COMMITTENTE Azienda Agricola Colli Tolentino S.r.l. Pian di Porto – Zona Ind. N 148/z TODI (PG)

UBICAZIONE Contrada Rosciano TOLENTINO

OGGETTO V.I.A. – Valutazione di Impatto Ambientale e A.I.A. - Autorizzazione Integrata Ambientale di un Allevamento Suinicolo ai sensi del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i.

VALUTAZIONE di IMPATTO AMBIENTALE STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

TAVOLA SCALA V 04

DATA REVISIONE 01

PROGETTISTA Arch. FRANCIONI ANDREA Via S. Maria, 14 62010 tel.: 329/8277823 e-mail: [email protected] p.a. VISSANI Mirko C.da Divina Pastora TOLENTINO tel: 347/8583165 e-mail: [email protected]

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PREMESSA

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1 PREMESSA 7

2 QUADRO PROGRAMMATICO 8

2.1 PRESENTAZIONE DEL PROGETTO 8 2.2 UBICAZIONE DELL’AREA 13 2.3 PREVISIONI E VINCOLI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E AMBIENTALE 14 2.4 VINCOLI E PIANI DI INTERESSE NAZIONALE 15 2.4.1 DPR 8/09/97 “REGOLAMENTO RECANTE NORME DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 92/43 CEE RELATIVA ALLA CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT E SEMI NATURALI, NONCHÉ DELLA FLORA E DELLA FAUNA SELVATICA” 15 2.4.2 VINCOLO IDROGEOLOGICO (R.D.L. 30/12/1923 N. 3267) 17 2.5 VINCOLI DELLA PIANIFICAZIONE DI INTERESSE REGIONALE E PROVINCIALE 18 2.5.1 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.P.A.R. 19 2.6 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.A.I. 25 2.7 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.T.A. (PIANO TUTELA DELLE ACQUE) 27 2.8 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.T.C. 28 2.8.1 SISTEMI INSEDIATIVI 31 2.8.2 SISTEMA SOCIO-ECONOMICO 32 2.9 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.R.G. DEL DI TOLENTINO 34 2.10 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.R.G. DEL COMUNE DI SAN SEVERINO 37 2.11 RISPETTO DEI VINCOLI 40 2.12 CONDIZIONAMENTI DELLE VOCAZIONI NATURALI 40

3 QUADRO PROGETTUALE 41

3.1 PREMESSA E CRITERI DI PROGETTAZIONE 41 3.2 CONSISTENZA DELL’ALLEVAMENTO 41 3.2.1 CICLO PRODUTTIVO ATTUALE 41 1.1.1 SISTEMA DI ALIMENTAZIONE E ABBEVERATA 44 1.1.2 VENTILAZIONE E CONTROLLO TERMICO 45 2.1.1 ILLUMINAZIONE 47 2.1.2 LO STOCCAGGIO DEI LIQUAMI 47 2.1.3 DEIEZIONI ZOOTECNICHE PRODOTTE IN AZIENDA 48 2.1.4 VIABILITÀ E COLLEGAMENTO CON LA RETE VIARIA PRINCIPALE 51 2.1.5 CICLO PRODUTTIVO IN PROGETTO 51 2.1.6 SISTEMA DI ALIMENTAZIONE E ABBEVERATA – STATO MODIFICATO 53 2.1.7 VENTILAZIONE E CONTROLLO TERMICO – STATO MODIFICATO 53 2.1.8 ILLUMINAZIONE – STATO MODIFICATO 54 2.1.9 LO STOCCAGGIO DEI LIQUAMI – STATO MODIFICATO 54 2.1.10 DEIEZIONI ZOOTECNICHE PRODOTTE IN AZIENDA – STATO MODIFICATO 54 2.1.11 VIABILITÀ E COLLEGAMENTO CON LA RETE VIARIA PRINCIPALE - STATO MODIFICATO 56 2.2 DESCRIZIONE DELLE STRUTTURE 57 2.2.1 STRUTTURE - STATO ATTUALE 58 2.2.2 SALA FECONDAZIONE 58 CARATTERISTICHE GENERALI DELLA SALA FECONDAZIONE 58 SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI DELLA SALA FECONDAZIONE 58 PREMESSA Pag. 3 a 128

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3.2.2 SALA GESTAZIONE 58 CARATTERISTICHE GENERALI DELLA SALA GESTAZIONE 58 SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI DELLA SALA GESTAZIONE 59 3.2.3 SALA PARTO N.1 59 CARATTERISTICHE GENERALI DELLA SALA PARTO N. 1 59 SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI DELLA SALA PARTO N. 1 60 3.2.4 SALA PARTO N. 2 60 SALA PARTO N. 2 - CARATTERISTICHE GENERALI 60 SALA PARTO N. 2 - SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI 61 3.2.5 LOCALE TECNICO E SERBATOIO ACQUA 61 3.2.6 AREA QUARANTENA 62 3.2.7 UFFICIO E SPOGLIATOIO 62 3.2.8 MAGAZZINO E AREA STOCCAGGIO RIFIUTI 62 3.2.9 AREA STOCCAGGIO GASOLIO 63 3.2.10 SEPARATORE 63 3.2.11 LAGHI DI STOCCAGGIO 65 3.3 DESCRIZIONE DELLE STRUTTURE – STATO MODIFICATO 67 3.3.1 SALA PARTO N. 2 - AMPLIAMENTO 67 CARATTERISTICHE DELLA NUOVA SALA PARTO (AMPLIAMENTO) 67 SALA PARTO (AMPLIAMENTO) - SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI 68 3.3.2 NUOVA SALA GESTAZIONE/QUARANTENA 68 SALA GESTAZIONE/QUARANTENA/INFERMERIA - SISTEMA DI STABULAZIONE E DI ALLONTANAMENTO DELLE DEIEZIONI 70 3.3.3 SALA QUARANTENA 70 3.3.4 MAGAZZINO 70 3.4 FASE DI ESERCIZIO 70 3.4.1 ALIMENTAZIONE ED ABBEVERATA 71 3.4.2 CONTROLLO SANITARIO DELLE STRUTTURE E TERAPIE MEDICHE AGLI ANIMALI 72 3.4.3 GESTIONE ANIMALI MORTI 73 3.4.4 GESTIONE RIFIUTI 74 3.4.5 STIMA DEL TRAFFICO INDOTTO 75 3.4.6 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO E STIMA DEI CONSUMI TOTALI 75 3.4.7 APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO E STIMA DEI CONSUMI TOTALI 76 3.4.8 MATERIE PRIME NECESSARIE ALL’ATTIVITÀ DI ALLEVAMENTO IN PROGETTO 76 3.5 FASE DI CANTIERE 77 3.5.1 TEMPI DI ATTUAZIONE DEL PROGETTO 77 3.5.2 STATO ATTUALE DELL’AREA 77 3.5.3 FASI DI CANTIERE 77

4 QUADRO AMBIENTALE 81

4.1 INTRODUZIONE 81 4.2 COMPONENTI AMBIENTALI INTERESSATE DAL PROGETTO 82 QUALITÀ DELL’ARIA 82 AMBIENTE IDRICO 83 SUOLO E SOTTOSUOLO 83 USO DEL SUOLO, VEGETAZIONE, FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI 83 PREMESSA Pag. 4 a 128

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PAESAGGIO 83 RUMORE 84 4.3 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA DI STUDIO 84 4.4 CARATTERISTICHE METEO-CLIMATICHE 85 4.4.1 LA TEMPERATURA 85 4.4.2 LE PRECIPITAZIONI 87 2.2.3 IL VENTO 90 2.2.4 FATTORI CLIMATICI 91 2.3 SUOLO 95 2.3.1 CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE 95 2.4 SOTTOSUOLO 95 2.4.1 CARATTERI GEOLOGICI GENERALI 95 2.4.2 CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE 96 2.4.3 GEOTECNICA DEI TERRENI 96 2.4.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 97 2.5 ACQUA 97 2.6 VEGETAZIONE E FLORA 98 2.7 FAUNA 104 2.8 ECOSISTEMI 106 2.9 PAESAGGIO 108 2.10 PATRIMONIO CULTURALE 110 2.11 RUMORE 110 2.12 VIBRAZIONI 111

3 ANALISI DEGLI IMPATTI 112

3.1 IMPATTO SULL’ARIA 112 3.1.1 INQUINANTI E LIMITI DI QUALITÀ DELL’ARIA AI RECETTORI 113 3.1.2 CARATTERIZZAZIONE METEOROLOGICA DELL’AREA ED ELABORAZIONE DEI DATI METEO 114 REGIME DEI VENTI 114 CLASSI DI STABILITÀ ATMOSFERICA 114 3.1.3 IL MODELLO PREVISIONALE ISC-AERMODVIEW 114 3.1.4 IDENTIFICAZIONE DEI RECETTORI INTERESSATI 115 3.1.5 VALUTAZIONE PREVISIONALE DI CONCENTRAZIONE DI INQUINANTI AI RECETTORI E ANALISI DEI RISULTATI 115 3.1.6 EMISSIONI ODORIGENE PRODOTTE DALL’ALLEVAMENTO E VALUTAZIONE AI RECETTORI 116 3.2 IMPATTO SULL’ACQUA 117 3.3 IMPATTO SUL SUOLO E SOTTOSUOLO 118 3.4 IMPATTO SULLA VEGETAZIONE E FLORA 119 3.5 IMPATTO SULLA FAUNA 119 3.6 IMPATTO SUL PAESAGGIO 120 3.7 IMPATTO SUGLI ECOSISTEMI 120 3.8 IMPATTO SUL PATRIMONIO STORICO-CULTURALE 121 3.9 IMPATTO SULLA SALUTE E SUL BENESSERE DELL’UOMO 121 3.10 IMPATTO SUL SISTEMA SOCIO-ECONOMICO 122 3.11 IMPATTO SUL RUMORE 122 3.12 IMPATTO SUL TRAFFICO 122 3.13 ANALISI DELLE ALTERNATIVE 122 PREMESSA Pag. 5 a 128

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3.14 IMPATTI IN FASE DI CANTIERE 123

4 MISURE DI MITIGAZIONE E/O COMPENSAZIONE 125

4.1 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’IMPATTO VISIVO 125 4.2 MISURE DI MITIGAZIONE DELLE EMISSIONI 125 4.3 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’AMBIENTE IDRICO 125 4.4 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’AMBIENTE GEOLOGICO 126 4.5 MISURE DI MITIGAZIONE DELLA VEGETAZIONE 126 4.6 MISURE DI MITIGAZIONE DELLA FAUNA 126 4.7 MISURE DI MITIGAZIONE DEL RUMORE 126 4.8 MISURE DI MITIGAZIONE DEL PAESAGGIO 126 4.9 MISURE DI MITIGAZIONE DEGLI ECOSISTEMI 127 4.10 MISURE DI PREVENZIONE, MITIGAZIONE E MONITORAGGIO SUI RISCHI DA INCIDENTE E RISCHI PER LA SALUTE 127

5 CONCLUSIONI 128

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1 PREMESSA

La presente relazione espone i risultati delle indagini svolte nell’ambito del progetto di Ampliamento di Impianto Suinicolo esistente dell’Azienda Agricola Colli di Tolentino. La ditta è un allevamento esistente dal 1975 sulla stessa area in C.da Rosciano nel Comune di Tolentino in Provincia di . La premessa necessaria, prima della descrizione dell’allevamento, è che la Az. Agr. Colli di Tolentino è un allevamento di scrofe per la produzione di suinetti che operata nel settore degli allevamenti dal 1975 circa in questa stessa sede. L’allevamento in oggetto, quindi, non è un nuovo progetto ma si tratta, come già detto, di un progetto di ampliamento che comporta un adeguamento autorizzativo determinato dalle nuove normative relative al settore degli allevamenti intensivi. L’intervento in oggetto è ricompreso tra le tipologie progettuali elencate nell’Allegato A1 lettera v) punto 4 sotto la voce “Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini, oltre le seguenti soglie minime 900 posti per scrofe” per le quali è prevista la procedura di Valutazione di Impatto Regionale; inoltre lo stesso progetto è soggetto ad Autorizzazione Integrata Ambientale di cui all’art. 29-ter, comma 1 del D.Lgs. 152/2006, di cui si allega documentazione completa secondo quanto previsto dalla Regione Marche. Tenuto conto l’impianto esiste da circa 40 anni sullo stesso sito, il presente studio si prefigge lo scopo di individuare e caratterizzare gli impatti, ovvero le alterazioni dello stato dell’ambiente, generati dal progetto di adeguamento, valutare l’entità degli stessi sulla base delle stato preesistente alla realizzazione dell’opera per poi procedere alla definizione ed adozione di misure di natura progettuale e/o procedurale finalizzate alla minimizzazione e compensazione degli eventuali effetti negativi. Lo studio in oggetto si conclude con la proposta delle misure di mitigazione e compensazione che si ritengono necessarie al fine di limitare gli impatti residui.

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2 QUADRO PROGRAMMATICO

2.1 PRESENTAZIONE DEL PROGETTO Nel presente elaborato viene sviluppato lo Studio di Impatto Ambientale per la verifica di conformità ambientale di un allevamento di scrofe per la produzione di suinetti in Contrada Rosciano nel Comune di Tolentino (MC). La ditta proponente è la Azienda Agricola Colli di Tolentino.

Figura 1: Stralcio Catastale QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 8 a 128

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L’allevamento è situato a ridosso a cavallo di due comuni, più precisamente il Comune di Tolentino e il Comune di ed è individuabile, catastalmente, nel seguente modo:

COMUNE di TOLENTINO Foglio n. 61 Particelle 13 / 36 / 72 / 74 / 98 / 112 / 173 / 177 / 233 / 235 Foglio n. 70 Particelle 12 / 95

COMUNE di SAN SEVERINO MARCHE Foglio n. 186 Particelle 10 / 43 / 44 / 60 / 61 / 90 / 91 / 97 / 117 / 135 / 136

QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 9 a 128

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Si riporta, di seguito, una tabella riassuntiva delle proprietà aziendali e delle superfici che compongono l’azienda suddivise per Comune di appartenenza e per foglio catastale.

Comune di TOLENTINO Sup. Catastale metri quadri trasformata Foglio Particella Ettari are centinare mq funzione [hh]ha aaa ccca 61 13 0 1 0100 daMQaHH 00.01.00 61 36 1 22 8112.281 daMQaHH 01.22.81 0 2 59259 daMQaHH 00.02.59 61 98 0 4 0400 daMQaHH 00.04.00 0 9 50950 daMQaHH 00.09.50 61 112 1 68 5016.850 daMQaHH 01.68.50 61 173 1 32 8013.280 daMQaHH 01.32.80 61 233 5 0 050.000 daMQaHH 05.00.00 61 235 0 85 178.517 daMQaHH 00.85.17 70 12 0 6 90690 daMQaHH 00.06.90 70 95 2 48 024.800 daMQaHH 02.48.00 0 97 709.770 daMQaHH 00.97.70 Comune di SAN SEVERINO MARCHE 0 daMQaHH 00.00.00 186 10 1 21 012.100 daMQaHH 01.21.00 186 43 0 3 0300 daMQaHH 00.03.00 186 44 0 27 802.780 daMQaHH 00.27.80 186 60 0 19 201.920 daMQaHH 00.19.20 186 61 1 67 4016.740 daMQaHH 01.67.40 186 90 1 34 8013.480 daMQaHH 01.34.80 186 91 0 99 609.960 daMQaHH 00.99.60 186 97 0 63 06.300 daMQaHH 00.63.00 0 96 209.620 daMQaHH 00.96.20 186 117 0 0 3737 daMQaHH 00.00.37 0 15 31.503 daMQaHH 00.15.03 186 135 0 35 03.500 daMQaHH 00.35.00 186 136 0 15 801.580 daMQaHH 00.15.80 Comune di TOLENTINO 0 daMQaHH 00.00.00 61 74 0 5 0500 daMQaHH 00.05.00 0 2 40240 daMQaHH 00.02.40 61 77 0 26 902.690 daMQaHH 00.26.90 61 177 3 65 4536.545 daMQaHH 03.65.45 0 daMQaHH 00.00.00 totale 257.692 sumHH 25.76.92

Gli edifici che attualmente compongono l’impianto sono di seguito riportati nella tabella riassuntiva, che ne mette in evidenza destinazione d’uso (Sala Fecondazione, Sala Gestazione, Sala Parto, etc) nonché la superficie e il volume corrispondente. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 10 a 128

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VOLUME - STATO ATTUALE Descrizione L D Area H min H max Hmedia Volume Accessorio C Magazzino/abitazione da demolire 1.493,03

Accessorio D (Quarantena/Magazzino) 19,30 7,10 137,03 4,45 5,28 4,87 666,65

Locale Tecnico 4,50 3,00 13,50 2,70 2,95 2,83 38,14

Separatore-Concimaia 12,00 4,50 54,00 2,50 135,00 11,00 5,50 60,50 2,50 151,25 114,50 286,25

Sala Fecondazione 41,70 16,40 683,88 3,48 5,00 4,25 2.906,49 Sala Fecondazione (Primo Calore) 19,85 6,95 137,96 2,52 2,77 2,65 364,90 821,84 3.271,39

Sala Gestazione 58,50 13,00 760,50 3,15 5,00 4,08 3.099,04

Sala Parto 1 33,50 13,50 452,25 3,15 4,40 3,78 1.707,24

Sala Parto 2 121,00 13,50 1.633,50 2,55 3,80 3,18 5.186,36

Superficie Complessiva Attuale 3.933,12

Volume complessivo attuale 15.748,10

L’allevamento nel corso degli anni è stato rimesso a norma con diversi PSR, ad oggi è ha norma con gli standard di legge sia nel benessere degli animali che per quanto riguarda i luoghi di lavoro, negli ultimi anni si è potenziato soprattutto lo stoccaggio delle deiezioni degli animali per adibirle alla fertirrigazione e si è potenziato il benessere degli animali per quanto riguarda la fase del parto delle scrofe con rimodulazione delle sale parto e ampliando gli spazzi con sistemi di raffrescamento dei locali con aria forzata, tali accorgimenti hanno dato una qualità delle produzione con rese altissime sia nella produzione dei suinetti alla nascita sia per la capacità di accrescimento in fase di magronaggio, infatti tali suinetti dal trasferimento dalla fase di allattamento insieme alla madre, ai capannoni di magronaggio non hanno cali di peso e la mortalità è quasi a zero. Tali risultati si sono avuti per i miglioramenti effettuati nel tempo grazie agli spazzi maggiori che sono stati concessi alle madri nella fase di parto e all’aumento del tempo di lattazione che è stato aumentato di altri 8 giorni arrivando quasi a quaranta. I Risultati economici sono stati incoraggianti e per tale motivo l’azienda intende continuare tale percorso continuando ad adeguare le strutture migliorando il benessere in tutte le fasi dell’allevamento. Il presente progetto prevede di realizzare un accessorio agricolo, adibito a stalla per suini per la gestazione delle scrofe e per aumentare il benessere degli animali, la quale sarà costituita da una parte a box per gestazione e una parte a box per quarantena e una parte a infermeria il tutto per aumentare il benessere degli animali oltre gli standard previsti dalla legge in quanto QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 11 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale da questo miglioramento l’azienda potrà aumentare la qualità dei prodotti con la riduzione dei costi dell’allevamento di oltre il 30%. Si riporta di seguito una tabella, integrativa di quella sopra riportata, riassuntiva dell’ampliamento che si vuole realizzare, con evidenza della destinazione d’uso dei nuovi fabbricati nonché la superficie e il volume corrispondente.

VOLUME - STATO MODIFICATO Descrizione L D Area H min H max Hmedia Volume Accessorio C Nuovo Magazzino da realizzare 22 10 220,00 4,70 5,70 5,20 1.144,00

Accessorio D (Scrofe Fine Carriera/Magazzino) 19,30 7,10 137,03 4,45 5,28 4,87 666,65

Locale Tecnico 4,50 3,00 13,50 2,70 2,95 2,83 38,14

Separatore-Concimaia 12,00 4,50 54,00 2,50 135,00 11,00 5,50 60,50 2,50 151,25 114,50 286,25

Sala Fecondazione 41,70 16,40 683,88 3,48 5,00 4,25 2.906,49 Sala Fecondazione (Primo Calore) 19,85 6,95 137,96 2,52 2,77 2,65 364,90 821,84 3.271,39

Sala Gestazione 58,50 13,00 760,50 3,15 5,00 4,08 3.099,04

Sala Parto 1 33,50 13,50 452,25 3,15 4,40 3,78 1.707,24

Sala Parto 2 121,00 13,50 1.633,50 2,55 3,80 3,18 5.186,36

Ampliamento - Sala Parto 2 15,30 13,50 206,55 3,15 4,50 3,83 790,05

Nuovo Edificio Quarantena/Infermeria/Gestazione con Autocattura 80,00 25,00 2.000,00 3,15 6,10 4,63 9.250,00

Superficie Complessiva - Stato Modificato 6.359,67

Volume Complessivo - Stato Modificato 25.439,12

Complessivamente l’impianto avrà una superficie complessiva totale di 6'470,50 mq ed un volume di 25'115,00 mc. L’intervento è soggetto L.R. 26 marzo 2012 n. 3 "Disciplina Regionale della Valutazione di Impatto Ambientale" – art. 11, essendo riferibile alla tipologia individuata nell’All. A1 – punto 6v) 3 - Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini, oltre le seguenti soglie minime: 1) 85.000 posti per polli da ingrasso; 2) 60.000 posti per galline; 3) 3.000 posti per suini da allevamento carne (di oltre 30 kg.); 4) 900 posti per scrofe. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 12 a 128

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Come già detto, essendo l’allevamento di dimensioni soggette ad Autorizzazione Integrata Ambientale, oltre al SIA viene contestualmente presentata l’istanza di A.I.A. e si richiede il procedimento unificato.

2.2 UBICAZIONE DELL’AREA Il sito interessato si colloca in un ambito di bassa collina, e coinvolge una superficie di media pendenza ad una quota di circa 413 m. s.l.m. con coordinate: 43°12' 20.43" N 13°14' 43.48"E

Figura 2: Stralcio estratto dal Google Maps dell’impianto in oggetto

L’area di studio è posta sulle colline ad ovest del Comune di Tolentino in località Rosciano. Nella carta topografica regionale è distinta dal quadrante n.124 I e 124 IV. Il sito è accessibile da Contrada Bura. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 13 a 128

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Figura 3: Stralcio Carta Tecnica Regionale

Nella carta tecnica regionale è inquadrata nelle sezioni 302 150 (San Severino Marche) e 302 160 (Tolentino).

2.3 PREVISIONI E VINCOLI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E AMBIENTALE Il quadro di riferimento programmatico è stato sviluppato allo scopo di fornire gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale. In seguito sarà evidenziata la coerenza tra il progetto e gli indirizzi di pianificazione a diversa scala. Per lo svolgimento del lavoro sono stati esaminati gli strumenti di pianificazione/programmazione vigenti per il territorio in esame e per i settori che hanno relazione diretta o indiretta con il progetto. Gli atti e strumenti di programmazione che possono avere una relazione diretta o indiretta con il progetto in esame sono:

VINCOLI E PIANI DI INTERESSE NAZIONALE NAZIONALI QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 14 a 128

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 DPR 8/09/97 “Regolamento recante norme di attuazione della direttiva 92/43 CEE relativa alla conservazione degli habitat e semi naturali, nonché della flora e della fauna selvatica”;  R.D. 30/12/1923 n. 3267 Vincolo idrogeologico;  Decreto Legislativo n. 42 del 22 Gennaio 2004;

VINCOLI E PIANI DI INTERESSE REGIONALE E PROVINCIALE

 Piano Paesistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.);  Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Macerata;  Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.);

VINCOLI ED ATTI PROGRAMMATICI COMUNALI

 Piano Regolatore Generale del Comune di Tolentino;  Piano Regolatore Generale del Comune di San Severino Marche.

2.4 VINCOLI E PIANI DI INTERESSE NAZIONALE 2.4.1 DPR 8/09/97 “REGOLAMENTO RECANTE NORME DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 92/43 CEE RELATIVA ALLA CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT E SEMI NATURALI, NONCHÉ DELLA FLORA E DELLA FAUNA SELVATICA” La normativa prevede, ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione di definiti habitat naturali e di specie della flora e della fauna, l’istituzione di “Siti di Importanza Comunitaria” e di “Zone speciali di conservazione”. In tali aree sono previste norme di tutela per le specie faunistiche e vegetazionali (art. 8, 9 e 10) e possibili deroghe alle stesse in mancanza di soluzioni alternative valide che comunque non pregiudichino il mantenimento della popolazione delle specie presenti nelle stesse. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 15 a 128

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Figura 2:4: Stralcio da Google Earth con indicazione delle aree SIC

In particolare si evidenzia che le aree classificate come Siti di Importanza Comunitaria più vicini sono La Gola di S. Eustachio, Monte Letegge e Monte d’Aria poste ad ovest del sito mentre ad est troviamo la Selva dell'Abbadia di . Tutte e tre le aree si trovano ad una distanza maggiore di 5 km in linea d’aria dal sito in esame.

Figura 2:5: Stralcio da Google Earth con indicazione delle aree ZPS QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 16 a 128

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In merito alle Zone Speciali di Conservazione, si evidenzia che le aree classificate come tali più vicini sono La Gola di S. Eustachio, Monte Letegge e Monte d’Aria poste ad ovest del sito ad una distanza maggiore di 5 km in linea d’aria dal sito in esame. Il progetto in esame non ricade in aree SIC e ZPS

2.4.2 VINCOLO IDROGEOLOGICO (R.D.L. 30/12/1923 N. 3267) L’intero territorio nazionale è stato suddiviso in aree potenzialmente a rischio secondo le direttive del R.D.L. del 30 dicembre 1923 n° 3267 conosciuto come “legge forestale” al cui art. 1 si legge: “Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”. Altresì l'art. 11 comma 1 della L.R. n° 6 del 23 febbraio 2005 dispone che: “Dalla data di entrata in vigore della presente legge, tutti i terreni coperti da bosco sono sottoposti a Vincolo idrogeologico”. Le aree soggette a tutela forestale, indirettamente soggette a Vincolo idrogeologico, sono individuabili rispettando la definizione di bosco data dalla norma regionale (L.R. n° 6 del 23 febbraio 2005 - art. 2 comma 1 lett. e). Tutti gli interventi che comportano una modifica dello stato dei luoghi in ambiti vincolati idrogeologicamente, necessitano del rilascio del nulla osta o dell'autorizzazione da parte della Provincia.

Figura 2:6: Stralcio SIT Provincia di Macerata – Aree soggette a Vincolo Idrogeologico QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 17 a 128

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Il progetto in esame coinvolge terreni soggetti a vincolo idrogeologico e, pertanto, sarà allegata alla presente valutazione la richiesta di nulla osta, per gli interventi previsti, alla Regione Marche.

2.5 VINCOLI DELLA PIANIFICAZIONE DI INTERESSE REGIONALE E PROVINCIALE Il Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 Luglio 2002, n. 137”, abrogando il precedente DLgs 490/99, detta una nuova classificazione degli oggetti e dei beni da sottoporre a tutela e introduce diversi elementi innovativi per quanto concerne la gestione della tutela stessa. Nella Parte Terza “Beni paesaggistici”, Titolo I, Capo I, art. 134, il Codice individua come beni paesaggistici: - gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico (art. 136) - (art. 139 ex DLgs 490/99): - le aree tutelate per legge (art. 142) (ex art. 146-DLgs 490/99), fino all’approvazione del piano paesaggistico; - "gli immobili e le aree comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156". Il sito in esame non ricade in ambiti oggetto di tutela paesaggistica.

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2.5.1 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.P.A.R. Il PPAR, in adempimento a quanto disposto dall’art. 1 bis ella Legge n. 431 e dalla L.R. 26 del 8 giugno 1987, disciplina gli interventi sul territorio al fine di conservare l’identità storica, garantire la qualità dell’ambiente e il suo uso sociale, assicurando la salvaguardia delle risorse territoriali. Le disposizioni del Piano si distinguono in “Indirizzi di orientamento”, “Direttive” per l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali e particolari e le “Prescrizioni”, immediatamente vincolanti per qualsiasi soggetto, sia pubblico che privato. L’area oggetto del nostro intervento non è soggetta a nessun tipo di vincolo paesistico ambientale vigente (cfr, stralcio tav. 1); si evidenzia la vicinanza con la presenza di aree vincolate e con vincoli relativi a Parchi e Foreste: nello specifico sono piccole aree boscate____. In merito agli altri vincoli presenti nelle vicinanze si evidenziano i fiumi e/o corsi d’acqua: a nord abbiamo il Fosso Troiano e a sud il Rio Gesolone. Ad est si evidenziano due Vincoli Regionali (Galasso) definiti MC13 (Abbadia di Fiastra) e MC 4 (Monte San Vicino).

Figura 2:7: Stralcio Tav. 1 P.P.A.R.

La zona di indagine ricade, morfologicamente, nella fascia PA Pedeappeninica, all’interno del sottosistema tematico denominato GC: “Aree di Qualità Diffusa” dove sono presenti aree di valore intermedio con caratteri geologici e geomorfologici che distinguono il paesaggio collinare e medio-collinare della regione. La tutela dei caratteri geologici, geomorfologici e idrogeologici deve provvedere: a) alla conservazione e protezione delle emergenze di particolare rilevanza e degli ambienti naturali presenti nell’ambito del territorio individuati dal Piano; b) alla conservazione e difesa del suolo ed al ripristino delle condizioni di equilibrio ambientale, al recupero delle aree degradate, alla riduzione delle condizioni di rischio, alla difesa dall’inquinamento delle sorgenti e delle acque superficiali e sotterranee. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 19 a 128

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Figura 3:5: Stralcio Tav. 2 P.P.A.R

Figura 2:8: Stralcio Tav. 3 P.P.A.R.

Nell’area GC le eventuali trasformazioni del territorio devono privilegiare soluzioni di progetto idonee ad assicurare la loro compatibilità con: a) il mantenimento dell’assetto geomorfologico d’insieme; b) la conservazione dell’assetto idrogeologico delle aree interessate dalle trasformazioni; c) il non occultamento delle peculiarità geologiche e paleontologiche che eventuali sbancamenti portino alla luce. Nell’ambito del progetto previsto non vengono effettuate operazioni che modificano l’assetto geomorfologico d’insieme, non si modifica l’assetto idrogeologico dell’area. Non sono presenti nell’area Emergenze Geologiche cartografate. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 20 a 128

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Figura 2:9: Stralcio Tav. 3a P.P.A.R.

La zona di studio non è interessata da alcun sottosistema Botanico-vegetazionale di tipo BA, BB, BC. Questi elementi, sono le componenti caratteristiche del Paesaggio marchigiano, peculiari del territorio; a tal fine le componenti vegetali della Regione che vanno tutelate sono le specie floristiche, le associazioni vegetali, le foreste e le aree pascolive, gli ambienti di interesse biologico-naturalistico e gli elementi (zone) del paesaggio agrario.

Figura 2:10: Stralcio Tav. 4 P.P.A.R.

La zona di indagine non ricade in nessun tipo di area di valore paesaggistico e ambientale del territorio Regionale e, quindi, si trova al di fuori delle aree A, B e C rispettivamente di eccezionale valore, di rilevante valore e di qualità diffusa. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 21 a 128

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Figura 2:11: Stralcio Tav. 6 P.P.A.R.

Inoltre l’area oggetto di studio ricade ai margini di un’area “V” di alta percettività visuale relativa alle infrastrutture a maggiore intensità di traffico che è relativa alla Strada Statale 77 che percorre tutta la vallata del fiume .

L’impatto visivo risulta minimo sia dall’andamento morfologico del terreno (la presenza di elementi collinari occulta la visibilità dell’impianto) che dalla presenza di vegetazione arborea (sia propria dell’impianto che in generale dell’area vasta).

Figura 2:12: Stralcio Tav. 7 P.P.A.R.

In relazione al Paesaggio Agrario di interesse storico-ambientale (art.38), l’area in oggetto non risulta nelle vicinanze di una area che riporta i caratteri fondamentali di forma storica del territorio. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 22 a 128

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Figura 2:13: Stralcio Tav. 8 P.P.A.R.

In merito ai Centri e nuclei storici (art.39), cioè i “…..complessi insediativi in diretta relazione col paesaggio circostante”, abbiamo che il centro storico di Tolentino dista in linea d’aria circa 3 km in direzione Est dall’impianto.

Figura 2:14: Stralcio Tav. 9 P.P.A.R.

Si evidenzia come nelle immediate vicinanze non sono riscontrabili edifici e manufatti extra- urbani di particolare rilievo (Edifici e Manufatti Storici - art.40), Zone Archeologiche e Strade Consolari (art.41), Luoghi di Memoria Storica (art.42) E Parchi o Riserve Naturali.

