ILARIA B. S BORGI

«This interval from fighting» Tracce di un insolito spettacolo al Teatro Niccolini nelle carte di Dorothy Nevile Lees *

All’Archivio Contemporaneo «A. Bonsanti» del Gabinetto Vieus- seux, si trovano le carte di due interessanti figure del mondo anglo-fio- rentino del primo Novecento: il regista, scenografo e teorico del teatro Edward Gordon Craig e la scrittrice Dorothy Nevile Lees. I due si conobbero a Firenze tra la fine del 1906 e l’inizio del 1907 e furono legati da un lungo sodalizio professionale e umano 1. Insieme realizza- rono «The Mask» (1908-1929), una rivista attraverso cui esporre le idee di Craig sull’ Arte del teatro, e fondarono una Scuola dove inse- gnare, praticare e sperimentare tali idee (1913-1914) 2. Grazie al loro figlio, Lees, possiamo oggi consultare nello storico istituto fio- rentino i fondi «E.G. Craig» e «D.N. Lees» 3.

* Questo studio è stato reso possibile dal co-finanziamento del mio Assegno di Ricerca presso il Dipartimento di Filologia Moderna dell’Università di Firenze da parte del e Lilly Italia. Ringrazio in particolar modo Gloria Manghetti dell’Archivio Contem- poraneo «A. Bonsanti» e Augusto Ciappi della Lilly Italia. Un ringraziamento speciale va inol- tre a Lorenzo Lees per avermi autorizzato a citare i materiali inediti di sua nonna Dorothy. 1 Si vedano il dattiloscritto di Dorothy Nevile Lees, Notes on Work with Gordon Craig and The Mask in , Archivio Contemporaneo «A. Bonsanti», Fondo «D.N. Lees», II. 5. 2; il saggio di I.B. S BORGI , Behind The Mask : Dorothy Nevile Lees’ Florentine Contribution to Edward Gordon Craig’s ‘New Theatre’ , «Italian History & Culture», 7 (2001), pp. 7-26; e l’ar- ticolo non firmato Exhibition documents life of influential theatrical designer , «Harvard Gazette» (March 20, 2003). 2 Per ulteriori notizie su «The Mask» e la Scuola, si vedano il libro curato da Craig e Lees, A Living Theatre , Firenze, 1913 (Archivio Contemporaneo, Fondo «E.G. Craig»); e il volume collettaneo Gordon Craig in Italia , a cura di G. Isola - G. Pedullà, Roma, Bulzoni 1993. Craig e Lees realizzarono insieme un’altra rivista teatrale, il mensile «The Marionette» (1918), in cui, tra le altre cose, pubblicarono alcune pièces per marionette scritte dal regista. 3 Il Fondo «E.G. Craig» è stato venduto alla Regione Toscana che lo ha depositato presso l’Archivio Contemporaneo «A. Bonsanti» nel 1995. Il Fondo «D.N. Lees» è stato donato all’Ar- chivio nel 1996. Si veda Il Vieusseux. Storia di un Gabinetto di Lettura , a cura di Laura Desi- deri, Firenze, Polistampa 2004, pp. 155-158. Da ora in poi, nelle note, per indicare l’Archivio Contemporaneo userò la sigla ACGV, mentre per indicare i Fondi «E.G. Craig» e «D.N. Lees» userò le sigle EGC e DNL. 68 Ilaria B. Sborgi

Tra i due personaggi è certamente Craig il più famoso e studiato 4. Numerose sono le collezioni pubbliche e private che portano il suo nome. 5 Studi recenti tuttavia hanno messo a fuoco l’importanza di esa- minare il lavoro di Lees ‘accanto’ a quello di Craig per meglio com- prendere certi aspetti della sua opera, soprattutto per quanto riguarda la sua produzione ‘fiorentina’ 6. I fondi Craig e Lees dell’Archivio Con- temporaneo offrono a pieno questa possibilità di indagine. Nel presente saggio si tratterà un esempio dell’utilità di consultarli in parallelo, se pur dalla ‘direzione’ opposta, ovvero interrogando il fondo Craig per meglio conoscere l’opera di Lees. L’oggetto in esame sarà un articolo inedito della scrittrice dal titolo Indian Theatre in War-Time. Some Notes on Performances in Florence after the Allied Occupation , conservato nel fondo del regista in ben due versioni men- tre nel fondo Lees non ve ne sono copie. La prima versione dell’articolo è datata 22 Aprile 1946 7 e fu comprata dalla rivista americana «Theatre Arts» che tuttavia non lo pubblicò 8. La seconda versione, dal titolo leg-

