La valle del Lambro da a Merone Troppe volte, attratti come siamo da ciò che è lontano, Possibilmente esotico e fuori dalla nostra esperienza quotidiana, siamo portati a trascurare ciò che abbiamo a portata di mano e di vista, per poi trovarci, tra la sorpresa e l'incredulità, ad ammirare uno scorcio, un panorama, un angolo di natura dietro casa, che, chissà perché, non avevamo mai notato. La è certamente terra di industrie, di artigianato di prestigio internazionale, di terziario avanzato, ma, e ce lo dimentichiamo troppo spesso, è anche una terra che presenta elementi naturali e umani ricchi di attrattiva e di fascino; certo, si tratta di un fascino tutto particolare, molto discreto, ben intonato, insomma, con il carattere degli stessi brianzoli, dediti al lavoro, anche troppo secondo alcuni, ma poco propensi all'esaltazione di sé e dei propri meriti. Paradossalmente, questa Brianza che lavora, che produce come poche altre zone d'Europa, fa fatica a darsi un'immagine che vada al di là della fabbrica e della pur alta qualità dei

suoi prodotti; eppure, FP molto andrebbe fatto per valorizzare questa terra così ricca di storia, di cultura e, anche se può sembrare strano, di natura, Il Lambro di angoli verdi risparmiati dalla cementificazione e salvaguardati dalla saggezza dei nostri antenati e dei nostri amministratori. Chi, per varie ragioni, ha in visita un amico un conoscente che non è della zona, dopo essere stato a Milano, di solito non pensa alle tante possibilità che la Brianza offre in questo senso, tanto più nella bella stagione; come se non vi fossero tra le nostre colline, i nostri dolci laghi prealpini, le

nostre città, occasioni per passare una bella serata tra spunti culturali La Valle del Lambro da Monza a Merone -

(perché no?) e delizie gastronomiche. 1 Pag.

Ed è proprio sulla scorta di queste considerazioni, nel tentativo di proporre all'attenzione di tutti, vicini e lontani, brianzoli e non, luoghi noti o ancora da scoprire, ma tutti ricchi di varie possibilità di fruizione, ambientale, culturale e gastronomica, e tutti inseriti in un paesaggio profondamente modellato dalla presenza plurimillenaria dell'uomo, eppure ancora capace di riservare la sorpresa di ambienti in cui ritrovare un contatto con la natura, con la tradizione, con la storia.

La Brianza Situata a nord-est di Milano, compresa in longitudine tra l'Adda e il , ed estesa in latitudine da Monza a , la Brianza è da sempre famosa per la laboriosità dei suoi abitanti, per l'industria del mobile e per essere stata, a partire dal Seicento, il "polmone verde" di Milano, sede di soggiorni e di vacanze per numerose famiglie della nobiltà e della borghesia milanese e monzese, che qui costruirono splendide dimore. La Brianza, che fu terra di gelsi, di bachi da seta e di filande, di granoturco e di polenta, è ora una zona tra le più produttive d'Italia e

d'Europa, con una FP fisionomia economica complessa ed articolata, per la sovrapposizione di nuove attività a quelle più antiche, in alcuni casi La Brianza fra Casatenovo ed Usmate ormai quasi abbandonate. Eppure, nonostante questo proliferare di industrie e laboratori artigianali, con l'inevitabile corollario di capannoni e di infrastrutture, nonostante la grande espansione urbanistica degli ultimi quarant'anni, la Brianza significa ancora, per fortuna, aree verdi, paesi a misura d'uomo, angoli di natura miracolosamente preservati dall'invadenza del cemento e dell'inquinamento, osterie e ristoranti che ancora

conservano il sapore contadino di una volta, o che hanno saputo adeguarsi La Valle del Lambro da Monza a Merone -

ai tempi con intelligenza e nel rispetto della tradizione. 2 Pag.

Qua e là, se si sa guardare con occhi attenti e se si è disposti a scoprire anche ciò che ci è vicino, si potranno incontrare o ritrovare luoghi e ambienti che sanno ancora aprirei il cuore allo stupore e alla meraviglia, luoghi e ambienti di quella “Brianza letteraria” cantata già dal Parini e amata, in tempi a noi più vicini, da scrittori della grandezza di Gadda e Santucci.

La valle del Lambro da Monza a Merone Con questo itinerario entriamo in una zona particolarmente problematica della Brianza, che alterna aree altamente urbanizzate, fino a toccare l'area metropolitana milanese, ad altre che presentano ancora quelle caratteristiche ambientali e paesaggistiche che hanno fatto di queste aree collinari la sede preferita di soggiorno e di residenza per molte famiglie dell'alta società milanese, nel Settecento e nell'Ottocento, ma anche ai giorni nostri. Tutta questa fascia, prima pianeggiante nella zona di Monza, poi via via sempre più movimentata da colline moreniche che non superano mai i 350 metri,

è attraversata dal fiume FP

Lambro, che a pieno titolo può essere considerato il fiume della Brianza. Nasce sui monti del triangolo Il Lambro a Monza lariano e, dopo essere disceso fino al Pian d'Erba, inizia a serpeggiare tra le colline della Brianza centrale, riservando ancora qualche scorcio incantevole, benché fortemente segnato, in molti suoi tratti, dall'opera dell'uomo. Lungo il suo corso, si possono riscoprire incredibilmente angoli di Brianza che si sono conservati quasi intatti, ma occorre cercarli con attenzione, perché sono altrettanto numerose le tracce e le ferite inferte al

territorio dalle attività umane che qui, soprattutto negli ultimi duecento La Valle del Lambro da Monza a Merone -

anni, sono state particolarmente intense e concentrate. Cave, discariche, 3

industrie, in alcuni casi abbandonate a se stesse, sono realtà tutt'altro Pag.

che rare, mentre l'inquinamento, di cui il Lambro è stato per decenni un simbolo a livello nazionale, sembra negli ultimi anni assai meno grave di un tempo non lontano, tanto che è in atto un certo ripopolamento ittico e dopo molti anni si possono nuovamente vedere i pescatori lungo le rive del fiume. Al raggiungimento di questo risultato hanno contribuito le normative più severe, la sensibilità della popolazione e l'attenzione degli enti pubblici, nonché l'istituzione del Parco Regionale della Valle del Lambro che, pur con qualche inevitabile fatica, sta cercando di concretizzare la sfida di un parco naturale in una delle zone più caratterizzate industrialmente, ma ancora ricca di valori ambientali e naturalistici, oltre che culturali e storici.

Indice: Geografia Storia

Aspetti caratteristici: FP • Le cascine e i nuclei rurali • Le chiese • Le ville • La gastronomia Aspetti Naturalistici: • Il Parco Regionale della Valle del Lambro • Geologia, flora e fauna del parco • Il Lambro, resurrezione di un fiume • Itinerario archeologico industriale

La Valle del Lambro da Monza a Merone -

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Pag.

Geografia I ritrovamenti di fossili avvenuti nelle nostre terre testimoniano che nell'antica era terziaria tutta la zona della Brianza, e anche la Pianura Padana, era lambita dal mare Adriatico. Dopo il ritiro delle acque, durante il periodo delle glaciazioni, la formazione del grande ghiacciaio di Lecco e i successivi depositi morenici diedero origine all'attuale conformazione della zona, ricca di corsi d'acqua e di bacini. Ed è proprio il corso del Lambro, che scorre per 130 chilometri lungo la valle disposta in direzione nord-sud, il simbolo e la base dell'economia di queste terre. Per le sue caratteristiche il Lambro si può definire un fiume prealpino, con una direzione regolare, una portata modesta, che subisce variazioni a seconda delle stagioni. Nasce alle pendici del Monte Forcella, in località Pian del Rancio nel comune di (CO), dalla sorgente Menaresta a una quota di 944 metri.

Piccoli torrenti laterali alimentano il suo FP corso montano, quando ancora è chiamato Lambrone, prima che si immetta nel lago di Pusiano. All'uscita anche le acque del lago di Alserio confluiscono nei suoi argini, quando inizia il percorso collinare. Arricchito dalle acque di altri torrenti che vi affluiscono principalmente dal lato sinistro, come la Bevera di Molteno, quella di Briosco e quella di Veduggio, la Roggia Brovada e il Pegorino di Canonica, il fiume lambisce numerosi comuni. In questo vivace tratto collinare, circoscrivibile tra Erba e Lesmo, il fiume scorre in una valle naturale di chiara origine morenica, dai caratteristici affioramenti rocciosi. Alcuni ritrovamenti fanno supporre che il fiume generasse un altro piccolo lago, nei pressi del centro abitato di Agliate, di cui oggi però La Valle del Lambro da Monza a Merone - non rimane nessuna traccia visibile. Con l'attraversamento della città di – 5 Monza, il fiume inizia . il suo percorso lungo la pianura milanese Pag.

raggiungendo le città di Melegnano e Sant' Angelo Lodigiano. Nei pressi di San Colombano, a Corte Sant' Andrea, il fiume si immette nel . Una parte del territorio attraversato dal Lambro, quella tra Erba e Monza, che si snoda per 25 chilometri e si estende per più di 6.000 ettari, è tutelata dal Parco Regionale della Valle del Lambro, istituito nel 1983. In esso sono racchiuse realtà naturalistiche e paesaggistiche differenti e nei suoi confini sono compresi i due bacini lacustri di Pusiano e Alserio, rogge sorgive, zone umide, zone boschive, piccoli torrenti e aree urbanizzate, tutte interessate dall'attività di salvaguardia e di recupero svolta dal Parco Regionale della Valle del Lambro.

Storia I ritrovamenti più antichi della zona, e i più meridionali del genere, sono rappresentati dai massi cuppelliformi della Brovada e di Riverio, chiara indicazione di un antichissimo insediamento umano. Alla seguente età del ferro, qui ancora basata su un'economia pastorale ed agricola, a cui risalgono gli utensili in legno, pietra e metallo rinvenuti in alcune località tra cui Monza. Le scarse testimonianze successive, come la spada in bronzo ritrovata nella torbiera di Renate e oggi conservata al

Museo Archeologico di Como, FP testimoniano il susseguirsi di diversi abitanti sul territorio. Ma il crescente attrito tra le genti stanziate nel nord Italia e Romani portò Roma a concedere nel 49 a.C. la cittadinanza romana anche alle popolazioni transpadane. A questo periodo di trasformazione dei Liguri e dei Galli in cittadini romani, appartiene il corredo tombale gallico trovato nella cascina Ripostiglio di Biassono Marianna a Biassono.

