CENTRO ALTI STUDI CENTRO MILITARE PER LA DIFESA DI STUDI STRATEGICI

Matteo Bressan

Le capacità tecnologiche duali “preventive”: il valore delle competenze tecnologiche sovrane derivanti dai processi di ricerca e sviluppo impiegati per la realizzazione di sistemi e piattaforme indispensabili all’assolvimento delle missioni della Difesa che, trovando una reciprocità di impiego anche nel campo delle tecnologie innovative nel mondo non militare, determinano un effetto volano a sostegno della crescita del Sistema Paese

(Codice AO-SMM-05) Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo Salviati a Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado equivalente, ed è strutturato su due Dipartimenti (Monitoraggio Strategico - Ricerche) ed un Ufficio Relazioni Esterne. Le attività sono regolate dal Decreto del Ministro della Difesa del 21 dicembre 2012. Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le esigenze del Ministero della Difesa, contribuendo allo sviluppo della cultura e della conoscenza, a favore della collettività nazionale. Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica, economica, sociale, culturale, militare e dell'effetto dell'introduzione di nuove tecnologie, ovvero dei fenomeni che determinano apprezzabili cambiamenti dello scenario di sicurezza. Il livello di analisi è prioritariamente quello strategico. Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna: a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza e qualifica professionale, all'uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi temporanei, sulla base di quanto disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d'intesa con il Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti per l'impiego del personale civile; b) collaboratori non appartenenti all'amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle vigenti disposizioni fra gli esperti di comprovata specializzazione). Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il Ce.Mi.S.S. instaura collaborazioni con le Università, gli istituti o Centri di Ricerca, italiani o esteri e rende pubblici gli studi di maggiore interesse. Il Ministro della Difesa, sentiti il Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d'intesa con il Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, per gli argomenti di rispettivo interesse, emana le direttive in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo le linee guida per l'attività di analisi e di collaborazione con le istituzioni omologhe e definendo i temi di studio da assegnare al Ce.Mi.S.S.. I ricercatori sono lasciati completamente liberi di esprimere il proprio pensiero sugli argomenti trattati, il contenuto degli studi pubblicati riflette esclusivamente il pensiero dei singoli autori, e non quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali i Ricercatori stessi appartengono.

CENTRO ALTI STUDI CENTRO MILITARE

PER LA DIFESA DI STUDI STRATEGICI

Matteo Bressan

Le capacità tecnologiche duali “preventive”: il valore delle competenze tecnologiche sovrane derivanti dai

processi di ricerca e sviluppo impiegati per la realizzazione di sistemi e piattaforme indispensabili all’assolvimento delle missioni della Difesa che, trovando una reciprocità di impiego anche nel campo delle tecnologie innovative nel mondo non militare,

determinano un effetto volano a sostegno della crescita del Sistema Paese

(Codice AO-SMM-05)

3 Le capacità tecnologiche duali “preventive”: il valore delle competenze tecnologiche sovrane derivanti dai processi di ricerca e sviluppo impiegati per la realizzazione di sistemi e piattaforme indispensabili all’assolvimento delle missioni della Difesa che, trovando una reciprocità di impiego anche nel campo delle tecnologie innovative nel mondo non militare, determinano un effetto volano a sostegno della crescita del Sistema Paese

NOTA DI SALVAGUARDIA

Quanto contenuto in questo volume riflette esclusivamente il pensiero dell’autore, e non quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali l’autore stesso appartiene. NOTE

Le analisi sono sviluppate utilizzando informazioni disponibili su fonti aperte.

Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici

Direttore f.f. Col. AArnn (Pil.) Marco Francesco D’Asta

Vice Direttore - Capo Dipartimento Ricerche: Col. c.(li.) s.SM Andrea Carrino

Progetto grafico: Massimo Bilotta - Roberto Bagnato

Autore: Matteo Bressan

Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa

Centro Militare di Studi Strategici Dipartimento Ricerche Palazzo Salviati Piazza della Rovere, 83 - 00165 – Roma tel. 06 4691 3205 - fax 06 6879779 e-mail [email protected]

chiusa a ottobre 2019

ISBN 978-88-31203-31-9

4 INDICE 3 SOMMARIO 7 ABSTRACT 10 1. QUADRO STRATEGICO 13 1.1 L’Italia e la centralità del Mediterraneo nell’attuale contesto internazionale 19 2 LO SVILUPPO DELLO STRUMENTO MILITARE 31 3. CIVILE E MILITARE: TECNOLOGIE DUALI PER L’INNOVAZIONE E LA COMPETITIVITÀ DEL PAESE 35 3.1 Cenni storici 35 3.2 Le tecnologie del duale 38 3.3 Sviluppo di capacità tecnologie duali “preventive” 48 3.4 Principali trend dell’evoluzione tecnologica 53 4 SVILUPPO DELL’INDUSTRIA NAZIONALE, DIFESA E UNIVERSITÀ: TRIANGOLO DI ECCELLENZA PER IL SISTEMA PAESE 59 5 NUOVE COMPETENZE TECNOLOGICHE E CRESCITA PER IL SISTEMA PAESE 65 6 “PROGRAMMA NAVALE” E PROGRAMMA U212 NFS: GARANTIRE LA CAPACITÀ MARITTIMA DELLA DIFESA E CONSOLIDARE L’INDUSTRIA AD ALTA TECNOLOGIA 73 6.1 Flotta verde 77 6.2 Riflessi del Programma navale sull’industria nazionale 78 6.3 PPA: una nave per il Paese 80 6.4 Programma PPA: sistemi di nuovo sviluppo e tecnologia sovrana 83 6.5 Il punto di situazione sul Programma navale per la tutela e la capacità marittima della Difesa 87 7 DAI SOMMERGIBILI AI SOTTOMARINI: L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA 91 7.1 Dalla Prima Guerra Mondiale alla Guerra fredda 91 7.2 Dal momento unipolare alle minacce ibride 94 8 CENNI STORICI SUI SOMMERGIBILI ITALIANI NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE 97 8.1 Dal dopoguerra all’U212A 99 8.2 L’U212A: un successo europeo 102 8.3 L’U212 NFS: un’opportunità per il sistema paese 105

5 9 IL RAPPORTO TRA LA COSTRUZIONE DI SOTTOMARINI U212 ED IL SISTEMA INDUSTRIALE 111 10 IL LEGAME TRA RICERCA E INNOVAZIONE DEI MEZZI D’ASSALTO NAVALI ITALIANI 121 10. CONCLUSIONI 130 BIBLIOGRAFIA 134 NOTA SUL Ce.Mi.S.S. e NOTA SULL’AUTORE 137

6 SOMMARIO Il presente lavoro intende fornire un’analisi sulle sfide e le opportunità che l’attuale scenario internazionale, caratterizzato dalla convivenza di minacce convenzionali e minacce ibride, pone al nostro Paese e di come lo strumento militare debba sempre più adattarsi allo scenario di riferimento, anticipandone i trend. La complessità delle sfide odierne necessita, per la loro molteplicità e diversità, un elevato livello di sinergie e collaborazioni tra dicasteri, imprese, mondo della ricerca e dell’università. Soprattutto, la possibilità di poter disporre di un notevole grado di capacità tecnologiche sovrane consente al Paese di mantenere un elevato livello di credibilità e sviluppo in campo internazionale, con ricadute positive sia in termini di sicurezza, per quanto riguarda il settore militare, sia in termini di innovazione, competitività e know how, con rilevanti ricadute nel campo civile. Sulla base di una serie di incontri con esperti civili e militari, interviste, analisi di documenti istituzionali ed enti, quali il Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti V Reparto – Innovazione e tecnologia, il V e il VII Reparto dello Stato Maggiore della Marina, la Direzione degli Armamenti Navali (NAVARM), il VI Reparto Sistemi C4I e Trasformazione dello Stato Maggiore Difesa, l’Ufficio di Politica Militare del Gabinetto del Ministro della Difesa, la Direzione Informatica, Telematica e Tecnologie Avanzate (TELEDIFE), il Centro Innovazione della Difesa (CID), l’OCCAR, Leonardo S.p.A. e l’AIAD, sono state individuate due differenti tipologie di case studies, per mettere in evidenza le importanti ricadute industriali, occupazionali e tecnologiche, utili alla crescita economica e tecnologica del Sistema Paese, attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme militari. Nello specifico, verrà analizzato il progetto di cooperazione italo – tedesca che ha dato alla luce il sottomarino U212A, la sua evoluzione U212 NFS e i nuovi ed innovativi Pattugliatori Polivalenti d’Altura, inseriti nel Programma Navale per la tutela della capacità marittima della Difesa. Nel primo capitolo, verranno delineati i principali trend dell’attuale contesto internazionale di riferimento, le principali aree di crisi e il perdurare delle minacce ibride. A fronte di un inquadramento del contesto strategico, l’analisi si concentrerà sulla centralità economica e securitaria rappresentata dal Mediterraneo allargato per il nostro Paese, sia nella dimensione delle minacce tradizionali ed emergenti, sia in quelle relative al dominio dell’underwater. Nel secondo capitolo, verranno indicate alcune delle caratteristiche e requisiti necessari per poter disporre di uno strumento militare in grado di fronteggiare le sfide dell’attuale contesto di riferimento. Lo strumento militare dovrà, infatti, essere sempre più orientato ad affrontare in maniera efficace, efficiente e sostenibile le sfide emergenti quali le 7 minacce ibride, la sicurezza cybernetica, gli effetti delle calamità naturali, le crisi di straordinaria necessità e urgenza, l’hyperwar, senza ovviamente tralasciare le crisi convenzionali. Nel terzo capitolo, verrà sviluppata un’analisi dell’evoluzione storica del concetto dell’applicazione duale di tecnologie, evidenziando come le innovazioni in campo militare abbiano avuto ricadute dirompenti nella vita civile. La ricerca evidenzierà, inoltre, come il trend attuale veda un’inversione del passaggio tra tecnologia sviluppata in campo civile e poi applicata in ambito militare. Verranno inoltre individuati una serie di ambiti in cui la filiera dell’Aerospazio Difesa e Sicurezza (AD&S) determina una trasmissione di benefici all’intero settore produttivo italiano, trainandone la crescita. Verranno poi elencati alcuni case studies di applicazioni duali della tecnologia da parte di Leonardo S.p.A. e di Iveco Defense Vehicles, nonché alcune delle principali tecnologie emergenti. Nel quarto capitolo, la ricerca è stata focalizzata sui rapporti tra Industria, Difesa e Università, un triangolo di eccellenza strategico per tutelare la nostra sicurezza, da intendersi come tutela degli interessi economici, industriali e culturali. Nel quinto capitolo, dopo un inquadramento dei concetti di sovranità tecnologica, competenze sovrane e collaborative, verranno esaminati i progetti di ricerca e le aree tecnologiche di primario interesse individuati dal Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti, attraverso il V Reparto “Innovazione Tecnologica”. Nel sesto capitolo, si ripercorrerà la genesi dottrinale alla base del Programma Navale per la tutela della capacità marittima della Difesa, fornendo una panoramica dettagliata sulle unità previste dal programma, le principali caratteristiche tecniche ed innovative, lo stato di avanzamento delle costruzioni delle unità, insieme allo sviluppo di tecnologia sovrana presente sulle nuove unità. Nel settimo capitolo, si traccerà una breve ricostruzione storica dell’evoluzione tecnologica e d’impiego dei sottomarini. Verranno poi illustrate l’evoluzione, rispetto al periodo storico della Guerra Fredda, delle molteplici missioni e modalità d’impiego dei sottomarini, nell’attuale scenario di riferimento, e di come il dominio dell’underwater sia così vitale per la sicurezza, stabilità e prosperità del nostro stesso Paese. Nell’ottavo capitolo, si ripercorrerà la storia e l’evoluzione dei sommergibili italiani dalla Seconda guerra mondiale, la fase della ricostruzione post – bellica, i primi progetti e i presupposti alla base della cooperazione italo – tedesca per la realizzazione dell’U212A. Nel nono capitolo, verrà analizzata la valenza duale, in termini di ricadute industriali e di competenze sovrane e collaborative, dello sviluppo della flotta subacquea, attraverso l’analisi del case study di successo di cooperazione italo – tedesca per il progetto U212A.

8 Nel decimo capitolo, si traccerà il legame storico tra alcune realtà industriali del nostro Paese ed i mezzi d’assalto della Marina Militare fino ad arrivare ai giorni nostri. Nelle conclusioni, saranno tracciate alcune linee di indirizzo per rafforzare la competitività del Sistema Paese nel settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza (AD&S), con particolare riferimento alla tutela delle capacità marittime della Difesa.

9 ABSTRACT The aim of this study is to provide an analysis of the challenges and the opportunities which the international scenario today poses for our Country, a scenario characterised by the co-existence of conventional threats and hybrid ones and also how military action must adapt more and more to the scenario of reference, while staying ahead of the trends. Due to the multiple and diverse complexity of today’s challenges a high level of synergy and cooperation is required between ministerial departments, companies, the world of research and universities. Above all, the possibility of managing to have at its disposal a high level of supreme technological competence would allow the Country to maintain a high level of credibility and progress in the international field. This would have positive effects both in terms of security as far as the military is concerned and in terms of innovation, competitiveness and “know-how” which could result in significant effects in the civilian field. On the base of a series of meetings with civilian and military experts, interviews and analyses of institutional documents and Institutions such as the Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti V Reparto – Innovazione e tecnologia, V and VII Reparto dello Stato Maggiore Marina, the Direzione degli Armamenti Navali (NAVARM), the VI Reparto Sistemi C4I e Trasformazione dello Stato Maggiore Difesa, the Ufficio di Politica Militare del Gabinetto del Ministro della Difesa, the Direzione Informatica, Telematica e Tecnologie Avanzate (TELEDIFE), the Centro Innovazione della Difesa (CID), l’OCCAR, Leonardo S.p.A. and AIAD two different types of case studies have been identified. These highlight the major industrial, occupational and technological effects useful for economic and technological growth of the Country System through the development of new technology and military platforms. In particular, the Italian-German cooperation project which gave birth to U212A, its evolution U212 NFS and the new, innovative Multi- purpose Offshore Control Vessels inserted in the Naval Programme for the safeguarding of maritime Defence capacity will be analysed. The main trends of the existing international context of reference, the principle areas of crisis and the persistence of hybrid threats will be outlined in the first chapter. Against a framework of the strategic context, the analysis will concentrate on the economic and security centrality represented by the extended Mediterranean for our Country both as far as traditional and emerging threats and those related to underwater domination are concerned. Some of the characteristics and requirements needed in order to have a military tool available capable of facing up to the challenges of the existing reference context will be indicated in the second chapter. In fact, the military tool must always be more and more 10 oriented towards dealing with emerging challenges in an effective, efficient and a sustainable way; these are challenges such as hybrid threats, cybernetic security, the effects of natural disasters, crises of extraordinary necessity and urgency, hyper-war, but obviously without forgetting conventional crises. An analysis of the historical evolution of the concept of dual use of technologies will be developed in the third chapter. This will show how innovations in the military field had disruptive effects on civilian life. Furthermore, research work will highlight how the present day trend envisages an inversion of the passage from technology developed in the civilian field and then applied in a military environment. A number of areas have also been identified in which the Aerospace, Defence and Security (AD&S) production chain determines a transfer of benefits to the entire Italian production sector, thus driving its growth. There is also a list of some case studies of dual use of the technology used by Leonardo S.p.A. and Iveco Defence Vehicles and some of the main emerging technologies. In the fourth chapter, research work has been concentrated on the relationship between Industry, Defence and University, a strategic excellence-driven triangle to safeguard our security, to be understood as the protection of economic, industrial and cultural interests. After having provided an overall view of the concept of technological supremacy and supreme and collaborative competences, the research projects and the technological areas of primary interest identified by the General Secretariat of Defence and the National Directorate of Armaments will be examined through Department V “Technological Innovation” in chapter five. The doctrinal genesis at the base of the Naval Programme for the protection of the maritime capacity of the Defence will be covered in chapter six. This provides a detailed panorama of the units envisaged in the programme, the main technical and innovative characteristics, the work progress status of the construction of the units together with the development of supreme technology present on the new units. The seventh chapter will outline a short historical reconstruction of the technological evolution and the use of , briefly going over the role of Italian submarines during the Second Wold War. The evolution of the numerous missions of submarines as well as the way in which they are used, compared to the historical period of the Cold War, will be described in the present-day scenario of reference, and also how the domination of the underwater is so vital for the security, stability and prosperity of our own Country. The history and the evolution of Italian submarines during the Second World War, the post-war reconstruction phase, the first projects and the prerequisites at the basis of the

11 Italian-German cooperation for the construction of the U212A will be covered in the eighth chapter. The dual use in terms of industrial effects and supreme and collaborative competences will also be analysed in the ninth chapter together with the development of the underwater fleet through the analysis of the case study regarding the successful Italian-German cooperation regarding project U212A. The historical link between several industrial realities in our Country and the Navy’s assault vehicles up to the present day will be outlined in chapter ten. The conclusion will outline several guidelines to strengthen the competitiveness of the Country System in the sector of Aerospace, Defence and Security (AD&S), with particular reference to the safeguarding of the maritime capacity of the Defence.

12 1. QUADRO STRATEGICO L’odierno contesto internazionale, caratterizzato da una progressiva transizione da un modello unipolare ad uno multipolare, ha visto emergere una moltitudine di sfide non convenzionali che si sono andate a sommare al ritorno delle politiche nazionali nel campo della politica estera. Il contesto geopolitico e geostrategico odierno si conferma incerto, caratterizzato da diffusa instabilità e da un elevato grado di complessità e imprevedibilità, nonché gravato da una molteplicità di minacce multidimensionali. Anche i rapporti tra Paesi abituati a considerarsi alleati risultano segnati da plurime linee di faglia e da una pronunciata spinta verso l’unilateralismo, che rende fragile la tenuta degli assetti multilaterali tradizionali e, con essi, quella delle loro singole componenti1. Tale quadro risente, inoltre, delle persistenti difficoltà a realizzare una riforma dei meccanismi internazionali di cooperazione che tenga conto dei mutati rapporti di forza fra i vari Paesi2. Questo contesto presenta, pertanto, scenari inediti di rischio per l’area del Mediterraneo allargato e per il nostro Paese, dovuti al concomitante profilarsi di una pluralità di minacce potenziali che includono, oltre a quelle tradizionali, possibili azioni poste in essere da opponenti in grado di combinare capacità convenzionali con tecnologie innovative, nell’ambito della cosiddetta minaccia ibrida. Quest’ultima tipologia di minaccia, caratterizzata dall’uso sinergico e combinato di strumenti convenzionali e non, comprese le manovre di ingerenza ed influenza, volto a condizionare processi decisionali, corretta informazione e formazione delle pubbliche opinioni dei Paesi target, con il fine ultimo di comprimere la sovranità dell’avversario, trova vettore e ambiente elettivo nell’azione di attori statuali e non nella dimensione cyber, così come nel campo economico – finanziario3.

1 Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2018, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, febbraio 2019, p. 21 2 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, Novembre 2014, p.5 3 Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2018, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, febbraio 2019, p.29 13

Il contesto strategico attuale

Le principali tendenze di carattere geopolitico di questo scenario sono la minor propensione da parte degli Stati Uniti ad intervenire militarmente nei teatri di crisi di scarsa rilevanza immediata per gli interessi nazionali americani. Ciò, secondo l’analista di politica internazionale e docente di Stuti Strategici della LUISS, Germano Dottori, non si traduce tanto in un indebolimento della superpotenza americana, quanto piuttosto in un diverso modo di interpretare il ruolo della potenza. Questo approccio può implicare un sensibile allargamento dell’area in cui alleati ed amici degli Stati Uniti saranno chiamati ad assumersi maggiori responsabilità o potranno comunque operare le proprie scelte con meno vincoli. Il secondo fenomeno è rappresentato dalle aspirazioni cinesi mirate a tradurre la maggior ricchezza conseguita nel paese in potenza ed influenza politica. La penetrazione economico – finanziaria, dall’Africa all’Europa, è ormai visibile attraverso l’ambizioso progetto della Via della Seta, il cui obiettivo principale a lungo termine è la saldatura progressiva di un blocco geo – economico e, in prospettiva, geopolitico euroasiatico. Tuttavia, per quanto sostenuto da un Sistema Paese molto solido, il tentativo cinese si scontra con la posizione geografica della Repubblica Popolare, che si trova l’accesso sbarrato da potenze rivali, come nel caso del Giappone e dell’India. Il terzo processo è caratterizzato dal tentativo della Russia di frenare il proprio declino nazionale volto a prevenire l’ulteriore disgregazione dell’area sulla quale Mosca intende continuare ad esercitare la propria influenza, attraverso azioni 14 tatticamente offensive, come l’aggressione alla Crimea o il dispiegamento del contingente in Siria al fianco di Assad. Il quarto fenomeno si identifica con la ripresa della competizione internazionale per la ristrutturazione geopolitica delle aree che gli Stati Uniti sembrano essere interessati a presidiare con minor intensità o sulle quali non sembrano più desiderosi ad esercitare la propria leadership. In un simile contesto, il potenziamento e il mantenimento delle capacità militari e navali è fondamentale, anche in virtù dell’utilizzo dello strumento europeo come moltiplicatore della propria potenza, come Francia e Germania stanno già facendo4. Le più recenti evoluzioni del contesto internazionale segnano il ritorno della competizione militare tra gli Stati, declinata sia nell’incremento degli investimenti per l’acquisizione di armamenti e il rafforzamento delle capacità convenzionali, sia nella rinnovata attualità delle minacce missilistiche e nucleari5.

Budget per la difesa (2018)

4 Bressan M., Introduzione al volume Geopolitica del mare – Dieci interventi sugli interessi nazionali e il futuro marittimo dell’Italia, Mursia 2018 p.7 5 Béraud – Sudreau L., On the up: Western defence spending in 2018, International Institute for Strategic Studies (IISS), 15 febbraio 2019 https://www.iiss.org/blogs/military-balance/2019/02/european-nato-defence-spending-up 15 La competizione globale per il dominio del mondo è tra Stati Uniti e Cina. Altre potenze, come Arabia Saudita, India e Russia, conservano ambizioni di tutto rispetto, anche ben oltre le tradizionali sfere di proiezione, ma è tra Washington e Pechino che si gioca la partita determinante. La conferma è arrivata dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), con il rilascio dell’annuale report sulle spese militari mondiali. Nel 2018 si sono spesi globalmente 1.822 miliardi di dollari per la difesa, in aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente, ancora lontano dai livelli antecedenti il 1991, ma con la conferma di un trend a cui non si assisteva dai tempi della Guerra Fredda6.

Spese militari per regioni dal 1998 al 2018

Più che i valori di spesa, a dare testimonianza dell’attuale complessità internazionale, sono le percentuali di crescita. Dal 2009, i Paesi che hanno maggiormente incrementato la propria spesa per la difesa sono la Cina (+83%) e la Turchia (+65%). Poi ci sono gli altri Stati, considerati emergenti fino a qualche anno fa, tra cui Brasile, India, Arabia Saudita e Corea del Sud, seguite da Francia, Germania e Giappone. Nel 2018, l’incremento regionale più significativo riguarda il continente americano (+4,4%), seguito da Oceania e Asia (entrambe a +3,3%). Per quest’ultima si tratta del trentesimo anno consecutivo di crescita, anche in virtù del ruolo trainante della Cina, la cui assertività sta avendo, da tempo, un effetto

6 World military expenditure grows to $1.8 trillion in 2018, Sipri, 29 Aprile 2019 https://www.sipri.org/media/press- release/2019/world-military-expenditure-grows-18-trillion-2018 16 moltiplicatore nel sud – est asiatico e non solo, aumentando i timori dei Paesi vicini e spingendo in alto i loro budget militari. Relativamente al Medio Oriente, la spesa diminuisce dell’1,9%, in linea con un decennio piuttosto altalenante per via del legame tra l’andamento del prezzo del petrolio e le spese per la difesa. A trainare i numeri delle spese militari ci sono ancora una volta gli Stati Uniti, indiscutibilmente in testa alla classifica Sipri con 649 miliardi di dollari, pari al 3,2% del proprio Pil, e al 36% della spesa globale del settore. Un dato su cui pesa con evidenza la spinta impressa da Donald Trump al budget americano, con un considerevole aumento rispetto al 2017, quando gli Usa spesero 610 miliardi (allora era il 3,5% del Pil). Al secondo posto un’altra conferma: la Cina, con circa 250 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 228 miliardi dell’anno prima. A occupare il terzo gradino del podio delle spese militari, c’è l’Arabia Saudita, la cui spesa per la difesa arriva a sfiorare i 68 miliardi di dollari, pari all’’8,8% del proprio Pil, in leggero calo rispetto al 2017, nonostante il gravoso impegno nella guerra in Yemen. Al quarto posto si posiziona l’India con 66,5 miliardi (il 2,4% del Pil), al quinto la Francia con 63,8 miliardi di dollari (il 2,3% del Pil) e la Russia con 61,4 miliardi di dollari (il 4% del Pil). Seguono il Regno Unito (50 miliardi di dollari, 1,8% del Pil), la Germania (49,5 miliardi di dollari, 1,2% del Pil), il Giappone (49,6 miliardi, 2,3% del Pil) e l’Italia che si posiziona all’undicesima posizione con 27,8 miliardi di dollari pari all’1,3% del Pil7. In ambito continentale, l’aspirazione dell’Unione Europea ad acquisire maggiore autonomia strategica e ad affermarsi, in sinergia con la NATO, quale Global Security Provider, deve misurarsi con gli esiti incerti della Brexit, nonché con una polarizzazione degli Stati membri in gruppi di interesse capaci, come il format di Visegrad ha, sino ad oggi, dimostrato di operare ed incidere su alcuni dossier, su tutti quello delle politiche migratorie. Proprio su questo dossier, la difficoltà nel trovare una voce ed una posizione unitaria di comune interesse concorre all’affermarsi degli individualismi nazionali e rafforza la tendenza di ampie fasce del Vecchio Continente a cercare la protezione negli Stati – Nazione, i cui Governi, tuttavia, dispongono di mezzi e margini d’azione molto più limitati che in passato. Ne deriva che i singoli Governi sono sempre proporzionalmente più deboli rispetto sia agli altri maggiori attori globali sia ai giganteschi player non statuali che sono andati rafforzandosi in mondo esponenziale nell’ultimo decennio. Ne risulta un’Europa, secondo la Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, il cui ruolo, a fine 2018, è da molti percepito come inferiore a quello che le sue caratteristiche economiche, demografiche e geopolitiche la titolerebbero a ricoprire. Ciò in parte è dovuto anche all’esito della mancata

7 Pioppi S., Nel mondo le spese militari crescono, AirPress, maggio 2019, pp.4 – 5. 17 integrazione in molti settori delle economie degli Stati membri ed all’accesa competizione interna che si frappone sovente al perseguimento di strategie condivise, di proiezione o tutela. La fotografia delle difficoltà europee, insieme alla propensione statunitense a contrarre, o ridisegnare, gli ambiti e la portata del proprio intervento assumono particolare rilievo se lette alla luce della proattività che hanno continuato a mostrare tanto Pechino quanto Mosca, entrambe determinate ad acquisire, o riconquistare, un ruolo di assoluta centralità, ed entrambe interlocutori imprescindibili in un dialogo che deve essere in grado di tenere insieme la tutela dei nostri interessi, asset strategici e capacità di cogliere opportunità di crescita e sviluppo8. Parallelamente a queste dinamiche, il quadro geostrategico è ulteriormente gravato dalla minaccia del terrorismo internazionale che, dopo gli anni dell’affermazione territoriale dello Stato Islamico in Siria ed Iraq, continua a rappresentare una minaccia diffusa insieme al perdurare dei rischi connessi con il terrorismo di matrice confessionale, l’estremismo violento, il ritorno e la difficile gestione dei foreign fighters nei Paesi d’origine9. Le sconfitte inferte al DAESH nella sua dimensione statuale in Siria ed Iraq non hanno, infatti, fatto venir meno il pericolo rappresentato dalle sue propaggini regionali e dalla rete di affiliati, incluse le cellule che l’organizzazione avrebbe dispiegato all’estero, così come il richiamo esercitato tutt’ora dal Califfato “de – materializzato” presso una platea variegata in Occidente10. Non meno critica è la situazione nei Balcani, dove i nazionalismi, la perdurante crisi economica e il fenomeno dei foreign fighters, causano contrasti potenzialmente in grado di riaccendere conflitti, tanto da richiedere ancora la presenza della comunità internazionale, come nel caso della missione KFOR, per la normalizzazione della regione11. Inoltre, aree nordafricane e mediorientali, a lungo tempo tradizionalmente stabili (Egitto, Algeria, Tunisia, Siria e Libia), sono state soggette all’indebolimento delle strutture statuali a seguito del fallimento delle Primavere arabe, nonché all’estensione del fondamentalismo islamico e dei correlati fenomeni terroristici12. Vanno poi inquadrate, nell’ambito delle sfide che caratterizzano l’attuale scenario, le conseguenze dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento al riscaldamento globale, nonché i disastri naturali e di origine antropica che rappresentano un fattore di

8 Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, febbraio 2019, p.24 9 Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021, Ministero della Difesa, Edizione 2019. https://www.difesa.it/Content/Documents/Documento_Programmatico_Pluriennale_(DPP)_2019_2021_digit.pdf, p.3. 10 Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, febbraio 2019, p.27. 11 Bressan M., I Balcani occidentali al bivio. La NATO, KFOR e il ruolo dell’Italia, Informazioni della Difesa (SMD), 2018. 12 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, Novembre 2014, p.5. 18 rischio permanente, cui l’Italia risulta particolarmente esposta e che, negli ultimi anni, hanno registrato un progressivo incremento, in termini di intensità, magnitudine e frequenza, determinando un impegno crescente da parte della Difesa nella cosiddetta quarta missione13. La quarta missione è particolarmente rilevante poiché in base alle tendenze future è prevedibile che la Difesa sarà sempre più coinvolta in attività di questo genere i cui confini saranno sempre meno definiti a causa della minaccia ibrida14. Le emergenze e le crisi umanitarie di cui, soprattutto i Paesi più stabili, saranno costretti a farsi carico, continueranno a mettere a dura prova gli equilibri sociali e la sicurezza interna. È quindi probabile un tendenziale aumento delle crisi di natura “civile” legate appunto all’aumento demografico, al cambiamento climatico, alla desertificazione, alle migrazioni e alle possibili crisi alimentari e idriche all’origine delle migrazioni di massa insieme ai conflitti localizzati. Fenomeni, quest’ultimi, riconducibili alle conseguenze del processo di globalizzazione che è diventato uno dei driver principali dell’economia, della cultura, dei fenomeni sociali e politici e, di conseguenza, anche delle minacce alla sicurezza delle popolazioni15. Il trend evidenziato dalla Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza (2018) conferma come tra le principali sfide percepite dagli italiani per la loro sicurezza vi siano il decremento dei livelli di benessere, l’impatto socio – economico delle migrazioni illegali e il terrorismo internazionale16.

1.1 L’Italia e la centralità del Mediterraneo nell’attuale contesto internazionale La trasformazione del contesto internazionale, a partire dalla fine della Guerra Fredda, ha riportato, seppur lentamente, al centro del dibattito politico il concetto di interesse strategico nazionale. Secondo l’Ambasciatore Paolo Casardi, con questa espressione vengono definiti quegli interessi che sono alla base del nostro sistema politico, economico, militare, valoriale e culturale. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per l’Italia l’interesse strategico consisteva nell’ottenere le migliori possibili clausole nel quadro del trattato di pace e di cercare di essere ammessi il prima possibile nel nuovo sistema multilaterale creato dai vincitori della guerra. Per il nostro Paese, in quegli anni, l’entrata nella NATO, nelle Nazioni Unite e più tardi nelle prime forme d’integrazione europea furono

13 Concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgimento di compiti specifici in circostanze di pubbliche calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza. 14 Audizione del Ministro per la Difesa sulle linee programmatiche del Dicastero presso le Commissioni congiunte 4 (Difesa) del Senato della Repubblica e IV (Difesa) della Camera dei Deputati, Ministero della Difesa, Roma 26 luglio 2018, p.4. 15 Trenta E., L’utilizzo duale della capacità della difesa per scopi non – militari, Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), 2017, p.15. 16 Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, febbraio 2019, p.21. 19 importanti successi diplomatici e, per vari decenni, l’attenzione prevalente è stata posta sugli interessi italiani visti in chiave multilaterale, sia dal punto di vista politico, sia economico, o militare. Tuttavia, i nostri interessi strategici esclusivamente nazionali continuavano ad esistere, a maturare e a rinnovarsi, andandosi ad adattare ai nuovi scenari internazionali. Gli interessi strategici nazionali e le loro esigenze di supporto e di difesa nascono prevalentemente in base alla natura stessa del Paese considerato. Nel nostro caso, l’Italia ha un importante confine settentrionale situato nella zona centro-meridionale dell’Europa e per il resto è costituita da una penisola prepotentemente protesa nel Mediterraneo, accompagnata da alcune grandi isole. A prima vista, si direbbe un paese prevalentemente marittimo, ma sappiamo bene che la dimensione geografica costituisce una condizione necessaria, ma non sufficiente per determinare la vocazione di una nazione. Sono invece gli uomini e le donne che popolano il Paese, che con le loro scelte, le loro ambizioni e la loro tecnologia, rendono possibili e alimentano una vocazione piuttosto che un’altra. Nel 1861, con l’unificazione e l’avvio del processo di industrializzazione, l’importanza strategica del mare decuplica e l’Italia può definirsi definitivamente un Paese marittimo, non tanto per la lunghezza delle coste, o per il numero dei suoi porti, o per le dimensioni della marina mercantile o peschereccia, ma quanto perché la massima parte del sistema economico italiano viene a dipendere dalla navigabilità del mare. Il marchio «Made in » profuma di mare al momento della sua presentazione sul mercato estero sotto qualunque forma. Nella maggioranza dei casi, tali prodotti hanno fatto già due lunghi viaggi per mare. Il primo sotto forma di materia prima importata in Italia e il secondo come prodotto finito riesportato. Infatti, la mancanza di materie prime spinge l’Italia ovunque nel mondo le sia possibile approvvigionarsi. I flussi di materie prime cosi convogliati nel nostro Paese, nella massima parte per via marittima, vengono in parte consumati, ma in gran parte trasformati e successivamente riesportati. Nasce quindi un nuovo «sistema» economico, che ha portato l’Italia a essere una delle prime potenze economiche del mondo, il secondo apparato produttivo in Europa, in cui il mare acquisisce un ruolo centrale per l’economia e la sicurezza del nostro Paese. Il nostro sistema di import-export costituisce un formidabile «unicum» italiano, davvero ammirevole sul piano tecnico e finanziario, che ha dato al nostro paese la chance di esercitare un ruolo nel mondo, che la natura gli aveva negato. Vale la pena a tal proposito leggere con attenzione il nostro PIL, poiché tra importazioni ed esportazioni, quasi il 50 per cento del PIL viene reso possibile attraverso l’utilizzo del mare. Si tratta tra l’altro di una tendenza in crescita, sia per le nuove «autostrade del mare», sia per l’utilizzo di nuove rotte, come quella artica.

20 Sempre a proposito di PIL, è importante notare che solo una parte delle merci importate viene destinata al consumo interno, mentre una importante quantità è destinata all’economia di trasformazione. Questo vuol dire che il mare costituisce la via prevalente non solo per le nostre esigenze di sopravvivenza, ma anche e soprattutto per assicurare al nostro Paese il proprio sviluppo, basato in buona misura su un collaudato sistema economico, che è riuscito a mantenersi in attivo anche nei peggiori anni della crisi17. In quanto economia di trasformazione è evidente che il nostro interesse nazionale, è far parte di un mercato aperto comprendente 27 Paesi, che costituiscono congiuntamente il nostro primo partner commerciale, nell’ambito del quale è utilizzata la stessa moneta. Qualunque interruzione di questi flussi, qualunque serio problema sorgesse per lo stretto di Malacca, il Canale di Panama, o quello di Suez/Bab-el-Mandeb, non causerebbe solo un grave pregiudizio per i porti nazionali o esteri, ma metterebbe in crisi Milano, Torino e tutti i distretti industriali italiani. Ciò costituirebbe un grave danno anche per i nostri partner e alleati, ma per l’Italia la situazione sarebbe più grave, non potendo noi contare comunque su un consistente insieme di materie prime alternative e reperibili sul territorio nazionale. Di conseguenza se si tentasse di restringere la capacità di movimento via mare dei vettori economici italiani, o comunque di vettori diretti verso l’Italia da qualunque parte del mondo, si tratterebbe di un vulnus alla nostra sicurezza economica e quindi alla nostra sicurezza nazionale. Ciò comporta che — fatta salva in primis la sicurezza del territorio nazionale e dei suoi residenti — la natura del nostro sistema economico ci spinge a considerare di nostro stretto interesse anche i luoghi più lontani, dove è possibile acquisire le risorse di cui abbiamo bisogno. Quando si pensa alle risorse che il mare racchiude, non si deve fare riferimento esclusivo ai giacimenti sottomarini di idrocarburi o di materiali pregiati ma anche alla fitta rete di cablaggi per le telecomunicazioni e di pipelines destinate al trasporto di petrolio, gas e acqua, che sono appoggiati sui fondali oceanici. L’incremento delle telecomunicazioni e l’information technology sono due importanti aspetti della moderna globalizzazione. Internet, il trasferimento di denaro elettronico o di dati, gli acquisti on – line, le comunicazioni intercontinentali sono solamente alcuni dei beni che viaggiano sotto il mare. I cablaggi sottomarini consentono il 95% del traffico internazionale di dati e comunicazioni foniche, mentre i satelliti rendono possibile il restante 5%. Attraverso le seguenti mappe, la prima relativa alle condotte per idrocarburi18 e la seconda relativa ai cavi sottomarini, emerge come

17 Casardi P., Riflessioni sul concetto di interessi strategici nazionali, in Geopolitica del mare, Mursia 2018, pp. 27 – 31. 18 Infrastrutture energetiche, ambiente e territorio, Confindustria Energia, 2018, p. 10. 21 sul fondo del mare, nel dominio dell’underwater, corrano dei corridoi strategici di energia e dati il cui peso sulla civiltà odierna è pari se non superiore a quello del traffico marittimo che corre in superficie19.

Infrastrutture energetiche

Cavi sottomarini

I cavi sottomarini, pure se privati ed in acque internazionali, rientrano a ben vedere nelle infrastrutture critiche delle nazioni beneficiarie e, come tali, devono essere sorvegliati e protetti. Infine, c’è un ulteriore aspetto dell’economia del mare da inserire nel novero degli interessi marittimi nazionali: le risorse alimentari che esso assicura. Il previsto aumento della popolazione mondiale renderà ancora più importante l’accesso alle risorse alimentari ittiche.

