8 Settembre Il Dramma Della Flotta Italiana
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1 Otto Settembre Il dramma della Flotta Italiana di Francesco Mattesini 2 LA FLOTTA E L’ARMISTIZIO L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943 E IL DRAMMA DELLE FORZE NAVALI DA BATTAGLIA di Francesco Mattesini Le ragioni dell’armistizio unilaterale Il 19 luglio 1943, il Capo del Governo italiano Benito Mussolini e il Cancelliere della Germani Adolf Hitler s’incontrarono a Villa Pagani Gaggia presso San Fermo di Belluno (l’episodio più no- to come incontro Feltre), per discutere quale aiuto poteva dare la Germania all’Italia per evitarne il tracollo, dopo che nella notte del 10 luglio gli anglo-americani, con sbarco dal mare, avevano inizia- to l’invasione della Sicilia. Deluso dal comportamento tenuto in Sicilia dalle divisioni del Regio Esercito, che dopo due soli giorni di combattimento, abbandonando le più munite posizioni come quella della piazzaforte di Augusta, si erano letteralmente liquefatte d’avanti al nemico, lasciando soltanto le tre divisioni tedesche presenti nell’isola (Göring, 15 a e 29 a) rinforzate da due reggimenti della 1 a Divisione paracadutisti, a combattere contro gli Alleati, il Führer, con un lunghissimo soli- loquio nei confronti di un mortificato Duce, accusò gli italiani di essere combattenti mediocri e non più affidabili. Sostenne apertamente che erano buoni soltanto a sollecitare aiuti senza dare nulla in cambio neppure per proteggere adeguatamente i propri aeroporti sui quali i dislocati gruppi di volo germanici, soprattutto quelli avanzati della caccia, riportavano, per gli attacchi aerei del nemico, perdite gravissime. Durante la discussioni fu portata ai due statisti, e al loro seguito di rappresentanti politici e milita- ri, la notizia del bombardamento di Roma, realizzato ad ondata successive, sugli obiettivi ferroviari e aeroportuali della Capitale, da 662 bombardieri statunitensi B. 17, B. 24, B. 25 e B.26 della 9 a e 12 a Air Force, fortemente scortati da 268 caccia P. 38. In Italia, questo bombardamento, che la Re- gia Aeronautica contrastò mandando in volo un settantina di caccia e che gli americani pagarono con la perdita di due soli B. 26, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il 25 luglio, durante la riu- nione del Gran Consiglio del Fascismo a Palazzo Venezia, Mussolini, recatosi al Palazzo del Qui- rinale per presentare le sue dimissioni (convinto che Vittorio Emanuele III non le avrebbe accettate) fu imprigionato, per ordine del Re, e spedito prima a Ponza, poi alla Maddalena, e infine a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dove poi sarebbe stato liberato, il 12 settembre, dai paracadutisti tede- schi con un azione spettacolare, ma senza vittime, per la resa dei Carabinieri che erano assegnati al- la prigionia del Duce. 3 19 luglio 1943, Convegno italo-tedesco presso Belluno. Hitler e Mussolini nel giardino i Villa Taggia. Bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 Nel frattempo, il Sovrano aveva chiamato come Capo del Governo l’uomo che in quel momento, per il suo prestigio militare, appariva il più adatto a guidare la nazione, il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, già Comandante di Corpo d’armata durante la battaglia di Caporetto, dove avvenne lo sfondamento tedesco, quindi Sottocapo di Stato Maggiore Generale durante la prima guerra mon- diale, all’epoca della battaglia del Piave e di quella di Vittorio Veneto. Quindi, negli anni ‘20 fu 4 protagonista nella riconquista della Libia, conquistatore dell’Etiopia nel 1936, e infine Capo di Sta- to Maggiore Generale fino al disastro della campagna di Grecia del novembre 1940, quando venne costretto a dare le dimissioni. Nel nuovo gabinetto Badoglio entrarono a far parte, quali ministri e capi di stato maggiore della Marina e dell’Aeronautica, il vice ammiraglio Raffaele de Courten e il generale di divisione Renato Sandalli, che, passando al grado superiore, rispettivamente sostituirono nelle cariche i troppo compromessi e filo-fascisti ammiraglio di armata Arturo Riccardi e generale di squadra aerea Rino Corso Fougier, grande pilota da caccia, a cui si deve la specialità dell’alta acrobazia, oggi Pattuglia Acrobatica Nazionale. Nel Führer della Grande Germania, l’eliminazione politica di Mussolini aggiunta alla caduta del regime fascista determinò un’ira furibonda che lo indusse a riunire gli ufficiali del suo Quartier Ge- nerale (Oberkommando der Wehrmacht – O.K.W.), e far venire da Roma alcuni dei propri rappre- sentanti, allo scopo di pianificare quali misure coercitive contro i nuovi governanti italiani si pote- vano realizzare, oltre naturalmente alla liberazione del Duce. Fu pertanto deciso di realizzare, alla prima favorevole occasione che si fosse presentata, i piani “Alarico” (“Alarich”) e “Costantino” (“Kostantin”), che Hitler aveva ordinato di preparare, per motivi cautelativi, fin dal gennaio 1943, e che furono messi a punto dall’O.K.W. entro la primavera. Con il piano “Alarico” doveva realizzarsi il pieno controllo delle operazioni militari in Italia, allo scopo di “ dover mantenere la guerra il più lontano possibile