Figura 2:15: Stralcio Tav. 11 P.P.A.R. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 23 a 128

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Non sono presenti nell’area ulteriori vincoli derivanti dal Piano Paesistico Ambientale Regionale, infatti Non sono riscontrabili nell’area interessata dall’indagine Emergenze geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche (art. 28), versanti (art. 31), aree floristiche (art. 33), foreste demaniali regionali e boschi (art.34), pascoli (art. 35), zone umide (art. 36) e elementi diffusi del paesaggio agrario (art. 37).

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2.6 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.A.I. Il Piano Stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI), elaborato dall’Autorità di Bacino, della Regione Marche, ai sensi della L 183/89 – L 365/00 – LR. 13/99, è stato adottato dal Comitato Istituzionale con Delibera n. 15/2001 e n. 42/2003. Il PAI è diretto all’identificazione delle zone a rischio di frana e alluvione e delle misure finalizzate alla mitigazione del rischio. Cerca di raggiungere il miglior utilizzo, lo sviluppo del territorio e la naturale dinamica idrogeomorfologica dei bacini, nel rispetto della tutela ambientale e della sicurezza della popolazione, degli insediamenti e delle infrastrutture.

Figura 2:16: Stralcio SIT della Provincia di Macerata-P.A.I.

Nello specifico la Carta del Rischio Idrogeologico, redatta dalla Regione Marche - Autorità di Bacino Regionale (Tavola RI 58/d), riguardante questa porzione di territorio del Comune di Tolentino e San Severino Marche prevede sull’area del lotto interessato dall’intervento: Area a rischio frana “F” Codice Area F-19-1314 Indice di Pericolosità P2: pericolosità media Grado di rischio: R1 rischio moderato Si rimanda alla Relazione Geologica allegata per le specifiche. Gli interventi previsti non intervengono sull’area soggetta a PAI che investono una parte limitata dell’intera azienda. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 25 a 128

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2.7 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.T.A. (PIANO TUTELA DELLE ACQUE) Il Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n°152 al Titolo III “Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi”, Capo I “Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento”, art. 19 (zone vulnerabili da nitrati di origine agricola - ZVN) disciplina l’individuazione di dette zone vulnerabili. Tale norma è importante in quanto è legata alla regolamentazione della fertirrigazione nel senso che nelle ZVN non si possono somministrare più di 170kg/ha di azoto. Nella aree esterne alle ZVN si può arrivare a 340 kg/ha di azoto. Si riporta di seguito uno stralcio della della Carta della Prima Individuazione delle Zone Vulnerabili da Nitrati di Origine Agricola del P.T.A., in cui si evidenzia che la Soc. Agricola Colli di Tolentino non ricade all’interno delle aree così perimetrate.

Figura 2:17: Stralcio Tav. 1-A.3.2 del P.T.A. – Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola

Si evidenza nelle vicinanze un’area Vulnerata che non è inserita tra le aree in cui l’Azienda effettua operazioni di fertirrigazione.

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2.8 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.T.C. Il Piano Territoriale di Coordinamento integra il P.P.A.R. interpretando i caratteri strutturali del territorio attraverso l’individuazione di diversi contesti; infatti come definito dall’art. 1 dello stesso, “…appresta gli strumenti di conoscenza, di analisi e di valutazione dell'assetto del territorio della Provincia e delle risorse in esso presenti, determina -in attuazione del vigente ordinamento regionale e nazionale e nel rispetto del piano paesistico ambientale regionale (PPAR) e del piano di inquadramento territoriale (PIT) nonché del principio di sussidiarietà- le linee generali per il recupero, la tutela ed il potenziamento delle risorse nonché per lo sviluppo sostenibile e per il corretto assetto del territorio medesimo.” Ogni contesto è poi ricondotto a specifici caratteri ambientali, insediativi e socio-economici con l’obiettivo di analizzare in modo diffuso le risorse di ogni sistema di riferimento e di accertare gli effetti indotti dagli interventi di trasformazione. La disciplina del PTC è ordinata ed articolata, anzitutto, nei sistemi ambientale, insediativo e socio-economico (parte II), individuati con riguardo ai connotati più significativi ed alle prevalenti vocazioni delle diverse parti del territorio provinciale ed alle rispettive azioni da intraprendere, azioni espresse, a seconda della loro natura e portata, a mezzo di direttive, indirizzi e prescrizioni. La disciplina del PTC è ordinata altresì per settori e per progetti (parte III), con la definizione, rispettivamente, di linee di intervento relative a settori specifici, del progetto intersettoriale ed integrato delle reti e di progetti delle parti più rilevanti delle connessioni stradali.

2.1.5.1 Sistema Ambientale Le aree e gli ambiti territoriali costituenti il sistema ambientale sono individuati dal PTC in funzione tanto dei valori, dei rischi, delle potenzialità e della sensibilità ecobiologica di ciascuno di essi, quanto del complesso delle relazioni e degli scambi che interconnettono territori differenti nonché in funzione delle necessità dell'intero territorio provinciale e della comunità sullo stesso insediata. Il sistema ambientale è formato dall'insieme delle strutture ambientali complesse del territorio provinciale, a loro volta costituite da diverse componenti (geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, botanico-vegetazionali e faunistiche) strettamente interconnesse le une alle altre.

Figura 2:18: Stralcio Tav. En 1 del P.T.C. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 28 a 128

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L’area, oggetto della presente richiesta, ricade in un’Area di filtro del serbatoio idrico delle dorsali carbonatiche nel Sistema della valle e delle colline del Chienti. Le area di filtro del serbatoio idrico delle dorsali carbonatiche sono costituita dalla parte del territorio provinciale posta ai piedi delle dorsali carbonatiche (principale e secondaria) e caratterizzata dalla presenza di numerose sorgenti lineari e puntuali; si tratta di un territorio ad elevata vulnerabilità (stante il contatto diretto tra serbatoio idrico delle dorsali e suolo), al quale va riconosciuto il ruolo fondamentale di filtro per il serbatoio idrico sotterraneo. Per le aree di filtro del serbatoio idrico delle dorsali carbonatiche sono definite delle direttive specifiche come l’attuazione ed incentivazione degli interventi di manutenzione e di recupero delle sorgenti e l’incentivazione degli interventi di manutenzione e delle attività colturali di agricoltura biologica: per la prima direttiva, si evidenzia che l’area in esame non presenta sorgenti, in merito alla seconda, si svolgono interventi di manutenzione continui sebbene le attività colturali che si attuano sono di tipo tradizionale.

Figura 2:19: Stralcio Tav. En 3a del P.T.C.

Dall’esame della cartografia riguardante il sistema ambientale si desume che l’area di intervento, per ciò che riguarda le Categorie del patrimonio botanico-vegetazionale (cfr. Stralcio tav. En3a), non è interessata dal alcun tipo di categoria. In relazione alla Categorie della struttura geo-morfologica, l’area non è interessata da versanti con situazioni di dissesto attivo o quiescente e con pendenze inferiori al 30% (art. 25.3.2) né a versanti stabili e con pendenza superiore al 30% (art. 25.3.3)

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Figura 2:20: Stralcio Tav. En 3b del P.T.C.

Figura 2:21: Stralcio Tav. En 6 del P.T.C.

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Figura 2:22: Stralcio Tav. En 8 del P.T.C.

Figura 2:23: Stralcio Tav. En 9 del P.T.C.

2.8.1 SISTEMI INSEDIATIVI ll PTC persegue: 1) il riequilibrio ambientale ed insediativo dei territori più congestionati (centri urbani, aree industriali e infrastrutture principali); 2) la riqualificazione funzionale dei centri collinari e della rete della viabilità ad essi connessa; 3) la rivitalizzazione del sistema dei centri storici e dei nuclei nelle aree montane nonché del sistema dei percorsi di accesso ad essi; 4) il recupero dei manufatti extra-urbani e degli edifici rurali di interesse storico-insediativo (insediamenti diffusi). A tal fine il PTC individua i territori nei quali è necessario promuovere e implementare politiche di riequilibrio insediativo anche attraverso azioni congiunte e coordinate di più Comuni e definisce le direttive per l’orientamento delle scelte territoriali. L’area in oggetto si trova nel “Sistema della valle e delle colline del Chienti e delle colline dell'Ete”, costituito dagli insediamenti di valle e di crinale presenti nella bassa valle del Chienti fino a Belforte nonché dai centri e dagli insediamenti dei territori di Tolentino, Pollenza, Casette Verdini, , Macerata, Sforzacosta, Piediripa, , Trodica, , Monte QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 31 a 128

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S.Giusto,Villa S.Filippo, , Montecosaro Scalo, S.Maria Apparente, Civitanova Alta; è caratterizzato dalla presenza del capoluogo e di importanti centri storici collinari, da consistenti insediamenti produttivi, residenziali e commerciali lungo le valli, ma anche dalla ricoscibilità del principio insediativo storico della polarità tra insediamento collinare e relativo insediamento di valle, che ha determinato il mantenimento di varchi e pause tra le espansioni a carattere lineare più recenti. Le direttive sono essenzialmente volte a promuovere e favorire, nell'ambito dei territori collinari, interventi volti a salvaguardare, potenziare e rivitalizzare l'articolazione insediativa storicamente consolidata con maggiore attenzione per le peculiarità delle diverse tradizioni insediative locali, che costituiscono un patrimonio di straordinaria valenza culturale, sociale ed economica. Negli indirizzi specifici va esclusa sia la saturazione del sistema lineare della valle del Chienti sia la saldatura tra centri di sommità e centri di valle, anche salvaguardando e consolidando gli spazi aperti lungo le aste fluviali e sui versanti collinari che affacciano lungo la valle; il verde di standard va localizzato, di preferenza, su queste aree e, soprattutto, nelle fasce libere tra insediamenti produttivi e aste fluviali, nei pressi delle confluenze fluviali, nelle aree libere tra i centri storici e le nuove espansioni; nelle zone di discontinuità tra insediamenti di crinale. Su queste aree gli interventi debbono tendere a recuperare ed a rafforzare la riconoscibilità della polarità storica tra centri di fondovalle e di sommità, attraverso la qualificazione delle loro connessioni.

Il contesto agricolo generale, nel quale l’intervento si attua, risulta parzialmente compromesso in quanto gli spazi agricoli sono intervallati da insediamenti residenziale e/o di piccolo artigianato; in questa antropizzazione territoriale variegata, non è stata totalmente compromessa la riconoscibilità del sistema insediativo storico; pertanto, minimizzare gli impatti con gli elementi vegetativi di riferimento del sistema medio collinare e realizzare sistemi di compensazione è il migliore intervento di riequilibrio territoriale attuabile. Gli interventi odierni tengono conto dei nuovi indirizzi ed è volontà dell’azienda di rinnovarsi con particolare attenzione alla gestione ambientale di queste attività. Non vi è nulla da evidenziare in relazione alle categorie del Patrimonio storico- culturale in quanto non vi sono edifici e manufatti extra-urbani di interesse storico, architettonico e ambientale nelle vicinanze influenzabili dal progetto stesso.

2.8.2 SISTEMA SOCIO-ECONOMICO Gli ambiti territoriali (o contesti locali) costituenti il sistema socio-economico sono individuati dal PTC (cfr. stralcio tav. En 11), in funzione delle caratteristiche economico-produttive, delle problematiche ambientali legate alle specificità degli insediamenti residenziali e commerciali nonché degli impianti produttivi presenti nel contesto, delle morfologie insediative, delle morfologie sociali e delle tendenze al mutamento. L’individuazione del sistema socio-economico consente di riconoscere la vocazione prevalente e connotativa di specifiche parti del territorio provinciale in ordine all'intero sistema, con particolare riferimento a quello economico-produttivo.

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Il contesto della bassa valle del Chienti, costituito dalla parte del territorio provinciale occupata dai territori dei Comuni di Montecosaro, Morrovalle, Monte S. Giusto, Corridonia e Tolentino: è connotato da fortissima crescita demografica ed industriale, con livelli medio-alti di densità edilizia ed elevatissima specializzazione industriale (distretto delle pelli, cuoio e calzatura).

Nel contesto locale della bassa valle del Chienti vanno previsti ed incentivati interventi di miglioramento del funzionamento e della qualità spaziale degli insediamenti urbani, di miglioramento dei servizi e di riordino delle aree ad elevata densità insediativa. Per il contesto sono definite le seguenti direttive specifiche. Le direttive per il contesto locale dell’area si indirizzano alla riorganizzazione fisico-paesistica e riorganizzazione infrastrutturale attraverso la riprogettazione degli spazi interclusi, la rifunzionalizzazione dei nodi, la riorganizzazione degli insediamenti industriali, anche al fine della messa in sicurezza delle aree produttive nonché al contenuto sviluppo urbanistico, nella prospettiva del riequilibrio industriale (in parte già in atto) verso le aree interne della Sinclinale e verso la valle del Potenza e nella prospettiva del riequilibrio residenziale verso i contesti locali confinanti di tipo collinare. Gli indirizzi specifici sono volti a garantire che il dimensionamento degli insediamenti previsti dagli strumenti urbanistici comunali sia definito in modo ed in termini tali da assicurare il corretto sviluppo insediativo, in un quadro di sostenibilità ambientale, di tutela e di valorizzazione delle specifiche risorse locali nonché di riconoscimento delle potenzialità economiche. I modelli di orientamento e di valutazione della congruenza di progetti prevedono interventi legati al miglioramento della componenti ambientali suscettibili di creazioni di impatti, come la realizzazione di impianti di protezione e di compensazione delle emissioni insalubri (atmosferiche, acustiche) provenienti da insediamenti industriali esistenti oltreché da quelli da realizzare; la bonifica ed il recupero dei suoli nei siti industriali dismessi; la realizzazione di interventi che si avvalgono , per coprire almeno il 50% del fabbisogno energetico di fonti alternative (eolico, fotovoltaico, cogenerazione, solare, idroelettrico), nonché la messa in sicurezza delle aree perifluviali attraverso interventi di ripristino delle strutture di regimazione (argini, briglie, ecc.) degradate esistenti negli alvei fluviali principali, la rinaturalizzazione di tratti di alvei fluviali con le tecniche della bioingegneria, il mantenimento ed il potenziamento delle fasce di vegetazione ripariale, il mantenimento e potenziamento delle microconnessioni ambientali (siepi, boschetti, filari, ecc.), la realizzazione, lungo i corridoi faunistici, di passaggi per la fauna locale lungo la viabilità esistente o di progetto, interventi di difesa del suolo e infine la realizzazione, all’interno delle nuove aree industriali, commerciali, artigianali , di aree permeabili destinate a verde in misura superiore a quella di standard minimo e almeno pari ad 1/3 della superficie territoriale interessata dal progetto.

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2.9 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.R.G. DEL COMUNE DI TOLENTINO La verifica della coerenza del progetto con gli strumenti urbanistici che regolano l’uso del territorio passa attraverso le verifiche di conformità al P.R.G. Comunale ed alle NTA dello stesso. Le verifiche relative al P.P.A.R. non sarebbero necessarie in quanto lo strumento urbanistico comunale (P.G.R. e relative NTA) è già stato adeguato ai piani di tipo regionale su citato. Il P.R.G. del Comune di Tolentino definisce l’area in oggetto in parte a destinazione “E1 - Aree ad uso Agricolo classificate E1 a tutela integrale” così come normata all’art. 28 delle NTA ed in parte come “E2 - Aree ad uso Agricolo classificate E2 a tutela orientata” normata sempre all’art. 28 delle NTA e di seguito riportate.

Art. 28 - Aree ad uso agricolo “E” 1. Le aree ad uso agricolo, fatta eccezione per le aree classificate E7 (aree prive di tutela), sulle quali si applicano le disposizioni previste dalla L.R. n.13/1990, sono soggette alle tutele del PPAR secondo le disposizioni del successivo Titolo V e precisamente: a) le aree classificate E1 a tutela integrale; b) le aree classificate E2 a tutela orientata; c) le aree classificate E3 a tutela idrogeologica intensiva; d) le aree classificate E4 a tutela idrogeologica estensiva; e) le aree classificate E5 a tutela per alta percettività visiva; f) le aree classificate E6 a tutela per media percettività visiva. Le modalità d'intervento previste per le aree ad uso agricolo, di cui ai seguenti articoli, dovranno essere verificate e rese compatibili con le prescrizioni, direttive e indirizzi delle norme di tutela del citato Titolo e delle "Schede integrative” di cui agli elaborati 1.N. e 1.0. e comunque nel rispetto della L.R. 13/90. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 34 a 128

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2. Nelle aree ad uso agricolo il PRG salvaguarda le potenzialità colturali e le unità produttive favorendo le esigenze economiche e sociali dei lavoratori agricoli delle imprese coltivatrici e delle loro forme cooperative e associate, promuovendo il corretto uso del suolo. In tali aree si applicano norme di tutela con divieto di abbattimento della vegetazione, arbustiva e d'alto fusto esistente, di svolgimento di qualsiasi attività estrattiva se non prevista da piani regionali o sub-regionali, di svolgimento di qualsiasi discarica o deposito di materiale non agricolo, fatte salve le discariche in atto regolarmente autorizzate. Si fa riferimento, inoltre, ad altre Norme delle NTA a cui si fa riferimento sia agli interventi di nuova realizzazione, che sono l’oggetto della presente richiesta di A.I.A., sia a tutte quelle Norme relative alla Aree di Tutela. Sono riportati di seguito l’art. 30 delle NTA e gli artt. 41 e lo stralcio dell’art. 42 delle NTA.

Art. 30 - Interventi di nuova formazione per l'uso agricolo. 1. Gli Interventi devono essere conformi al dettato normativo della LR 8 marzo 1990 n. 13 e dalle tutele previste dall'art. 28 delle N.T.A. 2. Nelle aree agricole distanti meno di ml 1000 dai perimetri urbani definiti dal PRG non possono essere autorizzate attività zootecniche di tipo industriale.

Art. 41 - Articolazione della tutela paesaggistico-ambientale 1. Nell'ambito dei territori urbani ed extraurbani il PRG definisce le seguenti tutele di carattere paesaggistico-ambientale che si sommano tra loro con carattere di prevalenza nei confronti delle prescrizioni e indicazioni del piano: A) tutela di tipo integrale; E1 B) tutela di tipo orientato; E2 C) tutela di tipo idrogeologico "intensivo"; E3 D) tutela di tipo idrogeologico "estensivo”; E4 E) tutela per “alta” percettività visiva; E5 F) tutela per “media” percettività visiva; E6 2. Per le parti urbane tali tutele sono precisate e definire dalle "Schede integrative” di cui agli elaborati 1.0.1/10 e 1.P. 3. Le verifiche di compatibilità ambientale e paesistica previste dal piano dovranno essere fornite dagli interessati e approvate contestualmente al progetto d'intervento secondo le modalità prescritte dalle NTA del PPAR. Per le opere di mobilità, fluviali, tecnologiche di trasformazione e bonifica agraria e quelle di rilevante trasformazione in genere valgono i contenuti progettuali e le disposizioni generali di cui alle NTA del PPAR.

Art. 42 - Prescrizioni normative delle tutele A) Tutela integrale E1 1. Tale tutela agisce nei territori specificatamente indicati nelle planimetrie di piano in scala 1:4.000 e 1:10.000. 2. In queste aree si applicano le prescrizioni generali di base del PPAR relative alla tutela integrale. QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 35 a 128

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3. Dato l'eccezionale valore delle emergenze vegetazionali, geologiche e geomorfologiche presenti è fatto obbligo ai proprietari delle aree la protezione e la conservazione delle specie floristiche e degli ambienti di particolare interesse biologico-naturalistico come definite da specifiche norme in materia. 4. Gli edifici esistenti potranno essere recuperati come previsto dalla L.R. n.13/1990.

B) Tutela orientata E2 1. Tale tutela agisce nei territori specificatamente indicati nelle planimetrie di piano in scala 1:4.000 e 1:10.000. 2. In queste aree si applicano le prescrizioni generali di base del PPAR relative alla tutela orientata. 3. Sono ammessi tutti gli usi e le possibilità edificatorie previste dalla L.R. n.13/1990; non sono ammesse nuove costruzioni in terreni con pendenza superiore al 30%. (omissis)

L’intervento previsto riguarda la realizzazione di una nuova stalla per la gestazione delle scrofe, l’area quarantena, una infermeria e, contestualmente, l’adeguamento alle norme che riguardano l’Autorizzazione Integrata Ambientale e la Valutazione di Impatto Ambientale determinate dall’incremento di scrofe in allevamento. L’intervento risulta conforme al P.R.G. del Comune di Tolentino in quanto nelle aree vincolate in E2 (tutela Orientata) sono ammessi gli usi e le possibilità edificatorie previste dalla legge regionale 13/90. Quest’ultima, all’art. 9 comma 2, riporta che le costruzioni per gli allevamenti dovranno avere specifiche caratteristiche che sono: a) essere protette da una zona circostante, con recinzioni ed opportune alberature, di superficie pari a quella degli edifici da realizzare, moltiplicata per 5; b) rispettare le seguenti distanze minime: dai confini di ml. 40; dal perimetro dei centri abitati di ml. 500, estesa a ml. 1.000 per gli allevamenti di suini; dal più vicino edificio residenziale non rientrante nel complesso aziendale di ml. 100; c) svilupparsi su un solo piano e rispettare l'altezza massima di ml. 4,50 misurata a valle per i terreni in declivio; sono fatte comunque salve le diverse altezze che rispondono a particolari esigenze tecniche; d) avere un volume massimo non superiore all'indice di fabbricabilità fondiaria di 0,5 mc/mq.

Queste caratteristiche sono rispettate all’interno del progetto in quanto:

 relativamente al punto a) l’area di protezione (considerando con questo termine quella più prossima alla nuova realizzazione) risulta pari a 39'975 mq che risulta, rispetto alla realizzazione, 18 volte superiore ed ampiamente cautelativo rispetto a quanto previsto dalla norma;  relativamente al punto b), nella Tav. ___ si evidenziano le distanza dai confini che rientrano in quelle previste per legge;  relativamente al punto c), nella Tav. ___ si evidenzia che l’altezza massima del fabbricato è pari a 6,10 metri, derivante dalla necessita di avere una corretta inclinazione della copertura per la corretta gestione della ventilazione naturale. In merito a questo aspetto si richiede, come previsto dalla norma relativamente ad esigenze tecniche particolari, di confermare quanto previsto nel progetto;  relativamente al punto d), l’indice di fabbricabilità fondiaria risulta, facendo riferimento all’area complessiva totale ed ai volumi totali realizzati, pari a 0,09 mc/mq. La superficie complessiva aziendale risulta pari a 257'692 mq ed il volume totale di tutti i fabbricati risulta pari a 25'439 mc da cui risulta che 25'439 mc / 257'692 mc = 0,09871 mc/mq QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 36 a 128

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2.10 RELAZIONI CON LE PREVISIONI DEL P.R.G. DEL COMUNE DI SAN SEVERINO MARCHE La verifica della coerenza del progetto con gli strumenti urbanistici che regolano l’uso del territorio passa attraverso le verifiche di conformità al P.R.G. Comunale ed alle NTA dello stesso. Le verifiche relative al P.P.A.R. e al P.T.C. non sarebbero necessarie in quanto lo strumento urbanistico comunale (P.G.R. e relative NTA) è già stato adeguato ai piani di tipo regionale su citato. Il P.R.G. del Comune di San Severino Marche definisce l’area in oggetto in parte a destinazione “E - Aree destinate ad uso Agricolo” così come normata all’art. 32 delle NTA di seguito riportate.

Art. 32 Zone Agricole E 1. Le zone E corrispondono alle parti del territorio che il Piano riserva alle attività agricole forestali di pianura e montane.Tali zone sono destinate esclusivamente all’esercizio delle attività dirette alla coltivazione dei fondi, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed alle altre attività produttive connesse, ivi compreso l’agriturismo. Si tratta di aree definibili di valore comune in cui sono presenti in maniera diffusa elementi della struttura botanica vegetazionale sottoposti a tutela integrale (querce isolate o in filari, siepi, vegetazione ripariale, boschi residui…). 2. Le zone “E” individuate dal Piano sono assimilate alle zone omogenee “E” di cui all'art. 2 del D.M. 2/4/68 N. 1444. 3. il Piano, in relazione alle specifiche modalità di utilizzazione ed organizzazione produttiva delle diverse parti del territorio agrario e forestale, sia della loro collocazione in rapporto al paesaggio ed ai sottosistemi tematici, così come definiti dal P.P.A.R. e dal P.T.C. individua diverse sottozone. La sotto articolazione delle zone E ha come obiettivo la tutela delle risorse naturali e del paesaggio e la protezione dei rischi connessi alle attività agricole. 4. In base alle condizioni di rischio e alle condizioni di vulnerabilità dell’ambiente si definisce la seguente articolazione:  EN (AGRICOLE NORMALI )  ESP (AGRICOLE DI INTERESSE PAESISTICO)  EA (AGRICOLE DI SALVAGUARDIA PAESISTICO-AMBIENTALE) 5. Le singole zone agricole, di cui agli articoli successivi, sono regolate dalla L.R. 13/90 salvo le disposizioni più restrittive contenute nelle presenti norme. Inoltre, dal punto di vista Botanico-Vegetazionale, nel caso di realizzazione degli interventi ammessi e delle relative infrastrutture, dovrà essere evitato l'utilizzo di specie non autoctone invasive favorendo l’impianto di alberature e siepi appartenenti alla vegetazione potenziale locale. 6. All’interno delle sottozone come in precedenza identificate, sono ammessi i seguenti interventi:  manutenzione ordinaria;  manutenzione straordinaria;  restauro e risanamento conservativo;  ristrutturazione vincolata;  ristrutturazione edilizia;  demolizione con ricostruzione;  nuove edificazioni in conformità con le leggi vigenti, con le disposizioni della LR n. 13/90 e con quelle specifiche di cui alle presenti norme, qualora più restrittive. 7. Le nuove costruzioni e tutti gli interventi ammessi sul patrimonio edilizio esistente, dovranno comunque essere eseguiti secondo tipologie, materiali e tecnologie in armonia con gli insediamenti tradizionali del paesaggio rurale. 8. Eccetto che nelle zone EA, per le aree coltivate valgono le seguenti prescrizioni (Art.21 NTA del PTC):  nei terreni con pendenza dal 10 al 20% dovranno essere effettuate principalmente colture avvicendate con opportune regimazioni idriche e colture arboree di pregio (vite e olivo e arboricoltura da legno). QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 37 a 128

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 nei terreni con pendenze uguali o maggiori al 30%, soggetti a forte rischio di erosione, in relazione alla natura stessa del terreno e per corpi coltivati di rilevante estensione, dovranno essere attuate severe limitazioni tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche conservative. La coltivazione dei terreni di cui sopra dovrà avvenire nel rispetto delle seguenti inidicazioni:  introducendo in rotazione colture foraggere, evitandone la lavorazione nel periodo invernale;  favorendo la copertura vegetale magari con colture intercalari;  predisponendo una adeguata rete di captazione delle acque meteoriche.  utilizzo di colture erbacee permanenti e, pur con qualche limitazione d’uso, di colture arboree di pregio (vite e olivo).

Figura 2:24: Stralcio Tav. P01b- Sistemi e Regole della Struttura Botanico Vegetazionale QUADRO PROGRAMMATICOQUADRO Pag. 38 a 128

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Figura 2:25: Stralcio Tav. P02-Sistemi e subsistemi

Figura 2:26: Stralcio Tav. P03 – Zone Omogenee

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L’intervento risulta conforme al Piano Regolatore Generale del Comune di San Severino Marche in quanto non si prevedono interventi edili nelle aree che si trovano in questo Comune; si provvederà solo alla messa a dimora di essenze autoctone secondo quanto previsto all’interno del Piano per ridurre l’impatto visivo degli edifici esistente che a tutt’oggi compongono l’allevamento.

2.11 RISPETTO DEI VINCOLI L’area in oggetto non è interessata da alcun tipo di vincolo di tipo naturalistico, architettonico, archeologico e storico- culturale; l’attività si svolge nel pieno rispetto di tutti quelli esistenti e coerentemente con quanto previsto dagli strumenti urbanistici Regionali, Provinciali e Comunali.

2.12 CONDIZIONAMENTI DELLE VOCAZIONI NATURALI L’area oggetto del presente intervento, come già ampiamente descritto, si trova sul versante collinare di Tolentino in posizione mediana tra il centro e gli insediamenti di fondovalle: le valutazioni di insediamento di aziende agricole (allevamenti intensivi) erano legate allo sviluppo e alla creazione di posti di lavoro, trascurando in parte le problematiche legate all’ambiente e alla gestione del territorio. Il contesto agricolo generale risulta compromesso ormai storicamente in quanto gli spazi agricoli sono intervallati da insediamenti artigianali ed in questa antropizzazione territoriale variegata, è totalmente compromessa la riconoscibilità del sistema insediativo storico. L’intervento previsto non altera, in modo sostanziale, lo stato presente in quanto è già operante nella stessa sede un allevamento zootecnico di riproduzione, ma si limita ad intervenire con azioni tesi al miglioramento degli eventuali impatti che questo tipo di attività possono creare.

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3 QUADRO PROGETTUALE

3.1 PREMESSA e CRITERI DI PROGETTAZIONE Il Quadro di riferimento Progettuale è stato articolato con una descrizione delle strutture aziendali e le relative modalità di gestione dell’allevamento sia nello stato attuale che in quello modificato, che varia in modo sostanziale dall’esistente. A questo segue una descrizione delle attività principali e complementari che si svolgono durante il ciclo produttivo evidenziando la necessità delle risorse primarie e le azioni che possono generare fattori di perturbazione sulle componenti ambientali ed, infine, le azioni di mitigazione ambientale per migliorare la sostenibilità dell’insediamento. La premessa necessaria, prima della descrizione dell’allevamento, è che la Colli di Tolentino ha acquisito l’allevamento, che già operava nel settore degli allevamenti dal 1970 circa in questa stessa sede. L’allevamento in oggetto, quindi, non è un nuovo progetto ma si tratta di adeguamento autorizzativo determinato dalle nuove normative relative al settore degli allevamenti intensivi a seguito di aumento produttivo con la realizzazione di una nuova stalla per la gestazione e la quarantena.

