nuovo ministro dello Sviluppo Economico: una nomina che sorprende Già viceministro e poi inviato a Bruxelles per seguire i dossier più importanti in Europa, dai migranti ai conti pubblici. Poi il rientro a Roma deciso dal premier Renzi

Una nomina che ha sorpreso. Lo scorso gennaio il governo decise l’avvicendamento a Bruxelles: l’ambasciatore Stefano Sannino veniva sostituito da Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo economico. Lasciava il governo per diventare la persona che avrebbe seguito i dossier importanti con l’Europa: dai migranti ai conti pubblici, passando per le banche fino al Ttip. Domenica il cambio di passo di che ne ha deciso il rientro a Roma. E questa volta dalla porta principale, come ministro dello Sviluppo economico. Un passaggio importante. Che imprimerà probabilmente una nuova spinta alla politica economica del governo. I giudizi sul manager entrato poi nelle fila della politica sono unanimi. E tutti sottolineano la gran mole di lavoro che è in grado di produrre. E soprattutto di farlo per obiettivi concreti e visibili come risultato del metodo imparato in grandi aziende come Ferrari e Sky. E come assistente di Luca Montezemolo (con delega agli Affari internazionali) quando quest’ultimo era a capo della Confindustria, infine come direttore dell’Area strategica Affari internazionali di viale dell’Astronomia. Laureato in giurisprudenza, quattro figli, classe 1973, figlio dell’economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini, da viceministro ha continuato a curare i rapporti con le imprese ma soprattutto a rendere ancora più pronunciata l’internazionalizzazione della nostra manifattura. Da qui il suo impegno sul Ttip, il trattato per gli investimenti e commercio con gli Usa, che si sta negoziando in questi mesi. Trattato che secondo Calenda rappresenta uno snodo essenziale per lo sviluppo e la difesa delle imprese e delle produzioni del Made in . Questi mesi passati a Bruxelles a ricostruire un legame tra le strutture italiane e quelle dell’Unione che erano andate allentandosi, si rifletteranno probabilmente sulla sua azione a Roma. Le tante partite che vedono intrecciarsi i destini di tanta economia italiana, dall’Ilva passando per gli istituti di credito, e le regole della Ue, troveranno nel ministero dello Sviluppo economico un nuovo e attento interlocutore. Nei corridoi della Commissione non è un mistero che la ricucitura tra Jean-Claude Juncker e il governo italiano sia dovuto anche all’opera di un ambasciatore che quando tornerà a Bruxelles avrà ora il rango di ministro. Certo, si dovrà affrontare anche il disorientamento dell’Unione per un così repentino cambio di marcia. Senza contare la sorpresa della diplomazia italiana che aveva visto una modifica sensibile nei meccanismi di nomina degli ambasciatori. Ma quei pochi decimali di crescita italiana sono lì a ricordare al governo quanto lo sviluppo sia la priorità del Paese.

Daniele Manca - Corriere della Sera, 08-05-16

Carlo Calenda ministro dello Sviluppo economico, l’uomo di Montezemolo trasformato in ambasciatore

Il prossimo titolare del Mise, prende il posto di federica Guidi, ha lavorato in Ferrari e poi in Confindustria al fianco dell'attuale presidente di Alitalia, diventando anche coordinatore della sua associazione Italia Futura

La seconda ipotesi é invece piú contorta. Sembra infatti che a Bruxelles non sia affatto piaciuta l'iniziativa di Candidato con Scelta Civica e poi passato al Pd, è stato il primo non diplomatico, scelto da Matteo Renzi, a ricoprire il ruolo di rappresentante dell'Italia presso la Commissione europea. Sarà Carlo Calenda, attuale rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea, il nuovo ministro allo Sviluppo economico. Il premier Matteo Renzi ha annunciato la sua nomina in diretta a Che tempo che fa, spiazzando i pronostici che davano come favoriti il manager Chicco Testa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti. Torna così a riempirsi la casella lasciata libera dalle dimissioni di Federica Guidi, travolta dall’inchiesta sugli impianti petroliferi Eni in Basilicata. Un ritorno al futuro per Calenda, che fino a pochi mesi fa aveva ricoperto il ruolo di viceministro in via Veneto, al culmine di un curriculum tempi ai ferri corti con l’Italia, in una tensione culminata con lo scontro tra Renzi e il presidente Jean Claude Juncker. Così il capo del governo ha deciso di affidare a Calenda quell’incarico che mai era stato ricoperto da un non diplomatico. Per poi richiamarlo in Italia e consegnargli le redini dello Sviluppo economico.