19 Fonte: Submarine Cable Map 2019, https://submarine-cable-map-2019.telegeography.com/. 22 L’Italia è al secondo posto tra i Paesi membri dell’Unione Europea per dimensioni quantitative del comparto (flotta di circa 12.000 pescherecci e 60.000 addetti)20. Un settore fondamentale per l’economia italiana garantito, sin dal 1959, nel Canale di Sicilia da una presenza continua e pressocché ininterrotta di almeno un’unità (corvetta o pattugliatore) della Marina Militare per garantire il corretto svolgersi dell’attività di pesca. Queste operazioni di Vigilanza Pesca (VIPE) hanno assicurato per anni la necessaria protezione dei nostri pescherecci, a fronte di interventi molto spesso legalmente ingiustificati di altri attori marittimi nelle pescose acque dell’alto mare prospicenti le coste libiche e tunisine. L’unità in mare ha a bordo anche un team sanitario, per garantire un’eventuale assistenza medica a chi ne avesse bisogno, ed è in grado, se necessario, di attivare operazioni SAR nella zona di pattugliamento. L’attribuzione ai comandanti delle unità in VIPE di funzioni di Polizia Giudiziaria rappresenta una ulteriore dimostrazione della volontà nazionale di far rispettare la legge e gli accordi internazionali in acque di sicuro interesse italiano21. L’importanza e le potenzialità del mare sono tali da rendere un interesse vitale per la Nazione la protezione e la tutela dell’ambiente marittimo. Le minacce alla sicurezza della navigazione, la pirateria, il terrorismo, l’immigrazione illegale, i traffici illeciti di varia natura (sostanze stupefacenti, esseri umani, armi, ecc.), l’inquinamento e il degrado dell’ambiente marittimo, la pesca indiscriminata, gli attacchi cyber sono pericoli concreti che assumono un respiro globale e non solo locale e regionale. La maggior parte di queste minacce, se prese singolarmente, con la sola eccezione della pirateria e del terrorismo, in realtà, non sono in grado di interrompere il commercio mondiale. Tuttavia, quando si combinano, esse generano pericolosi fenomeni di insicurezza contro un ambiente tanto cruciale per l’economia e la società, quanto vulnerabile. Si può ben comprendere, quindi, come si sia sempre più affermato un nuovo concetto di sicurezza marittima, in cui diventerà essenziale garantire la sicurezza dell’ambiente marittimo contro tutte le tipologie di inquinamento, dalle minacce derivanti dai conflitti interstatali, da quelle poste in essere da soggetti non statualizzati (gruppi terroristici, gruppi di pressione, organizzazioni criminali) a quelle legate al cambiamento climatico e a quelle inerenti la ripartizione degli spazi marittimi internazionali negli ambiti di Zona contigua, Zona archeologica, Zona Protezione Ecologica (ZPE), Search and Rescue (SAR) e Zona Economica Esclusiva (ZEE). In particolare, la mancata istituzione da parte dell’Italia di zone ZEE indebolisce la nostra posizione rispetto agli Stati frontisti. In casi del genere, sul

20 Caffio F., L’Italia e gli spazi marittimi. Risorse e dispute nel Mediterraneo: la posizione italiana, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, p.105. 21 Ramoino P.P., La strategia del sea control nel contesto attuale. Considerazioni sul “controllo del mare”, aspetti teorici e mezzi necessari con particolare riferimento all’Italia, in Geopolitica del mare, Mursia 2018, p.172. 23 versante italiano, vi è una zona di alto mare, vale a dire un’area in cui nessuno esercita giurisdizione se non i singoli Stati di bandiera sulle proprie navi. In Adriatico, per esempio, può avvenire che il traffico marittimo si sposti nell’alto mare adiacente le nostre coste per evitare le restrizioni ambientali poste da Paesi vicini22. È inoltre necessario che l’Italia contribuisca a mettere un freno alla cosiddetta territorializzazione del Mediterraneo, cioè la tendenza da parte dei Paesi rivieraschi ad accampare pretese su vaste zone di mare circostanti, approfittando del fatto che le nuove tecnologie permettono oggi lo sfruttamento dei fondi marini in misura molto più importante del passato. Tale tendenza sta già creando forti tensioni tra svariati Paesi mediterranei, che potrebbero sfociare anche in azioni armate23. La centralità del Mediterraneo per la nostra economia è confermata anche dai numeri citati dal direttore generale di Confitarma, Luca Sisto, che evidenzia come il Mar Mediterraneo sia uno dei bacini marittimi di maggiore interesse per la sicurezza e la stabilità dello scenario mondiale. Il mare nostrum è il crocevia di numerose importanti direttrici di traffico: sebbene rappresenti circa l’1% della superfice marittima mondiale, vi transita circa il 20% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea su container, il 30% dei flussi di petrolio mondiali, il 65% del flusso energetico per i Paesi dell’Ue. La rinnovata attenzione mondiale per questo piccolo specchio d’acqua è ben rappresentata dalla crescita degli investimenti cinesi, passati in poco più di un decennio dai 16,2 miliardi del 2001 ai 185 attuali. Strategicamente indicativi sono gli investimenti nel porto del Pireo, privatizzato nel 2016, in favore di Cosco Shipping Group, il quarto carrier mondiale alle spalle di Maersk, Msc e Cma-Cgm, nonché leader nel settore dry e liquid bulk. Sembrerebbe chiaro l’obiettivo cinese di fare del Pireo il maggiore hub logistico per il Mediterraneo, forte della vicinanza geografica a Suez (porta d’ingresso dall’Oriente) e con la potenzialità di divenire nel prossimo futuro uno snodo cruciale per il transhipment dei container provenienti dall’Asia. Tali investimenti, che riguardano anche le vie di collegamento terrestri ai porti, si inseriscono nel più ampio disegno cinese Belt and Road Initiative (Bri, o Nuove Vie della Seta) che prevede ingenti investimenti sulle direttrici terrestre e marittima tra Cina ed Europa: un traffico che attualmente si attesta ad oltre 25 milioni di container/anno24.

22 Caffio F., L’Italia e gli spazi marittimi. Risorse e dispute nel Mediterraneo: la posizione italiana, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, p.98. 23 Casardi P., Riflessioni sul concetto di interessi strategici nazionali, in Geopolitica del mare, Mursia 2018, pp. 27 – 31. 24 Sisto L. e Pellizzari M., Il ruolo dei traffici marittimi nel sistema economico nazionale, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, pp. 74 – 75. 24 La rinnovata centralità del Mediterraneo nelle strategie delle grandi potenze mondiali è anche il risultato del notevole sforzo profuso per la messa in sicurezza della sua porta d’ingresso-uscita orientale. Nei primi anni del nuovo secolo, ha infatti ripreso vigore un fenomeno che fino a quel momento in Occidente era stato relegato alla letteratura e al cinema: la pirateria marittima. L’Italia, consapevole del rischio, ha affiancato le Marine militari internazionali nel contrasto del fenomeno e, nel 2011, attraverso una serie di provvedimenti normativi (a partire dalla legge 130 del 2011), ha introdotto la difesa attiva a bordo delle navi italiane. Tale situazione ha obbligato l’Europa, e noi in primis, a ripensare l’idea di Mediterraneo quale mare chiuso, ridefinendo un’area geostrategica denominata Mediterraneo allargato che include Golfo Persico, Mar Nero, Oceano Indiano e coste occidentali africane che insistono sul Golfo di Guinea. Un’area geostrategicamente unitaria sotto il profilo della sicurezza marittima. Se dunque il Mediterraneo non è più definibile solo nostrum, certamente resta di nostro primario interesse, quindi da tutelare. Da qui, l’esigenza di assicurare la libertà e la sicurezza dei traffici marittimi, di preservare l’approvvigionamento energetico nazionale (fondamentali da questo punto di vista la rotta del petrolio dal Golfo via Suez, quella dal Sudafrica e il Golfo di Guinea per il gas) e di non marginalizzare il Mediterraneo. Ma la minaccia di un Mediterraneo economicamente marginalizzato non è del tutto sventata. Nuovi e rilevanti pericoli derivano dalla crisi migratoria, che obbliga all’allungamento delle rotte, al dispiego di capacità navali nell’area Sud del nostro mare, al fenomeno ormai «sistemico» e non più accidentale dell’organizzazione, anche in capo alla nostra flotta mercantile, del search and rescue. Ne derivano sovraccosti assicurativi, la necessità di impiegare ingenti capitali pubblici e privati per aumentarne i livelli di sicurezza, nonché pesanti ripercussioni sulla libertà dei traffici dovute all’instabilità regionale (dalla Crimea alla Libia). Mare insicuro uguale mare costoso: occorre pertanto evitare che s’inneschi una catena di inefficienze tali da rendere diseconomico il nostro mare25. Da qui l’importanza di continuare a mettere in sicurezza le rotte dentro e fuori il Mediterraneo, così vitali per la nostra economia. Non a caso si parla di economia del mare (blue economy) in particolare in Italia, dove oltre il 54% del commercio estero (240 milioni di tonnellate) avviene via mare, a fronte del 15% che utilizza la modalità stradale. Siamo un’economia di trasformazione, grande importatrice di materie prime, soprattutto di prodotti energetici, in primis petrolio (la quasi totalità del petrolio importato dall’Italia utilizza la via marittima). Ma

25 Sisto L. e Pellizzari M., Il ruolo dei traffici marittimi nel sistema economico nazionale, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, pp. 78 – 79 25 siamo anche un mercato che importa prodotti finiti (giocattoli, vestiti, computer e altro) e derrate alimentari: tutte merci che viaggiano sul mare. Limitando lo sguardo al traffico commerciale con i soli Paesi extra-Ue, ben l’85% delle merci arriva e parte utilizzando la grande via marittima. Degli oltre 90 miliardi di euro di merci importate nel 2016, oltre il 55% in valore e il 70% in peso viaggia via mare mentre, dei quasi 110 miliardi di merci esportate, circa il 45% in valore e l’85% in peso viaggia via mare. Dal lato dell’import il principale partner italiano si conferma la Cina con il 19% di merci in valore, seguita dagli Stati Uniti (10%) e dalla Russia (7%). Rispettivamente il 75%, il 40% e il 47% di tali importazioni avviene via mare. Dal lato delle esportazioni i partner economici più rilevanti sono gli Stati Uniti con il 20% delle merci in valore, seguiti da Svizzera (10%), Cina (6%) e Turchia (5%). Di queste, ad esclusione della Svizzera per ovvi motivi geografici, rispettivamente il 62%, 64% e 57% avviene via mare26. La stabilità delle relazioni internazionali è quindi un requisito centrale per garantire il nostro sistema economico fondato sulla apertura delle frontiere e sulla libera circolazione delle merci, in gran parte per via marittima. A completare l’analisi relativa alla stretta interconnessione tra l’economia e la dimensione marittima, va ricordato che il cluster marittimo nazionale genera da solo circa il 3% del Pil, con un moltiplicatore economico d’investimento pari a 2,9 volte il capitale investito e che la capacità marittima nazionale, rappresentata dal binomio Flotta della Marina e della cantieristica / industria ad alta tecnologia ad essa correlata, costituisce un volano economico, industriale, culturale e sociale fondamentale per il Paese. Essa coinvolge una vasta gamma di settori industriali quali metalmeccanico, siderurgico (il 90% dell’acciaio utilizzato proviene da industrie italiane), meccanica di precisione, elettrico, elettronico, armamenti, robotica, arredamenti navali, ecc27. Per garantire pertanto la sicurezza del nostro status politico – economico, nonché la sicurezza dei connazionali all’estero (dei 4,6 milioni residenti all’estero, circa l’85% vive in Stati rivieraschi o raggiungibili dal mare), la nostra rete diplomatico – consolare svolge un ruolo primario a cui si accompagna l’impegno del Ministero della Difesa per l’attuazione di operazioni di mantenimento della pace, oppure in favore della lotta antipirateria, o per il contenimento di un’eventuale calamità naturale fuori frontiera, o per operazioni di difesa

26 Ivi, p. 70. 27 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, novembre 2014, p.12. 26 vere e proprie, da estendere ai nostri connazionali, ai nostri commerci e alla nostra sicurezza energetica, concetto strettamente connesso a quello di dipendenza energetica28. Il 90% circa del gas naturale utilizzato in Italia a fini energetici ha provenienza estera, a fronte di una media europea del 70%. Grazie a quattro gasdotti internazionali e a tre rigassificatori, il gas importato viene immesso nella rete di distribuzione nazionale. Dal 2020, tramite il gasdotto TAP, in fase di ultimazione, l’Italia importerà un volume complessivo di circa 8,8 miliardi di metri cubi annui di gas proveniente dall’Azerbaijan. Tuttavia, le forniture provenienti da Russia e Algeria sono e resteranno strategiche per l’Italia ed entrambe hanno particolari criticità, soprattutto di natura geopolitca, che possono determinare per il nostro Paese un aumento dei costi d’importazione. Sul fronte dell’approvvigionamento petrolifero l’Italia ha dovuto, soprattutto a causa delle tensioni nella sponda meridionale del Mediterraneo, diversificare i mercati superando le difficoltà del recente passato, allorquando la Libia forniva da sola quasi un terzo del totale del greggio importato. Nonostante le limitazioni di import dall’Iran, nel 2016, l’area di provenienza della quota maggiore d’importazione petrolifera è stata quella del Medio Oriente, pari al 38,2% del totale29. Per il futuro è anche prevista la costruzione di un ulteriore gasdotto denominato East Med per il trasporto via Creta e Grecia continentale, del gas dei giacimenti ciprioti e israeliani. Le scoperte nella ZEE egiziana da parte dell’ENI, nel 2015, del grande giacimento Zohr di circa 850 miliardi di metri cubi di gas, così come la concessione sempre dell’ENI nella ZEE cipriota relativa al Block 6 a sud dell’isola, in un’area contestata dalla Turchia perché essa ricade nella porzione occidentale della ZEE cipriota spartita per accordo con l’Egitto nel 2003, così come le azioni di interdizione condotte dalla Turchia per impedire all’ENI, attraverso la nave Saipem 12000, l’avvio di prospezioni nel Block3, oggetto di concessione da parte di Cipro in area prospicente la parte nord – orientale dell’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord (RTCN), hanno confermato ulteriormente la centralità strategica del Mediterraneo e ribaltato ogni previsione sulle riserve energetiche del Mediterraneo, aprendo nuove possibilità di sviluppo dell’utilizzo di energia pulita non solo in Egitto e nei Paesi circostanti, ma anche in Italia. Il nostro Paese è dunque il più importante hub energetico mediterraneo non foss’altro perché è il Paese maggiormente dipendente dall’estero. Naturalmente, la protezione della rete infrastrutturale energetica è considerabile un “interesse vitale” del Paese, poiché un’eventuale interruzione delle forniture determinerebbe una crisi energetica e sociale dagli effetti imprevedibili. Il danneggiamento

28 Moretti C., La strategia energetica italiana – Gli interessi nazionali in materia di sicurezza energetica. Prospettive e connessioni con le politiche europee, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, p.46. 29 Ivi, pp. 49 – 52. 27 doloso di tali condotte configurerebbe un attentato alla sicurezza nazionale che dovrebbe essere contrastato dalla nostra Marina Militare nell’ambito dei propri compiti d’istituto, come in effetti è già previsto30. Da queste considerazioni ne consegue l’esigenza di un’opera di sorveglianza preventiva svolta in mare lungo il percorso dei gasdotti così come una continuità nella capacità di proiezione strategica del nostro appartato militare, anche fuori area. Senza queste capacità e con uno spirito di intenso e quotidiano coordinamento interforze, non potremmo avere il comando di operazioni di peacekeeping, in zone per noi molto sensibili, con evidenti risvolti sul piano della politica estera, in linea con il nostro interesse nazionale e con quello generale. Nel Mare Nostrum interagiscono quindi numerosi attori statuali che, pur avendo limitata prossimità terrestre o marittima con l’area, ne influenzano le prospettive. L’attuale scenario di riferimento si differenzia profondamente sia dalla Guerra Fredda, dove per circa 50 anni le tensioni endemiche del bacino erano state congelate attraverso un bilanciamento di forze che imbrigliava i possibili conflitti e preveniva l’emergere di potenze regionali, sia dai primi anni Novanta. Lo stabile e rassicurante sistema di potere bipolare, così come le particolari condizioni del momento unipolare oggi non esistono più e nuovi attori con aspirazioni globali, come la Cina, hanno iniziato ad esercitare un’influenza sull’area, confermandone la centralità e la rilevanza mondiale, ben al di là dei choke points di Suez e Gibilterra. Il primo scossone a questo equilibrio è venuto con l’implosione dell’impero sovietico e la crescita economica della Cina, con il conseguente parziale riaggiustamento dell’attenzione e delle priorità americane più verso il Pacifico, che non verso l’area europea e mediterranea. Inoltre si è verificato, con il tempo, un rafforzamento di alcune minacce esterne che hanno preso dimensioni mai prima raggiunte, come il terrorismo e la pirateria marittima, mentre si sono aggravati alcuni fenomeni già esistenti, come l’immigrazione clandestina. Tali circostanze, insieme a nuovi atteggiamenti aggressivi da parte di medie potenze mediterranee e mediorientali, nonché il ritorno all’uso della guerra in generale, come strumento per risolvere i conflitti, non sono sempre state valutate dai nostri alleati atlantici, né dai partner europei, con i nostri stessi criteri di merito e di urgenza. Per tutte queste ragioni, con l’avvento del nuovo millennio e con le predette situazioni, rese più acute a causa anche della crisi economica nel frattempo intercorsa, una nuova riconsiderazione delle nostre esigenze nazionali si è ridestata nel Paese31. Il commercio marittimo mondiale rappresenta e incarna lo spirito della globalizzazione: l’80% (in termini

30 Caffio F., L’Italia e gli spazi marittimi. Risorse e dispute nel Mediterraneo: la posizione italiana, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, pp.110 – 111. 31 Casardi P., Riflessioni sul concetto di interessi strategici nazionali, in Geopolitica del mare, Mursia 2018, pp. 28 – 29. 28 di valore delle merci trasportate) o il 90% (in termini di volume) del commercio si svolge via mare. Il commercio marittimo può essere considerato come il perno dell’economia globale e del benessere collettivo. Le grandi risorse naturali delle terre emerse, i manufatti prodotti dalle industrie, i beni alimentari non varrebbero granché se non esistesse la capacità di trasferirli, via mare, in ogni punto del globo. Le maggiori linee di comunicazione marittima transitano attraverso sette importanti choke points: Stretto di Hormuz, Stretto di Malacca, Stretto di Bab el – Mandeb, Canale di Suez, Stretti Turchi, Stretto di Gibilterra, Canale di Panama. Se la sicurezza di queste linee di comunicazione marittima e dei choke points non fosse garantita, gli effetti sul commercio mondiale sarebbero disastrosi e i costi dello stesso aumenterebbero in maniera considerevole32. In tale contesto l’Italia, proiettata con i suoi 8.000 chilometri di costa al centro del Mediterraneo, presenta una frontiera terrestre sicura a nord con i Paesi europei e una frontiera liquida aperta a sud, rappresentata dal Mar Mediterraneo33. A fronte di questo scenario, la libertà di accesso ai Paesi e libertà di navigazione devono essere i nostri obiettivi da cui discende la nostra predisposizione alla stabilità tra le nazioni e la nostra sincera partecipazione allo sforzo ONU in favore della pace nel mondo, accompagnato da un esercizio del soft power nelle assise internazionali e qualche volta in via bilaterale, a favore della democrazia, dei diritti umani, della centralità della persona, del rispetto della vita umana e della cultura e della cooperazione allo sviluppo dei popoli emergenti. Indirizzi di politica internazionale confermati anche dal Vice Ministro degli Affari Esteri Emanuela Del Re, nel corso della visita alla Base Militare Italiana di Supporto (BMIS) a Gibuti, lo scorso 30 e 31 luglio, insieme all’allora Ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Per il Vice Ministro Del Re, l’Italia vede Gibuti quale hub regionale fondamentale, un choke points strategico, ovvero una base che può amplificare la mobilità globale delle grandi potenze e allo stesso tempo diminuire la mobilità globale degli avversari. Il nostro Paese concepisce il proprio ruolo a Gibuti non solo in termini di presenza militare di sicurezza, ma anche di raccordo con la popolazione, attraverso l’attività CIMIC con la ricostruzione di ospedali e scuole34. L’Italia, ha ribadito il Vice Ministro Emanuela Del Re, crede in una strategia di cooperazione allo sviluppo olistica, in cui la sicurezza gioca un ruolo importante35. Tratti distintivi, caratterizzanti e riconosciuti alle nostre Forze Armate

32 Zampieri F., Considerazioni di strategia marittima. Le minacce all’ambiente marittimo e il valore della strategia marittima nazionale, in Geopolitica del mare, Mursia 2018. 33 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, novembre 2014, p. 6. 34 Del Re E., Che cosa fa l’Italia nel piccolo grande Gibuti, Limes 7/2019, p.286. 35 Missione della Vice Ministra Del Re a Gibuti, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 31 luglio 2019. https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2019/07/missione-della-vice-ministra-del-re-a- gibuti.html. 29 impegnate all’estero, in 37 missioni di cui 35 internazionali in 22 Paesi, per un impegno di circa 5.700 militari36.

36 Operazioni militari, Ministero della Difesa, https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/Pagine/OperazioniMilitari.aspx. 30 2 LO SVILUPPO DELLO STRUMENTO MILITARE

Nel campo della strategia militare una delle attività più complicate è quella di applicare i concetti strategici, frutto di un’elaborazione intellettuale, per costruire uno strumento che possa poi operare in modo efficace, consentendo il raggiungimento di quei fini che il decisore politico ha stabilito. Questa attività, la strategia dei mezzi, è resa oggi ancora più complicata dal contesto internazionale in cui oltre alla presenza degli avversari, l’equazione alleato / amico non sempre coincide. Ad incidere sulla complessità di questa difficoltà vi è:  la convivenza di mezzi e reparti superati insieme ad altri nuovi poiché nessuno strumento militare viene costruito partendo da zero;  le ristrettezze finanziarie rispetto ai compiti e alle ambizioni;  il tempo per che intercorre tra la concezione iniziale e l’entrata in linea operativa di un mezzo, che varia tra i cinque e i quindici anni a seconda della complessità. Soprattutto quest’ultimo aspetto presuppone affrontare il progetto guardando lontano, con una previsione strategica, affinché il mezzo risulti utile e quindi efficace, quando alla fine entrerà in servizio37. Nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021 viene evidenziato che Le risorse destinate al funzionamento e all’ammodernamento dello Strumento militare devono essere viste non soltanto come un impegno necessario volto ad assicurare adeguati livelli di sicurezza nell’attuale contesto geostrategico, ma anche come un investimento fruttuoso per il Paese, in grado di promuovere ricerca, occupazione e sviluppo – in particolare nei settori a più elevato contenuto tecnologico – determinando significative e positive ricadute nel settore civile38. Per fare ciò si dovrà operare sulla base di principi di razionalizzazione ed efficientamento, nonché proponendo ogni sforzo possibile per intercettare le risorse che saranno rese disponibili per l’implementazione della Difesa europea. Coerentemente con questa visione, il fondo europeo di 13 miliardi di euro per la difesa per gli anni 2021 – 2027, consentirà di sviluppare ricerca e tecnologia nel settore della difesa in Europa e fungerà da catalizzatore per una base industriale e scientifica innovativa e competitiva39. È evidente che la strada verso una difesa europea passa anche attraverso il primato delle competenze e professionalità accademiche e industriali che ciascun paese dell’Unione sarà in grado di esprimere e mettere a disposizione per il progetto comune. È questo un ulteriore motivo per

37 Sanfelice di Monteforte F., Lo strumento navale. Compiti, ruoli e capacità necessarie di un moderno strumento navale integrato nello strumento militare nazionale, in Geopolitica del mare, Mursia 2018, p.p. 195 – 198. 38 Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021, Ministero della Difesa, Edizione 2019. 39 Commissione Europea – Comunicato stampa, Fondo europeo per la difesa: 525 milioni di € per Eurodrone e altri progetti industriali e di ricerca comuni, European Commission – Press Release Database, 19 marzo 2019 http://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-1717_it.htm. 31 riflettere sulla rilevanza strategica delle tecnologie duali e sulle ricadute positive che genererebbero a vantaggio di tutto il sistema paese40. Più in generale le spese per la politica Estera e quella di Difesa dovrebbero essere viste più come investimenti, che non come semplici costi, proprio perché a tutela degli interessi strategici nazionali, ovvero quegli interessi che sono alla base del nostro sistema politico, economico, militare, valoriale e culturale41. È noto tuttavia, da quanto si apprende nel DPP 2019 – 2021, che tale ammodernamento stia risentendo già da tempo, delle misure di contenimento della spesa pubblica imposte dall’odierno contesto economico – finanziario del Paese, a cui la Difesa è stata chiamata a contribuire. Ciò ha determinato la contrazione delle risorse disponibili, rendendo difficoltosa l’implementazione di alcuni tra i nuovi programmi, imponendo l’annullamento dell’avvio di altri nonché il posticipo e/o la diluzione nel tempo di taluni investimenti. Per fronteggiare queste sfide il Ministero della Difesa sta proseguendo il processo di ammodernamento e rinnovamento dello Strumento militare per garantire: - il mantenimento delle capacità esistenti al fine di assicurare l’operatività delle Forze Armate; - il completamento dei programmi già avviati; - il ripianamento dei gap capacitivi accumulati e la risoluzione delle criticità programmatiche dei precedenti esercizi finanziari tenuto conto delle nuove minacce; - le iniziative di razionalizzazione ed ottimizzazione in ambito interforze ed interdicasteriale, nonché le opportunità offerte dai programmi in cooperazione internazionale; - la prosecuzione delle bonifiche ambientali e la razionalizzazione delle infrastrutture; - il potenziamento della capacità di operare nel dominio cibernetico; - il sostegno alla ricerca tecnologica. La pianificazione, la programmazione e lo sviluppo della crescita delle Forze Armate risulta indispensabile non solo per assicurare la difesa dello Stato ma anche per confermare gli impegni assunti dal Paese, nonché per far fronte al naturale depauperamento delle capacità e all’usura dei mezzi e dei materiali che impongono un costante processo di ammodernamento rinnovamento e sostegno logistico, anche nell’ottica di realizzare ulteriori risparmi, attraverso la realizzazione di economie di scala. In questo contesto, bilanciare la dimensione quantitativa con quella qualitativa dello strumento militare rappresenta una delle principali sfide della Difesa al fine di consentire al Paese di disporre di uno strumento militare rispondente alle caratteristiche strategiche delle forze militari del futuro.

40 Rapporto 2018 – Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, italiadecide, il Mulino 2018 p.22. 41 Casardi, Riflessioni sul concetto di interessi strategici nazionali, in Geopolitica del Mare, Mursia 2018, p. 42. 32 È pertanto necessario uno strumento militare efficace, oltre che efficiente, in grado di assicurare la difesa degli interessi nazionali nel contesto strategico sopra delineato, in grado quindi di spiccate capacità di proiezione. Gli indirizzi individuati dal Ministero della Difesa in questo percorso nell’ambito del Documento di integrazione concettuale delle linee programmatiche del dicastero “Duplice uso e Resilienza” possono condensarsi in due parole chiave: resilienza e duplice uso. Resilienza significa essere in grado di sopravvivere, adattarsi e migliorare di fronte allo stress e al cambiamento, resistere agli shock, riorganizzare e ricostruire quando è necessario. Per costruire questo tipo di resilienza occorre mettere insieme le capacità, le abilità, le possibilità e le risorse dei settori pubblico e privato e della società civile per attivare un cambiamento sociale che vada oltre la semplice innovazione tecnologica. Un sistema sociale è resiliente se lo sono le sue componenti, inclusa la comunità, la quale si dice “resiliente” quando è capace di rispondere ad eventi improvvisi e sfavorevoli, in un modo che permetta ai gruppi e agli individui di lavorare insieme per minimizzare le conseguenze avverse delle crisi. Pertanto una comunità è resiliente quando è, in primo luogo, flessibile. Un Sistema Paese resiliente è una realtà in cui infrastruttura, governance e servizi sono sviluppati per garantire una risposta adeguata ai bisogni della collettività in situazioni di disastro, emergenza, pre–crisi e crisi attraverso la pianificazione e l’implementazione di una strategia completa di resilienza che preveda un approccio collaborativo, adatto a guidare e sostenere le forze del sistema ed i suoi attori. Tale approccio si fonda su una collaborazione tra i molteplici soggetti, in particolare le due macro categorie “militare” e “civile”42. Applicando il concetto di resilienza al cambiamento della minaccia che il nostro Paese si trova ad affrontare, l’allora Ministro della Difesa Elisabetta Trenta illustrava, nell’audizione del 26 luglio 2018 delle commissioni difesa del Senato e della Camera che la resilienza è da intendersi come capacità di adattarsi al cambiamento, elaborando anche un’accurata revisione del concetto stesso di Difesa, a fronte di una minaccia ibrida e dal carattere poliedrico che ci pone davanti a nuovi obiettivi e a nuove sfide. Nel corso dell’audizione con le commissioni difesa del Senato e della Camera del 26 luglio 2018, l’allora Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, affermava che con dual use è da intendersi la consapevolezza di dover sostenere e al contempo ampliare, le opportunità di duplice uso delle capacità della Difesa per scopi non militari e a supporto della resilienza stessa. Un approccio che consentirà al Paese di accrescere la sua sicurezza collettiva nei confronti di tutte quelle minacce ed eventi calamitosi che possono perturbare il regolare svolgimento della vita dei cittadini. In questo ambito NATO sono state identificate

42 Bertolotti C. e Trenta E., Resilienza collaborativa e prontezza civile, Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS) 2017, pp. 2 – 3. 33 le caratteristiche strategiche che dovranno essere soddisfatte dalle Forze Armate dei Paesi membri, inclusa la capacità di integrarsi in maniera strutturata e standardizzata con le componenti non militari per operazioni Non – Combat e a supporto della resilienza civile attraverso il cosiddetto paradigma del multi – purpose by design. Si tratta del processo di sviluppo di capacità e assetti militari a molteplice scopo, in grado di supportare le Forze Armate nello svolgimento delle quattro missioni. La progettazione, la produzione e l’impiego di assetti militari per molteplici scopi, settore in cui l’industria nazionale, nel recepire i requisiti operativi degli Stati Maggiori, è all’avanguardia, consentirà alla Difesa di contribuire con sempre maggiore efficienza ed efficacia alla Sicurezza Nazionale, rappresentando, per il Sistema Paese un’importante opportunità industriale, occupazionale e commerciale di tangibile valore e, al tempo stesso, un imprescindibile volano per aumentare riconoscibilità e competitività dell’Italia nel mondo43. A fronte quindi dell’analisi geostrategica del contesto di riferimento e delle tendenze e implicazioni a medio / lungo termine sin qui descritta, lo strumento militare dovrà essere sempre più orientato ad affrontare in maniera efficace, efficiente e sostenibile le sfide emergenti quali le minacce ibride, la sicurezza cyber – energy, gli effetti delle calamità, le crisi di straordinaria necessità e urgenza, l’hyperwar, senza ovviamente tralasciare le crisi convenzionali44.

43 Audizione del Ministro della Difesa sulle linee programmatiche del Dicastero presso le Commissioni congiunte 4ª (Difesa) del Senato della Repubblica e IV (Difesa) della Camera dei Deputati, Ministero della Difesa, Roma 26 luglio 2018 pp.2-17-23. 44 Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021, Ministero della Difesa, Edizione 2019. 34 3. CIVILE E MILITARE: TECNOLOGIE DUALI PER L’INNOVAZIONE E LA COMPETITIVITÀ DEL PAESE

3.1 Cenni storici Il rapporto tra ricerca scientifica, innovazione e applicazione di nuove tecnologie in guerra, così come le tecnologie utilizzabili tanto in ambito civile quanto in ambito militare, si può far risalire all’antichità. Secondo il docente ed esperto di storia militare, Martin Van Creveld, la guerra è permeata dalla tecnologia al punto che ogni singolo elemento è governato o quantomeno legato ad essa. Se è vero che ogni fase della guerra è interessata dalla tecnologia, non è meno vero che ogni fase della tecnologia influenza la guerra. In effetti, le tecnologie non normalmente considerate militari, come strade, veicoli e comunicazioni hanno inciso profondamente il volto della guerra. Queste tecnologie governano e possono effettivamente costituire ciò che chiamiamo l'infrastruttura della guerra. Tuttavia, l'idea che la guerra sia principalmente una questione tecnologica e quindi dovrebbe essere condotta dai tecnici, che dovrebbero impiegare metodi derivati dalla tecnologica e cercare la vittoria acquisendo e mantenendo la superiorità tecnologica non ha dimostrato di essere del tutto evidente né così risalente all’antichità. Tale idea si è infatti affermata e sviluppata dall’avanzata tecnologica successiva alla Rivoluzione Industriale45. Con i due conflitti mondiali del ‘900 la ricerca della superiorità tecnologica ha impresso una trasformazione sostanziale nell’industria militare in tutti i campi di battaglia, terrestre, marittimo e aereo, fino alla produzione e all’impiego delle bombe atomiche impiegate a Hiroshima e Nagasaki. Molte tra le ricerche e soluzioni individuate per il campo di battaglia hanno avuto importanti risvolti nella vita civile, come la conservazione della carne in scatola (risalente ai tempi delle guerre napoleoniche), i respiratori subacquei (sviluppati per incursori e forze speciali) fino ad una serie di importanti passi avanti nel campo delle pratiche medico – sanitarie (basti pensare alla sanità militare napoleonica che introdusse il concetto stesso di “primo soccorso” o alla fondazione dell'attività professionale infermieristica durante la guerra di Crimea)46. Se consideriamo alcuni esempi di tecnologie e di grandi progetti nati nel Novecento, quali i progetti Apollo, Arpanet e Galileo, possiamo constatare come molti benefici si siano protratti nel tempo andando oltre l’orizzonte previsto. Generalmente i benefici possono essere diretti e correlati agli obiettivi stessi di ciascun progetto ed indotti, ovvero conseguibili

45 Van Creveld M., Technology and war. From 2000 B.C. to the present, The Free Press, 1991. 46 Così l’industria militare ha migliorato la nostra vita, Il Giornale, 28 giugno 2013 http://www.ilgiornale.it/news/interni/cos- lindustria-militare-ha-migliorato-nostra-vita-navigatore-931222.html. 35 in altri campi applicativi non necessariamente ricollegabili alle specificità del progetto iniziale. Il progetto Apollo nacque duale con l’obiettivo di dimostrare la superiorità tecnologica statunitense su quella sovietica nel campo dell’esplorazione spaziale (scientifico – civile) e della difesa missilistica (militare). La corsa alla Luna, culminata con l’allunaggio il 20 luglio 1969, fu una sfida tecnologica incredibile. Le missioni Apollo sono state il più grande incubatore di imprese e di innovazioni con un coinvolgimento di 60mila scienziati e ingegneri, 400 persone e 20mila aziende. Mai nella storia dell’umanità c’è stato un impulso così grande all’innovazione che è andato ad aggiungersi al fall – out tecnologico della corsa allo spazio (programmi Mercury e Gemini) e allo sfruttamento commerciale della ricerca bellica della Seconda guerra Mondiale, considerando il fondamentale contributo dell’Ingegnere Wernher von Braun, il progettista del Terzo Reich dei razzi V – 2, precursori dei missili balistici e lo stesso progetto Manhattan47. Costato in termini di valori economici circa 30 miliardi di dollari, oggi equivalenti a circa 240 miliardi ovvero il 10% del PIL italiano, il progetto Apollo ha comportato un trasferimento tecnologico per applicazioni industriali su larga scala. Si calcola che per ogni dollaro speso negli anni ’60 per il programma Apollo, le ricadute tecnologiche ne abbiano prodotti tre. Basti pensare che sono almeno 30.000 i diversi oggetti prodotti utilizzando tecnologie messe a punto da Apollo e, molti di questi, fanno parte della vita quotidiana come il goretex delle tute degli astronauti, il velcro che si è affiancato a bottoni e chiusure lampo, o il rivestimento in teflon per rendere le pentole antiaderenti48. La corsa alla Luna ha dato un forte impulso allo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie che sono state alla base delle applicazioni della trasformazione digitale, come i circuiti integrati che hanno permesso di costruire personal computer derivandoli direttamente dal computer di bordo del modulo lunare. Grazie ai circuiti integrati c’è stato lo sviluppo di linguaggi di programmazione e algoritmi dal forte impatto sugli sviluppi successivi all’informatica e sono state poste le basi della digitalizzazione. È ai microchip che si deve la rivoluzione dell’elettronica che ha consentito il passaggio, tra gli anni ’60 e ’70, dall’uso del regolo alle calcolatrici elettroniche, fino agli odierni smartphone49. Le innovazioni generate direttamente o indirettamente dal programma Apollo e dalla corsa alla Luna appartengono ad ogni campo e non si limitano all’elettronica e all’aerospaziale. Anche le celle a combustibile sono state sviluppate in vista delle missioni lunari e gli stessi cibi liofilizzati,

47 M. Cianflone, Luna 50 anni, dall’elettronica alle auto le ricadute tecnologiche di Apollo 11, Il Sole 24 Ore, 18 luglio 2019 https://www.ilsole24ore.com/art/la-ricaduta-apollo-terra-tecnologie-che-luna-ci-ha-regalato-AC8oxaZ. 48 Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, il Mulino 2018, p.164. 49 Redazione ANSA, La tecnologia arrivata dalla Luna – Dal teflon al microchip, Ansa 17 luglio 2019 http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2019/07/17/la-tecnologia-arrivata-dalla-luna- _b642569e-19bb-49aa-aede-594cb350446a.html. 36 oggi in vendita, sono una conseguenza della tecnologia sviluppata dalla Nasa per preparare i pasti per gli astronauti. Altre fondamentali ricadute tecnologiche derivanti dal programma Apollo hanno consentito lo sviluppo dei satelliti meteorologici e per le telecomunicazioni, gli orologi al quarzo, gli elettrodomestici con batterie ricaricabili, la Tac, i filtri per l’acqua, gli utensili a pila, gli scarponi isolanti (moon boot), la tecnologia di base dei pacemaker, gli spettrometri di massa per la chirurgia e le stesse automobili a metano, possibili proprio grazie alle modalità di stoccaggio del metano liquido a 200 gradi sotto zero per i serbatoi dei vettori spaziali. Infine, come conseguenza della tragedia dell’Apollo 1, dove un incendio uccise a terra tre astronauti durante un’esercitazione, la Nasa progettò dei materiali ignifughi di protezione che hanno dato origine alle tute ignifughe dei pompieri, dei piloti della Formula 1 fino ai tessuti resistenti ed economici usati per le tensostrutture. Molta della ricerca dietro a queste invenzioni è stata generata da uno dei più grandi e ambiziosi progetti dell’Uomo: la conquista dello spazio. Sono solo le menti più illuminate che possono analizzare i bisogni del genere umano e convogliare la ricerca verso direzioni di interesse duale50. Un secondo case study di vincente e proficua collaborazione tra mondo della ricerca universitaria e comparto militare è senza dubbio la nascita e lo sviluppo di Arpanet, la prima rete di computer collegati tra loro. Nato come progetto militare e finanziato dall’ARPA (oggi DARPA), la struttura R&S militare degli USA, vedeva coinvolte, in collaborazione con il Pentagono l’Università California Los Angeles (UCLA), l’Università California Santa Barbara, lo Stanford Research Institute e l’Università dello Utah. L’esigenza ispiratrice di Arpanet era che un singolo centro di computer poteva esser facilmente neutralizzato da un missile, mentre una rete di computer collegati tra loro, all’interno della quale ognuno è indipendente, sarebbe risultata più resiliente. Lo scopo era quello di assicurare la sicurezza fisica della rete, anche perdendo uno dei nodi della rete stessa. Il 29 ottobre del 1969 lo studente Charley Kline dell’UCLA inviava tramite Arpanet il primo messaggio allo Stanford Research Institute. Nel 1983 nasceva Internet ed oggi il numero di utenti Internet nel mondo ha superato i 4 miliardi ossia più del 50% della popolazione mondiale51. Arpanet ha impresso un’accelerazione formidabile all’innovazione tecnologica, contribuendo allo sviluppo della Sylicon Valley, cuore pulsante dell’avanguardia con spin – off, incubatori e aziende leader lungo tutta la catena del valore che va dalla ricerca al prodotto, fino ai servizi. Una realtà, che prendendo come parametro soltanto alcune capitalizzazioni in borsa di Amazon, Facebook, Apple, Microsoft, Cisco, Hewelett Packard, Google e Tesla, genera circa 3 trilioni

50 Conversazione con Brig. Gen. (aus) ing. Gabriele Ghione, 7 ottobre 2019. 51 ITU, For the first time, more than half of the world's population is using the Internet, ITU 7 dicembre 2018 https://www.itu.int/en/mediacentre/Pages/2018-PR40.aspx. 37 di dollari, cifra equivalente ai tre quarti del valore complessivo della Borsa di Londra52. Un terzo case study di successo, questa volta sviluppato in Europa e nato in ambito civile, è rappresentato dal sistema di posizionamento e navigazione di precisione basato sulla costellazione satellitare Galileo. Avviato nei primi anni 2000 come alternativa ai sistemi di navigazione satellitare americano GPS e al russo GLONASS, entrambi nati in ambito militare, garantisce una sovranità europea e quindi un’indipendenza applicativa dagli altri sistemi. In campo spaziale, il processo di osmosi militare – civile – militare è stato quindi rapidissimo, come confermano i programmi spaziali americani, quello militare statunitense per i missili balistici, così come le telecomunicazioni, l’osservazione terrestre e le costellazioni di satelliti di posizione / georeferenziazione (GPS)53. Oggi lo sviluppo dei vettori spaziali è invece guidato dalle esigenze di messa in orbita di satelliti commerciali e i clienti sia governativi che militari hanno imparato a utilizzare sistemi e servizi civili per tutto quanto è “basico”, si tratti di comunicazioni o di osservazioni della Terra54.

