza: la città non svolge più il ruolo di calamita di flussi inurbativi ma presenta dinamiche più variegate, verso direttrici alternative (quali spopolamento delle metropoli, lo stabilirsi presso piccoli centri vicini o presso le campagne e il processo denominato gentrification). Ciò da un lato fa della città non più il focus privilegiato della ricerca, dall'altra rendono di particolare interesse anche le aree rurali, sinora tenute ai margini delle indagini sociolinguistiche.

22 3. Aspetti del campionamento in sociolinguistica: metodi e problemi I progetti di ricerca che hanno l’obiettivo di rilevare dati linguistici da parlanti appartenenti a comunità di consistenza numerica più o meno elevata devono affrontare necessariamente il problema del campionamento (Sankoff 2005). Come osservato da Buchstaller & Khattab (2013: 74) un elemento cruciale della ricerca linguistica di tipo empirico è stabilire non solo quale tipologia di dati raccogliere ma anche tipologia e quantità dei parlanti da cui trarre tali dati. Il metodo più affidabile per indagare in profondità e con completezza gli usi linguistici di una particolare comunità sarebbe quello di raccogliere dati da tutti i membri che la compongono ma, come è ovvio, ad eccezione di quelle numericamente piuttosto ridotte, tale strategia risulta impraticabile (Gordon 2005: 956). La metodologia maggiormente impiegata prevede la selezione di una frazione di parlanti che, nell'ipotesi che questa rifletta le caratteristiche sociali e linguistiche dell’intera comunità, fornirà risposte rappresentative: tale è il principio del campionamento (De Vaus 2001: 60). È proprio la rappresentatività ad essere considerata uno dei più importanti se non il più importante obiettivo da raggiungere con il campionamento, anche se a questa è necessario connettere ed armonizzare altri aspetti, quali le tempistiche di raccolta dati, l’accessibilità dei parlanti e la 'maneggevolezza' dei dati raccolti. Milroy & Gordon (2003: 24) sottolineano ad esempio che ogni studio che impiega una qualunque procedura di campionamento deve affrontate il problema della rappresentatività in quanto la fondatezza delle conclusioni fornite dipende dalla precisione con cui il campione selezionato rappresenta la comunità da cui è stato tratto. La difficoltà di ottenere una buona rappresentatività aumenta proporzionalmente in relazione alle dimensioni ed eterogeneità di una popolazione (Hatch & Farhady 1982; Seliger & Shohamy 1989). Ad esempio presso un centro urbano esteso e multietnico un'indagine basata su un campione di parlanti maschi di età medio-bassa appartenenti alla classe operaia non potrà permettere generalizzazioni estendibili a tutti i parlanti della città, né al complesso degli individui di tale fascia di età, né ai parlanti della classe operaia. Ciò perché il campione risulta 'distorto' dalla presenza esclusiva di parlanti appartenenti a particolari gruppi che non esauriscono la gamma della variabilità sociale degli abitanti di una città. L’individuazione e il controllo dei fattori che sono passibili di creare distorsioni nel campione sono aspetti di notevole importanza. Mentre alcuni sono di agevole individuazione, altri risultano maggiormente difficili da identificare. Buchstaller & Khattab (2013: 74-5) rilevano ad esempio che il censimento del Regno Unito condotto per svariati decenni passati - tranne quello del 1981 - è stato svolto alla fine del mese di aprile. Per le università inglesi la data ricadeva più o meno durante

23 la pausa della festa di Pasqua e per tale ragione una larga fetta della popolazione studentesca non occupava la sede di studio ma o si trovava o in famiglia oppure in vacanza. Ciò ha fatto sì che il censimento non potesse offrire un quadro accurato della popolazione che risiedeva in quella data area in quanto nella procedura di campionamento era presente una distorsione, eliminata solo nel 2011 quando il censimento è stato effettuato in periodi privi di importanti festività. Un altro esempio è offerto da Milroy & Gordon (2003: 24) e riguarda la progettazione, in ambito scolastico, di un’indagine linguistica tra gli adolescenti. Per la costruzione del campione e il reperimento degli informatori il rilevatore potrebbe essere indotto a richiedere l’appoggio di un docente o del dirigente scolastico. La possibile distorsione che si annida in tale modalità operativa risiede nella possibilità che docenti o dirigenti, più o meno inconsapevolmente, individuino e coinvolgano gli studenti dalla carriera scolastica più brillante; un campione che voglia essere rappresentativo necessita invece di studenti dalla carriera scolastica diversificata. Per questo lo studio condotto da Eckert (2000) presso una scuola di Detroit ha previsto la costruzione del campione non attraverso la collaborazione di un membro interno alla scuola. Grazie al tempo trascorso dalla studiosa all’interno della comunità scolastica, oltre due anni, che le ha permesso di acquisire confidenza con gli aspetti sociali che maggiormente potevano rivelarsi interessanti dal punto di vista linguistico, il campione è stato costruito di conseguenza dalla Eckert: lei stessa ha individuato i soggetti che maggiormente riteneva idonei per l’inchiesta. Mentre alcuni fattori potenzialmente distorsivi possono essere previsti prima della costruzione del campione, altri sono maggiormente difficili da individuare, in special modo quando la popolazione indagata è piuttosto diversificata, come quella delle comunità urbane. In relazione alle difficoltà che si incontrano nel soddisfare l’esigenza della rappresentatività nella costruzione del campione, Buchstaller & Khattab (2013: 75) osservano che «in the field of linguistics, social rapresentativeness is not easily achieved, since language varies across a wide range of social dimensions within a population, such as speaker’s age, gender, sexuality, ethnic identity, regional background, educational level, and many others. Also to be taken into account are situational and conversational factors, such as the level of formality, the speaking style, accomodation to interlocutors, conversational topic, and ideological factors, among many others, each of which potentially introduces a bias into sample». Sankoff (2005: 999-1000) nota che «the elementary notion of representativeness involving a completely random sample, chosen with uniform probability over the entire population, is not very useful in the sociolinguistic context. Speech communities tend to consist of many varieties spoken by groups containing very different numbers of individuals, so that uniform sampling leads to redundancy for some groups and risks missing others entirely». Per tali ragioni Sankoff (1974) si muove verso una preliminare e attenta

24 considerazione di quello che viene definito sampling universe. Il ricercatore deve riflettere su quale tipologia di comunità condurre le inchieste (gli abitanti di una cittadina, gli studenti di una scuola, i lavoratori pendolari di una fabbrica, i venditori ambulanti di un mercato, ecc.); una volta chiarito tale aspetto osserva che «good data is [then] defined as language materials of sufficient type and quantity, as well as materials which take into account the social context in which the language data is gathered» (Sankoff 1974: 21-2). Le considerazioni esposte da Sankoff permettono allora di circoscrivere l’esigenza della rappresentatività poiché, stabilendo preliminarmente di quale settore della popolazione i nostri dati vogliono essere rappresentativi e possono fornire generalizzazioni, le procedure di campionamento determinano a quali tipi di domanda possiamo rispondere con i dati raccolti. Secondo Tagliamonte (2006) è allora è necessario stabilire una stretta connessione tra gli obiettivi della ricerca e la procedura di campionamento osservando, come sottolinea Sankoff (2005: 1000) che «at the outset, a (socio)linguistic project must have (at least) two parts 1) a (socio)linguisti problem and 2) appropriate data to address it». La rappresentatività intesa in senso più stretto e in chiave sociolinguistica «requires not that the sample be a miniature version of the population, but only that we have the possibility of making inferences about the population based on the sample». Le procedure di campionamento a disposizione dei linguisti sono numerose. In genere si tratta di tecniche messe a punto in sociologia, antropologia, geografia economica, adottate e adattate per le indagini linguistiche e ulteriormente raffinate in ragione della tipologia e degli obiettivi del progetto. Buchstaller & Khattab (2013: 75-6) propongono una suddistinzione in due grandi rami: 1) procedure di campionamento di tipo 'rappresentativo' (probability methods), che hanno lo scopo di fornire dati rappresentativi in senso statistico della comunità esaminata. 2) procedure di campionamento di tipo 'non rappresentativo' (non-probability methods), il cui scopo principale non è quello di fornire dati rappresentativi dal punto di vista strettamente statistico. Con l'utilizzo delle procedure appartenenti al secondo gruppo non è possibile formulare generalizzazioni che possano essere rappresentative della comunità indagata in senso rigorosamente statistico; ciò fa sì che, evidentemente, l’esigenza della rappresentitivà assuma valore differente a seconda degli studiosi. Rice (2010: 232) osserva infatti che «one must therefore accept that statistically rigorous representativeness is not a primary issue in the research design». Le principali procedure di campionamento in linguistica sono: convenience sampling, random sampling, stratified (o judgment) sampling (Buchstaller & Khattab 2013: 75-6; Milroy & Gordon 2003: 23 ss.; Schilling 2013: 17 ss.).

25 3.1. Convenience sampling Se si ritiene che l’obiettivo principale della costruzione di un campione sia la rappresentatività, occorre osservare la necessità di coniugare a tale esigenza anche altri aspetti, tra cui l’accessibilità dei parlanti. Con 'accessibilità' si intende definire se e in quale misura sia possibile coinvolgere le persone che si è deciso di includere nel campione. Non tutte le categorie di parlanti sono uniformemente disponibili nel prestarsi alla ricerca; anche dichiarandosi disponibili ciò potrebbe richiedere tempistiche di realizzazione più o meno lunghe, incompatibili con i cronoprogrammi che i progetti di ricerca esigono. Da tale punto di vista, ad esempio, è sicuramente più agevole condurre un progetto con un campione basato su studenti di una scuola media piuttosto che su una minoranza etnica che si caratterizza per una particolare chiusura e riservatezza verso intervistatori 'estranei'. La tipologia di campionamento che pone in primo piano e si basa su una buona accessibilità dei parlanti è detta convenience sampling. Una delle categorie giudicate di maggiore accessibilità, per questo privilegiate con tale strategia di campionamento, è quella degli studenti volontari. Tuttavia si escludono ampie porzioni della variabilità sociale delle popolazione totale e i risultati ottenuti hanno un grado di generalizzabilità piuttosto limitato in relazione alla comunità complessiva. È tuttavia un metodo di campionamento agile, utilizzato soprattutto per saggi di indagine che precedono l’elaborazione di campioni più ampi e complessi e per la prova 'sul campo' dei questionari e di altri metodi di raccolta dati.

3.2. Campionamento casuale (random) Il campionamento casuale, altrimenti detto random, prevede che la scelta e la selezione degli informatori avvenga in maniera casuale, in ossequio al principio secondo cui ciascun membro della comunità indagata abbia la medesima possibilità di essere scelto rispetto ad un altro. Il numero di informatori in rapporto alla comunità indagata, selezionato sulla base di questa strategia, è elevato e per tale ragione il campionamento random è quello ritenuto più idoneo ai fini dell’ottenimento di una stretta rappresentatività statistica. Ciò tuttavia apre un problema più ampio, relativo alla dimensione numerica dal campione e quanto questa possa essere considerata sufficiente. La sociologia ritiene che maggiore sia la consistenza numerica del campione, maggiore sia l’efficacia nella precisione delle generalizzazioni che può offrire: la scelta delle dimensioni del campione dipende dal grado di accuratezza che si vuole ottenere e, all’inverso, dalla percentuale di errore che si decide di affrontare. De Vaus (2001: 71) propone uno schema, riproposto anche da Buchstaller & Khattab (2013: 82), che mostra, in relazione a popolazioni piuttosto numerose, quale debba essere la dimensione numerica del campione affinché si raggiunga il 95% di possibilità che il comportamento della

26 popolazione campionata rispecchi quello dell’intera comunità da cui il campione è stato tratto, assieme alla percentuale di errore.

Sampling error Sample size Sampling error Sample size

1.0 10000 5.5 330

1.5 4500 6.0 277

2.0 2500 6.5 237

2.5 1600 7.0 204

3.0 1100 7.5 178

3.5 816 8.0 156

4.0 625 8.5 138

4.5 494 9.0 123

5.0 400 9.5 110

10 100

Lo schema evidenzia che «increasing the sample size with smaller numbers has a disproportionately large effect on improving the sampling error» (Buchstaller & Khattab 2013: 82). De Vaus (2001) osserva che nella maggior parte dei casi i progetti di indagine statistica utilizzano campioni di 2000 persone poiché il margine di errore è ragionevole e l’aumento dell’ampiezza del campione non offre apprezzabili miglioramenti ma ulteriori costi in termini di fattibilità. Giddens (2006: 88) sottolinea che «studies of only two or three thousand voters […] can give a very accurate indication of the attitudes and voting intentions of the entire population». Neuman (1997: 222) come proposta generale e per comunità di consistenza numerica ridotta, inferiori alle 1.000 unità, sottolinea che un campione di 300 informatori è adeguato. Invece per comunità più numerose, composte da oltre 150.000 abitanti, è necessario un campione di almeno 1.500 persone. Tuttavia i campioni utilizzati in linguistica, rispetto a quelli impiegati nelle scienze sociali, sono molto più ridotti, per diverse motivazioni. Soddisfare l’esigenza di campionamenti numericamente così ampi, come nel caso di nuclei superiori alle 150.000 unità, può ritenersi complessivamente fattibile qualora l’intervista comporti l’impiego e la compilazione di questionari agili, dove ad esempio le risposte sono fornite attraverso domande con risposte prestabilite e selezionabili attraverso crocette. Insorgono problemi nel caso il questionario risulti composto, in parte o in toto, da domande a risposta aperta e che preveda registrazioni audio di durata variabile, che costituiscono

27 la fonte e il metodo principale per la raccolta di dati sulla variazione linguistica nel contesto sociale (Schilling 2013: 32). Infatti, assieme alla valutazione delle tempistiche necessarie per la raccolta di tali dati da un campione numericamente piuttosto consistente, occorre valutare i tempi necessari per le trascrizioni e successivamente per le analisi. D’altronde occorre notare con Gordon (2005: 956) «[…] the difficulty of applying random sampling to this style of investigation which relies on relatively time consuming face-to-face interviews for data collection. It can be a significant challenge to find subjects willing to sit for an interview of 1–2 hours using strict random sampling; moreover, the analysis of the conversational data gathered in such interviews can take 10 times as long». Il problema è ben evidente nel lavoro di Shuy, Wolfram & Riley (1968), svolto nella città di Detroit. Le inchieste hanno portato alla realizzazione di 702 interviste attraverso l’impiego di undici ricercatori che le hanno concluse nell’arco di dieci settimane. L’obiettivo era di ottenere un corpus di dati sufficientemente rappresentativo. Ma la successiva fase, dedicata all’analisi, ha tenuto conto dei dati ottenuti da solo 60 informatori (Gordon 2005: 956) poiché l’esame dell’intero corpus, a un qualunque livello di profondità, si sarebbe rivelato eccessivamente impegnativo, anche considerando la tecnologia disponibile in quegli anni. Ugualmente la pioneristica indagine di Labov condotta a New York (Labov 1966) ha fatto effettivamente uso di dati raccolti da 81 parlanti mentre il campione originario si basava su 340 soggetti (Gordon 2005: 956). Otheguy & Zentella (2012), pur avendo completato, nell’arco di circa cinque anni di indagini, la realizzazione di un corpus di più di 300 interviste, per le indagini correlative hanno fatto uso di dati provenienti da soli 140 informatori. Una difficoltà affine, segnalata da Milroy & Gordon (2003), si rinviene nel lavoro di Houck (1968) condotto nel centro di Leeds dove attraverso una complessa procedura di campionamento sono stati individuati 115 informatori. Milroy & Gordon (2003: 19) osservano che «unfortunately […] Houck gave little indication in his published work of how the speech of his 115 subjects was handled; the intention seems to have been to set up a phonological system using minimal pairs elicited by means of sentence frames. Thus, although he succeeded in obtaining a large amount of representative data, he was unable to find a way of handling it. Houck’s work […] is suggestive of the tension between the need for accountable sampling procedures and the demands on the analyst’s time and energy of analyzing large amounts of linguistic data». È perciò chiaro che nella costruzione del campione, per quanto attiene la consistenza numerica, si impongono anche esigenze di tipo pratico: la tipologia di dati da raccogliere e le esigenze dell’analisi inducono a uno stretto controllo numerico del campione. Il campionamento random presenta anche altre criticità riguardanti principalmente strumenti e

28 modalità di reperimento dei parlanti (Romaine 1980; Milroy & Gordon 2003: 25-6; Buchstaller & Khattab 2013: 76 ss). La prassi di campionamento random più utilizzata prevede in genere l’impiego di liste già esistenti, come quelle elettorali o gli elenchi telefonici da cui, attraverso strumenti computazionali, vengono estratti in maniera casuale gli informatori. L’uso di tali strumenti presenta tuttavia diverse limitazioni: l’impiego degli elenchi telefonici ad esempio non permette l’inserimento dei nominativi delle persone, sempre più numerose, che possiedono solo i dispositivi mobili. Schilling (2013: 32) osserva inoltre che tipicamente sono gli individui di sesso femminile a rispondere al telefono e l’efficacia della selezione casuale effettuata attraverso colloqui telefonici risulta così compromessa, anche tenendo conto che attraverso tale metodologia è difficile contattare le fasce generazionali più giovani. I registri elettorali escludono invece tutte le persone che per questioni di età non possono ancora esprimere il loro voto, nonché quelli non registrati come ad esempio gli immigrati di recente arrivo. In alcuni casi lo studioso può non affrontare direttamente il problema della costruzione del campione grazie all’utilizzazione di un elenco già pronto che può essere perfezionato i modo da arginare o eliminare alcune distorsioni e ottenere un adeguato dimensionamento. Bailey & Bernstein (1989) ad esempio, hanno utilizzato un particolare metodo di selezione dei parlanti: oltre a un campione di 500 studenti delle scuole superiori provenienti da tutte le parti del Texas, si sono avvalsi delle indagini di un'agenzia di sondaggi a livello statale, ottenendo così dati da un ulteriore campione di 1.000 individui scelti a caso, con lo scopo di ottenere elementi per correlare dal punto di vista geografico e sociale i mutamenti fonologici indagati. Secondo Shilling (2013: 34) tale strategia ha permesso l’ottenimento di un’ampia rappresentazione della variazione sociale e linguistica grazie alla copertura di un'ampia area geografica e a un campione numericamente ingente. Il campionamento random presenta anche problemi che riguardano la collaborazione degli informatori e i metodi di sostituzione: occorre notare infatti che delle liste di informatori selezionati in maniera casuale sia attraverso liste elettorali, sia attraverso elenchi telefonici, non tutti i profili saranno e potranno essere intervistati. Cioò per una serie di motivazioni differenti: irreperibilità, indisposizioni di vario tipo, cambio di residenza, scarso o nullo interesse per la ricerca. Tutto ciò comporta necessariamente l’elaborazione di un metodo di sostituzione che non introduca elementi distorsivi nel campionamento. Lo scopo è quindi il reperimento di profili sostitutivi che abbiano le medesime caretteristiche di quelli non disponibili, in modo che si mantenga il grado di rappresentatività del campione originario (Milroy & Gordon 2003: 25). In generale ad esempio sono le persone di fasce di età elevata che si mostrano maggiormente collaborative verso l’inchiesta rispetto a quelle più giovani; queste ultime hanno meno tempo libero e spesso un minore interesse

29 per le tematiche linguistiche. Per questo è probabile che si presenti la necessità di sostituire numerosi informatori appartenenti alle fascia d’età più giovane ma, per non introdurre eccessivi sbilanciamenti, occorre farlo non con profili d’età elevata (Schilling 2013: 32). Allo stesso modo, in generale, le persone maggiormente interessate a partecipare a tale tipo di indagine sono quelle con un maggiore livello di scolarizzazione; all’inverso quelle prive o caratterizzantesi per un percorso di studi non approfondito e completo, rifiutano di prestarsi all’inchiesta. Anche il tal caso la procedura di sostituzione deve tener conto di tale aspetto, bilanciando la scelta degli informatori sostitutivi. Un altro notevole problema concerne l’inserimento di quelle categorie sociali che possono essere rilevanti dal punto di vista sociolinguistico. Ad esempio attraverso tale tipo di campionamento non vi sono le condizioni per stabilire se determinati segmenti della popolazione di grande interesse, come minoranze etniche o gruppi residenti presso comunità remote, siano rappresentati e se sì in quale misura. Secondo Sankoff (1988: 900) una comunità può essere costituita da gruppi, ognuno di entità numericamente variabile, che parlano una o più varietà linguistiche: il campionamento casuale può allora risultare ridondante nella documentazione di certi gruppi o, al contrario, risultare insufficente nella documentazione di altri.

3.3. Campionamenti di tipo jugdment I problemi che un campionamento strettamente random comporta fanno sì che la ricerca sociolinguistica contemporanea sia orientata maggiormente verso la realizzazione di campioni suddivisi per particolare gruppi sociali, numericamente 'gestibili', costruiti sulla base degli obiettivi dell'indagine socio-linguistica e strettamente calibrati in funzione della comunità indagata. La procedura di campionamento più frequente è detta judgment: un campione la cui struttura è basata sul giudizio dello studioso che lo progetta in funzione delle partizioni sociali ritenute maggiormente interessanti per quanto riguarda le correlazioni linguistiche, unitamente a una stima numerica che ne assicuri sia la praticità che la rappresentatività, sempre nella prospettiva sociolinguistica. All'interno di tale categoria ricadono procedure che prevedono la stratificazione del campione (stratified sample) sulla base di particolari categorie sociali, nonché il proporzionamento numerico di ognuna di queste (proportioned sample). Differentemente dalla procedura meccanica e automatica prevista nel campionamento random, il principio sottostante tale approccio è che sia necessario individuare in anticipo quale tipologia di parlanti tenere in considerazione sulla base del possibile interesse nella prospettiva della correlazione tra caratteristiche sociali e varianza linguistica, valutandone il numero per ogni categoria individuata. È necessario che la scelta abbia l'appoggio di solide considerazioni teoriche e che per questo sia possibile giustificarne la motivazione. Sankoff (1980) ritiene necessario seguire i

30 seguenti punti: 1) Definire, anche approssimativamente, i confini della comunità su cui si vuole concentrare l’indagine e calibrare il campionamento sulle caratteristiche di questa. 2) Valutare quali possano essere le categorie sociali maggiormente interessanti per quanto riguarda la dimensione della variabilità linguistica e le correlazioni sociali. Alcune possono essere individuate 'a tavolino', altre si possono palesare solo dopo che sono iniziati i rilevamenti sul campo o attraverso una preliminare indagine da 'osservatore partecipante' (Gordon 2005: 957; Stanford 2013: 26). 3) Valutare la consistenza numerica del campione, in modo da rispettare praticità e al contempo rappresentatività nella prospettiva sociolinguistica. Gordon (2005: 957) raccomanda di non fare cieco affidamento sulle categorizzazioni classiche della sociologia ma di tener conto, integrandole, anche di quelle specifiche che ogni comunità può avere e che per questo hanno stretta valenza locale. Otheguy & Zentella (2012: 26) sottolineano che nella stratificazione del campione non possono essere tenute in conto tutte le possibili caratteristiche degli intervistati ed è quindi necessario selezionare solo quelle variabili che possono essere coinvolte nella varianza della o delle caratteristiche strutturali sotto esame. L’importanza dei punti elencati è testimoniata da numerosi lavori che chiariscono preliminarmente, in relazione alla costruzione del campione, le ragioni che hanno dettato l’inclusione o l’esclusione di determinati gruppi sociali, nonché la loro entità numerica. Le scelte, in certi casi, si avvalgono di esperienze precedenti che permettono di intuire, in una popolazione, quali possano essere i segmenti rilevanti in vista della correlazione con la variabilità e con il mutamento linguistico (Rice 2010: 240; Meyerhoff & Schleef 2010: 7). Ad esempio l’indagine di Macaulay condotta a Glasgow (Macaulay 1977) ha previsto l’impiego di un campione di 54 parlanti ed è uno dei primi esempi di campione strutturato per categorie precedentemente stabilite sulla base del sesso, età e classe sociale, quest’ultima individuata principalmente sulla base della professione. L’indagine di 5 variabili fonologiche ha portato all’individuazione di interessanti correlazioni sociolinguistiche. Tale studio, secondo Milroy & Gordon (2003: 30) «shows that it is possible to make useful generalizations about linguistic variation in a city without becoming involved in the practical difficulties of combining strict random sampling with linguistic analysis». I dati sono stati tratti da un campione costituito da bambini di 10 e 15 anni d’età, provenienti da un contesto riferibile a 4 classi sociali, contattati attraverso scuole di Glasgow che meglio potevano prestarsi a rappresentare le differenti classi sociali individuate. Circa i punti deboli del campionamento e i criteri che ne hanno guidato la costruzione, Romaine (1980: 170) osserva che non è stato basato su criteri obiettivamente

31 specificabili ma sulla base della valutazione personale di un ispettore della Pubblica Istruzione che ha selezionato le scuole considerate idonee senza far uso di particolari indicatori sociologici e demografici. Anche gli studi di Romaine (1978) e Reid (1978) hanno per prima cosa individuato il segmento della comunità ritenuto interessante, costruendo in seguito il campione. Le indagini, condotte a Edimburgo, si sono focalizzate sulle varietà linguistiche di parlanti di classi di età non superiori ai 10 anni. Per contattare e intervistare i parlanti si è scelto di operare attraverso le scuole, selezionandole sulla base delle caratteristiche socio-demografiche della zona in cui si trovavano. Il progetto di Romaine si è focalizzato sulla varietà linguistica dei bambini con genitori appartenenti alla classe operaia e l’istituto scolastico di riferimento è stato scelto sulla base della zona della città che, sulla considerazione di indicatori sociologici e demografici quali qualità dell’alloggio, istruzione, occupazione e sanità (individuati sulla base dei dati del censimento compilato nel 1971), non raggiungeva valori elevati. Diversamente il progetto di Reid ha previsto la selezione di una scuola che nella graduatoria offerta dagli indicatori demografici citati occupava la parte alta, di una scuola che si situava della parte bassa e infine di una scuola privata. La scelta ha avuto lo scopo di rilevare eventuali pattern di variazione linguistica connessi alle diverse classi sociali. L’aspetto rimarchevole del metodo utilizzato nei due lavori è che il gruppo sociale selezionato risulta individuato con precisione e che la scelta dalle scuole su cui basare il campionamento si basa sull’impiego di criteri sociologici e demografici stabiliti chiaramente sulla base dei dati del censimento del 1971. Milroy & Gordon (2003: 27) evidenziano inoltre la necessità di individuare in via preliminare non solo determinate categorie di parlanti ritenute interessanti ai fini della ricerca ma anche l’effettiva possibilità di accedervi e di effettuare il campionamento. Un esempio è fornito dal Linguistic Minorities Project (1985), nato con lo scopo di descrivere e analizzare i modelli di mutamento nei contesti bilingui in diverse regioni dell’Inghilterra. Una parte, denominata Adult Language Use Survey, ha previsto l’impiego di intervistatori bilingui, utilizzando un campione di informatori adulti appartenenti a 11 diverse minoranze linguistiche di 3 città. Le interviste sono avvenute normalmente nella lingua madre degli informatori con lo scopo di fornire dati sulle competenze linguistiche, sugli aspetti degli usi linguistici in contesto casalingo e sugli atteggiamenti nei confronti dell’insegnamento della lingua di minoranza. Per lo svolgilmento concreto del progetto si presentava difficile individuare sia il luogo dove risultavano residenti i parlanti, nonché la loro entità numerica; come in molti altri paesi, poiché questi sono distribuiti all’interno della popolazione complessiva in modo non casuale sia dal punto di vista geografico che sociale, un campionamento random non si sarebbe rivelato efficace. Il campionamento non poteva avvenire

32 neppure esclusivamente attraverso le liste elettorali, né attraverso il national census (che nel passato non conteneva domande relative all’etnia). Per questo i ricercatori, per reperire i profili adatti per la costruzione del campione, hanno agito attraverso due strategie: con l’ausilio delle liste elettorali hanno cercato di individuare attraverso quali antroponimi si potesse definire l’etnia del soggetto; inoltre hanno utilizzato una lista di parlanti delle lingue di minoranza fornita dalle comunità stesse. Entrambi i metodi, seppure complessivamente interessanti, hanno tuttavia evidenziato alcuni punti deboli (Milroy & Gordon 2003: 27). Ad esempio non per tutte le comunità di minoranza sono disponibili le liste dei parlanti e per quanto riguarda l’individuazione dell’etnia sulla base del nome è stato osservato, in special modo nella comunità italiana dei centri di Coventry e Londra, che la maggior parte non figura nelle liste elettorali e che numerosi nomi italiani non sono automaticamente indicatori del fatto che chi li porta abbia tale origine. Come esempio per mostrare come le procedure di campionamento siano regolate non semplicemente dai quesiti della ricerca ma anche dalle caratteristiche della comunità studiata, possono essere citati due diversi progetti. Nei primi anni Novanta Wolfram, Hazen & Schilling- Estes (1999) vararono uno studio nel Nord Carolina con indagini nell’isola di Ocracoke. L’obiettivo era la descrizione della varietà maggiormente conservativa che si distingueva da quelle della terraferma per l’isolamento geografico. Oltre a ciò intendevano appurare eventuali fenomeni di mutamento dovuti ai cambiamenti demografici e economici che iniziarono a partire dalla metà del XX secolo, quando Okracoke si trasformò gradualmente da una comunità relativamente autosufficiente grazie ai proventi dell’attività marittima a un centro aperto al turismo. Per indagare il mutamento era necessario un campione di tipo judgment, con parlanti appartenenti a diverse fasce di età e al contempo, per rilevare le caratteristiche più conservative della varietà locale, un certo numero di informatori che avessero vissuto nell’isola sin dall’infanzia e le cui famiglie si fossero stabilite lì da alcune generazioni. Sebbene in diverse comunità del sud degli Stati Uniti la variabilità basata sull’etnia risulti pertinente, i ricercatori non hanno ritenuto opportuno costruire un campione bilanciato tra Bianchi e Afroamericani in quanto nella comunità dell’isola era presente una sola famiglia afroamericana insediata da lunga data (Wolfram, Hazen & Schilling-Estes 1999). Successivamente venne progettato uno studio presso la comunità rurale di Robeson County, nel North Carolina, composta prevalentemente da tre differenti etnie: Bianchi, Afroamericani e indiani Lumbee (Wolfram & Dannenberg 1999). Scopo dell’indagine era indagare il mutamento linguistico correlato alla graduale uscita di tale comunità dall’isolamento geografico che l’aveva caratterizzata, per via della paludosità del territorio, ma anche dal punto di vista socio-economico. Nel campione vennero per questo incluse diverse fasce di età, bilanciando la percentuale di maschi e femmine; ma

33 in aggiunta a ciò, poiché uno degli scopi era indagare anche la variabilità inter-etnica, il campione è stato costruito includendo e bilanciando le diverse componenti etniche che costituivano la popolazione della comunità. Secondo Tagliamonte (2006) il campione suddistinto per strata dovrebbe basarsi sulle variabili età, genere, classe sociale e grado di istruzione poiché queste sono risultate le categorie sociali maggiormente pertinenti in numerosi studi compiuti su larga scala. Sebbene il campionamento di parlanti basato su categorie demografiche ‘classiche’ e stabilite in precedenza sia utile e degno di interesse nella maggior parte dei casi, in alcune circostanze risultano maggiormente pertinenti categorie demografiche più particolareggiate che presso certe comunità si rivelano implicate nelle strutture di variabilità e mutamento e che per essere individuate necessitano uno studio preliminare. Presso molte comunità infatti sono altri i fattori che risultano pertinenti nella suddivisione della percezione o nella creazione di categorie sociali, con possibili correlazioni sulla variabilità linguistica: può trattarsi della parentela, della religione, delle caratteristiche della località di residenza. La decisione su quali gruppi possano essere sociolinguisticamente importanti e debbano per questo essere rappresentati nel campione a scapito di altri è il frutto sostanzialmente di due considerazioni. La prima scaturisce dagli scopi su cui l’indagine verte mentre la seconda è il risultato di un profondo studio che vede il rilevatore immerso come 'osservatore partecipante' nella comunità scelta al fine di individuare le partizioni sociali salienti. Gordon (2005: 959) rileva che «participant observers seek to become members of the communities they investigate in order to gain insight into local practices and norms. Traditionally associated with ethnography, participant observation is an approach that seems to be gaining in popularity among sociolinguists». Di norma i rilevatori svolgono per questo studi abbastanza estesi degli aspetti sociali della comunità prima di prendere decisioni circa il campionamento, apportando in molti casi modifiche anche nel corso delle indagini, in special modo quando vengono individuate partizioni sociali di importanza inaspettata. Johnstone (2004: 76) sottolinea l’importanza di indagare e approfondire gli aspetti aventi valenza locale per motivare e dare un apporto esplicativo in relazione a una particolare comunità; secondo Milroy & Gordon (2003: 31) «what what is important about the composition of these judgment samples is that they are defensible on the basis of specifiable sociological and demographic criteria». Eckert (2000: 69) infatti osserva che «rather than testing hypotheses against predetermined categories, ethnography is, among other things, a search for local categories. Thus while survey fieldwork focuses on filling in a sample, ethnographic fieldwork focuses on finding out what is worth sampling».

34 Un aspetto metodologico che concerne l’esigenza di impostare un'indagine preliminare in una certa comunità al fine di individuare gli aspetti sociali maggiormente pertinenti in vista della costruzione del campione, è desumibile dal lavoro di Otheguy & Zentella (2012: 28-9) che, lavorando sulle comunità ispanofone nella città di New York, hanno stratificato il campione anche sulla base della nazione di origine e della provenienza geografica degli informatori. La scelta ha precise motivazioni: in primo luogo gli studiosi rilevano che tale aspetto ha svolto un ruolo piuttosto rilevante come si evince dalla letteratura disponibile nell’ambito della dialettologia e sociolinguistica latino-americana. Il campione è stato bilanciato tenendo conto anche delle due principali regioni in cui tradizionalmente dialettologi e sociolinguisti suddividono il mondo ispanofono nell’America Latina: Caraibi e America Latina continentale. L'indagine di Zubair (2013) offre un buon esempio di come l’approfondimento conoscitivo riguardante la comunità che si intende studiare possa evidenziare gruppi sociali di particolare salienza di cui prima della ricerca non si sospettava l'esistenza e che per questo richiedono una rimodulazione del campione. Il progetto intendeva indagare, all’interno dell’ambiente studentesco universitario (Università di Peradeniya, Kandy, Sri Lanka), gli atteggiamenti verso il cingalese colloquiale e formale in confronto all’inglese. Il primo campione messo a punto comprendeva maggiorenni inglesi nella convinzione che questi potessero avere un buon grado di consapevolezza e opinioni sufficientemente chiare circa i rapporti tra le varietà linguistiche in oggetto. Tuttavia in questo modo si trascurava un'importante divisione degli studenti universitari che, localmente, sono ripartiti nei cosiddetti 'raggers' e 'anti-raggers'. I primi contrastano apertamente l’inglese e chi lo usa, appoggiando invece l’uso di un cingalese che si caratterizza per aspetti provenienti da diverse subvarietà. I secondi invece favoriscono e utilizzano la lingua inglese poiché la ritengono anche un’utile opportunità di crescita, nonché uno strumento per aprirsi al resto del mondo. Rilevata tale notevole dicotomia è risultato evidente che se fosse stato mantenuto il campione di partenza, in cui tutti i parlanti sarebbero stati ovviamente appartenenti alla fazione 'anti-raggers', sarebbe rimasto fuori dall’indagine il gruppo studentesco avverso e l’indagine finale avrebbe portato a risultati incompleti. Il campione venne per questo nuovamente strutturato. Complessivamente i vari studi esemplificati evidenziano che nello stabilire l’entità numerica del campione debbano essere tenute in conto considerazioni di tipo pratico, nonché un’attenta valutazione degli obiettivi dell’indagine e della specifica comunità su cui si conduce la ricerca, anche attraverso indagini preliminari interne.

35 3.4. Problemi della stratificazione del campione: la variabile classe sociale, genere ed età Si è visto che il campionamento di tipo judgment individua preliminarmente la tipologia e l’entità numerica delle partizioni sociali che possono essere più interessanti per una indagine sociolinguistica. Anche se in taluni casi è difficile identificare gli strati sociolinguisticamente significativi e risulta allora necessario dedicare una fase all’esame della comunità, in modo da individuarne le categorie socialmente e localmente pertinenti (cfr. Eckert, 2000; Schilling 2013: 45- 6), i principali segmenti sociali su cui ci si basa per la stratificazione del campione sono classe sociale, genere ed età, ognuno dei quali presenta tuttavia diversi aspetti problematici. Schilling (2013: 46) osserva che «researchers are realizing increasingly that people and their language patterns are much more than the sum of the various demographic and other social groups to which their belong. Speakers are creative individuals who continually enact and shape social groupings rather than simply reflecting them. Individuals also move between social groups whether throughout the course of their lives, in interactions with people with different group characteristics (e. g. in conversing with a White vs. African American speaker), or even in the course of a single conversation (e.g. I may more closely affiliate with my ethnic identity when talking about heritage and culture but more closely affiliate with my identity as a researcher when talking about science). Hence the very notion of stratifying a sample according to pre-existing group and individual identities but co-constitutive of them. Further, individual and group identities often have more to do with people’s internal senses of belonging than externally imposed categorizations and, in turn, it has been demonstrated since the earliest days of variation analysis that individual attitudes, orientations, and ideologies are really the driving forces behind language variation and change rather than group membership per se. Thus, we must take care to look within group memberships for factors that are truly causative rather than merely correlative». La metodologia più opportuna appare risiedere in una continua verifica tra partizioni di tipo 'classico' e partizioni a valenza locale, spesso specifiche e pertinenti a singole comunità che possono essere 'svelate' non sempre a tavolino ma grazie ad un lavoro preliminare alla costruzione del campione, che vede il rilevatore immerso nella comunità selezionata.

3.4.1. La classe sociale Una delle partizioni più critiche utilizzate nei campionamenti è la classe sociale. Mallinson (2007: 152) rileva che Erik Olin Wright nell’Encyclopedia of Social Theory (2003) e alla voce social class osserva che tale concetto è uno dei più contestati nella teoria sociologica. Il dibattito sulla definizione e sull’individuazione della classe socio-economica a cui appartengono i parlanti è stata ed è ancora un punto particolarmente dibattuto nell'analisi della variazione sociolinguistica. La

36 classe sociale appare di definizione sfuggente: da un lato le correlazioni con la variabilità linguistica sono state così spesso empiricamente dimostrate, assieme a una certa (apparente) chiarezza dei pattern di variazione, che in un dato studio l’inclusione della classe sociale non presenta particolari ostacoli e non dà adito a rilevanti perplessità. Dall’altro lato pur essendo noto che, normalmente, a 'classe sociale' è automaticamente connessa una sfumatura semantica relativa all’ineguaglianza economica e alle ricadute culturali di tale aspetto (Mallinson 2007), non vi è una solida sicurezza su come si possa elaborare un modello esplicativo del concetto. Ash (2002: 402) osserva che nonostante tale variabile sia universalmente utilizzata ed estremamente produttiva dal punto di vista sociolinguistico, mancano ancora accurate discussioni tese a capire realmente cosa si intenda per 'classe sociale'. Habib (2013: 29) sostiene che «while social variables are critical for any sociolinguistic study, their inclusion of exclusion as well as uncovering their meaning and significance can sometimes be challenging. For example, social class has been widely investigated in sociolinguistic studies, as it is one of the social variables that often play a significant role in the linguistic choices that speakers. However, is the application of social class grouping always necessary or possible? How can we tell whether we are grouping people accurately into specific social class?». Gran parte dei primi studi condotti in ambito urbano hanno dato particolare risalto al ruolo che la classe sociale avrebbe avuto come fattore di variazione e mutamento linguistico (Milroy & Gordon 2003: 33; Mallinson 2007), soprattutto sulla base di indagini risalenti degli anni Sessanta e Settanta (Rickford 1986b). Le relazioni tra la variazione linguistica e le maggiori categorie demografiche sono state esaminate soprattutto nei grandi centri urbani degli Stati Uniti e del Regno Unito, utilizzando indici socio-economici, sia semplici che compositi. Infatti tale concetto, almeno nelle società occidentali, è il risultato dell’incrocio tra posizione economica e status sociale, stabilito sulla base del reddito, lavoro svolto, livello di scolarizzazione, tipologia della zona di residenza. I primi approcci sociolinguistici allo studio della classe si sono legati profondamente agli indici socio-economici e solo in seguito sono stati sostituiti, almeno parzialmente, da distinzioni sociali pertinenti a livello locale. Diversi studi hanno fatto uso di indici semplici, cosiddetti in quanto hanno accordato ad un unico parametro la possibilità di definire la classe sociale di un individuo. Uno di questi è la posizione lavorativa, utilizzata da Chambers (1995) per l’elaborazione di appositi indici ampiamente utilizzati in molti settori della ricerca scientifica sociale e che consistono in «ordered rankings based on occupations that have been assigned by randomly sampled participants to reflect relative social standing» (Milroy & Gordon 2003: 42). Un particolare peso alla posizione lavorativa viene attribuito anche da Trudgill (1974) in uno studio condotto nella città di Norwich in cui la classe sociale di ogni locutore è definita, oltre che sulla base di occupation, father's

37 occupation, income, anche su altri aspetti quali education, type of housing, locality. Ognuno dei parametri è stato valutato in una scala da 0 a 5 e la loro combinazione, unitamente al punteggio, ha permesso la categorizzazione degli informatori in cinque classi sociali:

a) lower-working b) middle-working c) upper-working d) lower-middle e) middle-middle

Trudgill ritiene infatti che, sebbene sia possibile una certa mobilità economica, l’identità di classe e i comportamenti ad essa associati tendono a rimanere invariabili, osservando che «even the most affluent manual workers retain the values, ideas, behaviour patterns and general culture of the working class, and there has been little embourgeoisement of the British working class». La posizione di Macaulay (1977) è ancora più incentrata verso l’occupazione, poiché il suo studio condotto a Glasgow si basa unicamente su tale parametro. La scelta ha precise motivazioni: l’individuazione dell’occupazione risulta abbastanza agevole e costituisce un dato meno ‘sensibile’ rispetto al reddito su cui vi possono essere reticenze da parte dell’informatore; inoltre le scuole locali registrano la posizione lavorativa dei genitori degli studenti; Glasgow infine, almeno negli anni in cui venne condotta l’indagine, non presentava indagini demografiche che potessero essere utilizzate per l’elaborazione di indici compositi. Inoltre altri parametri quali il reddito e il livello di istruzione sarebbero strettamente correlati con l’occupazione. Anche lo studio di Horwath (1985) svolto nella città di Sidney impiega il solo parametro della posizione lavorativa per la definizione della classe sociale di ogni parlante. Attraverso le indagini di Congalton (1962; 1969), riguardanti la classificazione sociale su base occupazionale, la studiosa individua tre classi: Middle Class, Upper Working Class, Lower Working Class. A Parigi lo studio fonetico di Lennig (1978) si muove nella medesima direzione in quanto la tipologia lavorativa è il solo parametro utilizzato per l'individuazione delle classi sociali, le seguenti: Working Class, Lower Middle Class, Upper Middle Class. Ash (2002: 419) sottolinea infatti che «if social class is determined by a combination of features, the single indicator that accounts for by far the greatest portion of the variance is occupation». Tuttavia l’utilizzo di un parametro unico si presta a differenti obiezioni: l’occupazione può essere sì un elemento di notevole importanza, ma non l’unico. Ad esempio la considerazione del grado di istruzione si è dimostrata particolarmente ‘informativa’ circa la classe sociale, come è evidente sulla

38 base di diversi studi condotti in Medio Oriente (Milroy & Gordon 2003: 99). Discutibile è anche il maggior peso accordato al reddito: questo infatti non sempre presenta precise correlazioni con la posizione sociale e per questo, in certi casi, persone categorizzate nella medesima posizione economica hanno diversi status sociali. Così ad esempio Schilling (2013: 47) riporta l’esempio relativo al fatto che in alcune comunità americane un docente universitario e un idraulico specializzato possono avere il medesimo reddito; tuttavia al primo è assegnato uno status sociale più alto in quanto la sua occupazione è vista come maggiormente prestigiosa. In vista della possibilità che all’interno di una data comunità gli indicatori possano essere maggiormente precisi e funzionali se basati non su un unico ma sulla combinazione di più aspetti, ognuno dei quali diversamente ponderato a seconda dell’importanza relativa che assume, sono stati elaborati indici compositi. Già Labov (1966) individuò dieci distinzioni di classe sociale sulla base dell’assegnazione di un punteggio ad ogni parlante, grazie ad un indicatore composito che teneva conto, combinandoli, degli anni investiti nella formazione scolastica, della tipologia di lavoro di chi sosteneva la famiglia dal punto di vista economico, del reddito complessivo del nucleo familiare. Sulla base di questi ha individuato dieci classi che che vanno da «low-paid laborers with minimal education through to well educated professionals and business people» e che, per esigenze di analisi, sono state accorpate in quattro strati: lower class, working class, lower-middle class e upper-middle class. Il modello utilizzato da Labov seguiva strettamente il Mobilization for Youth Project, messo a punto nel 1961 che aveva l’obiettivo di monitorare e circoscrivere la delinquenza giovanile nella città di New York. L’unione dei tre parametri venne considerata di notevole utilità, sia nello studio condotto a New York, sia in quelli successivi svoltisi a Philadelphia. In tal modo infatti si potevano ottenere risultati più solidi rispetto all’impiego di un parametro unico, saggiando contemporaneamente molteplici dimensioni relative allo status socio-economico. L’indagine di Wolfram (1969) fece uso dell’Indice Socio-economico messo a punto da Duncan (1961); anche altri lavori quali Fasold (1972), Trudgill (1974) e Feagin (1979) hanno messo a frutto, dal punto di vista della ricerca sociolinguistica, il concetto di classe sociale attraverso tale strumento. Quello elaborato da Warner e al. (1949), almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America, prevede che la classe sociale si basi non tanto sulla disponibilità economica di ciascun individuo quanto su altri aspetti quali tipologia di impiego, di reddito, grado di istruzione, etnia e non sulla sola posizione lavorativa. Uno di questi è utilizzato da Haeri (1997) nel suo studio sul genere e sulla classe sociale svoltosi nella città de Il Cairo. La classe sociale è stata individuata sulla base dell’occupazione dei genitori, del grado di istruzione e occupazione dell’informatore, nonché della zona di residenza. Tuttavia a

39 ognuno di tali parametri è stato assegnato un peso differente, con una maggiore incidenza della posizione lavorativa dei genitori. Haeri ha individuato le seguenti classi: Lower Middle Class, Middle Middle Class, Upper Middle Class, Upper Class. Un indice composito ponderato sulla base della diversa importanza attribuita, in ordine, a occupazione, residenza e grado di istruzione è stato utilizzato anche da Shuy e al. (1968): ognuno degli informatori è stato assegnato a una determinata classe sociale sulla base di tre criteri, ciascuno diviso in 6 o 7 livelli: scolarizzazione, occupazione e zona residenziale. A ogni informatore, per ognuno dei tre criteri, è stato attribuito un livello il cui numero è stato moltiplicato per 5 in relazione alla scolarizzazione, per 9 in relazione all’occupazione e per 6 in relazione alla zona residenziale. Il risultato numerico è servito per individuare la classe sociale di ognuno dei profili inclusi nel campione: alla classe medio-alta sono stati attribuiti i parlanti con un punteggio 28-48; alla classe medio-bassa con un punteggio 49-77; alla upper working class con un punteggio 78-106; alla lower working class con un punteggio 107-134. Secondo Milroy & Gordon (2013: 43) l’arbitrarietà riguardante la diversa importanza relativa attribuita ad ogni indice è una conseguenza «of the very diffuse range of cultural and social phenomena […] encompassed in the popular notion of social class». Ash (2002: 412) ritiene che «there are many different ways to stratify a society, both in number of strata and in criteria for stratification. The researcher should try to employ an approach that has validity for the goal of the particular project and type of community. Most researchers, however, are not in a position to measure the validity of any approach […]. Reserchers typically formulate an index of social class, usually based on a combination of measures, which are likely to include both objective and subjective indices. The index is divided into larger categories, and correlations are calculated between the dependent variable and both the index, with its finer scale, and the larger categories, with its grosser scale». Anche per tali ragioni l’uso degli indici socio-economici, sia semplici che compositi, ha suscitato diverse perplessità (Wardhaugh 2010: 149 ss). Quello elaborato da Duncan (1961) ad esempio, prevede che l’occupazione dei membri di sesso maschile all’interno del nucleo familiare sia quella più importante. Mallinson (2007: 151) sottolinea inoltre che «the validity of such scales may also be confounded, due to the fact that women tend to have higher levels of education than men in the same occupation, while the reverse is true for earnings». Inoltre ci si è chiesti in quale misura l’indice dipenda dalle singole comunità. Ogni aspetto che contribuisce a costruire il concetto di classe sociale può avere un valore diverso da una comunità ad un’altra e una erronea applicazione che non tenga conto di ciò apre le porte alla possibilità che vengano descritte distinzioni sociali imprecise o del tutto erronee. Cannadine (1998) sottolinea la differenza che vi è tra i parlanti di Stati

40 Uniti e Gran Bretagna circa la coscienza che hanno del concetto di 'classe sociale'; nella descrizione di tali differenze Cannadine (1998: 187) osserva che «the prototypical classless society remains the United States of America. Undeniably there are great – and growing – inequalities of wealth and power. But these do not translate into corresponding inequalities of social prestige or social perceptions. Unlike the British, Americans do not conceive of their society hierarchically». Tutto ciò assume notevole importanza per gli studi variazionistici poiché «as language variation is associated with social categories only insofar as the categories identified by the researcher are meaningful to social actors» (Milroy & Gordon 2003: 41) Macaulay (1976: 185) osserva infatti che l’accuratezza nell’impiego locale della scala a più indici non può essere «taken for granted on the basis of precedents in totally unrelated situations». E d’altronde, come rileva Rickford (1986b: 216), la letteratura sociologica mostra che la scala elaborata da Warner è impiegata solo in via preliminare e come fase precedente all’indagine vera e propria. Per questo Rickford (1986b: 216) sottolinea che l’utilizzo indiscriminato su ogni comunità equivale a «to misuse it, and to leave oneself open to other problems, such as where to draw the lines between social groups». Grusky (2001: 21-2) osserva che «[despite] [t]he staying power of prestige and socioeconomic scales [t]his long run may nonetheless be coming to an end; indeed, while a widely supported alternative to socioeconomic scales has yet to appear, the socioeconomic tradition has been subjected to increasing criticism on various fronts». Milroy & Gordon (2003: 40) rilevano che «during the period when variationists were working to develop viable field procedures, measures of socioeconomic status were indeed seen as an obvious and practical way of getting a handle on socially constrained language variation. However, criticisms of the rather unreflecting use of the social class concept characteristic of early work have been advanced not only by variationists […] but by scholars in adjacent disciplines […]. In fact, the nature and definition of social class has for a long time been controversial in the social sciences, with different intellectual positions often reflecting opposing ideological commitments». Milroy (1980: 14; 174) sottolinea che il concetto di classe sociale si rivela forse eccessivamente astratto o etnocentrico e per questo la sua importanza nella sociolinguistica va necessariamente discussa. Mallinson (2007: 151-2) rileva una lacuna nell'elaborazione teorica alla spalle della concezione e della costruzione degli indici socio-economici. Gli aspetti relativi all’occupazione sono spesso concepiti come sinonimi di classe sociale ma non è stabilito se sia l’occupazione a determinare la classe o sia il contrario, né quali dinamiche avvengano da tale punto di vista. Non è chiaro in quale misura e attraverso quale modalità il livello di scolarizzazione e la posizione lavorativa determinino la posizione sociale. È da chiarire anche se la classe sia un concetto multidimensionale e se e quale

41 ruolo giochino i fattori di tipo soggettivo (atteggiamenti, stili di vita) così come altri quali etnia e genere. In molti casi infatti la classe sociale è stata analizzata in isolamento, senza la considerazione delle altre dimensioni dell’identità sociale come genere, etnia, età, località di residenza. Nichols (1984) opta infatti per l’esigenza, in molti casi, di tenere interrelate le variabili genere, etnia, network e classe sociale, senza dare più rilevanza ad una di queste a svantaggio delle altre. Sono stati tuttavia evidenziati anche problemi di altra tipologia. Alcuni concernono l’inserimento dei parlanti all'interno delle classi sociali individuate poiché è controverso decidere se inserirli individualmente o per nucleo familiare: in quest’ultimo caso infatti i membri che la compongono condividono il reddito e hanno differenti occupazioni. Vi sono anche membri privi di reddito che hanno costituito un problema per la categorizzazione sociale. Non a caso le prime osservazioni pertinenti a classe sociale, genere e variazione linguistica sono rese incerte dal fatto che le donne sono assegnate a classi sociali basate su parametri pertinenti al marito o al padre piuttosto che a caratteristiche individuali (Schilling 2013: 48). Nichols (1976) sottilinea che le donne senza lavoro sono state socialmente categorizzate sulla base della classificazione del padre o del marito poiché il focus dei primi modelli si è direzionato più verso la produzione che verso il consumo. Conseguentemente gli indici hanno marginalizzato gli individui privi di reddito. Risultano insufficientemente problematizzate anche le ragioni che dettano il posizionamento dei confini tra classi sulla base di elementi quali occupazione, reddito, livello di scolarizzazione, ecc. Inoltre non viene tenuta in debita considerazione la mobilità individuale: in generale infatti le indagini quantitative non curano dettagli quali il lasso di tempo in cui gli individui sono stati ascrivibili a una data classe sociale. Secondo Schilling (2013: 45) «it is difficult to decide whether to group someone of working-class roots by current professional standing into their social class of origin or a higher class». La stratificazione per classe si accompagna sempre, in diversa misura, alla mobilità poiché la posizione di un dato individuo all’interno di una certa classe sociale è un qualcosa che viene raggiunto e che quindi presuppone uno ‘spostamento’. La mobilità stessa tra classi presenta sostanziali differenze a seconda delle aree geografiche (Chambers 1995): negli Stati Uniti e in altri paesi del Nuovo Mondo, rispetto all’Europa, la mobilità è maggiore ed è per questo probabilmente considerata meno saliente dai parlanti. Più a monte è il concetto stesso di 'classe sociale' ad essere discusso: Bainbridge (1994: 4023) rileva che «while sociolinguistics without number have documented class-related variation in speech, hardly any of them asked themselves what social class was. They treated class as a key independent variable, with variations in speech dependent upon class variationist, yet they never considered the meaning of the indipendent variable. In consequence, they seldom attempted anything like a theory of why class should have an impact, and even more rarely examined their

42 measures of class to see if they were methodologically defensible». Rickford (2001: 220) rileva che «to adequately account for the quantitative distributions by social class that we observe in local surveys of language use, we need to turn to sociological and anthropological models of social stratification and life mode, but these are quite unfamiliar to the average sociolinguist». Ash (2002: 402) si concentra sui confini sfocati che presentano le classi sociali, osservando che «social class is a central concept in sociolinguistic research […] It is ironic, then, that social class is often defined in an ad hoc way in studies of linguistic variation and change […] and individuals are placed in a social hierarchy despite the lack of a consensus as to what concrete, quantifiable independent variables contribute to determining social class […] Thus, this variable is universally used and extremely productive, although linguists can lay little claim to understanding it». In alcuni casi infatti la considerazione della variabilità della classe sociale è stata tenuta in debito conto ma in maniera eccessivamente semplicistica e senza esplicitare su quali basi ed elementi avvenga la categorizzazione in tal senso dei parlanti. Ad esempio il lavoro di Akers (1981), condotto attraverso metodologie quantitative, distribuisce i dati linguistici tra parlanti appartenenti alla classe “bassa”, “media” e “alta”, senza però specificare attraverso quali elementi è stata basata tale classificazione. Rickford (1986b), Ash (2002), Mallinson (2007), Williams (1992) e Woolard (1985) sottolineano la necessità, nello studio della classe in sociolinguistica, di una più profonda integrazione degli aspetti teorici messi a punto dalle scienze sociali. Milroy & Milroy (1992: 2) osservano, in relazione all’impiego dei modelli tradizionali di indagine della classe, che «although many impressively consistent patterns of variation have emerged from urban sociolinguistic work, an adequate social framework within which to interpret the results is still lacking». Inoltre vi è il problema di coniugare i parametri interni alla comunità, sia individuali che collettivi, a confronto di quelli ‘esterni’. Sembra verosimile che le percezioni individuali guidino il parlante nel regolare la varietà linguistica sulla base di come il parlante ‘vede’ se stesso. Schilling (2013: 48) riporta l’esempio di un parlante dell’isola di Ocracoke, in North Carolina, che mostrava comportamenti linguistici che dimostravano che si considerava un isolano più simile al rozzo pescatore che simboleggia il tradizionale stile di vita locale piuttosto che il padrone di hotel scolarizzato e abbiente quale egli era. All’inverso, in molte comunità, le persone modellano il loro parlato verso il polo dello standard rispetto a quelle che dovrebbero essere previste dalla loro classe sociale. D’altronde si tratta di un aspetto ampiamente noto, tant’è che è stato sostenuto che la misura in cui lo standard è valutato nella vita quotidiana delle persone ricopre un ruolo molto più importante nel modellare i pattern di variazione e mutamento rispetto alla classe sociale a cui possono essere ascritti (Schilling 2013: 48). Gli approcci che sono andati oltre l’utilizzo degli indici socio-economici si sono basati

43 sull’impiego di concetti interdisciplinari quali linguistic market, life-modes e social networks, communities of practice, relational class, accordando maggiore importanza alle distinzioni sociali che presentano valenza locale. La differenza più sostanziale tra gli approcci che utilizzano indici socio-economici rispetto ai modelli elaborati nelle fasi successive è che i primi costruiscono categorie determinate dal ricercatore che possono non rappresentano categorie sociali riconosciute e pertinenti localmente. Queste, pur avendo un valore dal punto di vista del metodo, non possiedono un potere esplicativo profondo (Milroy 1980: 14). Il relazione all’indagine svolta da Macaulay (1977) che assegna all’occupazione il ruolo più importante nell’individuazione della classe, Rickford (1986b) sottolinea che un indice o una scala multifattoriale non può cogliere gli aspetti socio-economici che hanno maggiore rilevanza o altri tipi di status pertinenti e variabili a seconda delle regioni e presso le singole comunità. La variabilità linguistica all’interno di una comunità è dovuta anche alla diversa marcatura che scaturisce dalle identità sociali localmente salienti e gli indici falliscono nell’indagine delle differenze ideologiche. Wardhaugh (2010: 154) osserva che il maggior problema che si incontra quando si parla di classe è che lo spazio sociale è multi-dimensionale mentre il sistema di classificazione tradizionale è mono-dimensionale. Ogni individuo colloca se stesso all’interno di un particolare spazio sociale, in ragione di fattori che ritiene rilevanti in quel dato momento. Ad esempio, un individuo può momentaneamente sentire ed esplicare la propria appartenenza alla classe medio-alta ma poco dopo potrebbe, in relazione a un mutato contesto, sentire come più pertinente esplicare, ad esempio, la propria femminilità o la propria appartenenza a un dato gruppo etnico. Plasmare e dare alternativamente maggior peso ai diversi aspetti che concorrono a formare l’identità risulta più importante rispetto alla semplice appartenenza a una classe sociale. Questa è la ragione per cui spesso il concetto di social network o di communities of practice appare, per molti studiosi, più utile. La nozione di linguistic market, tratta e adattata da Bourdieu & Boltanski (1975), venne proposta da Sankoff & Laberge (1978) come soluzione per superare i problemi connessi al concetto di 'classe sociale' emersi durante un'indagine presso la comunità francofona di Montreal. Gli studiosi hanno elaborato «an index which measures specifically how speakers' economic activity, taken in its widest sense, requires or is necessarily associated with, competence in the legitimized language (or standard, elite, educated, etc., language» (Sankoff & Laberge 1978: 239). Lo scopo è stato quello di 'incasellare' i parlanti sulla base della loro posizione nella società e con una specifica ottica verso le ripercussioni linguistiche di tale posizione. Gli studiosi partono dalla considerazione che la suddivisione dei parlanti sulla base della posizione in una gerarchia che si basa sui beni economici trascura il fatto che le differenti posizioni comportano anche diverse esigenze

44 linguistiche. Quindi la variabilità linguistica nella società dipende anche dalla misura in cui l'attività economica di un individuo, vale a dire la sua occupazione, richiede la conoscenza della varietà standard. Ad esempio, una segretaria che lavora in una azienda prestigiosa, pur non essendo classificabile all’interno della classe medio-alta per i parametri riguardanti redditto, livello di scolarizzazione, zona di residenza, utilizzerà forme tendenti allo stardard durante le interazioni con i clienti: tali forme si prestano in maniera più opportuna a rappresentare degnamente l’azienda. Per tale ragione andrebbe misurato l’impiego delle forme considerate standard rispetto alla necessità dell’uso di tali forme da parte del parlante. La conoscenza delle varietà considerate standard costituisce un capitale simbolico che consente, all'occorrenza, l'accesso alla possibilità di ottenere privilegi e opportunità. Per questo, secondo Deumert (2004: 71), «languages (and language varieties) are always located on particular linguistic markets, and these markets accord them a certain 'value'. Linguistic markets resemble economic markets in that their structure is under no one's deliberate control, but is the cumulative outcome of the activities of its participants. […] The structures of social and political power and authority in a society shape the interactions on the linguistic market; that is, the value of language varieties and variants depends primarily on the power and authority of the groups they index». Eckert & McConnell-Ginet (1999) utilizzano tale approccio per spiegare i risultati dello studio di Labov (1990) condotto a Philadelphia. Si è rilevato infatti che tra gli unskilled workers, le donne registrano un maggiore impiego di forme non stardard rispetto agli uomini. Invece, tra i professionals, sono le donne che registrano un impiego più moderato di forme non-standard. Risultati affini sono stati rilevati anche in Eckert (1989b, 2000) sulla base di dati raccolti a Detroit in contesto scolastico che la portano a concludere che «such data suggest an extension of the generalization that women have to do much more than men simply to maintain their place in the standard language market […] women may have to use linguistic extremes in order to solidify their place, wherever it may be» (2000: 195-6). Gli approcci basati sui concetti di life-modes e social networks sono anch’essi alternativi ai primi modelli esplicativi basati sugli indici socio-economici. Milroy & Milroy (1992) sostengono che un modello adeguato all’indagine della variazione sociolinguistica dovrebbe collegare la classe sociale con altre informazioni quali la densità e la multiplexity dei social network, intendendo con multiplexity la presenza di legami diversi, sia per numero che per tipologia, che si interconnettono tra loro. Da tale punto di vista il cosiddetto curvilinear pattern (Labov 1966: 147), che descrive una più alta percentuale di caratteristiche non-standard presso la classe operaia e quella medio-bassa rispetto a quella bassa, medio-alta e alta (Dodsworth 2011: 196), viene spiegato sulla base della struttura del network: il mutamento linguistico non partirebbe da tali ultime parzioni sociali in

45 quanto queste possiedono un network caratterizzato da legami più densi e maggiormente interrelati che soffocherebbero i processi innovativi. La direzione da seguire sulla base delle correlazioni tra network e classe sociale, secondo Milroy & Milroy (1992: 16), «suggest a route for constructing a two-level sociolinguistic theory, linking small-scale structures such as networks, in which individuals are embedded and act purposively in their daily lives, with larger scale and more abstract social structures (classes) that determine relationships of power at the institutional level». Attraverso tale prospettiva si individua quindi un livello di struttura sociale le cui dinamiche sono significative per quanto riguarda mutamento e varianza linguistica, mentre a un livello ‘astratto’ trovano posto le classi sociali che non sarebbero direttamente implicate nelle scelte linguistiche. Milroy & Milroy (1992) sostengono inoltre che la classe sociale e il concetto di network possano legarsi attraverso la nozione di life-modes elaborata da Højrup (1983). Højrup individua tre diversi life-modes validi per l’Europa occidentale la cui natura si basa sulla struttura macro-economica (Dodsworth 2011: 201):

1) life-mode 1 describes those self employed in family businesses, where strong and multiplex network ties are essential to economic success. 2) Life-mode 2 is that of unskilled or low-skilled wage earners – the working or lower middle class, using traditional terms, where economic insecurity breeds class solidarity and, by extension, dense and multiplex networks. 3) People occupying life mode 3 are highly skilled wage earners, likely to have some managerial functions and possess considerable career ambition; their individualism and geographic mobility result in loose-knit networks that do not impede linguistic change.

Dodsworth (2011: 201) inoltre osserva che «this approach moves beyond previous class models in sociolinguistics by, first, positing two distinct social levels at which something like “class” operates, and second, offering specific empirical methods for identifying class membership at the individual level. Nevertheless, it is not a complete model – nor do the Milroys claim it is – because it leaves class at the aggregate level underspecified. Højrup’s three life-modes link network type to economic facts, but the Milroys make few claims about the nature of what they call “abstract social structures (classes) that determine relationships of power at the institutional level”. Further, the modeling of class with respect to network types has not advanced in sociolinguistics because very few subsequent studies have provided quantitative network data». Parte degli approfondimenti derivati dagli studi relativi al social network hanno fatto uso e si sono combinati con la nozione di linguistic market attraverso l’approccio denominato community

46 of practice (Eckert 2000), la cui nozione è stata sviluppata da Jean Lave ed Etienne Wenger (Lave & Wenger 1991; Wenger 1998). Con community of practice si intende un insieme di persone i cui interessi, con una certa continuità, vertono all’ottenimento di un obiettivo comune. La costituzione di tali gruppi costituisce quindi la risposta ad un interesse o ad una posizione condivisa che funge da nucleo attorno a cui si consolida la partecipazione dei suoi membri, nonché l’orientamento verso il mondo che li circonda. Secondo Milroy (1980) è necessario definire la comunità in un senso stretto e tecnico, come un gruppo coeso in cui ogni membro si caratterizza per un forte senso di appartenenza e che è radicato a livello locale. L’interesse che riveste tale nozione dal punto di vista della sociolinguistica è che i gruppi sociali vengono identificati non sulla base di caratteristiche astratte condivise (come ad esempio la classe sociale) o sulla base della zona di residenza e/o del tipo di lavoro ma sulla base di consuetudini condivise. Eckert (2006) osserva che «what makes a community of practice different from just any group of speakers (e.g. a bunch of kids found hanging out on the street, or a group of undergraduates assembled for an experiment) is not the selection of the speakers so much as the nature of the accountability for this selection. While every community of practice offers a window on the world, the value of this approach relies on the analyst’s ability to seek out communities of practice that are particularly salient to the sociolinguistic question being addressed. It is this selection that makes the difference between particularism and a close-up study with far-reaching significance». L'interesse di tale impostazione è testimoniata da numerosi studi che si sono concentrati su comunità o sub-comunità numericamente ridotte - incluse all'interno di comunità più ampie - ma coese e a valenza locale. Ash (2002: 414) rileva come tali studi siano per questo molto diversi rispetto alle indagini che comprendono intere aree urbane. Un esempio è Rickford (1986a): la ricerca svoltasi nel villaggio che, attraverso uno pseudonimo, è denominato Cane Walk, in Guyana, ha per prima cosa reso evidente l'inutilità dell'impiego della partizioni in classi sociali secondo i parametri delle società occidentali industrializzate. Rickford ha infatti appurato che i membri della comunità di Cane Walk potevano essere suddistinti in due gruppi ‘Estate Class’ e ‘Non-Estate Class’, in parte sulla base di aspetti riguardanti la lavorazione dell'estrazione dello zucchero. I primi sono prevalentemente tagliatori di canna da zucchero, puliscono il fusto e svolgono altre attività nei campi a ridosso del villaggio. I secondi svolgono lavori di supervisione dell'attività agricola ma la maggior parte hanno dei negozi, sono imprenditori o impiegati e lavorano sia presso il villaggio ma anche presso la città di Georgtown. Lo studio di Eckert (1989b) condotto in una scuola di Detroit, ha esaminato due community of practice tra gli studenti, denominate jocks e burnouts: la prima è generalmente associata alla classe

47 media, la seconda a quella operaia; in generale la prima, in opposizione alla seconda, valuta positivamente le attività scolastiche, accordando grande importanza al successo negli studi. Sebbene vi sia una correlazione tra tali due community of practice e lo status socio-economico dei genitori, in particolare l’indice socio-economico composito del padre definito da istruzione, occupazione, valore e tipologia della casa, vi sono alcuni aspetti che risultano correlati ad altri fattori. Di sette variabili analizzate, Eckert rileva infatti che solo alcune sono connesse agli indicatori socio- economici dei genitori. In particolare i mutamenti più recenti, in corso di sviluppo in quanto insorti nel centro urbano e in espansione verso le zone suburbane, sono alcuni mutamenti vocalici pertinenti al cosiddetto Northern Cities Chain Shift (Eckert 1988). Questi sono risultati correlati esclusivamente con l’identità jocks/burnouts e non con l’indice socio-economico dei rispettivi genitori, né con il genere (Dodsworth 2011: 202). Le occorrenze più frequenti di tali mutamenti sono registrate presso i jocks poiché utilizzandolo intendono appoggiare e ribadire le varianti urbane che si caratterizzano appunto per tale caratteristica articolatoria: «in doing so, they simbolically reproduce the supralocal category of ‘working class’» (Dodsworth 2011: 202). L’aspetto più interessante dell'approccio è che tali variabili linguistiche, in espansione e dal notevole contenuto simbolico, si legano solo indirettamente ai tradizionali indici socio-economici. Infatti, benché le due communities of practice esaminate siano legate simbolicamente alla classe media e a quella operaia, i pattern di variazione risultano congiunti alle identità locali pertinenti all’ambiente scolastico e non a categorie macro-sociali. La variazione linguistica appare quindi «[as] an element in the symbolic construction of class sensitive local identities» (Dodsworth 2011: 202). Interessanti osservazioni sono state portate avanti anche da studiosi che hanno condotto indagini presso comunità al di fuori dei nuclei urbani e in contesti ‘non occidentali’. Studi quali Rickford (1986b), Nichols (1983), Dayton (1996), Lane (1999), Fought (2002) hanno evidenziato la possibilità che la ricerca e gli sforzi indirizzati all’ ‘incasellamento’ dei parlanti all’interno delle classi sociali oscuri altri processi, sempre di tipo sociale, correlati alla variazione e al mutamento linguistico; l’ipotesi è che altri fattori di tipo contestuale quali località di residenza, età, etnia e genere abbiano maggiore importanza rispetto alle differenze di classe. D’altronde vi sono casi in cui il concetto, almeno ai fini linguistici, appare difficilmente utilizzabile. Lo studio già brevemente descritto condotto da Rickford (1986a) nella comunità di Cane Walk, in Guyana, evidenzia che il tentativo di applicarlo dà risultati insoddisfacenti, in quanto «the major linguistically and ethnographically relevant social distinction in Cane Walk is a binary one, between the estate class, consisting of field workers on the sugar estate, and a heterogeneous non-estate class, consisting of foreman, drivers, shopowners, skilled tradesmen and others». Anche l'indagine di Mendoza-Denton (2008), riguardante le interazioni quotidiane delle giovani

48 ragazze affiliate alle gangs di El Norte (il Nord) e El Sur (il Sud), condotto attraverso indagini sul campo in una scuola, mostra che l’utilizzo della classe sociale non si rivela particolarmente significativo. Lo studio, tracciando le differenze tra i due gruppi, sottolinea l’importanza ideologica di determinati aspetti quali i colori del vestiario (rosso vs blu), lingua (inglese vs spagnolo), musica, acconciatura dei capelli, trucco. È risultato evidente che la distinzione sociale più rilevante non risiede nella classe sociale ma nell’appartenza a differenti gangs. L’indagine della variazione sociolinguistica all’interno delle gangs femminili si è focalizzata soprattutto sull’innalzamento della vocale [] e sul rafforzamento delle fricative, esponendo in quale modo l’uso di certe forme linguistiche sia uno degli strumenti di distinzione che le ragazze affiliate alle gangs (e non) utilizzano. L’indagine ha considerato un corpus di circa 1800 occorrenze di [ɪ] da venti parlanti provenienti da sei diversi gruppi: Norteñas, Norteña Wannabe’s, Disco Girls, Jocks, Sureña Wannabe’s e Sureñas. È risultato che è il gruppo sociale l’elemento maggiormente predittivo nella regolazione del fenomeno vocalico in oggetto. Le occorrenze più frequenti dell’innalzamento vocalico caratterizzano le ragazze che sono membri effettivi di gangs o che sono a queste affiliate, cioè Norteñas e Sureñas. Gli altri gruppi sociali, Norteña Wannabe’s, Disco Girls, Jocks, Sureña Wannabe’s ne registrano invece occorrenze molto meno frequenti. Mendoza-Denton ipotizza che l’innalzamento vocalico abbia valenza simbolica per entrambe le gangs, marcando la comune origine Latina dei membri che le compongono, anche se ogni gang ne rifunzionalizza il ruolo: per le

Norteñas, che prevalentemente impiegano l’inglese, l’innalzamento di [] simboleggia un'identità biculturale e moderna; per le Sureñas, la cui lingua principalmente usata è lo spagnolo, il tratto fonetico simboleggia un'identità Latina fedele al Messico e al contempo restia all’assimilazione americana. Secondo Dodsworth (2011: 205) le direzioni che sarà necessario seguire nello studio delle correlazioni tra lingua e classe sociale sono due: una riguarda la discussione di alcune questioni basiche di tipo empirico, messe in campo nei primi lavori sull’argomento; l’altra prevede una considerazione più ampia sulle modalità attraverso cui le classi si manifestano nelle identità locali e regionali. Per quanto riguarda il primo aspetto ad esempio, si è già osservato che Trudgill (1974) e Macaulay (1977) sostengono che l’indicatore singolo più interessante per lo studio della classe sociale sia la posizione lavorativa. L'importanza della posizione lavorativa si intuisice anche attraverso gli studi che hanno accordato maggiore efficacia all’impiego degli indici compositi in quanto questa appare il parametro più importante. Tuttavia Ash (2002: 419) sottolinea i problemi

49 dell'applicabilità interculturale dell'importanza della posizione lavorativa, in generale trascurato dagli studiosi. Oltre a ciò occorre problematizzare come nel tempo possa mutare la percezione dell'importanza e del prestigio di determinati lavori a discapito di altri; la conseguenza di tale stato di cose è che sono numericamente piuttosto esigui gli studi che hanno utilizzato indicatori di tipo singolo e non vi è la possibilità di stabilire comparazioni tra tali indicatori. L’aspetto più interessante della possibilità di stabilirne sarebbe non tanto quello di dimostrare il maggior peso della posizione lavorativa nelle correlazioni linguistiche, assieme alla variabilità dei risultati in dipendenza delle singole comunità, quanto «the individual patterns themselves; precisely because the different indicators measure distinct aspects of class identity, as Labov observed, they each have something different to teach us about linguisti variation. Close attention to the results for each separate indicator, for a single set of linguistic data, could promote a more nuanced definition of class for sociolinguistics» (Dodsworth 2011: 205). Un altro aspetto di natura empirica scarsamente problematizzato riguarda i rapporti tra gli indicatori socio-economici e le strutture relative ai network. La maggior parte degli studi che si basano e utilizzano la nozione di network e communities of practice considerano la classe come avente sì relazioni con questi concetti, ma al contempo la tengono separata. Dodsworth ritiene che quantunque non risulti necessario né raccomandabile mescolare i concetti di network e classe, sia necessario presupporre, in considerazione delle relazioni che questi intrattengono e dei correlati linguistici che comportano, che queste intrattengano rapporti maggiormente complessi rispetto a quanto si ritiene correntemente. Invece per quanto attiene il secondo aspetto è possibile intraprendere una nuova prospettiva che Dodsworth (2011: 205) così espone: «the intricate and often noisy linguistic patterns resulting from the construction of these hybrid economic/non-economic class categories point to the need for a more intersectional, relational view of social space altogether. Few current sociolinguisticts would deny that the separate but interacting independent variables of class, gender, age, ethnicity, ect., are a collective, statistically-convenient approximation of a more complex social space. Emerging and future approaches to class are likely to reject this approximation by not looking for ‘class’ per se but rather for the nebulous identities, such as ‘porch sitter’, that provide both robust empirical linguistic patterns and satisfying sociocultural explanations. Under an extreme – but perhaps productive – version of this approach, identifyng social class boundaries would no longer be a goal indipendent of identifyng other types of social boundaries. This holistic approach would not devalue the kinds of more traditional empirical questions that began this section. With the two agendas combined, and assisted by the continued incorporation of cross-disciplinary theory and methods, the sociolinguistic study of class may yet encounter new questions altogether».

50 Ash (2002: 420), attraverso una prospettiva affine, ritiene sia opportuno che il rilevatore debba approfondire con particolare cura, vivendola dall'interno, la comunità che deve indagare in modo da individuare norme, consuetudini, valori ed altri aspetti di natura sociale.

3.4.2. Il genere La ricerca sociolinguistica riguardante la variabile ‘sesso’ e ‘genere’ è iniziata negli anni Settanta, focalizzandosi nell’indagine di due aspetti: il primo riguarda il comportamento linguistico degli uomini e delle donne in relazione ad aspetti di tipo fonologico; il secondo il comportamento linguistico e lo stile conversazionale degli uomini e delle donne nel contesto delle dinamiche discorsive (Wodak & Benke 1997: 128). Le indagini riguardanti le correlazioni tra lingua e genere, condotte da oltre 40 anni, hanno portato ad una imponente bibliografia tra cui studi introduttivi importanti (Eckert & McConnell- Ginet 2003) e una rivista specificatamente dedicata all’argomento (Gender and Language), nata nel 2007. Gli studi che nel corso del tempo si sono susseguiti hanno evidenziato mutate questioni e problemi, metodi e proposte esplicative con uno sviluppo, come osserva Pavlidou (2011: 412), che ha seguito un percorso parallelo ai mutati approcci teorici che hanno preso in esame l’argomento. Il concetto di ‘genere’ è ritenuto un costrutto di tipo sociale (Wardhaugh 2010: 333), spesso confuso e convergente con quello di ‘sesso’: il primo si riferisce infatti alla dimensione socio- culturale degli individui di sesso maschile e femminile, con differenze di tipo psicologico, sociale e culturale; il secondo è invece inteso come un attributo di tipo biologico, quindi un determinante che denota differenze di tipo anatomico o fisiologico (Milroy & Gordon 2003: 100; Coates 1986; Andrew 2012: 35). Il sociologo Giddens definisce infatti il ‘sesso’ come «biological or anatomical differences between men and women» mentre il ‘genere’ «concerns the psychological, social and cultural differences between males and females» (Giddens 2006: 158). Secondo Cameron (2006: 724) «sex is a word used in connection with the biological characteristics that mark humans and other animals as either male or female, whereas gender refers to the cultural traits and behaviors deemed appropriate for men or women by a particular society». Secondo Cheshire (2002: 423) «the term “sex” has often been used to refer to the physiological distinction between females and males, with “gender” referring to the social and cultural elaboration of the sex difference – a process that restricts our social roles, opportunities, and expectations. Since the process begins at birth, it could be argued that “gender” is the more appropriate term to use for the category than “sex”». Nella letteratura variazionistica è frequente l’uso di entrambi gli appellativi, in molti casi utilizzati come sinonimi, in altri usati invece per distinguere le caratteristiche biologiche dagli

51 aspetti di tipo sociale. In Cheshire (2002) ad esempio, è utilizzato 'sex' in riferimento alla semplice distinzione dei parlanti in maschi/uomini e femmine/donne e 'gender' quando sono trattati gli aspetti sociali e culturali correlati al concetto di 'sex'. In sostanza, essendo frequente e invalso l’uso dell’appellativo 'sesso' in relazione al lavoro di stratificazione del campione, è bene intendere il 'genere' come una categoria sociale utilizzata quando si vuole interpretare il significato sociale della variabilità legata al sesso o come la distinzione socialmente costruita sulla base del sesso (Coates 1986). In generale nella ricerca sociolinguistica i concetti di 'sesso' e di 'genere' sono stati trattati come categorie binarie: Cheshire (2002: 424) sottolinea che «gender differences need not map directly onto the physiological sex differences […] but in practice our social lives are organized around the physiological dichotomy to such an extent that a cultural connection has been forget between sex and virtually every other aspect of human experience». Per questo una conseguenza della stretta identificazione e confusione tra 'genere' e 'sesso' è che il primo è spesso concepito come una variabile binaria quando invece è più opportunamente analizzabile come un continuum dove i parlanti occupano diverse posizioni sulla base di elementi dettati dall’autopercezione e/o dalla percezione esterna. Inoltre poiché generalmente le informazioni sul sesso di un parlante sono facilmente e immediatamente ottenibili, tale categoria biologica è stata convenzionalmente utilizzata in sociolinguistica in luogo della più complessa e sfaccettata categoria di ‘genere’. Tuttavia è opportuno rilevare come non sia sempre facile tenere separati in maniera chiara “sesso” e “genere”; secondo Cheshire (2002: 424) ciò avviene «especially when discussing studies that were designed with a gross categorization of individuals by their sex but that are then interpreted in terms of the lifestyles of women and men, or the interaction of sex with other social factors – which means, of course, that the focus has shifted to gender». Cheshire (2002: 424) parte dalla constatazione che la distinzione binaria “uomo/maschio- donna/femmina” è un fondamentale principio di categorizzazione in tutte le società; per questo ci si aspetta che tale distinzione presenti correlazioni dal punto di vista della variabilità sociale e stilistica, apportando così «a valid argument for continuing to analyze the speech of males on the one hand and females on the other hand». Wodak & Benke (1997: 129) osservano come non sia particolarmente utile «to assume that there is just one set of traits that characterize men in general and thus define masculinity; or likewise, that there is one set of traits for women, which define femininity». Secondo Eckert (2012) il 'genere' è «[…] not a simple independent variable, but […] the significance of gender for variation has to do with how gender structures people’s lives at different places in society» mentre Andrew (2012: 35) sottolinea che «femininity and masculinity are not

52 seen as polar opposites, but rather a separate dimensions existing in the same person. Nor is there a single set of traits that epitomize masculinity or femininity; they are not monolithic costructs». Per tale ragione numerosi ricercatori, consci della circostanza per cui gli studi che utilizzano categorie stabilite a priori non riescono ad entrare in profondità nei fenomeni sociolinguistici, hanno portato avanti indagini sui riflessi dell’identità di genere attraverso l’osservazione di come questa risulta costruita nelle interazioni sociali e come si lega e si interconnette con altre identità del parlante. Secondo Cheshire (2002: 425) «we need to investigate the everyday language use of individual women and men in the local communities where the social construction of gender and other identities takes place». Butler (1990) propone che la costruzione dell’identità di genere si possa configurare come una performance, esplicandosi attraverso la ripetizione di atti che risultano associati a norme culturali codificate relative alla mascolinity e alla femininity. Wodak & Benke (1997: 129) sottolineano come sia più opportuno parlare non di 'genere' ma di 'generi' poiché «it means to be a woman or to be a man changes from one generation to the next and is different for different racial, ethnic, and religious groups, as well as for members of different social classes». Le categorie di genere sono per questo intese come costrutti sociali che variano consistentemente a seconda del contesto sociale in cui gli uomini e le donne si trovano, in ragione quindi del sesso dell’interlocutore e del rapporto più o meno confidenziale, della situazione più o meno formale, della tipologia di interazione, ecc. (Cameron 1999). Il ‘genere’ è considerato per questo una componente chiave dell’identità (Wardhaugh 2010: 334). Wodak & Benker (1997: 129) sottolineano un ulteriore aspetto: la negoziazione del ‘genere’ durante le interazioni, partendo dalla constatazione che gli studi incentrati sul genere hanno portato a risultati spesso contraddittori, in dipendenza dagli assunti teorici propri di ogni autore, dalla metodologia impiegata, dai campioni utilizzati. Inoltre le evidenze linguistiche correlate al genere sono state descritte, in numerosi lavori, presso comunità numericamente ridotte e varietà linguistiche ‘esotiche’ dove sono apparse maggiormente evidenti e degne per questo di essere descritte. Haas (1944), lavorando sulla lingua Koasati, rilevò la presenza di forme verbali il cui uso dipendeva dal sesso dell’informatore. La varietà linguistica utilizzata dalle donne risultava maggiormente ricca di aspetti arcaici rispetto a quella degli uomini; il sesso del parlante regolava anche la presenza di determinati suffissi verbali. Considerazioni simili riguardanti altre lingue del Nord-America sono riportate da Sapir (1929), ad esempio per quanto riguarda la varietà Yana. Dixon (1972) riporta il caso del Dyirbal, lingua parlata nel Queensland, in Australia, che possiede (possedeva) rilevanti differenze legate al genere. Accanto ad una varietà propria della quotidianità

53 utilizzata dagli uomini e dalle donne, Dixon documenta la presenza di una varietà caratterizzata dalla medesima fonologia e grammatica ma da rilevanti differenze lessicali. Quest’ultima viene utilizzata dagli uomini in presenza della suocera o dalle donne in presenza del suocero. Anche un’altra lingua parlata in australia, il Yanyuwa, presenta varietà che si diversificano in ragione del sesso dei parlanti con differenze grammaticali sulle marche prefissali che veicolano le differenti classi nei nomi, verbi e pronomi (Bradley 1998). La stretta correlazione tra variabilità della struttura grammaticale e sesso è stata spiegata sulla base del fatto che la lingua, ricoprendo anche la funzione di ‘specchio’ sociale rifletteva su di essa frazionamenti sociali che nella comunità interessata erano di particolare pertinenza. La presenza e il diverso impiego di tali forme potevano essere anche spiegate come conseguenza del fatto che i parlanti erano consci che le donne e gli uomini appartenevano a differenti categorie del genere umano (Furfey 1944: 222). I lavori più recenti concernenti i rapporti tra lingua e genere hanno visto invece come contesto di ricerca, almeno nel mondo occidentale, prevalentemente l’ambito urbano. Labov rilevò sia nello studio condotto a New York (1966: 168-173) che in quello svoltosi a Philadelphia (1990: 216-217) rilevanti differenze, tra parlanti di età adulta, dipendenti dal genere. Anche lo studio di Trudgill condotto a Norwich mostrava che all’interno di ogni classe sociale e attraverso ogni contesto stilistico indagato i parlanti di sesso femminile tendevano all’impiego di forme di maggior ‘prestigio’ o comunque di status definibile come elevato; i parlanti di sesso maschile invece si caratterizzavano per l’impiego di forme più ‘basse’, spesso di registro dialettale. Tale tendenza è stata rilevata anche grazie ai lavori di Macaulay (1978) a Glasgow, Shuy (1970), Wolfram (1969) a Detroit, condotti su centri di lingua inglese. Tali differenze possono essere descritte attraverso i tre seguenti principi (Labov 1990: 210-5):

1) In stable sociolinguistic stratification, men use a higher frequency of nonstandard forms than women. 2) In change from above, women favour the incoming prestige forms more than men. 3) In change from below, women are most often the innovators.

