Vincenzo Caporaletti

I modelli cognitivi visivo e audiotattile. Criteri epistemologici e modalità di implementazione

Due modelli epistemologici

Sono ormai vari anni che ho presentato la Teoria delle Musiche Audiotattili1, un modello integrato che categorizza e formalizza i sistemi e le esperienze musicali in chiave mediologica, ponendo l’accento sulle modalità cognitive attraverso cui le varie musiche del mondo, dislocate nello spazio e nel tempo, sono prodotte, rappresentate e conosciute. In particolare, questo modello indi- vidua due fondamentali forme d’inerenza uomo-ambiente, di conoscenza della realtà (non solo musicale) e di articolazione pragmatica: la matrice visiva e il principio audiotattile, attraverso cui è possibile mappare il campo estetico-antropologico delle musiche mondiali a partire da criteri unificati e dipendenti da ciò che vi è di più universale, la modalità cognitiva umana. In questo studio approfondiremo i criteri che sottendono queste due fonda- mentali mediazioni noetiche e pragmatiche. Nella grande lezione offertaci dalla riflessione in particolare di Martin Heidegger e Karl Jaspers, è delineato il corso storico attraverso cui nella Modernità si è affermata quella che definisco la matrice cognitiva visiva, esito di un progetto in cui la ratio anticipatrice e calcolante, nei termini di Heidegger, si è perva-

1 Cfr. almeno Vincenzo Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica. Un approccio globale, Lucca, LIM, 2005; Id., Swing e Groove. Sui fondamenti estetici delle musiche audiotattili, Lucca, LIM, 2014. 98 VINCENZO CAPORALETTI sivamente impiantata al centro dell’episteme occidentale contri- buendo a configurare l’immagine del mondo come costruzione razionale e controllabile2. Questo vasto movimento culturale, con i suoi addentellati epistemologici lineari e logico-deduttivi, ha pervaso tutti gli aspetti culturali della Modernità, impiantan- dosi saldamente anche al centro dello spazio teorico-musicale, di fatto permeandone progressivamente tutta l’estensione. Il Metodo cartesiano ne è la distillazione quintessenziata; ad esso però si sono opposte in maniera epistemologicamente minori- taria, bisogna riconoscerlo, alternative tendenze, che si richiama- vano a criteri molto vicini alla nostra concezione della formati- vità3 audiotattile, a modi di organizzazione della conoscenza che si richiamavano a più arcaiche esperienze: tra le più significative, ricordiamo la posizione di Vico. Innanzitutto vediamo come si organizzano dal punto di vista del loro fondamento e della forma di conoscenza indotta i due modelli gnoseologici, ossia le due diverse modalità di costruire e strutturare il mondo attraverso il principio cognitivo audiotattile e quello visivo, dopodiché ne osserveremo alcune implementa- zioni operative ed esiti pragmatici.

Criteri gnoseologici

Per illustrare in prima istanza la differenza tra il modello cogni- tivo visivo e l’audiotattile, si può utilizzare un esempio molto semplice. Probabilmente la maggioranza di coloro che adoperano il computer, per apprendere ad usarlo, ha omesso di studiare il voluminoso manuale di istruzioni, per intraprendere invece un “corpo a corpo” con il dispositivo. Eludendo completamente,