La presenza romana sul territorio è testimoniata da numerosi reperti, tra La Valle del Lambro da Monza a Merone -

i quali ricordiamo il "ripostiglio di Biassono", cioè un insieme di più di 6 Pag.

duemila monete di epoca imperiale, da considerarsi il più importante d'Italia per il numero e l'integrità del tesoro. Personaggi anche altolocati popolavano la zona: a Valle Guidino possedeva un'ampia tenuta Virginio Rufo, console romano dal 69 al 97 d.C., che riportò una importante vittoria sui Galli guidati dal legato romano Vindice. Il territorio già in quell'epoca doveva essere coperto da una fitta rete viaria che collegava i piccoli nuclei abitati. Partendo da Monza, la strada già a Biassono si divideva in due rami. Uno fiancheggiava il Lambro e giungeva a Besana, toccando Albiate, Carate e Agliate, centro da cui partiva anche la strada per Inverigo e per i laghi. Il secondo, più rettilineo, toccava Gerno e Monticello, per poi ricongiungersi a Besana con il primo troncone. In molti paesi che coprono il territorio della valle del Lambro i ritrovamenti effettuati hanno permesso di stabilirne una sicura origine romana, come spesso indicano anche i toponimi, mentre la città di Monza probabilmente ha origini galliche. Fu però solo successivamente, grazie alla posizione strategica del territorio a nord di Milano contro la pressione sempre maggiore delle popolazioni barbariche sui confini settentrionali dell'impero, che Monza divenne via via più importante. Già il re ostrogoto Teodorico aveva

scelto la città come sede del suo FP palazzo, ma è soprattutto con i Longobardi che Monza acquista un ruolo di primo piano. Nella città infatti si stabilì la regina longobarda Teodolinda con la sua corte, e vi eresse l’”Oracolum”, il nucleo più antico del Duomo di Monza. Già cristiana di nascita, la regina ottenne la conversione al cattolicesimo anche della corte e di gran parte della popolazione longobarda, consolidando così i La Valle del Lambro da Monza a Merone -

buoni rapporti con il pontefice –

7 Gregorio Magno, alla cui Teodolinda Pag.

munificenza si devono alcuni tra gli oggetti più preziosi conservati tuttora nel Tesoro del Duomo. Sconfitti i longobardi dai Franchi, la Brianza fu soggetta alla dinastia carolingia fino alla fine del IX sec. quando, deposto l'ultimo imperatore, venne eletto il primo re d'Italia, Berengario, che scelse di risedere a Monza. Alla basilica della città il re donò ampi possedimenti e preziosi gioielli, tra i quali anche la famosa Corona Ferrea. Nonostante i mutamenti politici, rimase immutata l'importanza di Monza, da secoli corte regia, dove Corrado di Svevia fu incoronato re d'Italia. Nel XII secolo si diffuse per la Brianza l'ordine degli Umiliati, dediti al lavoro della lana ed all'assistenza ospedaliera fino alla soppressione avvenuta nel 1571, riportando in vita l'antica tradizione tessile manifatturiera e indirizzando significativamente la vita economica della zona. La Corona Ferrea

Alla fine del 1300 gli Umiliati contavano già undici case a Monza (una è FP attualmente sede del Liceo Musicale) e in alcuni centri del territorio circostante come Biassono, Vedano, Carate, Arcore. E proprio tra le fila di quest'ordine si deve ricordare Manfreda da Pirovano, di Biassono, che nel 1300 pagò con la morte sul rogo la convinzione di essere la futura "papessa" di una Chiesa nuova, legata al culto di una figura femminile, Guglielma, ritenuta la nuova incarnazione dello Spirito Santo. Durante l'epoca comunale e le conseguenti lotte, il contado della Martesana visse un breve periodo di indipendenza da Milano, con la creazione di un podestà supremo ed uno subalterno per la zona della Brianza. Le alterne vicende di Milano ebbero vasta influenza anche sulle sorti della Brianza, e le lotte tra la famiglia Della Torre e Visconti sconvolsero tutto il territorio circostante con giochi di potere, La Valle del Lambro da Monza a Merone -

alleanze e battaglie, tra cui quella di Albiate del 1322 e l'assedio di –

Monza del 1324. A scopo difensivo fu infatti costruito il castello 8 visconteo di Monza con mura fortificate e fossati, di cui oggi rimane solo Pag.

la torre in via Azzone Visconti. Nelle prigioni del castello, dette i "forni" per la durezza delle condizioni, furono rinchiusi lo stesso Galeazzo Visconti nel 1327 e nell'anno 1446, nel clima di scontri tra il Ducato di Milano e la Repubblica Veneta anche il condottiero Bartolomeo Colleoni. Questa porzione del territorio brianteo, già teatro di saccheggi, distruzioni ed epidemie, fu in seguito sottomessa al governi stranieri: quasi senza intervallo si susseguirono il dominio spagnolo, austriaco e francese. Mentre la reggenza spagnola provocò un progressivo impoverimento del territorio, stremato dalle continue guerre, carestie e prelievi fiscali, più illuminata si dimostrò la politica austriaca, soprattutto nella seconda metà del 1700. I primi anni del secolo infatti non comportarono nessun cambiamento rispetto ai governi precedenti, a causa delle guerre di successione polacca ed austriaca che richiedevano la perpetuazione della precedente pressione fiscale. Con il regno di Maria Teresa, invece, vennero apportati numerosi miglioramenti di carattere amministrativo e tributario, che ebbero come conseguenza un incremento e miglioramento

dell'attività agricola. Oltre al FP grano e al granoturco, assunse discreta rilevanza la bachicoltura, che ben si inseriva in un territorio già da secoli attivo nel settore della tessitura. Con l'ingresso dell'esercito francese in Lombardia, venne proclamata la Maria Teresa d’Asburgo Repubblica Transpadana, in seguito ampliata e ridefinita Cisalpina. Nel 1805 Napoleone si fece incoronare, con la Corona Ferrea, re d'Italia destinando la Villa Reale alla corte del viceré Eugenio di Beauharnais. La Restaurazione e la nascita del regno Lombardo-Veneto portò ad un incremento della gelsicoltura e della bachicoltura; vennero introdotti i La Valle del Lambro da Monza a Merone -

primi filatoi meccanici e sorsero le prime cartiere. –

Nei primi decenni del regno d'Italia iniziò il vero e proprio sviluppo 9 industriale della Brianza, specializzata nel settore della lavorazione del Pag.

legno e nella produzione del mobile, nel settore tessile e nei cappellifici di Monza. Il processo non fu però privo di ostacoli: duri scontri tra lavoratori e industriali si protrassero per alcuni anni, raggiungendo punte drammatiche a Milano con l'intervento repressivo del generale Bava Beccaris. I cannoni del generale Bava Beccaris spararono su una folla inerme che chiedeva la riduzione del prezzo della farina e del pane. In cinque giorni di assedio militare, decretato "per ristabilire l'ordine", nella capitale lombarda restarono sul terreno 80 morti e 450 feriti. Una strage che si ripeté a Monza la sera del 7 maggio. Così ne riferì il "Corriere della Sera": "La truppa stasera alle 22,30 circa in piazza San Michele ... ha caricato la folla. Tre morti e dodici feriti". In realtà, i morti furono sette e i feriti diciotto. Dopo la strage, anche a Monza come a Milano si procedette agli arresti in massa di semplici dimostranti, di operai e di tutti i dirigenti della Camera del Lavoro, fra i

quali Ettore Reina, FP appena insediato alla segreteria di Monza e l'omicidio del re Umberto I a Monza, ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci. che in realtà si era solamente adoperato per calmare gli animi. Reina andò in prigione, la Camera del Lavoro fu sciolta e venne chiuso il giornale del sindacato "Brianza lavoratrice". La tensione raggiunse l'apice il 29 luglio del 1900 con l'omicidio del re Umberto I a Monza, ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci. Il regicidio segnò davvero la fine di un'epoca per Monza, che perse il favore e la presenza della famiglia reale, e per l'intera Brianza; ma contemporaneamente si apriva una nuova fase, segnata anche dalla politica più liberale di Vittorio Emanuele III e del capo del governo Giovanni La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Giolitti. –

Paradossalmente, l'assassinio del re chiuse l'epoca della repressione e 10

dello scontro frontale fra lavoratori e datori di lavoro, fra popolo e Pag.

Stato. Il nuovo sovrano, Vittorio Emanuele III, diede infatti un indirizzo più liberale e tollerante alla politica italiana affidando a Giovanni Giolitti la guida del governo. La crisi agricola, che si era già resa drammaticamente presente negli ultimi decenni dell'Ottocento, non trovò soluzione, nonostante qualche timido tentativo di ripresa e di ammodernamento, e anzi si aggravò, provocando una vera e propria fuga dai campi che rese disponibile una grande massa di ex contadini per la nascente industria. È un vero e proprio sfruttamento degli ex contadini che viene denunciato dai partiti che in quegli anni cominciavano a organizzare i lavoratori, il Partito operaio e il Partito socialista, fondato a Milano nel 1892 e che già nel 1893 apriva una Camera del Lavoro in Monza. Se nella seconda metà del XIX secolo l'industria briantea significava sostanzialmente seta e cotone, con i primi decenni del XX secolo il panorama produttivo si fa molto più articolato, tanto che proprio a Monza, già nel 1902, nasce, prima in Italia,

l'Associazione degli Industriali di FP Monza e Brianza. Del resto, l'associazionismo, a tutti i livelli, fu una delle caratteristiche del tessuto sociale della Brianza, dove si affermarono soprattutto le associazioni di stampo socialista e, Ettore Reina più ancora, cattolico; su questa vasta base associativa fiorirono anche numerose attività di tipo assistenziale ed economico, come le Casse Rurali, le Casse di mutuo soccorso e le cooperative operanti nei più diversi settori. Nel frattempo in Brianza si affermavano l'industria del legno, che esporta ancora oggi in tutto il mondo, della meccanica, della plastica, La Valle del Lambro da Monza a Merone -

dell'abbigliamento e, più recentemente, dell'elettronica e – dell'informatica, accompagnate da una forte espansione del terziario. 11 Pag.

La Brianza milanese è così diventata uno dei poli produttivi più sviluppati dell'Italia e dell' intera Europa, riuscendo, tuttavia, pur con tante contraddizioni, a non deturpare in modo traumatico e generalizzato il territorio, che, conserva ancora notevole interesse anche dal punto di vista ambientale.

Le cascine ed i nuclei rurali Sfruttando la conformazione pianeggiante o moderatamente collinosa del territorio e la vicinanza del fiume Lambro, un lungo tratto della valle è stato da sempre utilizzato per l'attività agricola, comportando così una notevole antropizzazione della zona. La riprova di ciò sta nell'alto numero di cascine sparse sul territorio ed ancora esistenti, nonostante molte di esse siano state sottoposte a drastiche ristrutturazioni e adattamenti che spesso le hanno private degli elementi più caratteristici dell’edilizia contadina. In altri casi gli interventi successivi hanno permesso la conservazione di strutture che testimoniano l'antica vocazione agricola di zone ora principalmente dedite all'attività industriale. Ne è un esempio il mulino Colombo, ancora visibile a Monza in via De Amicis, un tempo azionato dall'acqua

FP

del Lambro che scorreva nel cortile interno dell'edificio. In seguito alla modificazione della rete viaria della città, Monza: Mulino Colombo il corso del fiume fu deviato garantendo però, anche se in misura minore, una portata d'acqua sufficiente per il frantoio, che continuò la sua attività fino al 1969. Sempre a Monza, all'interno del Parco, rimangono due interessanti testimonianze neoclassiche, La cascina Frutteto ora sede della scuola agraria di Monza, fu disegnata dal Canonica ai primi dell'800 con pianta ad U, loggia belvedere, ali porticate ed un androne centrale che creava una continuità visiva tra il viale d'accesso ed il frutteto retrostante che dà il La Valle del Lambro da Monza a Merone - nome alla cascina. – Sui resti di un mulino precedente

, di cui si è voluta conservare la torre 12 ancora oggi in vista, sorge il mulino del Cantone. Anche in questo caso Pag.

elementi classici, quali colonne, timpano, trabeazione, nobilitano l'edificio costituito da due corpi che in origine sfruttavano la forza dell'acqua della roggia ricavata dal Lambro. Verso nord, a Peregallo di Lesmo si trova la cascina Brughiera che ripropone una tipologia costruttiva lineare, con portico e loggiati trabeati, chiusi con testate. I due corpi rustici sono in posizione perpendicolare rispetto a quello principale, dando così origine ad un cortile a C. Interessante è anche la cascina Chignolo a Triuggio. La costruzione è a tre piani, di cui solo l'ultimo non è porticato. La caratterizzano logge e portici continui, ballatoi in legno e fienile interamente porticato. Ancora a Triuggio i rustici di villa Jacini sono un valido esempio di architettura neo- Triuggio: Cascina Chignolo gotica applicata agli edifici di servizio.