dai confini tedeschi ”; con il piano “Costantino” quello di mantenere il controllo tedesco nei Balcani e nell’Egeo. Le due operazioni avevano lo scopo di evitare l’apertura del secondo fronte chiesto ripetutamente dal presidente dell’Unione Sovietica Joseph Stalin, che avrebbe potuto aprire agli anglo-americani le porte verso il centro dell’Europa, mettendo in crisi le possibilità di difesa della Germania. Ne conseguì che alla fine di maggio l’O.K.W. aveva elaborato la prima stesura della Direttiva n. 48, da attuare “nel caso di un mutamento politico-militare in Italia ”, ma che anche riguardava la difesa dell’area centrale dell’Europa. Ciò doveva realizzarsi senza contare sull’aiuto dell’Italia, da molto tempo considerata il molle ventre dell’Asse, e tenendo anzi in considerazione anche l’ipotesi drasti- ca di impiegare armi contro gli italiani, nel caso di una loro possibile defezione. In definitiva occor- reva eliminare un alleato considerato infido, pronto a cambiare di schieramento per le proprie con- venienze, e quindi a staccarsi dall’alleanza dell’Asse a non lunga scadenza per schierarsi dall’altra parte, con gli anglo-americani. Gli italiani erano considerati dai tedeschi ormai fortemente demora- lizzati, tanto che rinunciavano perfino a combattere. Lo dimostravano la vergognosa resa di Pantelleria dell’11 giugno 1943, con una guarnigione di oltre 11.000 uomini, che permise al nemico di conquistare l’isola quasi senza sparare, a cui seguì, il successivo 11 luglio, a ventiquattro ore dall’inizio dello sbarco in Sicilia, l’abbandono della munita piazzaforte di Augusta, lasciando nelle mani degli inglesi il pesante armamento e un intero gruppo di idrovolanti; per non parlare poi dello squagliamento generale delle truppe nei reparti di tutte le Forze Armate, in particolare dei siciliani, impegnati in un generale “ tutti a casa ”, mentre i soldati preposti alla difesa costiera si arrendevano quasi con entusiasmo, dando addirittura una mano a sca- ricare i mezzi da sbarco degli invasori. Ancora più umiliante fu l’inqualificabile, incosciente, gioio- sa e a volte trionfale accoglienza offerta dalle popolazioni siciliane nei confronti degli anglo- americani, che pure erano ancora nemici dell’Italia, ed erano combattuti da altri soldati più motivati che cercavano con i loro scarsi mezzi di opporsi al nemico. A tutto questo vergognoso atteggiamento si aggiungeva, per aumentare l’ira di Hitler e dei capi dell’O.K.W., la resistenza del Comando Supremo, iniziata all’inizio dell’anno con il cambio al ver- tice, sostituendo, per iniziativa di Mussolini, il maresciallo d’Italia Ugo Cavallero, convinto fautore del rispetto dell’alleanza con la Germania, con il generale d’armata Vittorio Ambrosio. Palesemente antitedesco e convinto delle necessità di dover abbandonare l’alleanza dell’Asse, Ambrosio si op- poneva a concedere il libero transito in Italia ai rinforzi tedeschi, e che in gran parte erano diretti nel sud della penisola ove si stava annunciando, dopo la Sicilia, la prossima mossa offensiva degli Al- leati in direzione del sud dell’Italia. Venivano, giustamente considerati, come obiettivi dell’attacco 5 la Calabria e la Campania, con particolare riferimento al Golfo di Salerno che, sebbene in spiaggia aperta, avrebbe permesso agli Alleati di puntare su Napoli, il cui porto sarebbe stato importantissi- mo per l’afflusso di rinforzi e rifornimenti. A Roma erano letteralmente terrorizzati dai preparativi tedeschi, che si svilupparono, inequivoca- bilmente, tra la fine di luglio e la prima decade di agosto, quando l’O.K.W., rompendo ogni indu- gio, fece affluire nel nord dell’Italia, attraverso i passi del Brennero e di Tarvisio e dalla Francia, ot- to divisioni, due delle quali corazzate: Leibstandarte SS Adolf Hitler e 24 a. Agli ordini del feldma- resciallo Erwin Rommel – che per il suo comportamento in Africa settentrionale era mal visto dagli italiani, in particolare dal Comando Supremo che ne avevano chiesto ed ottenuto da Hitler la sosti- tuzione durante la campagna di Tunisia, nel febbraio 1943 – quelle divisioni costituirono il Gruppo d’Armate B che, costituito con la 10 a e 14 a Armata, rimase dislocato nella Valle Padana. Ciò signifi- cò lasciare alle otto divisioni del Gruppo di Armate C del feldmaresciallo Albert Kesselring, Co- mandante in Capo del fronte meridionale (Oberbefehlshaber Sud - O.B.S.) il compito di continuare a proteggere il sud dell’Italia, e a combattere in Sicilia. A sinistra, Il feldmaresciallo Erwin Rommel con il suo Capo di Stato Maggiore, generale Fritz Bayerlin, in Nord Africa all’inizio del 1943. A destra il feldmaresciallo Albert Kesselring, Comandante in Capo del Fronte Sud (O.B.S.), con se- de a Frascati. Dopo una strenua resistenza davanti all’Etna realizzata dalle tre divisioni tedesche del 14° Corpo corazzato del generale Hans Hube (PzDiv Hermann Göring, 15. E 29. PzGrenDiv), rinforzato da due reggimenti di paracadutisti della 1 a Divisione, dal momento che da parte italiana restarono a combattere, in modo lodevole, soltanto alcune batterie di cannoni inserite nei reggimenti d’artiglieria tedeschi, la Sicilia fu evacuata tra il 6 e il 15 agosto.