2 Martin Heidegger, L’epoca dell’immagine del mondo, in Id., Sentieri interrotti, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pp. 71-101. Cfr. anche Id., Il principio di ragione, Milano, Adelphi, 1991. 3 Il concetto di formatività è stato teorizzato da , il cui lascito filo- sofico, assieme a quello di Heidegger e Jaspers, funge da importante riferimento per la Teoria delle Musiche Audiotattili. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 99 quindi, lo studio di principi e leggi generali inerenti all’infor- matica (algebra di Boole, sistema binario, nozioni assiomatiche come “byte”, ecc.) oltre che delle loro progressive combinazioni e integrazioni mediante regole scrupolose, e impegnandosi invece in un fare, in un’operatività di tipo probabilistico, congetturale, che fa affidamento sulle acquisizioni che man mano l’esperienza immagazzina per tentativi ed errori. Magari, osservando un utente già esperto, e cercando, “per imitazione” di “carpirgli” qualche trucco del mestiere. Non certo così procedono gli ingegneri informatici, che, invece, del computer e delle sue parti hanno una comprensione strutturale e generativa, conoscendo le implicazioni tecnolo- giche basiche delle funzioni ordinarie d’uso. Ma per le comuni funzionalità occorrenti per la vita quotidiana, che come soste- neva Vico, è erratica e modellata sulle efflorescenze delle contin- genze – e soprattutto non teoricamente illimitata, ma condizio- nata dal tempo prima ancora che dallo spazio – una conoscenza processuale e pragmatica, pur se meno sistematica e completa, ci fa risparmiare “economicamente” molte energie, e può rivelarsi, quindi, più efficace. (E se si pensa alle nuove generazioni di nativi digitali, che questo sistema usano esclusivamente, si vedrà come proprio in questo modo esse si acculturino alla perfezione rispetto ai dispositivi informatici, intendendoli come un “ambiente” cui adattarsi per tentativi ed errori). Ecco, quindi, i due modelli gnoseologici. Immediatamente, balza all’attenzione come siano complementari e antitetici. Ciò che definisco “approccio visivo” «interroge l’univers»4, secondo la bella immagine di Lévi-Strauss, ossia si predispone a saturare tutte le possibili valenze, le eventualità che si possano presen- tare, mediante un dispositivo gnoseologico aprioristico, onniper- vasivo e totalizzante. La matrice cartesiana, con il riduzionismo agli elementa primi, è evidente, e per ottenere la massima effi- cienza è imprescindibile predisporre la accurata separazione del

4 «interroga l’universo», Claude Lévi-Strauss, La pensée sauvage, , Plon, 1962, p. 29. 100 VINCENZO CAPORALETTI

Soggetto conoscente dall’Oggetto conosciuto, al fine di operare su un terreno ricettivo già predisposto (è qui l’azione antici- pante dell’heideggeriano pensiero calcolante) a costituirsi come “gettato di fronte” (ob-jectus), in qualità di oggetto epistemico. Ci sarà un manuale di istruzione con delle regole, sicuramente progressive e integrate, e si parte da lontano o, meglio, dalla base, dagli assiomi generali a fondamento di una prassi che si andrà ad intercettare al tempo debito (molto di là da venire) della compiuta specializzazione. Passando alla pragmatica, al livello della produzione segnica, troveremo un compositore, esso stesso funzione della specializza- zione delle funzioni intrinseca al riduzionismo, che nel caso operi con il sistema notazionale standard condotto alla sua stabilizzata funzionalità nell’era Moderna, ridurrà attraverso il medium della notazione l’insieme degli udibili complicati della efflorescenza sonora a inaudibili semplici, i caratteri forniti dalla semiografia. Per loro tramite, si ingegnerà a ri-comporre su carta una tota- lità come analogon simbolizzato dell’idea compositiva, mediante aggregazione bottom-up di elementi discretizzati articolati da un codice sintattico. Questa prima fase ci illustra la funzione del compositore della Modernità, che, innanzitutto, ci si presenta, in un certo senso, come ri-compositore (ma a ben vedere, questa figura semantica è presente nella etimologia del termine,- arti colata sul concetto di cum-positio, nel posizionamento degli elementa discretizzati sul pentagramma). Per il secondo tipo di scienza, invece, non è possibile separare il Soggetto dall’Oggetto, perché la conoscenza si attua precisa- mente nel coinvolgimento operativo di quest’ultimo con il primo. È anche la logica artigianale dell’apprendista “di bottega”, di cui oggi tanto si sente nostalgicamente la mancanza. Certamente un aspirante falegname non apprenderà dal “mastro” gli assiomi fisico-matematici che sono alla base dell’azione della macchina rotante che fende il legno o la composizione chimica delle dispa- rate varietà di legname, ma sicuramente imparerà presto e bene a costruire a regola d’arte quei manufatti che la contingenza della domanda di mercato, statisticamente, gli richiederà. Magari non I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 101 costruirà mai in tutta la sua vita una raffinata tastiera di computer in ebano nero dello Sri Lanka, ma che importa? Nessuno, tranne qualche snobissimo soggetto – peraltro, probabilmente poco aduso ad andar per falegnamerie – glielo potrebbe richiedere. Invece, la prima via gnoseologica, quella visiva, prevederebbe in linea teorica anche la possibilità di costruzione di questo e di altri improbabili (dal punto di vista della loro distribuzione stati- stica nell’ambito della reale richiesta) manufatti, oltre ad ulte- riori ipotetiche evenienze inventive, e prepara lo specialista con lunghi studi, poiché esse fanno parte dell’universo che si pretende di interrogare con un cartesiano methodum ad quaslibet difficul- tates in scientiis resolvendas (metodo per risolvere qualsivoglia problema nella conoscenza).