A Carate, sebbene in parte ristrutturata, la corte Rossi ha mantenuto FP intatto un corpo a tre piani con porticato e ballatoio in legno, fiancheggiato da fienile e stalle. In origine era attinente alla villa Cola, di cui oggi rimangono solo alcune tracce, ed è parte delle pertinenze della villa Tagliabue Rossi. A Besana Brianza la cascina Casanesca si compone di due parti aggregate intorno ad un unico cortile. La parte più antica è quella porticata e loggiata, già esistente nel 1700, mentre quella più moderna, probabilmente di fine 1800, ha pianta rettangolare con portico e loggiato centrale e rustici di fronte di uguali dimensioni. Da rimarcare alcuni particolari decorativi di una certa ricercatezza, come le riquadrature delle finestre al piano superiore. Le strutture orizzontali sono tutte in legno, ed è fornita di un pozzo e di forno comune. La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Nel comune di Casatenovo, a Rogoredo, la corte Sacro Cuore già – esistente nel 1700 ha subìto numerosi interventi che ne hanno modificato 13

la planimetria. È delimitata da tre corpi separati dei quali il primo, con Pag.

funzioni abitative, ha una pianta ad L e i locali sono collegati tra di loro da un porticato al piano terra e da un ballatoio a quello superiore. Le stalle ed i rustici, isolati, fronteggiano le due ali del corpo principale racchiudendo così l'ampia corte rettangolare. Anche la cascina Sala di Giussano oggi si presenta come una corte chiusa, ma è possibile che in origine avesse una pianta ad L. Prospetti esterni a due piani offrono un ritmo costante di aperture, mentre quelli interni sono ritmati da ampi pilastri; ne risulta una struttura severa e compatta. Il mulino Peregallo a Briosco è l'unico mulino lungo il corso del Lambro che funzioni ancora ad energia idraulica. L'edificio è semplice e spoglio, costituito da un corpo rettangolare con appendici, ed è inserito in un complesso di case coloniche. Le due stanze delle macine sono collegate da una passerella coperta che passa sopra il canale, permettendo così anche l'azionamento delle chiuse. Il piano terra era destinato all'attività molitoria, con le macine ed i depositi, mentre il piano superiore ospitava le camere per la famiglia. A Inverigo i rustici di villa Crivelli crebbero di numero nel 1600, quando cioè il castello fu trasformato in

villa. Ancora oggi conservano FP elementi eterogenei, risalenti al 1400, al 1600 e al secolo scorso, che testimoniano il continuo ampliarsi del nucleo. Furono utilizzati anche per la Inverigo: Villa Crivelli bachicoltura e la viticoltura. La cascina Immacolata a Lurago d'Erba conserva la struttura a due piani, con logge e portici tripartiti in posizione centrale e con ballatoio corrente in legno. Cascina Brenno della Torre di Costa Masnaga risulta già edificata nel XVII secolo, ma la disposizione regolare delle finestre di due lati e la La Valle del Lambro da Monza a Merone -

forma del porticato indicano una ristrutturazione in epoca successiva. Il – cascinale presenta una pianta a C, con cortile interno. Gli edifici sono a 14

tre piani, con scale esterne e sottotetto in legno. Sul lato curvo sono Pag.

raccolte le stalle, i depositi e i fienili, mentre il piccolo piano interrato ospita cantine e cucine.

Le Chiese In tutto il territorio le testimonianze della devozione popolare sono numerose e di alto valore storico ed artistico. Tra tutte riveste notevolissima importanza il Duomo di Monza, la cui origine risale al 595, quando la regina longobarda Teodolinda fece edificare una cappella sulla quale nel 1250 circa fu eretto il nucleo del Duomo, di dimensioni ridotte rispetto ad oggi, comprendente solo parte della facciata, le tre navate, il transetto, la zona presbiteriale, il tiburio e la sagrestia grande. Nel secolo successivo si costruirono altre due navate divise in cappelle Il Duomo di Monza

FP

private, e l'architetto Matteo da Campione completò la facciata, rimasta quasi inalterata fino al restauro della fine dell'1800 ad opera di Luca Beltrami, che le ha conferito l'attuale fisionomia. La fama del Duomo è anche legata alla bellezza della cappella di Teodolinda ed ai tesori di epoca longobarda che vi si conservano. La cappella, fatta affrescare nel 1444 alla famiglia degli Zavattari da Filippo Maria Visconti, è decorata dal più vasto ciclo pittorico nella Lombardia tardo-gotica. Nelle 44 scene di gusto tipicamente cortese, dallo sfondo in stucco dorato con motivi quadrettati, sono raffigurati gli episodi salienti della vita della regina, tratti dalle cronache di Paolo Diacono e di Bonincontro Morigia. Nella stessa cappella è esposta la Corona Ferrea che, secondo la leggenda, conserva al suo interno un cerchio ottenuto da uno dei chiodi con cui La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Cristo fu crocifisso. – Merita un'accurata visita anche il Tesoro del Duomo a cui si accede 15 dall'interno della basilica: vi sono esposte le preziose ampolline palestinesi Pag.

destinate a contenere gli olii tratti dalle lampade dei santuari della Terra Santa, la chioccia con i sette pulcini, la croce di Adaloaldo, i dittici eburnei di Stilicone, della Musa e del Poeta, di re Davide e san Gregorio, la croce gemmata di Agilulfo. Sempre a Monza ricordiamo due chiese in stile gotico lombardo. La prima, quella della Madonna delle Grazie, fu edificata nel 1467 come chiesa dell'annesso con- vento francescano. Come le altre chiese dell’ordine, è ad aula unica, cui si uniscono su un lato le cappelle poligonali. All'interno è conservata una tela quattrocentesca raffigurante l'Annuncia- zione, che nel XVII sec. Monza: Madonna delle Grazie venne esposta alla devozione dei fedeli nella cappella del transetto. Dopo il 1810, quando fu soppresso il convento ed espulso l'ordine, la tela

venne conservata In una piccola chiesa costruita per l'occasione. Il FP convento fu riaperto nel 1931. Anche la chiesa di Santa Maria in Strada fa parte di un complesso conventuale francescano, in seguito passato agli agostiniani, e risulta oggi ben conservata. All’interno la copertura a capriate fu sostituita da quella a botte, e verso la metà del XVIII secolo furono eseguite le decorazioni in stucco. Degno di menzione è il quadro a destra del presbiterio, opera del Lanzani, importante pittore del primo barocchetto lombardo. La facciata fu restaurata nel 1870 dal Maciachini, con modifiche che interessarono soprattutto i primi due ordini e il campanile. Più a nord, a Carate Brianza, è interessante visitare il santuario della Madonna di San Bernardo, eretto nel XV secolo. In origine si trattava di una semplice cappella dedicata a san Bernardo, decorata da una La Valle del Lambro da Monza a Merone -

quattrocentesca effigie della Madonna attribuita al Bergognone, molto – venerata, nel 1589 si edificò di un oratorio che incorporò la cappella, 16

come ricorda l'iscrizione posta sopra la porta interna della sagrestia. Pag.

Ancora a Carate, di fianco alla villa Cusani, sorge il trecentesco oratorio di Santa Maria Maddalena, a navata unica con sacrestia poligonale; in facciata presenta ancora decorazioni in cotto nel rosone e sotto gli spioventi del tetto. Più recente è l'origine della chiesa dei Santi Ambrogio e Simpliciano di Carate Brianza. In origine esistevano due chiese nel nucleo abitato: Sant' Ambrogio e San Simpliciano. Spostatasi però la maggior parte della popolazione intorno alla chiesa di Sant'Ambrogio, questa venne dichiarata nel 1767 chiesa prepositurale. Diventata indispensabile una chiesa più ampia, ne fu costruita una nuova, affiancata dall'antica torre campanaria, che fu terminata solo nel 1805. Pochi decenni dopo venne realizzata la scalinata semicircolare e nel 1880 si terminò la facciata. Ornano la chiesa opere dei pittori Luigi Bianchi, in facciata, di Davide Beghé, per la volta, del cinquecentesco Malosso, con il

Miracolo di santa Francesca

FP Romana, e di Hayez, insieme ad Triuggio: Santa Maria dei Miracoli opere anonime del XVII secolo. A Rancate di Triuggio è visitabile il santuario di Santa Maria dei Miracoli. Sorto anch'esso nel 1500, fu completato alla fine del secolo e dedicato alla Madonna Assunta. Della piccola cappella campestre originaria rimane ancora l'affresco raffigurante la Beata Vergine dei Miracoli, datato 1507, restaurato e trasportato su tela verso la metà del 1900. Decorano il santuario opere di nomi importanti della storia della pittura. I fratelli Campi, emblema del manierismo lombardo, eseguirono il ciclo dei Misteri Gaudiosi, Andrea Appiani dipinse per l'esterno un affresco dell'Assunta, rovinato e perso a causa delle intemperie, e per l'interno La Valle del Lambro da Monza a Merone -

tre ovali raffiguranti episodi biblici. Bartolomeo Roverio, detto il –

Genovesino, eseguì gli affreschi dei Profeti ed Angeli musicanti e della 17 Pag.

Vergine Assunta in cielo circondata da Cherubini, che decorano l'abside e la volta del presbiterio. A Tregasio, frazione di Triuggio, l'oratorio dei Santi Protaso e Gervaso è uno dei molti esempi della fortuna dello stile neoclassico in Brianza. Fu edificato nel 1842 su disegno dell'architetto Nava, collaboratore del Cagnola, che in seguito ne sposò la vedova. A pianta rotonda e copertura a cupola, abbellito sui lati da nicchie con statue e da timpani triangolari, con facciata a pronao sorretto da sei cariatidi, è una delle opere più importanti del Nava. La basilica dei Santi Pietro e Paolo ad Agliate è uno degli esempi più significativi di architettura romanica in Brianza. L'esterno del com- plesso è caratterizzato dallo uso di ciottoli di fiume e da un interessante apparato decora- tivo composto da archetti pensili, lesene sulla facciata, Agliate: La basilica dei Santi Pietro e Paolo fornici e contrafforti con funzione statica che corrono lungo i lati della costruzione. La facciata ha tetto a spioventi, portali in corrispondenza FP delle navate e navata centrale sopraelevata. L'interno è scandito da archi e da colonne di riuso, risalenti al IV e V sec. Originariamente la basilica, come anche l'attiguo battistero, doveva essere coperta integralmente da affreschi del XI-XV sec., mentre ora rimangono solo mimme porzioni di intonaco affrescato sulle due ultime arcate della navata di sinistra e nella volta a botte. Dalle absidi laterali si accede ad uno dei pochi esempi di battistero a sette lati con piccola nicchia absidale, probabilmente coevo e del tutto simile alla basilica nella tecnica costruttiva, in cui si conservano affreschi altomedievali, trecenteschi e quattrocenteschi. Verso la fine del XIX secolo il complesso subì massicci lavori di restauro coordinati dall'architetto Luca Beltrami. A quello stesso periodo è attribuibile La Valle del Lambro da Monza a Merone -

l'erezione del campanile quadrato, mentre la sacrestia che si apre sulla – navata destra è del 1700. 18 Pag.

