Arrigo Boito
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ARRIGO BOITO Poeta, narratore e compositore Arrigo Boito è noto per il suo melodramma "Mefistofele" e per i suoi libretti d'opera. Arrigo Boito nasce a Padova il 4 febbraio 1842; dal 1854 studia violino, pianoforte e composizione al Conservatorio di Mila no. In questo periodo, muore la madre l'11 giugno 1859, si stabilisce a Milano Camillo, il fratello primogenito, che gli saràsempre prodigo di sostegno e d'affetto e che lo introdurrà, in anni successivi, in alcuni tra i più importanti salotti culturali de lla città . Finiti gli studi si reca a Parigi con Franco Faccio dove prende contatto con Gioacchino Rossini, quando questi viveva alla periferia della capitale francese. Verdi incarica Boito di scrivere le parole per un Inno delle nazioni da eseguirsi dura nte la cerimonia inaugurale dell'Esposizione internazionale di Londra il 24 maggio 1862. Arrigo botto viaggeràpoi in Polonia, Germania, Belgio e Inghilterra. Torna a Milano e, nella metropoli lombarda guadagna una posizione di rilievo nel movimento della Scapigliatura, partecipa alla vita di salotti come quello della contessa Maffei, quello meno celebre e meno tradizionalista di donna Vittoria Cima e quello dei conti Lurani, si legò d'amicizia tra l'altro con E. Praga, G. Camerana, G. Verga, L. Capuana, L . Gualdo, G. Giacosa, col quale stabilisce una vera e propria fraternità d'arte. Il sodalizio col Praga dà vita a una commedia in prosa scritta in collaborazione, Le madri galanti, male accolta dal pubblico del Teatro Carignano di Torino nel marzo del 186 3, e alla condirezione, con l'aiuto di B. Zendrini, dell'ebdomadario Figaro, distintosi, dal gennaio al marzo 1864, per le violente polemiche letterarie, specialmente contro la scuola manzoniana, in nome di un'arte anticonformista e realista. Nel 1866 Boi to si arruola coi volontari garibaldini nello stesso reggimento del Faccio. A questa breve parentesi bellica risalgono le prime lettere d'amore che sono rimaste, dirette alla contessa, poi duchessa, Eugenia Litta: la stessa che assister à da un palchetto d ella Scala, la sera del 5 marzo 1868. Nel 1868 alla Scala di Milano viene rappresentata la sua opera "Mefistofele", basata sul "Faust" di Goethe. Al suo debutto l'opera non viene accolta benevolmente, tanto che provoca disordini e scontri per il supposto i mplicito "Wagnerismo". Dopo due rappresentazioni la polizia decide di interrompere le esecuzioni. Boito successivamente rivedr à drasticamente l'opera, riducendola: la parte di Faust, scritta per baritono, verr à riscritta in chiave tenorile. La nuova versio ne viene rappresentata al Teatro Comunale di Bologna nel 1876 e ottiene un grande successo; unica fra le composizioni di Boito, entra nel repertorio delle opere ancor oggi rappresentate e registrate con maggiore frequenza. Negli anni successivi Boito si de dica alla stesura di libretti per altri compositori. I risultati più notevoli riguardano "La Gioconda" per Amilcare Ponchielli, per la quale utilizza lo pseudonimo di Tobia Gorrio, anagramma del suo nome, "Otello" (1883) e "Falstaff" (1893) per Giuseppe Ve rdi. Altri libretti sono "Amleto" per Faccio, la "Falce" per Alfredo Catalani e il rifacimento del testo del "Simon Boccanegra" (1881) di Verdi. La sua produzione si compone anche di poesie, novelle e saggi critici, soprattutto per la "Gazzetta musicale". Le sue poesie ripercorrono quasi sempre il tema disperato e romantico del conflitto fra il bene e il male, e il "Mefistofele" costituisce il suo esempio più emblematico. Boito Scrive una seconda opera intitolata "Ero e Leandro", ma insoddisfatto la distrug ge. Poi inizia la composizione di un'opera che lo impegner à per anni, il "Nerone". Nel 1901 pubblica il relativo testo letterario, ma non riesce a portare a termine l'opera. Verr à completata in seguito da Arturo Toscanini e Vincenzo Tommasini: il "Nerone" viene rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala il giorno 1 maggio 1924.Direttore del Conservatorio di Parma dal 1889 al 1897, Arrigo Boito muore il 10 giugno 1918 a Milano: la sua salma riposa nel Cimitero Monumentale della citt à . MEFISTO FELE Nella prima versione di Mefistofele, Boito articolò il dramma in cinque atti e un intermezzo sinfonico - descrittivo tra il primo e il secondo atto; in questa versione si mescolarono il testo di Goethe e le personali prese di posizione di Boito (per es empio, un fervente anti - cattolicismo e altri elementi cari alla Scapigliatura, di cui Boito era membro), cosa che spinse il compositore a pubblicare alcune settimane prima della pr é mi é re il libretto dell’opera contenente un suo commento esplicativo: lì chi arisce e spiega i passaggi più oscuri per il pubblico milanese. Nonostante le cautele, l’accortezza nella stesura del libretto e il gigantesco lancio pubblicitario, il 5 marzo 1868, la prima di Mefistofele al Teatro alla Scala, diretta dallo stesso Arrigo Boito, fu un memorabile fiasco: l’eccessiva densità del libretto (ricco di discettazioni filosofiche, teologiche e morali) e la distanza dello spettacolo dal melodramma vero e proprio causarono una rivolta da parte del pubblico; la spaventosa lunghezza del l’opera – quasi sei ore – mise k.o. anche i più agguerriti melomani. Un insuccesso di questo tipo avrebbe fatto desistere molti musicisti, ma Boito non si piegò: fermamente convinto che il Mefistofele avrebbe rinnovato il melodramma italiano, raccolse que sta sfida e rimaneggiò pesantemente la partitura e il libretto originali; smussò le proprie posizioni, modificò (o cancellò) le parti maggiormente contestate, eliminò le erudite dissertazioni e tutto ciò che rallentava l’azione scenica (in particolare il p rimo quadro all’Atto IV e l’intermezzo sinfonico - descrittivo) per rendere il melodramma più omogeneo e contenuto nei tempi senza, tuttavia, fargli perdere lo spiccato carattere di “opera avveniristica”. Oltre agli impietosi tagli, Boito apportò altre rilev anti modifiche, trasformando Faust da baritono in un più convenzionale tenore. In questo modo, per usare le parole dello storico della musica Michele Girardi, «il codice del melodramma tornò a parlare più chiaramente al pubblico, informandolo che l’eroe ag isce per amore del soprano […] e non della conoscenza». Prologo in cielo Nebulosa . Dopo il preludio, echeggiano dietro la nebulosa i cori della prima falange celeste che inneggiano al Signore ( Ave signor degli angeli e dei santi ). Compare Mefistofele ( Av e signor, perdona se il mio gergo ), che sfida il creatore, affermando altresì di poter tentare il vecchio Faust. Il Chorus Mysticus acconsente, e Mefistofele è sicurissimo della sua vittoria. Esce successivamente di scena al comparire dei cherubini che, as sieme alle penitenti, alle falangi celesti e a tutto il paradiso, rendono una lode finale al Signore, tramite un grandioso inno sinfonico/corale in Mi maggiore. Atto I: La domenica di Pasqua Scena I: Francoforte sul Meno. Durante le celebrazione della do menica della Pasqua, fra parate militari e cori e danze dei popolani, Faust e l'amico/allievo Wagner osservano incuriositi uno strano Frate Grigio. Scena II: Faust si interroga sull'amore di Dio verso l'uomo ( Dai campi, dai prati ) e incontra il Frate Grigi o, alias Mefistofele ( Son lo spirito che nega ) al quale concede l'anima in cambio della sapienza e della giovinezza. Mefistofele otterrà l'anima di Faust, se quest'ultimo, appagato dalla vita, dirà all'attimo fuggente «Arrestati, sei bello!». Atto II: Il giardino, La notte del Sabba romantico Faust, sotto il falso nome di Enrico, incontra la giovane Margherita, e i due si innamorano ( Cavaliero illustre e saggio ), mentre Mefistofele tenta di sedurre Marta. I due discutono sulla religione e Faust, richiesto da Margherita se crede in Dio, le dà una risposta ambigua: amore, vita ed estasi sono Dio, è solo un modo di definirle con una sola parola. Margherita vorrebbe trascorrere la notte con lui, ma non può perché la madre è in casa, e Mefistofele le dà una boc cetta contenente sonnifero (in realtà veleno). Alla fine le due coppie di amanti si rincorrono per il giardino e si abbracciano. Nella seconda scena, Mefistofele porta Faust sul monte Brocken ( Su, cammina, cammina ), e gli mostra il sabba romantico. Gli str egoni e le streghe rendono omaggio a Mefistofele. Dopo l'aria Ecco il mondo cantata da Mefistofele in cui scherza sulla generale stupidità del genere umano ma anche sul suo stesso ruolo di Male assoluto e supremo Tentatore, compare l'immagine di Margherita . Faust ne è turbato: sembra sia stata decapitata, e il diavolo ironizza paragonandola a Medusa decapitata da Perseo. Mefistofele fa in modo che l'immagine scompaia, e il sabba riprende. Atto III: La morte di Margherita Margherita è condannata a morte pe r aver ucciso la madre e il figlio ( L'altra notte in fondo al mare ). Faust giunge con Mefistofele e cerca di convincerla a farla scappare ( Lontano, lontano ). Ma la donna, riconoscendo in Mefistofele il Diavolo, rifiuta di scappare con Faust, e l'anima dell a donna ascende al cielo ( Enrico, mi fai ribrezzo ). Atto IV: La notte del Sabba classico Mefistofele mostra a Faust la notte del sabba classico. Le coretidi e le ninfe rendono omaggio alla bella Elèna di Troia, che però ha un'orribile visione della dist ruzione della città da parte degli Achei ( Notte, cupa, truce ). Faust compare e seduce Elèna ( Forma ideal, purissima ). Epilogo: La morte di Faust Faust, tornato vecchio, è intento alla costruzione di un nuovo mondo, e, affascinato dalla prospettiva della propria opera ( Giunto sul passo estremo ), non vuole più concedere l'anima a Mefistofele. Compaiono le schiere angeliche che distolgono Faust dal diavolo. Mefistofele cerca di ipnotizzarlo ancora, ma Faust, davanti alle visioni celesti, pronuncia la fatidi ca frase: «Arrestati, sei bello», rivolta all'attimo fuggente. Mefistofele ha vinto la scommessa, ma una penitente (che è Margherita) intercede per Faust presso Dio: mentre risuonano i canti delle schiere angeliche che avevano aperto l’opera, l'anima di F aust è salva, Mefistofele sprofonda nella terra, irradiato dalla luce dei cherubini.