3.2 Le tecnologie del duale La tecnologia non ha “colore”, è neutra e può essere sfruttata in molteplici applicazioni. La tecnologia di per sé non è duale, ma è la sua applicazione che fa la differenza55. Partendo da una base tecnologica comune, si possono sviluppare prodotti per mercati e clienti differenti, dal civile al militare e viceversa. La storia è ricca di esempi nei quali una nuova tecnologia è stata sfruttata per usi differenti da quelli per i quali era stata sviluppata. L’esempio di Internet, dove alcune sue principali radici informatico – tecnologiche furono sviluppate nel progetto militare denominato Arpanet che aveva finalità differenti da quelle che poi sono risultate le applicazioni dell’odierno Internet, è emblematico. Le possibilità applicative intrinsecamente trasversali delle tecnologie hanno da sempre favorito l’utilizzo duali di mezzi, sistemi ed equipaggiamenti sviluppati per applicazioni in ambito militare e poi utilizzati nell’ambito civile e viceversa: si va dagli esempi classici della fissione nucleare, della tecnologia missilistica e della propulsione area a casi più recenti in direzione opposta, quali le potenziali applicazioni militari della tecnologia blockchain, sviluppata nell’ambito delle transazioni che utilizzano la moneta virtuale, il cosiddetto bitcoin56. Le affinità tra beni e servizi in grado di soddisfare tanto le esigenze di vita civile quanto ambiti applicativi propri della difesa si stanno intensificando e ne deriva la condivisione di un numero crescente di

52 Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, il Mulino 2018, p.166. 53 Ivi, p.167. 54 Ivi, p. 41. 55 Conversazione con Carlo Musso, Responsabile dell’Ufficio Studi di Leonardo, 2 luglio 2019. 56 Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, il Mulino 2018, p.40. 38 componenti hardware e software e di molte delle tecnologie sottese. La linea di distinzione tra civile e militare va pertanto sfumando, con un’inversione di tendenza rispetto al passato. Oggi, infatti, il settore industriale della difesa dipende sempre più da tecnologie sviluppate in ambito civile, soprattutto quelle connesse all’elettronica, alle comunicazioni e all’informatica. Questa tendenza (dal civile verso il militare) è determinata dall’incessante innovazione delle tecnologie ICT e dall’incrementale ricorso ad esse nella realizzazione di beni e nell’erogazione di servizi nonché dalla necessità di riduzione dei costi dei sistemi ed apparati per la difesa. Dall’altra parte, il settore della difesa possiede competenze consolidate per gestire la complessità crescente della domanda di taluni ambiti civili. Gli sviluppi in settori tecnologici duali, quali le nanotecnologie, i nuovi materiali, i sensori, lo spazio, le fonti energetiche, l’IT (Information Technology), costituiscono campi d’innovazione irrinunciabili per il mantenimento della crescita economica globale. Rappresentano inoltre un vantaggio competitivo per chi le “domina” e sono strategiche per garantire sicurezza e sviluppo57. Le tecnologie duali, rispondendo a necessità ed esigenze trasversali, rientrano nella sfera di politica pubblica, pur prevalentemente tecnologica che coinvolge spesa pubblica (da quella per gli investimenti in capacità operative della difesa fino a quella per la modernizzazione delle infrastrutture civili), spesa privata (per investimenti in R&S di nuovi prodotti e per il miglioramento dei processi industriali) e spesa del cittadino (in servizi per la sicurezza, la sostenibilità e qualità della vita). Per questo motivo e per lo sviluppo e il benessere sociale che queste tecnologie abilitano, assumono particolare rilevanza nel nostro Paese sia in termini di innovazione sia in termini di crescita e competitività. Il rapporto 2018 di italiadecide Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività pone all’attenzione del Paese la necessità di politiche che: - favoriscano la crescita di tecnologie suscettibili di uso “duale” lungo tutta la catena del valore dell’innovazione, dalla ricerca all’applicazione industriale; - contribuiscano alla crescita di quei soggetti nazionali che sono attualmente propulsori di sviluppo e benessere; - favoriscano la crescita di nuovi soggetti, che arricchiscano il panorama industriale italiano; - creino le condizioni per un “ecosistema” italiano del “duale” che tragga il massimo dei benefici dalle opportunità che l’Europa mette a disposizione, anche nell’ambito dei progetti Horizon, e lo collochi all’avanguardia nelle politiche di sviluppo;

57 Ivi, pp.25 – 26. 39 - supportino la strategia del Paese nel contesto delineato dagli obiettivi fissasti dalla EU – NATO Joint Declaration, coerentemente con il recente documento di Global Strategy della UE in tema di politica estera e di sicurezza e difesa. Negli ultimi decenni il tradizionale flusso dell’innovazione tecnologica, che era principalmente diretto dall’area difesa a quella consumer, ha trovato nuovi equilibri, nei quali gli sviluppi di prodotti per applicazioni di difesa si avvalgono sempre più frequentemente di tecnologie sviluppate in origine per applicazioni civili. Oggi l’industria è chiamata a fornire mezzi idonei ad affrontare un arco di missioni più ampio che in passato e, al contempo, a ricercare sinergie tra utilizzatori civile e militari, gestendo in maniera efficace l’ingresso di tecnologie sviluppate per esigenze civili e facendo ricorso a metodologie progettuali e produttive innovative. Questi passaggi da militare a civile e viceversa possono avvenire a diversi livelli: da livello di missioni in cui la stessa piattaforma Leonardo può con alcune personalizzazioni essere utilizzata sia per scopi civili che per militari, a quelli a livello di equipment e sub systems sino ad arrivare a livello di singola tecnologia. Alcuni esempi in atto di questo trasferimento tra domini a livello di tecnologie recentemente sono stati l’Internet of Things (IoT) e le computer card. Altro esempio emblematico è costituito dalla geolocalizzazione satellitare. Il GPS, nato nell’ambito del DARPA per applicazioni militari, ha cambiato successivamente la nostra vita civile informandoci costantemente sulla nostra geolocalizzazione. Oggi lo sviluppo del sistema europeo di geolocalizzazione Galileo, nato in origine per rispondere alle esigenze della società civile, si sta considerando per le future applicazioni militari. Quindi, al di là della banale considerazione che il concetto di dualità ha ragione di esistere laddove si parli di applicazioni della tecnologia e non della tecnologia in sé, la priorità di fornire prodotti e soluzioni rispondenti alle esigenze del mercato guida la valorizzazione degli sviluppi tecnologici indipendentemente dalla loro origine. Leonardo, in ragione di questa priorità, gestisce la innovazione tecnologica e di prodotto seguendo questi principi e quindi valorizzando in ambiti di mercato civili sviluppi tecnologici nati per applicazioni difesa ed al contrario, impiegando in ambito difesa tecnologie e soluzioni nate per applicazioni civili58. Oggi e ancora di più in futuro, la digitalizzazione, e tutto quello che la riguarda in termini di tecnologie elettroniche, informatiche e di comunicazione sviluppate in ambito civile, diverrà quindi sempre più rilevante per lo sviluppo delle piattaforme, dei sistemi e degli equipaggiamenti militari. Il mondo è così assuefatto al travaso di tecnologia

58 Conversazione con Mauro Varasi, Innovazione e Governance Tecnologica, Leonardo e Roberta Buttiglione, Chief Strategy & Innovation Office Innovation and Technology Governance Leonardo, 4 Luglio 2019. 40 da non rendersi conto della “origine” applicativa. Molte delle tecnologie di un’auto, ad esempio, hanno avuto una prima applicazione nel dominio militare: si parte dai materiali (fibre in carbonio e compositi, leghe di titanio) per passare a sensori (sensori di parcheggio, telecamere ecc.) fino all’elettronica di bordo59. Anche se in genere si parla di uso duale, in realtà, secondo il rapporto 2018 di italiadecide Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, esistono tre livelli di utilizzazione delle tecnologie: civile, governativo, militare. Un caso particolarmente interessante è quello dei satelliti civili da osservazione, radar e ottici, che offrono prestazioni di rilevanza militare, specie se le immagini sono processate in modo appropriato. Infatti, i militari le usano, attraverso contratti di fornitura, senza acquistare e/o gestire direttamente i sistemi satellitari. I satelliti Cosmo – SkyMed, realizzati dalle aziende di Leonardo (Thales Alenia Space e Telespazio) sono il frutto della collaborazione tra il Ministero della Difesa, ASI (Agenzia spaziale italiana) e industria nazionale. Questi satelliti lavorano in modo differente a seconda delle utilizzazioni, civili, governative o militari. Soltanto il cliente militare può ottenere immagini radar alla massima risoluzione spaziale, mentre gli altri clienti possono ottenere immagini con risoluzioni inferiori. Diversamente da quella europea, invece, la rete satellitare (militare) USA GPS Navstar, pur essendo duale, è controllata dai militari. Il mondo della difesa sta quindi imparando con velocità a sfruttare tecnologie sviluppate e impiegate inizialmente in ambito civile: sistemi di accumulazione di energia, sistemi di comunicazione con relativi sensori e microprocessori e sistemi di calcolo. Il consolidamento della prevalenza di bi – direzionalità “dal civile al militare” piuttosto che viceversa ha coniato in ambito difesa una nuova terminologia: quella del COTS (Commercial Off The Shelf). Con questo termine viene indicata una tecnologia o un prodotto già disponibile nel mondo commerciale che può essere utilizzato per applicazioni militari. In questo modo il cliente militare non deve necessariamente inventare qualcosa di nuovo per soddisfare un requisito ma può intervenire per adeguare una tecnologia o un prodotto allo specifico uso, proprio della difesa. In diversi casi si registra una convergenza, un approccio comune, civile / militare come nel cantieristico militare, dove si adottano standard ibridi per le unità non combattenti, quali le navi logistiche o ausiliarie, per le navi da assalto anfibio e per le unità di pattugliamento. Il fenomeno è inoltre sempre più diffuso in campo aeronautico, sia per i velivoli ad ala fissa sia per quelli ad ala rotante. Esistono diversi casi di passaggio dal civile al militare e, un esempio in Leonardo, è stata l’adozione delle logiche di integrazione microelettronica sviluppate nel settore automotive al posto di quelle storicamente utilizzate, oppure l’utilizzo

59 Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, il Mulino 2018, p. 40. 41 di metodologie di progettazione per l’obsolescenza che hanno efficientato e ridotto i rischi connessi con la stessa. La sinergia tra civile e militare è fortemente promossa anche dall’European Defence Agency (EDA) e va verso una ricerca nei settori dell'elettronica, dei componenti, delle nanotecnologie, dei radar, dei sensori, delle telecomunicazioni, ma anche dei materiali e la propulsione o l'aeronautica in generale che non ha all'inizio uno specifico orientamento per scopi di difesa o civile. Questa condivisione della ricerca a livelli inferiori di Technology Readiness Level (TRL) ha un vantaggio: le tecnologie costose possono essere condivise. Nelle comunicazioni per esempio questo sta avvenendo con il 5G60. Di seguito alcuni programmi di Leonardo che, sviluppati per applicazioni difesa, trovano successivamente valorizzazioni in campo civile:

Le tecnologie di microelettronica su GaAs e GaN Descrizione La tecnologia dello stato solido basata sui semiconduttori, con cui vengono realizzati i transistor per amplificare i segnali, ormai da molti anni, è largamente diffusa nell’elettronica in tutte le sue applicazioni. Nell’ambito radar, in particolare, la tecnologia a stato solido ha segnato un grosso cambiamento per la amplificazione del segnale a radio frequenza che poi viene irradiato. Gli amplificatori HPA (High Power Amplifier) a stato solido hanno sostituito i classici TWT (Travelling Wave Tube) portando grandi vantaggi in termini di dimensioni, lifetime e costi. Nell’ambito dei semiconduttori un’ulteriore rivoluzione è arrivata con il GaAs e successivamente con il GaN, che, rispetto al silicio, permettono di lavorare in range di frequenze (bande) più ampi. Il GaN, di più recente impiego, permette di raggiungere frequenze ancora più elevate e di gestire potenze più alte con efficienze superiori al GaAs.

Obiettivo iniziale La tecnologia GaAs/GaN è stata introdotta nei radar per applicazioni in ambito difesa (navale, avionica, terrestre), inizialmente in radar con unico trasmettitore a stato solido ed antenna passiva poi in antenne AESA (Active Electronically Scanner Array) con trasmettitori distribuiti in antenna, con ulteriori vantaggi in termini di ingombri, graceful degradation e flessibilità di gestione del fascio d’antenna.

60 Conversazione con Mauro Varasi, Innovazione e Governance Tecnologica, Leonardo e Roberta Buttiglione, Chief Strategy & Innovation Office Innovation and Technology Governance Leonardo, 4 Luglio 2019. 42 La tecnologia GaAs/GaN è stata sviluppata nella Fonderia GaAs/GaN del sito della Divisione ETN di Roma, dove vi sono capacità di design, manufacturing e testing di “Monolithic Microwave Integrated Circuit” di vario tipo realizzati con tale tecnologia. Valorizzazione in ambito civile In un secondo momento la tecnologia dello stato solido e poi quella GaAs/GaN sono state esportate anche per applicazioni nel campo dei radar civili per il controllo del traffico aereo ed in antenne SatCom per migliorare potenza/range e la reliability del sistema.

La sensoristica per imaging IR Descrizione Le tecnologie dei cosiddetti Focal Plan Array (FPA: matrici bidimensionali di sensori che catturano le immagini Infra Rosse nelle varie bande di interesse) sono state in origine sviluppate presso i siti di Southampton (UK) e Dallas (US) per i sistemi di visione notturna ed IR. In particolare si tratta degli FPA in CMT (Cadmio Tellurio Mercurio) ad alte prestazioni, che richiedono temperature operative intorno ai -150°C (cooled), e di quelli realizzati con microbolometri in Ossido di Vanadio (VnO), in grado di operare a temperatura ambiente (un- cooled).

Obiettivo iniziale In origine questi sviluppi sono stati orientati a soddisfare la richiesta di capacità di visione infrarossa a vari livelli specifici delle applicazioni di difesa, da quello del singolo soldato sul terreno a quella dell’aereo in volo.

Valorizzazione in ambito civile Successivamente le tecnologie sia cooled che un-cooled sono state valorizzate in ambito civile sia scientifico (sensori cooled in CMT ad alte prestazioni per astronomia o osservazione della terra da satellite) che consumer (sensori un-cooled per termografia o automotive).

Le piattaforme a pilotaggio remoto, i cosiddetti “Droni” Descrizione Le piattaforme a pilotaggio remoto (UAV-Unamnned Air Vehicle), anche noti come droni, sono velivoli senza un pilota umano a bordo. Gli UAV sono generalmente un componente di sistemi, che includono uno o più UAV, una stazione di controllo a terra e sistemi di comunicazione “Line of Sight” (LOS) o “Beyond-Line-of-Sight” supportate da

43 connettività satellitare. Gli UAV possono operare con vari gradi di autonomia: con controllo remoto da parte di un operatore umano o autonomamente, se guidati dai computer di bordo e supportati da sensoristica opportuna. I droni a seconda delle dimensioni e tipo di payload possono essere impiegati in missioni molto eterogenee tra loro.

Obiettivo iniziale Le piattaforme unmanned nascono per missioni militari di ISTAR (Intelligence, Survelliance, Target Acquisition, Reconnaissance) e Broad Area Surveillance con l’obiettivo di minimizzare rischi e ridurre i costi di missione. Le piattaforme a pilotaggio remoto sono sviluppate originariamente dalla Divisione Velivoli e SAS, successivamente seguite dalla Divisione Elicotteri di Leonardo.

Valorizzazione in ambito civile In base a dimensioni e caratteristiche dei payload, le piattaforme unmanned si prestano ad essere impiegate in missioni molto eterogenee e, appunto, oltre all’ambito militare si stanno valorizzando anche in ambito civile. UAVs, opportunamente equipaggiati, possono essere largamente impiegati per missioni di security, maritime surveillance, per monitoraggio ambientale/agricoltura di precisione.

I sistemi C2 (Command, Control)/C4I (Command, Control, Communications, Computers, and Intelligence) Descrizione Le capacità C2/C4I (C2: Comando e Controllo – C4I: Comando Controllo Computer Comunicazioni ed Informazioni) consistono nel poter integrare in un unico sistema diversi sotto-sistemi di natura molto eterogenea (radar, sensori EO, comunicazioni, EW, veicoli, droni, ecc.). Tale capacità, con tecniche avanzate di data fusion e decision making, permette di realizzare architetture flessibili di sistemi tattici e strategici per diverse missioni ed in grado di svolgere molte funzioni (sorveglianza, tracking, intelligence, comunicazione, ecc.). Ogni missione prevede l’impiego e l’integrazione di asset diversi.

Obiettivo iniziale La capacità C2, successivamente estesa in C4I, è stata sviluppata inizialmente in ambito difesa navale per il “sistema nave” (sito di Roma della Divisione ETN). Il CMS (Combat Management System) navale è in grado di gestire sensori diversi (radar, EO) e

44 comunicazioni, raccoglie ed integra dati eterogenei per produrre un’unica “tactical picture” ed infine controlla i sistemi d’arma. In ambito difesa, le capacità C2 vengono largamente impiegate anche in sistemi terrestri di Difesa aerea, come l’ACCS NATO (Air Command and Control System) o come sistemi per la sorveglianza e la sicurezza del campo di battaglia.

Valorizzazione in ambito civile Le capacità C2/C4I sono state importate anche per la gestione di sistemi per l’homeland security (protezione infrastrutture critiche, gestione di grandi eventi) e per la sicurezza aeroportuale. Come in ambito difesa, viene prodotta un’unica picture che integra informazioni di diversi sensori e controlla anche veicoli e sistemi di comunicazione. Rispetto ai sistemi per la difesa, gli asset sono differenti e le aree controllabili sono generalmente più ridotte. Tecniche avanzate di C2 sono largamente impiegate anche nel modo del controllo del traffico aereo.

Sensoristica Iperspettrale Descrizione La sensoristica iperspettrale si basa su tecniche di imaging molto avanzate, in cui le informazioni vengono raccolte come insieme di pixel. Per ogni pixel in 2D (x,y) dell'immagine, il sensore raccoglie lo spettro completo nelle bande VIS (visibile) e NIR (Near-Infrared) acquisite, suddivise in piccole sezioni di frequenza. Queste immagini sono combinate per formare un cubo iperspettrale di dati tridimensionale (x, y, λ) per l'elaborazione e l'analisi, dove x e y rappresentano due dimensioni spaziali della scena, e λ rappresenta la dimensione spettrale. Ciò consente di costruire la "firma spettrale" di ciascun target che estrae le informazioni rilevanti. Sensori iperspettrali sono stati sviluppati nel sito di Campi Bisenzio (Divisione ETN) e presso il sito di DRS a Cypress, in California.

Obiettivo iniziale Le tecniche di imaging iperspettrale sono state introdotte per funzioni di sorveglianza da piattaforma avionica, al fine di identificare possibili anomalie e classificare le eventuali minacce sulla base del materiale di cui sono esse stesse composte. Pertanto è possibile identificare il camuffamento, scoprire materiali particolari, esplosivi, identificare in generale i target sospetti.

45 Valorizzazione in ambito civile In campo civile, sensori iperspettrali montati a bordo di droni stanno trovando impiego nell’agricoltura di precisione, per individuare anomalie agricole, problemi del suolo ed efficientare così la resa delle coltivazioni. A bordo di piattaforme spaziali si sta impiegando la sensoristica iperspettrale per l’osservazione della terra ed il monitoraggio ambientale (capacità di assorbimento di Co2, Quantità di Azoto, ecc.).

Alcuni esempi di tecnologie con applicazioni “duali”: - miniaturizzazione dell’elettronica: guidata dalla forte esigenza del mercato della telefonia mobile/smart phone con forti ed immediate ricadute nel mondo dell’elettronica a supporto di tutti i sistemi militari; - tecnologie per display piatti e touch screen: nate per applicazioni di uso commerciale ed ora, con opportune “ruggedizzazioni”, largamente impiegate anche nel mondo militare; - gaming: cluster di tecnologie nate per uso civile, oggi si sta diffondendo per modeling & simulation avanzati (serious game) e training anche nel mondo militare; - Intelligenza artIficiale: nel mondo civile diffusa con chatbot, assistente virtuale, social marketing, ora nel militare sta trovando spazio in sistemi autonomi, cyber security, sistemi cognitivi (e.g. radar, radio, guerra elettronica), simulazioni di scenari complessi, context analysis, ecc.; - propulsione ibrida: promettente nel mondo militare per noise reduction nei cingolati e futuri UAV; - materiali compositi e più in generale materiali strutturali avanzati; - esempio specifico Leonardo: sensore acustico, subacqueo sviluppato inizialmente per “mine detection” poi utilizzato per monitoraggio di aree archeologiche subacquee61.

Prendendo come riferimento la realtà industriale di Iveco, l’azienda, come descritto dall’amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles, Claudio Catalano, sviluppa piattaforme per impiego militare cercando quanto più possibile di estendere al settore militare soluzioni applicate in forma diversa per veicoli civili, quali i propulsori, i cambi di velocità, i sistemi di sospensioni, gli impianti frenanti e tutti quei sistemi di sicurezza passiva e attiva che vengono sviluppati e prodotti per un’ampia gamma di applicazioni, delle quali

61 Conversazione con Mauro Varasi e Roberta Buttiglione, Leonardo, 4 Luglio 2019. 46 pesso, quelle per i veicoli militari sono le più complesse, dovendo rispondere a requisiti stringenti, e quelle prodotte in minor numero. La dualità impone piattaforme multiruolo estremamente flessibili e modulari, in grado di affrontare un’ampia gamma di missioni, molte delle quali hanno una marcata sovrapposizione con quelle del mondo civile, sia pure con peculiarità in termini di protezione, sicurezza e standardizzazione NATO. Di fatto, una piattaforma duale è una sfida complessa, che vede in primo piano nello sviluppo di soluzioni efficaci e idonee a soddisfare i requisiti dei principali clienti di riferimento, le Forze Armate e di Polizia a costi di esercizio sempre più competitivi e a livelli di servizio sempre più alti. Secondo l’AD di Iveco, il nuovo 4x4 multiruolo, Military utility vehicle (Muv), che sostituisce il VM – 90, è la dimostrazione del concetto di dualità, prodotto sia in versione militare sia civile sulla stessa linea di produzione e che, grazie a una serie di opzionali configurabili, consentirà il rapido adattamento ai più svariati compiti di protezione civile62. Tra i programmi di ammodernamento / rinnovamento delle capacità della Difesa inseriti nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2019 – 2021 vanno menzionati per similitudine con il concetto del paradigma del multipurpose by design il programma inerente al completamento del processo di certificazione del sistema Aereo a Pilotaggio Remoto (APR) P1HH con l’acquisizione di 1 sistema operativo (2 velivoli e 1 ground station). I sistemi APR, che verranno operati da personale della Difesa, costituiranno un test – bed tecnologico per il potenziamento delle capacità di Intelligence, Surveillance & Reconnaissance per compiti di Sicurezza e Difesa e per lo sviluppo di tecnologie nazionali abilitanti finalizzate allo sviluppo del futuro drone europeo, consentendo, all’occorrenza, un efficace coordinamento e integrazione di intervento inter – agenzia in contesti di sicurezza pubblica estesa e/o di catastrofi naturali. In prospettiva pertanto, lo sviluppo di piattaforme militari duali non potrà prescindere dai trend dell’industria civile. La rivoluzione digitale, l’adozione della propulsione ibrida, la guida autonoma sono alle porte e le piattaforme militari duali del prossimo futuro ne dovranno far uso nel modo migliore, nel rispetto e nella consapevolezza che esigenze, requisiti e obiettivi di impiego possono essere significativamente differenti. Un tema, quello della Intelligenza Artificiale, rispetto al quale si è recentemente pronunciato il neo Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, intervenendo al convegno “Intelligenza artificiale, sicurezza, responsabilità etica, tenutosi lo scorso 24 settembre presso la sala conferenze “Caccia Dominioni” di Palazzo Guidoni. Il Ministro, riferendosi all'Intelligenza Artificiale, ha posto una serie di spunti e interrogativi sui limiti applicativi e sul margine di agire in autonomia dell’Intelligenza Artificiale. Il Ministro Guerini si è posto l’interrogativo su

62 Catalano C., La forza del dual use, AirPress, maggio 2019. 47 “fino a che punto possiamo consentire questo in ambito militare? È evidente che in campo militare esistono significative implicazioni etiche e legali, legate alla sempre più realistica capacità delle macchine di ragionare come uomini” ha spiegato, richiamando la necessità di regolamentare fenomeni che nascondono grandi incognite. "Qualunque sarà l'evoluzione normativa permane, allo stato attuale, qualche legittima perplessità sull'utilizzo spinto dei dispositivi di Intelligenza Artificiale, e bisognerà definire in modo chiaro e condiviso i limiti e le condizioni di autonomia di tali macchine per la verificabilità e la tracciabilità del loro processo decisionale"63.

3.3 Sviluppo di capacità tecnologie duali “preventive” Le competenze del settore AD&S sono al servizio dello sviluppo di una ampia gamma di prodotti, sistemi, servizi e soluzioni integrate che rispondo alle esigenze di difesa, protezione e sicurezza di cittadini e territori a 360 gradi (terra, mare, cielo, spazio, cyberspace). Il settore genera know – how e innovazione tecnologica di frontiera tanto sul versante militare quanto su quello civile, attraverso l’uso duale, ed agisce da volano di sviluppo grazie ai molteplici spillover positivi che si originano lungo la filiera allargata e che portano ad applicazioni in molti comparti su cui si basa il futuro del pianeta, come le scienze della vita, la mobilità e l’energia. La ricerca nel campo della difesa ha generato molti prodotti e processi innovativi che hanno avuto ricadute nei settori più diversi, dalla salute, alle comunicazioni, all’ambiente. Come è noto, strumenti quali Internet, la sensoristica e i navigatori satellitari sulle nostre autovetture sono stati concepiti e sviluppati per applicazioni nella difesa e solo in un secondo tempo sono stati trasferiti agli ambiti civili64. Nel nostro Paese l’AD&S è tra i principali settori per dimensione e intensità di R&S e si concentra su filoni di ricerca base e applicata all’avanguardia – tra cui materiali avanzati e nanotecnologie, Internet of Things e manifattura additiva – che sono solo alcuni dei pilastri tecnologici di maggiore interesse per rafforzare la base manifatturiera, e con questa l’economia nazionale, gestendo il cambiamento e l’avvento di queste tecnologie nella vita di tutti i giorni, nei prossimi decenni. Le realtà italiane, in particolar modo Leonardo, del settore AD&S possono, grazie ai brevetti e ai prototipi sviluppati, trovare nuove applicazioni e nuovi mercati nel settore dei trasporti, della chimica, dei nuovi materiali, dell’energia, dell’elettronica di consumo ed industriale65. Sono considerati pertanto “duali” i beni e le tecnologie che non

63 Intelligenza Artificiale: convegno su sicurezza responsabilità ed etica, Ministero della Difesa, 24 settembre 2019. https://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/intelligenza_artificiale_convegno_su_sicurezza_responsabilita_etica.aspx. 64 Carrozza M.C., in La filiera italiana dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza, The European House Ambrosetti, Settembre 2018, p.7. 65 Ventre G., in La filiera italiana dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza, The European House Ambrosetti, Settembre 2018, p.10. 48 sono esclusivamente destinati ad un uso militare ma trovano applicazione anche in più settori economici. La ricerca con finalità militari ha ricoperto nel corso della storia il ruolo di precursore poiché la ricerca, come attività di analisi e sperimentazione, a livello pratico e teorico, al fine di migliorare l’esistente e creare nuovi strumenti, è nata in primo luogo in ambito militare, per dare vita ad innovazioni tali da garantire la superiorità operativa o strategica di popoli o nazioni. Lo sviluppo di tecnologie e prodotti con applicazioni duali abilita pertanto meccanismi di trasferimento e benefici diffusi in altri settori (come esemplificato nella figura seguente).

Ambiti di applicazione duale delle tecnologie del futuro

In generale si può parlare di un fenomeno di spillover, ossia di benefici che, dall’AD&S si riverberano all’intero settore produttivo italiano trainandone la crescita nei settori dei trasporti, della salute, dell’educazione, della sicurezza, dei tessuti, della chimica, dell’energia, dell’elettronica e dell’agricoltura, attraverso: - stimolo e traino alla ricerca e all’innovazione: attraverso gli investimenti in ricerca, si sviluppano nuove tecnologie di prodotto e di processo utilizzabili anche in ambiente civile (tecnologie duali); - formazione di know – how avanzato tecnico e scientifico: si creano know – how e competenze trasversali applicabili anche ad altri settori (es. utilizzo del big data, sviluppo di sistemi di cyber security);

49 - incentivo e guida alla formazione di nuovi profili: attraverso la domanda di profili innovativi e specializzati, si contribuisce al rinnovamento dell’offerta lavorativa ed educativa italiana; - contributo al posizionamento del brand Italia: si contribuisce al rafforzamento del brand Italia attraverso l’esportazione di prodotti di alta qualità e attraverso relazioni strategiche di lungo periodo con partner economici e industriali; - impulso allo sviluppo di nuove iniziative di business: sono richiesti al mercato servizi e prodotti innovativi alla base della creazione di nuovi modelli di business e nuove tipologie di relazioni industriali.

Possiamo quindi definire “duale” l’applicazione di tecnologia a diversi settori che, in tal senso, può agire da volano all’innovazione. Il settore AD&S è in grado, pertanto, di generare importanti benefici per tutto il sistema economico nazionale, come storicamente dimostrato da diversi casi. Prendendo come riferimento gli sviluppi in ambito militare dell’aeromobile a pilotaggio remoto, del sistema GPS e del processo di liofilizzazione, si sono determinati benefici industriali per il sistema nel campo rispettivamente dello sviluppo di velivoli senza pilota a bordo e controllabili da remoto o in automatico tramite computer di bordo (con impatto nei settori dei trasporti e logistica, agricoltura ed Energy), lo sviluppo di un sistema di posizionamento e navigazione satellitare accessibile liberamente da chiunque dotato di apposito ricevitore (con impatto nel settore della mobilità, dell’agricoltura e terziario) e l’introduzione di un nuovo processo di conservazione di lungo periodo delle materie organiche al fine di minimizzare il deperimento e il peso delle stesse. Anche attraverso alcuni numeri del progetto Eurofighter Typhoon, che ha visto 100.000 addetti a livello europeo con stipendi degli occupati superiori del 60% alla media, si possono estrapolare alcuni benefici diretti per altri settori industriali. Il solo trasferimento tecnologico in ambito industriale (si pensi alle fibre di carbonio) è stato quantificato in 7,2 miliardi di euro, così come è da considerarsi rilevante l’occupazione trasferita nel programma Airbus A (380) e i benefici in termini di esportazioni e minori importazioni quantificati tra 43 e 63 miliardi di euro. Secondo Enzo Benigni, Presidente e amministratore delegato di Elettronica, in un momento cruciale per l’evoluzione della piattaforma Eurofighter (Efa) e per la partecipazione al caccia di sesta generazione Tempest, a livello di Sistema Paese si può decidere di sedersi ad un tavolo, semplicemente da acquirenti, oppure presentarsi all’appuntamento come sviluppatori, continuando così a mantenere il pieno presidio nazionale sulle tecnologie. Questa scelta impatta sia sulle Forze Armate ma soprattutto garantisce all’industria di mantenere e accrescere competenze ingegneristiche d’avanguardia e di sviluppare tecnologie proprietarie, cruciali nel settore

50 della difesa. Nell’attuale contesto, infatti, non presentarsi come protagonisti dello sviluppo tecnologico potrebbe rappresentare il crollo di alcune variabili fondamentali: perdita dell’accesso indipendente a tecnologie proprietarie, mancata crescita di competenze pregiate, ruolo e peso del Sistema Paese in progetti futuri. Si tratterebbe di un blocco temporale difficilmente recuperabile che confinerebbe il Paese in posizioni di retroguardia nell’ingegneria di strategica importanza, considerando la crescente velocità con cui l’innovazione sta condizionando i futuri prodotti e le future tecnologie66. Nel 2015 l’UE ha pubblicato un dettagliato Rapporto che ha valutato un ampio spettro di settori industriali (chimico, elettronico, energetico e aerospaziale ecc.) per individuare quelle aree d’innovazione che fossero di interesse per applicazioni civili e di difesa. È paradossale che l’Europa stia riscoprendo soltanto oggi i vantaggi della tecnologia duale, pur essendo il continente che, nella sua millenaria storia, ha beneficiato dell’intreccio tra rivoluzioni scientifiche e rivoluzioni militari e, sin dal Rinascimento, ha saputo riconoscere i vantaggi di tale interazione per raggiungere una condizione di supremazia commerciale, diplomatica e militare duratura. Questo ritardo è in parte riconducibile ad una certa riluttanza dell’Unione Europea nel riconoscere le potenzialità derivanti dalla sinergia tra ricerca militare e civile ed il loro sfruttamento per la creazione di una più solida base industriale di difesa comune. A questa motivazione si deve poi aggiungere che la politica di difesa è stata a lungo uno dei settori più gelosamente protetti da parte dei singoli Stati membri e il fatto che l’Unione ha a lungo preferito enfatizzare la propria natura di potenza “civile” e “normativa”, capace di proiettare la sua influenza nel contesto internazionale grazie ad una solida politica commerciale, supportata da un mercato interno ben regolato e da un’economia fiorente. Questo ritardo d’iniziativa nel campo della politica di difesa è stato sostenibile fino all’inizio degli anni 2000 anche grazie ad una congiuntura economica favorevole e ad un ambiente geopolitico relativamente stabile. Gli eventi del decennio successivo, il moltiplicarsi delle potenze globali e regionali, così come la crescita di minacce non convenzionale e la crisi economica del 2008, hanno posto l’Europa in una situazione di particolare vulnerabilità. In questo contesto, il tema della tecnologia duale e di una politica che possa facilitare la reciproca contaminazione tra industria civile e militare è tornato al centro del dibattito istituzionale, non solo per rilanciare la competitività dell’Unione Europea, ma anche per evitare che questa debolezza del continente in campo industriale si tramuti in dipendenza tecnologica e strategica. A fronte del divario tra gli investimenti militari degli Stati dell’Unione Europea e quelli delle maggiori potenze mondiali quali Stati Uniti, Cina e Russia, sostenere

66 Benigni E., Il valore della sovranità tecnologica, AirPress, maggio 2019, p.14. 51 e sfruttare le potenzialità della tecnologia duale per la crescita industriale è stato progressivamente considerato dalle istituzioni europee come una delle priorità per i nuovi frameworks di ricerca e finanziamento. Tra i vantaggi delle tecnologie duali, infatti, non vi è soltanto la possibilità di produrre know – how comune o trasferibile dal settore militare a quello civile e viceversa, ma anche quella di incentivare lo sviluppo di una piattaforma di competenze necessarie in tali settori, con chiare implicazioni sia per l’occupazione che per l’innovazione. Una strategia a duplice uso può risultare vantaggiosa anche per i ministeri della difesa. Aumentando il bacino di aziende con capacità a duplice uso, essi supportano la generazione di innovazione e mantengono standard elevati, anche in seguito alla riduzione del budget destinato agli investimenti. I ministeri della difesa possono fare in modo che la spesa futura destinata ai progetti di ricerca e sviluppo faccia leva sugli sviluppi commerciali ed eviti il moltiplicarsi degli investimenti civili67. I ministeri della difesa e le autorità nazionali possono supportare il duplice uso in diversi modi: - finanziando parte dello sviluppo tecnologico di prodotti e servizi da adattare successivamente in modo da penetrare nel mercato civile e in quello della difesa; - selezionando progetti già sviluppati per applicazioni civili in modo da poter esser integrati in attrezzature o sistemi per uso militare; - accelerando l’adattamento di tecnologie civili alle specifiche necessarie per il settore della difesa; - aiutando a individuare applicazioni civili per prodotti e tecnologie militari; - ottimizzando il coordinamento della ricerca in campo civile e della difesa. Le aziende dovrebbero interessarsi ai prodotti e alle tecnologie a duplice uso perché l’aumento del potenziale a duplice uso della loro gamma di tecnologie o prodotti incrementa il volume d’affari attraverso la diversificazione o l’estensione dell’offerta. Inoltre, diversificando le loro attività, le società risultano meno esposte ai tagli economici sulle loro attività civili o militari. In aggiunta, è possibile beneficiare di potenziali vantaggi derivanti dal supporto di start – up di società spin-off o dalla concessione in licenza di proprietà intellettuale, know-how di saperi e tecnologie ad altre aziende o, infine, dal fornire le competenze necessarie per sostenere la creazione di spin-out. Le grandi aziende possono anche trovare nuovi modi per collaborare con un pool più esteso di PMI allo scopo di trasferire e integrare applicazioni civili innovative in applicazioni militari.