Anche il monastero di Brugora (Besana Brianza) ha origini antiche; la chiesa annessa risale al 1102 e ancora oggi conserva elementi romanici nella facciata, nel campanile e nell'abside, mentre al suo interno sono visibili affreschi e tele del 1700. All'interno rimangono due chiostri del 1500 e del 1700 e pregevoli affreschi, nella chiesa interna opere cinquecentesche, come nell'ex refettorio, in parte restaurato con il contributo del Rotary Club. A Inverigo si segnala il santuario di Santa Maria della Noce, la cui origine si deve ad una miracolosa apparizione della Vergine tra i rami di un noce, da cui il nome stesso. Verso il 1520 si iniziò a costruire una chiesa a croce greca. Non essendo ancora terminata per la visita di San Carlo, il Borromeo fece approntare, forse dall'architetto Pellegrino Pellegrini, un progetto per l'ultimazione dei lavori, che si conclusero solo nel secolo successivo, con l'annesso seminario che fu attivo dal 1582 al 1638. All'interno della chiesa vi sono esposte alcune opere interessanti, come L'orazione nell'orto di Antonio Campi, San Carlo in gloria del Morazzone, una Madonna del latte del 1300 e la visitazione della

Vergine del Crivelli. Sempre a FP Inverigo, la chiesa del Santo Ambrogio, sebbene di origine seicentesca, è caratterizzata da una fisionomia tipicamente settecentesca, come si nota soprattutto nella zona dell'abside. Una ricca decorazione in stucco fa da cornice alle grandi tele della metà del XVIII secolo, probabilmente opere del Sassi e del San Carlo Borromeo in Gloria di Pier Preda. Più antiche sono due tele Francesco Mazzucchelli detto il raffiguranti San Luca e il Morazzone La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Battesimo di Gesù, del 1500, e a Bernardino Campi va attribuita la –

Madonna col Bambino tra i Santi Fermo e Celso del 1576. 19 Pag.

A Villa Romanò la chiesa parrocchiale di San Lorenzo ancora oggi mantiene la sua struttura in stile tardo-gotico. Le decorazioni che coprono l'ultima campata, raffiguranti Evangelisti, Padri della Chiesa e Profeti, sono ascrivibili al tardo Quattrocento. La facciata della chiesa di San Martino a Veduggio porta il nome del celebre architetto milanese Richini, cui si devono alcuni tra gli edifici più belli del 1600 milanese. Già esistente da tempo, l'edificio venne infatti ampliato nel 1600 sotto la spinta di San Carlo Borromeo. Merita infine una menzione a sé la scalinata della chiesa, che fu ripresa nel quadro A messa prima del pittore Segantini, oggi conservato nel Museo Segantini di Saint-Moritz. 25

Le Ville Le colline che fiancheggiano il Lambro hanno visto sorgere fin dal Cinquecento numerose ville patrizie, spesso nella forma della casa-forte, che nei secoli successivi furono trasformate secondo i canoni della “villa di delizia”. Numerosissimi sono dunque gli esempi riscontrabili nel nostro territorio, a partire dalle ville Mirabello e Mirabellino, all'interno del Parco di Monza, che offrono un esempio dell'importanza attribuita all'effetto

FP

scenografico e prospettico ottenuto, come in altri casi, con viali alberati.

Parco di Monza: Villa Mirabello

Entrambe della famiglia Durini, furono edificate in epoche differenti. La La Valle del Lambro da Monza a Merone - prima, villa Mirabello, risale alla metà del 1600 e fu progettata secondo – uno schema ad U aperto sul paesaggio, sul quale dominano le due torri- 20 belvedere. All'interno le stanze sono decorate da affreschi del Cucchi Pag.

della seconda metà del 1700 e le due ali ospitano la cappella di famiglia e la scuderia. Attualmente la villa ospita l'Amministrazione del Parco di Monza mentre solo una parte è adibita a residenza. Il Mirabellino fu pensato alla fine del 1700 come dependance per gli ospiti e per le serate estive. La scelta del luogo avvenne seguendo criteri scenografici, ottenuti con la creazione di una specie di cannocchiale ottico che collega le due ville. Anche a Villasanta la villa Camperio ha origini seicen- tesche, ma fu oggetto di modifiche più tarde in senso tardo neoclassico. Attualmente, dopo la ristrut- turazione degli anni Ottanta, ospita la biblioteca civica e altri servizi pubblici. La villa Litta Modigliani di Vedano al Lambro è un Villasanta: villa Camperio esempio dello stile “anglosassone” di gusto romantico, così come le decorazioni interne dello Scrosati, a cui si devono tra le altre, la “sala

verde” con allegorie cabalistiche inquadrate in decorazioni neo gotiche. Il FP parco, che quasi non si distingue da quello attiguo di Monza, ha al suo interno ampie aree agricole e la “roggia dell' Arciduca” che fornisce acqua alla Villa Reale. La villa Giulini Casati Stampa Berlusconi ad Arcore assunse la sua fisionomia nel 1700, quando si procedette alla ristrutturazione del complesso del monastero di San Martino, già esistente dal VIII secolo, inglobato nella residenza. La pianta è ad U, l'apparato decorativo semplice. Il pianterreno ospita il porticato centrale, ora chiuso con vetrate, e la retrostante sala da ballo sopraelevata su due piani, con balconata interna che collega le stanze del piano superiore. Sempre ad Arcore, la villa Gallarati Scotti, detta (La Cazzola, probabilmente fu eretta nel 1500 come casino di caccia e venne La Valle del Lambro da Monza a Merone -

rimaneggiata nel 1630; fu residenza estiva della famiglia Durini, che – provvide nel 1812 ad un'ulteriore trasformazione. La facciata meridionale, 21

un porticato a doppio ordine con logge, è probabilmente un progetto Pag.

dell'architetto Richini. All'interno si conserva uno stupendo soffitto a cassettoni dipinti e la collezione privata conta, tra le altre opere, una Madonna con Bambino del Luini. Un ampio parco aperto al pubblico contorna la villa Borromeo D'Adda. I corpi d'ingresso odierni, che ospitano il municipio, corrispondono alle antiche ali della villa inferiore, di cui fu demolita la parte centrale per creare l'ingresso verso il centro abitato. Anche il palazzo settecentesco superiore, che vanta una posizione scenografica notevole, fu restaurato con ampi interventi di risisternazione interna. Già ammirata all'epoca, la villa Mellerio "Il Gernetto" di Lesmo è un imponente complesso tardo neoclassico in posizione panoramica sulla valle del Lambro con cortili multipli e torre belvedere. Edificata prima del 1815 dal Mellerio, vice presidente del governo del Lombardo-Veneto, si compone di numerosi corpi di fabbrica che si sviluppano creando ampi cortili, sui quali spicca la torre belvedere del cortile contiguo al corpo padronale. Di non minore bellezza sono il giardino, uno dei migliori esempi di giardino all'italiana per il disegno e la varietà delle piante, e la cappella che ospita due bassorilievi funebri della FP famiglia scolpiti dal Canova. A Macherio la villa Visconti di Modrone "Il Belvedere" è la ricostruzione integrale, del 1907, di un precedente casino Lesmo: Villa Gernetto di caccia appartenuto ai Visconti di Modrone. L'edificio centrale è ancora di forme neo-barocche, con loggette panoramiche in stile neo-rinascimentale. Ad Albiate segnaliamo la villa Airoldi Caprotti, costruita nel 1600 sulle rovine di un castello medievale, e la villa Campello sede del municipio e della biblioteca civica. La villa Sacro Cuore a Tregasio di Triuggio in origine era una proprietà La Valle del Lambro da Monza a Merone -

campestre della famiglia Morigia che nel 1547 ne fece dono alla –

Congregazione dei Barnabiti, di cui Antonio Morigia fu uno dei fondatori. 22 Pag.

Nell'1800 divenne proprietà demaniale e fu acquistata dall'ingegner Susani, che la utilizzò anche per l'allevamento dei bachi da seta. Solo agli inizi di questo secolo fu acquistata dai Gesuiti, che la restaurarono aggiungendo due ali laterali. Dal 1984 è la casa di spiritualità della diocesi di Milano. Il borgo di Canonica, con la villa Taverna, costituisce una delle sistemazioni prospettiche più belle e famose della zona. Il nucleo primitivo della villa è un fortilizio tardo cinquecentesco che fu adattato e trasformato in palazzo dal Conte Taverna, gran cancelliere del Ducato di Milano dal 1532 al 1552. Le aggiunte dei secoli successivi hanno portato all'attuale fisionomia, con pianta ad U rigorosamente simmetrica. La villa è completata sul retro da un giardino geometrico all'italiana di stampo cinquecentesco. A Carate si trova la villa Cusani, nata forse già nel XII sec., come castello con funzioni difensive. Nel 1600 venne trasformata in villa, conservando però la torre con i merli in cotto di tipo ghibellino. Mantenendo la FP struttura a quadrilatero intorno ad una corte centrale, fu costruito un portico e uno scalone, fu Carate: Villa Cusani riempito il fossato e fu aggiunto il corpo antistante la torre. La villa, affiancata dall'oratorio di Santa Maria Maddalena, ospita ora la biblioteca civica. Sempre a Carate, la villa Sola Busca "Il Beldosso" è uno dei pochi esempi di villa edificata autonomamente, senza essere la trasformazione di strutture preesistenti. Di fondazione cinquecentesca, fu però modificata nei secoli successivi con l’aggiunta di elementi barocchi, come lo scalone esterno, le balaustre e i timpani delle finestre. La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Nel secolo scorso fu demolita la struttura agricola parallela alla villa, e – venne sostituita dal corpo di fabbrica orientale. Dello stesso periodo è 23

l'erezione dell'oratorio neoclassico a pianta centrale che la affianca. Pag.