Modello cognitivo Fondamento gnoseologico Tipo di conoscenza indotta Visivo Principi/leggi generali ogget- Strutturale tivi Separativa Esterni all’individuo Audiotattile Esperienza/fare Processuale

Soggettivi Connettiva

Intrinseci all’individuo Fig. 1. Due modelli gnoseologici

Chiarirò ulteriormente questo aspetto con un esempio tratto dall’ambito delle esperienze musicali. Per studiare il sistema di funzionamento dell’armonia del periodo della tonalità armonica, non vi è bisogno di presupporre un soggetto agente esistenzial- mente connotato, anzi, vale il contrario: il sistema chiuso e auto- fondato prescinde per definizione, per il suo funzionamento, da qualsiasi istanza perturbatrice ad esso esterna. Nelle strutture conchiuse in sé, gli assiomi5 si combinano per ottenere nozioni

5 I concetti primi di una disciplina: in armonia scolastica, la nozione di intervallo – o la serie dei suoni armonici: Walter Piston inizia con il primo (Id., Armonia, Torino, EDT, 1989, p. 3), Arnold Schönberg con il secondo (Id., Manuale di Armonia, Milano, 102 VINCENZO CAPORALETTI sempre più complesse; così, dalle note si producono gli intervalli, e da questi si otterranno gli accordi; in geometria, dal punto, si avranno le linee e le figure geometriche; in aritmetica, dall’unità, i numeri che derivano dalla sua moltiplicazione. E così via. Ma vi sono dei casi in cui, senza presupporre un Soggetto esistentivo, l’Oggetto non si costituisce6, anche perché non sono in gioco strutture ma processi7. Vorrei citare il caso del fenomeno groove8 nel e nelle musiche audiotattili (il jazz, il rock, il pop, la , ecc.) in generale. Volendo tratteggiarne una descri- zione verbale suggestiva, si può dire del groove che è l’immagine sonora, la correlazione (e la risultante) fonica di uno stato di grazia individuale in cui, a fronte di particolari plessi sonori iterativi ritmo- armonici – che ho denominato continuous pulse9 – le componenti gestuali sembrano rescindere la relazione solidale che le lega al corpo, nell’esperienza propriocettiva e nell’intenzionata volontà che le coordina, per imporre la propria ratio, e assumere un equili- il Saggiatore, 1963, p. 26) – esattamente come nello studio della geometria si ha la nozione di punto e in matematica quella di unità, ecc. 6 È questa una condizione che, al di là della nostra applicazione in ambito di teoria musicale, caratterizza molti aspetti del pensiero contemporaneo: nella teoria della complessità di Edgar Morin, per citare un solo esempio, l’opposizione tra Soggetto e Oggetto è dissolta in quanto l’accento è posto sulla sull’inseparabilità dell’osservatore dal sistema osservato. 7 Sul piano cognitivo, sono coinvolte peculiarità che si attivano nella proiezione crono-logica del soggetto, e non nella dimensione di congelamento temporale in cui si svolge l’azione compositiva a tempo differito. La creazione in tempo reale fa affi- damento sugli schèmes d’ordre cognitivi quanto sugli schèmes de relation d’ordre, e non solo sulle strutture noetiche configurate da queste ultime facoltà. Michel Imberty (Id., Langage, musique et cognition: quelques remarques sur l’évolution nécessaire des problématiques psychologiques des vingt dernières années, «Circuit: musiques contemporaines», XIII, 2, 2003, pp. 93-110) definisce queste due funzioni cognitive come segue: «Gli schemi di relazione d’ordine organizzano la logica della successione in un tempo contenitore indipendente dagli