67 Duplice uso – Guida di supporto per regioni e PMI, Commissione Europea, settembre 2015, pp. 8 – 9. 52 Un problema critico per il lancio del duplice uso riguarda la generazione dell’idea. Esso può esser considerato da quattro punti di vista diversi: - identificazione del bisogno o dell’opportunità di una nuova applicazione per una tecnologia/un prodotto/un servizio esistente (civile →difesa o difesa →civile); - ricerca di una soluzione nuova o alternativa per una problematica esistente risolta da una soluzione standard (civile con tecnologia militare o militare con tecnologia civile); - ricerca di una soluzione per una problematica nuova o emergente sulla base del potenziale duplice uso; - trasferimento di un’esperienza innovativa sviluppata in un altro ambiente. Le tecnologie, i prodotti e i servizi a duplice uso sono presenti in moltissimi settori (energia, TIC e telecomunicazioni, automotive, materiali, prodotti chimici, aerospaziale, navale protezione personale, sicurezza, ecc.), che rappresentano la base industriale o le priorità di specializzazione intelligente di numerose regioni dell’Unione Europea68.

3.4 Principali trend dell’evoluzione tecnologica Il settore AD&S, come tutti i settori a medio – alta tecnologia, è quindi fortemente influenzato dall’impiego di soluzioni innovative e dall’introduzione di nuove tecnologie. Le specificità del settore – quali gli elevati costi di sviluppo, i tempi lunghi di produzione e la presenza di economie di apprendimento – accelerano l’introduzione in questa industria delle nuove tecnologie disponibili sul mercato. In particolare, nel rapporto su “La filiera italiana dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza” (The European House Ambrosetti), sono state individuate otto tecnologie, alcune di frontiera ed altre già diffuse in diversi settori, che permetteranno un’evoluzione del settore AD&S nella sua componente manifatturiera (evoluzione dei processi produttivi) e in quella di utilizzo a valle (nuove modalità di fruizione del prodotto per restituire un servizio di maggiore qualità ad un costo contenuto). Di seguito sono schematizzate le tecnologie che avranno un impatto maggiore sullo sviluppo del settore AD&S, illustrando per ciascuna le principali caratteristiche e gli ambiti-chiave di utilizzo: Internet of Things (IoT): l’uso di tecnologie IoT nel settore AD&S rende possibile una maggiore interconnessione e integrazione delle differenti componenti con sistemi ICT avanzati all’interno di un unico ecosistema. Il principio alla base di questa innovazione tecnologica è la connessione a Internet dei singoli strumenti utilizzati nella fase di produzione o delle componenti del prodotto finito. In questo secondo caso, ad esempio, le

68 Duplice uso – Guida di supporto per regioni e PMI, Commissione Europea, settembre 2015, p.12. 53 varie componenti di un aereo o di un elicottero sono pervase da elettronica e sensori capaci di monitorare in tempo reale il comportamento del velivolo e prevenendo potenziali malfunzionamenti. A livello generale, l’impatto atteso dalla digitalizzazione nel settore AD&S è di una riduzione annua dei costi del 3,7% e un aumento annuo dei ricavi del 2,7%. Le principali opportunità rese possibili dall’IoT nel settore AD&S sono: - l’introduzione di logiche cooperative che consentono a vari sistemi e sensori di interagire e comunicare in tempo reale per svolgere funzioni complesse in minor tempo; - la fornitura di informazioni puntuali e in tempo reale ai lavoratori attivi sulla linea produttiva permette di migliorare efficienza, produttività e sicurezza sul posto di lavoro; - la connessione dei lavoratori con i loro strumenti di lavoro attraverso una piattaforma IoT integrata ottimizza le migliaia di operazioni richieste nella fase di assemblaggio. Si pensi che nella costruzione di un aeroplano sono impiegati oltre 400.000 bulloni e viti e vengono utilizzati oltre 1.100 strumenti diversi; con utensili connessi online e in rete, questo processo risulta più affidabile e veloce; - l’impiego di un elevato numero di sensori a bordo di un aeroplano permette di monitorarne in tempo reale i parametri più critici e la loro connessione in rete permette di inviare dati e informazioni importanti al personale addetto alla manutenzione a terra cosicché possa essere pianificato un intervento puntuale e nel minor tempo possibile, riducendo i costi legati al fermo del velivolo.

Robotica avanzata: rispetto ad altre industrie manifatturiere, in primis il settore automotive, l’utilizzo dell’automazione e della robotica nel settore AD&S è molto limitato per via delle caratteristiche intrinseche del processo produttivo meno standardizzato di quello di altri settori. Infatti, la maggior parte del processo di assemblaggio di un velivolo e una parte significativa della produzione di componentistica è ancora in larga misura labour-intensive. Tuttavia, sono all’orizzonte le prime applicazioni intensive di robotica lungo la catena di montaggio grazie ai fattori abilitanti resi disponibili da IoT e Intelligenza Artificiale, che permette, attraverso l’analisi dei dati raccolti, un continuo adattamento del robot all’ambiente che lo circonda. Questo tipo di robot, a differenza di quelli diffusi in altre industrie, deve essere in grado di muoversi e di adattarsi di volta in volta alle diverse necessità produttive.

Realtà aumentata: consiste nella sovrapposizione nel mondo reale di informazioni fornite da un computer a informazioni cui un utente ha accesso normalmente. Un esempio di questa tecnologia è offerto dal segnale del livello di olio motore proiettato sul parabrezza di un aeromobile o sulla visiera di un pilota. Questa tecnologia ha già trovato diverse

54 applicazioni nel settore AD&S, in particolare nelle fasi di progettazione, manutenzione e addestramento: - le applicazioni rese disponibili dalla realtà aumentata permettono di progettare l’intero design dei motori di un aereo impiegando interamente tecnologie digitali; - è in fase di applicazione avanzata l’equipaggiamento dei meccanici con visori (hololens) e guanti dotati di sensori, che gli permettono di camminare virtualmente all’interno di un motore in funzione per esaminarne le parti in movimento, controllare quali hanno subito un’usura maggiore per procedere a una loro sostituzione preventiva; inoltre, il manutentore, attraverso le hololens indossate, potrebbe visualizzare la check list delle operazioni da eseguire, suggerendo gli strumenti da utilizzare e certificando la riparazione avvenuta; - gli addetti alla manutenzione, infine, possono addestrarsi per attività manutentive con strumenti virtuali che permettono di simulare l’intervento necessario così che, quando si trovano davanti all’aeroplano, sanno già dove e come intervenire per ripararlo o sostituire una parte. Questo comporta un’importante riduzione nei costi perché evita che si utilizzi un componente fisico e a costi elevati.

Intelligenza Artificiale: questa tecnologia è in grado di ridisegnare radicalmente non solo i processi produttivi a monte, ma anche i settori utilizzatori a valle, permettendo alle imprese del settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza di fornire velocemente prodotti e servizi di alta qualità, sostenibili e misurati rispetto alle esigenze in rapido mutamento del mercato. Gli investimenti per sviluppare soluzioni di Intelligenza Artificiale sono diretti principalmente alla creazione di collaborazioni con fornitori e startup high-tech per migliorare l’efficienza produttiva, identificare nuovi canali di sviluppo e ottenere una migliore customer experience. L’Intelligenza Artificiale trova diverse applicazioni nel settore AD&S: - può essere utilizzata a bordo degli elicotteri per migliorare la sorveglianza durante le operazioni di controllo dei confini; - monitorare lo stato di salute delle unità in missione, intervenendo con indicazioni precise e adatte alla situazione in caso di necessità.

Cybersecurity: negli ultimi anni gli attacchi cyber si sono moltiplicati in tutte le aree del mondo e in tutti i settori, provocando impatti rilevanti sull’intera economia. Anche il settore AD&S è vulnerabile ad attacchi cibernetici, soprattutto in considerazione del crescente grado di connessione e di digitalizzazione dei prodotti e dei servizi di cui è composto. Per questo motivo, la cybersecurity è uno degli aspetti che offre le maggiori opportunità, ma

55 anche possibili preoccupazioni, nei decisionmaker del settore AD&S. Si rende quindi necessario sviluppare e offrire soluzioni che rispondano ai potenziali attacchi cibernetici nelle diverse aree in cui opera il settore, sviluppando sistemi cyber-resilient “by design”: - protezione delle infrastrutture critiche (aeroporti, centrali energetiche, reti ferroviarie, ecc.); - difesa di aerei ed elicotteri da attacchi esterni (che potrebbero prendere il controllo da remoto del velivolo); - protezione delle unità e dei mezzi militari presenti in missioni internazionali - salvaguardia delle informazioni sensibili trasmesse dal campo di battaglia e da missioni all’estero.

Manifattura additiva: la stampa 3D, come viene più comunemente chiamata, permette di produrre oggetti strato dopo strato usando materiali appositamente concepiti, come polimeri, metalli e materiali compositi. Il settore AD&S è stato uno dei primi a sperimentare questo tipo di produzione (le prime applicazioni di manifattura additiva al settore AD&S risalgono alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso), ma recentemente vi è stata una ulteriore accelerazione dovuta all’impiego di questa tecnologia in molti altri settori e ai miglioramenti tecnologici che l’hanno resa più flessibile, precisa ed economica. Il settore AD&S è uno dei principali utilizzatori di questa tecnica produttiva in quanto: - rende più flessibile e semplice la produzione di pezzi che risultano difficili da produrre con i metodi tradizionali; - permette di produrre parti che presentano un design elaborato, spesso costituite da cavità interne che, grazie alla stampa 3D possono risultare vuote all’interno, con benefici in termini di riduzione di peso e di costo; - riduce la produzione di scarti rispetto alla produzione convenzionale; si tratta di un vantaggio rilevante, dal momento che l’industria AD&S utilizza materiali ad elevate prestazioni solitamente molto costosi; - abilita la produzione di parti di ricambio in qualsiasi luogo ci si trovi, eliminando (o riducendo in misura rilevante) la necessità di avere grandi scorte di pezzi di ricambio e intervenendo tempestivamente in caso di necessità. L’integrazione tra IoT, realtà aumentata e manifattura additiva può rivoluzionare il modo in cui viene eseguita la riparazione di una o più parti di un velivolo, razionalizzando tempi, costi e risorse impiegate. A titolo esemplificativo, un aeroplano in volo, grazie ai sensori e all’analisi avanzata dei sistemi e delle performance, sarà in grado di segnalare a terra che

56 una determinata componente sta per avere un guasto; a questo punto, l’addetto alla manutenzione a terra, attraverso un sistema automatizzato, potrà richiedere la costruzione di quella determinata parte a una stampante 3D, prelevarla e portarla nell’hangar in cui si sarà diretto, nel frattempo, l’aereo, effettuare la riparazione e, attraverso delle hololens, potrà certificare la riparazione appena eseguita.

Cloud computing: le piattaforme cloud sono un’ottima soluzione per migliorare nel continuo l’efficienza e ridurre i costi nelle attività di sincronizzazione delle strategie di sviluppo di nuovi prodotti, approvvigionamento, produzione, logistica e manutenzione, riparazione e revisione (MRO) nell’industria AD&S. Il cloud computing potrà determinare un impatto positivo in alcune aree-chiave: - l’accesso in sicurezza da remoto a dati importanti della fase di R&S e/o di produzione permette di migliorare le collaborazioni tra industria e centri di ricerca o università, stimolando la ricerca di nuovi materiali e prodotti da applicare al settore AD&S; - la tecnologia di cloud computing è stata adottata dal Dipartimento della Difesa statunitense (centralizzazione delle applicazioni in uso al Dipartimento della Difesa in un ambiente cloud, spostamento delle capacità di elaborazione in un ambiente virtuale e sincronizzazione dei sistemi e-mail sotto un unico indirizzo) ed è parte integrante della sua strategia di riduzione dei costi di gestione del 20%; - l’applicazione di tecnologia cloud integrata all’automazione dei processi e all’area dei servizi di MRO permette di ridurre significativamente lo stock di magazzino da tenere disponibile (e, conseguentemente, di ridurre i costi).

Big Data analytics: l’utilizzo sempre più diffuso di Internet e della sensoristica, uniti al miglioramento delle capacità di calcolo dei computer, permette l’elaborazione di una quantità di dati di gran lunga maggiore rispetto a pochi anni fa, ricavando informazioni preziose e rivendibili ad altri operatori, anche appartenenti a settori diversi. Questa tecnologia permette, ad esempio, di monitorare costantemente le prestazioni dei motori di un velivolo, regolando secondo necessità il flusso di carburante; il risultato è un risparmio del 10-15% del consumo di carburante, una riduzione dell’impatto ambientale grazie alla riduzione di emissioni e un minore inquinamento acustico. Le stesse informazioni possono essere, inoltre, condivise con il produttore dei motori dell’aereo, che li può utilizzare per identificare gli spazi di miglioramento per i motori di prossima generazione. Inoltre, tale tecnologia permette l’analisi e l’interpretazione di dati provenienti da più fonti, migliorando

57 l’affidabilità e l’efficienza del supporto alle decisioni di sistemi complessi e valorizzando l’elaborazione di immagini rilevate da satellite. Le tecnologie innovative sin qui esposte abilitano il cambiamento in corso nel settore AD&S, favorendo in ultima istanza il passaggio dalla logica della fornitura di un prodotto a quella della fornitura di un package di servizi, che risponde in maniera più precisa all’evoluzione delle esigenze del mercato69.

69 La filiera italiana dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza. Come creare sviluppo industriale, nuove competenze tecnologiche e crescita per il sistema – paese, The European House Ambrosetti, settembre 2018, pp.80 – 84. 58 4 SVILUPPO DELL’INDUSTRIA NAZIONALE, DIFESA E UNIVERSITÀ: TRIANGOLO DI ECCELLENZA PER IL SISTEMA PAESE

L’industria della sicurezza e difesa costituisce un pilastro tecnologico, manifatturiero, occupazionale, economico e di crescita senza eguali per il Sistema Paese, cui contribuisce principalmente attraverso tre elementi: - fornisce sviluppo di piattaforme e sistemi alle Forze Armate, sia per la difesa e la sicurezza nazionale, sia per le missioni all’estero. Le capacità delle Forze Armate consentono all’Italia di essere membro autorevole della Comunità internazionale e svolgere un ruolo da protagonista negli scenari di interesse nazionale. Il binomio “strumento militare – industria nazionale” accresce il “livello di ambizione” del Sistema Paese a livello delle relazioni internazionali; - contribuisce allo sviluppo tecnologico attraverso programmi e investimenti in ricerca e sviluppo e, più in generale, alla crescita economica attraverso effetti diretti, indiretti e indotti sul Pil nazionale e sulla creazione di posti di lavoro qualificati; - contribuisce, attraverso le esportazioni, al riequilibrio della bilancia commerciale e alla promozione di prodotti dell’industria nazionale in settori ad alta remunerazione, favorendo i nostri rapporti di collaborazione con altri Paesi70. Da una lettura dello studio “Difesa 4.0” di Ernst & Young (EY) del 2018, a fronte di un’economia italiana con un significativo gap di competitività rispetto ai principali Paesi europei, in particolare in termini di Pil pro – capite e disoccupazione così come per quanto riguarda la produttività per addetto che nel periodo 2010 – 2017 si è ridotta al tasso medio annuo del - 0,2% contrariamente a Francia, Germania e Regno Unito che si attestavano a + 0,7%, la filiera AD&S si è distinta come uno dei settori a più alto contenuto di innovazione e più elevato tasso di crescita. Prendendo, infatti, come riferimento i dati dello studio “Il settore difesa: quadro internazionale e principali trend” di (EY) del 2019, la fotografia dell’A&D in Italia registra un +14 miliardi di Euro prodotti nel 2018, 70% della produzione destinate alle esportazioni in Paesi EU ed extra – europei, 160.000 occupati (di cui 44.000 occupati direttamente nella filiera core A&D), 1,4 miliardi di Euro spesi in R&D (secondo settore in Italia per spesa in R&D). Secondo il Segretario Generale dell’AIAD, Carlo Festucci, l’industria della difesa, resta, dopo l’aver perso la chimica, l’elettronica e la siderurgia, l’unico grande settore in grado di esprimere altissima tecnologia. Un settore tra

70 Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, Ministero della Difesa (Luglio 2015), p. 113. 59 l’altro capace di generare un ritorno di almeno 2,5 euro per ogni euro investito, che impegna un’occupazione di altissimo livello e qualità con ingegneri e tecnici71. Un ruolo chiave nel settore dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza (AD&S) è svolto da Leonardo, che si posiziona tra i primi dieci player a livello mondiale, rappresentando la prima azienda manifatturiera in Italia in un settore ad alta tecnologia. Leonardo, come evidenziato dall’Amministratore Delegato Alessandro Profumo, rappresenta un presidio industriale e tecnologico di riferimento in Italia in un comparto fortemente strategico, che continua a creare occupazione qualificata, abilitando la competizione a livello globale. Con circa 29.000 occupati in Italia, ogni 100 addetti di Leonardo ne vengono attivati 260 nell’economia nazionale. Questo dato, considerato insieme all’indotto di 4.000 imprese sul territorio italiano (di cui circa il 70% PMI), rende di fatto il settore dell’AD&S secondo soltanto all’automotive in termini di dimensione complessive. Leonardo inoltre contribuisce a circa un quarto dell’export manifatturiero high – tech e oltre l’1% dell’export totale italiano. Su un totale di ricavi nel 2017 pari a 11,5 miliardi di Euro, vengono prodotti in Italia 7,86 miliardi di Euro, di cui il 78% è esportato sui mercati internazionali. Leonardo si colloca inoltre al 4° posto nel settore AD&S globale e al 1° tra le aziende manufatturiere italiane per investimenti in Ricerca e Sviluppo, con investimenti pari a 1,5 miliardi di Euro nel 2017 pari a oltre il 13% dei ricavi, rappresentando la principale realtà a livello nazionale che offre opportunità di occupazione a laureati e tecnici altamente qualificati, con più di 9.000 addetti dedicati ad attività di Ricerca e Sviluppo. Leonardo, con l’intento di fare sistema con le eccellenze territoriali e favorire un indotto tecnologicamente avanzato, è presente in 20 Distretti Tecnologici e Cluster nazionali e collabora con Università e Centri di Ricerca su oltre 130 diversi progetti. Tale impegno verso l’innovazione e la ricerca consente di progettare e realizzare tecnologie innovative con applicazioni duali, capaci di operare in maniera sinergica e integrata per rispondere ad emergenze e per migliorare la sicurezza delle persone. Ne sono esempi le piattaforme a pilotaggio remoto, il cui impiego include anche missioni di homeland security e la prevenzione e gestione dei disastri, la sensoristica iperspettrale per il monitoraggio ambientale e l’agricoltura di precisione, le piattaforme ad ala fissa e rotante, impiegate per missioni di salvataggio e protezione civile, e COSMO – SkyMed, costellazione di osservazione della Terra ad uso civile e militare72. Preservare e rafforzare il comparto sicurezza e difesa non garantisce esclusivamente la capacità di una migliore cornice di sicurezza e difesa nazionale, ma consente anche di

71 Pioppi S., Vi spiego le preoccupazioni dell’industria per il bilancio della Difesa, AirPress, 9 gennaio 2019 https://www.airpressonline.it/37178/preoccupazioni-industria-difesa-festucci/. 72 La filiera italiana dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza, The Eruopean House Ambrosetti, Settembre 2018, pp. 3 – 4 . 60 creare nuove opportunità di lavoro e di sviluppo in moltissimi campi di pubblica utilità. Le tecnologie di base richieste, infatti, vanno a beneficio di una più ampia utenza e rappresentano fattore abilitante in moltissimi campi anche molto lontani dalla dimensione sicurezza e difesa. La possibilità per questo settore di trovare una sua corretta dimensione di sviluppo risiede nella capacità nazionale di favorire una stretta collaborazione tra la Difesa, l’industria e il mondo universitario della ricerca, attraverso la creazione di un circuito virtuoso tra ideazione, realizzazione e impiego. L’industria AD&S svolge pertanto un ruolo strategico per il Sistema Paese per la sua naturale propensione verso l’elevato livello di innovazione tecnologica e l’attivazione di importanti investimenti in Ricerca e Sviluppo, attraverso collaborazioni con centri di ricerca e università, e di occupazione qualificata, fattori che abilitano meccanismi di trasferimento tecnologico e benefici diffusi in altri settori. Avere un settore AD&S sviluppato e di rilievo internazionale, come quello italiano, tra i primi 10 al mondo, costituisce un asset primario per il Paese che deve essere ulteriormente supportato con l’obiettivo di portarlo a livello dei principali competitori, contrastando la crescente concorrenza dei Paesi emergenti. Per mantenere queste capacità è necessario un costante e adeguato investimento. Pur partendo da una buona base, questa deve essere alimentata da una continua attività di ricerca e da una cultura dell’innovazione, che può trovare un sostegno adeguato solo con la partecipazione a programmi multi – laterali di cooperazione, in particolare in ambito europeo. La frammentarietà del comparto espone tuttavia l’Europa e l’Italia ad una posizione di debolezza nel confronto con gli Stati Uniti o con alcuni Paesi emergenti, sempre più competitivi. Occorrerebbe, pertanto, secondo quanto evidenziato dall’AD di Leonardo, Alessandro Profumo, adottare una visione e una prospettiva di posizionamento strategico a lungo termine, che valorizzi l’industria nazionale dell’AD&S quale strumento a supporto della politica estera e delle relazioni diplomatiche, garantire un’adeguata presenza dell’Italia nei programmi di cooperazione e contribuire proattivamente all’identificazione di requisiti comuni per il procurement europeo. Solo così si potrà innescare un processo di consolidamento dell’industria continentale, a cui Leonardo dovrà partecipare con un ruolo chiave, facendo leva sul solido bacino di competenze e tecnologie sviluppate e sul sostegno delle Istituzioni nazionali. Un adeguato modello adatto a favorire il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca sulle tecnologie duali dall’università all’industria richiede un modello di sviluppo integrato nel quale l’avanzamento della ricerca applicata sul dual use nelle fasi iniziali sia guidato e sostenuto principalmente dalle Istituzioni, agenzie nazionali ed Europee. L’industria dovrà coordinare le verticalizzazioni delle tecnologie verso i prodotti e i mercati

61 di maggior interesse mediante l’attivazione di collaborazioni accademiche di lungo periodo fortemente orientate al trasferimento tecnologico. Il successo e le ricadute tecnologiche nei prodotti industriali di accordi università – industria sono legati ad alcune caratteristiche, quali: la durata pluriennale, l’obbligo di riservatezza reciproca, l’obbligo di meeting periodici di allineamento e collaborazione, l’identificazione di temi di ricerca di interesse immediato per l’industria, la possibilità per l’università di sviluppare in modo autonomo, ma guidato dall’interesse industriale, l’attività in determinate aree e dunque la possibilità per l’industria di favorire linee guida per l’esplorazione delle tecnologie di maggiore interesse industriale nel medio e lungo periodo. L’università ha pertanto una responsabilità fondamentale nello sviluppo e trasferimento delle tecnologie duali che si concretizza in alcuni fondamentali obiettivi: a) il ruolo di leadership della conoscenza e dello sviluppo di idee e tecnologie; b) la partecipazione e il presidio alle iniziative e attività di potenziamento ed evoluzione delle tecnologie per applicazioni duali; c) la promozione di nuovi modelli per lo sviluppo di iniziative industriali innovative sull’uso delle tecnologie per applicazioni duali73. Dal punto di vista industriale, è evidente l’interesse a condurre da un lato sviluppi e ricerche tecnologiche di carattere militare e, dall’altro, a perseguire tecnologie suscettibili della più ampia gamma di applicazioni. Lo sviluppo di una tecnologia base utilizzabile per diverse applicazioni comporta anche vantaggi economici, perché permette di massimizzare il ritorno degli investimenti in ricerca e tecnologia (R&T) e, in qualche misura, anche quelli di progettazione. Il riutilizzo di tecnologia può consentire di distribuire su diversi progetti e programmi il costo della ricerca e sviluppo, nonché di ridurne i rischi ed i tempi quindi il time to market. Gli esempi di uso dual di unità navali combattenti o di elicotteri dimostrano chiaramente la rilevanza delle tecnologie duali per l’industria della difesa, che non si limita, però, ad aspetti legati strettamente al prodotto. Se si considera la questione sotto il profilo del conto economico, l’utilizzo dual use delle tecnologie ha un effetto positivo sul ritorno dell’investimento in ricerca e sviluppo perché, potenzialmente, incrementa il mercato e massimizza le opportunità di business e quindi di fatturato. Nel caso specifico delle unità navali o degli elicotteri, è però doveroso ribadire che ciò che rende duale il prodotto non è soltanto la finalità per cui lo stesso è sviluppato, ma, soprattutto, l’uso che ne viene fatto durante il ciclo di vita. Un prodotto, realizzato specificatamente per fini bellici, può essere utilizzato in scenari di protezione civile e soccorso, ma, per ovvie ragioni, non viceversa. A questo proposito, è necessario evidenziare che l’utilizzo duale di un’unità navale combattente ne incrementa l’appeal sul mercato perché la mette in condizione di soddisfare

73 Civile e militare. Tecnologie duali per l’innovazione e la competitività, il Mulino pp. 31 – 32. 62 più scenari operativi, ma non comporta, di per sé, un incremento del fatturato complessivo. Viceversa, l’integrazione di know – how, sistemi ed equipaggiamenti sviluppati in ambito militari in una unità finalizzata a scopi civili produce un incremento netto di fatturato. Dal punto di vista della competitività dell’industria nazionale della difesa, unità, sistemi e componenti, che derivano da applicazioni militari e che vengono venduti per applicazioni puramente civili, possono assumere una funzione strategica, quella anticiclica: infatti, la capacità dell’industria nazionale di progettare, produrre e commercializzare efficacemente mezzi duali può contribuire a sostenere i livelli produttivi, il fatturato e i margini qualora si verifichi la flessione della domanda di mezzi militari. L’attività di ricerca tecnologica sviluppata in ambito Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti è incentrata sull’interazione militare – civile, proprio perché i progetti realizzati prevedono spesso la collaborazione tra realtà industriali, accademiche, centri di test e sperimentazione, militari e civili, pubblici e privati, in Italia, in Europa, nonché nell’ambito della NATO e degli accordi bilaterali / multilaterali con Paesi amici. Il vasto campo della ricerca e dell’innovazione scientifico – tecnologica afferente all’amministrazione difesa rappresenta un esempio di approccio sistemico in ragione del fatto che esso permette l’ampliamento trasversale di conoscenze, l’accrescimento del know – how nazionale e il possesso di un adeguato grado di sovranità tecnologica in vari ambiti tecnico – scientifici emergenti quali: la cyber security / defence, la sicurezza della navigazione, i sistemi unmanned, la robotica, la sensoristica e microelettronica avanzata, le tecnologie satellitari / C4I, i materiali innovativi, il potenziamento delle capacità di protezione del soldato / CBRN, le tecnologie per la propulsione e per la sostenibilità energetica. In dette aree tecnologiche l’aspetto duale si sta sempre più rivelando caratteristica comune e fattore legante e, al medesimo tempo, tali ambiti sono elementi chiave per promuovere il progresso e il consolidamento della base tecnologica e industriale nazionale, al fine di renderla capace di essere competitiva nello scenario internazionale e di concorrere allo sviluppo e al benessere complessivo del Paese, sia in termini di prospettive produttive e occupazionali, sia per posizionamenti vantaggiosi di natura politica – economica74. La strategia di ricerca operata dal Segretariato Generale si basa pertanto sulla realizzazione e sul costante aggiornamento di una rete di relazioni esterne con elementi ed organizzazioni altamente eterogenee e con diversi obiettivi ma concorrenti in maniera sinergica al conseguimento delle linee d’indirizzo della Difesa nel campo della ricerca. La rete di relazioni tenuta dal Segretariato può essere schematizzata secondo tre capisaldi: le organizzazioni governative,

74 Ricerca Tecnologia e Innovazione – Stato dell’Arte 2017, Ministero della Difesa Segretariato Generale e Direzione Nazionale degli Armamenti, pp.VI – VII. 63 le organizzazioni scientifiche e le organizzazioni industriali. Nelle prime rientrano le relazioni tenute in ambito nazionale con il MISE, il MIUR e il MAECI, mentre in ambito internazionale si annoverano rapporti con la NATO, le istituzioni dell’Unione Europea nonché i rapporti bilaterali o multilaterali con Paesi stranieri. I rapporti tenuti con l’università, il CNR ed i suoi istituti l’ASI e l’ENEA completano il quadro della fitta rete della ricerca del Segretariato generale della Difesa.

64 5 NUOVE COMPETENZE TECNOLOGICHE E CRESCITA PER IL SISTEMA PAESE

Nel Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa (2015), si evidenziava (punto 256) che, accanto ad uno strumento militare in grado di saper esprimere le corrette e necessarie capacità, il nostro Sistema Difesa non potesse prescindere da un certo livello di autonomia industriale e tecnologia che potesse soddisfare almeno parte di tali esigenze a livello nazionale o attraverso la partecipazione a iniziative multinazionali di sviluppo e acquisizione. Il livello d’indipendenza tecnologica, o di dipendenza, come evidenziato da Claudio Catalano, che l’industria nazionale può mettere a disposizione per rafforzare il Sistema paese nei settori strategici è un elemento chiave nell’ottenere sia capacità militari adeguate sia la sicurezza degli approvvigionamenti. L’indipendenza corrisponde alla piena proprietà di tecnologie e brevetti e nella capacità di R&S per lo sviluppo e produzione di sistemi d’arma complessi, incluse le piattaforme proprietarie e i relativi sistemi e sottosistemi del loro supporto e manutenzione e degli aggiornamenti a versioni più avanzate. L’indipendenza di un paese deriva da una precisa scelta di investire e mantenere un adeguato livello di risorse finanziarie per sviluppare e aggiornare costantemente un patrimonio di conoscenze tecnologico – scientifiche per creare capacità per la difesa, che è costituito da: beni materiali e immateriali propri dell’attività scientifica di base e applicata (brevetti e know – how), portafoglio prodotti e capitale umano, incluso il mondo accademico e della ricerca. In base a scelte politiche e di investimento errate è, infatti, possibile, perdere competenze tecnologiche nelle quali si ha un vantaggio tecnologico, come è successo in Italia nei settori petrolchimico (Montedison), dell’elettronica di consumo (Olivetti), siderurgico (Ilva). La dipendenza presuppone l’importazione di tecnologie e brevetti tramite trasferimenti di tecnologie da un altro paese ovvero l’importazione o la produzione su licenza di sistemi d’arma completi, sistemi, sottosistemi o componenti. La dipendenza può essere a breve termine, nel caso in cui attraverso il fenomeno di “fertilizzazione” il paese ricevente tramite le proprie capacità scientifico – tecnologiche riesca a recepire e sviluppare autonomamente nuove tecnologie. Per questo, esistono diversi gradi di dipendenza e la dipendenza è raramente a senso unico, ma si tratta di solito di reciproca dipendenza. La reciproca dipendenza è tipica della collaborazione dei programmi di armamento multinazionale, nei quali due o più paesi si dividono le competenze tecnologiche per lo sviluppo di sistemi d’arma complessi ed è necessario operare un trade off tra autonomia e condivisione di costi e interoperabilità. Nella prassi si tende alla “equa ripartizione” delle quote nazionali e della divisione del lavoro (national share/work-share o juste retour) per la

65 ripartizione degli utili e della proprietà intellettuale originata dagli investimenti in R&S. Il principio di “equa ripartizione” è interpretato pro quota: se uno Stato investe una certa quota percentuale nel programma, la sua industria nazionale riceverà pari quota di produzione di sistemi e sottosistemi e un corrispondente ritorno economico per il programma, mentre le Forze Armate ricevono il sistema completo. La politica industriale nazionale deve, quindi, assicurare l’equilibrio tra necessità di indipendenza e collaborazione75. Nel Libro Bianco si teorizzava la necessità di sviluppare e mantenere, fermo restando la prospettiva di una forte collaborazione internazionale, una solida base tecnologica e industriale come fattore di garanzia per la tutela degli interessi nazionali. Tale processo consente di padroneggiare determinate tecnologie, di utilizzarne in fondo le potenzialità e di adeguare le applicazioni alle specifiche esigenze nazionali, mantenendole aggiornate in una situazione caratterizzata dalla loro rapida obsolescenza. Tecnologie avanzate e adeguate capacità industriali sono necessarie per lo sviluppo collaborativo di nuovi prodotti su un piano di parità, rafforzando l’integrazione con i nostri partner europei e i legami con altri paesi amici. Infine, contribuiscono alla crescita complessiva del Paese, considerando che sicurezza e difesa rappresentano una delle poche aree nazionali a tecnologia avanzata ancora presidiate dal nostro Paese. Ciò richiede attenzione per le attività di acquisizione e ammodernamento degli equipaggiamenti delle Forze Armate, ma anche per quelle tese ad assicurare il mantenimento di adeguate capacità tecnologiche e produttive nazionali che supportino, per lo meno in parte e in logica d’interdipendenza con i nostri principali partner, le esigenze nazionali. L’innovazione tecnologica nel mercato civile, inoltre, rende disponibili tecnologie, parti e apparati utilizzabili anche in equipaggiamenti militari, abbassando le barriere all’ingresso per nuovi fornitori. È più difficile, quindi, ma anche più importante, monitorare lo sviluppo tecnologico complessivo e non solo quello strettamente militare e considerare le esigenze civili potenzialmente associabili a quelle militari76. Un sistema organico di difesa e sicurezza richiede anche un patrimonio di conoscenze scientifico – tecnologiche e industriali che permettano di sviluppare prodotti e sistemi basati su competenze tecnologiche distintive sia sovrane sia collaborative, tali da creare un vantaggio competitivo strategico per il Paese. Il progressivo sviluppo di tali competenze tecnologiche distintive in una base industriale

75 Catalano C., La politica industriale nel settore della Difesa con particolare riferimento ad un quadro completo e sistematico dell’industria italiana dell’Aerospazio e Difesa quale assetto strategico nazionale di primaria importanza per le capacità operative delle Forze Armate, (codice AI – SA – 27) Centro Militare di Studi Strategici (Cemiss) 2016, pp. 15 – 16. 76 Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, Ministero della Difesa, Luglio 2015 pp. 111 – 112. 66 competitiva a livello internazionale è essenziale per avere competenze sovrane in grado di soddisfare le specifiche esigenze delle Forze Armate. Inoltre, l’identificazione di competenze tecnologiche distintive abilita la partecipazione a programmi in collaborazione con i partner internazionali in un ruolo e con responsabilità qualificate e supporta le relazioni internazionali attraverso progetti di trasferimento di tecnologie o cooperazione con Paesi terzi (punto 261). Per competenze sovrane s’intendono le capacità tecnologiche critiche, cioè quelle chiave e abilitanti, incluse le tecnologie a duplice uso, di cui il Paese dispone o ha necessità di dotarsi (punto 262). Su tali competenze è necessario mantenere un grado di sovranità nazionale, indipendentemente dalla collaborazione internazionale, poiché sono essenziali e irrinunciabili per soddisfare le esigenze: - della difesa nazionale, tramite la fornitura alle Forze Armate di equipaggiamenti militari atti a garantire la capacità operativa essenziale e la sicurezza della loro fornitura; - dell’interesse nazionale, attraverso l’influenza internazionale, anche economica, che la proprietà di queste tecnologie consente di esercitare a livello globale. Alla ricerca della necessaria autonomia, tuttavia, deve associarsi la sostenibilità economica, che va perseguita unendo alla domanda nazionale la possibilità di cooperare a livello internazionale con selezionati partner e attraverso l’opportunità di esportazione sui mercati internazionali. In tal senso, le competenze collaborative (punto 265) sono necessarie per potersi confrontare con i partners nella divisione del lavoro a livello europeo, derivante dalla specializzazione e dall’interdipendenza tecnologica che s’intende creare77. La capacità di disporre di specifiche tecnologie abilitanti (si pensi alla cyber – sicurezza, ai sistemi unmanned robotici, alle reti e sistemi C4I / net – centrici, ai sensori e materiali avanzati) sfruttandone il potenziale applicativo e, allo stesso tempo, il porle a fondamento dei progressi tecnici e industriali nazionali, costituisce fattore indispensabile per lo sviluppo del Paese, in termini d’accrescimento del know – how nazionale, di produttività, prospettive occupazionali e acquisizione di posizioni di vantaggio di natura geopolitica ed economica. Detenere un sempre aggiornato stato dell’arte tecnico – scientifico rappresenta l’elemento chiave per il mantenimento e il consolidamento della base tecnologica e industriale nazionale, la quale è capace di imporsi o, quantomeno, di proporsi sui mercati internazionali con prodotti / servizi competitivi, così da poter concorrere alla tutela degli interessi dell’Italia e al rafforzamento della posizione internazionale del nostro Paese tra quelli a più alto livello tecnologico e di rango strategico rilevante.