A Costa Lambro, la villa Stanga Borromeo Arese risale agli inizi del secolo scorso. L'abbelliscono successive decorazioni neo-barocchette, come le volute curvilinee delle finestre dell'edificio padronale, la cancellata e i balconi in ferro battuto. Anteriormente la villa è collegata ad un corpo di servizio minore, mentre sul retro si apre il giardino all'italiana. A Verano la settecentesca villa Trotti Bentivoglio domina tutta la costa di Agliate. L'edificio centrale si apre verso la corte con un portico a colonnine binate ed archi ribassati. Attornia la villa un parco ottocentesco, con una ricca varietà di piante, in cui fu fatta costruire l'orangerie e una Coffee House. Alessandro Manzoni fu spesso ospite della villa, essendosi sposata la figlia Sofia con un membro della famiglia proprietaria. A Briosco una preesistente casa-forte compone il nucleo originario della settecentesca villa Medici di Marignano, ora Giulini. L'edificio padronale, preceduto da due corpi minori, è a pianta quasi quadrata, a due piani con sopralzo centrale FP quadrato. I due lati contigui, meridionale ed orientale, sono caratterizzati da una loggia centrale colonnata, sormontata Briosco: villa Medici di Marignano, ora Giulini. da una balconata barocchetta. Verso la corte si aprono altri due corpi minori simmetrici collegati da una cancellata. Cingono la villa un giardino e un parco visitabili su appuntamento, come la preziosa collezione di antichi strumenti a tastiera. Villa Crivelli a Inverigo ingloba i resti di un castello quattrocentesco. Verso la metà del Seicento se ne iniziò la conversione in villa, mantenendo però la torre, il corpo di guardia e le carceri. Nel 1814, sui disegni dell'architetto Pollack, venne edificata l'ala moderna. La residenza è La Valle del Lambro da Monza a Merone -

esempio di mirabile adeguamento dell'edificio all'ambiente naturale – circostante. I giardini, ideati con particolare sensibilità scenografica, nel 24

Settecento furono decorati con statue in pietra. Il viale dei cipressi, Pag.

considerato il più lungo viale privato della Brianza, è di origine seicentesca, ma fu allungato nel 1700. Sempre a Inverigo è situata "La Rotonda". La villa, iniziata nei primi anni dell'Ottocento, fu voluta dal celebre architetto neoclassico milanese Cagnola, che morì proprio a Inverigo. L'edificio, dalla complessa articolazione, racchiude in sé molteplici “citazioni” Inverigo: villa la Rotonda classiche: il Pantheon romano, i Propilei greci ed elementi rinascimentali e palladiani. Molto originale è l'ingresso a sud, detto “dei telamoni” per la presenza di figure maschili in atto di reggere il peso della struttura muraria, ispirati a modelli greco-orientali. Per concludere il percorso ideale, ricordiamo la villa Sormani Andreani Verri di Lurago d'Erba, che fu costruita verso la fine del 1700 in stile sobrio e lineare, con un corpo centrale avanzato e due ali laterali FP porticate. Sorge sull'area del precedente palazzo Giussani, di cui rimane nel giardino un torrione cinquecentesco con rara decorazione fittile applicata intorno alla grande finestra.

La Gastronomia La gastronomia di questa zona della Brianza è complessivamente assimilabile a quella di tutta l'area che va da Monza al triangolo lariano; cercheremo, tuttavia, di individuare alcune peculiarità che ci riportano, comunque, alla comune matrice contadina di questi piatti. Dimenticati, trascurati, snobbati o accuratamente evitati in nome della dieta e della linea, molti piatti della cucina tradizionale sono oggetto negli ultimi anni di una vera e propria riscoperta, anche se va detto che, La Valle del Lambro da Monza a Merone - soprattutto fuori dall'ambiente cittadino, essi non hanno mai perso il – favore dei buongustai. 25 Pag.

Tra i primi non si registra una particolare ricchezza, d'altronde i contadini si dovevano arrangiare con quello che passava la terra, per cui era un gran fiorire di zuppe e minestre, a volte poverissime (brodo, pane e, se andava bene, una grattugiata di formaggio), a volte arricchite con l'immancabile lardo. Chi percorreva le strade dei paesi attorno alle 17 poteva sentire il rumore diffuso e ritmato delle massaie che preparavano sul tagliere il battuto di lardo per la minestra. Diffusi, anche se ad un livello sociale più elevato, erano i raviolini di carne in brodo, il cui ripieno era costituito da un composto di arrosto di manzo, pollo e tacchino tritati. Poi, certamente, il risotto, che da Milano conquistò Monza e tutti i paesi della Brianza, trovando una felice combinazione in quel saporito primo (quasi un piatto unico) che è il I gnervitt risotto con la luganega, la cosiddetta salsiccia di Monza. E con la luganega eccoci così, inevitabilmente, al maiale, il vero re della cucina della Brianza, di cui, come dicono i nostri vecchi, "se tra via FP nient"; e se il maiale è il re di questa cucina contadina, il piatto principe è indubbiamente la cassoeula, che è anche la migliore sintesi culinaria di quella filosofia del non buttare nulla. Nella cassoeula, infatti, entrano le puntine (o costine), le cotenne, orecchie e piedini, e qualcuno vi aggiunge anche la luganega oppure dei piccoli salamini chiamati "verzitt"; il tutto, cotto con verze, sedano, carote, cipolle e salsa di pomodoro, dà vita ad un piatto tra i più ricchi e saporiti della nostra tradizione alimentare. Ancora un accenno al maiale, trascurando purtroppo tante altre leccornie, per ricordare il perdurate successo dei nervetti in insalata “gnervitt” o “nervitt”, che devono essere ottenuti da zampetti di maiale e girelli di vitello ben cotti, uniti a cipollotti, sedano e, volendo, fagioli. La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Tra i secondi citiamo due piatti frequentemente serviti nei ristoranti – che meglio rappresentano la tradizione gastronomica locale; ci riferiamo 26

alla faraona alla creta e agli "uselitt scapaa" (uccellini scappati). Questi Pag.

ultimi, in realtà, non sono affatto degli uccellini, ma delle fettine di fesa di vitello o di lonza di maiale infilati su stecchini con pancetta e salvia, ottimi serviti con la polenta. La cucina brianzola è piuttosto povera di dolci, ma qualche parola va dedicata alla torta paesana (un composto di pane raffermo, amaretti, latte, uova, cacao e pinoli), che localmente assume diverse denominazioni, e alla rusilmada, una specie di zabaglione, forse di origine valtellinese, che consiste in un tuorlo d'uovo sbattuto con molto zucchero e allungato con caffe, o vino rosso. Si dice sia un ottimo ricostituente, non privo, pare, di effetti afrodisiaci.

Il Parco Regionale della Valle del Lambro I primi dibattiti attorno all'idea di istituire un parco lungo la valle del Lambro risalgono al 1972, quando il Centro Studi del P.l.M. presentò un progetto di ampliamento del Parco di Monza, con una sua estensione verso nord che abbracciasse zone di particolare interesse ambientale e naturalistico, salvaguardandole da uno sviluppo urbanistico indiscriminato. Nel 1981 la Giunta Regionale lombarda decideva di ampliare ulteriormente la perimetrazione del futuro Parco Regionale, risalendo lungo il Lambro fino al lago di Pusiano e inserendo anche il lago di Alserio, sulla cui sponda orientale la Regione aveva già individuato un biotopo di

FP

grande importanza naturalistica. Con la Legge Regionale n. 82 del 16 settembre 1983 veniva finalmente istituito il Parco Regionale della Valle del Lambro, gestito da un consorzio di ben 35 comuni (ai 33 originari sono stati aggiunti Casatenovo e Correzzana con la L.R. n.1 del 1996) più le tre province interessate, cioè quelle di Milano, di Como e di Lecco. Il Parco ha attualmente una superficie di 68,5 chilometri quadrati e si sviluppa in lunghezza per circa 25 chilometri, lungo l'asse fluviale, da Monza ad Erba, comprendendo i laghi di Alserio e di Pusiano. La quantità di territorio interessata al Parco in ogni comune è molto diversificata: accanto a comuni come Triuggio e Briosco, in buona parte inglobati nell'area del Parco, vi sono comuni, come Carate Brianza, che ne sono toccati molto più marginalmente. La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Con l'istituzione del Parco, la Regione Lombardia voleva raggiungere uno – scopo ben preciso: salvaguardare le caratteristiche ambientali e 27 paesaggistiche tipiche della zona collinare a nord di Monza, arricchite Pag.

dalla presenza di numerose ville patrizie dal notevole valore architettonico, nonché proteggere la vegetazione e la fauna tipiche dell'area tutelata, favorendo un recupero globale dell'ambiente e uno sviluppo ordinato del territorio. Si tratta, in realtà, di un Parco dalle caratteristiche molto particolari, nel quale non esistono aree vergini da salvare o animali unici da proteggere; lo stesso concetto di natura qui è qualcosa di relativo dal momento che, se intendiamo Lago Alserio per natura l'insieme dei caratteri di una regione assestatisi nella storia prima o al di fuori dell'opera dell'uomo, ebbene, lungo la valle del Lambro esiste ben poco di naturale, essendo visibile ad ogni passo la mano dell'uomo, il suo intervento sull'ambiente, spesso semplicemente educativo di una natura da usare a fini agricoli, altre volte massicciamente devastante e violento. In quest'area c'è, semmai, un ambiente da recuperare, valorizzando quegli aspetti, e non sono pochi, che comunque consentono a questo FP territorio (che corrisponde alla fascia centrale della Brianza) di presentarsi con una sua unicità, da quelli prettamente naturalistici a quelli storici ed architettonici, a quelli paesaggistici. Proprio queste caratteristiche, unite alla forte antropizzazione di queste aree, hanno reso particolarmente complessa la gestione del Parco, che solo ora sta adottando il proprio Piano Territoriale di Coordinamento, che detterà le norme per la concreta gestione del Parco stesso e ne consentirà la piena operatività.

Aspetti Naturalistici del Parco La Geologia La genesi del corso del fiume Lambro si può chiaramente individuare La Valle del Lambro da Monza a Merone -

osservando le evidenze geomorfologiche del territorio attraversato dal –

fiume, ma occorre premettere che il Lambro si è formato in epoche 28 piuttosto recenti della storia geologica della pianura padana. Pag.

Infatti il suo corso si è individuato solo dopo la fusione dei grandi ghiacciai wurmiani che, scendendo dalle vallate alpine fino alla pianura, in fase di ritiro depositarono ai piedi delle Prealpi imponenti apparati morenici e depositarono spessi strati di materiali alluvionali attraverso un gran numero di torrenti di fusione, che scavarono piccole valli laterali accanto al solco vallivo principale che cominciava a delinearsi in modo sempre più marcato. Da un punto di vista geomorfologico, il corso del fiume può essere diviso in tre parti distinte. La parte montana, compresa tra le sorgenti presso Pian del Rancio ed Erba, è costituita sostanzialmente da rocce calcareo dolomitiche, raramente inframmezzate da strati morenici; qui in genere le pendenze sono piuttosto elevate e vi scorrono numerosi corsi d'acqua a regime torrentizio che costituiscono il bacino di alimentazione del Lambro. Ai piedi della zona montuosa da cui prende origine, appena a sud di Erba, il fiume rallenta bruscamente il suo corso e abbandona grandi quantità di detriti che hanno formato nei secoli il conoide FP di Erba, per poi gettarsi nel lago di Pusiano. Unendo le sue acque con quelle dell'emissario del lago di Alserio, il Lambro inizia poi la Sasso errante di Valle Guidino che è giunto con parte collinare del suo corso, l'ultima glaciazione dalla Valmalenco attraversando avvallamenti ed alture di evidente origine glaciale e ricevendo le acque di numerosi piccoli immissari, soprattutto dalla sponda sinistra. Nel tratto da Briosco a Triuggio la valle del Lambro è particolarmente scavata negli strati morenici, dai quali emergono affioramenti rocciosi di arenaria (detta localmente mulera) e di “ceppo”, un conglomerato di La Valle del Lambro da Monza a Merone -

origine alluvionale ben visibile soprattutto a sud di Agliate, alle Grotte di –

Realdino. In questo tratto di fiume, la scarpata retrostante l'ex cartiera 29

di Briosco fornisce un chiaro esempio di depositi alluvionali stratificati. Pag.

Altre testimonianze dell'azione dei ghiacciai nella formazione del nostro territorio è fornita dai massi erratici, tra i quali è famoso il masso di Guidino, in comune di Besana Brianza, sito all'interno del parco di Villa Osculati. Tra Macherio e Lesmo, il fiume attraversa i territori più meridionali che risalgano ad una formazione glaciale, solcando depositi morenici risalenti al Mindell e al Riss. Dal Parco di Monza fino all'immissione nel Po il Lambro entra in una zona geologica di natura alluvionale, che costituisce il cosiddetto “livello fondamentale” della Pianura Padana.