eventi contenuti. Ogni evento, ad esempio ogni nota o accordo, vede la propria posizione definita in rapporto all’insieme degli altri eventi, ossia attraverso una sintassi» (ivi, p. 103); «Gli schemi d’ordine costitui- scono l’insieme delle intuizioni che il soggetto ha delle successioni temporali senza che egli abbia coscienza degli elementi costitutivi di queste successioni. Si tratta dunque di intuizioni di natura senso-motoria o rappresentazionale i cui contenuti sono indisso- ciabili delle sequenze ordinate stesse» (ibidem). 8 Cfr. Caporaletti, Swing e Groove, cit. 9 Ivi, pp. 65, 165, 188 ss. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 103 brio quasi gestito dal loro stesso estrinsecarsi. Questa trascendenza della materia sonora e delle relazioni ritmo-metriche che la infor- mano, che possiamo rinvenire negli esempi supremi della musica jazz e di matrice rock10, è forse uno dei casi più eclatanti in cui è dato esperire processualmente il precetto di Luigi Pareyson per cui la forma, nell’opera, si fa da sé, e per cui «l’artista è guidato dalla stessa opera che va facendo»11. È una dimensione quasi mistica che ha bisogno della dimensione estemporizzativa per magnificarsi, in cui la corporeità non è vincolata da codici exosomatici ma in cui il gesto prevale assiologicamente sul testo. Si verifica nei rari momenti di particolare felicità in cui la corporeità detta le proprie leggi e dinamiche conferendo agli interpretanti sonoro-formali, nel senso di Peirce, uno statuto di trascendenza. L’aspetto rilevante per la nostra discussione è che c’è un solo modo di esperire o di apprendere l’esperienza groovemica: metterla in atto. Qui siamo nella stessa linea di Giambattista Vico. Si conosce per tramite del fare; non si può ricondurre il groove ad identità strutturale, non vi sono regole matematiche o formali che ne rendano ragione, rapportabili a funzioni cognitive come gli schèmes de relation d’ordre, né, per realizzarlo, si possono impar- tire dei precetti o, peggio ancora, articolare un’assiomatica. Né può essere rappresentato concettualmente, o prescritto per mezzo di una notazione, per segmentazione di unità discretizzate da ricombinare, come avviene per una scala o un assetto metrico12,

10 Qui si pone la questione della “fase estesica” del groove, ossia della modalità della sua ricezione e percezione, che è esattamente il reciproco della sua costruzione, nell’esperienza di comunicazione energetica che investe il corpo del percettore. È l’in- sieme delle percezioni connesse al cosiddetto “senso dell’azione”: esattamente il fulcro epistemico che negli ultimi trenta anni è stato al centro delle ricerche nelle neuro-scien- ze sui mirror neurons e sulle funzioni indotte da questi complessi neurali. En passant, questa convergenza sta a dimostrare la rilevante valenza di questo filone di indagine musicologica, se ce ne fosse ancora bisogno. 11 Luigi Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Milano, Bompiani, 1988, p. 76. 12 Non è questa la sede per sottoporre a critica la nozione di entrainment con cui si suole di solito accostare – quando non s’intenda addirittura categorizzare – il fenomeno del groove. Sono molte le variabili in gioco che esulano da questa nozione, in ragione del senso musicale trascendente che il groove assume per i musicisti di jazz e nelle musiche audiotattili in generale. Di fatto, la questione del groove pone seri problemi 104 VINCENZO CAPORALETTI