4 Tra i maggiori studi su Craig, segnaliamo: J. L EEPER , Edward Gordon Craig: Designs for the Theatre , Middlesex, Penguin (King Penguin Book) 1948; F. MAROTTI , Gordon Craig , Bolo- gna, Cappelli 1961; D. B ABLET , Edward Gordon Craig, New York, Trans. Daphne Woodward, Theatre Arts Books 1966; I. K YLE FLETCHER – A. R OOD , Edward Gordon Craig: A Biblio- graphy , London, STR 1967; C. I NNES , Edward Gordon Craig , Cambridge - New York, Cam- bridge University Press 1983; Gordon Craig in Italia , a cura di G. Isola - G. Pedullà, cit. Tra i saggi degli ultimi anni, segnaliamo L. N EWMAN , From Stage to Page: Hamlet with Edward Gordon Craig , John Dieter (ed.), The Book as a Work of Art. The Cranach Press of Count Harry Kessler , Berlin - Williamstown (MA), Triton Verlag and the Chapin Library 2005; E. G RE - MIGNI , Considerazioni in merito ad alcuni bozzetti di Edward Gordon Craig relativi alla scena quinta del primo atto dell’Amleto , Bollettino Telematico dell’Arte, 15 Aprile 2005, n. 393 (http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00393.html). 5 Si veda L.M. N EWMAN , Gordon Craig Archives: International Survey , London, The Malkin Press 1976. Questa ‘mappatura’ richiederebbe un aggiornamento. Ad esempio, la cospicua collezione venduta da David Lees all’Università di Harvard negli anni ’80, così come i due fondi conservati all’ACGV, non sono segnalati. È invece menzionata la «Gordon Craig Col- lection», donata da Dorothy Nevile Lees al British Institute di Firenze dopo la seconda guerra mondiale (p. 62). 6 Si vedano per esempio la tesi di laurea di A. C ORDA , Gordon Craig e The Mask: storia e contenuti di una rivista teatrale , Università degli Studi di Firenze (2000-2001); I.B. S BORGI , Behind The Mask, cit.; G. I SOLA , Edward Gordon Craig, gli artigiani fiorentini e la città , «La scena e lo schermo», 4 (1992), n. 5/6, pp. 34-45; ID., The Mask (1908-1929): appunti per la sto- ria di una rivista teatrale , «Castello di Elsinore», 2 (1989), n. 2-3, pp. 131-52; A. S ARDELLI , Sogno e realtà. Documenti inediti sulla presenza di E.G. Craig a Firenze , «Quaderni di Tea- tro», 9 (1987) n. 36, pp. 20-40. 7 ACGV, Fondo EGC, V. 2.8. 8 Durante gli anni della sua pubblicazione (1916-1964), la rivista cambiò nome tre volte: «Theatre Arts Magazine», «Theatre Arts Monthly», «Theatre Arts». «This interval from fighting» 69 germente diverso ( Indian Theatre in War-Time. Performances in Flo- rence during the Allied Occupation ), fa parte di una raccolta di articoli di teatro di Lees intitolata Some Plays and Players of the Past 9. L’au- trice presentò il volume ad alcune case editrici, tra cui la Oxford Uni- versity Press, agli inizi degli anni ’60, senza però riuscire a pubbli- carlo 10 . Le due stesure dell’articolo in questione sono pressoché identi- che. La differenza principale sta nel fatto che quella del 1946 è suddivisa in paragrafi i cui titoli scandiscono la progressione narrativa mentre nella versione del 1960 tale suddivisione è assente. Prima di analizzare lo scritto di Lees, sarà utile delinearne il con- testo soffermandosi brevemente sulla vita dell’autrice. Giunta a Firenze nel 1903, a 23 anni, per cercare lavoro e realizzare il proprio sogno di diventare una scrittrice professionista 11 , Lees trascorse nel capoluogo toscano tutto il resto della sua vita senza mai tornare in Inghilterra, la sua terra d’origine (morì nel 1966). All’inizio lavorò come ragazza alla pari per alcune famiglie italiane, poi come dattilo- grafa e traduttrice al «Literary and Foreign Office» in Por Santa Maria 12 . Si trattava di un piccolo ufficio dal quale passava una nutrita varietà di persone: imprenditori italiani che avevano bisogno di tra- durre in inglese una lettera commerciale, autori quali William De Morgan e Annie E. Holdsworth (cognata di Vernon Lee), giornalisti come Enrico Corradini che aveva commissionato alcune copie di una pièce teatrale da consegnare a Eleonora Duse. Fu la stessa Lees a por- tare le copie alla grande attrice nel suo albergo, dove la trovò a letto pallida e langue tra una montagna di cuscini 13 . In parallelo, Lees scriveva per periodici locali in lingua inglese quali «The Italian Gazette» e «The Florence Herald» 14 contribuendovi con

9 ACGV, Fondo EGC, V.2.10. La raccolta Some Plays and Players of the Past è composta sia da articoli editi sia inediti. La maggior parte dei primi fu pubblicata su «The Mask» e «Theatre Arts». 10 Si vedano i fascicoli “Corrispondenza su ‘Small Boy in Tuscany’ e ‘Some Plays and Players of the Past’” e “Re: 2 Books” nella serie «Corrispondenza» del Fondo DNL all’ACGV (in corso di schedatura). 11 I. B. S BORGI , Behind The Mask, cit., pp. 8-9. 12 Si veda il dattiloscritto di Dorothy Nevile Lees, Notes for my Recollections after coming to , ACGV, Fondo DNL, II. 4. 3. 13 Ivi . 14 «The Italian Gazette and Florence Gazette», settimanale in lingua inglese pubblicato a Roma e Firenze dal 3 novembre 1894 al 29 aprile 1915; continuazione di «The Florence Gazette» (ott. 1890 - ott. 1894). Si veda B. R IGHINI , I periodici fiorentini (1597-1950) , Firenze, Sansoni 70 Ilaria B. Sborgi

vari articoli di arte e cultura 15 , e raccoglieva materiale per i suoi due libri sulla Toscana, Scenes and Shrines in Tuscany e Tuscan Feasts and Tuscan Friends 16 . Entrambi i volumi furono pubblicati nel 1907, annus mirabilis nella sua vita professionale e personale. Fu allora che cominciò a lavorare con Craig al suo progetto per un ‘Nuovo Teatro’. I due forse si erano già incontrati nel 1906, come sembrerebbe indicare un documento del fondo Lees all’Università di Harvard 17 , mentre nel diario del 1903-1907 conservato all’Archivio Contemporaneo «A. Bon- santi» l’autrice scrive di aver conosciuto il regista nel febbraio del 1907 e come questo evento le abbia cambiato la vita («Incipit Vita Nuova») 18 . In ogni caso, al di là di quando si siano incontrati la prima volta, fu il 1907 a segnare l’inizio della loro collaborazione. Ben presto infatti Lees abbandonò tutti gli altri impegni, compreso il progetto di scrivere due libri per l’editore inglese Methuen, dedican- dosi completamente al lavoro con Craig 19 . Ciò interruppe la promettente carriera letteraria che aveva appena intrapreso ma non la sua scrittura. Durante i lunghi anni di pubblicazione del «Mask» vi contribuì con articoli, traduzioni e recensioni e scrisse anche per altri giornali e rivi- ste quali «The Florence Herald», «Pall Mall Magazine», «The Queen» e

Antiquariato 1955, pp. 294-295, 210. «The Florence Herald», poi «The Florence Herald and Ital- ian Herald», settimanale in lingua inglese pubblicato a Firenze dal 30 ottobre 1906 al 5 maggio 1917. Continuazione di «Fiorenza. Rivista dei forestieri». Si veda B. R IGHINI , op. cit ., p. 210. 15 Per esempio: D. N EVILE LEES , On the Old Names of Fiorentine Streets , «The Italian Gazette and Florence Gazette» (February 7, 1907), p. 7; I D., Tuscan Proverbs and Similes , «The Italian Gazette and Florence Gazette» (February 26, 1907), p. 7; I D., Some Animals in Flo- rentine Art , «The Italian Gazette and Florence Gazette» (March 19, 1907), p. 7. 16 D. N EVILE LEES , Scenes and Shrines in Tuscany , London, J.M. Dent 1907; I D., Tuscan Feasts and Tuscan Friends , London, Chatto & Windus 1907. 17 Si veda il fascicolo Dorothy Nevile Lees, «Recollections, first meetings with EGC in 1906», in «Lees, Dorothy Nevile. Papers relating to Edward Gordon Craig and The Mask», Houghton Library, Harvard University. Traggo l’informazione dall’inventario online del fondo (http://oasis.harvard.edu:10080/oasis/deliver/~hou00180), non ho potuto consultare il docu- mento. L’incontro tra i due alla fine del 1906 è suggerito inoltre da un’intervista a Craig, A Theatrical Idealist. Mr. Gordon Craig Interviewed , pubblicata su «The Florence Herald» del 4 dicembre 1906 e attribuita a Lees nella Bibliografia Italiana a cura di G. Isola - A. Sardelli (Gordon Craig in Italia , cit., p. 287), e dal fascicolo «Notes for my Recollections after coming to Italy» (ACGV, Fondo DNL, II 4.3) in cui Lees fa un accenno a Craig come uno dei clienti del «Literary and Foreign Office». 18 ACGV, Fondo DNL, II. 4. 1. L’annotazione si trova in fondo al diario ed è scritta al pas- sato. Non essendo datata, potrebbe essere stata fatta dall’autrice molti anni dopo l’incontro. 19 Si vedano il dattiloscritto Notes on Work with Gordon Craig and The Mask in Flo- rence , cit., e gli allegati al fascicolo «Notes for my Recollections after coming to Italy», cit. «This interval from fighting» 71

«The Christian Science Monitor», per citarne alcuni. Dopo la cessazione del periodico teatrale, questa produzione giornalistica ‘collaterale’ divenne la sua attività principale, come attestano i fascicoli della serie «Materiale a stampa» nel fondo dell’Archivio Contemporaneo, conte- nenti centinaia di ritagli di giornali e riviste per un arco temporale che va dai primi del Novecento alla metà degli anni Sessanta. 20 Lees conti- nuò inoltre a lavorare come traduttrice nonché a progettare e scrivere altri libri che tuttavia non furono mai pubblicati.21 Durante il secondo conflitto mondiale visse a Firenze. Poco dopo l’entrata dell’Italia in guerra, fu arrestata dalle autorità locali insieme a molti altri residenti stranieri. L’arresto durò solo qualche ora ma sancì quello che la guerra ormai implicava: improvvisamente, in quanto cittadina inglese, era diventata una ‘nemica’ nella sua città. Lees narra la vicenda nella monografia inedita Life Goes On , una testimonianza della guerra fatta di brani di diario, citazioni dai quotidiani dell’e- poca, appunti, ricordi personali e altrui 22 . Le singole esperienze, com- menta l’autrice nell’introduzione al volume, non sono importanti di per sé e tuttavia possono contribuire alla comprensione di quella grande ‘Storia’ di cui costituiscono lo sfondo. In Life Goes On descrive anche i mesi successivi alla liberazione di Firenze quando tra l’autunno 1944 e la primavera del 1945 lavorò per le Autorità Alleate nell’ufficio del P.W.B. (Psychological Warfare Branch), il servizio alleato di informazioni politiche e di propaganda che, oltre a occuparsi di guerra psicologica «producendo materiale pro- pagandistico per minare il morale del nemico», esercitava «il controllo sull’informazione nei territori occupati (come l’Italia)» 23 . Nel registrare

20 Si vedano i fascicoli della sottoserie «Articoli di Dorothy Nevile Lees», ACGV, Fondo DNL, III. 1. 21 Life Goes On (ACGV, Fondo DNL, II.1.1); Small Boy in Tuscany (ACGV, Fondo DNL, II.1.2 ); Living in a Tower (ACGV, Fondo DNL, II.1.4); Some Plays and Players of the Past (ACGV, Fondo EGC, V.2.10). 22 Life Goes On , cit., pp. 46, 54-58. 23 Si veda la voce «PWB» nel glossario del sito dell’Associazione Franco Fossati-Museo del fumetto e della comunicazione (consultato nel gennaio 2007). Sul ruolo del P.W.B. nei territori italiani occupati, si veda A. P IZARROSO QUINTERO , Stampa, Radio e Propaganda. Gli Alleati in Italia 1943-1946 , Milano, Franco Angeli 1989, pp. 201-221. Per quanto riguarda invece l’ambito fiorentino, si vedano V. B RANCA , Ponte . Per amore di libertà, per amore di verità , Venezia, Marsilio 1987, pp. 33-43; P. F ALLAI - P. P AOLETTI , La battaglia di Firenze , Firenze, Associazione Intercomunale n. 10 Area Fiorentina 1985, pp. 53-54. Sul lavoro di Dorothy Nevile Lees per il P.W.B., si vedano la sua ‘agenda-diario’ del 1944 e gli 72 Ilaria B. Sborgi gli eventi dell’agosto fiorentino nel suo diario del 1944, tra i bombar- damenti, i soldati tedeschi che se ne andavano e minacciavano di tor- nare, le azioni dei partigiani e l’arrivo dei militari alleati a Porta Romana, Lees scrive di aver preso il tè il 9 agosto alla Pensione Anna- lena con Christopher Lumby 24 , corrispondente del «Times» di Londra:

Felice di vederlo. Mi ha dato un pezzo di sapone ‘Lux’, un vero rega- lo! Gli ho detto che cercavo lavoro e chiesto dove secondo lui, date le mie competenze, potevo essere più utile. Mi ha risposto con il maggiore Manley e il signor Howard al PWB 25 .

Il 10 agosto, Lees annota nell’agenda di aver lavorato a un articolo di circa 1500 parole che Lumby le ha chiesto di preparare sulle sue espe- rienze di cittadina inglese durante la guerra. Lo spazio dell’11 agosto, il giorno dell’insurrezione di Firenze 26 , è significativamente vuoto mentre in quello del 12 agosto l’autrice scrive di aver incontrato Hubert Howard e che comincerà a lavorare per il P.W.B. il 14 agosto 27 . In quei giorni l’ufficio del Psychological Warfare Branch si trovava nel giardino Torrigiani, poi fu trasferito in , successiva- mente nell’edificio de «La Nazione» in Via Ricasoli 8 per stabilirsi infine in via Ricasoli 28 28 . Fu probabilmente nell’autunno del 1944, quando l’ufficio si trovava di fronte al Teatro Niccolini, che l’autrice conobbe un ufficiale indiano dell’esercito britannico responsabile dell’organizza- zione di un varietà proprio in quel teatro. Il risultato di questo incontro fu per lei una straordinaria opportunità: assistere a uno spettacolo rea- lizzato esclusivamente per le truppe indiane a Firenze, nessun altro militare degli eserciti Alleati, nessun civile, erano ammessi a vederlo. appunti dattiloscritti a essa allegati (ACGV, Fondo DNL, II. 4.10); Life Goes On , cit., pp. 459- 564; e l’opuscolo della mostra Bonsanti direttore del Vieusseux , a cura di Caterina Del Vivo (Firenze, Palazzo Corsini-Suarez, 20 aprile-20 giugno 2004), p. 6, successivamente edito in «Antologia Vieusseux», n.s., a. X, n. 30, settembre-dicembre 2004, pp. 113-138 (p. 116). Per questa ultima indicazione ringrazio Fabio Desideri. 24 Lumby, insieme ad altri inviati di giornali in lingua inglese, fu tra i primi ad attraversare l’Arno l’11 agosto 1944 per documentare l’insurrezione di Firenze. Si veda G. F RULLINI , La libe- razione di Firenze , Milano, Sperling & Kupfer Editori 1982, p. 174. 25 Si veda il giorno 9 agosto nella «Agenda-Diario 1944», cit., traduzione mia. 26 Si veda «La Nazione del Popolo», 11 agosto 1944. 27 Lees lavorò per circa un mese e mezzo come segretaria personale di Hubert Howard il quale lasciò Firenze il primo di ottobre 1944. Si vedano «Agenda-Diario 1944» e gli appunti dat- tiloscritti a essa allegati, cit. 28 Si vedano «Agenda-diario 1944» (28 ottobre) e gli appunti dattiloscritti a essa allegati, cit. «This interval from fighting» 73

Indian Theatre in War-Time descrive questa singolare esperienza a pochi passi dal Duomo, nel cuore di una città devastata dalla guerra e occupata da militari provenienti da tutte le parti del mondo. L’articolo in sé è piuttosto breve e in certi passaggi un po’enfatico e ripetitivo, e tuttavia di notevole interesse documentario sia perché ci offre una testimonianza inedita, l’unica che sono riuscita a trovare sulla perfor- mance ‘indiana’ del Niccolini, sia per come rappresenta lo spettacolo e i suoi spettatori. Sfogliando «La Nazione del Popolo» e il «Corriere di Firenze», i due quotidiani locali autorizzati dal P.W.B. e pubblicati sin dall’agosto 1944 29 , non vi è menzione dell’insolito varietà, così come non sono annunciati gli altri spettacoli per le truppe alleate che si svolgevano in città. In effetti, non avrebbe avuto senso utilizzare lo spazio limitato della carta stampata per dare notizia di eventi dai quali i civili italiani erano esclusi. Ma non vi è traccia dello spettacolo del Niccolini neanche nello «Union Jack» 30 , il quotidiano per le truppe britanniche combat- tenti in Italia che nella rubrica What’s On for Troops on Day Leave regi- stra i luoghi di ristoro (alberghi, ristoranti, club, caffè) e di intratteni- mento (cinema, teatri, concerti) per i soldati in licenza a Roma e, in alcuni numeri, anche a Firenze 31 . È grazie a questa rubrica che veniamo a conoscenza del fatto che l’Hotel Milano Terminus in via de’ Cerretani (oggi Hotel Sofitel) era il luogo di ritrovo delle truppe indiane nel capoluogo toscano, dove dalle 9 alle 19 potevano consumare pasti, leggere, scrivere e ascoltare musica;

29 «La Nazione del Popolo», il cui sottotitolo era «Organo del Comitato toscano di libera- zione nazionale», fu pubblicata a Firenze dall’11 agosto 1944 al 4 febbraio 1947. Dal 13 al 29 ago- sto 1944 il quotidiano fu sospeso dal P.W.B. Riprese a uscire nelle edicole il 30 agosto 1944 gra- zie all’intervento di Hubert Howard. Si veda V. B RANCA , op. cit ., p. 37. Dal 4 luglio 1946, in seguito allo scioglimento del C.T.L.N., cessò di esserne l’organo e prese il sottotitolo di «Quoti- diano di informazione». Gli successe il «Mattino dell’Italia centrale». Si vedano B. R IGHINI , op. cit ., p. 355, e La Nazione del Popolo. Organo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (11 agosto 1944 - 3 luglio 1946) , a cura di Pier Luigi Ballini, Firenze, 1998, vol. I. Il «Corriere di Firenze» fu pubblicato nel capoluogo toscano dal 23 agosto 1944 al 24 ottobre dello stesso anno. All’inizio fu «a cura del P.W.B.», poi «autorizzato dal P.W.B». Successe al «Corriere Alleato» (quotidiano del P.W.B. stampato a Firenze dall’8 al 20 agosto 1944 in una tipografia mobile mili- tare), e fu seguito dal «Corriere del Mattino» (25 ottobre 1944-17-18 giugno 1945). Si vedano B. R IGHINI , op. cit . (pp. 149, 150, 152), V. B RANCA , op. cit ., e A. P IZARROSO QUINTERO , op. cit . 30 «Union Jack. The newspaper for the British fighting forces» (Italy daily edition; West- ern Italy daily edition; Western Italy edition; n. 1- 535: 7/11/1943-7/6/1945). 31 I numeri in questione sono quelli del 20 settembre, 16 ottobre, 19 ottobre, 30 ottobre, 6 novembre e 13 novembre 1944. 74 Ilaria B. Sborgi o che l’attuale cinema Odeon era stato requisito e rinominato dagli Alleati «ENSA Garrison Theatre». Di queste ‘trasformazioni’ del tes- suto urbano fiorentino troviamo eco nelle pagine di Lees. Nella sua agenda ad esempio annota come Doney era diventato il ritrovo dei mili- tari scozzesi mentre i locali del British Institute in Palazzo Antinori si erano trasformati nel «Welfare Centre» 32 . Eppure sullo spettacolo del Niccolini non troviamo niente, e non ci aiutano neanche i libri che documentano la storia locale tra il 1944 e il 1945 – né quelli italiani sulla guerra e la liberazione di Firenze né la sto- ria ufficiale dei militari indiani in Italia durante la seconda guerra mondiale 33 . Nessuna traccia inoltre è disponibile nei saggi che trattano la storia del Teatro Niccolini o nel fondo documentario a esso dedicato presso l’Archivio Storico del Comune di Firenze 34 . Tale fondo arriva infatti al 1932 e, purtroppo, nessuno sa dove potrebbero essere, se esi- stono ancora, le carte relative all’attività del teatro dagli anni Trenta fino alla sua ultima gestione negli anni Ottanta 35 . A oggi, possiamo dunque considerare Indian Theatre l’unica fonte di una memoria quasi perduta. L’episodio che narra è certamente marginale rispetto alla grande Storia nel quale va contestualizzato, ciò nondimeno

32 Si vedano le annotazioni di Lees per l’11 novembre in «Agenda-Diario 1944», cit. 33 Sulla seconda guerra mondiale a Firenze, si vedano i saggi di M. C ARNIANI - P. P AO - LETTI , Firenze guerra & alluvione: 4 agosto 1944-4 novembre 1966 , Firenze, Becocci 1991; P. F ALLAI - P. P AOLETTI , La battaglia di Firenze , cit.; U. C APPELLETTI , Firenze in Guerra. Cronache degli anni 1940-1945 , Prato, Edizioni del Palazzo 1984; G. F RULLINI , La liberazione di Firenze , Milano, Sperling & Kupfer Editori 1982, per citarne alcuni. Sui militari indiani in Italia durante la seconda guerra mondiale, si veda invece il volume di D. P AL , The campaign in Italy: 1943-1945 , Delhi, 1960. 34 Sul Teatro Niccolini, si vedano I teatri storici della Toscana , a cura di E.G. Zorzi - L. Zangheri, vol. 8, Venezia, Marsilio 2000, pp. 93-122; P. L UCCHESINI , I teatri di Firenze , Roma, Newton Compton Editori 1991, pp. 83-102; I teatri di Firenze , a cura di P. Roselli - G.C. Romby - O. Fantozzi Micali, Firenze, Bonechi 1978, pp. 151-155. 35 Nel 1934, l’Accademia degli Infuocati vendette il Niccolini alla famiglia Ghezzi che fece una serie di lavori per adibirlo a cinematografo. Dal 1935 alla fine degli anni Settanta è stato infatti usato principalmente come cinema. Ho contattato la famiglia Ghezzi ma non avevano carte rela- tive al teatro per il periodo ‘mancante’, né notizie su dove potessero essere. Nel 1942, tuttavia, il Niccolini è passato in gestione all’Ente Teatrale Italiano il cui centro documentario a Firenze è oggi la Biblioteca Spadoni presso il . Allo stato attuale, mi hanno detto di non aver niente sul Niccolini ma, dato che hanno ancora molto materiale da inventariare, credo che si possa presumibilmente supporre (e sperare) che alcune delle carte del teatro tra gli anni Trenta e gli anni Ottanta siano conservate proprio lì. Ringrazio Maria Cassola dell’Archivio Storico del Comune di Firenze, Luigi Previti della Soprintendenza Archivistica per la Toscana e Caterina Del Vivo del- l’Archivio Storico del Gabinetto Vieusseux per i loro suggerimenti in proposito. «This interval from fighting» 75 ci restituisce una preziosa testimonianza della seconda guerra mondiale a Firenze, vista in un momento di tregua dalle armi in cui coloro che pre- sto sarebbero tornati al fronte cercavano qualche ora di svago. L’articolo comincia con una riflessione sulla ‘teatralità’ del con- flitto bellico. «Durante i quattro o cinque anni prima dell’autunno 1944», ricorda Lees, «l’unico ‘teatro’ che si era visto, o di cui si era sen- tito parlare a Firenze, era il ‘teatro di guerra’» 36 . Tutti vi erano coin- volti come spettatori e talvolta, che lo volessero o meno, come protago- nisti. Il teatro nel suo significato di ‘arte drammatica’ era scomparso, commenta Lees, ma al suo posto vi erano fin troppe situazioni che pote- vano essere descritte con il termine ‘dramma’, sia in quanto «serie di eventi reali legati da unità e interesse drammatico» sia come «serie di eventi che volgono verso una catastrofe» 37 . Con la liberazione della città, la vita riprese tra mille problemi. Vi era il pericolo delle mine tedesche, il rischio del crollo dei palazzi bom- bardati, la mancanza d’acqua, luce, viveri e mezzi di trasporto, il numero crescente di sfollati. Vi erano da chiarire le dinamiche di ordine burocratico e politico tra l’A.M.G. (Allied Military Government), il C.T.L.N. (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) e la nuova ammi- nistrazione comunale fiorentina 38 . Le rubriche di cronaca locale ne «La Nazione del Popolo» e nel «Corriere di Firenze» registrano la graduale ripresa della città non solo dal punto di vista delle infrastrutture e dei generi di prima necessità 39 ma anche dal punto di vista culturale 40 .

36 Indian Theatre in War-Time. Some Notes on Performances in Florence after the Allied Occupation (ACGV, Fondo EGC, V.2.8), p. 1. Da ora in poi, le citazioni saranno tutte da que- sta versione dell’articolo di Lees (1946). Le traduzioni dei brani citati sono mie. 37 Indian Theatre , p. 2. 38 Si vedano R. A BSALOM , Gli Alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-1945) , Firenze, Olschki 1988 - 2001 (rispettivamente i volumi 1, 2.1 e 2.2.), e La Resistenza e gli alleati in Toscana: i CLN della Toscana nei rapporti col Governo militare alleato e col Governo del- l’Italia liberata (Atti del primo convegno di storia della Resistenza in Toscana tenuto nel ven- tesimo anniversario della costituzione dei CLN: Firenze, Palazzo Riccardi-, 29-30 settembre, 1 ottobre 1963), Firenze, 1964. Per un’analisi generale della politica alleata in Italia, si veda D. W. E LLWOOD , L’alleato nemico. Politica dell’occupazione anglo-americana in Italia 1943-1946 , Milano, Feltrinelli 1977. 39 Si vedano per esempio le comunicazioni nel primo numero del «Corriere di Firenze» (23 agosto 1944, p. 2) su Disposizioni del Governo Militare Alleato (circa il coprifuoco, l’attra- versamento dell’Arno, etc.), Una commissione per la rimozione delle macerie , Alimentari e sapone per il mese d’Agosto ; oppure l’articolo L’acqua potabile e l’energia elettrica nel «Cor- riere di Firenze», 26 agosto 1944, p. 2. 40 Si veda l’articolo Ripresa musicale a Firenze , «Corriere di Firenze», 29 agosto 1944, p. 2, in cui la città è descritta come «metropoli musicale» grazie al Maggio Fiorentino e ai con- 76 Ilaria B. Sborgi

Gli Alleati contribuirono ai vari aspetti di tale ripresa e, per quanto riguarda i concerti di musica sinfonica e le opere liriche, ricorda Lees all’inizio di Indian Theatre , dettero un sostegno sia economico sia pratico:

Si cominciò ad allestire regolarmente performance d’opera lirica al , dato che il Teatro Comunale, generalmente adibito a questi spettacoli, era stato severamente danneggiato dai bombarda- menti […] I musicisti della famosa orchestra erano sparpagliati qua e là […] mancava quasi tutto l’occorrente. Gli addobbi, spartiti, stru- menti e costumi che non erano andati distrutti erano nascosti in varie parti della città e dovevano quindi essere recuperati e faticosamente trasportati su dei carretti 41 .

Fu così che tra l’autunno del 1944 e la primavera del 1945, mentre si combatteva al fronte non lontano dalla città, Firenze divenne «un cen- tro attivo di musica da camera, sinfonica e di opera lirica» 42 . Scor- rendo le pagine dei suddetti quotidiani, si evince inoltre una variegata programmazione teatrale e cinematografica. Allo stesso tempo, come abbiamo visto, vi erano in città una serie di attività culturali e ricreative non menzionate nelle pagine de «La Nazione» e del «Corriere». Era necessario, ricorda Lees, «organizzare momenti di svago per i soldati in licenza e alcuni cinema e teatri furono requisiti all’uopo. L’E.N.Z.A. (sic ) e altre organizzazioni Alleate si misero subito al lavoro» 43 . certi nella Sala Bianca di . «Non ci fa dunque meraviglia», prosegue l’articolo, «che fra i primi atti degli Alleati, in favore della vita della città nostra, sia l’interessamento per l’arte, per l’attività fiorentina nell’ambito del teatro e della musica». Sempre per quanto riguarda la vita culturale cittadina, si veda l’annuncio della riapertura del servizio prestito del Gabinetto Vieusseux ne «La Nazione del Popolo», 6-7 settembre 1944, p. 2. Il servizio era infatti ripreso il 1 settembre con orario ridotto (10-12) a causa della mancanza di luce elettrica (L. D ESIDERI , Il Gabinetto G.P. Vieusseux , in Palazzo Strozzi , Firenze, Nardini 2005). 41 Indian Theatre , p. 3. Il «Corriere di Firenze», in quanto organo d’informazione delle Autorità Alleate, sottolinea ripetutamente il loro contributo alla ripresa culturale cittadina (si veda per esempio l’articolo Il primo concerto sinfonico nel Salone dei Cinquecento nel «Cor- riere» del 21/9/1944), nonché pubblicizza i concerti organizzati in onore delle forze armate alleate ( Il concerto vocale e strumentale nella sala di Luca Giordano , «Corriere di Firenze», 12/9/1944, p. 2; Il concerto al Cappellone degli Spagnoli , «Corriere di Firenze», 15/9/1944, p. 2). 42 Indian Theatre , p. 3. 43 Ivi , p. 3. L’E.N.S.A. (Entertainments National Service Association) fu fondata nel 1939 da Basil Dean per fornire intrattenimento alle truppe inglesi durante la seconda guerra mondiale e operava come parte del N.A.A.F.I. (Navy, Army and Air Force Institutes), l’organizzazione governativa che tuttora si occupa degli aspetti ricreativi per i militari britannici e le loro fami- glie (club, ristoranti, negozi, supermercati, etc.). «This interval from fighting» 77

Dopo aver brevemente delineato lo scenario culturale fiorentino durante l’occupazione, l’autrice ci porta con sé allo spettacolo per mili- tari indiani al Niccolini:

Per alcune settimane durante quella stagione, a Firenze vi era un inte- ressante e insolito teatro […] Le performance erano giornaliere e avve- nivano la mattina. Erano gratuite per tutti i militari indiani e riservate esclusivamente a loro. Una mattina, alle 11.30 circa, ho assistito allo spettacolo per la prima volta; era una giornata grigia e umida 44 .

Lees non ci fornisce una data precisa, possiamo però dire che per ‘stagione’ intendeva il periodo dall’autunno del 1944 alla primavera del 1945, e che ha assistito allo spettacolo una mattina grigia e piovosa. Pro- cedendo per eliminazione si può anche supporre che esso sia avvenuto tra il settembre e l’ottobre del 1944, perché fino al 26 ottobre non vi è alcuna menzione del Niccolini nei due quotidiani locali, né come teatro né come cinema, mentre già dalla fine di settembre gli stessi giornali annunciano le attività di altri cinema e teatri fiorentini 45 . Questo ‘silen- zio’ ci permette di ipotizzare che durante il suddetto periodo il teatro sia stato requisito dagli Alleati a scopo ricreativo 46 .

44 Indian Theatre , pp. 3-4. 45 Si vedano il «Corriere del Mattino», 26 ottobre 1944, p. 2, in cui si annunciano due rap- presentazioni del testo «dugentesco» Santo Francesco al Teatro Niccolini il 28 e 29 ottobre; e «La Nazione del Popolo», 27 ottobre 1944, p. 2, che annuncia lo stesso spettacolo per l’indo- mani. Per quanto riguarda la ripresa di altri cinema e teatri si vedano, «La Nazione del Popolo», 23 settembre 1944, p. 2, sui «superspettacoli teatrali continuati» al Teatro Nazionale dalle 13 alle 20, oppure il «Corriere del Mattino», 28 settembre 1944, p. 4, sulla riapertura, «per l’attivo interessamento del P.W.B.», del Supercinema in Via dei Cimatori. Consultando il volume di Dharm Pal, The campaign in Italy: 1943-1945 , cit., ho riscontrato che l’VIII Divi- sione Indiana è passata da Firenze e che i militari della XVII e della XXI brigata sono stati tra i primi soldati alleati a entrare in città nell’agosto del 1944. Purtroppo non sono riuscita a veri- ficare quanto tempo siano rimasti a Firenze, né se si siano alternati con altre brigate indiane, o se magari facessero capo a Firenze quando erano in licenza dal fronte. La loro presenza in città è attestata dalla occasionale rubrica fiorentina nello «Union Jack» sopra citata. Ho consultato inoltre il sito internet degli Archivi Nazionali Britannici http://www.nationalarchives.gov.uk/ e letto (in fotocopia) il fascicolo «Italy: report on operations of 8th Indian Division 1943 Oct.-1945 June» (War Cabinet and Cabinet Office: Historical Section: Archivist and Librarian Files: AL Series CAB 106/587) che conferma i dati rilevati nel volume di Dharm Pal ma non aggiunge altre informazioni sulla permanenza dei militari indiani a Firenze. 46 Un altro elemento che potrebbe sostenere questa ipotesi è l’ultimo paragrafo di Indian Theatre . Nella versione dell’aprile 1946, Lees scrive che è passato «più di un anno» da quando ha visto lo spettacolo, mentre nella versione del 1960 scrive che sono passati «16 anni». In entrambi i casi i ‘conti’ sarebbero compatibili con il periodo tra settembre e ottobre del 1944. 78 Ilaria B. Sborgi

Lees aveva invitato a vedere la performance una sua amica inglese che aveva vissuto a lungo in India, e la giovane figlia di lei 47 . Erano le uniche europee, le uniche donne presenti e, per non dare troppo nel- l’occhio, si sedettero in disparte in un palco. Il teatro era pieno, ricorda l’autrice, «certamente nei suoi tre secoli di vita non era mai stato uti- lizzato per spettacoli e spettatori così esotici» 48 . Nel descrivere il pub- blico militare indiano, Lees si avvale della retorica della rappresenta- zione del diverso:

uomini dalla carnagione bruna, rasati o con la barba, con occhi scu- ri e denti bianchissimi […] che […] di pattuglia e in situazioni ad alto rischio, si erano introdotti di notte in campo nemico e con terribile velocità e precisione avevano tagliato gole e mozzato teste 49 .

La fama di questi soldati li precedeva, alimentata sia dal retaggio dell’immaginario coloniale britannico sia dai racconti delle loro imprese nei quotidiani militari come lo «Union Jack». Eppure ciò che prevale nella descrizione degli spettatori del Nicco- lini è l’impatto visivo della loro diversità:

L’effetto totale della sala e del pubblico era buio e fumoso: le unifor- mi dei soldati erano di colore grigio-marrone; c’erano file e file di turbanti neri, berretti dello stesso colore, e volti dalla pelle scura, tut- ti visti, dato che la maggior parte dei soldati stava fumando, attra- verso una densa coltre bluastra 50 .

Lees usa aggettivi che denotano in senso pittorico la scena: ‘dun’, ‘dim’, ‘dusky’ e ‘dark’ si riferiscono tutti alla stessa tonalità di colore scuro, opaco, privo di luce. Sinonimia e allitterazione rafforzano la descrizione. È un quadro in netto contrasto con il suo contesto se pensiamo agli storici interni del Niccolini, tanto che non esitiamo a crederle quando afferma che quel pubblico era insolito, fuori dal- l’ordinario.

Sebbene appaia strano che non vi sia alcuna menzione dello spettacolo nel diario dell’autrice di quei mesi, non sembra tuttavia sufficiente a costituire una ‘prova’ contraria. 47 Purtroppo non cita i loro nomi e quindi non è stato possibile identificare le due donne. 48 Indian Theatre , p. 4. 49 Ibid . 50 Ibid . «This interval from fighting» 79

Il passaggio successivo, dall’aspetto dei militari alla loro specificità culturale, è breve. Non si tratta soltanto di una differenza fisica, materiale:

Erano seduti lì, a riposo per qualche ora: file serrate di figure rilas- sate, di teste […] piene di pensieri indiani, prodotti di un ambiente indiano – pensieri e ricordi di montagne e pianure, di grandi città e sperduti villaggi, di cose infinitamente distanti dall’Italia, pensieri che scorrevano nella loro mente sotto forma di immagini, o venivano articolati in parole, del tutto alieni rispetto al contesto in cui adesso si trovavano 51 .

Se i soldati indiani sono diversi, lo è anche per loro lo scenario europeo. L’esperienza del teatro, infatti, non è soltanto una pausa dalla guerra. Le danze, le canzoni, i dialoghi della performance , commenta l’autrice, permettono agli spettatori di connettersi con quello che hanno lasciato dietro di sé, di ritrovare «sul palco illuminato […] un po’ del colore, la musica e il movimento dell’India» 52 . L’intervallo dai combat- timenti coincide per loro con una momentanea sospensione dall’essere ‘altrove’, lontanissimi da casa. Lo spettacolo al Niccolini, ricorda Lees, consisteva in un varietà composito in cui i numeri si susseguivano uno dopo l’altro: giocolieri, brevi interludi comici, danze e canzoni 53 . Su di un lato del palcoscenico c’era un’orchestra di musicisti indiani che suonavano i loro strumenti tradizionali. Il pubblico applaudiva entusiasta, talvolta scoppiando in fragorose risate. Evidentemente, commenta l’autrice, alcune interpre- tazioni musicali e alcune farse erano assolutamente comiche per gli spettatori, ma «per coloro che non potevano seguire i dialoghi o i testi delle canzoni […] i numeri più belli erano le danze» 54 . Le «ragazze» danzanti indossavano «costumi colorati […] copricapo luccicanti di gioielli e ghirlande fiorite». Le loro mani si muovevano squi-

51 Ivi , p. 5. 52 Ivi , p. 4. 53 È possibile che lo spettacolo mettesse in scena, almeno in parte, i miti di Rama e Krishna secondo l’antica tradizione teatrale indiana e che Lees, non comprendendo la lingua e non cono- scendo questa tradizione in modo approfondito, non si rendesse conto di ciò e dunque descri- vesse la performance come un semplice susseguirsi di numeri. Ringrazio Swami Anusandhana per questo spunto. 54 Ivi, p. 5. 80 Ilaria B. Sborgi sitamente e i loro volti erano «dipinti per assomigliare a delle bellissime maschere. L’illusione era completa. Nessuno, guardandole, a meno che non conoscesse la verità, avrebbe potuto pensare che fossero uomini» 55 . Eppure non c’era neanche una donna, si trattava di una «compagnia mili- tare di guerra» fatta solo di uomini. Anche se per qualche ora gli spetta- tori erano rapiti nell’illusione di essere tornati a casa, la guerra era ben presente nelle loro uniformi grigio-marroni o nell’avvicendarsi degli attori quando qualcuno di essi, anche loro soldati, cadeva in battaglia 56 . A questo punto nel racconto, Lees apre un’interessante parentesi in cui si riallaccia al suo lavoro con Craig trenta anni prima. I movimenti aggraziati dei danzatori, soprattutto i gesti delle loro mani, le ricorda- vano le immagini sacre delle divinità indiane e, in particolare, un arti- colo dello studioso anglo-cingalese Ananda Coomaraswamy pubblicato in «The Mask» nel 1913. Il pezzo si intitolava Notes on Indian Drama- tic Technique (Note sulla tecnica drammatica indiana) 57 e trattava appunto l’istruzione degli attori indiani secondo una lunga tradizione per cui ogni gesto, espressione e movimento erano codificati:

I movimenti di un attore indiano non sono determinati casualmente dalle sue emozioni personali; è troppo allenato per fare ciò […] quan- do recita non c’è niente di naturale […] Anche il movimento di un solo dito, il sollevarsi di un sopracciglio, la direzione del suo sguardo […] sono definiti nei libri di tecnica drammatica, o nella lunga tradizione tramandata oralmente dai maestri agli allievi. Non solo, quasi gli stessi gesti sono usati in tutta l’India per esprimere le stesse idee, e molti di questi, forse tutti, erano già in uso duemila anni fa. C’è infatti una connessione strettissima tra questi movimenti e quelli delle immagini degli dei e degli angeli. Vari gesti… chiamati mudra… hanno un significato sacro […] esprimono le intenzioni dell’anima in un linguaggio convenzionale 58 .

L’autrice cita vari brani del saggio di Coomaraswamy, utilizzandolo come chiave interpretativa dello spettacolo cui assistette al Teatro

55 Ivi, pp. 5-6. 56 Ivi , p. 8. 57 A. C OOMARASWAMY , Notes on Indian Dramatic Technique , «The Mask», Vol. VI, 1913, pp. 109-128. Per ulteriori informazioni sullo storico dell’arte e studioso della cultura indiana, si veda la voce Ananda Coomaraswamy in Encyclopedia of Post-Colonial Literatures in English , E. Benson and L.W. Conolly (eds.), vol. I, London, Routledge 1994. 58 Brano dall’articolo di Coomaraswamy citato in Indian Theatre , p. 6. «This interval from fighting» 81

Niccolini. Le parole dello studioso le servono non solo per compren- dere, almeno in parte, ciò che ha visto, ma per aiutare chi legge Indian Theatre in War-Time ad andare oltre l’impatto visivo del ‘diverso’ nel suo racconto. Se infatti si fosse limitata a descrivere le danze, i colori, i tessuti luccicanti, i movimenti e gli accompagnamenti musicali ai canti e ai dialoghi in una lingua per lei sconosciuta, avrebbe resti- tuito ai suoi lettori e alle sue lettrici niente di più di una rappresenta- zione ‘esotica’ nel centro di Firenze, alla fine della seconda guerra mondiale. Invece, il suo tentativo di comprendere, attraverso gli stru- menti conoscitivi che aveva a disposizione grazie alla sua lunga espe- rienza nell’ambito della critica teatrale, ci porta oltre l’impatto visivo dello spettacolo e degli spettatori del Niccolini per introdurci alla loro specificità culturale. I soldati-attori, osserva Lees, probabilmente erano a conoscenza delle tecniche drammatiche in quanto spettatori, ma certamente non avevano avuto il lungo addestramento di cui parla Coomaraswamy nel suo saggio. Tuttavia, su quel palcoscenico vuoto, riuscivano a trasmet- tere qualcosa di chiaramente ‘intelligibile’ per il pubblico dei loro com- militoni. Anche se erano per lo più volontari che l’ufficiale-regista aveva istruito appositamente per lo spettacolo, avevano trascorso quasi tutti i loro momenti liberi a fare le prove e, insieme ai costumi, le stoffe e gli strumenti che venivano direttamente dall’India, erano riusciti a creare una performance convincente. Siamo in presenza di un altro codice culturale, sembra dirci l’autrice, con una sua tradizione millenaria decifrabile solo per chi ne conosce il linguaggio. Indian Theatre si conclude con un breve ritratto dell’ufficiale-regi- sta e il suo commiato dal pubblico alla fine della performance 59 . «È pas- sato più di un anno da allora», commenta Lees nella versione del 1946, «ma quando passo davanti al Niccolini certe volte penso a loro, a quei Sepoy e Ghurka che riempivano il teatro negli intervalli della battaglia su per l’Italia» 60 . Di quel loro momentaneo ‘ritorno’ a casa nell’atmo- sfera buia e fumosa del Teatro Niccolini, il suo articolo ci offre una trac- cia. Seguendola abbiamo perlustrato uno dei possibili intrecci docu- mentari tra i fondi Craig e Lees dell’Archivio Contemporaneo del Gabi-

59 «Non sappiamo da dove venite, non sappiamo dove andrete. Speriamo che vi sia piaciuto il nostro spettacolo e, ovunque andrete, vi auguriamo il meglio» ( Indian Theatre , p. 8). 60 Ivi, p. 9. 82 Ilaria B. Sborgi netto Vieusseux, interrogato le biblioteche e gli archivi di vari istituti fiorentini alla ricerca delle carte ‘scomparse’ del Teatro Niccolini 61 , assistito a uno spettacolo per soli militari indiani durante la seconda guerra mondiale a Firenze, e intravisto la vita culturale del periodo dalla prospettiva di una colta cittadina inglese, fiorentina d’adozione, che lavorava per il Governo Militare Alleato 62 .

61 Archivio Storico del Comune di Firenze, Archivio di Stato, Biblioteca Nazionale Cen- trale, Biblioteca Comunale Centrale, Gabinetto Vieusseux, Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Biblioteca Spadoni. 62 Per un interessante resoconto della vita culturale fiorentina di alcuni intellettuali italiani, si veda Carlo Levi. Gli anni fiorentini 1941-1945 , catalogo della mostra, Roma, Donzelli 2003.