3.2 CONSISTENZA DELL’ALLEVAMENTO 3.2.1 CICLO PRODUTTIVO ATTUALE La Colli di Tolentino Azienda Agricola S.r.l. è organizzata per svolgere l’allevamento di scrofe al fine della riproduzione, dalle quali si generano i lattonzoli che sono destinati alla vendita e/o trasferiti presso altre aziende soccidarie dove completeranno il loro ciclo. La riproduzione viene organizzata in tre fasi che corrispondono alla destinazione d’uso dei locali componenti l’allevamento. La prima fase dell’allevamento consiste nella fecondazione e della conferma di gravidanza. La stalla è composta da box singoli in cui le scrofe stanziano per la fase di inseminazione di tipo artificiale e per la verifica della gravidanza fino a 30 giorni dall’inseminazione. Successivamente le stesse sono trasferite in un altro locale in box multipli per la fase di gestazione che può durare fino a 114-116 giorni, sebbene in media è stato verificato un periodo di 88 giorni. Infine, finita la fase di gestazione, le scrofe vengono trasferite nelle aree destinate alle sale parto una settimana prima dello stesso e vi resteranno per le successive 4 settimane, per complessive 5 settimane. La sala parto è un locale attrezzato con diverse gabbie in grado di ospitare la scrofa e la nidiata fino al termine del periodo di allattamento (21 – 28 gg). La scrofa partorisce solitamente senza bisogno di assistenza da parte dell’operatore, che interviene solo in caso di parto problematico. La scrofa in questa fase è particolarmente aggressiva e protettiva della nidiata per cui ogni eventuale intervento da parte dell’operatore per assistenza alla scrofa o ai suinetti può costituire un fattore di rischio. È evidente che in questa zona dell’allevamento (sala parto) occorre attuare una corretta pratica igienica con pulizia e disinfezione delle strutture quando le scrofe ritornano nel settore fecondazione (per la stimolazione di un nuovo calore); viene effettuato il “tutto pieno-tutto vuoto” per le singole sale parte che contengono 28 poste ciascuna. Questa tecnica prevede lo svuotamento periodico dell’area di stabulazione, seguito da una pulizia accurata delle superfici interne dell’edificio e delle attrezzature con le quali sono entrati in contatto gli animali. A questa operazione segue un periodo di 5-7 giorni di non utilizzo del locale. Gli addetti sono esposti a rischi di natura biologica derivanti da possibili contatti con QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 41 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale materiali organici, di natura chimica derivanti da esposizione a sostanze detergenti-disinfettanti e legati all’utilizzo di macchine idropulitrici. All’uscita dalle sale parto le scrofe saranno stabulate in posta singola per la fase di fecondazione ed in seguito saranno condotte nei reparti di gestazione scrofe, ossia ricominciano il ciclo di riproduzione, mentre i lattonzoli, che avranno 28 giorni di vita ed un peso di circa 7 kg, saranno venduti per la fase di accrescimento. E’ presente, all’interno dell’azienda, anche una area dedicata alla quarantena in cui vengono sistemate le scrofe in ingresso per la fase di rimonta: si indica con questo termine la sostituzione delle scrofe che hanno perso e/o ridotto la loro capacità produttiva. La stalla di sosta è il luogo in cui avviene solitamente l’ispezione degli animali e la visita contumaciale da parte del veterinario. Tale visita viene effettuata sugli animali stabulati in box, e l’operatore su indicazione del medico veterinario isola i soggetti da visitare, trattenendoli con il “torcinaso” o confinandoli in un apposito box. In questa zona gli animali che presentano segni evidenti di malattie, traumi o debilitati, sono sottoposti a trattamento terapeutico. Trascorso il periodo di “quarantena” le scrofette sono trasferite nel settore gestazione in gabbia singola in attesa del primo calore. In un allevamento intensivo le scrofe fanno mediamente 6- 7 parti, variabili a seconda della genetica, delle condizioni sanitarie, delle strutture ossia lavorano per 2,5-3 anni, durante la quale i capi raggiungono un peso vivo di 180-200 kg. In totale, nell’ambito dell’impianto in oggetto si può stimare, su base annua, che circa il 40-50% delle scrofe presenti sono soggette a rimonta. Le scrofette hanno generalmente il primo parto a 10÷12 mesi (peso 100÷130 kg/cd) e, con la rimonta interna, vengono portate nel reparto gestazione 2÷3 mesi prima dell’atto fecondativo. Schematicamente il ciclo di allevamento della scrofa, da una gravidanza all’altra, si realizza in tre specifici reparti o porcilaie nel tempo di 150 gg. circa. Il dimensionamento complessivo si effettua in base al dimensionamento dei vari reparti: reparto fecondazione, gestazione e sala parto. Il dimensionamento del reparto di fecondazione e gestazione si effettua in base a:

 Periodo di occupazione;  N° di parti l’anno;  Intervallo svezzamento–fecondazione;  Percentuale di ritorni in calore;  Tipo di fecondazione (naturale o artificiale). La formula per il calcolo dei posti è: [(SxPAxPO)/365]x1,1 dove: S = n° scrofe presenti in allevamento; PA = n° medio di parti/scrofa/anno; PO = periodo di occupazione del settore (gg. gestazione – gg. conferma gravidanza. – Grav. – gg sala parto) Per il reparto parto allattamento il dimensionamento si effettua in base a:

 periodo di occupazione;  n° di parti l’anno;  numero di parti mensili (che deve essere multiplo delle sale previste). La formula per il calcolo dei posti è: (S x PA x PO)/365 QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 42 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale dove: S = n° scrofe presenti in allevamento; PA = n° medio di parti/scrofa/anno; PO = periodo di occupazione del settore.

L’azienda, avendo già in essere un allevamento da riproduzione, ha una capacità di accasamento complessiva così suddivisa:

STATO ATTUALE - CAPACITA' POTENZIALE Descrizione File o box n° capi altri capi totale Area Attesa di calore 2 26 52 Reparto fecondazione in posta fissa 5 64 320

Reparto Gestazione in box 30 8 240

Sale parto 1 1 35 35 1 28 28

Sale parto 2 8 28 224 Sale parto in box - Totale 287

Area quarantena 5 8 40

TOTALE CAPI 939 per un totale di n. 939 capi adulti da riproduzione comprensivi di quelli per il ristallo. Il numero dei capi presenti non può essere identico a quello dei posti complessivi, in quanto non sarebbero possibili le operazioni di disinfezione delle sale parto (“tutto pieno/tutto vuoto”). E’ stato calcolato che, rispetto al numero complessivo dei posti, i vuoti rappresentano circa il 15% del totale. A questi si sommano i decessi che avvengono durante l’anno e che sono complessivamente pari al 6% del totale. Ad oggi la produzione si attesta ai 740 capi ed è così ripartito: QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 43 a 128

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STATO ATTUALE - GESTIONE CORRENTE Descrizione File o box n° capi altri capi totale Area Attesa di calore 1,00 26 26 Reparto fecondazione in posta fissa 4,50 64 288

Reparto Gestazione in box 27,00 8 216

Sale parto 1 1,00 35 35 0,00 28 0

Sale parto 2 6,00 28 168 Sale parto in box - Totale 203

Area quarantena 0,00 8 0

TOTALE CAPI 733

La produzione annua di suinetti (prima che vengono avviati in altro impianto alla fase di svezzamento), è pari a: n. scrofe inserite nell’impianto: 740 scrofe n. parti anno per ciascuna scrofa: 2,6 parti/anno n. suinetti per ciascun parto: 12 suinetti 740 x 2,6 x 12 = 23’088 unità

1.1.1 SISTEMA DI ALIMENTAZIONE E ABBEVERATA Il sistema di alimentazione nella gestione attuale consiste nello smistamento dell’alimento secco per mezzo un impianto automatizzato per la distribuzione. Nel nostro caso sono utilizzati particolari trasportatori che mediante catene di trasporto, veicolano l’alimento secco dal silo di stoccaggio direttamente all’interno delle mangiatoie. Il sistema di trasporto inizia dall’apertura di scarico del silo e prevede il collegamento con tutte le mangiatoie presenti nell’allevamento, ritornando a collegarsi con il silo di partenza Tali trasportatori sono azionati mediante motore elettrico e prevedono lo scorrimento di dischetti di trasporto collegati tra di loro da una fune all’interno di una tubazione, ed il rilascio dell’alimento in corrispondenza della mangiatoia che al momento è stata svuotata dagli animali. In altri casi (Sale Parto) la distribuzione dell’alimentazione avviene manualmente: in questi casi il dosaggio e la frequenza sono stabilite a monte dal tipo di alimentazione che si vuol proporre. L’ acqua arriva con una conduttura dedicata, dal serbatoio idrico generale ad ogni capannone e da questo viene distribuito in ogni singolo box; ogni box è dotato di succhiotti dall’alimentazione automatica o di trogoli dove l’acquea risulta sempre costante. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 44 a 128

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Figura 27: Sistema di alimentazione con dosatore

Schema di impianto di trasporto per alimento secco Alcuni esempi di funi e tubazioni di trasporto per alimento secco

1.1.2 VENTILAZIONE E CONTROLLO TERMICO Il controllo termico e la ventilazione sono differenti a seconda della destinazione delle strutture. Si privilegia la ventilazione naturale delle stalle, determinato dalla presenza di aperture finestrate controllate e dai camini che sfrutta la forza ascensionale termica dell'aria (effetto camino) e i movimenti dell'aria causati dal vento (effetto vento). L'effetto camino risulta evidente soprattutto d’inverno, quando la differenza di temperatura fra interno ed esterno è maggiore, e tende a incrementarsi all'aumentare del dislivello fra uscite e ingressi dell'aria. L'effetto vento, che risulta poco controllabile in quanto i moti convettivi orizzontali sono influenzati da molti fattori, è però fondamentale nel periodo estivo; infatti in presenza di adeguate aperture di ventilazione è in grado di muovere grandi masse d'aria anche con un vento di velocità modesta (0,5 m/s). Le uscite dell'aria, preferibilmente collocate in corrispondenza del colmo del tetto, possono essere realizzate mediante una fessura continua protetta dalla pioggia (cupolino), oppure con una serie di camini di ventilazione. Per evitare che il vento influisca negativamente sulla QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 45 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale ventilazione, le uscite d'aria sono dotate di appositi deflettori. Le prese d'aria sono poste sulle pareti laterali e sono costituite da finestre. In altri casi, sono presenti sistemi di ventilazione forzata o di ricambio aria artificiali. La scelta del sistema di ventilazione artificiale è stata determinata dalla tipologia costruttiva dell'edificio, dalla sua organizzazione interna, dalla tecnologia di allevamento, dalle condizioni climatiche che sono accuratamente esaminate. La ventilazione artificiale è la soluzione da privilegiare tutte le volte in cui il mantenimento di condizioni microclimatiche ben definite e, soprattutto, la eliminazione di sbalzi termici, sono essenziali per garantire il positivo risultato dell'allevamento: il principale vantaggio è rappresentato dalla possibilità di regolare le portate di ricambio dell'aria in relazione alle esigenze specifiche degli animali ospitati nel ricovero in modo del tutto indipendente dalle condizioni climatiche esterne. Inoltre, l’incremento della velocità dell’aria a livello dell’animale favorisce la dispersione di calore da parte dell’animale stesso.

Figura 29: Figura 28: Uno dei sistem1 di gestione flusso aria Centralina di controllo del sistema gestione ventilazione nelle sale parto

La ventilazione artificiale si realizza con l'impiego di ventilatori elettrici di tipo elicoidali a pale larghe, caratterizzati dalla rotazione su un asse parallelo a quello del flusso d'aria che creano. Negli ambienti dotati di ventilazione forzata è presente un sistema di regolazione automatico, per l'adeguamento delle portate alle mutevoli condizioni climatiche. Una centralina collegata ad una sonda termometrica e/o igrometrica determina la variazione della velocità di rotazione, da cui dipende la portata. Al sistema di ventilazione forzata è stato affiancato un sistema di cooling by air (sistema di raffrescamento evaporativo dell’aria): il controllo delle alte temperature estive si ottiene facendo evaporare dell’acqua nell’aria di rinnovo, in modo che questa, fornendo il calore sensibile necessario all’evaporazione, riduca la sua temperatura: si tratta di un fenomeno che avviene senza flussi di energia, con sostituzione di una quota di calore sensibile con una di calore latente, per cui l'aria che va a contatto con gli animale è più fresca di quella esterna, anche se più umida. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 46 a 128

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Figura 30: Altro sistema di gestione della ventilazione e sistema cooling system

È evidente che la diminuzione di temperatura sarà tanto maggiore quanto minore è l’umidità dell’aria trattata. La scrofa in lattazione è particolarmente sensibile alle elevate temperature ambientali, molto più che negli altri stadi fisiologici, per questo viene usata nelle sale parto presenti in azienda. L’impianto presente per l’attuazione del cooling by air è piuttosto semplice: nel nostro caso di ventilazione in estrazione si utilizzano "filtri umidi" (pannelli di materiale poroso tenuti costantemente umidi da una corrente d'acqua in ricircolo) applicati alla bocca di entrata dell'aria. 2 Poiché si hanno sistemi di ventilazione differenti in ogni stalla, si riporta di seguito una tabella riassuntiva che evidenzia e specifica quanto sopra riportato: Localizzazione Sistema di Ventilazione Sistema di raffrescamento Sala Fecondazione Naturale con cupolino lineare Cooling System Sala Gestazione Naturale con cupolino lineare Cooling System Sala Parto 1 Naturale con Estrattori sulla copertura Cooling System Sala Parto 2 Naturale con estrattori a parete Cooling System

2.1.1 ILLUMINAZIONE L’impianto di illuminazione è composto da lampade al neon che forniscono un’illuminazione di 40 lux per almeno 8 ore al giorno come disposto dalle norme sul benessere animale. Questi sono disposti lungo la zona centrale delle strutture ed utilizzati prevalentemente in inverno durante la fase di alimentazione dei capi, quando le condizioni di luce naturale sono scarse.

2.1.2 LO STOCCAGGIO DEI LIQUAMI Come precedentemente descritto ad oggi, ai fini aziendali per lo stoccaggio dei reflui dell’allevamento, sono utilizzati n. 2 laghi, i cui liquami, secondo quando previsto nel P.U.A., saranno utilizzati come ammendante. Con il termine “lagone” viene correntemente inteso un bacino adibito allo stoccaggio dei liquami, realizzato con operazioni di scavo ed eventualmente riporti, la cui profondità non supera in genere i 6 m. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 47 a 128

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Nel nostro caso questi sono stati realizzati, nella parte ovest dell’impianto, ad una quota morfologicamente più bassa per favorire il deflusso degli stessi in modo naturale. I lagoni in oggetto sono stati realizzati con scavo e riporto del terreno per la formazione degli argini e con la compattazione degli strati. Successivamente, al fine di dare maggiori garanzie di tipo ambientale, nel primo è stata realizzata un doppio getto in cls armato con interposto uno strato bentonitico, mentre nel secondo lagone è stata realizzata una impermeabilizzazione delle superfici del bacino con materiali geo-sintetici, (geomenbrana) saldato sul posto. La geomembrana è composta da uno o più strati di materiale impermeabile (polietilene, poli- cloruro di vinile e bitume) e da uno o più strati di materiale di rinforzo; lo spessore complessivo risulta compreso all’incirca tra 1 e 5 mm. Il Primo lago ha una capacità complessiva di 4’360 m3 ed il secondo ha una capacità complessiva di 4’440 m3: dalla analisi di gestione dei reflui prodotti (quantità di reflui e numero di spandimenti annui) i due lagoni risultano ampiamenti sufficiente a quanto prodotto dall’allevamento. Non si prevedono miglioramenti aziendali relativi a questo aspetto in quanto i laghi e il separatore sono stati realizzati nel 2005 e sono in condizioni perfette.

Figura 31 – Foto dei laghi di stoccaggio

2.1.3 DEIEZIONI ZOOTECNICHE PRODOTTE IN AZIENDA I liquami prodotti in un allevamento suinicolo dipendono da diversi fattori quali, il tipo e le tecniche di allevamento, il razionamento alimentare, i sistemi di evacuazione delle deiezioni, le condizioni ambientali; tutti insieme questi parametri influiscono sul volume e sulla composizione chimica dei liquami stessi. Nella definizione della quantità di liquami prodotti dall’allevamento in questione, si è tenuto conto principalmente del tipo e delle tecniche di allevamento nonché dell’alimentazione. Per tale calcolo, comunque, oltre alla quantità di deiezioni prodotte dagli animali, la variabile più importante è data dalla quantità di acqua impiegata per la pulizia, dipendente sia dal sistema di evacuazione delle deiezioni che dalla frequenza dei lavaggi. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 48 a 128

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Per la determinazione del quantitativo delle deiezioni prodotte, si fa riferimento con quanto previsto nei valori forniti nel Programma d’azione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola della Regione Marche [Delibera della Giunta Regionale n. 1448 del 3 dicembre 2007 (dalla tabella 1)], che per la categoria suinicola allevata e per il sistema di stabulazione presente in azienda la normativa riporta il seguente quantitativo:

peso vivo liquame TIPOLOGIA DI ALLEVAMENTO medio (kg/capo) (m 3/t p.v. x anno) RIPRODUZIONE Scrofe (160-200 kg) in gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna: 160 pavimento totalmente fessurato 37

Scrofe (160-200 kg) in zona parto in gabbie: 160 sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure con asportazione meccanica o con ricircolo 55

Il peso vivo medio aziendale ad oggi è, approssimativamente, di 132 t/annui.

p.v. capo Descrizione n. capi P.V.M. (kg) (kg) P.V.M. - kg 180 733 131.940 P.V.M. - ton 180 733 132

Il peso vivo medio aziendale ad oggi è, approssimativamente, di 132 t/annui.

Moltiplicando questo valore per il volume di effluenti consigliato dalla normativa, si ottiene il quantitativo di liquami totali:

deiezioni Totale deiezioni Descrizione p.v. capo (t) n. capi (m3) (m3) Deiezioni Fecondazione 37 0,180 314 2.091 Gestazione 37 0,180 216 1.439 Sala Parto 55 0,180 203 2.010 Quarantena 37 0,180 0 0

Totale Deiezioni 5.540 PARTE SOLIDA 40% 2.216 PARTE LIQUIDA 60% 3.324

Va ricordato che l’azienda ha un impianto di separazione che permette una migliore gestione della parte solida e di quella liquida: la parte solida verrà collocata presso una piazzola in c.a. nei pressi del separatore e la parte liquida ai laghi di accumulo. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 49 a 128

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L’impianto di separazione è costituito da una vasca di raccolta del refluo tal quale in c.a. (vasca 1), affiancata da un’altra vasca di eguali dimensioni (vasca 2) che funge da “troppo pieno” in casi eccezionali (malfunzionamento o rottura del separatore).

La capienza di ciascuna vasca è pari a 100 m3, per un volume complessivo di 200 m3 di refluo tal quale prima del trattamento. Dalla Vasca 1 il refluo viene inviato, tramite pompa, al macchinario che effettua la separazione tra la parte liquida e la parte solida (area attrezzature). La parte solida viene stoccata nella concimaia mentre la parte liquida, per gravità, viene inviata ai lagoni di accumulo. La concimaia ha, nel lato aperto verso il piazzale di carico, una cunetta di altezza pari a 10 cm circa che non permette alle eventuali acque del piazzale di entrare in contatto con il refluo solido. È presente, inoltre, una caditoia (posta tra la cunetta e l’area di stoccaggio) che raccoglie la parte liquida all’interno della concimaia e la invia, tramite condotta dedicata, al lagone di raccolta dei reflui liquidi. Si evidenzia che la realizzazione della concimaia risponde ai requisiti previsti dal DM 25/2/2016 (art. 11 comma1) per portanza, presenza di cordolo di guardia, di muro perimetrale, di apertura per l’accesso di mezzi meccanici e di sistema di raccolta per le acque di sgrondo.

Foto 1: Struttura del separatore e concimaia QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 50 a 128

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Avremo, perciò, che il quantitativo di deiezioni liquide che saranno stoccate all’interno dei laghi saranno pari al 60 % del peso totale complessivo dei liquami, pertanto corrisponderanno, come riportato in tabella, a:

Parte solida = 5’540 m3 x 40% = 2’216 m3

Parte liquida = 5’540 m3 x 60% = 3’324 m3 Considerando che le vasche di stoccaggio della parte liquida hanno una capienza minima pari a 8’800 m3 e lo spandimento dei liquami (come previsto dal P.U.A.), avviene in due periodi distinti durante l’anno, si conferma che i bacini di contenimento coprono ampiamente quanto necessario da parte dell’azienda.

2.1.4 VIABILITÀ E COLLEGAMENTO CON LA RETE VIARIA PRINCIPALE La viabilità di collegamento al sito di progetto è buona. Essa ha due possibili accessi, uno a nord-est ed uno a sud. Il primo è rappresentato dalla strada comunale di Contrada Bura che sbocca sulla Strada Provinciale 127 Tolentino - San Severino Marche; la seconda è individuabile nella strada comune di Contrada Rosciano che sbuca in prossimità dell’uscita Tolentino Ovest della superstrada 77 Valdichienti. Tutte le vie di comunicazione sono asfaltate ed adatte al traffico pesante, pertanto congrue per la consegna delle scrofe e al ritiro dei lattonzoli; l’unica strada non asfaltata e/o non depolverizzata è quella interna all’azienda che, comunque, si trova in perfette condizioni ed è finita superficialmente con ghiaia. La quantità di traffico veicolare indotto dal nuovo progetto può considerarsi non molto diversa da quella dell’attuale attività di allevamento, questo in quanto le operazioni logistiche necessarie alla conduzione dell’azienda saranno praticamente le stesse di quelle effettuate attualmente. Il numero di carichi/scarichi necessari a condurre l’attività di allevamento in tutte le sue fasi, verrà stimato nella parte dedicata alla descrizione dell’esercizio dell’allevamento.

2.1.5 CICLO PRODUTTIVO IN PROGETTO La Colli di Tolentino, nel corso degli anni, è stato rimesso a norma con diversi PSR e, ad oggi, è a norma con gli standard di legge sia nel benessere degli animali che per quanto riguarda i luoghi di lavoro. Negli ultimi anni si è potenziato soprattutto lo stoccaggio delle deiezioni degli animali per adibirle alla fertirrigazione e si è potenziato il benessere degli animali per quanto riguarda la fase del parto delle scrofe con rimodulazione delle sale parto e ampliando gli spazzi con sistemi di raffrescamento dei locali con aria forzata. Tali accorgimenti hanno dato una qualità delle produzione con rese altissime sia nella produzione dei suinetti alla nascita sia per la capacità di accrescimento in fase di magronaggio, infatti tali suinetti dal trasferimento dalla fase di allattamento insieme alla madre, ai capannoni di magronaggio non hanno cali di peso e la mortalità è quasi a zero. Tali risultati si sono avuti per i miglioramenti effettuati nel tempo grazie agli spazzi maggiori che sono stati concessi alle madri nella fase di parto e all’aumento del tempo di lattazione che è stato aumentato di altri 8 giorni arrivando quasi a quaranta. I Risultati economici sono stati incoraggianti e per tale motivo l’azienda intende continuare tale percorso continuando ad adeguare le strutture migliorando il benessere in tutte le fasi dell’allevamento. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 51 a 128

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Verrà, inoltre, demolita l’abitazione esistente (in disuso e lesionata irrimediabilmente dal sisma dell’ottobre 2016) e, sulla stessa area di sedime, verrà realizzato un nuovo magazzino. Si prevede la sostituzione della attuale copertura della Quarantena (che verrà trasformata in fine ciclo) mediante la sostituzione dell’amianto con una lamiera coibentata pre-verniciata Il nuovo intervento, così come sopra descritto, comporterà l’ampliamento delle unità. La capacità potenziale dell’impianto, come riportato nella seguente tabella, sarà pari a

STATO MODIFICATO - CAPACITA' POTENZIALE Descrizione File o box n° capi altri capi totale Area Attesa di calore 2 26 52 Reparto fecondazione in posta fissa 5 64 320

Reparto Gestazione in box 30 8 240 Reparto Gestazione in posta fissa con autocattura 32 18 576

Area quarantena - Nuova area 4 18 72

Sale parto 1 in box 1 35 35 1 28 28 Sala parto-Ampliamento 1 28 28 Sale parto 2 in box 8 28 224 Sale parto in box - Totale 315

Area Dismissione 5 8 40

TOTALE CAPI 1.615 un totale di n. 1’615 capi adulti da riproduzione Anche in questo caso, il numero dei capi presenti non può essere identico a quello dei posti complessivi, in quanto non sarebbero possibili le operazioni di disinfezione delle sale parto (“tutto pieno/tutto vuoto”). E’ stato calcolato che, come nello stato attuale, i vuoti rappresentano circa il 15% del numero complessivo dei posti. A questi si sommano i decessi che avvengono durante l’anno e che sono complessivamente pari al 6% del totale. Questo comporta che la produzione che verrà realizzata della società comporterà un accasamento complessivo pari ai 1'400 capi; comunque, tutti le valutazioni verranno effettuate con la capacità massima di accasamento pari a 1'615 capi che sarà anche il numero di capi richiesti in autorizzazione. La produzione annua di suinetti (prima che vengono avviati in altro impianto alla fase di svezzamento), sarà pari a: n. scrofe inserite nell’impianto: 1’615 scrofe n. parti anno per ciascuna scrofa: 2,6 parti/anno n. suinetti per ciascun parto: 12 suinetti 1’615 x 2,6 x 12 = 50’388 unità Essendo il valore su cui sono stati calcolati i suinetti un valore medio, la quantità dei suinetti prodotti potrà variare in funzione delle capacità aziendali di raggiungere obbiettivi di qualità pari ai migliori standard europei. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 52 a 128

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2.1.6 SISTEMA DI ALIMENTAZIONE E ABBEVERATA – STATO MODIFICATO Il sistema di alimentazione non viene modificato rispetto a quanto effettuato nella gestione attuale e consiste nello smistamento dell’alimento secco per mezzo un impianto automatizzato per la distribuzione. Nell’ampliamento delle Sale Parto, così come realizzato nella struttura esistente, la distribuzione dell’alimentazione avviene manualmente: in questi casi il dosaggio e la frequenza sono stabilite a monte dal tipo di alimentazione che si vuol proporre. L’ acqua per abbeveraggio, nella situazione in progetto, arriverà con una conduttura dedicata, dal serbatoio idrico generale al capannone destinato alla gestazione (per l’ampliamento della sala parto verrà implementato il sistema idrico di distribuzione esistente) e da questo viene distribuito in ogni singola postazione; ogni postazione è dotata di trogolo dove l’acquea risulta sempre costante.

2.1.7 VENTILAZIONE E CONTROLLO TERMICO – STATO MODIFICATO Il controllo termico e la ventilazione sono differenti a seconda della destinazione delle strutture progettate. Per la nuova struttura destinata alla gestazione, si privilegia la ventilazione naturale, determinato dalla presenza di aperture finestrate controllate e dai camini che sfrutta la forza ascensionale termica dell'aria (effetto camino) e i movimenti dell'aria causati dal vento (effetto vento). L'effetto camino risulta evidente soprattutto d’inverno, quando la differenza di temperatura fra interno ed esterno è maggiore, e tende a incrementarsi all'aumentare del dislivello fra uscite e ingressi dell'aria. L'effetto vento, che risulta poco controllabile in quanto i moti convettivi orizzontali sono influenzati da molti fattori, è però fondamentale nel periodo estivo; infatti in presenza di adeguate aperture di ventilazione è in grado di muovere grandi masse d'aria anche con un vento di velocità modesta (0,5 m/s). Le uscite dell'aria, collocate in corrispondenza del colmo del tetto, come evidenziato nelle tavole progettuali, sono realizzate mediante una serie di camini di ventilazione. Per evitare che il vento influisca negativamente sulla ventilazione, le uscite d'aria sono dotate di appositi deflettori. Le prese d'aria sono poste sulle pareti laterali e sono costituite da finestre. Nelle sale parto viene realizzata una ventilazione semi artificiale, al fine di mantenere le condizioni microclimatiche ben definite e, soprattutto, la eliminazione di sbalzi termici: il principale vantaggio è rappresentato dalla possibilità di regolare le portate di ricambio dell'aria in relazione alle esigenze specifiche degli animali ospitati nel ricovero in modo del tutto indipendente dalle condizioni climatiche esterne. Inoltre, l’incremento della velocità dell’aria a livello dell’animale favorisce la dispersione di calore da parte dell’animale stesso. La ventilazione artificiale si realizza con l'impiego di estrattori realizzati mediante ventilatori elettrici di tipo elicoidali a pale larghe, caratterizzati dalla rotazione su un asse parallelo a quello del flusso d'aria che creano. Negli ambienti dotati di ventilazione forzata è presente un sistema di regolazione automatico, per l'adeguamento delle portate alle mutevoli condizioni climatiche. Una centralina collegata ad una sonda termometrica e/o igrometrica determina la variazione della velocità di rotazione, da cui dipende la portata. Al sistema di estrazione forzata è stato affiancato un sistema di cooling by air (sistema di raffrescamento evaporativo dell’aria): il controllo delle alte temperature estive si ottiene facendo evaporare dell’acqua nell’aria di rinnovo, in modo che questa, fornendo il calore sensibile necessario all’evaporazione, riduca la sua temperatura: si tratta di un fenomeno che QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 53 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale avviene senza flussi di energia, con sostituzione di una quota di calore sensibile con una di calore latente, per cui l'aria che va a contatto con gli animale è più fresca di quella esterna, anche se più umida.

2.1.8 ILLUMINAZIONE – STATO MODIFICATO L’impianto di illuminazione sarà composto da lampade al neon che forniscono un’illuminazione di 40 lux per almeno 8 ore al giorno come disposto dalle norme sul benessere animale. Questi sono disposti lungo la zona centrale delle strutture ed utilizzati prevalentemente in inverno durante la fase di alimentazione dei capi, quando le condizioni di luce naturale sono scarse.

2.1.9 LO STOCCAGGIO DEI LIQUAMI – STATO MODIFICATO Come precedentemente descritto ad oggi, ai fini aziendali per lo stoccaggio dei reflui dell’allevamento, sono utilizzati n. 2 laghi, i cui liquami, secondo quando previsto nel P.U.A., saranno utilizzati come ammendante. Non si prevedono miglioramenti aziendali relativi a questo aspetto in quanto i laghi e il separatore sono stati realizzati nel 2005, sono in condizioni perfette e adeguatamente dimensionati per l’ampliamento dell’allevamento.

2.1.10 DEIEZIONI ZOOTECNICHE PRODOTTE IN AZIENDA – STATO MODIFICATO I liquami prodotti in un allevamento suinicolo dipendono da diversi fattori quali, il tipo e le tecniche di allevamento, il razionamento alimentare, i sistemi di evacuazione delle deiezioni, le condizioni ambientali; tutti insieme questi parametri influiscono sul volume e sulla composizione chimica dei liquami stessi. Per la determinazione del quantitativo delle deiezioni prodotte nell’allevamento a seguito dell’ampliamento, si fa riferimento con quanto previsto nei valori forniti nel Programma d’azione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola della Regione Marche [Delibera della Giunta Regionale n. 1448 del 3 dicembre 2007 (dalla tabella 1)], che per la categoria suinicola allevata e per il sistema di stabulazione presente in azienda la normativa riporta il seguente quantitativo:

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peso vivo liquame medio TIPOLOGIA DI ALLEVAMENTO (m 3/t (kg/capo) p.v. x anno) RIPRODUZIONE Scrofe (160-200 kg) in gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna: 180 pavimento totalmente fessurato 37

Scrofe (160-200 kg) in zona parto in gabbie: 180 sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure con asportazione meccanica o con ricircolo 55

p.v. capo Descrizione n. capi P.V.M. (kg) (kg) P.V.M. - kg 180 1615 290.700 P.V.M. - ton 180 1615 291 Il peso vivo medio aziendale, a seguito dell’ampliamento sarà, approssimativamente, di 290 t/annui.

Moltiplicando questo valore per il volume di effluenti consigliato dalla normativa, si ottiene il quantitativo di liquami totali:

Totale deiezioni Descrizione p.v. capo (t) n. capi deiezioni (m3) (m3) Deiezioni Fecondazione 37 0,180 372 2.478 Gestazione 37 0,180 816 5.435 Sala Parto 55 0,180 315 3.119 Quarantena 37 0,180 72 480 Dismissione 37 0,180 40 266 Totale Deiezioni 11.510 PARTE SOLIDA 40% 4.604 PARTE LIQUIDA 60% 6.906 Va ricordato che l’azienda ha un impianto di separazione che permette una migliore gestione della parte solida e di quella liquida: la parte solida verrà collocata presso una piazzola in c.a. nei pressi del separatore e la parte liquida ai laghi di accumulo. Considerando che le vasche di stoccaggio della parte liquida hanno una capienza minima pari a 8’800 m3 e lo spandimento dei liquami (come previsto dal P.U.A.), avviene in due periodi distinti durante l’anno, si conferma che i bacini di contenimento coprono ampiamente quanto necessario da parte dell’azienda. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 55 a 128

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2.1.11 VIABILITÀ E COLLEGAMENTO CON LA RETE VIARIA PRINCIPALE - STATO MODIFICATO La viabilità di collegamento al sito di progetto è buona. Tutte le vie di comunicazione sono asfaltate ed adatte al traffico pesante, pertanto congrue per la consegna delle scrofe e al ritiro dei lattonzoli; l’unica strada non asfaltata e/o non depolverizzata è quella interna all’azienda che, comunque, si trova in perfette condizioni ed è finita superficialmente con ghiaia. La quantità di traffico veicolare indotto dal nuovo progetto può considerarsi non molto diversa da quella dell’attuale attività di allevamento, questo in quanto le operazioni logistiche necessarie alla conduzione dell’azienda saranno praticamente le stesse di quelle effettuate attualmente. Il numero di carichi/scarichi necessari a condurre l’attività di allevamento in tutte le sue fasi, verrà stimato nella parte dedicata alla descrizione dell’esercizio dell’allevamento.

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2.2 DESCRIZIONE DELLE STRUTTURE Il sito della Colli di Tolentino è composta da una serie di edifici funzionali all’allevamento composti da:

 n. 4 aree per la riproduzione dei suini divise funzionalmente in una area fecondazione, una area gestazione e n. 2 sale parto;  n. 1 edificio per la quarantena delle scrofette da rimonta;  n. 1 edificio destinato a magazzino, suddiviso in area di stoccaggio mangimi confezionati e locale rifiuti;  n. 1 locale tecnico posto vicino ad una cisterna per l’acqua;  n. 1 cisterna per acqua utilizzata nell’allevamento;  n. 1 area composta da n. 2 vasche in c.a e un separatore per la gestione dei liquami;  n. 2 laghi di stoccaggio in attesa delle operazioni di spandimento come da Piano per l’Utilizzo Agronomico;  locale ufficio e spogliatoio dipendenti;  ulteriori locali accessori consistenti nel deposito gasolio (posto nei pressi del locale tecnico), una cella frigorifera per gli animali morti (posta in prossimità della seconda sala parto), e due piccole tettoie, poste in corrispondenza dell’ingresso e dei laghi di stoccaggio, per la copertura di un generatore a gasolio (nel caso venga a mancare l’energia elettrica) e per la copertura delle pompe che trasportano i liquami ai punti di presa.. Verranno di seguito descritte le singole unità immobiliari al fine di chiarire il loro utilizzo ai fini aziendali.