Flora Le colline della Brianza, modellate dai ghiacciai e dalle acque di fusione, si coprirono ben presto di un fitto manto forestale, inizialmente costituito da conifere e betulle, in seguito sostituite, con l'addolcirsi del clima, da querce, castagni, olmi, carpini e tigli. Di questa copertura boschiva originale rimangono ormai ben poche tracce, sia perché nel corso dei secoli, soprattutto a partire dal I sec. a.C., molti boschi vennero sacrificati alle

FP

necessità dell'uomo, sia perché nella seconda metà del XVIII secolo fu importata Robinia pseudoacacia anche in Brianza la robinia, con la quale si sperava di far fronte al continuo impoverimento del patrimonio boschivo, ma che finì per colonizzare facilmente ampie aree, sostituendosi alle essenze originarie. L'uso di costruire ville in Brianza da parte della nobiltà e dell'alta borghesia, soprattutto nel XVIII e nel XIX secolo, contribuì anche a salvare parte del patrimonio forestale brianteo e fu l'occasione per importare, a scopo ornamentale, specie vegetali esotiche che spesso si ambientarono bene anche nel nostro clima. La Brianza del secolo scorso offriva l'immagine di un immenso giardino, di La Valle del Lambro da Monza a Merone - un susseguirsi ordinato e armonioso di prati, campi, orti, macchie – boschive, interrotto qua e là da qualche laghetto e movimentato dalle 30 dolci ondulazioni collinari; la Brianza idilliaca così ben raffigurata nelle Pag.

stampe di Federico e Carolina Lose (Viaggio pittorico nei monti della Brianza, 1832) nascondeva, in realtà, tanta fatica e tanta sofferenza, ma bisogna ammettere che la gestione del territorio fu sostanzialmente oculata, se pensiamo che all'inizio del XX secolo il patrimonio forestale della Brianza del Lambro si presentava in discrete condizioni. Fu solo con lo sviluppo industriale del secondo dopoguerra che cominciarono a manifestarsi segni sempre più evidenti di trascuratezza nei confronti dell'ambiente e, in particolare, delle aree boschive, che rimasero in gran parte abbandonate, finendo per inselvatichirsi. Il Parco è ora impegnato in un' opera di salvaguardia delle aree boschive esistenti, regolamentandone e controllandone i tagli, ma anche cercando di favorire il reimpianto di specie tipiche locali. Tuttavia, ancora oggi, una visione d'insieme dell' area che stiamo conside- rando ci permetterebbe di osservare che le aree verdi sono ancora numero- se e che tra queste spazio notevole occupano ancora i

boschi. L'essenza più dif- FP fusa è ormai la robinia (Robinia pseudoacacia), ma qua e là, mischiati a quella, o in piccole formazioni La farnia boschive, troviamo il carpino (Carpinus betulus), la farnia (Quercus pedunculata), la betulla (Betula pendula); sui pendii collinari troviamo anche il castagno (Castanea sativa) e la quercia (Quereus sp. p.), mentre il faggio è molto più raro nei nostri boschi. I boschi più interessanti, escludendo quello della Villa Reale di Monza, di cui parliamo a parte, sono localizzabili a Monguzzo, nei pressi del lago di Alserio, ad Inverigo, nella vasta area privata attorno all'Orrido, a Briosco, nella valle della Bevera, che scorre tra le tre frazioni che La Valle del Lambro da Monza a Merone -

formano il comune, a Triuggio, nelle valli del Pegorino, del Cantalupo e – della Brovada; altre aree boschive, meno estese, ma non meno degne di 31

attenzione, sono distribuite lungo tutta la valle del Lambro, fino a Pag.

Merone. Nelle aree meglio conservate si possono ammirare specie vegetali ormai divenute rare in altre aree della Brianza, come la farnia, la rovere, il castagno, il platano, l'olmo, il frassino, il pioppo bianco, il ciliegio e l'ontano nero. Nel sottobosco si trovano soprattutto nocciolo (Corylus avellana), l'onnipresente biancospino (Crataegus oxyacantha), l'evonimo (Evonymus europaeus), la sanguinella (Cornus sanguinea), il pungitopo (Ruscus aculeatus) e il sambuco (Sambucus nigra).

Sanguinella Erba trinità Numerose sono le specie erbacee, alcune delle quali, all'inizio della primavera, danno luogo a spettacolari fioriture; ricordiamo, per citare le FP più comuni, la pervinca (Vinca minor), l'anemone dei boschi (Anemone nemorosa), l'erba trinità (Hepatica nobilis), la scilla (Scilla bifolia), l'aglio orsino, il mughetto (Cavallaria maialis) e il raro giglio martagone (Lilium martagon). Non va dimenticato che nell’area del parco si trovano anche numerose zolle umide, caratterizzate dalla presenza di particolari forme vegetali e animali; escludendo i laghi di Alserio e Pusiano, di cu ci occuperemo in un altro articolo, va rimarcata la presenza di stagni, paludi, cave abbandonate e rogge risorgive, che costituiscono una particolare ricchezza per il parco. Le forme vegetali che crescono attorno a questi specchi d'acqua ferma sono piuttosto varie, ricordiamo le più interessanti, anche per la loro La Valle del Lambro da Monza a Merone - fioritura particolarmente vistosa e per la loro rarita: il gladiolo palustre –

(Gladiolus paluster), la salicaria (Lythrum salicaria), l'orchidea maculata 32

(Orchis maculata) ed il giglio giallo (Iris pseudacorus). Pag.

Rientrano invece fra le piante acquatiche propriamente dette il millefoglie (Myriophillum verticillatum) e la lenticchia d'acqua (Lemma minor), dalle foglie galleggianti di forma rottondeggiante.

Fauna Pur non presentando motivi di eccezionalità rispetto alle altre aree della Brianza, la fauna della valle del Lambro si presenta con una sorprendente varietà e con una vitalità che a volte ha stupito gli stessi studiosi, considerata la storia del territorio e l'intenso sfruttamento al quale sono stati sottoposti la terra e le acque. Nei boschi si ritrovano la volpe, il tasso, numerosi ricci, che spesso trovano la morte nell'attraversamento delle strade che solcano fittamente il territorio; resistono ancora la donnola, il ghiro, il piccolo e simpatico moscardino, insieme alla talpa e ad altri micro-mammiferi. Abbastanza diffusi, anche se meno visibili, sono i rettili, presenti nel Parco con l'orbettino, il sempre più raro ramarro e il colubro di Esculapio, che si nutre di piccoli mammiferi e di uccellini spesso predati dai nidi. Tra gli anfibi più interessanti ricordiamo la salamandra e la rana dalmatina.

FP

Rana Dalmatina Colubro di Esculapio o Saettone Molti sono anche gli uccelli nidificanti, alcuni dei quali di grande interesse, come il picchio verde e il picchio rosso maggiore; il torcicollo, il

colombaccio, il gheppio, l'allocco, il gufo comune e lo sparviero, che da La Valle del Lambro da Monza a Merone - alcuni anni nidifica nei boschi di Triuggio, impreziosendo con la sua – 33 presenza la qualità della fauna del Parco. Non si contano, poi, gli uccelli di piccola taglia, tra i quali citiamo i più interessanti, come l'usignolo, il Pag.

picchio muratore, il codirosso, il codibugnolo, il rampichino, il pettirosso e lo scricciolo. Ma l'avifauna più interessante la si trova lungo i corsi d'acqua e soprattutto nelle zone umide e sulle rive dei laghi briantei; i canneti di queste aree preziose per l'ecosistema offrono l'habitat ideale all'airone cinerino, al marangone, allo svasso maggiore, al tarabuso e al tarabusino, al germano reale, alla gallinella e alla folaga. Sono per lo più uccelli di passo, che possono essere ammirati non solo sulle rive dei laghi di Pusiano e Alserio, ma anche presso alcune zone umide che il Parco si preoccupa di salvaguardare, come quella detta dei "Fopp" della Fornacetta, tra i comuni di Briosco e Inverigo, acquistata dal Parco e, con opportuni interventi, trasformata in oasi naturalistica.

Gambero di fiume Libellula FP

Gli stagni sono l'ambiente ideale per molte altre forme di vita animale, dagli anfibi, come rane, rospi e tritoni, ai rettili come natrici e colubri, agli insetti come le libellule, i ditischi, le notonette e le immancabili. Le rogge risorgive, per fortuna ancora numerose nel territorio del Parco e, almeno in parte, non del tutto compromesse dall'inquinamento, ospitano un animaletto che si può ormai considerare una rarità e la cui presenza è vista con soddisfazione da tutti gli amanti della natura, poiché vive solo in acque pulite e ben ossigenate, come sono, appunto, quelle di alcune risorgive: parliamo del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), un crostaceo che può raggiungere anche i 15 centimetri di lunghezza, un tempo presente anche nelle acque del Lambro e molto apprezzato dai

buongustai. La presenza del gambero di fiume nelle acque di queste La Valle del Lambro da Monza a Merone - risorgive fa capire quanto sia importante tutelare anche questi ambienti – da ogni forma di inquinamento. 34 Pag.

Si riscontra con soddisfazione che negli ultimi anni gli sforzi fatti per limitare l'inquinamento del fiume Lambro hanno dato esiti positivi e incoraggianti, tanto che le acque del fiume sono tornate ad essere popolate da alcune specie ittiche che per anni erano scomparse, come la trota, la carpa, la tinca, il gabione e il cavedano, frutto in parte di ripopolamenti ma anche di una incredibile capacità di rigenerazione della natura, che sembra voler resistere a tutti i costi alle violenze che l'uomo le ha inflitto negli ultimi cento anni. La nostra rapida panoramica sulla fauna del Parco della Valle del Lambro non può terminare senza ricordare un altro gradito ritorno che fa ben sperare per una riqualificazione degli ambienti del Parco, cioè il martin pescatore; il simpatico e colorato uccelletto, che cattura le sue prede tuffandosi nelle acque di fiumi e stagni, è tornato da alcuni anni a vivere, anche se con pochi esemplari, lungo le rive del fiume Lambro. È un altro segnale positivo circa l'aumentata pescosità del fiume, dato che il martin pescatore si nutre esclusivamente di pesce, ma anche dei felici risultati che sono stati conseguiti grazie agli sforzi del Consorzio del Parco, dei Consorzi di bonifica, degli Enti locali e delle numerose associazioni che in questo territorio operano a favore dell' ambiente.

