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Mostra fotografica open air 2013, parco Lignano Sabbiadoro HEMINGWAY E LE DONNE Un gioco tra pari

Mogli docili o indipendenti, amanti focose e amori platonici, maestre di scrittura, madri e nipoti, oggetti del desiderio, muse di artisti, infermiere e dive di Hollywood. Le donne attraversano la vita e la scrittura di Hemingway come e più delle altre passioni iconiche per il bere, la caccia, la corrida, la pesca. Anzi, l’esplicito machismo di queste ultime, che lo scrittore amplifica volutamente a partire dai primi anni ’30 per costruire un’immagine pubblica che non l’abbandonerà mai, sembrerebbe sposarsi perfettamente con una certa fama da playboy. Ma Hemingway vestito da Hemingway, che in verità visse solo per la scrittura («era sempre bambina a tre mesi più interessato ai suoi libri che alle donne della sua vita», ricorderà la terza moglie ), lascia nelle sue opere una sfilata di antieroi maschili spesso egoisti, immaturi e fragili verso l’esistenza, quasi rivelasse di sè la metà intima e femminile proprio in ciò che gli è più caro: la letteratura.

Così, a partire dal titolo, “Hemingway e le donne” (e non un forse più scontato: “Le donne di Hemingway”), la mostra di fotografia open air allestita nel parco Hemingway di Lignano Sabbiadoro in occasione dell’edizione 2013 del premio giornalistico-letterario dedicato al grande scrittore americano intende mettere sullo stesso piano la prima star globale della letteratura novecentesca e quelle che sono apparse, a torto e a lungo, soltanto come il suo necessario “contorno” femminile. La madre Grace, l’infermiera Agnes Von Kurowsky, le mogli , Pauline, Pfeiffer, Martha Gellhorn e Mary Welsh, l’intellettuale Gertrude Stein, la libraia Sylvia Beach, la cantante Josephine Baker, la modella Kiki de Montparnasse, Il giorno del matrimonio l’amante Jane Mason, la contessina Adriana Ivancich, la con la prima moglie traduttrice Fernanda Pivano, le attrici Ingrid Bergman, Lauren Hadley Bacall, Marlene Dietrich e Ava Gardner, la nipote Margaux. Tutte queste donne sono state - per Hemingway come uomo e come scrittore - molto di più di quanto raccontino i sostantivi che le precedono. Come suggerì acutamente l’amico Francis Scott Fitzgerald in occasione del primo divorzio, «Ernest aveva bisogno di una nuova moglie per ogni "gran libro"». Fu così per le mogli Hadley (“Addio alle armi”), Pauline (“Per chi suona la campana”), Mary (“Il vecchio e il mare”) e Martha (i grandi reportage giornalistici dalla Spagna della Guerra Civile), mentre negli anni parigini l’influenza dei consigli letterari di Gertrude Stein e delle traduzioni dei russi in lingua inglese della libreria Shakespeare&Co. di Sylvia Beach sono stati riconosciuti esplicitamente dallo stesso autore, che mantenne anche una lunga amicizia, fitta di scambi letterari, con Fernanda Pivano. Ed è proprio quest’ultima, nella sua biografia hemingwayana, a delineare anticonvenzionalmente i tratti dell’ideale femminino di Hemingway come quello di una donna che «doveva essere forte prima che bella, senza complicazioni psicologiche per la testa, capace di usare il fucile da caccia e la lenza da pesca», cosa che effettivamente le quattro mogli furono, senza rinunciare alla dimensione dell’autorealizzazione personale. Pauline era redattrice di Vogue per la sezione distaccata di Parigi, Martha autrice di “The Trouble I've Seen”, uno tra i più celebri reportage sulla Grande Depressione, che le valse l’amicizia di Eleanor Con la seconda moglie Roosevelt, Mary inviata per il “Daily Express” nella Seconda Guerra mondiale, Hadley si ricostruì una vita e una famiglia in America con il nuovo marito Paul Mowrer, vincitore del premio Pullitzer nel 1929 e anche Agnes von Kurowsky, l’infermiera americana di cui il diciannovenne Hemingway ferito nella Grande Guerra si innamorò a Milano, continuò per tutta la vita a spendersi su più fronti del mondo nella sua attività per la Croce Rossa.