Il Fatto Quotidiano, 08-05-16

Calenda allo Sviluppo economico. Ecco perché Renzi lo ha richiamato Renzi nomina Carlo Calenda ministro. A Bruxelles non funzionava la politica dei 'pugni sul tavolo' La sua nomina a rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea era stata accolta con stupore e diffidenza. Carlo Calenda era stato mandato a Bruxelles per sostituire Stefano Sannino, considerato da Renzi un 'passacarte' incapace di difendere adeguatamente gli interessi dell'Italia nell'Unione professionale e politico sotto l’ala di Luca Cordero di Montezemolo. Nato a Roma nel 1973 dall’economista Fabio Calenda e dalla regista Cristina Comencini, il prossimo titolare del Mise ha infatti lavorato fin dal 1988 per per la Ferrari di Montezemolo, ricoprendo gli incarichi di responsabile relazioni con le istituzioni finanziarie e responsabile Customer Relationship Management. Dopo una parentesi responsabile marketing di prodotto e programmazione per Sky Italia, infatti, Calenda ha lavorato Dal 2004 al 2008, poi, ha seguito Montezemolo diventando primo assistente dell’allora presidente di Confindustria, assumendo prima la delega agli affari internazionali, e poi ricoprendo il ruolo di direttore dell’area strategica affari internazionali di viale dell’Astronomia. E anche l’avventura politica di Calenda è nata ancora sotto il segno di Montezemolo. Il prossimo ministro dello Sviluppo economico, infatti, ha ricoperto anche il ruolo di coordinatore politico dell’associazione Italia Futura, il think tank fondato proprio dall’ex presidente Ferrari. Nel 2013 si è poi candidato alle elezioni politiche nella lista di Scelta Civica, ma non è stato eletto. Nel febbraio 2015, insieme ad altri esponenti della formazione di , ha dichiarato concluso il progetto del partito e ha aderito al Partito Democratico. Quando faceva ancora parte di Scelta Civica, Calenda è stato nominato viceministro dello Sviluppo economico dall’ex premier Enrico Letta, nel maggio 2013. Matteo Renzi lo ha confermato in quel ruolo, per poi promuoverlo a rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea nel marzo 2016. La scelta del capo del governo non aveva mancato di sollevare polemiche. Il premier aveva infatti rimosso l’allora rappresentante a Bruxelles, Stefano Sannino, ritenuto troppo morbido nella linea politica nei confronti della Commissione, ai . Ma dopo poco piú di un mese l'ex manager e braccio destro di Luca Cordero di Montezemolo é stato richiamato a Roma dallo stesso Renzi. Come mai? Due le ipotesi sulla rimozione di Calenda Le opzioni che circolano nei corridoi della Commissione europea sono due. La prima, quella lineare, parla di un Renzi che ripone in Calenda grande fiducia, un uomo che al Mise puó fare la differenza e che a Bruxelles avrebbe potuto fare bene, ma che a Roma fará meglio. A Bruxelles non funzionava la tattica di Calenda dei 'pugni sul tavolo' sostituire un diplomatico di lungo corso come Sannino con un manager catapultato da Roma. L'Unione europea é come uno Stato estero, in cui vigono alcune regole 'diplomatiche' e una serie di consuetudini non scritte. Tutte regole che Renzi ha infranto mandando a monte i fragili equilibri della Bolla (come in gergo viene chiamata la zona delle Istituzioni Ue a Bruxelles). A Calenda riconosciute grandi doti Anche tra gli eurodeputati si respirava un misto di eccitazione e scetticismo. Tutti riconoscevano in Calenda capacità e voglia di fare. 'Ci ha parlato come un generale che deve portare le sue truppe in guerra', ha raccontato ad Affaritaliani.it un eurodeputato dopo un incontro con l'ex ambasciatore a Strasburgo il mese scorso. Per Calenda una strategia sbagliata nell'aopproccio alle Istitutzioni europee Ma a tanti altri, soprattutto ai non politici, non piaceva la politica dei 'pugni sul tavolo'. Semplicemente perché a Bruxelles non funziona. Bisogna alzare la voce nelle sedi e nei momenti opportuni, ma incaponirsi su ogni dossier, su ogni discussione, su ogni incontro non porta da nessuna parte. Bisogna fare come la Germania, mettere le persone giuste nei posti giusti e costruire alleanze. Serve dialogo e la capacità di influenzare i dossier prima che arrivino in discussione. Il successore di Calenda? Un diplomatico di lungo corso E dunque Renzi si é fatto persuaso che la sua scelta di catapultare Calenda a Bruxelles potesse essere rivista. Da qui la decisone di richiamarlo a Roma, lasciandogli tuttavia il compito di mantenere i rapporti con Bruxelles. E chi sostiuirá ora Calenda? Un diplomatico di lungo corso, dicono i bene informati, e su La Stampa provano giá a fare qualche nome: Vincenzo Grassi, Vincenzo Celeste, Luca Giansanti, Maurizio Massari e Mariangela Zappia. Dopo la nomina di Calenda infatti i diplomatici italiani erano insorti, arrivando persino a inviare una lettere di protesta al premier definendo la nomina di Calenda irrituale e chiedendo in sostanza che i posti da diplomatici fossero lasciati ai diplomatici.