Il Lambro: resurrezione di un fiume

FP

Nella sua lunga storia si può dire che il Lambro ne ha viste davvero di tutti i colori lungo i 130 chilometri del suo corso. Per migliaia di anni, in realtà, la vita del fiume era trascorsa tranquilla, dominata dai ritmi e dai capricci della natura, mentre l'uomo sfruttava si le sue acque, ma nello stesso tempo accudiva il fiume con grande rispetto, come si fa con le cose da cui dipende la nostra esistenza. Allora il Lambro era vita, era energia, era lavoro e perfino divertimento. Era la civiltà del mulino, la civiltà del fiume, allora pulito e pescoso, tanto che il diritto di pesca era severamente regolamentato, poiché si trattava di un bene prezioso; i prelibati gamberi del Lambro venivano venduti anche a Milano e nelle feste di paese non mancavano mai i croccanti "pessitt del Lamber". La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Il Lambro allora significava anche acqua fresca e pulita per le massaie – che vi lavavano la biancheria; giungevano al lavatoio e, tra un'insaponata e 35 Pag.

una "resentada" fiorivano pettegolezzi di ogni tipo e canzoni più o meno allegre, a seconda delle circostanze. Il Lambro era anche divertimento e quando erano pochi a potersi permettere le vacanze al mare e le Seychelles ancora non esistevano, il Lambro era ... il mare e la spiaggia. Nei giorni feriali erano i ragazzi a frequentare le rive del fiume (a volte ce li portava il prete dell'oratorio), ma nelle domeniche estive si vedevano intere famiglie cercare un angolo d'ombra tra il fiume e il bosco, mentre i più intraprendenti si tuffavano nel fiume da un albero o da una roccia, sfidando a volte il pericolo della corrente e dei gorghi. Tutto questo fu il Lambro fino agli anni Cinquanta-Sessanta, ma il nemico del fiume, l'inquinamento, aveva già cominciato il suo subdolo lavoro molti decenni prima, se si pensa che la prima denuncia scritta di avvelenamento delle acque del Lambro risale al 3 ottobre 1894, quando gli abitanti di Moria di pesci nel fiume Lambro (1995)

Molino Bassi (Sovico) chiesero l'intervento del loro sindaco per far fronte FP alla moria di pesce provocata dallo scarico in fiume di cloro e altri acidi da parte di una manifattura di Triuggio. Se nel 1896 le condizioni del Lambro erano ancora complessivamente buone, tanto che gli studiosi vi riscontravano ancora una notevole varietà di fauna ittica, dopo pochi decenni la situazione era notevolmente peggiorata, fino a che, fra gli anni 1960 e 1970, si arrivò a parlare di morte del fiume; gli occhi e il naso degli osservatori ne avevano ogni giorno la conferma. Erano gli anni delle morie di pesce, di spessi strati di schiume galleggianti, di acque che di ora in ora assumevano le più diverse colorazioni a seconda dei prodotti chimici che decine e decine di aziende di ogni tipo vi scaricavano senza alcun controllo. Nel 1968 si registra un carico inquinante ben al di là del limite La Valle del Lambro da Monza a Merone -

accettabile, tanto che il fiume ha ormai perso la sua naturale capacità di – autodepurarsi; nel 1970 gli studiosi rilevano la totale assenza di fauna 36 Pag.

ittica originaria e nel 1988 il 70% del fiume è giudicato in condizioni di inquinamento estremo. È proprio negli anni '70 del sec. scorso che, dopo aver toccato il fondo della morte biologica, si muovono i primi passi, finalmente, nella direzione di una tutela da esercitare nei confronti di un corso d'acqua che, sfruttato, inquinato e martoriato in mille modi, rappresenta comunque un bene comune, dotato di valori ambientali, certamente, ma anche storici e culturali; insomma, un patrimonio di tutti, della cui salvezza tutti si devono fare carico. All'insegna del motto "Salviamo il Lambro e la sua valle", nel 1975 si tenne a Biassono un convegno sollecitato e promosso da un gruppo di pescatori raccolti attorno all'Associazione Amici del Lambro, di Sovico. Successivamente, la Regione Il Lambro a Merone si colora di rosso giugno 2017 Lombardia, la provincia di Milano e i Comuni rivieraschi firmarono un protocollo di intesa che prevedeva il graduale disinquinamento del Lambro, attraverso la posa di FP un collettore di fondovalle che raccogliesse tutti gli scarichi civili e industriali nel tratto tra Veduggio e Lesmo, convogliandoli al grande impianto di depurazione di San Rocco a Monza. Il Consorzio di Bonifica dell'Alto Lambro, istituito nel lontano 1930, si vide affidato il compito di elaborare il progetto definitivo, dopo di che, ottenuti i necessari finanziamenti, si iniziò a posare i tubi lungo il letto del fiume, operazione che richiese tre anni di lavoro (1982-1985), e a realizzare i collettori secondari che dai centri abitati avrebbero convogliato gli scarichi verso il collettore di fondovalle. Si è trattato di un lavoro ciclopico, reso difficile dalla natura spesso impervia dei luoghi, dai terreni non di rado rocciosi e dalla necessità, in molti tratti, di posare i tubi proprio sotto il letto del fiume, per potervi innestare i collettori La Valle del Lambro da Monza a Merone -

secondari provenienti sia da destra che da sinistra. –

Nel frattempo veniva costruito l'impianto di depurazione di Monza-San 37

Rocco, inaugurato nel 1986, in grado di trattare sia le acque, che dopo il Pag.

trattamento vengono reimmesse nel fiume, sia i fanghi di risulta, che, dopo le necessarie analisi, vengono impiegati come fertilizzanti in agricoltura. Ora la situazione è decisamente migliorata, le acque del fiume sono meno inquinate e la natura è tornata a dare confortanti segnali di ripresa; lungo le rive del Lambro, dopo molti anni, sono tornati anche i pescatori, che proprio nella primavera 1997 hanno organizzato, dopo una lunga assenza, una gara ufficiale di pesca. Ma i problemi non sono certo finiti. Lo dimostrano i criminali attentati alla vita del fiume perpetrati con sversamenti pirata di sostanze tossiche (1987, 1992, 1995), perfino di cianuro, ma lo testimoniano anche le lentezze e le inadempienze delle istitu- zioni, come il mancato utilizzo, per molti anni, del Il Lambro a Monza depuratore di Gaggio, o l'inadeguatezza dell'impianto di Merone. FP Nonostante tutto ciò, il Lambro, almeno nel tratto qui considerato, sembra ritornare alla vita, grazie anche ad una nuova sensibilità diffusa tra la gente e all'operato di numerose associazioni che operano e vigilano perché il fiume della Brianza torni ad essere pulito come un tempo, quando si diceva "ciar cumé l'aqua del Lamber". Anche il Parco Regionale della Valle del Lambro, naturalmente, può giocare un ruolo decisivo nella salvaguardia del fiume e del suo territorio, nel tentativo, arduo ma stimolante, di coniugare lo sviluppo e il benessere con il rispetto della natura.

La Villa Reale di Monza ed il suo Parco Uno dei simboli della città di Monza è sicuramente la Villa Reale con il suo La Valle del Lambro da Monza a Merone -

Parco, un complesso ricco di spunti naturalistici, artistici, storici e – sportivi. 38 Pag.

La Villa fu realizzata a partire dal 1777 su progetto dell'architetto Giuseppe Piermarini per l'arciduca Ferdinando d'Asburgo, che ne voleva fare la propria residenza estiva. Il progetto prevedeva solo l'edificio principale, costituito da tre corpi di fabbrica disposti ad U e il giardino all'italiana, pensato dallo stesso Piermarini con il frutteto e la limonaia, rivolto verso il viale che da Monza porta a Milano. Tutto il complesso rappresenta un ottimo esempio di quello stile neoclassico che alla fine del XVIII secolo si stava diffondendo a Milano, ad opera di una cerchia di architetti tra i quali il nome del Piermarini è sicuramente quello di maggior rilievo. Ispirata ai principi di semplicità, decoro e funzionalità, la Villa fu arredata a decorata da grandi artisti, tra cui il pittore Andrea Appiani, che affrescò con scene delle Storie di Psiche l'ambiente della Rotonda, regalo dell'arciduca Ferdinando alla consorte per La Villa Reale di Monza la ricorrenza del ventesimo FP anniversario di matrimonio. Interessante è anche, nell'ala sinistra della Villa, il teatrino di corte, di Luigi Canonica, con il sipario decorato dal Piermarini con Corteo di Bacco fanciullo, il cui bozzetto è ora conservato al Museo Teatrale della Scala di Milano. La realizzazione degli interni fu invece affidata all'Albertolli, decoratore che disegnò stucchi, intagli lignei, mobili e suppellettili, mentre fu il Maggiolini a realizzare i pavimenti in legno intarsiato, utilizzando ottanta tipi di legno diversi. Al progetto originario vanno riferiti anche i fabbricati di servizio più bassi, il giardino all'italiana e sul retro, questa è la vera novità, il piccolo parco all'inglese, il primo realizzato in Italia, che lo stesso Piermarini volle movimentare con una collinetta artificiale, viali sinuosi, un laghetto e La Valle del Lambro da Monza a Merone -

alcune costruzioni di moda all'epoca, come un tempietto e una torre – circondata da rovine medioevali. 39 Pag.

Si può meglio valutare la forza anticipatrice di questo piccolo parco all'inglese pensando che il primo testo che diffonde in Italia la conoscenza del nuovo gusto dei giardini all'inglese è il volume di Ercole Silva Dell'arte dei giardini inglesi, pubblicato nel 1801. Il 14 dicembre 1805, il Prefetto dell' comunicava alla municipalità di Monza il decreto imperiale di Napoleone, allora anche re d'Italia, col quale creava il Parco Reale, con il duplice scopo di farne una tenuta modello e un luogo di intrattenimento per la caccia. Il Parco venne realizzato per quattro successive annessioni di terreni, appartenenti ai comuni di Monza, Vedano al Lambro, Biassono e San Fiorano, tra il 1805 e il 1808, includendo anche numerose cascine che in parte furono mantenute ed ampliate, in parte demolite. Gli edifici che già esistevano sui terreni annessini annessi erano la Villa Mirabello, costruita dalla famiglia Durini tra il 1656 e il 1675, e la Villa Mirabellino, realizzata per volontà del Cardinal Angelo Maria Durini nel 1776. Terminato il lavoro di delimitazione delle aree del Parco, valutate all'epoca in 6.806.070 mq (oggi la superficie del Parco è di FP 7.325.116 mq), nel 1808 fu costruito il muro di cinta, lungo circa 14 Km., e alto circa 3 m., per il quale furono utilizzati gli ultimi materiali residui delle Interni della Villa Reale di Monza antiche mura demolite della città. Il muro era interrotto da cinque porte che prendono il nome dalle località sulle quali si affacciano: Monza, Vedano, San Giorgio, Villasanta, Biassono. Si era così venuto a costituire uno dei più grandi parchi d'Europa, l'unico completamente recintato da un alto muro. A progettare il Parco e a tracciarne i confini era stato chiamato La Valle del Lambro da Monza a Merone -

l'architetto Luigi Canonica, che dal 1803 si occupava della sistemazione – dei viali di collegamento tra la città e la Villa Reale. Egli ruotò di 90° 40

l'asse di supporto baricentrico del Parco, impostandolo secondo una Pag.

direttrice ideale Milano-Parigi, progettò nuove cascine e altre le trasformò, con attenzione pratica alla funzione agricola cui erano destinate, ma attento anche a manifestare esteriormente il decoro dell'ambiente "regale" in cui erano collocate, senza dimenticare l'aspetto "teatrale" del loro inserimento nell' ambiente del Parco. Al Canonica furono affiancati Luigi Villoresi, che si dedicò alla sistemazione del materiale arboreo, e più tardi l'ingegnere e ispettore architetto dei Palazzi di Corte Giacomo Tazzini. Il risultato del loro lavoro fu un parco chiaramente ispirato al sempre più diffuso gusto romantico, ideato come un continuo susseguirsi di vedute pittoresche, impreziosite da piccoli edifici di vari stili, oltre Il parco di Monza ad alcune cascine in buona parte ancora visibili. Un aspetto importante del Parco della Villa Reale, che oggi purtroppo non è più possibile cogliere, è quello relativo alla sua effettiva funzione

originaria, che appare oggi di grande modernità: il Parco. di Monza fu FP infatti pensato come una grande azienda per la domesticazione, l'allevamento e la produzione di animali e piante, nella logica della pubblica utilità; e, dal punto di vista botanico, doveva essere un immenso vivaio in cui allevare piante indigene ed esotiche, necessarie ad abbellire sentieri, strade e giardini pubblici del Regno. Le vicende storiche del Regno d'Italia hanno influito anche sulla Villa Reale, che passò nelle mani del vicerè d'Italia, per diventare, nel 1859 , dimora dei Savoia e residenza preferita da re Umberto l, che proprio a Monza venne ucciso nel 1900. Dopo l'assassinio, la Villa nel 1919 diventò proprietà demaniale, in attesa che fosse autorizzata la cessione testamentaria sabauda ai comuni di Monza e Milano, avvenuta solo nel 1994, ad esclusione degli appartamenti La Valle del Lambro da Monza a Merone -

reali al piano nobile, la Rotonda dell'Appiani, l'ala sud della Villa e un – rustico. 41 Pag.