Per averne contezza, bisogna soltanto attivare le istanze proces- suali ad esso peculiari, per tentativi ed errori, sottoponendo delle ipotesi fattuali alla prova pratica e ascoltando il feedback senso- riale che discende dal corpo a corpo ingaggiato tra sfera sonora e interfaccia psico-fisica; si dovrà procedere, insomma, con i criteri di una ragione congetturale. È esattamente l’ammonimento che, nel VI secolo a.C., Alcmeone di Crotone13 riservava metaforicamente a colui che si fosse incamminato per lo sconfinato deserto, senza più il tracciato della strada, l’hodós: senza più disporre, quindi, di nessun méthodos che potesse soccorrerlo. L’unica consegna che poneva il filosofo era di tenere sempre fissa la meta, indicata dalla posizione delle stelle, e cercare per tentativi la via giusta; così come occorre avere costantemente fisso l’effetto globale del groove per accostarvisi per tentativi progressivi e aggiustamenti in itinere, fino alla sensazione dell’estasi quasi levitazionale. Ed ecco che, in più di un senso, la teoria musicale deve in questo caso annettere la nozione di Soggetto esistentivo, altri- menti la processualità corporea e il fare sarebbero relegati in qualche regione noumenica in cui allignerebbe il mistero14. Il Soggetto che si fa carico di questo peso esistentivo diviene – o l’ho concettualizzato attraverso l’identità di – principio audio- tattile (PAT)15. Già agli inizi della sua esperienza filosofica Karl

alla teoria musicale qualora non riconfigurata attraverso la dimensione audiotattile. A fronte di molti studi sul groove – e sullo swing aggiungerei – sembra riproporsi la problematica del Menone platonico: si cerca qualcosa senza sapere cosa sia. Anche qui si procede come di prammatica: la ragione calcolante e anticipante riduce – e ricon- duce – il fenomeno ai propri termini per poi tracciarne trionfalmente il perimetro. Il problema è dato da ciò che si trova al di fuori di quel perimetro, che spesso è la cosa più rilevante. 13 Alcmeone di Crotone, Trattato sulla natura, frg. 1 in Maria Timpanaro Cardini (a cura di), I Pitagorici, Firenze, La Nuova Italia, 1958, vol. I, p. 147. 14 “Mistero” in cui per decenni è allignato il concetto di swing, e che ci ha indotto alla formulazione del principio audiotattile (Cfr. Caporaletti, Swing e Groove, cit., pp. XIV ss.). 15 Ritroviamo qui la natura duale dell’audiotattile: da una parte, come proiezione dell’intenzionata volontà agente di un soggetto, dato dal sistema psico-somatico del performer che agisce nella pragmatica; dall’altra, come sistema di rappresentazione, conceptual scheme, modalità cognitiva propria di questo soggetto. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 105

Jaspers denunciò la scissione Soggetto-Oggetto nelle scienze moderne16: una critica che ho accolto e applicato in relazione alla scienza musicologica e teorico-musicale. La modernità, sulla scorta della filosofia kantiana, concepiva il Soggetto come una “testa d’angelo senza corpo” secondo la felice metafora di Scho- penhauer, ed è ben noto lo sforzo che la filosofia del XX secolo ha compiuto nel tentativo di conferire alla corporeità le prerogative formativo-strutturanti17. La tecnologia elettronico-informatica, invece, agendo secondo il modello mediologico, ha precostituito le condizioni per una legalizzazione trascendentale delle facoltà estetiche (nel senso etimologico) dell’individuo esistentivo che si fa principio audiotattile laddove si connota di una particolare cognitività corporeo/contestuale e di intenzionata volontà forma- tiva, permettendo di cristallizzare le sue estrinsecazioni creative attraverso la registrazione del suono e della visione. Vi è un’in- terrelazione tra l’apparire epistemologico del PAT e le risorse tecnologiche che consentono questa epifania. E questo, a diffe- renza delle culture orali pre-industriali che invece, pur esperendo il PAT nel loro vissuto, non lo potevano oggettivare, cristalliz- zare, in quanto non disponevano delle condizioni mediologiche che traducessero le sue facoltà processuali in prodotto, in oggetto persistente e suscettibile di perscrutazione filologica18.