VOLUME - STATO ATTUALE Descrizione L D Area H min H max Hmedia Volume Accessorio C Magazzino/abitazione da demolire 1.493,03

Accessorio D (Quarantena/Magazzino) 19,30 7,10 137,03 4,45 5,28 4,87 666,65

Locale Tecnico 4,50 3,00 13,50 2,70 2,95 2,83 38,14

Separatore-Concimaia 12,00 4,50 54,00 2,50 135,00 11,00 5,50 60,50 2,50 151,25 114,50 286,25

Sala Fecondazione 41,70 16,40 683,88 3,48 5,00 4,25 2.906,49 Sala Fecondazione (Primo Calore) 19,85 6,95 137,96 2,52 2,77 2,65 364,90 821,84 3.271,39

Sala Gestazione 58,50 13,00 760,50 3,15 5,00 4,08 3.099,04

Sala Parto 1 33,50 13,50 452,25 3,15 4,40 3,78 1.707,24

Sala Parto 2 121,00 13,50 1.633,50 2,55 3,80 3,18 5.186,36

Superficie Complessiva Attuale 3.933,12

Volume complessivo attuale 15.748,10

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2.2.1 STRUTTURE - STATO ATTUALE 2.2.2 SALA FECONDAZIONE Caratteristiche generali della Sala Fecondazione La sala fecondazione, dove sostano le scrofe fino a 30 gg di gravidanza, è stata realizzata negli anni 2000 ed è stata costruita con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione è di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio è stato realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone, di forma a T, è: larghezza 16,40 m, lunghezza 41,70 m, altezza minima 3,50 m, altezza massima al colmo 5,00m per la parte principale mentre la parte secondaria ha una larghezza 7,00m, una lunghezza di 19,85m, una altezza minima 2,55 m ed una altezza massima pari a 2,77m; la superficie totale è pari a 821,84 m2 ed un volume di 3'271,39 m3.

La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato. Un passaggio centrale corre tra le file di gabbie e un altro passaggio, sulla testa delle gabbie, è dedicato all’alimentazione. In questo tipo di sistema di stabulazione, le scrofe da riproduzione e le scrofe gravide sono tenute in box singoli. I box misurano circa 2,0-2,1 m × 0,60-0,65 m e, il pavimento completamente fessurato, permette di raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotata a intervalli regolari, a seconda della sua capacità, per mezzo di raschiatore. Lo spazio consentito alla scrofa è tale che non può girarsi e le deiezioni vengono quindi depositate presso una postazione fissa. Le sbarre dei box sono bloccate o ingranate per permettere il contatto visivo, ma evitare l’aggressione. Viene applicata la ventilazione naturale per mezzo di finestre poste sulle pareti longitudinali e un cupolino lineare posto sulla sommità della copertura che è abbinata, durante il periodo estivo, ad un sistema di raffrescamento (cooling system). I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è automatica con dosatore (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco, l’acqua viene distribuita in trogoli in modo costante. Le scrofe hanno una mangiatoia che è individuale che consente la possibilità di tenere le scrofe della stessa dimensione o condizione in box adiacenti. Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni della Sala Fecondazione Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione adottata nella Sala Fecondazione è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con raschiatore. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A..

3.2.2 SALA GESTAZIONE Caratteristiche generali della Sala Gestazione QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 58 a 128

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La sala gestazione, dove sostano le scrofe fino al momento del parto (114 gg di gravidanza), è stata realizzata negli anni 2000 ed è stata costruita con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni intonacato da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione è di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio è stato realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone è: larghezza 12,52m, lunghezza 58,65m, altezza minima 3,15m, altezza massima al colmo 5,00m per una superficie totale di 734,30m2 ed un volume di 2'992.26m3. La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato. Un passaggio centrale corre tra le file dei box e un altro, sulla testa delle gabbie, è dedicato all’alimentazione che viene distribuita a dosatore su mangiatoie singole. In questo tipo di sistema di stabulazione, le scrofe gravide, dopo la fecondazione, sono tenute in box e allevate in gruppo. I box misurano circa 4,00 m × 4,20 m e tutto il pavimento è completamente fessurato per raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotato a intervalli a seconda della sua capacità per mezzo di raschiatore. Lo spazio consentito alla scrofa è conforme a quanto previsto dalla normativa sul benessere animale. Viene applicata la ventilazione naturale e un sistema di raffrescamento estivo (cooling system). I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box su un unico lato. L’alimentazione è automatica (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente su trogolo con sistema automatico. Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni della Sala Gestazione Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione adottata nella Sala Fecondazione è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con raschiatore. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A..

3.2.3 SALA PARTO N.1 Caratteristiche generali della Sala Parto n. 1 La sala parto n. 1 consiste in due locali separati che si affacciano su un corridoio longitudinale che li unisce. Ciascuna sala è attrezzata con diverse gabbie in grado di ospitare la scrofa e la nidiata fino al termine del periodo di allattamento (21 – 28 gg) fino a 7 kg di peso. Questa è stata realizzata negli anni 2000 ed è stata costruita con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione è di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio è stato realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone è: larghezza 13,50m, lunghezza 33,50m, altezza minima 3,15m, altezza massima al colmo 4,40m per una superficie totale di 452,25m2 ed un volume di 1'707,24m3. Si tratta di edifici piuttosto sofisticati in cui si affrontano esigenze diverse: igieniche, gestionali, ambientali. In particolare devono essere curati l’isolamento termico, la ventilazione, il QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 59 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale riscaldamento, differenziato per le specifiche esigenze, per l’influenza che questi fattori hanno sulle prestazioni delle scrofe (numero di suinetti svezzati per anno). In pratica, la scrofa rimane in questo tipo di porcilaia per 5-6 parti, dopodiché viene scartata. I suinetti partoriti vengono svezzati e portati al peso di 7-10 kg prima di essere venduti per le successive fasi di svezzamento, magronaggio e ingrasso. Le gabbie parto, distribuite in 2 locali-parto (28 gabbie nel primo e 35 gabbie nel secondo) sono impostate per consentire la pratica del "tutto pieno" e "tutto vuoto", sono costituite da un'area/box, larga circa 50 cm, in cui viene confinata la scrofa e da due aree laterali in cui i suinetti possono muoversi liberamente e in cui è posto un nido caldo. L'area complessivamente occupata da una singola gabbia è minore o uguale a 4 m2. Ogni sala parto è raggiungibile da un corridoio posto sul lato ovest dell’immobile che lo percorre per l’intera lunghezza. La sala parto resta vuota per circa 7 giorni fra un turno e l'altro per consentire effettuazione pulizie. La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato per raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotato a intervalli a seconda della sua capacità per mezzo di raschiatore. Lo spazio consentito alla scrofa è tale che non può girarsi attorno e le deiezioni vengono quindi depositate presso una postazione fissa. I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è manuale (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente per mezzo di succhiotti con sistema automatico. Viene applicata la ventilazione forzata per mezzo di estrattori e un sistema di raffrescamento estivo (cooling system).

Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni della Sala Parto n. 1 Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione adottata nella Sala Fecondazione è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con raschiatore. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A..

3.2.4 SALA PARTO N. 2 Sala Parto n. 2 - Caratteristiche generali La sala parto n. 2 è un locale suddiviso in n. 8 sale parto più piccole e da un locale ripostiglio/deposito posto a metà dell’intero edificio. Ogni sala parto è raggiungibile da un corridoio posto sul lato ovest dell’immobile che lo percorre per l’intera lunghezza. Ogni sala parto è attrezzata con diverse gabbie in grado di ospitare la scrofa e la nidiata fino al termine del periodo di allattamento (21 – 28 gg) fino a 7 kg di peso. Questa è stata realizzata negli anni 2000 ed è stata costruita con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione è di tipo superficiale a QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 60 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale travi rovesce; il basamento di appoggio è stato realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone è: larghezza 13,50m, lunghezza 121,00m, altezza minima 2,55m, altezza massima al colmo 3,80m per una superficie totale di 1'633,50m2 ed un volume di 5'186,36m3. Si tratta di edifici piuttosto sofisticati in cui si affrontano esigenze diverse: igieniche, gestionali, ambientali. In particolare devono essere curati l’isolamento termico, la ventilazione, il riscaldamento/raffrescamento, differenziato per le specifiche esigenze, per l’influenza che questi fattori hanno sulle prestazioni delle scrofe (numero di suinetti svezzati per anno). In pratica, la scrofa rimane in questo tipo di porcilaia per 5-6 parti, dopodiché viene scartata. I suinetti partoriti vengono svezzati e portati al peso di 7-10 kg prima di essere venduti per le successive fasi di svezzamento, magronaggio e ingrasso. Le gabbie parto, distribuite nei locali-parto (28 gabbie per locale) per consentire la pratica del "tutto pieno" e "tutto vuoto", sono costituite da un'area, larga circa 50 cm, in cui viene confinata la scrofa e da due aree laterali in cui i suinetti possono muoversi liberamente e in cui è posto un nido caldo. L'area complessivamente occupata da una singola gabbia è minore o uguale a 4 m2. La sala parto resta vuota per circa 7 giorni fra un turno e l'altro per consentire effettuazione pulizie. La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato per raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotato a intervalli a seconda della sua capacità con sistema vacuum. I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è manuale (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente per mezzo di succhiotti con sistema automatico. Viene applicata la ventilazione forzata per mezzo di estrattori e un sistema di raffrescamento estivo (cooling system). Sala Parto n. 2 - Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione adottata nella Sala Fecondazione è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con vacuum system. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A..

3.2.5 LOCALE TECNICO E SERBATOIO ACQUA Il Locale tecnico è una struttura destinata alla gestione idrica di tutto l’allevamento, in cui sono collocate le pompe che prelevano l’acqua del deposito interrato posto nelle immediate vicinanze e del volume di 600 m3 di acqua prelevata da diverse fonti: dal pozzo di proprietà, dal lago e dall’acquedotto. L’acqua, una volta caricata all’interno della cisterna viene additivata con prodotti specifici che ne riducono l’eventuale contaminazione e poi viene pompata ai singoli capannoni. Ad oggi l’acquedotto viene usato esclusivamente per gli uffici e per i bagni dei dipendenti. Con cadenza annuale vengono effettuate le analisi sul pozzo e all’interno del lago per la verifica di qualità delle acque. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 61 a 128

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3.2.6 AREA QUARANTENA L’area quarantena è un locale collocato in un’area lontana da quella in cui sono collocate le porcilaie di produzione e con via d’accesso indipendente. Queste strutture servono per l’immissione di capi dall'esterno, che risulta essere un’operazione delicata sia per il potenziale pericolo di introdurre malattie nell’allevamento che per il fatto che gli stessi animali acquistati si trovano in un ambiente completamente nuovo, con un assetto sanitario differente. I box che compongono l’area sono calcolati in base al tipo di animali da introdurre, al loro peso vivo medio e alla frequenza d’ingresso. La struttura è realizzata in cemento armato con solaio in latero cemento, è composta da 5 box che possono ospitare fino a 12 scrofe da reinstallo ciascuno; valutando che il reinstallo occupa all’incirca il 50% del totale annuo delle scrofe partorienti (su base mensile), si desume che la il numero degli animali presenti annualmente all’interno della quarantena sarà pari a 120 unità. La struttura è composta da due piani: al piano terra abbiamo la quarantena e al piano superiore un magazzino che funge da deposito per i pezzi di ricambio dei macchinari presenti in azienda. L’intervento in oggetto prevede la sostituzione della copertura in eternit (posta in corrispondenza del magazzino) con altra realizzata in lamiera coibentata e l’ampliamento del vano ingresso (in altezza) per dare maggiore usufruibilità allo stesso. I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è manuale (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente per mezzo di succhiotti con sistema automatico. Viene applicata la ventilazione naturale. Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione adottata nella Area Quarantena è quella della pavimentazione parzialmente fessurata (al 50%) con sistema di rimozione dei liquami con vacuum system. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A..

3.2.7 UFFICIO E SPOGLIATOIO Gli uffici e gli spogliatoi del personale sono stati realizzati nel 2005 e sono composti da due container delle dimensioni di 2,5 x 10,00 m staccati da uno spazio coperto di 2,00m: nel primo vi è collocato l’ufficio mentre nel secondo ci sono gli spogliatoi dei dipendenti. La struttura, come quella dei container è in ferro verniciato con tamponamenti in lamiera verniciata coibentata.

3.2.8 MAGAZZINO E AREA STOCCAGGIO RIFIUTI Il magazzino e l’area stoccaggio rifiuti si trovano in due locali distinti con accessi separati al piano terra della abitazione colonica. La aree sono rispettivamente di mq 58,00 per i magazzino e di mq. 26,00 per l’area di stoccaggio dei rifiuti. Nel magazzino vengono sistemati, principalmente, i mangimi in sacchi che vengono utilizzati per l’alimentazione manuale. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 62 a 128

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3.2.9 AREA STOCCAGGIO GASOLIO Questa consiste, principalmente in un contenitore dotato di bacino di contenimento e tettoia di copertura, di tipo prefabbricato (modello attualmente in commercio) della capacità di lt. 1’000.

3.2.10 SEPARATORE Con il nome di separatore si intende sia gli elementi strutturali che i macchinari che compongono il sistema di separazione della frazione solida da quella liquida negli effluenti prodotti dai suini in allevamento. La separazione liquido/solido è un trattamento fisico che permette di ottenere dal liquame tal quale una frazione solida ed una frazione chiarificata liquida.

Per molto tempo, nel settore zootecnico, tale tecnica è stata confinata quasi esclusivamente ai processi di depurazione; oggi è di normale impiego anche per l’utilizzo agronomico dei liquami, quale trattamento preliminare:

─ migliora la pompabilità dei liquami, riducendo possibili intasamenti delle pompe e delle tubazioni. Ciò appare di grande importanza per l’aumentato contenuto in sostanza secca dei liquami; ─ contribuisce a ridurre l’intasamento dei bacini di stoccaggio o dei canali di movimentazione dei liquami ad opera del materiale sedimentabile. Tale inconveniente può portare, nel giro di pochi anni, a vistose riduzioni del volume utilizzabile, obbligando a costose quanto difficili operazioni di pulizia; ─ riduce la spesa energetica per il funzionamento delle attrezzature di aerazione e omogeneizzazione del liquame. Le due tecniche utilizzabili sono quelle della sedimentazione e della vagliatura meccanica. La separazione liquido/solido per sedimentazione avviene per effetto della forza di gravità, in virtù della diversa massa volumica delle particelle solide presenti nei liquami. Il processo, applicabile ai soli liquami di porcilaia, non ha fino ad ora avuto la giusta valorizzazione potendo costituire una valida alternativa, o integrazione, agli schemi di trattamento convenzionali. La sedimentazione, in particolare, è stata attuata realizzando due vasche poste in serie con collegamento a sifone posto ad almeno 1 m dalla superficie, in modo da far afferire al bacino successivo il solo chiarificato. La separazione per vagliatura meccanica avviene sfruttando le diverse dimensioni delle particelle dei solidi contenute nei liquami. Le attrezzature di separazione liquido/solido adottabili per l’utilizzo agronomico dei liquami sono essenzialmente riconducibili alle due tipologie dei separatori a a rulli e a vite senza fine. In entrambi i casi il livello di separazione dipende dal diametro dei fori attraverso i quali passa la frazione chiarificata, la cui luce varia da 0,5 a 2 mm. Nel caso in oggetto viene utilizzato un separatore a vite senza fine. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 63 a 128

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L’impianto di separazione è costituito da una vasca di raccolta del refluo tal quale in c.a. (vasca 1), affiancata da un’altra vasca di eguali dimensioni (vasca 2) che funge da “troppo pieno” in casi eccezionali (malfunzionamento o rottura del separatore).

La capienza di ciascuna vasca è pari a 100 m3, per un volume complessivo di 200 m3 di refluo. Dalla Vasca 1 il refluo viene inviato, tramite pompa, alla pompa che effettua la separazione tra la parte liquida e la parte solida (area attrezzature) per mezzo di un separatore a vite. La parte solida viene stoccata nella concimaia mentre la parte liquida, per gravità, viene inviata ai lagoni di accumulo. Dalla Vasca 1 il refluo viene inviato, tramite pompa, al macchinario che effettua la separazione tra la parte liquida e la parte solida (area attrezzature). La parte solida viene stoccata nella concimaia mentre la parte liquida, per gravità, viene inviata ai lagoni di accumulo. La concimaia ha, nel lato aperto verso il piazzale di carico, una cunetta di altezza pari a 10 cm circa che non permette alle eventuali acque del piazzale di entrare in contatto con il refluo solido. È presente, inoltre, una caditoia (posta tra la cunetta e l’area di stoccaggio) che raccoglie la parte liquida all’interno della concimaia e la invia, tramite condotta dedicata, al lagone di raccolta dei reflui liquidi. Si evidenzia che la realizzazione della concimaia risponde ai requisiti previsti dal DM 25/2/2016 (art. 11 comma1) per portanza, presenza di cordolo di guardia, di muro perimetrale, di apertura per l’accesso di mezzi meccanici e di sistema di raccolta per le acque di sgrondo. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 64 a 128

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Foto 2: Struttura del separatore e concimaia

3.2.11 LAGHI DI STOCCAGGIO Con il termine “lagone” viene correntemente inteso un bacino adibito allo stoccaggio dei liquami, realizzato con operazioni di scavo ed eventualmente riporti, la cui profondità non supera in genere i 6 m. Nel nostro caso questi sono stati realizzati, nella parte ovest dell’impianto, ad una quota morfologicamente più bassa per favorire il deflusso degli stessi in modo naturale. I lagoni in oggetto sono stati realizzati con scavo e riporto del terreno per la formazione degli argini e con la compattazione degli strati. Successivamente, al fine di dare maggiori garanzie di tipo ambientale, nel primo è stata realizzata un doppio getto in cls armato con interposto uno strato bentonitico, mentre nel secondo lagone è stata realizzata una impermeabilizzazione delle superfici del bacino con materiali geo-sintetici, (geomenbrana) saldato sul posto. La geomembrana è composta da uno o più strati di materiale impermeabile (polietilene, poli- cloruro di vinile e bitume) e da uno o più strati di materiale di rinforzo; lo spessore complessivo risulta compreso all’incirca tra 1 e 5 mm. Il Primo lago ha una capacità complessiva di 4’360 m3 ed il secondo ha una capacità complessiva di 4’440 m3: dalla analisi di gestione dei reflui prodotti (quantità di reflui e numero di spandimenti annui) i due lagoni risultano ampiamenti sufficiente a quanto prodotto dall’allevamento. Non si prevedono miglioramenti aziendali relativi a questo aspetto in quanto i laghi e il separatore sono stati realizzati nel 2005 e sono in condizioni perfette. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 65 a 128

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Figura 32 – Foto dei laghi di stoccaggio

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3.3 DESCRIZIONE DELLE STRUTTURE – STATO MODIFICATO L’intervento previsto dall’azienda si esplicherà nella realizzazione di due nuove strutture (un ampliamento della sala parto esistente ed una ex-novo) e la sistemazione di alcuni locali accessori, in particolare della zona quarantena, dei magazzini, al fine di migliorare le condizioni generali dell’allevamento secondo quando previsto dalle normative nazionali, regionali e dall’applicazione delle migliori tecniche disponibili (BAT). Verrà di seguito riportata la descrizione degli impianti che verranno realizzati e delle modifiche a quelli descritti, al fine di evidenziare i miglioramenti che saranno realizzati.

VOLUME - STATO MODIFICATO Descrizione L D Area H min H max Hmedia Volume Accessorio C Nuovo Magazzino da realizzare 22 10 220,00 4,70 5,70 5,20 1.144,00

Accessorio D (Scrofe Fine Carriera/Magazzino) 19,30 7,10 137,03 4,45 5,28 4,87 666,65

Locale Tecnico 4,50 3,00 13,50 2,70 2,95 2,83 38,14

Separatore-Concimaia 12,00 4,50 54,00 2,50 135,00 11,00 5,50 60,50 2,50 151,25 114,50 286,25

Sala Fecondazione 41,70 16,40 683,88 3,48 5,00 4,25 2.906,49 Sala Fecondazione (Primo Calore) 19,85 6,95 137,96 2,52 2,77 2,65 364,90 821,84 3.271,39

Sala Gestazione 58,50 13,00 760,50 3,15 5,00 4,08 3.099,04

Sala Parto 1 33,50 13,50 452,25 3,15 4,40 3,78 1.707,24

Sala Parto 2 121,00 13,50 1.633,50 2,55 3,80 3,18 5.186,36

Ampliamento - Sala Parto 2 15,30 13,50 206,55 3,15 4,50 3,83 790,05

Nuovo Edificio Quarantena/Infermeria/Gestazione con Autocattura 80,00 25,00 2.000,00 3,15 6,10 4,63 9.250,00

Superficie Complessiva - Stato Modificato 6.359,67

Volume Complessivo - Stato Modificato 25.439,12

3.3.1 SALA PARTO N. 2 - AMPLIAMENTO Caratteristiche della nuova Sala Parto (ampliamento) Come già decritto, in quanto costruttivamente identiche, la sala parto sarà un locale suddiviso in n. 1 sala parto. La sala parto sarà raggiungibile da un corridoio posto sul lato ovest dell’immobile che lo percorre per l’intera lunghezza; questa è attrezzata con diverse gabbie in grado di ospitare la scrofa e la nidiata fino al termine del periodo di allattamento (21 – 28 gg) fino a 7 kg di peso. Sarà realizzata con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione è di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio è stato realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone è: larghezza 13,50m, lunghezza 15,30m, altezza minima 2,55m, altezza massima al colmo 3,80m per una superficie totale di 206,50m2 ed un volume di 790,05m3. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 67 a 128

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Si tratta di edifici piuttosto sofisticati in cui si affrontano esigenze diverse: igieniche, gestionali, ambientali. In particolare devono essere curati l’isolamento termico, la ventilazione, il riscaldamento/raffrescamento, differenziato per le specifiche esigenze, per l’influenza che questi fattori hanno sulle prestazioni delle scrofe (numero di suinetti svezzati per anno). In pratica, la scrofa rimane in questo tipo di porcilaia per 5-6 parti, dopodiché viene scartata. I suinetti partoriti vengono svezzati e portati al peso di 7-10 kg prima di essere venduti per le successive fasi di svezzamento, magronaggio e ingrasso. Le gabbie parto, distribuite nei locali-parto (28 gabbie per locale) per consentire la pratica del "tutto pieno" e "tutto vuoto", sono costituite da un'area, larga circa 50 cm, in cui viene confinata la scrofa e da due aree laterali in cui i suinetti possono muoversi liberamente e in cui è posto un nido caldo. L'area complessivamente occupata da una singola gabbia è minore o uguale a 4 m2. La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato per raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotato a intervalli a seconda della sua capacità con sistema vacuum. I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è manuale (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente per mezzo di succhiotti con sistema automatico. Viene applicata la ventilazione forzata per mezzo di estrattori e un sistema di raffrescamento estivo (cooling system).

Sala Parto (ampliamento) - Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione che sarà adottata nella Sala Parto è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con vacuum system. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A.

3.3.2 NUOVA SALA GESTAZIONE/QUARANTENA A monte della Sala Parto 2 e del relativo “Ampliamento” (sopra descritto) sarà realizzato un nuovo fabbricato denominato in planimetria “Sala Gestazione 2”. L’edificio sarà realizzato con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna è stata realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. Nella copertura del nuovo fabbricato sarà installato un impianto fotovoltaico della potenza di kWh 99,9 e sarà perfettamente integrato con la copertura. La fondazione è di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio sarà realizzato in opera e costituito da una platea di fondo. La dimensione del capannone è: larghezza 25,00m, lunghezza 80,00m, altezza minima 3,15m, altezza massima al colmo 6,10m per una superficie totale di 2'000,00m2 ed un volume di 9'250,00m3. L’edificio così descritto non sarà destinato integralmente a Sala Gestazione, bensì la prima parte (verso l’ingresso dell’impianto) sarà destinata alla Sala Quarantena: le due aree saranno QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 68 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale divise da locali chiusi contenenti una infermeria e un vano tecnico. La stalla in cui si svolte attualmente la Quarantena sarà destinata, alla Fine Vita delle scrofe, ossia a quelle che non sono capaci di tenere il ritmo produttivo richiesto.: I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box in posta singola. L’alimentazione è automatica (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco; l’acqua viene distribuita costantemente per mezzo di succhiotti con sistema automatico. Viene applicata la ventilazione naturale per mezzo di estrattori a camino posti sulla copertura e un sistema di raffrescamento estivo (cooling system). Le aree di Quarantena sono apposite strutture che permettono di ospitare le scrofette in arrivo e sono poste in locali separati dalle altre aree della porcilaia. Infatti, immettere capi dall'esterno è un’operazione delicata, per il potenziale pericolo di introdurre malattie nell’allevamento; gli stessi animali acquistati si trovano in un ambiente completamente nuovo, con un assetto sanitario differente. Questa è il luogo in cui avviene solitamente l’ispezione degli animali e la visita da parte del veterinario. In questa zona gli animali che presentano segni evidenti di malattie, traumi o debilitazioni, sono sottoposti a trattamento terapeutico. Trascorso il periodo di “quarantena” le scrofette sono trasferite nel settore gestazione in gabbia singola in attesa del primo calore. Le scrofette saranno sistemate in posta singola: è preferibile adottare tecniche di stabulazione analoghe a quelle delle porcilaie di destinazione, per favorire l’ambientamento dei suini nel momento del trasferimento ai nuovi ricoveri. Per sfruttare meglio i locali di quarantena, l’arrivo dei lotti di riproduttori saranno suddivisi in diversi momenti dell’anno. I locali di infermeria sono utilizzati per l’alloggiamento di suini malati o feriti e per le scrofette che subiscono la prima ispezione da parte del veterinario. L’allontanamento immediato dei capi ammalati dai locali di produzione è una prassi igienico-sanitaria importante per limitare il rischio dell’eventuale contagio di altri suini allevati nello stesso ambiente, e per potere realizzare un tempestivo e agevole intervento terapeutico. La sala gestazione è il luogo dove sostano le scrofe fino al momento del parto (114 gg di gravidanza). Questa sarà organizzata in poste singole, a differenza di quella esistente, che consentono ad ogni singola scrofa il regolare consumo della propria razione alimentare. La pavimentazione dei box è con pavimento totalmente fessurato. Un passaggio centrale corre tra le file di gabbie e un altro passaggio, sulla testa delle gabbie, è dedicato all’alimentazione. In questo tipo di sistema di stabulazione, le scrofe da riproduzione e le scrofe gravide sono tenute in box singoli. I box misurano circa 2,0-2,1 m × 0,60-0,65 m e, il pavimento completamente fessurato, permette di raccogliere i liquami in una fossa profonda che viene svuotata a intervalli regolari, a seconda della sua capacità, con il sistema vacuum. Lo spazio consentito alla scrofa è tale che non può girarsi e le deiezioni vengono quindi depositate presso una postazione fissa. Le sbarre dei box sono bloccate o ingranate per permettere il contatto visivo, ma evitare l’aggressione. Viene applicata la ventilazione naturale per mezzo di finestre poste sulle pareti longitudinali e estrattori a camino posti sulla sommità della copertura che è abbinata, durante il periodo estivo, ad un sistema di raffrescamento (cooling system). I sistemi di alimentazione e gli abbeveratoi sono collocati all’estremità anteriore del box. L’alimentazione è automatica con dosatore (da una a tre volte al giorno) e viene adottato il sistema a secco, l’acqua viene distribuita in trogoli in modo costante. Le scrofe hanno una mangiatoia che è individuale che consente la possibilità di tenere le scrofe della stessa dimensione o condizione in box adiacenti. QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 69 a 128

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Sala Gestazione/Quarantena/Infermeria - Sistema di stabulazione e di allontanamento delle deiezioni Il sistema di stabulazione risulta fondamentale ai fini dell’allontanamento e dello stoccaggio dei liquami. La soluzione che sarà adottata nella Sala Gestazione è quella della pavimentazione totalmente fessurata con sistema di rimozione dei liquami con vacuum system. Questi confluiscono in un pozzetto di raccolta e linea di scarico dedicata. I liquami, per mezzo di una linea fognaria raggiungono il collettore principale da cui vengono inviati alle vasche di raccolta e successivamente trattati con separatore. La parte solida viene stoccata in un’area dedicata nei pressi del separatore stesso e la parte liquida viene inviata ai laghi di stoccaggio in attesa di essere usati come ammendante agricolo secondo quanto previsto dal P.U.A.

3.3.3 SALA QUARANTENA La sala quarantena, esistente e dislocata su due livelli, verrà trasformata; i lavori consistono nella sostituzione integrale dell'intera copertura in amianto, che verrà smaltito secondo le procedure a norme di legge, con altra in pannelli coibentati in lamiera preverniciata. Inoltre sul lato ovest del predetto fabbricato sarà modificato l'accesso funzionale esistente con una modifica dello stesso al fine di adeguare l'altezza utile dell'ingresso del corpo di fabbrica. Le dimensioni in pianta ed in alzato non subiranno modifiche, eccezion fatta per i necessari adeguamenti strutturali. La destinazione d’uso della nuova area sarà al collocamento delle scrofe che sono eliminate dal ciclo produttivo prima di essere mandate alla macellazione.

3.3.4 MAGAZZINO L’edificio esistente utilizzato come Magazzino, destinato in parte allo stoccaggio dei mangimi in sacchi ed in parte in area stoccaggio rifiuti, sarà demolito in quanto privo di valore storico architettonico e lesionato dal Sisma 2016. Al suo posto sarà realizzato un magazzino con una sagoma diversa, per una superficie pari a mq. 220,00 (m. 22,00 x 10,00). L’edificio sarà realizzato con struttura in acciaio e copertura in capriate: la tamponatura esterna sarà realizzata in muratura con doppio uni faccia vista da entrambi i lati, la copertura a capanna è in pannelli isolanti in lamiera pre-verniciata. La fondazione sarà di tipo superficiale a travi rovesce; il basamento di appoggio sarà realizzato in opera e costituito da una platea di fondo.

3.4 FASE DI ESERCIZIO In questo capitolo, verranno descritte tutte le fasi necessarie all’esercizio dell’allevamento dei suini nella fase dell’ingrasso, verranno messe in risalto le operazioni tecniche che potrebbero creare impatto ambientale e verranno descritte nel dettaglio.

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3.4.1 ALIMENTAZIONE ED ABBEVERATA Tramite l’utilizzo delle strutture descritte nel capitolo precedente vengono svolte le operazioni necessarie a somministrare gli alimenti agli animali in allevamento. Il mangime viene distribuito a partire dai silos esterni con scarico nelle mangiatoie interne distribuite in ciascun box presente in ciascuna struttura. Il mangime viene fornito da diverse ditte, in particolare Mangimi Martini. La fase di alimentazione può essere così schematizzata:

 distribuzione delle miscele attraverso tubazioni sino alle stalle e ai trogoli;  distribuzione dell’acqua in abbeverata.

Tutte le operazioni sopra descritte avvengono in ambiente chiuso. Da quanto esposto è evidente che non sono previste emissioni in atmosfera. Non verranno inoltre prodotte sostanze di rifiuto dato che le quantità per l’alimentazione dei suini saranno stabilite da un programma zootecnico che permette di:

 suddividere la quantità da distribuire in più pasti nelle 24 ore  suddividere la razione giornaliera in percentuali diverse ad ogni pasto (bioritmo)  modificare la sequenza delle miscele distribuite. L’impianto per l’alimentazione non produce emissioni in atmosfera né rifiuti di qualsiasi tipo. L’intero impianto sarà infatti al chiuso e sarà coordinato attraverso sistemi ormai sperimentati in molte porcilaie in Italia e all’estero.