Da anni la Villa ed il suo Parco versano in uno stato di allarmante abbandono, aggravato ulteriormente da utilizzi che ne hanno compromesso l'integrità. Dalle seicento sale della Villa gli arredi sono quasi tutti spariti (divisi tra sovraintendenze, musei e istituzioni statali) e gli interni sono stati adibiti ad acquartieramento di truppe durante la prima guerra mondiale, a sale per l'esposizione biennale di arte decorativa dal 1923 al 1927, per l'Istituto superiore per le industrie artistiche dal 1922 al 1943 e a comando della Gestapo durante la seconda guerra mondiale. Negli ultimi decenni è stata ancora sede di un Istituto d'Arte, della Mostra Internazionale di Arredamento e di altre manifestazioni economi- che, artistiche e mondane, come il "Ballo delle debut- tanti"; attualmente il grande complesso neoclas- Il Parco di Monza sico è privo di una destinazione d'uso definita, essendo stata chiusa anche la pinacoteca che vi era ospitata, ricca di centinaia di dipinti soprattutto FP dell'Ottocento lombardo, tra cui numerose tele di Mosè Bianchi. A rendere famoso il complesso architettonico-ambientale di Monza non sono solo le sue bellezze naturalistiche ed artistiche, per la verità piuttosto trascurate, ma anche i numerosi impianti sportivi come il maneggio (l'ex ippodromo di Mirabello è da tempo in stato di abbandono e verrà definitivamente smantellato), campi da polo e da golf a 9 e 18 buche, campi da tennis; ma naturalmente la struttura sportiva più importante (ed anche di maggior impatto ambientale) è quella dell'autodromo, che fu costruito nel 1922 su progetto di Alfredo Rosselli e che ancora oggi è uno dei più famosi circuiti (se non il più celebre in assoluto) per gare automobilistiche. Concepito, per quei tempi, con criteri di assoluta modernità, l'autodromo La Valle del Lambro da Monza a Merone - comprendeva anche una pista per l'alta velocità con curve sopraelevate, – ora dismessa e destinata in gran parte alla demolizione; lo sviluppo della 42 tecnica automobilistica ha poi imposto non poche modifiche al percorso, Pag.

inducendo a ridisegnare le curve di Lesmo e del Vialone e ad introdurre le famose "chicane" di rallentamento. Se in tutto il mondo Monza è nota soprattutto per il suo autodromo, sul quale ogni seconda domenica di settembre si corre il Gran Premio d'Italia di Formula 1, non si può nascondere che questo impianto ha sempre costituito un elemento di forte alterazione dei valori naturalistici e storico- culturali del Parco; non a Giancarlo Baghetti al GP Italia 1960 caso, i gruppi ambientalisti ne chiedono a varie riprese la chiusura, mentre, d'altra parte, motivazioni di carattere storico, .economico e, più in generale, di prestigio internazionale, spingono in direzione della: sua conservazione. Un'ultima annotazione per ricordare che il Parco di Monza ospita anche la Scuola Agraria del Parco di Monza a Cascina Frutteto, che organizza corsi annuali di qualifica professionale per Impiantistica e Manutentore di FP Parchi e Giardini, nonché per Tecnico Florovivaista: alla scuola gli appassionati di botanica possono rivolgersi per visite di gruppo guidate da esperti nel meraviglioso mondo delle piante del Parco. Negli ultimi decenni il patrimonio arboreo del Parco e. stato molto trascurato e occorrerebbe, anche in questo ambito, un deciso intervento di manutenzione e di riqualificazione. In questo senso, fa ben sperare il Piano triennale di interventi che la Regione Lombardia, di comune accordo con Il Consorzio Parco della Valle del Lambro e i comuni di Monza e Milano, ha approvato, prevedendo una serie molto articolata di interventi tesi a ridare alla Villa Reale e al suo Parco, con tutte le loro infrastrutture, una funzionalità e una fruibilità a livello europeo.

La Valle del Lambro da Monza a Merone -

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Pag.

Itinerario archeologico industriale La valle del Lambro, per il suo peculiare utilizzo di cui è stata oggetto nel corso della storia economica degli ultimi duecento anni, si presta molto bene all'individuazione di un itinerario di archeologia industriale. Cominciando da Monza, va ricordato che proprio l'industria tessile, assieme a quella del cappello, fu quella che animò la crescita industriale di questo borgo. Testimonianze di questa attività sono rimaste nella sede storica delle Telerie Frette, costruita sul sito di un antico castello visconteo e negli edifici della Tessitura Pastori e Casanova, tra i quali si segnala soprattutto la palazzina degli uffici (1928). Monza: Telerie Frette – (cartolina Postale) Degli antichi cappellifici, tra i quali ricordiamo la Società Anonima Cappellificio Monzese e il Cappellificio G. Cambiaghi, che fecero di Monza una vera e propria capitale del cappello, troppo poco è rimasto FP perché si presti ad una rilettura storica della loro funzione e del loro rapporto con la città. In via Santuario delle Grazie Vecchie, è invece ancora visibile il nucleo originale del Candeggio E. Frette, costruito nel 1882, nel quale, prima che all'inizio del secolo venissero introdotti i metodi chimici, si praticava il cosiddetto "candeggio al prato", utilizzando le ampie aree prative attigue all'azienda. In via De Amicis si trova l'ultimo mulino rimasto all'interno del centro storico, il Mulino Colombo, salvato grazie ad un intervento di restauro finanziato dal Comune; ora il mulino è gestito dall'Associazione del Museo Etnologico di Monza e Brianza, che vi organizza interessanti iniziative sulla storia e le tradizioni del territorio. Lasciamo Monza non senza ricordare che da qui parte la linea ferroviaria La Valle del Lambro da Monza a Merone - della Brianza, la Monza-Molteno-Oggiono, progettata nel 1900 e costruita – entro il 1911 e oggi al centro di tante polemiche tra chi vorrebbe 44 eliminarla e chi vorrebbe conservarla anche per la sua ancor valida Pag.

funzione di collegamento tra la Brianza centrale e le città di Monza e Milano. Avviandoci decisamente verso nord, il nostro itinerario ci conduce a Sovico, dove sorgeva lo stabilimento della Tessitura E. Frette, costruito nel 1883 con un articolato complesso di edifici, il cui impianto originario è ora solo vagamente leggibile dopo una profonda ristrutturazione che ha destinato il complesso a sede di attività commerciali. Nel tratto del Lambro che interessa i comuni di Triuggio, Albiate, Carate Brianza e Verano si sviluppò nella seconda metà del XIX secolo un'alta concentrazione di industrie tessili, delle quali oggi rimane solo qualche traccia. In località Ponte Albiate, frazione di Triuggio, a ridosso del fiume Lambro, sorsero numerosi opi-fici tessili, ad opera soprattutto delle famiglie Viganò e Caprotti. I primi, un tempo tra i più importanti industriali FP tessili d'Italia, costru- irono la Manifattura Quello che resta della ex filatura Vigano ad Albiate Galeazzo Viganò e si resero promotori anche di opere di pubblica utilità. I Caprotti, invece, costruirono tra il 1867 e il 1884 la Manifattura Caprotti, giunta fino ai nostri giorni pur con inevitabili aggiunte e modificazioni. A Carate Brianza sorsero, sempre sul Lambro, diversi opifici per la filatura del cotone, ora convertiti ad altre attività, ma in qualche modo ancora leggibili nella loro immagine storica. Ci riferiamo, in particolare, alla Filatura Staurenghi e al Filatoio Eraldo Krumm, in località Realdino, costruiti rispettivamente nel 1859 e attorno al 1843; quest'ultimo comprendeva anche, sulla riva opposta del fiume, le La Valle del Lambro da Monza a Merone -

abitazioni degli operai, collegate allo stabilimento per mezzo di una – passerella in ferro. Poco più a monte, nei pressi del ponte di Agliate, 45

troviamo altri manufatti industriali sorti vicino ad antichi mulini sul Pag.

Lambro, come il Lanificio Bevilacqua, in territorio di Verano Brianza, sorto nel 1901, e la Filatura Caprotti, in comune di Giussano, costruita tra il 1895 e il 1897 sull'area già occupata dal mulino detto "del Principe". Purtroppo, tutti questi manufatti sono stati ampiamente compromessi e solo l'occhio allenato può individuare elementi e caratteri delle forme e della destinazione originarie. Risaliamo ancora il Lambro fino a incontrare, nel territorio del comune di Briosco, le strutture abbandonate della ex Cartiera Villa, il cui nucleo originario fu costruito poco prima del 1850, ma che già nel 1858 Cesare Cantù definiva "grandiosa". La cartiera è dismessa dal 1975 e solo ora si prospetta concretamente un possibile riuso di alcune sue parti. Poche centinaia di metri più a nord, in località Peregallo (comune di Briosco) sopravvive uno dei più interessanti esempi di attività preindustriale sul Lambro, l'antico Mulino Ronchi, l'unico superstite degli otto mulini un tempo FP attivi nel tratto Briosco: Mulino Ronchi brioschese del fiume e uno dei pochissimi ancora funzionanti lungo l'intero asse fluviale. Continuando la nostra risalita del fiume, ci inoltriamo in una zona a vocazione laterizia, compresa nei comuni di Briosco, Inverigo e Veduggio; delle numerose fornaci un tempo qui esistenti sopravvivono purtroppo poche tracce, come la piccola Fornace Artistica Riva a Fornaci di Briosco e le strutture abbandonate della Fornace di Gaggio. Proseguendo verso nord, giungiamo a Merone e raggiungiamo la frazione Maglio, che prende il nome dall'esistenza lungo il Lambro, già prima del 1700, di alcuni magli per la lavorazione del ferro. In questa località, come in quella di Baggero (Mulini Gemelli), poco più a La Valle del Lambro da Monza a Merone -

sud, sorgono alcuni mulini ancora discretamente conservati ma non più – attivi. Ma al Maglio segnaliamo soprattutto l'ex complesso serico Isacco, 46 Pag.

costruito tra il 1830 e il 1860 e divenuto, a cavallo dei due secoli, il più importante opificio serico di tutta la Brianza. Gli Isacco possedevano nella zona altri stabilimenti serici, a Casletto, a Rogeno, a Costamasnaga, dove è ancora visibile, ma in stato di abbandono, il filatoio detto "il Colombé". Nella zona altri esempi interessanti sono rintracciabili nella ex filanda Conti a Pusiano, ora adibita a scuola media, e nelle ex filande Dubini di Albavilla e di Bosisio Parini; quest'ultima costituisce un buon esempio di ristrutturazione avvenuta nel rispetto delle caratteristiche originarie.

FP

Bosisio Parini: ex filanda Dubini

La Valle del Lambro da Monza a Merone -

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