77 Libro bianco per la sicurezza e la difesa, Ministero della Difesa, Luglio 2015, pp. 113 – 115. 67 Nello specifico, il possedere un adeguato grado di sovranità tecnologica e conoscenza nel settore della difesa, e nei connessi ambiti dell’alta tecnologia, è presupposto indispensabile per garantire l’operatività delle Forze Armate, con un grado d’autonomia e di indipendenza tale da rispondere opportunamente ai livelli d’ambizione nazionale. In questa ottica, il Ministero della Difesa e, in particolare, il Segretariato Generale della Difesa / Direzione Nazionale degli Armamenti (Segredifesa), in ragione delle competenze attribuite dalle vigenti norme, opera in sinergia con le realtà pubbliche e private in Italia, in Europa nonché nell’ambito di accordi bilaterali / multilaterali con Paesi amici, per lo sviluppo di programmi di ricerca nell’ambito dell’innovazione scientifico – tecnologica. A tal fine Segredifesa, attraverso una procedura istituzionalizzata, che inizia dall’individuazione da parte dello Stato Maggiore della Difesa (SMD) delle necessità da colmare nelle capacità operative (gap capacitivi / capability gap) dello strumento militare, traduce in obiettivi tecnologici da realizzare le citate necessità capacitive, tramite la pianificazione strategica e l’implementazione delle attività di ricerca tecnologica. Tali attività, che mirano in concreto ad acquisire conoscenze e strumenti in settori tecnologici strategici e innovativi d’interesse per la Difesa, si collocano nel campo della ricerca applicata e operativa, che consiste principalmente nello svolgimento di studi e ricerche compresi tra i livelli di maturità tecnologica / Technology Readiness Level (TRL) 3 (Verifica analitica e sperimentale del concetto tecnologico e/o delle sue caratteristiche) e TRL 6 (Dimostrare con prototipo di sistema / sottosistema in ambiente significativo). In quest’ultimo caso, l’attività di ricerca tecnologica si conclude, generalmente, con l’effettuazione di dimostrazioni e test in grado di verificare la validità e l’applicabilità della tecnologia oggetto della ricerca ad un ambiente di prova prodromico a eventuali impieghi operativi, ovvero simile a quello reale. Questa tipologia di attività di ricerca tecnologica ricade nell’ambito delle specifiche competenze del V Reparto (Innovazione Tecnologica) di Segredifesa. Il V Reparto di Segredifesa ha competenza in materia di attività destinate ad incrementare il patrimonio di conoscenze della difesa nei settori dell’alta tecnologia, armonizzando gli obiettivi della difesa con la politica tecnico – scientifica nazionale. In tale quadro il Reparto, sulla base delle linee guida dettate dal SGD / DNA, indirizza la ricerca tecnologica militare, collabora con primarie organizzazioni pubbliche e private nel campo dell’innovazione tecnologica, individua e conferisce il relativo mandato per l’avvio di specifici progetti di ricerca d’interesse, ne coordina la conduzione avvalendosi delle Direzioni tecniche per lo svolgimento delle discendenti attività tecnico – amministrative. Al V Reparto di Segredifesa è inoltre affidata la rappresentanza italiana nell’ambito della ricerca tecnologica presso diverse agenzie / organizzazioni sovranazionali (come ad esempio il board dei Direttori della ricerca della

68 European Defence Agency o il board della Science and Technology Organization della NATO), nonché l’elaborazione di accordi bilaterali / multilaterali nel settore della ricerca con Paesi terzi78. L’innovazione tecnologica è dunque attività idonea a definire il livello del progresso sociale ed economico dell’intero Sistema Paese, influenzando significativamente il benessere e la qualità della vita dell’intera collettività nazionale. Tra i principali compiti istituzionali di Segredifesa vi è la gestione del Piano Nazionale della Ricerca Militare (PNRM), strumento finalizzato all’incremento dell’innovazione tecnologica in ambito Difesa, il cui obiettivo è proprio la crescita e la maturazione delle tecnologie, sia in ambito nazionale sia in chiave di cooperazioni internazionali79. La ricerca militare è l’attività che persegue il potenziamento delle capacità militari, individuate dallo Stato Maggiore Difesa (SMD), ovvero delle capacità industriali di interesse della Difesa attraverso programmi di breve, medio e lungo termine. L’attività di ricerca militare è focalizzata sulle tecnologie emergenti e potenzialmente dirompenti. Le tecnologie, infatti, hanno una “vita”: nascono, maturano, muoiono (diventano obsolete). Il V Reparto si occupa della ricerca militare, con particolare attenzione alla ricerca innovativa e applicata (TRL 2 – 6), cioè delle tecnologie emergenti o fortemente innovative con un forte potenziale dirompente sulle operazioni militari nel lungo periodo (10 – 30 anni) e di quelle che potrebbero giungere a maturazione e diventare parte della produzione nel giro di alcuni anni (5 – 10 in media). Mentre alcune Nazioni, come gli Stati Uniti, hanno propri laboratori di ricerca, altre fanno affidamento maggiormente sulla base accademica ed industriale. Questo è il caso dell’Italia, dove quasi la totalità della ricerca, sia di base (TRL 1 – 3) sia applicata (TRL 4 – 6), di interesse dell’Amministrazione Difesa è fatta fuori dalla medesima, mediante utilizzo dei risultati di attività già finanziate da altri Dicasteri o da investimenti aziendali, oppure mediante co – finanziamento diretto (capitolo 7101). Sulla base di queste premesse, la vision e la mission del V Reparto di Segredifesa sono le seguenti: - FF.AA. tecnologicamente “più forti”, in grado di affrontare e reagire efficacemente, in tutti i domini delle operazioni militari, alle minacce e alle sfide che si dovessero prospettare disponendo, nel momento in cui se ne avesse bisogno, degli strumenti per proteggere e supportare il Paese e la comunità internazionale; - individuare e promuovere in campo nazionale e internazionale, sulla base dei criteri stabiliti dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, i programmi di ricerca tecnologica prodromici allo sviluppo dei programmi per la difesa e sicurezza. Estendere le capacità

78 Ricerca Tecnologica e Innovazione – Stato dell’Arte 2017, Ministero della Difesa, pp. XII – XV. 79 Ivi, p.VIII. 69 delle FF.AA. anche in prospettiva dual use, identificando e sviluppando tecnologie dirompenti da conseguire nel breve – medio termine. Armonizzare gli obiettivi della difesa, nei settori dell’alta tecnologia, con la politica tecnico – scientifica nazionale. Migliorare la competitività in ambito internazionale dell’eco – sistema industriale nazionale. Nell’ottica del continuo miglioramento ed evoluzione degli schemi di pianificazione strategica per la ricerca tecnologica, dal 2017 il Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti, in sinergia e congiuntamente allo Stato Maggiore della Difesa, ha individuato e posto tra i criteri fondamentali del processo di valutazione / selezione delle nuove proposte di progetti R&T per la formazione del PNRM, la loro attinenza / riconducibilità ai seguenti cluster (macro – aree / domini) capacitivo – tecnologici prioritari, quali aree tecnologiche di primario interesse: - Cluster 1: potenziamento capacità e protezione del soldato / supporto al veterano; - Cluster 2: sicurezza della navigazione, sense and avoid, safety and security; autonomous underwater; - Cluster 3: comunicazioni SAT (SATCOM) / data link; - Cluster 4: cyber security; - Cluster 5: tecnologie per la difesa, sensori innovativi, dispositivi e sistemi; - Cluster 6: tecnologie per la sostenibilità e resilienza energetica. L’individuazione dei cluster prioritari ha consentito una gestione più efficace ed efficiente delle risorse, indirizzando le attività di ricerca tecnologica al raggiungimento di obiettivi coerenti con le esigenze capacitive e le attuali priorità delle Forze Armate – in modo coordinato e sinergico con le agende strategiche della ricerca in ambito europeo e NATO – e minimizzando la frammentazione dei settori tecnologici e la dispersione delle risorse su molteplici e diversificate attività, non tutte specificatamente indirizzate a colmare i gap capacitivi individuati a livello operativo. L’attinenza ai predetti cluster è stata verificata e valutata sia nella selezione delle nuove proposte che delle fasi successive di progetti di ricerca in corso. Il principio aggregativo / di clusterizzazione che chiaramente continua a riconoscere tra i capisaldi la valenza e la portata tecnologica innovativa delle ricerche potenzialmente afferenti a dette macro – aree e tiene conto della sempre maggiore importanza e attualità – anche dal punto di vista della progressiva integrazione europea – da essi assunte, costituisce riprova della fertilizzazione incrociata che si può ottenere dal costante confronto tra modelli di sviluppo “technology – driven” (messa a punto di programmi / sistemi sulla base della disponibilità tecnologica) e “capability – driven” (messa a punto di programmi / sistemi in risposta a specifici requisiti / obiettivi d’origine operativa). Dal punto di vista tecnico / funzionale, il primo dei cluster concerne lo studio / sviluppo di tecnologie

70 innovative per la protezione, il potenziamento delle capacità – inteso quale empowerment ad ampio spettro – del soldato nello svolgimento del servizio e l’ausilio ai militari feriti nel compensare le menomazioni subite. Il cluster può trovare impiego, in un’ottica duale militare – civile, nell’ambito della riabilitazione e recupero di funzionalità propriocettive / somatosensoriali (per esempio per i veterani / pazienti con patologie disabilitanti / degenerative), del settore protesico (esoscheletri, arti artificiali / sistemi di rigenerazione di potenza) e rigenerativo. Il secondo cluster sottende i più avanzati rami di ricerca orientati allo sviluppo di tecnologie abilitanti per l’incremento della sicurezza e delle capacità di navigazione autonoma di veicoli, sistemi (d’arma) e piattaforme (volendo andare sempre più verso assetti marcatamente unmanned, operanti in remoto, secondo vari gradi / livelli d’automazione e autonomia), con sicura inserzione e integrazione – attraverso il ricorrente progresso nella messa a punto di funzionalità e dispositivi del tipo Sense / Detect & Avoid / guida intelligente, Automatic Flight Control Systems (AFCS) nel caso aeronautico ecc – in aree / spazi terrestri e aeronavali non segregati, ovvero nei normali canali di traffico, soddisfacendo al contempo i concatenati aspetti certificativi per l’impiego, in particolare per il dominio (sotto) marino. Il terzo cluster va a comprendere le ricerche inerenti le nuove tecnologie per data – link di comunicazione / comunicazione satellitare SATCOM e/o, più in generale le tecnologie satellitari. Nel quarto cluster, relativo alla difesa dello spazio cybernetico, nuovo attuale e delicato campo di operazioni militari, si raggruppano le tecnologie informative (IT) – incluse quelle di frontiera, tipo metodologie / tecniche di crittografia quantistica – finalizzate a garantire la sicurezza delle informazioni / scambio dati e la preminenza nazionale nel contrasto alle minacce informatiche, anche a protezione delle infrastrutture critiche del Paese. Il quinto cluster riguarda un vasto campo R&T relativo allo studio/sviluppo di varie e innovative tecnologie della difesa e per la sicurezza, in supporto trasversale alle capacità operative/di proiezione dello strumento militare nei vari domini (land, maritime, air / space e cyber), relative a settori come quelli della sensoristica e dei dispositivi avanzati, dei sistemi a controllo remoto e robotici, della realtà aumentata / virtuale per applicazioni terresti, navali e aeronautiche, dei sistemi di simulazione info – elettronici ecc., aventi ampia portata e le cui ricadute / possibilità applicative – di carattere fortemente duale – si possono estendere dalla singola unità operativa militare sino all’impiego diffuso per attività di pubblico interesse, come nel caso di disastri ambientali o interventi post – terremoto. Il sesto ed ultimo cluster riguarda ricerche inerenti primariamente lo studio dei fondamenti tecnico – scientifici e lo sviluppo di varie innovative tecnologie di produzione,

71 raccolta, immagazzinamento, sfruttamento e gestione/distribuzione dell’energia e per la protezione/riduzione della vulnerabilità di infrastrutture energetiche critiche, nell’ottica del generale coniugio tra principi di sostenibilità e resilienza, ovvero tali da assicurare il reperimento delle risorse energetiche per sostenere la crescita e lo sviluppo economico, garantendo anche la protezione dell’ambiente.

72 6 “PROGRAMMA NAVALE” E PROGRAMMA U212 NFS: GARANTIRE LA CAPACITÀ MARITTIMA DELLA DIFESA E CONSOLIDARE L’INDUSTRIA AD ALTA TECNOLOGIA

Alla luce dello scenario di riferimento sin qui descritto, con le relative e possibili tendenze future per le quali dovranno essere delineate le esigenze complessive dello strumento militare e dell’industria, lo Stato Maggiore della Marina Militare elaborava, nel 2014, il documento “Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025”, considerato il principale documento strategico per la definizione di quelle che dovrebbero essere le strategie e le necessità della Marina Militare nel medio – lungo termine. Proprio le molteplici sfide delineate nell’area del Mediterraneo allargato, così come la necessità di sostenere una politica estera mediterranea credibile e non velleitaria per tutelare i propri interessi, richiedevano al Paese di disporre di uno strumento marittimo credibile, efficace, adeguatamente dimensionato e dotato di tutte le capacità necessarie a garantire l’assunzione di tale responsabilità. L’analisi del documento “Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare” è, nello sviluppo di questa ricerca, funzionale alla descrizione di quello che può considerarsi un case study di successo nell’ambito della tutela della capacità marittima della Difesa, per poter garantire un adeguato livello di presenza, sorveglianza, deterrenza e capacità di intervento e, al tempo stesso, consolidare l’industria navalmeccanica ad alta tecnologia. Per poter far fronte ai molteplici compiti, nel documento veniva evidenziato come la Marina dovesse essere in grado di intervenire su aree vastissime, che si estendono spesso ben lontano dalle basi della Madrepatria, soventemente caratterizzate da condizioni climatiche severe. Va inoltre considerato che il sistema di Alleanze – per le quali vige sempre più il criterio di intervento “laddove possibile e quando necessario” – non è in grado di rispondere a tutti i bisogni di sicurezza dell’Italia, ma solo a quelli che vengono percepiti dall’intera collettività degli Stati membri in misura almeno pari alla nostra. Il Paese deve quindi accettare la necessità di fronteggiare da solo, in alcuni casi, situazioni di contenzioso bilaterale con Paesi terzi, nonché rischi e minacce che lo riguardano di più rispetto ad altri Alleati. Quanto detto è particolarmente vero per il bacino mediterraneo, dove si registra una minore presenza di assetti navali alleati rispetto al passato, con una conseguente diminuzione del controllo e dell’effetto deterrenza e un calo del livello di sicurezza dell’area. È quindi necessario che lo strumento marittimo nazionale non sia complementare a quello Alleato – come avvenuto nei passati decenni – ma che abbia una Flotta bilanciata in tutte le sue componenti, in grado di fronteggiare le emergenze quando non si possa fare sicuro affidamento sul tempestivo concorso diretto

73 degli alleati, sia di integrarsi efficacemente nei dispositivi alleati, conseguendo una rilevanza politica adeguata allo status della Nazione. È inoltre importante conservare la capacità d’assumere il comando di quelle operazioni internazionali che, in ragione della rilevanza degli interessi nazionali, richiedono che l’Italia svolga un ruolo di primo piano. Sulla base di queste premesse il documento evidenziava l’esigenza di uno strumento marittimo nazionale di circa 80 Unità di prima linea e relative linee di volo a supporto. La consistenza nel 2014 invece era di 60 Unità: 1 portaerei, 6 sottomarini (di cui 2 di nuova generazione), 4 Unità anfibie (di cui una portaelicotteri), 4 cacciatorpediniere, 11 fregate, 3 rifornitrici, 6 , 10 pattugliatori, 10 cacciamine, 3 idro – oceanografiche (di cui 2 minori), 1 Unità di supporto subacquei e 1 Unità per ricerca elettronica e comunicazioni. Tali criticità connesse con la minor consistenza quantitativa possono esser parzialmente mitigate grazie all’appartenenza dell’Italia alle alleanze e alle organizzazioni internazionali quali la NATO e l’Unione Europea, in virtù della possibilità di mettere a sistema alcuni assetti con quelli delle altre Marine, anche ricorrendo al criterio del pooling e sharing, purché le navi siano realizzate su standard UE/NATO. Nel documento inoltre si evidenziava come in ambito europeo, la Flotta italiana fosse sensibilmente inferiore a quelle britanniche e francesi, superata anche sia da quella tedesca che da quella spagnola e in procinto di essere eguagliata da quella turca. Inoltre la Flotta italiana risultava essere più vecchia di dieci anni rispetto alle principali nazioni europee, con la maggior parte delle 60 navi che avevano superato il limite della vita operativa utile (stimata in 20 anni). A fronte di queste criticità si riscontravano le seguenti carenze: - mancato ammodernamento e adeguamento nel tempo dei sistemi imbarcati; - riduzione disarmonica della linea operativa dovuta a dismissioni per obsolescenza senza adeguate sostituzioni; - logorio significativo degli assetti in linea, a causa del prolungato sovra – impiego e delle insufficienti manutenzioni. Il quadro che veniva quindi delineato evidenziava che un terzo delle 60 navi che costituivano la Flotta non era normalmente disponibile, perché impegnato nell’esecuzione di manutenzioni programmate, cosa che riduceva a circa 40 le unità teoricamente impiegabili, alle quali, sottraendo le navi indisponibili per avarie, il numero di navi pronte si riduceva a 20. Si era giunti ad una situazione veramente emergenziale, che necessitava di interventi altrettanto emergenziali per evitare, entro il 2025, una contrazione della Flotta inaccettabile, che sarebbe passata dalle 60 unità a circa 10 navi disponibili, con il rischio di

74 perdere la capacità di operare con continuità nella maggioranza delle missioni e di assolvere i compiti d’istituto80. È in questo contesto che la Marina nel 2014 ha richiesto un intervento urgente che assicurasse allo strumento navale il mantenimento di un livello quantitativo e capacitivo minimo indispensabile per assolvere i propri compiti. Il programma prevedeva l’introduzione in linea di circa una trentina di navi entro il 2025, caratterizzate da elevata polifunzionalità, da una notevole economicità costruttiva e di impiego e caratterizzate da spiccate capacità duali: cioè la possibilità di svolgere accanto alle tradizionali operazioni militari anche tutta una gamma di missioni di protezione civile e paramilitari81. Nello specifico il programma prevedeva: - 16 pattugliatori polivalenti d’altura di concezione innovativa, in sostituzione di 28 navi appartenenti a 6 diverse classi, per sorvegliare e controllare gli spazi marittimi d’interesse nazionale, vigilare sulle attività marittime ed economiche, concorrere alla salvaguardia dell’ambiente marino, supportare operazioni di soccorso alla popolazione colpita da calamità naturali e per concorrere alla scorta di gruppi navali, navi maggiori, e mercantili; - 2 navi anfibie, in sostituzione di 4 navi attualmente destinate alle missioni anfibie (Garibaldi, San Giusto, San Marco, e San Giorgio), per proiettare e sostenere – in aree di crisi – la Forza da Sbarco e la Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare, assicurare il trasporto strategico di mezzi, personale e materiali, concorrere con la Protezione Civile alle attività di soccorso alle popolazioni, assicurare funzioni di comando e controllo nell’ambito di operazioni quali controllo dei flussi migratori, evacuazione connazionali, assistenza umanitaria e sanitaria; - 2 navi logistiche, in sostituzione di 2 rifornitori di squadra (Stromboli e Vesuvio), per fornire la necessaria autonomia delle forze in mare, renderle indipendenti dal supporto di altri Paesi e garantire, senza soluzione di continuità, la permanenza dei dispositivi aeronavali in area operazioni, trasportare materiali, viveri e carburanti; - 10 cacciamine veloci, in sostituzione delle 12 navi delle classi “Lerici” e “Gaeta”, per svolgere operazioni di contromisure mine lungo le rotte di accesso ai porti d’interesse e nei punti focali di transito, supportare le operazioni di proiezione, ricercare relitti d’interesse e concorrere alla tutela dei siti archeologici sottomarini; - 2 sottomarini di nuova generazione, in sostituzione degli ultimi 2 battelli della classe “Sauro”, per garantire la sorveglianza e il controllo degli spazi marittimi d’interesse, proteggere dispositivi navali in area di operazioni nel contrasto della minaccia sotto e

80 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, novembre 2014, pp. 22 – 27. 81 Po E., L’inquadramento strategico e il “Programma navale”, X – tra’, RID 6/2016, p. 10. 75 sopra la superficie, condurre operazioni con forze speciali e anfibie e assicurare la raccolta occulta di informazioni sensibili anche nell’ambito del contrasto del traffico di esseri umani e del contrabbando d’armi; - 1 Unità idro – oceanografica, per assicurare la condotta di rilievi idrografici anche in alto mare e la conseguente produzione della documentazione e cartografia nautica, la collaborazione con istituti di ricerca nazionali e internazionali in ambito oceanografico, per la tutela ambientale, ricerca e prospezione sottomarina; - 2 mezzi navali minori veloci, per condurre operazioni di forze speciali e di contrasto alla minaccia asimmetrica; - Naviglio minore in sostituzione di quello attuale, già obsoleto e ben oltre il fine vita operativa, per assicurare tutte le attività di supporto tecnico, logistico, manutentivo; - 16 elicotteri pesanti, per compensare la dismissione della flotta di 18 “Atlantic” e la conseguente perdita della capacità di pattugliamento marittimo e lungo raggio, assicurando la lotta contro i sommergibili, la ricerca/soccorso e il trasporto sanitario, anche, in prospettiva in ambiente ostile in tempo di crisi/guerra (c.d. capacità combat SAR); - 9 convertiplani, per consentire la sorveglianza aerea in profondità, il trasporto aereo a lungo raggio e le attività di rifornimento in volo degli aeromobili imbarcati nonché per incrementare le opzioni d’intervento in caso di crisi o di calamità naturali, ivi incluso il combat SAR; - 13 sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto, per condurre attività di osservazione aerea occulta e prolungata nelle aree d’interesse, integrando l’impiego degli elicotteri di bordo. Le nuove navi, caratterizzate da minimi costi di gestione, verranno condotte da equipaggi ridotti rispetto a quelle che sostituiranno, ma potranno imbarcare personale aggiuntivo, per svolgere sia operazioni militari complesse e/o di lunga durata sia interventi di protezione civile. Esse sono infatti studiate, sin dalla fase di progetto, per esprimere al massimo livello le caratteristiche duali, per dotare lo Stato di uno strumento idoneo non solo a effettuare operazioni militari, ma utile in tutte le situazioni di necessità/emergenza e, più in generale, in tutte le attività di sicurezza marittima (ricerca e soccorso, intervento per calamità, ecc.) del tempo di pace. La polivalenza delle nuove costruzioni renderà in futuro non necessarie le eventuali acquisizioni di assetti per lo svolgimento di funzioni similari da parte di altre componenti operative dello Stato, evitando duplicazioni e comportando, in un’ottica di costo – efficacia, risparmi per le finanze pubbliche e maggior unicità di comando in mare.

76 6.1 Flotta verde Un’altra peculiarità di questa innovativa famiglia di navi sarà rappresentata dal maggior rispetto e tutela dell’ambiente: - Imbarcando degli specifici sistemi antinquinamento, per circoscrivere un tratto di mare contaminato, raccogliendo e stivando a bordo le sostanze inquinanti (per esempio le navi logistiche e i pattugliatori d’altura); - Attraverso la riduzione dei fumi emessi, il trattamento delle acque di scarico e l’adozione di bio – combustibili. A testimonianza della sensibilità e dell’effettivo impegno della Marina Militare verso i problemi legati all’inquinamento, al surriscaldamento e, più in generale, all’impatto ambientale, la Forza Armata ha intrapreso iniziative concrete per la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema marino in particolare. In tale ambito si inquadra il progetto “Flotta Verde” che nasce dall’esigenza di individuare un prodotto alternativo al combustibile navale di origine petrolifera (gasolio codice NATO F 76) attualmente utilizzato a bordo82. Il programma della Marina Militare denominato “Flotta Verde” mette a sistema due esigenze diverse ma complementari. Da un lato, la riduzione delle emissioni inquinanti della combustione navale, dall’altro, un contributo alla sicurezza energetica nazionale mediante l’utilizzo di fonti alternative ai combustibili di origine fossile. L’iniziativa si basa su tre cardini: le procedure di Energy Saving, quali ad esempio la propulsione elettrica; lo sviluppo di tecnologie Eco design, come l’illuminazione a LED e le carene trattate con pitture siliconiche; infine l’utilizzo di combustibili provenienti da fonti rinnovabili in linea con la direttiva europea Horizon 2020. Per lo sviluppo di quest’ultimo prodotto la Marina ha avviato una collaborazione con l’ENI che aveva sviluppato con l’Honeywell – UOP presso il Centro Ricerche di S. Donato Milanese, la tecnologia Ecofining. Essa permette la produzione di biodisel di seconda generazione, derivato da olio di palma certificato, non in competizione quindi, con le coltivazioni per finalità alimentari. Il prodotto finale si presenta con qualità tecniche migliori (numero di cetano, minore impatto in termini di emissioni solforose e di anidride carbonica), nonché con capacità di stoccaggio a bordo superiori. Un progetto non da poco rispetto ai biodisel di prima generazione il cui impiego sui motori diesel generalmente non poteva superare il 7% di blend. Il processo Ecofining si basa sulla idrogenazione della biomassa che in futuro potrà essere rappresentata anche da prodotti di scarto (es. olio da cucina) o da specifiche colture di alghe. Attualmente il Green Diesel è prodotto presso la raffineria ENI di Venezia che, nel periodo 2012 – 2014, è stata riconvertita

82 Prospettive e orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina Militare, novembre 2014, pp. 31 – 32. 77 dalla tradizionale alimentazione a fossile a questa nuova tecnologia, permettendo al gruppo italiano il riutilizzo di una centrale destinata a chiudere per ragioni di mercato. L’obiettivo congiunto di ENI e Marina è stato quello di arrivare alla formulazione del blend fossile – bio in cui la percentuale di componente “green” fosse superiore al 50%, rappresentando un obiettivo superiore alle più stringenti norme comunitarie che fissano un blend al 10% da raggiungere entro il 2020. La sperimentazione è iniziata il 2 aprile 2014 a bordo del Pattugliatore d’Altura Foscari e successivamente l’impiego è proseguito sul Cavour, sul cacciatorpediniere Caio Duilio, sulla fregata Maestrale e infine sul sommergibile Gianfranco Gazzana Priaroggia. Sempre nel 2014 la Marina Militare ha siglato un accordo di collaborazione con la Marina statunitense per condividere i risultati di tali attività allargando il campo anche all’eventuale impiego su aeromobili83. Il 16 giugno 2016, nel corso di un’esercitazione congiunta con la US Navy, la nave ETNA ha fornito, in mare, green diesel prodotto in Italia ad alcune unità americane impegnate in attività nel Mediterraneo, suggellando così la collaborazione delle due Marine nel settore dei biocombustibili84. La ricerca di soluzioni tecniche in grado di cambiare la gestione delle attività umane quali l’industria, il riscaldamento ed il trasporto sarà uno dei principali motori dell’innovazione, sia in Europa che nel resto del mondo. La società ENI e la Marina Militare hanno costruito insieme, a partire dal 2012, un percorso virtuoso i cui risvolti, al di là dei risultati tecnici raggiunti, potrebbero cambiare anche il volto della propulsione navale commerciale e civile in generale dei prossimi decenni. Un esempio positivo di sinergia industria – difesa che proietta il nostro Paese tra le potenze “green” del Pianeta85.

6.2 Riflessi del Programma navale sull’industria nazionale La piena attuazione del Programma navale di emergenza, secondo il documento Prospettive e Orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, potrebbe avere importanti riflessi sull’industria nazionale. Il costo del lavoro, la disponibilità finanziaria e il vantaggio tecnologico sono infatti tra i pilastri fondamentali della struttura industriale. Oggi la competitività dei prodotti italiani si basa quasi esclusivamente sul vantaggio tecnologico, che è in via di erosione rispetto ai Paesi emergenti, a causa della mancanza di investimenti. Per mantenere la competitività dell’industria nazionale è quindi necessario salvaguardare soprattutto le conoscenze specifiche dell’alta tecnologia e dar vita

83 Minuto M.M., Le “flotte verdi del presente e del futuro”, Il Nodo di Gordio, n.15 Settembre – Dicembre 2017, pp. 60 – 61. 84 Lucente F., La Marina Militare nel secolo della Blue Economy, Tesi Individuale, Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze, 21° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze, Anno Accademico 2018 – 2019, p.5. 85 Minuto M.M., Le “flotte verdi del presente e del futuro”, Il Nodo di Gordio, n.15 Settembre – Dicembre 2017, p. 62. 78 a prodotti innovativi. Investire in navi militari (per definizione sistemi ad architettura complessa ed elevato contenuto tecnologico) comporta quindi dei notevoli vantaggi per il Paese, al di là della necessità di garantire la sopravvivenza della Marina. L’industria nazionale del settore, assieme al relativo indotto, è in grado di generare lavoro per circa 25.000 occupati, produce Made in Italy per oltre il 90% e rappresenta un patrimonio di competenze che merita di essere salvaguardato. Essa tuttavia è impegnata sotto il 50% delle potenzialità, col rischio concreto di dover ricorrere alla Cassa integrazione guadagni (CIG) per circa 10.000 lavoratori, con un onere di circa 420 M€ all’anno, in termini di costi vivi e di mancato introito fiscale. Il mercato specifico è caratterizzato da una forte concorrenza internazionale, ma la nostra industria (Leonardo, Fincantieri e relativi indotti) conserva ancora un margine di vantaggio tecnologico di circa dieci anni su quello dei principali Paesi emergenti e una buona competitività nei confronti dei concorrenti storici. Essa potrà aggiudicarsi delle rilevanti commesse da parte di Marine estere, contribuendo alla riduzione del rapporto debito/PIL, a condizione di poter contare sulla certezza d’investimento per la ricerca, l’innovazione, la formazione di personale specializzato e, più in generale, di occupazione. Il mantenimento del margine di vantaggio tecnologico è quindi fondamentale per conservare e accrescere il livello di competitività, in un momento che registra una crescente domanda di navi militari. Affinché le navi italiane siano appetibili anche all’estero, è, tuttavia, necessario che la Marina italiana, per prima, le sviluppi e le acquisisca. L’esperienza ha dimostrato che difficilmente i possibili acquirenti s’impegnano a comperarle, senza disporre di questa fondamentale garanzia d’affidabilità e di sostenibilità nel tempo. Le competenze pregiate necessarie alla produzione di equipaggiamenti militari d’avanguardia, di per sé complessi e densi di tecnologia, richiedono un importante impegno nella ricerca e un severo controllo della qualità, per garantire la necessaria sicurezza di funzionamento anche in condizioni di impiego proibitive. Una volta sviluppato, questo patrimonio di conoscenze si travasa nel campo civile, generando benefici in molti altri settori. Tali competenze, di cui ancora la nostra cantieristica e l’industria ad alta tecnologia correlata dispongono, si sviluppano in tempi lunghi e sono difficilmente recuperabili una volta disperse. Il Programma navale rappresenta, quindi, nel quadro di rilancio dello sviluppo del Paese anche un valido strumento antirecessivo e un preminente contributo alla soluzione della crisi economica. La piena attuazione del Programma può infatti comportare concreti e significativi benefici per il Paese. In particolare, i riflessi sull’industria nazionale di un investimento complessivo decennale di 10 Mld€ sono: - saturazione delle attuali capacità produttive del comparto, con impiego al 100% delle potenzialità;

79 - salvaguardia dei livelli occupazionali per circa 25.000 persone per dieci anni, con un impegno di 330 milioni di ore/uomo in 10 anni; - investimento trasformato pressoché integralmente in PIL; - ritorno fiscale per lo Stato di circa 5 Mld€ per tasse e contributi pari al 50% dell’investimento; - mancato ricorso alla CIG per circa 10.000 occupati, con un beneficio per lo Stato di circa 4,2 Mld€ in dieci anni, in termini di introiti fiscali e di risparmio di costi vivi; - impatto di elevato valore economico, sociale e tecnico tanto in via diretta quanto indiretta (industrie collegate e commesse estere), grazie alla distribuzione geografica del lavoro, 55% al Nord e 45% al Centro Sud; - generazione di reddito pari a 34,3 Mld€, di cui 18,86 Mld€ al Nord e 15,44 Mld€ al Centro Sud; - mantenimento e incremento del margine di vantaggio tecnologico nazionale e recupero degli spazi di mercato internazionale perduti, avviando lo sviluppo di nuove tecnologie/sistemi interamente nazionali che verrebbero altrimenti acquisiti off – the – shelf sul mercato internazionale; - sostegno all’esportazione, attraverso la promozione di prodotti innovativi e avanzati, sostenibili logisticamente nel tempo e forti del connubio Marina Militare – cantieristica nazionale e industria ad alta tecnologia correlata; - coinvolgimento di un ampio spettro di realtà imprenditoriali, incluse le piccole e medie imprese, non solo nella fase di costruzione, ma anche in quella di supporto in esercizio delle navi per un periodo di almeno venti anni, con un impegno pari a 132 milioni di ore/uomo. In ultimo, è opportuno considerare che, in accordo alla recente normativa europea in materia di conti economici dello Stato, la spesa relativa alle costruzioni navali non incide sul deficit, ma è considerata un “investimento fisso” che concorre alla determinazione del patrimonio complessivo dello Stato e contribuisce all’aumento del PIL e al miglioramento dei correlati saldi di finanza pubblica. Il Programma navale d’emergenza, pertanto, oltre a scongiurare la scomparsa della Flotta, rappresenterà un valido strumento antirecessivo e un contributo alla soluzione della crisi economica da inserire nel quadro di rilancio dello sviluppo del Paese.

6.3 PPA: una nave per il Paese Le navi hanno un’intrinseca capacità duale, ossia la possibilità di essere impiegate prontamente – senza necessità di ulteriori investimenti, né di modifiche strutturali – anche

80 in compiti non militari a supporto delle popolazioni colpite da calamità naturali ovvero da gravi disastri, in concorso alle attività della Protezione Civile, per la sorveglianza e la tutela dei siti archeologici, per il trasporto di materiali umanitari e di prima necessità. Queste caratteristiche duali fanno sì che le potenzialità delle navi possano esser sfruttate appieno anche in tempo di pace. Si tratta di una prerogativa delle navi della Marina che possono svolgere – per specificità di addestramento del personale, nonché una tipologia e peculiarità di mezzi – sia i compiti della Difesa e della Sicurezza Marittima, sia quelli in favore e a supporto della popolazione, anche laddove le infrastrutture a terra siano gravemente compromesse, non vi sia alimentazione elettrica, vi sia scarsità di derrate alimentari, nonché rischio per la vita umana. Nell’ambito della costruzione delle nuove unità della Marina Militare, il requisito duale dell’unità è stato recepito, sin dalle fasi di progetto, così come la possibilità d’integrare agevolmente nuove capacità. I nuovi PPA, in tutto sette, saranno costruiti presso il Cantiere Integrato di Riva Trigoso e Muggiano. Il Pattugliatore Polivalente d’Altura potrà assolvere, grazie a tre differenti configurazioni (a partire da una “leggera”, PPA Light, relativa al compito di pattugliamento, integrata di capacità di autodifesa, passando per una versione “intermedia”, PPA Light Plus, fino ad una “completa”, PPA Full, equipaggiata con il massimo di capacità di difesa), molteplici compiti che vanno dal pattugliamento ed eventuale soccorso in mare alle operazioni di protezione civile, fino al combattimento di prima linea con la versione più equipaggiata dell’unità.

Il Pattugliatore Polivalente d’Altura (PPA) potrà produrre energia elettrica (per una potenza pari a 2.000 kw) e acqua potabile in quantità tali da supportare una piccola cittadina (circa 6.000 abitanti) colpita da calamità. Più in dettaglio, la nave sarà caratterizzata da ampi spazi dedicati all’imbarco di materiali e impianti shelterizzati, che amplieranno ulteriormente 81 la sua capacità ospedaliera, di trasporto di aiuti umanitari e d’imbarco di sistemi per operazioni antinquinamento. Nello specifico due zone modulari a poppa e a centro nave permettono l’imbarco di svariate tipologie di moduli operativi, logistici, abitativi e sanitari containerizzati (in particolare la zona poppa può ricevere e movimentare in area coperta fino a 5 moduli in container ISO 20’’, mentre la zona centrale fino a 8 container ISO 20’’)86. Sempre all’interno di questi spazi è possibile il trasporto ed il lancio di gommoni a chiglia rigida fino ad 11 metri di lunghezza mentre a poppa, vi è un’ulteriore area garage (dotata di carroponte per la movimentazione e la messa in acqua di carichi, tramite portelli laterali) adatta ad essere riconfigurata per svariate missioni87. La modularità del progetto consentirà di sfruttare i medesimi spazi per imbarcare, in maniera rapida e sicura, un elevato numero di personale civile per operazioni di evacuazione (es. di connazionali all’estero) o naufraghi, in caso di eventi SAR con elevato numero di personale da trarre in salvo.

Il pattugliatore polivalente d’altura, capace di una significativa velocità massima avrà inoltre elevate prestazioni di piattaforma, modularità progettuale e un’intrinseca facilità di modificarne l’allestimento dei sistemi d’arma secondo l’evoluzione nel tempo dei requisiti operativi. Tra le tante innovazioni introdotte sui PPA vi è quella riguardante il sistema di propulsione, proprio in virtù delle elevate prestazioni richieste a queste navi in termini di economicità di esercizio, senza dimenticare una particolare attenzione all’ambiente. La configurazione propulsiva consentirà 10 nodi con la propulsione elettrica, 18 nodi con un

86 Italia: varato il Pattugliatore Polivalente d’Altura Thaon di Revel, Panorama Difesa, numero 388 Agosto – Settembre 2019, p.12. 87 Po E., Varato il Thaon di Revel, primo PPA, RID, n.7 luglio 2019, p. 30 – 33. 82 solo diesel, 25 nodi con 2 diesel e 33 – 34 in assetto standard inserendo la TAG. Quando sarà in pattugliamento, quindi a velocità tipicamente comprese tra 4 e 6 nodi, il PPA impiegherà la propulsione elettrica, particolarmente rispettosa dell’ambiente in accordo con i concetti di Flotta Verde88. I PPA sono unità alturiere, pensate e concepite sin da subito per operare in contesti di alto mare e in scenari variegati rispetto ai quali, grazie alle possibilità di riconfigurazione, possono affrontare sia minacce convenzionali sia adattarsi a scenari ibridi sempre più frequenti. In virtù delle loro caratteristiche i PPA non hanno al momento eguali nel mondo per navi della stessa categoria, poiché sfuggono al tradizionale incasellamento delle unità da guerra e rappresentano di fatto un design completamente nuovo. Il dislocamento è quello di una fregata a tutti gli effetti, ma la configurazione e le caratteristiche sono ampie e diversificate, così come la modularità così spinta li pone di fatto in discontinuità rispetto al tradizionale concetto di fregata così come lo conosciamo89. I PPA, infatti, a seconda del loro livello di armamento reso possibile dalla modularità, potranno ricoprire più ruoli, da quello delle fregate fino al ruolo assolto dai pattugliatori Cassiopea o dai Comandanti. In questo spettro di missioni la Marina ha operative 6 linee diverse che vuol dire pezzi di ricambio diversi, formazione del personale diversa, equipaggiamento di supporto diverso, ecc. Avere un’unica nave semplificherà tutta la catena logistica e permetterà di ridurre sensibilmente i costi di ciclo di vita90. Un concetto di nave, quella rappresentata dai PPA, realmente rivoluzionario che sta già attirando un vasto interesse in tutto il mondo per il suo potenziale di export. Le caratteristiche sin qui descritte renderanno i PPA potenzialmente interessanti per le Marine estere, con ulteriori margini di economie di scala. La nave sarà pertanto particolarmente adatta ad assicurare la presenza e la sorveglianza nelle aree d’interesse e lungo le linee di comunicazione marittime: un compito di preminente rilevanza e di univoca responsabilità della Marina91.