Sono previste, approssimativamente, 3 epoche di erogazione giornaliera. Il sistema di alimentazione e l’organizzazione della distribuzione degli alimenti consente tutti gli animali di alimentarsi adeguatamente. I mangimi utilizzati contengono tutti fitasi (un enzima che migliora la digeribilità del fosforo e ne diminuisce il contenuto nell’escreto di oltre il 20% - fonte: Linee Guida MTD allevamenti) ed amminoacidi quali alimet, lisina cloridrato, treonina sintetica, coccidiostatici ed integratori di vitamine ed oligoelementi. Il quantitativo di mangime necessario al fabbisogno presente in stalla viene calcolato sulla base del PVM annuo, secondo tabelle prestabilite e seguendo le formulazioni indicate dal nutrizionista di fiducia. Il consumo giornaliero di mangime, calcolato in base al progetto di allevamento può essere stimato pari a 1’200 kg/capo/anno per scrofa; i seguenti dati sono stati desunti dalla esperienza maturata nel settore e differiscono da quanto può essere estrapolato dal documento di riferimento rilasciato dall’IPPC (Refeference Document on Best Available Techquines for Intensive Rearing on Puoltry and Pigs, 2003). Moltiplicando in numero di animali mediamente presenti in stalla, nella fase di gestione prevista, per il consumo pro capite di mangime e per il numero di cicli, si ottiene il consumo di mangime totale annuo. Dati: n° scrofe presenti = 1’615 capi QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 71 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale consumo per capo/anno = 1’200 kg

Fabbisogno totale annuo: 1’615 capi * 1,2 t/anno x capo = 1’938 t/anno Per la fase di abbeverata si utilizza un abbeveratoio dotato di un sistema automatico di abbeverata a “goccia” anti spreco del quale è fornito ciascun box. Anche per quanto concerne la somministrazione di acqua, viene utilizzata una tabella dei consumi idrici giornalieri in base alla quale viene regolata la distribuzione di acqua in ciascun capannone. Il consumo di acqua per scrofe è stimata come 10 l/d x capo. Questo valore riguarda solo l’acqua di abbeverata vera e propria in quanto l’alimentazione scelta è del tipo “secco”. L’acqua consumata dagli animali allevati in azienda nel corso di un intero anno è così stimata. Dati: n° scrofe presenti = 1'615 capi consumo medio giornaliero = 10 l/capo Fabbisogno totale annuo:1'615 capi x 10 l/capo x 365 gg/anno = 5'894'750 l/anno = 5’895 m3

3.4.2 CONTROLLO SANITARIO DELLE STRUTTURE E TERAPIE MEDICHE AGLI ANIMALI Come spiegato nella parte riguardante la descrizione dei cicli produttivi, in azienda viene praticata la tecnica del “tutto pieno – tutto vuoto”, questa strategia di controllo sanitario prevede il lavaggio e disinfezione delle strutture. Prima dell’arrivo delle scrofe nelle sale parto le strutture vengono opportunamente lavate e disinfettate. Questa fase, risulta indispensabile a garantire l’abbattimento della carica batterica al fine di creare un ambiente idoneo ad ospitare l’arrivo dei suinetti. Gli allevamenti intensivi, infatti, devono poter contare su un buon livello di pulizia per mantenere condizioni ambientali idonee e per ridurre i rischi dovuti a trasmissione di malattie. Il vuoto sanitario rappresenta, quindi, una fase necessaria in quanto si ripercuote su tutte le fasi successive dal momento che garantisce un buon ambientamento dell’animale che sarà quindi più robusto, meno soggetto alle malattie e caratterizzato da livelli di accrescimento migliori sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il detergente viene vaporizzato in acqua all’1%; in media si utilizzano circa 100 l per sala parto per la distribuzione del prodotto disinfettante e circa 2'500 l per il lavaggio del capannone. L’utilizzo del sistema per nebulizzazione consente di evitare la presenza di scarichi idrici con residui pericolosi che andrebbero ad inquinare i recettori finali. I prodotti di disinfezione, nebulizzati all’interno delle strutture, vengono infatti riassorbiti dalle stesse.

In base alla strategia di allevamento in progetto si prospetta di eseguire dieci disinfezioni all’anno per i capannoni utilizzati (una per ogni ciclo). Il consumo annuo di acqua per il trattamento di disinfezione è il seguente: 1’000 l = litri di acqua utilizzati per pulizia e disinfezione 10= numero di cicli per ogni sala parto 11 = numero delle sale parto 1’000 l x 10 x 11 = 110’000 l equivalenti a circa 110 m3 QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 72 a 128

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Gli imballaggi dei contenitori, pieni e vuoti, quando presenti, vengono stoccati in un deposito dedicato all’interno della struttura. I prodotti per la pulizia vengono comunque ordinati dall’azienda agricola al bisogno pertanto non accade di frequente che vi sia deposito di pieni nell’allevamento in oggetto. Per quello che riguarda il controllo sanitario sugli animali si effettuano terapie per le seguenti malattie:

 Malattia di Aujeszky, di tipo virale;  Vermi;  Afta epizootica;  Malattia vescicolare. I medicinali vengono acquistati al momento della terapia secondo le indicazioni ed i dosaggi prescritti dal veterinario, durante la terapia, vengono stoccati in un locale di servizio presente accanto alle strutture di allevamento. L’acquisto al momento dell’uso, permette di evitare la presenza di rimanenze all’interno delle strutture di allevamento. Per quanto attiene invece i contenitori vuoti dei medicinali, questi vengono stoccati in sacchi richiudibili impermeabili, secondo normativa, e prelevati dalla ditta autorizzata, che provvede allo smaltimento. Pertanto il controllo sanitario sulle strutture e sugli animali produce una quantità molto bassa di rifiuto solido mentre non si producono residui e rifiuti liquidi.

3.4.3 GESTIONE ANIMALI MORTI Durante tutta la durata del ciclo, l’azienda provvede anche alla verifica, e successivo allontanamento, degli animali morti (carcasse), i quali vengono raccolti e conservati in apposite celle frigorifere. Queste sono presenti in azienda nelle vicinanze del capannone più a valle e hanno le seguenti caratteristiche: • Larghezza 2,5 m; • Lunghezza 5,5 m; • Altezza 2,2 m; • Capacità 10 t; • T. max - 20°C. Le carcasse sono ritirate dai centri di smaltimento specializzati autorizzati dalla Regione Marche. I controlli sugli animali sono frequenti e vengono particolarmente intensificati nei periodi riguardanti i primi stadi del ciclo, quando l’animale è ancora in fase di ambientamento e quando i fattori climatici, in particolare la temperatura e l’umidità, non rientrano all’interno dei parametri ottimali di allevamento. I controlli sono eseguiti quotidianamente, direttamente dagli operatori, e consistono in una verifica diretta all’interno della struttura di allevamento volta ad individuare, prelevare ed allontanare le eventuali carcasse presenti. Tuttavia, considerato che l’allevamento è di tipo intensivo e non esistono sistemi tecnologici per l’espletamento di tale attività, ne consegue che la buona riuscita dell’operazione, nonostante venga sempre eseguita con la massima accuratezza, è strettamente influenzata dal verificarsi dell’errore umano (proprio perché QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 73 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale eseguita manualmente). Gli operatori registrano i casi di mortalità riscontrati all’interno degli allevamenti, ogni volta se ne presenti il caso. Un aumento del n° di capi deceduti può realizzarsi secondo due modalità: - moria eccezionale istantanea (n° di capi deceduti raccolti molto superiore alla media giornaliera), - rilevamento di un trend di aumento relativamente all’omologo periodo dell’anno precedente Nel primo caso si richiede l’intervento del veterinario per l’accertamento delle cause. Nel secondo caso le azioni messe in atto sono diagnosi e interventi terapeutici immediati. La percentuale di decessi dei suini varia dal 6% relativamente alle scrofe e al 9%relativamente ai suinetti; questa media è pressoché costante durante tutto l’anno. Si considera come peso medio delle scrofe pari a 140, leggermente più basso del peso massimo considerato per le stesse. Nella tabella seguente viene riportata la mortalità in relazione ai capi prodotti nei cicli di allevamento.

Peso medio Peso animali Mortalità n° di capi Capi n° capi capo morti morti (kg) (%) (t) Scrofe 1.615 160 6,00 97 15,50 Suinetti 50.388 3 9,00 4.535 13,60

Totale 29,11 Le carcasse degli animali morti ammonteranno a circa 29 t/anno.

3.4.4 GESTIONE RIFIUTI L’azienda non ha necessità di essere iscritta al SISTRI in quanto produttore di rifiuto. In prevalenza vengono prodotti rifiuti da imballaggio e da manutenzione. I rifiuti da imballaggio sono in cartone e, prevalentemente, in plastica. I contenitori in plastica derivano dall’utilizzo di antibiotici, vaccini, disinfettanti e detergenti: sono lavati con cura con acqua e le acque risultanti dai risciacqui sono aggiunte nelle vasche o cisterne in cui sono utilizzati i prodotti. I rifiuti prodotti presso l’azienda sono identificabili con i codici: 13 02 05* scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati 15 01 02 imballaggi in plastica 15 01 10 * imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze 15 01 11 * imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti 16 01 07 * filtri dell'olio 18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 74 a 128

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18 02 08* medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07 20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio I rifiuti prodotti dall’azienda sono raccolti in modo differenziato e conferiti sempre con cadenza all’incirca annuale ad una ditta autorizzata. I rifiuti dalle opere edili programmate a fine ciclo sono di tipo e in quantità variabili: rifiuti da demolizione, pezzi rotti sostituiti, ecc..,; questi vengono raccolti in area dedicata per il tempo di durata delle manutenzioni, in modo differenziato e successivamente conferiti a ditte autorizzate.

3.4.5 STIMA DEL TRAFFICO INDOTTO Il traffico veicolare indotto dall’esercizio dell’attività di allevamento si può divedere in tre categorie:

 il traffico veicolare dovuto all’approvvigionamento di materie prime (mangimi e scrofe) e alla vendita dei prodotti (suinetti e scrofe a fine carriera);  il traffico dovuto allo spargimento dei reflui di allevamento verso i fondi a disposizione dell’azienda.  n°viaggio Operazione Partenza Destinazione anno

Conferimento mangimi Longiano (FC) Tolentino (MC) 50 (Martini)

Colli Tolrntino in base alla disponibilità del Prelievo Suinetti 12 Tolentino (MC) mercato

in base alla disponibilità del Colli Tolrntino Acquisto Scrofe 50 mercato Tolentino (MC)

Colli Tolrntino Aree in disponibilità come Operazione di Spandimento Liquami 150 Tolentino (MC) riportato nel P.U.A

Abbiamo riportato, sopra, una tabella riepilogativa in cui si evidenzia che il numero dei viaggi effettuati all’interno dell’azienda sono stimati in numero di 262 pari a 0,7 viaggi/giorno, ossia meno di un viaggio al giorno. Si evidenzia, comunque, che la S.P. 127 Tolentino-San Severino Marche e la superstrada Valdichienti, le due principali arterie da cui si accede all’impianto, sono collegamenti primari della Provincia di Macerata, la prima collega due nuclei importanti sia dimensionalmente che industrialmente, la seconda è un’arteria principale a livello regionale; si valuta pertanto il traffico determinato dall’impianto come poco impattante.

3.4.6 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO E STIMA DEI CONSUMI TOTALI I consumi idrici sono attribuibili a tre diverse fasi che fanno parte del ciclo di allevamento o di operazioni complementari ad esso, queste sono: QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 75 a 128

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 Abbeverata, il volume di acqua necessaria è stimato nel paragrafo dedicato alla descrizione dell’alimentazione e all’abbeverata, la quantità di acqua necessaria annualmente è di 5’895 m3  Operazioni di disinfezione: in questa fase l’acqua è utilizzata per diluire il disinfettante usato per il trattamento sanitario alla porcilaia. La quantità di acqua necessaria è stimata nel paragrafo dedicato alla descrizione delle operazioni per il controllo sanitario, la quantità necessaria annualmente è di 110 m3  Utilizzo per usi civili: non sono considerati consumi per gli addetti in quanto, gli stessi non lavorano stabilmente all’interno dell’azienda ma svolgono le prestazioni programmate o all’occorrenza in modo flessibile.

Riassumendo quindi si calcolano i fabbisogni idrici annui totali ammontano ai seguenti m3: Consumo annuo in m3 = 5’895 +110 + 150 = 6’155 m3

3.4.7 APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO E STIMA DEI CONSUMI TOTALI Il consumo di energia elettrica nell’ allevamento è relativo alle operazioni di illuminazione, per l’utilizzo dei macchinari necessari alla distribuzione degli alimenti e al sistema di ventilazione forzata nonché per il funzionamento del separatore. Si ritiene, quindi, che gli stessi non subiscano sostanziali aumenti rispetto alla precedente gestione e, quindi, si fa riferimento alla media dei consumi degli anni passati per stimare i quantitativi dei consumi elettrici aziendali. Ogni anno solare sono necessari circa 310’580 kWh di energia elettrica che vengono forniti dalla società di gestione Prometeo tramite la rete elettrica. Nella fase di esercizio dopo l’adeguamento dell’impianto, sarà presente n. 1 impianti fotovoltaici (sopra la stalla Quarantena/Gestazione/Infermeria) per complessivi 99,9 kWh che daranno un contributo complessivo all’azienda, sulla base delle stime fatte, pari a 161.733 kWh annui. Da ciò si può dedurre che per mezzo dell’impianto che si vuole realizzare, l’azienda coprirà, in autoconsumo, circa la metà delle necessità aziendali complessive.

3.4.8 MATERIE PRIME NECESSARIE ALL’ATTIVITÀ DI ALLEVAMENTO IN PROGETTO Nella tabella seguente si riportano in maniera schematica il fabbisogno di materie prime per effettuare l’attività di allevamento in progetto. I valori derivano dalle stime dei valori precedentemente riportati nella presente relazione.

CONSUMI TIPO DI MATERIA FORNITORE Unità di STOCCAGGIO PRIMA Totale misura Scrofe in base alla disponibilità del Numero 1’615 Le scrofe di rimonta vengono poste mercato nell’area quarantena prima di essere immesse nelle strutture di allevamento Mangime Mangimi Martini Tonnellate 1’938 Silos esterni ai singoli capannoni Medicinali / / Armadietto sito nel locale di servizio (solo in casi di eccedenze) Prodotti per la / / Armadietto sito nel locale di servizio (solo pulizia in casi di eccedenze) Acqua A.S.S.M. S.p.A. Metri cubi 150,00 / QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 76 a 128

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CONSUMI TIPO DI MATERIA FORNITORE Unità di STOCCAGGIO PRIMA Totale misura Pozzo e Lago di Accumulo Metri cubi 6’005 Elettricità Prometeo Kilowatt 148’847 La restante parte verrà realizzata e prodotta in autoconsumo per mezzo di un impianto fotovoltaico che produrrà (stimati) 161'733 kWh

3.5 FASE DI CANTIERE Il progetto prevede una fase di realizzazione ex-novo ed una parte di ristrutturazione, in quanto alcune strutture sono già realizzate e vengono modificate solo alcune parti che si possono configurare come manutenzione straordinaria.

3.5.1 TEMPI DI ATTUAZIONE DEL PROGETTO Il progetto verrà attuato in circa 18-24 mesi. Le opere verranno effettuate in modo continuativo in quanto gli interventi prevedono, principalmente, la realizzazione di fabbricati ex-novo in un’area distinta e separata dall’allevamento. Gli interventi di ristrutturazione previsti, verranno realizzati secondo i tempi organizzativi della ditta appaltatrice dei lavori in quanto, sebbene anch’essi sono all’interno del perimetro aziendale, sono distanti dalle aree di allevamento; le attività lavorative saranno programmate al fine di non fermare l’attività di allevamento.

3.5.2 STATO ATTUALE DELL’AREA L’area d’intervento principale è concentrata a nord-est della zona dei capannoni, mentre le operazioni di ristrutturazione sono sugli edifici posti ad est dell’allevamento. Ad oggi l’area è destinata ad uso agricolo. Gli interventi che sono stati proposti sono:

 Realizzazione ex novo di n. 1 capannone della superficie di mq. 2’000;  Ampliamento di un capannone esistente mediante struttura ex-novo;  Ristrutturazione degli edifici destinati alla quarantena mediante sostituzione della copertura;  Demolizione abitazione colonica e ricostruzione accessorio destinato a magazzino con superficie di 220,00 mq.;  Ampliamento della recinzione aziendale. Descriveremo di seguito, per ciascun intervento, le fasi di lavorazione.

3.5.3 FASI DI CANTIERE Le attività svolte per ogni singolo cantiere, sopra indicato, saranno articolate nelle seguenti fasi:

FASE N. 1 - RECINZIONE DEL CANTIERE; QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 77 a 128

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L’azienda che si aggiudica l’appalto dei lavori procederà alla realizzazione della recinzione di tutta l’area per mantenere a distanza dall’ambito del cantiere animali e persone non addette, quindi passerà alla fase operativa. Tutte queste operazioni saranno svolte dalle squadre di operai tramite l’utilizzo di utensili manuali, scale, ponteggi, escavatore e autocarro per il trasporto dell’attrezzatura di cantiere. Il numero dei camion indotti sarà estremamente ridotto (< 10) e riguarderà in particolar modo quello necessario per la consegna in cantiere dei materiali da utilizzare.

FASE N. 2 - REALIZZAZIONE DELLE FONDAZIONI E DELLA STRUTTURA IN FERRO. L’attuazione dell’opera prevede la sistemazione dell’area per la realizzazione del piano di posa delle fondazioni. Verrà utilizzato un escavatore ed una pala gommata per un periodo di circa 5 giorni. Durante la fase di cantierizzazione, la produzione di polvere, rumore e fumi delle macchine operatrici non determineranno impatti significativi, data anche la modesta entità dell’intervento di livellamento (area ha già una conformazione pianeggiante).

FASE N. 3 - REALIZZAZIONE DELLE FOGNATURE, RETE IDRICA ED ELETTRICA. In cantiere sono previsti scavi di sbancamento per il collegamento della nuova rete fognaria, idrica ed elettrica a quella esistente. In particolare le attività di cantiere riguarderanno gli scavi per la posa in opera delle condotte per la rete acque bianca, rete idrica, acque di lavaggio capannoni e tubazioni per il passaggio dei cavi elettrici; questi saranno eseguiti con escavatore meccanico e pala meccanica. Il terreno sarà riutilizzato per la chiusura degli scavi. Per la realizzazione della rete fognante, rete idrica e posa di tubi per il passaggio dei cavi elettrici, saranno impiegati un escavatore e una pala gommata per il movimento terra, per circa 6 giorni. Saranno necessari viaggi per la consegna di materiale inerte e tubi, pozzetti caditoie ecc. stimati in numero di 7, soprattutto di piccoli autocarri. Durante la fase di cantierizzazione, la produzione di polvere, rumore e fumi delle macchine operatrici non determineranno impatti significativi, data anche la modesta entità dell’intervento. L’impatto indotto dalla cantierizzazione dell’opera (movimento terra e occupazione del suolo) appare di modesta entità poiché è previsto il riutilizzo del terreno di scavo nel sito di progetto. Anche da questa fase si avrà una produzione di rifiuti non pericolosi che saranno selezionati e accumulati in piazzole dedicate e successivamente avviati a recupero o smaltiti a norma di legge.

FASE N. 4 - REALIZZAZIONE DI OPERE DI FONDAZIONE IN CALCESTRUZZO ARMATO E SUCCESSIVA POSA IN OPERA DI GRIGLIATO NELLE SUPERFICI DI ALLEVAMENTO; QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 78 a 128

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Una volta ultimato il piano edificatorio si procederà alla realizzazione delle strutture di fondazione. In particolare le attività di cantiere riguarderanno la realizzazione di fondazioni dirette del tipo platea nervata. Viste le esigue dimensioni della corsie esterna. Il calcestruzzo sarà consegnato in cantiere con autobetoniera. E’ previsto l’utilizzo di circa 600 mc. di calcestruzzo, per il trasporto dei quali saranno necessari circa 50 viaggi con autobetoniera a 4 assi, con una media di 5/6 viaggi al giorno per circa 9/10 giorni, necessari per la realizzazione delle fondazioni in c.a.. Sono previsti inoltre alcuni viaggi (1/2) per il trasporto del ferro da costruzione.

FASE N. 5 - MONTAGGIO DELLE STRUTTURE DI COPERTURA IN LAMIERE GRECATE COIBENTATE PER LE COPERTURE DELLE CORSIE LATERALI E DELLE PORCILAIE. Successivamente verrà montata la struttura portante in ferro , la copertura con pannelli sandwich coibentati ed il tamponamento realizzato in laterizio faccia-vista con doppio uni. Tutti i materiali verranno collocati nell’area di deposito appositamente attrezzata in cantiere e successivamente trasferiti nella zona di montaggio con mezzo meccanico dotato di braccio gru. Per il trasferimento del materiale dall’officina al cantiere sono previsti n. 10 viaggi con bilico a 5 assi. Il trasferimento avverrà nell’arco di 5 giorni. Per il completamento delle operazioni di montaggio saranno necessari altri 10 gg per il capannone. Da questa fase si avrà una produzione di rifiuti non pericolosi che saranno selezionati e accumulati in piazzole dedicate e successivamente avviati a recupero o smaltiti a norma di legge.

In conclusione, per l’esecuzione dei lavori, si prevede che in cantiere siano presenti i seguenti mezzi: - n.2 Pala/Escavatore - n.1 Autocarri a 4 assi - n.1 Autobetoniera - n.1 Camion con Braccio Gru - n.1 Pala Meccanica con Benna - n.1 Martello demolitore - n.1 Autocarro a 3 assi Si precisa che i mezzi di cui sopra non saranno contemporaneamente attivi, ma verranno utilizzati in funzione delle varie lavorazioni, in particolare:

Tipo di mezzo Operazioni da svolgere Escavatore meccanico, Martello realizzazione dei piani edificatori e demolitore, Pala/Escavatore, Camion degli scavi di fondazione QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 79 a 128

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Autobetoniera Realizzazione del getto di c.l.s di fondazione Camion con braccio Gru per il montaggio dei pannelli sandwich della copertura Pala Meccanica con Benna per la distribuzione e il livellamento in loco della terra di risulta da scavi

CONTENIMENTO DELLE POLVERI Per contenere la produzione di polveri generata dal passaggio dei mezzi di cantiere verrà effettuata, tenendo conto del periodo stagionale, la bagnatura periodica delle superfici del cantiere. L’intervento di bagnatura sarà comunque effettuato ogni qualvolta se ne registri la necessità. I mezzi di cantiere destinati alla movimentazione dei materiali saranno, inoltre, coperti con teli adeguati aventi caratteristiche di resistenza antistrappo e di impermeabilità. Al fine di evitare il sollevamento delle polveri i mezzi di cantiere, viaggeranno a velocità ridotta e saranno lavati giornalmente. Le aree destinate allo stoccaggio dei materiali saranno bagnate o in alternativa coperte per evitare il sollevamento di polveri.

QUADRO PROGETTUALEQUADRO Pag. 80 a 128

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4 QUADRO AMBIENTALE

4.1 INTRODUZIONE Nel Quadro di Riferimento Ambientale vengono identificate, analizzate e quantificate tutte le possibili interazioni fra l’allevamento zootecnico e l’ambiente, evidenziando le mitigazioni che saranno attuate, descritte nell’ambito del Quadro di riferimento progettuale, le quali permetteranno di rendere accettabile e sostenibile l’eventuale impatto residuo. Il lavoro è stato svolto seguendo un processo di lavoro scomponibile nell’indagine conoscitiva ed in una serie di analisi specialistiche ed è stato sostanzialmente impostato in 3 fasi: 1) Analisi ambientale delle singole componenti esposte agli interventi. Sulla base dei rilievi effettuati, della documentazione raccolta, dei dati bibliografici, sono state redatte le analisi di settore. Queste, nel complesso, risultano esaustive. 2) Sintesi ambientale delle componenti esposte agli interventi. Sulla base del quadro di riferimento programmatico e progettuale, attraverso un’attenta e completa fase di raccolta della documentazione fino ad oggi prodotta, è stato possibile individuare le componenti ambientali più esposte e colpite. Queste sono riportate nei successivi elenchi nei successivi paragrafi e sintetizzate con grafici, tabelle e carte tematiche. 3) Elenco e proposte degli interventi di ricomposizione ambientale. In base ai progetti e alle soluzioni adottate per gli interventi di ricomposizione e/o compensazione e/o mitigazione ambientale, in osservanza al citato principio di “controllo attivo”, si suggerisce una serie di controlli e monitoraggi da effettuare nonché la descrizione delle opportune misure accessorie.

Per la fase di valutazione, secondo le teorie di Giangrande-Roy-Moscarola, la nostra analisi di confronto rientra tra quelle definite di tipo “α”. Per una più organica trattazione, nonché per avvalorare la scelta fatta, si ritiene necessario presentare, in estrema sintesi, le caratteristiche principali dei quattro tipi di alternativa:

. alternativa di tipo : si tratta generalmente di uno studio che riguarda un progetto già ben impostato e definito. Si indica generalmente con questa sigla uno studio che tende ad ottimizzare il progetto dal punto di vista ambientale, riducendo gli impatti previsti e mitigando gli "impatti residuali" che si generano nella realizzazione di un’opera; . alternativa di tipo : è relativa agli studi che tendono a selezionare alternative accettabili, vengono cioè esaminate tutte le possibili alternative di progetto e, attraverso l’analisi dei loro diversi impatti sull’ambiente, escluse tutte quelle che risultano peggiori e non accettabili a causa di gravi impatti prevedibili sull’ambiente; . alternative di tipo : lo studio tende in questo caso ad effettuare una "graduatoria" delle alternative, dalla migliore alla peggiore. Gli studi sono quindi di tipo "strategico", in cui non è necessario analizzare progetti definitivi, ma solo approfondire le diverse possibilità di risoluzione delle problematiche territoriali o di ubicazione degli impianti; QUADRO AMBIENTALE Pag. 81 a 128

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. alternative di tipo : lo studio evidenzia in questo caso informazioni di supporto alle decisioni di tipo "strategico" e territoriale-ambientale. Si analizzano quindi tutte le possibili alternative di localizzazione o di progetto e la congruenza delle scelte rispetto ad elementi geografici e/o ambientali e/o ecologici e/o economici, ecc.

Per l’analisi e la descrizione delle componenti ambientali si è fatto riferimento a quelle maggiormente esposte agli interventi in oggetto. Successivamente si sono analizzati i rapporti fra fattori e singole componenti ambientali, con l'individuazione degli elementi più rappresentativi e la descrizione degli aspetti strutturali e funzionali delle stesse. Inoltre, si è proceduto ad approfondire gli aspetti ambientali realizzando singole indagini di settore e redigendo le relative cartografie tematiche. Nell’analisi si è posta particolare attenzione a differenziare, caratterizzare e valutare la qualità ambientale in funzione dei livelli di criticità, della vulnerabilità e del degrado ambientale presenti o indotti dall’intervento in progetto; riconoscendo alla fase di mitigazione e/o compensazione ambientale un ruolo migliorativo dello status quo. Le componenti ambientali prese in esame sono le seguenti:

 Atmosfera  Suolo  Sottosuolo  Ambiente idrico superficiale  Ambiente idrico sotterraneo  Vegetazione e Flora  Fauna  Ecosistemi  Paesaggio  Salute pubblica

4.2 COMPONENTI AMBIENTALI INTERESSATE DAL PROGETTO Di seguito vengono brevemente illustrati i criteri adottati per l’analisi delle singole componenti ambientali e per la relativa stima dei potenziali impatti che si possono determinare. Si evidenzia che l’impianto è esistente ed opera nello stesso sito, come più volte ripetuto, da circa 40 anni. L’attuale variazione normativa ha portato alla redazione del presente studio.

Qualità dell’aria Lo studio della qualità dell’aria è stata approcciata in modo differente a seconda se la valutazione ha riguardato inquinanti normati per legge, rappresentati principalmente da Polveri (PM10), ossidi di azoto (NOx) e monossido di carbonio (CO) o inquinanti che non hanno limiti di riferimento, costituiti da ammoniaca (NH3), metano (CH4) e idrogeno solforato (H2S). Le sostanze prese in considerazione derivano da emissioni in atmosfera per effetto dell’allevamento stesso (ricovero di suini) e del flusso di mezzi generato dalle attività ad esso strettamente connesse, quali i trasporti. QUADRO AMBIENTALE Pag. 82 a 128

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Per la valutazione del potenziale impatto sulla qualità dell’aria degli inquinanti normati si proceduto attraverso l’utilizzo del modello di calcolo previsionale ISC-AERMOD View (AERMOD View Version 7.6) che consente di stimare la concentrazione degli inquinanti analizzati in corrispondenza dei recettori potenzialmente più esposti. Dalle elaborazioni effettuate risulta che il livello finale di qualità dell’aria per lo scenario da autorizzare può essere considerato nel suo complesso più che accettabile. L’analisi delle sostanze non normate si è basata sulla stima delle emissioni annuali totali basandosi su diversi riferimenti bibliografici e sulla trattazione delle Miglior Tecniche Disponibili (MTD) applicate dall’azienda per contenere le emissioni stesse.

Ambiente idrico Nel presente capitolo è stato brevemente descritto il contesto idrografico di area vasta e di dettaglio nel quale ricade il sito di progetto.

Suolo e Sottosuolo L'analisi riguarderà i seguenti aspetti: Geologica: inquadramento geologico generale delle aree interessate dal progetto, con specifico riferimento alle caratteristiche litologiche, stratigrafiche e tettoniche, ed alla natura dei depositi superficiali; Geomorfologica: in un ambito di area vasta sono stati individuati eventuali processi geomorfici in atto e potenziali, e la dinamica dei versanti. In generale, è stato dato particolare rilievo ai fenomeni di dissesto sia in atto che potenziali. Nell’ambito delle aree attraversate dal tracciato la caratterizzazione ha considerato l’assetto morfologico attuale per mettere in evidenza le variazioni che si avranno con la realizzazione dell’opera; Idrogeologia e vulnerabilità degli acquiferi: prendendo in considerazione quanto emerso dalla caratterizzazione geologica e geomorfologica dell'area, sono stati eseguiti una serie di attività tese all'individuazione delle caratteristiche idrogeologiche dei terreni di area vasta nonché a definire le linee generali in merito alla vulnerabilità degli acquiferi, principalmente alluvionali, attraversati dalla condotta; Sismologica: in questa sezione sono state esaminate le caratteristiche principali della sismicità e della pericolosità sismica della zona.

Uso del suolo, Vegetazione, Flora, Fauna ed Ecosistemi Lo studio di questa componente è comprensivo delle tematiche vegetazione, fauna ed ecosistemi. Viene fornita la fotografia dello stato ante operam della componente, al fine di poter valutare l'impatto, in riferimento alla perdita di habitat, di diversità biologica, all'innesco di eventuali fenomeni di degrado. L'analisi ecosistemica ha individuato le unità naturali e antropiche, anche sulla base degli studi effettuati per altre componenti. Per ciascuna tipologia ecosistemica individuata è stata effettuata una caratterizzazione qualitativa ed una valutazione della qualità ambientale.

Paesaggio QUADRO AMBIENTALE Pag. 83 a 128

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La metodologia di analisi della componente ha seguito i seguenti passaggi:

 lettura e valutazione delle componenti paesaggistiche sulla base delle fonti disponibili (piani paesistici, rilievi diretti) con identificazione delle grandi tipologie di paesaggio;  analisi delle unità di paesaggio;  individuazione di aree sensibili a vario grado di rilevanza.

Rumore La Valutazione Previsionale di Impatto Acustico ha valutato preventivamente la rumorosità prodotta da tutti i sistemi (attrezzature, impianti, ecc) a servizio dell’allevamento suinicolo. Lo stato ant operam è stato analizzato attraverso specifiche misure fonometriche eseguite in prossimità dei ricettori più vicini al sito di progetto. L’impatto cumulato fra ant e post-operam è stata eseguito applicando un modello previsionale per valutare le modifiche dell’attuale clima acustico con l’ampliamento dell’allevamento. Il risultato della valutazione è stato confrontato con i limiti di riferimento dettati dalla zonizzazione acustica comunale. La relazione di Valutazione Previsionale di Impatto acustico è redatta secondo quanto previsto al punto 5.3.1, dell’allegato A, della Deliberazione della G.R. Marche n. 896 AM/TAM del 24/06/2003 (Criteri e linee guida) ed in conformità con quanto indicato nel Regolamento Tecnico di Attuazione allegato al piano di classificazione acustica Comunale. Lo studio elaborato è stato redatto e sottoscritto da un Tecnico Competente in Acustica Ambientale iscritto all’elenco dei Tecnici competenti in Acustica Ambientale della Regione Marche. Esso è posto in allegato.

4.3 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA DI STUDIO L’identificazione dell’ambito territoriale di studio è collegata alla necessità di definire un area di riferimento nel quale inquadrare tutte le potenziali influenze delle opere ed all’interno del quale sviluppare le analisi specialistiche riferite a ciascuna delle componenti ambientali individuate. Per lo studio in esame, è stato considerato un territorio nell’intorno delle aree interessate dal progetto comprendente l’intera superficie del sito ed un intorno significativo, rappresentato circa da un’area di 1'000 m di diametro in linea d’aria ricadente nei comuni di Tolentino e San Severino Marche. L’area oggetto del presente Studio è sita a cavallo del Comune di Tolentino e del Comune di San Severino Marche, in un’area a destinazione agricola. L’area si colloca in parte su un versante a media pendenza, con esposizione verso ovest ed in parte su un pianoro sul sistema collinare posto ad ovest di Tolentino. Topograficamente l’area progetto si localizza ad una quota media di circa 413 m s.l.m. con coordinate 43°12' 20.43" N e 13°14' 43.48"E. Nella carta topografica regionale è distinta dal quadrante n.124 I e 124 IV. Nella carta tecnica regionale è inquadrata nelle sezioni 302 150 (San Severino Marche) e 302 160 (Tolentino). L’area di studio è posta sulle colline ad ovest del Comune di Tolentino in località Rosciano. Il sito è accessibile da Contrada Bura e da Contrada Rosciano. QUADRO AMBIENTALE Pag. 84 a 128

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4.4 CARATTERISTICHE METEO-CLIMATICHE Il clima può essere definito come l'insieme di tutti i fenomeni meteorici che caratterizzano lo stato medio dell'atmosfera e le sue variazioni in un determinato punto del globo. I fattori principali influenzanti il clima a livello locale sono essenzialmente diversi ma fra tutti si ricordano:

 precipitazioni;  temperatura;  umidità relativa;  velocità media del vento;  direzione media del vento;  pressione;  radiazione globlale.

4.4.1 LA TEMPERATURA La temperatura è forse il più grande fattore climatico e da essa dipende in larga misura, l'estensione e la localizzazione dell'area relativa alle diverse specie vegetali e di quelle coltivate. L'atmosfera è continuamente attraversata dalle radiazioni provenienti dal sole e da quelle riflesse dalla terra, l'aria non è tuttavia trasparente alle radiazioni e ne estingue una parte assumendone l'energia. Ciò comporta un aumento della temperatura dell'aria; tale fenomeno è quello che determina la temperatura ambientale. Si riporta in dettaglio i parametri meteoclimatici su cui si sono basate le nostre analisi.

Tabella 1: Temperature medie mensili

Vengono riportati nella tabella 1 i dati riferiti ai parametri più importanti, ossia temperatura media mensile (media delle minime e delle massime per mese - in area vasta seleziona le specie vegetali a livello macroclimatico).

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Tabella 2: Diagramma Termometrico

Prendendo, in considerazione l’andamento delle temperature negli ultimi 30 anni (a cui le medie sopra riportate fanno riferimento) si rileva che la a temperatura media è stata di 14,5°C corrispondente ad un'anomalia di +0,9°C rispetto alla media 1981-2010. Con il 2015 sale a cinque il numero di anni consecutivi più caldi della norma (l'ultimo anno più freddo, il 2010, - 0,3°C rispetto al trentennio), valore che conferma il progressivo riscaldamento che la nostra regione sta subendo da qualche decennio a questa parte così come dimostra anche l'andamento crescente delle temperature trentennali a partire dal 1961 (Tabella 1). A livello mensile, tutti i mesi tranne ottobre, hanno fatto registrare temperature in eccesso (Figura 2). L'anomalia più elevata è stata quella di luglio, +3,4°C rispetto al 1981-2010, conseguita grazie ad una temperatura media regionale pari a 26,7°C; luglio 2015 è stato dunque il mese in assoluto più caldo per le Marche dal 1961, cioè dall'inizio della serie storica a nostra disposizione (più caldo di agosto 2003, 26,5°C precedente record regionale). Contenuta l'unica anomalia negativa, che abbiamo detto appartenere al mese di ottobre: - 0,4°C rispetto alla media del trentennio di riferimento.

Tabella 3: Regione Marche. Temperatura media Tabella 4: Regione Marche. Temperatura media trentennale e anomalia rispetto al trentennio iniziale stagionale e anomalia rispetto al 1981-2010 (°C) (°C)

Tutte le stagioni si sono rivelate più calde rispetto alla norma (Tabella 2). La differenza più accentuata è toccata alla stagione estiva la quale, con una temperatura media di 23,9°C, ha fatto registrare una differenza di +1,6°C rispetto al 1981-2010 e si piazza quindi al terzo posto nella classifica delle estati più calde dal 1961 (sorpassata solo dalle famigerate estati 2003 e 2012). QUADRO AMBIENTALE Pag. 86 a 128

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Tabella 5: Temperatura Mensile. Media Regionale (confronto con la media 1981-2010)

La media regionale delle temperature, rispetto al dato storico, evidenzia che nei periodi invernali sono risultate maggiori mentre, per gli altri periodi dell’anno, si sono mantenute nella norma del periodo.

4.4.2 LE PRECIPITAZIONI L’analisi dell’andamento delle precipitazioni, in termini di quantità d’acqua caduta, numero di giorni di precipitazione e umidità relativa, sono importanti in termini di rifornimento idrico per la vegetazione e per la valutazione delle acque che vanno ad incrementare i reflui presenti nei bacini di raccolta al fine di verificare la capacità contenitiva delle stesse. Prendendo, in considerazione l’andamento delle precipitazioni negli ultimi 30 anni (a cui le medie sopra riportate fanno riferimento), sono caduti mediamente 957 mm di pioggia contro la media storica 1958/79 è di 886 mm, per cui nel corso degli anni riportati si è avuto un incremento di ben 158 mm, pari al 8,0% circa.

Tabella 6: Diagramma Pluviometrico QUADRO AMBIENTALE Pag. 87 a 128

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A differenza delle temperature dunque, la precipitazione in questi ultimi anni sembra subire un assestamento dopo una graduale tendenza alla diminuzione (Tabella 3).

Tabella 7: Regione Marche. Precipitazione totale media trentennale e anomalia rispetto al trentennio iniziale (mm)

Tabella 8: Regione Marche. Precipitazione totale stagionale e anomalia rispetto al 1981-2010 (mm)

Nel dettaglio mensile (Tabella 9) si osserva come il primo trimestre dell'anno sia stato particolarmente piovoso; marzo in particolare, è stato il mese più piovoso del 2015, con un totale medio regionale di pioggia caduta pari a 165mm corrispondente ad un +100mm rispetto alla media 1981-2010, terzo valore record per marzo dal 1961 (preceduto dagli anni 2008 e 2011). E' seguito poi un periodo piuttosto altalenante con una tendenza, a fine anno, alla riduzione delle precipitazioni, forte nel mese di dicembre. In questo ultimo mese infatti, il totale regionale è stato appena di 2mm (!), il più arido mese di dicembre dal 1961. Tutte le stagioni, tranne l'estate, sono state più piovose rispetto alla media, specie la primavera che con una precipitazione di 345mm ed una anomalia di +152mm rispetto al 1981-2010, ha stabilito il nuovo record stagionale dal 1961 (Tabella 8).

Tabella 9: Regione Marche. Anomalia precipitazione totale mensile (mm) anno 2015 rispetto alla media 1981- 2010 QUADRO AMBIENTALE Pag. 88 a 128

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Tabella 10: barra blu: precipitazione mensile anno attuale (mm). Barra arancione: precipitazione mese in corso, non ancora completo (mm). Barra grigio chiaro: precipitazione mensile di riferimento media 1981-2010 (mm).

Tabella 11: Standardized Precipitation Index (SPI) QUADRO AMBIENTALE Pag. 89 a 128

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E’ stato riportato sopra lo Standardized Precipitation Index (SPI). Questo indice ha il pregio di consentire di studiare la siccità per diverse scale temporali: l'SPI-1, indice ad 1 mese, indica eventuali accumuli di siccità/umidità recente, nei 30 giorni appena trascorsi; l’SPI-3 a 3 mesi descrive periodi siccitosi/umidi di tipo stagionale; l’SPI-12 a 12 mesi descrive siccità annuali e prolungate. Viene illustrato anche lo stato attuale della precipitazione tramite il Livello della precipitazione rispetto al valore di norma che indica la percentuale di pioggia finora caduta rispetto al totale mensile, stagionale e annuale che di norma avviene nella stazione in esame (il valore di riferimento è ottenuto dal valore medio del quarantennio 1961-2000). Si noti che l’incremento di piovosità ha comportato lo spostamento, rispetto alla normalità, verso un clima più umido In conclusione, l’anno meteorologico appena trascorso ha mostrato un aumento significativo della precipitazione in tutte le stagioni con l’esclusione della primavera che è risultata meno piovosa della norma. Per quanto riguarda le intensità orarie esse hanno rispecchiato comunque i valori medi degli anni precedenti.

2.2.3 IL VENTO Il vento non è altro che aria in movimento determinata dallo squilibrio di temperatura e conseguente differenza di pressione fra due località. L'aria si sposta tipicamente da zone ad alta pressione a zone di bassa pressione. La velocità del vento è proporzionale al gradiente barico il quale è dato dal rapporto tra la differenza di pressione e la distanza tra i due punti considerati.

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Per descrivere la ventosità dell’area si è fatto riferimento soprattutto ai dati ed alle carte tematiche dell’Atlante Eolico dell’Italia (progetto ENERIN 2002 del CESI di Genova). In particolare, data la natura dell’intervento, si riporta di seguito uno stralcio cartografico estratto dall’Atlante e relativo alla Velocità media annua del vento a 25 m sul livello del terreno. La carta tematica è il risultato di un modello di simulazione messo a punto dal CESI dell’Università degli Studi di Genova - Dipartimento di Fisica. Detto modello, denominato WINDS (Windfield Interpolation by Non Divergent Schemes). Nell’area in esame la velocità media annua del vento a 25 m sul livello di terreno è molto bassa e si attesta generalmente intorno ai 4 m/s con direzione prevalente est-nordest.

2.2.4 FATTORI CLIMATICI I principali fattori climatici da prendere in considerazione sono le precipitazioni e la temperatura, in quanto il calore e l'acqua sono i più importanti elementi fisici condizionanti lo sviluppo delle piante. Di seguito vengono rappresentati tre diagrammi climatici risultanti dall’elaborazione dei dati raccolti e precisamente: il diagramma termopluviometrico, il diagramma ombrotermico e il climogramma di Peguy. La rappresentazione grafica risulta essere efficace e consente un’immediata lettura e comprensione dei fenomeni climatici. Il diagramma ombrotermico, ideato da Bagnouls e Gaussen, è tra i più utilizzati al mondo negli studi di ecologia. Nel diagramma il periodo annuale da considerare “arido” è quello in cui la curva delle precipitazioni scende al di sotto di quella delle temperature, ossia quando la quantità delle precipitazioni è inferiore al valore doppio della temperatura (P<2T). Dal diagramma ombrotermico si evince che tutti i mesi sono definibili come “temperati”. Quando la curva ombrica si abbassa intersecando la curva termica, si viene a delimitare un'area che è proporzionale alla durata ed all'intensità del periodo secco. In relazione alla presenza o meno di questi periodi secchi nel diagramma, il clima può essere definito come xerico, cioè con periodo secco, oppure axerico, cioè senza periodo secco. Questa "analisi grafica" è di grande interesse alle nostre latitudini in quanto nella maggior parte dei casi la curva termica è sempre positiva e quindi viene ad assumere notevole importanza il periodo dell'anno in cui cade l'eventuale periodo secco. Di ciò si è tenuto debitamente conto nell’approntare il progetto di mitigazione scegliendo nell’ambito delle specie vegetali ritenute adatte alla stazione, quelle varietà maggiormente resistenti all’aridità. Alle latitudini medie infatti, dove la vegetazione ha un periodo di riposo invernale, un periodo secco nei mesi invernali non ha alcun effetto sulla vegetazione, mentre un periodo secco estivo provoca siccità ed appassimento. QUADRO AMBIENTALE Pag. 91 a 128

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Nello schema di seguito proposto viene riportato il diagramma ombrotermico, ideato da Bagnolus e Gaussen, in cui si può notare la non presenza dei periodi secchi che influenzano le condizioni vegetative delle piante e che consentono di definire il clima in esame come AXERICO.

La conferma di tale situazione si ha nel Climogramma di Peguy da cui si può constatare come per tutto l’anno si ha un clima temperato, con una piccola eccezione estiva (luglio e agosto) in cui si ha un clima umido

Figura 33: Climogramma di Peguy

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Anche l’indice di De Martonne, o Indice di aridità di De Martonne, mette in relazione precipitazioni e temperature in modo estremamente semplice ed efficace. La formula proposta da De Martonne è la seguente: 푃 퐼 = 푇 + 10 Con: P = precipitazioni medie annue (mm) T = temperatura media annua (°C)

Questa formula è migliorativa rispetto a quella di Lang e tende a ridurre alcuni inconvenienti che si verificavano applicando P/T nelle località caratterizzate da clima freddo. Infatti, in tali situazioni, con temperature medie annue prossime a 0 °C si hanno valori troppo elevati, mentre per valori inferiori a 0 °C si ottengono dei valori negativi del pluviofattore di Lang.

Nel nostro caso abbiamo un valore pari a 31,37 quindi, secondo le tabelle sotto riportate avremo una Classe Climatica Temperato Umida e una Foresta di duri legnose come Rapporto tra indice e vegetazione.

Classi climatiche secondo De Martonne Umido > 40 Temperato umido 40 ÷ 30 Temperato caldo 30 ÷ 20 Semiarido 20 ÷ 10 Steppa 10 ÷ 5 Deserto < 5

Rapporto tra indice e vegetazione Deserto < 5 Steppa 5 ÷ 10 Prateria 10 ÷ 20 Macchia 20 ÷ 30 Foresta di duri legnose 30 ÷ 45 Foresta di aestlilignosae > 45

Anche l’indice mensile di De Martonne & Gottmann mette in relazione precipitazioni e temperature in modo estremamente efficace. La formula proposta è da impiegarsi soprattutto quando non si è in presenza di zone con clima tipicamente mediterraneo ma con climi generalmente più continentali. La formula proposta da De Martonne & Gottmann è la seguente: QUADRO AMBIENTALE Pag. 93 a 128

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푃 푝 +12× (푇 + 10) 푡 퐼푎 = 2 Con: P = precipitazioni medie annue (mm) T = temperatura media annua (°C) p = precipitazioni medie del mese più arido (mm) t = temperatura media del mese più arido (°C)

Nel nostro caso abbiamo un valore pari a 35,31 quindi, secondo le tabelle sotto riportate avremo confermati i dati sopra evidenziati, ossia una Classe Climatica Temperato Umida e una Foresta di duri legnose come Rapporto tra indice e vegetazione.

Classi climatiche secondo De Martonne & Gottmann Umido > 40

Temperato umido 40 ÷ 30

Temperato caldo 30 ÷ 20

Semiarido 20 ÷ 10

Steppa 10 ÷ 5

Deserto < 5

Rapporto tra indice e vegetazione Deserto < 5 Steppa 5 ÷ 10 Prateria 10 ÷ 20 Macchia 20 ÷ 30 Foresta di duri legnose 30 ÷ 45 Foresta di aestlilignosae > 45

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2.3 SUOLO 2.3.1 CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE L’area di intervento, come già accennato nel capitolo dedicato all’inquadramento generale, si allunga sulla porzione sommitale di una piccola dorsale collinare allungata in direzione NNE – SSW dei Comuni dei Comuni di Tolentino e San Severino Marche e si sviluppa ad una quota compresa tra i 390 e i 420 m. slm. Si tratta di un’area facente parte di un versante collinare, che corrisponde alla fascia collinare mediana della Provincia di Macerata. L’area vasta a cui il sito in oggetto appartiene ricalca le caratteristiche sopra descritte, ossia territorio collinare con pendenze massime che arrivano ai 10° - 12°, principalmente con destinazione agricola intermezzata da abitazioni isolate destinate alla residenza non legata alla attività agricola e di attività produttive di tipo artigianale. Le espansioni dei nuclei storici avvengono lungo le direttrici viarie principali di collegamento con sistema filamentoso dando vita a nuclei sommitali allungati e diffusi. Si evidenziano, comunque, che questo tipo di fenomeni sono di natura ridotta nelle medie colline maceratesi, in virtù del moderato sviluppo dei centri secondari sommitali; la presenza prevalente di aree a destinazione agricola mantiene una carattere di naturalità governata (la presenza di agricoltura di tipo intensivo con perdita di naturalità reale) anche se intervallata da elementi costruiti.

2.4 SOTTOSUOLO 2.4.1 CARATTERI GEOLOGICI GENERALI Il substrato presente nel sottosuolo della zona investigata è costituito dai litotipi appartenenti al membro post-evaporitico della sequenza torbiditica denominata Formazione della Laga (età: Messiniano medio-superiore). Tali litotipi di origine marina sono rappresentati dalla ritmica alternanza delle seguenti associazioni di litofacies:

 Associazione pelitico-arenacea Costituita in prevalenza da argille marnoso-siltose e marne argillose di colore grigio- plumbeo, sovra consolidate, con intercalazioni di strati arenacei giallastri, ben cementati.

 Associazione arenaceo-pelitica Costituita da alternanze di argille marnose sovra consolidate di color grigio plumbeo in strati sottili ed, in prevalenza, sabbie e arenarie giallastre in strati da medi a spessi. I litotipi del substrato appena descritti sono ricoperti, soprattutto lungo i fianchi della struttura collinare, da depositi di origine eluviale e colluviale, dovuti rispettivamente all’alterazione fisico-chimica del substrato ed al trasporto dei detriti per ruscellamento. Tali materiali di copertura sono costituiti essenzialmente da limi argilloso-sabbiosi, limi sabbiosi e sabbie limose. Vengono descritte, in riferimento alla campagna d’indagine e sulla base dei dati rinvenuti, le caratteristiche litologiche dei terreni che compongono lo scenario litostratigrafico dell’immediato sottosuolo. UNITÁ DELLA COPERTURA QUADRO AMBIENTALE Pag. 95 a 128

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 Depositi eluvio-colluviali: limi sabbiosi e sabbie limose avana-giallastre con concrezioni carbonatiche nodulari e farinose. UNITÁ DEL SUBSTRATO ALTERATO  Argille siltose avana e grigie stratificate e consistenti, molto fratturate, con sottili livelli sabbiosi ocracei; sabbie avana-giallastre con rari livelli argillosi. UNITÁ DEL SUBSTRATO POCO ALTERATO E INTEGRO  Argille siltoso-marnose sovra consolidate, molto consistenti, stratificate, di colore avana-grigiastro o grigio-plumbeo, con sottili livelli sabbioso- arenacei giallastri; sabbie ed arenarie a diverso grado di cementazione avana-giallastre con rari livelli argillosi grigiastri.

2.4.2 CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE Dal punto di vista geomorfologico, l’area di indagine insiste sulla zona sommitale di una piccola dorsale collinare allungata in direzione NNE – SSW. Nell’insieme la morfologia del sito indica la presenza nell’immediato sottosuolo di isotipi dotati di buoni requisiti tecnici (substrato delle Associazioni arenaceo-pelitica e pelitico-arenacea), pertanto in generale l’area d’indagine può essere considerata stabile. Tuttavia localmente, soprattutto a ridosso delle scarpate che delimitano l’impianto stesso, si possono rinvenire terreni di riporto di cospicuo spessore e dalle scadenti caratteristiche fisicomeccaniche. Una particolarità di questa tipologia di impianto è dovuta al fatto che normalmente vengono utilizzati rilevanti quantitativi di acqua anche all’esterno dei manufatti per scopi igienico-sanitari, oltre ai liquami che naturalmente entrano in gioco nell’attività zootecnica stessa. Pertanto in assenza di adeguati sistemi di impermeabilizzazione e di regimazione di tali fluidi, i terreni presenti nel sottosuolo, localmente composti da elevate percentuali di argilla a contatto prolungato con l’acqua, perdono consistenza e assumono un comportamento plastico. Tali fenomeni possono provocare movimenti gravitativi lungo le scarpate e cedimenti differenziali sulle strutture sovrastanti. Il pendio in esame risulta piuttosto omogeneo e privo di disarticolazioni; esso non presenta elementi morfologici attribuibili a movimenti gravitativi attivi, quiescenti, né potenziali, che possano pregiudicare la stabilità delle opere in progetto, come anche mostrato dal Piano d’Assetto Idrogeologico della Regione Marche (Tav. 2).

2.4.3 GEOTECNICA DEI TERRENI Le caratteristiche geotecniche dei terreni investigati sono state tratte da prove di laboratorio e prove in sito effettuate su terreni del tutto simili a quelli in esame e sono state confrontate con i dati derivanti dalla bibliografia tecnica esistente. Di seguito viene riportato uno schema sintetico e riepilogativo della caratterizzazione fisico-meccanica dei isotipi che costituiscono l’immediato sottosuolo dell’area in oggetto:

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2.4.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE L’esecuzione del presente lavoro ha consentito di stabilire le condizioni geologico- geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche del sito di interesse progettuale. Vengono elencati i principali elementi emersi dall’indagine:

 Il substrato presente nel sottosuolo della zona investigata è costituito dai isotipi appartenenti al membro post-evaporitico della sequenza turbiditica denominata Formazione della Alga;  Il pendio in esame risulta piuttosto omogeneo e privo di disarticolazioni; esso non presenta elementi morfologici attribuibili a movimenti gravitativi attivi, quiescenti, né potenziali, che possano pregiudicare la stabilità delle opere in progetto, come anche mostrato dal Piano d’Assetto Idrogeologico della Regione Marche (Tav. 2).  Il reticolo idrografico lungo i versanti non risulta particolarmente sviluppato. La morfologia del pendio in oggetto fa si che il deflusso delle acque superficiali avvenga senza vie preferenziali di scorrimento e senza creare forme di erosione dovute a ruscellamento diffuso e/o concentrato, né ristagni idrici. Durante l’esecuzione dei sondaggi non è stata rilevata nessuna percolazione idrica;  E’ stato stimato il valore della velocità media di propagazione delle onde di taglio nei primi 30 metri di profondità tramite un’indagine sismica HVSR (All. 4); tale dato, esaminata anche la bibliografia tecnica esistente sui isotipi rinvenuti in loco, risulta pari a circa 388 m/s.

2.5 ACQUA Dal punto di vista idrogeologico, le unità litologiche del substrato e della copertura presentano sia permeabilità primaria, per porosità comunicante, sia permeabilità secondaria, per QUADRO AMBIENTALE Pag. 97 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale fessurazione. Possono essere distinte n. 3 classi di permeabilità, di cui la prima si riferisce all’unità della copertura, le rimanenti, a quelle del substrato: 1. Terreni a permeabilità variabile, generalmente bassa 2. Terreni a permeabilità molto bassa 3. Terreni a permeabilità bassa Nella classe 1 rientrano i depositi colluviali di natura prevalentemente limo-argilloso-sabbiosa. Tali depositi, a causa del notevole contenuto della frazione fine, presentano una permeabilità generalmente bassa; tuttavia in corrispondenza di livelli a maggiore componente sabbiosa si possono verificare delle percolazioni idriche di modesta entità. Nelle classi 2 e 3 rientrano i litotipi appartenenti all’Associazione pelitico-arenacea e quelli riferibili all’Associazione arenaceo-pelitica, materiali che possono essere considerati a permeabilità bassa, anche se in corrispondenza di zone intensamente fratturate, o in concomitanza di litofacies marcatamente arenacee, è possibile che si instauri al loro interno una circolazione ipogea. Durante l’esecuzione dei sondaggi non è stata rilevata nessuna percolazione idrica. Si esclude, pertanto, che l’intervento in progetto possa interferire negativamente con il locale regime idrico profondo. Il reticolo idrografico lungo i versanti non risulta particolarmente sviluppato. La morfologia del pendio in oggetto fa si che il deflusso delle acque superficiali avvenga senza vie preferenziali di scorrimento e senza creare forme di erosione dovute a ruscellamento diffuso e/o concentrato, né ristagni idrici. In merito alle gestione delle acque dell’allevamento si vuole precisare che: - le acque meteoriche sono convogliate, con sistema di canalizzazione dedicato, in dispersione superficiale sul fondo di proprietà; - le deiezioni animali sono inviate, tramite canalizzazione dedicata, ai lagoni di accumulo; - gli scarichi assimilati agli urbani (W.C. spogliatoi) hanno uno scarico in sub-irrigazione; - non sono previsti pozzetti di raccolta del piazzale in quanto quest’ultime non vengono mai in contatto con materiali inquinanti (deiezioni animali hanno un percorso specifico) o con prodotti che possono provocare inquinamento delle matrici ambientali primarie e sono gestite in dispersione superficiale. A questo proposito si evidenzia che il piazzale è realizzato in ghiaia e drena, direttamente, una parte delle acque meteoriche. Pertanto le acque gestite all’interno del sito, se non per problematiche accidentali, non vengono mai in contatto con le matrici ambientali principali.

2.6 VEGETAZIONE E FLORA L’orografia della Provincia di Macerata è caratterizzata dalla presenza degli aspri rilievi dell’Appennino maceratese, i quali, verso oriente, sfumano rapidamente nelle dolci forme delle colline periadriatiche, disposte a delimitare le ampie vallate fluviali che, via via più ampie, raggiungono le coste del Mar Adriatico. QUADRO AMBIENTALE Pag. 98 a 128

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Ad est della dorsale marchigiana si sviluppa il settore collinare della Provincia, caratterizzato da rilievi con quote comprese tra 400 e 600 metri, nelle aree più interne, e tra 200 e 400 m, in quelle prossime alla costa adriatica. Dal punto di vista idrografico, il territorio maceratese ricade quasi interamente ad oriente dello spartiacque Tirreno/Adriatico e quindi tutti i principali corsi d’acqua sfociano in quest’ultimo mare. Fa eccezione la zona posta a sud del Valico di Appennino () e ad ovest del crinale principale dei Monti Sibillini che, attraversata dal tratto iniziale del Fiume Nera, rientra nel bacino idrografico del Tevere e riversa le sue acque nel Mar Tirreno.

Sulla base della Carta dell’ambiente fisico delle Marche (AA.VV., 1991) ed ai fini ecologico- vegetazionali, il territorio della Provincia di Macerata può essere suddiviso nei seguenti complessi geomorfologici, ognuno contraddistinto da peculiari caratteristiche paesaggistiche e biologiche. Nel nostro caso avremo che l’area può essere individuata all’interno dei Substrati pelitico-arenacei. Il substrato geologico è costituito dall’alternanza di strati di arenarie e banchi pelitici, da medi a spessi, che originano morfologie aspre con incisioni vallive molto profonde; i rilievi oltrepassano raramente i 600 m s.l.m. L’unità litologica prevalente è costituita da depositi pelitico-arenacei in strati da medi a spessi (Formazione della Alga: membro post evaporitico), che originano piccole catene collinari d’aspetto relativamente aspro, con profonde incisioni vallive e sommità dei rilievi che, soprattutto nel settore Meridionale della Provincia, presentano cime molto evidenti, talvolta con piccole balze rupestri. L’alternanza di morfologie aspre con zone poco acclivi è all’origine di un paesaggio in cui gli elementi naturali (boschi) e quelli antropici (aree agricole) tendono ad equivalersi, con una leggera prevalenza dei primi nelle aree sommitali ed al piede dei rilievi e dei secondi nella fascia intermedia. L’urbanizzazione è modesta e costituita per lo più da viabilità secondaria, che collega i piccoli centri rurali. L’area vasta, nella quale il complesso ricade, è caratterizzata dalla presenza di coltivi che rappresentano la maggior parte della vegetazione locale. Queste aree sono sempre più contraddistinte da una ritrovata vocazione agricola, soprattutto a margine delle strade di collegamento comunali o di piccoli gruppi abitativi costituenti le frazioni del territorio comunale, tanto da presentare un medio livello di naturalità, elemento che invece ritroviamo nella associazione vegetazionale degli acclivi a margine delle zone non interessate dall’agricoltura. Non vi sono nell’intorno dell’area di studio elementi vegetazionali di rilievo o di particolare importanza floristica; il territorio in oggetto non esprime particolari emergenze in quanto non sono state evidenziate aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) né aree ZPS (Zone di Protezione Speciale); in generale la flora è di tipo nitrofilo ruderale vista la presenza di campi in gran parte coltivati in modo intensivo. Uno studio più articolato, a cui si fa riferimento per la valutazione delle associazioni vegetazionali dell’area è quello che suddivide il territorio partendo dalle fasce Bioclimatiche (estrapolato da “Gli ecosistemi della Provincia di Macerata: caratterizzazione gerarchica” di A. Catorci, R. Gatti, D. Sparvoli in relazione al “Piano Faunistico-Venatorio” redatto dalla Provincia di Macerata). In relazione al Bioclima, il territorio provinciale può essere suddiviso in due Regioni Macroclimatiche (Biondi et alii, 1995): Mediterranea e Temperata. QUADRO AMBIENTALE Pag. 99 a 128

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In riferimento all’area in oggetto, le caratteristiche bioclimatiche del settore provinciale rientrano nella Regione Temperata – Sistema dei Piano Bioclimatico del sistema Basso- Collinare, il quale interessa quote inferiori ai 450-500 m s.l.m. Il sistema è caratterizzato da temperature medie annue di circa 12-14 °C, precipitazioni medie annue comprese tra 700 e 900 mm/anno, aridità estiva presente per un mese (luglio) e stress da freddo invernale molto modesto, tanto che in nessun mese la media delle temperature minime è inferiore a 0 °C.

La durata del periodo vegetativo è di circa 200 giorni. La vegetazione forestale (cerrete, querceti e ostrieti) è caratterizzata da caducifoglie termofile e semimesofile miste con sclerofille sempreverdi. L’area oggetto di studio corrisponde alla variante submediterranea della Regione Temperata (Rivas-Martinez, 2004) e racchiude di fatto l’area di transizione tra la zona mediterranea e quella temperata vera e propria. QUADRO AMBIENTALE Pag. 100 a 128

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Figura 34 - Sistemi di Paesaggio

Figura 35 - Sottosistemi di Paesaggio

Si riporta di seguito una sezione indicativa in cui si evidenzia la composizione schematica della vegetazione relativa al sottosistema dei substrati pelitico arenacei.

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Nel nostro caso, l’allevamento si trova l’intervento si trova in un pianoro sommitale di collina e si estende lungo un versante poco pronunciato; la vegetazione reale presente e a cui si fa riferimento è quella Agro-Ecosistema collinare, con pendici a moderata acclività ricoperte prevalentemente da aree agricole ricche di elementi del paesaggio rurale (siepi, querce camporili ed incolti), alternate a piccoli ma frequenti boschetti di roverella (Quercus pubescens).

SOTTOSISTEMA DEI RILIEVI CON BIOCLIMA BASSO-COLLINARE

UNITÀ AMBIENTALI DEI VERSANTI A MEDIA ACCLIVITÀ (NORD E SUD) Ecosistema forestale delle querco-cerrete termofile

Composizione del Paesaggio Pendici collinari mediamente acclivi ricoperte da boschi a prevalenza di querce (Quercus cerris e Q. Pubescens), frequentemente alternati ad aree agricole. Sono presenti anche numerose piccole aree urbane.

Serie di vegetazione e tendenze dinamiche in atto Bosco: Daphne laureolae-Quercetum cerridis, Mantello: Junipero communis-Phyracanthetum coccineae, QUADRO AMBIENTALE Pag. 102 a 128

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Pascolo: Centaure bracteatae-Brometum erecti e Coronillo minimae-astragaletum monspessulani. Da alcuni decenni è in atto l’abbandono delle aree agricole, ma nel complesso questo paesaggio può considerarsi stabile dal punto di vista dinamico, con una rinaturalizzazione delle aree più acclivi.

Ecosistema prevalente Boschi di cerro (Quercus cerris) e roverella (Quercus pubescens), governati a ceduo matricinato. Alle suddette specie si associano orniello (Fraxinus Ornus), carpino orientale (Carpinu orientalis), acero minore (Acer monspessulanum) e viburno (Viburnum tinus). Il sottobosco arbustivo è ben sviluppato ed anche il livello erbaceo è ben rappresentato e ricco di graminacee.

Aspetti strutturali Strato arboreo (95-100%) - Quercus cerris (60-70%), Acer obtusatum (15-20%), Fraxinus ornus (15- 20%), Quercus pubescens (10-15%), Sorbus domestica (1-5%). Strato arbustivo (50-60%) - Carpinus orientalis (5-10%), Viburnum tinus (5-10%), Cornus sanguinea (5-10%), Hippocrepis emerus ssp. Emeroides (5-10%), Acer campestre (5-10%), Hedera helix (5- 10%), Cratego monogina (5-10%), Colutea arborescens (1-5%), Ruscus aculeatus (0-1%), Strato erbaceo (50-60%) - Brachypodium rupestre (10-15%), Primula vulgaris (10-15%), Carex flacca (5- 10%), Viola alba ssp. denhardtii (5-10%).

Ecotono La fascia ecotonale di mantello è ben strutturata e tende a penetrare all’interno della struttura forestale fondendosi con lo strato arbustivo del bosco; è composta prevalentemente da ginepro rosso (Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus), ginestra (Spartium junceum) e, talvolta, erica (Erica arborea).

Aspetti strutturali Strato arbustivo (80-90%) - Spartium junceum (30-35%), Erica arborea (15-20%), Juniperus oxycedrus (25-30%), Cytisus sessilifolius (10-15%), Lonicera etrusca (10-15%), Hyppocrepis emerus ssp. emeroides (5-10%), Juniperus communis (0-1%). Strato erbaceo (30-35%) - Brachypodium rupestre (10-15%), Carex flacca (15-20%), Bromus erectus (5-10%).