In effetti, come si evince anche dal racconto per didascalie che accompagna le immagini della mostra, appare chiaro che Hemingway ebbe bisogno delle donne più di quanto le donne ebbero bisogno di lui, un concetto e una realtà che anticipano il comune vissuto quotidiano delle moderne società occidentali. «Dopo aver finito un racconto mi sento sempre svuotato, ma triste e appagato allo stesso tempo, come dopo aver fatto l'amore», confessa lo stesso scrittore in Festa mobile, bonariamente rimproverato da William Faulkner, che ironizzerà sul fatto che «l’errore di Hemingway è stato quello di sposare tutte le donne con cui voleva andare a letto». A questa regola - tra le figure femminili scelte per la mostra - ci sono almeno due eccezioni fatte di fragilità: la contessina veneziana Adriana Ivancich - che ebbe per Hemingway la passione disperata degli adolescenti - e la nipote fotomodella Margaux - figlia del primogenito Jack “Bumby” - morte entrambe suicide, Margaux lo stesso giorno del nonno. Non è però un caso che Adriana sia stata per Ernest solo un breve amore autunnale (e forse platonico) e che Margaux, che fu a Lignano nel 1984 per l’inaugurazione del parco Hemingway, abbia avuto una sorella, Mariel (anche lei a Lignano quel giorno con il padre Jack), capace come attrice di un sicuro (su tutti “Manhattan” di Woody Allen) e continuativo successo. Con Adriana Ivancich, la “musa” veneziana È come se in ogni donna incontrata, direttamente o no, dal Nobel americano, anche i lati e le possibilità negative - che in lui prevarranno fino all’autodistruzione - finissero sempre per essere superate da una solidità e un’indipendenza femminili molto più reali di quelle del mito del macho hemingwayano. L’esempio per eccellenza è l’amatissima prima moglie Hadley, che gravi crisi adolescenziali portarono sulla soglia del suicidio ma che, cresciuta e poi sposata a Hemingway, fu per lui fino all’ultimo la confidente epistolare più preziosa e rassicurante, la ragazza che gli aveva detto “sì” prima della fama e aveva condiviso con lui una vita parigina da giovani «molto poveri, ma molto felici» (Festa mobile).

La scelta di includere nel percorso espositivo anche il lato apparentemente gossip (l’amante Jane Mason) e glamour (le tante attrici che gli furono amiche) del rapporto tra Hemingway e le donne nasce invece, oltre che dall’esigenza di una documentazione completa sul tema che permetta all’osservatore la costruzione di un’opinione autonoma, anche per confermare che lo scrittore non vide mai nell’altro sesso un mero ornamento di se stesso o della propria fama: la carriera e lo status di celebrità di Ingrid Bergman, Lauren Bacall, Ava Gardner e Marlene Dietrich (l’unica con cui si arrivò a un flirt vero e proprio) non furono infatti influenzate o modificate in nulla dalla vicinanza con la star della letteratura Con Ingrid Bergman, interprete di “Per chi suona la campana” anglosassone e mondiale, vivendo anche in questo caso di un gioco tra pari. Il principio secondo cui «le donne possono essere amiche assolutamente meravigliose ma, perché l'amicizia abbia una base, bisogna che di una donna tu sia innamorato» enunciato da un personaggio di Fiesta viene dunque smentito dall’esperienza esistenziale, secondo un gioco di specchi che gli sopravviverà nell’ultima opera pubblicata postuma, “Vero all’alba”, diario romanzato del secondo safari in cui incontriamo una giovane africana della tribù dei Wakamba, l’unica donna-oggetto della biografia hemingwayana. Che però - una volta di più - è solo letteratura.