16 Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, 1950, p. 33. 17 Questo fronte filosofico va dalla concezione deglia priori materiali di ascendenza fenomenologica, che vedono le proprietà formativo-strutturanti della corporeità e della sensorialità come forme trascendentali estetiche nei confronti dell’esperienza, sintetiz- zando gli apporti di Merleau Ponty e Husserl (cfr. Mikel Dufrenne, La notion d’apriori, Paris, Presses Universitaires de , 1959) agli abiti di comportamento della linea Peirce-Dewey (John Dewey, Logica, teoria dell’indagine, Torino, Einaudi, 1974). 18 Questa congiuntura, che si esplicava nell’intrinseca infondatezza del PAT in regime di oralità, data dalla sua impersistenza fenomenologica, rendeva di fatto episte- micamente minoritarie le sue prerogative in un orizzonte come quello dell’Occidente, dominato, come ci avverte Jean Molino, dall’ontologia oggettuale (cfr. Jean Molino, Expérience et connaissance de la musique à l’âge des neurosciences, in Etienne Darbel- lay (a cura di), Le temps et la forme, Genève, Droz, 1998). Ciò spiega la supremazia culturale acquisita dalla musica d’arte/scritta nell’epoca della visività musicale. Questo vulnus è stato riassorbito e reintegrato nella logica occidentale attraverso la mediazione tecnica elettronica dei dispositivi di fissazione del suono e della performance, con l’as- sunzione a pieno titolo delle sue prerogative nelle musiche audiotattili. 106 VINCENZO CAPORALETTI

Dai fondamenti gnoseologici all’articolazione operativa

Ma come si implementano concretamente, attraverso quali procedure e strategie si attivano questi due modelli di organizza- zione della conoscenza? E possiamo formalizzare questi modelli di istanziazione in uno schema strutturale? Alcune risposte ce le siamo già date, si tratta adesso di esplicarle meglio. Abbiamo visto che il modello cognitivo visivo si struttura a partire da unità basilari, siano esse principi primi assiomatici e/o elementi discretizzati. Ora, da queste unità, per aggregazione progressiva mediante sistemi di regole, si perviene alla configura- zione di un risultato: diremo, nel senso antropologico più lato, di un testo, nel senso conferito a questo termine da Clifford Geertz19. Ad esempio, attraverso l’applicazione delle regole della geometria si giungerà alla dimostrazione di teoremi geometrici e alla risoluzione di problemi; mediante l’applicazione delle norme armoniche si perverrà alla realizzazione di collegamenti accordali corretti, e, alla fine, ad una composizione musicale perfettamente strutturata in base a detti presupposti. In questo senso la compo- sizione risultante, il macro-testo, può intendersi come la corretta risoluzione di un problema formale.

OPERATIVITÀ VISIVA

Assiomi / Unità discretizzate

Combinatorie / Sintassi

Sistema coerente e integrato

Fig. 2. Modello epistemologico visivo

19 Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures, New York, Basic Books, 1973. Per un’estensione del concetto di testo in musicologia, cfr. anche la posizione di Fabri- zio Della Seta, Idea-Testo-Esecuzione, in Tiziana Affortunato (a cura di), Musicologia come pretesto. Scritti in onore di Emilia Zanetti, Roma, Istituto Italiano per la Storia della Musica, 2011, pp. 137-146. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 107