6.4 Programma PPA: sistemi di nuovo sviluppo e tecnologia sovrana PPA è certamente il Programma più innovativo e sfidante della cosiddetta Legge Navale. L’obiettivo di conferire alla Marina Militare capacità operative allo stato dell’arte, sostenendo al contempo la supremazia tecnologica delle nicchie di eccellenza dell’Industria

88 Po E., I PPA – Programma, piattaforma, configurazioni, armamento e sensori, X – tra’, RID 6/2016, p.18 – 19. 89 Batacchi P., Una nave per il Paese, X – tra, speciale RID, 6/2016. 90 Batacchi P., Navi innovative per il Pase – Intervista con l’Ammiraglio di Squadra Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, X – tra, RID 6/2016, p.3. 91 Prospettive e Orientamenti di massima della Marina Militare per il periodo 2015 – 2025, Stato Maggiore della Marina, novembre 2014. 83 italiana della Difesa e Sicurezza, è stato il filo conduttore che ha guidato gli attori chiamati in causa sin dalle prime origini del Programma. PPA, infatti ha rappresentato un forte stimolo alla ricerca che ha interessato non solo la grande Industria della Difesa (in primis Fincantieri e Leonardo, nonché Elettronica e MBDA IT) ma anche le Piccole e Medie Imprese in varie regioni del territorio nazionale. Di seguito è riportato un elenco di Sistemi di nuovo sviluppo, sia frutto di innovazioni tecnologiche sostenute dalla Legge Navale (DBR, ATAS, 76 SP, ADT NG, EWS, CMS, PICN), sia risultato di evoluzioni tecnologiche di Sistemi preesistenti in precedenti Programmi della Difesa: - DBR (Dual Band Radar). Radar a 4 facce fisse con tecnologia AESA (Active Elettronically Scanned Array) operante nelle bande X e C. Sviluppato dalla ditta Leonardo per PPA e per LHD (Nave Trieste – solo componente in banda X), è un radar di ultima generazione che permetterà, costantemente su 360°, la sorveglianza, la scoperta, il tracciamento e la guida di missili contro bersaglio o target aereo nonché la funzione tiro per la conduzione degli impianti di artiglieria di bordo. Il DBR ha capacità di scoperta e contrasto di minacce anche di tipo balistico (TBM) consentendo la guida dei missili Aster 15/30 e dei futuri B1NT. Questa tipologia di radar assicura la rispondenza alle nuove esigenze operative che richiedono apparati sempre più flessibili e con alta disponibilità operativa. Infatti, grazie ai suoi moduli transmitter/receiver module (TRM) sono in grado di sviluppare maggiori potenze radiative, garantendo ottime prestazioni in termini di affidabilità e capacità operativa residua anche in presenza di guasti (c.d. “graceful degradation”). - sonar. La suite ASW per PPA (imbarcata sulla versione FULL) è costituita da: 1. un sensore sonar trainato attivo denominato ATAS (Active Towed Array Sonar), composto da un trasduttore ed una cortina idrofonica in grado di assicurare la sorveglianza subacquea nei confronti di siluri e sommergibili/sottomarini. L’ATAS è un sistema di nuovo sviluppo interamente progettato da Leonardo DS (ex WASS di ) e caratterizzato da elevata modularità al fine di facilitare l’imbarco/sbarco dalla piattaforma (anche con mezzi organici all’Unità); 2. nr. 2 Lanciatori di contromisure antisiluro ODLS 20 (OTO Melara Decoys Launching System) equipaggiato con contromisure acustiche anti-siluro denominate MJTE (Mobile Jammer Target Emulator). Queste ultime sono in grado di emulare il comportamento dinamico ed acustico della nave lanciante, producendo al contempo rumore a banda larga, con l’obiettivo di ingannare un eventuale siluro attaccante; - cannone sovraponte. È un Sistema di difesa di punto (cannone di medio calibro 76/62) associato alle munizioni guidate Davide (Strales) e, in futuro, Vulcano 76mm (lunga

84 gittata guidata). È il frutto di importanti adattamenti tecnici/evoluzioni del sistema 76/62, al fine di permetterne l’installazione a bordo non intrusiva per i ponti sottostanti. Il progetto (OTO Melara, ora Leonardo) nasce dall’esigenza di contenere i volumi e i pesi per installare l’impianto anche su Unità sprovviste di gun-bay (nel caso PPA, sopra l’hangar). Caratteristiche: Massa ridotta e capacità di caricamento/selezione (i.e. capacità multifeeding) di diverse tipologie di munizionamento (tradizionale, Davide e Vulcano 76mm); - munizionamento guidato. Si tratta di munizioni dei tradizionali impianti di artiglieria navali (76 mm e 127 mm) autoguidate (guida GPS con piattaforma inerziale e controllo della stabilità in volo) o con guida nel fascio (radar). Esiste già la munizione Davide (76 mm) e quella Vulcano (127 mm). L’innovazione è la nuova munizione Vulcano (76 mm) in fase di sviluppo a cura della ditta Leonardo (ex OTO Melara) che permetterà di eseguire missioni di supporto di fuoco a terra, anche con impianti 76/62, garantendo elevata probabilità di successo a distanze elevate; - ADT Nuova Generazione. L’apparato Direzione del Tiro ha lo scopo di consentire alla nave di avere delle capacità operative di ingaggio efficace con sistemi d’arma ed in tempi rapidi in scenari convenzionali ed asimmetrici (minacce anche multiple) nelle forme di lotta sopra la superficie. L’adozione di una doppia banda di funzionamento radar (X e Ka) e di sensoristica opto-elettronica allo stato dell’arte consentiranno il raggiungimento, anche in presenza di fenomeni interferenti quali il multipath e/o il clutter, di elevate prestazioni in distanza ed accuratezza nei confronti di bersagli aerei e di superficie; - IFF di nuova generazione. Il sottosistema IFF (Interrogation Friend or Foe) sviluppato da Leonardo per PPA è un’evoluzione di quello realizzato originariamente per la classe FREMM. A differenza dei sistemi impiegati in passato (interrogatore rotante spesso solidale con una delle antenne radar) il nuovo IFF è basato su una antenna conforme (fissa) con 64 colonne radianti poste sull’albero. Il nuovo sistema ha il vantaggio di una sensibile riduzione di peso e dimensioni, garantendo comunque prestazioni elevate (long range) e sui 360°; - EWS (Electronic Warfare System). Il sistema EWS, sviluppato da Elettronica per PPA, assicura funzioni di sorveglianza (ESM) e contrasto (ECM) nel campo della Difesa Elettronica. Il sistema è completamente integrato ed interfacciato con il Sistema di Combattimento di bordo, in modo da fornire un quadro tattico aggiornato di tutte le emissioni elettromagnetiche (radar e di comunicazione) presenti nello scenario contribuendo alla sorveglianza aerea e di superficie e permettendo l’efficace pianificazione/attuazione delle opportune azioni di contrasto;

85 - PICN (Postazione Integrata Condotta Nave). Si tratta, senza dubbio, di una delle innovazioni che maggiormente caratterizza il Programma PPA. È un sistema, inserito nella Plancia Operativa di Combattimento, che, ispirandosi a concetti di derivazione aeronautica, permette a due soli operatori di espletare la condotta operativa della Nave (incluse alcune funzionalità di piattaforma) e di impiegare alcuni sistemi d’arma per assicurare l’autodifesa dell’Unità in scenari mono-minaccia. Tale sistema, denominato “cockpit”, consentirà per la prima volta la gestione integrata delle operazioni relative sia alla conduzione della nave sia al sistema di combattimento, con un numero ridotto di addetti, grazie anche all’impiego di tecnologie avanzate a elevata automazione; - CMS. Il Combat Management System rappresenta il sistema che permette al Team di Comando di impiegare in modo integrato e coordinato l’intero Combat System assicurando la valutazione della situazione tattica ed operativa e l’impiego di sensori e attuatori per lo svolgimento delle missioni assegnate. Nell’ambito del programma PPA, il CMS, denominato SADOC 4 (Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento di 4^ generazione), presenta importanti evoluzioni hardware (e.g. impiego tecnologia touch, architetture di calcolo allo stato dell’arte caratterizzate da elevata ridondanza, scalabilità, remotizzazione) e software (e.g. nuova interfaccia uomo- macchina, training distribuito, gestione cartografia e database) che miglioreranno l’affidabilità e le prestazioni del sistema (rispetto a quelli di precedente generazione – FREMM – già molto sofisticati ed apprezzati); - SAAM ESD per B1NT. Il Sistema Missilistico, sviluppato dalla società MBDA, previsto per le UU.NN. PPA (Light+ e Full) rappresenta la naturale evoluzione del SAAM-ESD attualmente installato sulle UU.NN. FREMM per il contrasto delle minacce aeree e missilistiche. Le maggiori innovazioni introdotte nel programma PPA riguardano l’integrazione del nuovo sensore radar DBR (precedentemente richiamato) ed il contrasto di minacce missilistiche di tipo balistico (i.e. TBM) mediante l’impiego di munizioni del tipo ASTER 30 B1NT (attualmente in sviluppo nell’ambito del programma di cooperazione IT/FR/UK denominato FSAF/PAAMS); - DSS-IRST (Distributed Static Surveillance – Infrared Search & Track). Sistema di sorveglianza e tracciamento passivo nella banda infra-rossa (IR) sviluppato dalla ex- Galileo avionica ora Leonardo. Tra le principali innovazioni introdotte si evidenzia la capacità di offrire una visione panoramica dello scenario circostante la nave, in qualsiasi condizione operativa, complementando la capacità di sorveglianza dei sensori attivi (radar) e di riconoscimento ottico anche in condizioni di scarsa visibilità ed a lungo raggio. Inoltre il DSS-IRST, grazie ad una configurazione scalabile e distribuita, permette di

86 implementare la funzione di “ranging passivo” per la stima (senza emissione di energia diretta) della distanza di un bersagli; - sistema di comunicazioni: Software Defined Radio, antenne V/UHF (PAN e UWB), sistema satellitare tribanda banda X/Ku/Ka. Il sistema di telecomunicazioni di bordo sarà in grado di assicurare la capacità di effettuare servizi voce, dati e video, sia all’interno nave che verso l’esterno, impiegando collegamenti radio, satellitari, wireless a banda larga e le infrastrutture terrestri (shore lines). Al fine di garantire la massima flessibilità di impiego ed il minor impatto installativo sul complesso Topside delle UU.NN. PPA, sono state adottate soluzioni tecnologiche allo stato dell’arte quali la Software Defined Radio (realizzata da Leonardo), in grado di effettuare comunicazioni voce e dati in differenti bande di comunicazione e secondo differenti standard impiegando una piattaforma ricetrasmittente comune, e le antenne V-UHF conformi, già sviluppate dal CNIT nell’ambito di precedenti programmi di ricerca (PNRM SHI.RED). Infine si segnala lo sviluppo da parte della società IDS di un moderno sistema satellitare bi-antenna operante su tre bande di funzionamento (X, Ku, Ka) che permetterà all’operatore di eseguire le attività di cambio banda (electrically switchable) da remoto (i.e. senza la necessità di eseguire operazioni manuali in antenna)92.

6.5 Il punto di situazione sul Programma navale per la tutela e la capacità marittima della Difesa Nell’ambito del “Programma navale per la tutela delle capacità della Difesa” è stata varata, il 22 giugno 2018, la Logistic Support Ship (LSS), nave Vulcano. La LSS, Logistic Support Ship, sarà in grado di trasportare carburante, olio lubrificante, munizioni, pezzi di rispetto, cibo, acqua, medicinali ed altri materiali per condurre operazioni di rifornimento in mare. Grazie alle aree dedicate, la LSS può effettuare anche attività manutentive specifiche e assistenza medica direttamente in mare93.

92 Conversazione con Pasquale De Candia, PPA Programme Manager OCCAR – EA, 19 luglio 2019. 93 LSS: Logistic Support Ship, Marina Militare, http://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la- marina/mezzi/nuovi_progetti_2/Pagine/LSS.aspx. 87

Il 25 maggio 2019 veniva varata presso lo stabilimento Fincantieri di Castellamare di Stabia (NA), la LHD Trieste, la più grande nave militare (lunghezza 245 m, larghezza massima di 47 m per oltre 33.000 t di dislocamento) costruita nel dopoguerra, destinata a diventare la nuova Ammiraglia della Marina Militare94. Sin dalla fase preliminare, l’unità è stata concepita per essere uno strumento flessibile, multipurpose by design, modulare e a basso impatto ambientale. Il Trieste, come evidenziato dall’allora Capo di Stato Maggiore della Marina Ammiraglio Valter Girardelli, sarà 5 navi in una, potendo assolvere compiti di sbarco anfibio, sbarco con elicotteri, proiezione aerea, centro di C2 ed attività duali. Le caratteristiche costruttive e di armamento dell’LHD Trieste le consentiranno di proiettare e sostenere – in aree di crisi – una forza da sbarco, di poter rispondere alle sempre più mutevoli esigenze operative graduando i dispositivi aeronavali alle minacce presenti e di assicurare il trasporto strategico di un numero elevato di mezzi, personale e materiali. In secondo luogo, l’unità sarà in grado di svolgere quegli impegni collaterali/duali concorrendo, con la Protezione Civile, alle attività di soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali, essendo anche in grado di fornire acqua potabile, alimentazione elettrica e supporto sanitario (a bordo sarà presente un ospedale completamente attrezzato di standard NATO Role 2E), assolvendo al contempo le funzioni di comando e controllo nell’ambito delle emergenze in mare, evacuazione di connazionali e assistenza umanitaria. Una nave versatile, operativamente flessibile ed allineata agli standard delle migliori Marine della NATO, che permetterà alla Marina Militare di poter contare su una piattaforma ad alte prestazioni con cui contribuire, alla pari con gli alleati, a missioni internazionali e, soprattutto, alla difesa degli interessi nazionali95.

94 Varata nave Trieste, la nuova nave d’assalto anfibio della Marina Militare, Marina Militare http://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Pagine/20190525_varo_nave_Trieste.aspx. 95 Mottola A., LHD Trieste, 5 navi in una, RID, n.7 Luglio 2019, pp. 26 – 29. 88

Lo scorso 15 giugno, presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia), è stato varato il primo Pattugliatore Polivalente d’Altura (PPA), nella versione PPA Light, battezzato Paolo Thaon di Revel, unità considerata simbolo, del “Programma navale per la tutela delle capacità della Difesa”. Il Thaon di Revel dovrebbe iniziare le prove in mare tra ottobre e novembre 2019 mentre la sua consegna è prevista nel 2021. Il programma PPA prevede la consegna delle successive unità rispettivamente nel 2022 (PPA Light), nel 2023 (PPA Light Plus), nel 2024 con due unità (PPA Full e PPA Light Plus), nel 2025 (PPA Light Plus) e nel 2026 (PPA Full).

L'11 maggio, presso lo stabilimento degli ex Cantieri Navali Rodriquez di , ora parte della società INTERMARINE S.p.A., è stata varata la nave di tipo UNPAV (Unità Navale Polifunzionale ad Alta Velocità) Tullio Tedeschi96, mentre il 7 luglio 2019, l’unità Angelo Cabrini, capoclasse delle due unità UNPAV, destinate alle Forze Speciali del Gruppo Operativo Incursori (GOI) del COMSUBIN, è stata consegnata alla Marina Militare97. Le due unità della classe (il Cabrini e il Tedeschi) contribuiranno inoltre al controllo dei traffici

96 Varata a Messina nave Tullio Tedeschi, Marina Militare, http://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario- online/Pagine/20190511_Varo_Nave_Marceglia.aspx. 97 Intermarine consegna l’UNPAV Angelo Cabrini alla Marina Militare, RIS, n.8 Agosto 2019, p. 8. 89 marittimi, al contrasto dei traffici illeciti, alla sicurezza in ambienti con presenza di minaccia asimmetrica e all’evacuazione di personale da aree di crisi98.

Ad oggi, a livello di risorse, una metà circa del programma navale d’emergenza è stata avviata attraverso la Legge di Stabilità 2014 e la Legge di Stabilità 2015, nell’ambito “Programma navale per la tutela delle capacità navali della Difesa” noto anche come “Legge Navale”. Con questo investimento iniziale pari a 5,428 miliardi di euro è stato possibile partire con una prima tranche del progetto che comprende: 10 PPA (7 navi finanziate più 3 in opzione), 1 unità anfibia multifunzionale tipo LHD (Landing Helicopter Dock, cioè una nave portaelicotteri a bacino allagabile) e una nave logistica/rifornitrice di squadra (LSS, Logistic, Support Ship), più 2 UNPAV, Unità minori Polivalenti ad Alta Velocità (noti come MNV, Mezzi Navali minori ad Alta Velocità) per il GOI99. A fronte di questo primo e parziale investimento, che non riuscirebbe ad arginare la perdita di capacità della nostra componente navale, appare ineludibile completare il Programma navale d’emergenza per fornire garanzie certe all’industria coinvolta, affinché possa a sua volta investire in occupazione e ricerca.

98 Intermarine consegna alla Marina l’UNPAV Angelo Cabrini, Panorama Difesa, n.388 Agosto – Settembre 2019, p.31. 99 Po E., L’inquadramento strategico e il “Programma navale”, X – tra, speciale di RID 6/2016, p. 10. 90 7 DAI SOMMERGIBILI AI SOTTOMARINI: L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA

7.1 Dalla Prima Guerra Mondiale alla Guerra fredda Senza ripercorrere i primi studi teorici, risalenti addirittura ad alcuni disegni di Leonardo da Vinci (15 aprile 1452 – 2 maggio 1519) per poi arrivare ai primi modelli della fine del 1800 dotati di propulsione elettrica, il sommergibile vide l’inizio del proprio sviluppo a seguito dell’efficacia dimostrata dall’U – 9 della Marina Germanica, durante la Prima Guerra Mondiale, quando l’unità, agendo da sola e indisturbata, riuscì ad affondare tre incrociatori corazzati inglesi. Questo esempio eclatante, così come l’uso che la Germania imperiale fece del mezzo subacqueo nella Prima Guerra Mondiale determinò lo sviluppo che rese ancora più massiccio, nel corso del Secondo Conflitto Mondiale, l’utilizzo degli U – Boot su scala globale in un confronto che dai mari del Nord si estese all’Oceano Atlantico e al Mar Mediterraneo. Fu proprio nel corso del Secondo Conflitto Mondiale e, in particolare con l’U – Boot Tipo XXI, che avvenne il passaggio concettuale e tecnologico dal sommergibile al sottomarino. I due termini, spesso utilizzati come sinonimi, rispecchiano differenti concezioni. Il sommergibile è un battello realizzato per la navigazione in superficie e, se necessario, con la possibilità di immergersi. Sott’acqua il sommergibile incontra limitazioni di velocità e manovrabilità e, inoltre, non è in grado di operare per lunghi periodi. Il sottomarino, invece, è un battello le cui prestazioni sono progettate per l’esclusivo impiego subacqueo. Tale distinzione esiste anche nella terminologia inglese (Submarine e Submersible), in quella tedesca (Unterseeboot e Tauchboot) e in quella statunitense dove si utilizza il termine Submarine o Sub. Il punto di partenza che segna la nascita del sottomarino è quindi considerato, a parte l’eccezione del sommergibile britannico Classe R risalente già alla Prima Guerra mondiale e dotato di propulsione diesel – elettrica, l’U – Boot Tipo XXI che la Kriegsmarine realizzò nel 1944 per operare in prevalenza in immersione, a differenza del Tipo XVIII dal quale derivava, che si immergeva per non essere individuato oppure per attaccare navi nemiche. Per caratteristiche e prestazioni il Tipo XXI si può considerare quindi l’ultimo sommergibile e il primo sottomarino, nonostante abbia avuto una breve vita operativa, alla fine del secondo conflitto mondiale, ed è il modello al quale si sono ispirati i progetti che le maggiori potenze mondiali hanno realizzato nel dopoguerra, quando la tecnologica tedesca relativa ai battelli sottomarini fu oggetto di particolare attenzione sia da parte statunitense sia da parte sovietica. Le caratteristiche dell’U – Boot Tipo XXI consentivano una velocità di 15,5 nodi in emersione e 17.5 nodi in immersione, 7 nodi a

91 modalità periscopio/Snorkel; l’autonomia era di 15.500 miglia alla velocità di 10 nodi in emersione, 365 miglia a 5 nodi in immersione. Le sorprendenti possibilità d’agire in immersione erano dovute alla progettazione di uno scafo fortemente idrodinamico e alla dotazione di batterie elettriche con autonomia e capacità tre volte superiori a quelle dell’U – Boot tipo VII – C, grazie alle quali era possibile navigare in immersione fino a tre giorni, prima di dover esser ricaricate utilizzando lo Snorkel, con un’operazione di circa cinque ore. La velocità era favorita dall’assenza del cannone sul ponte di coperta oltre ad altre migliorie come l’aumento dello spazio interno, destinato ad incrementare la scorta siluri, e in particolare un nuovo sistema idraulico che consentiva una rapida ricarica dei sei tubi di lancio che garantiva un volume di fuoco di 18 siluri in 20 minuti. La velocità massima in immersione di 17 nodi era doppia rispetto a quella dei modelli precedenti, anche grazie alla propulsione diesel a lungo raggio. Questa caratteristica rendeva il Tipo XXI particolarmente difficile da rilevare, tuttavia, le condizioni della Germania nel 1944 resero impossibile la costruzione delle previste 120 unità e solamente due furono messe in servizio100.

Schema di U – Boot Tipo XXI

Nel corso della Guerra Fredda con l’impiego dei sottomarini a propulsione nucleare (SSBN) capaci di imbarcare missili balistici intercontinentali (ICBM), le forze subacquee hanno confermato la loro efficacia e idoneità a svolgere deterrenza strategica e missioni di

100 Roggero R., Sottomarini lanciamissili – Un’arma totale, Navi e Imprese sul mare, N.6 agosto – settembre 2015, Delta Editrice p.4 – 6. 92 infiltrazione ed esfiltrazione di forze speciali, di trasporto di mezzi d’assalto e compiti d’intelligence, nel confronto a tutto campo tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L’evoluzione del sottomarino lanciamissili balistici prese avvio negli anni ’50, periodo di massima tensione della Guerra Fredda. Il primo sottomarino a propulsione nucleare della storia fu l’SS – 571 Nautilus, primo anche a raggiungere il Polo Nord, dimostrando inaspettate potenzialità operative. L’avvento della propulsione nucleare favorì in particolare il requisito della silenziosità nonché la necessità di avere motori d’elevata potenza in grado di spingere battelli di grandi dimensioni, cosa non possibile con la propulsione diesel – elettrica. La propulsione nucleare determinò la suddivisione di categoria tra sottomarini lanciamissili balistici a propulsione atomica, detti SSBN e sottomarini lanciamissili balistici catalogati come SSB, rimasta valida fino a che in attività vi erano battelli forniti dei due tipi d’impianti propulsivi. Sulla scia dell’entusiasmo per le potenzialità del nucleare, i nuovi sistemi d’arma e i progressi tecnologici, nacque la categoria del sottomarino lanciamissili, sebbene i primi modelli degli anni ’50 fossero con propulsione diesel – elettrica. La vera innovazione riguardava il fondamentale passaggio del lancio in emersione alla facoltà, per certi battelli, di lanciare missili a testata rimanendo in immersione. Per sottomarino lanciamissili balistici era da intendersi un mezzo subacqueo, generalmente a propulsione nucleare realizzato con lo scopo di portarsi a distanza utile per il lancio di ordigni intercontinentali cosiddetti SLBM, sigla che indicava appunto il Submarine Launched Ballistic Missile, i cui modelli più conosciuti erano i missili Polaris. In sostanza il compito di un battello di questo tipo era viaggiare in mare aperto, coprendo lunghe distanze sempre entro i limiti degli obiettivi affidati che, generalmente, erano di natura terrestre, come basi militari, installazioni industriali ed anche grandi centri urbani considerati bersagli strategici.

USS John Warner (SSN 785)101

101 US Navy, https://www.navy.mil/view_image.asp?id=200120. 93

K – 561 Kazan102

Naturalmente la principale caratteristica di queste unità era la capacità di non essere individuate dai dispositivi antisom del nemico o dai suoi corrispondenti sottomarini. La loro funzionalità stava proprio nell’estrema maneggevolezza, mobilità e velocità, caratteristiche adatte ad iniziative di prevenzione a sorpresa (First Strike), nonché a garantire, date le naturali capacità di sopravvivenza ad un attacco nucleare, la certezza di un’immediata risposta di rappresaglia (Second Strike)103.

7.2 Dal momento unipolare alle minacce ibride Con la fine della Guerra Fredda si è molto dibattuto sul ruolo che le forze subacquee avrebbero potuto avere alla luce del mutato contesto strategico che sembrava caratterizzarsi per la sua natura unipolare. Tuttavia, proprio l’esplosione di una molteplicità d’instabilità sia su scala di conflitti locali sia regionali, ha offerto nuovi spazi d’utilizzo all’impiego delle flotte subacquee. A partire dal 1991, con l’operazione Desert Storm e il lancio di 12 TLAM – C, corrispondenti a circa il 4% dei lanci complessivi effettuati nel corso dell’intera operazione, da parte di due SSN americani, i sottomarini sono andati a svolgere un ruolo determinante nel precision strike land attack, grazie alla loro flessibilità e possibilità di colpire con estrema precisione obiettivi terrestri a grande distanza. La nuova capacità di impiego dei sottomarini si andò a confermare anche nel corso delle operazioni in Kosovo

102 Majumdar D., Russia’s most advanced (and stealthly) nuclear submarine ever just went to sea, The National Interest, 29 settembre 2018, https://nationalinterest.org/blog/buzz/russias-most-advanced-and-stealthly-nuclear-submarine- ever-just-went-sea-32217. 103 Roggero R., Sottomarini lanciamissili – Un’arma totale, Navi e imprese sui mari, n.6 Agosto – Settembre 2016, Delta Editrice pp. 18 – 27. 94 (Noble Anvil Allied Force) con il lancio di TLAM – C, pari a circa il 25% del numero dei lanci compiuti, ad opera di unità americane ed inglesi104. L’evoluzione del contesto internazionale, così come è stata analizzata nella prima parte della ricerca, ha visto emergere sempre di più la rilevanza della dimensione subacquea da intendersi come campo di battaglia simmetrico, teatro di confronto asimmetrico (terrorismo internazionale), terreno di scontro economico e ambiente di confronto tecnologico e scientifico. In questo scenario, il sottomarino, per sua natura e struttura, possiede caratteristiche che gli garantiscono indiscussi vantaggi. Per sua natura il sottomarino è l’unico sistema d’arma, nel segmento mobile, attraverso il quale esercitare il controllo sistematico dello spazio subacqueo. Il vantaggio tecnologico dei sottomarini destinati alle Marine Militari è l’elemento su cui si fonda la capacità di controllo sulle attività economiche e non, condotte sotto la superficie marina da qualunque attore. La capacità di operare costantemente in immersione consente al sottomarino di possedere una naturale predisposizione all’occultamento. I sottomarini sono chiamati ad operare in forma occulta (missioni covert), in quelle aree/scenari avanzati e in cui risulta impossibile o ad elevato rischio l’impiego di altri mezzi operanti in forma palese. Nel dettaglio, le specifiche capacità dei sottomarini si concretizzano attraverso: - capacità di rilevare dati/comportamenti in forma discreta, altrimenti alterati con manifesta presenza di altri assetti aeronavali (comportamenti non condizionati); - capacità di operare integrato in “Expeditionary Forces”; - capacità di garantire lunga permanenza in area di interesse/operativa; - capacità ISR (Intelligence Surveillance Reconnaissance); - capacità di operare impunemente immersi in ambienti ostili e di difficile accesso per altri assetti aeronavali; - capacità di interdire con la sola presenza (manifesta e non); - capacità di rilascio e recupero delle Special Operations Forces (SOF), con proiezione verso terra; - capacità di operare indipendentemente dalle condizioni meteo sfruttando le stesse a proprio vantaggio; - deterrenza, di livello strategico se equipaggiati con SLBM; - capacità di strike su bersagli terrestri.

104 Mantovani L., Forze subacquee: evoluzione operativa e strategie d’impiego a fronte dei moderni criteri che regolano le operazioni marittime, tesi individuale IX Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze Anno accademico 2006 – 2007. 95 La sintesi delle missioni attualmente assicurate dagli assetti subacquei nazionali si basa su 4 pilastri operativi immutabili, ovvero Prevenire, Sorvegliare, Informare e, se necessario, Attaccare. Sebbene la caduta del muro di Berlino avesse fatto inizialmente dubitare, soprattutto nell’opinione pubblica, l’utilità di disporre di forze subacquee, la continua instabilità dell’attuale contesto internazionale, abbinata alla nuova postura internazionale della Russia e alla crescita economica della Repubblica Popolare Cinese, rende imprescindibile per il nostro Paese, potere disporre di sottomarini moderni per la tutela dei propri interessi e per contribuire, con le nazioni amiche ed alleate, al mantenimento dell’ordine internazionale.

96 8 CENNI STORICI SUI SOMMERGIBILI ITALIANI NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE

Alla fine degli anni Trenta e, in particolare alla data del 10 giugno del 1940, con 115 battelli la Italiana disponeva di una delle maggiori flotte subacquee del mondo. Era preceduta solo da quella sovietica che ne allineava 160, suddivise però fra quattro mari, con scarse possibilità di interagire. Inoltre, molti sommergibili della Flotta Rossa erano di piccole dimensioni per impiego costiero. Di queste 115 unità, delle quali all’inizio del conflitto 84 erano pronte a prendere il mare, due stavano per terminare le prove e 29 si trovavano ai lavori. Sette erano piccoli battelli di vecchia costruzione, 39 di tipo oceanico con dislocamenti compresi fra le 950 e le 1570 tonnellate in emersione, mentre 69 erano di piccola e media crociera, con dislocamenti compresi tra le 650 e le 950 tonnellate. In linea generale i battelli italiani, tra cui numericamente nel 1940 erano in netta prevalenza unità con meno di dieci anni di vita operativa, avevano scafi robusti, buona autonomia, discreta abitabilità, sufficienti qualità nautiche, apparati motori affidabili e buona sicurezza di funzionamento dei servizi di base: aria, esaurimento, energia. Si trattava di una forza considerevole sotto il punto di vista quantitativo anche se sotto quello qualitativo si potevano avanzare alcune riserve, sia per quanto riguardava le prestazioni e le soluzioni tecniche adattate sia per i previsti criteri d’impiego. Questi ultimi, in particolare, traevano purtroppo origine dalle scarse esperienze maturate nella Prima Guerra Mondiale dalla Marina Italiana, le cui unità subacquee avevano operato quasi esclusivamente in un bacino ristretto come il mare Adriatico. Anche le altre Marine, a parte quella tedesca, avevano avuto esperienze subacquee limitate, ma erano riuscite lo stesso a creare valide dottrine d’impiego per i loro sommergibili. Di conseguenza, anche le caratteristiche tecniche dei battelli erano state influenzate dall’esperienza della Grande Guerra e i sommergibili italiani costruiti dopo il 1920 risentivano tutti dell’impostazione prevalentemente statica del tipo d’impiego previsto. In altre parole, al sommergibile veniva assegnata una piccola zona d’agguato dove, senza poter valicare i limiti, il battello doveva rimanere immerso durante il giorno, in ascolto idrofonico, emergendo solo di notte per ricaricare le batterie e attaccando i bersagli che eventualmente transitavano in zona. I punti d’agguato venivano evidentemente scelti in prossimità di basi avversarie o di passaggi obbligati dove, presumibilmente, le possibilità di avvistamento di navi avversarie erano più elevate. Si trattava in sintesi della ripetizione, con poche varianti, delle tattiche in uso da parte dei battelli italiani e alleati in Adriatico nella Prima Guerra Mondiale. Altre Marine, e in particolare la Kriegsmarine, nel periodo tra le due guerre avevano sviluppato un tipo d’impiego dei sommergibili più dinamico, basato

97 soprattutto sulla ricerca mobile del bersaglio su aree piuttosto ampie, realizzando battelli di caratteristiche adeguate (elevata velocità in superficie, tempi ridotti d’immersione, ecc.)105. Secondo lo storico Giorgio Giorgerini, il richiamo a certi limiti tecnici e tecnologici che i nostri sommergibili presentavano non fu così grave e irrimediabile. Ciò che risultò gravido di importanti responsabilità fu l’avere costruito una grande flotta subacquea senza avere un’idea precisa e aggiornata di come e dove impiegarla per sfruttare il massimo delle sue potenzialità offensive. Gli avvenimenti e gli aspetti dell’offesa sottomarina nella Grande Guerra, seppur limitati al Mediterraneo, avrebbero già dovuto offrire ampio terreno di meditazione e di confronto di idee sulla guerra subacquea del domani, così come i tedeschi misero subito a frutto a tavolino le loro esperienze ancor prima di avere un solo nuovo sommergibile. La componente sommergibilistica della Regia Marina avrebbe dovuto “blindare” il Mediterraneo, impedendo l’accesso da occidente e da oriente, bloccando Gibilterra dal versante Mediterraneo e da quello atlantico e le rotte da Suez che portavano al cuore del Mediterraneo, attaccando con le tattiche più idonee, in stretta cooperazione con le forze aeree e con quelle navali di superficie, qualsiasi nave avversaria che si fosse avventurata fuori dalla propria base. Fu invece privilegiata la condotta di un altro tipo di guerra, così come era stata preferita un altro genere di preparazione, che pure aveva denunciato tutti i suoi limiti sin dalla partecipazione alla guerra di Spagna. Molteplici infatti furono le ragioni politiche, strategiche ed operative che portarono quella che nel 1940 era ancora la più potente flotta sottomarina al mondo, costruita con un oneroso impegno finanziario dell’intero Paese, ad ottenere risultati al di sotto delle aspettative a fronte di un pesante prezzo in termini di perdite di vite umane, come testimoniato dai ben 3021 tra ufficiali e marinai che riposano nelle loro “tombe d’acciaio” e di mezzi. L’ora della verità giunse con la Seconda Guerra mondiale, ispiratrice di imprese e atti di vero e proprio eroismo da parte di ufficiali e marinai costretti ad operare in condizioni estreme. Molti episodi, vicende, comportamenti di quei giorni hanno dato alla Marina Militare l’orgoglio di poter oggi vantare una tradizione navale che onora la bandiera e il Paese, in buona parte costruita anche dal valore, dalla dedizione, dalla bravura, dal sacrificio degli uomini dei sommergibili nella guerra 1940 – 1945106. Complessivamente nel corso dell’intero conflitto andarono perduti per cause belliche o nel corso di operazioni di guerra 90 battelli di cui 70 nel Mediterraneo e 20 negli altri teatri di operazione. Alla data dell’armistizio dell’8 settembre del 1943, 25 battelli vennero catturati e 13 autoaffondati. I successi dei

105 Bagnasco E., Rastelli A., Sommergibili in guerra – Centosettantadue battelli italiani nella Seconda Guerra Mondiale, Albertelli 1995, pp.17 – 19. 106 Giorgerini G., Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi, Mondadori 2002, pp. 8 – 10. 98 sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale, tra il 1940 ed il 1943, si attestarono a 132 navi mercantili affondate per un totale di 665.317 tonnellate di stazza lorda (t.s.l), 20 mercantili danneggiati per un totale di 151.505 t.s.l., 18 navi da guerra affondate pari a 28.950 t.s.l e 12 navi danneggiate pari a 105.597 t.s.l107. Emblematico, nella lettura di questi numeri, il ruolo del Capitano di Fregata, Carlo Facia di Cossato, ricordato dalla storia navale come uno dei più abili e coraggiosi sommergibilisti italiani della seconda guerra mondiale: al comando del Tazzoli, in 22 mesi affondò nell’Oceano Atlantico 16 mercantili per un totale di 86.000 t.s.l. Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, nelle acque di (Corsica) con la torpediniera Aliseo, fu anche l’artefice della prima vittoriosa reazione contro 7 unità tedesche di armamento superiore108.

Carlo Fecia di Cossato

8.1 Dal dopoguerra all’U212A Nel maggio del 1945, al termine delle ostilità in Europa, risultavano in servizio nella Regia Marina italiana 37 sommergibili; molti battelli, soprattutto quelli più vecchi, erano già stati passati in disarmo prima della fine della guerra e, assieme ai pochi mantenuti in armamento, si trovavano concentrati nelle basi di e Brindisi. Penalizzata dalle difficoltà economiche del Paese, dai limiti dell’industria navalmeccanica e bellica del secondo dopoguerra e dai vincoli imposti dal trattato di pace che stabiliva come “nessun sottomarino o altro naviglio sommergibile potrà essere costruito,

107 Bagnasco E., Rastelli A., Sommergibili in guerra – Centosettantadue battelli italiani nella seconda guerra mondiale, Albertelli 1995, p. 236 – 237. 108 Rastelli A., Carlo Fecia di Cossato. L’uomo, il mito e il marinaio, Mursia 2001, p.1. 99 acquistato, utilizzato, sperimentato dall’Italia”, la componente subacquea italiana ha conosciuto un lento processo di ricostruzione. Con il Trattato di Pace del 10 febbraio del 1947, firmato a Parigi, la componente della Marina italiana, uscita dal conflitto con una consistenza di 105 unità da combattimento per complessive 268.000 tonnellate, veniva ridotta a 106.000 tonnellate per un totale di 46 unità di cui, una buona parte, obsolete e molto usurate e, come ricordato, veniva vietato l’impiego di sommergibili, motosiluranti, mezzi d’assalto e navi portaerei109. Nel 1952, venute meno le clausole del Trattato di pace che proibivano all'Italia di possedere sommergibili, il "Giada" e il "Vortice", in precedenza classificati quali “pontoni veloci” ma segretamente impiegati per tenere “viva” la Componente subacquea, vengono reintegrati nel naviglio con il loro nome ed utilizzati per la ripresa dell'addestramento. Più tardi, con l'entrata dell'Italia nella NATO, la Marina degli Stati Uniti cede a quella italiana alcuni battelli delle classi "GATO" e "BALAO". Così, tra il '54 e '66, entrano a far parte della nostra Marina cinque battelli, ribattezzati con i nomi di sommergibili distintisi particolarmente nella 2^ G.M.: "TAZZOLI", "DA VINCI", "TORRICELLI", "CAPPELLINI" e "MOROSINI". Ad essi seguiranno, nel '73, il "GAZZANA" ed il "LONGOBARDO"(cl. TENCH/GUPPY) e, nel '74, il "PIOMARTA" ed il "ROMEI" (cl. TANG), tutti intitolati ad alcuni fra i più prestigiosi Comandanti di sommergibili, caduti in guerra110. Dal 1955, e per quasi trent’anni, la Marina Militare impiegò unità di origine americana costruite durante il periodo bellico e nei primi anni Cinquanta, permettendo così l’addestramento delle nuove leve presso i simulatori e le strutture formative della US Navy. L’utilizzo di questi battelli non prevedeva alcun tipo di collaborazione o scambio di know – how con la cantieristica italiana ed ebbero pertanto uno scarso impatto industriale e tecnologico sul sistema – paese. Parallelamente il 3 settembre del 1959, l’allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti annunciava al Senato la decisione del Governo di costruire un’unità subacquea a propulsione nucleare. Il progetto, denominato “Marconi”, fallì sia per l’adesione dell’Italia al trattato di non proliferazione nucleare sia per altri impedimenti di carattere politico, ma determinò come ricaduta tecnologica positiva, la creazione nel 1956 del Centro Applicazioni Militari per l’Energia Nucleare, il CAMEN, che esiste ancora oggi come Centro Interforze Studi ed Applicazioni Militari (CISAM) nella sede di San Piero a Grado. La vera ricostruzione della forza subacquea italiana ebbe inizio con la realizzazione dei quattro battelli, da 600 tonnellate di dislocamento, della cl."TOTI" ("TOTI", "BAGNOLINI", "DANDOLO" e "MOCENIGO") con i quali, nella seconda metà degli anni '60, l'industria

109 Bagnasco E., Rastelli A., Sommergibili in guerra – Centosettantadue battelli italiani nella Seconda Guerra Mondiale, Albertelli, p. 239. 110 Il dopoguerra italiano, Marina Militare, http://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/forze- subacquee/storia/Pagine/Ildopoguerra.aspx. 100 nazionale tornò a costruire mezzi subacquei, dopo una stasi di oltre vent'anni. Un’occasione importante per l’industria e il mondo della ricerca che tuttavia necessitava di una solida base tecnica. La progettazione fu affidata al Colonnello del Genio Navale Fulvio Ruzzier e il contributo industriale arrivò attraverso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico (CRDA) di Trieste / Monfalcone e un raggruppamento di imprese che tornava a progettare dopo venti anni di fermo unità subacquee. Tra queste, Calzoni e Whitehead Moto Fides in particolare, sfruttarono il progetto Toti per ricostruire il proprio know – how e tutt’ora rappresentano delle eccellenze nel campo della difesa. Le unità, che rappresentavano il ritorno dell’industria italiana nel settore subacqueo, montavano alcuni elementi tecnici tedeschi quali le batterie Varta, generatori e motore elettrico Siemens, impianto snorkel della Maschinebau Gabler, nonché il periscopio Zeiss. Il 27 giugno del 1974, con l’impostazione del Nazario Sauro, primo di 8 unità di sottomarini prodotti tra il 1978 e il 1995, la Marina Militare riesce a compiere uno dei più rilevanti salti di qualità in termini di prestazioni e missioni assegnabili. Pensati quale evoluzione dei piccoli Toti, il cui progetto era di origine tedesca, in realtà se ne discostarono per numerose scelte progettuali, per esempio la compartimentazione dello scafo, e per gli impianti a bordo a forte matrice italiana e anglo – americana. Relativamente allo scafo si optò per l’acciaio HY80 di provenienza statunitense e per il quale la Marina si pose come interfaccia tra i tecnici della US Navy e l’industria siderurgia nazionale. Le aziende nazionali, anche grazie ad un sistema industriale evoluto rispetto al decennio precedente, trovarono ampio spazio nella progettazione di queste unità riversando un elevato apporto tecnico e scientifico. Il contributo dell’industria italiana si concretizzò nella realizzazione dei Motori Termici Fiat, le Dinamo e il Motore Elettrico Marelli, lo Snorkel e l’Impianto Oleodinamico Calzoni e le batterie della CGA. Relativamente al sistema di combattimento i Sauro montavano il sonar della USEA IPD 70, i siluri A – 184 della Whitehead e la Centrale di Rappresentazione e Guida Siluri della Sepa di Torino e il sistema di Comando e Controllo denominato SACTIS della SMA. I sistemi elettronici di bordo erano completati dagli impianti ESM e TLC sempre di produzione nazionale. Alcuni elementi essenziali rimasero appannaggio dell’industria internazionale quali la Timoniera della Ferranti (UK), successivamente fornita dalla italiana SEPA sulle ultime Unità, i periscopi, inizialmente Barr & Stroud (UK) e successivamente Kollmorgen (Stati Uniti). Complessivamente le ricadute tecnologiche del progetto Sauro nel corso degli anni Settanta e Ottanta permisero all’industria italiana della difesa di potersi affacciare sul mercato internazionale con una propria autonoma capacità progettuale. Tuttavia, la fase di studio dei requisiti per sostituire i Sauro evidenziò, sin dall’inizio degli anni Ottanta, un crescente ritardo tecnologico italiano rispetto ai progetti in via di sviluppo negli altri Paesi.