La circostanza per cui le donne utilizzano con maggiore frequenza le varianti standard rispetto agli uomini all’interno della medesima classe sociale è uno degli argomenti che ha suscitato maggior interesse e che per questo è spesso riportato nei manuali di sociolinguistica, anche in maniera del tutto acritica. Fasold (1990: 92) lo definisce infatti «the sociolinguistic gender pattern» e Chambers (1995) «a sociolinguistic verity».

54 Dal punto di vista esplicativo le proposte sono numerose: Fasold (1990) prospetta la possibilità che le donne usino una percentuale più elevata di varianti standard rispetto agli uomini perché ciò permetterebbe loro di ottenere una connotazione meno locale, assieme all’opposizione nei confronti delle norme tradizionali che le collocano in una posizione socialmente subordinata nei confronti degli uomini. Deuchar (1988) elabora un approccio esplicativo basato sulla politeness theory: l’uso maggiormente frequente da parte delle donne di forme standard risponderebbe a una strategia volta a sostenere dignità e prestigio nelle interazione in cui il loro ruolo può risultate subordinato a quello dell’interlocutore. La proposta di Trudgill (1972) prevede che le donne acquisiscano e segnalino il loro status sociale attraverso l’uso delle varianti più prestigiose. Gli uomini invece lo segnalebbero principalmente attraverso la posizione lavorativa e il reddito. La percentuale più elevata di varianti non standard utilizzata gli uomini può essere allora spiegata come un allineamento non con le norme della comunità, ma con il prestigio velato delle forme della classe operaia che ne simboleggerebbero i modi di vita difficili e privi di agi propri, nel senso comune, del sesso maschile. Le critiche mosse a tali proposte segnalano il ricorso a spiegazioni eccessivamente semplicistiche che, considerate isolatamente, non si mostrano del tutto soddisfacenti (Eckert 1989a). L’impressione è che nella maggior parte dei casi ci si sia limitati alla sola considerazione del sesso del parlante senza indagarne approfonditamente il contesto sociale e culturale: in sostanza ci si è fermati al sesso senza arrivare al genere. Si tratta delle osservazione riportate da Wodak & Benke (1997: 128) secondo cui «many studies have neglected the context of language behavior and have often analyzed gender by merely looking at the speaker’s biological sex». James (1996) osserva che la variabilità che vi è tra e all’interno delle diverse comunità è troppo elevata per tentare un'analisi che metta in campo singoli elementi esplicativi. Poiché uno dei fattori più rilevanti sembra essere la misura dell’accesso al potere delle donne e degli uomini (James 1996; Eckert 1989a: 256), la letteratura specifica considera maggiormente oppurtuna una stretta interrelazione tra variabile ‘genere’ ed ‘età’ poiché il loro studio isolato può portare a risultati parziali o comunque di minore portata (Murphy 2010: 24). Anche Hamilton (1992) sottolinea l’importanza di considerare in maniera unitaria sia l’età che il genere, partendo dalla constatazione che entrambi sono concetti socialmente costruiti, lamentando al contempo la circostanza per cui generalmente le indagini sociolinguistiche che considerano le correlazioni tra genere e struttura linguistica danno scarso peso o trascurano le fasce d’età elevate; per tale ragione le indagini perdono la possibilità di individuare ulteriori aspetti degni d’interesse. Un esempio tra i tanti che mostra l’opportunità e gli sviluppi che conduce la stretta interrelazione tra genere ed età è lo studio di Paunonen (1994) condotto a Helsinki. L’indagine ha preso in esame

55 informatori dei due generi, effettuando in due distinti intervalli temporali (nel 1970 e nel 1990) comparazioni tra tre fasce d’età: giovane, media ed elevata. La ricerca ha mostrato che le donne che nel 1970 erano di età elevata sono andate incontro, vent’anni dopo, ad una tendenza di minore normatività; invece le donne e gli uomini che nel 1970 appartenevano ad una fascia d’età giovane, vent’anni dopo hanno palesato un lieve orientamento verso aspetti maggiormente normativi. Tuttavia, oltre alla necessità di studiare il ‘genere’ in stretta connessione con l’età’, vi sono diversi aspetti da tenere in conto: le condizioni economiche, l’occupazione, le opportunità concernenti l’istruzione, le condizioni sociali che condizionano la solidità o la debolezza dei network, la tipologia e la qualità dello status che viene tributato alle donne e la misura in cui esse partecipano alla vita pubblica sono alcuni degli aspetti coinvolti nella scelta delle forme, standard o non, che uomini e donne utilizzano. Più a monte la stessa base empirica della generalizzazione relativa al primo principio presentato da Labov può essere discussa. Questa è infatti strettamente legata alla definizione di speech community che a sua volta dipende da quale concetto di classe sociale si intende seguire e utilizzare. Labov definisce la speech community sulla base della partecipazione a norme e valori che i parlanti condividono. I concetti di ‘standard’ e ‘non standard’, in generale, prevedono che al primo vengano attribuite forme corrispondenti a quelle utilizzate con maggiore frequenza dalla classe sociale più alta, oltre che quelle utilizzate con maggior frequenza dai parlanti nello stile più sorvegliato del linguaggio. Queste forme, ritenute appunto standard, sono ritenute varianti dotate di maggiore prestigio e poiché si assume che i membri di una comunità linguistica condividano un insieme comune di norme e valori, si ritiene che siano condivise anche le valutazioni delle forme linguistiche siano queste considerate più o meno prestigiose . Dal punto di vista metodologico il punto debole è che è stata utilizzata una valutazione di tipo soggettivo per stabilire quali forme possano definirsi prestigiose e quali no (Labov 1966; Trudgill 1972). Tali valutazioni sono state raramente replicate negli studi successivi e ciò non ha permesso di fare sufficiente chiarezza sui concetti di ‘standard’ e ‘non standard’, anche perché la nozione di ‘prestigio’ non è uniforme dal punto di vista inter- e intra-comunitario (Milroy 1991) poiché diverse partizioni sociali possono dargli diversa definizione e valenza. Alla base dei risultati che hanno condotto alle formulazioni dei citati tre principi di Labov vi è anche un aspetto particolarmente complesso e delicato: la modalità di campionamento e di assegnazione a determinate classi sociali degli informatori e quindi i criteri utilizzati per posizionare le donne all’interno di queste. Romaine (1999: 174) ad esempio descrive i problemi che scaturiscono dal concetto ‘patriarcale’ di classe, dove la famiglia è l’unità di analisi e l’uomo ne è considerato il membro più importante, la cui occupazione determina la classe sociale dell’intero

56 nucleo. Agli uomini è infatti assegnata una particolare classe sulla base di fattori quali tipologia di lavoro, grado di istruzione, ammontare del reddito, zona residenziale. Per le donne invece ci si è spesso basati sulla posizione sociale del marito o del padre, piuttosto che su fattori indipendenti. Cameron (1992: 64) evidenzia bene le contraddizioni che ne scaturiscono, sottolineando che se il nucleo familiare è usato come unità e che se alle mogli e ai mariti è assegnata una particolare posizione sulla base di criteri di tipo economico, le mogli occuperebbero una posizione sociale più bassa rispetto ai rispettivi mariti. Ma se invece venissero utilizzati criteri quali il grado di istruzione e il tipo di occupazione molte donne, in special modo se mogli di uomini appartenenti alla classe operaia, occuperebbero una posizione più alta. Sebbene in lavori più recenti la classe sociale della donna venga individuata su elementi individuali, permangono svariati problemi, specialmente nel caso non sia presente una posizione lavorativa e conseguentemente un reddito, parametri importanti nell’individuazione della classe. A questo punto una delle condizioni previste dal principio in esame, cioè che la comparazione delle percentuali di forme standard e non debbano essere calcolate tra uomini e donne appartenenti alla medesima classe, viene meno. Sostanzialmente gli aspetti problematici descritti ne rendono incerta la base empirica. La circostanza per cui le donne risulterebbero maggiormente tendenti verso le facies linguistiche considerate di maggior prestigio e appartenenti alle classi sociali più alte è criticata anche da Schatz (1986: 102). Nel suo studio sulla varietà di Amsterdam ha rilevato che alcuni aspetti di variabilità vocalica correlati al genere sono presenti esclusivamente nei parlanti di status sociale basso: per questo, come riportato in Milroy & Gordon (2003: 102) «women cannot be viewed as orienting to the norms of a higher social group». Nonostante ciò, in generale, tale generalizzazione è data come acquisita e relativamente ‘indenne’ dalla problematizzazione, anche se coinvolge concetti come ‘classe’, ‘prestigio’, ‘standard’, notoriamente complessi e discussi. Il tradizionale approccio che vede le donne maggiormente orientate verso l’impiego della norma di prestigio ha ricevuto una valutazione critica grazie a uno studio riguardante la diffusione dell’occlusiva laringale come variante di /t/ nell’inglese britannico, in contesto invervocalico e in fine di parola. Partendo dalla circostanza che vede l’uso del colpo di glottide come avente una connotazione maschile, legata alla classe operaia e spesso duramente stigmatizzato, Wells (1982) ne rileva una forte diffusione presso varie città del Regno Unito. Trudgill (1988) ne sottolinea una mutata valutazione nel centro di Norwich dal momento che ne rileva l’occorrenza anche nei contesti più formali e sorvegliati. Mees (1987) e Mess & Collins (1999), attraverso indagini condotte a Cardiff, osservano che il colpo di glottide è maggiormente utilizzato dagli informatori appartenenti

57 alle classi medie; nonostate tale caratteristica fonetica abbia una connotazione maschile e ‘operaia’, sono le donne di fascia d’età media che lo utilizzano maggiormente. I parlanti di sesso femminile sono risultati coinvolti nell’avanzamento e nella diffusione del colpo di glottide anche nel centro di Coleraine, in Irlanda del Nord (Kingsmore 1995). Holmes (1997) osserva che anche in Nuova Zelanda la connotazione data al colpo di glottide nel contesto fonetico descritto è in mutamento e che le donne ne sono fortemente coinvolte nella diffusione. Come tendenza più generale Holmes propone che il processo di costruzione dell’identità sulla base del genere comporti determinate scelte dettate dal risultato che possono avere nel contesto sociale. Per cui, ad esempio, una donna può costruire una identità di genere di tipo convenzionale durante una conversazione quotidiana con un amico, attraverso una narrazione che la presenta come una buona madre e/o una buona figlia e costruendo per questo una identità di tipo ‘conservativo’; tale identità risulta conforme a quella che la società dovrebbe prevedere o ritenere opportuna. In un altro contesto e con differenti interlocutori può tuttavia costruire un'identità completamente diversa, come evidenzia lo studio di Holmes & Schnurr (2006). L’analisi ha osservato, all’interno del luogo di lavoro, le modalità attraverso cui gli individui costruiscono l’identità di genere, in stretto legame con quella di tipo professionale; più in particolare le modalità attraverso cui gli individui hanno gestito e interpretato la nozione di femininity. Ciò è avvenuto attraverso l’esame delle pratiche relazionali che in passato non sono state considerate con la giusta attenzione e che sono state definite come comportamenti orientati verso i bisogni degli altri finalizzati, al contempo, alla costruzione del consenso e di buone relazioni di lavoro. Lo studio condotto nel centro di Tyne Upon Newcastle mostra un quadro complesso, tracciato da Milroy & Gordon (2003: 102-3) per cui «in general, boys and men use many more glottalized variants than girls and women. However, when glottal replacement (the glottal stop) is distinguished from glottal reinforcement (a traditional feature of Tyneside English affecting not only /t/, but also /p/ and /k/), it is apparent that females are leading in the spread of the glottal stop, whereas males favor glottal reinforcement». È possibile che la correlazione che vi è tra tale variante fonetica e i parlanti di sesso femminile sia dovuta e possa essere funzionale ad una rivalutazione sociale del tratto In generale è allora possibile riformulare la nota generalizzazione che prevede che le donne mostrino preferenza per le varianti di maggior prestigio: in realtà le creerebbero, diventando così ideologizzate come varianti di prestigio: «this generalization not only accounts for some otherwise difficult data, but avoids the problem that emerges in some speech communities of identifying the relevant prestige variant. Women seem very generally to prefer supralocal variants, which may or may not be identifiable as prestigious» (Milroy & Gordon 2003: 103).

58 Ciò che sembra certo è che vi siano differenze, interne alla medesima comunità, tra il comportamento linguistico degli uomini da un lato e delle donne dall’altro. Data la rilevanza sociale e culturale della dicotomia basata sul genere, queste differenze sono suscettibili di essere socialmente salienti avendo un ruolo importante nel rapporto tra variazione sociale e linguistica, nonché nel meccanismo di costruzione dell’identità. Alcune delle differenze linguistiche legate al genere sono state giudicate come appartententi alla cosiddetta ‘folklinguistics’, appellativo con cui, da parte di alcuni ricercatori, si designa l’insieme di determinati aspetti spesso dati come accertati ma in realtà privi delle necessarie prove e dimostrazioni empiriche. Wardhaugh (2010: 342) rileva infatti che alcune differenze legate al genere sono senz’altro dimostrabili ma altre hanno fondamenta molto più fragili e sono probabilmente prive di reale riscontro. Secondo Mesthrie e al. (2010: 213) è piuttosto radicata l’idea che uomini e donne parlino diversamente ma spesso attraverso generalizzazioni che necessitano rigorose dimostrazioni. Wardhaugh (2010: 342) elenca alcune di queste:

1) Woman and man develop different patterns of language use. 2) Woman tend to focus on the affective functions of an interaction more often than men do. 3) Woman tend to use linguistic devices that stress solidarity more often than men do. 4) Women tend to interact in ways which will maintain and increase solidarity, while (especially in formal contexts) men tend to interact in ways which will maintain and increase their power and status. 5) Women are statistically more flexible than man.

Una lingua che ha offerto spunti particolari in relazione a tali aspetti è il giapponese. In tale lingua il genere del parlante pare regolare la presenza di forme diverse per quanto riguarda fonetica e lessico; ciò sarebbe dovuto ai diversi ruoli che nella società giapponese la donna ricopre rispetto agli uomini. Infatti buona parte degli studi generali riguardanti le correlazioni che vi sono tra genere e variabilità linguistica hanno inteso ciò come il risultato, nella lingua, delle differenze sociali e culturali che caratterizzano donne da un lato e uomini dall’altra poiché parte di questi studi si è basata su una una tipologia di opposizione binaria, sviluppata in maniera piuttosto statica. Si vedano ad esempio i lavori condotti attraverso il cosiddetto dominance approach (Fishman 1983; Lakoff 1975; Trudgill 1975; West & Zimmerman 1983) e il different-cultural approach (Maltz & Borker 1982; Tannen 1990a, b). Al contempo sono però comparsi studi che hanno optato per una differente prospettiva, rispondente alle pratiche linguistiche strettamente locali, unitamente al contesto, alle ideologie e

59 allo sviluppo storico delle relazioni tra struttura linguistica e genere (Cameron & Coates 1988; Ochs 1993). Lo scopo è stato quello di identificare il significato delle scelte linguistiche operate dalla donna in uno specifico contesto storico e culturale. Sul versante della varietà di giapponese che pare caratterizzare le donne si è mosso, attraverso tale approccio, Okamoto (1995: 300) che parte dalla considerazione che «although previous research has concluded that the linguistic differences between Japanese women and men are extensive, most resorts to overgeneralizations based on the static dichotomous categories of women’s language and men’s language - an approach that tends to represent and reinforce stereotypes or linguistic norms. Many of these studies also suffer from methodological weakness in that rely on either the researcher's introspection or self-report surveys that do not accurately capture actual speech practices». Lo studio di Okamoto – basato sulla registrazione di conversazioni informali di dieci studentesse, di età compresa tra 18 e 20 anni, tutte nate e residenti a Tokyo e classificabili come appartenenti alla classi medio-alte – ha stabilito una notevole variabilità nell’uso delle forme considerate tipicamente di pertinenza delle donne. Inoltre le informatrici di età più elevata e specialmente se residenti in area urbana, usano caratteristiche grammaticali più ‘femminili’ rispetto a quelle di età più giovane (Okamoto 1995). Inoltre l’analisi delle conversazioni delle donne che lavorano in casa, attendendo a svariate mansioni domestiche e che non svolgono altre professioni, ha evidenziato l'utilizzo in maggior percentuale le forme grammaticali ‘femminili’ rispetto alle studentesse. Tutto ciò, unito ad una accurata disamina storica, ha mostrato che l’opposizione in giapponese tra lingua ‘degli uomini’ e lingua ‘delle donne’ è stata concepita come eccessivamente semplice e statica: in realtà è un qualcosa di molto più complesso e difficile da imbrigliare attraverso schematiche contrapposizioni. Okamoto (1995: 309) osserva che la «Japanese women’s language is a costruct based largely on the speech style of traditional women in the middle and upper classes in Tokyo, corresponding to the ‘ideal feminine’ variety in Yamanote kotoba [refined language variety spoken in Yamanote, the ‘hillside region in Tokyo]. Aggiunge inoltre che «[…] modern perceptions of Japanese women’s language were shaped and promoted during state formation and industrialization in the Meiji era, when government officials and intellectuals sought to stardardize the language and to discipline women according to the ideal of ryoosai kenbo ‘good wife and wise mother’. Women’s language, thus identified, was wieved as the “natural” speech of the Tokyo elite. Today’s notion of Japanese women’s language can be seen as a lasting legacy of this historical enterprise. Along with other symbolic sistems (e.g. clothes, bearing), it constitutes an ideal for the traditional, proper, or onna-rashii ‘feminine’ Japanese women. It is thus culturally and ideologically

60 constructed, both class-related and normative». Più recentemente Okamoto & Shibamoto Smith (2008) osservano che uno degli elementi che ha favorito lo stereotipo riguardante la netta contrapposizione tra lingua delle donne e degli uomini riguarda l’eccessiva attenzione verso i parlanti considerati ‘genuini’, che potevano rappresentare nella maniera migliore un particolare gruppo etnico, classe sociale o una identità di genere. Okamoto & Shibamoto Smith (2008), sulla base di Eckert (2003: 392) definiscono infatti un parlante ‘autentico’ «one who speaks directly from a particular location, in which she or he is maximally situated and to which she or he is maximally oriented, and who, thus, has ‘direct access’ to a particular language/dialect/variety untainted by the interference of reflection or social agency». Tutto ciò presenta precise ricadute circa la scelta degli informatori e conseguentemente sui dati raccolti. Le indagini sull’African American Vernacular English ad esempio sono state prevalentemente condotte grazie a informatori di sesso maschile e appartenenti a classi sociali di livello medio-basso (Labov 1972a; Abrahams 1976; Kochman 1981); quelli che non soddisfacevano le caratteristiche descritte non venivano considerati. Anche per quanto riguarda il giapponese, secondo Okamoto & Shibamoto Smith (2008: 2), si è andati incontro a una tendenza affine (vd. anche Ide & Yoshida 1999) poiché le indagini linguistiche sono state sbilanciate eccessivamente verso il genere e che «this is true of research on Japanese language and gender, where, until recently, one particular style of feminine speech – stereotypical yamanote Tokyo women’s speech in contemporary Japanese – has come to be held up as the true ‘sound’, as it were, of Japanese femininity». Ridimensionata e chiarita la portata delle differenze strutturali del giapponese correlate al genere dei parlanti si è però imposto il problema relativo a quali fossero i fattori che determinassero l’uso o il non uso, da parte delle donne, delle caratteristiche grammaticali ‘femminili’. Ochs (1993: 146) propone di analizzare tale relazione come «constituted and mediated by the relation of language to stances, social acts, social activities, and other social constructs». Okamoto (1995) sottolinea che la scelta di certe forme linguistiche può essere motivata dalla tipologia di significati pragmatici che si vogliono veicolare e in tale prospettiva non tutte le donne giapponesi vogliono trasmettere, attraverso la lingua, l’immagine della femminilità tradizionale. I parlanti giapponesi, siano essi uomini o donne, selezionano determinate caratteristiche linguistiche con lo scopo di comunicare precisi significati pragmatici che ritengono idonei per l’espressione della propria identità in particolari contesti. Tali scelte richiedono quindi la considerazione del contesto e di vari aspetti sociali, relativi all’identità del parlante e alle relazioni interpersonali, la prima dipendente da specifiche relazioni e contesti socioculturali. Il genere per questo va esaminato non in senso astratto e in maniera indipendente dall’identità dell’individuo e dalle relazioni instaurate con gli altri

61 parlanti; è più opportuno intenderlo come un elemento che, congiuntamente ad altri aspetti sociali, configura l’identità delle donne e le loro relazioni, anche attraverso precise ricadute di tipo linguistico. L’età appare uno degli aspetti interessati e d’altronde diversi studiosi hanno raccomandato lo studio congiunto di età e genere (Murphy 2010; Hamilton 1992). Secondo Okamoto (1995: 312-3) «age […] may be an important aspect of a Japanese woman’s identity, affecting her way of relating to others and hence her choice of speech style or linguistic form. It is often said that Japanese women, in particular young women, are becoming more assertive. […] College-age women frequently use sencence-final forms traditionally deemed masculine, that is, more direct or assertive styles». Anche l’occupazione può contribuire a determinare certi aspetti riguardanti la scelta di determinate caratteristiche linguistiche dal momento che Okamoto & Sato (1992) rilevano che le giovani studentesse utilizzano in minor misura aspetti ‘femminili’ rispetto a un altro gruppo della medesima fascia d’età ma la cui occupazione è quello di casalinghe. Reynolds (1990: 138) osserva altri aspetti relativi alla professione esercitata e alle implicazioni che questa può avere: «female informal speech, which has long been limited to private discourse among women, does not work in the same way as male informal speech in public environments. For a woman teacher to be successful under the present circumstances, she has no choice but to use defeminized patterns to strengthen solidarity with her students without losing authority». Okamoto (1995: 314-5) conclude che «Japanese women at times employ unfeminine speech styles – that is, speech styles that are less formal and more direct – in order to express power or to empower themselves» e che (1995: 317) «the use of Japanese women’s speech in not directly derived from the gender of the speakers; rather its employement is dependent on multiple social factors relating to the speaker’s identity and relationships». Un altro interessante ambito di ricerca, fertile di spunti metodologici funzionali all’indagine dei correlati linguistici relativi al genere, concerne la variabilità nell’ammontare del parlato in connessione con il genere. James & Drakich (1993: 281), partendo dalla constatazione che «the belief that women talk more than man is firmly entrenched in Western culture» osservano tuttavia che tale differenza non risulta supportata da appropriate e precise indagini: si tratta di un attributo stereotipico che, per tale ragione, può essere incluso all’interno di quella che è stata definita folklinguistics. Secondo Pavlidou (2011: 416) «being categorized through lexical and/or grammatical gender as a ‘woman’ or a ‘man’ brings with it a whole range of stereotypical attributions that stem from dominant gender ideologies. Stereotyping can be seen as a particular kind of categorizing; i.e. a cognitive process through which schemata of classification are imposed on events, states of affairs,

62 objects, people and so on, by ‘putting together diverse particulars into a single category – and relating the categories they create’ (Eckert and McConnell-Ginet, 2003: 228)». Talbot (2003: 470) sottolinea che «stereotyping involves simplification, reduction, and naturalization» in relazione a differenze reali o immaginarie tra gruppi sociali e tali differenze vengono ritenute costanti, permettendo di suddividere le persone in ‘normali/accettabili/Noi’ e in ‘anormali/inaccettabili/Loro’ (Pavlidou 2011: 416). Gli stereotipi che si basano sulle differenze di genere, secondo Talbot (2003: 472) sono funzionali nel sostenere l’egemonia maschile e la subordinazione femminile; alcuni di questi si riferiscono in maniera esplicita ai comportamenti linguistici degli uomini e delle donne. In quali misura questi trovino corrispodenze nella realtà è stato oggetto di numerosi studi. I lavori che hanno focalizzato l’attenzione sulla «stereotypical representation of women as verbose» (Pavlidou 2011: 416) sono giunti a risultati contraddittori: alcuni pervengono alla conclusione che sono gli uomini a parlare più delle donne (Wardhaugh 2010: 343), altri presentano il risultato inverso, altri ancora che l’ammontare del parlato tra i due sessi è equivalente. La panoramica dei lavori inerenti l’argomento pubblicati tra il 1951 e il 1991, oltre sessanta, mostra sostanzialmente un duplice approccio: 56 lavori, quindi la maggioranza, hanno esaminato le interazioni miste tra parlanti dei due sessi; 17 hanno preso in esame anche il parlato tra uomini e donne ma in conversazioni tra individui del medesimo sesso. Fondamentalmente sono stati analizzati individui adulti, parlanti inglese americano e classificabili all’interno della classe sociale media. Le misurazioni ritenute pertinenti nel calcolo dell’ammontare del parlato hanno riguardato il numero totale di parole, il numero totale di secondi di parlato, il numero di turni conversazionali per parlante e la loro estensione media nel tempo. Tuttavia tali diversi parametri hanno dato luogo a risultati discordanti (James & Drakich 1993: 283-4): il 42.9 % dei lavori pubblicati ha dimostrato che nelle interazioni miste tra i due sessi il parlato degli uomini supera quello delle donne; il 17.9 % ha evidenziato il medesimo risultato ma solo in determinate circostanze; il 5.4 % ha evidenziato che in alcuni casi sono le donne a parlare più degli uomini, in altri casi invece sono gli uomini e in altri casi è emerso un risultato di pareggio. Ciò pare dipendere dalle varie circostanze contestuali; il 28.6 % è giunto alla conclusione che non vi sono sostanziali differenze tra i due sessi nell’ammontare del parlato e il 3.6 % delle indagini ha rilevato che sono le donne a superare gli uomini. Le domande che a questo punto si impongono mirano a chiarire i seguenti aspetti (James & Drakich 1993: 284): 1) quali possono essere le motivazioni che sono alla base di tali risultati; seppure differenti è evidente che, complessivamente, sono gli uomini che superano le donne nell’ammontare del parlato

63 nelle indagini con interazioni miste tra i due sessi. 2) quali sono e come possono eventualmente influire le situazioni di contesto e di struttura sociale dell’interazione all’interno delle quali si presentano tali distinzioni legate al genere. 3) quale sia il fondamento dello stereotipo preso in considerazione, che riposa su una quasi completa mancanza di dati empirici. Circa il primo punto, la maggior parte degli studiosi ha ritenuto possibile giustificare i risultati ottenuti sulla base del fatto che in generale il sesso maschile «have greater stutus and power than do women» (James & Drakich 1993: 284) e ciò si rifletterebbe anche nelle percentuali di parlato rispetto alle donne. Per cui ad esempio Spender (1980: 42-3) scrive che «in a male supremacist society where woman are devalued, their language is devalued to such an extent that they are required to be silent» e in aggiunta a ciò si è ipotizzato che i parlanti di sesso maschile mettano in atto dei meccanismi funzionali a dissuadere le donne dal parlare, come interruzioni e/o scarsa attenzione verso gli argomenti trattati dagli interlocutori di sesso opposto (Spender 1980: 87; Thorne et al. 1983: 17). Un’ulteriore prospettiva esplicativa è offerta da Maltz & Borker (1982) che ipotizzano una differenza, tra uomo e donna, nell’apprendimento e nell’impiego delle strategie conversazionali funzionali alla socializzazione, essendo differenti gli obiettivi; gli uomini tenderebbero, attraverso la conversazione, ad affermare lo status e il ruolo di leader mentre le donne sarebbero maggiormente inclini al mantenimento di relazioni armoniose. James & Drakich (1993: 284), riprendendo Maltz & Borker (1982) osservano che «taking and holding the floor for long periods follow logically from this as male speech strategy, since this can function as a way of gaining attention and asserting status, while by contrast, being careful not to take up a disproportionate amount of talking time follows logically from the female speech style, since this emphasizes cooperation, support, and equality among interactants» e Coates (1986: 117) sottolinea che «the differences between the competitive, assertive male style and the co-operative, supportive female style mean that men will tend to dominate in mixed sex interaction». Tale caratteristica sarebbe però tipica dei contesti ‘pubblici’ mentre in quelli ‘privati’ sarebbero invece le donne a prevalere. Questo perché nella prima tipologia di contesti vi è, in generale, un maggior numero di partecipanti e conseguentemente un maggiore contatto tra interlocutori di status diversi. I parlanti di sesso maschile supererebbero allora le donne nell’ammontare del parlato in quanto il contesto ‘pubblico’ favorirebbe una maggiore necessità di affermazione e mantenimento dello status. Nelle situazioni di contesto privato invece, dove in generale vi sono rapporti di maggiore confidenza tra gli interlocutori, le donne sarebbero più propense, attraverso l’impiego di strategie conversazionali, al mantenimento dei rapporti rispetto agli uomini e per questo l’ammontare del parlato sarebbe a

64 favore delle prime (Tannen 1990a). Tale approccio renderebbe conto soprattutto dei casi in cui agli individui di sesso maschile non corrisponde un ammontare di parlato superiore a quello delle donne. James & Drakich (1993: 285) propongono un ulteriore approccio che tiene conto del contesto e della struttura dell’interazione sociale, partendo dalla considerazioni di Berger e al. (1980) secondo cui «differences in behavior result primarily from differences in expectations and beliefs about oneself and others». Le differenze nell’ammontare del parlato tra uomini e donne sarebbero allora potenzialmente esplicabili «in terms of the differential cultural expectations about women’s and men’s abilities and areas of competence – which are associated with the difference in status between women and men – in interrelationship with specific factors in particular situations which can affect these expectations» (James & Drakich 1993: 28). Risulta di particolare importanza l’approccio detto Status Characteristics Theory, così come trattato da Berger et al. (1977) che ha come punto focale le sollecitazioni che le differenze di status possono esercitare sulle interazioni. L'approccio indaga in quale maniera le differenze relative allo status si ripercuotono e partecipano dell’organizzazione dell’interazione. L’ipotesi è che nell’interazione sociale ogni individuo valuta se stesso in relazione agli altri che vi partecipano, instaurando determinate aspettattive relative al comportamento, dipedenti sia dall’autovalutazione che da quella di ognuno dei vari partecipanti. Tali «self-other performance expectations» costituiscono la struttura dell’interazione, ne determinano gli sviluppi e si basano sulle caratteristiche dello status che ognuno dei partecipanti alla interazione sociale possiede. Lo status si basa su aspetti che dal punto di vista sociale sono significativi e hanno ‘potere valutativo’, anche se questo è variabile in relazione alle diverse comunità; si tratta ad esempio di età, sesso, etnia, livello di scolarizzazione, posizione lavorativa. Le aspettative sociali riguardanti le modalità con cui i vari partecipanti a una interazione si comportano hanno a che vedere con il livello di status, che può essere elevato o basso; ciò in particolare quando i partecipanti non si conoscono o si conoscono poco. Per tali ragioni, ad esempio, gli individui che si situano a un livello di status elevato per via di determinate caratteristiche che lo compongono e che sono significative in quella data società (ad esempio fascia di età medio-alta, buon livello di scolarizzazione, posizione lavorativa prestigiosa) possono essere ritenuti più competenti rispetto a individui le cui caratteristiche di status assumono valori diversi (ad esempio età medio-bassa, livello di scolarizzazione scarso, posizione lavorativa poco prestigiosa). In conseguenza di ciò ci si aspetta che i primi, rispetto ai secondi, abbiano maggiori opportunità di ‘esercitarsi’ nelle interazione con aspettattive più alte riguardanti le performances. Lo status sarebbe alla base delle valutazioni e delle aspettative di perfomances, nonché l’elemento su cui si basa la distribuzione, l’influenza e il prestigio delle interazioni verbali in occasione delle quali ogni

65 parlante si autovaluta e valuta gli altri. Per questo James & Drakich (1993: 286) osservano che «people’s social expectations as to how well and in what way the different participants in an interaction will perform are crucially associated with whether individuals possess the high or the low state of the relevant status characteristic (particularly when participants do not know each other well, so that other information which might override the influence of these status characteristics in unavailable to them)». Inoltre le caratteristiche relative allo status e alle relative aspettative di performances sono relazionali e per questo, anziché parlare di aspettative di performances riguardanti una donna in senso assoluto, si parla di aspettative di performances associate a una donna in relazione a quelle associate a un uomo. Per James & Drakich (1993: 287) «the power of this theory lies in its explanation of how external status characteristics structure the status hierarchy of face-to-face interaction. This theoretical approach for explaining the data, then, places particular importance on social structure, which sociologists have defined as patterned relationships». A questo punto è possibile coniugare i dati riguardanti le percentuali di parlato attribuite agli uomini e alle donne con l’approccio Status Characteristics Theory. Quest’ultimo ha ipotizzato che gli individui che possiedono uno status elevato, stabilito sulla base di caratteristiche quali età, genere, grado di istruzione, posizione lavorativa, etnia, abbiano più possibilità di partecipare in maggior misura a «task-oriented dyads or groups» (con task-oriented si intende una particolare tipologia di attività di contesto all’interno della quale è stato esaminato l’ammontare del parlato). James & Drakich (1993: 287) propongono la collocazione dei diversi tipi di attività all’interno di un continuum che vede a un estremo «formal tasks», all’altro estremo «informal non-task-oriented» e in posizioni intermedie «informal tasks» e attività quali interazioni in una classe di studenti universitari dove si presentano strutture formali ma che non sono «task-oriented». Per la definizione di «formal task» utilizzano la definizione della sociologia, secondo cui tali attività prevedono che due o più persone cooperino per il raggiungimento di un obiettivo, ad esempio risolvere un problema insieme o prendere una decisione comune. I partecipanti devono perciò essere disposti a mutare e condividere idee e convinzioni, tenendo in considerazione le altrui opinioni con il fine di ottenere un risultato unico, frutto della collettività. Le attività «informal task» e le «non-task oriented» si caratterizzano invece per l’assenza del raggiungimento di un obiettivo preciso. Un esempio di attività «non-task oriented» è una conversazione spontanea; un esempio di attività «informal task» può essere offerto da un gruppo di individui a cui il ricercatore chiede di fare conoscenza reciproca. Tali differenti tipologie di attività riflettono in diverse tipologie di ruoli, norme e requisiti. Sulla base del fatto che i comportamenti dipendono dalle condizioni della situazione, così come le «performance expectations» dei partecipanti, è fondamentale precisarle.

66 James & Drakich (1993: 287-8) separano gli studi che hanno utilizzato attività riferibili alla tipologia «formal task» da quelli che invece hanno impiego attività «informal task/non task» e da quelli che hanno invece indagato ambiti rapportabili ad attività formalmente strutturate ma non «task-oriented» quali interazioni in una classe universitaria. Eckert (2000) sostiene inoltre che le differenze all’interno di un medesimo genere possono essere più importanti per le persone rispetto alla semplice distinzione binaria tra parlanti di sesso maschile e femminile, mostrando come le persone costruiscano specifiche identità sociali attraverso la lingua. Per cui ad esempio, in uno studio condotto nelle scuole di Detroit di ambito suburbano Eckert (1988) ha evidenziato che l’ordine sociale è definito dall’opposizione di due gruppi, denominati jocks e burnouts (vd. anche Eckert 2012). I primi provengono dalla classe sociale medio-alta, i secondi da quella medio-bassa. Secondo Eckert (2012) «jocks based their networks, identities and social lives in the school’s extracurricular sphere, forming a tight and competitive hierarchy, and maintaining cooperative and even collegial relations with teachers and administrators [...]. Burnouts, on the other hand, almost all pursuing a vocational curriculum, rejected the institution as a locus for social life and identity, and based their networks, identities and social lives in the neighborhood and the broader conurbation. They took an oppositional stance to the school and most school personnel, rejecting their in-loco parentis function and looking to local resources for preparation for their anticipated futures in local industry. While the burnouts sought out urban friends, and frequented urban neighborhoods, cruising strips and park in search of excitement and experience, the jocks avoided Detroit except for museums and professional sports events. This opposition showed up in symbolic activity from language to clothing (e.g. the burnouts wore urban paraphernalia, including jackets with Detroit on the back while jocks wore school – particularly varsity or cheerleading – jackets)». Dal punto di vista linguistico, concentrando l’analisi verso le sole parlanti di sesso femminile, le jock girls risultano abbastanza differenti rispetto alle burnout girls. Queste ultime, anche per l’uso di caratteristiche innovative del linguaggio urbano di Detroit, sono maggiormante orientate nel dare l’immagine di 'cattive ragazze', palesando così anche un preciso orientamento nei confronti della cultura locale urbana e operaria piuttosto che verso quella accademico-borghese su cui le jock girls sono orientate. Dall’analisi condotta da Eckert di tali due gruppi delle scuole suburbane di Detroit si evincono alcuni aspetti interessanti:

1) il ‘genere’ non è un qualcosa che può essere facilmente e sbrigativamente imposto al parlante in occasione della costruzione del campione. D’altronde anche i primi studi variazionistici che hanno preso in esame gli ambiti urbani e che hanno ripartito i parlanti impiegando criteri

67 demografici di tipo ‘esterno’, hanno rilevato che risultava troppo semplicistico considerare i pattern di variabilità linguistica attraverso la semplice distinzione maschi/femmine, anche all’interno di una medesima comunità. I parlanti possono ricoprire diversi ruoli di genere, sulla base dell’autopercezione o della percezioni ‘esterne’ in differenti comunità o addirittuta presso differenti segmenti della medesima comunità. Il genere agisce diversamente nel regolare il mutamento linguistico e inoltre, così come s'è visto per altre categorie di parlanti utilizzate per stratificare il campione, le persone utilizzano il potenziale della variabilità linguistica per modellare l’identità di genere. Eckert (1998) osserva inoltre che le generalizzazioni riguardanti le sollecitazioni che il ‘genere’ esercita sul mutamento linguistico vanno considerate in riferimento al ruolo che questo assume all’interno di una data comunità e in relazione ad altre categorie sociali localmente pertinenti. 2) la variabilità relativa al ‘genere’ può assumere maggiore potenza esplicativa se analizzata in stretto legame con la variabilità legata alla classe sociale. Sia Labov (1966) che Wolfram (1969) rilevano nei loro studi, rispettivamente sull’inglese di New York e di Detroit, che i pattern basati sulla distinzione di genere risultano diversi a seconda delle classi sociali. Secondo Labov (1990) infatti i principi generali sottesi alla differenza di genere e ai correlati linguistici prevedono una relazione tra tale aspetto e la classe sociale.

Da tale punto di vista un interessante lavoro è quello di Fought (1999) che per gli aspetti di metodo si presta bene a evidenziare l’importanza un approccio preliminare di tipo etnografico riguardante la specifica comunità in cui si compiono i rilievi; il fine è quello di andare oltre la considerazione convenzionale delle classi sociali, del sesso, dell’età e degli aspetti legati all’etnia, e cogliere eventuali altre partizioni sociali rilevanti a livello locale. Fought ha percorso questa direzione, indagando presso un sobborgo a ovest della città di New York gli individui di età compresa tra i 15 e i 32 anni, la maggior parte frequentante una scuola per studenti con difficoltà di apprendimento e problemi disciplinari. Interrogandosi sull’importanza dei fattori sociali utilizzati tradizionalmente negli studi sui mutamenti fonetici (età, sesso e classe sociale) e se questi siano sufficienti per spiegare la variazione, la studiosa sottolinea la crescente attenzione per l’uso di tecniche etnografiche nella sociolinguistica, fondamentali per l’individuazione delle categorie sociali considerate non ‘tradizionali’. Tra queste assumono particolare interesse le gangs (Mendoza-Denton 2008). Fought (1999: 8) osserva che «among the Latino young adults, several non-traditional social categories came up again and again as ways of identifying themselves and others. In many ways the most intriguing of these, and certainly the most salient in the media, is the category of gang member (also

68 gang-banger, gangster or cholo/chola). Most of the gang members in this study are affiliated with Culver City (CC). Yet equally important are the relationships non-gang members have to the gangs. First of all, several Westside Park students were described to me as ‘not a gang member but he knows them’. It was clear from looking at several of these cases that know means something specific in this type of context. Everyone at this small school, for example, ‘knows’ everyone else in the usual sense, i.e. knows their names and a little about them. This specialized use of know means something like ‘have a connection with’ or ‘sometimes spend time with’». Fought, in relazione all’avanzamento della vocale u, ha individuato una complessa interazione tra classe sociale, genere e appartenenza alle gangs. Nelle donne non affiliate alle gangs, che si caratterizzano tutte per la presenza più o meno marcata del tratto fonetico in esame, la classe sociale non risulta correlata. Invece nelle donne affiliate, incluse quelle che hanno una qualche connessione con le gangs pur non partecipando alle loro attività, la classe sociale è risultata di importanza cruciale: le donne appartenenti alla classe media hanno registrato un numero maggiore di occorrenze del mutamento vocalico in oggetto mentre quelle afferenti alle classi più basse una percentuale piuttosto bassa. Per quanto riguarda gli uomini la classe sociale è risultata correlata, sia per quelli affiliati alle gangs che per quelli privi di un qualunque legame con tali gruppi, con la presenza dell’avanzamento della vocale u. Le occorrenze più frequenti di tale tratto si sono registrate con informatori appartenenti alla classe sociale media, non affiliati alle gangs. Il grado di avanzamento della u è associato maggiormente con la classe media e alla non appartenenza alle gangs. All’inverso l’assenza del tratto fonetico risulta correlata con la classi basse e l’affiliazione alle gangs. Fought (1999: 19-20) osserva che «for women, the societal standards that pressure them to be ‘good’ etc. dovetail well with non-gang status, and also with the conservative norms of middle class membership. In the Latino community, this leads to a situation where even those women who are from the lowest socioeconomic backgrounds use language norms associated with the middle class group to mark their nongang status. The intersection of conservative norms also suggests why female gang members might front /u/ if they were from the middle class. However, society ± and this is maximally true of Latino society ± pressures men to be `tough,' to defend themselves physically, etc. Since gang membership emphasizes exactly these qualities, it may be more difficult for Latino men to express their dissociation from the gang linguistically than it is for the women, even among men who have made a clear choice not to be gang members. When these men are also middle class, the combination of their class status and nongang membership is enough to override the pressure to sound tough. When non-gang men are from the working class, though, another group associated with toughness, the effect on their speech patterns is greater, and results in less /u/-

69 fronting».

3.4.3. L'età Lo studio della variazione, centrale nelle indagini di sociolinguistica, ha visto nell’età un elemento di particolare importanza (Milroy & Gordon 2003: 35). Secondo Chambers (2002: 349) «age is one of the three overriding social categories in modern industrialized societies, along with social class and sex, and it is the social attribute that is the primary correlate of language change». Per tale ragione l’uso di campioni judgment stratificati prevedono sempre la presenza di informatori appartenenti a diverse fasce d’età. Ciò anche in ragione del fatto che l’età permette un'immediata e facile classificazione dei parlanti, a differenza di altre variabili come la classe sociale. Uno dei primi studi che evidenzia in maniera chiara l'importanza dell'età come categoria sociale è Fasold (1972) che ha esaminato i parlanti Afro-Americani nella città di Washington DC. Il campione, in relazione all'età, è stato diviso in tre categorie: bambini, adolescenti e adulti. Fasold ha rilevato che i bambini hanno raggiunto la percentuale più alta nell'utilizzo delle variabili selezionate nella ricerca pertinenti all'African-American Vernacular English. Gli adulti invece sono risultati la categoria con la percentuale più bassa. La variabile età ha visto l’elaborazione di diversi approcci d’indagine che hanno progessivamente raffinato e chiarito la nozione (Eckert 1984; Counts & Counts 1985; Eckert 1997; Hamilton 2001). Sono soprattutto i lavori di Eckert (1984, 1997) ad aver apportato notevoli approfondimenti: la studiosa osserva che «age is a person’s place at a given time in relation to the social order: a stage, a condition, a place in » (1997:151), sottolineando per questo che tale variabile non va intesa esclusivamente in senso cronologico: «as social and biological development do not move in lockstep with chronological age, it can only provide an approximate measure of speaker’s age-related place in society» (Eckert 1997: 154-155). Lo studio dell’età in relazione alla variabilità linguistica si trova all’intersezione tra life stage e history in quanto «the individual speaker or age cohort of speakers at any given moment represents simultaneously a place in history and a life stage». La partizione dei parlanti sulla base dell’età e le correlazioni con la variabilità linguistica possono allora essere il riflesso o dei mutamenti che sta attraversando la varietà linguistica di quella particolare comunità – un mutamento di tipo storico (historical change) - oppure del mutamento a cui va incontro una data varietà linguistica durante il corso della vita dell’individuo (age grading). Eckert (1997) sottolinea come buona parte della bibliografia che ha trattato il concetto di ‘età’ in sociolinguistica si sia concentrata proprio sulla distinzione tra historical change e age grading nel tentativo di stabilire a quali dei due aspetti possa ascriversi di volta in volta un particolare aspetto

70 linguistico in mutamento. Milroy & Gordon (2003: 39) osservano che vi sono diversi studi in cui il frazionamento del campione per fasce d’età appare condotto in maniera arbitraria e che per questo, pur nella possibilità che vengano evidenziati significativi aspetti correlativi tra età e varianza linguistica, si presenta debole per le potenzialità analitiche. L’assegnazione di un’età ai parlanti, intesa come semplice valore numerico, rappresenta solamente un passo preliminare a cui deve seguire una indagine «away from chronological age and towards the life experiences that give age meaning» (Eckert 1997: 167). Per questo sono state proposte e distinte diverse età: una di tipo cronologico, che riguarda il conteggio degli anni rispetto alla data di nascita, una misurazione tipica delle società occidentali industrializzate (Andrew 2012: 45); l’età biologica o maturità fisica che non coincide necessariamente con quella cronologica; l’età di tipo sociale che concerne e si misura attraverso le tappe più importanti della vita quali percorso scolastico, ingresso ed uscita nel mondo del lavoro, matrimonio, nascita dei figli. Secondo Eckert (1997: 156) l’età di tipo cronologico è quella a cui, nelle società occidentali industrializzate, si attribuisce maggiore salienza: «the answer to an inquiry about an individual’s age is invariably given in chronological years, not in terms of family or institutional status, or in terms of physical maturation. Indeed, family and institutional status and biological maturation are taken as indicators of chronological age, rather than vice versa». Tuttavia non tutte le società assegnano la stessa importanza all’età di tipo cronologico; per questo le differenze interculturali relative all’impiego delle diverse tipologie di età hanno importanti implicazioni sociolinguistiche, anche per quanto riguarda un’ottimale segmentazione del campione per fasce d’età. Infatti Eckert (1997: 156) osserva che «cross-cultural differences may show differences in life events, in the domains that are significant for the definition of those events, in the relative importance of generation and birth order, in the construction of cohort, etc. An age-set society, for example, which groups people born within a period that can be as long as ten years, emphasizes solidarity within that set, frequently in opposition to other set. In such a society, one might expect to see less continuous age stratification of variables than in age-graded society in which the individual progresses according to personal developmental landmarks». Per questo è opportuno considerare assieme l’età e i vari fattori sociali che a questa si legano e che possono variare anche consistentemente dal punto di vista interculturale. Eckert (1997: 156) sottolinea anche la necessità, all’interno di un quadro che esamini età ed aspetti di tipo socio-culturale, di operare distinzioni legate al genere: «the restriction of age sets in an age-set society to males, while women’s age is treated more fluidly, no doubt could also have implications for interactions between gender and age in variation […]. Indeed, gender is quite explicitly constructed partially in its

71 interaction with age. Certain landmarks, such as coming of age across societies, are gender-specific, and family, legal, and institutional status are commonly different for males and females». Sulla base di recenti sviluppi dettati principalmente da indagini di ambito antropologico, Murphy 2010: 1), sulla base di Kertzer & Keith (1984: 8), propone tre principi che chiariscono come si possa intendere l’età in senso sociolinguistico e quale possa essere l’approccio più idoneo alla sua indagine: 1) Aging can be understood only in dinamic terms. The aging process cannot be separated from the social, cultural and historical change that surround it. People do not grow up and old in laboratories. Therefore, we must learn how different cohorts age and how society itself is changed by these differences. 2) Aging can be understood only from perspective of its socioculturally patterned variability, both within a single society and across societies. 3) Aging can be understood only within the framework of the total life course. People do not begin to age at any specific point in life. Rather, aging occurs from birth (or earlier) up until death. And whitin the total society, people of total ages are interdipendent. L’età assume per tali ragioni maggiore interesse quando viene individuata ed esaminata all’interno del contesto sociale: «it is only when examined in the context of its social significance as something reflecting differences in life experiences that it becomes a useful analytical construct. Age, then, is like all other social variables in that investigators seeking to examine it will be better off if they design their samples in accordance with defensible principles» (Milroy & Gordon 2003: 39). Inoltre le correlazioni tra età e linguaggio andrebbero approfondite in relazione alla durata dell’intera vita piuttosto che essere considerate esclusivamente o principalmente solo per determinate fasi. Murphy (2010: 8 ss.) sottolinea la necessità di portare avanti la cosiddetta life- span perspective in contrasto con il tradizionale approccio che ha accentuato la circostanza per cui la maggior parte dei mutamenti avverrebbero tra la nascita e l’adolescenza mentre nell’età adulta e senile ci sarebbe maggiore refrattarietà al mutamento. La necessità è invece l’elaborazione di una prospettiva che dia attenzione al corso completo della vita in maniera uniforme, esaminando aspetti di variazione e di continuità che caratterizzano tutte le fasi dell’esistenza del parlante, dalla nascita alla morte (Seifert et al. 2000). Vi è anche la necessità, per interpretare la posizione di un individuo all’interno della durata del ciclo di vita, di tener conto delle esperienze di vita trascorse. Assieme a ciò è importante collocare il parlante all’interno del contesto storico e culturale in cui si trova (Andrew 2012: 46). L’approccio multidisciplinare è stato raccomandato anche da Chafe (1994) e Hamilton (2001); secondo Andrew (2012: 44) «the social costruction of age is a discursive process

72 whereby people give meaning to the experience of aging and create their age identity through their interaction with each other; […] aging is not simply a natural, preordained process, but one that is to a large extent shaped by sociocultural factors». Partendo dalla considerazione che l’età si configura come un continuum piuttosto che una variabile discreta, risulta difficile stabilire sulla base di quali criteri si debbano tracciare i confini tra una fascia d’età e un’altra. Eckert (1997: 155) osserva infatti che «because the span of ages is so great, it is difficult for community studies to achieve fine-grained age differentiations with any statistical significance». È necessario decidere se operare segmentazioni arbitrarie (es. età 20-40: giovani; 40-60: mezza età; 60 e più: anziani) oppure operare cesure motivate dal punto di vista socio-storico, che siano rilevanti e pertinenti per la comunità indagata, secondo quando previsto dai principi proposti da Kertzer & Keith (1984) e dall’approccio life course delineato da Andrew (2012: 46). In sostanza si tratta di bilanciare aspetti di tipo etico e emico (Eckert 1997: 155): il primo approccio ordina i parlanti attraverso intervalli d’età stabiliti arbitrariamente, il secondo utilizza invece criteri basati su trascorsi ed esperienze di vita di particolare salienza per la comunità. Infatti secondo Eckert (1997: 155) «community studies have defined cohorts etically and emically. The etic approach groups speakers in arbitrarily determined but equal age spans such as decades […], while the emic approach groups speakers according to some shared experience of time […]. Shared external events have also emerged as coherently defining linguistic cohors». Schilling (2013: 51) ad esempio, nel suo studio sulla comunità di Robeson County, ai fini della stratificazione del campione sulla base dell’età, ha operato un'indagine preliminare di tipo etnografico e socio-storico. Le divisioni generazionali sono state stabilite sulla base della nascita precedente o seguente ad eventi o periodi di tempo che hanno regolato in maniera più o meno profonda il grado di isolamento della comunità. I principali eventi tenuti in considerazione sono stati le due Guerre Mondiali; infatti i parlanti nati precedentemente alla Prima Guerra Mondiale hanno vissuto e lavorato fuori dalla contea per lunghi intervalli di tempo, al contrario dei nati tra Prima e Seconda Guerra Mondiale, maggiormente stanziali in seguito alle opportunità lavorative molto più ridotte al di fuori della contea. I nati dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno invece ripreso i contatti al di fuori della comunità. Un interessante lavoro di Hazen (2000) evidenzia ancora l’importanza di tracciare confini che abbiano una precisa motivazione, di interesse e validità locale. Nell’ambito dei numerosi studi condotti negli Stati Uniti che si sono rivolti verso i correlati sociolinguistici dell’identità etnica, Hazen ha preso in esame la variazione grammaticale presso i residenti di una contea rurale, Warren County, nello stato nel North Carolina. Lo studio si è concentrato sul ruolo della variabilità etnica, includendo nel campione soggetti di origine europea, afro-americani e parlanti nativi d’America,

73 suddistinti sulla base dell’età. L’individuazione delle fasce d’età non è stata compiuta in maniera arbitraria ma tenendo in considerazione il processo riguardante il passaggio dalla segregazione all’integrazione nelle scuole. Le fasce d’età individuate sono state tre, costituite da «those speakers who went to segregated schools exclusively, those who were in school during the time of integration, and those who began school after integration» (Hazen 2000: 9). Le fasce d’età individuate sono state quindi costruite sulla base su un aspetto sociale pertinente a livello locale, cioè il processo di integrazione nella scuola pubblica durante gli anni Sessanta, che ha costituito un momento importante nello sviluppo delle relazioni tra i gruppi etnici della comunità di Warren County e che ha fornito un concreto elemento esplicativo alla variazione linguistica. Gordon (2005: 957) per questo osserva che «the transition from segregated to integrated schools was a powerful event shaping ethnic relations in this community (as elsewhere). For this reason, constructing a sample that was sensitive to the historical context offered Hazen more concrete explanations of changes suggested by the data». Anche la stratificazione del campione sulla base dell’età operata da Gordon (2001) risponde a precise esigenze. Sono state individuate due categorie, adolescenti ed informatori di età media, con lo scopo di evidenziare in maniera chiara quali correlazioni potesse avere l’età nei mutamenti fonetici analizzati nel lavoro. In generale infatti è noto che gli adolescenti sono gli informatori in cui è possibile rinvenire in maggior misura gli aspetti linguistici di carattere innovativo, in ragione della tendenza che hanno le giovani generazioni di distinguersi e opporsi a fini identitari rispetto ai parlanti d’età alta (Eckert 1997: 163). Eckert (1997) osserva infatti che la partecipazione ad una certa fascia d’età spesso comporta comportamenti, anche linguistici, che a questa siano consoni, come ad esempio un impiego maggiore di tratti conservativi da parte dei parlanti in età adulta per ragioni professionali che determinano un aumentano del grado di responsabilità (vd. anche Murphy 2010: 4). Da tale punto di vista i parlanti delle fasce d’età medie occupano una posizione di interesse in quanto presentano spesso caratteristiche anche maggiormente conservative rispetto ai rappresentanti delle fasce d’età più anziane, accomunando quindi gli adolescenti e i parlanti di età più alta, che condividono alcune caratteristiche linguistiche innovative. L’interesse per la fascia d’età media ha fatto sì che a questa venisse accordata una attenzione maggiore (Eckert 1997: 157). Sempre secondo Eckert (1997) la fascia d’età media è stata inoltre indagata al di fuori della prospettiva dell’apprendimento e del mutamento linguistico. Infatti gli studi sulle fasce più giovani hanno esaminato i processi di socializzazione, quelli sulla fase adolescenziale l’apprendimento delle regole degli adulti, quelli sulle fasce d’età più alte la perdita delle regole dell’età adulta. In sostanza la fascia media è stata sempre intesa in senso statico. In generale, alla luce dell’impostazione descritta,

74 i pattern di variazione rilevabili nei parlanti di fascia media, definibili come ‘adulti’, sono perciò visti come un punto di riferimento che definisce la variabilità; da tale impostazione discende che tali pattern costituiscono «the sole target of development. Thus the development of patterns of variation is viewed as subsequent to early language development, and dependent on the development of adult-like social awareness» (Eckert 1997: 157). Per questo l’esclusiva attenzione sulla variabilità delle fasce d’età medie oscura i pattern di variazione tipici delle altre fasce Eckert (1997: 156) sottolinea inoltre che «differences in age systems across cultures can have important sociolinguist implications. Cross-cultural differences may show differences in life events, in the domain that are significant for the definition of those events, in the relative importance of generation and birth order, in the construction of cohorts, ect […]. The relation between age and other social factors will also differ across cultures». L’indagine nelle comunità ispanofone di New York portata avanti da Otheguy & Zentella (2012: 30) ha operato diverse partizioni a valenza strettamente locale, sulla base delle diverse generazioni di immigrati che sono giunte nella metropoli e che, secondo gli autori, costituiscono un aspetto particolarmente rilevante nelle comunità bilingui. Il campione è stato primariamente suddiviso in latino-americani di prima generazione e di seconda generazione, tenendo conto delle seguenti caratteristiche: «in our definition of generational cohorts, a member of the first generation was born in Latin America and lived there at least past his or her third birthday; a member of the second generation was either born in New York or was brought to the city on or before his or her third birthday». Gli informatori di prima generazione sono stati ulteriormente suddivisi in tre gruppi sulla base dell’età di arrivo nella città di New York: informatori giunti in città in età pre-adolescenziale, adolescenziale e adulta. Tale partizione si giustifica alla luce della notevole diversità attraverso cui tali tre fasce d’età esplicano l’esperienza linguistica nel contesto multidialettale e bilingue urbano (Otheguy & Zentella 2012: 31-2). Infine, sempre all’interno del gruppo degli informatori rientranti nella prima generazione, è stato ritagliato un ulteriore raggruppamento costituito da quei locutori meno permeabili, dal punto di vista linguistico, all’influsso dell’inglese e delle altre varietà di spagnolo. Si sono isolati gli informatori giunti nella città di New York in un’età linguisticamente matura (dai 17 anni in su) e che hanno subito una debole esposizione all’ambiente multilingue urbano, vivendo nella città meno di cinque anni. Tale sezione di informatori, denominata immigrant newcomers, tipicamente composta da trentenni che hanno vissuto a New York meno di tre anni, si è rivelata quella maggiormente rappresentativa delle varietà di spagnolo utilizzate nelle località di origine.

75 4. Cagliari plurilingue: suddistinzione in quartieri e linee guida del campionamento

4.1 La suddivisione in quartieri: aspetti teorici e di metodo Il presente lavoro ha fatto uso di un campione judgment, stratificato sulla base delle seguenti variabili: età, genere e quartiere di residenza o domiciliazione. Per ognuno degli strati determinati dalle tre variabili citate si è stabilito un numero di informatori proporzionato al numero complessivo degli individui che ricadeva in quella categoria, numero complessivo desumibile dalle liste anagrafiche. La scelta di dare attenzione alla dimensione del quartiere, stratificando il campione anche sulla base di tale partizione, risponde fondamentalmente a due esigenze: la prima concerne le necessità organizzative del progetto poiché in un ambito spazialmente ampio e complesso quale quello della città di Cagliari è opportuno avere un criterio chiaro e stabile che possa fungere da guida per il proseguimento dell’indagine che mira, complessivamente e nell’arco di più anni, ad indagare interamente la città. La seconda obbedisce all’esigenza dettata dall’interesse che può esservi nell’individuazione di correlazioni tra la variabilità linguistica e la tipologia socio-demografica del quartiere di residenza o domiciliazione degli informatori. Sornicola (1977) sottolinea che uno dei problemi fondamentali che si presentano quando si affronta la realtà sociolinguistica urbana, in particolare quanto si opera in un nucleo con caratteristiche di metropoli, è quello dell’ampiezza dell’aggregato urbano e conseguentemente della variabilità di condizioni strutturali e sovrastrutturali che interessano l’agglomerato in tutta la sua ampiezza ed estensione. Ciò vuol dire che anche sul versante linguistico può esservi una notevole variabilità di comportamenti linguistici; conseguentemente un nucleo urbano, contrariamente a quanto si potrebbe immagine, può non essere omogeneo (Siemund et al. 2013). In generale le differenze maggiormente evidenziate relative alle diverse zone di una città sono di tipo sociale; queste, specialmente dagli anni Novanta, sono acuite dai flussi immigratori che presentano particolari caratteristiche rispetto alle fasi precedenti, riguardanti soprattutto le aree geografiche di provenienza oltre che l'intensità (Siemund e al. 2013: 3). D’altronde una pietra fondante della sociolinguistica si basa sul fatto che usi linguistici e struttura sociale sono ritenuti mutalmente dipendenti. Secondo Malmberg & Nordberg (1994: 16) «this means, for example, that social stratification and social mobility are reflected in and reinforced by sociolects and changes in the relationships between them». Le performances linguistiche sono concepite come facenti parte dei comportamenti sociali ed è per tale ragione che la struttura sociale all’interno della quale una

76 data lingua è utilizzata assume una decisiva importanza. La possibilità di suddistinguere una città in quartieri presuppone evidentemente che questi siano unità locali riconoscibili e individuabili non solo dal punto di vista amministrativo ma anche dal punto di vista socio-demografico. Secondo Zucchi (2011: 37) «lo studio analitico della città porta comunemente a distinguere in essa delle parti, il cui senso è legato alla nozione di omogeneità della parte rispetto al resto della città in relazione a una o più questioni particolari: unità formale, d’uso, sociale, culturale, storica, ecc. Quando una parte di città è identificata da parte degli abitanti, cioè è oggetto di riconoscimento e di senso di appartenenza, parliamo di quartiere». Zajczyk (2005) osserva che il quartiere, rappresentando un rilevante ambito di analisi del fenomeno urbano, è una categoria analitica «socialmente connotata» che offre la possibilità di palesare la natura sociale della realtà urbana e il legame che gli individui intrattengono con lo spazio. Per questo la definizione di 'quartiere' e la sua caratterizzazione, oltre ad aspetti ed elementi di tipo fisico-architettonico, rientra nella sfera sociologica (Zucchi 2011), anche se occorre sottolineare che all’interno dell’ipotesi di ricerca basata sul quartiere come unità ed elemento che costituisce le 'parti' attraverso cui si articola una città, tali 'parti' possono non avere una delimitazione netta ed essere intese come un ‘intorno’ (Zucchi 2011: 38). L’importanza dell’individuazione e della caratterizzazione dei quartieri di una città è desumibile anche dalle considerazioni di Clopper (2013), secondo cui esperimenti di tipo percettivo offrono un notevole aiuto nello stabilire il grado di rilevanza di determinate categorie sociali in una data comunità (vd. cap. 5, parr. 5.1.4 e ss). Infatti se si ipotizza che a un certo quartiere possa corrispondere con buona approssimazione una determinata classe sociale, un’indagine percettiva può aiutare a determinare quale delle due variabili, quartiere di provenienza o classe sociale, risulti maggiormente pertinente e venga per tale ragione utilizzata per stratificare il campione e per correlare variabilità e mutamento linguistico. L’indagine si rivelerebbe utile anche per stabilire quali siano i quartieri o le classi sociali ritenute dai parlanti maggiormente salienti nella classificazione degli individui di una città (Clopper 2013: 151 ss.). Le indagini di Habib (2013: 31) condotte presso diversi centri della Siria hanno evidenziamo come la classe sociale si correli strettamente all’area residenziale: «while education, occupation, and income play major roles in social class identification in the West, income and residential area emerged as major class identifiers». La suddistinzione dei nuclei urbani in quartieri, unitamente alla considerazione delle loro caratteristiche di tipo sociale e abitativo, permettono di andare incontro con maggiore precisione ed efficacia verso gli scopi dell’indagine, assieme a una migliore strutturazione del piano di ricerca. L’unità ‘quartiere’ si configura allora come un utile punto di accesso per analizzare e delineare a

77 livello di città il quadro della situazione della realtà linguistica.

4.2. Sociolinguistica urbana e quartieri: alcuni esempi L’utilità di considerare le barriere e i confini fisico-geografici in stretta connessione con partizioni, confini e caratteristiche di tipo socio-storico emerge da numerosi studi condotti presso diversi centri urbani. Nella città di Montréal, i quartieri di Westmount (prevalentemente anglofono e ‘ricco’) e quello di St-Henry (a carattere ‘operaio’ e prevalentemente francofono) sono separati da una linea ferroviaria, stradale e da una collina. Tali confini, unitamente a quelli di tipo sociale, favoriscono la persistenza di differenze di tipo linguistico (Van Herk 2012: 37), così come avviene nella città di Detroit dove è noto che la strada denominata Eight Mile rappresenta non solo un confine di tipo fisico ma soprattutto di tipo sociale in quanto ha costituito e costituisce tutt'ora la linea di demarcazione tra la zona della città ‘povera’ e popolata prevalentemente da Afro-Americani e le zone a nord, più ‘benestanti’ e popolate da Bianchi (Van Herk 2012: 37). Quando si prospetta la possibilità che a tali aspetti possano corrispondere correlazioni con la variabilità e con il mutamento linguistico, questi assumono maggiore interesse. L’indagine di Britain (2001) ad esempio, condotta presso due centri nella zona del Fens, nell’Inghilterra orientale, evidenzia che gli atteggiamenti circa i confini fisici e sociali possono esercitare sollecitazioni sulla lingua. I due centri esaminati, Wisbech e King’s Lynn distano appena 22 km. Presso King’s Lynn persistono numerosi aspetti grammaticali conservativi che a Wisbech non è dato rilevare. Van Herk (2012: 38) sottolinea che «Britain shows how people of the old-features side of this boundary are linked to King’s Lynn for work, shopping and entertaiment (as also reflected by the local bus routes), while those on the new-features side are linked in the same ways to Wisbech. Interaction between these two networks are also blocked by rivers, drainage channels, and negative stereotypes of each other». I fattori sociali influenzano non solo la percezione della distanza ma anche gli atteggiamenti verso la posizione nello spazio; a questi si attribuiscono, spesso in contesto urbano, precisi significati sociali. Ad esempio a certi quartieri si associano automaticamente determinate connotazioni di classe, di tipo etnico e linguistico che contribuiscono a caratterizzarli. Secondo Tagliagambe (2002: 109) quando la coesione interna di una data città o quartiere risulta elevata dà luogo a reti di relazioni locali piuttosto forti che si traducono in un sentimento di spiccata identità: gli abitanti maturano un forte senso di appartenenza e la città e/o il quartiere di residenza è visto come un patrimonio da conservare, sviluppare e valorizzare. L’utilità che ha la suddivisione della città in quartieri per la pianificazione e svolgimento della

78 ricerca, unitamente alla loro specifica caratterizzazione, emerge dall’esame di numerosi lavori di sociolinguistica urbana. Da questi è evidente che il quartiere è risultato il principale elemento che ha guidato la scelta della zona da indagare in quanto, ad esempio, dalle caratteristiche relative alla tipologia abitativa, ai servizi presenti, ecc., era possibile capire a quale classe sociale potessero corrispondere gli abitanti. A tal proposito Dodsworth (2013: 38) osserva che «in some urban sociolinguistic studies, such as Labov 2001, neighborhood is used as a categorical indicator of socioeconomic status». Per tale ragione il noto lavoro di Labov condotto a New York (Labov 1966), volto all’individuazione dei correlati sociali riguardanti gli aspetti articolatori della r in determinati contesti, si basò sulla scelta di tre centri commerciali che si differenziavano in relazione alla posizione nella città. Le zone dove tali centri commerciali risultavano ubicati avevano le seguenti caratteristiche (Labov 2006: 42): 1) Highest-ranking: Saks Fifth Avenueat 50th St and 5th Ave., near the center of the high fashion shopping discrict, along with other high-prestige stores such as Bonwit Teller, Henri Bendel, Lord and Taylor. 2) Middle-ranking: Macy’s Herald Square, 34th St and Sixth Ave., near the garment district, along with Gimbels and Saks-34th St, other middle-range stores in price and prestige. 3) Lowest-ranking: S. Klein Union Square, 14th St and Broadway, not far from the Lower East Side. Anche l’indagine condotta nel quartiere Lower East Side di Manhattan, sempre nella città di New York (Labov 1966), presenta precise motivazioni. Il quartiere infatti si caratterizza per la presenza di larghe sezioni di rappresentanti la classe media, operaia e bassa. Inoltre nelle vicinanze, essendo residenti gruppi di immigrati di origine italiana, irlandese, tedesca, ucraina, polacca, si sono presentate interessanti condizioni per le indagini sociolinguistiche. Uno dei principali obiettivi di Labov (1966) era quello di documentare i pattern di variazione fonetica nell’inglese a New York City. Poiché tale città si presentava socialmente piuttosto complessa, lo studioso scelse di concentrarsi sul quartiere Lower East Side. La zona si prestava infatti a esemplificare la complessità di New York e venne per questo scelta poiché ritenuta rappresentativa della città nel suo complesso: «an area which ex-emplifies the complexity of New York City as a whole with all its variability and apparent inconsistencies» (Labov 2006: 4). Vennero intervistati complessivamente 340 residenti di cui 122 attraverso interviste dettagliate, 33 con dati raccolti attraverso interviste più brevi. La consistenza numerica del campione, abbastanza notevole specialmente se confrontata con altri progetti di ricerca condotti in ambito urbano, si giustificava alla luce della complessa composizione del quartiere, particolarmente eterogenea sia per quanto riguarda le classi socio-economiche, sia per quanto riguarda le diverse componenti etniche: «the

79 Lower East Side is weak in the representation of the upper portions of the city’s social structure, but it has a good selection of the larger groups: middle class, working class, and lower class New Yorkers. Furthermore, all of the city’s main ethnic groups are represented as well: Italians, Jews, Irish, Germans, Ukrainians and Poles, African Americans, and Puerto Ricans» (Labov 2006: 97). Tali caratteristiche lo rendevano piuttosto diverso rispetto agli altri quartieri della città che si mostravano più ‘monotoni’ in termini di rappresentanza di particolari classi sociali e/o etnie. Il campione di Labov è stato stratificato anche in relazione alla classe socio-economica. I parlanti giunti nella città, e nello specifico nel quartiere oggetto di studio, dopo l’età di otto anni sono stati esclusi dal campionamento, così come coloro che vi hanno vissuto per meno di due anni. Per quanto attiene il sesso, non è stato conteggiato un ugual numero di locutori uomini e donne sicché, complessivamente, le donne risultano rappresentate in maniera leggermente superiore (64%). Analoghe motivazioni giustificano le scelte riguardanti la città di Philadephia (Labov 1981: 31): «the neighborhood selected for study form a judgement sample of the city in the largest sense: the priorities of selection are ordered in accordance with major residential, class and ethnic groups most characteristic of the city. There are not enough neighborhoods involved to form a sample representative of the city as a whole, however, and without supplementary data these neighborhood studies cannot be considered to yield a representative view of the Philadelphia speech community. Their primary function is to achieve depth rather than breadth. Information on census tracts and previous studies of ethnic distributions in Philadelphia are consulted to identify blocks that are located centrally in the main ethnic and class groups. Data from our own random and anonymous surveys are also utilized for this purpose. Within each of these areas, a single block is selected as an initial research site. These characteristics motivate our selection of a block: a) Residentially stable with close to full occupation to dwelling units, and many adult residents who have lived in the area since childhood. b) Relatively soft interfaces between public and private space, with a resultant high level of interaction of residents. c) A moderate number of shopping and recreation sites in the immediate vicinity, with a consequent high level of local interaction». Anche lo studio di Milroy & Milroy (1977) condotto nella città di Belfast, in Irlanda del Nord, ha attentamente valutato le diverse zone della città in ragione degli scopi dell’indagine. Questa verteva sull’importanza dei social network attraverso lo studio del parlato della classe operaia. L’ipotesi era che quando i valori riguardanti sesso, età e classe sociale risultano costanti, quanto più stretti e forti risultano i legami relativi al social network dell’individuo con la comunità locale, tanto più la

80 varietà linguistica dell’individuo è prossima alle norme locali. Al contrario, in caso di legami più deboli, la varietà linguistica dell’individuo se ne discosta. Belfast, diversamente da altri centri e in seguito a conflitti politici e religiosi, presenta(va) partizioni particolarmente refrattarie al contatto con altri quartieri. Il lavoro ha preso in esame i parlanti di tre zone della città: 1) Ballymacarrell: un’area situata ad est popolata principalmente da Protestanti che non hanno mai valicato in fiume Lagan, che suddivide la città in due parti. 2) Hammer: un’area anch’essa Protestante ma situata ad ovest, dall’altra parte del fiume Lagan. 3) Clonard: un’area anch’essa ad ovest ma popolata principalmente da Cattolici.

Poiché era necessario il requisito dell’invarianza della classe sociale, è da notare che tutte e tre le zone della città risultavano ospitare comunità operaie, con alti tassi di disoccupazione e vari aspetti di disagio sociale e chiamate per tale ragione blighted areas. Il campione ha compreso 46 parlanti suddivisi per genere e fascia di età. Sono stati individuati quattro gruppi: otto uomini di età compresa tra 18-25 anni e otto dai 40-55 anni; otto donne di età compresa tra 18-25 anni e otto dai 40-55 anni. Non sono stati compresi gli individui il cui parlato, per diverse ragioni, poteva approssimarsi allo standard (gli insegnanti ad esempio). Le otto variabili fonetiche analizzate (tra cui caduta della fricativa dentale sonora in contesto intervocalico, passaggio di [æ] a vocale bassa posteriore non arrotondata e passaggio di [ʊ] a [ʌ] in alcune parole), hanno portato a risultati interessanti. Lo studio ha appurato che l’uso delle variabili fonetiche scelte è risultato connesso al genere in tutte e tre le aree urbane, soprattutto la caduta della fricativa dentale sorda intervocalica. Le donne, in special modo della fascia di età compresa tra i 18 e 25 anni, hanno registrato un uso molto meno frequente delle varianti non-standard. Ciò è risultato correlato alla diversa integrazione all’interno del social network che Milroy (1980: 139-143) ha misurato in una scala compresa tra 0 e 5, punteggio che individua la densità del network individuale. Il punteggio relativo agli uomini è risultato notevolmente più elevato rispetto a quello che donne, implicando che i primi hanno legami molto più stretti e forti con la comunità locale. La correlazione più stringente tra network e aspetti fonetici esaminati è stata rilevata nella zona di Ballymacarrett dove gli uomini risultano più fortemente integrati nel network della comunità locale, anche poiché lavorano principalmente all’interno del quartiere. Le donne invece si spostano in altre zone della città e la loro integrazione con la comunità risulta per questo più debole. Secondo Milroy (1980: 162-3) l’uso di varietà standard è associato ad uno status sociale alto mentre, al contrario, l’uso di forme non standard esprime solidarietà con la comunità locale, con le

81 sue norme e consuetudini. Quest’ultimo tipo di uso è in connessione con strutture di network dense e fortemente interrelate tra loro, che possono trovarsi soprattutto nelle aree rurali e nelle zone urbane di impronta ‘operaia’ dove la solidarietà tra i membri favorisce l’uso di forme non-standard. I network caratterizzati invece da maglie rade e deboli comporterebbero un orientamento verso le varianti stardard e rappresenterebbero una possibile premessa al mutamento. Sornicola (1977) sottolinea che presso la città di Napoli le condizioni sociali e culturali variano consistentemente a seconda dei quartieri con, in alcuni casi, differenziazioni particolarmente nette. Ad esempio esiste una chiara contrapposizione tra i quartieri della fascia periferica e quelli del centro, oltre a quella tra quartieri occidentali (cosiddetti residenziali) e quelli orientali, a connotazione più 'popolare'. La studiosa ha scelto 4 quartieri (Chiaia, Vomero, Fuorigrotta, Soccavo), nell’ottica di «delimitare una regione urbana in cui cadesse il confine fra più quartieri (se possibile, fra loro reciprocamente limitrofi) e che con essi coincidesse» (Sornicola 1977: 24). Inoltre si è preferito che questi appartenessero al centro piuttosto che alla fascia periferica, poiché i primi presentano una configurazione più antica e possono per questo rappresentare meglio una struttura di quartiere. La scelta è stata guidata anche dagli obiettivi della ricerca, cioè lo studio dei fenomeni linguistici di standardizzazione: infatti l’area di Chiaia, Vomero, Fuorigrotta e Soccavo presenta, rispetto alle altre e complessivamente, un'elevata italofonia. Inoltre, soprattutto a Chiaia, Vomero e Fuorigrotta vi è una certa uniformità della densità della popolazione. I quattro quartieri selezionati sono stati caratterizzati sulla base della tipologia lavorativa dei residenti, sul grado di scolarizzazione, sull’indice di affollamento delle abitazioni. L’area comprendente Arenella, S. Carlo, Stella e Chiaiano non è stata considerata in quanto i quartieri presentano confini che non ricadono in aree edificate. Le aree occupate da Avvocata, S. Lorenzo, Montecalvario, S. Giuseppe e S. Lorenzo, S. Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato sono state ugualmente escluse perché presentano quartieri principalmente destinati ad uffici piuttosto che ad abitazioni. Pendino inoltre risulta scarsamente caratterizzato rispetto a quelli limitrofi (Sornicola 1977: 25). L’indagine condotta a Bari da Caratù e al. (1989), valutando l’ipotesi che vi possa essere una connessione tra variabilità linguistica e divisione del centro in quartieri, parte da una sommaria distinzione e caratterizzazione della composizione socio-economica dei quartieri di Bari. Colotti e al. (1989), lavorando nel centro di Matera, partono anch’essi dalla suddivisione della città in quartieri, operando però una distinzione tra partizioni offerte dal punto di vista amministrativo e partizioni più funzionali dal punto di vista dell’indagine sociolinguistica. Gli autori hanno effettuato accorpamenti di quartieri distinti amministrativamente ma affini per quanto ha riguardato l’identità di carattere sociolinguistico (Colotti e al. 1989: 51) in modo da lavorare su sezioni della città

82 omogenee. In seguito, pur rimarcando il carattere non definitivo dell’indagine, Colotti e al. (1989: 79) descrivono la caratterizzazione maggiormente conservativa di alcuni quarteri rispetto ad altri che invece hanno mostrato aspetti innovativi. Luisi-Weichsel (1989) ha indagato le caratteristiche fonetiche dell’italiano parlato nella città di Genova, suddividendola in quartieri a connotazione popolare e residenziale: tale partizione è stata ritenuta un fattore importante per l’individuazione della classe sociale degli informatori in quanto il quartiere di residenza fornisce informazioni circa il suo ambiente economico-culturale (Luisi- Weichsel 1989: 159). La classe sociale di ogni parlante è stata infatti individuata attraverso l’elaborazione di un sistema di punteggio che ha tenuto conto del titolo di studio, dell’attività lavorativa e della connotazione del quartiere di abitazione. Il lavoro di Hall-Lew (2009) si è concentrato sui mutamenti fonetici in atto nell’inglese della città di San Francisco, in California che risultavano, verosimilmente, connessi al carattere multietnico della comunità. La studiosa osserva che i progetti di indagine riguardanti il significato sociale della variabilità linguistica possono essere suddistinti, tra le varie caratteristiche, anche sulla tipologia del campo di indagine. Uno di questi, utilizzato con particolare frequenza, è costituito dalle scuole superiori, soprattutto in conseguenza degli aspetti messi in luce per la prima volta da Eckert (1989), nonché per l’oggettiva facilità di accedere ad un campione costituito da studenti (convenience sampling, vd. par. 3.1). Secondo Hall-Lew (2009: 20) «the social structure of a high school is highly contingent on the performative construction of social groups and membership therein, making a high school an ideal location for variationist sociolinguistic analysis with a constructionist orientation». Tuttavia il contesto scolastico si rivela carente per quanto attiene la dimensione della variabilità relativa all’età; inoltre occorre tenere in conto altri aspetti sociali, come il quartiere di residenza e la classe sociale. In particolare occorre notare che in contesto urbano gli studenti di una scuola superiore possono provenire da differenti quartieri e zone della città. L’approccio alternativo, in relazione alla definizione dello spazio geografico in cui condurre le inchieste, prevede il campionamento dei residenti di un particolare quartiere, modalità d’altronde già impiegata in studi quali Labov (1966) e Milroy (1980). I principali pregi sono costituiti dalla possibilità di accedere ad un complesso di variabili più ampio rispetto a quanto è possibile incontrare in contesto scolastico ma al contempo maggiormente gestibile rispetto ad un nucleo urbano nella sua interezza. Secondo Hall-Lew (2009: 21) «the challenge of ‘getting to know’ the speaker sample taken from a neighborhood is also inherently less representative of that neighborhood than a sample from a school, because the proportion of the sample to the population will be much smaller». Inoltre i fattori che occorre tenere in particolare conto in una indagine basata su un particolare quartiere

83 urbano sono le motivazioni che ne dettano la scelta, la strategia per contattare gli informatori e la delimitazione e le caratteristiche del campione. In relazione al primo aspetto, Hall-Lew (2009) ha scelto, nella città di San Francisco, la zona denominata Sunset District, sulla base della prevalenza di un unico gruppo etnico e di una relativa uniformità socio-economica. La scelta appare completamente difforme rispetto ai criteri che avevano guidato Labov (1966). Per questo l’indagine svolta presso Sunset District non ha la pretesa né la possibilità di essere rappresentativa della città di San Francisco, ma solo di presentarne un tassello. Hall sottolinea che, rispetto ad un campionamento condotto presso un nucleo urbano dell’estensione di San Francisco, la scelta di un unico quartiere ha il vantaggio, ovviamente, di una maggiore gestibilità complessiva oltre alla possibilità di un approfondimento etnografico più profondo e prolungato. In considerazione del fatto che la componente immigrata di origine asiatica numericamente più notevole nella città di San Francisco è quella cinese e che la metà circa dei residenti di tale origine si trova nella zona denominata Sunset District, quest’ultima è stata scelta per la conduzione delle inchieste. La componente cinese vi si insediò in seguito ad un cambiamento demografico che ha avuto inizio alla fine degli anni Sessanta, con un notevole picco a partire dagli anni Ottanta. Gran parte della popolazione che in quegli anni si trovava già insediata, soprattutto di origine irlandese, si trasferì ad altri quartieri e aree suburbane periferiche anche se vi è ancora una minoranza irlandese nel quartiere di Sunset District. Quest’ultimo si presenta allora di particolare interesse per lo studio della variazione linguistica, richiedendo al contempo «an analysis that considers the potential influence of that history on San Franciscan’s present day orientations to ethnicity, ethnic identity, and the linguistic presentation of self» (Hall-Lew 2009: 27). Hall-Lew formula anche alcune considerazioni relative agli atteggiamenti degli abitanti di San Francisco verso il proprio e verso gli altri quartieri della città. Alcuni abitanti ‘nativi’ sono orgogliosi di essere sempre vissuti e di appartenere a un dato quartiere. In generale infatti, nelle zone delle città considerate ‘storiche’, i residenti da lunga data sviluppano una forte consapevolezza della propria identità e di quella del quartiere in confronti alle zone urbane più recenti e agli abitanti giunti recentemente: la descrizione di tali atteggiamenti e le modalità attraverso cui questi costruiscono la propria identità sono elementi di grande importanza per l’indagine sociolinguistica. Hall-Lew (2009) tuttavia sottolinea la cautela che occorre mantenere davanti a tali premesse. I quartieri di antica edificazione, avendo maggiore probabilità di ospitare come residenti cittadini ‘nativi’ della città, appaiono come quelli più idonei ad essere selezionati per la possibilità di descrivere gli aspetti più conservativi di una certa varietà. Tuttavia la comunità linguistica di un certo quartiere risulta composta anche da altri profili, che non necessariamente sono nati e vivono da tempo nello stesso quartiere. Hall-Lew infatti osserva che la caratterizzazione di una comunità di

84 parlanti deve essere condotta attraverso un campione che ne rappresenti la variabilità, tenendo in considerazione al contempo la fattibilità del progetto. Il quartiere di Sunset District è stato scelto per le seguenti motivazioni (Hall-Lew 2009: 29): «(1) its history, (2) previous related studies, and (3) my personal relationship with the neighborhood». Per quanto attiene il primo punto, l’aspetto di maggior interesse è rivestito dalla recente e massiccia immigrazione di origine cinese che ha reso di particolare interesse l’indagine del concetto di ethnicity e dei risvolti linguistici inerenti. Il secondo punto descrive e sottolinea la presenza di studi precedenti che permettono un confronto con quanto appare dalle indagini contemporanee, mentre il terzo assume particolare importanza in relazione agli aspetti di metodo che riguardano le inchieste sul campo. La circostanza che vede il rilevatore come un abitante di lunga data del quartiere oggetto di indagine agevola sia il contatto con gli informatori, sia la conduzione e l’efficacia dell’inchiesta. La conoscenza condivisa tra rilevatore e informatore circa vari aspetti che caratterizzano la zona (soprattutto toponomastica, amici, conoscenti, parenti) favoriscono maggiore familiarità e confidenza; ciò si traduce in dati più spontanei e di maggiore durata. L'importanza che in senso più ampio riveste la conoscenza profonda da parte del rilevatore dell'ambito urbano in cui si svolge la ricerca è chiara anche dal lavoro di Trudgill (1974), svoltosi presso Norwich. Ai fini dell'individuazione della classe sociale degli informatori lo studioso, tra gli altri parametri, ha inserito anche la zona di residenza in considerazione del fatto che, in generale, in ogni centro urbano sono presenti zone più popolari in contrapposizione a partizioni abitative più prestigiose. L'individuazione di quali zone potessero definirsi 'residenzialmente pregevoli' rispetto alle altre è stata compiuto dall'autore stesso, sulla base della confidenza che aveva maturato nel centro di Norwich. Secondo Ash (2002: 409) infatti «any researcher who conducts an indepth study of a speech community ought to be able to judge the relative prestige of neighborhoods within that community». Dodsworth (2005) ha compiuto uno studio su alcuni aspetti fonetici dell’inglese parlato nella città di Columbus, nello Stato dell’Ohio. La scelta dell’area in cui svolgere le inchieste è ricaduta sulla zona denominata Worthington, un nucleo suburbano della città che solo recentemente è risultato inglobato nella città di Columbus: «whereas Worthington was once isolated from the urban center, the urban center has now swallowed Worthington» (Dodsworth 2005: 75). Le carattestiche sociali della zona selezionata sono costituite da «a mostly white, upper-middle class community» , basata su «the city’s ‘traditional’ New England identity» (Dodsworth 2005: III). I residenti sono risultati composti prevalentemente da individui di origine europea, con una

85 percentuale del 94%. Questa invece, nelle restanti zone della città di Columbus, è risultata più bassa, assestandosi al 70%. I motivi che hanno spinto Dodsworth nella scelta della zona di Worthington sono piuttosto differenti rispetto a quelli portati avanti da Labov (1966) che vedeva nel quartiere di Lower East Side un modello ‘in piccolo’ della città di New York in virtù della composizione sociale. Dodsworth ha invece selezionato Worthington per le caratteristiche demografiche ‘atipiche’ dei residenti. Il nucleo infatti, fondato nel 1803 da coloni provinienti dal Massachusetts e dal Connecticut, vede gran parte degli abitanti impegnarsi attivamente per mantenere la ‘tradizionale’ identità del New England, assieme ai valori religiosi e educativi, in modo che questi rimangano ‘intatti’ rispetto all’avanzata e all’espansione del nucleo urbano di Columbus. L’atteggiamento dei residenti è di creare e mantenere un certo contrasto tra la loro zona di residenza e il resto del centro cittadino: l’interesse di Dodsworth si è indirizzato verso i correlati linguistici di tale atteggiamento. L’analisi della distribuzione sociolinguistica di determinati aspetti fonetici rispetto alle categorie sociali localmente rilevanti (quattro categorie costruite sulla base di differenti atteggiamenti nei confronti dell’espansione urbana) ha mostrato un'interessante differenziazione linguistica tra i residenti all’interno di Worthington e coloro che vivono nelle zone circostanti. Sulla base di tali considerazioni lo studio, complessivamente, considera attraverso quali modalità gli abitanti di Worthington intendono e reagiscono alla sempre maggiore espansione urbanistica di Columbus. Dodsworth ha predisposto domande specifiche relative alla natura dello sviluppo urbano attorno a Worthington, indagando le reazioni e gli atteggiamenti dei parlanti riguardo tale aspetto, un argomento quindi di particolare salienza a livello locale. L’ampiezza del campione è risultata piuttosto esigua: ciò è una conseguenza della ridotta estensione della zona indagata e della densità di abitanti non particolarmente consistente. Diversamente da Labov (1966), Dodsworth tuttavia ha fatto uso non solo delle interviste ma anche di dati ottenuti con il metodo dell’osservazione partecipante grazie all’interazione con numerosi residenti in numero maggiore rispetto a quelli presenti nel campione. Oltre ha ciò ha considerato la documentazione locale sia storica che contemporanea. In tal modo, mentre una variabile può ad esempio essere correlata all’età del parlante e suggerire in tal modo un mutamento in atto, l’affiancamento di informazioni di tipo storico offrono la possibilità di considerare i mutamenti sociali in parallelo con quelli di natura linguistica. L’attenzione verso gli aspetti etnografici e storici nelle indagini di tipo urbano è esemplificabile anche attraverso lo studio di Modan (2007), svoltosi nel quartiere di Mount Pleasant che si trova nella porzione a nord-ovest della città di Washington. Le caratteristiche di tale quartiere sono in parte affini a quelle del Lower East Side in quanto è un settore piuttosto eterogeneo in termini di

86 composizione etnica e posizione socio-economica degli abitanti; in parte sono affini al quartiere di Worthington, soprattutto in considerazione della presenza di una parte abitata in prevalenza da Bianchi, inseribili nella fascia sociale medio-alta. È proprio l’incontro di tali due aspetti ad aver motivato la scelta di Mount Pleasant. Il lavoro, di taglio fondamentalmente etnografico e svoltosi attraverso l’analisi di dati di varia natura come messaggi di posta elettronica, conversazioni casuali e soprattutto interviste etnografiche condotte con i residenti, ha avuto lo scopo di chiarire come i membri della comunità del quartiere utilizzano la lingua per legittimare loro stessi come membri della comunità e, al contempo, per delegittimare gli altri. Il focus è costituito quindi dall’indagine delle pratiche discorsive attraverso cui i parlanti «define, negotiate and redefine the places they live as particular kinds of communities populated by particular kinds of people» (Modan 2007: 5). Il tal senso si assume che la lingua rifletta e contribuisca a costruire i processi di inclusione ed esclusione dei membri della comunità, nonché come i membri della comunità di Mount Pleasant si relazionano al proprio quartiere e come ‘vedono’ gli altri. Parte dell’indagine è dedicata all’illustrazione degli aspetti geografici, sociali e linguistici che caratterizzano il quartiere e che ne hanno determinato la storia e lo sviluppo che, recentemente, sta attraversando cambiamenti sia di tipo urbanistico che socio-culturale: da area urbana tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia il quartiere sta mutando connotazione in seguito all’acquisto di immobili da parte di popolazione 'benestante'. Il lavoro sul campo è stato condotto interamente attraverso metodi etnografici, anche in virtù del fatto che la studiosa ha vissuto nel quartiere per diversi anni precedentemente all’inizio del progetto di ricerca. È da notare che l’esatto numero degli intervistati non è specificato ma un'importante fonte è costituita dalla presenza di un buon numero di registrazioni di discorsi condotti tra più interlocutori. Le interviste di gruppo, secondo Modan, risultano maggiormente informative se si ha l'esigenza di cogliere aspetti linguistici colloquiali e quotidiani rispetto alle interviste strettamente individuali. Jannedy (2010) si sofferma sull’importanza dell'individuazione dei quartieri dove sono presenti i tassi più alti di immigrati e dove per questo sono più favorevoli le condizioni di contatto linguistico. Per tale ragione vi sono numerosi studi che hanno indagato la variabilità, unitamente agli aspetti innovativi, nelle varietà di parlanti di fascia di età giovane nei quartieri urbani multietnici di diverse città d’Europa (Kerswill e al. 2008). Attraverso tali premesse Jannedy (2010) ad esempio individua due quartieri di Berlino, Kreuzberg e Wedding, che hanno recepito maggiormente i notevoli flussi migratori provenienti dalla Turchia, avvenuti soprattutto tra gli anni Sessanta e Settanta. La varietà di tedesco appresa dagli immigrati turchi è detta Kiezdeutsch. Jannedy (2010: 44) tuttavia sottolinea che «today there is a general agreement that an appropriate name for this variety of Germany needs

87 to reflect the fact that speakers are young multiethnic urban speakers with a wide variety of language backgrounds […] so a term was coined that does not reference the speakers but the location where this variety is spoken: locally identified, tightly knitted neighborhoods all over Germany. The term Kiezdeutsch at best functions as a shortcut to invoking the notion of a highly stigmatized urban multi-ethnolectal youth language, often spoken in migrant communities in larger metropolitan areas in Germany which emerged on the basis of German and other languages such as Turkish and Arabic. For that matter, it is much more than an inability or refusal to speak (proper) German, it is more so an act of identity. It however completely neglects the fact that the term Kiez has a variety of different meanings, depending on location: in Berlin, a Kiez is a neutral term referencing a small local neighborhood, in Hamburg there is only one Kiez which happens to be the red-light district, and other urbancenters such as Cologne or Munich do not have Kiezes at all. Thus, for the lack of a better term, the usage of Kiezdeutsch nowadays is common in the literature». Anche lo studio di Hoffman & Walker (2010) condotto presso la città di Toronto offre interessanti spunti di metodo. L’indagine ha avuto lo scopo di indagare l’inglese parlato da locutori di età infantile che tuttavia, nel contesto domestico, risultavano esposti a una varietà differente. Con lo scopo di circoscrivere il lavoro gli autori si sono concentrati sulla comunità cinese e hanno svolto, preliminarmente alle inchieste, uno studio sulla storia degli stanziamenti di tale etnia nella città: la scelta è ricaduta sugli immigrati provenienti da Hong Kong. Walker & Hoffman (2013: 81) rilevano che «if we compare Toronto with other situations of immigrant communities, we start to see some important differences. In Toronto, different immigrant groups have tended to settle in particular geographic areas, leading to some identifiable “enclaves” (e.g. Little Italy, Chinatown)», precisando tuttavia che «not all groups settle in identifiable neighborhoods these days. For example, Spanish speakers are spread throughout the city». L’aspetto che gli autori tendono a rimarcare, all’interno delle indagini delle componenti immigrate in contesti urbani, è che evidentemente non tutte le etnie tendono ad insediarsi su aree precise e ben individuabili: alcune si localizzano in determinati quartieri, altre si insediano in maniera regolare in tutta la città, senza privilegiarne di particolari. A livello più generale, prescindendo quindi dalla sociolinguistica urbana delle componenti immigrate, gli studiosi rimarcano «the importance of understanding the demographic characteristics of each community and each location» (Walker & Hoffman 2013: 81). Grieser (2012) ha svolto una ricerca presso Takoma Park, un’area residenziale che ricade nell’area metropolitana di Washington. Secondo Grieser (2013: 82) «considered one of the wealthier neighborhoods of Washington, D.C., Takoma has a median household income of $66,600 as of the 2010 census according to the Takoma Park Census and Community Information Website

88 (TPCCI), approximately $14,000 more than the national median. The neighborhood is also relatively ethnically balanced, with a population that is 49% white and 35% African American. It is also a highly educated community, with over 91% of its adults residents holding high school diplomas, and 53% holding bachelor’s degrees or higher. Its relative racial balance, as well as its situation at the border of suburban Maryland and urban Washington D.C. makes Takoma a site uniquely positioned for analysis of discourses about place and race in the Washington D.C. region. By examining the ways residents of Takoma talk about themselves and their community, we can find both discourse and phonological evidence that sheds light on speakers’ ideologies of themselves and their community». La composizione etnica di Takoma è quindi importante specialmente se confrontata con altre partizioni della città di Washington, considerata prevalentemente afro-americana e che presenta notevoli separazioni geografiche tra gruppi sociali, favorite e rinsaldate soprattutto dalla discriminazione razziale, sia passata che contemporanea. Il fatto che a Takoma vi sia mescolanza di componenti etniche ha reso interessante indagare il come vengano codificate nello spazio e nella lingua le questioni di identità razziale, o pluralità razziale. Takoma inoltre si trova tra un quartiere urbano a carattere residenziale, Petworth, e la cittadina suburbana di Silver Spring: presenta quindi caratteristiche sia di un’area urbana che suburbana. Dodsworth (2013: 31), in uno studio condotto presso la città di Raleigh, in North Carolina, parte dalla constatazione che «during the second half of the 20th century, Raleigh, North Carolina experienced rapid population growth due in part to migration from outside the South. The local dialect shifted from a predominantly Southern vowel system to one that lacks distinctive regional features». I flussi migratori che hanno interessato Raleigh e il conseguente sviluppo urbano sono stati principalmente conseguenti allo sviluppo del cosiddetto Research Triangle Park (RTP), un polo industriale che ha attirato diverse centinaia di operai soprattutto dagli stati del Nord, a partire dai primi anni Sessanta. Le condizioni di contatto linguistico che si sono così venute a sviluppare, tra ‘dialetti’ del Sud e non, ha portato ad una veloce erosione delle caratteristiche tipiche del Sud riguardanti soprattutto il sistema vocalico. L’obiettivo dell’indagine di Dodsworth è stato quello di investigare i fattori sociali connessi a tali mutamenti. Il campione, costituito da circa 250 informatori, ha portato alla raccolta di dati che hanno evidenziato che i mutamenti in atto risultano principalmente correlati a età, genere, occupazione e tipologia lavorativa dei familiari e la zona di residenza. La procedura di campionamento ha suddistinto i parlanti in quattro gruppi, sulla base di diverse aree della città e sulla base della frequenza presso le scuole superiori. La variabile relativa al quartiere è risultata rilevante solo per i

89 parlanti cresciuti durante o dopo i notevoli movimenti migratori conseguenti alla nascita del Research Triangle Park. È risultata invece ininfluente per gli informatori nati prima della nascita del Research Triangle Park. Il lavoro di Breckner e al. (2013) si è focalizzato sulla città di Amburgo, in Germania. Gli studiosi sono partiti dalla constatazione secondo cui nella gran parte dei centri urbani interessati da recenti flussi migratori tali componenti tendono a risiedere presso determinate zone della città. Sulla base di questo elemento, poiché il loro lavoro mirava allo studio dei contesti multilingui in ambito urbano, hanno potuto selezionare efficacemente le aree della città e in seguito elaborare le procedure più idonee per la raccolta dei dati. In particolare, nelle fasi preliminari delle indagini sociolinguistiche in contesto urbano, l’importanza della suddivisione dei nuclei urbani in quartieri, unitamente all’esame delle caratteristiche sociali che li contraddistinguono, è testimoniato anche dall’interesse che spesso rivestono i quartieri cosiddetti 'popolari'. D’altronde la circostanza per cui i quartieri risultano caratterizzarsi e distinguersi anche per la struttura sociale, intesa come insieme delle caratteristiche degli individui che vi abitano e la natura delle relazioni che tra questi individui si intrattengono, è evidenziato dai numerosi studi che, a partire dagli ultimi decenni del Novecento, hanno indagato ad esempio la geografia del disagio urbano che si è andata sempre più sovrapponendo a quella dei quartieri di edilizia pubblica (Menesini & Ruggeri 2014: 9). La costruzione di nuclei abitativi non di pregio, accessibili alle famiglie con reddito particolarmente basso o nullo, ha comportato la concentrazione spaziale sia del disagio che degli svantaggi sociali, ponendo le basi per la presenza di quartieri piuttosto omogenei dal punto di vista della classe popolare. Tali quartieri hanno così 'concentrato' i problemi sociali su particolari aree urbane attraverso un processo comune nei nuclei cittadini di medie e/o grandi dimensioni. Menesini & Ruggeri (2014: 9) sottolineano che l’edilizia a carattere popolare è stata la risposta ai problemi abitativi dei segmenti più fragili della popolazione, esclusi dal mercato privato. Tale risposta non è stata tuttavia accompagnata da altre forme di supporto se non, ultimamente, da interventi, progetti e programmi che hanno mirato al recupero e alla riqualificazione di tipo fisico e strutturale, non di tipo sociale. Le condizioni economiche e quelle relative alla salute e all’assistenza sono i fattori che incidono in maggiore misura nelle graduatorie e che determinano per tale ragione il raggruppamento in determinati quartieri di segmenti di popolazione in condizione di multiproblematicità (Bonetti 2014). Menisini, Arcieri & Nocentini (2014: 84) sottolineano ad esempio che «le caratteristiche del quartiere influenzano la competenza prosociale e i problemi comportamentali degli adolescenti esposti ad alti livelli di disagio socio abitativo, sia attraverso la loro interazione con il management dei genitori, sia attraverso l’azione del gruppo dei pari con cui gli adolescenti sono in contatto».

90 Per questo negli studi di sociolinguistica e di dialettologia urbana sono spesso i quartieri cosiddetti popolari a suscitare interesse e ad essere privilegiati nella ricerca. Le partizioni urbane caratterizzate dagli elementi negativi che caratterizzano tipicamente le periferie ma non solo, quale isolamento o scarso scambio con il resto della città, degrado delle infrastrutture viarie e assenza di servizi alla residenza, marcata presenza di edilizia pubblica, addensamento di popolazione in difficoltà, presenza di tratti di disagio sociale, microcriminalità, sono elementi considerati di interesse sia in chiave sociolinguistica che dialettologica.

4.3. Cagliari: suddivisione e selezione dei quartieri Sulla base della bibliografia citata emerge l’importanza che in contesto urbano occorre dare all’articolazione della città in quartieri e alle caratteristiche storico-sociali di ognuno di questo, in modo da appurare se le ripartizioni si basino su criteri esclusivamente spaziali o se queste presentino anche peculiari aspetti socio-demografici che concorrono a caratterizzarle e che possano essere di interesse nella prospettiva di un’indagine sociolinguistica. Solamente dopo che sia stata chiarita e descritta la partizione urbana sulla base di tali criteri entrano in campo le finalità e gli scopi della ricerca, fondamentali per dettare la selezione delle zone della città da indagare, così come si è sottolineato per quanto riguarda le procedure di costruzione del campione. Ad esempio, se lo scopo dell’indagine è indagare le varietà linguistiche utilizzate dalle componenti sociali di recente immigrazione, occorrerà acquisire un quadro delle partizioni della città e delle caratteristiche sociali di ognuna, in modo da individuare se tali componenti risiedano in uno o in più quartieri particolari, che verranno per tale ragione selezionati nell’indagine. Oppure, se lo scopo della ricerca intende documentare gli aspetti più conservativi di una o più varietà urbane, si prospetta necessario stabilire quali siano le zone ‘storiche’ della città e se in queste risiedano parlanti con caratteristiche socio-anagrafiche potenzialmente pertinenti agli scopi della ricerca. La contemporanea suddivisione di Cagliari in 31 quartieri elencati di seguito, (Profilo demografico 2013), unitamente alla caratterizzazione socio-demografica, è il risultato di sviluppi avvenuti principalmente a partire dal secondo dopoguerra.

1 Castello 6 Is Mirrionis 2 Villanova 7 La Vega 3 Marina 8 Fonsarda 4 Stampace 9 Sant’Alenixedda 5 Tuvixeddu - Tuvumannu 10 San Benedetto

91 11 Genneruxi 22 San Giuseppe - Santa Teresa - Parteolla 12 Monte Urpinu 23 Is Bingias - Terramaini 13 Monte Mixi 24 Monteleone - Santa Rosalia 14 Bonaria 25 Quartiere Europeo 15 Sant’Avendrace - Santa Gilla 26 CEP 16 Mulinu Becciu 27 Poetto - Medau su Cramu 17 San Michele 28 La Palma 18 Barracca Manna 29 Quartiere del Sole 19 Is Campus - Is Corrias 30 Borgo Sant’Elia 20 Villa Doloretta 31 Nuovo Borgo Sant’Elia 21 Monreale

4.4. Mutamenti sociali ed edilizi seguenti al secondo dopoguerra Secondo Dressler e al. (1989: 94) le ricerche sulle varietà urbane devono anche e sempre considerare la struttura socio-storica della città. Presso Cagliari, ai primi decenni del Novecento , si datano alcune fasi di particolare importanza legate al rinnovamento urbanistico, soprattutto nella parte orientale della città, in risposta all’esigenza di un incremento di abitazioni e servizi. Ad esserne interessate sono state soprattutto la depressione tra il colle di Castello e Monte Urpinu; nuovi paradigmi insediativi sono messi in atto nella zona di Campo Carreras, corrispondente all’attuale piazza Galilei (Colavitti & Usai 2007: 37). Qui viene infatti realizzato un intervento di abitazioni a canone sociale che vide la costruzione di 51 alloggi, iniziati nel 1912 e terminati nel 1913 (Scalas 2013: 80). La medesima zona vide però una più massiccia attività edilizia, soprattutto nell’ambito degli edifici pubblici: basti pensare al palazzo dell’Archivio di Stato nel 1927; il complesso della Legione dei Carabinieri nel 1933; il Parco delle Rimembranze, edificato tra il 1926 e il 1935 (Scalas 2013: 80). Negli anni seguenti al primo dopoguerra il tessuto urbano si indirizza verso l’edificazione delle aree rimaste libere che assumono nuove connotazioni d’uso, anche attraverso la ridefinizione delle parti già edificate. La geomorfologia delle aree che circondano il nucleo della città indirizza le scelte in maniera profonda. L’espansione del tessuto urbano prende infatti direzioni obbligate, soprattutto verso nord-est, tra Villanova e Monte Urpinu e verso ovest, tra i colli di Tuvixeddu e Tuvumannu (Peluso 2001: 102). Presso il colle di Bonaria si avvierà l’edificazione in prevalenza di villini borghesi, assieme ad alcuni nuclei di edilizia popolare (via Firenze) (Colavitti & Usai 2007: 37).

92 Tuttavia è a partire dal secondo dopoguerra che la città è risultata coinvolta nella generalizzata trasformazione degli assetti demografici e della struttura insediativa, che ne risulterà profondamente mutata rispetto ai decenni precedenti (Corti 1999; Puggioni & Atzeni 2013: 15). Nell’arco di poco più di trent’anni, all’incirca tra il 1950 e la fine degli anni Ottanta, si sono avuti massicci spostamenti di popolazione, soprattutto dalle aree rurali che sono state per tale ragione interessate da un notevole spopolamento. I flussi inurbativi, determinati in misura notevole anche dalla crisi del distretto industriale del Sulcis-Iglesiente (Fara 2001: 45), si sono indirizzati soprattutto verso Cagliari la cui funzione urbana ha comportato un rapporto di attrazione e di organizzazione, o di dominanza con il territorio circostante. Nel capoluogo vi era infatti la possibilità di trovare lavoro nell’edilizia, nella realizzazione dei grandi impianti industriali, negli uffici, nella scuola (Fara 2001: 44). La città ha avuto anche il ruolo di limitare e convogliare parte dei flussi emigrativi diretti al di fuori dell’isola, offrendo un’alternativa all’emigrazione diretta verso il continente e il resto del mondo (Corti 1999: 130). Complessivamente si è determinato un abnorme incremento del peso relativo delle aree di attrazione demografica, quali Cagliari e il suo hinterland e il capoluogo ha aumentato consistentemente la popolazione, passando da circa 120 mila abitanti del 1951 a poco meno di 200 mila del 1971 (Fara 2001: 44); Cagliari si è distinta dal resto della Sardegna poiché la sua popolazione nel periodo 1951-1981 è cresciuta del 68,8% contro il 28,8% dell’intera Sardegna ed il suo peso demografico è aumentato di più di tre punti percentuali passando dal 9,2% del 1951 al 12,4%. (Fara 2001: 45; Puggioni & Atzeni 2013: 16). Secondo Talia (2011: 172), in seguito al censimento del 1971, la conurbazione Cagliari-Quartu S. Elena ha raggiunto i 225mila abitanti, pesando per questo il 17,4% sul totale della popolazione della Sardegna, contro il 14,6% di dieci anni prima. Tutto ciò ha avuto un preciso correlato nella struttura urbana. L’agglomerato contemporaneo della città è infatti il risultato dell’accentramento della popolazione che, insediatasi all’interno di un ristretto ambito territoriale, ha portato ad uno stravolgimento dell’assetto insediativo precedente (Fara 2001: 45; Corti 1999). Cagliari, non considerando l’attuale frazione di Pirri, fino al secondo dopoguerra mostrava un disegno ben definito che sostanzialmente si articolava nei 4 quartieri storici di Castello, Marina, Stampace, Villanova e nell’ex borgo di S. Avendrace a cui si era aggiunto solo un nuovo rione, quello di S. Benedetto (Puggioni & Atzeni 2013: 16-17). Invece, a partire dal secondo dopoguerra, anche in seguito ai massicci bombardamenti che causarono la perdita o il danneggiamento del 70 % del patrimonio edilizio pubblico e privato (Scalas 2013: 83), si è avuto uno sviluppo urbano estremamente improvviso e caotico che ha portato all’aggiunta di 18 nuovi quartieri che hanno completamente e profondamente mutato l’assetto urbano. Ciò è stato favorito

93 anche perché, con la proclamazione della Repubblica Italiana, la Sardegna divenne Regione a Statuto Speciale, con poteri anche nel campo della legislazione urbanistica. La città, colpita dagli eventi della Secondo Guerra Mondiale, avviava la ricostruzione che si basava sul piano del 1941 con diverse modifiche e integrazioni dettate da nuove esigenze. Il piano di ricostruzione assunse uno sviluppo che procedeva per parti anziché per una concezione unitaria: furono realizzati nuovi edifici pubblici assieme ad edifici a carattere di edilizia privata speculativa che non tenne conto né della viabilità già esistente, né delle esigenze future (Scalas 2013: 86). Inoltre le aree scelte per l’edificazione dei nuovi quartieri sono risultate anche molto distanti dal centro della città e per questo isolate, oltre che prive di servizi e carenti per quanto riguarda il collegamento con le altre zone, anche per quanto riguarda i mezzi pubblici (Scalas 2013: 89). Cagliari è stata non a caso definita la città ‘interrotta’ (Corti 1999: 138). Scalas (2013: 93) osserva che i vari piani urbanistici che nel tempo si sono susseguiti hanno portato a risultati piuttosto differenti rispetto agli intenti. I piani intendevano edificare nuovi quartieri attorno al nucleo storico in modo che fossero autosufficienti e indipendenti. Si progettò di dotarli dei servizi pubblici e privati fondamentali al loro sviluppo e in tale prospettiva l’integrazione con il resto della città doveva fondarsi non sulla base della dipendenza ma sulla base dell’autonomia. L’unico elemento in comune con il centro storico doveva essere offerto dai trasporti pubblici e dalla rete stradale, elementi che avrebbero dovuto assicurare una connessione rapida e efficace. Gli intenti andarono però incontro alla mancata realizzazione poiché la rete viaria e il sistema del trasporto pubblico non furono realizzati secondo gli obiettivi proposti e le infrastrutture dedicate ai servizi pubblici ebbero la stessa sorte, essendo state rimpiazzare da alloggi per intenti speculativi. Sono stati quindi edificati quartieri isolati ma non autosufficienti, emarginati dal centro della città; solo negli ultimi decenni è diminuito l’isolamento per la progressiva urbanizzazione delle aree che li tenevano separati fisicamente. Con il “Piano di ricostruzione” del 1945 le direttrici di espansione residenziale sono a nord, lungo l’asse della via Dante e ad est, verso il colle di Bonaria e lungo la direttrice del Poetto. Il settore occidentale riceverà invece una caratterizzazione edilizia di attività secondarie e residenziale di tipo economico e popolare. Le normative furono però talmente generali da lasciare ampi margini interpretativi da parte degli uffici tecnici: per cui, ad esempio, nel quartiere S. Benedetto e tra le pendici del colle di Bonaria e di viale Diaz, accanto a villini liberty realizzati negli anni Trenta, sorsero palazzi pluripiano di notevole volume, evidentemente in totale contrasto con le strutture preesistenti (Cossu 2001: 15). Gli interventi compresi nel decennio tra il 1950 e il 1960, svoltisi nelle aree periferiche, furono alla base di una notevole densità abitativa poiché vennero edificate strutture che saturarono le aree scelte. La città di Cagliari, assieme ad altri centri interessati dal boom demografico, «cambiano dimensione e forma, diventano meno vivibili. Le

94 periferie sono spesso poco servite, mal collegate con le aree centrali della città, più che luoghi dell’abitare, contenitori di residenza» (Fara 2001: 45). Il processo di crescita urbana rapido e disordinato durato fino agli anni Ottanta ha favorito il crearsi di cesure e segregazioni tra quartieri, comportando lo spopolamento di alcuni (come ad esempio Castello), il caotico e abusivo sviluppo di altri ancora (Fara 2001: 45), la ghettizzazione di altri (specie quelli ad intensa presenza di edilizia popolare). Emblematico in tal senso è il quartiere di S.Elia, situato alla periferia sud-orientale di Cagliari, la cui edificazione venne in gran parte motivata dal fornire l’accoglienza a tutti gli abitanti della città a cui i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale avevano determinato la distruzione delle abitazioni, nonché alle massicce correnti migratorie che dalle campagne si rivolgevano verso la città alla ricerca di maggiori opportunità lavorative (Piras 2001: 34). Per far fronte all'emergenza il Comune deliberò la costruzione di 50 abitazioni tra le vie Is Maglias e Is Cornalias, ma successivamente si scelse la costruzione presso S. Elia aumentandone il numero, che venne stabilito in 512. Il primo nucleo venne edificato tra il 1951 e il 1956 presso il Lazzaretto ed in prossimità della parrocchia: è per questo noto comunemente con il nome di “Borgo S. Elia” o “Borgo Vecchio”. Gli appartamenti che componevano le 85 palazzine vennero assegnati dal Comune a famiglie provenienti da vari strati sociali ma che erano accomunate, oltre dal non possedere una casa, anche dall’appartenere al cosiddetto 'sottomondo cittadino'. L’isolamento fisico del primo nucleo edilizio di S. Elia era acuito dall’insufficienza dei trasporti pubblici e dall’assenza di servizi di base quali farmacie, la presenza di un medico condotto, un posto di polizia (Piras 2001: 35). La povertà degli abitanti era resa più difficile anche dalle dimensioni ridotte degli alloggi. Il secondo intervento edilizio avvenne tra il 1975 e il 1978 con la realizzazione di 8 blocchi di abitazioni collegati tra loro da piazze interne: tale secondo nucleo però sorse in una posizione piuttosto distante dal Borgo Vecchio, determinando così una situazione di isolamento tra i due insediamenti e rispetto al resto della città, anche dal punto di vista sociale. Odiernamente l’isolamento tra il Borgo Vecchio e il nucleo più recente di S. Elia è meno forte per la costruzione di ulteriori edifici che hanno occupato e 'saldato' lo spazio che li divideva. Ma rimane ancora forte l’isolamento rispetto al resto della città. Complessivamente dal secondo dopoguerra l’area urbanizzata della città si è più che quintuplicata, passando da poco più di 1.500 ha a oltre 6.000 ha. Puggioni & Atzeni (2013: 17) sottolineano che al censimento del 2001 risultava che gli edifici costruiti dopo il 1960 (cioè al termine della fase di ricostruzione post-bellica) rappresentavano più della metà (50,7%) del totale delle abitazioni. Oltre il 50 % delle case della città sono state quindi costruite nei vent’anni compresi tra il 1951 e il 1971 (Corti 1999: 129). Per citare alcune date, al 1953 risale l’appalto per l’edificazione delle abitazioni del quartiere Is Mirrionis (Sanna 2001a: 160.). Al 1956 risale

95 l’intervento edilizio per l’edificazione delle abitazioni del quartiere S. Michele (Collu 2001: 162). Al 1957 risale la realizzazione del progetto generale per la sistemazione del quartiere La Palma (Loddo 2001: 169). Al dicembre del 1957 si data lo stanziamento delle risorse per la realizzazione del quartiere CEP i cui ultimi edifici verranno ultimati negli anni Settanta (Sanna 2001b: 171). Tra la primavera e l’autunno del 1956 vengono affidate le sistemazioni urbanistiche dei complessi di viale Sant’Avendrace, via Pessina e via della Pineta (Sanna 2001c: 173). Tra il 1951 e il 1956 venne edificato il Borgo Sant’Elia mentre agli anni Ottanta si data la realizzazione del Nuovo Borgo Sant’Elia, sito nei pressi dello stadio omonimo, con i cosiddetti 'palazzoni' (AA.VV, 1990: 103). Mentre nel centro storico è presente il maggior numero di abitazioni costruite in epoca antecedente al 1919 (Castello 80%; Marina 79,4 %; Stampace 53,8 %; Villanova 51,4 %), i quartieri con le abitazioni più recente, costruiti tra il 1972 e il 2001, sono quelli di Is Campus - Is Corrias (60,3 %), Nuovo Borgo Sant’Elia (57,9 %), Mulinu Becciu (53,8 %), Monreale (51,6 %) e Baracca Manna (35,9 %) (Piano particolareggito del centro storico 2011: 72-3). L'aumento della popolazione della città di Cagliari ha subito un graduale calo, sfociato poi nel calo demografico a partire dagli anni Sessanta. I flussi inurbativi registrano infatti un'inversione di tendenza a partire dal 1971, quando i centri limitrofi iniziarono a registrare tassi di incremento superiori a quelli del capoluogo. Secondo Puggioni & Atzeni (2013: 17) a fronte di un tasso di incremento dei 9 comuni compresi entro la fascia di 20 Km del +25,7% nel 1961-71 e del +29,9% nel 1971-81 e nel successivo decennio del +22,5%, Cagliari vede passare il suo saggio da +21,8% a solo +3,9% e quindi nel 1981-91 diminuire la propria popolazione residente di circa 14 mila unità. I comuni limitrofi che si presentavano come aree di più forte attrazione e quindi di forte attrazione demografica hanno progressivamente scaricato le tensioni abitative (Colavitti & Usai 2007: 24).

4.5. Principali differenze socio-demografiche tra i quartieri di Cagliari Partendo dai dati contenuti nel censimento del 2011 è possibile fornire le prime indicazioni di rilievo per l’analisi delle caratteristiche socio-demografiche delle diverse aree della città. Nelle pagine che seguono vengono presentati gli indicatori che, a nostro avviso, risultano più appropriati a descrivere le caratteristiche strutturali della popolazione nei quartieri di Cagliari nell’ottica di un'indagine di tipo sociolinguistico. Secondo Sornicola (1977) l’ampiezza dell’aggregato urbano e la variabilità delle condizioni strutturali, sociali e linguistiche è un’ipotesi iniziale implicita che per avere valore deve comunque essere associata a dati quantitativi di misura. Nelle pagine seguenti vengono tenuti in considerazione:

1) Calo demografico: età media e rapporto di mascolinità/femminilità

96 2) Istruzione 3) Lavoro, condizione sociale e abitativa 4) Tipologia delle famiglie 5) Componente immigrata extracomunitaria 'regolare'

4.5.1 Calo demografico: età media e rapporto di mascolinità/femminilità Un primo fattore da tenere in considerazione, sia per quanto riguarda il quadro socio- demografico contemporaneo della città che per la caratterizzazione dei diversi quartieri, è costituito dal calo demografico. Questo ha assunto particolare intensità e durata a partire dai primi anni Novanta; soltanto nell’ultimo decennio intercensuario ha generato la perdita dell’8,7 % della popolazione residente (Corti 1999: 130). Tale decremento non ha interessato in maniera uniforme la città: si è rivelato infatti particolarmente intenso in alcune zone. Secondo il Profilo demografico (2013), appare infatti «particolarmente grave […] l’emorragia demografica che ha interessato i quartieri di Is Mirrionis, Mulinu Becciu e San Michele. Ma anche le altre grandi zone popolari della città hanno perso quote elevate di popolazione. Meno ampio, anche se comunque consistente, il calo demografico dei quartieri del centro storico e di San Benedetto. Il quadro generale del decremento che ha interessato i quartieri di Cagliari, in riferimento all’arco temporale compreso tra il 2003 e il 2011, è offerto dalla griglia seguente (Profilo demografico 2013):

Quartiere 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Castello 1.595 1.535 1.508 1.495 1.467 1.444 1.460 1.432 1.471 Villanova 6.127 6.103 6.032 6.021 6.015 6.023 5.939 6.149 5.988 Marina 2.489 2.496 2.554 2.508 2.534 2.501 2.496 2.696 2.615 Stampace 6.890 6.824 6.733 6.692 6.676 6.679 6.682 6.575 6.643 Tuvixeddu- 5.524 5.488 5.453 5.436 5.367 5.277 5.316 5.411 5.273 Tuvumannu Is Mirrionis 14.464 14.310 14.108 13.887 13.793 13.583 13.380 13.043 13.079 La Vega 3.333 3.340 3.329 3.303 3.274 3.260 3.285 3.313 3.185 Fonsarda 7.665 7.526 7.457 7.371 7.291 7.227 7.176 7.090 7.050 Sant’Alenixedda 10.190 10.215 10.133 9.943 9.877 9.849 9.800 9.740 9.743 San Benedetto 8.099 8.042 8.040 8.038 7.955 7.933 7.899 7.931 7.882 Genneruxi 5.796 5.708 5.702 5.709 5.604 5.619 5.580 5.494 5.518 Monte Urpinu 5.088 5.048 5.053 5.091 5.106 5.143 5.147 5.114 5.093 Monte Mixi 7.305 7.213 7.110 7.009 6.881 6.778 6.749 6.717 6.652 Bonaria 8.776 8.630 8.602 8.500 8.474 8.416 8.490 8.155 8.486 Sant’Avendrace 7.278 7.174 7.115 7.087 7.083 7.028 7.079 7.169 7.016 - Santa Gilla

97 Mulinu Becciu 8.686 8.532 8.367 8.184 8.078 7.887 7.806 7.788 7.699 San Michele 6.733 6.657 6.666 6.541 6.545 6.610 6.652 6.566 6.553 Barracca Manna 2.248 2.310 2.231 2.231 2.218 2.196 2.170 2.043 2.231 Is Campus - Is 2.135 2.229 2.440 2.612 2.722 2.900 3.038 3.186 3.363 Corrias Villa Doloretta 1.648 1.666 1.671 1.650 1.666 1.647 1.692 1.673 1.723 Monreale 1.241 1.262 1.280 1.276 1.270 1.266 1.240 1.215 1.219 San Giuseppe - 8.554 8.564 8.531 8.531 8.486 8.502 8.568 8.804 8.552 S. Teresa - Parteolla Is Bingias - 2.881 2.915 2.938 2.904 2.853 2.844 2.831 2.858 2.774 Terramaini Monteleone - 9.709 9.580 9.440 9.449 9.359 9.353 9.293 9.213 9.255 Santa Rosalia Poetto - Medau 1.169 1.182 1.175 1.209 1.240 1.238 1.238 1.251 1.247 su Cramu Quartiere 1.006 999 1.009 980 983 953 930 924 884 Europeo CEP 2.344 2.337 2.297 2.251 2.239 2.208 2.210 2.177 2.133 La Palma 1.452 1.448 1.414 1.411 1.379 1.363 1.343 1.351 1.305 Quartiere del 4.764 4.707 4.684 4.626 4.498 4.499 4.464 4.439 4.392 Sole Borgo Sant’Elia 1.374 1.358 1.354 1.348 1.301 1.287 1.316 1.394 1.302 Nuovo Borgo 6.627 6.547 6.444 6.393 6.303 6.209 6.102 5.952 5.963 Sant’Elia

Il segno positivo è presente soltanto per la zona che raggruppa i quartieri di Barracca Manna, Is Campus ed Is Corrias, che nel decennio hanno registrato, in complesso, un incremento di residenti pari a 1.100 unità, il 26 % in più rispetto alla popolazione del 2001». Il calo demografico intenso e prolungato che soltanto nell’ultimo decennio intercensuario ha generato la perdita dell’8,7% della popolazione residente (Puggioni & Atzeni 2013) si distribuisce in misura diversa tra i vari quartieri. Is Mirrionis, Mulinu Becciu e San Michele risultano i quartieri maggiormente colpiti dal deflusso demografico, seguiti da quartieri del centro storico e da San Benedetto. È solamente la zona che comprende i quartieri di Barracca Manna, Is Campus ed Is Corrias che ha registrato, in complesso, un incremento di residenti pari a 1.100 unità, il 26 % in più rispetto alla popolazione del 2001 (Puggioni & Atzeni 2013). Già il censimento del 1981 registrò un sostanziale cambio delle dinamiche di crescita, con un conseguente mutamento della congestione e tensione abitativa del polo urbano di Cagliari. Tra i due censimenti realizzati nel 1971 e nel 1981, essendosi conclusa in Sardegna la fase di maggiore

98 intensità migratoria, la popolazione della provincia di Cagliari aumentò di poco meno di settanta mila unità e l’area cagliaritana registrò un saldo positivo di 47 mila abitanti, il 67 % dell’incremento complessivo provinciale. Cagliari, pur costituendo un forte attrattore demografico per la popolazione del bacino della Sardegna meridionale, non esercitava più in prima persona la funzione residenziale prevalente; questa si era spostata sui centri più vicini. La sua popolazione crebbe infatti in misura decisamente più contenuta rispetto ai decenni precedenti (i censiti furono 219 mila, ottomila in più rispetto al 1971). Nello stesso periodo Quartu registrò un incremento di oltre tredicimila abitanti (+ 43%), Selargius di cinquemila, Assemini e Capoterra di quattromila (Profilo demografico 2013). Il decremento demografico è stato determinato da un insieme combinato di fattori: l’urbanizzazione eccessivamente congestionata e la diseconomicità abitativa hanno provocato la brusca frenata della forza di attrazione demografica di Cagliari. La notevole offerta abitativa dei centri limitrofi, affiancata dalle minori potenzialità edificatorie della città hanno fatto sì che i flussi si orientassero non più verso il capoluogo ma verso i centri più vicini, che hanno al contempo accolto l’eccedenza della popolazione già residente a Cagliari. Inoltre occorre tenere conto, oltre alla maggiore disponibilità di spazi residenziali nei centri prossimi alla città, anche delle disponibilità economiche delle famiglie giovani, che hanno redditi medio bassi, in buona misura derivanti da occupazioni precarie per le quali l’offerta di abitazioni del capoluogo risulta inaccessibile (Profilo demografico 2013). Inoltre è da sottolineare la recente tendenza a collocare nell’area periurbana funzioni urbane pregiate: basti pensare alle aree industriali, l’università, il parco scientifico, l’aeroporto, i quartieri residenziali, i centri commerciali. Inoltre in tale area sono collocati anche i nuovi tipi di residenza che hanno l’obiettivo di coniugare la vicinanza con la città con una maggiore libertà di spazi (Tagliagambe 2002: 108-9). A partire dagli anni Ottanta il capoluogo non ha quindi esercitato più in prima persona la funzione residenziale prevalente, spostatasi sui centri circonvicini ma ha continuato a svolgere il ruolo di attrattore demografico sulla popolazione proveniente da un’area molto ampia della Sardegna centro meridionale; ciò è dimostrato da alcuni rilievi compiuti alla fine degli anni Settanta che evidenziano come nelle ore diurne si avessero circa 400-500 mila spostamenti (per lo più con mezzi di trasporto privati e concentrati nella fascia oraria 8-14) per e da Cagliari: la città quindi durante il giorno vedeva crescere la propria popolazione di circa 100-150 mila unità (Puggioni & Atzeni 2013: 17) La progressiva contrazione della popolazione di Cagliari ha generato un corrispondente progressivo invecchiamento della struttura demografica ed un notevole abbassamento del tasso di natalità. La diminuita intensità dei flussi inurbativi si è infatti sommata alla 'fuga' di buona parte

99 delle giovani coppie dovuta alle eccessive spese abitative che la città offriva e che per questo si sono spostate nei centri limitrofi. Tra i censimenti del 1981 e del 2011 Cagliari ha perso una quota rilevante (il 25%) della propria consistenza demografica e all’inverso, nello stesso periodo, i tre ambiti che gli fanno da corona hanno registrato incrementi di popolazione straordinariamente elevati, con valori medi per decennio che vanno da un minimo del +12% dell’Ambito Area Ovest ad un massimo del +15% per l’Ambito Quartu Parteolla. L’età media registrata nel 2002 è risultata di 43,3 anni (M 41,3, F 45,0) e nel 2010 è passata a 46,9 anni (M 44,7, F 48,8). Al censimento del 2011 la percentuale di bambini di età inferiore ai 15 anni è risultata pari al 9,9%, valore inferiore di oltre 2,5 punti percentuali rispetto a quello misurato per Sassari e di oltre 5 rispetto a quello calcolato per Olbia. Per contro la percentuale di anziani censiti nel capoluogo regionale si attesta sul 12,3%, valore molto più elevato rispetto a quello misurato per tutti gli altri centri considerati (Profilo demografico 2013). All’età media della popolazione residente è legato anche il tasso di femminilità che nella maggior parte dei quartieri di Cagliari è leggermente predominante. Infatti poiché il tasso di femminilità specifico (per anno di età) tende ad essere più elevato per le classi più anziane della popolazione, i quartieri che registrano la maggiore presenza di popolazione femminile sono quelli nei quali è più elevata la quota di anziani e, conseguentemente, l’età media dei residenti. La zona che comprende i quartieri di Barracca Manna, Is Campus ed Is Corrias è l’unica ad avere una lieve predominanza della componente maschile rispetto a quella femminile. Negli altri quartieri le donne sono in netta maggioranza, secondo un range di variabilità del tasso di femminilità che va dai valori più contenuti della zona che comprende La Palma e Sant’Elia fino a quelli molto alti registrati per i quartieri di Genneruxi, Monte Urpinu, San Benedetto, Fonsarda, Sant’Alenixedda e CEP (Puggioni & Atzeni 2013).

Variazione della popolazione residente nelle diverse zone di Cagliari tra i censimenti del 2001 e del 2011 e indice di femminilità per zona (Profilo demografico 2013)

Zona variazione % Indice di sul 2001 femminilità

Centro storico -6,0% 115,3

Fonsarda, Sant'Alenixedda, -9,8% 129,9

100 CEP Tuvixeddu, Sant'Avendrace, -9,5% 115,9 Santa Gilla Is Mirrionis, Is Bingias -14,4% 118,1

San Benedetto -6,1% 131,1

San Giuseppe, Santa Teresa, -0,1% 107,9 Parteolla Monreale, Villa Doloretta -1,4% 112,1

Barracca manna, Is Campus, 26,0% 97,9 Is Corrias Mulinu Becciu, San Michele -12,8% 112,8

Monte Mixi, Bonaria -10,8% 121,3

Quartiere Europeo, -7,7% 116,5 Monteleone, Santa Rosalia Poetto, Quartiere del sole -7,3% 113,5

Genneruxi, Monte Urpinu -8,5% 124,3

La Palma, Borgo Sant'Elia, -9,9% 104,9 Nuovo Borgo Sant'Elia

4.5.2. Istruzione Fra i diversi quartieri della città esiste una notevole variabilità anche per quanto riguarda le condizioni dell’istruzione dei cagliaritani. Le percentuali più alte di laureati caratterizzano i quartieri abitati da famiglie del ceto medio-alto della borghesia cittadina (Quartiere Europeo, Monte Urpinu, Genneruxi, Castello, Sant’Alenixedda, Stampace) mentre nei quartieri a connotazione più popolare si riscontra un’elevata concentrazione di residenti che, al più, dispongono della licenza elementare (Is Mirrionis, Mulinu Becciu, Barracca Manna, CEP, Nuovo Borgo Sant’Elia, Borgo Sant’Elia). Secondo il Profilo demografico (2013), «la presenza di valori molto elevati dell’indicatore “basso livello di istruzione” va peraltro letta in funzione della struttura demografica dei quartieri interessati. I valori molto elevati calcolati per il CEP e per Is Mirrionis sono in larga parte ascrivibili alla presenza di quote molto elevate di popolazione anziana. Diverso è il caso del Nuovo Borgo Sant’Elia, quartiere popolato da famiglie mediamente molto giovani (l’età media è

101 pari a 40,1 anni, la più bassa fra tutte quelle calcolate sui dati del censimento 2011 per i 31 quartieri di Cagliari). In questo quartiere l’incidenza così elevata di bassi livelli di istruzione può rappresentare un ostacolo difficile da superare per qualsiasi programma di contrasto dell’evasione scolastica e dell’emarginazione sociale delle famiglie». La situazione è riassunta dal seguente schema (Profilo demografico 2013):

Quartiere Laurea, Basso livello Quartiere Laurea, Basso diploma di istruzione diploma livello di universitario universitario istruzione Quartiere 39, 4 % 9,1 % Villanova 28, 7 % 17, 5 % europeo Monte Urpinu 34, 6 % 13, 7 % Marina 26, 5 % 20, 9 % Genneruxi 34, 4 % 12, 8 % Sant’Avendrace 17, 2 % 23, 7 % Castello 34, 3 % 16, 3 % Is Mirrionis 14, 8 % 28, 6 % Sant’Alenixed 31, 6 % 14, 5 % Mulinu Becciu 13, 3 % 26, 9 % da Stampace 30, 9 % 16, 4 % Barracca 13, 0 % 21, 5 % Manna Quartiere del 30, 3 % 14, 7 % CEP 4, 3 % 38, 2 % Sole San Benedetto 30, 3 % 16, 5 % Nuovo Borgo 4, 1 % 32, 3 % Sant’Elia Bonaria 29, 8 % 15, 7 % Borgo 3, 9 % 28, 5 % Sant’Elia Fonsarda 29,7 % 16, 6 %

4.5.3. Lavoro, condizione sociale e abitativa Il profilo sociale della città di Cagliari e dei suoi quartieri è desumibile anche dai valori percentuali riguardanti l’occupazione. Il Profilo demografico (2013) evidenzia, attraverso la seguente tabella, «i dati dei quattro quartieri nei quali l’incidenza di occupati sul totale della popolazione residente di 15 anni è più bassa, insieme a quelli dei quattro quartieri nei quali il tasso risulta più elevato». Il quartiere maggiormente problematico da tale punto di vista è il CEP, il cui risultato è anche conseguente all’elevata percentuale di popolazione residente anziana e di un elevato tasso di disoccupazione (30,5%). Quartiere Tasso di attività Tasso di % di occupati (*) disoccupazione CEP 35,3% 30,5% 24,5%

102 Borgo Sant’Elia 43,9% 35,1% 28,5%

Nuovo Borgo 46,5% 36,6% 29,5% Sant’Elia Mulinu Becciu 40,1% 24,6% 30,3%

Villanova 50,4% 13,2% 43,8%

Castello 57,7% 15,7% 48,6%

Marina 57,1% 14,7% 48,7%

Monreale 58,7% 14,0% 50,5%

(*) Percentuale di occupati sul totale del la popolazione residente di età superiore ai 14 anni

Posizioni piuttosto gravi occupano anche i quartieri di Sant’Elia, suddistinti in Nuovo e Vecchio Borgo. Le percentuali piuttosto basse di occupati sono il risultato della compresenza di tassi di attività medio-bassi e di tassi di disoccupazione elevatissimi. In questa zona della città è inoltre molto alta la quota di residenti con basso titolo di studio. Nel quartiere di Mulinu Becciu la percentuale piuttosto bassa di occupati risulta dipendente dal basso tasso di attività dovuto alla presenza di quote elevate di popolazione anziana, che per tale ragione è fuori dal mercato del lavoro. All’inverso il quartiere di Monreale presenta valori decisamente migliori per l’elevato tasso di attività conseguente alla presenza di molti giovani: ciò fa sì che il tasso di disoccupazione risulti contenuto (14,0 %). La posizione dei quartieri storici (compreso Stampace che registra un valore molto vicino a quello di Villanova) in vetta alla graduatoria degli alti tassi di occupazione è dovuta, in buona misura, alle elevate percentuali (dal 61% di Marina al 53% di Stampace) di famiglie 'giovani'. Queste sono costituite in prevalenza da coppie che hanno al massimo un figlio e dotate mediamente di cultura medio-alta. Per tale ragione queste si rivolgono con buon successo al mercato del lavoro, spingendo in alto il tasso di attività e tenendo basso il tasso di disoccupazione (Profilo demografico 2013). Tuttavia occorre tener conto, soprattutto per i quartieri Marina e Villanova, delle notevoli percentuali di residenti immigrati che stanno contribuendo a modificare il panorama sociale e commerciale dei quartieri storici di Cagliari. Complessivamente, secondo il Profilo demografico (2013), «la città mostra segni forti di

103 sofferenza, generati in larga misura dalla sempre maggior difficoltà di trovare lavoro sia per i più giovani e sia per quelli che devono affrontare la situazione, forse ancora più difficile, della perdita dell’occupazione. Nel contempo la struttura demografica risulta sempre più invecchiata: sempre maggiore è il numero di persone anziane sole, soprattutto donne, che, nei quartieri della città venuti su a partire dalla fine degli anni sessanta, rappresentano ormai quote molto elevate della popolazione residente». Dal punto di vista delle condizioni abitative, inteso in termini di servizi e di classe di superficie (impianti, posti auto e mq) e rispetto al totale delle abitazioni presenti sul territorio comunale (- 0,84), i quartieri che compongono il Centro Storico non presentano condizioni agiate: questi presentano infatti valori fortemente al di sotto della media comunale: Castello (- 5,48), Villanova (- 3,60), Marina (- 6,30) e Stampace (- 1,59). Sulla stessa linea risultano le abitazioni dei quartieri di Borgo Sant’Elia (- 5,28), San Michele (- 4,67), Sant’Avendrace (- 4,13) e Is Mirrionis (- 4,13). Al di sopra del valore medio comunale risultano invece le abitazioni presenti nel Quartiere Europeo (5,90), Quartiere del Sole (5,76) e Genneruxi (5,08). (Piano particolareggito del centro storico 2011: 74).

4.5.4. Tipologia delle famiglie Un altro importante elemento che differenzia notevolmente i quartieri di Cagliari è costituito dalla differente tipologia delle famiglie residenti. Le famiglie nucleari 'classiche', intese come costituite da una coppia con o senza figli ed eventuali membri aggiunti, raggiungono elevate percentuali a Sant’Elia e nei quartieri di nuova espansione della città. Viceversa, secondo il Profilo demografico (2013), «i quartieri storici risultano nella parte bassa della graduatoria, con una particolare evidenza per Castello e Marina, nei quali prevalgono nettamente le famiglie unipersonali (rispettivamente, il 53,9 ed 54,3 per cento del totale delle famiglie residenti). Nei due quartieri appena citati, peraltro, risulta decisamente elevata la quota di residenti “separati/e e divorziati/e”, mentre, specularmente, è molto bassa l’incidenza dei “coniugati/e”».

4.5.5. La componente immigrata extracomunitaria “regolare” Un aspetto di particolare interesse che contribuisce a caratterizzare e differenziare i quartieri della città di Cagliari è costituito dalla componente immigrata extracomunitaria 'regolare'. Puggioni & Atzeni (2013: 21) rilevano che dal 2002 al 2010 gli stranieri residenti sono passati da 1.840 a 5.593, «registrando un incremento del 204% e la loro incidenza sul totale della popolazione si è quasi triplicata (2002 1,2%, 2010 3,6%)». Tale componente non risiede uniformemente nei vari quartieri: secondo Puggioni & Atzeni

104 (2012: 21) sono i quartieri storici di Marina, Villanova e Stampace che registrano le maggiori percentuali. In questi infatti attualmente il peso degli stranieri supera abbondantemente il dato medio dell’intera città (Atlante demografico 2011):

Quartiere 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Castello 34 29 32 39 39 56 60 64 76 Villanova 365 384 420 460 504 600 634 694 744

Marina 220 238 304 295 300 305 323 385 402

Stampace 383 413 450 443 481 525 581 623 657

Le sei cittadinanze più numerose che sono nell’ordine la filippina, la cinese, la romena, la senegalese e la bengalese, che insieme costituiscono il 71 % del totale della presenza straniera. Per quanto attiene il rapporto di mascolinità occorre notare un notevole cambiamento incorso dal 2002 sino ad oggi. In tale arco cronologico il rapporto ha registrato una variazione di 56,3 punti percentuali rispetto al valore del 2002: in tale anno vi erano 138 maschi ogni 100 femmine mentre attualmente il rapporto è di 82 maschi ogni 100 femmine (Puggioni & Atzeni 2013: 22).

4.6. Trasformazione degli assetti demografici e della struttura insediativa: aspetti sociolinguistici nei quartieri storici di Cagliari La trasformazione degli assetti demografici e della struttura insediativa della città di Cagliari avvenuta a partire dal secondo dopoguerra ha comportanto profonde sollecitazioni anche dal punto di vista sociolinguistico, in particolare nei quartieri storici della città, la cui descrizione è offerta in Loi Corvetto (2013). Secondo Loi Corvetto (2013: 184) infatti, attorno agli anni Cinquanta, le zone della città che presentavano una caratterizzazione 'locale', cagliaritana, erano i rioni di Castello, Marina, Stampace e Villanova che, per tale ragione, hanno ricevuto maggiore attenzione dal punto di vista sociolinguistico a differenza delle altre zone urbane che risultavano allora in espasione o di nuova costituzione. Castello, nel periodo precedente al secondo Dopoguerra, si caratterizzava per un repertorio differenziato sia in diafasia che diastratia, con caratteristiche peculiari rispetto alle altre zone della città (Loi Corvetto 2013: 184 ss). Il repertorio in uso alle classi sociali nobili che in tale quartiere risiedevano comprendeva l’impiego attivo dell’italiano, del sardo campidanese di Cagliari e del

105 francese (Dettori 1988). Ognuna di queste varietà aveva precisi ruoli nelle interazioni: con i membri appartenenti alla classe nobile era utilizzato, oltre al francese, l’italiano connotato regionalmente e il sardo cagliaritano; invece con i membri appartenenti a classi sociali più basse, come la servitù, era utilizzato esclusivamente il sardo. Secondo Loi Corvetto (2013: 184-5) «le varietà “alte” impiegate dai nobili di Castello erano caratterizzate da specifici moduli linguistici che tendevano a rimarcare la differenza anche linguistica rispetto alla classe “bassa”. L’italiano era pertanto una varietà diatopica “alta”, da noi denominato italiano regionale, che si diversificava notevolmente dalla varietà “bassa” o italiano popolare, parlato da coloro che appartenevano alle classi meno abbienti e che abitavano frequentemente nei cosiddetti sòttani. L’uso del dialetto campidanese-cagliaritano, ugualmente, consentiva di differenziare le produzioni linguistiche dei gruppi sociali di questo rione, poiché la varietà impiegata dalla classe “alta” era marcatamente italianizzata, diversa rispetto alla varietà dialettale, denominata spesso “dialetto rustico”, impiegata dalle classi sociali basse». I rapporti gerarchici del repertorio del quartiere di Castello, unitamente alle situazioni comunicative, possono essere così schematizzate (Loi Corvetto 2013: 185): 1) italiano regionale (parlanti di classe alta, con interlocutori del medesimo ceto non cagliaritani o non provenienti dal quartiere di Castello). 2) italiano popolare (parlanti di ceti meno abbienti, con interlocutori di area linguistica non campidanese). 3) dialetto italianizzato (parlanti di classe alta, con interlocutori del medesimo ceto o con subalterni) 4) dialetto rustico (parlanti di ceti meno abbienti, con interlocutori provenienti dall’area linguistica campidanese).

Nella dimensione diastratica l’italiano regionale o il dialetto italianizzato era quindi utilizzato dalle classi nobili in relazione alla ‘posizione’ dell’interlocutore rispetto a loro. Il dialetto italianizzato era impiegato esclusivamente se l’interlocutore era classificabile nella classe meno abbiente, che impiegava il dialetto rustico o l’italiano popolare. La marcatura delle differenti posizioni sociali era quindi affidata, dal punto di vista linguistico, al contrasto tra dialetto italianizzato e varietà compidanese rustica. Nel quartiere della Marina, attorno agli anni Cinquanta, gli abitanti erano dediti soprattutto ad attività legate alla pesca, alla vendita del prodotto ittico e anche alla ristorazione. Secondo Loi Corvetto (2013: 186), tra i membri del medesimo quartiere, anche nei contesti informali, si interagiva con la varietà campidanese di Cagliari e con l’italiano popolare; quest’ultima varietà in particolare poteva essere utilizzata con interlocutori non sardofoni o provenienti da altre aree

106 dialettali della Sardegna, soprattutto in occasione dell’allora unico mercato di Cagliari, che si trovata nel largo Carlo Felice e che rappresentava un’occasione di contatto tra parlanti di altre zone della città e di centri della Sardegna più o meno distanti dal capoluogo. In caso di interazioni con interlocutori di classe sociale più alta o in contesti più formali poteva essere impiegato l’italiano regionale. Assieme al mercato è da annoverarsi l’attività della ristorazione; quest’ultima, anche in seguito allo svolgimento di tale attività da parte di commercianti provenienti da altre regioni d’Italia e negli ultimi decenni anche da paesi extraeuropei, ha contribuito al mutamento della connotazione del quartiere. Il quartiere di Villanova, attorno alla metà del Novecento, era abitato perlopiù da famiglie appartenenti ai ceti meno abbienti e registrava nel repertorio l’impiego della varietà sarda non italianizzata e dell’italiano popolare. Per quanto riguarda i rapporti funzionali di tali due varietà, il sardo era utilizzato parzialmente nei contesti formali ma soprattutto nei contesti informali, quale l’ambito amicale e familiare mentre l’italiano popolare, e in misura minore l’italiano regionale, era invece impiegato maggiormente nei contesti formali, ad esempio quello lavorativo (Loi Corvetto 2013: 187). Il quartiere di Stampace, rispetto a quello di Villanova, presentava una composizione sociale maggiormente variegata: vi risiedevano famiglie appartenenti a ceto meno abbienti, piccolo e medio borghesi, accanto a nuclei dell’alta borghesia. Dal punto di vista delle tipologie abitative erano infatti presenti edifici quali palazzi e ville signorili accanto a case di impianto tradizionale, abitate perlopiù da artigiani. Il repertorio linguistico risultava composto dall’italiano con una caratterizzazione regionale (Loi Corvetto 2013: 187), dall’italiano popolare e dal sardo. I ceti meno abbienti utilizzavano il sardo e l’italiano popolare mentre nella media e alta borghesia era diffuso l’uso dell’italiano regionale, varietà che a confronto del sardo garantiva simbolicamente una posizione più alta nella scala sociale e maggiori opportunità nell’inserimento in ambiente scolastico e lavorativo.

4.7 Conseguenze linguistiche dell’inurbamento e delle migrazioni interne Chiarite in linee generali le dinamiche relative agli sviluppi avvenuti dal secondo dopoguerra che hanno interessato la città e nello specifico i quartieri ‘storici’, occorre individuare e descrivere se e quali possano essere state le conseguenze sociolinguistiche dell’inurbamento e delle migrazioni interne. Secondo Loi Corvetto (2013: 188-9) queste, oltre a determinare la radicale trasformazione del tessuto urbano, hanno comportato anche un sensibile riassetto delle varietà linguistiche che ne compongono il repertorio. Nei quartieri storici, da parte della stragrande maggioranza della popolazione, è da registrarsi la graduale tendenza verso la conquista dell’italiano popolare e

107 regionale; tale processo è avvenuto a spese dell’altra più importante varietà del repertorio in quanto è contemporaneamente avvenuta la graduale erosione dell’uso del ‘dialetto’, che, pur restando presente come risorsa nello spazio linguistico individuale e collettivo, ha progressivamente visto perdere la gamma dei possibili usi. Loi Corvetto (2013: 192 ss.) sottolinea che nel quartiere di Castello il sardo risulterebbe ormai utilizzato sporadicamente, essendo limitato ormai a qualche raro uso nella dimensione diafasica. Ciò sarebbe imputabile sostanzialmente all notevole riqualificazione abitativa che avrebbe favorito l’arrivo e l’insediamento di gruppi familiari della borghesia a cui si sono affiancati nuclei di famiglie dedite alle attività artigianali, al commercio e alla ristorazione. Per quanto riguarda il repertorio in uso alle fasce generazionali più giovani è da rimarcare il fatto che la presenza di locali notturni favorisce la presenza e la diffusione di «una sorta di “giovanilese”, una varietà di italiano spesso usata con funzione gergale. In questo rione si ha quindi una marcata diversificazione sul piano sociale e linguistico; le varietà utilizzate nella comunicazione sono prevalentemente l’italiano regionale e l’italiano popolare quali varietà diastratiche e, in taluni casi, anche il dialetto e il “giovanilese” quali varietà diafasiche. Sono utilizzate inoltre le varietà di apprendimento da parte degli extracomunitari, che si sono insediati nel quartiere con modalità più o meno stabile o che sono dediti ad una qualche attività lavorativa spesso a carattere temporaneo» (Loi Corvetto 2013: 192). Anche nel quartiere di Villanova l’uso del sardo sarebbe andato incontro ad una sostanziale erosione. Loi Corvetto (2013: 189-190) osserva che presso tale tale quartiere e in relazione all’uso del sardo vi è la distinzione tra varietà locale, che comprende non solo quella cagliaritana ma che si estende a tutta la varietà campidanese, e i dialetti parlati nelle altre aree linguistiche sarde. La subvarietà campidanese risulterebbe utilizzata esclusivamente nei contesti informali, quali quello amicale e familiare, specialmente da parte dei ceti meno abbienti e anche in contesto di lavoro, nel rapporto di ruolo dei pari. Nei medesimi contesti è però utilizzato frequentemente l’italiano regionale. Quando però gli interlocutori, pur non proveniendo da centri della subarea linguistica campidanese, condividono la medesima facies 'dialettale' sarda e possono per questo interagire a Cagliari con un compaesano o comunque con un parlante che proviene dalla stessa area linguistica, possono utilizzare il sardo anche se si tratta di occasioni poco frequenti, oltre che limitate all’ambito amicale; in tali contesti comunicativi gli interlocutori interagiscono più di frequente impiegando l’italiano regionale. Diversamente da quartiere di Castello, Villanova è uno dei quartieri storici in cui si registrano le maggiori percentuali di immigrati regolari (Atlante demografico 2011; Puggioni & Atzeni 2013: 21). Secondo Loi Corvetto (2013: 189) gli insediamenti 'locali', non numerosi e legati perlopiù all’artigianato, al piccolo commercio e alle rivendite di generi alimentari di modeste dimensioni

108 hanno lasciato spazio in parte agli insediamenti più o meno stabili di immigrati extracomunitari le cui attività sono rivolte principalmente alla vendita ambulante e ad attività lavorative saltuarie, non remunerative. La componente 'locale' è per questo presente nel rione in minor misura rispetto ai decenni precedenti. Le strutture abitative sono inoltre andate incontro, in tempi piuttosto recenti, ad una riqualificazione che ha favorito l’insediamento stabile di gruppi familiari appartenenti alla borghesia, che sono andati a vivere nelle abitazioni pregevolmente ristrutturate. Ciò ha determinato una situazione diversificata sul piano sociale e linguistico. Per questo, accanto alle varietà di apprendimento utilizzate dagli immigrati extracomunitari, il repertorio di Villanova risulta composto, come varietà di tipo diastratico, dall’italiano regionale e popolare. Il primo è utilizzato soprattutto dai parlanti con un buon livello di scolarizzazione, in minor misura da chi non è andato oltre l’ottenimento della licenza elementare, nonché da coloro che appartengono ai ceti sociali meno abbienti. L’italiano popolare è invence circoscritto nell’uso a quegli ambienti scarsamente alfabetizzati, che interagiscono spesso impiegando una varietà dialettale sarda. Sono inoltre presenti le varietà sarde, impiegate soprattutto come varietà diafasiche (Loi Corvetto 2013: 189). La relazione tra le varietà del repertorio in uso a Villanova è così schematizzato da Loi Corvetto (2013: 190). In diastratia l’uso dell’italiano regionale si oppone a quello dell’italiano popolare e del sardo, quest’ultimo utilizzato tuttavia meno frequentemente:

it. regionale

it. popolare sardo

In diafasia si ha una differenziazione nell’impiego dell’italiano (regionale o popolare) rispetto a quello del sardo, il cui uso è poco frequente e relegato ai contesti informali, quali quello di tipo amicale: it. regionale e popolare

sardo

109 Così come è avvenuto a Villanova, anche il quartiere della Marina ha visto recenti e profondi mutamenti della struttura insediativa e della composizione sociale. Secondo Loi Corvetto (2013: 190-1) la componente 'locale' che economicamente connotava la zona con attività legate alla pesca si è in seguito spostata nel rione di Sant’Elia. Odiernamente le attività sono principalmente legate alla ristorazione, al commercio e all’artigianato, condotte soprattutto da extracomunitari provenienti perlopiù da Bangladesh, Pakistan, Egitto, Cina e Senegal. Tali attività commerciali, unitamente alla residenza presso il quartiere della Marina, favoriscono contatti profondi e prolungati con la componente 'locale'. Il quartiere, anche per la collocazione presso porto, stazione dei treni e dei mezzi pubblici extraurbani, presenta una connotazione particolarmente aperta ai nuovi arrivi, anche non provenienti dall’area linguistica campidanese e/o non sardi. L’interazione con parlanti non dialettofoni o che non conoscono il sardo meridionale è quindi una condizione particolarmente frequente che comporta l’impiego dell’italiano, suddistinto in italiano regionale, popolare e delle varietà di apprendimento parlate dagli stranieri (Loi Corvetto 2013: 191-2). L’uso del sardo, oltre ad essere condizionato dalle rispettive conoscenze e provenienze degli interlocutori, è limitato ai contesti informali. Anche in relazione al quartiere di Stampace può essere tracciata una situazione sociolinguistica simile. L’uso del sardo risulta quasi scomparso a favore dell’impiego dell’italiano regionale, dell’italiano popolare e delle varietà di apprendimento. Questo è dovuto alla presenza stabile di sardi provenienti da centri non appartenenti all’area linguistica campidanese ma soprattutto di parlanti di altre regioni italiane, unitamente ad una notevole componente extracomunitaria (Loi Corvetto 2013: 192). La situazione sin qui delineata riguardante i quartieri 'storici' evidenzia in primo luogo un mutamento del rapporto tra i codici del repertorio, mutamento avvenuto a partire da metà Novecento. Secondo Otheguy & Zentella (2012: 19) quando parlanti di differenti subvarietà di uno stesso 'dialetto' convergono in un nuovo stanziamento, sia dal punto di vista sociale, geografico che linguistico, possono attivarsi diverse dinamiche: «one is dialectal leveling resulting from accomodation» mentre l’altra prevede un rafforzamento del 'dialetto' in seguito alla necessità di una forte affermazione identitaria separata della altre: «the coming together of speakers with different dialectal features and diverse social characteristics may lead, not to the smoothing out, but rather to the intensification of dialect differences and the reaffirmation of distinct identities». Il contatto avvenuto nella città di Cagliari - almeno limitatamente a quanto sino ad ora risulta noto dalla bibliografia disponibile per quanto attiene ai quartieri storici della città - non solo tra diverse varietà di sardo ma anche con l’italiano, ha comportato uno sviluppo differente, motivato da

110 un notevole sbilanciamento del prestigio. Si è infatti attuata, per quanto riguarda le varietà sarde e segnatamente la varietà campidanese propria di Cagliari, una progressiva marginalizzazione. I movimenti migratori di tipo interno, costituiti principalmente da popolazione non specializzata che cercava nella città opportunità lavorative e un conseguente miglioramento del tenore di vita, hanno prima di tutto prodotto un notevole aumento degli abitanti (Puggioni & Atzeni 2013: 16). Tale componente, residente in aree ben definite della città, ha continuato ad esprimersi preferibilmente in sardo, almeno sino a quando non ha raggiunto un certo progresso di tipo socio-economico, in seguito sfociato nel mescolamento sia dal punto di vista sociale che residenziale nei ceti medi (Fontana 1996: 34). La varietà sarda campidanese è stata successivamente e gradualmente marginalizzata, quando risulta nota ai parlanti, a pochissimi contesti familiari. Fontana (1996: 35) osserva che a partire dal secondo dopoguerra, in un primo momento il sardo è stato inconsciamente associato a connotazioni provinciali, proletarie e contadine, nonché ad un timore di ritorno alla situazione socio-economica d’origine, soprattutto da parte della popolazione che ancora non riteneva stabili i traguardi del miglioramento raggiunto. Il sardo è stato per questo marginalizzato e respinto: tali atteggiamenti orientati verso posizioni di rifiuto sono stati trasmessi dai genitori ai figli. Questi ultimi, in seguito ai centri di scolarizzazione presenti nella città e alla maggiore efficienza dei mezzi di trasporto, non hanno più visto in tale lingua un elemento capace di caratterizzare un quartiere e la comunità residente in relazione ad altre contigue. Venuta meno la forza aggregante e al contempo caratterizzante, il sardo non è più stato utilizzato attivamente né appreso e le giovani generazioni sono andate incontro a difficoltà sempre più profonde nella capacità di esprimersi e capirlo, sino a negarne del tutto anche la semplice conoscenza passiva. Tali dinamiche sono confrontabili con sviluppi affini avvenuti in altre realtà geografiche; secondo Van Herk (2012: 38 ss.) ad esempio e presso diversi centri urbani è avvenuto che gran parte dei ‘dialetti’ hanno instaurato reciproci rapporti rispetto alle varietà ‘nazionali’ durante l’urbanizzazione e i movimenti migratori a questa associata. Il subitaneo contatto tra diverse varietà è stato determinato all’arrivo nei nuclei urbani di flussi umani provenienti dalle zone rurali che cercavano nelle città lavoro e un migliore tenore di vita. D’altronde Loi Corvetto (2013: 182 ss) osserva che l’immigrazione interna ha favorito e ancora oggi favorisce in buona misura l’insediamento, anche stabile, di sardofoni che provengono dalle diverse aree linguistiche dell’isola: ciò poiché la città rappresenta un contesto privilegiato per opportunità concernenti l’istruzione scolastica e le maggiori possibilità occupazionali. L’insediamento temporaneo favorito dal tipo di occupazione lavorativa e dal pendolarismo giornaliero verso altri centri sardi costituiscono spinte verso rapporti comunicativi non omogenei dal punto di vista linguistico. Tali spostamenti mettono in contatto parlanti provenienti da aree

111 linguistiche diverse che 'interrompono' il rapporto quasi esclusivo con coloro che appartengono al medesimo gruppo linguistico, rapporto che peraltro raramente veniva instaurato anche nei tempi passati. Loi Corvetto (2013: 183) sottolinea che Cagliari si presenta allo stato attuale come un centro nel quale coesistono più realtà linguistiche che interagiscono fra loro. Il repertorio dei singoli abitanti solo in rari casi è sovrapponibile in toto a quello dei parlanti con i quali si interagisce. Solamente l’impiego dell’italiano può essere considerato un elemento comune a coloro che si insediano per un periodo più o meno lungo nella città; però le altre componenti linguistiche presenti nel repertorio degli abitanti ormai cagliaritani modificano sensibilmente l’italiano, che è parlato con influenze relativamente marcate ad opera delle varietà linguistiche presenti nel repertorio dei singoli abitanti. I parlanti sardi che si stabiliscono a Cagliari provengono in buona parte da altre aree linguistiche, all’interno delle quali è rilevante la variazione diatopica e parlano frequentemente un italiano che, seppur parzialmente, risente dell’influenza esercitata dal dialetto del paese del quale il parlante è originario. Coloro che sono soggetti ad un pendolarismo settimanale, o addirittura giornaliero, e che quindi interagiscono spesso in contesti che non sono quelli cagliaritani, possono rivelare interferenze più marcate ad opera del contesto linguistico di partenza.

4.8 La scelta dei quartieri: principali tratti differenziali La possibilità di seguire gli sviluppi generali delle dinamiche sociolinguistiche che hanno caratterizzato i quartieri storici di Cagliari (Castello, Marina, Stampace e Villanova) dagli anni Cinquanta sino agli ultimi decenni ne ha motivato l’inserimento nella prima fase del progetto. Ciò in primo luogo per disporre di un riscontro e di un confronto tra aspetti descritti negli studi disponibili e dati ricavabili dai questionari specificatamente approntati. I questionari hanno la finalità di ottenere, per ogni informatore previsto dal campione, dati di tipo socio-anagrafico, dati relativi al repertorio e dati riguardanti i media e lo status del sardo. Inoltre un'apposita sezione del questionario prevede test linguistici con la finalità di verificare lo stato di alcuni aspetti conservativi della lingua, unitamente all’eventuale emergere di caratteristiche di tipo innovativo. Complessivamente inoltre tale sezione del questionario intende verificare il grado di competenza che ogni informatore ha del sardo, soprattutto a confronto a quanto essi dichiarano in alcune domande previste nella prima parte. In estrema sintesi lo scopo è delineare un quadro aggiornato della situazione della realtà linguistica di Cagliari, incrementando i dati dei quartieri su cui esistono già indagini e presentando dati da quartieri sino ad ora non coperti da rilievi specifici. Tra questi figurano quelli di Bonaria, Monte Urpinu, Fonsarda (per quest'ultimo quartiere vd.

112 Vaccargiu 2014). Le motivazioni della loro selezione risiedono principalmente nella loro differente connotazione socio-demografica e, conseguentemente, nella possibilità che tali differenze possano presentare significative correlazioni con la variazione linguistica, anche in confronto ai quartieri storici della città Alcune rimarchevoli differenze tra i quartieri considerati nel presente lavoro sono ravvisabili dalle percentuali relative all’occupazione e alle condizioni dell’istruzione. Per quanto riguarda il primo aspetto i dati desumibili dal Profilo demografico (2013) evidenziano come alcuni dei quartieri storici occupino posizioni complessivamente non particolarmente problematiche:

Quartiere Tasso di attività Tasso di % di occupati (*) disoccupazione Castello 57.7% 15.7% 48.6% Marina 57.1% 14.7% 48.7% Villanova 50.4% 13.2% 43.8%

(*) Percentuale di occupati sul totale del la popolazione residente di età superiore ai 14 anni

Ciò è dovuto al fatto che in tali quartieri vi è una notevole percentuale (dal 61% di Marina al 53% di Stampace) di famiglie 'giovani', formate perlopiù da coppie con un figlio al massimo e caratterizzate da un buon livello di istruzione, di grado medio-alto, che gli permette di inserirsi con maggiore successo nel mercato del lavoro. Invece, sempre secondo il Profilo demografico (2013) il quartiere Fonsarda, così come altri quali Genneruxi, San Michele, Is Mirrionis, presenta percentuali molto più basse che testimoniano un crescente disagio sociale determinato dall'impatto della crisi su famiglie prevalentemente anziane, il cui potere d'acquisto si è notevolmente ridotto. Il Quaderno Statistico (2001) presentava i seguenti dati relativi al tasso di attività maschile:

Quartiere Forze di lavoro Occupati Disoccupati ed In cerca di prima Tasso di Tasso di attività altre persone in occupazione disoccupazione maschile (15 anni cerca in su) Monte Urpinu 1196 90,1 6,9 3 10 57,4 Bonaria 2209 88,7 7,8 3,5 11,3 60,4 Stampace 1780 89,3 7,6 3 10,7 62,9 Fonsarda 1704 86 8,1 5,9 14 54,4 Castello 414 80 12,6 7,5 20,1 66,7 Villanova 1424 84 10,5 5,5 16 61,6 Marina 671 85,4 9,5 5,1 14,6 65,8

113 Come è possibile notare, in relazione al valore relativo al tasso di disoccupazione, Monte Urpinu, Bonaria e Stampace formano un blocco contrapposto a Fonsarda, Marina,Villanova e Castello. In particolare quest'ultimo si presenta come quello maggiormente problematico. Per quanto attiene il titolo di studio appare apprezzabile un certo scarto tra i quartieri di Monte Urpinu e Bonaria che, per quanto attiene al valore del basso livello di istruzione, si assestano su percetuali più contenute rispetto soprattutto ai quartieri storici di Marina e Villanova. Per quanto attiene invece al possesso del titolo di laurea, occorre osservare come le percentuali più basse caratterizzino i quartieri di Marina e Villanova e, all'inverso, quelle più alte contraddistinguano i quartieri di Monte Urpinu e Castello.

Quartiere Laurea, diploma Basso livello di istruzione universitario Monte Urpinu 34, 6 % 13, 7 % Bonaria 29, 8 % 15, 7 % Fonsarda 29,70% 16,60% Castello 34,30% 16,30% Marina 26,50% 20,90% Villanova 28,70% 17,50% Stampace 30.90% 16.40%

La tavola evidenzia una certa variabilità nella condizione dell’istruzione dei cagliaritani dei quartieri analizzati. Alla forte concentrazione di laureati registrata per i quartieri di Monte Urpinu e Castello fa riscontro la presenza di valori molto elevati dell’indicatore “basso livello di istruzione” nel quartiere Marina e Villanova. Dati più precisi sono desumibili dal Quaderno Statistico (2001) - che esamina la popolazione oltre i 6 anni di età. La seguente griglia riporta i dati dei quartieri oggetto del presente studio:

Quartiere Laurea o diploma Diploma di scuola Media inferiore Licenza Alfabeti Analfabeti universitario o secondaria elementare terziario non superiore universitario Monte Urpinu 28,5 37,4 19,4 10,3 4,2 0,2 Bonaria 21,9 35 23,1 14,1 5,2 0,6 Stampace 23,5 29,8 24,2 14 7,3 1,3 Fonsarda 21,6 36,6 23 13,1 5,2 0,5

114 Castello 20,5 24,9 26,1 18,4 8,3 1,9 Villanova 19,5 31,5 25,2 16,2 6,5 1 Marina 15,8 28,1 27 19,2 8,2 1,7

Un altro parametro strettamente correlato al grado di istruzione che concorre a differenziare i quartieri della città concerne la tipologia abitativa: i quartieri di Bonaria e di Monte Urpinu hanno una caratterizzazione socio-economica a carattere non popolare, con strutture abitative, alcune delle quali di pregio, sia di tipo condominiale che villini. Infatti è noto che presso il colle di Bonaria, già dal primo dopoguerra, si avviò l’edificazione di villini borghesi (Colavitti & Usai 2007: 37). Tali due quartieri sono abitati perlopiù da famiglie del ceto medio alto della borghesia cittadina. Il censimento del 2011 offre interessanti informazioni riguardanti gli alloggi per quartiere e la classe di superficie (valori assoluti) da cui si evince una posizione di abbastanza netta differenziazione dei quartieri storici (eccetto Castello) e di Fonsarda rispetto a Bonaria e Monte Urpinu:

Quartiere Fino a 49 Da 50 a 79 Da 80 a 99 Da 100 a 150 e più N.D. 149 Bonaria 5,51 24,7 20,9 35,55 12,74 0,61 Monte 2,62 12,75 21,21 52,15 10,45 0,81 Urpinu Fonsarda 2,29 19,32 23,46 48,26 6,33 0,34 Castello 15,18 32,45 18,11 23,54 10,58 0,14 Marina 15,81 35,46 18,02 23,01 7,45 0,25 Stampace 8,5 22,26 18,9 34,53 13,72 2,09 Villanova 10,3 29,21 21,47 29,96 8,83 0,23

Minori differenze si riscontrano in relazione all’età media della popolazione residente, cui è legato anche il tasso di femminilità, leggermente predominante nella maggior parte dei quartieri di Cagliari. Il tasso di femminilità specifico (per anno di età) tende ad essere più elevato per le classi più anziane della popolazione e quindi i quartieri che registrano una maggiore presenza di popolazione femminile sono quelli nei quali è più elevata la quota di anziani e, conseguentemente, l’età media dei residenti. L’indice di femminilità per zona in relazione ai quartieri qui esaminati, secondo il Profilo demografico (2013), è il seguente:

Quartiere variazione % Indice di sul 2001 femminilità

Centro storico -6,00% 115,3

115 Fonsarda (comprensivo di -9,80% 129,9 Sant'Alenixedda e CEP) Bonaria -10,8% 121,3

Monte Urpinu -8,5% 124,3

Come si può osservare si registrano valori piuttosto alti del tasso di femminilità e conseguentemente dell’età media dei residenti nei quartieri di Monte Urpinu, Fonsarda e Bonaria. L’insieme dei valori riguardanti l’età media è riportato nella seguente griglia, basata sul censimento del 2011:

Centro storico 46,6 Fonsarda (comprensivo di Sant'Alenixedda 50,7 e CEP) Monte Urpinu (e Genneruxi) 49,9 Bonaria (e Monte Mixi) 49,2

Ugualmente indicative sono le percentuali relative alle famiglie residenti a Cagliari (al 31.12.2012) che hanno almeno un componente anziano (70 anni o più):

Centro storico 23,70% Fonsarda (comprensivo di Sant'Alenixedda 38,60% e CEP) Monte Urpinu (e Genneruxi) 37,6 %

Bonaria (e Monte Mixi) 34,8 %

Nei quartieri di Fonsarda e Monte Urpinu i residenti hanno un’età media di 50 anni e la percentuale di famiglie con almeno un anziano di settant’anni ed oltre è molto vicina al quaranta per cento. L’età media dei residenti e la quota di famiglie con almeno un anziano risultano invece meno elevate nei quartieri caratterizzati da un maggiore equilibrio di genere nella composizione della popolazione residente. Per quanto riguarda il parametro relativo al calo demografico è noto che, pur avendo interessato

116 complessivamente la città, non ha coinvolto in maniera uniforme tutti i quartieri, rivelandosi particolarmente intenso in alcune zone. Secondo l'Atlante Demografico (2014) questo appare spiccato a Bonaria e Fonsarda e meno consistente a Monte Urpinu; nei quartieri storici si assiste invece, eccetto che a Castello, ad un recente aumento degli abitanti dovuto alla componente immigratoria extracomunitaria che ha largamente compensato l'emorragia emigratoria verso i centri limitrofi della città:

Quartiere 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Castello 1495 1467 1444 1460 1432 1471 1453 1407 1413

Marina 2508 2534 2501 2496 2696 2615 2680 2656 2701

Villanova 6021 6015 6023 5939 6149 5988 6216 6128 6171

Stampace 6692 6676 6679 6682 6575 6643 6954 6947 6958

Fonsarda 7371 7291 7227 7176 7090 7050 6959 6858 6773

Monte Urpinu 5.091 5.106 5.143 5.147 5.114 5.093 5078 5029 5045 Bonaria 8.500 8.474 8.416 8.490 8.155 8.486 8214 8173 8239

Il Profilo demografico (2013) presenta un'interessante griglia che, parallelamente alle oscillazioni demografiche della città di Cagliari, mostra attraverso quali percentuali i centri prossimi al capoluogo abbiano calamitato i flussi provenienti dalla città:

Comuni collocati nell'area vasta di Cagliari che hanno registrato i più elevati incrementi relativi di popolazione negli ultimi tre decenni intercensuari

1981-1991 1991-2001 2001-2011 Quartu S.Elena 40,4% Capoterra 30,2% Sestu 30,6%

Capoterra 34,6% Sestu 25,0% Villaspeciosa 23,6% Villa San Pietro 34,1% Soleminis 18,6% Quartucciu 19,1% Selargius 27,4% Selargius 18,1% Dolianova 17,9% Elmas 27,3% Assemini 17,0% Uta 17,4% Assemini 21,8% Sinnai 16,4% Soleminis 17,1% Sinnai 16,5% Villa San Pietro 13,0% San Sperate 16,9% Maracalagonis 15,5% Maracalagonis 12,5% Serdiana 15,0% Sestu 15,3% Quartucciu 12,2% Decimomannu 14,6% Settimo San Pietro 15,3% Pula 11,6% Ussana 13,9%

117 Cagliari -7,9% Cagliari -10,6% Cagliari -8,7%

Per quanto riguarda l'incidenza della popolazione straniera sul totale della popolazione per quartiere (italiani + stranieri = 100%), le percentuali sono le seguenti (Atlante Demografico 2014):

Quartiere 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Castello 2,61 2,66 3,88 4,11 4,47 5,17 5,71 5,47 5,8

Marina 11,76 11,84 12,2 12,94 14,28 15,37 16,19 17,7 19,1

Villanova 7,64 8,38 9,96 10,68 11,29 12,42 12,74 13,07 13,16

Stampace 6,62 7,2 7,86 8,7 9,48 9,89 10,9 11,98 12,45

Fonsarda 1,13 1,44 1,58 1,99 2,68 2,67 3,22 3,82 4,21

Monte Urpinu 1,55 1,9 2,45 2,89 3,36 3,77 3,8 3,64 3,9 Bonaria 1,87 2,58 3,09 3,75 4,4 4,82 5,54 6,17 7,37

Dalla griglia risulta evidente una notevole incidenza della popolazione straniera soprattutto nei quartieri storici e a Bonaria.

4.9. Classi di età significative Come si è visto nel capitolo precedente, una delle variabili maggiormente utilizzate nella stratificazione dei campioni nelle indagini sociolinguistiche è l’età. Diversi aspetti riguardanti tale variabile sociolinguistica necessitano di particolari accorgimenti, in particolare riguardanti le segmentazioni da operare e i punti dove operare le cesure. Eckert (1997: 158 ss) parte dalla constatazione che «much more is know about fine age differences in the early years than in the later years, and in fact, less is know about age-related patterns of variation the farther we move along in the life course». Inoltre osserva che in generale il corso della vita, nelle società occidentali, è segmentato nelle seguenti partizioni: infanzia (che comprende anche le fasi pre-adolescenziali), adolescenza (suddistinta in una fase primaria e in una di adolescenza piena), età adulta (a sua volta distinta in una fase primaria e poi nella mezza età) e infine anzianità. Gordon (2001), Hazen (2000) e Schilling (2013) sottolineano che il problema metodologico dell’identificazione delle generazioni nella ricerca sociolinguistica e la scelta dei criteri che guidano la ripartizione dei parlanti sulla base di tale aspetto è strettamente funzionale agli scopi cui mira l’indagine. Inoltre occorre tenere conto di particolari caratteristiche di tipo storico- sociale, peculiari delle singole comunità indagate che possono avere importanza nella correlazione

118 con la variabilità e il mutamento linguistico. Secondo Martelli (2009: 18) le generazioni, intese dal punto di vista delle scienze sociali, sono legate alla specifica conformazione economica e sociale del periodo e/o della zona geografica in cui un gruppo di individui si trova a sperimentare una fase della vita. Gli ‘effetti’ che intervengono a differenziare tra loro gruppi di diverse età sono tre e tendono a sovrapporsi tra loro (Martelli: 2009: 18): a) l’effetto età, che risulta legato ai processi evolutivi di maturazione della personalità. b) l’effetto generazione, relativo all’esposizione ad esperienze significative di tipo storico-sociale nella fase formativa del ciclo di vita. c) l’effetto periodo, connesso allo specifico momento storico nel quale viene condotta l’osservazione.

Nel presente progetto le classi d’età individuate sono state quattro: 16-25 anni; 26-45 anni; 46-65 anni; oltre i 65 anni. Nei quartieri storici si è inoltre individuata un’ulteriore fascia che comprende i parlanti tra i 10 e i 15 anni. L’individuazione di tali gruppi deriva da considerazioni sostanzialmente di tipo sociodemografico. In primo luogo tale classificazione permette una fondamentale bipartizione in: a) popolazione in età non attiva: fascia d’età 0-14, 65 e oltre b) popolazione in età attiva: fascia d’età 15-64

1) Classe di età: 16-25 anni. Secondo Cavalli (1994) «esiste una fase della vita in cui gli individui si affacciano per la prima volta in modo relativamente autonomo nella scena pubblica, dopo aver passato gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza nell’ambiente protetto della famiglia. In questa fase di massima ricettività, che si colloca in genere nella tarda adolescenza e nella gioventù, grossomodo tra i 16 e i 25 anni di età si formano i valori, le opinioni e gli atteggiamenti che riguardano la sfera sociale e politica e che sono destinati a rimanere relativamente stabili nelle fasi successive. Durante questa fase l’influenza delle tradizionali agenzie di socializzazione (famiglia e scuola) viene messa, almeno in parte, in discussione sulla base dell’esperienza, diretta o mediata, degli eventi chiave del consesto storico del momento […]. Si viene a formare così, attraverso l’elaborazione cognitiva degli eventi chiave ai quali si è stati esposti, una sorta di memoria collettiva generazionale, fatta di credenze, convinzioni, simboli, miti, attribuzioni di senso, che è destinata a durare relativamente forte». Sempre secondo Cavalli (1994: 239) si verrebbe così a formare «attraverso l’elaborazione cognitiva degli eventi chiave ai quali si è stati esposti, una sorta di memoria collettiva generazionale, fatta di credenze, convinzioni, simboli, miti, attribuzioni di senso, che è destinata a durare relativamente a lungo. Infatti, con il trascorrere

119 degli anni e il consolidarsi delle mappe cognitive, queste diventano sempre meno ricettive e funzionano da filtro che scarta esperienze e informazioni dissonanti che ne metterebbero in discussione l’integrità, recependo soltanto quelle esperienze e informazioni che confermano e consolidano credenze e convinzioni acquisite». Secondo tale approccio Martelli (2009: 17) osserva che ogni generazione sarebbe allora portatrice dei tratti caratteristici del periodo storico-sociale all’interno del quale si è formata ed è stata ‘giovane’, riproducendoli nella vita quotidiana in termini di guida alla percezione e definizione degli aventi. Tale fascia di età risulterebbe quella più esposta ai flussi comunicativi. All’interno di tale classe d’età si colloca pienamente la fase finale dell’adolescenza: secondo Eckert (1997: 162-3) si tratta di una fase di particolare interesse per la sociolinguistica: «during adolescence, people who are in fact becoming adult are normatively denied adult roles, and isolated from the adult sphere in institutions of secondary education […]. They see this new life stage as bringing greater freedom and new opportunities on the one hand, and making new social demands on the other […]. Adolescence is the focus of development of the social use of the vernacular, and in general is seen as the time when linguistic change from below is advanced. Adolescents lead the entire age spectrum in sound change and in the general use of vernacular variables, and this lead is attributed to adolescent’s engagement in constructing identities in opposition to – or at least independently of – their elders». Secondo Murphy (2010: 10) assieme all’infanzia, l’adolescenza è di grande interesse per la sociolinguistica in quanto si ritiene che la variabilità linguistica raggiunga il massimo grado durante tali fasi. Inoltre, durante l’adolescenza, l’interesse risiede nel fatto che si presentano al parlante nuove opportunità, cambiamenti ed esperienze sociali che possono impattare in vario modo sulla lingua (Murphy 2010: 10). Anche Andersen (2001: 7) ribadisce che i parlanti in età adolescenziale costituiscono una fonte piuttosto importante per le indagini sui mutamenti linguistici in atto. Inoltre in Eckert (1997: 162-3) vengono evidenziati i seguenti punti: a) «adolescence is a time when children are expected to become serious about their adult occupations»; b) «adolescence is therefore a time of transition from their parent’s social sphere to one that they construct fro themselves». Andersen (2001: 5) parte dalla constatazione che i mutamenti sottesi al passaggio che dall’infanzia porta alle prime fasi dell’età adulta e che sono compresi quindi all’interno dell’adolescenza presentano ripercussioni importanti dal punto di vista della struttura linguistica. Il lessico andrebbe incontro ad un notevole ampliamento: secondo Aitchison (1994) ci sarebbe un massiccio aumento dell’apprendimento lessicale, in special modo nelle prime fasi, tra gli 11 e i 14 anni. Per quanto riguarda invece la sintassi si andrebbe incontro ad un progressivo aumento della lunghezza, complessità e densità di informazioni: Andersen (2001: 6) rileva che «during

120 adolescence […] speakers are gradually more able to produce complex sentences that contain syntactic structures that are uncommon in childhood, such as the perfect aspect, the passive voice, relative clauses, non-finite clauses, appositions and cleft sentences». Che la classe d’età che individua e circoscrive l’adolescenza costituisca una fase di interruzione e mutamento tra l’infanzia e la fase adulta è evidenziabile grazie a diversi studi (Macaulay 1977; Eckert 1988, 1989b; Habick 1991). Le prima fasi dell’adolescenza costituiscono un lasso di tempo in cui avvengono notevoli influssi provenienti dall’ ‘esterno’ della famiglia. Vi è una maggiore esposizione a diverse varietà linguistiche con un conseguente aumento della competenza sociolinguistica. Secondo Andersen (2001: 6) «adolescents recognize and practise intralinguistic variation in the ways which are to be expected, given the social norms of the adult community. They become gradually more able to modify their speech in accordance with the speech situation by applying different levels of formality in different contexts». Coulmas (2013: 68) osserva che durante l’adolescenza le conoscenze lessicali e il ventaglio delle competenze stilistiche si ampliano; spesso vengono utilizzate determinate parole al fine di creare un distacco e un allontanamento dagli usi degli adulti. Rampton (1995a, b) ha invece elaborato, attraverso una ricerca d’ambito multiculturale condotta in Inghilterra, nel South Midlands, il concetto di language crossing: «the term ‘language crossing’ (or ‘code-crossing’) refers to the use of a language which isn’t generally thought to ‘belong’ to the speaker. Language crossing involves a sense of movement across quite sharply felt social or ethnic boundaries, and it raises issues of legitimacy that participants need to reckon with in the course of their encounter» (Rampton 1998: 291). Grazie a specifiche interviste condotte su adolescenti delle comunità Indiane, Pakistane e Afro-Caraibiche ha appurato che diverse scelte lessicali sono regolate dal contrasto con quelle tipiche degli adulti e dalla necessità di slegarsi dal contesto del gruppo etnico di riferimento; per tale ragione il fenomeno è stato definito più specificatamente lexical crossing. Secondo Cheshire (1982) è possibile utilizzare le forme sintattiche non standard di carattere regionale per appurare il grado di ‘lealtà’ e di aderenza all’ambito culturale locale. Da tale punto di vista un insieme di parlanti in età adolescenziale costituisce un buon campione per indagare i pattern riguardanti la variabilità sintattica, in considerazione della notevole frequenza dell’impiego di forme non standard; nelle fasce d’età riferibili alla fase adulta si assisterebbe invece ad una tendenza differente: «adults are to a greater extent constrained by the values of the mainstream society and produce less socially stigmatised syntactic varians» (Andersen 2001: 6). Con l’avanzamento dell’età si andrebbe incontro a una minore frequenza degli aspetti sub- standard e contemporaneamente a un più stretto allineamento con le caratteristiche rapportabili allo

121 standard. Secondo Coulmas (2013: 71) «a decrease with age in the use of socially stigmatized features can be observed in most industrial societies. Between the ages of 25 and 60, people choose standard as opposed to dialectal forms most frequently».

2) Classe di età: 26-45 anni. Tale classe, quella lavorativa per eccellenza e considerata per questo la più produttiva, comprende gli individui nati a partire dagli anni Settanta, limite temporale che segna l’arresto dell’incremento della popolazione della città di Cagliari. È dal 1971 infatti che i flussi inurbativi hanno registrato un'inversione di tendenza, testimoniato anche dai tassi di incremento dei centri limitrofi, che iniziarono a registrare percentuali superiori rispetto a quelle del capoluogo (Puggioni & Atzeni 2013: 17). Dagli anni Settanta infatti la popolazione di Cagliari ha iniziato un calo demografico piuttosto forte, ancora oggi in atto. Dal punto di vista degli aspetti di portata più generale occorre sottolineare una certa lacuna nelle indagini sulle classi d’età riferibili alla fase adulta: Murphy (2010: 11) rileva che «in comparison to the early life stages, adulthood seems to have been neglected in terms of research» così come Eckert (1997: 165) che rileva come gli aspetti sociolinguistici delle fasce d’età adulte risultino pressoché sconosciuti. Murphy (2010: 11) sottolinea tuttavia che «researchers are starting to recognize that adult language develops in response to important life events that affect the social relations and social attitudes of individuals and there is a move towards analysing the speech of members of a given age group as fully appropriate to that life stage rather than comparing it either implicitly or explicity to the language of the middle years». Infine Eckert (1997: 157-8) puntualizza sulla necessità di tenere a mente che i ‘modi’ di parlare propri di ogni classe d’età sono «part of the community structuring of language use and that the linguistic resources employed at any stage in life have social meaning for and within that life stage».

3) Classe di età: 46-65 anni. È la classe di età dei parlanti la cui nascita si colloca nel secondo dopoguerra, approssimativamente compreso tra il 1945 e gli anni Sessanta. Il secondo dopoguerra, come si è sottolineato nel par. 4.6, costituisce un elemento di notevole importanza per la storia urbanistica della città, unitamente ai connessi aspetti socio-demografici che ne hanno profondamente mutato il profilo e ai correlati linguistici che ne sono scaturiti (Fontana 1996; Loi Corvetto 2013). È infatti a partire da questo periodo che la città di Cagliari ha visto un notevole sviluppo urbano, con la nascita di nuovi quartieri e il progressivo spopolamento di quelli già esistenti, oltre che un consistente accrescimento demografico dovuto all’arrivo nella città di flussi di popolazione provenienti perlopiù da diversi centri della Sardegna. Tale classe comprende inoltre il limite della popolazione considerata in età attiva (attorno ai 55 anni si colloca infatti la soglia

122 classica del pensionamento).

4) Classe di età: oltre i 65 anni. È la classe di età dei parlanti la cui nascita si colloca nelle fasi precedenti il periodo del secondo dopoguerra. In tale fase, come si è visto, Cagliari non era ancora risultata coinvolta nella generalizzata trasformazione degli assetti demografici e della struttura insediativa che la caratterizzeranno nei decenni a seguire (Corti 1999; Puggioni & Atzeni 2013: 15). Per quanto attiene gli aspetti di interesse linguistico relativi ai parlanti collocabili nelle classi d’età più alte, gli indirizzi di indagine si sono rivolti verso tre principali aree: «language and communicative abilities in old age, identity in old age, and discourse as a carrier of meta-awareness of social norms, values and practices» (Murphy 2010: 12). Sempre Murphy (2010: 12) rileva come i parlanti di età particolarmente elevata in generale figurino raramente con adeguate rappresentanze nelle indagini sociolinguistiche. Ciò costituirebbe una spia del fatto che le classi d’età più elevata ancora non vengono intese e ritenute una partizione socialmente rilevante. La bibliografia disponibile presenta in maggior misura studi basati sulle patologie tipiche delle fasce d’età elevata che interessano il linguaggio, mentre un’assai minore attenzione è dedicata agli aspetti linguistici dei parlanti che si trovano al di fuori di particolari problemi di carattere patologico; secondo Murphy (2010: 12-3) «there is still little research which focuses on elderly discourse in which ‘problems’ do not seem to arise» mentre Coulmas (2013: 72) osserva che «to the extent that the language of the elderly has been investigated at all, it has come into focus mainly from a clinical perspective where various sorts of deficiencies ranging from hearing loss and reduced speech- recognition ability to word-finding difficulties, aphasia, Alzheimer’s disease and other geriatric communication disorders are dealt with. Outside these areas of physical and mental health detailed analyses of the speech of elderly people are sporadic». Coulmas (2013: 71) rileva inoltre che in generale gli aspetti linguistici che caratterizzano le fasce d’età più elevate sono stati intesi non come il frutto di scelte dei parlanti ma come il risultato dell’avanzamento dell’età che comporta un declino delle competenze linguistiche. Più in generale occorre rilevare che comunemente si accorda una maggiore tendenza conservativa a partire dalle fasce d’età medio-alte: secondo Murphy (2010: 13) «conservatism is said to set in in adulthood with adults generally becoming more conservative in their use of variables than the younger age groups». Considerazioni affini vengono riportate in Chambers (1995: 158-9) secondo cui, a partire dalla mezza età, i parlanti tendono a fissare il proprio socioletto «beyond any large scale or regular changes».

4.10. Consistenza numerica del campione

123 Complessivamente la parte di progetto sino ad ora completata ha visto la copertura di sette quartieri di Cagliari. Quattro quartieri storici (Castello, Marina, Villanova e Spampace), con un totale di 145 informatori (Pinto 2013: 132), il quartiere Fonsarda, con un totale di 55 informatori (Vaccargiu 2014) e i quartieri di Bonaria e Monte Urpinu, con un totale di 110 informatori, questi ultimi numericamente ripartiti per genere ed età come segue:

Classi di età BONARIA uomini donne 16-25 3 4 26-45 10 11 46-65 11 14 oltre 66 6 11 TOTALE 30 40

Classi di età MONTE uomini donne URPINU 16-25 2 2 26-45 5 6 46-65 6 8 oltre 66 5 8 TOTALE 17 23

5. Metodologia di indagine: il questionario, la ricerca e la selezione

124 degli informatori

5.1. La ricerca e la selezione degli informatori Il primo passo che deve essere compiuto quando si intraprende una ricerca sociolinguistica che prevede indagini sul campo è accedere alla comunità di cui si intende studiare la varietà (Levon 2013: 72). Naturalmente, in dipendenza da aspetti quali la tipologia di comunità e gli scopi dell’indagine, vi sono notevoli oscillazioni circa le questioni che da tale punto di vista devono essere affrontate. Sia che si tratti di comunità 'aperte' o di comunità di tipo 'chiuso', molto più difficilmente accessibili agli estranei (comunità di tipo settoriale che prevedono indagini all'interno di contesti quali caserme, carceri o presso gruppi etnici particolarmente refrattari al contatto con l'esterno), la strategia più comune è quella cosiddetta friend of a friend; questa prevede l’introduzione del rilevatore grazie al tramite e all'intermediazione di un amico condiviso o un conoscente in generale (Levon 2013; Milroy 1987; Milroy & Gordon 2003) che in modo più o meno profondo ha familiarità con la comunità su cui ci si vuole concentrare. In tal modo è possibile instaurare un primo contatto di tipo confidenziale ed eventualmente attivare un processo a catena per cui il primo informatore contattato si rivela utile per il riperimento di altri informatori. Otheguy & Zentella (2012: 25) ad esempio, in un progetto di ricerca riguardante le varietà di spagnolo parlate nella città di New York hanno condotto 300 interviste grazie all’aiuto di studenti laureati che avevano la medesima origine delle rispettive persone intervistate; in tal modo, attraverso il tratto accomunante della medesima origine, gli autori sono riusciti ad ottenere più facilmente il campione e una minore formalità nelle interviste («to reduce accommodation to the interviewer’s speech»). Nel presente lavoro la modalità di ricerca e selezione degli informatori è stata determinata dagli scopi e dalle finalità del progetto, volto a illustrare la realtà linguistica della città di Cagliari con speciale riferimento alle varietà sarde. Chiarite le caratteristiche e la suddivisione del campione (vd. cap. 2), per quanto attiene la ricerca e la selezione degli informatori ci si è basati su un approccio che, nelle prime fasi, ha fatto uso delle conoscenze personali dei rilevatori, residenti da lungo tempo nella città di cui fanno parte i quartieri esaminati. Ciò comporta la possibilità di conoscere e quindi contattare un primo gruppo di informatori potenziali, operazione che facilita notevolmente, almeno nelle prime fasi, la procedura di ricerca dei profili da intervistare nel prosieguo. Tale procedura è riferibile alla tecnica cosiddetta snowball (Goodman 1961). Levon (2013: 73) sottolinea come attraverso tale metodologia sia possibile sviluppare gradualmente la partecipazione e in coinvolgimento della comunità mentre, secondo Milroy & Gordon (2003: 32), «this approach utilizes the social networks of participants in the study to recruit

125 potential new participants. It is thus sometimes known as network sampling […]. The researcher simply asks the subject to recommend other people who might be willing to participate in the study». Un esempio dell'impiego di tale metodologia è offerto dall’indagine di Levon (2010) che ha studiato «how lesbian and gay Israelis use prosodic variation to create identities that take these national ideologies into account». L’analisi, condotta attraverso un corpus di 36 informatori tutti appartenenti a varie associazioni omosessuali, è stata resa possibile nelle fasi iniziali grazie all’amicizia tra la studiosa e alcuni attivisti di tali associazioni; «these initial contacts invited me to come along to group meetings with them, where they introduced me to other group members. In addition to allowing me to gain access relatively quickly to the various groups I aimed to study, using mutual friends to arrange introductions means that I was able to enter the groups as a know entity (“so-and so’s friend) rather than a complete stranger. This in turn meant that I was accepted more readily as a regular participant in the groups’ interaractions». (Levon 2013: 72-3). Anche Otheguy & Zentella (2012: 34-5) hanno utilizzato la metodologia snowball sottolineando tuttavia alcuni problemi che derivano da tale scelta. Infatti, poiché gli informatori sono stati contattati attraverso contatti personali da parte dei collaboratori al progetto che risultavano laureati, il campione è risultato lievemente sbilanciato a favore di profili con elevato livello di istruzione. Successivamente il campione è stato riequilibrato: «nearly half of our consultants (42 percent) did not attend college, including nineteen who did not study beyond elementary school. The remainder (58 percent) had some level of tertiary education, including twenty-two interviewees with at least some graduate studies». Un cospicuo vantaggio di tale metodologia è che, almeno in una certa misura, si riduce il numero di persone che rifiutano di prestarsi all’inchiesta. Infatti la possibilità di avere il tramite di un conoscente per reperire altri informatori fa sì che si possano individuare in anticipo, con un certo margine di sicurezza, i profili idonei agli scopi della ricerca e che il rilevatore si presenti non come un completo estraneo. Il lavoro di Horvath (1985), condotto presso la città di Sidney, prevedeva lo studio della varietà inglese con un campione stratificato per età, genere, classe ed etnia, anche attraverso il coinvolgimento di parlanti di inglese non nativi. L’approccio utilizzato è stato quello di tipo snowball: ai primi informatori contattati è stato richiesto di individuare un altro membro del medesimo gruppo amicale che volesse partecipare al progetto di ricerca. Lo scopo finale è stato ottenere interviste provenienti un numero di adulti e adolescenti, sia maschi che femmine, di varie classe sociali ed etnie nella misura numerica prevista dal campione. La studiosa ha curato anche l’aspetto dello spazio geografico, facendo sì che i parlanti provenissero da diverse aree della città di Sidney.

126 Anche secondo Meyerhoff e al. (2011: 128 ss), un metodo piuttosto comune e utile per contattare i parlanti prevede in prima battuta il coinvolgimento di persone facenti parte della cerchia parentale e amicale o con cui comunque si ha un certo grado di confidenza, ad esempio facenti parte di ambiti condivisi quale quello lavorativo o del tempo libero (vd. anche Tagliamonte 2006: 20-35). Questi contatti iniziali costituiscono il primo passo per il reperimento di ulteriori informatori grazie a un processo a catena definito, oltre a snowball, anche metodo friend of a friend (Milroy 1980; Milroy & Gordon 2003). La circostanza per cui una percentuale variabile degli informatori intrattiene con il rilevatore un rapporto di confidenza più o meno profondo interessa anche alcuni aspetti linguistici. Ad esempio lo studio di Cukor-Avila & Bailey (2001) ha evidenziato le ricadute che comporta la presenza di un intervistatore che intrattiene con gli intervistati un rapporto di familiarità: queste riguardano soprattutto la maggiore presenza di aspetti ‘dialettali’ e di forme considerabili ‘non standard’. All’inverso, la minore familiarità con il rilevatore ne limita consistentemente l'emergere. Inoltre occorre sottolineare come la figura l'intervistatore, quando non facente parte dell'ambito amicale, parentale o più in generale non essendo all'interno dell'ambito confidenziale dell'intervistato, può incorrere in alcune difficoltà; non solo per quanto riguarda la raccolta dei dati linguistici ma anche per l'ottenimento di altri aspetti in special modo se si ha l'obiettivo di inquadrare la classe sociale di appartenenza dell'intervistato. Il problema è ben esemplificabile attraverso il lavoro di Trudgill (1974) dove, ai fini della definizione della classe sociale, uno dei parametri utilizzati è il reddito. Poiché si tratta di un dato sensibile che molti informatori potrebbero essere restii a fornire o, se d'accordo, potrebbero fornire in maniera inesatta, Trudgill ha elaborato uno stratagemma per aggirare il problema: «[a] technique of showing speakers a card on which salary and wage ranges had been written and asking which range described the income of the person whose occupation was the determinant of occupational status for that speaker (that is, self, husband, or father). With this technique, there where no refusals to give the requested information when it was known to the speaker» (Ash 2002: 409). Nel presente progetto l’approccio snowball è stato utilizzato nelle prime fasi delle inchieste condotte in ciascun quartiere. Successivamente, esauritasi la cerchia delle conoscenze dirette e indirette, gli informatori necessari al completamento del campione sono stati reperiti attraverso contatti casuali. Ciò ha comportato l'emergere di aspetti di diversa natura: in primo luogo, in accordo con le finalità di base del progetto - l’illustrazione della realtà linguistica della città di Cagliari con speciale riferimento al sardo ma senza trascurare il repertorio linguistico dell’intera area - occorre sottolineare che non tutti i parlanti hanno palesato il medesimo livello di conoscenza delle varietà sarde. Infatti, il criterio che ha guidato il coinvolgimento e l’inserimento nel campione

127 degli informatori si è basato sulla residenza e/o dalla domiciliazione da almeno 5 anni nei quartieri cittadini oggetto di studio. Ciò ha portato conseguentemente all’inclusione di informatori le cui conoscenze di sardo oscillano da una competenza nulla ad una competenza da madre lingua. Nel primo caso, com’è ovvio, non è stata svolta la parte del questionario ‘micro’ (vd. par. 6.4) mentre secondo caso la parte ‘micro’ si presenta completa e particolarmente approfondita. Nei casi intermedi, in cui cioè le competenze attive e/o passive di lingua sarda risultano di varia entità, la parte ‘micro’ risulta compilata in misura oscillante. Attraverso tale procedura - la selezione di informatori non basata sulle competenze riguardanti la lingua sarda - risulta possibile effettuare indagini riguardanti le correlazioni tra il grado di competenza di tale varietà e aspetti extralinguistici di varia tipologia. Occorre rimarcare che la procedura di reperimento degli informatori non può definirsi del tutto casuale. Infatti la spiegazione preliminare che si offre agli informatori sugli scopi della ricerca contribuisce già di per sé ad operare una certa selezione: in numerosi casi profili che non nutrivano interessi di natura linguistica hanno rifiutato di prestarsi all’intervista; al contrario i parlanti sensibili ai problemi del sardo hanno offerto la loro disponibilità.

5.2 Metodologia di indagine: i questionari Le indagini sociolinguistiche, in generale, necessitano di elicitation frames che permettono di rendere chiaro ciò che si vuole indagare e la modalità attraverso cui operare. Secondo Schleef (2014) uno strumento particolarmente utile è il questionario: «questionnaires allow researchers to collect a relatively large amount of data quickly. If the questionnaire construction is well-thought through, processing the data is also quick and efficient. Questionnaires are also relatively cost- effective and can be used in a variety of contexts». Per tale ragione i questionari sono probabilmente lo strumento più ampiamente utilizzato per la raccolta di dati sociolinguistici (Guerini 2006: 21). La costruzione di un ‘buon’ questionario, il più chiaro ed efficace possibile, è ovviamente un’operazione di fondamentale importanza per la raccolta di dati affidabili. Gli aspetti realizzativi dipendono strettamente dal tipo di progetto che si intende portare avanti e dalle domande a cui si vuole dare una risposta. Occorre quindi sviluppare una chiara formulazione del problema o dei problemi che la ricerca sociolinguistica vuole affrontare in modo che risultino evidenti gli aspetti che si vogliono mettere in luce. Secondo Schleef (2014: 42) «[…] the questionnaire is based on thorough preparation and is as clear and effective as possible. First, a problem statement and a reserch question, motivated by previous research, should be developed. It is important to decide

128 exactly what the study is supposed to find out. Second, a preliminary set of theoretically driven ideas should be generated on topics that may be helpful in answering the research question». La procedura più efficace prevede la compilazione di un questionario di prova che viene testato in una fase preliminare di indagine con la realizzazione di alcune interviste per verificarne l'efficacia e mettere in luce eventuali punti critici: domande fuorvianti, poco chiare, tempi di realizzazione eccessivamente lunghi, ecc. (vd. par. 5.7 ss). Dillman (1978: 80) propone la suddivisione delle domande in cinque ambiti: behavior, beliefs, knowledge, attitudes, attributes. Al primo, behavior, vengono ascritte informazioni riguardanti le varietà utilizzate in specifici contesti e con quale tipologia di interlocutori. Al secondo, beliefs, sono pertinenti informazioni su concezioni ed aspetti ideologici che i parlanti attribuiscono a determinate varietà. Al terzo, knowledge, si fa riferimento al grado di competenza attivo e/o passivo. Al quarto, attitudes, si ascrivono informazioni relative alle valutazioni su determinate varietà o aspetti grammaticali. All’ultimo, attributes, si fa invece riferimento a tutte le informazioni di contorno che caratterizzano gli informatori. Schleef (2014: 42 ss) sottolinea l’importanza di formulare le domande in maniera tale che le risposte risultino pertinenti e coprano con la massima precisione gli ambiti descritti (behavior, beliefs, knowledge, attitudes, attributes). Al contempo segnala la necessità di far sì che le risposte fornite per un certo ambito non vengano indebitamente estese agli altri. Una volta che risultino chiarite le finalità dell’indagine e conseguentemente si conoscano le tipologie di domande più idonee, occorre formularle a partire da un'elaborazione di base, a livello di bozza, che venga in seguito raffinata e perfezionata sino a raggiungere la forma definitiva. Schleef (2014: 42 ss) osserva che fondamentalmente le domande di un questionario di natura sociolinguistica possono prevedere risposte chiuse o risposte aperte. Le prime, come suggerisce la parola stessa, si caratterizzano per essere corredate da un set di risposte predefinite e numericamente fisse che sono state elaborate dal rilevatore sulla base di conoscenze pregresse. L’intervistato, in relazione ad una specifica domanda, è chiamato a scegliere una o più risposte che ritiene più soddisfacenti tra quelle disponibili. Il vantaggio è che il set definito di risposte ne permette una veloce elaborazione una volta che siano conclusi i rilievi. Le domande con risposte a carattere chiuso possono essere ulteriormente suddistinte in due tipi: checklist e ranking. La prima dà, per ogni domanda, una serie di possibili risposte che i parlanti sono chiamati a scegliere; tali domande sono anche note come questions with a fan of alternatives (Švejcer 1986: 150). Una domanda che rientra nella tipologia appena descritta è ad esempio la seguente: In quale centro della Sardegna ritiene che si parli il ‘vero’ sardo? 1) Cagliari – 2) Villacidro – 3) San Gavino – 4) Lanusei – 5) Nùoro – 6) Bosa – 7) Siniscola - 8)

129 Sassari – 9) Alghero – 10) Olbia. La tipologia ranking rappresenta invece una estensione della checklist poiché agli intervistati si richiede di esprimere un'opzione in termini di preferenza, frequenza o altre variabili. Ad esempio, in relazione alla domanda precedente si può richiedere all’informatore di elencare i centri in un ordine che parta da quello dove ritengono si parli il sardo più ‘vero’ e si concluda con quello dove ritengono si parli un sardo più ‘contaminato’ o non lo si parli proprio. In generale tuttavia le risposte di tipologia ranking prevedono un numero ridotto di opzioni, non più di sei, in modo che l’informatore non sia chiamato ad un impegno eccessivo per ogni domanda; ciò lo porterebbe a svolgere l’operazione in maniera frettolosa e poco attenta. Un’altra tipologia utilizzata è denominata rating scale o interval scale (Krug & Sell 2013: 77) in quanto viene richiesto all’informatore di stabilire, ad esempio, il grado di accordo in relazione ad una affermazione sulla base di una scala numerica. Ad esempio: Ritiene che la lingua sarda debba essere insegnata nelle scuole?

Assolutamente no Certamente sì 1 2 3 4 5 6

In sostanza alle risposte fornite dall’informatore, che possono andare dal totale disaccordo all’approvazione completa attraverso giudizi intermedi quali ‘non sono del tutto d’accordo’, ‘non saprei’, ‘potrebbe essere utile’, viene assegnato un valore numerico. Dal punto di vista visivo un supporto per l’espressione del giudizio, soprattutto con informatori appartenenti alle fasce d’età più giovani, è costituito da disegni di visi stilizzati che rappresentano il sorriso o, all’opposto della scala, la tristezza (Schleef 2014: 44). Tali scale possono anche essere di tipo binario e comprendere quindi solo due opzioni, una escludente l’altra (Krug & Sell 2013: 77), tipologia rientrante in quella denominata true-false questions (vd. sotto). Tuttavia l’uso di tali scale numeriche non è accolto con lo stesso favore da tutti gli studiosi. Ad esempio vi è un certo disaccordo circa la composizione numerica: se debba concludersi con numeri dispari o pari. L’utilizzo di numeri dispari permette all’informatore una scelta ‘a metà strada’ che spesso equivale ad un ‘non so’, cosa che in una scala pari non è possibile. Krug & Sell (2013: 77-8) rilevano infatti che vi sono «[…] two different approaches to scaling answers. Firstly, one can have a midpoint, e. g. by offerring 3, 5 or 7 steps. […] Consultants can choose the medium value to express that they are indifferent toward a statement. Of course, this might appear an easy solution in many cases and might even be interpreted as ‘I don’t care’. Thus, researchers might prefer a clear- cut decision by the informants and offer an even number of steps, i.e. 4, 6 or 8 steps. Even-

130 numbered scales force the participants to take a stand, but might be problematic for people who are truly indifferent». In certi casi il rilevatore può essere interessato all’ottenimento di risposte di tipologia sì/no attraverso domande tecnicamente denominate true-false questions (Schleef 2014: 45) o anche dichotomous questions che sono particolarmente utilizzate quando gli interlocutori sono di età piuttosto giovane e non sono per tale ragione particolarmente propensi a fornire risposte elaborate. Rietrano in tale tipologia domande quali:

1) Le femmine parlano più dei maschi? SÌ NO NON SO

All’opposto della tipologia true-false question vi è la cosiddetta multiple-choice question che, come indica la parola stessa, prevede la possibilità di scegliere tra diverse risposte preimpostate. Un esempio è il seguente:

1) Sulla base delle sue impressioni il sardo è parlato in maggior misura da:

a) Anziani/anziane b) Persone di mezza età c) Ragazzi/ragazze d) Bambini/Bambine e) altre opzioni……………….. f) non so

Un aspetto che occorre tenere in considerazione è la complessiva efficienza del questionario e soprattutto la disposizione delle domande le cui risposte devono indirizzare l’informatore verso la domanda successiva in maniera lineare. Per cui se ad esempio è prevista una domanda in cui il parlante dichiara, dal punto di vista autovalutativo, la propria competenza del sardo e a tale domanda corrisponde una risposta negativa non è opportuno che le domande seguenti vertano su aspetti specifici di tale varietà. Lo schema che deve essere seguito è perciò del tipo ‘se la risposta è 'no', vada direttamente alla domanda numero x’. Tale strutturazione è detta filter o contingency question ed è particolarmente consigliata quando il questionario viene compilato direttamente dall’intervistato, senza l’ausilio o la presenza del rilevatore. Le domande con risposte a carattere aperto non prevedono invece la possibilità di essere soddisfatte da un set di risposte predefinite e numericamente fisse. Schleef (2014: 46) raccomanda

131 l'uso parsimonioso di tali domande nel caso il questionario debba essere compilato dall’informatore in maniera autonoma. Infatti le domande con risposte aperte presuppongono che l’informatore possieda la capacità di esprimersi attraverso la scrittura e che abbia la capacità di scrivere osservazioni che siano strettamente attinenti alla domanda, mantenendo un costante livello di attenzione. Anche per queste ragioni le domande a risposta aperta andrebbero poste nella parte finale del questionario poiché nella parte iniziale potrebbero scoraggiare l’informatore nel proseguire l’inchiesta. Ad ogni modo queste offrono i risultati migliori quando il rilevatore ne supervisiona lo svolgimento. Schleef (2014: 46) elenca quattro fondamentali tipologie di domande a risposta aperta: 1) «specific open-ended questions ask about a precise piece of information». 2) «questions of clarification often follow specific closed questions when a particular answer was chosen». 3) «sentence completion items ask respondents to complete a sentence that should point to a well-defined issue». 4) «short-answer questions ask for one concept or one idea». Più in generale le linee guida da seguire per la formulazione di domande efficaci si basano sui seguenti aspetti (Schleef 2014: 46; Krug & Sell 2013: 75 ss): 1) Le domande devono essere brevi e chiare. Krug & Sell (2013: 75) raccomandano «[…] to use short, simple and precise questions»; è consigliabile che non contengano acronimi, abbreviazioni e che il lessico non risulti eccessivamente tecnico. È sconsigliato l’uso di appellativi che possono essere interpretati in vario modo a seconda degli informatori come ‘a volte, spesso, facile, ecc.’. Si raccomanda inoltre di scindere in due le eventuali domande che riguardano diversi argomenti. Ad es. una domanda quale ritiene che il sardo debba essere insegnato nelle scuole o ritiene debba essere appreso nel contesto familiare? è più efficace se scissa in due: a) ritiene che il sardo debba essere insegnato nelle scuole? b) ritiene debba essere appreso nel contesto familiare? Sempre in ossequio al principio della maggior chiarezza possibile sono da evitare, ad esempio, domande la cui presenza di avverbi di negazione possa renderle non immediatamente perspicue, come le suguenti: a) non crede sia necessario attuare poliche di tutela verso le lingue minoritarie? b) crede che non sia necessario attuare poliche di tutela verso le lingue minoritarie? 2) Evitare domande la cui formulazione presuppone, da parte dell’informatore, l’accettazione di determinati aspetti. Ad es. poiché la classe politica ha fatto del suo meglio per tutelare la lingua di minoranza, cosa ritiene debba ancora farsi?

132 3) Inserire domande inerenti la sfera più privata solo se strettamente necessario. 4) Elaborare domande che non appaiano eccessivamente vaghe o che presuppongano, in seguito, altre domande che ne circoscrivano la portata. Ad es., quando parla la lingua di minoranza? è una domanda a cui sarebbe opportuno far seguire altre formulazioni più precise quali con chi la parla ?, in quali occasioni ?, in quali contesti ?, ecc. Di particolare importanza risulta infine la raccolta delle informazioni di carattere demografiche di base che nella maggior parte dei casi vengono raccolte alla fine dell’inchiesta e che possono essere riferite alle domande a risposta chiusa.

5.3. La struttura del questionario Secondo Schleef (2014: 47) le domande che strutturano il questionario devono essere disposte in maniera non casuale ma rispettando, fondamentalmente, tre partizioni: «introduction, mid-section, conclusion». Assieme a tali partizioni è opportuno che la sequenza delle domande sia regolata da criteri rispondenti fondamentalmente alla coerenza degli argomenti su cui queste vertono. La letteratura disponibile che tratta tale argomento offre differenti criteri di ordinamento delle domande e delle sottosezioni a cui queste possono essere ricondotte. Ciò è dovuto fondamentalmente alla circostanza per cui la compilazione del questionario si riconduce in due differenti modalità: long- distance vs. face to face.

5.3.1 Compilazione long-distance vs. face to face Dal punto di vista delle questioni metodologiche relative alla raccolta sul campo, si impone il problema su quale sia la figura più indicata per la compilazione del questionario: se ciò debba essere portato a compimento dall’informatore stesso attraverso la metodologia long-distance o da parte del rilevatore, attraverso la metodologia face to face (Schilling 2013: 66-7) che è quella più frequentemente utilizzata (Krug & Sell 2013: 71). Ognuna delle due possibili soluzioni, affidare la compilazione al rilevatore che pone personalmente le domande e inserisce le risposte sul questionario o far compilare il questionario direttamente dalle singole persone che compongono il campione, presenta aspetti più o meno vantaggiosi a seconda di diverse prospettive. Un primo elemento che guida la scelta operativa riguarda il numero di informatori previsto dal progetto di lavoro e l’ammontare delle risorse economiche e temporali spendibili. Per questo, nel caso di numeri particolarmente alti, il questionario compilato direttamente dalle persone che compongono il campione consente una più veloce raccolta dei dati in rapporto ai tempi previsti, mentre, nel caso di un campionamento meno ‘denso’, i dati possono essere raccolti direttamente dal rilevatore. Schilling (2013: 67) rileva infatti che «long-distance surveys […] require much less time,

133 effort, and money than in-person surveys and so allow for broader population coverage in a shorter amount of time». Un secondo aspetto da considerare riguarda la qualità delle risposte, soprattutto il livello della realtà a cui le risposte accedono. Questo è anche strettamente dipendente dagli atteggiamenti che si instaurano tra rilevatore e informatore circa gli aspetti oggetto di alcune domande. In assenza del rilevatore, il rapporto del parlante con ciò che richiede il questionario risulta meno 'intimidente': «one can argue that respondents may actually feel more rather than less confortable with long- distance surveys, since the presence of a fieldworker who is either an advanced student or a professor may be intimidating» (Schilling 2013: 67). Tuttavia la compilazione del questionario da parte dal ricercatore garantisce maggiore accuratezza dei dati, oltre ad uniformità e confrontabilità; in molti casi la sua presenza assicura il necessario supporto nei casi in cui l’informatore incontri domande che gli risultano oscure in alcune parti o in toto (Schilling 2013: 67). Considerazioni affini vengono esposte da Krug & Sell (2013: 72): «[…] sociolinguistic face-to-face interviews allow for more flexibility, a deeper insight into a person’s attitudes and control over the reliability of statements, and, above all, provide the researcher with real and ideally relaxed speech». Sulla qualità delle risposte è da tener presente il problema riguardante la possibilità che l’informatore accondiscenda o si contrapponga alle richieste, anche implicite, del ricercatore, in special modo nei casi di domande che si focalizzano con particolare interesse sull’elemento ideologico connesso alle diverse varietà linguistiche; da tale punto di vista la presenza del rilevatore potrebbe condizionare in maniera più o meno pesante la natura delle risposte e delle valutazioni. La compilazione del questionario andrebbe in tal caso affidata in maniera personale all’informatore in modo che sia possibile raggiungere un sufficiente livello di oggettività soprattutto per certi tipi di domanda. Tuttavia, come è ormai noto nelle indagini di questo tipo (Schilling 2013), il problema del raggiungimento dell’obiettività in relazione alle risposte che hanno per oggetto i comportamenti linguistici è piuttosto controverso. Schilling (2013: 77) rileva che «another issue with even the best- designed elititation frames is that respondents may not be consciously aware of their usage patterns or know how to express them […]; in addition, they may purposely over or under-report their use of particular forms». La persona intervistata non riesce quindi, in certi casi, a descrivere in maniera oggettiva i comportamenti linguistici e ovviamente il ricercatore non può giudicare con precisione e controllare l’affidabilità delle risposte fornite. Gordon (2005: 958) sottolinea che spesso gli informatori non valutano con precisione l’uso di determinati aspetti linguistici, in special modo quando si tratta di caratteristiche socialmente marcate. Si tratta del cosiddetto social desiderability

134 effect che fa sì che le risposte siano costituite da un compromesso tra ciò che realmente si fa e ciò che l’informatore vorrebbe che si facesse. Secondo Krug & Sell (2013: 75) «this danger is most imminent in the case of delicate topics and in the investigation of stigmatized linguistic phenomena». Secondo Švejcer (1986: 149) «a number of serious problems arise in sociolinguistic analysis when using a questionnaire in connection with the validity of information obtained by this method. These problems have long been discussed in and social and acquire an even more topical character in sociolinguistics. Indeed, when using a questionnaire the observers’ paradox comes out in bold relief. There is a great danger of the informant adjusting to the norms and expectations of the questioner. To avoid this danger or, at least, to reduce it to a minimum it is necessary to devote due attention to the tactics of questioning, the formulation and sequence of questions in the questionnaire. And yet no questionnaries can fully replace observation of the real-life verbal activity of informants in an atmosphere close to natural». Guerini (2006: 21) inoltre, in relazione alle domande di tipo autovalutativo, osserva che «I am aware that the decision to use a self-evaluation questionnaire entails a few undeniable disadvantages: respondents may overstate or misrepresent their language competency (in some cases, one’s language proficiency may also be underestimated due to excessive caution), they may over-report the use of their native language in use (conscious or unconscious) attempt to assert their distance from their home country. Besides, respondents may describe their language behaviour in a way that makes them appear more cultured and socially respectable than they actually are, or indeed in a way that makes them appear as they think the researcher would like them to be». Tali aspetti possono dipendere anche dall’ammontare delle informazioni fornite all’informatore circa gli scopi cui verte l’intervista. Clark & Trousdale (2013: 38) pongono infatti la seguente domanda: «how much information should we give our participants about our research? If we give them too much information, they may change their linguistic behaviour to suit our (perceived) requirements; not enough information and they cannot make an informed decision about consent». Dal Negro e al. (2004: 8-9) sottolineano che tale aspetto, all’interno di un’indagine quantitativa che prende in esame i giudizi e l’autovalutazione, può trasformarsi in un vantaggio a seconda della prospettiva con cui si esamina la risposta. Per cui, a una domanda quale “che lingua parla con i suoi figli?” può non corrispondere una risposta oggettiva in quanto il parlante probabilmente non sa che lingua in realtà parla, anche perché entrano in gioco variabili di varia natura, quale contesto, situazione emotiva, ecc. Ma l’aspetto che può essere desunto dalla risposta non è tanto la varietà linguistica impiegata ma quella che si ritiene bisognerebbe o che è possibile o normale parlare con i propri figli. Il questionario diventa così lo strumento non solo per ottenere informazioni riguardanti ciò che gli informatori ‘fanno’ con le varietà linguistiche, ma anche su che cosa credono di fare, o

135 su che cosa ritengono bisognerebbe fare nelle situazioni linguistiche proposte. Gordon (2005: 958) giunge a conclusioni affini, sottolineando che i dati di questo tipo possono essere utilmente raccolti per studi riguardanti le attitudini e gli stereotipi verso particolari varietà. Anche Guerini (2006: 22), rimarcando l’utilità di questionari con domande di tipo autovalutativo per la possibilità che offrono di ottenere dati confrontabili, osserva che «albeit some of the answers may turn out to be imprecise or even partially unreliable (especially as far as individual language competence is concerned), a careful analysis of the data can reveal the respondent’s attitudes, as well as the prestige attributed to the various language varieties spoken within a community». Chambers (2013: xii), in relazione all’impiego dei questionari scritti e ai loro limiti, sottolinea la prudenza che si deve avere quando si pretende di chiedere e voler sapere cosa ‘direbbero’ gli informatori interpellati in determinate circostanze. Ciò che si ottiene è quello che loro ritengono di dover dire in quella situazione. Dal Negro e al. (2004: 7-8) rilevano che la scelta metodologica alla base della somministrazione del questionario può dipendere anche dagli aspetti che la singola ricerca mira ad indagare. Per questo osservano che, giustificando l’uso long-distance, «in un’inchiesta come la nostra, nella quale l’elemento ideologico ha grande importanza e viene esplicitamente sollecitato insieme all’analisi linguistica, abbiamo ritenuto che la presenza del ricercatore durante l’intervista avrebbe probabilmente comportato una sua forte influenza sul testimone, e avrebbe alterato lo svolgersi della ricerca». Complessivamente si tratta di ambiti che risultano inclusi nella folk linguistics, le cui indagini riguardano «linguistic objects as viewed by nonlinguistics» (Preston 2002: 50). I cui principali aspetti su cui è necessario concentrare l’attenzione in sede di svolgimento di inchiesta ed elaborazione dei dati sono i seguenti (Preston 2002: 50-1):

1) «Availability: Folk respondents range in their attention to linguistic features from complete disregard for to frequent discussion of and even preoccupation with them». 2) «Accuracy: Folk respondents may accurately, partially accurately, or completely inaccurately represent linguistic facts (and their distribution)». 3) «Detail: Folk respondents’ characterizations may range from global (reflecting, for example, only a general awareness of a variety) to detailed (in which respondents cite specific details)». 4) «Control: Folk respondents may have complete, partial or no “imitative” control over linguistic features».

A prescindere dai punti deboli e dai punti di forza che offrono singolarmente le modalità long-

136 distance e face to face occorre sottolineare che la scelta di una delle due condiziona profondamente l’architettura del questionario. Secondo Schleef (2014: 47) la struttura del questionario dovrebbe essere ripartita in tre sezioni: una a carattere introduttivo, una comprendente le domande, una conclusiva. L’introduzione contiene e descrive in maniera estremamente concisa le caratteristiche principali e gli scopi del progetto, partendo dal titolo. A questa segue una brevissima descrizione degli scopi del progetto, con la menzione dei responsabili scientifici e del o dei rilevatori. È inoltre opportuno che venga raccomandata la richiesta di compilare il questionario nella maniera più completa e onesta possibile, assieme ad una valutazione di quanto ciò possa impegnare, in termini di tempo, l’informatore. Infine è necessario rimarcare la sicurezza del totale anonimato. La sezione compresa tra introduzione e parte finale è quella che contiene le domande vere e proprie la cui disposizione mira sostanzialmente a mantenere costante l’attenzione dell’informatore, assieme al rispetto di un filo logico che colleghi tra loro gli aspetti cui vertono i temi richiesti. Da tale punto di vista è utile segnalare attraverso una spaziatura e/o una titolatura ben visibile il passaggio da un argomento a un altro; il tal modo le domande risulteranno organizzate in sottosezioni e l’informatore potrà facilmente cogliere i diversi aspetti su cui i vari gruppi di domande intendono focalizzarsi. Se nel questionario sono presenti alcune domande a risposta aperta, queste vengono posizionate generalmente alla fine; infatti se poste all’inizio potrebbero scoraggiare da subito il proseguimento. Nella sezione finale sono posizionate anche le domande concernenti aspetti demografici (età, sesso, titolo di studio, lavoro, ecc.) poiché alcuni informatori potrebbero interpretarle, se inserite nella parte iniziale, come un brusco tentativo di entrare nella sfera della privacy. Complessivamente occorre prestare attenzione al numero di domande in modo che il loro completamento sia compatibile con il tempo e l’attenzione che può dedicare un informatore. Schleef (2014: 48) propone un numero di domande compreso tra le 30 e le 50, disposte in circa quattro pagine e con un tempo medio di completamento che non deve superare la mezz’ora. La sezione conclusiva dovrebbe comprendere un ringraziamento all’informatore, i contatti dei responsabili scientifici e del o dei rilevatori e un’ulteriore dicitura che assicura l’anonimato dei dati raccolti. Eventualmente può essere inserita una parte dedicata ai commenti degli informatori dove questi possono segnalare consigli, criticità o altri aspetti del questionario. Complessivamente è chiaro che parte delle indicazioni fornite da Schleef sono pertinenti a questionari long-distance, la cui compilazione è quindi curata esclusivamente dall’informatore.

5.3.2. Il questionario utilizzato nel presente lavoro (face to face) e le prove test La compilazione del questionario, sia in questa fase di ricerca che nel complesso dell’indagine dell’intero comprensorio urbano di Cagliari, è stata affidata al rilevatore. La metodologia face to

137 face garantisce, nonostante alcuni punti deboli (vd. par. 5.3.1) garantisce maggiore accuratezza dei dati, oltre ad uniformità e confrontabilità; in molti casi la presenza del rilevatore assicura il necessario supporto nei casi in cui la persona intervistata incontri domande che gli risultano oscure in alcune parti o in toto. Ma la scelta è stata dettata soprattutto dalla strutturazione del questionario, diviso in due parti: la seconda, detta ‘micro’, comprende due sottosezioni, una fonetica e una morfosintattica (Pinto 2013: 134). Entrambe prevedono test linguistici da sottoporre agli informatori con lo scopo di verificare la presenza o di aspetti conservativi o, all’inverso, di appurare la presenza di elementi innovativi, con particolare attenzione al contatto linguistico. La tipologia dei test, basata quindi soprattutto sulla traduzione e sulla registrazione di file audio su supporto digitale, richiede la presenza e la supervisione da parte del rilevatore. Per esigenza di omogeneità si è perciò scelto che tale profilo compilasse entrambe le sezioni. Successivamente all’elaborazione delle domande e della loro articolazione in sezioni, è importante effettuare alcune prove prima del definitivo utilizzo sul campo del questionario (Schleef 2014). Anche in relazione a tale aspetto è di fondamentale importanza stabilire se la compilazione sarà long-distance o face to face; da ciò dipende la maggiore attenzione da tributare a certi aspetti, a discapito di altri. Ad esempio se la compilazione del questionario avviene a cura dell’informatore, le fasi di prova devono accertare con particolare cura se le domande e le istruzioni fornite sono formulate in maniera chiara; se le domande sono comprensibili e se le risposte date sono pertinenti; infine se i tempi complessivi di compilazione sono ragionevoli. Secondo Schleef (2014) «there are two basic methods for checking questionnaires: the read- through test and the pilot survey. Conducting a read-through test simply involves asking several people to read through the finished questionnaire (but not completing it). They should think aloud about the form of the questionnaire, such as the meaning and appropriateness of items, the flow of contingency questions, the structure of the questionnaire, the information given, etc. Weaknesses identified in this test should be eliminated. In a pilot survey, the questionnaire is administered to a small number of individuals from the target population. The collected data should then be checked […] and the questionnaire should be altered accordingly». Tenendo conto del fatto cha la metodologia di compilazione del questionario utilizzata nel presente progetto è di tipo face to face, una parte della prima fase del progetto di indagine è stata dedicata alla realizzazione di un pilot survey con l'obiettivo di valutare tempistiche di realizzazione, qualità di formulazione delle domande e altri aspetti di varia entità. La maggior parte dei punti deboli che hanno reso necessarie sostituzioni e modifiche hanno riguardato incomprensioni da parte degli informatori su alcune frasi da tradurre. È il caso ad esempio di una frase della parte ‘micro’ riguardante la morfosintassi:

138 [6b] Ieri ho visto un cane per strada che era tutto pelle e ossa

Le inchieste pilota, in special modo con informatori aventi buone competenze attive di sardo, hanno evidenziato la mancanza di un corrispettivo per la locuzione ‘pelle e ossa’: questi infatti, rilevando tale lacuna e trovandosi in difficoltà, ricorrevano o a una traduzione letterale o ad altre soluzioni quali [landu ma] ‘molto magro’, [mariu] ‘magro’, ecc. Per tale ragione, anche poiché l’aspetto linguistico che la frase intendeva far emergere riguardava la presenza o l’assenza dell’accusativo preposizionale, la frase è stata modificata e sostituita con la seguente: [6b] Ieri ho visto un cane per strada che era molto magro

La modifica o la sostituzione di alcuni punti del questionario è stata attuata quando un particolare punto si è rivelato sistematicamente difficoltoso e non quando questo ha creato problemi di natura occasionale. Infatti il tasso di successo nel superare determinate difficoltà dipende anche dal singolo informatore che può avere profondi dubbi nell'affrontare una domanda che ad altri non aveva creato problemi e, viceversa, rispondere prontamente a una domanda che ad un altro soggetto ha suscitato perplessità.

5.4. Registrazione e trascrizione dei dati Il relazione alla bipartizione del questionario in sezione 'macro' e 'micro', la registrazione dei dati è avvenuta attraverso modalità differenti: per quanto attiene la parte 'macro' è avvenuta in formato cartaceo e solamente in certi casi anche su supporto digitale audio. La parte 'micro' è stata invece integralmente registrata su supporto digitale audio in modo da poter effettuare in seguito le trascrizioni necessarie a fissare gli aspetti fonetici e morfo-sintattici selezionati. Schreier (2013: 21) osserva infatti che «analysing recorded data does away with doubts as to how accurate and faithful memorization is (many, myself included, would doubt that it is possibile to exactly memorize sentences and speaker information for up to an hour when there is a continuous input of speech). Second, permanent records allow for checking and double-checking and make it possible to reopen the corpus for future research project». Le caratteristiche del registratore vocale erano tali da renderne ‘discreto’ l’utilizzo; oltre a ciò le dimensioni piuttosto contenute e l’assenza di microfono esterno hanno fatto sì che lo strumento non creasse particolare disagio all’informatore.

5.5. Il questionario macro: architettura, obiettivi e problemi

139 Il questionario utilizzato nel presente lavoro è articolato, come s'è detto, in due parti: una parte 'macro' e una 'micro'. La parte 'macro' (vd. par. 8) è a sua volta suddivisa in tre sezioni (Pinto 2013: 133). Come previsto da tutti i progetti di indagine aventi carattere sociolinguistico (Schilling 2013: 69), un sottogruppo di domande è volto ad elicitare informazioni demografiche di base, con lo scopo di osservare se e in quale misura queste risultino correlate alla variazione linguistica. Le prime domande del questionario sono per questo di carattere socio-anagrafico: residenza, sesso, età, stato civile, luogo di nascita, provenienza geografica dei genitori (sia dei genitori che dell’intervistato), professione (sia dei genitori che dell’intervistato), durata di permanenza nella città di Cagliari. La posizione che tali domande dovrebbero occupare all’interno del questionario è però dibattuta. Secondo Dell’Aquila & Iannaccaro (2006: 22) le domande di carattere prettamente demografico, figurando nelle prime parti di un questionario long-distance, hanno lo scopo non secondario di mettere il soggetto a proprio agio facendo sì che concepisca anche il proseguo dell’inchiesta come ampiamente alla sua portata, distogliendolo al contempo dagli scopi 'veri' del lavoro. Invece, secondo Schleef (2014: 48) e sempre in riferimento alla procedura di compilazione long-distance, tali domande andrebbero poste alla fine poiché alcuni informatori potrebbero interpretarle, se poste nella parte iniziale, come una brusca intromissione nella sfera privata, compromettendo in tal modo l’esito complessivo dell’inchiesta. Il problema può essere agevolmente circoscritto attraverso la compilazione face to face. Il rilevatore infatti può scegliere di volta in volta in quale momento formulare tali domande in dipendenza da molteplici fattori. In alcuni casi possono essere poste subito, in special modo se queste non si rivelano particolarmente legate all’ambito più strettamente privato (ad es. il luogo di nascita, il sesso, ecc.). Alla parte finale possono invece essere confinate quelle considerabili più ‘insidiose’ per la privacy (come ad es. lo stato civile, il grado di scolarizzazione). Vi è inoltre da tener presente che in molti casi gli aspetti demografici più privati possono emergere spontaneamente durante il corso dell’intervista ed essere in seguito trascritti negli appositi campi forniti dal questionario. La seconda sezione del questionario ‘macro’ contiene quesiti concernenti le seguenti tre dimensioni (vd. par. 8): 1) Repertorio linguistico individuale: lingue conosciute dall’informatore (domanda n. 14) 2) Livello di conoscenza del sardo: autovalutazione delle proprie competenze e motivazioni (domande n. 16-17) 3) Autovalutazione della misura in cui il sardo, ed eventualmente altre lingue, sono parlate nel contesto familiare, amicale e in altri contesti (domande n. 23-30).

140 Più nel dettaglio tale sezione si apre con domande che riguardano l’esperienza linguistica diretta del parlante (ad es. [14] Quali sono le lingue e i dialetti che conosce) o che sollecitano valutazioni o giudizi di tipo personale (ad es. [15] Se non conosce il Sardo, le piacerebbe impararlo?); in alcuni casi, poiché la descrizione della composizione linguistica del nucleo familiare è stata ritenuta fondamentale, vi è la richiesta di riferire dell’esperienza altrui, quella dei genitori ([24] Quale lingua usano i suoi genitori?), dei figli ([25] Quale lingua usano i suoi figli?) o di altri membri della famiglia ([26]), come coniuge, fratelli, sorelle, nonni,-e, altri parenti. Sia le domande precedenti che quelle che seguono sono di tipologia esplicitamente valutativa circa la distribuzione sociolinguistica dei codici (ad es. [27] Che lingua o dialetto usa in questi luoghi? Luogo di lavoro, uffici del Comune, negozi, ecc.; [29] Che lingua o dialetto usa prevalentemente con queste persone? Amici, amiche, il ragazzo/la ragazza, ecc.). Il questionario segue un percorso che prevede, come prima tappa, il chiarimento su quali lingue compongono il repertorio di competenza dell’informatore ([14] Quali sono le lingue e i dialetti che conosce? Italiano, sardo, altro, ecc.). Nel caso il sardo figuri tra queste, seguono domande in cui se ne richiede, sempre a livello autovalutativo, il grado di competenza ([17] Se conosce il sardo, mi può dire come descriverebbe la sua conoscenza? Lo capisco e lo parlo, lo capisco ma lo parlo male, lo capisco bene ma non so parlarlo, ecc.), le figure da cui è stato appreso ([18] Se conosce il sardo, mi può dire da chi l’ha imparato? Da mia madre, da mio padre, dal nonno, ecc.), l’età in cui è stato appreso ([20] Il sardo lo ha imparato a quale età? Da quando ho imparato a parlare, prima di andare alla scuola elementare, all’età della scuola elementare, ecc.), anche in confronto con l’italiano ([19] Quale lingua ha imparato per prima tra Italiano e sardo?). Nel caso invece l’informatore dichiari di non conoscere il sardo, se ne richiedono le ragioni ([16] Se non conosce il sardo, può dirmene la ragione? Non sono sardo, mi sono sposato/a (convivo) con una persona non sarda, nella mia famiglia di origine non si parlava il sardo, ecc.), e se gradirebbe impararlo ([15] Se non conosce il sardo, le piacerebbe impararlo? Sì, no, perché?). La parte successiva (dalla domanda [23] alla [26]) si compone di domande che vertono sul repertorio individuale all’interno della cerchia familiare e chiedono la valutazione linguistica nella quale si trova ad essere coinvolto l’informatore con i parenti. Si tratta di questioni che rispondono anche alle attese di un’indagine sulla lingua e che sono funzionali a far nascere o a consolidare la sensazione di sicurezza e familiarità rispetto all'inchiesta e al lavoro che questa comporta, suggerendo che questa sia volta ad analizzare aspetti oggettivi dell'esperienza linguistica. Il questionario prosegue con una sezione dedicata ai contesti (dalla domanda [27] alla [28]) e una sezione rigurdante l’ambito amicale (dalla domanda [29] alla [30]). L’ultima sezione, la terza, è focalizzata sul sardo ed è dedicata ai media e allo status (dalla

141 domanda [31] alla domanda [39]). Le domande dalla [26] alla [39] sono quindi funzionali a documentare il regresso, la stabilità o eventualmente l’incremento dell’uso del sardo nel contesto familiare, pubblico/istituzionale e amicale. Circa il grado si soggettività/oggettività, le domande che compongono la parte 'macro' si dispongono su differenti posizioni. Alcune sono del tutto soggettive (ad es. [39] Le piace l’idea di avere una forma di sardo che possa essere lingua ufficiale della Sardegna?; [37] Secondo lei, per la Sardegna è importante conservare le lingue/i dialetti che sono parlati sull’isola?). Altre invece sfumano maggiormente verso la dimensione oggettiva in quanto richiedono all’intervistato autovalutazioni effettive dell’attività linguistica (ad. es. [27] Che lingua o dialetto usa in questi luoghi? Luogo di lavoro, uffici del Comune, negozi, ecc.).

Le maggior parte delle domande che compongono la parte ‘macro’ del questionario sono chiuse, di tipologia a scelta multipla; vanno quindi completate da una sola o più risposte, scegliendole fra quelle messe a disposizione dal questionario. Si tratta della tipologia più comune di domande, chiamate questions with a fan of alternatives (Švejcer 1986: 150) poiché la risposta è scelta tra un set di alternative. Il tal modo si è assicurata una tempistica ragionevolmente bassa per la compilazione, che è stata studiata in modo da ottenere il migliore compromesso tra qualità e quantità delle risposte in rapporto al tempo necessario per il completamento. I saggi di prova condotti prima della partenza vera e propria dell’indagine hanno indicato un tempo di compilazione variabile tra i 20 e i 30 minuti, giudicato accettabile dagli informatori consultati.

5.6. Il questionario micro: architettura, obiettivi e problemi Poiché il progetto nel suo complesso ha previsto un approfondimento verso il sardo parlato nella città di Cagliari, alcuni aspetti della struttura grammaticale sono stati indagati attraverso la progettazione di un’apposita parte del questionario, detta ‘micro’, avente anche lo scopo di verificare la corrispondenza con la dichiarazione del grado di competenza del sardo che ogni informatore dichiara alla domanda [17] della parte ‘macro’. Tale parte del questionario è costituita da test linguistici basati sulla traduzione con lo scopo di verificare la presenza o di aspetti conservativi o, all’inverso, di appurare la presenza di elementi innovativi, con particolare attenzione al contatto linguistico (Pinto 2013).

5.6.1 La selezione delle variabili linguistiche

142 L’individuazione della variabile (socio)linguistica costituisce il primo passo dell’analisi variazionistica. Definibile come un set di due o più forme linguistiche alternative - ‘varianti’ o ‘variabili’ - queste presentano il medesimo significato referenziale ma differenti significati sociali e/o stilistici che risultano correlati con variabili di tipo extra-linguistico e con altre varibili linguistiche: una variabile linguistica co-varia quindi non solo con altri elementi linguistici ma anche con un certo numero di variabili di tipo extralinguistico quali classe sociale, genere, età, etnia (Fasold 1990). Secondo Tagliamonte (2012: 4) «a linguistic variable in its most basic definition is two or more ways of saying the same thing» mentre per Labov (1972a: 271) «social and stylistic variation presuppose the option of saying “the same thing” in several different ways; that is, the variants are identical in referential or truth value, but opposed in their social and/or stylistic significance». Wolfram (2013: 22) osserva che «the heuristic utility of unifying a set of fluctuating linguistic variants within the structural construct of a linguistic variable and correlating the relative use of different variants with co-varying social and linguistic factors has now been reifined in a full range of sociolinguistic studies». Tagliamonte (2012: 4) osserva infatti che la scelta delle variabili da parte dei locutori avviene anche e soprattutto sulla base di valutazioni basate sull’interpretazione sociale di certi aspetti linguistici che possono essere giudicati positivamente e/o negativamente. Per questo Labov (1972c: 237) sottolinea come le variabili linguistiche siano quelle che risultano correlate anche a «some nonlinguistic variable of the social context: of the speaker, the addressees, the audience, the setting, etc.». Ancora secondo Tagliamonte (2012: 7) «the primary empirical task of Variationist Sociolinguistics is to correlate linguistic variation as the dependent variable with independent variables;» […] «the dependent variables are the features of the linguistic system that vary (e.g. the varying pronunciations of the same phoneme, the choice of relative pronoun, the selection of an intensifying adverb). Independent variables are the features associated with the variation. They can be external to the grammar, out in the world, relating to aspects of the social context, situation, community setting, or register. They can also be internal to the grammar, relating to the linguistic environment such as the grammatical category of the word, the type of subject in the clause, or its function». Particolare cura deve essere riposta quindi nella ricerca e nella selezione di quegli aspetti, sia di tipo sociale che linguistico, che siano significativi e che possano presentarsi come pertinenti nel determinarne la reciproca variabilità; il passo successivo alla loro individuazione prevede di stabilire correlazioni che ne comprovino appunto la pertinenza. Tagliamonte (2012: 7) rileva come, attraverso la consultazione di una larga parte della letteratura

143 sociolinguistica, sia possibile cogliere e individuare alcuni pattern di variazione che, ricorrendo frequentemente, sono divenuti oramai classici: «the patterns that arise are used by the analyst to interpret and explain the phenomenon under investigation. The fact that linguistic differentiation in communities has been consistent for different linguistic features and that these patterns repeat themselves across different situations in time and space have given rise to a series of “classic” sociolinguistic patterns from which Variationist Sociolinguistic inquiry has sprung. These patterns provided a baseline for all subsequent research and have informed several new generations of research-based study». Labov (1969: 728), non disponendo ancora di tutta la mole della letteratura sociolinguistica oggi disponibile che scaturirà in conseguenza dei suoi studi pioneristici, rimarcava le difficoltà che si presentano nella scelta e selezione di aspetti che siano significativi: «[E]ven the simplest type of counting raises a number of subtle and difficult problems. The final decision as to what to count is actually the final solution to the problem at hand. This decision is approached only through a long series of exploratory maneuvers». Wolfram (1993: 209) osserva che «selecting linguistic variables for study involves considerations on different levels, ranging from descriptive linguistic concerns to practical concerns of reliable coding». Labov (1966) sottolinea che le variabili da prendere in considerazione devono essere «high in frequency, have a certain immunity from conscious suppression, [be] integral units of larger structures and […] be easily quantified on a linear scale». Le raccomandazioni relative al fatto che le variabili più efficaci in senso variazionistico dovessero possedere tali caratteristiche ha fatto sì che, attraverso la bibliografia disponibile, avvenisse la selezione particolarmente frequente di alcune caratteristiche strutturali di tipo principalmente fonetico/fonologico ma anche morfosintattico; queste sono così divenute ‘tradizionalmente’ indagate, almeno per quanto attiene l’inglese. Tagliamonte (2006: 80), ad esempio, attraverso la rapida analisi di un brano di parlato spontaneo, osserva che «two variables readily apparent in this excerpt are variable (ing) and variable (t,d) […]. These are two of the most widely studied variables in the history of variation analysis». Wolfram (2013: 21), per quando attiene l’inglese, ne cita anche altre: «syllable-coda cluster reduction, copula-auxiliary absence, inflectional –s absence», rimarcando al contempo la necessità di andare oltre quelle classiche in modo da poter estendere la nostra comprensione dei meccanismi della variabilità sociolinguistica. Infatti, se è vero che l’inclusione di variabili di comprovata ‘efficacia’ ai fini degli studi correlativi offre un ulteriore elemento di validità nelle indagini variazionistiche, è di notevole importanza l’individuazione di altre. Tagliamonte (2006: 72). sottolinea come il loro studio si debba basare dal punto di vista metodologico su tre fasi. La prima concerne l’individuazione di una o più varianti che esprimono un

144 medesimo significato referenziale; la seconda lo sviluppo di un approccio che renda conto di tutte le possibili varianti e dei vari contesti in cui queste occorrono; la terza prevede l’approfondimento della fonte da cui i dati vengono tratti e dei diversi contesti in cui i dati possono venire raccolti. Più dettagliatamente le fasi di indagine sono le seguenti (Tagliamonte 2012: 7): a) Observation – hear and/or see variation in language use; b) Identification – select the linguistic variable for study; c) Reconnaissance – determine if the variation occurs and where; d) Systematic Exploratory Observation; 1) What is the inventory of forms? 2) What are the patterns? 3) When does the variation occur and under what circumstances? 4) Who uses the variation and how? e) Test hypotheses, claims, and observations; f) Interpret and explain the variable patterns, social and linguistic;

Nella sociolinguistica di stampo laboviano sono state individuati due diversi tipi di variabili strutturali (Milroy & Gordon 2003: 144): variabili discrete, il cui punteggio viene calcolato in termini di presenza o assenza. Un esempio è offerto dallo studio di Labov (1972a) che si è concentrato, attraverso 70 interviste individuali coadiuvate da osservazioni anonime presso luoghi pubblici, sulla presenza o sull’assenza di [r] in posizione postvocalica. L’altro tipo di variabile è di tipo continuo e pone maggiori difficoltà in termini di conteggio. Un esempio è costituito dalle vocali poiché le caratteristiche articolatorie che contribuiscono a definire una vocale rispetto ad un’altra possono essere sfumate, prive di confini discreti. Infatti, secondo Holmes & Hazen (2014), «vowel articulations are notoriously continuous. Although we phonemicize them, labeling particular articulations as tokens of the categori /i/ and others as tokens of the category /I/, the articulatory and acoustic regions over which these vowel sounds are defined have no hard boundaries, and in the course of linguistic change, they are continuously deformed into each other – intermediate articulations are not only possible, but occur frequently. Other phonetic/phonological properties with this continuous character include pitch, stress, voice-onset time, and so on. Acquisition (both L1 and L2) is ordinarily thought of as a continuous variable, along which speakers could be infinitely differentiated». Le variabili di tipo continuo presentano per questo un certo numero di varianti che si dispongono lungo un continuum. Da tale punto di vista il parlante, diversamente dalle variabili discrete, «has

145 access to a more open-ended selection and may locate his or her production at any one of various points along the continuum» (Milroy & Gordon 2003: 144). Un aspetto di particolare importanza che riguarda il calcolo delle occorrenze delle varianti selezionate ma che al contempo lo problematizza va sotto il nome di principle of accountability. Secondo Labov (1969: 738) «that any variable form (a member of a set of alternative ways of “saying the same thing”) should be reported with the proportion of cases in which the form did occur in the relevant environment, compared to the total number of cases in which it might have occurred». In sostanza, secondo tale principio e prendendo come esempio il pronome relativo inglese who, occorre conteggiare non solo le sue occorrenze ma anche tutte le potenziali variabili all’interno del sistema dei pronomi relativi. Il principio stabilisce quindi la necessità di includere all’interno dell’analisi sia le varianti che costituiscono il focus dell’interesse ma anche tutte le forme presenti nel sub-settore grammaticale di cui fa parte quella data variante individuata per gli scopi dell’indagine. Questo poiché si accorda particolare importanza anche al contesto relativo a quella data variante. Secondo Tagliamonte (2012: 10) infatti «each use of the variant under investigation can be reported as a proportion of the total number of relevant constructions, i.e. the total number of times the function (i.e. the same meaning) occurred in the data». Tuttavia tale principio presenta alcuni problemi riguardanti la possibilità di soddisfarlo pienamente. Come sottolinea Gordon (2013: 96), se è vero che generalmente non si presentano particolari criticità nel conteggio di occorrenze una data variante, notevoli incertezze sorgono quando è necessario individuare e definire i casi in cui una data variante ‘sarebbe potuta essere presente’. Nell’ambito fonetico il problema appare meno spinoso (Lavandera 1978: 175). Secondo Gordon (2013: 96-7) «sounds carry no inherent meaning, no referential meaning anyway, and so we can safely interpret them as true alternatives when they appear in the same environments». Un classico esempio è costituito dalle indagini condotte da Labov nella città di New York; sono state distinte due varianti di /r/, una che ne prevede l’articolazione percepibile, una che invece prevede la sua caduta. Il calcolo è avvenuto attraverso l’esame fonetico di un set di appellativi che contenevano /r/ in contesto post-vocalico: «for any speakers of New Yorkers, then, the total number of these instances was counted, as was the proportion of those for which the consonant was pronounced and the proportion for which the consonant was not pronounced» (Gordon 2013: 97). D’altronde è lo stesso Labov (1966) a giustificare la scelta delle variabili di tipo fonetico: «the most useful items are those which are high in frequency, have a certain immunity from conscious suppression, are integral units of larger structures, and may be easily quantified on a linear scale. […]. By all these criteria, phonological variables appear to be the most useful».

146 Maggiori problemi si presentano nel caso di variabili di altra tipologia. Un esempio è offerto dal verbo be che spesso, nell’inglese afro-americano, appare in forma non flessa come nel caso della frase he be walking. Tale utilizzo ha la funzione di marcare un evento che occorre con regolarità: per questo si parla nella letteratura specifica di 'habitual be'. In relazione al principle of accountability e ai problemi che questo comporta, il rilevatore può senz’altro agevolmente conteggiare le occorrenze in cui tale uso di be si presenta; tuttavia incorrerà in maggiori difficoltà nello stabilire quando il costrutto sarebbe potuto apparire ma non è utilizzato. Infatti Gordon (2013: 97) pone i seguenti quesiti: «what are the alternatives to habitual be? What is the variable of which habitual be represents one variant?». Senza avere le risposte alle domande appena poste non è possibile identificare e conteggiare le non-occorrenze dell’ 'habitual be'. Il problema ha a che fare fondamentalmente con la definizione e il significato di ‘variabile linguistica’. Secondo Wolfram (1991) si tratta di un concetto la cui definizione appare più implicita che esplicita. Tradizionalmente è definita come un set di variabili disponibili al parlante che sono perfettamente intercambiabili e che possono essere utilizzate di volta in volta senza che ciò comporti un mutamento di significato (Gordon 2013: 97). La validità e l’efficacia di questa definizione dipende anche da cosa si intende per ‘mutamento di significato’ poiché come rileva Gordon (2013: 97) «variants often differ in terms of the social or stylistic meanings, which is what makes them interesting to the sociolinguist in the first place». Il concetto di equivalenza di significato si presenta particolarmente complesso quando il livello di analisi va oltre gli aspetti di tipo fonetico. Gordon (2013: 98) propone, a titolo di esempio, l’analisi comparativa di due frasi: they broke into the liquor closet e the liquor closet was broken into. Ad una prima analisi è possibile constatare una totale equivalenza di significato, intendendo quindi le due frasi come un buon esempio di due varianti utilizzabili per esprimere la stessa cosa («alternative ways of says the same thing»). In realtà è possibile cogliere una diversa sfumatura semantica tra le due frasi: «one might argue that they differ slightly in meaning, perhaps emphasizing different aspects of the event. Certainly the choice between active and passive voice is heavily influenced by the surrounding context, among other factors. In this way, the criterion of interchangeability for variants of a variable is stretched». Alla luce dei problemi appena esposti Lavandera (1978: 171) ha proposto che sia «inadequate to extend to other levels of analysis of variation the notion of the sociolinguistic variable originally developed on the basis of phonological data». La studiosa è partita dalla constatazione delle lacune che ancora vi sono negli studi di tipo quantitativo riguardanti le varianti di tipo morfosintattico e lessicale ed i problemi del significato a queste connesse. Per questo sottolinea la necessità non di evitare di indagare dal punto di vista quantitativo i livelli ‘superiori’ a quello fonetico ma di

147 assegnare a questi un differente status sulla base di accorgimenti interpretativi differenti. Le difficoltà dipendono dal fatto che la variabilità di tipo «non-phonological» comporta significati di tipo referenziale. Ad esempio, in relazione alle alternanze sintattiche che possono essere considerate come variabili di tipo sociolinguistico, Lavandera (1978: 181) propone che debbano soddisfare le seguenti condizioni: «thet they can be proven to be the carriers of some non-referential information, to have social and stylistic or other significance […]; and that they prove to be a kind of device of the language similar to phonological variables, that is, elements whose defining property is a quantifiable covariation and for which the frequency relationships are the very signals of those differences». Un aspetto che deve essere tenuto necessariamente in conto riguarda anche lo stretto legame che vi è tra scelta delle variabili linguistiche e modalità di raccolta dei dati, problemi che concernono e sfociano nell'ambito più ampio dei problemi della raccolta dei dati sul campo (vd. par. 5.7 ss). Determinate variabili, anche se di rilevante interesse sociolinguistico, possono essere particolarmente rare e di difficile elicitazione; per tale ragione l’utilizzo dell’intervista sociolinguistica per la raccolta dei dati potrebbe non costituire una valida soluzione in quanto, all’interno di registrazioni più o meno prolungate di parlato spontaneo, le variabili in oggetto potrebbero non emergere o essere presenti ma in un numero di occorrenze poco utile.

5.6.2. Il sardo a Cagliari: variabili selezionate Il questionario micro utilizzato nel presente lavoro è costituito da test linguistici basati sulla traduzione dall'italiano al sardo, e in misura molto minore dal sardo all'italiano, aventi lo scopo di testare il grado di competenza linguistica effettiva sul sardo, nonché eventuali fenomeni di carattere conservativo e innovativo, questi ultimi dovuti all'interferenza linguistica con l'italiano. I test di traduzione sono stati suddistinti in due parti: una prima di carattere prevalentemente fonetico (test dal numero 1 al numero 29) e una di carattere principalmente morfosintattico (test dal numero 30 al numero 73). In diversi casi uno stesso test è stato elaborato al fine di elicitare più aspetti, sia di tipo fonetico che morfosintattico, nonché lessicale. Per quanto attiene la parte fonetica, i fenomeni esaminati che motivano la presenza di determinate frasi sono:

Mantenimento / 1) Ben fatto! ('ben': béni, bèni) ; 14) Vieni qui! ('vieni': bèni, béni); 15) Ha soltanto un occhio sfaldamento ('soltanto': scètti, scétti; 'occhio': ògu, ógu); 18) Ha gli occhi storti ('occhi': ògus, ógus; 'storti': metafonia tròttus, tróttus'); 20) In riva al mare c’è fresco ('riva': òru, óru); 21) Quell’anello è d’oro o di ottone? ('oro': òru, óru) ; 12) Gli uomini e i tempi cambiano ('uomini': òminis, óminis; 'tempi': tèmpus, témpus); 11) Il tempo sta cambiando ('tempo': tèmpus, témpus).

148 Presenza / assenza 7) Sabato è la festa di nostra Signora di Bonaria ('nostra Signora 'nostra sennora, nostra sonorizzazione -s- zennora); 19) Pepe e sale ('e sale': e sali, e zali). Presenza / assenza 4) È restata a bocca aperta ('aperta': aberta, oberta). labializzazione vocalica Presenza / assenza 10) È ritornata la settimana scorsa ('ritornata la settimana scorsa': torràd.a cid.a b.assad.a) ; rotacizzazione di -d.- 11) Il tempo sta cambiando ('il tempo': su d.empus); 59) La sete (su sid.i); 62) Tempo (su d.empus); 2) Ci sono molte mosche ('molto': med.a); 7) Sabato è la festa di nostra Signora di Bonaria ('sabato': sàb.ad.u, sàb.ud.u); 8) Ogni martedì si gioca a carte ('gioca': giògad.a); 24) Ho visto il parroco ('parroco': pred.i). Tensione articolatoria 13) Che odore bello! ('bello': bellu, bbellu). b Assimilazione nessi r 3) L’hanno cercato in tutta Cagliari ('cercato': circau; 4) È restata a bocca aperta ('aperta': + cons. aberta, oberta); 8) Ogni martedì si gioca a carte ('martedì': martis; 'carte': cartas).

Aspetti fonetici dell'italiano regionale di Sardegna:

22) Bianco; 23) Quindici; 24) Quaranta; 25) Assegno; 26) Lancia; 27) Pensare; 28) Coniglio; 29) Corsa

Per quanto attiene la parte morfosintattica, i fenomeni esaminati che motivano la presenza di determinate frasi sono:

Mantenimento / 2) Ci sono molte mosche; 65) Le fave; 66) Le pere; 67) Le olive; 68) Le pulci; perdita singolare 69) Le mosche collettivo Il genere 5) Il gatto è salito sul tetto; 54) Il fico (pianta o frutto); 55) Il gatto; 56) Il dente; 57) Il filo da cucire; 58) La fame; 59) La sete; 60) Il giorno; 61) La fronte Il neutro 62) Tempo; 63) Corpo; 64) Freddo L'accusativo 30) Ieri ho visto Gianni; 31) Ieri ho visto Bobby; 32) Ho visto il parroco / il dottore; 33) Il preposizionale parroco / Il dottore, ho visto; 34) Ho visto un parroco / un dottore; 35) Un parroco / un dottore, ho visto; 36) Ieri ho visto il cane; 37) Ieri ho visto la televisione; 38) Ieri ho visto un cane per strada; 39) Ieri ho visto a un cane per strada che era magrissimo; 40) Hai visto me (non lui); 41) Ho visto te (non lei); 42) Ho visto lei (non lui); 43) Hai visto noi (non loro); 44) Ho visto voi (non loro); 45) Ho visto loro (non lui); 46) Ho visto questo uomo; 47) Ho visto questo (uomo); 48) Ho visto quell’ uomo; 49) Ho visto quello (uomo); 50) Ho visto quel cane; 51) Ho visto quello (cane); 52) Ho visto quel film; 53) Ho visto quello (film). Il gerundio 70) Bessendi de domu, appu attoppau/attobiau a tziu tuu; 71) Appu attoppau/attobiau a tziu tuu, bessendi de domu; 72) Appu biu a mamma tua andendi a su mercau; 73) Appu donau unu passaggiu a una amiga furriendi de traballai.

Infine, per quanto attiene gli aspetti di naturale lessicale, i test pertinenti sono i seguenti:

5) Il gatto è salito sul tetto

149 20) In riva al mare c’è fresco 9) La mamma ha messo il bambino nella culla 6) Quella ragazza ha la faccia pallida 16) Gli ha dato un pugno 17) Si è preso due pugni in faccia 55) Il gatto

5.7. Problemi della raccolta sul campo dei dati linguistici Nonostante i dati linguistici empirici all’interno del contesto sociale costituiscono la base dell’indagine sociolinguistica, le metodologie di raccolta dati sul campo risultano in generale poco approfondite anche se il ruolo cruciale che queste svolgono nel determinare la qualità dei dati e conseguentemente il valore delle considerazioni che su questi vengono presentate è ben evidenziato in diversi lavori (Bailey & Tillery 2004; Bailey, Wikle & Tillery 1997; Feagin 2013; Labov 1972a, 1984; Macaulay 2009; Milroy & Gordon 2003; Schilling-Estes 2007; Tagliamonte 2006; Wolfson 1976). Nella maggior parte dei casi i progetti di ricerca dedicano maggiore spazio e cura ai risultati e alla loro interpretazione rispetto alle metodologie che hanno portato all’ottenimento dei dati (Schilling 2013: 1). Per questo, generalmente, i lavori che si basano su dati ottenuti tramite interazione con i parlanti tralasciano o descrivono sommariamente l’ambiente di indagine, gli strumenti e i procedimenti di escussione che sono stati impiegati. Schreier (2013: 17) rileva che «doing successful fieldwork is perhaps the most underestimated academic skill of all. For some reason or other, being out in the field to collect data is often regarded as some time off from ‘serious research’ in the lab or office, as a part of research that is certainly important yet not really central». Tale lacuna è particolarmente evidente nelle indagini condotte in ambiente urbano poiché le tecniche di rilevazione sul campo sono state approfondite maggiormente nello studio di varietà linguistiche 'esotiche' o 'rurali', la cui documentazione è relativamente scarsa se non del tutto assente e il cui ridotto numero di parlanti le rende a rischio di estinzione. Le lingue con queste caratteristiche sono infatti considerate prototipiche per la ricerca sul campo (Thieberger 2012: 1 ss) che tuttavia, intesa in senso più ampio, si occupa dell’indagine di qualsiasi varietà, anche priva degli aspetti sopra citati. Il fatto che la disciplina si sia maggiormente esercitata su lingue aventi determinate caratteristiche a discapito di altre ha creato uno sbilanciamento negli approfondimenti trattati nella letteratura specifica. Chelliah & De Reuse (2011, p. 3) rilevano che i vari problemi di tipo logistico, etico, metodologico e analitico variano in larga misura non solo secondo le regioni del mondo dove la ricerca viene condotta ma anche in relazione all’ambiente di indagine: in una stessa regione geografica ad esempio, la ricerca sul campo condotta in contesto rurale differisce rispetto all’ambito

150 urbano. In particolare, in quest’ultimo, diametralmente opposto a quello prototipico, la disciplina è stata considerata assai meno interessante e in conseguenza di ciò non ha ricevuto particolari approfondimenti (Chelliah & De Reuse 2011: 3; Paulis et al. 2013). La lacuna risulta particolarmente rilevante considerando che lo spazio linguistico urbano, apparentemente uniforme, presenta notevoli differenze tra una città e un’altra, in stretta dipendenza da variabili di tipo geografico, economico, storico, sociale e linguistico che caratterizzano in maniera individuale ogni agglomerato urbano. Oltretutto la città, definita luogo per eccellenza della variazione e 'regno' del contatto linguistico rappresenta uno spazio privilegiato per l’osservazione e lo studio del contatto tra varietà diverse. Per quanto riguarda più nello specifico la sociolinguistica, Schreier (2013: 17-8) sottolinea che «[…] the majority of Ph.D.s. in sociolinguistics do not discuss in much detail how data were retrieved and the vast majority of textbooks often pay little attention to the matter either. The most important sections of articles published in peer-reviewed journals or handbooks are dedicated to the presentation and evaluation of findings, and readers are typically left with sparse information as to how the scrutinized data were actually collected. Concise description of fieldwork activities are very often peripheral, relegated to a minor section in methodology chapters or even omitted completely, with a few exceptions». Alla luce di tali considerazioni i paragrafi seguenti sono dedicati alla descrizione dei metodi e dei problemi della ricerca linguistica nell’ambito urbano, con specifico riferimento a Cagliari.

5.7.1 La conduzione dell’inchiesta: rappresentatività e affidabilità dei dati linguistici in ambito urbano Lo strumento e la tecnica di elicitazione maggiormente diffusa è il questionario basato sulla traduzione, detto anche translation questionnaire, elicitation questionnaire o primary data questionnaire. Prevede una lista di appellativi e/o frasi da tradurre da una varietà nota sia al rilevatore che all’informatore alla lingua oggetto dell’obiettivo di indagine. In generale, soprattutto quando la ricerca sul campo si confronta con lingue non descritte, il questionario si avvia con la traduzione di semplici liste di parole al fine di indagare il sistema fonetico, fonologico, morfologico e lessicale, per procedere in seguito all’approfondimento degli aspetti sintattici, completando il questionario con l’inserimento di frasi. Nel caso di lingue la cui conoscenza risulti soddisfacente ma che in relazione a determinati aspetti si rendano necessari ulteriori approfondimenti, il questionario include appellativi e frasi scelti sulla base della possibilità che i corrispettivi nella lingua oggetto di indagine contenga elementi rilevanti per i diversi settori della lingua. Dagli strumenti di escussione utilizzati e dalle modalità di conduzione dell’inchiesta provengono i più importanti elementi di interferenza. Gli strumenti di escussione possono essere ripartiti in

151 translational e non-translational (Samarin, 1967, p. 77): gli uni prevedono la raccolta dei dati tramite traduzione mentre gli altri, attraverso l’uso di diverse strategie, raccolgono i dati senza l’ausilio di tale operazione. È su tale parte del questionario che si concentrano gli aspetti e i problemi più delicati: partendo dalla constatazione ben nota riguardante le differenze nel modo di parlare delle persone in un contesto spontaneo rispetto a quello che si ingenera durante una sessione di inchiesta, in special modo basata sulla traduzione, l’obiettivo primario dei rilievi sul campo è minimizzare l’attenzione dell’informatore verso il parlato (Shilling 2013: 98), facendo sì che gli aspetti linguistici che l’indagine mira a far emergere soddisfino l’esigenza della confrontabilità quando siano provenienti da diversi informatori, e tendano a coincidere il più possibile con quelli presenti nelle interazioni verbali spontanee, tenendo sotto controllo il grado d’interferenza derivante dall’occorrenza di diverse variabili. Chambers (2013: xi), dopo aver sottolineato come il parlato prodotto in circostanze naturali offra i dati qualitativamente più idonei per lo studio degli usi sociali del linguaggio, osserva che il loro ottenimento è piuttosto difficile: l’impiego dell’elicitazione può introdurre elementi ‘avventizi’ nel parlato, dovuti ad esempio alla presenza del rilevatore, degli strumenti di registrazione, del particolare ambiente in cui avviene l’inchiesta e del test cui si sottopone l’informatore (lettura di brani, descrizioni di immagini o vignette) e conclude osservando che «the act of observing speech alters its nature». Shilling (2013: 77) rileva infatti che nonostante i diversi vantaggi dell’elicitazione, sia questa di tipo indiretto o di tipo diretto e nonostante possa essere condotta nella manierà più opportuna ai fini dell’inchiesta, l’operazione non potrà assicurare che gli aspetti linguistici ottenuti coincidano con quelli utilizzati al di fuori del contesto dell’inchiesta. Tra i compiti che il ricercatore sul campo deve svolgere il più importante è il controllo della qualità dei dati. L’uso dei questionari e della traduzione sono stati criticati di recente in relazione alla tipologia di dati elicitati e alla loro validità: l’osservazione è che complessivamente e in generale il questionario determina una notevole attenzione del parlante verso il parlare, portando alla conclusione che qualsiasi aspetto linguistico prodotto in questo modo sarà più formale e sorvegliato. Complessivamente, un’inchiesta volta ad indagare una certa varietà e che per questo contiene domande esplicitamente orientate in tal senso può far sì che l’informatore sviluppi al momento una maggiore consapevolezza della propria varietà, consapevolezza che limita l’emergere di aspetti legati alle situazioni informali, percepiti come erronei o da evitare dal punto di vista normativo. Per questo Schilling (2013: 77) pone l’accento sul fatto che «despite the advantages of elicitations, whether more or less direct, those interested in how language is used in everyday life readily understand that even the best elicitations are not very natural, and people’s reports of their linguistic

152 usage may or may not match up with what they do in non-research context». Per ciò «the main goal in conducting the sociolinguistical interwiev was, and often still is, to minimize attention to speech» (Schilling 2013: 98). Per tali problemi Labov (1972a; 2001) osserva che la tipologia di parlato più fruttuosa per le indagini linguistiche è quella «unselfconscious», che dovrebbe essere per questo osservata piuttosto che elicitata. L’aspetto più limitante di tale modalità di raccolta è che si possono ottenere solamente aspetti linguistici piuttosto circoscritti e le informazioni socio-demografiche risultano generiche, essendo basate su impressioni (Shilling 2013: 84). L’approfondimento generale riguardante la ricerca sul campo in ambiente urbano, affiancato dalla descrizione dei principali aspetti socio-storico-culturali che caratterizzano la città investigata (vd. capitolo precedente), è indispensabile per approntare correttamente l’indagine e per mettere il luce le diverse problematiche connesse. Più in particolare, partendo dalla constatazione che la disciplina prevede la raccolta di dati linguistici attraverso diverse tecniche basate sull’interazione con parlanti, con particolare riguardo all’attendibilità, rappresentatività e archiviabilità (Chelliah & De Reuse, 2011, p. 10), occorre notare che soprattutto dai primi due aspetti dipende la qualità dei risultati delle fasi successive alla raccolta. L’esposizione dei metodi e degli strumenti utilizzati per la collezione dei dati, da cui ne dipende la qualità, è fondamentale per valutare il grado di solidità delle generalizzazioni formulate. Le cautele da considerare nell’utilizzo del questionario basato su traduzione, evidenziate da diversi autori, sono numerose. Bowern (2008, p. 89) osserva che gli informatori possono essere a disagio quando non capiscono il significato di una parola o di una frase formulata nella lingua di contatto o quando non ricordano la traduzione equivalente nella lingua oggetto di indagine, oppure il concetto in questione non è espresso da una singola parola nella loro lingua. Bowern (2008: 89) e Samarin (1967: 141) osservano che la conoscenza della lingua di contatto da parte dell’informatore può non essere sufficiente e conseguentemente può non cogliere e rendere le diverse sfumature di significato che il rilevatore vuole individuare attraverso la traduzione. Bowern (2008: 85) e Munro (2003: 132) rilevano che la traduzione di una frase può risultare interferita dalla lingua di contatto, presentandosi come risultato di una trasposizione ottenuta parola per parola; sebbene grammaticale, può risultare differente dalle strutture utilizzate in contesto spontaneo. Chelliah (2001, p. 157) osserva che se la lingua di contatto è priva di una categoria grammaticale presente invece nella lingua oggetto di indagine, difficilmente sarà possibile farla emergere in maniera sistematica attraverso la traduzione. Inoltre l’ottenimento di dati tramite un questionario è considerato inadeguato da alcuni linguisti, che li ritengono nati e funzionali principalmente per ottenere dati di tipo lessicale, così come ne fecero uso i primi dialettologi attraverso domande del tipo “come si chiama questo?”. Da domande di natura lessicale possono però essere estratti anche aspetti di tipo

153 fonetico mentre maggiori difficoltà possono sorgere se i dati desiderati sono di natura sintattica e morfologica. I diversi problemi fin qui elencati vanno ricondotti ad una sostanziale questione di fondo: i dati linguistici relativi a una certa lingua ottenuti tramite intermediazione di un’altra lingua recano elementi di disturbo di vario tipo, derivati dal passaggio attraverso la traduzione. Consegue che in sede d’analisi tali elementi possono fornire un quadro alterato rispetto a quello tracciabile da dati ottenuti mediante differenti tecniche di raccolta. Le sollecitazioni dovute al contatto artificiale che la trasposizione da una lingua a un’altra determina sono di varia natura e interpretazione. In alcuni casi sono facilmente individuabili e sono originate da semplici lapsus, come si osserva dagli esempi che seguono, tratti dai rilievi condotti presso i quattro quartieri storici di Cagliari: Castello, Marina, Stampace e Villanova. L’informatore (Cast-F64-viaLamarmora) traduce la frase

‘ieri ho visto la televisione’ con  dove l’ausiliare , in luogo dell’atteso , è una forma dovuta ad una momentanea confusione, di compromesso tra l’italiano ‘ho’ e il sardo campidanese . L'informatore (Villan-F58-viaAlghero13) traduce la frase ‘ho visto il parroco’ con  ma rettifica subito dopo l’ultima parte della frase, pronunciando , dove si noti la vocale tonica di grado aperto, in luogo dell’atteso [prei] o

[preri]. Anche nel caso non siano gli stessi informatori a rettificare le risposte fornite, il carattere occasionale di alcune di queste può essere desunto dalla sporadicità all’interno del corpus complessivo delle interviste svolte. Ad esempio, l’informatore (Villan-M65-viaAlghero13) traduce la frase ‘si è preso due pugni in faccia’ con , e (Villan-M40- viaGiardini175) traduce con . In entrambe le traduzioni figura  che, in luogo dell’atteso , risente della formulazione in italiano della frase; anche se gli informatori non si correggono è probabilmente frutto di disattenzione. Non ne sono presenti infatti occorrenze in altre interviste. Dai dati ottenuti dal questionario è fondamentale poter distinguere i fenomeni di contatto tra italiano e sardo di tipo 'momentaneo', dovuti cioè ad un'operazione di traduzione condotta alla lettera e all’eventuale disattenzione dell’informatore, da quelli aventi carattere sistematico. A tal proposito la considerazione globale del corpus delle risposte ottenute dalle interviste può dare utili indicazioni. Ad esempio l’informatore (Cast-M43-viaLamarmora13) traduce la frase ‘il gatto è salito sul tetto’ con  ma subito dopo rettifica la traduzione

154 dell’ultimo appellativo e pronuncia . Per la parola ‘tetto’, in prima risposta, è stato utilizzato un recente italianismo adattato alla fonetica del campidanese con la chiusura della vocale finale. Evidentemente però l’informatore, conscio della scelta innovativa, si corregge poco dopo utilizzando l’appellativo maggiormente conservativo. A questo punto si presenta il problema se giudicare  il risultato di una momentanea traduzione letterale dall’italiano o se invece rappresenti un vocabolo dotato di una almeno parziale sistematicità nel sardo di Cagliari, in rapporto di compresenza con corrispettivi conservativi. Poiché  figura nelle risposte date da numerosi altri informatori1, è plausibile ritenere che abbia una certa stabilità nel sardo di

Cagliari, a lato di altre denominazioni quali 2 Le medesime considerazioni possono essere svolte in relazione alla parola ‘ottone’, che figura nella frase ‘quell’anello è d’oro o di ottone?’. L’informatore (Villan-M85-viaSGiovanni) la traduce con  ma rettifica subito l’ultima parola, pronunciando 

Si noti l’influsso dell’italiano anche nella parola ‘oro’, pronunciata  in luogo dell’atteso .

L’occorrenza di  nella traduzione esemplificata non rappresenta probabilmente una momentanea sardizzazione di ‘ottone’, come lascerebbe intendere il ripensamento dell’informatore,

1 Gli informatori che per la nozione di ‘tetto’ utilizzano in prima risposta [] o [] sono: Castello: M43- viaLamarmora13; Marina: M22-viaSardegna; F59-viaDettori37; M59-viaDettori; Stampace: F34-vialeTrieste23; Stamp-F44-corsoVittorioEmanuele; F46-corsoVittorioEmanuele321; Villanova: F29-viaAlghero; F37-viaMillelire; M44-viaMillelire; F58-viaAlghero13; viaMacomer21; viaSGiovanni. 2 Gli informatori che per la nozione di ‘tetto’ utilizzano in prima risposta  e varr. sono: Castello: F31- viadeiGenovesi; F54-viadeiGenovesi90; M47-viaCanelles; F68-viaLamarmora; M70-viaLamarmora; M84- viaStretta; Marina: F31-viaDettori; F43-viaSEulalia19; M37-viaDettori; M40-viaCavour; F51-viaNapoli66; M61- viaBarcellona; F78-viaSEulalia; Stampace: M42-corsoVittorioEmanuele207; M34-viaMaddalena; M34-viaMalta4; F47-viaFara; F62-corsoVittorioEmanuele; F62-corsoVittorioEmanuele162; M48-viaMalta7; M56-piazzaYenne; M59-viaSEfisio; M62-viaAzuni; F66-viaMalta; F71-corsoVittorioEmanuele287; M66-viaOspedale3; Villanova: M24-viaGiardini; F43-viaCostituzione; F61-viaTempio24; F64-viaSDomenico; M47-piazzaSDomenico; M60- piazzaSDomenico; M57-viaGaribaldi258; M65-viaAlghero13; M62-viaGiardini; F71-viaPiccioni; F71- viaEd’Arborea15; F83-viaSDomenico2; M73-viaManno; M72-viaSulis; M80-viaSGiovanni. Gli informatori che per

la nozione di ‘tetto’ utilizzano in prima risposta  e varr. sono: Stampace: F52-corsoVittorioEmanuele29;

M68-viaSassari. Gli informatori che per la nozione di ‘tetto’ utilizzano in prima risposta  e varr. sono: Stampace: M45-corsoVittorioEmanuele321; M64-piazzadelCarmine34; M50-corsoVittorioEmanuele396; F66- viaOspedale; Villanova: M37-viaSonnino155; M44-viaSGiovanni; F61-viaSDomenico; M49-viaSGiovanni; M59-

viaSGiacomo20. Gli informatori che per la nozione di ‘tetto’ utilizzano in prima risposta  e varr. sono: Castello: F64-viaLamarmora; Stampace: M48-viaOspedale14; Villanova: M40-viaGiardini175; M40- viaSDomenico.

155 ma è un appellativo ormai insediato nel sardo di Cagliari, in competizione con ;  è infatti presente nelle risposte di un rilevante numero di informatori, accanto a .3 Anche in relazione alla valutazione delle risposte di ambito morfosintattico si presentano analoghi problemi. Al fine di individuare la presenza o l’assenza del singolare collettivo, tratto presente in tutto il sardo (Wagner 1997: 329-330), alcune domande del questionario prevedono la traduzione di ‘le fave’, ‘le pere’, ‘le olive’, ‘le pulci’, ‘le mosche’. L’informatrice (Stamp-F47-viaFara)

mentre (Mar-

M37-viaDettori) traduce Come si nota le traduzioni fornite da ognuno degli informatori sono eterogenee: alcune testimoniano la presenza della caratteristica in esame, altre l’assenza. Ciò può essere interpretabile sostanzialmente attraverso due differenti possibilità. La prima ipotizza che nel sardo utilizzato dagli informatori sia presente la caratteristica in questione, che tuttavia non compare in tutte le risposte perché alcune subiscono il momentaneo influsso della traduzione dall’italiano che determina una trasposizione letterale. La seconda invece ipotizza che il sardo utilizzato dagli informatori si trovi in una situazione di transizione in cui il singolare collettivo, sotto la spinta dell’italiano, perde progressivamente terreno e le risposte eterogenee ne costituirebbero la testimonianza. All’interno del corpus complessivo delle interviste svolte le risposte che alternano presenza e assenza del singolare collettivo risultano abbastanza ben rappresentate.4 E possibile dunque che queste siano

3 Gli informatori che per la nozione di ‘ottone’ utilizzano in prima risposta sono: Castello: M84- viaStretta; Marina: M22-viaSardegna; F43-viaSEulalia19; M37-viaDettori; M61-viaBarcellona; F78-viaSEulalia; Stampace: F37-viaSEfisio; F46-corsoVittorioEmanuele321; F47-viaFara; F62-corsoVittorioEmanuele; F66- viaMalta; F71-corsoVittorioEmanuele287; M66-viaOspedale3; M68-viaSassari; Villanova: M24-viaSGiovanni; F29-viaAlghero; F37-viaMillelire; F38-viaAbba41; M40-viaGiardini175; M37-viaSonnino155; M26- viaSDomenico; M47-piazzaSDomenico; M60-piazzaSDomenico; M48-viaEinaudi44; M59-viaSGiacomo20; F67- viaMacomer21; F71-viaPiccioni; F83-viaSDomenico2; M72-viaSulis; M85-viaSGiovanni; M80-viaSGiovanni.

Quelli che utilizzano [] e varr. sono: Castello: F68-viaLamarmora; Marina: M20-viaBaylle; M44- viaMillelire; F59-viaDettori37; F59-viaDettori; M62-piazzaSSepolcro; Stampace: M34-viaMalta4; F52- viaAngioy8; F62-corsoVittorioEmanuele162; M64-piazzadelCarmine34; M47-corsoVittorioEmanuele431; M49- viaPalabanda; M56-piazzaYenne; M59-viaSEfisio; M62-viaAzuni; M63-vialeTrento6; M72-viaOspedale3; Villanova: M40-viaSDomenico; M44-viaSGiovanni; F64-viaSDomenico. 4 Gli informatori che in relazione alle frasi riguardanti il singolare collettivo hanno fornito traduzioni eterogenee sono: Castello: M43-viaLamarmora13; F54-viadeiGenovesi90; F64-viaLamarmora. Marina: M22-viaSardegna; F34- viaNapoli66; M40-viaCavour; F59-piazzaSSepolcro; M62-piazzaSSepolcro. Stampace: F44- corsoVittorioEmanuele; M42-corsoVittorioEmanuele207; F62-corsoVittorioEmanuele; M47- corsoVittorioEmanuele431; M50-corsoVittorioEmanuele396; M62-viaAzuni; M64-piazzadelCarmine34. Villanova:

156 interpretabili come indizio di una fase di mutamento del sardo di Cagliari, almeno in relazione a questo tratto. Analoghi aspetti presenta il quadro rilevabile dalle risposte della sezione del questionario volta ad ottenere dati relativi all’accusativo preposizionale. Il sardo infatti, così come diverse varietà linguistiche del Mediterraneo, ha sviluppato la marcatura preposizionale per l’oggetto che presenta il tratto [+ animato], in particolare [+ umano] e [+ specifico] (Putzu 2005: 156-7). Tali tratti, in relazione alle diverse macrovarietà di sardo e alle correlate varietà di italiano regionale, concorrono in misura diversa nel regolare la presenza dell’accusativo preposizionale. Per appurarne il grado di stabilità nel sardo di Cagliari sono state inserite nel questionario le seguenti frasi: a. Hai visto me (non lui) b. Ho visto te (non lei) c. Ho visto lei (non lui) d. Hai visto noi (non loro) e. Ho visto voi (non loro) f. Ho visto loro (non lui) L’informatore (Stamp-M63-vialeTrento6) le traduce rispettivamente: a. 







 f. frase non tradotta L’informatore (Villan-M24-viaGiardini) le traduce rispettivamente: a. 







 f. frase non tradotta Le risposte dei due informatori mostrano una situazione complessa, in cui la presenza e l’assenza

M24-viaGiardini; F38-piazzaSDomenico; F38-viaAbba41; M26-viaSDomenico; M44-viaMillelire; M48- viaEinaudi44; M60-piazzaSDomenico; F67-viaMacomer21; M73-viaManno; M85-viaSGiovanni.

157 dell’accusativo preposizionale si alternano, anche all’interno della medesima frase. Oltre al fatto che frasi con la ripetizione di segmenti simili o uguali sono spesso soggette a ingenerare confusione all’informatore (Chelliah & De Reuse 2011: 401-2), ciò può essere dovuto alla traduzione letterale dall’italiano che determina in certi casi l’assenza dell’accusativo preposizionale. Ma l’alternanza può essere determinata anche dalla situazione di mutamento che il sardo di Cagliari sta attraversando per cui, sotto la spinta dell’italiano, l’accusativo preposizionale starebbe perdendo progressivamente terreno.5 Gli aspetti sin qui esemplificati in maniera cursoria rappresentano problemi particolarmente delicati, soprattutto considerando gli obiettivi che ha una ricerca svolta in ambito urbano, dove è presente una notevole diversità linguistica (Paulis et al. 2013). I centri abitati di una certa entità costituiscono infatti poli d’attrazione per flussi umani i cui membri possono conoscere individualmente due o più lingue. La coesistenza di più varietà in uno stesso spazio lo rende particolarmente favorevole per l’indagine dei fenomeni di contatto linguistico e di interferenza. Partendo da tali considerazioni, che individuano nella città un 'territorio di caccia' privilegiato per questo ambito di ricerca, il questionario basato sulla traduzione solleva aspetti problematici poiché crea una situazione artificiale di contatto. Nel caso di Cagliari, dove è fondata la presenza di parlanti che conoscono attivamente o passivamente, con diversi gradi di profondità, l’italiano e il sardo (vd. par. 6.3 e 6.4) e dove assume un certo interesse l’indagine delle possibili interferenze delle loro strutture, esposte all’azione dell’una sull’altra, il questionario basato sulla traduzione si presta a giudizi oscillanti in relazione alla valutazione della qualità dei dati raccolti. Nello studio dei vari aspetti linguistici i rilevatori possono impiegare elicitazioni di tipo diretto o indiretto (Schilling 2013: 69). Nel primo caso si indaga una particolare caratteristica pronunciando la forma in questione e descrivendo gli atteggiamenti del parlante nei suoi confronti; nel secondo caso si intende invece far sì che la persona intervistata produca la forma su cui si vuole concentrare l’interesse. Nella presente indagine solo raramente è stata usata la metodologia di elicitazione diretta, in 5 Nelle traduzioni in sardo delle frasi del questionario esemplificate, la presenza incostante dell’accusativo preposizionale si rileva nelle risposte anche dei seguenti informatori; Castello: M23-viaLamarmora; F54- viadeiGenovesi90; F64-viaLamarmora; M70-viaLamarmora. Marina: M22-viaSardegna; F31-viaDettori; F34- viaNapoli66; M37-viaDettori; M40-viaCavour; F51-viaNapoli66; F61-viaSardegna; M62-piazzaSSepolcro. Stampace: F23-vialeTrieste; M25-piazzaCarmine; F37-viaSEfisio; F39-corsoVittorioEmanuele396; F44- corsoVittorioEmanuele; M42-corsoVittorioEmanuele207; F46-corsoVittorioEmanuele321; F58-piazzaYenne; M48- viaMalta7; M59-viaSEfisio; M62-viaAzuni; M66-viaOspedale3. Villanova: F25-viaOlbia; F37-viaMillelire; M26- viaSDomenico; M37-viaSonnino155; M44-viaSGiovanni; F50-viaSDomenico2; F58-viaAlghero13; F61- viaSDomenico; F61-viaTempio24; M44-viaMillelire; M47-piazzaSDomenico; M48-viaEinaudi44; M49- viaSGiovanni; M62-viaGiardini; F74-viaOlbia; M72-viaSulis; M73-viaManno; M85-viaSGiovanni.

158 special modo per quanto riguarda alcune domande riguardanti il genere, il mantenimento/perdita della -s finale del neutro latino e il singolare collettivo e nei casi in cui l’informatore appariva confuso o mostrava di non aver capito con precisione la domanda posta. Ad esempio, nel caso della domanda “il dente” (domanda num. 56), in cui il metodo indiretto prevede che lo si chieda con una frase quale “come chiama in sardo il dente?”, molti informatori, specialmente appartenenti alle fasce generazionali più elevate, hanno dato in prima risposta  che tuttavia designa il 'molare' (DES 233). A tal punto si è chiesto all’informatore come denominava 'il dente' in generale e se anche il tal caso la risposta non è stata giudicata soddisfacente si è provveduto a chiedere all’informatore se su  o  costituissero in sardo un corrispettivo adeguato per 'il dente'. Tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi è stata impiegata la metodologia di tipo indiretto: la raccolta dei dati di ambito fonetico e morfosintattico è stata compiuta attraverso la traduzione dall’italiano al sardo mentre alcuni aspetti linguistici di ambito morfosintattico, relativi soprattutto al gerundio, sono stati ottenuti attraverso traduzione dal sardo all’italiano.

5.7.2. I contesti di inchiesta e le caratteristiche emotive degli informatori Le interviste sono state condotte in diversi contesti: alcune presso la casa dell’informatore, alcune nel luogo di lavoro (negozi nel caso di commercianti, scuole nel caso di docenti, uffici nel caso di impiegati, ecc.) ma in gran parte all’aperto. Ciò ha comportato alcuni problemi, sostanzialmente riguardanti la presenza di rumori di sottofondo di entità e intensità variabile che in alcuni casi hanno comportato un'incerta trascrizione fonetica di parti del questionario. Per quanto riguarda i problemi riguardanti l'inizio dell’intervista, Schreier (2013: 31) suggerisce che «much of the interview cannot be planned beforehand, so it is worth spending some thought as to how to begin. One obvious way is to ask how their day has gone, whether the interviewee has had a good day at work, how their family is, ecc. This helps breaking the ice and is likely to open up new topics». Nel caso l’intervista avvenga presso l’abitazione dell’informatore, secondo Fyne (2005: 117), «the fieldworker also attempted to create an atmosphere in the informant’s home that was as natural as possible given the constraints of the interview situation. It was decided that the exact location of interviews in parts of the house that were normally considered to be living areas, as opposed to a deliberately secluded room, was far more preferable. Although this maximised the possibility of external noise, the somewhat formal atmosphere of a typical interview situation was greatly lessened. In addition, there was also the possibility that another person would intrude upon the

159 interview». In tal caso Schreier (2013: 31) sottolinea la necessità di osservare con attenzione foto, poster, soprammobili particolari, libri, trofei presenti nella casa dell’intervistato in modo da poterne intuire gli interessi e su questi iniziare una conversazione necessaria ad eliminare o smorzare l’iniziale ed eventuale imbarazzo. Tuttavia tale strategia non è stato utilizzata con particolare frequenza poiché la maggior parte delle interviste, come s'è detto, si sono svolte non in contesto casalingo ma all’aperto. Occorre notare che ai fini dell’instaurarsi di un primo rapporto di fiducia e confidenza è stato spesso sufficiente esporre le tematiche e i problemi che il progetto intendeva affrontare e a cui gli informatori erano chiamati a partecipare. I problemi legati alla lingua sarda, nella maggior parte dei casi, sono stati un elemento sufficiente per creare interesse negli informatori. Tuttavia la situazione generale d’inchiesta esercita diverse ripercussioni sui dati raccolti in relazione alle caratteristiche emotive degli informatori e alla tematica affrontata. Si tratti di aspetti che possono essere inseriti all’interno di quella che è stata definita linguistic etiquette: Kasper (1997: 374) la definisce come «the practice in any speech community of organizing linguistic action so that it is seen as appropriate to the current communicative event». Tra le variabili che appaiono essere maggiormente coinvolte vi sono: le rispettive posizioni sociali degli interlocutori, l’età, il genere. Sulla base di tali aspetti, oltre che dal grado di familiarità che vi è tra gli interlocutori, si attivano determinate scelte stilistiche, oltre che l’impiego di particolari forme linguistiche (Geertz 1968: 282) Un primo aspetto riguarda il controllo delle interferenze e le peculiarità caratteriali dell’informatore, più nello specifico l’atteggiamento che assume nei confronti dell’inchiesta e dal rapporto che stabilisce con il rilevatore. Poiché tali aspetti esercitano un influsso non irrilevante sulla qualità complessiva dell’intervista, ripercuotendosi in vario modo sulle risposte, consegue che per la corretta interpretazione e analisi dei dati è utile delinearli. Non è un caso che già Paul Scheuermeier compilasse alla conclusione di ogni inchiesta da lui condotta per l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS) un commento integrativo in cui prendeva nota anche dei dettagli caratteriali degli informatori (Scheuermeier, 1997, p. 350 ss). Fondamentalmente il rapporto che gli informatori stabiliscono nei confronti dell’inchiesta e del rilevatore è di due tipi, ognuno con conseguenze diverse sui dati raccolti. Il primo, di cui è maggiormente necessario tener conto, concerne informatori dal carattere ansioso e incerto che affrontano l’inchiesta con generale insicurezza. Avvertono con maggiore peso l’imbarazzo dovuto al contatto con una persona estranea con cui non hanno né familiarità né confidenza e si sentono inadatti al compito che sono chiamati a svolgere. Chelliah & De Reuse (2011: 172) osservano che in relazione alla scelta degli informatori in ambito urbano, sulla base di Crowley (2007), i parlanti che

160 vivono da lungo tempo in un’area urbana, essendo lontani dalle comunità d’origine ed essendo esposti al contatto con altre lingue, non hanno occasione di parlare spesso la loro varietà nativa; possono perciò avere una percezione negativa circa la loro capacità di produzione linguistica fluente e non sentirsi all’altezza di svolgere il ruolo di informatori. A ciò si aggiunga che in diversi casi l’informatore ritiene di percepire un dislivello culturale rispetto al rilevatore, assumendo una posizione di subordinazione. D’altronde non è forse inopportuno sottolineare che il processo di italianizzazione a Cagliari, così come in altre città d’Italia, è stato ed è tuttora particolarmente profondo. Batinti & Moretti (1989: 15) osservano che a Perugia ciò ha reso particolarmente diffusa l'opinione che nell’area urbana in questione non vi sia più il ‘dialetto’ o che la realtà linguistica sia poco differenziata. A Cagliari diversi informatori hanno espresso l’opinione secondo cui la varietà sarda di Cagliari sia 'bastarda', 'impura' e che non costituisca un sardo 'genuino'. Tali valutazioni negative possono verosimilmente contribuire verso una scarsa propensione, almeno da parte di alcuni informatori, a prestarsi all’intervista. Le conseguenze sui dati elicitati sono di vario tipo. L’atteggiamento insicuro e l’assenza di confidenza costituiscono generalmente un filtro che limita l’emergere di particolari aspetti, soprattutto di tipo fonetico ma non solo, considerati connotati in senso diastratico e per questo evitati dai parlanti, preoccupati anche di incorrere nel giudizio normativo del raccoglitore. Le risposte risultano per questo modellate sulla base del rapporto che instaurano con il rilevatore. Secondo Fyne (2005: 104) infatti «the presence of a fieldworker with recording equipment could have a largely negative effect (as far as the fieldworker is concerned) in such an environment». Si tratta delle medesime criticità evidenziate anche da Fought (2002: 454) secondo cui «the sociolinguistic interview […] has the marked disadvantages of inserting someone who is usually to some degree an outsider into the speech situation». Lo studio di Rickford & McNair-Knox (1994) si presta in maniera particolarmente efficace a mostrare quali conseguenze possa avere la figura del rilevatore e soprattutto il grado di affinità etnico-linguistico che intrattiene con l'informatore. Gli studiosi hanno confrontato due interviste svolte con la medesima informatrice ma condotte da due diverse rilevatrici: «a 25-year-old European-American woman, and […] a 41-year-old African-American woman». L'esito della presenza alternata di tali due intervistatrici ha determinato differenti aspetti linguistici come risultato dell'intervista. In particolare è risultata differente la percentuale delle caratteristiche attribuite all'African-American Vernacular English, più alta con la rilevatrice Afro-Americana con cui, evidentemente, l'informatrice ha avuto minori filtri in conseguenza, come sottolinea anche Fought (2002: 454), degli aspetti condivisi di tipo 'etnico'.

161 Tale aspetto era già stato colto da Fasold (1972) che evidenzia come gli Afro-Americani abbiano utilizzato percentuali più alte di varianti «vernacular» con intervistatori afro-americani rispetto ad intervistatori euro-americani, nonostante i primi appartenessero in generale alla classe medio-alta di parlanti di standard-english. Anche il lavoro svolto da Bell & Johnson (1997) in Nuova Zelanda evidenzia come il rapporto più o meno stretto tra informatore e rilevatore possa avere ricadute sui dati linguistici raccolti. Gli autori hanno intervistato quattro persone: un uomo e una donna di etnia Maori e un uomo e una donna di etnia non-Maori (Pakeha). Ogni informatore è stato intervistato tre volte, in ogni occasione da differenti rilevatori. Una volta da un intervistatore che condivideva sia genere che etnia; una volta da un intervistatore del medesimo genere ma di differente etnia; un'ultima volta da un intervistatore di genere diverso ma della medesima etnia. Il variare dell'intervistatore ha avuto dei precisi 'contraccolpi' di tipo linguistico, quali l'impiego di eh, una strategia pragmatica presente in particolare nelle converzioni con interlocutori di etnia Maori e per questo avente valenza di marcatore identitario. La particella eh, secondariamente, è un marcatore di identità di genere maschile. Per questo Fought (2002: 455) sottolinea «the importance of looking at ethniticy in the context of other factors such as gender, rather than in isolation, and confirms that differences between intraethnic and interethnic discourse can have a tremendous effect on the realization of linguistic variables by a particular speaker. We must not forget that the identity of the interviewer will influence the type of data collected, and that such data may or may not be representative of that speaker's use of variables, particularly those related to ethnicity and identity, when the interviewer is not present». Inoltre in occasione dei rilievi sul campo è emersa, in diverse occasioni e come già accennato, la valutazione negativa verso la varietà campidanese parlata a Cagliari, definita per tali ragioni un 'gergo', un 'dialetto imbastardito' caratterizzato da tratti fonetici e più specificatamente intonazionali percepiti come rozzi, specialmente in confronto alle varietà logudoresi e nuoresi: a queste ultime è in molti casi tributata una più gradevole 'musicalità' e in generale un maggiore prestigio. Ciò contribuisce a rendere piuttosto difficoltosa 'a cattura' nel contesto dell’inchiesta di determinate specificità fonetiche e intonazionali della varietà sarda cagliaritana. Un esempio può essere esposto in relazione ad una caratteristica fonetica che caratterizza il sardo e l’italiano regionale parlato a Cagliari: si tratta dell’intacco palatale delle occlusive velari di fronte alla vocale  (Virdis 1978: 49; Loi Corvetto 2013). Tale peculiarità, marcata nella dimensione diastratica, non è stata rilevata dai dati raccolti tramite questionario, tranne in un’unica occorrenza e in seconda risposta (Stamp-M62-viaAzuni). È stata tuttavia colta più volte durante conversazioni

162 libere nel quartiere di Stampace. Più in generale non si deve trascurare che l’argomento stesso su cui si focalizza la ricerca, cioè la lingua, comporta maggiore attenzione e controllo da parte dell’informatore durante le interazioni verbali. Tuttavia, sebbene la documentazione linguistica svolta sul campo preveda che vi sia la maggiore chiarezza possibile tra rilevatore e informatore circa gli scopi dell’indagine, altri metodi preferiscono mantenere un certo margine di vaghezza se non di totale oscurità sui reali obiettivi cui verte l’intervista: lo scopo è quello di tenere nascosti gli interessi linguistici del rilevatore al fine di elicitare dati il più possibile spontanei, senza informare la persona sulla tipologia di analisi che si vuole effettuare (Eckert 2013: 15). Nel caso di analisi che si basano su informatori che non si conoscono l’un con l’altro, gli scopi dell’intervista possono essere chiariti al suo termine. Nel presente lavoro la natura dei questionari, altamente specializzata sul versante linguistico, ha ovviamente reso impossibile mantenere un margine di vaghezza sugli scopi dell’indagine Alcuni informatori tendono verso parziali adeguamenti alle varietà linguistiche considerate superiori (Shilling 2013: 77), palesando influssi dovuti a preoccupazioni di chiarezza, soprattutto nel caso in cui le caratteristiche delle varietà sarde da loro conosciute differiscono dalla varietà cagliaritana. Ad esempio, l’informatrice (Stamp-F71-corsoVittorioEmanuele287), nativa di Barumini e conoscitrice quindi della varietà campidanese propria di tale centro della Sardegna meridionale, oltre a pronunciare le risposte in maniera estremamente lenta con l’intento di risultare meglio comprensibile, alterna alcune risposte in due varianti: una nella subvarietà campidanese cui appartiene Barumini, caratterizzata dalla presenza di vocali nasali, esito del dileguo della nasale alveolare in posizione intervocalica (Virdis, 1988, p. 905); l’altra nella subvarietà del campidanese di Cagliari, con il mantenimento della nasale. Per cui la frase ‘ben fatto’ è pronunciata prima

 e immediatamente dopo  Le risposte ottenute si caratterizzano spesso per ripensamenti, rettifiche e velocità di elocuzione ridotta a seguito della pronuncia esitante. Dal punto di vista degli aspetti fonetici tale ultima caratteristica fa sì che consueti fenomeni di sandhi, quali la lenizione delle occlusive sorde in contesto intervocalico, possano non presentarsi. Ad esempio, la traduzione della frase ‘ho visto quell’uomo’, anziché l’atteso  con la lenizione dell’occlusiva velare sorda

 di , è stata pronunciata  o  da diversi informatori (ad es. Cast-F64-viaLamarmora; Mar-M40-viaCavour). Hanno infatti enunciato la frase con velocità di elocuzione ridotta, scindendola praticamente in due parti ed eliminando così l’atteso fenomeno fonetico. Inoltre in numerose occorrenze si riscontra un'articolazione assai debole delle vocali paragogiche. Tale aspetto però è rilevabile più in generale anche presso informatori d’indole

163 sicura, nel parlato spontaneo e in fine di frase (ad es. Stamp-M64-piazzaDelCarmine34-parlato spontaneo). L’indecisione in numerose risposte, è bene sottolinearlo, risulta comprensibile tenendo conto non solo delle caratteristiche emotive dei singoli informatori ma del più ampio contesto socio- linguistico di indagine, l’ambiente urbano di Cagliari. Infatti a seguito di notevoli mutamenti socio-culturali verificatisi dalla seconda metà del Novecento, si sono avute nella città forti ripercussioni anche nei confronti del sardo, che è stato gradualmente marginalizzato a pochissimi contesti familiari. I movimenti migratori di tipo interno, costituiti principalmente da popolazione non specializzata che cercava nella città opportunità lavorative e un conseguente miglioramento del tenore di vita, hanno prima di tutto prodotto un notevole aumento degli abitanti (Atzeni & Puggioni 2013; Loi Corvetto 2013). Tale componente, residente in aree ben definite della città, ha continuato a esprimersi preferibilmente in sardo, almeno sino a quando non ha raggiunto un certo progresso di tipo socio-economico, in seguito sfociato nel mescolamento sia dal punto di vista sociale che residenziale nei ceti medi (Fontana 1996: 34). Fontana (1996: 35) osserva che in un primo momento il sardo è stato inconsciamente associato a connotazioni provinciali, proletarie e contadine, nonché ad un timore di ritorno alla situazione socio-economica d’origine, soprattutto da parte della popolazione che ancora non riteneva stabili i traguardi del miglioramento raggiunto. Il sardo è stato per questo marginalizzato e respinto e tali atteggiamenti orientati verso posizioni di rifiuto sono stati trasmessi dai genitori ai figli. Questi ultimi, in seguito ai centri di scolarizzazione presenti nella città e alla maggiore efficienza dei mezzi di trasporto, non hanno più visto in tale lingua un elemento capace di caratterizzare un quartiere e la comunità residente in relazione ad altre contigue. Venuta meno la forza aggregante e al contempo caratterizzante, il sardo non è più stato utilizzato attivamente né appreso e le giovani generazioni sono andate incontro a difficoltà sempre più profonde nella capacità di esprimersi e capirlo, sino a negarne del tutto anche la semplice conoscenza passiva. Tali aspetti, seppure in un contesto differente quale quello di New Mills, nella contea del Derbyshire in Inghilterra, sono stati così descritti da Fyne (2005: 115-6): «despite the view that dialect was somehow “incorrect”, many of the middle-aged and older informants openly stated that they were proud of the way they spoke. Consequently, these informants generally demonstrated a great amount of interest in the research that was being undertaken. Many also stated that the research was valuable as it would preserve the traditional dialect which they felt was threatened. While such attitudes are perhaps a new development, it will be interesting to note what effects, if any, these will have concerning the preservation of traditional dialects. While the younger informants also showed some interest in the subject matter of the research, their attitudes to dialect generally differed from those of the older generation, in that contemporary urban dialects were

164 evidently prestigious». E ancora rileva che «it may be concluded that some of these attitudes will obviously have implications as far as research is concerned, notably in fieldwork situations where speech may be modified in the opposite direction to that which is normally encountered; for example, an informant may use a broader style than that which is normally adopted in natural, casual speech, or conversely, an informant may deliberately avoid using dialectal features, for reasons outlined above». Nello spazio cittadino di Cagliari sussistono gli elementi perché i parlanti, in relazione al grado di competenza e utilizzo del sardo nel repertorio linguistico individuale, appartengano per lo più alle categorie denominate semi-speakers, terminal speakers e rememberers, piuttosto che a quella native fluent speakers (vd. par. 5.7.5). L’indecisione delle risposte dipende quindi anche e soprattutto dal livello di competenza del sardo che ogni informatore possiede. Quando gli informatori hanno mostrato segni di insicurezza o disagio l’inchiesta è stata impostata, per quanto possibile, in modo tale da cercare di eliminare alcuni elementi di disturbo come la presenza di altre persone. Infatti se è noto che membri della famiglia o semplici conoscenti spesso interrompono, correggono e integrano quanto detto dall’informatore (Jaberg & Jud 1987: 248-9), sottoponendo quindi al loro giudizio ogni risposta e arricchendo complessivamente i dati raccolti, con un informatore insicuro tutto presenta la controindicazione di aumentarne il disagio (vd. par. 5.7.2). Sempre al fine di limitare l’eventuale disagio dell’informatore, l’ordine delle domande previsto dal questionario, funzionale a raccogliere in maniera ordinata aspetti linguistici ripartiti nell’ambito fonetico e morfosintattico, è stato modificato sul momento in modo da procedere dal facile al difficile. Al primo posto sono state quindi inserite frasi brevi, di facile comprensione; a seguire frasi più complesse. In tal modo gli informatori ansiosi, prevedendo di non essere all’altezza del compito da svolgere, hanno preso coscienza del fatto che il lavoro richiesto era ampiamente alla loro portata, perdendo o limitando anche l’eventuale imbarazzo iniziale verso l’estraneo. A differenza dei profili aventi le caratteristiche appena esposte, diversi informatori si caratterizzano per abilità intellettuali e intuizioni linguistiche che arricchiscono notevolmente i dati raccolti (Chelliah & De Reuse 2011: 174 ss). Si tratta di individui che colgono subito lo scopo della ricerca e che vivendone l’esperienza con passione offrono risposte immediate, spesso articolate ed estese anche rispetto a domande di cui si prevede una risposta concisa. Le risposte si distinguono per informazioni aggiuntive riguardanti perlopiù la valutazione su aspetti linguistici di varia natura. Ad esempio, per quanto concerne il lessico, compaiono numerose osservazioni su appellativi che distinguerebbero il sardo parlato a Cagliari rispetto a quello utilizzato nei piccoli centri del meridione dell’isola. Così, tra i corrispettivi che in sardo designano ‘il gatto’, la variante al

165 femminile  è ritenuta propria di Cagliari (Villan-M80-viaSGiovanni; Mar-M62- piazzaSSepolcro; Cast-M43-viaLamarmora13). Per quanto attiene l’appellativo per ‘tetto’, è stato osservato che il corrispettivo tipicamente cagliaritano è  rispetto a  e varr.

(Villan-M73-viaManno); il corrispettivo di ‘pugno’ sentito come tipicamente cittadino è  o ], di contro a  avvertito come più tipico dei centri rurali (Villan-M59-viaSGiacomo20; Stamp-M66-viaOspedale3; Stamp-F52-corsoVittorioEmanuele29).

Anche per il concetto di ‘strada’ sono emerse valutazioni affini:  è ritenuto peculiare di

Cagliari rispetto a  (Villan-F50-viaSDomenico; Villan-M57-viaGaribaldi258; Villan-M44- viaMillelire); per il concetto di ‘magro’ è emerso che  è sentito come 'paesano' (Stamp-

M66-viaOspedale3) mentre a Cagliari è più comune l’uso di  (Stamp-M64- piazzaDelCarmine34); per il participio passato ‘visto’ il corrispettivo sentito come tipico della città

è  di contro a  (Stamp-M34-viaMalta4; Mar-M62-piazzaSSepolcro; Mar-M37- viaDettori). Per quanto riguarda la fonetica sono emerse alcune valutazioni relative alle varianti di determinate parole caratterizzate da fenomeni di dissimilazione: ad esempio il corrispettivo in assoluto più diffuso a Cagliari della parola ‘dottore’ risulta  mentre la variante dissimilata

 pur essendo nota, suscita ilarità (Stamp-M42-corsoVittorioEmanuele207).6 Più in generale la valutazione delle risposte fornita dagli informatori stessi, inteso come il giudizio su specifiche variabili linguistiche, potrebbe rivelarsi utile per la costruzione del cosiddetto Indice di Insicurezza Linguistica' (IIL). In Labov (1966) tale indice è stato costruito chiedendo agli informatori quale delle due varianti di una certa variabile linguistica fosse a loro giudizio la più corretta e quella più frequentemente usata; ogniqualvolta il parlante ha giudicato corretta una variante ma ha utilizzato l'altra è stato assegnato un punto. La classe sociale che ha mostrato il più alto indice di sicurezza è la “lower-middle class”; per questo Labov elabora un accurato metodo per la costruzione di un 'indice di insicurezza' basato sull'utilizzo e sull'esame del 'comportamento' lessicale': a ogni informatore ha sottoposto 18 appellativi che si caratterizzavano dall'avere variazioni di pronuncia significative dal punto di vista sociale. Per ognuna di tali varianti è stato chiesto di indicare quali usassero correntemente tra loro; i casi di discrepanza di giudizio sono stati utilizzato per la costruzione dell'Index of Linguistic Insecurity. Nonostante le riserve avanzate da Macaulay (1975) secondo cui la richiesta di un giudizio di

6 Wagner infatti osserva che a Cagliari e presso i ceti più colti della provincia tale dissimilazione vocalica è ritenuta grossolana e i parlanti cercano per questo di evitarla (HLS: 54).

166 correttezza su una certa forma può implicare da parte dell'informatore una riflessione normativa su quello che ha appena detto e conseguentemente ripensamenti sulla risposta fornita, la nozione di IIL, a partire dalla formulazione originaria offerta da Labov, ha visto lungo il proseguo delle indagini sociolinguistiche un notevole ampliamento e conseguentemente una maggiore complessità e necessità di problematizzazione. Secondo Escandell (2011) «is […] quantitative measure of the percentage of coincidences or discrepancies between forms that speakers recognize as more adequate, that is, more prestigious, and those which they recognize as part of their own idiosyncratic usage […]. Although the term “linguistic insecurity” may be felt as somewhat inadequate in order to refer to a process of evaluation of linguistic prestige, it would be justified by the consequences it has among speakers. Thus, hypercorrection, doubt, nervousness, self-correction, erroneous perception of one’s own speech pattern, or an important fluctuation between different speech styles have been associated to the language usage of insecure individuals». Preston (2013) ridiscute il concetto di insicurezza linguistica alla luce di alcune indagini compiute nel Michigan dal 2005 al 2007, proponendo una nuova prospettiva rispetto a quanto desumibile su tale nozione attraverso Labov (1966) e Owens & Baker (1984). Preston suggerisce la necessità di distinguere almeno due differenti indici di insicurezza: uno di gruppo, avente carattere regionale, e uno di tipo personale, avente carattere individuale, e di indagare a fondo le 'ideologie' linguistiche che caratterizzano la comunità e il parlante in modo da approfondire se e in quale misura queste possano essere chiamate in causa nella scelta e nel giudizio delle varianti lessicali riscontrate. L'insicurezza di tipo regionale non implica quella di tipo individuale e l'originaria definizione di insicurezza linguistica è riformulata sulla base dell'idea che questa sia costituita fondamentalmente dal timore dell'informatore di non essere in grado di svolgere un 'esercizio' linguistico. Escandell (2011) inoltre rileva come l'IIL possa trovare interessanti applicazioni nei contesti plurilingui passando da un impiego in prospettiva intralinguistica ad un utilizzo in prospettiva interlinguistica, includendo quindi le situazioni e i contesti in cui avviene il contatto linguistico. Alla luce di tale rinnovata prospettiva Escandell (2011) propone e descrive tre tipologie di IIL, sostanzialmente sulla base di Calvet (1999; 2006):

1) formal or Labovian insecurity, resulting from speakers’ perception of the distance between their native language uses and those they consider most prestigious; 2) statutory insecurity, the consequence of speakers’ negative evaluation of the status of the language they use, compared to that of another language or variety;

167 3) identity insecurity, which takes place when speakers use a language or a linguistic variety different from that used by the community they identify themselves with and are members of;

In chiave interlinguistica la tipologia di IIL che riveste maggiore interesse è quella esposta al punto 2) e 3) e che, in relazione al quadro sociolinguistico delle varietà sarde presenti a Cagliari, potrebbe essere ulteriormente ampliato includendo, tra i fattori che determinano l'insicurezza, la subordinazione e lo status delle varietà sarde rispetto all'italiano. Un altro elemento legato alle caratteristiche emotive degli informatori e che necessita di essere tenuto in considerazione circa la valutazione della spontaneità e affidabilità delle risposte, riguarda la presenza o meno di altre persone durante l’inchiesta. La presenza di altri soggetti nel constesto dell’intervista ha offerto vari spunti di dibattito circa le possibili ripercussioni sull’informatore e sull’intervista. Chelliah & De Reuse (2011, p. 182-3) rilevano che durante le sessioni di gruppo alcuni informatori, per imbarazzo o timidezza, possono limitare consistentemente la libera conversazione, mentre informatori tra loro coetanei o amici da lunga data possono competere per dimostrare di fronte al raccoglitore la maggiore competenza rispetto all’altro, così come avviene anche nei casi in cui si intervista una coppia sposata, dove uno dei due assume spesso una posizione di prevalenza. Secondo Macaulay (2002: 288) le sessioni di gruppo, accanto ad aspetti interessanti, presentano punti problematici: «in group session […] there is a much greater chance of extraneous noise and unless each speaker is recorded on a separate track from an individual microphone there is always a risk that it may be difficult to separate out the contribution of each speaker unless their voices are clearly distinct». Tuttavia esistono combinazioni di informatori che portano risultati interessanti. Shorrocks (1980) osserva invece che in determinati contesti si producono differenti dinamiche: come in quello familiare dove i legami particolarmente stretti tra i membri possono indurre e favorire l’uso della lingua di minoranza. In tali casi può succedere però che alle domande poste ad un informatore corrisponda la risposta di un altro partecipante all’intervista, con sovrapposizioni del parlato che si ripercuotono sull’accuratezza della trascrizione fonetica. Chelliah & De Reuse (2011: 183) osservano che quelle costituite da ‘studente-docente’ e ‘genitore-figlio’ sviluppano un rapporto dove ognuno dei partecipanti offre differenti punti di vista su determinati aspetti linguistici. Munro (2003, p. 133) osserva che la presenza di un bambino è utile in quanto stimola l’emergere di forme al diminutivo aventi valore affettivo. In generale maggiore è il numero dei partecipanti ad una sessione d’inchiesta e più difficile diventa far emergere capacità e competenze di ogni membro, mantenendone costante l’attenzione. Secondo Schreirer (2013: 30-1) «fieldwork can be carried out alone […], in pairs […], or even

168 delegated to community insiders […], and they may be carried out with one, two, or entire groups of informants […]. However, benefits and disadvantages of single vs. group interviews need to be weighted carefully. An individual may be more focused on the interview situation (thus formal), whereas pairs or groups are more likely to develop more active discourse strategies and to compete for the floor. On the downside, some individuals do not speak in groups […]. A second point to consider is trascription, which is much more time-consuming and strenuous when there are several individuals». Macaulay (2002: 288) descrive una strategia di intervista che si colloca a metà strada tra sessione singola e sessione di gruppo. Si tratta di reperire due informatori che si conoscono l’uno con l’altro e che presentano complessivamente aspetti comuni quali provenienza, classe di età, classe sociale, titolo di studio. I due soggetti vengono invitati a parlare tra loro senza seguire la traccia di un’intervista strutturata e in un contesto ottimale per la registrazione. Macaulay (2002: 288) sottolinea che «this avoids the danger of accomodation to the speech of an interviewer, perhaps from outside of the community of from different sector of the community […]; the method permits the systematic collection of extended samples of speech from a selected sample of the population. The resulting data set will provide materials for comparison between categories of speakers recorded under similar conditions and therefore appropriate for an analysis of any different that may emerge». Per quanto riguarda il presente progetto di ricerca, la presenza di altri membri – oltre al rilevatore e all’informatore – è stata nella maggior parte dei casi regolata nelle seguenti modalità. L’informatore poteva prestarsi all’indagine facendo assistere, a sua scelta e qualora lo ritenesse opportuno, familiari, amici o conoscenti, in modo che per lui si instaurasse un’atmosfera maggiormente rilassata. Durante alcune parti dell’intervista, in particolare quando è stato utilizzato il questionario ‘micro’, ogni contributo da parte di soggetti diversi dall’informatore o le risposte dell’informatore caratterizzate da interferenze dirette o influenze di altri partecipanti sono state debitamente segnalate nei files relativi alle trascrizioni fonetiche. Ciò per salvaguardare l’esigenza della confrontabilità. Per prevenire situazioni eccessivamente confuse, nei casi di sessioni di inchiesta in cui i partecipanti superavano le quattro unità (rilevatore, informatore, terza e quarta persona) è stato chiesto alla persona intervistata di far presente ai partecipanti di limitare gli interventi, spiegandone ovviamente le motivazioni. Per quanto riguarda i problemi relativi alla registrazione nel caso di più voci sovrapposte, l’uso del microfono direzionale ha limitato le difficoltà, assicurando la preminenza della voce dell’informatore in termini di volume, qualità e chiarezza, rispetto alle altre. 5.7.3 L’intervista sociolinguistica

169 La scelta dell’utilizzo del questionario basato sulla traduzione e non attraverso l’Intervista Sociolinguistica (d’ora in poi IS) è stata dettata da precise motivazioni legate fondalmente alla tipologia di dati che il progetto intende raccogliere. L’obiettivo dell’IS è, secondo Hoffman (2014: 32), «to record naturalistic speech or the vernacular; we would like our participants to pay more attention to what they are saying and be less conscious of the way they are saying it». Più in generale l’obiettivo è «to elicit as much speech as possible from your participant […]. Sociolinguistic interviews are, in some sense, a conversation. We strive to avoid short, stilted responses to series of questions» (Hoffman 2014: 32 ss). Per Schilling (2013: 93/108) «the chief goal of the sociolinguistic interview is to elicit lots of talk rather than specific forms and features»; «basically, the sociolinguistic interviews is a loosely structured interview designed to yield large quantities of speech from interviewees that is as casual and natural as possible, with the most “natural”, “vernacular” speech held to occur when speakers focus their attention on what they are talking about rather than on speech itself»; per Tagliamonte (2006: 37) si basa sul «to record one or two hours of speech and full range of demographic data for each speaker within one’s sample design». Secondo De Decker & Nycz (2013: 118) lo scopo dell’IS è duplice: ottenere una registrazione qualitativamente discreta e ampia di parlato e far sì che questo possa essere classificabile come «vernacular». Johnstone (2013) rileva che «variationist sociolinguists have traditionally chosen as their object of study the most unselfconscious, “vernacular” speech in relatively closed, homogeneous communities like traditional working-class neighborhoods, with their dense, multiplex social networks, and in the relatively selfcontained symbolic economies of schools». Macaulay (2002: 287) osserva che «the most commonly used method for collecting information on language variation has been “the sociolinguist interview”» e che, nonostante Wolfson (1976) e Milroy & Milroy (1977) abbiano criticato la qualità dei dati che attraverso questa si ottengono, sia comunque possibile raggiungere campioni di parlato di grande utilità: «despite the adverse criticism, sociolinguistic interviews can provide valuable evidence of more than phonetic or pholological features, particularly where the same interviewer conducts all the interviews so that is some consistency in the approach to the interviewee». L’IS ideale dovrebbe caratterizzarsi per i seguenti aspetti: «[…] the interviewee is essentially a monolinguist, telling stories, reminiscing, offering opinions, and so on». Dalle diverse definizioni riportate emerge come assuma particolare interesse la registrazione del parlato cosiddetto ‘spontaneo’ detto anche ‘libero’, ‘casuale’ o vernacular: infatti secondo Chambers (2013: xi) i dati più efficaci per le indagini che intendono indagare gli aspetti sociali del linguaggio sono quelli provenienti dal parlato in circostanze naturali. Secondo Horvath (2013: 9)

170 «the method of data collection is generally interviews that are specially designed to simulate as closely as possible a relaxed conversational style, although many other approaches to data collection have been developed». Secondo Fyne (2005: 104) «it is certainly recognised by many dialectologists that spontaneous speech provides the most appropriate data as far as recording dialect is concerned. The type of natural, colloquial conversation that is spoken between family members, friends or members of a community is the medium of dialect. This type of free conversation may be defined as one that takes place between particular members of a social group who speak the same dialect, that being the natural speech of their locality, in an informal environment where any external factors which could exert a linguistic influence are at an absolute minimum». Labov (1991: 85-6) definisce il ‘vernacular’ come «the everyday speech which the informant will use as soon as the door is closed behind us: the style in which he argues with his wife, scolds and children, or passes the time of day with his friends» (Labov 1972a: 85). Come osserva Schilling-Estes (2002: 378) l’interesse principale di Labov in relazione alle indagini sulla variabilità stilistica era di ottenere e identificare il parlato che rappresentasse, nella maniera più precisa possibile, quello che definitiva ‘casuale’ e/o ‘naturale’. In vista di tale obiettivo Labov ideò una tipologia di intervista sociolinguistica che permettesse di ottenere un ventaglio dei differenti stili, dal ‘casuale’ al più ‘formale’; l’esito della maggior parte delle interviste, di tipo conversazionale, presentava dati che andavano dal parlato ‘sorvegliato’ a quello ‘casuale’, con poli stilisticamente opposti e delimitabili sostanzialmente sulla base dell’argomento trattato. Amara (1999: 105), rimarcando l'importanza del metodo dell' 'osservazione partecipante' in ambito sociolinguistico, osserva che il principale vantaggio è «[to] obtain natural data, that is, those linguistic components of the vernacular - the informal variety of language - to which the researcher has the least access [...]. In order to gather natural speech, we need to know where and by whom it is used [...]. Natural speech in everyday speech at home, in the neighborhood, and in playground with friends, relatives, neighbors, and acquaintances». Secondo Davies (2005: 91) «speech is spontaneous when we are talking naturally and informally, for example with friends and colleagues, and it is characterised mostly by its non- rehearsed or non-prepared nature». Becker (2013: 94-5) definisce così lo stile ‘vernacular’: «it is the least formal style, where the least attention is paid to speech, that is the most valuable; this is the vernacular […]; we define the vernacular in terms of its own linguistic behavior: it is, or is claimed to be, the most systematic speech, ostensibly the variety first acquired in childhood. This systematicity drives our interest in privileging the vernacular in sociolinguistic investigation». Becker (2013: 95) sottolinea alcune cautele poiché «the problem […] is that this natural variety

171 is equated with the speech produced in the casual style of The Sociolinguistic Interview and, further, that casual speech has in almost all cases been equated with stretches of talk with the highest rates of non-standard speech. Vernacular speech is not by definition non-standard […] yet virtually all analyses of data from The Sociolinguistic Interview that seek the vernacular find it in casual speech and in non-standard forms. This three-way equating (vernacular = casual speech = non standard usage) is highly problematic as a theoretical assumption». Inoltre risulta da dimostrare la presunta sistematicità del vernacular tra le varietà a disposizione del parlante (Becker 2013: 95); secondo Tagliamonte (2006: 8) «access to the vernacular is critical because it is assumed to be the most systematic form of speech. Why? First, because it is assumed to be the variety that was acquired first. Second, because it is the variety of speech most free from hypercorrection or style-shifting, both of which are considered to be later overlays on the original linguistic system. Third, the vernacular is the style from which every other style must be calibrated (Labov 1984: 29). As Labov originally argued (1972c: 208), the vernacular provides the ‘fundamental relations which determine the course of linguistic evolution. The vernacular is positioned maximally distant from the idealised norm (Milroy 1992: 66; Poplack 1993: 252). […] The vernacular is the foundation from which every other speech behaviour can be understood». Tagliamonte (2006: 8) rileva anche una certa eterogeneità di definizione del concetto, osservando che «a specific goal of variationist methodology is to gain access to what is referred to as the ‘vernacular’. The vernacular has had many definitions in the field». Milroy & Gordon (2003: 49-50) sottolineano infatti come la definizione stessa di ‘vernacular’ non risulti del tutto chiara: Labov (1984: 29) lo definisce come la varietà linguistica appresa negli anni pre-adolescenziali ma anche come la varietà utilizzata dai parlanti in occasione di interazioni verbali dove il grado di sorveglianza da loro esercitato risulta lieve (vd. anche Labov 1972b: 208). Per Eckert (2000: 17) invece il ‘vernacular’ è «the language of locally based communities» con un accento quindi sul contrasto tra status di quest’ultimo in confronto alla o alle varietà stardard sovralocali. In sostanza, pur essendovi complessivamente un certo consenso nell’accordare un interesse preponderante al parlato ‘naturale’, sono rilevabili in letteratura alcuni punti problematici che riguardano in primo luogo la definizione e in conseguenza di ciò le tecniche che ne permettono la raccolta. Per questo Milroy & Gordon (2003: 50) osservano che «what constitutes the vernacular is not always clear; […] the difficulty in pursuing the vernacular, however, lies with the impossibility of recognizing the quarry when it is caught». Per tale ragione risulta anche dibattuta la questione su quali possano essere le reali possibilità di individuare e circoscrivere il vernacular. Partendo dalle indagini condotte da Labov le variabili disponibili a ogni informatore si

172 disporrebbero lungo un continuum: «one principle in that speakers, and the variables they use, shift along a continuum of formality (and if we further equate formality with standardness, this is a continuum with stigma and prestige at opposite poles)» (Labov 1984: 29-30). Da ciò Becker (2013: 95) si chiede «how the notion of the vernacular is conceptualized as an entity or bounded variety. Researchers talk of “isolating” the vernacular, as if were a thing that can be captured». Tali considerazioni si legano strettamente alla variabilità degli aspetti stilistici legati al contesto che caratterizzano ogni informatore di cui Labov (1972b) ha offerto una particolare interpretazione. Com’è noto, la struttura dell’intervista di matrice laboviana è funzionale all’ottenimento di ampie sezioni di parlato il più spontaneo possibile ma con sezioni appositamente costruite per l’ottenimento di parlato classificabile come più o meno sorvegliato, con una gradazione legata a diverse operazioni richieste all’informatore. Secondo Schilling-Estes (2008: 972) «the predicted style shifts were based on the view that speech style was conditioned primarily by how much attention interviewees were paying to speech itself rather than what they were talking about. Unselfconscious speech was predicted to be more casual and more nonstandard, while more self- conscious speech would be more formal and yield more standard language variants. Such predictions were often borne out in early studies». Il principale obiettivo dell’IS è quindi minimizzare il più possibile l’attenzione dell’informatore verso la comunicazione verbale. Un tentativo di attuare ciò è presente nel lavoro di Amara (1999) che ha raccolto dati ascrivibili allo stile detto 'casuale': per ottenerli sono state registrate conversazioni tra amici e parenti nell'ambiente domestico del rilevatore, di altre persone coinvolte nella ricerca e degli informatori. Accanto ad annotazioni scritte sono state operate registrazioni audio in occasioni di interazioni verbali che trattavano svariati argomenti. Gli interlocutori non erano a conoscenza della presenza del registratore e sono stati avvertiti al termine della ricerca Tuttavia, nonostante possano essere sviluppati e messi in atto tutta una serie di accorgimenti volti a garantire, durante lo svolgimento dell’intervista, la minore attenzione possibile verso il parlato da parte dell’informatore, Labov (1966, 1984, 2001) sottolinea che vi sarà sempre la tendenza verso il polo formale e sorvegliato. Propone allora una distinzione dei principali contesti (otto) in cui solitamente ci si imbatte durante un’intervista sociolinguistica e ad ognuno di tali contesti è associato un livello stilistico che va dal polo ‘casuale’ a quello formale (Baugh 2001). L’efficacia di tale approccio è stata testata soprattutto in un’indagine condotta nella città di Philadelphia che mostra come sia possibile separare, in una intervista di tipo sociolinguistico, lo stile sorvegliato da quello casuale utilizzando fondamentalmente otto contesti. La variabilità stilistica può essere disposta in un continuum che si basa sul grado di attenzione che l’informazione mantiene durante l’interazione verbale (Labov 2001).

173 Tuttavia sono state mosse diverse critiche a tale approccio (Eckert 2000; Milroy & Gordon 2003): la difficoltà di quantificare in maniera discreta l’ammontare dell’attenzione sul parlato da parte dell’informatore, la difficoltà di identificare i contesti proposti la Labov e, più alla base, la nozione stessa di vernacular / unselfconscious speech in quanto i parlanti plasmano e modellano in continuazione il discorso in funzione di diversi fattori, anche inconsapevolmente. Per questo, secondo Schilling-Estes (2008: 984), l’IS produce in realtà molteplici sfaccettature stilistiche, molte più di quanto comunemente si ritiene («[…] ranging from creative performances of narratives, dialects, and discourse, to styles that seem on the surface to be responsive to external stimuli but are actually internally initiated by speakers»), alcune delle quali difficilmente definibili e inquadrabili con precisione. Il grado di formalità dipende da più fattori: dal ricercatore inteso anche come interlocutore, dalla situazione di contesto, dalla modalità di 'somministrazione' del questionario, dal tipo di questionario e dalle domande poste. Staum (2008: 17) rileva che «spontaneous speech is notoriously variable, and speakers have many choices of phonetic realizations, lexemes, synctatic constructions, and even discourse patterns when formulating their utterances». L’IS appare uno strumento che si distanzia in relazione all’esigenza di fornire parlato orientato verso il polo meno sorvegliato: gli informatori infatti si trovano davanti ad un’operazione diversa rispetto a quella prevede un’intervista ‘canonica’, costituita cioè da un insieme di domande. Ancora Schilling-Estes (2008: 974-5) rileva che «even though sociolinguistic researchers are supposed to do their best to relinquish control to interviewees, it has still been argued that there are insurmountable power asymmetries in the sociolinguistic interview. The interviewer usually holds the more powerful conversational role of questioner and a more powerful social role as a researcher associated with a university rather than, for example, a member of a vernacular-speaking and/or minority community […]. Further, it has been argued that the types of discourse that surface in the sociolinguistic interview are very different from these discourses in natural conversation, and so even if the sociolinguistic interview does yield a range of speech contexts and styles, it reveals little about what these styles are actually like in everyday speech». Amara (1999: 106-7) propone un ulteriore stile in cui il grado di sorveglianza appare ancora più basso, detto «intimate»: sarebbe quello che emerge nelle interazioni con amici e parenti più stretti, oltre che con le persone a cui si è maggiormente legati dal punto di vista sentimentale: «I hypothesize that the intimate style is the most informal style, the most representative of everyday- speech of village dialect». Al di là dei problemi connessi alla possibilità di circoscrivere diversi stili sulla base della tipologia dell'interlocutore, occorre rimarcare la difficoltà nel raccogliere, in maniera efficace e attraverso l'IS, campioni afferenti a tale tipologia stilistica. Amara (1999: 107)

174 sottolinea come i dati che a suo avviso potevano meglio essere ascrivibili allo stile intimate sono stati raccolti grazie a registrazioni telefoniche avvenute nella casa del rilevatore, quando i familiari colloquiavano con amici stretti e parenti. Tuttavia la raccolta di dati attraverso tale metodologia può essere compiuta solo con campioni numericamente piuttosto ridotti e non possono offrire, in maniera sistematica, particolari aspetti strutturali ritenuti importanti. Oltre agli aspetti riguardanti il grado di ‘sorveglianza’ che ogni informatore esercita verso la propria produzione verbale e i conseguenti aspetti relativi al grado di spontaneità o naturalezza del parlato, l’IS presenta altri punti dibattuti. Becker (2013: 98) ad esempio sottolinea che nonostante tale strumento di raccolta rappresenti un argomento largamente discusso in sociolinguistica, «the majority of contemporary sociolinguistic studies do not utilize The Sociolinguistic Interview» e che l’IS possa non presentarsi come la scelta metodologicamente più appropriata se lo scopo del lavoro è indagare determinate variabili. Per questo Milroy & Gordon (2001: 50-1) osservano che «data representing spontaneous, everyday conversation can be useful for examining a number of sociolinguistic question, but we should not assume that they will work best in every study; […] free conversation may not provide all the relevant information».

5.7.4 Il questionario basato sulla traduzione Così come dal punto di vista metodologico appare chiara la necessità di far sì che gli scopi dell’indagine indirizzino le scelte riguardanti la costruzione del campione (vd. cap. 2), gli obiettivi dell’indagine determinano anche lo strumento di raccolta dei dati (Becker 2013: 99). Per le finalità della presente ricerca, e in relazione alla parte del questionario ‘micro’ (vd. par. 5.6), elaborata con il fine di elicitare specifici aspetti strutturali di tipo fonetico, lessicale e morfosintattico, l’IS (vd. par. 5.7.3) non avrebbe fornito dati adeguati. Partendo dalla tipologia di dati che l’IS può offrire, Hoffman (2014) infatti rileva che «using conversation as our only source of linguistic data means that we rely both on the random – the lexicon that reflects the subjects we discuss – and the systematic – the relative surfeit or dearth of particular forms in the sociolinguistic interview. This randomness can affect the collection of both – morphosyntactic, grammatical, and phonetic/phonological variables, to say nothing of discourse variables». Le caratteristiche dell’IS, legate all’ampiezza delle sezioni di parlato, alla variabilità degli aspetti stilistici e alla ‘casualità’ delle caratteristiche strutturali che possono emergere, sono alla base dell’impostazione metodologica descritta da Van Herk (2013: 165): secondo tale studioso la metodologia tradizionalmente seguita dai variazionisti – per quanto riguarda la fase di raccolta e di analisi – prevede fondamentalmente due tappe: la prima è costituita dalla fase di raccolta dei dati,

175 principalmente attraverso l’IS a cui deve seguire, come seconda fase, un’attenta analisi dei dati raccolti; tale fase ha lo scopo di decidere e scegliere quali variabili si rivelano maggiormente interessanti. È un’impostazione che presenta una rilevante conseguenza: come sottolinea Van Herk stesso (2013: 165) «this means that much of our data collection is blind to eventual purpose». Horvath (2013: 12) si muove attraverso una diversa impostazione, sottolineando che l’obiettivo delle indagini sociolinguistiche di matrice quantitativa è la selezione di aspetti strutturali il cui impiego è variamente distribuito nella comunità e la cui presenza è correlata a determinate variabili sociali; tali aspetti strutturali, diversamente dall’impostazione proposta da Van Herk, vanno individuati prima dello svolgimento dell’indagine in modo che si possa predisporre la metodologia più idonea per la loro raccolta. Se la metodologia che si intende utilizzare è l’IS occorre notare tuttavia che le variabili linguistiche selezionate possono presentarsi in maniera tale da non offrire la possibilità di prospettare analisi di tipo statistico (Horvath 2013: 12). Nell’IS, come s'è detto, il rilevatore induce l’informatore all’interazione verbale cercando di far sì che le caratteristiche stilistiche delle porzioni di parlato siano orientate verso il polo informale anche se il grado di controllo è di difficile valutazione. Se risulta possibile esercitare una certa influenza verso determinati argomenti, è molto più arduo stimolare l’emergere di specifici aspetti strutturali di tipo lessicale, fonetico, morfo- sintattico, soprattutto nell’esigenza di ottenere materiale in maniera omogenea e confrontabile. Nel caso ciò non risulti possibile Horvath (2013: 12) suggerisce di mutare metodologia e strumenti di raccolta dati. L’obiettivo di elicitare specifici aspetti linguistici che, attraverso interviste basate sul parlato ‘spontaneo’ – condotte quindi tramite l’IS. – non avrebbero avuto la possibilità di emergere in maniera sistematica e confrontabile, ha determinato la scelta del questionario basato sulla traduzione. Questo ha il principale pregio di permettere, attraverso tempistiche programmabili, la raccolta di dati su determinati aspetti linguistici in maniera sistematica e omogenea che invece, attraverso interazioni verbali spontanee, sarebbero potuti emergere raramente, in contesti tra loro diversi e in condizioni di difficile registrazione su supporto cartaceo o digitale. Grazie a ciò può essere soddisfatto soprattutto il requisito della confrontabilità in sincronia. L’efficacia fondamentale dei questionari basati sulla traduzione risiede nel fatto che sono intrinsecamente comparativi, permettendo confronti tra studi differenti nella dimensione geografica o temporale; inoltre agevolano l’elicitazione dei dati equivalenti provenienti da diverse località e/o persone all'interno di una singola indagine.