Caratterizzazione trofica Si tratta di un ecosistema con capacità trofiche discrete poiché la produzione di ghianda è abbastanza buona (le cupolifere occupano il 70-80% della volta arborea) ed anche gli strati arbustivo ed erbaceo offrono una certa quantità di foraggio pascolabile.

Produttività invernale pascolabile La produzione di ghianda è stimabile in 0,30 q/ha ± 25%, pari a circa 320 Unità Foraggere (± 25%), di cui il 50% potenzialmente utilizzabile per il pascolo degli erbivori selvatici. La disponibilità di sostanza verde pascolabile nel periodo invernale è di 0,4 q/ha ± 20%; a questa quantità deve essere aggiunta una certa produzione di frutti selvatici (biancospini, sorbi, sanguinella, viburno, fillirea, ecc.).

Vocazione faunistica Buona/molto buona: cinghiale, daino, capriolo e migratori di bosco QUADRO AMBIENTALE Pag. 103 a 128

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Mediocre: lepre e fagiano Scarsa/nulla: starna, pernice, coturnice e migratori delle aree aperte

Il P.T.C. di Macerata, alla tav. ES10 relativa alla Vegetazione Potenziale, evidenzia due tipi di vegetazione potenziale di riferimento per l’area oggetto dell’intervento: la principale risulta essere la “Foresta di Caducifoglie a prevalenza di Roverella (Quecus Pubescens) Quercetalia pubescenti-petreae. In ogni caso, l’Allegato a) del P.T.C. riporta dei “Criteri per gli interventi sulle formazioni vegetazionali.”. Nello specifico si riporta che “Gli interventi sui boschi, di manutenzione e recupero, devono tendere a ripristinare la vegetazione autoctona e in ogni caso a mantenere efficiente l’equilibrio colturale delle formazioni boschive. Nelle diverse formazioni boschive ai fini della protezione e tutela delle formazioni esistenti, dovranno seguirsi i seguenti indirizzi. Nei boschi a dominanza di Quercus pubescens (roverella) su substrato calcareo dovrà essere rallentato o cessato lo sfruttamento forestale. Vanno incentivati interventi di potenziamento del sottobosco da realizzarsi attraverso la messa a dimora di specie arbustive tipiche del sottobosco di roverella. Le specie arboree e arbustive da utilizzare in interventi di recupero o nuovo impianto debbono essere scelte tra quelle appartenenti alla medesima associazione vegetazionale del bosco. Per i nuovi impianti si fa riferimento ai cataloghi di specie arboree e arbustive indicati ai punti precedenti.”

Figura 36 - Estratto della Vegetazione Potenziale: P.T.C. della Provincia di Macerata

L’intervento non prevede interventi significativi dal punto di vista botanico, in quanto si valuta sufficiente la schermatura vegetale posta in essere.

2.7 FAUNA Nell’area in progetto le interazioni tra fauna selvatica e le infrastrutture presenti non rappresentano attualmente una delle maggiori criticità per la gestione della patrimonio faunistico. QUADRO AMBIENTALE Pag. 104 a 128

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Ciò premesso per la fauna locale presente nel sito in esame, si ritiene opportuno indicare che trattasi di fauna selvatica omeoterma; ad essa la comunità nazionale ed internazionale accorda un generale regime di protezione e misure gestionali improntate alla tutela e alla conservazione. Essendo l’area attorniata da zone agricole, la fauna selvatica stanziale potenzialmente presente è da annoverare tra le seguenti varietà: Ordine Insettivori: Riccio (Erinaceus europaeus), Toporagno comune (Sorex araneus), Talpa Comune (Talpa europaea); Ordine Lagomorfi: Lepre comune (Lepus europaea); Ordine Roditori: Istrice (Hystrix cristata); Ordine Carnivori: Volpe (Vulpes vulpes), Tasso (Meles meles), Puzzola (Mustela putorius).

Tra le specie dell’avifauna stanziale e migratoria che potenzialmente si possono ritrovare nell’area in esame si citano: Ordine Falconiformi: Gheppio (Falco tinnunculus), Lodolaio (Falco subbuteo); Ordine Galliformi: Fagiano (Phasianus colchicus), Quaglia (Coturnix coturnix); Ordine Caradriformi: Pavoncella (Vanellus vanellus); Ordine Apodiformi: Rondone (Apus apus); Ordine Coraciformi: Upupa (Upupa apops); Ordine Passeriformi: Allodola (Alauda arvensis), Rondine (Hirundo rustica), Balestruccio (Delicon urbica), Calandro (Anthus campestris), Usignolo (Luscinia megarhynchos), Codirosso (Phoenicurus phoenicurus), Merlo (Turdus merula), Tordo Bottaccio (Turdus Philomelos), Cinciallegra (Parus major), Averla capirossa (Lanius senator), Gazza (Pica pica), QUADRO AMBIENTALE Pag. 105 a 128

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Storno (Sturnus vulgaris), Passera d’Italia (Passer Italie), Verzellino (Serinus serinus).

Tra le specie riportate la maggior parte risulta essere non cacciabile, specificando risultano cacciabili solamente: il fagiano comune, la gazza, la lepre comune, il merlo, la pavoncella, la quaglia, il tordo bottaccio e la volpe mentre le altre risultano protette dalla Regione Marche. In merito a quanto disposto nel Piano Faunistico-Venatorio della Provincia di Macerata adottato con delibera del Consiglio Provinciale con atto n° 31 prot. 19159 del 19/04/2004 l’area ricade nell’Ambito territoriale di Caccia A.T.C. “MC2” e risulta essere al di fuori di Parchi e Riserve Naturali, di Oasi di Protezione, di ZRC, di ZPS, di AFV Aziende Faunistico Venatorie e di Aziende Agri Turistico Venatorie. Poiché l’azienda agricola ha una superficie significativa di terreno utilizzato ai fini colturali, non sono state previste recinzioni. Sono state realizzate le sole recinzioni ai lagoni di accumulo ai fini della sicurezza. L’impianto risulta, comunque, schermato da piantumazioni lineari poste lungo il fosso posto ad est e a nord dell’impianto (quest’ultimo difficilmente raggiungibile come evidenziato nel rilievo). La fauna omeoterma dell’ambiente rurale presente non sarà soggetta ad un sostanziale cambiamento dell’habitat esistente. Si precisa che, vista la presenza trentennale dell’impianto e la condizione a contorno dell’ambiente esistente, l’area ha trovato un suo equilibrio dinamico degli habitat tipici del paesaggio agricolo marchigiano.

2.8 ECOSISTEMI Si definisce ecosistema un sistema individuato da parametri di tipo ecologico: si tratta di un’astrazione che permette di evidenziare i rapporti reticolati che nell’ambiente mettono in relazione la vita e il mezzo che li circonda. L’ecosistema non è un’unità di tipo elementare, ma possiede sempre un certo grado di complessità essendo formato da una pluralità di elementi che interagiscono tra loro; possiede una struttura, ma essendo sede di processi vitali possiede anche una funzione. In condizioni naturali gli ecosistemi sono caratterizzati da uno "stato di equilibrio" sia interno che esterno. Ogni ecosistema ha una propria organizzazione particolare, ovvero un reticolo specifico di azioni e di effetti reciproci. Tutti gli ecosistemi che hanno uno scambio continuo di energia e materia con il loro ambiente sono considerati sistemi aperti. Se questi flussi di energia e di materia che formano e mantengono il sistema rimangono stabili per lunghi periodi, allora si parla di equilibrio di materia, tale per cui viene introdotta nel sistema una quantità di sostanza uguale a quella che viene espulsa, e l'immissione e l'emissione di energia si equilibrano. Le condizioni di un ecosistema risultano mutevoli nel tempo in relazione alla durata dei disturbi esterni. Se i disturbi cessano, il sistema può tornare allo stato normale, a condizione che nell' arco di tempo in cui si è verificato il disturbo non ci sia stato alcun mutamento irreversibile della struttura del sistema, e cioè dei fattori sia abiotici che biologici. QUADRO AMBIENTALE Pag. 106 a 128

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La capacità di tornare allo stato originario è detta capacità di rigenerazione o capacità di autoregolazione (omeostasi) ed è la caratteristica fondamentale degli ecosistemi. La problematica della stabilità degli ecosistemi, o dei sistemi di ecosistemi, è legata alla stabilità delle condizioni abiotiche locali. Tanto più stabile è un luogo, tanto più a lungo e più liberamente può svilupparsi una biocenosi e può formarsi un ecosistema, che poi raggiunge un livello di ordine elevato e duraturo, e di conseguenza una stabilità persistente. Al contrario, quanto più un luogo è instabile e sfavorevole, tanto più grandi sono le sollecitazioni (stress) nei confronti della biocenosi che vi si stabilisce e tanto più basso è il livello d' ordine raggiungibile dall' ecosistema corrispondente. In tali condizioni non ci si può aspettare una stabilità persistente, poiché l'uomo cambia non solo le caratteristiche abiotiche degli spazi, ma anche quelle biotiche, e ciò in maniera sempre più vistosa.

Per l’’individuazione cartografica delle unità ecosistemiche naturali ed antropiche si è fatto riferimento, ai fini dell’individuazione scientifica dell’ecosistema interessato, allo studio redatto dal Dipartimento di Botanica ed Ecologia – UNICAM e dalla Provincia di Macerata Assessorato Caccia e Pesca: Caratterizzazione Ecologico-Strutturale degli Ecosistemi della Provincia di Macerata ai fini Faunistici-Venatori (Catorci A., Gatti R., Sparvoli D.). Dalla visione del suddetto elaborato scientifico e della Carta degli Ecosistemi della Provincia di Macerata ai fini Faunistico-Venatori (Catorci A., Perna P., Sparvoli D., Vitanzi A.) l’area in esame ricade nel sistema dei Substrati Pelitico-Arenacei e con più precisione nel Sottosistema dei Rilievi con Bioclima Basso-Collinare: Agro-ecosistema collinare con buona presenza di querce camporili e siepi, a cui si alternano boscaglie di roverella (Quercus pubescens) e/o carpino nero (Ostrya carpinifolia) e praterie a dominanza di brachipodio (Brachypodium rupestre), frequentemente invase da popolazioni di ginestra (Spartium junceum) oppure sui suoli a maggior contenuto argilloso da densi popolamenti di cannuccia del Reno (Arundo plinii). In alcune località particolarmente acclivi sono presenti modeste aree con fenomeni di erosione concentrata (biancane) ricoperte da una rada vegetazione arbustiva a prevalenza di ginepro rosso (Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus).

SISTEMA DEI SUBSTRATI PELITICO-ARENACEI SOTTOSISTEMA DEI RILIEVI CON BIOCLIMA BASSO-COLLINARE Termotipo: collinare inferiore Ombrotipo: subumido superiore Intervallo altimetrico: 150 – 450 m s.l.m. Morfologia: versanti e sommità dei rilievi subappenninici Vegetazione potenziale prevalente: boschi a prevalenza di cerro, roverella e/o carpino nero (Lauro-Quercenion pubescentis, Ostryo-Carpinion orientalis) L’analisi dei dati su riportati confrontati con il rilievo visivo dell’area ci porta a dire che il sistema agricolo di produzione intensiva ha ridotto i caratteri di eco-sistematicità potenziali. L’ecosistema del sistema agricolo risulta compromesso dallo sfruttamento dello stesso, sebbene si ritrovano ancora quei elementi rurali tradizionali che ne permettevano la conservazione. QUADRO AMBIENTALE Pag. 107 a 128

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Il mantenimento degli elementi di penetrazione dell’ecosistema (composto da aree boscata a dominanza di roverella) nelle arre più scoscese ed a ridosso di compluvi di scolo delle acque piovane, consentono di mantenere un equilibrio dello stato attuale, preservando la funzionalità a livello eco sistemico; il mantenimento degli elementi di connessione tra l’elemento principale e le diramazioni secondarie sono limitate dall’azione antropizzata della pratica agricola moderna che riduce le aree boscate e/o i piccoli sistemi di naturalità. Si può affermare che, sebbene l’agricoltura ha ristretto notevolmente la fascia vegetata, possiamo ritrovare una completezza ecosistemica sufficiente con la presenza di aree di transizione che mitigano il passaggio dall’ecosistema collinare a quello agricolo. La presenza dell’impianto non pregiudica questi aspetti in quanto tra l’area di intervento e le aree non sfruttabili a fini agricoli che hanno trovato una loro naturalità, sono stati mantenuti dei tratti di congiunzione che non entrano in relazione con l’impianto vero e proprio in quanto completamente recintato; si porrà particolare attenzione alla gestione dei laghi di accumulo per eliminare le interferenze che si potrebbero creare.

2.9 PAESAGGIO Il paesaggio, inteso come “aspetto” dell’ecosistema e del territorio, è rappresentato dagli aspetti percepibili sensorialmente del mondo fisico che ci circonda, arricchito dei valori che su di esso proiettano i vari soggetti che lo percepiscono; in tal senso si può considerare formato da un complesso di elementi compositivi, gli elementi antropici e ambientali, e dalle relazioni che lo legano. Per la valutazione della qualità, della vulnerabilità e della tendenza evolutiva di questa componente ambientale, si dovranno tenere in considerazione il patrimonio culturale antropico e ambientale, il percorso evolutivo dei processi in atto, l’attuale stato di conservazione o degrado. Al fine di una corretta interpretazione di questa componente, sarà necessario valutare dei fattori di impatto specifici, identificabili negli interventi di trasformazione del territorio che possono portare un significativo impatto visivo sulla percezione del paesaggio (elettrodotti, strutture stradali e ferroviarie, etc.) o quegli interventi che possono comportare la trasformazione degli elementi caratteristici dell’ambiente. Il paesaggio che si riscontra nella media collina marchigiana è composto da centri storici compatti e murati di sommità con forma regolare e a ridotte espansioni residenziali di crinale recenti, dal prevalente sviluppo lineare e in continuità con il centro, realizzatesi soprattutto negli ultimi tre decenni e formate in prevalenza da case isolate su lotto, palazzine e case in linea su fronte strada. L’area oggetto di intervento risulta decentrata rispetto alla posizione dominante dei centri di Tolentino e San Severino Marche ed il sistema di paesaggio che si riscontra è tipicamente rurale, sebbene la meccanizzazione agricola abbia fatto perdere connotati di storicità. Sono presenti piccoli raggruppamenti residenziali, costituenti nuclei o frazioni, di sommità, crinale, valle stretta o più raramente di versante, spesso organizzati a sistema lungo strade minori o strade di connessione alla viabilità principale. Costituiscono la testimonianza di una “dispersione” insediativa storica, rispondente a strutturazioni del territorio la cui funzionalità è da tempo in fase di declino. Il sistema paesaggio può essere considerato di tipo naturale in quanto, non solo l’intervento va ad insediarsi in una area agricola ma, in un ambito di area vasta, è preponderante la QUADRO AMBIENTALE Pag. 108 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale superficie agricola rispetto a quella costruita. La naturalità dell’area risulta, però, compromessa dalla presenza di piccole attività di tipo artigianale lungo la viabilità e dallo sviluppo di una agricoltura di tipo intensivo, quindi parzialmente antropica, che riduce i caratteri di naturalità. Le attività di tipo agricolo prevedono colture prevalentemente di tipo intensivo e costituite da cereali in rotazione con erbai ad erba medica: colture erbacee annuali (cerealicoltura) o pluriannuali (foraggicoltura). Lo sfondo dell’area risulta delimitato da colline dal profilo arrotondato, i centri storici costruiti sui crinali, prevalentemente ancora fortificati da recinti murari in laterizio, intervallati da vaste aree agricole, che in ampie zone dell’entroterra conservano ancora inalterati i caratteri rurali, propri della tradizione contadina marchigiana e che creano uno sfondo di naturalità.

L’impianto crea un impatto visivo minimo sulla percezione del paesaggio; in parte perché l’area occupata dall’edificato risulta minimo rispetto alla superficie complessiva dell’impianto ed, inoltre, perché sono presenti schermature verdi, sia lungo il perimetro che fra i capannoni. Non si prevedono sistemi mitigazione consistenti nella schermatura verde in quanto si valuta sufficiente quello presente. Al fine di confermare quanto sopra valutato, si allega cartografia in cui è riportata un estratto da Google Earth con indicata, in colore verde, l’area di Visibilità. La funzione Aree di Visibilità genera una vista in tutte le direzioni intorno al segnaposto anziché limitare la vista a un'angolazione specifica. L'area visibile viene messa in evidenza in verde. In altre parole, la funzione Aree di visibilità mette in evidenza tutti gli elementi presenti nella tua linea dello sguardo dalla posizione del segnaposto. Se la vista è ostruita da edifici, alberi o montagne, la funzione Aree di visibilità visualizza un'ombra dietro gli elementi. Se cambi l'elevazione del segnaposto cambiano i risultati della funzione Aree di visibilità. In genere, per elevazioni maggiori vengono visualizzate aree visibili più ampie. La mappa è stata redatta sulla base di un modello digitale del territorio e valuta tutti i punti che hanno una quota maggiore a quella dell’impianto. Pertanto, questa mappa è definibile "teorica"; infatti considera solo l’orografia del territorio per la valutazione dell’intervisibilità tra due punti. Dall’analisi viene esclusa qualsiasi altra ostruzione visiva (presenza di vegetazione, edificato o altri elementi) lungo il raggio congiungente i due punti. Per questo motivo sono stati fatti dei sopralluoghi da cui sono state scattate immagini verso il sito da recettori sensibili. Dalle immagini allegate si evidenzia che il sito risulta poco visibile e l’immagine che se ne trae e simile a quella delle colline agricole marchigiane, con campi lavorati e una parcellizazione diffusa della proprietà; in questi casi, spesso in area agricola si individuano destinazioni puramente residenziali con ville circondate da parchi di origine ornamentale e non autoctona.

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2.10 PATRIMONIO CULTURALE Obbiettivo dell’analisi di tale componente è l’individuazione e la caratterizzazione degli aspetti demografici, territoriali, economici, sociali e le loro tendenze evolutive. Da questo si deducono le condizioni di benessere e della salute delle persone soprattutto in relazione agli impatti esercitati dal progetto in esame. L’area, con destinazione agricola, è situata ad una distanza di circa 2 km dall’espansione residenziale ovest del del Comune di Tolentino e dalla Zona Industriale delle Grazie, poste rispettivamente ad est ed a sud est del sito. Sono presenti, nelle immediate vicinanze, alcune unità abitative, elementi isolati tipici della realtà della provincia maceratese (proprietà residenziale parcellizzata e diffusa sul territorio) posta ad una distanza, rispettivamente, di m. 300, m. 330, m. 450 e m. 500. In relazione all’aspetto socio-sanitario, che valuta le condizioni di esposizione della comunità in relazione ai potenziali fattori di rischio per la salute, vige lo stesso discorso appena fatto e cioè che le distanze non consentono eventuali interferenze tra fattori di rischio e popolazione residente. Riassumendo possiamo dire che per quanto riguarda gli effetti dell’intervento nel contesto socio-economico attuale, esso non produrrà: modificazioni di struttura o ridistribuzione territoriale della popolazione in quanto non presente vista la vocazionalità dell’area, effetti di "immigrazione" a seguito della creazione di nuovi posti di lavoro.

L'intervento, per quanto riguarda la qualità della salute umana, non produrrà:

 modificazioni ambientali irreversibili;  eccessivo aumento della rumorosità nei centri abitati;  danni alla salute umana;  sostanziali modificazioni d'uso del suolo;  peggioramento qualitativo e quantitativo dell'offerta dei servizi essenziali alla popolazione.

2.11 RUMORE La relazione di Valutazione Previsionale di Impatto acustico è redatta secondo quanto previsto al punto 5.3.1, dell’allegato A, della Deliberazione della G.R. Marche n. 896 AM/TAM del 24/06/2003 (Criteri e linee guida) ed in conformità con quanto indicato nel Regolamento Tecnico di Attuazione allegato al piano di classificazione acustica Comunale. Si fa riferimento alla Relazione Tecnica della Valutazione di Impatto Acustico Previsionale redatta e sottoscritto dal Tecnico Competente in Acustica Ambientale.

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2.12 VIBRAZIONI L’impianto non produce vibrazioni, i nuovi macchinari di cui la ditta si doterà saranno conformi alle vigenti normative, pertanto non incidono con la emissione di vibrazioni e queste possono, ragionevolmente, essere considerate assenti nell’area di studio.

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3 Analisi Degli Impatti

3.1 IMPATTO SULL’ARIA Le emissioni dell’allevamento di scrofe, posto in aperta campagna, possono essere schematizzate come segue:

 Emissioni diffuse costituite dal sistema di ventilazione meccanica dei capannoni (ventilatori posti sulla parete perimetrale del capannone nel caso di due dei quattro capannoni esistenti);  Emissioni diffuse costituite dal sistema di ventilazione naturale dei capannoni (cupolino lineare di ventilazione naturale posto sul colmo di due capannoni esistenti e di quello in progetto);  Emissioni diffuse proveniente dagli stoccaggi all’aperto delle lettiere rimosse: tali emissioni nel caso specifico non vengono prese in considerazione in quanto non sono previsti stoccaggi di materiale di risulta e le lettiere, una volta rimosse, vengono immediatamente avviate a riutilizzo/smaltimento mediante ditte autorizzate;  Emissioni convogliate costituite dall’impianto di disaerazione dei silos di stoccaggio del mangime durante la fase di carico degli stessi: tali emissioni sono da ritenere assolutamente trascurabili ai fini della presente valutazione di impatto in quanto il mangime è in forma cubettata non pulverulenta (tipicamente il carico dei silos ha una durata di circa 1 h a settimana);  Emissioni provenienti dai mezzi in ingresso ed uscita dall’insediamento: tali emissioni nel caso specifico non vengono prese in considerazione in quanto l’allevamento oggetto della presente valutazione non determina un incremento significativo dei flussi di traffico in ingresso ed uscita dall’allevamento (in ingresso una autocisterna per il mangime una volta a settimana, 1 autocarro (per il trasporto dei suinetti al termine del ciclo di riproduzione (6888 suinetti per 10 cicli annui). Relativamente alle emissioni diffuse costituite dal sistema di ventilazione dei capannoni, gli inquinanti emessi sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti: (cfr. Documento ARPA Piemonte – Dipartimento Provinciale di Cuneo “Emissioni inquinanti provenienti da allevamenti animali in provincia di Cuneo. Studio dei diversi contributi alle emissioni gassose. Cuneo, 17 maggio 2013 Prot. 45167/SC10”)

Ammoniaca (NH3);

Protossido di azoto (N2O);

Metano (CH4). Sulla base di quanto riportato nella relazione tecnica di progetto il numero massimo di capi presenti per ogni singolo reparto (cfr. tav. 01) è riportato nella tabella che segue.

La produzione degli inquinanti sopra indicati è sostanzialmente correlabile al numero di capi in allevamento. Sulla base dei dati riportati nello studio sopra citato condotto da ARPA Dipartimento Provinciale di Cuneo, si possono assumere i seguenti indici di produzione e quantità totale in emissione degli inquinanti:

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Il funzionamento dei ventilatori di estrazione è asservito ad un sistema di termoregolazione che consente di mantenere all’interno del capannone le condizioni termo igrometriche ideali per la stabulazione degli animali. Pertanto in base ai valori termo igrometrici presenti all’interno del capannone il sistema di controllo comanda il funzionamento dei ventilatori per un tempo tale da mantenere le condizioni nominali previste. Tenendo presente che i capannoni non sono riscaldati il funzionamento degli stessi risulterà minimo nel periodo invernale (circa 10% del tempo) e massimo in quello estivo circa 80% del tempo); su base annua si può cautelativamente ipotizzare che i ventilatori siano attivi per il 50% del tempo. Tutti gli altri capannoni esistenti ed il capannone in progetto sono concepiti con ricambio d’aria naturale (cupolino lineare di ventilazione naturale posto sul colmo del capannone). Al fine di determinare la portata in emissione dei capannoni con sistema di ricambio naturale, si ritiene cautelativo adottare le seguenti ipotesi: Prendendo a riferimento il reparto numero 5, dotato di sistema di ventilazione meccanica e dimensionato per ospitare 224 scrofe si può calcolare, assumendo un funzionamento medio annuo dei ventilatori pari al 50% del tempo, una portata di ventilazione media per capo pari a 60 mc/ora; Applicando tale valore medio di portata al numero di capi stabulati in ciascuno dei reparti, si ottiene la seguente configurazione emissiva di progetto.

Giova evidenziare che la metodologia adottata sovrastima le portate in emissione dei reparti con ventilazione naturale ed in questo senso è da ritenere cautelativa per l’impatto complessivo dell’allevamento.

3.1.1 INQUINANTI E LIMITI DI QUALITÀ DELL’ARIA AI RECETTORI Lo studio della qualità dell’aria è stata approcciato in modo diverso per gli inquinanti per il quali esiste un limite di legge di qualità dell’aria, nel caso specifico le PM10 e le PM2,5, e per gli inquinanti che non hanno limiti di riferimento, costituiti da NH3, CH4 e N2O.

Per le PM10 sono stati presi in considerazione i limiti di qualità dell’aria applicabili, e precisamente.

Per l’ammonica NH3 per la quale non esistono limiti di legge ma che è caratterizzata da una componente odorigene significativa, sono stati presi in considerazione i valori della relativa soglia di percettibilità (100%OT – Odour Threshold – concentrazione minima percepibile dal 100% della popolazione) e il limite per l’esposizione professionale dei lavoratori (TLV-TWA ACGIH).

Per il protossido di azoto N2O che non è caratterizzato da una componente odorigene significativa, viene preso in considerazione solo il valore limite di esposizione professionale TLV-TWA. AnalisiDegli Impatti Pag. 113 a 128

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Nella tabella che segue sono riportati i pertinenti valori di soglia.

La diffusione del metano non è stata affrontata in quanto il metano è un gas più leggero dell’aria (peso molecolare 16 contro 28.8) e quindi è caratterizzato da una significativa spinta di galleggiamento che ne determina la rapida dispersione in quota. L’utilizzo di modelli di dispersione passiva, applicabili a gas con spinta di galleggiamento neutra o sostanzialmente neutra, risulterebbe pertanto non aderente al modello reale di dispersione dello stesso.

3.1.2 CARATTERIZZAZIONE METEOROLOGICA DELL’AREA ED ELABORAZIONE DEI DATI METEO Per la caratterizzazione meteoclimatica dell’area, in assenza di stazioni di misura limitrofe all’area oggetto di studio, sono stati adottati i dati meteorologici orari della stazione dell’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata – stazione Tolentino – Cermis (Lato. 43° 13', Long. 13° 23'; quota 183 m slam) e per quanto riguarda la radiazione globale la stazione dell’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata – stazione sede, ritenuti significativi per l’area in esame. Regime dei venti Nel grafico seguente è riportata la rosa dei venti dalla quale si evince che le direzioni prevalenti del vento sono concentrate principalmente nel quadrante sud/sud-ovest e che la velocità media del vento risulta pari a 3.36 m/s. Classi di stabilità atmosferica Dall’analisi dei dati meteorologici è possibile stabilire, per l’area in esame, la distribuzione di frequenza annuale e stagionale delle classi di stabilità, riportata nel grafico 2. Dal grafico si evince che la classe di stabilità atmosferica più frequente su base annuale è la D (atmosfera mediamente stabile) con il 25% delle osservazioni; le classi instabili (A, B, C) rappresentano complessivamente il 31.2% delle osservazioni mentre quelle stabili (E, F) rappresentano il 43.7% delle osservazioni.

3.1.3 IL MODELLO PREVISIONALE ISC-AERMODVIEW Al fine di valutare l’impatto atmosferico indotto dall’attività oggetto di studio è stato utilizzato il modello di calcolo previsionale ISC-AERMOD View che consente di stimare la concentrazione degli inquinanti analizzati in corrispondenza dei recettori potenzialmente più esposti. Il modello ISC-AERMOD View è un modello gaussiano stazionario che può tenere conto di un’ampia tipologia di sorgenti (simulabili come sorgenti puntuali, areali, lineari, volumetriche). Con tale modello è possibile simulare il trasporto di inquinanti sia su breve che su larga scala, tenendo conto delle specifiche fenomenologie di ricaduta applicabili. ISC-AERMOD View interfaccia tre differenti modelli U.S. EPA (Unite States Environmental Protection Agency): AnalisiDegli Impatti Pag. 114 a 128

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1. ISCST3 (Industrial Source Compex-Short Term): è un modello di dispersione gaussiano utilizzato per calcolare I valori di concentrazione degli inquinanti prodotti da una vasta gamma di sorgenti sui recettori scelti per lo studio; 2. AERMOD: è un modello che include tre algoritmi: AERMOD (AERMIC dispersion model), AERMAP (AERMOD Terrain Preprocessor) e AERMET (AERMOD Meterorological Preprocessor). AERMOD è un modello dì dispersione degli inquinanti molto completo che ben si presta a descrivere orografie complesse (Complex terrain Dispersion Model-Plus - CTDMPLUS), considerando i gradienti verticali della velocità del vento ed i moti convettivi dell'aria dovuti alle irregolarità della superficie. AERMET è l'algoritmo di calcolo che considera gli aspetti meteoclimatici, quali direzione e velocità del vento, umidità relativa, pressione e temperatura, e altri aspetti connessi a quelli meteorologici quali classi di stabilità atmosferica e altezza dello strato di rimescolamento; tale algoritmo produce le distribuzioni di frequenza ed i profili verticali di alcuni parametri. AERMAP è l'algoritmo di calcolo che consente la rappresentazione del terreno in curve di livello, includendo tutti i parametri caratteristici del terreno aventi influenza sulla dispersione degli inquinanti al suolo. 3. ISC-PRIME (INDUSTRIAL SOURCE COMPLEX-PLUME RISE MODEL ENHANCEMENTS): è un modello di dispersione simile all'ISCST3 ma che consente di tener conto degli effetti indotti dalla presenza di edifici in vicinanza della sorgente dì emissione. L’utilizzo del modello previsionale ISC-AERMOD View, prevede la fornitura di una estesa serie di dati ed in particolare: 1. caratteristiche morfologiche del territorio; 2. caratteristiche della sorgente di emissione: altezza della sorgente, quota altimetrica, fattori di emissione degli inquinanti; 3. caratteristiche meteorologiche dell’area: direzione e velocità del vento, temperatura, umidità relativa, pressione, radiazione solare, copertura nuvolosa utilizzate per determinare le classi di stabilità atmosferica e l’altezza dello strato di mescolamento.

3.1.4 IDENTIFICAZIONE DEI RECETTORI INTERESSATI L’indagine è stata effettuata sull’intera area in oggetto considerando sia un sistema cartesiano di recettori posizionati su una griglia 50x50 m di dimensione complessiva 1900x1900 m, ad una altezza di 1.8 m sul livello del terreno, sia una serie di recettori sensibili posti in corrispondenza degli edifici ad uso residenziale presenti in prossimità dell’area la cui collocazione geografica è riportata nella Tav. 1.

3.1.5 VALUTAZIONE PREVISIONALE DI CONCENTRAZIONE DI INQUINANTI AI RECETTORI E ANALISI DEI RISULTATI Al fine di evidenziare il contributo dell’intervento in progetto, è stata effettuata la simulazione per la condizione post-operam, adottando la configurazione emissiva descritta al paragrafo 2 Nel seguito sono pertanto riportati:

- nelle tabelle 9–10 relative agli inquinanti NH3 ed N2O, il valore massimo orario di concentrazione stimato dal modello ed il confronto con il corrispondente limite TLV-TWA. Poiché detto valore massimo orario rappresenta il caso peggiore nell’arco dell’intero anno solare, il confronto dello stesso con il pertinente limite è da ritenere assolutamente cautelativo. AnalisiDegli Impatti Pag. 115 a 128

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Dall’esame dei dati si evince che:

 in tutti i recettori sono rispettati i limiti previsti per gli inquinanti NH3 e N2O;

 per quanto riguarda l’inquinante NH3 l’incremento del valore massimo giornaliero è inferiore all’1% del limite preso a riferimento mentre relativamente al N2O l’incremento del valore massimo calcolato rispetto al valore limite è pressoché nullo.