101 L’Italia, agli inizi degli anni Novanta, in campo subacqueo aveva in sostanza perso quell’innovazione tecnologica anche a causa delle minori risorse sui bilanci della difesa che avevano rallentato il ciclo di continua innovazione industriale e scientifica alla base di un efficace uso bellico111. Gli studi progettuali per sostituire il Sauro con un’unità a propulsione convenzionale di elevato dislocamento e prestazione, denominata S – 90, fecero emergere dei costi presunti per la realizzazione della prima unità, peraltro con caratteristiche di occultamento antiquate, pari a mille miliardi di lire112. Il gap poteva essere colmato solo con un insostenibile sforzo finanziario nella ricerca o, individuando un partner con cui condividere tutti gli aspetti progettuali, tecnici e operativi dei nuovi sottomarini per poter rientrare sotto il profilo tecnologico nella produzione di unità subacquee.

8.2 L’U212A: un successo europeo I sottomarini Classe Toti e Sauro erano il risultato di due approcci antitetici nel processo di progettazione, in quanto i primi erano battelli con una forte impronta tedesca con innesti di tecnologia italiana, mentre i secondi erano dei battelli italiani con significativi aspetti progettuali e impianti provenienti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. L’industria italiana, anche in relazione alla complessità di realizzazione di un sottomarino, non aveva potuto far tutto da sola ed era stato necessario ricorrere all’apporto tecnico e scientifico di altri paesi amici e alleati. Inoltre, sebbene i Sauro avessero rappresentato tra il 1978 e il 1995 uno dei più importanti salti di qualità sia in termini di prestazioni sia per missioni assegnabili, iniziarono a risentire, comprensibilmente, i segni del tempo. Tra questi, nonostante le migliorie operate nel tempo e ancora in corso, la propulsione Diesel – Elettrica, l’assenza di sistemi di riduzione della segnatura (acustica, magnetica e termica), il Sonar a media frequenza, così come i periscopi privi di termocamera, appaiono oggi in ritardo rispetto alle esigenze imposte dagli scenari operativi. Criticità che non precludono l’utilizzo dei battelli della Classe Sauro, ma che limitano il loro impiego in contesti che impongano elevate capacità stealth. Fu con queste premesse e con l’esigenza di mantenimento operativo dello strumento subacqueo, che nei primi anni Novanta la Marina Militare, cogliendo sia l’esigenza di difesa del Paese sia il necessario rilancio dell’industria subacquea nazionale quale elemento portante dell’economia, ricercò in Europa un partner con cui condividere tutti gli aspetti progettuali, tecnici e operativi dei nuovi sottomarini, compreso il successivo supporto in vita. Si trattava di un approccio decisamente più radicale

111 Moreno Minuto M., I sottomarini italiani e l’innovazione tecnologica – Dal dopoguerra all’U212A, un’occasione continua per il sistema Paese, Rivista Marittima, maggio 2017, pp. 30 – 32. 112 Moreno Minuto M., U212A – Punto di situazione e prospettive operative, Rivista Marittima, agosto – settembre 2013. 102 rispetto alle scelte fatte ai tempi della Classe Toti e più lungimirante, in virtù delle ricadute sull’industria nazionale, della semplice acquisizione di unità già costruite da altre nazioni. In quello stesso periodo sia il governo tedesco sia la Marina tedesca erano alla ricerca di un partner economico e tecnico per consentire ai propri cantieri HDW un salto di qualità e, proprio in virtù di questa complementarietà di finalità, si crearono le condizioni per collaborare su base prioritaria con la Marina tedesca. La scelta nasceva dal presupposto di avvalersi di un progetto all’avanguardia, delle possibilità di consistenti economie di scala, elevata disponibilità di pezzi di ricambio e reciproca assistenza logistica e addestrativa. Il 22 aprile 1996 il governo italiano e quello tedesco firmavano un Memorandum of Understanding (MoU) dove non solo si gettavano le basi per la realizzazione nel successivo decennio di 10 sottomarini della Classe U212A ma si ponevano le premesse dell’ormai imprescindibile collaborazione europea nel campo delle costruzioni navali113. Il cuore del progetto era rappresentato dal sistema di propulsione indipendente dall’aria basato su celle di combustibile alimentate da idrogeno e ossigeno, sviluppato dalla Siemens a bordo del sottomarino U – 1 sin dal 1982. Tale tecnologia, seppur concepita alla fine del 1800, ha trovato un suo proficuo impiego industriale grazie alle ricerche condotte in Germania a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Le otto celle a combustibile con membrana PEM da 34 Kw permettono la propulsione sottomarina e la ricarica delle batterie senza dover ricorrere al tradizionale sistema diesel – elettrico, evitando la ricarica della batteria attraverso lo snorkel, procedura quest’ultima che, pur se condotta per brevi periodi, produce rumore e gas di scarico, visibili ad elevate distanze, così come la scia termica rilasciata dalle acque di raffreddamento dei motori diesel. Nel sistema di propulsione degli U212A il prodotto della reazione chimica tra l’ossigeno e l’idrogeno che si determina nei moduli fuel – cell è appunto la corrente elettrica che ricarica le batterie e l’acqua. Attualmente le celle e gli impianti ausiliari sperimentati dalla Siemens sui sottomarini U212a rappresentano la base tecnologica per le vetture con propulsione a idrogeno del prossimo futuro. Le innovazioni non si limitavano tuttavia alla sola propulsione poiché il battello si presentava come un concentrato di tecnologie d’avanguardia, quali lo scafo amagnetico, gli impianti per la riduzione della segnatura acustica, termica e magnetica, il sistema automatizzato per il controllo della piattaforma, la timoniera a X nonché il complesso sistema sonar dotato di cortina trainata a bassa frequenza. Il progetto del battello venne parzialmente modificato per tenere conto delle esigenze della Marina Militare, così come si tutelò nel contratto sia la partecipazione delle aziende italiane capaci di rappresentare nicchie di eccellenza

113 Moreno Minuto M., U212A – Punto di situazione e prospettive operative, Rivista Marittima, agosto – settembre 2013. 103 tecnologica (Fincantieri, Riva Calzoni, Whitehead, Fiat Avio, ecc.) sia una compensazione offset del 100% di tutti gli ordini staccati verso i fornitori tedeschi, a favore dell’intero comparto industriale italiano. L’8 agosto 1997 veniva firmato il contratto principale con la Società Fincantieri, con un valore finale della commessa di circa 1.742 miliardi di lire (899 milioni di euro). Solo per avere un termine di paragone con il prototipo nazionale S – 90, il costo di una singola unità era di circa 320 milioni di euro, ossia oltre il 35% inferiore all’ S – 90, non considerando che la fornitura prevedeva tutto il supporto logistico iniziale e la costruzione di un centro addestramento con simulatori all’avanguardia. Il programma, ormai ventennale, di cooperazione governativa e industriale italo – tedesca, rinnovato il 10 marzo 2017, ha portato alla realizzazione di 4 Unità della Prima serie (Todaro e Scirè) e della Seconda serie (Venuti e Romei). I sei battelli della prima serie (di cui due italiani) realizzati tra la fine degli anni Novanta ed i primi degli anni Duemila sono stati concepiti come la sintesi tra le esigenze operative delle due Marine, senza dimenticare tuttavia il meglio delle rispettive industrie nazionali. Un esempio tra tutti il sistema di governo della torinese Avio (presente anche sugli S – 80 Plus) e gli impianti oleodinamici della Calzoni di (ora entrata nella galassia L3 americana)114. La rivoluzione tecnologica che ha accompagnato l’ingresso in linea degli U212A si è concretizzata anche grazie all’utilizzo dei simulatori, che hanno sensibilmente preceduto l’ingresso in linea dei battelli. Una volta costruiti, in circa sei anni, gli U212A hanno evidenziato dei tempi di messa in servizio senza precedenti, tanto che il Todaro, appena undici mesi dopo la consegna amministrativa dell’unità, avvenuta nel marzo 2006, veniva impiegato in una missione di pattugliamento nell’ambito della lotta al terrorismo.

(Scirè – S527115)

114 Minuto Moreno M., Mediterraneo allargato: sviluppi tecnologici e prospettive industriali delle forze subacquee convenzionali, Il Nodo di Gordio, n.19 gennaio – aprile 2019, p.66. 115 Marina Militare http://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/forze-subacquee/Pagine/Scir%C3%A8.aspx. 104 8.3 L’U212 NFS: un’opportunità per il sistema paese Nell’ambito del programma di cooperazione italo – tedesco per il mantenimento di adeguate capacità della componente marittima della Difesa per la sorveglianza subacquea negli scenari di rilevanza strategica, è in corso di finalizzazione il nuovo programma U212 NFS (Near Future Submarine) per realizzare 4 sottomarini di nuova generazione, con l’obiettivo di colmare il gap capacitivo, in termini di consistenza numerica della Flotta subacquea nazionale, determinato dalla ormai prossima uscita dalla linea operativa delle unità Classe Sauro (3^ e 4^ serie). Nel Documento di Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021, i principali interventi finanziari saranno destinati all’ammodernamento delle componenti subacquea (incluse le capacità di contromisure mine), idro – oceanografica e al completamento della capacità di pattugliamento marittimo. Il programma è di previsto finanziamento, sul bilancio attestato al Ministero dello Sviluppo Economico, per mezzo delle risorse recate dal rifinanziamento del fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all’art.1 c.1072 della L.205/2017 (legge di bilancio 2018). Il programma ha un onere complessivo di 2,3 miliardi di Euro per l’acquisizione di 4 sottomarini U212NFS, supporto logistico decennale e nuovo centro di addestramento, di cui attualmente risultano finanziati 806 milioni di Euro relativi all’avvio della prima fase della prima tranche acquisitiva116. È presumibile che il contratto possa prevedere l’acquisizione di un battello ed un altro in opzione117, oppure una suddivisione del contratto in tre tranche: una prima, che dovrebbe partire subito, comprenderà la realizzazione di un primo sommergibile, più un simulatore ed il supporto logistico. Successivamente dovrebbero seguire un altro sommergibile e poi ancora ci sarebbe l’opzione finale per le ultime 2 unità (sostanzialmente quindi 1+1+2 unità)118. L’eventuale completamento della prima tranche di finanziamento entro la stipula del contratto permetterebbe invece uno schema di fornitura del tipo 2+2 unità. La finalizzazione del programma U212 NFS è di particolare importanza perché andrebbe a garantire il mantenimento della linea operativa strutturata su non meno di otto unità subacquee di nuova generazione, soglia ritenuta minima ed indispensabile per l’assolvimento delle 4 missioni della Difesa a fronte delle 13 effettivamente necessarie. La prospettiva di un continuo deterioramento del contesto geostrategico, con particolare riferimento alla dimensione underwater nelle aree di prioritario interesse nazionale, così come i tempi legati alla

116 Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il Triennio 2019 – 2021, Ministero della Difesa, Edizione 2019. https://www.difesa.it/Content/Documents/Documento_Programmatico_Pluriennale_(DPP)_2019_2021_digit.pdf. 117 Batacchi P., DPP 2019: i programmi della Difesa, Rivista Italiana Difesa, agosto 2019. 118 Po E., Nuovi dettagli sugli U – 212 NFS, Rivista Italiana Difesa, 25 luglio 2019 https://www.portaledifesa.it/index~phppag,3_id,3166.html. 105 realizzazione di un nuovo sottomarino, impongono l’avvio del programma di rinnovamento della flotta subacquea, per limitare al minimo l’impatto del gap capacitivo di un così importante enabler di valenza strategica sullo strumento aeronavale119. Basandosi su un’evoluzione tecnologica del design U212A, l’U212 NFS prevede l’accrescimento di alcune specifiche prestazioni, utilizzando tecnologia già disponibile e, laddove possibile, a connotazione nazionale. Rispetto ai precedenti 4 U-212A, i nuovi U-212 NFS includeranno moltissime tecnologie ed apparati sviluppati e realizzati nel nostro Paese (sollevamenti elettrici, batterie al Litio, sistema di risalita di emergenza)120. L’imminente inizio del programma U212 NFS consentirà il mantenimento di know – how industriale in un settore così strategico, guadagnato faticosamente e con investimenti ingenti, evitando gap difficilmente recuperabili, se non con un significativo dispendio di tempo e risorse.

Caratteristiche operative La caratterizzazione dei nuovi sottomarini U212 NFS partirà dalle progettualità caratteristiche della più recente 2^ Serie di sottomarini U212A (Venuti e Romei), prevedendo le necessarie migliorie, modifiche ed implementazioni di tipo sia tecnico che logistico, funzionali a soddisfare le attuali – e future – esigenze operative. Rispetto ai precedenti battelli U212A, i nuovi sottomarini U212 NFS sono progettati per assicurare l’implementazione/miglioramento delle seguenti capacità: - capacità di Comando e Controllo, attraverso l’incremento delle capacità di comunicazione, dello scambio dati e management dei team di condotta operativa e di piattaforma, mediante un Sistema di Comando e Controllo ancor più performante e pienamente integrato; - capacità di lunga permanenza in mare, attraverso la riduzione dei fabbisogni logistici, il maggior rendimento del sistema di propulsione imbarcato a Fuel Cell (alimentate a Idrogeno e Ossigeno, per garantire l’indipendenza dall’aria Air Indipendent Propulsion - AIP), e l’adozione di nuove tecnologie di immagazzinamento e gestione dell’energia; - capacità antisommergibile e antinave, attraverso una ulteriore riduzione della segnatura acustica, il potenziamento delle difese anti-siluro, l’adozione di un sistema radar a bassa probabilità di contro-scoperta, il miglioramento della suite sensoriale elettro-acustica,

119 Il processo che porta alla realizzazione di un nuovo sottomarino è riconosciuto, in termini di complessità, fra i più complessi al mondo. La progettazione, costruzione e manutenzione di un’unità subacquea richiedono l’impiego di centinaia di maestranze, tecnici ed ingegneri altamente specializzati, rappresentando, quindi, una vera eccellenza tecnologica. Per tali motivi al cospicuo e crescente numero di Nazioni marittime che sono dotate di sottomarini (circa quaranta) si contrappone, invece, un ristretto gruppo di Paesi (meno di una decina) in grado di progettare, costruire e manutenere sottomarini per impiego militare. L’Italia è una di queste. 120 Po E., Nuovi dettagli sugli U – 212 NFS, Rivista Italiana Difesa, 25 luglio 2019 https://www.portaledifesa.it/index~phppag,3_id,3166.html. 106 l’acquisizione di capacità sonar bi-multi statiche, la dotazione del nuovo siluro pesante e di missili a variazione di ambiente, assicurando una risposta flessibile e credibile nonché minimizzando il rapporto rischi/efficacia; - capacità di raccolta e valutazione dati (data-collection/data-evaluation), grazie alla installazione di nuova sensoristica opto-elettronica, con capacità avanzate nel campo dell’intercettazione di comunicazioni e di emissioni elettromagnetiche. La prossima generazione di unità subacquee si potrà inoltre avvalere di ulteriori enabler quali i veicoli subacquei autonomi per i quali il sottomarino costituirà la centrale di comando e controllo. Il loro impiego permetterà, inoltre, di ampliare ulteriormente il raggio di azione dei mezzi, anche in bassissimi fondali ed in zone altrimenti precluse, con un effetto moltiplicatore in termini di efficacia del binomio stealthness-endurance.

Caratteristiche tecnico - progettuali I nuovi sottomarini della Classe U212 NFS, come quelli dell’attuale linea U212A, devono essere considerati come un unico sistema complesso, la cui progettazione è stata concepita secondo uno sviluppo assolutamente integrato ed armonico, mirato all’impiego del massimo livello di innovazione tecnologica: tutte le caratteristiche delle nuove Unità – relative alla piattaforma, al tipo di propulsione, al sistema di combattimento ed alle segnature – sono state elaborate, sulla base dei concetti operativi espressi in precedenza, sino allo loro definizione di dettaglio, in modo integrato, individuando una risposta unitaria a tutte le esigenze: “l’unitarietà progettuale” è pertanto il basilare requisito tecnico progettuale.

107 Il requisito operativo fondamentale dei sottomarini Classe U212 NFS rimane inevitabilmente il conseguimento del “vantaggio operativo” attraverso lo sviluppo di capacità: - di occultamento, che consentano di ridurre/annullare la vulnerabilità; - che consentano di fronteggiare efficacemente un’eventuale minaccia. In sintesi, la sinergia di “unitarietà progettuale” e il “conseguimento del vantaggio operativo”, determinano i principali requisiti tecnico progettuali dei nuovi sottomarini U212 NFS, quali: - riduzione al minimo di tutte le segnature (acustica, ottica, magnetica, elettromagnetica, termica), in modo da garantire una maggiore capacità di occultamento che favorisca il conseguimento del vantaggio operativo; - imbarco di un sistema propulsivo che, al fine di soddisfare l’esigenza di occultamento – fondamentale per l’assolvimento delle principali missioni – sia costituito da un impianto di propulsione indipendente dall’aria (anaerobico), integrato da un apparato convenzionale diesel/generatore dedicato ai trasferimenti; - autonomia complessiva ed occulta, garantita dall’impiego di un sistema di batterie per la propulsione, realizzate con tecnologie assolutamente innovative, tale da permettere di effettuare missioni fino all’estremità del cosiddetto “Mediterraneo Allargato”; - sistema di combattimento in grado di ottimizzare i dati provenienti da un avanzatissimo parco di sensori elettroacustici ed elettro-ottici; - sistemi di comando, controllo e comunicazioni tecnologicamente avanzati che garantiscano la massima interoperabilità con i dispositivi aeronavali alleati e con le Autorità nazionali che esercitano il Controllo Operativo dei mezzi; - sistemi d’arma di elevate prestazioni, in grado di coprire lo “spazio controllato” dai sensori e dal sistema di comando e controllo; - un design del sottomarino che, attraverso soluzioni di efficientamento ingegneristico progettuale, dovrà perseguire il conseguimento del minor impatto ambientale, in termini di possibilità di inquinamento, sia in porto che in mare aperto.

Aspetti tecnologici Attraverso la più che ventennale cooperazione governativa e industriale italo-tedesca, nell’ambito del programma U212A, la cantieristica navale nazionale ha potuto recuperare il know how che era andato perduto nell’ultimo ventennio del secolo scorso, intrecciando una rete di interconnessioni industriali a livello internazionale che oggi, nel panorama cantieristico-industriale europeo e mondiale, la pone quale polo di attrazione ed eccellenza nel design, nella costruzione e nel supporto in vita di sommergibili. Di fatto diverse industrie,

108 partendo dal lavoro svolto nell'ambito del programma U212A, hanno avuto modo di importare su altri progetti subacquei la propria sistemistica o hanno avuto la possibilità di maturare competenze e capacità che le rendono idonee a “salire di livello” nella prossima serie di sottomarini, mentre diverse importanti Università hanno maturato know how in diversi settori specifici, potenzialmente innovativi nel settore delle costruzioni subacquee. È in quest’ottica che si inserisce la partnership strategica tra Difesa e Industria per il mantenimento delle c.d. “competenze sovrane”, molte delle quali con riverbero nel settore dual use. Un esempio tra tutti è rappresentato dalle batterie di propulsione di nuova generazione per sottomarini con tecnologia agli Ioni di Litio. Un prodotto di eccellenza frutto di un programma di ricerca e sviluppo nazionale militare, sviluppato dall’Industria nazionale in sinergia con il mondo accademico universitario, oggi allo stato di prototipo ed il cui sviluppo industriale, rappresentando pressoché una novità nell’intero panorama mondiale delle Unità subacquee, costituirà la nuova architrave dei sistemi propulsivi per sottomarini del futuro e nel contempo aprirà amplissimi orizzonti di export per l’Industria nazionale nel settore. Allo stesso modo, il nuovo programma nazionale U212 NFS, grazie alla consolidata tecnologia E-UMM (Electric Universal Modular Mast), prevederà la sostituzione al 100% della precedente tecnologia idraulica per i sollevamenti. Analogamente, attraverso i piani nazionali per la ricerca militare, sono in corso di sviluppo nuove capacità e tecnologie che troveranno applicazione nelle nuove Unità, dall’intelligenza artificiale applicata alla classificazione dei contatti sonar alle capacità sonar multistatiche. Al fine di mantenere il vantaggio operativo dato dalle capacità di occultamento, sono inoltre in corso degli studi finalizzati all’impiego dei c.d. meta-materiali per conseguire l’“invisibilità” acustica.

Aspetti logistici Il programma sarà sviluppato in accordo con i recenti criteri di procurement, assicurando l’implementazione di un sistema di Supporto Logistico Integrato (SLI) per il supporto in servizio non inferiore ai 10 anni, finalizzato al mantenimento e miglioramento del livello di efficienza e prontezza operativa, al progressivo rinnovamento tecnologico di sistemi/apparati, alla prevenzione delle obsolescenze ed all’accrescimento delle capacità di supporto “in house”, mediante l’incremento di quella sinergia tra Industria ed Elementi di Organizzazione, specialistici della Forza Armata, per il supporto tecnico e logistico, già in atto per le precedenti versioni di sottomarini. L’applicazione di standard internazionali/NATO ad impianti ed apparati ne garantirà la massima interoperabilità con assetti cooperanti ed

109 una più versatile gestione logistica, con particolare attenzione a quelli afferenti la sicurezza dell’equipaggio, il soccorso con mezzi esterni ed i rifornimenti per il sistema di propulsione. In considerazione inoltre della profonda assimilabilità dei sottomarini U212 NFS con quelli appartenenti alla Classe U212A, gli stessi risulteranno assolutamente integrati nell’organizzazione di supporto logistico internazionale (Common In Service Support – CISS) che rappresenta una delle tre “anime” del Memorandum of Understanding, accordo ormai più che ventennale realizzato tra il nostro Paese e la Germania, ed al quale, per gli aspetti di sostegno logistico, si è recentemente unita anche la Marina portoghese, anch’essa dotata di piattaforme subacquee molto simili alla Classe U212. In merito a tale accordo, si stanno inoltre delineando possibili opportunità per un ulteriore allargamento ad altre Nazioni Europee, con un effetto volano importante in termini di sinergie, ottimizzazione e risparmi. I Sottomarini U212 NFS sono progettualmente concepiti per: - garantire una vita operativa non inferiore ai 30 anni; - conseguire una percentuale di disponibilità tecnica di almeno l’85% con un indice d’impiego operativo del 50%; - fornire un’ampia flessibilità d’impiego, con l’assolvimento di 3–4 missioni/anno, di 30–40 giorni, adeguatamente intervallate. Pertanto, la struttura specialistica dedicata alla gestione del Supporto Logistico Integrato, verrà di conseguenza opportunamente dimensionata e dotata dei necessari strumenti tecnico logistici ed infrastrutturali121.

121 Scheda Progetto (Sottomarini U212 NFS), Stato Maggiore Marina. 110 9 IL RAPPORTO TRA LA COSTRUZIONE DI SOTTOMARINI U212 ED IL SISTEMA INDUSTRIALE

La scelta di costruire il più avanzato sommergibile convenzionale oggi esistente, così innovativo e dotato di tecnologia AIP, in cooperazione tra industrie italiane e tedesche, non ha rappresentato solo una grande occasione di crescita per la cantieristica italiana, ma indirettamente ha determinato risultati eccellenti per l’industria nazionale ed il mondo della ricerca in diversi ambiti dell’Hi – Tech quali ad esempio la subacquea, l’acustica, l’idrodinamica o le fonti energetiche alternative, campi nei quali oggi ci si confronta e si concorre alla pari con le realtà industriali più avanzate e competitive. Per mantenere tali livelli di eccellenza, ovviamente, è necessario uno sforzo continuo e costante. Le nazioni marittime che impiegano oggigiorno sottomarini sono circa una quarantina, con una tendenza verso la crescita che non si è mai arrestata dalla fine della seconda guerra mondiale, e che ha visto alcune notevoli impennate sia in corrispondenza di alcuni cicli economici favorevoli sia con la nascita di nuove Marine Militari, frutto di processi di decolonizzazione. A tale cospicuo numero di paesi si contrappone invece un ristretto gruppo di nazioni (meno di una decina) in grado di progettare, costruire e manutenere sottomarini per l’impiego militare. L’industria subacquea è infatti concentrata in pochi Paesi – leader in campo marittimo – e su altrettanto pochi gruppi industriali, specializzati sia in campo navalmeccanico che in quello più squisitamente elettronico e sensoristico. A partire dalla grande esperienza maturata dalle piattaforme U212A nel corso di una decennale e diversificata attività operativa, al fine di seguire i cambiamenti di scenari senza determinare vuoti capacitivi, la Marina ha definito nuovi requisiti per il progetto NFS (Near Future Submarine), una piattaforma innovativa, che potrà accompagnare il design italo- tedesco U212A nel prossimo futuro e mantenere la leadership nei progetti sottomarini non nucleari. Questo nuovo strumento strategico dovrà risultare solido, flessibile e innovativo prendendo in considerazione tutti i nuovi progetti di ricerca e sviluppo in cui la Marina Militare è stata coinvolta insieme ai suoi Partner industriali e scientifici. Implementando queste soluzioni tecniche si permetterà all’industria nazionale di mantenere, attraverso la progettazione, lo studio, la costruzione, la verifica e l’utilizzo dei nuovi progetti, quel vantaggio di know how che ci ha permesso di affermarci in altri settori dell’industria ma che nel caso dell’industria per la difesa diventa indispensabile. Tra tutte le soluzioni tecniche innovative, vanno sicuramente citate lo sviluppo della batteria al Litio e l’utilizzo di sollevamenti elettrici perché tecnologie che oltre a contenere una intrinseca difficoltà tecnologica che ne rende sfidanti le imprese costruttive, posseggono

111 un potenziale di sviluppo grandissimo negli specifici settori tecnologici. La batteria al Litio, per capacità, livelli di sicurezza e caratteristiche di erogazione, rappresenta una soluzione di interesse trasversale che potrebbe fornire la base per la riconfigurazione in tutti i settori del grande accumulo in ambito navale, terrestre, spaziale, militare e civile. I sollevamenti elettrici, oltre a fornire degli indubbi vantaggi applicativi, potrebbero aprire la strada ad una configurazione innovativa di sottomarino completamente elettrico. Queste soluzioni, insieme a tante altre studiate ex novo per il progetto U212 NFS, o derivate dal progetto U212A ma sviluppate e aggiornate per NFS, rappresentano lo sviluppo delle industrie coinvolte e del Sistema Paese ed avranno generato: - consolidamento di know how di eccellenza; - crescita e sviluppo nuovo know how; - passaggio da ricerca e sviluppo a produzione; - accesso a tecnologie abilitanti; - consolidamento di realtà industriali affermate ed affermazione di nuove realtà emergenti. A Fincantieri verrà affidata non solo la costruzione ma anche parte della progettazione grazie all’Industrial Cooperation Agreement siglato nel 2018 con il cantiere tedesco costruttore Thyssen Krupp Marine Systems - TKMS - e che prevede la cessione delle Intellectual Property Rights - IPR’s (sia dei battelli U212A 1^ e 2^ Serie, nonché la comproprietà di quelle del progetto U212 NFS), permetterà di riconoscere a Fincantieri il ruolo di National Military Design Authority per la costruzione dei sottomarini U212, qualificando Fincantieri quale National Warship Design Authority. Questo accordo si configura come un’importante opportunità industriale poiché consente a Fincantieri, e conseguentemente alle industrie nazionali coinvolte nelle costruzioni subacquee, di fare un considerevole passo in avanti nel panorama mondiale della cantieristica navale militare. Tale accordo, maturato tra i due Cantieri dopo una collaborazione ormai più che ventennale – durante la quale la Fincantieri ha acquisito il know how necessario alla costruzione dei sottomarini U212A – si configura come un’importante opportunità industriale (con evidenti positive ricadute in termini di commesse per quelle aziende nazionali che vantano solide capacità e competenze tecnologiche nell’underwater). NFS rappresenterà un eccellente equilibrio tra contenuti tecnologici innovativi, maturità del progetto, elevate performance, flessibilità di impiego operativo e costi controllati, rappresentando l’embrione di potenziali proiezioni future verso mercati europei ed extra-continentali. I progetti a base U212, come già evidenziato, rappresentano la fondamentale e profonda base comune di partenza che, ad oggi, a seguito dei ripetuti confronti tra gli Staff

112 italiano e tedesco funzionali alla scelta di sistemistica comune, è l’elemento fondante della linea di progettazione e costruzione sommergibili, condividendo i progressi tecnologici delle rispettive industrie nell’ambito subacqueo, cogliendo i vantaggi logistici e addestrativi, e conseguendo sensibili risparmi economici (sia nella fase di procurement che di LCC). Il rinnovo del MoU IT-GE ha consolidato ed ottimizzato l’organizzazione internazionale già esistente ed apportato delle migliorie nel supporto logistico di aderenza dei battelli. Anche in questo ambito la cooperazione italo-tedesca è risultata innovativa e vincente a tal punto che, oltre al recente ingresso del Portogallo nel MoU ITA-GE, diverse nazioni alleate (Norvegia, Olanda e Polonia in quanto in procinto di rinnovare le proprie flotte sottomarine e, di recente, anche la Romania) guardano con crescente interesse ad una collaborazione di questo tipo. I benefici legati alle economie di scala garantite con una logistica comune, l’ottimizzazione del supporto delle PP.DD.RR. rende estremamente appetibili, infatti, le opportunità offerte dalle comunalità di sistemi imbarcati sui sottomarini dei Paesi in questione. In tal senso assume un crescente rilievo anche il tavolo della Conventional Submarine Conference (CSC), nell’ambito del quale i Paesi dotati dei sottomarini convenzionali sviluppano un significativo confronto. Il campo R&D regolato dal MoU IT-GE si configura, inoltre, come una importante opportunità di accrescimento del programma di ricerca e sviluppo nazionale militare in quanto, partendo dal lavoro svolto nell'ambito del programma U212A, l’Industria nazionale, in sinergia con il mondo accademico universitario, ha la possibilità di sviluppare un importante confronto con le realtà di ricerca tedesca, con particolare riferimento al WDT 71 (centro di ricerca specializzato nell’approfondimento delle tematiche legate al mondo dell’underwater). Un esempio tra tutti è rappresentato dalle batterie di propulsione di nuova generazione per sottomarini con tecnologia agli Ioni di Litio. Un prodotto di eccellenza frutto di un programma di ricerca e sviluppo nazionale, maturato grazie all’esperienza dell’Industria nazionale in sinergia con il mondo accademico universitario, che pone il nostro Paese quale protagonista nell’ambito dell’intero panorama mondiale. L’interesse evidenziato dalla controparte tedesca per lo sviluppo di questi innovativi sistemi propulsivi per i sottomarini è la testimonianza di come tale tematica possa rappresentare uno dei possibili campi di sviluppo comuni, con importantissime prospettive anche per l’export e potenziali ricadute anche nell’applicazione civile. Altri campi di grande interesse comune, in termini di ricerca e sviluppo, sono quelli rappresentati dalla ricerca ed identificazione/classificazione nell’ambito underwater. Nel corso degli ultimi anni la Germania ha condotto notevoli approfondimenti circa la ricerca

113 sonar di tipo multistatico, sia cooperativa che non. Analogamente in ambito nazionale, il crescente interesse per tali tematiche è stato confermato anche dall’avvio, nel corso del presente anno, di un progetto di cooperazione tra aziende ed Università, stimolate dalla Componente subacquea nazionale, rivolto proprio alla definizione di un sistema bi-statico non cooperativo (progetto BISS nell’ambito del PNRM 2018). Nel settore della ricerca anche la definizione degli algoritmi di classificazione rappresentano un campo di possibile comune interesse, ancora da esplorare. Su tale tematica il nostro Paese ha già in attivo un progetto (Echo System), anch’esso nell’ambito del PNRM. La progettazione e costruzione, nonché la successiva manutenzione di un moderno sottomarino è pertanto una delle imprese con maggior contenuto tecnologico del mondo militare e civile. Un’unità subacquea rappresenta la sintesi di centinaia di apparecchiature e sistemi che devono lavorare all’unisono in condizioni ambientali avverse e con un’affidabilità paragonabile solo al mondo aerospaziale. L’ambiente subacqueo rappresenta infatti uno degli ambienti “ostili” all’effettuazione di attività umane per lo sfruttamento di risorse o per il monitoraggio/sorveglianza. Il livello di ostilità per la permanenza di sistemi/apparati e di esseri umani è paragonabile a quello percepito e rilevato nelle missioni spaziali.

La peculiarità ambientale determina, inoltre, la necessità, già rilevata in ambito navale, di reingegnerizzare la tecnologia per poterla applicare al settore specialistico. La “marinizzazione” rappresenta l’impegno tecnico/scientifico e le attività di prototipazione

114 e test necessari alla trasformazione di tecnologie, nate in altri settori industriali/produttivi, per l’applicazione al settore navale. Problematiche come il funzionamento in ambiente salino o in condizioni climatiche di temperature estreme che possono variare dalle condizioni polari a quelle equatoriali determinano talvolta l’inapplicabilità anche di tecnologie collaudate e consolidate in altri settori industriali/produttivi. Il passo successivo è rappresentato dalla “militarizzazione” ovvero la validazione della tecnologia e la relativa prototipazione necessaria per verificare l’affidabilità, la resistenza e la resilienza della tecnologia sottoposta allo stress ambientale e operativo del teatro di guerra. La necessità di resistere a shock dovuti a esplosioni subacquee o assicurare l’assoluta compatibilità elettromagnetica o, ancora, la forte riduzione delle segnature energetiche (acustica, termica, magnetica) possono limitare o escludere l’accesso delle tecnologie a meno di sottoporle a un pesante processo di reingegnerizzazione122.

Tabella 2. Filiera Industriale della Cantieristica Subacquea Tecnologia Uso Azienda/Università Italiana Subacquea Militare/Duale FORNITURE MARABINI Nuova Betosca BG – Lombardia

D’AURIA Ancona AN - Marche

Acciai Amagnetici ad C.I.T.I. Srl Dalmine Alto Carico di Duale BG - Lombardia Snervamento

Carpenteria GIANROSSI Srl Sarzana SP - Liguria

BRONDI Snc Santo Stefano di Magra SP – Liguria

122 Ing. Marco Rizzuti, Fincantieri, intervento nel corso del Seminario sulla Capacità delle aziende della subacquea in campo nazionale, Roma 30 settembre 2019. 115 Carpenteria GIANROSSI Srl Sarzana SP - Liguria

BRONDI Snc Santo Stefano di Magra SP - Liguria

SIX Italia SpA Genova GE - Liguria Materiali compositi per Duale sovrastrutture EUROGUARCO Spa Arcola SP – Liguria

INTERMARINE Sarzana SP – Liguria

AL.MA.RI.NA La Spezia SP - Liguria GERB ITALIA Sesto San Giovanni MI - Lombardia

C.O.F.I. Sistemi per la riduzione Genova GE – Liguria dello shock da Duale esplosione subacquea IDROSAPIENS Torino TO – Piemonte

DE MARTINI Genova GE - Liguria

116 SIX Italia SpA Sistemi e materiali per la Genova GE – Liguria riduzione della Duale segnatura acustica FP NAV Sarzana SP - Liguria Sistemi e materiali per la SIX Italia SpA riduzione della Duale Genova GE - Liguria segnatura termica Sistemi e materiali per la riduzione della IFEN SpA Duale segnatura Ceparana SP - Liguria elettromagnetica BASF Italia Srl Bibbiano RE – Emilia Romagna Materiali per la pitturazione/trattamento RM S.R.L. UNIPERSONALE dello scafo a base di Duale Genova GE – Liguria pitture fluoro- polimeriche biocida free IFI Roma RM - Lazio SAPIO Sistemi di propulsione Milano MI – Lombardia indipendente dall’aria Duale (AIP) basati su celle di ENEA combustibile Casaccia RM - Lazio Motori elettrici a magneti COS.NAV. Duale permanenti Genova GE - Liguria Impianti di automazione AVIO Duale navale e diagnostica Torino TO - Piemonte Motori Diesel a basso MTU consumo e segnatura Duale Arcola SP – Liguria acustica

117 Batterie di nuova FIB Srl generazione a Polimeri Duale Monterubbiano FM – Marche di Litio Impianti per la Microdata Due Srl rilevazione dei fumi e Duale Follo SP - Liguria soppressione di incendi P.T.A. La Spezia SP - Liguria

MECSAL Reggio Emilia RE – Emilia Romagna Sistemi di timoneria con Duale attuatori elettrici CALZONI Srl Calderara di Reno BO – Emilia Romagna

AVIO Torino TO - Piemonte Software per il controllo AVIO Duale delle superfici dei timoni Torino TO - Piemonte Software per la CETENA previsione del Genova GE – Liguria comportamento Duale idrodinamico delle CNR – INSEAN carene subacquee Roma RM - Lazio Sistemi per il controllo e DATECH rigenerazione atmosfera Roma RM – Lazio di bordo Duale VIDALI Trieste TS – Friuli Venezia Giulia Congegnatoria SIMAN Duale specialistica La Spezia SP - Liguria Sistemistica e fornitura TELESUB LANTERNA subacquee a grandi Duale Santo stefano di Magra SP – Liguria profondità

118 DRASS GALEAZZI Livorno LI – Toscana

Sistemi per la fuoriuscita BRONDI Snc Duale di personale sinistrato Santo Stefano di Magra SP Liguria

TELESUB LANTERNA Santo stefano di Magra SP – Liguria Gestione e manutenzione sistemi ANGELO PODESTA’ Duale opto-elettronici e TLC di Genova - Liguria bordo Impianti idraulici per il CALZONI Srl Duale sollevamento antenne Calderara di Reno BO – Emilia Romagna Impianto Sonar attivo e NEMO SERVICES Duale passivo Lerici (SP) - Liguria Sistemi tipo GRAAL TECH Autonomous Duale Genova – Liguria Underwater Vehicle Sistemi per il lancio e GRAAL TECH Duale recupero di AUV Genova - Liguria

Queste filiere tecnologiche si inseriscono perfettamente sia su quanto previsto dal Libro Bianco che nell’opera di “Revisione della Strategia di Difesa” che richiama la necessità di una vera e propria partnership strategica tra Difesa e industria. Questa dovrà avvenire tramite l’identificazione delle c.d. “competenze sovrane” e delle tecnologie ad esse pertinenti, incluse quelle dual-use, da mantenere in Italia indipendentemente dall’assetto proprietario dell’industria, e che verranno definite individuando “sia le esigenze capacitive di medio-lungo termine, sia le effettive capacità tecnologiche ed industriali presenti nel Paese”. Inoltre saranno identificate le c.d. “competenze collaborative”, speculari e complementari a quelle sovrane, che permettono all’Italia di giocare un ruolo di rilievo all’interno dei programmi di collaborazione internazionale che dovranno essere sviluppati e realizzati in un’ottica collaborativa, privilegiando gli accordi G2G (“Governo a Governo”) come già avvenuto per la realizzazione degli U212A.