5.7.5 La lingua di contatto

176 Il dibattito riguardante la varietà linguistica da utilizzare nella ricerca sul campo in contesto plurilingue è un problema a cui non sono stati dedicati particolari approfondimenti. Preliminarmente a qualunque scelta operativa occorre valutare di volta in volta il contesto in cui si opera, nonché la tipologia dello strumento di elicitazione utilizzato e le finalità dell’indagine. Gli studi condotti in ambito urbano, in cui la varietà linguistica indagata si basa su un campione di parlanti nativi e coincide con quella utilizzata e nota al rilevatore, non offrono spunti particolarmente problematici; maggiore complessità pongono i contesti urbani plurilingui in cui la varietà oggetto di indagine presenta notevole variabilità in relazione al grado di competenza e utilizzo da parte degli informatori. In tale situazione l’obiettivo della ricerca sociolinguistica è anche approfondire gli atteggiamenti della comunità verso di essa. Assieme a ciò assume interesse anche l’indagine di quali caratteristiche strutturali risultino meno refrattarie al mutamento e quali invece risultino più esposte all’interferenza in rapporto alle altre lingue che compongono il repertorio. È necessario stabilire quale varietà debba usare il rilevatore nell’interazione con gli informatori. L’impiego come lingua di contatto della varietà che nel repertorio presenta ampie oscillazioni nel grado di competenza e utilizzo potrebbe rivelarsi problematico, sfociando in contesti d’intervista anche piuttosto disomogenei. Mentre possono non insorgere particolari problemi con parlanti il cui grado di competenza della varietà studiata si assesta su livelli assimilabili a quelli di parlante nativo, si verificano situazioni più complesse con locutori il cui grado di competenza fornisce una collocazione, ad esempio, all’interno della categoria terminal speakers (vd. oltre). Per lo svolgimento del questionario e per l’interazione si verrebbe così a creare una situazione in cui il rilevatore utilizzerebbe una varietà padroneggiata in maniera piuttosto modesta dall’informatore, con conoscenze limitate a poche frasi e/o parole. Nel caso del presente progetto, la parte del questionario ‘micro’ si focalizza su diversi aspetti riguardanti il sardo, varietà di minoranza che nel centro urbano di Cagliari presenta gradi di competenza piuttosto diversificati, in ragione di diverse variabili sociali, tra cui ad esempio, la classe di età. Infatti, almeno dalle indagini precedentemente svolte nei quartieri storici della città, è emerso che presso le giovani generazioni (10-15/16-25 anni) il grado di competenza riguardante il sardo è estremamente limitato. Presso le classi d’età più elevata (46-65/66 e oltre anni) si riscontrano invece percentuali differenti che evidenziano una maggiore padronanza, sia attiva che passiva, del sardo (Pinto 2013;Virdis 2013). In tali condizioni e con l’utilizzo del sardo come lingua di contatto (trascurando anche i problemi riguardanti la provenienza degli informatori da diverse aree linguistiche della Sardegna che si traduce in una competenza non uniforme rispetto alla varietà campidandese di Cagliari) si avrebbe

177 la mancanza di coerenza nella conduzione delle inchieste se si utilizzasse prevalentemente il sardo con gli informatori delle classi d’età medio-alte e l’italiano con quelle più giovani. Più in generale e a prescindere dall’età l’indagine precedentemente svolta nei quartieri storici ha mostrato che il 31,03 % dei soggetti intervistati ha dimostrato di conoscerlo bene; il 24,8 % ne ha dimostrato una sufficiente o scarsa conoscenza mentre il 44,1 % non ne ha dimostrato alcuna competenza (Pinto 2013: 136). È chiaro che i parlanti occupano diverse posizioni nel continuum che a un estremo prevede la categoria native fluent speakers e nell’altro estremo la categoria rememberers. Una classificazione dei parlanti riguardante il grado di competenza e utilizzo di una certa lingua è discussa da Grinevald (2003), dove sono indicate le seguenti categorie, proposte in relazione a varietà a rischio di estinzione:

a) native fluent speakers b) semi-speakers c) terminal speakers d) rememberers

a) con native fluent speakers si designano i parlanti più indicati soprattutto per indagini che mirano alla descrizione di lingue a rischio di scomparsa e alla documentazione degli aspetti più conservativi di una certa varietà già nota. All’interno della categoria possono essere individuate, tendenzialmente, due ripartizioni: alla prima si ascrivono parlanti d’età elevata che possiedono una competenza monolingue e per questo sono considerati depositari degli aspetti più 'genuini' o ''arcaici'; alla seconda parlanti di età medio-bassa che, oltre alla lingua madre, hanno imparato anche un’altra varietà. Pur padroneggiando ottimamente la lingua madre introducono in questa elementi di mutamento a seguito del loro bilinguismo. b) con semi-speakers si designano parlanti bilingui caratterizzati da un rapporto fortemente asimmetrico tra le varietà del loro repertorio individuale: quella che conoscono e utilizzano maggiormente non è infatti quella 'etnica', che sono comunque capaci di utilizzare abbastanza fluentemente ma in cui introducono elementi innovativi tali da renderla inaccettabile per i parlanti d’età più elevata appartenenti alla categoria native fluent speakers. Inoltre non la utilizzano regolarmente, soprattutto per la difficoltà di reperire interlocutori, ma hanno buona padronanza delle norme socio-linguistiche che la regolano. La categoria dei semi-speakers svolge un ruolo chiave nelle situazioni di lingua a rischio di sparizione perché, oltre ad essere generalmente ben rappresentata numericamente, è anche la categoria i cui membri possono essere meglio e più facilmente sensibilizzati per la rivitalizzazione. Inoltre da loro possono giungere utili indicazioni

178 per l’individuazione dei parlanti appartenenti alla categoria native fluent speakers, anche se a volte ne ignorano l’esistenza in quanto non possiedono le conoscenze e la sensibilità linguistica per individuarne i rappresentanti. I parlanti della categoria semi-speaker mostrano spesso notevoli oscillazioni nel giudicare la propria competenza della lingua a rischio che viene sopravvalutata o sottovalutata. c) con terminal speakers si designano i parlanti che possiedono competenze estremamente modeste della lingua a rischio, limitate a poche frasi e parole. L’appellativo che designa la categoria, non a caso, si collega al concetto di morte linguistica (Dorian 1989). d) con rememberers si designano i parlanti che in passato hanno avuto una migliore conoscenza della lingua a rischio rispetto a quella che possiedono nel presente; oppure parlanti che non sono mai stati locutori attivi e che con il tempo hanno perso anche gran parte della competenza passiva.

La situazione piuttosto diversificata che si registra nella città di Cagliari rende evidente che l’impiego del sardo o di una delle sue varietà come lingua di contatto tra rilevatore e informatore potrebbe portare risultati positivi solo con una ristretta percentuale di locutori mentre otterrebbe risultati deludenti con la gran parte degli informatori, in special modo appartenenti alle classi di età più giovani. Per tale ragione, al fine di perseguire l’obiettivo dell’ottenimento di dati confrontabili anche attraverso un omogeneo svolgimento delle inchieste, l’uso della lingua di contatto si è orientato verso l’italiano. Sempre al fine di garantire uniformità, frasi e appellativi da tradurre, tranne pochissimi casi (ad es. Mar-M37-viaDettori), non sono stati fatti leggere dagli informatori ma sono stati pronunciati dal rilevatore. Chelliah & De Reuse (2011: 377) osservano che nel caso di informatori alfabetizzati, come è il caso di tutti quelli del campione sino ad ora utilizzato, è possibile sottoporre un questionario scritto in modo che si dia la possibilità di riflettere meglio sulla traduzione. Gli stessi autori osservano che la traduzione scritta sembra essere lievemente più attendibile rispetto a quella di tipo orale fornita nell’immediato e ipotizzano l’utilità di reperire un informatore che trasponga nuovamente le frasi nella lingua di partenza, in modo da osservare la reazione dell’informatore, evidentemente riguardante giudizi e osservazioni sul risultato dell’operazione. Per quanto attiene alcuni aspetti prettamente terminologici, dalla bibliografia riguardante la ricerca sul campo appare una notevole eterogeneità nella designazione del parlante interpellato nell’indagine, così come per quanto attiene la persona che lo consulta. In genere il primo è definito ‘informatore’, il secondo ‘ricercatore’, ‘rilevatore’ o ‘raccoglitore’. Tali denominazioni, sebbene ampiamente adottate, sono però solo alcune tra le tante proposte e utilizzate dai diversi autori. Per

179 ciò che riguarda ‘ricercatore’ è stato osservato che questo può suggerire una mansione parziale rispetto alle varie responsabilità che durante la ricerca sul campo è chiamato a svolgere (Bowern 2008: 2 ss). Chelliah & De Reuse (2011: 166 ss) elencano diverse denominazioni funzionali a sottolineare gli incarichi di volta in volta ricoperti, dipendenti anche caratteristiche dello spazio linguistico indagato e dalla situazione della varietà, più o meno a rischio (vd. anche Eckert 2013: 13). Nel presente contributo impieghiamo gli appellativi maggiormente utilizzati nella letteratura specifica, vale a dire ‘ricercatore’, ‘rilevatore’ o ‘raccoglitore’ e ‘informatore’, che meglio si prestano a sottolineare i principali e più importanti ruoli che vengono svolti durante la ricerca sul campo. Complessivamente, riassumento quanto sin qui esposto, gli obiettivi e i problemi della ricerca sul campo in ambito urbano sono in parte differenti rispetto a quelli del contesto tipico della disciplina. Quest’ultimo prevede infatti la descrizione di lingue ignote o conosciute in maniera insufficiente, spesso a rischio di sparizione e in zone geograficamente periferiche o isolate. In ambito urbano si esaminano aspetti diversi: il plurilinguismo, il contatto tra le varietà che ne costituiscono il repertorio, l’interferenza. Per l’interesse che rivestono tali settori d’indagine il controllo della qualità dei dati è particolarmente importante. Il questionario basato sulla traduzione, lo strumento più comunemente impiegato nelle ricerche sul campo, utilizzato nella presente indagine, offre la possibilità di pianificare con sufficiente precisione le tempistiche e i dati, collezionati in maniera sistematica e omogenea, risultano confrontabili. Tuttavia poiché vengono ricavati attraverso la traduzione, vi è la possibilità che rechino elementi di disturbo riconducibili a tale passaggio. Tra le varietà che compongono il repertorio di Cagliari, oltre all’italiano connotato regionalmente, figura com'è noto il sardo nelle diverse varietà diatopiche in relazione alla provenienza geografica degli individui (Loi Corvetto 2013). L’indagine dei fenomeni di contatto tra sardo e italiano costituisce un interessante campo di indagine ma poiché i dati sono ottenuti attraverso la traduzione, che pone in contatto ‘forzato’ le due lingue, può risultare complesso distinguere il carattere occasionale delle eventuali interferenze da quello sistematico. Un possibile approccio al problema ne considera l’entità numerica, per cui maggiore è il numero delle occorrenze dell’interferenza rilevata e minore è la probabilità che questa sia di natura occasionale. Per disporre di ulteriori elementi di controllo lo studio ha previsto la registrazione di parlato spontaneo di tipo conversazionale che, nel proseguo della ricerca, riceverà notevoli incrementi per un confronto più preciso e ampio tra dati raccolti con tale metodologia e dati raccolti attraverso questionario basato su traduzione. 6. I dati macro e micro: fenomeni esaminati

180 6.1 La rappresentazione grafica La motivazione generale della necessità di utilizzare metodologie di tipo statistico si basa sul fatto che la variabilità di tipo sociolinguistico rimane generalmente opaca all’osservazione casuale. Per quanto l’esperienza quotidiana spesso rende evidente che in una determinata comunità linguistica certe forme si caratterizzano per una più o meno spiccata variabilità d’uso, occorre utilizzare strumenti precisi per tracciare un quadro completo e attendibile; in tal modo è possibile operare un conteggio che svela i pattern di distribuzione di tali forme (Gordon 2013: 98). In sociolinguistica la distribuzione delle varianti riguardanti una determinata variabile linguistica è tipicamente illustrata, dal punto di vista visivo, in forma di tabella o di grafici di vario tipo, principalmente della tipologia lineare e a barre (Wardaugh & Fuller 2015: 176; Bell 2013: 168 ss). Il vantaggio principale della rappresentazione dei dati attraverso la realizzazione di grafici è che risulta più facile evidenziare i pattern di variazione che invece, sotto forma di tabella, possono non essere altrettanto evidenti.

6.2. Chiarezza grafica Un aspetto riguardante l’elaborazione grafica dei dati sociolinguistici concerne la chiarezza della rappresentazione. Meyerhoff e al. (2015) rimarcano la necessità di porre attenzione alla elaborazione dei dati attraverso grafici, in quanto il rischio è che anziché puntare ad ottenere comprensibilità e sintesi, si raggiungano obiettivi opposti, come esemplificato dai casi seguenti. Nel primo grafico, di tipologia a colonne, sono state impiegate due colonne tridimensionali: la parte frontale delle colonne raggiunge all’apice un diverso livello rispetto alla parte posteriore. Conseguentemente è impossibile stabilire con precisione a quale altezza si fermino le colonne e a quale percentuale arrivino. La colonna di sinistra ad esempio sembra indicare frontalmente una percentuale del 25% e posteriormente del 30%. Da notare inoltre che nell’asse delle ordinate non compare alcuna indicazione, rendendo ancora più oscura la lettura del grafico. Il secondo grafico, della tipologia a torta e anch’esso tridimensionale, si presta a considerazioni analoghe: la porzione di piccole dimensioni è ampiamente nascosta dalla parte principale, rendendo per tale ragione difficile apprezzarne i rapporti dimensionali e quindi la lettura del dato. Meyerhoff e al. (2015) osservano infatti che «rounded charts, like pie and donut charts, are to be avoided when you are asking your reader to compare proportions across groups, as people tend to be less accurate at comparing the angles that distinguish the slices of a pie than they are at comparing the heights that distinguish the columns in a bar chart […]. Though it can be tempting to want to use a pie chart when your dependent variable has several levels which all add up to 100 per cent, we recommend a

181 bar chart in such cases instead».

Un altro esempio di grafico la cui lettura presenta aspetti problematici è quello seguente, tratto da Nevalainen (1999: 519), che illustra un aspetto grammaticale dell’inglese, la desinenza della terza persona singolare del presente:

Nonostante la lettura grafica risulti chiara da un punto di vista complessivo (la preferenza per la forma innovativa è nettamente più alta in corrispondenza delle classe sociali meno abbienti), occorre notare come la tridimensionalità delle barre non permetta una lettura precisa delle percentuali perché non è possibile stabilire dove si debba collocare la corrispondenza dei dati, se nel punto delimitato dallo spigolo in basso a sinistra o in corrispondenza del margine destro della barra.

182 6.3. Il sardo a Cagliari. Alcune correlazioni: la sezione 'macro' Nei paragrafi successivi si affronterà la lettura critica di alcuni dei risultati che appaiono maggiormente ricchi di interesse, seguendo la bipartizione del questionario in sezione 'macro' e 'micro' e, complessivamente, l'ordine numerico delle domande. Fra le domande che rivestono particolare interesse vi è senza dubbio la [14] (Quali sono le lingue e i dialetti che conosce?) che prevede un'autovalutazione da parte dell'informatore basata su risposte chiuse e parzialmente predeterminate; l’intervistato è libero di scegliere tra le seguenti opzioni:

a) italiano b) sardo c) altro d) altra lingua o dialetto d'Italia. Quale? e) La lingua del mio Paese d'origine. Quale? f) Il dialetto del mio Paese d'origine. Quale?

Le risposte date alla domanda [14], schematizzate nella griglia seguente e riguardanti i quattro quartieri storici di Cagliari, offrono alcuni spunti di riflessione (il simbolo ✓ indica "sì").

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia CASTELLO Cast-F13-viadeiGenovesi ✓ inglese (scolastico) Cast-M15-viaStretta ✓ inglese (scolastico) Cast-M24-viaLaMarmora ✓ Cast-F25-piazzaPalazzo ✓ inglese Cast-F30-viaUniversità ✓ inglese (scolastico) Cast-F31-viadeiGenovesi ✓ ✓ francese (buono), inglese (scolastico) Cast-M32-viaLaMarmora ✓ ✓ francese, inglese, spagnolo Cast-M43-viaLaMarmora13 ✓ ✓ (passivo) inglese, francese, spagnolo Cast-M45-viadeiGenovesi ✓ Cast-M47-viaCanelles ✓ ✓ francese (scolastico) Cast-F54-viadeiGenovesi90 ✓ ✓ francese Cast-M56-viadeiGenovesi101 ✓ veneto Cast-F64-viaLaMarmora ✓ ✓ (passivo) francese, inglese, spagnolo (scolastico)

183 Cast-F68-viaLaMarmora ✓ ✓ Cast-M70-viaLaMarmora ✓ ✓ francese Cast-M77-viaStretta ✓ francese friulano Cast-M84-viaStretta ✓ ✓

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia MARINA

Mar-M12-viaManno ✓ Mar-F15-viaRoma ✓ ✓ (solo poche inglese parole) Mar-M20-viaBaylle ✓ ✓ Mar-M22-viaSardegna ✓ inglese Mar-F25-viaManno ✓ inglese

Mar-F31-viaDettori ✓ ✓

Mar-F34-viaNapoli66 ✓ ✓ inglese, tedesco, francese Mar-M37-viaDettori ✓ ✓ carlofortino (passiva) Mar-F40-viaRoma ✓ francese (scolastico) Mar-M40-viaCavour ✓ ✓ inglese, francese (scolastico) Mar-F43-viaNapoli ✓ ✓ (molto limitata) Mar-F43-viaS.Eulalia19 ✓ ✓ Mar-M44-viaMillelire ✓ ✓ Mar-M45-viaGaribaldi ✓ inglese (scolastico) Mar-F51-viaNapoli66 ✓ ✓ spagnolo, tedesco, francese Mar-F59-pzzaS.Sepolcro ✓ ✓ Mar-F59-viaDettori37 ✓ ✓ inglese, francese (scolastico) Mar-M59-viaDettori ✓ ✓ (passivo) pugliese Mar-F61-viaSardegna ✓ ✓ (passivo) Mar-M61-viaBarcellona ✓ ✓ Mar-M62-pzzaS.Sepolcro ✓ ✓ Mar-M64-viaS.Eulalia ✓ ✓ (passivo) olandese (molto superficiale) Mar-F78-viaS.Eulalia52 ✓ ✓ Mar-M79-viaBaylle ✓ ✓ (passivo)

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia STAMPACE

184 Stamp-F10-viaAngioy ✓ ✓ (pochissime tedesco (alcune parole) parole) Stamp-M12-chiesaS.Anna ✓ inglese (scolastico) Stamp-M14-c.soVit.Em. ✓ Stamp-M16-viaAngioy101 ✓ tedesco e inglese Stamp-F20-viaCarBonazzi ✓ ✓ (passiva) inglese (scolastico) Stamp-F23-viaS.Efisio ✓ ✓ inglese, francese (scolastico) Stamp-F23-v.leTrieste ✓ ✓ Stamp-M25-p.zzaCarmine ✓ inglese, francese, cinese, russo Stamp-M28-viaOspedale ✓ inglese (scolastico) Stamp-M28-pzzaCarmine ✓ inglese (scolastico) napoletano Stamp-M29-viaPola ✓ ✓ (passiva) Stamp-F29-pzza Yenne ✓ ✓ (poche inglese, francese (scolastico) parole) Stamp-M30-viaOspedale ✓ ✓ (poche inglese (scolastico) parole) Stamp-F34-viaCarBonazzi ✓ ✓ (poche spagnolo, francese (scolastico) parole) Stamp-M34-viaMalta4 ✓ ✓ Stamp-F34-viaMaddalena44 ✓ ✓ Stamp-F35-v.le Trieste23 ✓ ✓ spagnolo, tedesco, inglese Stamp-M35-v.le Trieste 23 ✓ Stamp-F36-viaAngioy8 ✓ ✓ (conoscenza passiva) Stamp-F37-viaS.Efisio ✓ ✓ Stamp-F39- ✓ ✓ siciliano, napoletano c.soVit.Emanuele396 (poche parole) Stamp-M42-c.soVit.Em.207 ✓ ✓ Stamp-F44-c.soVit.Em. ✓ ✓ spagnolo, inglese Stamp-F44-p.zzaYenne ✓ inglese (scolastico) Stamp-F45-viaMaddalena ✓ russo, ucraino Stamp-M45-c.soVit.Em.321 non si ✓ esprime Stamp-M46-c.soVit.Em.321 ✓ ✓ Stamp-M47-viaFara ✓ ✓ Stamp-M47-c.soVit.Em.431 ✓ ✓ Stamp-M47-p.zzaYenne ✓ ✓ (passiva) romanesco Stamp-M48-viaOspedale14 ✓ ✓ francese, inglese Stamp-M48-viaMalta7 ✓ ✓ Stamp-M49-viaPalabanda ✓ ✓ Stamp-M50-c.soVit.Em.396 ✓ ✓ Stamp-F50-viaAngioy8 ✓ ✓ (passiva, veneto molto

185 limitata) Stamp-F52-viaAngioy8 ✓ ✓ Stamp-M52-c.soVit.Em.29 ✓ ✓ Stamp-M53-v.leTrento6 ✓ ✓ (passiva) dialetto del Canton Ticino Stamp-M56-p.zzaYenne ✓ ✓ sassarese (elementare) Stamp-M58-viaSassari77 ✓ ✓ Stamp-M58-viaSassari77 ✓ ✓ (passiva) Stamp-F58-p.zzaYenne ✓ ✓ inglese Stamp-F59-viaS.Efisio ✓ ✓ Stamp-F60-viaSassari ✓ ✓ Stamp-M62-viaAzuni ✓ ✓ napoletano, algherese Stamp-F62-c.soVit.Em.178 ✓ ✓ francese, spagnolo Stamp-F62-c.soVit.Em. ✓ ✓ inglese (elementare) Stamp-M63-viaTrento6 ✓ ✓ dialetto Canton Ticino Stamp-M64-p.zzaCarmine ✓ ✓ Stamp-F66-viaOspedale ✓ ✓ Stamp-F66-viaMalta ✓ ✓ Stamp-M66-c.soVit.Em.178 ✓ ✓ (passiva) Stamp-M66-viaOspedale3 ✓ ✓ Stamp-F67-viaSassari ✓ ✓ (non buona) siciliano Stamp-F68-viaS.Efisio ✓ ✓ (passiva) Stamp-M68-viaSassari ✓ ✓ francese, inglese (scolatisco) Stamp-M70-viaAzuni ✓ ✓ (passiva) tedesco, inglese (poche parole) Stamp-F71-c.soVit.Em.287 ✓ ✓ Stamp-M72-viaOspedale3 ✓ ✓ Stamp-F79-c.soVit.Em.287 ✓ ✓

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia VILLANOVA Vill-F12-viaSonnino ✓ inglese (scolastico) Vill-M15-viaGiardini ✓ Vill-M24-viaGaribaldi ✓ ✓ (poche parole) Vill-M24-viaGiardini ✓ ✓ inglese Vill-F25-viaOlbia ✓ ✓ inglese, francese, spagnolo Vill-M26-viaS.Domenica ✓ ✓ Vill-F27-viaGaribaldi ✓ ✓ (poche parole) Vill-M28-viaSonnino ✓ ✓ (passivo) Vill-F29-viaAlghero ✓ ✓ inglese (scolastico)

186 Vill-M32-viaE.d'Arborea ✓ ✓ (passivo) inglese e portoghese (brasiliano) Vill-F33-p.zzaGaribaldi ✓ inglese (scolastico) Vill-M35-viaEinaudi42 ✓ carlofortino Vill-F35-viaS.Giovanni57 ✓ ✓ inglese, spagnolo, francese Vill-F37-viaMillelire ✓ ✓ inglese (scolastico) Vill-M37-viaSonnino155 ✓ ✓ carlofortino (passivo) Vill-F38-p.zzaS.Domenica ✓ ✓ Vill-F38-viaSonnino ✓ ✓ Vill-F38-viaAbba41 ✓ ✓ spagnolo, inglese (scolastico) Vill-F40-viaS.Domenico42 ✓ russo, ucraino Vill-M40-viaGiardini75 ✓ ✓ (passivo) inglese (scolastico) Vill-M40-viaS.Domenico ✓ ✓ Vill-F43-viaCostituzione ✓ ✓ Vill-M44-viaS.Giovanni ✓ ✓ Vill-M44-viaGaribaldi ✓ ✓ (passivo) inglese (scolastico) Vill-M47-p.zzaS.Domenico ✓ ✓ gallurese (passivo) Vill-M48-viaEinaudi44 ✓ ✓ francese siciliano Vill-M49-viaS.Giovanni ✓ ✓ francese gallurese (passivo) Vill-F50-viaS.Domenico2 ✓ ✓ (passivo) Vill-F50-viaIglesias36 ✓ ✓ (passivo) francese, inglese Vill-F50-viaGiardini194 ✓ ✓ Vill-M52-viaGiardini ✓ ✓ (limitato ad alcune parole) Vill-F50-viaOrlando ✓ ✓ (passivo, molto limitata) Vill-F57-viaSonnino ✓ inglese (scolastico) Vill-M57-viaGaribaldi258 ✓ ✓ francese Vill-F58-viaAlghero13 ✓ ✓ Vill-M59-viaS.Giacomo20 ✓ ✓ spagnolo (scolastico) Vill-F61-viaTempio24 ✓ ✓ Vill-F61-viaS.Domenico ✓ ✓ genovese Vill-M62-viaGiardini ✓ ✓ Vill-F64-viaS.Domenico ✓ ✓ Vill-M65-viaAlghero13 ✓ ✓ Vill-F65-viaSonnino ✓ calabrese Vill-F67-viaSonnino ✓ ✓ (passivo) Vill-F67-viaMacomer21 ✓ ✓ Vill-F71-viaPiccioni ✓ ✓ Vill-F71-viaE.d'Arborea15 ✓ ✓ Vill-M72-viaSulis ✓ ✓ inglese, francese

187 Vill-M73-viaManno ✓ ✓ francese (molto limitato) Vill-F74-viaAbba ✓ ✓ francese Vill-F80-viaS.Giovanni ✓ ✓ Vill-M80-viaS.Giovanni ✓ ✓ Vill-F83-viaS.Domenico2 ✓ ✓ Vill-M85-viaS.Giovanni ✓ ✓ spagnolo, arabo, francese, sassarese inglese

Come appare chiaro, limitandoci all'esclusiva osservazione della colonna dedicata al sardo, le classi d'età - indicate progressivamente dalle più basse alle più alte - che autovalutano positivamente la conoscenza (attiva o passiva) di tale varietà sono principalmente quelle medio-alte. Le classi di età più giovani sono pressoché escluse. Ciò è evidenziato dai grafici seguenti: a Castello ad esempio, su un totale di 17 informatori, chi ritiene che il sardo faccia parte del proprio repertorio linguistico individuale sono tre informatori della classe 26-45, tre della classe 46-65 e tre della classe oltre i 66. Le classi più giovani non ne annoverano nessuno. Andamento affine mostrano anche gli altri quartieri:

188 Per quanto attiene alla situazione dei quartieri 'non storici' sino ad ora

189 indagati, i dati relativi ai quartieri Fonsarda, Monte Urpinu e Bonaria sono i seguenti e mostrano la medesima tendenza rilevata nei quartieri storici: l'autovalutazione positiva della conoscenza attiva e passiva delle varietà sarde caratterizza prevalentemente informatori appartenenti alle classi di età medio-alte.

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia FONSARDA

Fons-F10-viaG.Guglielmo ✓ inglese Fons-M11-viaG.Guglielmo ✓ ✓ inglese Fons-F18-viaG.Mariano56 ✓ ✓ inglese, francese, francese, tedesco Fons-F19-viaG.Benedetta44 ✓ ✓ inglese Fons-M20-viaBacaredda99 ✓ inglese Fons-M23-viaDonoratico43 ✓ inglese, spagnolo Fons-F26-viaBacaredda168 ✓ ✓ inglese, cinese Fons-M29-viaG.Guglielmo ✓ ✓ inglese Fons-M30-viaBacaredda99 ✓ ✓ inglese, spagnolo Fons-F34-viaGiudicati22 ✓ ✓ inglese Fons-M35-viaG.Gugl.71 ✓ ✓ inglese, francese Fons-M36-viaS.Rosa ✓ ✓ inglese Fons-M38-viaBandello2 ✓ ✓ francese, spagnolo sassarese Fons-M41-viaG.Benedetta ✓ ✓ inglese Fons-F41-viaG.Chiano32 ✓ ✓ inglese, francese Fons-F41-p.zzaBaezza12 ✓ ✓ inglese siciliano Fons-M42-viaBelgrano2 ✓ ✓ inglese Fons-F42-viaCastiglione79 ✓ ✓ inglese varietà di Calasetta Fons-F42-viaR.Salvatore53 ✓ ✓ inglese Fons-M45vialeCiusa55 ✓ ✓ inglese, francese Fons-F45-viaG.Guglielmo ✓ ✓ spagnolo, neogreco Fons-F45-viaG.Benedetta10 ✓ ✓ inglese Fons-F45-viaPlatano19 ✓ ✓ spagnolo, inglese Fons-M46-viaG.Mariano15 ✓ ✓ inglese, francese Fons-M48-viaGiudicati22 ✓ ✓ spagnolo, inglese Fons-F48-viaCapraia ✓ ✓ inglese Fons-M49-viaBorromeo16 ✓ ✓ Fons-M52-viaCapula13 ✓ ✓ inglese Fons-F52-viaG.Guglielmo12 ✓ ✓ inglese, spagnolo varietà di Calasetta Fons-F53-viaXXVIIIfeb15 ✓ ✓ inglese, spagnolo, francese

190 Fons-F53-viaG.Benedetta44 ✓ ✓ francese Fons-M54-viaVisconti30 ✓ ✓ francese Fons-F54-viaVisconti30 ✓ ✓ inglese, francese Fons-M55-viaBelgrano ✓ ✓ francese Fons-F55-viaG.Mariano ✓ ✓ inglese Fons-M56-viaG.Mariano48 ✓ ✓ spagnolo, francese Fons-F56-viaCapula26 ✓ ✓ inglese Fons-F60-viaG.Guglielmo ✓ ✓ francese, inglese Fons-F64-vialeCiusa99 ✓ ✓ inglese Fons-F64-viaG.Chiano10 ✓ ✓ portoghese Fons-F65-viaG.Mariano ✓ ✓ Fons-F66-viaG.Guglielmo71 ✓ ✓ Fons-F71-viaGiudicati78 ✓ ✓ inglese gallurese Fons-F72-viaDonoratico48 ✓ ✓ Fons-M74-viaG.Mariano56 ✓ ✓ Fons-M75-viaG.Mariano56 ✓ ✓ Fons-M76-viaG.Chiano10 ✓ ✓ portoghese Fons-M79-viaG.Mariano39 ✓ ✓ Fons-M80-viaChiabrera26 ✓ ✓ napoletano Fons-F80-viaG.Mariano ✓ ✓ Fons-F83-viaDonoratico43 ✓ ✓ Fons-F89-p.zzaBaezza ✓ ✓ napoletano Fons-F90-viaGiudicati48 ✓ ✓ Fons-F94-viaG.Guglielmo71 ✓ ✓

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia MONTE URPINU Monurp-M15-viaScano ✓ inglese (scolastico) Monurp-F16-viaSolmi16 ✓ francese e inglese triestino Monurp-M18-viaSolmi42 ✓ francese Monurp-F25-viaPalomba53 ✓ ✓ (passivo) inglese e francese Monurp-M26-viaCorsica ✓ inglese Monurp-F26-viaForlanini ✓ inglese scolastico Monurp-M27-viaBaccelli ✓ inglese scolastico Monurp-F30-viaVenezia ✓ inglese Monurp-M32-viaPineta ✓ ✓ inglese scolastisco Monurp-F32-viaPineta ✓ inglese Monurp-F33-viaPineta207 ✓ ✓ inglese e franscese scolastico Monurp-M37-viaBaccelli ✓ inglese e francese scolastico Monurp-F37-viaForlanini ✓ ✓ (limitato a inglese scolastico

191 pochissime parole) Monurp-F39-largoGennari ✓ ✓ spagnolo e francese; inglese di base Monurp-M44-viaPineta13 ✓ ✓ Monurp-M46-viaVidal1 ✓ ✓ (passiva) inglese, francese Monurp-F47-viaSolmi ✓ ✓ (passivo) Monurp-M47-largoGennari ✓ inglese dialetto di Trento Monurp-F48-viaScano ✓ Monurp-F50-viaVidal ✓ ✓ (passivo) francese Monurp-F50-viaCorsica ✓ inglese, francese Monurp-M51-viaScano8 ✓ ✓ Monurp-M52-largoGennari8 ✓ ✓ (passivo) Monurp-F53-viaSolmi ✓ ✓ (passivo) Monurp-M53-viaCagna ✓ inglese, tedesco ucraino Monurp-F56-viaScano ✓ ✓ (passivo) francese siciliano Monurp-M56-viaCorsica ✓ Monurp-F61-viaBesta ✓ ✓ francese, inglese Monurp-F65-viaScano ✓ ✓ (passivo estremamente limitata) Monurp-M66-viaBaccelli ✓ ✓ (passivo) carlofortino Monurp-F66-viaScano ✓ tedesco, francese siciliano Monurp-F66-viaPineta93 ✓ ✓ (passivo) Monurp-F69-viaCagna ✓ ✓ francese Monurp-M69-viaCagna ✓ ✓ francese e inglese scolastico Monurp-M70-viaPineta93 ✓ ✓ Monurp-M70-viaScano ✓ francese torinese Monurp-F71-viaPineta73 ✓ ✓ Monurp-F72-viaSolmi ✓ ✓ (pochissime francese piemontese parole) Monurp-M80-viaScano ✓ ✓ Monurp-F81-viaTuveri ✓ ✓ (passivo) Monurp-F82-viaPineta ✓ ✓ francese, catalano, inglese, spagnolo scolastico Monurp-F85-viaSolmi10 ✓ inglese

Informatore Italiano Sardo Altro Altra lingua dialetto d'Italia BONARIA

Bon-M16-viaBolzano ✓ inglese scolastico Bon-M16-viadegliAstori ✓ inglese scolastico

192 Bon-F17-viaFirenze ✓ inglese e francese scolastico Bon-F17-viaLivorno ✓ inglese Bon-F20-vialeDiaz ✓ inglese Bon-M20-viaMilano ✓ ✓ (passivo) inglese e francese ✓ inglese e spagnolo Bon-F24-Amsicora Bon-M27-viaLoru ✓ ✓ Bon-F27-viaPineta ✓ inglese scolastico Bon-F28-viaLoru ✓ ✓ Bon-F30-viaBrescia ✓ inglese e spagnolo scolastico Bon-F30-viaFalconi ✓ inglese scolastico Bon-F30-vialeBonaria ✓ ✓ inglese, tedesco Bon-M31-viaFirenze ✓ ✓ (passivo) inglese, spagnolo Bon-M31-viaPineta ✓ ✓ inglese Bon-M31-viaMessina ✓ ✓ (passivo) inglese, spagnolo Bon-M32-viaFirenze (inf.1) ✓ ✓ (passivo) inglese, spagnolo, giapponese Bon-M32-viaFirenze (inf.2) ✓ ✓ inglese Bon-F32-viaAncona ✓ inglese Bon-F33-viaMilano ✓ ✓ (passivo) inglese Bon-F35-viaFalconi12 ✓ ✓ (passivo) inglese e francese scolastico Bon-M36-viaLoru ✓ ✓ Bon-M37-viaAncona ✓ ✓ (passivo) inglese scolastico Bon-M37-vialeDiaz ✓ ✓ (passivo) inglese Bon-F38-viaMilano ✓ inglese scolastico; tedesco di base Bon-M38-viaLoru ✓ ✓ Bon-F46-viaMilano ✓ ✓ Bon-F46-viaMessina ✓ ✓ (passivo) inglese scolastico Bon-F46-viaPalermo ✓ ✓ Bon-M46-viaAncona ✓ ✓ Bon-F46-v.le Bonaria ✓ ✓ (passivo) inglese Bon-M47-viaMilano ✓ francese scolastico Bon-F47-viaPalermo ✓ Bon-F47-v.leBonaria ✓ ✓ francese e inglese Bon-M48-viaMilano ✓ ✓ (passivo) Bon-M48-viaLucca ✓ Bon-F50-viaBolzano ✓ napoletano Bon-F50-vialeDiaz ✓ francese e inglese scolastico Bon-F50-p.zzale Bonaria ✓ ✓ (passivo) siciliano Bon-M51-vialeDiaz ✓ Bon-M52-vialeDiaz ✓

193 Bon-F52-vialeDiaz ✓ francese e tedesco Bon-F52-viaMessina ✓ francese e inglese Bon-F55-viaAosta ✓ Bon-F55-viaMilano6 ✓ ✓ Bon-M57-viaAncona ✓ ✓ Bon-M60-viaPalermo ✓ napoletano Bon-F60-viaAosta ✓ ✓ Bon-F60-viaPalermo ✓ ✓ Bon-M60-viaMilano6 ✓ ✓ Bon-M60-viaAosta ✓ ✓ Bon-M64-viaBari ✓ ✓ (passivo) Bon-F64-viaMilano ✓ Bon-F65-viaLucca ✓ ✓ (passivo) Bon-F66-viaPalermo ✓ gallurese Bon-F66-vialeDiaz ✓ ✓ (passivo) inglese veneto Bon-F70-viaTaranto (inf.1) ✓ napoletano Bon-F70-viaTaranto (inf.2) ✓ napoletano Bon-M70-viaLivorno ✓ ✓ Bon-M72-viaPalermo (inf. 1) ✓ ✓ Bon-M72-viaPalermo (inf. 2) ✓ francese scolastico siciliano Bon-M72-viaMessina ✓ ✓ Bon-F72-viaPalermo ✓ francese scolastico siciliano Bon-F72-viaAncona ✓ ✓ (passivo) francese, tedesco Bon-M76-viaLivorno ✓ ✓ Bon-F76-viaCaBoni ✓ francese (scolastico) pugliese Bon-M77-viaLivorno ✓ ✓ Bon-F80-viaRavenna ✓ ✓ (passiva) francese romanesco Bon-M81-viaFirenze ✓ pugliese

194 195 Un passo in avanti per una più approfondita comprensione di tale correlazione la fornisce la domanda [17] (Se conosce il sardo, mi può dire come descriverebbe la sua conoscenza?). Ogni informatore ha la possibilità di scegliere tra le seguenti opzioni:

a) Lo capisco e lo parlo b) Lo capisco ma lo parlo male c) Lo capisco bene ma non so parlarlo d) Lo capisco (anche se non benissimo) ma non so parlarlo

Per quanto attiene al quartiere storico di Castello, i dati relativi a tale domanda, pertinente esclusivamente a chi ha inserito il sardo tra le varietà conosciute (domanda n. 14) sono illustrati dai seguenti grafici, uno per ognuna delle opzioni selezionabili dai parlanti (in questo caso solamente le opzioni a. e b. poiché nessuno degli informatori che ha dichiarato la conoscenza del sardo ha selezionato le opzioni c. e d. L'opzione a. (lo capisco e lo parlo) è stata scelta da 3 informatori di classe di età oltre i 66 anni mentre l'opzione b. (lo capisco ma lo parlo male), significativamente, non è stata scelta da nessun informatore di oltre 66 anni:

196 Seppure in considerazione dell'esiguità numerica complessiva degli informatori di Castello, risulta chiaro come siano le fasce di età medio-alta a ritenere di possedere una competenza attiva, più o meno approfondita, del sardo. Risultati affini sono evidenti dai dati raccolti nel quartiere Marina. Su un totale di 19 informatori che hanno dichiarato la conoscenza del sardo, in relazione alle opzioni della domanda 17, le autovalutazioni fornite sono graficamente rappresentate come segue (non tutti gli informatori hanno fornito risposta). Ad esempio, hanno affermato di capire e parlare il sardo 5 informatori della classe di età 26-45, cinque della classe di età 46-65 e uno della classe di età oltre i 66 anni. Significativamente nessuno delle classi di età di meno di 26 anni:

197 198 Dai grafici appare come, tendenzialmente, l'autovalutazione della descrizione della personale conoscenza di sardo si presenti più orientata verso il polo 'positivo' nelle classi di età alte, per diminuire invece progressivamente presso le classi di età medio-basse. La medesima tendenza è chiara attraverso l'analisi del quartiere storico di Villanova:

199 Tale correlazione si presenta anche nell'ultimo dei quartieri storici, quello di Stampace, dove appare netto il picco di 16 informatori della classe 46-65 anni e di 7 informatori della classe oltre i 66 anni che hanno scelto l'opzione 'capisco il sardo e lo parlo'. Le altre opzioni, significativamente, annoverano invece informatori di età più giovane:

200 201 La situazione dei quartieri di Fonsarda, Bonaria e Monte Urpinu è rispettivamente illustrata dai seguenti grafici e non è dissimile rispetto a quella dei quartieri storici. A Fonsarda l'opzione 'capisco il sardo e lo parlo' è chiaramente scelta da informatori oltre i 46 anni:

Le opzioni 'lo capisco bene ma non so parlarlo' e 'lo capisco anche se non benissimo, ma non so parlarlo' sono state invece selezionate da informatori di classi di età più giovani e da solo 2 informatori oltre i 66 anni:

202 203 A Bonaria la situazione è la seguente ed è chiaramente il linea con i quartieri precedentemente analizzati:

204 Anche Monte Urpinu non presenta andamento dissimile rispetto ai quartieri precedenti:

205 206 Un'ulteriore correlazione si individua tra l'autovalutazione della competenza attiva e/o passiva del sardo e il genere. La situazione complessiva dei quattro quartieri storici per quanto attiene la domanda 14 (Quali sono le lingue e i dialetti che conosce?) e nello specifico in relazione a chi ha dichiarato il sardo tra le lingue conosciute, è la seguente:

Complessivamente il divario relativo al genere non appare particolarmente spiccato, eccetto per quanto attiene la classe di età compresa tra i 45 e i 65 anni, in cui è chiara la netta prevalenza del genere maschile. La situazione riguardante i quartieri di Fonsarda, Bonaria e Monte Urpinu è quella illustrata nel grafico seguente e appare differente rispetto ai quartieri storici. Sino alla classe di età 16-25 anni si nota una lieve prevalenza della componente maschile; quest'ultima cala nettamente a favore di quella femminile in corrispondenza della classe di età compresa tra i 45 e i 65 anni. L'andamento è quindi opposto rispetto ai quartieri storici:

207 Dai grafici precedenti si è osservato che l'autovalutazione positiva della conoscenza del sardo di tipo attivo e/o passivo caratterizza le classi di età medio-alte e, all'inverso, l'autovalutazione della conoscenza lacunosa del sardo, sia di tipo attivo che passivo, sia propria in generale delle classi di età più giovani. La tendenza inversa appare invece in relazione all'autodichiarazione della conoscenza delle lingue straniere, segnatamente inglese e in minor misura il francese. Dichiarano di conoscere l'inglese e/o il francese soprattutto parlanti delle classi di età medio-basse, mentre quelli di età medio-alta, dai 45 anni in poi, registrano percentuali più basse. La situazione dei quartieri sino ad ora analizzati, rispettivamente storici (con in totale di 154 informatori) e non storici (con un totale di 167 informatori) è riportata nei grafici seguenti che mostrano in maniera coerente come il picco dell'autovalutazione positiva si concentri nella classe di età 26-45 anni.

208 209 Sempre in relazione all'autovalutazione delle lingue straniere è interessante notare come alla classe di età risultino correlate le conoscenze di lingua inglese o di lingua francese. L'inglese caratterizza le classi d'età più giovani, il francese quelle medio-alte. Su un totale di 65 informatori dei quartieri storici che hanno dichiarato di conoscere una o più lingue straniere (principalmente inglese, francese, spagnolo, portoghese, ecc.), il grafico che illustra la correlazione tra classe d'età e la conoscenza delle prime due è il seguente:

Andamento affine mostrano i quartieri non storici sino ad ora analizzati. Su un totale di 105 informatori che hanno dichiarato di conoscere una o più lingue straniere, i dati riguardanti inglese e francese sono schematizzati di seguito; si noti come la conoscenza dell'inglese superi quella del francese in tutte le classi di età sino a quella 45-65, limite che segna invece l'inversione dei rapporti tra tali due lingue:

210 6.4. Il sardo a Cagliari. Alcune correlazioni: la sezione 'micro' Diversamente dalla sezione 'macro', svolta da tutti gli informatori previsti dal campione, la sezione 'micro' è stata completata, totalmente o parzialmente, solo da una parte del campione poiché composta da test linguistici di traduzione, in larghissima parte dall’italiano al sardo (vd. par. 8) il cui completamento è risultato subordinato alle seguenti variabili:

a) grado di conoscenza, attiva e/o passiva del sardo b) inibizioni di varia natura (vd. par. 5.7.2). c) altri fattori di disturbo (ad esempio mancanza di disponibilità in seguito allo svolgimento dell'attività lavorativa).

Lo scopo complessivo della parte 'micro' è individuare correlazioni tra parametri di tipo socio- anagrafico ritenuti significativi e livello di competenza del sardo posseduto dagli informatori, unitamente ad aspetti relativi alla struttura linguistica; ciò con le cautele che derivano dalla

211 possibilità di stimare la competenza e utilizzare le variabili grammaticali di una certa varietà attraverso esercizi di traduzione (vd. par. 5.7.1). Un primo aspetto di interesse concerne la possibilità di prospettare l' 'identikit' socio- demografico degli informatori che non hanno svolto la parte micro, di quelli che l'hanno completata nella pressoché totalità e di quelli che invece l'hanno svolta in maniera più o meno parziale. Tale caratterizzazione è stata impostata assegnando ad ogni informatore un punteggio calcolato in base al numero totale degli esercizi di traduzione eseguiti, sia che questi presentino le caratteristiche fonetiche, lessicali e morfosintattiche ‘attese’ per il sardo, sia che risultino presenti aspetti di tipo innovativo. Ad esempio l’esercizio num. 16 ('Gli ha dato un pugno') risulta completato sia con dd a donau unu buccicconi sia con dd a donau unu pugnu: la seconda traduzione appare maggiormente interferita dall'italiano poiché il corrispettivo dell’appellativo ‘pugno’ è costituito da un chiaro italianismo. Conteggiando per ogni informatore il numero di esercizi completati, in totale 73, è stato elaborato un punteggio da 0 a 10 come schematizzato nella seguente griglia:

PUNTEGGIO NUMERO DI ESERCIZI SVOLTI

0 nessun esercizio 1 da 1 a 8 2 da 9 a 16 3 da 17 a 23 4 da 24 a 30 5 da 31 a 37 6 da 38 a 44 7 da 45 a 51 8 da 52 a 58 9 da 59 a 65 10 da 66 a 73

6.4.1 Punteggio ottenuto e variabili età, genere, luogo di nascita e titolo di studio: alcuni aspetti Per quanto riguarda il primo dei quartieri storici, Castello, su un totale di 17 informatori (3 in più rispetto a quelli previsti dal campione) occorre notare che la sezione 'micro', a prescindere dal numero di traduzioni fornite e dagli aspetti grammaticali più o meno attesi, è stata svolta da 9 informatori, che hanno ottenuto i punteggi riportati nella seguente griglia (evidenziati in grigio):

212 Castello - Num. identificativo Num. Punteggio Informatori informatore esercizi svolti Cast-F13-viadeiGenovesi 1 0 0 Cast-M15-viaStretta 2 0 0 Cast-M24-viaLaMarmora 3 0 0 Cast-F25-p.zzaPalazzo 4 0 0 Cast-F30-viaUniversità 5 0 0 Cast-F31-viadeiGenovesi 6 73 10 Cast-M32-viaLaMarmora 7 53 8 Cast-M43-viaLaMarmora13 8 62 9 Cast-M45-viadeiGenovesi 9 0 0 Cast-M47-viaCanelles 10 67 10 Cast-F54-viadeiGenovesi90 11 63 8 Cast-M56-viaGenovesi101 12 0 0 Cast-F64-viaLaMarmora 13 61 9 Cast-F68-viaLaMarmora 14 58 8 Cast-M70-viaLaMarmora 15 71 10 Cast-M77-viaStretta 16 0 0 Cast-M84-viaStretta 17 54 8

Per quanto riguarda il quartiere di Marina, con un totale di 24 informatori, i punteggi ottenuti dagli informatori che hanno svolto la parte 'micro' sono i seguenti (evidenziati in grigio):

Marina - Informatori Num. identificativo Num. di Punteggio informatore esercizi svolti Mar-M12-viaManno 1 0 0 Mar-F15-viaRoma 2 0 0 Mar-M20-viaBaylle 3 52 8 Mar-M22-viaSardegna 4 58 8 Mar-F25-viaManno 5 0 0 Mar-F31-viaDettori 6 73 10 Mar-F34-viaNapoli66 7 36 5 Mar-M37-viaDettori 8 67 10 Mar-M40-viaCavour 9 52 8 Mar-F40-viaRoma 10 0 0 Mar-F43-viaNapoli 11 0 0 Mar-F43-viaS.Eulalia19 12 45 7 Mar-M44-viaMillelire 13 58 8 Mar-M45-viaGaribaldi 14 0 0 Mar-F51-viaNapoli66 15 52 8

213 Mar-F59-p.zzaS.Sepolcro 16 42 6 Mar-F59-viaDettori37 17 21 3 Mar-M59-viaDettori 18 23 3 Mar-F61-viaSardegna 19 51 7 Mar-M61-viaBarcellona 20 47 7 Mar-M62-p.zzaS.Sepolcro 21 72 10 Mar-M64-viaS.Eulalia 22 0 0 Mar-F78-viaS.Eulalia 23 19 3 Mar-M79-viaBaylle 24 0 0

Per quanto riguarda il quartiere di Stampace, con un totale di 61 informatori, i dati sono i seguenti (in grigio gli informatori che hanno svolto la sezione 'micro'):

Stampace - Informatori Num. identificativo Num. di Punteggio parte informatore esercizi svolti micro Stamp-F10-viaAngioy 1 0 0 Stamp-M12-chies.S.Anna 2 0 0 Stamp-M14-cor.Vit.Em. 3 0 0 Stamp-M16-viaAngioy101 4 0 0 Stamp-F20-viaCarBonazzi 5 0 0 Stamp-F23-viaS.Efisio 6 0 0 Stamp-F23-vialeTrieste 7 59 9 Stamp-M25-p.zzaCarmine 8 55 8 Stamp-M28-viaOspedale 9 0 0 Stamp-M28-p.zzaCarmine 10 0 0 Stamp-F29-p.zzaYenne 11 0 0 Stamp-M29-viaPola 12 0 0 Stamp-M30-viaOspedale 13 0 0 Stamp-F34-viaCarBonazzi 14 0 0 Stamp-M34-viaMalta4 15 50 7 Stamp-M34-viaMaddalena44 16 35 5 Stamp-M35-vialeTrieste23 17 8 1 Stamp-F35-vialeTrieste23 18 35 5 Stamp-F36-viaAngioy8 19 0 0 Stamp-F37-viaS.Efisio 20 54 8 Stamp-F39-cor.Vit.Em.396 21 38 6 Stamp-M42-cor.Vit.Em.207 22 57 8 Stamp-F44-cor.Vit.Em. 23 49 7 Stamp-F44-p.zzaYenne 24 0 0

214 Stamp-F45-viaMaddalena 25 0 0 Stamp-M45-cor.Vit.Em.321 26 11 2 Stamp-F46-cor.Vit.Em.321 27 54 8 Stamp-M47-cor.Vit.Em.431 28 56 8 Stamp-M47-p.zzaYenne 29 0 0 Stamp-F47-viaFara 30 65 9 Stamp-M48-viaOspedale14 31 7 1 Stamp-M48-viaMalta7 32 55 8 Stamp-M49-viaPalabanda 33 50 7 Stamp-M50-cor.Vit.Em.396 34 41 6 Stamp-F50-viaAngioy8 35 0 0 Stamp-F52-viaAngioy29 36 0 0 Stamp-F52-cor.Vit.Em.29 37 46 7 Stamp-F53-vialeTrento6 38 0 0 Stamp-M56-p.zzaYenne 39 66 10 Stamp-M58-viaSassari77(1) 40 16 2 Stamp-M58-viaSassari77(2) 41 44 6 Stamp-F58-p.zzaYenne 42 59 9 Stamp-M59-viaS.Efisio 43 56 8 Stamp-F60-viaSassari 44 0 0 Stamp-M62-viaAzuni 45 63 9 Stamp-F62-cor.Vit.Em.178 46 53 8 Stamp-F62-cor.Vit.Em. 47 71 10 Stamp-M63-viaTrento6 48 52 8 Stamp-M64-p.zzaCarmine34 49 53 8 Stamp-F66-viaOspedale 50 40 6 Stamp-M66-viaOspedale3 51 48 7 Stamp-M66-cor.Vit.Em.178 52 0 0 Stamp-F66-viaMalta 53 54 8 Stamp-M66-cor.Vit.Em.178 54 0 0 Stamp-F67-viaSassari130 55 30 4 Stamp-F68-viaS.Efisio 56 0 0 Stamp-M68-viaSassari 57 51 7 Stamp-M70-viaAzuni 58 0 0 Stamp-F71-cor.Vit.Em.287 59 30 4 Stamp-M72-viaOspedale3 60 29 4 Stamp-F79-cor.Vit.Em.287 61 0 0

Per quanto riguarda il quartiere di Villanova, con un totale di 55 informatori, i dati sono i seguenti (in grigio gli informatori che hanno svolto la sezione 'micro'):

215 Villanova - Informatori Num. identificativo Num. di Punteggio parte informatore esercizi svolti micro Villan-F12-viaSonnino 1 0 0 Villan-M15-viaGiardini 2 0 0 Villan-M24-viaGaribaldi 3 0 0 Villan-M24-viaGiardini 4 63 9 Villan-F25-viaOlbia 5 0 0 Villan-M26-viaS.Domenico 6 52 8 Villan-M28-viaSonnino 7 0 0 Villan-F27-viaGaribaldi 8 0 0 Villan-F29-viaAlghero 9 56 8 Villan-M32-viaE.d'Arborea 10 2 1 Villan-F35-viaS.Giovanni57 11 7 1 Villan-F35-viaGaribaldi 12 0 0 Villan-M35-viaEinaudi42 13 4 1 Villan-F37-viaMillelire 14 56 8 Villan-M37-viaSonnino155 15 39 6 Villan-F38-p.zzaS.Domenico 16 39 6 Villan-F38-viaSonnino 17 0 0 Villan-F38-viaAbba41 18 58 8 Villan-F40-viaS.Domenico42 19 0 0 Villan-M40-viaGiardini175 20 56 8 Villan-M40-viaS.Domenico 21 59 9 Villan-F43-viaCostituzione 22 57 8 Villan-M44-viaGaribaldi 23 0 0 Villan-M44-viaS.Giovanni 24 51 7 Villan-M47-p.zzaS.Domenico 25 57 8 Villan-M48-viaEinaudi44 26 57 8 Villan-M49-viaS.Giovanni 27 66 10 Villan-F50-viaS.Domenico2 28 62 9 Villan-F50-viaIglesias36 29 10 2 Villan-F50-viaGiardini194 30 14 2 Villan-M52-viaGiardini 31 0 0 Villan-F55-viaOrlando 32 0 0 Villan-M57-viaGaribaldi258 33 51 7 Villan-F57-viaSonnino 34 0 0 Villan-F58-viaAlghero13 35 37 5 Villan-M59-viaS.Giacomo20 36 49 7 Villan-M60-p.zzaS.Domenico 37 53 8

216 Villan-F61-viaTempio24 38 55 8 Villan-F61-viaS.Domenico 39 61 9 Villan-M62-viaGiardini 40 70 10 Villan-F64-viaS.Domenico 41 66 10 Villan-F65-viaSonnino 42 0 0 Villan-M65-viaAlghero13 43 39 6 Villan-F67-viaSonnino 44 0 0 Villan-F67-viaMacomer21 45 61 9 Villan-F71-viaPiccioni 46 59 9 Villan-F71-viaE.d'Arborea15 47 60 9 Villan-F72-viaSulis 48 64 9 Villan-M73-viaManno 49 66 10 Villan-F74-viaOlbia 50 0 0 Villan-F74-viaAbba 51 0 0 Villan-M80-viaS.Giovanni 52 49 7 Villan-F80-viaS.Giovanni 53 15 2 Villan-F83-viaS.Domenico2 54 49 7 Villan-M85-viaS.Giovanni 55 62 9

Per quanto riguarda il quartiere di Fonsarda, con un totale di 55 informatori, i dati sono i seguenti (in grigio gli informatori che hanno svolto la sezione 'micro'):

Fonsarda - Informatori Num. Num. di Punteggio parte identificativo esercizi svolti micro informatore Fons-F10-ViaG. Guglielmo 1 0 0 Fons-M11-P.zzaGioXXIII 2 0 0 Fons-F18-ViaG.Mariano56 3 33 5 Fons-F19-ViaGiud.Benedetta44 4 0 0

Fons-M20-ViaBacaredda99 5 46 7 Fons-M23-ViaDonoratico43 6 25 4 Fons-F26-ViaBacaredda168 7 22 3 Fons-M29-ViaG.Guglielmo 8 37 5 Fons-M30-ViaBacaredda99 9 47 7 Fons-F34-ViaGiudicati22 10 40 6 Fons-M35-ViaG.Guglielmo71 11 46 7 Fons-M36-ViaS.Rosa 12 46 7 Fons-M38-ViaBandello2 13 47 7 Fons-F41-P.zzaBaezza12 14 48 7 Fons-M41-ViaGiud.Benedetta22 15 46 7

217 Fons-F41-ViaG.Chiano32 16 47 7 Fons-F42-ViaCastiglione79 17 45 6 Fons-F42-ViaR.Salvatore53 18 48 7 Fons-M42-ViaBelgrano2 19 49 7 Fons-F45-ViadelPlatano19 20 44 6 Fons-F45-ViaG.Benedetta10 21 46 7 Fons-M45-ViaF.Ciusa55 22 47 7 Fons-F45-ViaG.Guglielmo 23 46 7 Fons-M46-ViaG.Mariano15 24 47 7 Fons-F48-ViaCapraia 25 44 6 Fons-M48-ViadeiGiudicati22 26 47 7 Fons-M49-ViaS.CarloBorromeo16 27 48 7 Fons-F52-ViaGiud.Guglielmo12 28 46 7 Fons-M52-ViaCapula13 29 47 7 Fons- F53-ViaGiud.Benedetta44 30 39 6 Fons-F53-Via XXVIIIFebbraio15 31 47 7 Fons-F54-ViadeiVisconti30 32 48 7 Fons-M54-ViadeiVisconti30 33 47 7 Fons-F55-ViaG.Mariano 34 48 7 Fons-M55-Via Belgrano2 35 45 7 Fons-F56-Via Capula26 36 46 7 Fons-M56-Via Giudice Mariano48 37 48 7 Fons-F60-ViaG.Guglielmo 38 47 7 Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 39 47 7 Fons-F64-ViaF.Ciusa99 40 48 7 Fons-F64-ViaGiudiceChiano10 41 42 6 Fons-F65-ViaG.Mariano 42 48 7 Fons-F66-ViaG.Guglielmo71 43 48 7 Fons-F71-ViadeiGiudicati48 44 41 6 Fons-F72-ViadeiDonoratico48 45 46 7 Fons-M74-ViaG.Mariano56 46 32 5 Fons-M75-ViaG.Mariano 47 44 6 Fons-M76-Via G.Chiano10 48 35 5 Fons-M79-Via G. Mariano39 49 45 7 Fons-F80-ViaG.Mariano 50 0 0 Fons-M80-ViaChiabrera26 51 45 7 Fons-F83-ViadeiDonoratico43 52 43 6 Fons-F89-P.zzaBaezza 53 47 7 Fons-F90-ViadeiGiudicati48 54 45 7 Fons-F94-ViaG.Guglielmo55 55 47 7

218 Per quanto riguarda il quartiere di Bonaria, con un totale di 70 informatori, i dati sono i seguenti (in grigio gli informatori che hanno svolto la sezione 'micro'):

Bonaria - Informatori Num. Num. di Punteggio identificativo esercizi svolti parte informatore micro Bon-M16-viaBolzano 1 0 0 Bon-M16-viadegliAstori 2 0 0

Bon-F17-viaFirenze 3 0 0 Bon-F17-viaLivorno 4 0 0 Bon-F20-vialeDiaz 5 0 0 Bon-M20-viaMilano 6 57 8

Bon-F24-Amsicora 7 0 0 Bon-M27-viaLoru 8 15 2 Bon-F27-viaPineta 9 0 0 Bon-F28-viaLoru 10 18 3 Bon-F30-viaBrescia 11 0 0 Bon-F30-viaFalconi 12 0 0 Bon-F30-vialeBonaria 13 47 7 Bon-M31-viaFirenze 14 34 5 Bon-M31-viaPineta 15 31 5 Bon-M31-viaMessina 16 57 8 Bon-M32-viaFirenze (inf.1) 17 24 4 Bon-M32-viaFirenze (inf.2) 18 37 5 Bon-F32-viaAncona 19 0 0 Bon-F33-viaMilano 20 0 0 Bon-F35-viaFalconi12 21 0 0 Bon-F35-viaMilano6 22 33 5 Bon-M36-viaLoru 23 32 5 Bon-M37-viaAncona 24 0 0 Bon-M37-vialeDiaz 25 0 0 Bon-F38-viaMilano 26 0 0 Bon-M38-viaLoru 27 0 0 Bon-F46-viaMilano 28 0 0 Bon-F46-viaMessina 29 0 0 Bon-F46-viaPalermo 30 0 0 Bon-M46-viaAncona 31 43 6 Bon-F46-v.le Bonaria 32 0 0 Bon-M47-viaMilano 33 0 0 Bon-F47-viaPalermo 34 0 0

219 Bon-F47-v.leBonaria 35 0 0 Bon-M48-viaMilano 36 0 0 Bon-M48-viaLucca 37 0 0 Bon-F50-viaBolzano 38 0 0 Bon-F50-vialeDiaz 39 0 0 Bon-F50-p.zzale Bonaria 40 0 0 Bon-M51-vialeDiaz 41 0 0 Bon-M52-vialeDiaz 42 0 0 Bon-F52-vialeDiaz 43 0 0 Bon-F52-viaMessina 44 0 0 Bon-F55-viaAosta 45 0 0 Bon-F55-viaMilano6 46 28 4 Bon-M57-viaAncona 47 16 2 Bon-M60-viaPalermo 48 0 0 Bon-F60-viaAosta 49 31 5 Bon-F60-viaPalermo 50 51 7 Bon-M60-viaMilano6 51 0 0 Bon-M60-viaAosta 52 39 6 Bon-M64-viaBari 53 0 0 Bon-F64-viaMilano 54 0 0 Bon-F65-viaLucca 55 0 0 Bon-F66-viaPalermo 56 0 0 Bon-F66-vialeDiaz 57 0 0 Bon-F70-viaTaranto (inf.1) 58 0 0 Bon-F70-viaTaranto (inf.2) 59 0 0 Bon-M70-viaLivorno 60 25 4 Bon-M72-viaPalermo (inf.1) 61 43 6 Bon-M72-viaPalermo (inf. 2) 62 0 0 Bon-M72-viaMessina 63 0 0 Bon-F72-viaPalermo 64 0 0 Bon-F72-viaAncona 65 0 0 Bon-M76-viaLivorno 66 27 4 Bon-F76-viaCaBoni 67 0 0 Bon-M77-viaLivorno 68 20 3 Bon-F80-viaRavenna 69 0 0 Bon-M81-viaFirenze 70 0 0

Infine per quanto riguarda il quartiere di Monte Urpinu, con un totale di 42 informatori, i dati sono i seguenti (in grigio gli informatori che hanno svolto la sezione 'micro'):

220 Monte Urpinu - Informatori Num. Num. di Punteggio identificativo esercizi svolti parte informatore micro Monurp-M15-viaScano 1 0 0 Monurp-F16-viaSolmi16 2 0 0 Monurp-M18-viaSolmi42 3 0 0 Monurp-F25-viaPalomba53 4 58 8 Monurp-M26-viaCorsica 5 0 0 Monurp-F26-viaForlanini 6 0 0 Monurp-M27-viaBaccelli 7 0 0 Monurp-F30-viaVenezia 8 0 0 Monurp-M32-viaPineta 9 45 7 Monurp-F32-viaPineta 10 0 0 Monurp-F33-viaPineta207 11 58 8 Monurp-M37-viaBaccelli 12 0 0 Monurp-F37-viaForlanini 13 0 0 Monurp-F39-largoGennari 14 52 8 Monurp-M44-viaPineta13 15 0 0 Monurp-M46-viaVidal1 16 0 0 Monurp-F47-viaSolmi 17 0 0 Monurp-M47-largoGennari 18 0 0 Monurp-F48-viaScano 19 0 0 Monurp-F50-viaVidal 20 0 0 Monurp-F50-viaCorsica 21 0 0 Monurp-M51-viaScano8 22 56 8 Monurp-M52-largoGennari8 23 0 0 Monurp-F53-viaSolmi 24 0 0 Monurp-M53-viaCagna 25 0 0 Monurp-F56-viaScano 26 0 0 Monurp-M56-viaCorsica 27 0 0 Monurp-F61-viaBesta 28 50 7 Monurp-F65-viaScano 29 32 5 Monurp-M66-viaBaccelli 30 0 0 Monurp-F66-viaScano 31 0 0 Monurp-F66-viaPineta93 32 0 0 Monurp-F69-viaCagna 33 52 8 Monurp-M69-viaCagna 34 52 8 Monurp-M70-viaPineta93 35 43 6 Monurp-M70-viaScano 36 0 0 Monurp-F71-viaPineta73 37 43 6 Monurp-F72-viaSolmi 38 0 0

221 Monurp-M80-viaScano 39 57 8 Monurp-F81-viaTuveri 40 0 0 Monurp-F82-viaPineta 41 0 0 Monurp-F85-viaSolmi10 42 0 0

La capacità di svolgere la traduzione delle frasi e degli appellativi dall’italiano al sardo, a prescindere dall’aderenza più o meno stretta con le caratteristiche grammaticali attese, appare legata in primo luogo alla classe d’età. La correlazione tra classe d’età e conoscenza/competenza del sardo a Cagliari basato sul numero totale di esercizi svolti è evidente nel seguente grafico, relativo al quartiere di Castello. I numeri identificativi degli informatori, in ordine crescente da sinistra verso destra, seguono l'età. Appare chiaro come i punteggi più alti si concentrino verso destra, dove si situano progressivamente gli informatori di età più elevata.

La situazione del quartiere Marina appare meno definita: complessivamente non sembra esservi una particolare classe di età caratterizzata dalla minore o maggiore competenza attiva del sardo. Rispetto a Castello vi è un maggior numero di informatori che ha realizzato punteggi medi,

222 compresi tra il 3 e il 7, mentre a Castello i punteggi ottenuti, quando diversi da 0, sono piuttosto elevati, da 8 a 10. Quindi, mentre a Castello gli informatori o non conoscono assolutamente il sardo o lo conoscono complessivamente abbastanza bene, a Marina vi sono dei profili che tra tali due poli si situano in posizione intermedia:

La situazione di Stampace è la seguente; si nota un complessivo addensamento dei punteggi 0 verso sinistra, dove cioè sono collocati gli informatori di età più giovane. Al contempo occorre osservare come i punteggi tra il 9 e il 10 siano invece localizzati verso destra, dove vi sono gli informatori delle classi più elevate; tra questi è interessante però notare la presenza di un certo numero di informatori che ha totalizzato il punteggio 0 e il punteggio 4. Sempre a conferma complessiva della correlazione tra classe di età e conoscenza del sardo, si osservi come l'infittirsi del punteggio 7/8 parta dall'informatore num. 20 (Stamp-F37-viaS.Efisio) e termini all'informatore num. 57 (Stamp-M68-viaSassari), definendo così la classe di età maggiormente 'competente'.

223 Il quartiere di Villanova si presta ad osservazioni analoghe: i punteggi più elevati, compresi tra 9 e 10, sono localizzati a destra mentre i più bassi, compresi tra 0 e 1, a sinistra. Tuttavia, a differenza di Stampace, le fasce di età medio-basse hanno realizzato punteggi più elevati: si noterà infatti un infittirsi di punteggi tra 9 e 8 dall'informatore num. 4 (Villan-M24-viaGiardini) al num. 28 (Villan- F50-viaS.Domenico2). In sostanza mentre a Stampace la conoscenza approfondita del sardo appare abbastanza nettamente spostata verso le fasce di età medio-alta, a Villanova tale conoscenza sembra amalgamarsi anche verso la classe di età compresa tra i 25 e i 50 anni.

224 La facies complessiva del quartiere Fonsarda si presenta abbastanza diversa rispetto ai quartieri storici osservati sino ad ora.

Appare netta la notevole uniformità di punteggio ottenuto a partire dall'informatore num. 9 (Fons-

225 M30-ViaBacaredda99) e, in conformità a quanto si è complessivamente notato per i quartieri già esaminati, l'addensarsi di punteggi più bassi nella sezione sinistra del grafico, dove sono inseriti gli informatori di classe di età più bassa. Il quartiere di Bonaria registra punteggi complessivamente bassi; notevole il numero di informatori che hanno totalizzato punteggi pari a 0. Tale tipologia di informatori non si localizza presso i più giovani ma si distribuisce in maniera pressoché omogenea, senza privilegiare particolari classi di età. A Bonaria infatti la classe di età più alta non si distingue, contrariamente alla tendenza generale degli altri quartieri, per punteggi elevati: questi ultimi sono invece concentrati dall'informatore num. 6 (Bon-M20-viaMilano) all'informatore num. 31 (Bon-M46-viaAncona). La notevole frequenza di punteggi pari a 0 non va scissa dalle percentuali elevate di varianti innovative riguardanti alcuni aspetti strutturali di tipo morfosintattico (vd. par. 6.7 e 6.7.1) e lessicale analizzati nei paragrafi successivi (vd. par. 6.6 ss) che distinguono Bonaria rispetto ai restanti quartieri analizzati.

L'ultimo quartiere esaminato, Monte Urpinu, presenta alcuni aspetti affini a Bonaria. In primo luogo occorre notare la numericamente notevole presenza di punteggi pari a 0 in rapporto al numero complessivo di informatori. Tuttavia sono superiori le percentuali di informatori che hanno

226 totalizzato punteggi elevati: tali informatori, come è possibile notare, sono distribuiti in maniera uniforme in tutte le classi di età. Non a caso Monte Urpinu è notevolmente differente da Bonaria per le percentuali elevate di varianti conservative riguardanti alcuni aspetti strutturali di tipo morfologico (vd. par. 6.7 e 6.7.1) e lessicale (vd. par. 6.6 e ss), analizzate nei paragrafi successivi.

Oltre alla correlazione tra grado di competenza attiva e classe di età, un'ulteriore correlazione può essere prospettata tra genere e punteggio totale ottenuto sulla base del numero di esercizi di traduzione svolti (a prescindere, come sottolineato precedentemente, dalla completezza o dal grado di lontananza o vicinanza rispetto alle caratteristiche grammaticali attese). Complessivamente i quattro quartieri storici evidenziano una situazione omogenea: la componente maschile totalizza punteggi lievemente superiori rispetto alla componente femminile, come si evince dai seguenti grafici:

227 228 229 Situazione parzialmente differente presentano i quartieri non storici sino ad ora esaminati. Il quartiere di Bonaria presenta la netta prevalenza della componente maschile mentre a Monte Urpinu e Fonsarda si registra la prevalenza - più accentuata a Monte Urpinu - della componente femminile.

230 231 Ancora, un'ulteriore correlazione con il grado di conoscenza del sardo, stabilito attraverso il punteggio ottenuto sulla base del numero di esercizi di traduzione svolti, può essere proposta sulla base del centro di nascita dei rispettivi genitori e su quello dove essi hanno vissuto; la località di nascita degli informatori appare invece scarsamente significativa in quanto la pressoché totalità di questi risulta nata a Cagliari. In particolare, limitando l'analisi alle classi d'età comprese tra i 10 e i 40 anni - quelle che risultano maggiormente interessate alla perdita della competenza attiva/passiva del sardo - la correlazione appare significativa (M: 'madre'; P: 'padre'; x: assenza di risposta):

Quartiere: Castello esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita svolti Cast-F13-viadeiGenovesi 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Cast-M15-viaStretta 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Cast-M24-viaLamarmora 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: x; P: Cagliari Cast-F25-p.zzaPalazzo 0 0 Cagliari M: Oristano; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Cast-F30-viaUniversità 0 0 Cagliari M: Lanusei; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Cast-F31-viadeiGenovesi 73 10 Cagliari M: Gergei; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Cast-M32-viaLamarmora 53 8 Cagliari M: Cagliari; P: Nuoro M: Cagliari; P: Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Marina svolti Mar-M12-viaManno 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-F15-viaRoma 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-M20-viaBaylle 52 8 Cagliari M: Napoli; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-M22-viaSardegna 58 8 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-F25-viaManno 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-F31-viaDettori 73 10 S. Gavino M: Lunamatrona; P: Tuili M: Tuili; P: Tuili Mar-F34-viaNapoli66 36 5 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-M37-viaDettori 67 10 Cagliari M: Monserrato; P: Pirri M: Pirri; P: Pirri Mar-M40-viaCavour 52 8 Cagliari M: Villamassargia; P: Seui M: Cagliari; P: Cagliari Mar-F40-viaRoma 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Stampace svolti Stamp-F10-viaAngioy 0 0 Germania x x Stamp-M12-chies.S.Anna 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M14-cor.Vit.Em. 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: S. Gavino M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M16-viaAngioy101 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Germania M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F20-viaCarbonazzi 0 0 Cagliari M: Oristano; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F23-viaS.Efisio 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

232 Stamp-F23-vialeTrieste 59 9 Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili M: Isili; P: Isili Stamp-M25-p.zzaCarmine 55 8 Cagliari M: Cagliari; P: Dolianova M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M28-viaOspedale 0 0 Cagliari M: Genova; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M28-p.zzaCarmine 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F29-p.zzaYenne 0 0 Cagliari M: Laconi; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M29-viaPola 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Napoli M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M30-viaOspedale 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cortoghiana, Cagliari; P: Cagliari Stamp-F34-viaCarbonazzi 0 0 Cagliari M: Oristano; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M34-viaMalta4 50 7 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M34- 35 5 Cagliari M: Cagliari; P: Selargius M: Cagliari; P: Cagliari viaMaddalena44 Stamp-M35-vialeTrieste23 8 1 Cagliari M: nuorese; P: Sicilia M: Gallura; P: Cagliari Stamp-F35-vialeTrieste23 35 5 Cagliari M: Cagliari; P: Sicilia M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F36-viaAngioy8 0 0 Cagliari M: Nuoro; P: Messina M: Nuoro; P: Sardegna Stamp-F37-viaS.Efisio 54 8 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F39-cor.Vit.Em.396 38 6 Cagliari M: Cagliari; P: Ghilarza M: Cagliari; P: Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Villanova svolti Villan-F12-viaSonnino 0 0 Cagliari M: Bosa; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M15-viaGiardini 0 0 Cagliari M: Selargius; P: Quartu M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M24-viaGaribaldi 0 0 Cagliari M: Sassari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M24-viaGiardini 63 9 Cagliari M: Gadoni; P: Orroli M: Cagliari; P: x Villan-F25-viaOlbia 0 0 Cagliari M: Ales; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M26-viaS.Domenico 52 8 Cagliari M: Esterzili; P: Esterzili M: Esterzili; P: Esterzili Villan-M28-viaSonnino 0 0 Cagliari M: Sanluri; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F27-viaGaribaldi 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F29-viaAlghero 56 8 Cagliari M: Monastir; P: Monastir M: Monastir; P: Monastir Villan-M32-viaE.d'Arborea 2 1 Nuoro M: Macomer; P: Siligo M: Macomer; P: Siligo Villan-F35- 7 1 Cagliari M: Villamar; P: Milano M: Firenze e Cagliari; P: Cagliari viaS.Giovanni57 Villan-F35-viaGaribaldi 0 0 x x x Villan-M35-viaEinaudi42 4 1 Cagliari M: Cagliari; P: Goni M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F37-viaMillelire 56 8 Cagliari M: Settimo S.Pietro; P: M: Settimo S.Pietro; P: Settimo Settimo S.Pietro S.Pietro Villan-M37-viaSonnino155 39 6 Cagliari M: Teulada; P: Orroli M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F38- 39 6 Cagliari M: Ales; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari p.zzaS.Domenico Villan-F38-viaSonnino 0 0 Cagliari M: Roma; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F38-viaAbba41 58 8 Sarrok M: Serdiana; P: Sanluri M: Serdiana; P: Sanluri Villan-F40- 0 0 x x x viaS.Domenico42 Villan-M40-viaGiardini175 56 8 Cagliari M: Dolianova; P: M: Dolianova; P: Dolianova Dolianova

233 Villan-M40-viaS.Domenico 59 9 Cagliari M: Ollastra; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Fonsarda svolti Fons-F10-ViaG.Guglielmo 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Torino M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M11-P.zzaGioXXIII 0 0 Cagliari M: Meana; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F18-ViaG.Mariano56 33 5 Cagliari M: Carbonia; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F19- 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari ViaG.Benedetta44 Fons-M20-ViaBacaredda99 46 7 Villasor M: Villasor; P: Sanluri M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M23- 25 4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari ViaDonoratico43 Fons-F26- 22 3 Cagliari M: Lanusei; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari ViaBacaredda168 Fons-M29-ViaG.Guglielmo 37 5 Cagliari M: S. Gavino; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M30-ViaBacaredda99 47 7 Villasor M: Villasor; P: Sanluri M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F34-ViaGiudicati22 40 6 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M35- 46 7 Cagliari M: Cagliari; P: M: Cagliari; P: Cagliari Chatelineau (Belgio) ViaG.Guglielmo71 Fons-M36-ViaS.Rosa 46 7 Cagliari M: Roma; P: Quartu M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M38-ViaBandello2 47 7 Villanovaf M: Sanluri; P: M: Villanovafranca, Cagliari; P: ranca Villanovafranca Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Bonaria svolti Bon-M16-viaBolzano 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Messina M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M16-viadegliAstori 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F17-viaFirenze 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F17-viaLivorno 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F20-vialeDiaz 0 0 Cagliari M: Alghero; P: La Spezia M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M20-viaMilano 57 8 Carbonia M: Francia; P: S. Antioco M: Cagliari; P: Carbonia, Cagliari Bon-F24-Amsicora 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Lanusei M: Cagliari; P: Sicilia, Cagliari Bon-M27-viaLoru 15 2 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F27-viaPineta 0 0 Cagliari M: Calangianus; P: M: Cagliari; P: Cagliari Cagliari Bon-F28-viaLoru 18 3 Cagliari M: Sicilia; P: Nuoro M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F30-viaBrescia 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Bolotana M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F30-viaFalconi 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Iglesias M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F30-vialeBonaria 47 7 Oristano M: Bauladu; P: Bauladu M: Bauladu; P: Bauladu Bon-M31-viaFirenze 34 5 Cagliari M: Martis; P: Ragusa M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M31-viaPineta 31 5 Cagliari M: Ussassai; P: Seui M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M31-viaMessina 57 8 Cagliari M: Ballao; P: Mogoro M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M32-viaFirenze (inf.1) 24 4 Cagliari M: Cagliari; P: Siligo M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M32-viaFirenze (inf.2) 37 5 Cagliari M: Bortigali; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

234 Bon-F32-viaAncona 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F33-viaMilano 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Olbia M: Cagliari; P: Sassari, Cagliari Bon-F35-viaFalconi12 0 0 Nuoro M: Nuoro; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F35-viaMilano6 33 5 Cagliari M: Cagliari; P: Lanusei M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M36-viaLoru 32 5 Cagliari M: Tuili; P: Cagliari M: Cagliari, Tuili; P: Cagliari Bon-M37-viaAncona 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Lanusei, Sassari, Cagliari Bon-M37-vialeDiaz 0 0 Cagliari M: Roma; P: Cagliari M: Cagliari; P: x Bon-F38-viaMilano 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: S. Gavino M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M38-viaLoru 0 0 Cagliari M: Macomer; P: Alghero M: Cagliari; P: Cagliari

Quartiere: esercizi punti luogo di luogo di nascita genitori dove vivono o hanno vissuto i genitori nascita Monte Urpinu svolti Monurp-M15-viaScano 0 0 Cagliari M: Quartu S.E.; P: M: Cagliari; P: Cagliari Cagliari Monurp-F16-viaSolmi42 0 0 Ecuador M: Firenze; P: Uruguay M: Cagliari, Sud America; P: Cagliari, Canada, Sud America Monurp-M18-viaSolmi42 0 0 Bolivia M: Firenze; P: Uruguay M: Cagliari, Sud America; P: Cagliari, Canada, Sud America Monurp-F25-viaPalomba53 58 8 Oristano M: Oristano; P: Terralba M: Terralba; P: Terralba Monurp-M26-viaCorsica 0 0 Cagliari M: Calangianus; P: M: Cagliari; P: Cagliari Cagliari Monurp-F26-viaForlanini 0 0 Cagliari M: Aosta; P: Cagliari M: Germania, Palermo, Cagliari; P: Roma, Palermo, Cagliari Monurp-M27-viaBaccelli 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F30-viaVenezia 0 0 Cagliari M: Sassari; P: Roma M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-M32-viaPineta 45 7 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F32-viaPineta 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: CarBonia, Oristano, Cagliari; P: Cagliari Monurp-F33-viaPineta207 58 8 Cagliari M: Bosa; P: Uras M: Bosa, Mandas; P: Mandas, Bosa Monurp-M37-viaBaccelli 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F37-viaForlanini 0 0 Cagliari M: Cagliari; P: Tempio M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F39-largoGennari 52 8 Sindia M: Sindia; P: Macomer M: Sindia; P: Sindia

I seguenti grafici evidenziano come i punteggi più elevati siano stati ottenuti dagli informatori con genitori entrambi nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. Punteggi più bassi ma comunque significativi sono stati ottenuti da informatori con un genitore nato a Cagliari e uno in un altro centro della Sardegna. I punteggi più bassi sono stati invece ottenuti dagli informatori con i genitori nati entrambi nel capoluogo di regione. La correlazione evidenzia perciò come il contesto urbano di Cagliari si presenti complessivamente debole nella trasmissione delle competenze attive e

235 passive del sardo; all'inverso gli altri centri della Sardegna rappresentano un contesto dove evidentemente la trasmissione del sardo avviene in maniera più efficace.

236 237 La rilevanza della correlazione è testimoniata dalla considerazione di un'altra variabile, relativa alla località dove vivono o hanno vissuto i genitori dell'informatore, che può coincidere o no con i centri dove questi sono nati. Infatti, limitandoci l'analisi agli informatori di età non superiore ai quarant'anni e considerando solamente quelli che hanno raggiunto un punteggio elevato, compreso tra 8 e 10, occorre notare come questi abbiano prevalentemente genitori viventi o vissuti presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. Per quanto attiene ai quartieri storici, su un totale di 17 informatori che hanno raggiunto un punteggio tra 8 e 10, quasi la metà ha entrambi i genitori che vivono o sono vissuti non a Cagliari. Nei quartieri di Bonaria e Monte Urpinu: su un totale di 5 informatori che hanno realizzato un punteggio pari o superiore a otto, ben 3 hanno entrambi genitori viventi presso altri centri della Sardegna (il quartiere Fonsarda non annovera informatori di età non superiore ai quarant'anni che abbiano raggiungo punteggi oltre il 7).

238 Evidentemente un fattore coinvolto nel rafforzamento della competenza del sardo, almeno nelle classi di età comprese tra i 10 e i 40 anni, è la presenza di genitori presso centri rurali della Sardegna dove le condizioni di permanenza dell'uso di tale varietà sono differenti rispetto al contesto urbano di Cagliari. Gli informatori, recandosi periodicamente per ragioni familiari presso tali centri hanno così la possibilità o di interagire o di essere esposti al sardo, limitando in tal modo la perdita di competenza. Un'ulteriore variabile sociale è costituita dal titolo di studio. Le griglie seguenti riportano il titolo di studio degli informatori di età compresa tra i 10 e i 40 anni, la classe di età, come si è visto, maggiormente interessata dalla perdita della competenza attiva/passiva del sardo (x: assenza di risposta):

Quartiere: Castello esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Cast-F13-viadeiGenovesi 0 0 licenza elementare Cast-M15-viaStretta 0 0 licenza media Cast-M24-viaLaMarmora 0 0 qualifica di scuola professionale Cast-F25-p.zzaPalazzo 0 0 diploma scuola media superiore Cast-F30-viaUniversità 0 0 diploma scuola media superiore Cast-F31-viadeiGenovesi 73 10 laurea Cast-M32-viaLaMarmora 53 8 diploma scuola media superiore

239 Quartiere: Marina esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Mar-M12-viaManno 0 0 x Mar-F15-viaRoma 0 0 licenza elementare Mar-M20-viaBaylle 52 8 diploma scuola media superiore Mar-M22-viaSardegna 58 8 diploma scuola media superiore Mar-F25-viaManno 0 0 diploma scuola media superiore Mar-F31-viaDettori 73 10 diploma scuola media superiore Mar-F34-viaNapoli66 36 5 laurea Mar-M37-viaDettori 67 10 licenza elementare Mar-M40-viaCavour 52 8 diploma scuola media superiore (più due anni università) Mar-F40-viaRoma 0 0 licenza media

Quartiere: Stampace esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Stamp-F10-viaAngioy 0 0 x Stamp-M12-chiesaS.Anna 0 0 licenza elementare Stamp-M14-cor.Vit.Em. 0 0 licenza elementare Stamp-M16-viaAngioy101 0 0 qualifica di scuola professionale Stamp-F20-viaCarbonazzi 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-F23-viaS.Efisio 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-F23-vialeTrieste 59 9 diploma scuola media superiore Stamp-M25-p.zzaCarmine 55 8 laurea Stamp-M28-viaOspedale 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-M28-p.zzaCarmine 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-F29-p.zzaYenne 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-M29-viaPola 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-M30-viaOspedale 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-F34-viaCarbonazzi 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-M34-viaMalta4 50 7 diploma scuola media superiore Stamp-M34-viaMaddalena44 35 5 diploma scuola media superiore Stamp-M35-vialeTrieste23 8 1 diploma scuola media superiore Stamp-F35-vialeTrieste23 35 5 diploma scuola media superiore Stamp-F36-viaAngioy8 0 0 diploma scuola media superiore Stamp-F37-viaS.Efisio 54 8 licenza media Stamp-F39-cor.Vit.Em.396 38 6 diploma scuola media superiore

Quartiere: Villanova esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Villan-F12-viaSonnino 0 0 licenza elementare Villan-M15-viaGiardini 0 0 licenza media Villan-M24-viaGaribaldi 0 0 qualifica di scuola professionale Villan-M24-viaGiardini 63 9 licenza media

240 Villan-F25-viaOlbia 0 0 laurea Villan-M26-viaS.Domenico 52 8 diploma scuola media superiore Villan-M28-viaSonnino 0 0 diploma scuola media superiore Villan-F27-viaGaribaldi 0 0 diploma scuola media superiore Villan-F29-viaAlghero 56 8 diploma scuola media superiore Villan-M32-viaE.d'Arborea 2 1 laurea Villan-F35-viaS.Giovanni57 7 1 diploma scuola media superiore Villan-F35-viaGaribaldi 0 0 x Villan-M35-viaEinaudi42 4 1 diploma scuola media superiore Villan-F37-viaMillelire 56 8 diploma scuola media superiore Villan-M37-viaSonnino155 39 6 licenza media Villan-F38-p.zzaS.Domenico 39 6 diploma scuola media superiore Villan-F38-viaSonnino 0 0 diploma scuola media superiore Villan-F38-viaAbba41 58 8 diploma scuola media superiore Villan-F40-viaS.Domenico42 0 0 qualifica di scuola professionale Villan-M40-viaGiardini175 56 8 licenza media Villan-M40-viaS.Domenico 59 9 qualifica di scuola professionale

Quartiere: Fonsarda esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Fons-F10-ViaG. Guglielmo 0 0 x Fons-M11-P.zzaGioXXIII 0 0 licenza elementare Fons-F18-ViaG.Mariano56 33 5 licenza media Fons-F19-ViaGiud.Benedetta44 0 0 licenza media Fons-M20-ViaBacaredda99 46 7 diploma scuola media superiore Fons-M23-ViaDonoratico43 25 4 laurea Fons-F26-ViaBacaredda168 22 3 laurea Fons-M29-ViaG.Guglielmo 37 5 diploma scuola media superiore Fons-M30-ViaBacaredda99 47 7 laurea Fons-F34-ViaGiudicati22 40 6 laurea Fons-M35-ViaG.Guglielmo71 46 7 diploma scuola media superiore Fons-M36-ViaS.Rosa 46 7 qualifica di scuola professionale Fons-M38-ViaBandello2 47 7 laurea

Quartiere: Bonaria esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Bon-M16-viaBolzano 0 0 licenza media Bon-M16-viadegliAstori 0 0 licenza media Bon-F17-viaFirenze 0 0 licenza media Bon-F17-viaLivorno 0 0 licenza media Bon-F20-vialeDiaz 0 0 diploma scuola media superiore Bon-M20-viaMilano 57 8 diploma scuola media superiore

241 Bon-F24-Amsicora 0 0 licenza media Bon-M27-viaLoru 15 2 licenza media Bon-F27-viaPineta 0 0 laurea Bon-F28-viaLoru 18 3 licenza media Bon-F30-viaBrescia 0 0 laurea Bon-F30-viaFalconi 0 0 diploma scuola media superiore Bon-F30-vialeBonaria 47 7 laurea Bon-M31-viaFirenze 34 5 diploma scuola media superiore Bon-M31-viaPineta 31 5 diploma scuola media superiore Bon-M31-viaMessina 57 8 laurea Bon-M32-viaFirenze (inf.1) 24 4 laurea Bon-M32-viaFirenze (inf.2) 37 5 diploma scuola media superiore Bon-F32-viaAncona 0 0 laurea Bon-F33-viaMilano 0 0 laurea Bon-F35-viaFalconi12 0 0 diploma scuola media superiore Bon-F35-viaMilano6 33 5 qualifica di scuola professionale Bon-M36-viaLoru 32 5 licenza media Bon-M37-viaAncona 0 0 laurea Bon-M37-vialeDiaz 0 0 laurea Bon-F38-viaMilano 0 0 laurea Bon-M38-viaLoru 0 0 qualifica di scuola professionale

Quartiere: Monte Urpinu esercizi svolti punteggio ottenuto titolo di studio Monurp-M15-viaScano 0 0 licenza media Monurp-F16-viaSolmi42 0 0 licenza media Monurp-M18-viaSolmi42 0 0 licenza media Monurp-F25-viaPalomba53 58 8 laurea Monurp-M26-viaCorsica 0 0 diploma scuola media superiore Monurp-F26-viaForlanini 0 0 laurea Monurp-M27-viaBaccelli 0 0 diploma scuola media superiore Monurp-F30-viaVenezia 0 0 qualifica di scuola professionale Monurp-M32-viaPineta 45 7 laurea Monurp-F32-viaPineta 0 0 qualifica di scuola professionale Monurp-F33-viaPineta207 58 8 laurea Monurp-M37-viaBaccelli 0 0 laurea Monurp-F37-viaForlanini 0 0 laurea Monurp-F39-largoGennari 52 8 laurea

I grafici a colonna seguenti riportano, per ogni quartiere, i dati presenti nella precendente griglia. Complessivamente si noti come i punteggi più elevati siano correlati ad un grado di scolarizzazione elevato (diploma di scuola media superiore o laurea), ben apprezzabile in tutti i quartieri ma in special modo nei quartieri di Bonaria e Fonsarda:

242 243 244 245 6.5. Il sardo a Cagliari: alcune variabili fonetiche Oltre all'esame delle capacità traduttive complessive desumibili dallo svolgimento della parte 'micro' da parte di ciascun informatore, l’esame dei dati si è indirizzato verso una scelta di tratti linguistici di tipo fonetico, morfologico e lessicale, tenendo in considerazione il fatto che «a linguistic variable should also be dictated by the extent to which it has the capacity to answer timely and relevant questions» (Tagliamonte 2006: 85). Da tale punto di vista rivestono particolare interesse quelle variabili che risultano in mutamento in quanto «are excellent targets for analysis since they give insights into the process of change itself» (Tagliamonte 2006: 85).

6.5.1 La rotacizzazione (in corpo di parola) All'interno dell'ambito fonetico una delle variabili selezionate concerne la rotacizzazione dell'occlusiva dentale sorda di origine latina in posizione intervocalica. Mentre nelle restanti subvarietà del campidanese -T- digrada a fricativa sonora del medesimo punto di articolazione, nel campidanese di Cagliari il fono subisce un'evoluzione ulteriore, subendo appunto un fenomeno di rotacizzazione (HLS 107). Pur ammettendo la difficoltà di riconoscerne con precisione le caratteristiche articolatorie, Wagner (HLS 107) ritiene si tratti di «una articolazione alveolare di scarsa sonorità». La rotacizzazione, già dai rilievi compiuti a Cagliari nella prima metà del Novecento da Wagner e Pellis, non si presentava tuttavia in maniera assoluta: nella parlata considerata più raffinata si alternava alla fricativa dentale sonora. L'interesse che riveste l'esame della presenza o l'assenza della rotacizzazione riguarda la possibilità di osservare se e in quale misura i flussi immigratori e emigratori che hanno caratterizzato Cagliari a partire dal secondo dopoguerra e che la caratterizzano ancora oggi (vd. par. 4.4) ne abbiano intaccato stabilità e presenza e se vi siano determinate variabili sociali correlate a tali aspetti. Al rilievo della rotacizzazione sono dedicate nello specifico le domande seguenti, in cui alcuni appellativi presentano, nei corrispettivi attesi sardi, il contesto fonetico per il mutamento di -T- in corpo di parola (d. = fricativa dentale sonora):

2) Ci sono molte mosche (per il corrispettivo di 'molto': med.a) 4) È restata a bocca aperta (per il corrispettivo di 'restata': abarrad.a, atturad.a) 7) Sabato è la festa di nostra Signora di Bonaria (per il corrispettivo di 'sabato': sàb.ad.u, sàb.ud.u) 8) Ogni Martedì si gioca a carte (per il corrispettivo di 'gioca': giògad.a) 10) E' ritornata la settimana scorsa (per il corrispettivo di 'tornata la settimana scorsa': torràd.a

246 cid.a b.assad.a) 34) Ho visto il parroco (per il corrispettivo di 'parroco': pred.i) 59) La sete (per il corrispettivo di 'sete': sid.i)

Nel quartiere di Fonsarda Vaccargiu (2014: 128) rileva attestazioni della rotacizzazione numericamente ben rappresentate, come dimostrano le attestazioni riscontrate in ben 37 test linguistici sui 51 somministrati e relative prevalentemente a individui nati e vissuti nella città di Cagliari Presso i quattro quartieri storici le percentuali appaiono poco uniformi: a Castello, su un totale di 9 informatori che hanno svolto la parte 'micro' e che hanno offerto la traduzione per le frasi pertinenti sopra elencate, i dati appaiono schematizzati nel seguente grafico:

Dai dati emerge in maniera chiara, sottolineando tuttavia il ridotto numero di informatori che hanno svolto la parte micro, la totale assenza di locutori che rotacizzano senza eccezioni e la presenza numericamente ridotta di informatori che presentano il tratto in maniera alternata al mantenimento di -d.-. Notevole invece la percentuale di locutori che non utilizzano in nessuna occorrenza la rotacizzazione. In considerazione degli aspetti relativi al popolamento del quartiere di Castello, abitato recentemente e prevalentamente da persone di origine non cagliaritana (Loi Corvetto 2013), possono risultare comprensibili i dati rilevati Per quanto riguarda il quartiere Marina, su un totale di 16 informatori che hanno svolto la parte

247 micro (asse delle ordinate) e che hanno offerto la traduzione per le frasi pertinenti, i dati sono i seguenti:

Risulta evidente una differenza rispetto a quartiere di Castello: la rotacizzazione appare complessivamente ben attestata, in special modo se si aggrega il numero di informatori che ne hanno mostrano un impiego esclusivo assieme a quelli che invece ne hanno palesato un impiego alternato ad accorrenze di -d.-. Dati affini caratterizzano Stampace: su un totale di 36 informatori che hanno svolto la parte micro e tradotto le frasi pertinenti, il grafico schematizza il quadro:

248 I dati riguardanti Villanova, su un totale di 36 informatori che hanno svolto la parte micro e tradotto le frasi pertinenti, sono invece i seguenti:

249 Complessivamente, almeno per quanto attiene i quartieri storici di Marina, Stampace e Villanova, la situazione di compresenza appare quella maggiormente attestata: nella traduzione delle frasi selezionate gli informatori utilizzano sia forme rotacizzate che forme non rotacizzate. Tale aspetto è stato rilevato anche nel quartiere Fonsarda da Vaccargiu (2014: 131) che sottolinea come siano particolarmente rari i casi di presenza assoluta di forme rotacizzate. I dati riguardanti Bonaria e Monte Urpinu, su un totale rispettivamente di 21 e 12 informatori che hanno svolto la parte micro, sono invece i seguenti. Bonaria appare piuttosto differente non solo rispetto a Monte Urpinu ma anche rispetto a tutti i restanti quartieri esaminati, registrando una notevole numero di informatori che utilizzano la rotacizzazione senza eccezioni:

250 Poichè la rotacizzazione è una caratteristica che contribuisce a definire il campidanese di Cagliari e ha per questo un valore riguardante la variabilità nello spazio, una possibile correlazione significativa può essere istituita con il luogo di nascita dell'informatore e dei rispettivi genitori. Per quanto riguarda gli informatori che nella traduzione delle domande num. 2, 7, 8, 10, 34, 59 hanno utilizzato esclusivamente -r- senza eccezioni, la griglia seguente evidenzia la correlazione proposta:

Quartiere Informatori Luogo di Luogo nascita genitori nascita Marina Mar-M20-viaBaylle Cagliari M: Napoli; P: Cagliari Mar-F59-piazzaSSepolcro Cagliari M: Marche; P: Cagliari Mar-F61-viaSardegna Cagliari M: Puglia; P: Genova Mar-M59-viaDettori Cagliari M: Capurso; P: Capurso Stampace Stamp-F39-corsoVitEm396 Cagliari M: Cagliari; P: Ghilarza Stamp-M34-viaMaddalena44 Cagliari M: Cagliari; P: Selargius Stamp-M34-viaMalta4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F58-piazzaYenne Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M47-corsoVitEm431 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M50-corsoVitEm396 Cagliari M: Cagliari; P: Serrenti

251 Stamp-M58-viaSass77(inf.1) Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villanova Villan-F50-viaGiardini194 Sant'Antioco M: Sant'Antioco; P: Sant'Antioco Fonsarda Fons-F66-ViaGGuglielmo71 Cagliari M: Cagliari; P: Villaputzu Fons-F90-ViaGiudicati48 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F94-ViaGGuglielmo55 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M80-ViaChiabrera26 Cagliari M: Cagliari; P: Cosenza Fons-F48-ViaCapraia Cagliari M: Iglesias; P: Villaputzu Fons-F52-ViaGGuglielmo12 Cagliari M: Calasetta; P: Cagliari Fons-F54-ViaVisconti30 Cagliari M: Silius; P: Cagliari Fons-F56-ViaCapula26 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F64-ViaCiusa99 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M46-ViaGMariano15 Cagliari M: Gergei; P: VillaMar Fons-F26-ViaBacaredda168 Cagliari M: Lanusei; P: Cagliari Fons-F42-ViaCastiglione79 Cagliari M: S. Antioco; P: Calasetta Fons-F45-ViaPlatano19 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M29-ViaGGuglielmo Cagliari M: Cagliari; P: S. Gavino Fons-M35-ViaGGuglielmo71 Cagliari M: Cagliari; P: Francia Fons-M23-ViaDonoratico43 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bonaria Bon-F28-viaLoru Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F60-viaPalermo Cagliari M: Cagliari; P: Napoli Bon-M20-viaMilano Carbonia M: Francia; P: Sant'Antioco Bon-M27-viaLoru Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M32-viaFirenze (inf. 2) Cagliari M: Bortigali; P: Cagliari Bon-M36-viaLoru Cagliari M: Tuili; P: Cagliari Bon-M57-viaAncona Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M72-viaPalermo Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M77-viaLivorno Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M. Urpinu Monurp-F71-viaPineta73 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

Su un totale di 38 informatori, ben 36 sono nati a Cagliari, 16 hanno entrambi i genitori nati a Cagliari e 15 hanno almeno un genitore nato a Cagliari. Le cifre sono ben diverse rispetto alla griglia seguente che riguarda gli informatori che nella traduzione delle domande num. 2, 7, 8, 10, 24, 25 hanno utilizzato esclusivamente -d.-; su un totale di 56 informatori, ben 40 sono nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari e 49 hanno entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari:

Quartiere Informatori Luogo di nascita Luogo nascita genitori Castello Cast-F31-viaGenovesi Cagliari M: Gergei; P: Cagliari Cast-M43-viaLaMarmora13 Serramanna M: Serramanna; P: Serramanna

252 Cast-M47-viaCanelles Cagliari M: Villa S.Antonio; P: Siddi Cast-F54-viadeiGenovesi90 S. Andrea Frius M: S. Basilio; P: S. Nicolò Gerrei Cast-M84-viaStretta Guasila M: Guasila; P: Guasila Marina Mar-F31-viaDettori S. Gavino M: Lunamatrona; P: Tuili Mar-F43-viaSEulalia19 Cagliari M: Santadi; P: Nurallao Stampace Stamp-F23-vialeTrieste Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili Stamp-F35-vialeTrieste23 Cagliari M: Cagliari; P: Sicilia Stamp-F47-viaFara Cagliari M: Dolianova; P: Dolianova Stamp-F52-coVitEm29 Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Stamp-F62-coVitEm. Collinas M: Collinas; P: Collinas Stamp-F62-coVitEm178 Villasalto M: Villasalto; P: Villasalto Stamp-M48-viaMalta7 Cagliari M: Sanluri; P: Orroli Stamp-M48-viaOspedale14 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M56-piazzaYenne Teulada M: Teulada; P: Teulada Stamp-F66-viaMalta Orroli M: Orroli; P: Orroli Stamp-F71-cVitEm287 Barumini M: Barumini; P: Barumini Stamp-M68-viaSassari Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Stamp-M72-viaOspedale3 Cagliari M: Monserrato; P: Cagliari Villanova Villan-F37-viaMillelire Cagliari M: Settimo S.Pietro; P: Settimo S.Pietro Villan-F38-viaAbba41 Sarrok M: Serdiana; P: Sanluri Villan-F43-viaCostituzione Mogoro M: Mogoro; P: Mogoro Villan-M37-viaSonnino155 Cagliari M: Teulada; P: Orroli Villan-F50-viaSDomenico Cagliari M: Orroli; P: Orroli Villan-F61-viaTempio24 Cagliari M: Buddusò; P: x Villan-F64-viaSDomenico Simaxis M: S.Vero Congiu; P: S. Vero Congiu Villan-M57-viaGaribaldi258 Nurri M: Nurri; P: Nurri Villan-M60-piazzaSDomenico Isili M: Isili; P: Isili Villan-M62-viaGiardini Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F71-viaEd'Arborea Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F71-viaPiccioni Guspini M: Arbus; P: Fluminimaggiore Villan-F74-viaOlbia Ales M: Ales; P: Ales Villan-F83-viaSDomenico2 Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M80-viaSGiovanni Teulada M: Teulada; P: Teulada Fonsarda Fons-F72-ViaDonoratico48 Bultei M: Alà dei Sardi; P: Alà dei Sardi Fons-M74-ViaGMariano56 Seulo M: Sadali; P: Seulo Fons-M75-ViaGMariano VillaMar M: VillaMar; P: VillaMar Fons-M79-ViaGMariano39 Padria M: Padria; P: Padria Fons-F60-ViaGGuglielmo Cagliari M: S. Gavino; P: Catania Fons-F64-ViaGChiano10 Seui M: Seui; P: Seui Fons-F65-ViaGMariano Gergei M: Gergei; P: Gergei

253 Fons-M55-ViaBelgrano2 Furtei M: Furtei; P: Furtei Fons-F41-P.zzaBaezza12 Lanusei M: Lanusei; P: Sicilia Fons-F41-ViaGChiano32 Gadoni M: Gadoni; P: Gadoni Fons-F45-ViaGGuglielmo Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M30-ViaBacaredda99 Villasor M: Villasor; P: Sanluri Fons-M38-ViaBandello2 Villanovafranca M: Sanluri; P: Villanovafranca Bonaria Bon-F30-vialeBonaria Oristano M: Bauladu; P: Bauladu Bon-F60-viaAosta Sassari M: Sassari; P: Sassari M. Urpinu Monurp-F25-viaPalomba53 Oristano M: Oristano; P: Terralba Monurp-F33-viaPineta207 Cagliari M: Bosa; P: Uras Monurp-F39-largoGennari Sindia M: Sindia; P: Nuoro Monurp-F61-viaBesta Isili M: Nurri; P: Gergei Monurp-F69-viaCagna Ballao M: Ballao; P: Ballao Monurp-M51-viaScano8 Isili M: Gergei; P: Gergei

6.5.2. La rotacizzazione (in fonia sintattica) La scelta di esaminare separatamente il fenomeno della rotacizzazione in contesto di fonia sintattica nasce dalla constatazione che un rilevante numero di informatori che hanno fatto uso di forme rotacizzate in maniera assoluta o prevalente nel contesto di corpo di parola, hanno invece utilizzato forme non rotacizzate in contesto di fonetica sintattica: ciò ha indotto a ritenere che in tale contesto la rotacizzazione appaia un tratto conservativo, più esposto all'alternanza con -d.-. La rotacizzazione in fonia sintattica risulta infatti attestata prevalentemente presso locutori di classe di età alta, nati a Cagliari e con genitori entrambi nati e vissuti a Cagliari. Nel quartiere Fonsarda Vaccargiu (2014: 131) rileva ad esempio che la rotacizzazione in constesto di fonetica sintattica, oltre ad essere scarsamente attestata, compare solo presso alcuni informatori di età superiore ai sessant'anni; nelle occorrenze con informatori di età più bassa questi avevano o genitori entrambi cagliaritani o genitori di origine non cagliaritana ma che hanno dichiarato di aver imparato la varietà urbana durante l’infanzia. Le frasi pertinenti al rilievo di tale caratteristica sono le seguenti:

esercizio num. 11: 'Il tempo sta cambiando' (per il corrispettivo di 'il tempo': su d.empus) esercizio num. 12: 'Gli uomini e i tempi cambiano' (da alcuni informatori tradotta come 'gli uomini e il tempo cambia'; per il corrispettivo di 'il tempo': su d.empus) esercizio num. 54: 'Tempo' (da alcuni informatori tradotta come 'il tempo': per il corrispettivo di 'il tempo': su d.empus) La griglia seguente riporta per ogni quartiere gli informatori che hanno mostrato l'occorrenza

254 della rotacizzazione in tutte o in due o una delle frasi pertinenti, assieme al luogo di nascita, a quello dei genitori e ai centri dove i genitori vivono o hanno vissuto:

Quartiere Informatori Luogo di Luogo nascita genitori Dove vivono o hanno vissuto nascita i genitori Castello Cast-M32-viaLaMarmora Cagliari M: Cagliari; P: Nuoro M: Cagliari; P: Cagliari Marina Mar-F59-p.zzassepolcro Cagliari M: Marche; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-F61-viaSardegna Cagliari M: Puglia; P: Genova M: Cagliari; P: Cagliari Stampace Stamp-F39-corsovitem396 Cagliari M: Cagliari; P: Ghilarza M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M34-viaMalta4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M49-viaPalabanda Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M50-corsovitem396 Cagliari M: Cagliari; P: Serrenti M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M58-viaSassari77(inf.2) Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M59-viaSant'Efisio Cagliari M: Cagliari; P: Napoli M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M63-vialeTrento6 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villanova Villan-F61-viaSDomenico La Spezia M: Marche; P: La Spezia M: x; P: x Villan-F67-viaMacomer21 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M85-viasgiovanni Cagliari M: Sassari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fonsarda Fons-M35-ViaGGuglielmo71 Cagliari M: Cagliari; P: Chatelineau M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F45- ViadelPlatano19 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M46-ViaG.Mariano15 Cagliari M: Gergei; P: VillaMar M: Gergei; P: Villamar Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 Chatelineau M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F66-ViaG.Guglielmo71 Cagliari M: Cagliari; P: Villaputzu M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F90-ViadeiGiudicati48 CarBonia M: Fluminimaggiore; P: M: Cagliari; P: Cagliari Fluminimaggiore Fons-F94-ViaG.Guglielmo55 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M. Urpinu Monurp-F71-viaPineta73 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bonaria Bon-F28-viaLoru Cagliari M: Sicilia; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M36-viaLoru Cagliari M: Tuili; P: Cagliari M: Cagliari, Tuili; P: Cagliari Bon-M72-viaPalermo Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M77-viaLivorno Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

Le variabili sociali che appaiono correlate alla presenza della rotacizzazione in fonia sintattica sono la classe di età, il luogo di nascita dell'informatore, dei genitori e il numero di anni trascorsi nella città. Per quanto attiene ai quattro quartieri storici (Castello, Marina, Villanova e Stampace) occorre notare infatti che su un totale di 13 informatori, ben 9 sono di età superiore ai cinquant'anni. Tra questi Stampace occupa una posizione particolare poiché in esso risiede il maggior numero di informatori che hanno utilizzato la rotacizzazione in fonia sintattica. Inquadrato nell'ottica di una

255 caratteristica fonetica conservativa, la posizione di Stampace appare in accordo con quanto osservato da Pinto (2013: 139) secondo cui «sembra che sia più frequente ascoltare la "vera parlata cagliaritana" nel quartiere di Stampace piuttosto che in quello di Villanova, in contrasto con quanto accadeva in passato». Considerando tutti i quartieri sino ad ora analizzati, il numero totale di informatori che hanno mostrato l'occorrenza della rotacizzazione in fonia sintattica in almeno una delle frasi pertinenti è 25; di questi ben 22 sono nati a Cagliari. I 3 informatori rimanenti sono nati presso altri centri (Carbonia, Chatelineau-Belgio e La Spezia) ma, oltre ad essere di età superiore ai 60 anni, hanno genitori che sono vissuti a Cagliari (tranne Villan-F61-viaSDomenico che non ha fornito dati sulla località dove i genitori sono vissuti).

6.5.3. Altri tratti fonetici: labializzazione di a atona, trattamento del nesso r + cons, trattamento di -N- e -L-. Alcune variabili fonetiche di carattere eminentemente connesso alla variabilità diatopica possono essere esaminate al fine di verificare se e in quale misura la città di Cagliari mantenga una particolare facies in confronto alle restanti subvarietà, principalmente campidanesi, o se invece presenti una fisionomia eterogenea, principalmente in seguito ai complessi movimenti di natura emigratoria ed immigratoria che hanno caratterizzato il nucleo urbano a partire dal secondo dopoguerra. Un primo tratto è costituito dall'occorrenza della labializzazione della vocale a in posizione atona. Virdis (2013: 174) rileva infatti, in relazione ai quattro quartieri storici della città, la duttilità e la plasticità del vocalismo atono che caratterizza in maggior misura le parlate campidanesi 'rustiche'. Il fenomeno è stato esaminato analizzando la traduzione della frase n. 4 'è restata a bocca aperta' e in particolare il corrispettivo di 'aperta'. Il secondo tratto riguarda il trattamento del nesso r + cons., poiché in generale il cagliaritano prevede il mantenimento di r preconsonantica di fronte a consonanti occlusive o affricate. Il fenomeno è stato esaminato analizzando, oltre alla traduzione della frase n. 4 per il corrispettivo di 'aperta', la traduzione delle frasi n. 3 'l'hanno cercato in tutta Cagliari' per il corrispettivo di 'cercato', della n. 5, 'il gatto è salito sul tetto' per il corrispettivo di 'salito' e della n. 8, 'ogni Martedì si gioca a carte' per il corrispettivo di 'Martedì' e 'carte'. Il terzo e il quarto aspetto fonetico esaminato riguarda il trattamento di -N- e -L-. Per quanto riguarda -N- è significativo esaminare le occorrenze del mantenimento o rafforzamento di contro alla caduta con nasalizzazione più o meno apprezzabile delle vocali adiacenti. Le traduzioni considerate sono state quelle delle frasi n. 1 'ben fatto' per il corrispettivo di 'ben', della n. 14 'vieni

256 qui!' per il corrispettivo di 'vieni' e della n. 21 'quell'anello è d'oro o di ottone?' per il corrispettivo di 'ottone'. Il fenomeno della nasalizzazione è una caratteristica della subarea del campidanese centro occidentale, centrale e del Sàrrabus; risulta invece assente nel campidanese di Cagliari (Virdis 1988: 906). Ugualmente di interesse è il trattamento di -L-: secondo Virdis (1988: 906) il campidanese di Cagliari si caratterizza per il mantenimento o rafforzamento della laterale alveolare intervocalica mentre nelle restanti subaree campidanesi gli esiti sono eterogenei: -L- passa a -b.- (fricativa bilabiale sonora) o a -w- (approssimante velare) nella subvarietà centro occidentale; a -R- (approssimante o vibrante uvulare) in quella centrale; infine evolve a occlusiva laringale presso i centri del Sàrrabus. La traduzione analizzata è stata quella della frase n. 19 'pepe e sale', per il corrispettivo di 'sale'. Nei quartieri sino ad ora esaminati, eccetto Fonsarda, già esaminato da Vaccargiu (2014), i dati sono riportati nella griglia seguente (il simbolo 'x' indica risposta assente o non pertinente).

Informatore Labializzazione Trattamento r+cons: Trattamento -N-: Trattamento -L-: a e nesso rt (Martedì, cercato, salito) (bene, vieni, ottone) (sale) CASTELLO Cast-F31-viaGenovesi oberta martis; cikkau; atsiau beni; bei; ottoi saRi Cast-M32-viaLaMarmora oberta martis; cikkau; artsiau beni; benni; x sali Cast-M43-viaLaMarmora13 obetta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; x sabi Cast-M47-viaCanelles abetta mattis; cikkau; atsiau bei; beni; ottone sabi Cast-F54-viaGenovesi90 obetta mattis; cikkau; atsiau bei; bei; x sali Cast-F64-viaLaMarmora obretta martis; cikkau; x beni; beni sali Cast-F68-viaLaMarmora obetta mattis, cikkau, atsiau beni; beni; luttoni sali Cast-M70-viaLaMarmora obetta martis; cirkau; artsiara beni; beni; ottoni sali Cast-M84-viaStretta obetta x; cikkau; atsiau beni; beni; ottoi sabi MARINA Mar-M20-viaBaylle aberta x; cirkau; x beni; benni; luttoni sali Mar-M22-viaSardegna oberta x; cirkau; x beni; benni; ottoni x Mar-F31-viaDettori abetta mattis; cikkau; atsiau bei; bei; x saRi Mar-F34-viaNapoli66 oberta martis; cikkau; x beni; beni; x x Mar-M37-viaDettori obetta mattis; cirkau; artsiau beni; beni; ottoni sali Mar-M40-viaCavour oberta x; cikkaus; artsiau beni; beni; x sabi Mar-F43-viaS.Eulalia19 abetta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni salli Mar-M44-viaMillelire oberta martis; cikkau; atsiada beni; beni; luttoni sali Mar-F51-viaNapoli66 aberta martis; kirkatu; artsiatu bene; bene; x salippa Mar-F59-pzzaS.Sepolcro oberta x; x; artsiara x; beni; x sali Mar-F59-viaDettori37 oberta martis; x; artsiau beni; beni; luttoni sali Mar-M59-viaDettori bucca asciutta martis; cikkau; artsiau beni; beni; luttoni sali

257 Mar-F61-viaSardegna oberta x; cirkendi; x beni; beni; x sali Mar-M61-viaBarcellona oberta mattis; cikkau; atsiau bei; bei; ottoi sabi Mar-M62-p.zzaS.Sepolcro oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; luttoni sali Mar-F78-viaS.Eulalia52 oberta cirkau; artsiara; x beni; beni; ottoni x STAMPACE Stamp-F23-vialeTrieste aberta martis; cikkau; atsiau beni; beni; x salli Stamp-M25-p.zzaCarmine uberta martis; cikkau; x beni; beni; x sali Stamp-M34-viaMaddalena44 obetta mattis; cikkau; atsiada beni; beni; x sali Stamp-M34-viaMalta4 oberta martis; cikkau; artsiara beni; beni; luttoni sali Stamp-F35-vialeTrieste23 aperta martes; kirkatu; x beni; x; x x Stamp-M35-vialeTrieste23 x x; x; x beni; beni; x x Stamp-F37-viaS.Efisio oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; ottoni saliu (sic!) Stamp-F39c.vit.em.396 oberta cirkau; x; x beni; beni; x x Stamp-M42-c.vit.em.207 obetta martis; cikkau; atsiara beni; beni; x sali Stamp-F44-c.vit.em. oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; x sali Stamp-M45-c.vit.em.321 x x; x; artsiara x; x; x x Stamp-F46-c.vit.em.321 oberta mattis; cikkau; atsiau beni; bei; ottoni sali Stamp-F47-viaFara obetta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni salli Stamp-M47-c.vit.em.431 oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; luttoni sali Stamp-M48-viaMalta7 spantau martis; cikkau; atsiau beni; bei; x sali Stamp-M48-viaOspedale14 obetta x; cikkada; x beni; x; x x Stamp-M49-viaPalabanda alluau martis; cikkau; artsiara beni; bei; luttoni sali Stamp-M50-c.vit.em.396 oberta martis; cirkau; artsiau beni; x; x sali Stamp-F52-c.vit.em.29 aberta martis; gikkau (sic!); beni; beni; x sali artsau Stamp-M56-p.zzaYenne abetta mattis; cikkada; atsiau beni; beni; alluttoni sali Stamp-F58-p.zzaYenne oberta martis; cikkau; x beni; beni; x sali Stamp-M58-viaSassari(inf.1) x martis; cirkau; x beni; beni; x x Stamp-M58-viaSassari(inf.2) obetta martis; x; artsiau beni; beni; x x Stamp-M59-viaS.Efisio oberta martis; cirkau; artsiau beni; bei; luttoni sali Stamp-F62-c.vit.em. abetta mattis; cikkau; atsiau bei; bei; ottoni sabi Stamp-F62-c.vit.em.178 spantada mattis; cikkau; x beni; beni; luttoni sali Stamp-M62-viaAzuni oberta martis; cikkau; artsiau beni; beni; luttoni sali Stamp-M63-vialeTrento6 oberta martis; cirkau; atsiau beni; beni; luttoni sali Stamp-M64-p.zzaCarmine34 alluau martis; cirkau; artsiara beni; x; x sali Stamp-F66-viaMalta aberta martis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni salli Stamp-F66-viaOspedale oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; x x Stamp-M66-viaOspedale3 oberta x; cikkau; atsiara beni; beni; ottoni sali Stamp-F67-viaSassari130 oberta x beni; benis; x x Stamp-M68-viaSassari aberta martis; gikkau (sic!); beni; beni; ottoni sali artsau

258 Stamp-F71-c.vit.em.287 spantada mattis; cikkau; atsiau bei; bei; ottoi sallia Stamp-M72-viaOspedale3 obetta mattis; x; x beni; x; luttoni x VILLANOVA Villan-F25-viaOlbia x martis; cirkau; x beni; benni; x sali Villan-M24-viaGiardini obetta martis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni sali Villan-M26-viaS.Domenico obetta martis; cigau (sic!); x beni; beni; ottoni sali Villan-F29-viaAlghero obetta mattis; cikkau; atsiau beni; bei; ottoi sabi Villan-M32-viaE-d'Arborea x x; x; x beni; beni; x x Villan-F35-viaS.Giovanni57 x x; x; x beni; beni; x x Villan-M35-viaEinaudi42 x x; x; x x; beni; x x Villan-M37-viaSonnino155 oberta martis; cikkau; x beni; x; ottoni x Villan-F37-viaMillelire obetta mattis; cikkau; x beni; beni; ottoni sali Villan-F38-p.zzaS.Domenico oberta martis; cikkau; x beni; beni; x x Villan-F38-viaAbba41 obetta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoi sali Villan-M40-viaGiardini175 oberta martis; cirkau; atsiau beni; beni; ottoni sali Villan-M40-viaS.Domenico oberta martis; cikkau; atsiau beni; beni; luttoni sali Villan-F43-viaCostituzione abetta mattis; cikkau; x beni; bei; x sali Villan-M44-viaS.Giovanni oberta martis; cikkau; artsiau beni; beni; luttoni sali Villan-M47-p.zzaS.Domenico x martis; cikkau; atsiara beni; beni; ottoni sali Villan-M48-viaEinaudi44 oberta mattis; cirkau; artsiau beni; beni; ottoni sali Villan-M49-viaS.Giovanni oberta martis; cirkau; x beni; beni; x sali Villan-F50-viaGiardini194 oberta martis; x; x beni; x; x x Villan-F50-viaIglesias36 x x; x; x beni; x; x x Villan-F50-viaS.Domenico oberta martis; cikkau; x beni; beni; x salli Villan-M57-viaGaribaldi258 oberta martis; cirkau; x beni; beni; x sali Villan-F58-viaAlghero13 oberta martis; cirkau; atsiara beni; beni; x sali Villan-M59-viaS.Giacomo20 x martis; cikkau; artsiau beni; beni; ottoni sali Villan-M60-p.zzaS.Domenico oberta martis; cirkau; artsau bei; bei; ottoni sali Villan-F61-viaS.Domenico oberta martis; cikkau; artsiau beni; beni; x sali Villan-F61-viaTempio24 x maltis; ghilkada; atsadu beni; beni; ottone salle Villan-M62-viaGiardini oberta martis; cikkau; artsiau beni; beni; x sabi Villan-F64-viaS.Domenico obetta mattis; cikkau; atsiau bei; bei; luttoni sai Villan-M65-viaAlghero13 alluara martis; cikkau; artsiara beni; beni; x sali Villan-F67-viaMacomer21 oberta martis; cikkau; artsiara beni; beni; ottoni sali Villan-F71-viaE.d'Arborea15 aberta martis; cikkau; atsiau beni; beni; x salli Villan-F71-viaPiccioni oberta mattis; cirkau; artsiada beni; beni; ottoni sali Villan-M72-viaSulis oberta martis; cikkau; arciau beni; beni; ottoni sali Villan-M73-viaManno oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; x sali Villan-F74-viaOlbia abetta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni sabi Villan-F80-viaS.Giovanni bucc'e zàppulu x; x; artsiau beni; x; x x

259 Villan-M80-viaS.Giovanni abetta martis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni sali Villan-F83-viaS.Domenico2 aberta martis; cirkau; atsiau beni; beni; ottoni salli Villan-M85-viaS.Giovanni oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; ottoni sali BONARIA Bon-M20-viaMilano oberta martis; cikkau; x beni; beni; x sali Bon-M27-viaLoru obèrta x; x; artsiau beni; beni; x sali Bon-F28-viaLoru x x; x; x beni; x; x x Bon-F30-vialeBonaria alluau x; krikkau; x beni; beni; x x Bon-M31-viaPineta spantau martis; cikkau; x beni; x; x sali Bon-M31-viaMessina a sprantu (sic!) martis; cirkau; x beni; beni; ottoni sali Bon-M31-viaFirenze x x; cikkau; x beni; beni; x x Bon-M32-viaFirenze(inf.1) x x; x; x beni; beni; x x Bon-M32-viaFirenze(inf.2) oberta martis; cikkau; artsiau beni; beni; x sabi Bon-F35-viaMilano6 oberta martis; cirkau; artsiau beni; x; x sali Bon-M36-viaLoru oberta x; cikkau; artsiau beni; beni; x sali Bon-F46-viaMilano x martis; x; x x; beni; luttoni x Bon-F46-viaPalermo x x; x; x x; beni; ottoni x Bon-M46-viaAncona oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; x sali Bon-F55-viaMilano6 oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; x x Bon-M57-viaAncona oberta martis; x; artsiara beni; beni; x sali Bon-F60-viaAosta x x; x; x x; beni; x x Bon-F60-viaPalermo x martis; cirkau; x beni; beni; luttoni sali Bon-M60-viaAosta oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; x sali Bon-M70-viaLivorno x martis; x; x x; x; ottoni sali Bon-M72-viaPalermo alluara martis; cìrkara; artsiara beni; x; luttoni sali Bon-M76-viaLivorno oberta martis; cirkau; artsiara beni; beni; x sali Bon-M77-viaLivorno oberta martis; x; artsiara x; beni; x sali MONTE URPINU Monurp-F25-viaPalomba53 aberta mattis; cikkau; artsiau bei; beni; luttoni sabi Monurp-M32-viaPineta oberta martis; cirkau; artsiau beni; benni; x sali Monurp-F33-viaPineta207 aberta mattis; cikkau; x beni; beni; ottoni sali Monurp-F39-largoGennari abelta maltis; kilkadu; pigadu beni; beni; x sale Monurp-F51-viaScano8 aberta martis; cikkau; artsiau bei; bei; ottoni saRi Monurp-F61-viaBesta oberta martis; cikkau; atsiau bei; bei; x sali Monurp-F65-viaScano x x; kirkau; x beni; beni; x x Monurp-F69-viaCagna oberta mattis; cikkau; atsiau beni; beni; ottoni sali Monurp-M69-viaCagna oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; luttoni sali Monurp-F70-viaPineta93 oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; ottoni sali Monurp-F71-viaPineta73 oberta martis; cirkara; artsiara beni; beni; ottoni sali Monurp-M80-viaScano oberta martis; cirkau; atsiau beni; beni; luttoni sali

260 Monurp-F82-viaPineta oberta martis; cirkau; artsiau beni; beni; x sali

In relazione alla labializzazione vocalica - occorrenza della variante oberta o aberta - i dati nel complesso evidenziano una netta prevalenza della forma con vocale labializzata, aspetto del resto già messo in evidenzia da Vaccargiu nel quartiere Fonsarda (Vaccargiu 2014: 133 ss) dove, su un totale di 34 informatori sottoposti al test linguistico, ben 31 hanno utilizzato tale variante. In totale infatti, escludendo il quartiere di Fonsarda e gli informatori che per origini e caratteristiche linguistiche non rientrano nell'area linguistica campidanese, nonché un caso di traduzione chiaramente influenzata dall'italiano (Stamp-F35-vialeTrieste23), utilizzano le varianti aberta, abetta solo i seguenti: Cast-M47-viaCanelles, Mar-M20-viaBaylle, Mar-F31-viaDettori, Mar-F43-viaS.Eulalia19, Stamp-F23-vialeTrieste, Stamp-F52-c.vit.em.29; Stamp-M56-p.zzaYenne; Stamp-F62-c.vit.em.; Stamp-F66-viaMalta; Stamp-M68-viaSassari; Villan-F43-viaCostituzione; Villan-F71-viaE.d'Arborea15; Villan-F74-viaOlbia; Villan-M80-viaS.Giovanni; Villan-F83- viaS.Domenico2; Monurp-F25-viaPalomba53; Monurp-F33-viaPineta207; Monurp-F51-viaScano8. È interessante notare come il carattere 'non urbano' della mancata labializzazione sia avvalorato dall'occorrenza, presso i medesimi informatori, di altri aspetti fonetici considerabili di tipo rustico. (unica eccezione è data da Mar-M20-viaBaylle, la cui mancanza di labializzazione vocalica è forse dovuta all'influsso dell'italiano). La seguente griglia evidenzia infatti, per ognuno degli informatori che non hanno labializzato la vocale a, l'occorrenza della nasalizzazione vocalica, dell'assimilazione assoluta o prevalente del nesso r + cons. e i trattamenti di -L- estranei al campidandese di Cagliari (Virdis 1988: 906); l'ultima colonna a destra riporta il luogo di nascita di ognuno degli informatori e dei rispettivi genitori (il simbolo ✓ indica presenza del tratto):

Informatori che non hanno Nasalizz Assimil Assimilazi Trattamenti Luogo di Luogo di nascita genitori azione azione one 'rustici' di nascita labializzato la vocale a r+cons r+cons -L- assoluta prevalente Cast-M47-viaCanelles ✓ ✓ ✓ Cagliari M: Villa S.Antonio; P: Siddi Mar-M20-viaBaylle Cagliari M: Napoli; P: Cagliari Mar-F31-viaDettori ✓ ✓ ✓ S. Gavino M: Lunamatrona; P: Tuili Mar-F43-viaS.Eulalia19 ✓ Cagliari M: Santadi; P: Nurallao Stamp-F23-vialeTrieste ✓ Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili Stamp-F52-c.vit.em.29 ✓ Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Stamp-M56-p.zzaYenne ✓ Teulada M: Teulada; P: Teulada Stamp-F62-c.vit.em. ✓ ✓ ✓ Collinas M: Collinas; P: Collinas Stamp-F66-viaMalta ✓ Orroli M: Orroli; P: Orroli Stamp-M68-viaSassari ✓ Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai

261 Villan-F43-viaCostituzione ✓ ✓ Mogoro M: Mogoro; P: Mogoro Villan-F71-viaEd'Arborea15; ✓ Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F74-viaOlbia; ✓ ✓ Ales M: Ales; P: Ales Villan-M80-viaS.Giovanni ✓ Teulada M: Teulada; P: Teulada Villan-F83-viaS.Domenico2 ✓ Orroli M: Orroli; P: Orroli Monurp-F25-viaPalomba53 ✓ ✓ ✓ Oristano M: Oristano; P: Terralba Monurp-F33-viaPineta207 ✓ Cagliari M: Bosa; P: Uras Monurp-F51-viaScano8. ✓ ✓ ✓ Isili M: Gergei; P: Gergei

Appare evidente che la mancanza della labializzazione vocalica, oltre a presentarsi coerentemente assieme ad altri tratti estranei al campidanese di Cagliari, è correlata non solo alla località di nascita degli informatori ma anche a quella dei rispettivi genitori. È verosimile che gli informatori nati nel capoluogo di regione ma con genitori nati presso centri rurali (Cast-M47- viaCanelles; Mar-F43-viaS.Eulalia19; Stamp-F23-vialeTrieste), abbiano appreso varietà sarde proprie del contesto familiare più intimo e non la varietà della località di nascita, cioè Cagliari; è anche verosimile che la conoscenza delle varietà sarde 'rustiche' sia stata preservata ed eventualmente rafforzata grazie a periodiche permanenze nei centri rurali per motivi affettivi. In relazione al trattamento dei nessi consonantici r + cons. la situazione appare più complessa; in generale il quadro che se ne ricava evidenzia esiti eterogenei, probabilmente in conseguenza dei movimenti emigratori e immigratori che hanno interessato e interessano ancora oggi il capoluogo di regione. Il campidanese di Cagliari si caratterizza per la mancata assimilazione dei nessi consonantici costituiti da r + consonanti occlusive o affricate. Escludendo il quartiere Fonsarda, esaminato da Vaccargiu (2014) e gli informatori nati o con genitori presso centri di area linguistica non campidanese, i dati presentano una situazione complessa. Riguardo alle tre voci che nel corrispettivo in sardo contenengono i nessi consonantici -rt-, -rk- e -rts- ('Martedì', 'cercato', 'salito'), il numero complessivo di 122 informatori (quartieri di Castello, Marina, Stampace, Villanova, Bonaria e Monte Urpinu) è stato suddiviso in due gruppi: un gruppo che ha tradotto tutte e tre le frasi contenenti gli appellativi pertinenti (frasi n. 3, 5, 8), e un gruppo che invece ne ha tradotto due o solo una. Per quanto attiene al primo gruppo il grafico seguente illustra la situazione:

262 Gli informatori che hanno fornito la traduzione per tutte e tre le frasi pertinenti, complessivamente si ripartiscono in quattro grandi gruppi. Il primo (18 informatori) assimila costantemente i tre nessi; il secondo invece (23 informatori) li mantiene intatti. Il terzo (16 informatori) e il quarto (12 informatori) presentano situazioni eterogenee: il terzo gruppo mantiene intatti i nessi -rt- e -rts- ma assimila -rk-; il quarto invece mantiene -rt- ma assimila -rk- e -rts-. A livello di semplice approccio esplicativo si potrebbero avanzare due possibilità: la prima è che se gli informatori in questione, tutti residenti a Cagliari, provengono da zone in cui si parlano subvarietà in cui i nessi subiscono assimilazione, allora i nessi maggiormente esposti all'influsso del campidanese di Cagliari sarebbero -rt- e a seguire -rts-; all'inverso quello più refrattario all'influsso dissimilante del cagliaritano sarebbe -rk-. Se invece gli informatori in questione, tutti residenti a Cagliari, risultano nati e di origini cagliaritane e per varie ragioni sono entrati in contatto con varietà sarde assimilanti differenti dal campidanese di Cagliari, allora il nesso più permeabile sarebbe -rk- e a seguire -rts-. Quello più resistente all'assimilazione sarebbe invece -rt-. La griglia seguente, riguardante gli informatori che hanno tradotto tutte e tre le frasi pertinenti e che hanno fornito risposte eterogenee, permette alcune osservazioni. Un primo gruppo, di 16

263 informatori, ha utilizzato i nessi: -rt- (mantenimento), -kk- (assimilazione) e -rts- (mantenimento). Un secondo gruppo, di 12, ha utilizzato invece i seguenti: -rt- (mantenimento), -kk- (assimilazione) e -ts- (assimilazione).

Esito eterogeneo: -rt-, -kk-, -rts- (16) - Informatori Luogo di nascita Luogo di nascita genitori che hanno tradotto tutte e tre le frasi pertinenti Cast-M32-viaLaMarmora Cagliari M: Cagliari; P: Nuoro Mar-M59-viaDettori Cagliari M: Capurso; P: Capurso Stamp-M34-viaMalta4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M49-viaPalabanda Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F52-c.vit.em.29 Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Stamp-M62-viaAzuni Cagliari M: Cagliari; P: Napoli Stamp-M68-viaSassari Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Villan-M44-viaS.Giovanni Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M59-viaS.Giacomo20 Serramanna M: Portoscuso; P: Serramanna Villan-F61-viaS.Domenico La Spezia M: Marche; P: La Spezia Villan-M62-viaGiardini Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M65-viaAlghero13 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F67-viaMacomer21 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M72-viaSulis Ierzu M: Orani; P: Ierzu Bon-M32-viaFirenze(inf.2) Bortigali M: Bortigali; P: Cagliari Monurp-F51-viaScano8 Isili M: Gergei; P: Gergei Esito eterogeneo: -rt-, -kk-, -ts- (12) - Informatori che Luogo di nascita Luogo di nascita genitori hanno tradotto tutte e tre le frasi pertinenti Cast-F31-viaGenovesi Cagliari M: Gergei; P: Cagliari Mar-M44-viaMillelire Cagliari M: Dolianova; P: Cagliari Stamp-F23-vialeTrieste Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili Stamp-M42-c.vit.em.207 Selargius M: S. Nicolò Gerrei; P: Armungia Stamp-M48-viaMalta7 Cagliari M: Sanluri; P: Orroli Stamp-F66-viaMalta Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M24-viaGiardini Cagliari M: Gadoni; P: Orroli Villan-M40-viaS.Domenico Cagliari M: Ollastra; P: Cagliari Villan-M47-p.zzaS.Domenico Cagliari M: Foggia; P: Monserrato Villan-F71-viaE.d'Arborea15 Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M80-viaS.Giovanni Teulada M: Teulada; P: Teulada Monurp-F61-viaBesta Isili M: Nurri; P: Gergei

Osservando il luogo di nascita di ognuno di essi assieme a quello dei rispettivi genitori, si possono individuare diversi gruppi su un totale di 28 informatori:

264 1) un gruppo con informatori e rispettivi genitori nati a Cagliari (5 informatori); 2) un gruppo con informatori e rispettivi genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari (12 informatori ); 3) un gruppo con informatori nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari (8 informatori ); 4) un gruppo con informatori nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati presso centri non sardi (3 informatori ).

Il gruppo che annovera il maggior numero di rappresentanti è quello con informatori ed entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari; a seguire quello con informatori nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. L'ipotesi è dunque che la maggior parte degli informatori in questione, tutti residenti a Cagliari ma essendo nati, così come entrambi i genitori, presso centri sardi diversi da Cagliari abbiano appresso o siano stati in contatto primariamente con subvarietà in cui i nessi subiscono assimilazione; in seguito hanno subìto l'influsso del campidanese di Cagliari e i nessi maggiormente esposti all'interferenza del campidanese di Cagliari sarebbero -rt- e a seguire -rts-; all'inverso quello più refrattario all'influsso dissimilante del cagliaritano sarebbe -rk-. Circa gli informatori che hanno tradotto invece solo due o una delle frasi pertinenti, la situazione complessiva è la seguente:

265 Il grafico evidenzia una situazione varia ma che sostanzialmente ricalca i dati riguardanti gli informatori che hanno tradotto tutte e le frasi pertinenti. Gli informatori che mostrano occorrenze omogenee di assimilazione sono in totale 8 (-tt-, -kk-: 4; -kk-, -ts-: 2; -kk-: 1; -tt-: 1) mentre quelli che si caratterizzano per occorrenze omogenee di mantenimento sono, in totale, ben 31 (-rt-, -rk-: 6; -rt-, -rts-: 5; -rt-: 4; -rk-: 4; -rt-: 8; -rts-: 4). Per quanto attiene gli informatori che invece mostrano occorrenze eterogenee (-rt-, -kk-: 9 informatori; -kk-, -rts-: 2 informatori) i dati evidenziano, coerentemente con il grafico precedentemente commentato, la maggiore refrattarietà all'assimilazione del nesso -rk- e, all'inverso, la maggiore permeabilità alle sollecitazioni dissimilanti del campidanese di Cagliari dei nessi -rt- e -rts-. La griglia seguente indica la località di nascita degli informatori (e dei rispettivi genitori) che hanno mostrato occorrenze eterogenee (-rt-, -kk-: 9 informatori ; -kk-, -rts-: 2 informatori). Si noti come il maggior numero sia costituito da individui nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari, rafforzando così l'ipotesi formulata precedentemente: gli informatori in questione hanno verosimilmente appreso o sono stati in contatto primariamente con subvarietà in cui i nessi subiscono assimilazione ma vivendo a Cagliari hanno

266 subito l'influsso del campidanese 'urbano'; coerentemente con il quadro tratteggiato precedentemente - riguardante gli informatori che hanno fornito traduzioni a tutte e tre le frasi pertinenti - i nessi maggiormente esposti all'interferenza del campidanese di Cagliari sarebbero -rt- e a seguire -rts-; all'inverso quello più refrattario all'influsso dissimilante del cagliaritano sarebbe -rk-.

Esito eterogeneo: -rt-, -kk- (9) - Informatori che Luogo di nascita Luogo di nascita genitori hanno tradotto solo due o una delle frasi pertinenti Cast-F64-viaLaMarmora Quartu Sant'Elena M. Quartu Sant'Elena; P: Bosa Mar-F34-viaNapoli66 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M25-p.zzaCarmine Cagliari M: Cagliari; P: Dolianova Stamp-F58-p.zzaYenne Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M37-viaSonnino155 Cagliari M: Teulada; P: Orroli Villan-F38-p.zzaS.Domenico Cagliari M: Ales; P: Cagliari Villan-F50-viaS.Domenico Cagliari M: Orroli; P: Orroli Bon-M20-viaMilano CarBonia M: Francia; P: S. Antioco Bon-M31-viaPineta Cagliari M: Ussassai; P: Seui Esito eterogeneo: -kk-, -rts- (2) - Informatori che Luogo di nascita Luogo di nascita genitori hanno tradotto solo due o una delle frasi pertinenti Mar-M40-viaCavour Cagliari M: Villamassargia; P: Seui Bon-M36-viaLoru Cagliari M: Tuili; P: Cagliari

La situazione sin qui presentata, riguardante nel complesso i quattro quartieri storici più Bonaria e Monte Urpinu è analoga a quanto rilevato da Vaccargiu (2014: 137) per il quartiere Fonsarda dove emerge che gli informatori che utilizzano senza eccezioni i nessi non assimilati sono in percentuale più numerosi rispetto a quelli che invece utilizzano forme assimilate e quindi innovative rispetto a quanto noto per il campidanese di Cagliari. Per quanto riguarda le occorrenze omogenee la variabile sociale maggiormente implicata nel quadro sin qui tracciato è la località di nascita assieme a quella rispettivi genitori. Infatti, limitandoci alla considerazione degli informatori che hanno tradotto tutte e tre le frasi pertinenti, la seguente griglia evidenzia bene la correlazione. Gli informatori che mostrano occorrenze omogenee di assimilazione sono in totale 18: di questi ben 11 sono nati presso piccoli paesi, avendo uno o entrambi i genitori nati anch'essi presso centri rurali; 5 sono nati a Cagliari ma hanno entrambi i genitori nati presso centri rurali; infine 2, nati a Cagliari, hanno un solo genitore nato presso un centro rurale della Sardegna. Gli informatori che mostrano occorrenze omogenee di mantenimento sono in totale 23: di questi ben 18 sono nati a Cagliari, 9 hanno i genitori entrambi nati a Cagliari e

267 8 ne hanno almeno uno nato nel capoluogo di regione:

Informatori che mostrano occorrenze omogenee di Luogo di nascita Luogo di nascita genitori assimilazione dei nessi: -tt-, -kk-, -ts- (18 informatori) Cast-M43-viaLaMarmora13 Serramanna M: Serramanna; P: Serramanna Cast-M47-viaCanelles Cagliari M: Villa S.Antonio; P: Siddi Cast-F54-viaGenovesi90 S. Andrea Frius M: S. Basilio; P: S. Nicolò Gerrei Cast-F68-viaLaMarmora Cagliari M: S. Basilio; P: S. Basilio Mar-F31-viaDettori S. Gavino M: Lunamatrona; P: Tuili Mar-F43-viaS.Eulalia19 Cagliari M: Santadi; P: Nurallao Mar-M61-viaBarcellona S. Sperate M: S. Sperate; P: Monastir Stamp-M34-viaMaddalena44 Cagliari M: Cagliari; P: Selargius Stamp-F46-c.vit.em.321 Cagliari M: Sanluri; P: Cagliari Stamp-F47-viaFara Cagliari M: Dolianova; P: Dolianova Stamp-M56-p.zzaYenne Teulada M: Teulada; P: Teulada Stamp-F62-c.vit.em. Collinas M: Collinas; P: Collinas Stamp-F71-c.vit.em.287 Barumini M: Barumini; P: Barumini Villan-F29-viaAlghero Cagliari M: Monastir; P: Monastir Villan-F38-viaAbba41 Sarrok M: Serdiana; P: Sanluri Villan-F64-viaS.Domenico Simaxis M: S.Vero Congiu; P: S. Vero Congiu Villan-F74-viaOlbia Ales M: Ales; P: Ales Monurp-F69-viaCagna Ballao M: Ballao; P: Ballao Informatori che mostrano occorrenze omogenee di Luogo di nascita Luogo di nascita genitori mantenimento dei nessi: -rt-, -rk-, -rts- (23 informatori) Cast-M70-viaLaMarmora Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Mar-M62-p.zzaS.Sepolcro Cagliari M: S. Antioco; P: Collinas Stamp-F37-viaS.Efisio Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F44-c.vit.em. Cagliari M: Urzulei; P: Torralba Stamp-M47-c.vit.em.431 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M50-c.vit.em.396 Cagliari M: Cagliari; P: Serrenti Stamp-M59-viaS.Efisio Cagliari M: Cagliari; P: Napoli Stamp-M64-p.zzaCarmine34 Cagliari M: Cagliari; P: Puglia Stamp-F66-viaOspedale Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M60-p.zzaS.Domenico Isili M: Isili; P: Isili Villan-M73-viaManno Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M85-viaS.Giovanni Cagliari M: Sassari; P: Cagliari Bon-F35-viaMilano6 Cagliari M: Cagliari; P: Lanusei Bon-M46-viaAncona Cagliari M: Napoli; P: Cagliari

268 Bon-F55-viaMilano6 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M60-viaAosta Ragusa M: Ragusa; P: Ragusa Bon-M72-viaPalermo Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M76-viaLivorno Cagliari M: Cagliari; P: Perugia Monurp-M32-viaPineta Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-M69-viaCagna Mogoro M: Bugerru; P: Cagliari Monurp-F70-viaPineta93 Domusnovas M: Domunsnovas; P: Domusnovas Monurp-F71-viaPineta73 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F82-viaPineta Iglesias M: Gonnesa; P: S. Giovanni Suergiu

La griglia seguente elenca invece gli informatori che, traducendo tutte e tre le frasi pertinenti, hanno fornito risposte disomogenee:

Informatori che mostrano occorrenze disomogenee di Luogo di nascita Luogo di nascita genitori assimilazione/mantenimento (36 informatori) Cast-F31-viaGenovesi Cagliari M: Gergei; P: Cagliari Mar-M37-viaDettori Cagliari M: Monserrato; P: Pirri Mar-M44-viaMillelire Cagliari M: Dolianova; P: Cagliari Mar-M59-viaDettori Cagliari M: Capurso; P: Capurso Stamp-F23-vialeTrieste Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili Stamp-M34-viaMalta4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M42-c.vit.em.207 Selargius M: S. Nicolò Gerrei; P: Armungia Stamp-M48-viaMalta7 Cagliari M: Sanluri; P: Orroli Stamp-M49-viaPalabanda Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F52-c.vit.em.29 Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Stamp-M62-viaAzuni Cagliari M: Cagliari; P: Napoli Stamp-M63-vialeTrento6 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F66-viaMalta Orroli M: Orroli; P: Orroli Stamp-M68-viaSassari Ulassai M: Ulassai; P: Ulassai Villan-M24-viaGiardini Cagliari M: Gadoni; P: Orroli Villan-M40-viaGiardini175 Cagliari M: Dolianova; P: Dolianova Villan-M40-viaS.Domenico Cagliari M: Ollastra; P: Cagliari Villan-M44-viaS.Giovanni Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M47-p.zzaS.Domenico Cagliari M: Foggia; P: Monserrato Villan-M48-viaEinaudi44 Cagliari M: Sicilia; P: Sicilia Villan-F58-viaAlghero13 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M59-viaS.Giacomo20 Serramanna M: Portoscuso; P: Serramanna Villan-F61-viaS.Domenico La Spezia M: Marche; P: La Spezia Villan-M62-viaGiardini Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M65-viaAlghero13 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari

269 Villan-F67-viaMacomer21 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-F71-viaE.d'Arborea15 Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F71-viaPiccioni Guspini M: Arbus; P: Fluminimaggiore Villan-M72-viaSulis Ierzu M: Orani; P: Ierzu Villan-M80-viaS.Giovanni Teulada M: Teulada; P: Teulada Villan-F83-viaS.Domenico2 Orroli M: Orroli; P: Orroli Bon-M32-viaFirenze(inf.2) Bortigali M: Bortigali; P: Cagliari Monurp-F25-viaPalomba53 Oristano M: Oristano; P: Terralba Monurp-F51-viaScano8 Isili M: Gergei; P: Gergei Monurp-F61-viaBesta Isili M: Nurri; P: Gergei Monurp-M80-viaScano Cagliari M: Cagliari; P: x

Tali informatori possono essere suddistinti in cinque gruppi sulla base della località di nascita e di quella dei rispettivi genitori. Il primo gruppo comprende informatori e rispettivi genitori nati a Cagliari (7 informatori); il secondo informatori e genitori nati (entrambi o uno) presso altri centri della Sardegna (15 informatori); il terzo informatori nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati presso altri centri della Sardegna (9 informatori); il quarto informatori nati a Cagliari ma con uno o entrambi i genitori nati non in Sardegna (4 informatori); il quinto infine comprende informatori e rispettivi genitori nati non in Sardegna (1 solo informatore). Non è forse casuale che il gruppo numericamente più ricco sia il secondo, costituito, come s'è detto, da informatori e genitori nati (entrambi o uno) presso altri centri della Sardegna. La disomogeneità delle traduzioni fornite può forse, per tale ragione, spiegarsi come l'esito del contatto e dell'interferenza del campidanese di Cagliari - che non assimila - sulle varietà 'rustiche' - che assimilano - conosciute dagli informatori residenti a Cagliari ma le cui origini personali e familiari non sono proprie del capoluogo di regione. Un'altra correlazione, seppure meno evidente, può essere istituita con la classe di età. I grafici seguenti evidenziano i dati omogenei forniti per tutte e tre le frasi pertinenti, rispettivamente riguardo l'assimilazione e il mantenimento dei nessi considerati; il terzo grafico riguarda i dati disomogenei forniti per tutte e tre le frasi pertinenti:

270 271 Confrontando i tre grafici si noterà che le classi di età 10-25, 26-45 e 46-65 sono numericamente più rappresentate nel grafico riguardante i dati disomogenei. Questo dato trova forse giustificazione, in generale, nella maggiore mobilità dei membri di tali classi di età che hanno quindi più possibilità di entrare in contatto con diverse subvarietà del campidanese e andare incontro così a fenomeni di interferenza. In relazione al 'comportamento' dei singoli quartieri, considerando tutti gli informatori che hanno fornito risposte omogenee nella traduzione di tutte e tre o di solo due o una frase, i due grafici seguenti illustrano la situazione:

272 273 Come è possibile notare Castello assume un profilo nettamente innovativo, verosimilmente in seguito ai movimenti emigratori che ne hanno alterato pesantemente la facies sociale a partire dal secondo dopoguerra. Il quartiere Marina appare più conservativo, così come Stampace e Villanova, seppure in maniera non particolarmente netta: ciò in seguito ai già citati movimenti emigratori che hanno però avuto, evidentemente, un minore impatto e hanno fatto sì che tali quartieri, accanto ad una componente innovativa mantengano, quasi a livello di pareggio, una componente conservativa. Al di fuori dei quartieri storici occorre sottolineare la posizione di Bonaria, nettamente conservativa, anche con numeri di un certo rilievo se confrontati con i quartieri storici, e del quartiere di Monte Urpinu. L'ipotesi che potrebbe giustificare tale situazione è da ricercarsi probabilmente attraverso la considerazione di più aspetti. Innanzitutto un aspetto di tipo storico: com'è noto, negli anni seguenti al primo dopoguerra il tessuto urbano si indirizza verso l’edificazione delle aree rimaste libere che assumono nuove connotazioni d’uso, anche attraverso la ridefinizione delle parti già edificate. Una delle direzioni dell’espansione del tessuto urbano si dirige verso nord-est, tra Villanova e Monte Urpinu (Peluso 2001: 102). Inoltre presso il colle di Bonaria si avvierà l’edificazione in prevalenza di villini borghesi, assieme ad alcuni nuclei di edilizia popolare (presso via Firenze) (Colavitti & Usai 2007: 37). In seguito con il Piano di ricostruzione del 1945 le direttrici di espansione residenziale sono a nord, lungo l’asse della via Dante e ad est, verso il colle di Bonaria e lungo la direttrice del Poetto. Bonaria e Monte Urpinu presentano infatti, almeno parzialmente, una connotazione popolare che si è mantenuta più stabile nel tempo e che in quanto tale ha intercettato nuclei familiari provenienti dai quartieri storici: come nel caso di Bon-M72-viaPalermo che ha vissuto l'infanzia nel quartiere di Stampace e risiede a Bonaria da tempi relativamente recenti; o come nel caso di Monurp-F71-viaPineta73 che, pur vivendo a Monte Urpinu, ha vissuto l'infanzia a Villanova, avendo avuto i genitori nati e residenti in quel quartiere. Per certi versi affine ai due informatori precedentemente citati è il caso di Monurp- M32-viaPineta che è stato esposto a varietà di sardo cagliaritano conservative avendo nonni e altri parenti residenti presso piazza Giovanni, nel quartiere Fonsarda, e avendo lì trascorso pressoché totalmente l'infanzia. La connotazione popolare, ma in tal caso legata al contesto lavorativo dei genitori, sembra rilevante per tre informatori: Bon-M46-viaAncona aveva il padre meccanico e, stando a quanto riportato, ha avuto modo di ascoltare il sardo nelle interazioni con i clienti, la maggior parte dei quali provenienti dei nuclei storici della città. Le medesime considerazioni valgono per Bon-M76- viaLivorno il cui padre, prima ferroviere e poi impiegato presso le Saline di Cagliari, ha avuto la possibilità di lavorare in un contesto principalmente sardofono, con colleghi provenienti in larga misura dalle zone storiche di Cagliari. Particolarmente interessante il caso di Bon-M60-viaAosta: di

274 genitori entrambi siciliani, risiede in Sardegna dall'infanzia e ha avuto modo di apprendere il sardo cagliaritano principalmente attraverso la cerchia lavorativa e amicale, composta in gran parte da persone provenienti dalle sezioni storiche di Cagliari.

6.6. Il sardo a Cagliari: alcune variabili lessicali Unitamente ad alcuni fatti linguistici di tipo fonetico e morfosintattico anche l'analisi degli aspetti di natura lessicale contribuisce a chiarire quali siano, nella città di Cagliari, le variabili sociali più significativamente connesse alla variabilità linguistica riscontrata e alla caratterizzazione dei singoli quartieri. Sono stati scelti sette appellativi ('tetto': frase n. 5; 'pugno': frase num. 16; 'culla': frase n. 9 'settimana'; 'pallida': frase n. 6; 'ottone': frase n. 21; 'riva': frase n. 20) che appaiono significativi per la variabilità dei corrispettivi forniti; la griglia seguente riporta i dati relativi a tutti i quartieri sino ad ora esaminati, elencando gli informatori in ordine di età. Per ogni informatore è stata utilizzata la prima risposta (il simbolo 'x' indica risposta assente o non pertinente):

Informatore 'tetto' 'pugno' 'culla' 'settimana' 'pallida' 'ottone' 'riva' CASTELLO Cast-F31-viaGenovesi crabettura bucciccoi culla cida groga ottoi oru Cast-M32-viaLaMarmora x buccicconi x cira x x x Cast-M43-viaLaMarmora13 tettu buccicconi culla cida groga x oru Cast-M47-viaCanelles crabettura buccicconi culla cida bianca, groga ottone x Cast-F54-viaGenovesi90 crabettura bucciccoi culla cida groga x oru Cast-F64-viaLaMarmora bròveda buccicconi x cida groga x x Cast-F68-viaLaMarmora crabettura pinnigosu bratsolu cida groga luttoni oru Cast-M70-viaLaMarmora crobettura pundzu culla cida bianca ottoni x Cast-M84-viaStretta crabettura bucciccoi culla cida groghixedda ottoi x MARINA Mar-M20-viaBaylle x buccicconi x settimana x luttoni x Mar-M22-viaSardegna tettu catsottu culla x x ottoni oru Mar-F31-viaDettori crabettura bucciccoi culla cida groga x x Mar-F34-viaNapoli66 x buccicconi culla x x x x Mar-M37-viaDettori crabettura buccicconi culla cira groga ottoni x Mar-M40-viaCavour crobettura catsottu x x groga x x Mar-F43-viaS.Eulalia19 crabettura buccicconi culla cida x ottoni x Mar-M44-viaMillelire tettu buccicconi culla cida groga luttoni x Mar-F51-viaNapoli66 copertura pundzu x cita pallida pratta x Mar-F59-pzzaS.Sepolcro x catsottu culla cira bianca x x

275 Mar-F59-viaDettori37 tetto buccicconi culla cira pallida luttoni oru Mar-M59-viaDettori tettu buccicconi culla cira bianca luttoni oru Mar-F61-viaSardegna x buccicconi x x x x x Mar-M61-viaBarcellona crabettura catsottu bratsolu cida bianca ottoi oru Mar-M62-p.zzaS.Sepolcro x buccicconi bartsolu cira groga luttoni oru Mar-F78-viaS.Eulalia52 crobettura buccicconi bartsolu cida x ottoni riva STAMPACE Stamp-F23-vialeTrieste crobettura punnigosu x cida groga x oru Stamp-M25-p.zzaCarmine x buccicconi x cira bianca x x Stamp-M34-viaMaddalena44 crabettura buccicconi x cira groga x x Stamp-M34-viaMalta4 crabettura catsottu bartsolu cira groga luttoni x Stamp-F35-vialeTrieste23 tettu pundzu culla x bianca x attsa Stamp-M35-vialeTrieste23 x pundzu x x x x x Stamp-F37-viaS.Efisio x buccicconi x cida groghi (sic!) ottoni x Stamp-F39c.vit.em.396 x x x cira x x x Stamp-M42-c.vit.em.207 crabettura buccicconi lettu cira groga x x Stamp-F44-c.vit.em. tettu pugnu lettu x scoloria x x Stamp-M45-c.vit.em.321 teulada catsottu x x x x x Stamp-F46-c.vit.em.321 tettu buccicconi culla cida groga ottoni riva Stamp-F47-viaFara crabettura buccicconi culla cida groga ottoni x Stamp-M47-c.vit.em.431 x buccicconi culla cira groga luttoni x Stamp-M48-viaMalta7 crabettura buccicconi culla cida groga x x Stamp-M48-viaOspedale14 bòvida x x x groga x x Stamp-M49-viaPalabanda tettòia buccicconi culla cira groga luttoni oru Stamp-M50-c.vit.em.396 teulara x culla cira groga x x Stamp-F52-c.vit.em.29 crabetta buccicconi barsolu gida (sic!) x pratta oru Stamp-M56-p.zzaYenne crabettura buccicconi bratsolu cida groga alluttoni x Stamp-F58-p.zzaYenne x gànciu cuna cira x x x Stamp-M58-viaSassari(inf.1) x x x cira x x x Stamp-M58-viaSassari(inf.2) x catsottu culla cira x x x Stamp-M59-viaS.Efisio crobettura catsottu culla cira groga luttoni x Stamp-F62-c.vit.em. crabettura bucciccoi bratsolu cida pallida ottoni x Stamp-F62-c.vit.em.178 crabittura buccicconi bratsolu cida x luttoni oru Stamp-M62-viaAzuni crabettura catsottu culla cira groga luttoni x Stamp-M63-vialeTrento6 x buccicconi lettu cira scalaxìa luttoni oru Stamp-M64-p.zzaCarmine34 teulara punnigosu bartsolu cira scalaxìa x oru Stamp-F66-viaMalta crabettura pinnigosu bratsolu cida groga ottoni oru Stamp-F66-viaOspedale teulada buccicconi culla cira bianca x oru Stamp-M66-viaOspedale3 teulada buccicconi culla cira groga ottoni oru Stamp-F67-viaSassari130 x buccicconi x x x x x

276 Stamp-M68-viaSassari crobetta catsottu culla gida (sic!) pallida ottoni oru Stamp-F71-c.vit.em.287 teulada bucciccoi bratsolu cida x ottoi x Stamp-M72-viaOspedale3 x x culla x groghixedda luttoni oru VILLANOVA Villan-F25-viaOlbia x buccicconi x cira x x x Villan-M24-viaGiardini crabettura buccicconi lettu cida x ottoni Villan-M26-viaS.Domenico x bucciccone bartsolu cira x ottoni x Villan-F29-viaAlghero tettu bucciccoi lettu cida groga ottoi x Villan-M32-viaE-d'Arborea x x x x x x x Villan-F35-viaS.Giovanni57 x x x x x x x Villan-M35-viaEinaudi42 x x x x x x x Villan-M37-viaSonnino155 teulada buccicconi culla cida x ottoni x Villan-F37-viaMillelire tettu buccicconi culla cira groga ottoni oru Villan-F38-p.zzaS.Domenico x catsottu culla x x x x Villan-F38-viaAbba41 solàiu sputsigada culla cira grogu ottoi riva Villan-M40-viaGiardini175 bòvida buccicconi culla settimana pallida ottoni riva Villan-M40-viaS.Domenico bòvera buccicconi culla cira bianca luttoni oru Villan-F43-viaCostituzione crabatturi bucciccoi x cida groga x x Villan-M44-viaS.Giovanni teulara buccicconi culla cira groga luttoni x Villan-M47-p.zzaS.Domenico crobettura buccicconi culla cira bianca ottoni x Villan-M48-viaEinaudi44 x catsottu culla cira bianca ottoni x Villan-M49-viaS.Giovanni teulara buccicconi bartsolu cira groga x riva Villan-F50-viaGiardini194 x x x x x x x Villan-F50-viaIglesias36 x x x x x x x Villan-F50-viaS.Domenico x pinnigosu x cida groga x x Villan-M57-viaGaribaldi258 crabettura pinnigosu bratsolu cida groga x x Villan-F58-viaAlghero13 tettu buccicconi culla x pallida x x Villan-M59-viaS.Giacomo20 teulara catsottu bratsolu cira groga ottoni oru Villan-M60-p.zzaS.Domenico crobettura buccicconi culla cida pallida ottoni oru Villan-F61-viaS.Domenico teulara buccicconi culla cira bianca liauna x Villan-F61-viaTempio24 cobeltura pundzos culla settimana bianca ottone x Villan-M62-viaGiardini crebettura pinnigosu culla cida groga pratta oru Villan-F64-viaS.Domenico crabettura catsottu bratsolu cida groga luttoni x Villan-M65-viaAlghero13 crabettura catsottu x x x pratta x Villan-F67-viaMacomer21 tettu pugnu culla cira pallida ottoni riva Villan-F71-viaE.d'Arborea15 crobettura buccicconi bratsolu cida groga x x Villan-F71-viaPiccioni crabettura buccicconi culla cida pallida ottoni x Villan-M72-viaSulis crobettura buccicconi culla cida pallida ottoni x Villan-M73-viaManno crabettura buccicconi bartsolu cira groga pratta x Villan-F74-viaOlbia crabettura bucciccoi lettinu cida groga ottoni oru

277 Villan-F80-viaS.Giovanni terratsu x x x x x x Villan-M80-viaS.Giovanni crabettura catsottu culla cida pallida ottoni x Villan-F83-viaS.Domenico2 crabettura pinnigosu bratsolu cida groga ottoni x Villan-M85-viaS.Giovanni tettu pinnigosu bartsolu settimana craru ottoni x BONARIA Bon-M20-viaMilano x buccicconi x cira x x x Bon-M27-viaLoru crabettura x x x x x x Bon-F28-viaLoru x x x x x x x Bon-F30-vialeBonaria crabettura pundzu x cida x x x Bon-M31-viaPineta crobettura x x gida (sic!) groga x riva Bon-M31-viaMessina crobettura buccicconi culla cira sbiancara ottoni x Bon-M31-viaFirenze x catsottu culla meri x x x Bon-M32-viaFirenze(inf.1) x buccicconi culla x x x x Bon-M32-viaFirenze(inf.2) crabettura pinnigosu culla cira groga x x Bon-F35-viaMilano6 crabettura buccicconi x cida groga x x Bon-M36-viaLoru crabettura buccicconi x cira x x x Bon-F46-viaMilano x pinnigosu x cida x luttoni x Bon-F46-viaPalermo x buccicconi culla x x ottoni x Bon-M46-viaAncona x bussinada x cira x x x Bon-F55-viaMilano6 crobettura x culla x groga x riva Bon-M57-viaAncona crobettura catsottu bartsolu cira x x x Bon-F60-viaAosta x pundzu culla x pallida x x Bon-F60-viaPalermo x buccicconi x x bianca luttoni x Bon-M60-viaAosta tettu buccicconi culla cida bianca x Bon-M70-viaLivorno x x bartsolu cida x ottoni x Bon-M72-viaPalermo tettòia x culla x pallira luttoni riva Bon-M76-viaLivorno terratsu catsottu x cida sciupara x x Bon-M77-viaLivorno x x bartsolu cira gialla x x MONTE URPINU Monurp-F25-viaPalomba53 tettu buccicconi bratsolu cida groga luttoni oru Monurp-M32-viaPineta x punnigosu culla cira x x x Monurp-F33-viaPineta207 tettu pinnigosu culla cida pallida ottoni riva Monurp-F39-largoGennari cobeltura pudzos culla cida groga x x Monurp-F51-viaScano8 crabettura pinnigosu culla cida groga ottoni riva Monurp-F61-viaBesta crabettura pinnigosu bratsoRu cida groga x oru Monurp-F65-viaScano x bussinada bàntsigu x x x x Monurp-F69-viaCagna crabettura buccicconi bratsolu cida groga ottoni oru Monurp-M69-viaCagna crabettura catsottu culla cira bianca luttoni oru Monurp-F71-viaPineta73 tettu buccicconi culla cira bianca ottoni x Monurp-M80-viaScano teulada buccicconi bartsolu cira bianca luttoni x

278 Monurp-F82-viaPineta tettu manara culla cida x x x FONSARDA Fons-F18-ViaGMariano56 x buccicconi x x pallida x x Fons-M20-ViaBacaredda99 tettu boccicconi culla settimana groga ottone Fons-M23-ViaDonoratico43 x x x x x x x Fons-F26-ViaBacaredda168 x x x x x x x Fons-M29-ViaGGuglielmo x buccicconi x x x x x Fons-M30-ViaBacaredda99 crabettura catsottu x cida groga x x Fons-F34-ViaGiudicati22 tettu buccicconi x x bianca x x Fons-M35-ViaGGuglielmo71 tettu buccicconi culla settimana bianca x x Fons-M36-ViaS. Rosa cobertura buccicconi x cida groga x x Fons-M38-ViaBandello2 crabettura catsottu x cida groga ottoi x Fons-F41-PzzaBaezza12 crobetta buccicconi bartsolu cida groga x riva Fons-M41-ViaGBenedetta22 crobetta buccicconi lettu cira bianca x riva Fons-F41-ViaGChiano32 tettu pundzu culla settimana pallida ottoni riva Fons-M42-ViaBelgrano2 crabedura buccicconi x cira bianca ottoni x Fons-F42-ViaCastiglione79 tettu buccicconi bartsolu settimana x x x Fons-F42-ViaR. Salvatore53 tettu punnigosu culla cida pallida ottoni riva Fons-F45-ViaG.Benedetta10 tettu pundzu culla cida pallida ottoni riva Fons-M45-ViaF.Ciusa55 tettu buccicconi culla cira bianca x riva Fons-F45-ViadeiPlatani19 tettu buccicconi culla semana groga ottone x Fons-F45-ViaG.Guglielmo x buccicconi cuna semana x x oru Fons-M46-ViaG.Mariano15 cropertura catsottu culla settimana cianòtica x riva Fons-F48-ViaCapraia x catsottu culla cira groga ottoni x Fons-M48-ViaGiudicati22 tettu catsottu x semana bianca x x Fons-M49-ViaCBorromeo16 tettu buccicconi culla cida bianca ottoni riva Fons-M52-ViaCapula13 teulara catsottu x cira groga x x Fons-F52-ViaGGuglielmo12 x buccicconi culla cira groga ottoni riva Fons-F53-ViaG. Benedetta44 x bucciccoi x x x ottoi x Fons-F53-Via27Febbraio15 tettu buccicconi culla cira groga ottoni x Fons-F54-ViaVisconti30 tettu buccicconi culla cira bianca ottoni x Fons-M54-ViaVisconti30 crabettura catsottu culla cira scalaxia x x Fons-F55-Via G.Mariano tettu punnigosu culla cira groga x oru Fons-M55-ViaBelgrano2 crabattura pinnigosu culla cida groga ottoi x Fons-F56-ViaCapula26 x catsottu x cira groga ottoni x Fons-M56-ViaGMariano48 bòvida catsottu x cira groga luttoni oru Fons-F60-ViaGGuglielmo x bussinada culla settimana x x x Fons-M60-ViaGGuglielmo71 bòvera bucciccoi culla cira groga ottoni x Fons-F64-Via F.Ciusa99 tettu buccicconi culla x scalaxia luttoni riva Fons-F64-ViaG.Chiano crobettura punnigosu bartsolu gida bianca ottone x

279 Fons-F65-ViaG.Mariano crabettura buccicconi bratsolu gida groga ottoni riva Fons-F66-ViaGGuglielmo71 tettu buccicconi culla cira pallida pratta riva Fons-F71-ViaGiudicati48 crabettura sganassoni bratsolu x x x oru Fons-F72-ViaDonoratico48 cobeltura pundzu bàntsigu chida giallastru luttone oru Fons-M74-ViaGMariano56 crobetta x bratsolu cida gialla x x Fons-M75-Via GMariano crabettura buccicconi bratsolu cida x luttoi attsa Fons-M76-ViaGChiano10 crobettura buccicconi culla x bianca argentu riva Fons-M79-ViaG.Mariano39 cobeltura pundzu culla chida bianca ottone x Fons-M80-ViaChiabrera26 crabettura buccicconi culla cira groga luttoni x Fons-F83-ViaDonoratico43 crobettura bussinada culla cira groga x x Fons-F89-PzzaBaezza teulara buccicconi culla cida smunta ottone x Fons-F90-ViaGiudicati48 teulara buccicconi culla cira pallida luttoni oru Fons-F94-ViaGGuglielmo55 x buccicconi culla cira pallida x x

6.6.1. Gli appellativi 'tetto', 'riva', 'settimana', Alcuni degli appellativi scelti - 'tetto', 'culla', 'settimana', 'pallida', 'ottone' e 'riva' - presentano sia corrispettivi di natura conservativa (propri del fondo latino del sardo o derivanti da lingue di superstrato quali catalano, spagnolo, piemontese) sia di natura innovativa (appellativi di derivazione italiana recente). Poiché il complesso dei corrispettivi forniti può essere quindi suddistinto in due gruppi, uno di carattere conservativo e uno di matrice recente, una prima correlazione significativa può essere prospettata con la classe di età. Il primo gruppo annovera infatti occorrenze progressivamente e numericamente più ricche verso le classi di età medio-alte. All'inverso il secondo annovera occorrenze numericamente più ricche verso le classi di età medio-basse. Per quanto attiene 'tetto', i corrispettivi forniti, senza tener conto delle varianti fonetiche, sono i seguenti: crabettura, crobetta, teulada, bòveda, tettu, terratsu, tettòia, solàiu. Dal punto di vista etimologico crabettura e crobetta appartengono alla componente latina (DES 267), mentre teulada e bòveda sono riferibili rispettivamente al superstrato catalano e spagnolo (rispettivamente DES 741 e 176). Di matrice recente sono invece tettu, terratsu, tettòia e solàiu, chiari imprestiti recenti dall'italiano. La griglia seguente mostra come il numero di informatori che utilizza gli appellativi crabettura, crobetta, teulada, bòveda aumenti progressivamente con l'avanzare della classe di età. Al contrario le occorrenze di tettu, terratsu, tettòia, solàiu appaiono con un maggior numero di attestazioni nelle classi di età più basse, per diradarsi progressivamente presso quelle più elevate:

280 classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'tetto' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze crabettura e crobetta 2 24 28 23 teulara e bòveda 0 5 10 6 tettu, terratsu, tettòia e solàiu 3 16 12 8

Le medesime considerazioni valgono per gli appellativi 'riva' e 'settimana'. Il primo è stato tradotto o con oru, di origine latina (DES 576) che concentra il maggior numero di occorrenze presso le classi di età medio-alte, o con riva, di chiara matrice italiana recente che registra invece un maggior numero di attestazioni presso le classi di età medio-basse:

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'riva' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze oru 3 4 16 12 riva 0 10 9 5

Anche per 'settimana' si registrano fondamentalmente due varianti: una di natura conservativa, cida, di origine latina (Paulis 1997: 13 ss) e una innovativa, di provenienza italiana recente, settimana. Anche in tal caso la distribuzione numerica risulta correlata alla classe di età dei parlanti:

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'settimana' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze cida 6 37 56 35 settimana 2 4 3 1

I due grafici seguenti schematizzano i dati delle griglie precedenti; il primo grafico comprende esclusivamente i corrispettivi conservativi (con 'tetto' suddistinto in appellativi di origine latina e appellativi di origine ispano-catalana), il secondo esclusivamente i corrispettivi innovativi. I primi si addensano nelle fasce di età medio-alte, i secondi invece presso le fasce medio-basse, con picchi uniformente localizzati nella classe 26-45 anni:

281 282 6.6.2. Gli appellativi 'culla', 'pallida', 'ottone' Considerazioni affini ma con ulteriori osservazioni possono essere formulate osservando i dati relativi ai corrispettivi di 'culla', 'pallida' e 'ottone'. Per quanto attiene 'culla', accanto ad alcune occorrenze di bàntsigu, voce di origine onomatopeica propria di alcune varietà sarde settentrionali (DES 150), il corrispettivo maggiormente diffuso nelle varietà meridionali, bartsolu e varr., è un imprestito dal catalano (DES 178). Dai dati numerici presentati nella griglia seguente, bartsolu appare in regressione rispetto all'italianismo culla e in misura molto minore rispetto a lettu, lettinu. È significativo che il numero maggiore di occorrenze di bartsolu sia concentrato presso parlanti appartenenti alle classi di età comprese tra i 45 e gli oltre 66 anni; l'italianismo culla invece, presenta il maggior numero di occorrenze presso informatori compresi tra i 26 e i 65 anni ma registra una cospicua presenza anche all'interno della classe di età più elevata (66 anni e oltre).

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'culla' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze bartsolu 1 4 15 15 bàntsigu 0 0 1 1 culla 3 28 38 22 lettu, lettinu 1 4 1 1

In sostanza mentre la distribuzione dei corrispettivi conservativi di alcuni appellativi presenta un netto sbilanciamento a favore delle classi di età medio-alte, alcuni dei corrispettivi di natura innovativa si distribuiscono in tutte le classi di età senza privilegiare nettamente, come ci si potrebbe attendere, quelle più giovani. Quindi, se è vero che presso gli informatori di età più elevata si concentrano le conoscenze lessicali maggiormente conservative, ciò non si traduce automaticamente nell'impermeabilità agli italianismi di natura più recente. Che questi non siano localizzati esclusivamente presso le classi di età più giovani è evidente esaminando anche le occorrenze numeriche dei corrispettivi per 'pallida' presentate nella griglia seguente:

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'pallida' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze

283 groga 3 24 33 12 bianca 1 7 13 7 pàllida 1 5 6 9 gialla, smunta, cianòtica, scoloria, 0 2 1 3 sbiancara scalaxia 0 0 4 0

L'appellativo groga, di origine catalana (DES 394), si presenta complessivamente abbastanza solido, con una netta prevalenza numerica nelle classi di età comprese tra i 26 e i 65 anni. Ugualmente localizzato presso locutori di età medio-alta è l'aggettivo scalaxia 'magro, secco, sparuto', un derivato da (i)skala (DES 688). Tuttavia, osservando i corrispettivi di origine più recente che si presentano in competizione, vale a dire bianca, pàllida e gialla, smunta, cianòtica, scoloria, sbiancara, si noterà una prevalenza numerica non nelle classi più giovani ma in quelle di età medio-alta. Ugualmente interessante è l'osservazione della disposizione numerica dei corrispettivi di 'ottone', fondamentalmente due: mentre il conservativo luttoni, di origine spagnola o italiana antica (DES 471) evidenzia in maniera attesa il maggior numero di attestazioni presso le classi di età medio-alte, l'italianismo recente ottoni, ottone ha una distribuzione numerica che si orienta in maggior misura non nelle classi giovani ma in quelle medio alte.

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'ottone' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze luttoni 1 4 14 8 ottoni, ottone 3 18 23 18

I due grafici seguenti illustrano la tendenza sino ad ora riscontrata per quanto riguarda 'culla', 'pallida', 'ottone'. I corrispettivi di natura conservativa appaiono addensarsi verso le fasce di età medio-alta così come quelli di origine recente che non si concentrano, come ci si potrebbe aspettare, esclusivamente presso le fasce medio-basse:

284 285 6.6.3 L'appellativo 'pugno' Alcuni aspetti differenti rispetto alle voci precedentemente analizzate presenta l'appellativo 'pugno'. Il corrispettivo buccicconi, verosimilmente di origine spagnola (DES, 185), è quello numericamente meglio rappresentato, sia presso le classi di età più giovani che in quelle più elevate. Il corrispettivo cattsottu, di origine italiana, annovera invece complessivamente un minore numero di attestazioni, ma significativamente una sola nella classe di età 10-25, nonostante l'origine recente. Ciò conformemente a quanto osservato nei corrispettivi innovativi di 'culla', 'pallida', 'ottone' che non si concentrano, come ci si potrebbe aspettare, esclusivamente presso le classi di età medio- basse ma interessano quelle più elevate.

classe di età classe di età classe di età classe di età 10-25 26-45 46-65 66 e oltre Appellativi per 'pugno' numero di numero di numero di numero di occorrenze occorrenze occorrenze occorrenze buccicconi 8 34 32 21 pinnigosu, punnigosu 1 4 10 4 cattsottu 1 7 15 6 pugnu 0 1 0 1 pundzu 0 5 2 3

La presenza del corrispettivo pinnigosu, punnigosu e varr. appare invece correlata non tanto con la classe di età ma più significativamente con la località di nascita dell'informatore e dei rispettivi genitori, come si può notare dalla griglia seguente: su un totale di 19 informatori che hanno tradotto la voce 'pugno' con pinnigosu e varr., 8 sono nati in centri della Sardegna diversi da Cagliari e 15 hanno uno o entrambi i genitori nati presso centri diversi da Cagliari.

Informatori che hanno utilizzato pinnigosu Luogo di nascita Luogo di nascita genitori Cast-F68-viaLaMarmora Cagliari M: S. Basilio; P: S. Basilio Stamp-F23-vialeTrieste Cagliari M: Villanovatulo; P: Isili Stamp-M64-p.zzaCarmine34 Cagliari M: Cagliari; P: Puglia Stamp-F66-viaMalta Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F50-viaS.Domenico Cagliari M: Orroli; P: Orroli Villan-M57-viaGaribaldi258 Nurri M: Nurri; P: Nurri Villan-M62-viaGiardini Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F83-viaS.Domenico2 Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-M85-viaS.Giovanni Cagliari M: Sassari; P: Cagliari

286 Bon-M32-viaFirenze(inf.2) Cagliari M: Bortigali; P: Cagliari Bon-F46-viaMilano Cagliari M: x; P: Aiodmaggiore Monurp-M32-viaPineta Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F33-viaPineta207 Cagliari M: Bosa; P: Uras Monurp-F51-viaScano8 Isili M: Gergei; P: Gergei Monurp-F61-viaBesta Isili M: Nurri; P: Gergei Fons-F42-ViaR.Salvatore53 Cagliari M: Sadali; P: Macomer Fons-F55-Via G.Mariano Cagliari M: Nuxis; P: Domusnovas Fons-M55-ViaBelgrano2 Furtei M: Furtei; P: Furtei Fons-F64-ViaG.Chiano Seui M: Seui; P: Seui

6.6.4. Variabili lessicali: la caratterizzazione dei quartieri Per quanto riguarda la caratterizzazione dei singoli quartieri si è osservata la distribuzione numerica dei corrispettivi conservativi e innovativi degli appellativi 'tetto', 'culla', 'settimana', 'pallida', 'ottone' e 'riva', calcolando le percentuali per ognuno dei quartieri esaminati:

Quartiere Num. Totale varianti Num. occorrenze Num. occorrenze Percentuale Percentuale informatori pertinenti varianti varianti conservatività innovatività tradotte conservative innovative Castello 9 41 29 12 70,73 % 29,26 % Marina 16 61 36 25 59,01 % 40,98 % Stampace 36 133 97 36 72,93 % 27,06 % Villanova 40 148 82 66 55,40 % 44,59 % Bonaria 23 56 31 25 55,35 % 44,64 % M.te Urpinu 12 55 34 21 61,81 % 38,18 % Fonsarda 51 199 94 105 47,23 % 52,76 %

Il quartiere con la più alta percentuale di conservatività è Stampace. Il dato è coerente con un aspetto fonetico precedentemente analizzato, la rotacizzazione in fonia sintattica di cui Stampace annovera, tra i quartieri storici, il maggior numero di occorrenze (vd. par. 6.5.2). Al contempo Stampace si caratterizza per la percentuale di innovatività più bassa tra tutti i quartieri analizzati sino ad ora. Al secondo posto per percentuale di conservatività lessicale vi è Castello che invece, per quanto riguarda il punteggio complessivo ottenuto da ogni informatore nella parte 'micro' occupa una posizione innovativa, ad esempio anche in relazione alla rotacizzazione (vd. par. 6.5.1 e 6.5.2). Buone percentuali di conservatività caratterizzano Monte Urpinu la cui posizione è in linea con quanto rilevato in relazione al mantenimento della -s dell'antico neutro di origine latina (vd. par. seguente).

287 6.7. Il sardo a Cagliari: alcune variabili morfologiche: gli antichi neutri in -s d’origine latina (tempus, corpus, frius) Fra le lingue romanze minoritarie la posizione del sardo si caratterizza, com'è noto, per la vicinanza ad alcune strutture morfologiche latine (Dettori 2002). Una di queste concerne il genere neutro nella morfologia nominale il cui mantenimento o perdita nel contesto urbano, sotto la spinta delle sollecitazioni da parte dell'italiano, costituisce un interessante aspetto di indagine. Le inchieste condotte nei quattro quartieri storici evidenziano, attraverso l'esame della traduzione di tre appellativi, 'tempo', 'corpo' e 'freddo', un netto declino del mantenimento di -s di CORPUS e, al contrario, la notevole solidità di -s di FRIUS. In posizione intermedia si situa invece -s di TEMPUS (Virdis 2013: 177). La medesima tendenza è ravvisabile anche nei quartieri di Fonsarda (Vaccargiu 2014: 142), Bonaria e Monte Urpinu. La presenza/assenza della -s, antica desinenza del neutro, interessa quindi in maniera disomogenea i tre appellativi utilizzati nel questionario. Il quadro complessivo è riportato nelle griglie seguenti che sintetizzano le risposte alle domande n. 54, 55, 56. Sono stati inseriti esclusivamente gli informatori che hanno risposto ad almeno una delle tre domande indicate. Il simbolo 0 indica assenza di -s, in simbolo 1 indica presenza di -s; la casella vuota indica assenza di risposta:

Castello - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Cast-F31-viadeiGenovesi 1 0 1 Cast-M32-viaLaMarmora 0 0 0 Cast-M43-viaLaMarmora13 1 0 1 Cast-M47-viaCanelles 1 1 1 Cast-F54-viadeiGenovesi90 0 0 1 Cast-F64-viaLaMarmora 1 1 0 Cast-F68-viaLaMarmora 1 1 1 Cast-M70-viaLaMarmora 1 1 1 Cast-M84-viaStretta 1 1 1

288 Marina - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Mar-M20-viaBaylle 0 0 0 Mar-M22-via Sardegna 0 0 0 Mar-F31-viaDettori 1 0 1 Mar-F34-viaNapoli66 0 0 1 Mar-M37-viaDettori 0 0 0 Mar-M40-viaCavour 1 0 1 Mar-F43-viaS.Eulalia19 1 0 1 Mar-M44-viaMillelire 0 0 1 Mar-F51-viaNapoli66 1 1 0 Mar-F59-pzzaS.Sepolcro 0 0 0 Mar-F61-viaSardegna 0 0 0 Mar-M61-viaBarcellona 1 0 1 Mar-M62-pzzaS.Sepolcro 1 0 1

289 Stampace - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Stamp-F23-vialeTrieste 1 0 1 Stamp-M25-p.zzaCarmine 0 1 Stamp-M34-viaMaddalena44 1 Stamp-M34-viaMalta4 1 1 Stamp-F35-vialeTrieste23 1 0 0 Stamp-F37-viaS.Efisio 0 0 1 Stamp-F39-corsovitem396 1 0 1 Stamp-M42-corsovitem207 1 1 Stamp-F44-corsovitem 1 0 1 Stamp-M45-corsovitem321 1 0 Stamp-F46-corsovitem321 0 0 1 Stamp-F47-viaFara 1 1 1 Stamp-M47-corsovitem431 1 0 1 Stamp-M48-viaMalta7 1 1 1 Stamp-M49-viaPalabanda 1 1 1 Stamp-M50-corsovitem396 0 0 1 Stamp-F52-corsovitem29 1 1 1 Stamp-M56-p.zzaYenne 1 0 1 Stamp-F58-p.zzaYenne 0 1 Stamp-M58-viaSassari(inf.1) 1 Stamp-M58-viaSassari(inf.2) 0 0 1

290 Stamp-M59-viaS.Efisio 1 1 1 Stamp-F62-corsovitem 1 1 1 Stamp-F62-corsovitem178 1 1 1 Stamp-M62-viaAzuni 1 1 1 Stamp-M63-vialeTrento6 1 0 1 Stamp-M64-p.zzaCarmine34 1 1 1 Stamp-F66-viaMalta 1 1 1 Stamp-F66-viaOspedale 1 1 1 Stamp-M66-viaOspedale3 1 0 1 Stamp-F67-viaSassari130 0 1 Stamp-M68-viaSassari 1 1 1 Stamp-M72-viaOspedale3 1 0 1

Villanova - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Villan-M24-viaGiardini 0 0 1 Villan-F25-viaOlbia 0 0 1 Villan-M26-viaS.Domenico 0 0 1

291 Villan-F29-viaAlghero 0 0 1 Villan-F37-viaMillelire 1 0 1 Villan-M37-viaSonnino155 1 1 Villan-F38-p.zzaS.Domenico 0 0 1 Villan-F38-viaAbba41 0 0 1 Villan-M40-viaGiardini175 0 0 1 Villan-M40-viaS.Domenico 0 0 1 Villan-F43-viaCostituzione 1 1 Villan-M44-viaS.Giovanni 0 1 Villan-M47-p.zzaS.Domenico 0 1 Villan-M48-viaEinaudi44 0 0 1 Villan-M49-viaS.Giovanni 0 0 1 Villan-F50-viaS.Domenico2 1 0 1 Villan-M57-viaGaribaldi258 1 1 1 Villan-F58-viaAlghero13 1 1 Villan-M59-viaS.Giacomo20 0 0 Villan-M60-p.zzaS.Domenico 1 0 1 Villan-F61-viaS.Domenico 0 0 1 Villan-F61-viaTempio24 1 0 Villan-M62-viaGiardini 1 0 1 Villan-F64-viaS.Domenico 1 1 1 Villan-M65-viaAlghero13 1 1 Villan-F67-viaMacomer21 1 1 1 Villan-F71-viaE.D'Arborea15 1 1 1 Villan-F71-viaPiccioni 1 1 1 Villan-M72-viaSulis 1 1 1 Villan-M73-viaManno 1 0 1 Villan-F74-viaOlbia 1 0 1 Villan-F80-viaS.Giovanni 0 0 0 Villan-M80-viaS.Giovanni 1 1 1 Villan-F83-viaS.Domenico2 1 1 1 Villan-M85-viaS.Giovanni 1 0 1

292 Fonsarda - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Fons-F18-ViaG.Mariano56 0 1 Fons-M20-ViaBacaredda99 0 0 1 Fons-M23-ViaDonoratico43 0 1 0 Fons-F26-ViaBacaredda168 0 1 Fons-M29-ViaGGuglielmo 0 0 1 Fons-M30-ViaBacaredda99 0 0 1 Fons-F34-ViaGiudicati22 1 Fons-M35-ViaG.Guglielmo71 0 0 1 Fons-M36-ViaS. Rosa 0 0 1 Fons-M38-ViaBandello2 0 0 1 Fons-F41-PiazzaBaezza12 1 0 Fons-M41-ViaGiudicessaBenedetta22 0 0 1 Fons-F41-ViaG.Chiano32 0 0 1 Fons-M42-ViaBelgrano2 0 0 1 Fons-F42-ViaCastiglione79 0 0 0 Fons-F42-ViaR.Salvatore53 1 0 1 Fons-F45-ViaG.Benedetta10 0 0 1 Fons-M45-ViaF.Ciusa55 0 0 1 Fons-F45-ViadelPlatano19 1 1 Fons-F45-ViaG.Guglielmo 1 1 1 Fons-M46-ViaG.Mariano15 0 0 1

293 Fons-F48-ViaCapraia 0 0 1 Fons-M48-ViaGiudicati22 0 0 1 Fons-M49-ViaSCarloBorromeo16 0 0 0 Fons-M52-ViaCapula13 1 0 1 Fons-F52-ViaGGuglielmo12 0 0 1 Fons-F53-ViaGiudicessaBenedetta44 0 0 Fons-F53-Via XXVIIIFebbraio15 1 0 1 F54-ViaVisconti30 0 0 1 Fons-M54-ViaVisconti30 1 0 1 Fons-F55-ViaG.Mariano 0 0 1 Fons-M55-ViaBelgrano2 1 0 1 Fons-F56-ViaCapula26 1 1 Fons-M56-ViaGMariano48 1 0 1 Fons-F60-ViaG.Guglielmo 1 0 1 Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 1 0 1 Fons-F64-ViaF.Ciusa99 0 0 1 Fons-F64-ViaGiudice 1 1 Fons-F65-ViaG.Mariano 1 1 1 Fons-F66-ViaG.Guglielmo71 1 1 1 Fons-F71-ViaGiudicati48 1 0 1 Fons-F72-ViaDonoratico48 1 Fons-M74-ViaG.Mariano56 1 0 1 Fons-M75-ViaG.Mariano 1 0 1 Fons-M76-ViaGiudiceChiano10 1 0 1 Fons-M79-ViaG.Mariano39 1 0 Fons-M80-ViaChiabrera26 1 0 1 Fons-F83-ViaDonoratico43 1 0 1 Fons-F89-PzzaBaezza 1 0 1 Fons-F90-ViaGiudicati48 1 1 1 Fons-F94-Via G.Guglielmo55 1 1 1

294 Bonaria "tempo" "corpo" "freddo" Informatori Bon-M20-viaMilano 0 0 0 Bon-M27-viaLoru 0 1 Bon-F28-viaLoru 0 1 Bon-F30-vialeBonaria 1 0 1 Bon-M31-viaPineta 1 1 Bon-M31-viaFirenze 0 1 Bon-M31-viaMessina 0 0 1 Bon-M32-viaFirenze(inf.1) 1 Bon-M32-viaFirenze(inf.2) 0 1 Bon-F35-viaMilano6 0 1 Bon-M36-viaLoru 1 0 1 Bon-F46-viaMilano 1 0 1 Bon-M46-viaAncona 0 1 Bon-F46-viaPalermo 0 0 1 Bon-F60-viaAosta 1 Bon-F60-viaPalermo 0 0 1 Bon-M60-viaAosta 0 0 1

295 Bon-M70-viaLivorno 1 1 Bon-M72-viaPalermo 1 0 1 Bon-M76-viaLivorno 1 1 Bon-M77-viaLivorno 1 1

Monte Urpinu - Informatori "tempo" "corpo" "freddo" Monurp-F25-viaPalomba53 0 0 1 Monurp-M32-viaPineta 0 0 1 Monurp-F33-viaPineta207 1 0 1 Monurp-F39-largoGennari 1 1 Monurp-M51-viaScano8 1 1 1 Monurp-F61-viaBesta 1 1 1 Monurp-F65-viaScano 0 Monurp-F69-viaCagna 1 1 1 Monurp-M69-viaCagna 1 1 1 Monurp-M70-viaPineta93 1 0 Monurp-F71-viaPineta73 1 1 1 Monurp-M80-viaScano 1 1 1 Monurp-F82-viaPineta 1 0 1

296 La resistenza o, all'inverso, la perdita della -s dei neutri antichi, oltre ad interessare in maniera disomogena i tre appellativi considerati, è correlata in prima battuta alla classe di età, come evidenzia il grafico seguente. Per quanto riguarda i quattro quartieri storici di Cagliari, su un totale di 90 informatori (sono stati conteggiati solo quelli cha hanno fornito almeno una traduzione agli appellativi num. 54, 56 e 56 del questionario micro), i dati riguardanti corpus 'corpo', l'appellativo che appare maggiormente esposto all'erosione della -s, sono presentati nel seguente grafico. Risulta evidente come il picco delle occorrenze di corpus si situi in corrispondenza delle classi di età più elevate: ben 14 informatori di 46-65 anni e 12 oltre i 66 anni. La medesima correlazione è individuabile anche per quanto riguarda il quartiere di Fonsarda (Vaccargiu 2014: 144):

297 298 I quartieri di Bonaria e Monte Urpinu palesano la medesima tendenza: da notare il picco di 5 informatori che si situa nella classe di età 66 anni e oltre.

All'inverso la presenza della variante innovativa corpu, priva della desinenza che continua il neutro, caratterizza le fasce d'età medie. Il seguente grafico riguarda i quattro quartieri storici in cui è evidente il picco di 21 informatori della classe di età 26-45 che hanno utilizzato la variante innovativa:

299 Per quanto riguarda i quartieri di Fonsarda, Bonaria e Monte Urpinu la correlazione è evidente dai seguenti grafici:

300 Poiché la -s di CORPUS appare quella più soggetta alle sollecitazioni erosive dell'italiano è interessante osservare, in relazione a tale aspetto, il comportamento dei singoli quartieri. Dai dati della seguente griglia emerge la notevole percentuale di conservatività dei quartieri di Monte Urpinu, Castello e Stampace. All'inverso i quartieri che presentano le percentuali più alte di innovatività sono Marina, Bonaria e Fonsarda.

Quartiere Num. Totale varianti Num. occorrenze Num. occorrenze Percentuale Percentuale informatori pertinenti varianti varianti conservatività innovatività tradotte conservative innovative Castello 9 9 5 4 55,55 % 44,44 % Marina 13 13 1 12 7,69 % 92,30 % Stampace 33 27 12 15 44,44 % 55,55 % Villanova 35 28 8 20 28,57 % 71,42 % Bonaria 21 11 1 10 9,090 % 90,90 % M.te Urpinu 13 11 7 4 63,63 % 36,36 % Fonsarda 51 44 7 37 15,90 % 84,09 %

I dati appaiono complessivamente in linea con la distribuzione numerica di alcune varianti fonetiche e lessicali precendentemente analizzate (vd. par. 6.5.1; 6.5.2; 6.6 ss) da cui risultano maggiormente conservativi i quartieri di Stampace, Castello e Monte Urpinu e maggiormente innovativi i quartieri di Fonsarda, Bonaria e Villanova.

6.7.1 Il singolare collettivo Un altro tratto morfologico di particolare interesse per le indagini sulle interferenze dell'italiano sul sardo in contesto urbano è il singolare collettivo, in generale utilizzato per la designazione di una quantità generica di legumi, frutti, animali o insetti (Dettori 2002). Considerando esclusivamente gli informatori che hanno svolto in toto o in parte il questionaro micro, i dati sono i seguenti (x = fricativa palato-alveolare sonora; ? = occlusiva laringale; R = fricativa/approssimante uvulare; la casella vuota indica risposta assente o non pertinente).

Informatore Ci sono molte mosche le fave le pere le olive le pulci le mosche Castello Cast-F31-viadeiGenovesi muscas fa pira oRia pùxiRi musca Cast-M32-viaLaMarmora muscas Cast-M43-viaLaMarmora13 muscas fa piras pùxis moschittus Cast-M47-viaCanelles muscas fais obia puxi musca Cast-F54-viadeiGenovesi90 musca faixedda pira obias muscas

301 Cast-F64-viaLaMarmora muscas fae pira olias musca Cast-F68-viaLaMarmora musca fa pira olia pùRixi musca Cast-M70-viaLaMarmora muscas fai pira olia pìnnixi musca Cast-M84-viaStretta musca fae pira olia musca Marina Mar-M20-viaBaylle muschittus fais piras muschittus Mar-M22-viaSardegna musconi fa piras olias Mar-F31-viaDettori muscas fa pira oRia pùxiRi musca Mar-F34-viaNapoli66 moscas fa piras Mar-M37-viaDettori musca fais piras olias priogu musca Mar-M40-viaCavour muschittus fa piras muschittus Mar-F43-viaS.Eulalia19 muscas fa pira musca Mar-M44-viaMillelire muschittus fa pira olia muscas Mar-F51-viaNapoli66 musca faba pira olia Mar-F59-p.zzaS.Sepolcro fais pira olias Mar-F59-viaDettori37 muscas Mar-M59-viaDettori muscas Mar-F61-viaSardegna muschixeddas fais pira Mar-M61-viaBarcellona musca pira obia musca Mar-M62-p.zzaS.Sepolcro musca fa piras olia puxi musc Stampace Stamp-F23-vialeTrieste muscas fa pira olia priogu muscas Stamp-M25-p.zzaCarmine muschittus fa piras olias Stamp-M34-viaMalta4 musca fai pira Stamp-M34-viaMaddalena44 muscas pira Stamp-F35-vialeTrieste23 muscas piri?eddas Stamp-F37-viaS.Efisio muschittus fa pira Stamp-F39-cor.Vit.Em.396 muschittus piras Stamp-M42-cor.Vit.Em.207 muscas fa pira olias Stamp-F44-cor.Vit.Em. muscas fais piras Stamp-M45-cor.Vit.Em.321 fai olia Stamp-F46-cor.Vit.Em.321 musca fa pira olia Stamp-M47-cor.Vit.Em.431 muscas fai piras olias musca Stamp-F47-viaFara muscas faixedda piras olia pùlixi muscas Stamp-M48-viaOspedale14 musca Stamp-M48-viaMalta7 muschittu fa pira Stamp-M49-viaPalabanda muschittu fai pira Stamp-M50-cor.Vit.Em.396 muscas pira olia muscas Stamp-F52-cor.Vit.Em.29 muscas Stamp-M56-p.zzaYenne musca fa pira olia pùlixi musca

302 Stamp-M58-viaSassari77(inf. 1) muscas fai pira Stamp-M58-viaSassari77(inf. 2) piras olias Stamp-F58-p.zzaYenne muscas pùlixi Stamp-M59-viaS.Efisio muschittu fai pira olia pùlixi Stamp-F62-cor.Vit.Em.178 musca fa pira oRia Stamp-F62-cor.Vit.Em. muscas fa pira obias puxi musca Stamp-M63-viaTrento6 muscas fai pira musca Stamp-M64-p.zzaCarmine34 musca fai piras olia pùlixi Stamp-F66-viaOspedale musca pira Stamp-M66-viaOspedale3 muscas fai pira olia Stamp-F67-viaSassari130 muschittus Stamp-M72-viaOspedale3 musca fai pira olia Villanova Villan-M24-viaGiardini muscas fais pira olias muscas Villan-F25-viaOlbia muscas piras Villan-M26-viaS.Domenico musca fa piras olias musca Villan-F29-viaAlghero muscas fa pira obia musca Villan-F37-viaMillelire muscas fai pira olia musca Villan-M37-viaSonnino155 musca fa pira musca Villan-F38-p.zzaS.Domenico fa pira olias Villan-F38-viaAbba41 muscas fa piras olia Villan-M40-viaGiardini175 muschittu fa pira olia muschittu Villan-M40-viaS.Domenico musca fai pira olia pùlixi musca Villan-F43-viaCostituzione musca fa pira olia musca Villan-M44-viaS.Giovanni musca faixedda pira olia Villan-M47-p.zzaS.Domenico muscas fai pira olia pùlixi musca Villan-M48-viaEinaudi44 muschittas fa pira olias muscas Villan-M49-viaS.Giovanni muschittu fai Villan-F50-viaS.Domenico2 muscas fai pira olia musca Villan-F50-viaGiardini194 muscas Villan-M57-viaGaribaldi258 musca fa pira Villan-F58-viaAlghero13 muscas piras Villan-M59-viaS.Giacomo20 musca fa pira olia Villan-M60-p.zzaS.Domenico muscas fa pira oRias priogu musca Villan-F61-viaTempio24 muscas fae pira olia Villan-M62-viaGiardini muscas fa pira olia priogu musca Villan-F64-viaS.Domenico muscas fa pira oia puxi musca Villan-M65-viaAlghero13 muscas olia Villan-F67-viaMacomer21 muscas fai pira olias Villan-F71-viaPiccioni musca fai pira olia

303 Villan-F71-viaE.d'Arborea15 musca fai pira olia pìnnixi musca Villan-M73-viaManno musca fai piras olias pìnnixi musca Villan-F74-viaOlbia musca fa pira obia puxi Villan-F80-viaS.Giovanni musca faixedda Villan-M80-viaS.Giovanni musca fa pira olia pùlixi musca Villan-F83-viaS.Domenico2 musca fai pira Villan-M85-viaS.Giovanni muscas faixedda piras olias pùlixi muscas Fonsarda Fons-F18-ViaG.Mariano56 faixedda pira olia musca Fons-M20-ViaBacaredda99 moscas favas piras olias moscas Fons-M23-ViaDonoratico43 faixedda muscas Fons-F26-ViaBacaredda168 fa pera olias pùlixi mosca Fons-M29-ViaG.Guglielmo muschittu faixedda piras olias puxu musca Fons-M30-ViaBacaredda99 muschittedda faixeddas pira obia puxu muscas Fons-F34-ViaGiudicati22 muscas pira obia priogu muschitta Fons-M35-ViaG.Guglielmo71 muscas faixeddas pira olias pùlixi muscas Fons-M36-ViaS.Rosa faixedda pira olia moschittu Fons-M38-ViaBandello2 muschittu fa pira obia puxi musca Fons-F41-P.zzaBaezza12 musca fa pira olia pùlixi musca Fons-M41-ViaGiud.Benedetta22 moschittu fai pira olia purci mosca Fons-F41-ViaG.Chiano32 muscas fava pira olia pùlixi musca Fons-F42-ViaCastiglione79 muscas fa pira olia pùlixi muscas Fons-F42-ViaR.Salvatore53 moscas fa pira olia pùlixi moscas Fons-M42-ViaBelgrano2 musca faixedda pira olia pùlixi muscas Fons-F45-ViadelPlatano19 moscas fava pira olias muschittu Fons-F45-ViaG.Benedetta10 musca fae piras olia puxi mosche Fons-M45-ViaF.Ciusa55 muscas fa pira olia muscas Fons-F45-ViaG.Guglielmo muscas fa pira olias pùlixi musca Fons-M46-ViaG.Mariano15 muschittu fava pira olia musc Fons-F48-ViaCapraia muscas fai pira olia muscas Fons-M48-ViadeiGiudicati22 muschittus favixeddas pira olias pùligas moschittus Fons-M49-ViaS.CarloBorromeo16 muscas favixeddas pira olia pùlixi muschittu Fons-F52-ViaG.Guglielmo12 moscas pira olias priogus muscas Fons-M52-ViaCapula13 muschittu fai pera olia pùlixi musca Fons- F53-ViaG.Benedetta44 muschittus pira olia musca Fons-F53-Via XXVIIIFebbraio15 musca fa pira olia pùlixi musca Fons-F54-ViadeiVisconti30 muscas faixedda pira olia pùlixi musca Fons-M54-ViadeiVisconti30 muscas fai pira olias pùlixi musca Fons-F55-ViaG.Mariano moscas faixedda piras olia pùlixi muscas Fons-M55-Via Belgrano2 musca fa pira obia puxi musca

304 Fons-F56-ViaCapula26 musca fava piras olia moschittus Fons-M56-Via Giudice Mariano48 musca faixedda pira olia pùlixi musca Fons-F60-ViaG.Guglielmo muscas fa pira olia pùlixi musca Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 muschittu fai pira olia pùlixi musca Fons-F64-ViaF.Ciusa99 muscas faixedda pira olia pùlixi musca Fons-F64-ViaGiudiceChiano10 musca fa pira olia pùligi musca Fons-F65-ViaG.Mariano musca fa pira obia pugi musca Fons-F66-ViaG.Guglielmo71 muscas fai pira olia pùlixi musca Fons-F71-ViadeiGiudicati48 muscas fa pira obia puxi musca Fons-F72-ViadeiDonoratico48 musca fae pira olia pùlighe musca Fons-M74-ViaG.Mariano56 muscas fa pira olia pùligi musca Fons-M75-ViaG.Mariano musca fa pira obia pùxi musca Fons-M76-Via G.Chiano10 musca fai pira olia pùlixi musca Fons-M79-Via G. Mariano39 mosca fae pira olia pùlighe musca Fons-M80-ViaChiabrera26 musca fai pira olia pùlixi musca Fons-F83-ViadeiDonoratico43 muscas fa pira olia pùlixi musca Fons-F89-P.zzaBaezza fai pira olia pùlixi musca Fons-F90-ViadeiGiudicati48 musca fai pira olia pùlixi musca Fons-F94-ViaG.Guglielmo55 musca fai pira olia frumigas musca Bonaria Bon-M20-viaMilano muscas fa piras olia muscas Bon-M27-viaLoru muschittu Bon-F28-viaLoru muschittu Bon-F30-vialeBonaria musca fa piras olia Bon-M31-viaFirenze favas Bon-M31-viaPineta musca fa pira olia Bon-M31-viaMessina muschittus fais piras olia muschittus Bon-M32-viaFirenze (inf.1) fais piras Bon-M32-viaFirenze (inf.2) muscas fai piras olias Bon-F35-viaMilano6 muschittu pira olia Bon-M36-viaLoru muschittu fai piras Bon-F46-viaMilano fa olias musca Bon-F46-viaPalermo fai piras olias musca Bon-M46-viaAncona muscas fa pira olia musca Bon-F55-viaMilano6 musca fai pira olia Bon-M57-viaAncona musca Bon-F60-viaAosta fa pira olia Bon-F60-viaPalermo muscas fais piras olias muscas Bon-M60-viaAosta fai pira olia Bon-M70-viaLivorno fais pira olia

305 Bon-M72-viaPalermo (inf.1) musca fai pira olia muscas Bon-M76-viaLivorno muscas fai pira olia Bon-M77-viaLivorno pira olia Monte Urpinu Monurp-F25-viaPalomba53 musca fa pira olia puxi Monurp-M32-viaPineta fa pira olia musca Monurp-F33-viaPineta207 muscas fa piras olias muscas Monurp-F39-largoGennari muscas fa pira ulia pùlighe musca Monurp-M51-viaScano8 musca fa pira oRia pùxiRi musca Monurp-F61-viaBesta musca fa pira oRia Monurp-F65-viaScano musca fa piras muscas Monurp-F69-viaCagna musca fa pira olia musca Monurp-M69-viaCagna musca fai pira olia musca Monurp-M70-viaScano muscas Monurp-F71-viaPineta73 muscas fa pira olia Monurp-M80-viaScano muschittus fa pira olia musca Monurp-F82-viaPineta muscas fa pira olia musca

Una prima osservazione significativa che emerge dai dati repertoriati nella griglia è la frequenza dei casi in cui uno stesso informatore, accanto ad occorrenze di singolare collettivo, utilizza varianti che ne sono prive, aspetto del resto già sottolineato nel quartiere Fonsarda (Vaccargiu 2014: 150) e nei quattro quartieri storici di Castello, Marina, Stampace e Villanova (Virdis 2013: 177). I casi di occorrenze coerenti, siano esse di perdita o di mantenimento, sono invece molto più rari; questi ultimi, elencati nella griglia seguente, permettono alcune osservazioni:

Occorrenze coerenti di mantenimento del Occorrenze coerenti di perdita del singolare collettivo singolare collettivo Cast-F68-viaLaMarmora Cast-M32-viaLaMarmora Cast-M84-viaStretta Mar-M20-viaBaylle Mar-F51-viaNapoli66 Mar-F59-viaDettori37 Mar-M61-viaBarcellona Mar-M59-viaDettori Stamp-M34-viaMalta4 Stamp-F35-vialeTrieste23 Stamp-F46-cor.Vit.Em.321 Stamp-F39-cor.Vit.Em.396 Stamp-M48-viaOspedale14 Stamp-F44-cor.Vit.Em. Stamp-M48-viaMalta7 Stamp-F52-cor.Vit.Em.29 Stamp-M49-viaPalabanda Stamp-M58-viaSassari77(2) Stamp-M56-p.zzaYenne Stamp-F67-viaSassari130 Stamp-M59-viaS.Efisio Villan-F25-viaOlbia Stamp-F62-cor.Vit.Em.178 Villan-F50-viaGiardini194

306 Stamp-F66-viaOspedale Villan-F58-viaAlghero13 Stamp-M72-viaOspedale3 Fons-M20-ViaBacaredda99 Villan-M37-viaSonnino155 Bon-M31-viaFirenze Villan-M40-viaGiardini175 Bon-M32-viaFirenze (inf.1) Villan-M40-viaS.Domenico Bon-F60-viaPalermo Villan-F43-viaCostituzione Monurp-M70-viaScano Villan-M44-viaS.Giovanni Villan-M49-viaS.Giovanni Villan-M57-viaGaribaldi258 Villan-M59-viaS.Giacomo20 Villan-F71-viaPiccioni Villan-F71-viaE.d'Arborea15 Villan-F74-viaOlbia Villan-F80-viaS.Giovanni Villan-M80-viaS.Giovanni Villan-F83-viaS.Domenico2 Fons-F18-ViaG.Mariano56 Fons-M36-ViaS.Rosa Fons-M38-ViaBandello2 Fons-F41-P.zzaBaezza12 Fons-M41-ViaGiud.Benedetta22 Fons-M46-ViaG.Mariano15 Fons-M52-ViaCapula13 Fons-F53-Via XXVIIIFebbraio15 Fons-M55-Via Belgrano2 Fons-M56-Via Giudice Mariano48 Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 Fons-F64-ViaGiudiceChiano10 Fons-F65-ViaG.Mariano Fons-F72-ViadeiDonoratico48 Fons-M75-ViaG.Mariano Fons-M76-Via G.Chiano10 Fons-M79-Via G. Mariano39 Fons-M80-ViaChiabrera26 Fons-F89-P.zzaBaezza Fons-F90-ViadeiGiudicati48 Bon-M27-viaLoru Bon-F28-viaLoru Bon-M31-viaPineta Bon-F35-viaMilano6

307 Bon-F55-viaMilano6 Bon-M57-viaAncona Bon-F60-viaAosta Bon-M60-viaAosta Bon-M77-viaLivorno Monurp-F25-viaPalomba53 Monurp-M51-viaScano8 Monurp-F61-viaBesta Monurp-F69-viaCagna Monurp-M69-viaCagna

Innanzitutto si noterà una notevole disparità numerica, con una nettissima maggioranza di informatori che mantengono coerentemente in tutte le traduzioni fornite il singolare collettivo a confronto di quelli che invece, altrettando coerentemente, non lo utilizzano. Analizzando la classe di età si noterà, in generale, che gli informatori che utilizzano coerentemente tale tratto morfologico ricadono in quelle medio-alte: su un totale di 62 informatori, ben 46 appartengono alla classe di età compresa tra i 46 e i 66 anni e oltre. La correlazione con l'età non appare altrettanto chiara analizzando gli informatori che invece, risentendo dell'influenza dell'italiano, non utilizzano il singolare collettivo: su un totale di 18 informatori la metà appartengono alla classe di età compresa tra i 10 e i 45 anni. Anche la provenienza dell'informatore e dei rispettivi genitori, così come per altri tratti strutturali precedentemente analizzati, appare correlata al mantenimento coerente del singolare collettivo, come evidenzia la seguente griglia:

Occorrenze coerenti di uso del singolare Luogo di nascita Luogo di nascita genitori collettivo Cast-F68-viaLaMarmora Cagliari M: S. Basilio; P: S. Basilio Cast-M84-viaStretta Guasila M: Guasila; P: Guasila Mar-F51-viaNapoli66 Bitti M: Bitti; P: Bitti Mar-M61-viaBarcellona S. Sperate M: S. Sperate; P: Monastir Stamp-M34-viaMalta4 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-F46-cor.Vit.Em.321 Cagliari M: Sanluri; P: Cagliari Stamp-M48-viaOspedale14 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M48-viaMalta7 Cagliari M: Sanluri; P: Orroli Stamp-M49-viaPalabanda Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M56-p.zzaYenne Teulada M: Teulada; P: Teulada Stamp-M59-viaS.Efisio Cagliari M: Cagliari; P: Napoli

308 Stamp-F62-cor.Vit.Em.178 Villasalto M: Villasalto; P: Villasalto Stamp-F66-viaOspedale Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Stamp-M72-viaOspedale3 Cagliari M: Monserrato; P: Cagliari Villan-M37-viaSonnino155 Cagliari M: Teulada; P: Orroli Villan-M40-viaGiardini175 Cagliari M: Dolianova; P: Dolianova Villan-M40-viaS.Domenico Cagliari M: Ollastra; P: Cagliari Villan-F43-viaCostituzione Mogoro M: Mogoro; P: Mogoro Villan-M44-viaS.Giovanni Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M49-viaS.Giovanni Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Villan-M57-viaGaribaldi258 Nurri M: Nurri; P: Nurri Villan-M59-viaS.Giacomo20 Serramanna M: Portuscuso; P: Serramanna Villan-F71-viaPiccioni Guspini M: Arbus; P: Fluminimaggiore Villan-F71-viaE.d'Arborea15 Orroli M: Orroli; P: Orroli Villan-F74-viaOlbia Ales M: Ales; P: Ales Villan-F80-viaS.Giovanni Decimomannu M: Decimomannu; P: Decimomannu Villan-M80-viaS.Giovanni Teulada M: Teulada; P: Teulada Villan-F83-viaS.Domenico2 Orroli M: Orroli; P: Orroli Fons-F18-ViaG.Mariano56 Cagliari M: Carbonia; P: Cagliari Fons-M36-ViaS.Rosa Cagliari M: Roma; P: Quartu Sant'Elena Fons-M38-ViaBandello2 Villanovafranca M: Sanluri; P: Villanovafranca Fons-F41-P.zzaBaezza12 Lanusei M: Lanusei; P: Lanusei Fons-M41-ViaGiud.Benedetta22 Tortolì M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M46-ViaG.Mariano15 Cagliari M: Gergei; P: VillaMar Fons-M52-ViaCapula13 Cagliari M: Sassari; P: Cagliari Fons-F53-Via XXVIIIFebbraio15 Cagliari M: Cagliari; P: Nurallao Fons-M55-Via Belgrano2 Furtei M: Furtei; P: Furtei Fons-M56-Via Giudice Mariano48 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-M60-ViaG.Guglielmo71 Francia M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F64-ViaGiudiceChiano10 Seui M: Seui; P: Seui Fons-F65-ViaG.Mariano Gergei M: Gergei; P: Gergei Fons-F72-ViadeiDonoratico48 Bultei M: Alà dei Sardi; P: Alà dei Sardi Fons-M75-ViaG.Mariano Villamar M: Villamar; P: Villamar Fons-M76-Via G.Chiano10 Seui M: Seui; P: Seui Fons-M79-Via G. Mariano39 Padria M: Padria; P: Padria Fons-M80-ViaChiabrera26 Cagliari M: Cagliari; P: Cosenza Fons-F89-P.zzaBaezza Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Fons-F90-ViadeiGiudicati48 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M27-viaLoru Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F28-viaLoru Cagliari M: Sicilia; P: Nuoro Bon-M31-viaPineta Cagliari M: Ussassai; P: Seui

309 Bon-F35-viaMilano6 Cagliari M: Cagliari; P: Lanusei Bon-F55-viaMilano6 Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-M57-viaAncona Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Bon-F60-viaAosta Martis M: Sassari; P: Sassari Bon-M60-viaAosta Ragusa M: Ragusa; P: Ragusa Bon-M77-viaLivorno Cagliari M: Cagliari; P: Cagliari Monurp-F25-viaPalomba53 Oristano M: Oristano; P: Terralba Monurp-M51-viaScano8 Isili M: Gergei; P: Gergei Monurp-F61-viaBesta Isili M: Nurri; P: Gergei Monurp-F69-viaCagna Ballao M: Ballao; P: Ballao Monurp-M69-viaCagna Mogoro M: Bugerru; P: Cagliari

Si osservi che su un totale di 62 informatori, quasi la metà (30) sono nati presso centri rurali della Sardegna, 33 hanno entrambi i genitori nati presso centri rurali della Sardegna e 9 hanno almeno un genitore nato presso un centro della Sardegna diverso da Cagliari. Così come evidenziato anche per altri tratti conservativi rilevati a Cagliari, la presenza del singolare collettivo risulta correlata non solo al luogo di nascita dell'informatore ma anche a quello dei rispettivi genitori. Questi hanno verosimilmente esposto i figli a varietà sarde maggiormente refrattarie alle innovazioni, proprie appunto dei centri rurali. I figli, a prescindere dal luogo di nascita, hanno così appreso tali varietà e hanno in generale potuto mantenerne più o meno stabili le competenze attive e/o passive, recandosi periodicamente presso i centri rurali per ragioni affettive dettate dalla presenza della cerchia parentale. Ulteriori spunti di analisi, in tal caso pertinenti all'ambito dei problemi legati alla raccolta dati attraverso il questionario basato sulla traduzione (vd. par. 5.7 ss), possono essere evidenziati esaminando i dati degli informatori che non hanno fornito risposte coerenti. Un interessante aspetto emerge infatti confrontando le traduzioni dell'appellativo 'mosche', che compare sia alla domanda n. 2 che alla n. 69, quindi all'inizio del questionario e nelle sezioni finali. Osservando i corrispettivi forniti esclusivamente dagli informatori che le hanno tradotte entrambe (con musca, -s e/o muschittu, -s), la seguente griglia evidenzia una notevole discrepanza numerica: 33 informatori, traducendo 'mosche', hanno prima fornito una risposta priva del singolare collettivo e nel proseguo dell'inchiesta hanno fornito invece una risposta con il singolare collettivo. I casi opposti sono numericamente molto più scarsi, appena 6.

310 numero di informatori Domanda n. 2 = muscas; domanda n. 69 = musca 33 Domanda n. 2 = musca; domanda n. 69 = muscas 6

L'ipotesi è che la prima risposta in cui il singolare collettivo non compare e che corrisponde alla domanda n.2 del questionario sia l'esito dell'influsso dell'italiano sulla traduzione, influsso più forte nelle parti iniziali dell'inchiesta, quando l'informatore non si è ancora sufficientemente familiarizzato con gli esercizi che deve compiere e avverte maggiormente lo 'stress' dell'intervista. Occorre infatti notare che esaminando tutte le traduzioni date da tali 33 informatori alle frasi pertinenti al rilievo del singolare collettivo (domande num. 2, 65, 66, 67, 68 e 69) è principalmente quella alla domanda n. 2 che appare 'eccentrica' rispetto alle restanti:

Informatori che hanno tradotto Ci sono molte mosche le fave le pere le olive le pulci le mosche muscas (alla domanda n.2) e musca (alla domanda n. 69) Cast-F31-viadeiGenovesi muscas fa pira oRia pùxiRi musca Cast-M47-viaCanelles muscas fais x obia puxi musca Cast-F64-viaLaMarmora muscas fae pira olias x musca Cast-M70-viaLaMarmora muscas fai pira olia pìnnixi musca Mar-F31-viaDettori muscas fa pira oRia pùxiRi musca Mar-F43-viaS.Eulalia19 muscas fa pira x x musca Stamp-M47-cor.Vit.Em.431 muscas fai piras olias x musca Stamp-F62-cor.Vit.Em. muscas fa pira obias puxi musca Stamp-M63-viaTrento6 muscas fai pira x x musca Villan-F29-viaAlghero muscas fa pira obia x musca Villan-F37-viaMillelire muscas fai pira olia x musca Villan-M47-p.zzaS.Domenico muscas fai pira olia pùlixi musca Villan-F50-viaS.Domenico2 muscas fai pira olia x musca Villan-M60-p.zzaS.Domenico muscas fa pira oRias priogu musca Villan-M62-viaGiardini muscas fa pira olia priogu musca Villan-F64-viaS.Domenico muscas fa pira oia puxi musca Fons-F41-ViaG.Chiano32 muscas fava pira olia pùlixi musca Fons-F45-ViadelPlatano19 moscas fava pira olias x muschittu Fons-F45-ViaG.Guglielmo muscas fa pira olias pùlixi musca Fons-M49-ViaS.CarloBorromeo16 muscas favixeddas pira olia pùlixi muschittu Fons- F53-ViaG.Benedetta44 muschittus x pira olia x musca Fons-F54-ViadeiVisconti30 muscas faixedda pira olia pùlixi musca Fons-M54-ViadeiVisconti30 muscas fai pira olias pùlixi musca

311 Fons-F60-ViaG.Guglielmo muscas fa pira olia pùlixi musca Fons-F64-ViaF.Ciusa99 muscas faixedda pira olia pùlixi musca Fons-F66-ViaG.Guglielmo71 muscas fai pira olia pùlixi musca Fons-F71-ViadeiGiudicati48 muscas fa pira obia puxi musca Fons-M74-ViaG.Mariano56 muscas fa pira olia pùligi musca Fons-F83-ViadeiDonoratico43 muscas fa pira olia pùlixi musca Bon-M46-viaAncona muscas fa pira olia x musca Monurp-F39-largoGennari muscas fa pira ulia pùlighe musca Monurp-M80-viaScano muschittus fa pira olia x musca Monurp-F82-viaPineta muscas fa pira olia x musca

7. Conclusioni In relazione agli aspetti scelti relativi alla parte 'macro', attraverso la focalizzazione sul sardo e l'analisi combinata delle risposte alla domanda n.14 (Quali sono le lingue e i dialetti che conosce) e alla domanda n.17 (Se conosce il sardo, mi può dire come descriverebbe la sua conoscenza?) tutti i quartieri sino ad ora esaminati evidenziano la netta correlazione tra l'autodichiarazione positiva della conoscenza attiva del sardo e la classe di età. Nell'ambito urbano di Cagliari sembra così evidente che l'autovalutazione della conoscenza del sardo è appannaggio, complessivamente, degli informatori oltre i 46 anni. L'analisi della correlazione tra autovalutazione positiva della competenza attiva e/o passiva del sardo e il genere evidenzia che presso i quattro quartieri storici della città (Castello, Marina, Stampace e Villanova) vi è la prevalenza della componente maschile, ma limitatamente alla classe di età 46-65 anni; nelle altre classi di età la correlazione non appare significativa. La situazione è invertita nei quartieri non storici sino ad ora analizzati (Fonsarda, Bonaria, Monte Urpinu) dove la componente femminile appare nettamente superiore rispetto a quella maschile nella classe di età dai 46 anni in poi. La correlazione tra autovalutazione positiva della conoscenza del sardo - di tipo attivo e/o passivo - e le classi d'età medio-alte e, all'inverso, l'autovalutazione della conoscenza lacunosa o nulla del sardo - sia di tipo attivo che passivo - e le classi di età più giovani appare differente nell'analisi del repertorio linguistico relativo alle lingue straniere, prevalentemente francese e inglese. La presenza di tali varietà nel repertorio individuale è sì correlata all'età ma in maniera del tutto differente. Complessivamente infatti il maggior numero di informatori che dichiarano la conoscenza dell'inglese appartengono alla classe di età che va dai 10 sino ai 45 anni; dichiarano invece di conoscere il francese principalmente informatori oltre i 45 anni. Per quanto riguarda la parte 'micro', attraverso l'elaborazione di una scala di punteggio che si

312 basa sul numero di esercizi tradotti - al di là della rispondenza più o meno prossima al sardo 'normativo' - si è evidenziato come la variabile sociale 'età' risulti particolarmente significativa, coerentemente con quanto emerso dall'analisi di alcune domande sul repertorio della sezione 'macro'. Complessivamente gli informatori che hanno totalizzato i punteggi più alti, traducendo quindi un maggior numero di esercizi, appaiono concentrarsi nelle classi di età oltre i 45 anni mentre i punteggi bassi si presentano perlopiù nelle classi giovani, di età inferiore ai 45 anni. I quartieri sino ad ora indagati appaiono tuttavia differenziarsi tra loro: la correlazione 'punteggio elevato-età elevata' è particolarmente netta nei quartieri di Castello, Stampace e Villanova. Meno leggibile la situazione di altri quartieri, come Marina, dove i punteggi più alti non presentano particolari concentrazioni presso le classi di età elevata. Nel quartiere Fonsarda si nota una significativa concentrazione di punteggi bassi nelle classi di età più giovani, mentre Bonaria e Monte Urpinu si distinguono per la notevole percentuale di informatori che non hanno svolto la parte 'micro'. Analizzando la correlazione tra punteggio ottenuto e genere si registra una lieve prevalenza della componente maschile. I punteggi più elevati sono stati infatti ottenuti prevalentemente da maschi in tutti e quattro i quartieri storici, oltre che a Bonaria; l'andamento è invece diverso a Fonsarda e soprattutto a Monte Urpinu dove è la componente femminile ad aver ottenuto i punteggi più elevati. La situazione è coerente con quanto rilevato dall'analisi delle risposte alla domanda 14 della sezione 'macro' (quali sono le lingue e i dialetti che conosce?): nei quartieri storici l'autovalutazione positiva della competenza attiva e/o passiva del sardo prevale nei maschi anche se limitatamente alla classe di età 46-65 anni mentre a Fonsarda e Monte Urpinu prevale la componente femminile dai 46 anni in poi. Il punteggio ottenuto da ogni informatore che, come s'è detto, si basa sul numero totale di esercizi tradotti, appare correlato in maniera particolarmente significativa sia con il luogo di nascita dell'informatore sia con quello dei rispettivi genitori. Infatti, restringendo l'analisi alla classe di età compresa tra i 10 e i 40 anni, quella maggiormente interessata dalla perdita della competenza attiva/passiva del sardo, emerge che i punteggi più elevati sono stati ottenuti dagli informatori con genitori entrambi nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. Punteggi di livello medio sono stati ottenuti da informatori con uno dei genitori nato a Cagliari e uno in un altro centro della Sardegna; i punteggi più bassi sono stati ottenuti dagli informatori con i genitori nati entrambi nel capoluogo di regione. Tale correlazione, valida in tutti i quartieri sino ad ora esaminati, evidenzia come il contesto urbano di Cagliari si presenti complessivamente debole nella trasmissione delle competenze attive e passive del sardo; all'inverso i centri della Sardegna non aventi carattere urbano ma 'rustico' costituiscono un contesto dove evidentemente la trasmissione del sardo avviene in

313 maniera più efficace. Si è osservata anche la variabile relativa alla località dove vivono o hanno vissuto i genitori dell'informatore, che può coincidere o no con i centri dove questi sono nati; è emerso, sempre attraverso l'esame dei dati forniti dagli informatori di età non superiore ai 40 anni, che i punteggi più alti, compresi tra 8 e 10, sono stati ottenuti con una prevalenza abbastanza netta specialmente nei quartieri di Bonaria e Monte Urpinu, da locutori con genitori viventi o vissuti presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. Complessivamente quindi un fattore che appare strettamente coinvolto nell'arginare l'erosione del sardo a Cagliari è sia la località di nascita dell'informatore sia quella dei rispettivi genitori, nonché il centro dove vivono o sono vissuti. Nel caso si tratti di centri rurali, dove le condizioni di permanenza dell'uso del sardo sono differenti rispetto al contesto urbano di Cagliari, è verosimile che gli informatori, recandosi periodicamente per ragioni familiari presso tali centri, abbiano avuto o abbiano ancora la possibilità o di interagire o di essere esposti al sardo, limitando in tal modo la perdita di competenza o rafforzandone l'uso. Per quanto attiene alla variabile riguardante il grado di istruzione, sempre in relazione alla classe di età compresa tra i 10 e i 40 anni che, come s'è detto, è quella maggiormente interessata dalla perdita della competenza attiva/passiva del sardo, si è evidenziato che gli informatori che hanno totalizzato punteggi elevati si caratterizzano per un grado di scolarizzazione di alto livello (diploma di scuola media superiore o laurea). Ciò è apprezzabile in tutti i quartieri ma soprattutto a Bonaria e Fonsarda. In relazione alla parte 'micro' del questionario è stata operata una scelta di fatti linguistici di tipo fonetico, morfosintattico e lessicale, sulla base sia del grado di variabilità sia sulla base dell'interesse per la verifica della vitalità o della progressiva scomparsa di tratti tipici cagliaritani, della loro diffusione tra informatori d’origine non cagliaritana e dell’estensione nello spazio urbano di aspetti strutturali propri di altre aree linguistiche della Sardegna. Uno dei tratti di natura fonetica esaminati è la rotacizzazione di -d.- in posizione intervocalica, sia in corpo di parola che in fonetica sintattica, che rappresenta uno dei tratti costitutivi della subvarietà campidanese di Cagliari. La rotacizzazione di -d.- in contesto di corpo di parola è stata esaminata attraverso la traduzione di sette frasi da cui complessivamente ne è emersa una ancora abbastanza salda presenza ma non in senso assoluto; infatti in quattro quartieri - Marina, Stampace, Villanova e Monte Urpinu - la percentuale di informatori che rotacizzano ma in alternanza con il mantenimento di -d.- appare piuttosto alta. Il quartiere che possiede la più alta percentuale di informatori che rotacizzano senza eccezioni è Bonaria mentre a Castello non si è avuto nessun informatore che ha rotacizzato in maniera assoluta. L'assenza assoluta di rotacizzazione che registra valori elevati a Castello e a Monte Urpinu può spiegarsi, in special modo per quanto riguarda il

314 primo quartiere, attraverso la considerazione degli aspetti relativi al popolamento, abitato recentemente e prevalentamente da persone di origine non cagliaritana. Interessante e meritevole di futuri approfondimenti è la posizione del quartiere di Bonaria, che registra elevatissime percentuali di informatori che rotacizzano senza eccezioni, forse da correlarsi alla località di nascita degli abitanti e dei rispettivi genitori. Infatti, che tale variabile sociale sia correlata alla presenza/assenza del tratto fonetico esaminato è comprovato dall'analisi compiuta su tutti gli informatori che hanno rotacizzato in maniera assoluta: su un totale di 38 informatori, ben 36 sono nati a Cagliari, 16 hanno entrambi i genitori nati a Cagliari e 15 hanno almeno un genitore nato a Cagliari. I numeri riguardanti gli informatori che invece non hanno rotacizzato in alcuna occorrenza sono i seguenti: su un totale di 56 informatori, ben 40 sono nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari e 49 hanno entrambi i genitori nati presso centri della Sardegna diversi da Cagliari. La scelta di esaminare separatamente il fenomeno della rotacizzazione in contesto di fonia sintattica nasce dalla constatazione che un rilevante numero di informatori che hanno fatto uso di forme rotacizzate in maniera assoluta o prevalente nel contesto di corpo di parola, hanno invece utilizzato forme non rotacizzate in contesto di fonetica sintattica: ciò ha indotto a ritenere che in tale contesto tale tratto fonetico sia un tratto conservativo, attestato prevalentemente presso locutori di età alta, nati a Cagliari e con genitori entrambi nati e vissuti a Cagliari. L'esame degli informatori che ne hanno registrato occorrenze ha permesso infatti di tracciarne "l'identik sociale": la presenza della rotacizzazione in fonia sintattica appare correlata alla classe di età, superiore ai 50 anni, e al luogo di nascita dell'informatore e dei genitori, Cagliari. Tra i quartieri storici occupa una posizione particolare Stampace, che annovera il maggior numero di informatori che hanno utilizzato la rotacizzazione in fonia sintattica. Inquadrato nell'ottica di una caratteristica fonetica conservativa, la posizione di Stampace appare in linea con quanto osservato da Pinto (2013: 139) secondo cui «sembra che sia più frequente ascoltare la "vera parlata cagliaritana" nel quartiere di Stampace piuttosto che in quello di Villanova, in contrasto con quanto accadeva in passato». Il problema relativo alla presenza o meno di ricadute e sollecitazioni di tipo fonetico indotte dai complessi movimenti di natura emigratoria ed immigratoria che hanno caratterizzato il nucleo urbano di Cagliari a partire dal secondo dopoguerra è stato impostato anche attraverso la considerazione dei seguenti fenomeni: labializzazione di a atona, trattamento dei nessi r + cons. e trattamento di -N- e -L-. In relazione al primo aspetto fonetico i dati nel complesso evidenziano la netta prevalenza della vocale labializzata che appare un tratto caratterizzante la subvarietà campidanese di Cagliari; infatti gli informatori che utilizzano varianti non labializzate presentano anche altri tratti fonetici 'rustici', la cui presenza è correlata alla località di nascita dell'informatore e dei rispettivi genitori, diversa da

315 Cagliari. Per quanto riguarda il trattamento dei nessi r + cons. il quadro complessivo che se ne ricava è abbastanza complesso, verosimilmente in conseguenza dei movimenti emigratori e immigratori che hanno interessato e interessano ancora oggi Cagliari. Attraverso l'analisi della traduzione di tre frasi individuate per la verifica della presenza o meno del tratto fonetico in questione, emerge la prevalenza di esiti non assimilati che, caratterizzando la parlata cagliaritana, non sorprendentemente risultano correlati alla località di nascita degli informatori e dei rispettivi genitori, Cagliari appunto. All'inverso gli informatori che hanno utilizzato varianti assimilate sono nati e/o hanno genitori non provenienti dal capoluogo di regione. Una notevole percentuale di informatori hanno alternato, nella traduzione delle frasi individuate, esiti assimilati e non assimilati. Sulla base della località di nascita loro e dei rispettivi genitori, appare notevole la percentuale di quelli residenti a Cagliari ma nati, così come entrambi i genitori, presso centri sardi diversi da Cagliari. Per tale ragione è verosimile che questi abbiano appreso o siano stati in contatto primariamente con subvarietà in cui i nessi subiscono assimilazione e abbiano in sèguito subito l'influsso del campidanese di Cagliari. I nessi maggiormente esposti all'interferenza del campidanese di Cagliari sono -rt- e a seguire -rts-; all'inverso quello più refrattario all'influsso dissimilante del cagliaritano è -rk-. È da notare che l'alternanza di esiti assimilati e conservativi caratterizza principalmente, anche se in maniera non particolarmente netta, la classi di età comprese tra 10 e 65 anni, forse in conseguenza della maggiore mobilità dei loro membri che hanno per questo maggiori possibilità di entrare in contatto con diverse subvarietà del campidanese e andare incontro così a fenomeni di interferenza. Il comportamento dei singoli quartieri riguardo il tratto esaminato restituisce la seguente situazione: Castello si configura nettamente innovativo, verosimilmente per i movimenti emigratori che ne hanno alterato pesantemente la facies sociale a partire dal secondo dopoguerra; i quartieri Marina, Stampace e Villanova appaiono invece più conservativi. Al di fuori dei quartieri storici occorre sottolineare la posizione di Bonaria, nettamente conservativa, anche con numeri di un certo rilievo se confrontati con i quartieri storici, e del quartiere di Monte Urpinu. Gli aspetti di natura lessicale, individuati sull'analisi delle varianti riguardanti sette appellativi, coinvolgono principalmente la variabile sociale 'età'. I corrispettivi conservativi di sei degli appellativi scelti ('tetto', 'culla', 'settimana', 'pallida', 'ottone' e 'riva') appaiono infatti concentrarsi presso locutori di età superiore ai 45 anni, con percentuali elevate soprattutto nel quartiere di Stampace. È invece interessante osservare che i corrispettivi di natura innovativa sono sì diffusi presso le classi di inferiori ai 45 anni ma registrano numerose attestazioni anche presso i locutori di età superiore ai 45 anni. Per questo se è vero che presso gli informatori di età più elevata si concentrano le conoscenze lessicali maggiormente conservative, ciò non si traduce

316 automaticamente nell'impermeabilità agli italianismi di natura recente. Gli aspetti di natura morfologica analizzati hanno riguardato i neutri in -s d'origine latina (corrispettivi di 'tempo', 'corpo', 'freddo') e il singolare collettivo (corrispettivi di 'le fave', 'le pere', 'le olive', 'le pulci', 'le mosche'). Dall'analisi del primo tratto morfologico è emersa, complessivamente, una netta regressione di corpus a favore di corpu e, all'inverso, un netto mantenimento di frius; il mantenimento/sparizione di -s di tempus, appare invece situarsi in una posizione numericamente intermedia tra 'corpo' e 'freddo'. Il mantenimento della -s di corpus, l'appellativo evidentemente più esposto all'erosione da parte dell'italiano, è strettamente correlato alle classi di età superiori ai 46 anni; la perdita invece a quelle più giovani, minori di 45 anni. Dall'analisi del secondo tratto morfologico è emersa in prima battuta la frequenza dei casi in cui uno stesso informatore, accanto ad occorrenze di singolare collettivo, utilizza varianti che ne sono prive; i casi di occorrenze coerenti, siano essi di perdita o di mantenimento, sono invece più rari: tra questi ultimi sono numericamente più rappresentati quelli di mantenimento. Chi mantiene in maniera coerente il singolare collettivo sono prevalentemente informatori di età superiore ai 46 anni nati e/o con genitori provenienti da centri rurali della Sardegna. Osservando gli informatori che invece non utilizzano in singolare collettivo in maniera coerente, la correlazione con la classe di età non appare particolarmente netta Il quadro generale dello stato del sardo a Cagliari appare il seguente, ovviamente sulla base dei quartieri sino ad ora esaminati e dall'analisi dei tratti linguistici selezionati. La conoscenza di tale varietà appare concentrarsi nelle fasce di età superiori ai 45 anni con alcuni aspetti fonetici, morfosintattici e lessicali di natura conservativa mantenuti prevalentemente da locutori nati e/o con genitori provenienti da centri rurali della Sardegna. Le variabili sociali maggiormente implicate risultano per tale ragione l'età e la località di nascita o di vita non solo dell'informatore ma anche dei rispettivi genitori. La valutazione combinata di tali due variabili fa sì che il sardo a Cagliari sia conosciuto, a livello attivo e/o passivo più o meno approfondito, prevalentemente da locutori di età medio-alta di origini non cagliaritane. I locutori di età medio-bassa che hanno mostrato di averne conoscenze complessivamente accettabili hanno origini non cagliaritane. Invece per quanto riguarda gli informatori di origine cagliaritana si è osservato che le fasce giovanili presentano conoscenze estremamente marginali, spesso limitate a singole parole o brevi frasi cristallizzate, nella maggior parte dei casi pesantemente erose dall'italiano. Gli informatori di origine cagliaritana di età medio- alta, pur registrando livelli di competenza complessivamente superiori rispetto ai giovani, presentano notevoli tracce dell'interferenza da parte dell'italiano, anche in ambiti lessicali non settoriali. Nei quartieri analizzati il sardo, nella varietà campidanese di Cagliari, non appare più un elemento caratterizzante e aggregante.

317 Di conseguenza, se è vero che prima del secondo dopoguerra i flussi immigratori che giungevano nella città dai centri più o meno prossimi al capoluogo e che parlavano varietà differenti rispetto al campidanese di Cagliari tendevano ad adottarlo al fine di integrarsi maggiormente, ora la situazione appare mutata. La forza aggregante e al contempo caratterizzante del campidanese di Cagliari è ormai venuta meno anche tenendo in considerazione le valutazioni offerte da numerosi informatori che, argomentando le risposte fornite alla domanda 39 della sezione 'macro' (Le piace l’idea di avere una forma di Sardo che possa essere lingua ufficiale della Sardegna?) assegnano un prestigio piuttosto basso alla varietà urbana del capoluogo di regione rispetto alle altre, segnatamente logudorese e nuorese. Un'ulteriore spia del mutato atteggiamento del quadro sociolinguistico del sardo a Cagliari, che non concerne però esclusivamente la varietà urbana come nel caso precedente, è ravvisabile anche attraverso la correlazione tra punteggi ottenuti negli esercizi di traduzione e titolo di studio. Le analisi condotte hanno evidenziato che complessivamente i punteggi più elevati sono correlati ad un grado di scolarizzazione elevato (diploma di scuola media superiore o laurea). Ciò è ben apprezzabile in tutti i quartieri ma in special modo a Bonaria e Fonsarda. D'altronde il quartiere di Bonaria, caratterizzato per indici socio-economici di carattere non popolare, con strutture abitative alcune delle quali di pregio e residenti perlopiù di ceto medio alto della borghesia cittadina, presenta rilevanti peculiarità quali la percentuale più alta di informatori che rotacizzazano in corpo di parola senza eccezioni (vd. par. 6.5.1). La posizione di Bonaria, innovativa per alcuni aspetti quali la perdita di -s di CORPUS (vd. par. 6.7), è nettamente conservativa per quanto riguarda il mantenimento dei nessi r + cons. (vd. par. 6.5.3). Tale aspetti evidenziano, verosimilmente, che nelle fasce sociali più istruite la conoscenza del sardo non è né marginalizzata né respinta; a tale varietà non sono associate evidentemente connotazioni negative di varia natura come invece avveniva in maniera molto più radicata a partire dal secondo dopoguerra (Fontana 1996: 35). Al contempo il fatto che i punteggi più bassi siano correlati ad un livello di istruzione medio-basso fa sì che si possa ritenere che presso tali partizioni sociali, almeno complessivamente, il sardo sia ancora connotato in senso negativo, forse per il presunto legame con il mondo rurale-contadino visto come inscindibile da condizioni di arretratezza socio-culturale che vengono appunto stigmatizzate attraverso il rifiuto delle varietà locali. Nella prospettiva di una 'mappatura' completa della città attraverso inchieste presso i quartieri non ancora indagati, anche in considerazione delle cospicue diversità emerse tra quelli considerati sino ad ora, uno degli obiettivi sarà certamente la raccolta di etnotesti. Questi possono infatti fornire dati utili all'approfondimento del confronto di medesime voci in isolamento e in contesto frastico con lo scopo di verificare il grado di coerenza e spontaneità nelle risposte, nonché dati per la

318 considerazione dei fenomeni di code-switching, fondamentali per l'inquadramento dello spazio variazionale del sardo all'interno del repertorio linguistico della città di Cagliari.

319 8. Appendice (Il questionario ' macro' e 'micro': test linguistici per gli informatori locali) MACRO

DATA: ______QUARTIERE ______LUOGO ______RILEVATORE: ______

Dati anagrafici 1. Sesso

maschio femmina

2. Potrebbe dirmi qual è la sua età? Età in cifre: ....• In che anno è nato? ______

3. Stato civile: nubile/celibe sposata/o (o convivente) separata/o o divorziata/o vedova/o

4. Dove è nato/a? - In Italia In quale città/regione?______- In un altro Paese Quale? ______In quale città/regione?______

5. Sua madre 5a. Dove è nata sua madre? 5.b ha sempre vissuto lì? 5.c. se no, dove?

6. Di sua madre, mi può dire: 6.a. quale titolo di studio ha/aveva ? nessun titolo

320 licenza elementare licenza media qualifica di scuola professionale diploma di scuola media superiore laurea titolo post-laurea altro ______6.b. che lavoro fa/faceva? ______

7. Suo padre 7a. Dove è nato suo padre? 7.b ha sempre vissuto lì? 7c. se no, dove?

8. Di suo padre, mi può dire: 8.a. quale titolo di studio ha/aveva? nessun titolo licenza elementare licenza media qualifica di scuola professionale diploma di scuola media superiore laurea titolo post-laurea altro ______8.b. che lavoro fa/faceva? ______

9. Lei attualmente svolge una attività lavorativa? sì. Quale? ______no, mi occupo della famiglia no, sono studente no, sono disoccupato/ in cerca di occupazione no, sono pensionata/o o in condizione non lavorativa altro ______

10. È stato a scuola ? SÌ NO Se sì, dove? ______Che scuola ha fatto? ______

321 Per quanti anni (in tutto)? ______11. Qual è il suo titolo di studio? nessun titolo licenza elementare licenza media qualifica di scuola professionale diploma di scuola media superiore laurea titolo post-laurea altro ______

12. Da quanto tempo vive a Cagliari? da quando sono nato da meno di 1 anno da più di un anno da più di 5 anni

13. Con chi vive? (può segnare più crocette) Da solo Con mia moglie/mio marito. Di dove è? ______Con i miei figli Con altri miei parenti. Quali? ______Con altre persone. Da dove vengono? ______

La lingua 14. Quali sono le lingue e i dialetti che conosce?

Italiano Sardo ______Altro: ______Altra lingua o dialetto d’Italia. Quale ______La lingua del mio Paese d’origine. Quale? ______Il dialetto del mio paese d’origine Quale? ______

15. Se non conosce il Sardo, le piacerebbe impararlo? sì no perché? ______

322 16. Se non conosce il Sardo, può dirmene la ragione ? non sono sardo mi sono sposato/a (convivo) con una persona non sarda nella mia famiglia di origine non si parlava il sardo l’ho imparato da piccolo/a ma i miei genitori preferivano che parlassi in italiano e così l’ho dimenticato l’ho imparato da piccolo/a ma a scuola preferivano che parlassi solo in italiano e così l’ho dimenticato lo conoscevo da piccolo/a ma mi vergognavo e così l’ho dimenticato lo conoscevo da piccolo/a ma mi prendevano in giro e così l’ho dimenticato lo conoscevo da piccolo/a ma non l’ho più voluto parlare perché lo trovo inutile non lo conosco perché ho sempre pensato che sia una lingua inferiore non lo conosco perché ho sempre pensato che sia una lingua inutile

17. Se conosce il Sardo, mi può dire come descriverebbe la sua conoscenza (se afferma di conoscere più varietà, segnare solo quella meglio conosciuta). lo capisco e lo parlo lo capisco, ma lo parlo male lo capisco bene ma non so parlarlo lo capisco (anche se non benissimo) ma non lo parlo

18. Se conosce il Sardo, mi può dire da chi lo ha imparato? da mia madre da mio padre dal nonno dalla nonna da zii e zie da fratelli e sorelle più grandi da cugini e cugine da compagni di giochi da compagni di scuola da compagni di lavoro altro ______

323 19. Quale lingua ha imparato per prima tra l’italiano e il Sardo? l’italiano il dialetto / lingua sarda contemporaneamente l’italiano e il dialetto / lingua sarda altra lingua

20. Il sardo lo ha imparato a quale età? da quando ho imparato a parlare prima di andare alla scuola elementare all’età della scuola elementare all’età della scuola media più tardi

21. E l’italiano, quando lo ha imparato? da quando ho imparato a parlare prima di andare alla scuola elementare all’età della scuola elementare all’età della scuola media più tardi

22. Le piace parlare in sardo? sì sì, ma solo in alcune occasioni no

324 Famiglia

23. Che lingue o dialetti usa in famiglia? Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con con qualche qualche parola in parola in sardo italiano con la mamma con il padre con il coniuge o compagno/a con i figli con le figlie con i fratelli con le sorelle con i nonni con le nonne con altri parenti

24. Quale lingua usano i suoi genitori? Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con qualche con parola in qualche sardo parola in italiano quando parlano tra loro quando parlano con lei con il coniuge o compagno/a quando parlano con i suoi figli quando parlano con le sue figlie con i suoi fratelli quando parlano con le sue sorelle quando parlano con i loro genitori quando parlano con altri parenti

325 25. Quale lingua usano i suoi figli? (è possibile segnare anche più voci sullo stesso rigo) Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con con qualche qualche parola in parola in sardo italiano quando parlano con lei con il coniuge o compagno/a quando parlano con fratelli/sorelle più grandi quando parlano con fratelli/sorelle più piccoli/e quando parlano con i nonni quando parlano con le nonne quando parlano con altri parenti

26. Quale lingua usano con lei ? (è possibile segnare anche più voci sullo stesso rigo) Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con con qualche qualche parola in parola in sardo italiano sua mamma suo padre il coniuge o compagno/a i suoi figli le sue figlie i suoi fratelli maggiori i suoi fratelli minori le sue sorelle maggiori le sue sorelle minori i suoi nonni le sue nonne altri parenti

Contesti

27. Che lingua o dialetto usa in questi luoghi? Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con con qualche qualche parola in parola in sardo italiano luogo di lavoro uffici del Comune negozi mercato bar o caffè scuola chiesa, luoghi di culto

326 centri sociali/ associazioni

28. Quali lingue o dialetti usa quando: Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con qualche con parola in qualche sardo parola in italiano saluta conta sgrida o minaccia qualcuno si innervosisce litiga con i familiari racconta barzellette racconta storie locali esprime gioia ed entusiasmo parla tra sé e sé reagisce ad un atteggiamento aggressivo (ad esempio in auto) discute di politica prega

Amici 29. Che lingua o dialetto usa prevalentemente con queste persone? Italiano Sardo Entrambe Italiano, con Sardo, Altra qualche con parola in qualche sardo parola in italiano amici amiche il ragazzo/ la ragazza conoscenti vicini di casa estranei (sardi) medico di famiglia colleghi (fuori dal luogo di lavoro) compagni di scuola (fuori dalla scuola) colleghi di università (fuori dall’Università)

327 30. Quale lingua usa di preferenza con gli amici:

Italiano Sardo Entrambe Italiano, Sardo, Altra con con qualche qualche parola in parola in sardo italiano quando scherza quando litiga o si adira quando parla di politica quando parla di lavoro quando parla di sport quando parla di fatti e di avvenimenti che riguardano la Sardegna

Media e status 31. Le capita di ascoltare o vedere trasmissioni in sardo in radio o in tv? sì, una o due volte al mese sì, tutte le settimane sì, più di una volta alla settimana

no, perché non mi piacciono le trasmissioni che fanno in sardo no, perché non capisco no, perché non mi interessa

32. Le capita di frequentare siti internet in sardo? sì, una o due volte al mese sì, tutte le settimane sì, più di una volta alla settimana

no, perché non mi piacciono le trasmissioni che fanno in sardo no, perché non capisco no, perché non mi interessa

33. Le capita di leggere in sardo? sì, spesso sì, ogni tanto no, perché non mi piace quello che viene scritto in sardo

328 no, perché non capisco no, perché non mi interessa

34. Sa scrivere in sardo? sì sì, ma non sono sicuro di scrivere bene no, non so scrivere in sardo no, perché non ne ho bisogno no, perché non mi interessa

35. Le capita di scrivere in sardo? sì, spesso sì, ogni tanto no

36. Ha mai seguito un corso di lingua sarda? sì no, ma mi piacerebbe no, non mi interessa

37. Secondo lei, per la Sardegna è importante conservare le lingue/i dialetti che sono parlati sull’isola? sì no perché ______

38. Le piacerebbe che il sardo fosse inserito nelle scuole ? sì, in tutte le scuole sì, ma solo all’asilo e nelle elementari sì, ma solo fino alle scuole medie inferiori no

39. Le piace l’idea di avere una forma di Sardo che possa essere lingua ufficiale della Sardegna?

sì no

329 MICRO Sezione fonetica 1) Ben fatto! 2) Ci sono molte mosche 3) L’hanno cercato in tutta Cagliari 4) È restata a bocca aperta 5) Il gatto è salito sul tetto 6) Quella ragazza ha la faccia pallida 7) Sabato è la festa di nostra Signora di Bonaria 8) Ogni Martedì si gioca a carte 9) La mamma ha messo il bambino nella culla 10) È ritornata la settimana scorsa 11) Il tempo sta cambiando 12) Gli uomini e i tempi cambiano 13) Che odore bello! 14) Vieni qui! 15) Ha soltanto un occhio 16) Gli ha dato un pugno 17) Si è preso due pugni in faccia 18) Ha gli occhi storti 19) Pepe e sale 20) In riva al Mare c’è fresco 21) Quell’anello è d’oro o di ottone? 22) Bianco 23) 15 24) 40 25) Assegno 26) Lancia 27) Pensare 28) Coniglio 29) Corsa

Sezione morfosintattica 30) Ieri ho visto Gianni

330 31) Ieri ho visto Bobby 32) Ho visto il parroco / il dottore 33) Il parroco / Il dottore, ho visto 34) Ho visto un parroco / un dottore 35) Un parroco / un dottore, ho visto 36) Ieri ho visto il cane 37) Ieri ho visto la televisione 38) Ieri ho visto un cane per strada 39) Ieri ho visto a un cane per strada che era magrissimo 40) Hai visto me (non lui) 41) Ho visto te (non lei) 42) Ho visto lei (non lui) 43) Hai visto noi (non loro) 44) Ho visto voi (non loro) 45) Ho visto loro (non lui) 46) Ho visto questo uomo 47) Ho visto questo (uomo) 48) Ho visto quell’ uomo 49) Ho visto quello (uomo) 50) Ho visto quel cane 51) Ho visto quello (cane) 52) Ho visto quel film 53) Ho visto quello (film) Sezione morfosintattica: genere e numero 54) Come si dice in sardo ‘il fico’ (pianta o frutto) 55) Come si dice in sardo ‘il gatto’ 56) Come si dice in sardo ‘il dente’ 57) Come si dice in sardo ‘il filo da cucire’ 58) Come si dice in sardo ‘la fame’ 59) Come si dice in sardo ‘la sete’ 60) Come si dice in sardo ‘il giorno’ 61) Come si dice in sardo ‘la fronte’ 62) Come si dice in sardo ‘tempo’? 63) Come si dice in sardo ‘corpo’?

331 64) Come si dice in sardo ‘freddo’? 65) Come si dice in sardo ‘le fave’ 66) Come si dice in sardo ‘le pere’ 67) Come si dice in sardo ‘le olive’ 68) Come si dice in sardo ‘le pulci’ 69) Come si dice in sardo ‘le mosche Sezione morfosintattica: in gerundio 70) Bessendi de domu, appu attoppau/attobiau a tziu tuu 71) Appu attoppau/attobiau a tziu tuu, bessendi de domu 72) Appu biu a mamma tua andendi a su mercau 73) Appu donau unu passaggiu a una amiga furriendi de traballai

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