I Segreti Di Parigi Luoghi, Storie E Personaggi Di Una Capitale
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I segreti di Parigi Luoghi, storie e personaggi di una capitale Mondadori Editore Milano III edizione dicembre 1996 ... by Di^m^ Parigi è di gran lunga la capitale più amata e visitata dagli italiani, eppure quasi nessuno si discosta dagli itinerari consueti: Tour Eiffel, Notre-Dame, Quartiere latino, Champs-Elysées. in questo modo "i luoghi, le opere d'arte, gli oggetti, "logorati" dalla loro stessa celebrità, si appiattiscono e diventano una sorta di illustrazione a due dimensioni, di "figurina". E quando un oggetto (o un luogo) diventa una figurina, non fa molta differenza guardarne la riproduzione in televisione o l'originale nella realtà: in un caso e nell'altro, ciò che vediamo è una silhouette impersonale, mentre il nostro desiderio vorrebbe percepirvi tutto lo spessore della vita". Corrado Augias, che vi trascorre da molti anni lunghi periodi, ci propone di visitare un'altra città: una città da scoprire sotto la Parigi attuale o nei suoi angoli più appartati, cogliendo la dimensione nascosta delle cose, le tracce della storia e della leggenda, perché così facendo vi scopriremo anche noi stessi e i nostri sogni. Ogni pagina di questo libro rievoca alcuni dei "segreti" della città e descrive un episodio del passato - tragico, comico, sentimentale, macabro, erotico ed eroico - ambientato in un luogo reale della Parigi di oggi, visto com'era nel momento che lo ha reso immortale. Dalle trine delle demoiselles di Pigalle alla corazza forata da una pallottola della battaglia di Waterloo, dai torrenti di sangue (finto) sul palcoscenico del Grand-Guignol ai fiumi di alcol (vero) che alimentarono la poesia di Verlaine e la pittura di Utrillo, dagli amori medievali di Eloisa e Abelardo alle imprese della "mala" fin de siècle, dal colossale Buddha portato dalla Cina da un avventuriero italiano alle grandiose catacombe che costituiscono una vera città sotterranea parallela, ai sotterranei di Saint-Sulpice, alla tomba-feticcio di Victor Noir, Augias, guidato dalla curiosità e dal gusto per l'insolito, ma senza mai trascurare la dimensione storica, delinea un itinerario anticonvenzionale e ci propone una fisionomia inedita di Parigi. Corrado Augias, giornalista, è stato corrispondente dell'"Espresso", della "Repubblica" da New York e di "Panorama". Per Rai-Tre ha condotto nel 1987 "Telefono giallo" e dal 1991 al 1993 "Babele", fortunata trasmissione culturale. Nel 1994 è stato eletto eurodeputato come indipendente nelle liste del Pds. ha scritto, fra l'altro, drammi (L'onesto Jago, Teatro Stabile di Genova 1984) e romanzi, tra cui L'ultima primavera (1985), Una ragazza per la notte (1992), Quella mattina di luglio (1995). A David, Marco, Micòl Nessuno come me si è creato una società reale evocando delle ombre; al punto che la vita dei miei ricordi assorbe il sentimento della mia vita reale. René de Chateaubriand Mémoires d'Outre-tombe Parigi è la città natale del suo spirito. In seguito alle demolizioni e alle ricostruzioni, la Parigi della sua giovinezza, quella che egli ha religiosamente conservato nella memoria, è oggi una Parigi d'altri tempi. Permettiamogli di parlare di quella Parigi come se esistesse ancora. Victor Hugo[p. 5] Introduzione La passeggiata di Perec Alcune parole di Georges Perec, lette parecchio tempo fa, nel suo libretto L'infra-ordinaire (L'infra-ordinario), (*) hanno molto influenzato il mio modo di guardare una città sconosciuta. Di una città, soprattutto se straniera, quando vi si giunge per la prima volta, in genere si notano gli aspetti più appariscenti: l'architettura, le opere d'arte, le decorazioni. Si visita il museo, il palazzo del re o del signore locale, si ammirano le statue che ornano atri o scaloni, ci si sofferma sugli elementi ornamentali che ogni città possiede: fontane, portali, archi. A volte si resta colpiti perfino dai minuti particolari dell'arredo urbano: lampioni stradali, colonnine spartitraffico, vetrine di negozi, targhe stradali, cippi. Da questo nostro osservare, dalla somma di sensazioni che ne deriva, nascono il giudizio e la memoria. Facciamo il caso di Parigi. Il turista va al Louvre, contempla il pont Royal sulla Senna, ammira la prospettiva in leggera salita degli Champs-Elysées visti da place de la Concorde, intravede sullo sfondo, al di là del traffico e delle brume da inquinamento, la mole imponente dell'Arc de Triomphe. Ignora che cos'è stata place de la Concorde uno o due secoli fa, non conosce il perché del suo nome più di quanto non sappia la ragione per cui, a Roma, piazza del Popolo si chiami così. Raramente però si chiede perché, [p. 6] cioè con quale significato celebrativo e politico, quella piazza è stata chiamata in quel modo (alla fine del Settecento si chiamava place Louis Xv, ribattezzata poi per breve tempo place de la Révolution). E se, man mano che si avvicina all'Arc de Triomphe, intuisce che la sua concezione risale a un periodo influenzato dal classicismo, non ha un'idea delle circostanze in cui è stato eretto. I luoghi, le opere d'arte, gli oggetti, "logorati" dalla loro stessa celebrità, si appiattiscono e diventano una sorta di illustrazione a due dimensioni, di "figurina". Il Colosseo, Buckingham Palace, la Tour Eiffel, il ponte di Brooklyn, la moschea Al Aqsa eccetera: tutte figurine. E quando un oggetto (o un luogo) diventa una figurina, non fa molta differenza guardarne la riproduzione in televisione o l'originale nella realtà: in un caso e nell'altro, ciò che vediamo è una silhouette impersonale, mentre il nostro desiderio vorrebbe percepirvi tutto lo spessore della vita. Come comportarci, allora? Per cominciare possiamo facilmente ricorrere a informazioni supplementari. Di qualunque opera degna di nota nel mondo possiamo conoscere l'anno di realizzazione, i nomi degli artefici, il significato delle decorazioni, i riferimenti e le connessioni ad altre forme espressive e artistiche, le ascendenze e le discendenze stilistiche e via dicendo. Dati che sono alla portata di tutti, che qualunque guida ci fornisce a un prezzo ragionevole. Non è tutto, non è molto, ma non è nemmeno inutile "nozionismo". Un nome, una data, un'analogia collocano l'opera nello spazio e nel tempo, aiutano a ricordare e a collegare, in definitiva a capire, tolgono qualsiasi piattezza all'immagine, restituiscono alla "figurina" una certa pienezza di volume. Poi c'è, ovviamente, il resto, che è moltissimo e non si esaurisce nei nomi e nelle date. "Le fabbriche" diceva Gianlorenzo Bernini "sono il ritratto dell'animo dei principi." Ogni "fabbrica", cioè ogni costruzione ma anche ogni oggetto degno di nota, racchiude e spesso nasconde [p. 7] un "ritratto" che certo non riflette solo i connotati di un uomo ma anche di un'epoca e di un paese. Per riscoprirli bisogna allora andare oltre i semplici dati esteriori, alle storie, alle circostanze, alle notizie. Per fornire un esempio concreto di che cosa intendo dire, torno al parigino Arc de Triomphe, senza dubbio uno dei monumenti più celebri e meno conosciuti del mondo. Cominciò a costruirlo nel 1806 l'architetto Chalgrin su incarico di Napoleone che ne aveva decretato l'erezione dopo l'entusiasmante vittoria di Austerlitz (1805). Inizialmente doveva chiamarsi infatti "Arco di Austerlitz". La sua realizzazione andò avanti per così lungo tempo da oltrepassare la sconfitta di Waterloo, il congresso di Vienna, l'esilio a Sant'Elena e la stessa precoce morte di Napoleone (1821), a soli cinquantadue anni. I disegni originali erano grosso modo rispettati ma cambiava, sotto la spinta di avvenimenti così drammatici e contraddittori, il significato del monumento. Inaugurato il 29 luglio 1836, quindici anni dopo la morte di Napoleone, l'arco fu ribattezzato con il nome del re citoyen Luigi Filippo. Intorno agli anni Sessanta, il barone Haussmann, incaricato da Luigi Napoleone di provvedere alla trasformazione di Parigi e all'apertura dei grandi boulevard, inserisce l'arco nel suo disegno urbanistico al centro di quella raggiera di larghe strade che prese il posto della Barrière de Neuilly ed è ancora oggi nota come l'Etoile (la piazza è dal 1969 dedicata a Charles De Gaulle). L'intuizione di Haussmann fu che l'Etoile poteva diventare, come in effetti è stato, una specie di gigantesco anello di smistamento del traffico nella zona nordovest della città. Allora non c'erano ovviamente le automobili che ci sono oggi, però c'erano le carrozze, e il barone, comunque, vedeva lontano. E l'arco? Nel 1836, il monumento era stato inaugurato nonostante fosse incompleto, privo cioè del coronamento per il quale esistevano vari progetti. Si pensava di sovrapporre alla sua tozza mole un carro trionfale trainato da sei [p. 8] cavalli (sul tipo di quello dell'arco del Carrousel), oppure l'elefante della Bastiglia (che Hugo immortalerà nei Misérables) o la statua di Napoleone ritto sul globo terrestre, o un grande simulacro della libertà. I vari progetti vennero via via scartati perché diventati politicamente inopportuni, o perché superati dagli eventi storici, o per semplici considerazioni estetiche. Alla fine nessuno se ne preoccupò più e l'arco rimase com'era. Morale: il monumento che oggi i turisti possono osservare è a tutti gli effetti un'opera incompiuta, ma di un'incompiutezza che può essere vista solo da chi conosce i fatti. Ci sono idee che hanno creato edifici, altre che li hanno distrutti o semplicemente trasformati. Un esempio di ciò è, sempre a Parigi, il frontone del Panthéon al cui interno oscilla il celebre pendolo di Foucault. Nel 1791 l'Assemblea nazionale decide di trasformare la chiesa di Sainte-Geneviève, sull'omonima collina, in un tempio laico destinandone la cripta a luogo di sepoltura per uomini che abbiano dato lustro alla nazione. L'architetto Quatremère de Quincy cambia, tra gli altri elementi, il preesistente frontone ornandolo con l'iscrizione "Aux grands hommes, la Patrie reconnaissante", ai grandi uomini la Patria riconoscente. Nel 1806 Napoleone decreta che la chiesa sia riconsacrata, lasciando però che le cripte sotterranee vengano riservate alla sepoltura dei servitori dell'impero.