IL SILE

2019 Parco Naturale Regionale del Fiume Sile

Il Sile nasce da risorgive – fontanassi nella parlata locale – che affiorano nei comuni di e Piombino Dese nelle province di e Padova. Di qui scorre sinuoso verso est e bagna il capoluogo della Marca, da dove piega a sud-est verso l’Adriatico dove un tempo sfociava in località Portegrandi: oggi vi si getta tra il Lido di e il Litorale del Cavallino perché nel 1683, per scongiurare il tanto temuto interramento della Laguna, Venezia deviò le sue acque col canale Taglio del Sile nel vecchio letto del Piave, deviato a sua volta più a est1. Da sempre il clima mite e la navigabilità e abbondanza di acque hanno spinto l’uomo a stabilirsi sulle sue rive, come rivelano i reperti di culture palafitticole delle età del bronzo e del ferro. Circa 2500 anni fa una violenta inondazione dovette portare all’abbandono dei luoghi cancellandone ogni presenza umana. I Romani diedero poi nuovo impulso all’economia del bacino che divenne punto di raccolta dei prodotti agricoli, asse strategico per il controllo militare della pianura trevigiana fino al Piave, via di comunicazione con l’allora fiorente porto di Altino sull’Adriatico2.

1 http://www.parcosile.it/pagina.php?id=11 in Parco naturale regionale del fiume Sile http://www.parcosile.it/index.php URL visitata il 25 gennaio 2019. 2 R. Bellio, Sile, vita di un fiume, Treviso, T.E.T. 1981, pp. 15-16. Nel Medioevo Il Sile fu solcato dai burci, che scendevano a vela o risalivano trainati da buoi lungo le alzaie, qui dette restere. Venezia, poi divenuta nuovo emporio commerciale al posto di Altino, riceveva gran parte della produzione agricola e vinicola trevigiana per la popolazione e la flotta3. Da sempre attenta all'uso e alla tutela delle acque, confermò gli antichi statuti di Treviso regolando la sistemazione e periodica escavazione dei canali e l’attività dei mulini che macinavano la farina, disseminati lungo le rive4. A testimonianza del secolare lavoro umano restano i ricordi di antichi mestieri che il fiume ha ispirato: barcari, mugnai, lavandaie, cariolanti, artigiani per fare scope e impagliare sedie, costruire nasse e reti da pesca5. Nell’Ottocento l’acqua si abbassò a poco a poco ostacolando la navigazione fino a Treviso. Le numerose escavazioni abusive aumentarono la velocità della corrente rendendo più pendente l’alveo e il fiume meno percorribile6: il porto fu spostato dal centro cittadino alla vicina periferia sud. Eppure, grazie anche al diffondersi dei natanti a motore, nel primo Novecento continuò una prospera navigazione commerciale sul fiume accanto al crescente trasporto su rotaia, mentre le escavazioni ripresero alacremente negli anni Venti per destinare gli inerti alla nuova zona industriale di porto Marghera e al ponte stradale translagunare di Venezia7. L’industrializzazione portò a crescenti necessità di energia che richiesero la creazione di centrali idroelettriche: una nel 1917 a Ponte San Martino, nel cuore del capoluogo, e negli anni Cinquanta altre due tra Treviso e . Intanto l’alveo del Sile continuava a subire interventi per evitare le aree stagnanti e la diffusione della malaria. In altri punti alcune anse furono tagliate, e a Silea fu creato un rettilineo fluviale per rendere più veloce la navigazione. Si tentò anche di rilanciare una nuova area industriale e la navigazione sul fiume, ma non ebbe gli effetti sperati. I tempi ormai erano quelli del trionfo del trasporto su strada, benché la navigazione fluviale, seppur limitata ad alcuni prodotti, risultasse ancora concorrenziale8. Dagli anni Settanta del Novecento il Sile, da grande via di comunicazione tra Venezia e l’entroterra è divenuto una via abbandonata, se si eccettuano i natanti con finalità turistica. Le politiche di quegli anni cancellarono infatti definitivamente il trasporto fluviale e sulle sue rive chiusero aziende che per decenni avevano dato il pane ai residenti. Quel lento declino ha lasciato traccia nel Cimitero dei burci, resti di defunte imbarcazioni lasciate in un’ansa del fiume a , alcune delle quali risalenti agli anni Trenta del Novecento9. Oggi i problemi più rilevanti accomunano il Sile a numerosi altri corsi d’acqua: lo scarico abusivo di rifiuti, lo sversamento di scarichi dei depuratori, il proliferare nelle sue acque di specie aggressive che hanno fatto piazza pulita di quelle autoctone, la cementificazione diffusa che aggrava il rischio di esondazioni nelle immediate vicinanze. A sostegno di queste affermazioni si dovrebbe citare una bibliografia infinita e assai triste di relazioni di studiosi, articoli di cronaca, interrogazioni in Consiglio regionale. Vi si accenna, perché non è possibile dimenticare che le ville al centro di questa esposizione sono nate dal fiume e per il fiume e ora, occhieggianti tra salici e ontani, sembrano solo contemplarne malinconicamente l’agonia.

3 C. Pavan, Sile. Alla scoperta del fiume. Immagini, storia, itinerari, Editore Camillo Pavan, Treviso 1989, p. 29; R. Brevedan, Importanza economica del bacino del Sile, Treviso 1913, pp.60-61. 4 C. Boccazzi, Mulini sul Sile, «Quaderni del Sile», n.1, 1979, pp.41-45. 5 C. Pavan, Sile. La piarda di Casier: Barcari, burci, draghe e squeri, Stefanato Editore, 2005, pp. 6-7. 6 G. Bucchia, Considerazioni sul dimagrimento del fiume Sile in Treviso, Tipografia del Commercio, Venezia 1882. 7 C. Pavan, I paesi e le città in riva al Sile, Editore C. Pavan, Treviso 1991, p 90. 8 A. Taffarello, Turismo fluviale e coscienza ambientale lungo il basso Sile: Il ruolo del viaggiatore consapevole, Corso di Laurea magistrale in Sviluppo interculturale dei sistemi turistici, tesi di Laurea, Relatore Prof. F. Vallerani, Dott. F. Visentin, A.A. 2014 / 2015, pp. 45 – 47. 9 A. Taffarello, op. cit., pp. 47-48.