3.1.6 EMISSIONI ODORIGENE PRODOTTE DALL’ALLEVAMENTO E VALUTAZIONE AI RECETTORI Come precedentemente accennato le emissioni odorigene dell’allevamento sono sostanzialmente originate dalle emissione dell’inquinante ammoniaca NH3. L’impatto odorigene viene misurato a partire dai dati di concentrazione di odore espressa in unità odorimetri che o olfattometri che al metro cubo (o E /m3) che rappresentano il numero di diluizioni necessarie affinché il 50% degli esaminatori non avverta più l’odore del campione analizzato (UNI EN 13725:2004). In particolare in presenza di una concentrazione di:

 1 OU E /m3 il 50% delle popolazione percepisce l’odore;  OU E /m3 l’85% delle popolazione percepisce l’odore;  OU E /m3 il 90-95% delle popolazione percepisce l’odore. La normativa nazionale non fissa valori limite di qualità dell’aria in termini di unità odorimetri che. Diverse normative regionali, in particolare la D.G.R. 15 febbraio 2012 - n. IX/3018 – Regione Lombardia e la D.G.R. 1496/2011 – Regione Emilia Romagna, fissano una serie di criteri e linee guida finalizzate al rilascio delle autorizzazioni di impianti a rilevante impatto odorigene. Nell’ambito della normativa europea, la Germania ha stabilito un proprio standard (GIRL) in base al quale la installazione di una attività ad impatto odorigene in aree residenziali risulta accettabile se nell’arco dell’anno la percentuale di ore nelle quali l’odore è chiaramente percepito risulta inferiore al 10% (viene contabilizzata un ora di percezione se l’odore viene chiaramente percepito per almeno 6 minuti nell’ora).

La norma tedesca non specifica il livello in unità odorimetri che corrispondente alla definizione di “chiaramente percepito”. Sulla base di quanto sopra descritto in termini di valori odorimetri ci e percezione, in questa sede si assume cautelativamente il valore di 1 OU E /m3 (corrispondente al valore 50%OT) Relativamente all’inquinante NH 3 dalla letteratura si evince la seguente corrispondenza: Concentrazione di 39850 g/m3 = 100%OT Non disponendo di ulteriore fonte per stabilire la concentrazione corrispondente a 50%OT, si assume cautelativamente la seguente corrispondenza: Concentrazione di 19900 g/m3 = 50%OT AnalisiDegli Impatti Pag. 116 a 128

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Tale assunzione è cautelativa in quanto la variazione della intensità di odore con la concentrazione ha un andamento non lineare del tipo mostrato nella figura che segue, che dimostra come l’approssimazione lineare risulti costantemente conservativa (curva reale sempre superiore alla retta 45°).

Sulla base di questa ipotesi nella tabella 11 seguente vengono riportati per l’inquinante NH 3: - il valore della concentrazione massima oraria determinato dal modello previsionale, la percentuale di ore nell’arco dell’anno di eventuale superamento della soglia di 1 OU E /m3 (corrispondente al valore 50%OT) ed il relativo giudizio di accettabilità basato sul criterio sopra esposto.

Sulla base di quanto esposto ai precedenti paragrafi si può concludere che l’impatto atmosferico prodotto dalla gestione dell’allevamento suinicolo (scrofaia) sito in C.da Rosciano, Snc – comune di Tolentino (MC) di proprietà della “Colli di Tolentino Azienda Agricola s.r.l.”, nella configurazione di progetto descritta, è da ritenersi accettabile in quanto la concentrazione degli inquinanti in aria in corrispondenza dei recettori rientra nei limiti fissati dalla normativa vigente.

Alla luce dei dati riportati e delle elaborazioni fatte nei capitoli precedenti si può affermare che l’allevamento esistente non presenta problemi con il contesto ambientale ed antropico circostante. Il sistema Vacuum, già presente con il sistema a raschiatore, che verrà attuato nel nuovo capannone rappresenta senza dubbio il principale elemento di abbattimento delle emissioni in fase di stabulazione degli animali. La presenza del separatore delle deiezioni animali comporta una ulteriore riduzione delle emissioni di azoto ammoniacale che compensa le emissioni di ammoniaca in fase di stabulazione. Infine si segnala un rafforzamento della vegetazione naturale nell’intorno delle infrastrutture che contribuirà a ridurre la diffusione degli inquinanti.

3.2 IMPATTO SULL’ACQUA Il progetto ha valutato gli aspetti relativi agli impatti che si possono produrre in ambiente idrico, mettendo particolare attenzione a tutti gli elementi liquidi che sono presenti all’interno del progetto, in particolare allo stoccaggio delle deiezioni animali che non devono assolutamente andare in circolazione nelle matrici ambientali (terreni e falde acquifere) e al sistema di gestione di eventuali sversamenti accidentali che si possono creare nello stoccaggio all’interno dei lagoni. L’attenzione da porre alla regimentazione delle acque superficiali risulta non significativa in quanto l’allevamento non gestisce, oltre alle deiezioni, materiali pericolosi. Tutte le acque sono gestite secondo i quanto previsto dalla normativa e saranno messi in opera tutti quei sistemi di controllo e monitoraggio a protezione delle falde acquifere del sottosuolo e dei fossi limitrofi; AnalisiDegli Impatti Pag. 117 a 128

Società Agricola COLLI di TOLENTINO – Studio di Impatto Ambientale in particolare verranno effettuati monitoraggi mensili (che saranno riportati nel sistema di gestione) sul livello di riempimento dei laghi dalle deiezioni, monitoraggi annuali sulle acque dei piezometri.

L’impatto risulta, nel complesso, positivo in quanto è previsto per un lungo periodo (è quindi rilevabile come potenzialità futura di impatto) anche se l’intervento è temporaneo, reversibile e interessa la micro-scala. Sono infine da escludere gli impatti derivanti sia da percolazioni nel tempo di sostanze inquinanti nel suolo e della loro diffusione, che dell’alterazione della qualità delle acque, siano esse superficiali che profonde; infatti, il sistema di attenzione posto alle stesse, precedentemente descritto, e il controllo realizzato sulle matrici ambientali da parte dell’azienda sono il migliore sistema attuabile per annullare ogni eventuale rischio. Da questo deriva il rischio nullo per gli impatti indotti sulla salute umana dalla presenza di inquinanti sui corpi idrici superficiali e/o profondi.

3.3 IMPATTO SUL SUOLO E SOTTOSUOLO Dall'indagine eseguita si evince che il territorio oggetto d’indagine risulta risulta piuttosto omogeneo e privo di disarticolazioni; esso non presenta elementi morfologici attribuibili a movimenti gravitativi attivi, quiescenti, né potenziali, che possano pregiudicare la stabilità delle opere esistenti o di quelle in progetto, come anche mostrato dal Piano d’Assetto Idrogeologico della Regione Marche (Tav. 2). La matrice ambientale “terra” presente nel progetto risulta allo stato naturale nelle zone non interessate attualmente da strutture e può essere coinvolta nelle opere utilizzando sempre il principio di cautela sia in termini di riporti che di sbancamenti. Lievi modificazioni non comportano comunque alterazioni apprezzabili delle condizioni idrogeologiche della zona. Il reticolo idrografico lungo i versanti non risulta particolarmente sviluppato. La morfologia del pendio in oggetto fa si che il deflusso delle acque superficiali avvenga senza vie preferenziali di scorrimento e senza creare forme di erosione dovute a ruscellamento diffuso e/o concentrato, né ristagni idrici. Durante l’esecuzione dei sondaggi non è stata rilevata nessuna percolazione idrica. Ricordiamo che le azioni potenzialmente più pericolose nell’attività sono il contenimento dei reflui in lagoni di accumulo e le operazioni di spandimento agronomico degli stessi; nelle procedure di gestione del centro verrà previsto un controllo sistematico dello stato conservativo dei laghi e del livello di riempimento degli stessi al fine di eliminare le possibilità di casuali sversamenti. Infine, nelle operazioni di spandimento dei liquami, verranno rispettati i parametri previsti dalla normativa vigente. L’impianto non prevede emissioni di sostanze inquinanti in falda, pertanto le stesse non saranno alterate. L’impatto risulta, nel complesso, leggermente positivo in quanto è previsto per un lungo periodo (è quindi rilevabile come potenzialità futura di impatto) e perché l’intervento è fisso, non reversibile sebbene interessa la micro-scala.

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3.4 IMPATTO SULLA VEGETAZIONE E FLORA L’area non presenta elementi vegetazionali significativi, infatti non sono state evidenziate aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e né aree ZPS (Zone di Protezione Speciale), pertanto non sono evidenziati impatti relativi a specie vegetali rare e con flora di pregio. Non si evidenziano impatti causati direttamente alla vegetazione, come il diradamento in quanto le scelte progettuali prevedono il mantenimento della situazione attuale e, nel caso delle sistemazioni dopo la realizzazione del nuovo capannone, la messa a dimora di essenze che siano coerenti con l’ambiente vegetale presente; questo significa che gli interventi si muovono nella direzione del rinfoltimento e non del diradamento. Si prevede, inoltre, la pulizie da specie infestanti quali la Robinia pseudoacacia (robinia) e l’Ailantus altissima (ailanto). Abbiamo sopra evidenziato che l’intervento non prevede interventi significativi dal punto di vista botanico lungo il perimetro aziendale, in quanto si valuta sufficiente la schermatura vegetale posta in essere; sono valutati non necessari interventi di ricucitura territoriale. Sono da porre sotto controllo, in quanto direttamente legati a questi fattori, gli impatti relativi alle emissioni in atmosfera e gli scarichi idrici. Relativamente ai primi (emissioni in atmosfera) la presenza uso di schermature vegetali sempreverdi riducono la dispersione nell’ambiente circostante di inquinanti svolgendo funzione di frangivento, mentre in relazione ai secondi si mette in atto un controllo sistematico delle condizioni del livello e della tenuta degli stessi, nonché operazioni di pulizia da specie infestanti per avere immediata evidenza di problematiche che si possono innescare. Relativamente alla possibilità di bioaccumulo nella vegetazione di sostanze pericolose si evidenzia, ancora una volta, che tutte la ditta non emette inquinanti tali che si possano innescare questo tipo di problematiche. L’impatto risulta negativo (incremento di una risorsa rara e strategica nei confronti di altre componenti ambientali) ed è previsto per un lungo periodo con la possibilità di divenire permanente e irreversibile.

3.5 IMPATTO SULLA FAUNA Il mantenimento delle presenze vegetali esistenti lungo il perimetro dell’impianto, il mantenimento della fascia verde di rispetto e della vegetazione presente, cercano di favorire la naturale percorribilità e il movimento delle specie locali; queste danno un significativo aiuto in termini di fruibilità faunistica dell’elemento vegetazionale Di contro, la presenza di un’attività, seppur poco impattante, all’interno dell’area sono elementi impattanti per la fauna in relazione alla valutazione del rumore. L’impatto risulta leggermente positivo in quanto è previsto per un lungo periodo sebbene, visto che l’impianto risulta presente da un trentennio, la fauna stanziale presente si è abituata alla presenza dell’attività in oggetto.

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3.6 IMPATTO SUL PAESAGGIO Il paesaggio, inteso come aspetto dell’ecosistema e del territorio o come ciò che viene percepito dell’insieme degli elementi che costituiscono l’ambiente, è rappresentato come sistema di tutte le componenti ambientali in cui abbiamo scomposto l’ambiente, a cui si sommano gli aspetti del patrimonio culturale ed antropico, le analisi dei processi evolutivi e delle trasformazioni in atto; lo stato di conservazioni e di degrado permettono la caratterizzazione di questa componente ambientale. In particolare la caratterizzazione di tale componente dovrà riguardare gli aspetti relativi al patrimonio culturale naturale, ossia l’insieme di tutti quei elementi geomorfologici e naturalistici rilevanti per la funzione ecologica o ricreazionale, per interesse scientifico o didattico, per valore scenico o economico, per capacità di identificazione del luogo; al patrimonio culturale antropico inteso come l’insieme degli elementi di interesse monumentale, artistico, tradizionale, storico, archeologico; ed infine alla qualità ambientale di paesaggio inteso come rilevanza per il valore intrinseco delle componenti o dei caratteri compositivi, qualità visiva, rarità, tipicità, valore storico, artistico, letterario, importanza come risorsa economica e sociale, fruizione turistica tradizionale, etc. Nel nostro caso, sebbene l’intero complesso sia collocato sulla porzione sommitale di una piccola dorsale collinare allungata in direzione NNE – SSW, non vi sono emergenze botanico vegetazionali di eccezionale valore e gli ingombri fisici comportano un impatto visivo minimo come evidenziato dalla documentazione relativa all’impatto visivo allegata. Risultano maggiormente visibili i due lagoni di raccolta dei reflui, sebbene solo da un punto di vista (vedi tavola allegata). Nell’ambito della sostenibilità paesaggistica, i maggiori rischi per i caratteri del paesaggio, nel contesto interessato dal nuovo impianto, sono essenzialmente la possibilità di una interruzione percettiva del paesaggio. L’impatto risulta leggermente positivo in quanto è previsto per un lungo periodo sebbene i volumi fisici di ingombro siano già presenti, per la maggior parte, sin d’ora.

3.7 IMPATTO SUGLI ECOSISTEMI In relazione agli impatti derivanti dal progetto sugli elementi ecosistemici ricordiamo che, sebbene nel corso del tempo si siano ridotti i caratteri di ecosistemicità determinati dalla gestione agricola sempre più intensiva, possiamo ritrovare una completezza ecosistemica sufficiente con la presenza di aree di transizione che mitigano il passaggio dall’ecosistema fluviale a quello agricolo. In virtù di quanto esplicitato e in relazione agli accorgimenti messi in atto dal progetto, non si evidenziano alterazioni della qualità ambientale totale, sia come funzionalità che come equilibrio ecologico sebbene sia ridotto il livello di naturalità e biodiversità dell’eco sistema. Non si evidenziano, quindi, alterazioni dei flussi migratori lungo i corridoi ecologici o variazioni delle unità ecosistemiche, siano esse di tipo floristico che di tipo faunistico. L’impatto risulta leggermente positivo in quanto è previsto per un lungo periodo sebbene interessa la micro-scala.

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3.8 IMPATTO SUL PATRIMONIO STORICO-CULTURALE Obbiettivo dell’analisi di tale componente è l’individuazione dei rapporti tra l’impianto in oggetto e gli elementi di interesse paesaggistico (inteso come intervento dell’uomo sull’ambiente nel corso del tempo), storico e culturale presenti. L’area non è sottoposta ad indirizzi e/o vincoli di tutela particolari, in relazione al perseguimento di una politica di salvaguardia, qualificazione e valorizzazione delle visuali panoramiche percepite dagli elementi di osservazione puntuali o lineari; il presente progetto si pone l’obiettivo di conseguire un migliore inserimento nel contesto paesaggistico attraverso la realizzazione di un’opportuna schermatura vegetale dell’impianto che renda minimamente percettibile lo stesso da eventuali punti di osservazione posti nelle zone maggiormente esposte. Da quanto sopra esposto si può dedurre che non sono presenti impatti sul patrimonio storico- culturale.

3.9 IMPATTO SULLA SALUTE E SUL BENESSERE DELL’UOMO In relazione all’aspetto socio-sanitario, che valuta le condizioni di esposizione della comunità ai potenziali fattori di rischio per la salute, nel caso in oggetto le distanze del nucleo residenziale significativo non consentono eventuali interferenze tra fattori di rischio e popolazione residente. La zone residenziale significativa più prossima si trova a circa 700 m a nord dall’area in oggetto; sono presenti, nelle immediate vicinanze unità abitative sparse tipiche della realtà della provincia maceratese (proprietà residenziale parcellizzata e diffusa sul territorio), che, comunque, non risultano interessate dalle emissioni diffuse dall’impianto. L'intervento, per quanto riguarda la qualità della salute umana, non produrrà:

 modificazioni ambientali irreversibili;  eccessivo aumento della rumorosità nei centri abitati;  danni alla salute umana;  sostanziali modificazioni d'uso del suolo;  peggioramento qualitativo e quantitativo dell'offerta dei servizi essenziali alla popolazione. In riferimento al fattore di impatto atmosferico, come abbiamo visto nella relazione delle emissioni, questo risulta inferiore ai valori previsti dalla normativa o poco significativi. In riferimento ai fattori di impatto acustico e di traffico, le valutazioni effettuate hanno evidenziato che questi tipi di impatto risulta pressoché nulli, sia per il livello di rumorosità dell’ambiente che per il traffico legato allo svolgimento dell’attività. L’impatto risulta leggermente positivo in quanto è previsto per un lungo periodo sebbene interessa la micro-scala.

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3.10 IMPATTO SUL SISTEMA SOCIO-ECONOMICO Per quanto riguarda la descrizione degli aspetti socio-economici della zona si è fatto riferimento all'insieme dei manufatti, sensibili in qualche maniera, alle modificazioni del territorio. In particolar modo si è tenuto conto delle attività umane e della qualità della vita. Riassumendo possiamo dire che per quanto riguarda gli effetti dell’intervento nel contesto socio-economico attuale, esso non produrrà:

 modificazioni di struttura o ridistribuzione territoriale della popolazione in quanto non presente vista la vocazionalità dell’area;  effetti di "immigrazione" a seguito della creazione di nuovi posti di lavoro.

3.11 IMPATTO SUL RUMORE Per le valutazioni in marito al rumore, si rinvia all’allegato specifico. Dall’analisi dei risultati delle simulazioni si evince che il clima acustico derivante dall’allevamento risulta accettabile in quanto non viene superato alcuno dei limiti stabiliti dalla classificazione acustica attualmente vigente nell’area oggetto di indagine, precisando che il risultato dello studio previsionale evidenzia valori di rumore ai ricettori ben al disotto dei limiti normativi. Eventuali impatti si avranno in fase di cantiere (la sistemazione delle corsie esterne, la sostituzione delle coperture e la ristrutturazione del separatore) per gli usi di mezzi d’opera; questi saranno limitati nel tempo.

3.12 IMPATTO SUL TRAFFICO La Azienda Agricola Colli di Tolentino avrà un traffico veicolare determinato dall’allevamento dei suini da riproduzione pari a n. 240 viaggi che comporta una incidenza di due mezzi ogni 3 giorni; sulla base di queste considerazioni si valuta poco significativo l’incidenza del traffico su quello giornaliero che collega il sito ai punti di accesso sopra descritti. Si ricorda, inoltre, che l’attività fino ad oggi si è svolta nello stesso sito e non sono stati rilevati particolari problemi in relazione al traffico dell’allevamento.

3.13 ANALISI DELLE ALTERNATIVE Non sono previste alternative al sito attuale, in quanto l’impianto esiste sullo stesso sito da circa 30 anni e, pertanto, si evidenzia che lo scopo che si prefigge l’azienda è l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili per ridurre al minimo gli impatti che questo tipo di attività possono creare. L’unica alternativa possibile è la non realizzazione del progetto.

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3.14 IMPATTI IN FASE DI CANTIERE Fino a questo punto sono stati evidenziati gli impatti che l’attività svolgerà nella sua fase di esercizio e a cu saranno introdotte misure di mitigazione e compensazione degli stessi impatti prodotti. Sono comunque da tenere in considerazioni gli impatti derivanti dall’attività cantieristica che, sebbene di tipo temporaneo, possono provocare impatti di natura differente per la concentrazione di attività che possono modificare gli equilibri consolidati. La loro significatività, in termini di impatto ambientale, risulta limitata e temporanea se confrontata con gli impatti derivanti dalla fase di esercizio. Le attività di cantiere creano una serie di impatti che sono indipendenti da quelli generabili dall’attività che verrà svolta; in generale le operazioni che dovranno essere scolte per l’esercizio del cantiere sono:

 sbancamenti;  movimenti terra;  attività di cantiere edile;  elevazioni e recinzioni;  uso di strada per l’accesso al cantiere;  uso di acqua;  uso di energia;  produzione di rifiuti.

Conseguentemente i principali problemi di impatto ambientale da affrontare saranno i seguenti: 1. aria: emissioni di polveri derivanti dalle attività di movimentazione terra e dal transito di mezzi pesanti e dallo stoccaggio in cumuli prima di essere riutilizzate in cantiere sono eliminabili con l’utilizzo di innaffatori d’acqua per mantenere umidi i piazzali, i percorsi dei mezzi i cumuli di terreno; 2. acqua: dispersione delle acque di lavorazione sulle matrici ambientali primarie (suolo, falde acquifere, etc.), modificazione del reticolo del bacini idrografico possono essere ridotti mediante la raccolta e l’immissione, in mancanza di una rete fognaria pubblica, verso sistemi di accumulo e successivo smaltimento; 3. suolo e sottosuolo: escavazioni e movimentazione del terreno possono comportare modificazioni sulla morfologia e geomorflogia, ad esempio il parcheggio di mezzi da lavoro e lo stoccaggio di rifiuti o di prodotti inquinanti possono disperdersi sul terreno; questo tipo di impatto viene abbattuto con l’uso di teli di impermeabilizzazione (anche temporanei) realizzando un sistema di isolamento dal suolo delle aree destinate al ricovero dei mezzi, allo stoccaggio dei rifiuti e all’eventuale utilizzo di sostanze inquinanti 4. vegetazione, flora e fauna: i principali impatti derivano principalmente dalle emissioni e dalla circolazione dei mezzi ed in questo caso l’utillizzo degli irrigatori per l’abbattimento di polveri e la circolazione a velocità ridotta dei mezzi, risultano gli accorgimenti migliori per ridurre questo tipo di impatto; 5. assetti igenico-sanitario: le emissioni sonore e la circolazione di mezzi pesanti possono comportare effetti negativi sulla popolazione insediata nelle immediate vicinanze; anche in questo caso, come quello precedente, l’utillizzo degli irrigatori per l’abbattimento di polveri e la circolazione a velocità ridotta dei mezzi, risultano gli AnalisiDegli Impatti Pag. 123 a 128

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accorgimenti migliori per ridurre questo tipo di impatto. In merito alle emissioni sonore, le ditte realizzatrici dovranno eseguire le lavorazioni durante il periodo di normale svolgimento dell’attività. Si evidenzia, comunque, che le lavorazioni previste tipiche di un cantiere edile, non comportano impatti relativi alle emissioni sonore; 6. rumore: non è uno degli impatti più rilevanti, ma può produrre effetti negativi per l’uso di macchinari o per lo svolgimento di attività particolarmente rumorose; si evidenzia, comunque, che le lavorazioni previste tipiche di un cantiere edile, non comportano impatti relativi alle emissioni sonore; 7. rifiuti: la produzione di rifiuti comporta la necessità di trovare idonee forme di stoccaggio, smaltimento e recupero degli stessi. All’interno del piano di Sicurezza (redatto ai sensi del D. Lgs 81/2008 e s.m.i.), che verrà redatto e consegnato alle ditte esecutrici prima dell’avvio dei lavori, verranno indicate le aree più consone e la metodologia di stoccaggio che avverrà sicuramente differenziando carta, plastica e scarti di legname oltre all’uso di contenitori a norma con adeguati bacini di contenimento per tutte quelle sostanze che possono creare inquinamento delle principali matrici ambientali. 8. rischi di incidente: anche per questi casi le ditte esecutrici avranno disposizioni più particolareggiate all’interno del verrà documento di valutazione dei rischi nell’ambito dell’attività di cantiere (81/2008); 9. traffico: impatto sulle caratteristiche del traffico locale dovuto a mezzi d’opera pesanti; in questo caso non si valuta come particolarmente incidente il carico indotto dal cantiere sulla S.P. 127 che è stimato in 0.5 camion/ giorno per la durata del cantiere, pari, circa, a 120 gg. lavorativi. Si evidenzia, comunque, che una buona programmazione delle fasi del cantiere tese ad organizzare in modo consono tutte le operazioni, mediante la sovrapposizioni di fasi differenti e quindi riducendo la circolazione dei mezzi, è la principale operazione da porre in essere. In generale nelle aree più sensibili (lato verso il fosso) sono previsti: a) ripristino dello stato preesistente o, in alternativa, realizzazione di opere di ingegneria naturalistica per la sistemazione delle aree in cui non è possibile realizzare la precedente indicazione; b) ricostituzione e rinfoltimento della vegetazione. Il rischio di incidenti verrà minimizzato attraverso l’installazione in corrispondenza delle aree di cantiere, sia principali che secondarie, di adeguata recinzione nonché con l’attuazione del D. Lgs 81/2008 e s.m.i., documento necessario in fase di esecuzione dell’opera.

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4 MISURE DI MITIGAZIONE E/O COMPENSAZIONE Vengono di seguito elencate alcune misure e/o interventi per il contenimento degli impatti, provocati dalla realizzazione dell'opera, su ciascuna componente ambientale.

4.1 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’IMPATTO VISIVO Le misure di mitigazione dell’impatto visivo previste, come si deduce dall’anali degli impatti sul paesaggio, sono la messa a dimore di n. 2 filari arborei. Il primo a ovest dell’impianto in corrispondenza dei lagoni di accumulo posti alla quota più bassa, il secondo posto ad est del nuovo capannone, al fine di schermarne la vista. In questo caso, la vista non risulterebbe molto impattante in quanto, rispetto alla percorrenza veicolare, risulta non percepibile; questo tipo di interventi sono previsti anche in relazione agli interventi di mitigazione dell’impatto emissivo (relativamente alla diffusione degli odori che si possono creare). Sempre per le stesse motivazioni è previsto un intervento di schermatura vegetazionale a nord dell’impianto (vedi tavola del Verde allegata).

4.2 MISURE DI MITIGAZIONE DELLE EMISSIONI Relativamente alle emissioni, sebbene dalle anali fatte è stato evidenziato che queste rientrano all’interno dei parametri di legge, la ditta adotterà tutti gli accorgimenti, legati alle migliori tecnologie disponibili al fine di ridurre quelle presenti. Le emissioni relative ai mezzi di trasporto in ingresso e in uscita dall’impianto, per il carico dei prodotti trattati e lo scarico di quelli da trattare, le cui ripercussioni sulla dimensione microclimatica legata all’emissione di gas di scarico è valutata come trascurabile, si riducono a prescrizioni e raccomandazioni, ossia, limitare al massimo il percorso e la manovra dei mezzi ed evitare al massimo il rischio di emissioni inquinanti provocate dal malfunzionamento o dalla rottura dei mezzi; sono questi gli unici accorgimenti da utilizzare per il contenimento della variazione del livello di qualità dell'aria per evitare effetti indotti sull'uomo, sulla vegetazione, sulla fauna.

4.3 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’AMBIENTE IDRICO In relazione alla situazione idrogeologica precedentemente descritta, non esistono problemi che le acque di dilavamento dei piazzali a servizio dell’impianto vadano ad inquinare falde o corsi d'acqua in quanto vengono predisposti tutti quei sistemi di gestione che rendono inesistente la possibilità che si verifichino gravi danni ambientali. In particolare la presenza di scarichi separati per acque di diversa provenienza e natura, uso di pozzetti a tenuta stagna per le acque da riutilizzare all’interno del processo di trattamento, e l’uso di procedure codificate in caso di sversamenti accidentali di rifiuti, confermano quanto sopra detto.

MISURE DI MITIGAZIONEMISURE DI E/O COMPENSAZIONE Pag. 125 a 128

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4.4 MISURE DI MITIGAZIONE DELL’AMBIENTE GEOLOGICO Al momento non si ritengono necessarie nuove mitigazioni se non quelli di mantenere in buono stato conservativo la vegetazione esistente e di realizzare quelle previste in quanto, oltre a mascherare le strutture, avranno effetto nell’evitare anche possibili fenomeni di erosione superficiale.

4.5 MISURE DI MITIGAZIONE DELLA VEGETAZIONE Non si prevedono impatti sulla componente; in passato, nella fase di realizzazione, essi sono stati legati essenzialmente all’occupazione di suolo ed al carico antropico potenziale sull’area. A seguito dell’analisi dello stato ambientale del sito non sono state evidenziate criticità particolari sulla componente ambientale e pertanto, come già scritto nelle mitigazioni dell’impatto visivo, gli interventi che si effettueranno saranno il mantenimento delle componente vegetazionale attuale a cui si sommeranno le piantumazioni previste che, oltre a migliorare l’inserimento paesaggistico dell’area, aumenterà la naturalità del sito.

4.6 MISURE DI MITIGAZIONE DELLA FAUNA Non sono presente nell’area e nelle immediate vicinanze ambiti vegetazionali di particolare pregio, ad esempio di tipo boschivo, che ospitano una fauna legata ad ambienti fortemente naturalizzati. Le aree di maggiore diffusione, quelle agricole, ospitano una fauna molto ubiquitaria ed abituata alla presenza umana. L’impianto è ubicato sul sito da circa 30 anni e ad oggi, non si prevedono interventi significativi che comportano la sottrazione di superfici agricole con la realizzazione dell’urbanizzazione; pertanto gli interventi localizzati previsti non determineranno un impoverimento di habitat naturali tali da creare impatti su specie faunistiche ecologicamente esigenti.

4.7 MISURE DI MITIGAZIONE DEL RUMORE Dall’analisi dei risultati delle simulazioni si evince che il clima acustico derivante dall’allevamento risulta accettabile in quanto non viene superato alcuno dei limiti stabiliti dalla classificazione acustica attualmente vigente nell’area oggetto di indagine; pertanto non sono previste misure di mitigazione in quanto non si crea impatto acustico sul sito.

4.8 MISURE DI MITIGAZIONE DEL PAESAGGIO Le analisi di visibilità che comportano un impatto paesaggistico dimostrano che l’impianto, vista la sua collocazione e la disposizione a scalare dei capannoni nonché la presenza di una significativa copertura vegetale, non ha impatti significativi sul paesaggio. Comunque, al fine di mitigare ulteriormente l’impatto paesaggistico è prevista la piantumazione di essenze arboree ed arbustive nell’intorno che rafforzeranno la vegetazione presente di tipo autoctono che delimitano l’intero sito. MISURE DI MITIGAZIONEMISURE DI E/O COMPENSAZIONE Pag. 126 a 128

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4.9 MISURE DI MITIGAZIONE DEGLI ECOSISTEMI Come abbiamo sopra riportato in relazione alle unità ecosistemiche, non si evidenziano alterazioni della qualità ambientale totale, sia come funzionalità che come equilibrio ecologico sebbene sia ridotto il livello di naturalità e biodiversità dell’ecosistema, soprattutto nelle diramazioni secondarie (oggetto del nostro studio) ridotto alla sola area di scorrimento fluviale. Non si prevedono particolari misure di mitigazione in relazione agli ecosistemi che, ad oggi, hanno trovato un loro equilibrio con la presenza di aree agricole intensamente coltivate. L’inserimento e il rafforzamento della vegetazione presenze aumenta, sicuramente, la naturalità del sito e preservano le unità ecosistemiche presenti.

4.10 MISURE DI PREVENZIONE, MITIGAZIONE E MONITORAGGIO SUI RISCHI DA INCIDENTE E RISCHI PER LA SALUTE In relazione all’aspetto socio-sanitario non sono state valutate misure particolari; non sono presenti, durante le operazioni di allevamento, condizioni di esposizione della comunità a fattori di rischio per la salute.

MISURE DI MITIGAZIONEMISURE DI E/O COMPENSAZIONE Pag. 127 a 128

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5 CONCLUSIONI Il progetto in esame è finalizzato a valutare l’impatto ambientale per un allevamento intensivo di suini destinato alla riproduzione; l’allevamento in oggetto non è un nuovo progetto ma si tratta, come già detto nella premessa, di adeguamento autorizzativo determinato dalle necessità di realizzare un nuovo capannone e, quindi, di aumentare il numero di capi. Questo comporta un adeguamento alle normative relative al settore degli allevamenti intensivi. Data la presenza di infrastrutture che coprono una superficie complessiva significativa (area produttiva dell’azienda agricola), gli ampliamenti non sono ritenuti fortemente impattanti (come perdita di suolo) rispetto a quanto già presente. Sulla base del nuovo assetto autorizzatorio, il progetto prevede l’implementazione e/o la sistemazione di alcune parti dell’allevamento al fine di migliorare la gestione complessiva e adeguarla alle Migliori Tecnologie Disponibili previste nelle linee guida della Autorizzazione Integrata Ambientale a cui l’allevamento è soggetto. Lo studio ha focalizzato l’attenzione sulla valutazione dello stato di qualità dell’ambiente circostante al fine di evidenziare alcune criticità che dovessero essere oggetto di mitigazione.

La caratterizzazione ambientale ante-operam ha pertanto permesso di evidenziare il permanere di una qualità ambientale elevata nelle aree circostanti, caratterizzate da superfici coltivate alternate a boschetti e prati, solcate da un reticolo idrografico superficiale lungo i versanti che non risulta particolarmente sviluppato. La morfologia del pendio in oggetto fa si che il deflusso delle acque superficiali avvenga senza vie preferenziali di scorrimento e senza creare forme di erosione dovute a ruscellamento diffuso e/o concentrato, né ristagni idrici. La valutazione degli impatti ha riguardato il cumulo delle emissioni e del peso antropico generato dall’attività zootecnica esistente. Dall’analisi fatta è emerso che l’allevamento esistente non determina criticità ambientali e che l’impianto è compatibile con la ubicazione in cui si trova da circa 40 anni in relazione agli impatti che questa tipologia di attività possono creare. Come mitigazione è risultato necessario implementare la vegetazione naturale; gli interventi previsti serviranno pertanto a migliorare la funzione ecologica del sito e a migliorarne l’inserimento paesaggistico.

Al termine del lavoro di analisi e valutazione si può affermare che il progetto è compatibile con il contesto territoriale circostante.

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