119 La lunga lista di filiere tecnologiche è in parte alimentata direttamente dalla Fincantieri, quale Warship Design Authority italiana, ma vede la partecipazione di alcune storiche aziende quali la Calzoni di Bologna (oggi L3 – Harris Calzoni), l’AVIO di Torino, la livornese WASS (oggi Leonardo) oltre ad alcune decine di piccole e medie imprese sparse lungo la penisola. Un’analisi dettagliata dei settori tecnologici insiti nella cantieristica subacquea mostra come tali impianti creino importanti vantaggi a tutta l’industria navalmeccanica. Un esempio pratico sono le tecniche di riduzione del rumore irradiato dai motori, fondamentali per la costruzione dei mega-yacht o tutta l’impiantistica ad alta pressione impiegabile dalle navi mercantili fino alle piattaforme Off-shore. Ma la parte più interessante è il rapporto virtuoso che esiste per le tecnologie Dual USE. Le apparecchiature per la purificazione dell’aria a bordo dei sottomarini derivano da quelle in uso nel settore aerospaziale e in uso anche nel mondo ospedaliero, quindi dal perfezionamento di un impianto di bordo deriverebbero vantaggi anche per chi viene sottoposto ad interventi in sala operatoria. L’impatto delle celle di combustibile citato in premessa quale esempio di volano per la Green Economy in campo automobilistico, potrebbe essere superato in un prossimo futuro dagli studi sulle batterie ai Polimeri di Litio (Fincantieri-La Sapienza-FIB FAAM) quale tecnologia alla base della diffusione in massa di impianti fotovoltaici con “accumulo” di energia per uso domestico.

120 10 IL LEGAME TRA RICERCA E INNOVAZIONE DEI MEZZI D’ASSALTO NAVALI ITALIANI

Il mezzo d’assalto è un mezzo speciale, o anche un solo uomo con attrezzature particolari, la cui azione – sempre improvvisa e/o imprevedibile, talvolta manifesta ma più spesso insidiosa – ha come obiettivo quello di arrecare, a fronte di un impegno economico modesto, gravi danni ad un avversario generalmente più forte, fidando soprattutto sulla sorpresa tecnica o tattica. In campo navale, l’impiego dei mezzi d’assalto è caratteristico di quelle situazioni di netta inferiorità potenziale di uno dei contendenti o di particolari circostanze in cui, per arrecare danni all’avversario, non sia possibile o conveniente l’uso di altri strumenti bellici più tradizionali. La storia militare, e quella navale in particolare, hanno registrato sin dall’antichità l’impiego di mezzi di caratteristiche non consuete per tentare di risolvere situazioni come quelle descritte: dai brulotti incendiari del periodo velico e remiero ai primordiali mezzi subacquei della guerra civile americana. Col progredire della tecnologia il mezzo d’assalto ha finito per diventare una macchina via via più complessa ma, per avere successo, la sua tecnica di impiego ha dovuto sempre rimanere legata a schemi che, pur essendo innovativi, restavano in realtà piuttosto semplici, così come semplici ed immediate erano le idee dalle quali era nato. La storia e il successo dei mezzi d’assalto della Regia Marina trova la sua genesi negli episodi memorabili della Prima Guerra Mondiale. La nascita dei mezzi d’assalto italiani risale appunto agli anni della Grande Guerra in cui la particolare situazione geo-strategica aveva spinto la Regia Marina a studiare nuove armi con particolari metodologie di impiego che consentissero di attaccare la flotta austro – ungarica all’interno delle sue basi, non esistendo i presupposti per ingaggiare in altro modo combattimenti risolutivi. La Marina Militare celebra sé stessa il 10 giugno di ogni anno, ricordando il successo riportato il 10 giugno 1918, al largo di Premuda, dai MAS 15 e MAS 21, comandati da Luigi Rizzo, che attaccarono e affondarono la corazzata austro – ungarica Szent Istvan, con un’azione che rivelò la capacità, la perizia e il coraggio propri di un’azione d’assalto navale. Il M.A.S. (Motobarca Armata Silurante o SVAN, dal nome del cantiere di costruzione) era un motoscafo armato di siluri. Le prime azioni di guerra dei M.A.S. avvennero secondo i criteri caratteristici del mezzo d’assalto all’interno di rade e porti dell’avversario che era assolutamente impreparato a difendersi da questa nuova forma di insidia.

121

M.A.S. di Premuda Superato però l’effetto sorpresa, gli austriaci predisposero difese tali che i M.A.S., sebbene venissero dotati di motori elettrici per la marcia silenziosa e di attrezzature per il taglio o l’abbassamento delle ostruzioni, non furono più in grado di operare. Fu così che maturò la convinzione che per superare le ostruzioni di Pola, e soprattutto eludere la stretta vigilanza ormai esercitata dagli austriaci, occorresse qualcosa di veramente rivoluzionario. Furono queste le premesse che determinarono lo sviluppo di altri mezzi e, tra questi, la Torpediniera Semovente Rossetti, nota anche come “Mignatta”, che nella notte del 31 ottobre del 1918, superò i numerosi ordini di ostruzioni della base di Pola ed affondò la nave da battaglia Viribus Unitis di 21.370 tonnellate. La “Mignatta” venne realizzata in due esemplari (S.1 e S.2) nell’Arsenale di Venezia tra la primavera e l’estate del 1918 su progetto del Cap. G.N. Raffaele Rossetti. Simile ad un siluro, era lungo 8 metri ed il corpo cilindrico aveva un diametro di 600 mm. L’apparecchio era dotato di due cariche di esplosivo, di forma cilindrica in lamierino di acciaio contenenti ciascuna 175 kg di tritolo e dotate di spolette ad orologeria con una regolazione massima di sei ore. L’apparecchio era sprovvisto di timone e per modificare la direzione di marcia, i due operatori dovevano provvedere ad aumentare la resistenza all’avanzamento sul lato verso cui volevano accostare protendendo in fuori braccia e gambe. I due operatori erano dotati di un costume in tela impermeabile con collo rivoltato, chiuso davanti da fermagli metallici e, ai polsi, da anelli di gomma e completato da un cappuccio non stagno che lasciava liberi gli occhi e le orecchie123.

123 Spertini M. e Bagnasco E., I mezzi d’assalto della X Flottiglia MAS 1940 – 1945, Albertelli Editore, 1991, p.9, 17. 122

La “Mignatta”

Nonostante le azioni compiute dai mezzi d’assalto italiani, M.A.S. e Mignatta, avessero ampiamente dimostrato la validità e l’idea anche rispetto a tutte le scelte adottate da altre nazioni belligeranti, i mezzi d’assalto non furono oggetto di particolare attenzione nel mondo navale, impegnato in quegli anni a cercare di immaginare quali avrebbero dovuto essere le caratteristiche tecniche delle grandi navi, alla luce delle recenti esperienze belliche. Fu soltanto con l’inizio della guerra all’Etiopia, il 2 ottobre del 1935, che la Regia Marina, in virtù della superiorità delle forze navali della Royal Navy nel Mediterraneo, comprese che solo l’impiego in massa di nuove armi avrebbe potuto ridurre la disparità, ristabilendo una più accettabile situazione. Molte delle idee che dettero origine alle azioni di Rizzo, Goiran, Paolucci, Pellegrini, furono riprese, perfezionate e sviluppate, dando luogo alla concezione sempre più ardita di metodi e sistemi di attacco e quindi alla creazione di mezzi sempre più ingegnosi e progrediti124. Fu in questa situazione che i due Capitani del Genio Navale, Teseo Tesei ed Elio Toschi proposero l’idea del semovente, che consisteva in una versione subacquea della Mignatta e l’Ammiraglio Aimone di Savoia – Aosta quella del motoscafo esplosivo, trasportato nei pressi degli obiettivi da attaccare da idrovolanti SM 55, come suggeritogli dal fratello Amedeo, Duca D’Aosta. Da queste embrionali proposte e dagli esperimenti che vennero autorizzati, sarebbero nati i due principali tipi di mezzi d’assalto che la Regia Marina avrebbe poi impiegato con successo nel corso della Seconda Guerra Mondiale: l’S.L.C. o Siluro a Lenta Corsa, detto “Maiale”, e l’M.T. o barchino esplosivo, denominato convenzionalmente Motoscafo Turismo. Il Siluro a Lenta Corsa era ideato, a differenza della Mignatta, per immergersi ed era mosso da un motore elettrico alimentato da una batteria di accumulatori. L’idea era sostanzialmente quella di adattare un siluro a trasportare a bassa velocità, due operatori muniti di respiratori subacquei autonomi ed una carica esplosiva da applicare occultamente alla carena di una nave avversaria all’ormeggio. La costruzione fu avviata presso l’Officina Siluri di San Bartolomeo (La Spezia) e, successivamente, il Comandante di Fregata Paolo Aloisi, comandante della Flottiglia, interessò l’ingegner Guido Cattaneo, titolare della C.A.B.I. (Cattaneo Applicazione Brevetti Industriali) di Milano, per apportare migliorie agli S.L.C. In particolare fu ridisegnata tutta la

124 I mezzi d’assalto, Ufficio Storico della Marina Militare, 2001, p.5. 123 parte assetto e propulsione portando la lunghezza totale del mezzo a metri 7,30 e la potenza del motore elettrico ad 1,6 HP. I due operatori destinati alla condotta del mezzo sedevano in tandem, ovvero l’uno dietro all’altro, a cavalcioni dell’apparecchio. La testa di servizio era costituita da un cilindro, con l’estremità anteriore bombata, staccabile dal resto dell’apparecchio e contenente circa 230 kg di alto esplosivo con relativi congegni di scoppio ad orologeria costituiti da speciali spolette meccaniche prodotte dalla Borletti di Milano.

Il Siluro a Lenta Corsa (SLC)

Per quanto riguarda invece i mezzi di superficie, l’idea dei motoscafi esplosivi si sviluppò su differenti versioni: Motoscafo Turismo (M.T.), Motoscafo Turismo Modificato o Migliorato (M.T.M.), Motoscafo Avio Trasportato/Motoscafo d’Assalto (M.A.T./M.A.) e Motoscafo Turismo Silurante (M.T.S.). Il mezzo, dotato di una forte carica esplosiva sistemata nella prora, sarebbe stato lanciato contro navi avversarie all’ormeggio. Per gli scafi furono interpellati due noti cantieri (Baglietto di Varazze e Picchiotti di Limite d’Arno), specializzati in costruzioni di Mas e motoscafi. L’ingegner Cattaneo della C.A.B.I. assunse la responsabilità della progettazione e della realizzazione del sistema di propulsione indirizzandosi verso un “gruppo” poppiero brandeggiabile e sollevabile munito di eliche controrotanti per eliminare la cosiddetta “coppia” ed assicurare al motoscafo una buona stabilità di rotta. La carica di scoppio consisteva in un cartocciere cilindrico contenente circa 300 - 330 kg di Tritolital sistemato nella zona prodiera. Il posto di pilotaggio era ricavato a poppa estrema del mezzo. Il timone era rappresentato da una ruota a razze, simile allo

124 sterzo di un autocarro, con piantone verticale calettato alla parte anteriore (fissa) del blocco eliche – timone che comprendeva anche il dispositivo per il sollevamento dello “stivale” e il suo bloccaggio per mantenere la direzione del mezzo dopo il lancio a mare del pilota. Quest’ultimo era seduto su un piccolo sedile a sbalzo rispetto allo specchio di poppa e basculante all’indietro per facilitare l’abbandono del mezzo da parte dell’operatore dopo aver diretto il barchino in moto verso il bersaglio125.

Motoscafo Turismo Modificato M.T.M.

Questi mezzi e le loro modalità operative erano coperti dal più rigoroso segreto, poiché l’intenzione di un loro impiego era caratterizzato dall’utilizzo in massa e nelle prime notti di una eventuale guerra, sfruttando in pieno l’elemento sorpresa. L’esito favorevole della Campagna di Etiopia, già nella primavera del 1936, così come la relativa distensione internazionale che seguì alla crisi, fecero erroneamente abbandonare lo sviluppo di questi mezzi. Fu solo sul finire del 1938 che vennero ripresi gli studi e gli esperimenti relativi ai mezzi d’assalto, avendo però nel frattempo, perduto due anni di sviluppo e produzione. L’organizzazione e lo sviluppo dei mezzi d’assalto della Regia Marina fu inizialmente affidata al Comando del 1° Gruppo Sommergibili di La Spezia, nel 1939 fu costituita una Sezione Armi Speciali, nell’ambito della 1ª Flottiglia Mas e, nel marzo del 1941, tale sezione fu resa autonoma assumendo la denominazione di Xª Flottiglia Mas126. Fu questa unità che, a prezzi e sacrifici altissimi, ottenne la più elevata quantità di tonnellaggio nemico affondato. Il primo successo venne ottenuto dai motoscafi esplosivi a Suda, il 25 marzo 1941 con la distruzione dell’incrociatore HMS York, al quale seguì, tra la notte del 25 e l’alba del 26 luglio, la drammatica operazione 2 dove, di fatto, la Xª Flottiglia Mas venne decapitata dalla risposta, favorita dai radar, della base britannica di Malta che aveva localizzato la formazione d’assalto italiana a 20 miglia di distanza e che aveva predisposto proiettori,

125 Spertini M. e Bagnasco E., I mezzi d’assalto della X Flottiglia Mas 1940 – 1945, Albertelli Editore 2005, p.75 – 76. 126 Ivi, p.19. 125 cannoni e mitragliatrici puntati verso l’entrata del Grand Harbour pronti a scatenare una valanga di fuoco non appena si fosse manifestato un qualunque segno visibile degli attaccanti127. Di quella cruenta incursione nelle acque maltesi non esiste alcun rapporto ufficiale, poiché i 15 protagonisti della missione scomparvero tutti in combattimento. Le parole della MOVM, maggiore del genio navale Teseo Tesei, poco prima della sua morte, testimoniano ancora oggi la fede e il coraggio portati fino al sacrificio “Occorre che tutto il mondo sappia che ci sono degli italiani che si recano a Malta nel modo più temerario. Se affonderemo qualche nave o no poco importa. Quel che conta è che si sia capaci di saltare in aria con il nostro apparecchio sotto gli occhi degli inglesi. Avremo così indicato ai nostri figli e alle future generazioni a prezzo di quali sacrifici si serve il proprio ideale e loro ne trarranno l’esempio e la forza per vincere. Alle 04.40 la rete dovrà saltare e salterà. Se sarà tardi spoletterò al minimo128. Decapitata dei suoi vertici la Xª Flottiglia Mas fu riorganizzata e più oculatamente impiegata nelle varie missioni fino al primo successo dei mezzi d’assalto subacquei: il forzamento della base navale di Gibilterra. L’operazione vide la combinazione letale del binomio sommergibile – mezzi d’assalto costituita dal sommergibile Scirè al comando del Capitano di Fregata Junio Valerio Borghese, tre coppie di operatori e una coppia di riserva che avrebbero guidato i tre S.L.C., contraddistinti dai numeri 140, 210 e 220, imbarcati sul sommergibile, predisposto a svolgere la funzione di mezzo “avvicinatore”. Gli equipaggi degli S.L.C. riuscirono ad affondare, nella notte del 20 settembre del 1941, ben 30.000 tonnellate di naviglio mercantile nemico. Era la prima volta che gli S.L.C. avevano risposto in pieno ai comandi degli operatori che, più volte, avevano lamentato avarie di vario genere sia nella fase di avvicinamento alle basi sia in quella di attacco vero e proprio129. Fu con queste premesse che la Regia Marina colse, la notte del 19 dicembre del 1941, la più bella vittoria dei suoi centotrenta anni di storia. Gli assaltatori della Xª Flottiglia Mas (il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne, il capo palombaro Emilio Bianchi, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia col sottocapo palombaro Spartaco Schergat, il capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta col capo palombaro Mario Marino) avvicinati dal sommergibile Scirè, penetrarono con i loro siluri a lenta corsa nelle acque della base egiziana della Royal Navy di Alessandria d’Egitto, dove riuscirono, con il danneggiamento grave delle corazzate Queen Elizabeth e Valiant, a modificare lo stato di relatività delle forze nel Mediterraneo a tutto vantaggio della nostra Marina. Seguirono altre importanti e ingegnose operazioni, come il riutilizzo della semisommersa

127 Giorgerini G., Attacco dal mare – Storia dei mezzi d’assalto della Marina Italiana, Mondadori 2007, pp.159 e 165. 128 Teseo Tesei, Marina Militare, http://www.marina.difesa.it/il-tuo-futuro-e-il-mare/formazione-in- marina/formazione_specialistica/ilgoi/storia/Pagine/tesei.aspx. 129 I mezzi d’assalto, Ufficio Storico della Marina Militare, 2001, p.152. 126 petroliera Olterra come base della Xª Mas per attaccare Gibilterra e l’operazione Stella condotta dal tenente di Artiglieria di complemento Luigi Ferraro, il quale arruolatosi nella Xª Mas e rivelatosi nuotatore di prim’ordine, riuscì, operando solitariamente nei porti turchi di Alessandretta e Mersin, ad attaccare quattro piroscafi, provocando la perdita totale o parziale di 24.000 tonnellate di naviglio mercantile nemico. Luigi Ferraro, la sera del 30 giugno del 1943, raggiunse a nuoto il piroscafo greco Orion, di 7.000 tonnellate, ancorato a 2.300 metri dalla riva portando con sé i bauletti esplosivi da deporre sotto la carena del mercantile. Analoga operazione fu ripetuta il 9 luglio contro il piroscafo Kaituna di 10.000 tonnellate e il primo agosto contro la motonave norvegese Fernplant di 7.000 tonnellate130. L’impresa di Luigi Ferraro, l’affondatore solitario e operatore del Gruppo Gamma, i nuotatori d’assalto della Regia Marina, è una vicenda straordinaria. La generazione che aveva perduto la guerra riuscì tuttavia a vincere la pace, portando nell’esperienza di lavoro lo stesso entusiasmo, coraggio e spirito di sacrificio e la stessa allegria, iniziativa e onestà che erano stati bagaglio in guerra. Luigi Ferraro inventò attività di lavoro, costruì un’azienda, si impose al rispetto e all’ammirazione della comunità nel cui ambito viveva; la stessa che aveva voluto dimenticare quel che l’affondatore aveva fatto in guerra, ma che non poté non riconoscere quel che l’audace e intelligente industriale aveva costruito in tempo di pace. L’uomo che aveva calzato le pinne quando erano un segreto militare, che aveva compiuto da solo quattro incursioni sottomarine contro altrettante navi nemiche, che aveva scoperto la superiore agilità del sommozzatore rispetto al palombaro ispezionando relitti a profondità più che estreme per i mezzi tecnici e le cognizioni fisiologiche di cui disponeva, comprese che quelle tecniche sperimentate in guerra si sarebbero rivelate uno strumento formidabile per spalancare nuovi orizzonti alla medicina, alla biologia, alla foto e alla cinematografia e alla ricerca scientifica e tecnologica. Luigi Ferraro, degradato e impossibilitato all’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole superiori, mette la sua straordinaria esperienza prima in una società di recuperi marittimi, poi al servizio della Casa del Pescatore, un piccolo negozio, nonché ufficio laboratorio e officina, nel quale Egidio Cressi ha concentrato le sue pioneristiche attività subacquee131. In quell’ambiente Ferraro è l’unico a possedere quell’esperienza che vale a costruire la base di una dottrina da sviluppare. Gli autorespiratori in uso sono ancora quelli a circuito chiuso, gli ARO, impiegati dai sommozzatori di guerra: a ossigeno puro, di difficile e rischioso impiego, perché esigono un costante controllo nel comportamento da parte dell’operatore. Nel 1948 in collaborazione con Cressi e il Touring Club Italiano, Ferraro organizza la prima scuola sub al mondo e,

130 I mezzi d’assalto, Ufficio Storico della Marina Militare, 2001, pp. 247 – 248. 131 Cafiero G. N., Luigi Ferraro un italiano, IRECO 2000, p.131 e 133. 127 grazie al suo intuito, alla vocazione per la tecnica in ogni suo aspetto, al vivace senso pratico che gli consente di identificare prontamente le possibilità applicative di un principio, contribuisce a migliorare le possibilità d’immersione attraverso le pinne Rondine e la maschera Pinocchio132.

Luigi Ferraro

L’eredità, le tradizioni e gli uomini provenienti sia della Xª Flottiglia Mas sia da Mariassalto confluirono, già nel giugno del 1945 nel Centro Subacqueo della Regia Marina (MARICENTROSUB), struttura che, dal 15 ottobre 1948, si trasferì da Taranto al Varignano, nel Golfo della Spezia. Il Centro, al comando di un capitano di fregata, si articolava in due sezioni: palombari e sommozzatori. Al termine dei corsi d’addestramento il personale delle due sezioni “normali” e “alti fondali” veniva destinato al Servizio difesa antimezzi insidiosi (SDAI), che a quel tempo, sebbene destinato a impiego subacqueo con compiti difensivi, si limitava ad attività di sminamento dei porti e delle coste. Con quella prima cellula, rappresentata da MARICENTROSUB, fu gettato il seme che portò poi, alla rifioritura dell’incursione navale della Marina Militare, prima con la costituzione nel 1952 del Gruppo Arditi incursori (GRUPPARDIN) e poi con l’istituzione nel 1961 del Comando del Raggruppamento subacquei e incursori “Teseo Tesei”, più noto con l’acronimo di COMSUBIN. Il COMSUBIN è attualmente costituito da tre gruppi operativi, Gruppo operativo incursori (GOI), Gruppo operativo subacquei (GOS), Gruppo navale speciale (GNS), da un Centro ricerche e studi e da un gruppo addestrativo. Ancora oggi la sinergia, nello sviluppo e nell’impiego dei mezzi d’assalto, si fonda sul rapporto tra la Marina Militare e alcune

132 Zamorani M., Luigi Ferraro. Un eroe del mare, Mursia 2013, p.189. 128 eccellenze della nostra industria e università. Non si può infatti comprendere la storia e l’evoluzione dei mezzi d’assalto italiani senza includervi quella della C.A.B.I., che vanta una lunga tradizione di straordinaria intelligenza tecnica, progettuale e produttiva al servizio della Marina, con interessanti sortite in altri comparti industriali. Queste eccellenze così come la Baglietto, il Silurificio San Bartolomeo, la SIAI – Marchetti, la Calzoni, la DRASS, la GAYMARINE e la SAIPEM rappresentano la punta d’eccellenza nel campo della subacquea italiana. La leadership, tra i produttori di sistemi così complessi, può essere mantenuta esclusivamente alimentando il prezioso know-how con continua dedizione. Il mantenimento della più assoluta riservatezza, tipica del settore e necessaria per tutelare il Segreto di Stato e industriale, si ottiene anche attraverso una severa selezione del personale. Un settore dove per la realizzazione di un mezzo speciale, pensato, plasmato e allestito intorno alle severe esigenze caratteristiche delle Forze Speciali è necessario miscelare sapientemente quegli ingredienti irrinunciabili che sono, oltre ad un’aderente passione, l’esperienza consolidata, il costante aggiornamento tecnologico, il confronto continuo con gli utilizzatori finali e con le loro necessità, anche sapendo che queste, spesso, spingono un progetto ai limiti della realizzabilità. La capacità delle moderne piattaforme di operare in contesti interforze è ormai un requisito imprescindibile per l’attuale contesto geopolitico. I nuovi mezzi speciali, internazionalmente riconosciuti come SDVs (Swimmer Delivery Vehicles), nascono per trasportare occultamente un team di operatori subacquei, completamente equipaggiati insieme al payload necessario per la missione che può essere prevalentemente in immersione o in superficie. Velocità, autonomia, ingombri, dislocamento, quota operativa e di trasporto, manovrabilità, sicurezza ed ergonomia sono solo alcuni dei parametri che, opportunamente bilanciati, qualificano queste sofisticate imbarcazioni composte da circa 40.000 particolari. Soluzioni che, dalla Grande Guerra fino ad oggi, vincono spesso il confronto con quelle proposte da Paesi che dispongono di risorse tecnologiche ed economiche virtualmente illimitate133.

133 Villa A., Progettazione e realizzazione di piattaforme subacquee ad altre prestazioni, intervento nel corso del Seminario sulle Capacità delle aziende della subacquea in campo nazionale, Roma 30 settembre 2019. 129 10. CONCLUSIONI Alla luce del contesto internazionale di riferimento sin qui descritto, caratterizzato da una continua evoluzione delle minacce, si rende sempre più pressante l’esigenza di potere disporre di uno strumento militare tecnologicamente avanzato, flessibile e armonizzato in un più ampio dispositivo di difesa e sicurezza collettiva, integrato al servizio del Paese. L’ammodernamento tecnologico delle Forze Armate deve avvenire in sinergia e in un’ottica di Sistema Paese al fine di creare sviluppo economico e aprire nuove prospettive occupazionali. Le scelte future dovranno essere sempre più proporzionate al livello di ambizione che il Paese vorrà mantenere nel contesto internazionale, preservando al contempo capacità tecnologiche adeguate alle minacce ipotizzabili su un orizzonte strategico trentennale e considerando sia le ricadute sul settore civile sia il quadro delle alleanze all’interno del quale opera il nostro Paese. Sulla base di quanto evidenziato, emerge, pertanto, che gli investimenti nel comparto economico dell’aerospazio e difesa costituiscono il seme per restare concorrenziali nella competizione globale e quanto più essi sono a medio – lungo termine, tanto più garantiscono continuità e stabilità al settore134. Dall’analisi dei programmi emerge come l’ambiziosa e difficile scelta della Marina Militare negli ultimi 30 anni, è stata quella di non porsi come struttura ancillare dei nostri Alleati, come avvenuto tra gli anni ’50 e ’80, ma quale affidabile ed efficiente partner nel Mediterraneo e oltre. Una scelta che, grazie ad una visione di lungo termine, ha saputo esprimere una triade di deterrenza, efficacia e sviluppo tecnologico per l’industria e per la ricerca e che, grazie ai Piani Nazionali di Ricerca Militare, hanno coinvolto centinaia di professori e studenti di svariati atenei. La visione di lungo termine quindi nella costruzione della flotta italiana esprime anch’essa una “triade”: deterrenza, efficacia e sviluppo tecnologico. I progetti, indipendentemente che si tratti di sottomarini tradizionali o veicoli subacquei, dovranno essere in grado di gestire/impiegare i nuovi ritrovati tecnologici e di adeguarsi all’evoluzione dello scenario strategico mondiale. In particolare, data la rapidità dei processi d’innovazione, solo con un approccio modulare e stratificato, sarà possibile integrare capacità sensoriali e di comunicazione innovative non appena rese disponibili dal progresso. Non si potranno attendere i cicli di ammodernamento di mezza vita per recepire nuove tecnologie, pena l’accumulo di pericolosi gap nei confronti di una minaccia nel dominio underwater in costatante aumento. Per una nazione a forte vocazione marittima come l’Italia la soluzione dei problemi nasce al di là degli orizzonti ristretti dei confini terresti e trova nel

134 Giacobbe F., in Il tempo delle decisioni – Rilanciare gli investimenti per crescere, Airpress settembre 2018, p.1. 130 Mediterraneo Allargato i confini geografici dello spazio geopolitico di riferimento. L’intimo legame tra l’innovazione tecnologica e i sottomarini è un aspetto peculiare di questo mezzo che lo distingue sin dalle sue origini dalla maggior parte degli strumenti bellici e che ne esalta il suo ruolo di volano tecnologico. L’Italia, al pari degli altri Paesi marittimi della NATO e della UE, ha bisogno, anche alla luce del mutevole scenario internazionale, di una flotta sottomarina, moderna e ben dimensionata. Dopo il 1989, la comparsa di un mondo multipolare e nel complesso meno sicuro, ha imposto, pur con risorse inferiori, una profonda revisione degli obiettivi di strategia marittima concretizzatosi in un impiego pressoché continuo delle forze aeronavali. La necessità di raccolta dati, così come l’importanza di mantenere aggiornata la Maritime Situation Awarness, sopra e sotto la superficie, prima limitata ai mezzi e alle unità del Patto di Varsavia, adesso si è estesa a tutti gli attori che si affacciano sul mare, poco importa che si tratti di una flotta militare o di un armatore civile dedito al narcotraffico. Ogni Marina oggi si trova ad operare in un contesto di collaborazioni molto più flessibile, pur restando la NATO il principale quadro di riferimento. L’affidarsi alla difesa collettiva o contare esclusivamente sulla diplomazia sono certamente linee d’indirizzo da perseguire che non devono tuttavia precludere al nostro Paese lo sviluppo di un mezzo d’offesa subacqueo che consenta anche di poter agire autonomamente. Unità come gli U212A possono essere impiegate in almeno 4 tipologie di situazioni: difesa degli interessi nazionali (per esempio svolgendo il ruolo di trasportatori di Forze Speciali), crisi internazionali (attraverso lo svolgimento di attività intelligence preventiva), lotta al terrorismo (intelligence e Forze Speciali), controllo della legalità sul mare (raccolta dati sull’immigrazione clandestina, narcotraffico, pirateria e inquinamento delle acque). Relativamente a quest’ultimo ambito di azione, l’U212A, operando come un sensore invisibile, ha dimostrato come si presti bene persino alla raccolta delle prove di reato contro i trafficanti di esseri umani ed ha confermato di poter rappresentare un notevole salto di qualità nella repressione degli illeciti e dei reati contro il mare e le coste. La loro flessibilità è dovuta, oltre che alla loro invisibilità, all’impiego di soluzioni tecnologiche all’avanguardia per i loro sensori, la propulsione e le armi imbarcate, oltre che, sempre più frequentemente, in futuro, per l’impiego di veicoli sottomarini senza equipaggio135. I sottomarini sono assetti chiave per realizzare gli obiettivi sopra esposti e quindi stanno diventando sempre più strumenti di sovranità irrinunciabile anche per le nazioni medio – piccole. Le necessità militari in campo marittimo forniscono inoltre una rilevante occasione di sviluppo scientifico tecnologico ed economico per il sistema Paese. Sulla base di queste valutazioni le risorse

135 Benigni D. e Pistoia D., Guerra Elettronica e sottomarini, X – tra’, RID n.10 ottobre 2019, p.41 – 42. 131 necessarie alla costruzione di un sottomarino non devono rappresentare per il contribuente solo una spesa ma un vero e proprio investimento nel futuro del paese. Il progetto U212A ha infatti consentito il riallineamento tecnologico di vasti comparti dell’industria navalmeccanica nazionale grazie alle clausole del MoU, firmato nel 1996, tra Italia e Germania. Lo sviluppo e la capacità di poter competer nell’ambito della tecnologica subacquea non si limita al ristretto ed esclusivo ambito delle costruzioni dei sottomarini, ma ha importanti ricadute dual use nel mondo civile, come confermato dagli sviluppi delle celle di combustibile ad aria nel campo degli autoveicoli. Grazie al lavoro svolto nell’ambito del programma U212A e NFS infatti, diverse industrie hanno avuto modo di maturare competenze e capacità che le rendono perfette per “salire di livello” nella prossima serie di sottomarini, mentre molteplici importanti Università hanno maturato know how in diversi settori specifici, potenzialmente innovativi nel settore delle costruzioni subacquee. Come si è visto, la progettazione/costruzione nonché la successiva manutenzione di un moderno sottomarino è allo stato attuale una delle imprese di gran lunga con maggior contenuto tecnologico del mondo militare e civile: la cantieristica navale italiana, come avvenuto grazie alla partecipazione al Programma U212A ed NFS, è entrata nel ristretto “club” dei cantieri europei capaci di costruire sottomarini e il programma per le successiva serie dei sottomarini nazionali continuerà a rappresentare una spinta in termini di tecnologie ed un volano per la ricerca innovativa in ambito nazionale. Con il programma U212 NFS, a differenza dell’U212A, la design authority è italiana, una novità che potrà consentire di esportare i Near Future Submarine e, se ci saranno le condizioni, far entrare l’U212 NFS in OCCAR, dando così, tramite l’organizzazione europea, visibilità a questo nuovo progetto136. Le esportazioni rappresentano importanti risorse spendibili nei rapporti intergovernativi tesi alla cooperazione militare, sulle quali poter sviluppare politiche di partenariato e di trasferimento di tecnologie. I successi dell’industria nazionale sono tali se conseguiti anche e soprattutto all’estero. I numeri del nostro export sono quindi l’indicatore dello stato di salute della nostra economia. Sul fronte della Difesa e della sicurezza, quei numeri suonano come un campanello d’allarme. A preoccupare non sono le performance delle singole imprese, bensì la capacità delle istituzioni italiane nel supportare i propri campioni, quelli grandi come quelli piccoli. Una politica estera coerente e la credibilità di un Paese sono infatti ingredienti fondamentali per il successo delle proprie imprese. Senza di essi, ci si trova a giocare ad armi impari rispetto ad altre nazioni che tengono la barra dritta dell’interesse nazionale e

136 Po E., A colloquio con l’Amm. Isp. Capo Matteo Bisceglia, RID, n.10 ottobre 2019, pp. 24 – 25. 132 che garantiscono un supporto costante nella promozione all’estero delle industrie di bandiera137. Un significativo passo in avanti potrebbe esser rappresentato dalle modifiche presenti nell’ultima bozza di decreto fiscale, che andrebbe ad introdurre una sostanziale riforma in tema di G2G, gli accordi governo – governo, già a disposizione di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Svezia. Tale meccanismo permette alle aziende di evitare lunghe e dispendiose gare internazionali, ma anche di presentarsi all’estero insieme allo Stato, una garanzia agli occhi di chi acquista. Si tratterebbe quindi di permettere allo Stato di offrire alle industrie che esportano materiali di difesa non solo supporto tecnico (già possibile), ma anche una vera e propria attività contrattuale138. Accrescere la capacità subacquea in campo nazionale è un dovere imprescindibile e obbligato dalla evoluzione del campo di battaglia underwater, dove saranno sempre più presenti e prolifiche tanto le minacce insidiose e asimmetriche quanto quelle convenzionali. La rapidità dell’innovazione tecnologica ed il profondo interesse dimostrato in ambito internazionale, anche da parte di attori che tradizionalmente non avevano mai operato in tale dominio, è l’evidente dimostrazione di come non si possa rimanere indietro in un settore nel quale la Marina italiana è sempre stata un importante riferimento. È anzi questo il momento di puntare con decisione ad accrescere il vantaggio tecnologico nei settori dove l’Italia può contare su vere e proprie eccellenze e sfruttare le sinergie tra le diverse realtà per colmare i gap esistenti, evitando di perdere opportunità a favore di altri player che, pur contando su basi tecnologiche meno solide, utilizzano politiche industriali maggiormente assertive e coordinate. Sempre più si avverte quindi la necessità di creare un cluster della subacquea all’interno del quale sia possibile far convergere e confrontare tutti gli attori interessati, a vario titolo, nello sviluppo di tecnologie nel campo underwater. Si ritiene che da questo potrebbe poi discendere la creazione di un Polo della Subacquea quale referente unico per le attività di ricerca, sviluppo e test che non sia un semplice «aggregatore» ma un vero e proprio moltiplicatore delle eccezionali capacità di cui disponiamo.

137 Giacobbe F., Una equazione per la Difesa - liti + export, AirPress, n.100 maggio 2019, p.1 138 Pioppi S., Così (anche) l’Italia potrà competere nel mercato globale della Difesa, Formiche, 18. ottobre 2019, https://formiche.net/2019/10/export-difesa-decreto-g2g/. 133 BIBLIOGRAFIA

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Ce.Mi.S.S.139

Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) è l'Organismo che gestisce, nell'ambito e per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico. Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena libertà di espressione di pensiero. Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione del Ricercatore e non quella del Ministero della Difesa.

Matteo BRESSAN

Matteo BRESSAN è docente a contratto di Relazioni Internazionali e Studi Strategici presso la LUMSA, dove dirige l’Osservatorio per la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo Allargato (OSSMED). È analista e componente del Comitato Scientifico del NATO Defense College Foundation. È coordinatore didattico e docente del corso sul terrorismo della SIOI. Autore e curatore, di più di 30 pubblicazioni in materia di difesa e sicurezza, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo Allargato, Balcani occidentali, Libano, Iran, le nuove vie della Seta, i fenomeni terroristici e la NATO. Collabora con Informazioni della Difesa, la rivista dello Stato Maggiore della Difesa, Rivista Marittima, Rivista Militare, Rivista Aeronautica ed ha scritto per GNOSIS, la rivista italiana d’intelligence. Ha conseguito il Master in Studi Internazionali Strategico Militari (IX° Corso ISSMI) presso il Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) e il Master in Intelligence and Security presso la Link Campus University.

139 http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pagine/default.aspx 137 Stampato dalla Tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa