Donizetti, Da Una Vita Di Gioie E Di Lutti Il Genio Nel Sorriso O Nella Tragedia. “Maria Stuarda” a Roma
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ANNO XXII NUMERO 72 - PAG IX IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 25 E DOMENICA 26 MARZO 2017 IL NICHILISTA DELL’OPERA Donizetti, da una vita di gioie e di lutti il genio nel sorriso o nella tragedia. “Maria Stuarda” a Roma ribile in cui perde moglie e figlio, si fa di Marina Valensise strada l’idea che il mondo sia solo l’esi- stenza del divenire, le cose sono cadu- rge una nuova biografia di Donizet- che e nessun assoluto è possibile. La Uti, dopo quella dottissima dell’ame- morte come salvezza eterna, tipica del- ricano William Ashbrook apparsa più l’estetica romantica, si tramuta in nul- di trent’anni fa in due volumi (Edt 1986). lità delle cose. E’ questa l’essenza del- I tempi sembrano propizi. A Roma, al l’ultimo Donizetti. E infatti cosa dice al- Teatro dell’Opera, va in scena Maria la fine la protagonista del Roberto Deve- Stuarda, tragedia lirica in due atti del reux? ‘Non regno, non vivo’. Siamo al- 1834 su libretto di Giuseppe Bardari, l’annichilimento dell’eroina principale, con la direzione di Paolo Arrivabeni, la priva ormai dell’apoteosi della morte, regia di Andrea De Rosa, che ha già presente nell’Anna Bolena o in Maria messo in scena la tragedia ispiratrice di Stuarda… Associare Donizetti a Mahler Schiller, e due stelle del belcanto come vuol dire riconoscere anche in lui la fi- Marina Rebeka e Carmela Remigio. A ne dell’assoluto, la morte della tradizio- Londra, tra i finalisti degli Internatio- ne. Mahler segna la fine della tonalità: nal Opera Awards figura nella sezione la musica si fa malata, il mondo crolla, “opera riscoperta” l’Olivo e Pasquale, però esiste una speranza finale, in Der melodramma giocoso del 1827 su libret- Abschied l’amico che torna dice: sto tor- to di Jacopo Ferretti, riproposto nella nando per morire nel luogo della mia recente produzione per il Festival Do- origine, dove l’erba sarà sempre ver- nizetti di Bergamo, diretto da France- de… Cosa che manca nelle romanze di sco Micheli, con regia dell’Opera Alche- Donizetti dove il protagonista della mica, alias due siciliani sulfurei come Canzone moresca, per esempio, cerca in- Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi, e l’Or- vano l’amata fuggita: ‘Il mio grido getto chestra dell’Accademia Teatro alla Sca- ai venti, e il suon dei miei lamenti, fino la diretta da Federico Maria Sardelli ad ella mai non giunge, la mia donna, (dvd disponibile). l’hai tu veduta?’. E l’amata fuggita è il Tempi dunque ultra propizi. Metterei luogo in cui le contraddizioni si risolvo- subito in cantiere una sceneggiatura no. Rappresenta il crollo dei valori del- per un biopic in 3D e stereofonia, con la tradizione nella quale era possibile Era nato poverissimo in un Il baritono Bruno Taddia tugurio “ov’ombra di luce mai accosterà Donizetti a Mahler. Il penetrò”, quinto di sei figli di un regista De Rosa e la dimensione padre gretto e insopportabile leopardiana del compositore musica, viaggi, amori, gioie, lutti, morti una salvezza”. e malattie nell’Italia del primo Ottocen- L’idea di un Donizetti protonichilista to, che sarà pure stata solo un’espres- seduce anche Andrea De Rosa, che ha sione geografica, come diceva Metterni- diretto Bruno Taddia nel Don Pasqua- ch, ma pullulante di geni. Urge riscopri- le al Ravenna Festival. “E’ vero, c’è re la romanzesca vita di Gaetano Doni- qualcosa di profondamente nichilista zetti, compositore nato austriaco nel in Donizetti”, ammette il regista campa- 1797 a Bergamo, esploso a Roma a 24 no che ha esordito con Mario Martone anni con la Zoraide di Granata, consa- e da anni persegue la sua ricerca. crato a Napoli nei teatri dei Borbone “Niente di più comico dell’infelicità per trionfare a Milano con l’Anna Bole- umana”, diceva Samuel Beckett. E il na nel 1830, e poi a Londra e a Parigi, suo è un teatro nichilista in quanto co- prima di imporsi alla Scala, dove fu a mico, che mostra il nonsense di tutto. lungo snobbato, farsi arruolare dalla Donizetti, a volte, con una sua mitezza corte imperiale di Vienna e tornare a tutta italiana sembra portarci nello morire nel natio borgo a 50 anni, vedo- stesso territorio. Nel Don Pasquale c’è vo disperato e solo, completamente pa- una scena veramente straziante nella ralizzato e semi rincitrullito dopo lunga sua apparente comicità: quando il pro- e lugubre degenza in un ospedale di tagonista, nel secondo atto, compare di Ivry, alle porte di Parigi, per un male fronte a Norina che lo sbeffeggia, lo atroce e infamante come la sifilide. Marina Rebeka e Carmela Remigio in un momento della “Maria Stuarda” in scena in questi giorni all’Opera di Roma. In basso un dagherrotipo con l’anziano Donizetti e il nipote Andrea maltratta, e alla fine lo schiaffeggia. E’ Simbolo della miseria premiata dal uno schiaffo terribile, umiliante e com- genio, assistita dalla virtù ma non dal- comporre / Un fulmine son io”. sopra la testa, che gli toccava da un’o- ti scrive Maria Stuarda, altro parto ve- pera fu riadattata a un nuovo testo, il movente al tempo tesso, ché mette il la fortuna, Donizetti visse un romanzo E un vero fulmine sarà Donizetti recchia all’altra attraversando sopra il loce, ma dall’esito controverso. Uscito Buondelmonte, per il San Carlo prima di vecchio Don Pasquale di fronte a un ci- d’appendice dove il comico si unisce al compositore, che scrisse più di settanta cervello, il fatto sta che dopo sette gior- dal radar Felice Romani, il libretto vie- venir riproposta alla Scala dalla Mali- nismo e a una cattiveria, di cui lui, che tragico e irradia su tutto la sua luce bef- opere e vari capolavori a tempo di re- ni di vita, gli cominciarono le convulsio- ne affidato a un esordiente calabrese bran, incurante di ogni censura. “Io son pure ha sbagliato tutto, paga un prezzo farda. Era nato poverissimo in un tugu- cord. Mayr, infatti non solo era un gran- ni storceva gli occhi, non mangiava più, diciassettenne. Il poveretto, Giuseppe qui per la musica e non per garantire eccessivo, e viene punito senza pietà”. rio interrato nel Borgo Canale “ov’om- de conoscitore delle musiche di Haydn, e dopo poca vita tirata a stenti nell’im- Bardari, studente in Legge, viene con- la poesia alle autorità”, si difese Doni- Anche De Rosa è incline a riconoscere bra di luce mai penetrò”, quinto di sei Mozart e Beethoven, ma era anche ope- boccarci con cucchiaro il latte, stette vocato dal censore reale per modifica- zetti, osteggiato dall’oscurantismo napo- una dimensione leopardiana in Doni- figli di un padre gretto e insopportabi- rista. Sotto la sua guida, Donizetti com- due giorni a bocca chiusa e morì: me- re il testo, dopo lo scontro clamoroso letano, e però deciso a offrire drammi zetti: “La forza più grande è la gioia di le, tessitore di seta o forse sarto, che fi- pone quindici quartetti per archi, tra il glio così, che avere un ragazzo guasto da tra Giuseppina Ronzi De Begnis (Maria a tinte forti e alta intensità. vivere: esiste una vitalità nella poesia nirà custode e portiere al Monte dei Pa- 1817 e il 1821, e impara a scrivere velo- malattia, poiché dicono che se guariva, Stuarda) e Anna Del Sere (Elisabetta), Ecco allora, che oltre la musica, urge che si scontra di continuo con la consta- schi, senza mai smettere di affliggere e cissimamente. A Bergamo, come in ogni per lo meno sarebbe rimasto storpio”. che se le diedero di santa ragione du- riscoprire i sogni, i tormenti, i pensie- tazione dell’inutilità, del nonsenso, del- sminuire quel figlio prodigio, aitante, città d’Italia, si coltivava l’opera. E se Ashbrook e i medici da lui consulta- rante la prova con l’orchestra. Nell’in- ri di Donizetti, il più fecondo, gioioso, la vanità del tutto. Ma la vanita non è generoso e di buon carattere che così ri- esistevano solo due teatri, il Riccardi e ti hanno diagnosticato che Donizetti vettiva alla fine del primo atto dove Ma- versatile degli operisti italiani, che fu mai una premessa: viene sbattuta in fac- corderà il suo dramma intimo: “E sic- il Sociale, circolavano tanti di quei te- contrasse il primo stadio dell’infezione ria Stuarda insulta la cugina Elisabetta romantico in regola coi tempi, epicureo cia solo alla fine, proprio perché quan- come gufo presi il mio volo, portando a nori, tutti aureolati di ricchezza e pre- venerea poco prima di sposarsi, e la d’Inghilterra, che la degna di una visi- vitalista, amante seriale e generoso, an- to più ami la vita, tanto più questa con- me steso or tristo or felice presagio, non stigio, da invogliare i talenti in cerca di trasmise subito alla moglie, come dimo- ta in carcere, la Ronzi era stata talmen- che quando la vita gli fu agra, piena di statazione diventa dolorosa. L’amore incoraggiato dal mio povero padre che riscatto. stra il parto prematuro del bimbo te convincente che la Del Sere prese le angherie, lutti, disperazione, tre figli per la vita porta alla constatazione del- ripeteami sempre, è impossibile che tu Spinto da Mayr, a diciotto anni Doni- malformato. Ma intanto l’impresario sue parole come un’offesa personale. morti in fasce, l’adorata moglie di cole- la vanità delle cose”. scriva, che tu vada a Napoli, che tu va- zetti parte per Bologna per studiare con Barbaja incalza e il lavoro preme. Di- “Figlia impura di Bolena / Parli tu di ra, dopo nove anni di matrimonio, e fu- Quanto al conflitto passionale tra le da a Vienna”.