Tommaso Cinquemani - AffarItaliani, 09-05-16

Chi è Carlo Calenda, il nuovo ministro dello Sviluppo Economico amico di Montezemolo

Per mandarlo in Europa Renzi aveva litigato con gli ambasciatori, ma dopo neanche due mesi torna in Italia. Sarà ministro al posto di Federica Guidi. Un po' manager e un po' politico

«Lo avevamo mandato a Bruxelles, ma non immaginavamo lo scandalo dell’inchiesta di Potenza», così Matteo Renzi mette le mani avanti sulla prima e scontata polemica che porta con se la nomina di Carlo Calenda al ministero dello Sviluppo economico: «A noi serve uno importante che sia in grado di maneggiare il ministero, uno che già governava la macchina, che sia in grado di impostare un lavoro proiettato sul futuro e Calenda è la persona giusta», è sicuro Renzi mentre annuncia la successione a Federica Guidi, seduto sulla poltroncina dello studio di Fabio Fazio. Calenda, in effetti, al ministero dello Sviluppo economico c’è già stato due volte, da viceministro sia con il governo Letta sia con il governo Renzi. Però era poi stato spedito in Europa, ecco la polemica, peraltro con grande scorno degli ambasciatori che in 200 avevano scritto al governo per protestare. Era stato indicato, sempre da Renzi, come Rappresentante dell'Italia presso l'Unione Europea. Era marzo e il lavoro si diceva delicatissimo: talmente delicato che dopo neanche due mesi Calenda può però lasciarlo. Pazienza. Per via Veneto, archiviata l’ipotesi Chicco Testa, il manager nuclearista e presidente di Assoelettrica, prima scelta del premier, non si è trovato di meglio. Non ce la si è sentita, ad esempio, di privare palazzo Chigi del sottosegretario Claudio De Vincenti, economista, anche lui già passato per lo Sviluppo economico, ma da sottosegretario, con Monti, Letta e poi Renzi. De Vincenti è però il tuttofare di palazzo Chigi, quello che porta a termine i fascicoli e quindi bisogna proprio richiamare Calenda. Incuranti dello sgarbo diplomatico sull’Europa e pure del passato da manager di Calenda. Una figura completamente politica o teorica avrebbe dato meno spazio alle opposizioni, dopo il caso del conflitto di interessi di Federica Guidi e il passo falso dell’indiscrezione su Testa. Ma Renzi non crede che Calenda offrirà il fianco. Perché è un po’ politico e un po’ manager, un ibrido, Calenda, figlio dell’economista Fabio e della regista Cristina Comencini, e quindi nipote di Luigi che gli fece fare il piccolo Enrico nello sceneggiato televisivo Cuore. Pariolino, ma studente al rosso liceo Mamiani, per poco tempo tesserato Fgci, Calenda diventa presto il fidato assistente di Luca Cordero di Montezemolo. Laurea in giurisprudenza, in diritto internazionale, passa dall’occuparsi di diritti tv alla Ferrari, dove segue il marketing e la quotazione in borsa del Cavallino. Molla Montezemolo per fondare Sky in Italia, poi però torna a casa, e segue il maestro in Confindustria dove diventa direttore degli affari internazionali. Anche il ritorno alla politica è nel segno di Montezemolo, visto che avviene con Italia Futura, la fondazione che doveva lanciare il super manager nell’agone politico. Non se ne farà nulla, come noto, salvo numerose comparsate nei talk, ma Calenda invece finirà candidato con Scelta Civica. Non viene eletto ma fortuna che c’è Letta che lo recupera al governo, e così Calenda può fare autocritica sereno: «Poche iniziative nella storia politica italiana hanno avuto una parabola così bruscamente discendente come quella di Scelta Civica. Personalmente sento di avere molte responsabilità in proposito a partire dalla retorica sulla superiorità della società civile che per anni ho coltivato già a partire dal mio impegno in Italia Futura. Oggi penso che questa sia stata una delle cause principali del nostro fallimento». Ora a via Veneto deve riprendere in mano i dossier aperti. Primo tra tutti quello dell’Ilva.

Luca Sappino - L'Espresso, 09-05-16

Il MiSE ha un nuovo volto. Chi è Carlo Calenda e cosa farà sull’energia?

Renzi ha annunciato il successore della Guidi allo Sviluppo Economico. Calenda, già viceministro nominato da Letta e confermato dall’attuale premier, dopo una brevissima parentesi come diplomatico a Bruxelles si troverà ad affrontare molti temi urgenti in campo energetico

L’annuncio di Matteo Renzi è arrivato in diretta televisiva, durante la trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” di domenica 8 maggio. Il nuovo titolare dello Sviluppo economico sarà Carlo Calenda. Stop quindi al toto-ministro che nelle ultime settimane aveva fatto circolare diversi nomi, in particolare quelli del presidente di Assoelettrica, Chicco Testa, e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti o di Teresa Bellanova, attuale viceministro al MiSE. È stato lo stesso premier a spiegare il perché della sua scelta: Calenda conosce molto bene gli ingranaggi del dicastero, essendo stato viceministro del MiSE già con il Governo Letta nel 2013 e poi confermato da Renzi, prima di essere inviato a Bruxelles come rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea. Quest’ultima è stata una decisione molto criticata, perché Calenda non è un diplomatico in carriera bensì un politico/manager; però la sua parentesi europea è durata pochissimo, appena un mese e mezzo. Nemmeno il tempo di sistemare la sua nuova scrivania (Calenda ha sostituito Stefano Sannino nella sede diplomatica il 21 marzo) che si è materializzato il terremoto politico che di lì a poco avrebbe creato le condizioni per il suo ritorno in via Veneto. Il 31 marzo, infatti, come sappiamo, si è dimesso il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, travolta dallo scandalo sui favori alle lobby del petrolio in Basilicata. In quegli stessi giorni, Renzi era impegnatissimo a promuovere le ragioni dell’astensionismo al referendum del 17 aprile sulle piattaforme offshore entro le 12 miglia marine. Disinnescata la votazione referendaria, il premier ha preso la decisione forse più “facile”, nel segno della continuità: il ritorno di Calenda al MiSE e sulla poltrona più importante. Del resto, Renzi a “Che tempo che fa” ha ricordato gli ingredienti che lui ritiene indispensabili per il rilancio economico del nostro Paese: innovazione e investimenti nei mercati esteri. Allora Calenda sembra l’uomo giusto per sostituire Federica Guidi. Classe 1973, figlio dell’economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini, la sua carriera è decollata nell’ambito imprenditoriale, lavorando in Ferrari e Sky Italia, per poi diventare primo assistente di Luca Cordero di Montezemolo durante la sua presidenza a Confindustria dal 2004 al 2008. Calenda è stato coordinatore politico dell’associazione Italia Futura, fondata dall’ex presidente della Ferrari; nel 2013 è candidato alle elezioni politiche nella lista di Scelta Civica, senza però essere eletto. Il 2 maggio di quello stesso anno, Enrico Letta lo nomina viceministro dello Sviluppo economico con delega al commercio estero, ruolo in cui sarà poi confermato da Renzi. Nel frattempo, all’inizio del 2015, Calenda era entrato nel Partito Democratico, dichiarando terminato il progetto di Lista Civica. Come si comporterà Calenda alla guida del MiSE? Dalla sua attività quando era viceministro, sappiamo che ha promosso diverse missioni imprenditoriali italiane all’estero, sostenendo la necessità per le nostre aziende di aprirsi a una dimensione sempre più internazionale (che spesso, però, ha significato favorire l’acquisto/controllo delle imprese italiane da parte di investitori stranieri). Nel campo dell’energia è presumibile che il prossimo ministro rimarrà sulla scia della politica perseguita da Federica Guidi. Appare difficile ipotizzare un cambio di rotta rilevante sulle questioni di strategia energetica nazionale, che da ormai da parecchi mesi hanno visto un sostanziale blocco degli investimenti nelle fonti rinnovabili, a causa del ritardo accumulato proprio dal MiSE nel definire il decreto con le regole e gli incentivi per le tecnologie pulite diverse dal fotovoltaico. Sulla scrivania di via Veneto, Calenda troverà alcuni nodi molto complessi da sciogliere in campo energetico: non solo il futuro delle rinnovabili, con l’attenzione ormai rivolta già al periodo 2017-2019, ma anche il ruolo da assegnare alla ricerca/estrazione degli idrocarburi sul territorio nazionale, più altre questioni aperte come, ad esempio, lo sblocco della filiera del biometano e delle iniziative di efficienza energetica nell’edilizia e nei trasporti.

QualEnergia, 09-05-16

Un montezemoliano in Via Molise. Ecco chi è Carlo Calenda, il nuovo ministro dello Sviluppo Economico

Sarà Carlo Calenda, attuale rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea, il nuovo ministro allo Sviluppo economico

Il premier Matteo Renzi ha annunciato la sua nomina in diretta ieri a Che tempo che fa, spiazzando di fatto i pronostici che davano come favoriti il manager Chicco Testa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti. Arriva, dunque, il nome tanto atteso per riempire la casella lasciata vuota dopo le dimissioni dell’ex ministro, Federica Guidi. Nato a Roma nel 1973 dall’economista Fabio Calenda e dalla regista Cristina Comencini, il prossimo titolare del Mise è cresciuto sotto l’ala protettrice di Luca Cordero di Montezemolo, avendo lavorato nella Ferrari, ricoprendo gli incarichi di responsabile relazioni con le istituzioni finanziarie e responsabile Customer Relationship Management. Ma non basta. Dal 2004 al 2008, poi, è diventato primo assistente dell’allora presidente di Confindustria, assumendo prima la delega agli affari internazionali, e poi ricoprendo il ruolo di direttore dell’area strategica affari internazionali di viale dell’Astronomia. E anche l’avventura politica di Calenda è nata ancora sotto il segno di Montezemolo. Il prossimo ministro dello Sviluppo economico, infatti, ha ricoperto anche il ruolo di coordinatore politico dell’associazione Italia Futura, il think-tank fondato proprio dall’ex presidente Ferrari. Nel 2013 si è poi candidato alle elezioni politiche nella lista di Scelta Civica, ma non è stato eletto. Nel febbraio 2015, insieme ad altri esponenti della formazione di Mario Monti, ha dichiarato concluso il progetto del partito e ha aderito al Partito Democratico. Ma Calenda è uno che conosce bene il palazzo di Via Molise. Con Enrico Letta, infatti, è stato nominato viceministro dello Sviluppo economico nel maggio 2013. Matteo Renzi, peraltro, lo ha confermato in quel ruolo, per poi promuoverlo a rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea nel marzo 2016. La scelta del capo del governo non aveva mancato di sollevare polemiche, dato che era la prima volta che si affidava quell’incarico a un non diplomatico. Insomma, massima fiducia nei confronti di Calenda. Tanto da richiamarlo ora in Italia per guidare il ministero dello Sviluppo Economico.

La Notizia, 09-05-16 10

Calenda torna a Roma, che figuraccia con Bruxelles!

È il miglior ministro dello Sviluppo Economico che potevamo permetterci? Probabilmente sì. Ma cambiare in corsa il nostro ambasciatore in Europa dopo quattro mesi è una leggerezza che potrebbe costarci caro. Ed è figlia dell’incapacità di Renzi di costruire una classe dirigente

Era il 20 gennaio, meno di quattro mesi fa, quando Carlo Calenda, viceministro allo sviluppo economico, fu mandato da Matteo Renzi a sostituire Stefano Sannino come ambasciatore italiano all’Unione Europea. Una mossa di forte rottura - era da mezzo secolo o forse più che non si nominava ambasciatore qualcuno che non fosse diplomatico in carriera - che fece arrabbiare tutti: le feluche, che inviarono una lettera di protesta al Presidente della Repubblica con duecento firme in calce. E la stessa Unione Europea, soprattutto, che in pieno scontro con il governo italiano - erano i giorni dei dardi acuminati che partivano da Roma contro Bruxelles e Berlino - si ritrovava a dover trattare con un manager prestato alla politica, di quelli tosti. Meno di quattro mesi, dicevamo, e Calenda lascia Bruxelles per diventare ministro allo sviluppo economico, dopo le dimissioni di Federica Guidi. Per carità, una scelta giusta, quella di “promuovere” chi era stato, nei fatti, una specie di ministro ombra sia nel governo guidato da Enrico Letta, sia in quello di Matteo Renzi. Il migliore che potremmo avere. Tutto giusto, se non fosse, per l’appunto, che Calenda doveva essere la nostra testa d’ariete in Europa, in una fase più che cruciale, fatta di migranti, clausole di salvaguardia, crisi bancarie, flessibilità sui parametri di bilancio. Mandarlo via dopo quattro mesi significa fare un dietrofront clamoroso rispetto alla strategia adottata, esponendosi al rischio di una figuraccia enorme con le tecnocrazie e le cancellerie europee. Il tutto, semplicemente, perché non c’era nessun altro da mettere al ministero dello sviluppo economico. Per chi dice che Renzi non è riuscito a costruire, in questi tre anni, una classe dirigente degna di essere definita tale, al di là di qualche ottimo nome - Calenda, ma non solo - cui sono affidati tutti i dossier cruciali questa è una specie di sentenza definitiva. E forse, nella valutazione della sua avventura governativa, è il punto più critico di tutti.

Francesco Cancellato - Linkiesta, 09-05-16

Sede vacante a Bruxelles Il Corriere della Sera sabato aveva messo il dito nella piaga: dopo l'uscita di scena di Federica Guidi, Matteo Renzi era alla ricerca di un sostituto all'altezza per il ruolo di ministro dello Sviluppo economico

Ma il non averlo ancora individuato, era l'analisi del quotidiano, era sintomo di una carenza di personale politico sufficientemente affidabile. E nella rosa dei candidati, era stata esclusa la possibilità di richiamare Carlo Calenda “dalla missione diplomatica, visto che è appena partito per Bruxelles”. Ma non aveva fatto i conti, il Corsera, con la spregiudicatezza del premier che invece, tra l'altro in una sede quanto mai impropria, ha annunciato proprio la scelta di Calenda per guidare il Mise. Appena a gennaio, Renzi era passato sopra alla rivolta delle feluche per imporre la scelta di una persona al di fuori della carriera diplomatica per la sede di Bruxelles. Visto il cambio di tono tra le istituzioni comunitarie e il governo di Roma in questi ultimi mesi, l'azione di Calenda aveva iniziato a dare alcuni risultati. Adesso, la decisione di richiamarlo a Roma interrompe un lavoro appena avviato proprio in una fase in cui Bruxelles dovrà valutare le sollecitazioni di Roma per una maggiore flessibilità del bilancio comunitario in grado di rispondere adeguatamente alla crisi dei migranti e facilitare la ripresa degli investimenti. Per cui sanata la sede vacante a via Veneto se ne apre subito un'altra. Senza considerare il danno di immagine per la scarsissima considerazione verso le istituzioni europee che questo balletto di nomine comporta. Ricorda, per la sua sconsideratezza, la vicenda di Franco Maria Malfatti, primo presidente italiano della Commissione europea, entrato in carica il primo luglio 1970 e dimessosi nel marzo 1972 per concorrere alle elezioni politiche italiane di quell'anno. È stato il primo e unico presidente della Commissione in carica a dimettersi per ragioni di politica interna. Per finire la nomina di Calenda scontenta quanti speravano che fosse arrivato il turno dell'arrivo a via Veneto di uno che si intende di energia. Aspettativa vana.

Staffetta Quotidiana, 09-05-16 11

L'uomo solo al comando Il caso Calenda docet Persona preparatissima. Molto adatto alle funzioni assegnategli dal premier a Bruxelles solo tre mesi fa, ma certo con un curriculum tutt’altro che politico. Poi, il 5 aprile il posto di ministro allo Sviluppo economico resta vacante per le dimissioni di Federica Guidi. Più di un mese di attesa e ieri sera arriva l’annuncio di Renzi. Calenda torna a casa a fare il ministro dello Sviluppo. Della sua competenza nessuno dubita, ma si aprono due quesiti. Intanto come il vorticoso turn over verrà preso a Bruxelles. Poi si tratta di una soluzione tecnica per un ministero che ha uno spessore politico. Il 7 febbraio scorso, alla scuola di formazione del Pd, il premier ha parlato di tante cose e di un partito presente sul territorio. Per ora le parole non hanno trovato seguito. Certo, il ricordo dei partiti non è buono e i partiti tradizionali sono messi maluccio in tutta Europa. Eppure, l’alternativa sta qui: fra il partito del leader che diviene leader senza partito e il partito che seleziona una nuova classe dirigente. Al Pd, come del resto agli altri partiti, continua a mancare proprio questo. È il male che affligge da venticinque anni la democrazia italiana più delle altre democrazie europee. I vecchi partiti sono finiti male. Nessuna nostalgia. Ma per cinquant’anni hanno selezionato una classe politica. E se andiamo a vedere chi, soprattutto nel primo ventennio repubblicano, chapeau. La questione resta ineludibile, anche se abbiamo fatto finta che il problema non esistesse. Le conseguenze di questa debolezza si vedono bene quando si vanno a fare le liste per le comunali o quando si debbono individuare i candidati sindaco piuttosto che i ministri. Manca la struttura che forma e seleziona. La scelta diviene un’estemporanea cernita del capo o fra gli amici del capo. Magari qualcuno è valido e vince le elezioni e si comporta egregiamente. Ma questo non risolve il problema. Il “grillino” pescaggio indiscriminato dalla cosiddetta “società civile” di uomini e donne utili a coprire posizioni di responsabilità amministrativa e politica non prescinde dalla formazione e dalla capacità, non solo tecnica, a gestire questi ruoli. Altrimenti, il primato della politica, da difendere, soccombe. Poi è la stessa “società civile” a rivoltarsi contro coloro che si sono fatti politici senza esserlo. E si torna al punto di partenza. Sandro Rogari - Quotidiano Nazionale, 09-05-16