Il procedimento è ben noto e, direi, connaturato ai criteri dominanti di formalizzazione e trasmissione del sapere occiden- tale, dato che si tratta del modello principe epistemologico della razionalità cartesiana, che ha informato, nei suoi esiti più strin- genti, gli istituti pedagogici e il paradigma scientifico della moder- nità. Ma ci si può spingere oltre, sostenendo che lo stesso atto di digitalizzazione notazionale del fatto musicale, che cognitiva- mente è alla base della scrittura musicale con la discretizzazione del continuum sonoro in unità “fonematiche” quali le note20, opera questa riduzione agli elementa primi – con una segmenta- zione dell’esperienza che poi dovrà passare per la ricombinazione sintattica al fine di costituire un’unità integrata – presentando così tutte le caratteristiche di questo modello epistemologico visivo. Inoltre, si potrebbe applicare metaforicamente questo schema alla funzione basilare stessa allografica, con la derivativa distin- zione tra compositore e esecutore, per cui il modello di un sistema di istruzioni – la partitura – si implementa nel momento perfor- mativo – l’esecuzione – attraverso il proprio sistema di regole, configurandosi così come la fondamentale legge formativa che governa la generalità della musica d’arte occidentale, in perfetta linea con i principi stessi epistemologici della matrice visiva. Il modello audiotattile dispone, invece, proprio per il suo carattere culturalmente eterodosso rispetto agli assiomi carte- siani, di caratteristiche del tutto divergenti. Qui non si parte da principi primi astratti, non vi è scissionalità epistemica e segmen- tazione dell’esperienza, e il “fare”, l’approccio empirico, è la norma epistemologica generativa. Ma come s’implementa proce- duralmente, dato che prescinde dalla progressiva integrazione di unità minimali epistemiche?

20 Questa consapevolezza, alla base del pensiero musicale occidentale, è ben deline- ata nell’anonimo estensore del trattato Musica Enchiriadis del IX secolo, che recepisce temi pitagorico-platonici: «Come le lettere alfabetiche sono le parti elementari e indi- visibili della voce articolata […] così le note sono gli elementi primi della voce cantata, dalla loro combinazione sorgono gli intervalli e dalla combinazione di questi i sistemi musicali» (cit. in Franco Alberto Gallo, La polifonia nel medioevo, in Società Italiana di Musicologia [a cura di], Storia della Musica, Torino, EDT, 1991, vol. III, p. 3). 108 VINCENZO CAPORALETTI

Lévi-Strauss, che aveva ben presente il modo di ragionare e produrre conoscenza mitica delle culture non occidentali, chia- mava questo assetto gnoseologico “secondo tipo di conoscenza scientifica”21. Questa scienza “altra” per l’antropologo francese non operava per concepts (i principi primi, gli assiomi cui ci siamo riferiti nel modello visivo), ma per signes22. Questi segni, unità già in sé conchiuse e significanti, non ulteriormente articolabili (come le unità culturali significanti nei codici iconico e gestuale) assumono un fondamentale ruolo nel modello di conoscenza e di produzione testuale (sia musicale, sia in altri ambiti) audiotattile. Essi non sono, quindi, unità sprovviste di significato23 attra- verso la cui combinazione, in un sistema chiuso e auto-fondato, si può pervenire ad unità dotate di senso, come accade per i fonemi in funzione delle parole, o per le note musicali e le cellule melo- diche in relazione alle frasi, o per gli intervalli in rapporto agli accordi dell’armonia tonale. Questi “segni”, invece, sono gestalten già dotate di senso, già compiute; sono micro-unità testuali che l’attività empirica audiotattile, il fare, vichianamente “raccoglie”24 procedendo per attitudine congetturale, per tentativi o errori, o per imitazione, riproducendo un “già fatto” da re-interpretare a fini personali. È importante notare che il sistema di conoscenza e produzione audiotattile presuppone un mondo con cui interfac-

21 Lévi-Strauss, La pensée sauvage, cit., p. 27. 22 Ivi, p. 30. 23 Ossia, unità di seconda articolazione. 24 Di grande interesse è l’immagine tattile con la quale Giambattista Vico interpre- ta l’atto del conoscere. Partendo dall’antico senso di cogitare (ulteriormente al “pensa- re”), di «andar raccogliendo», e chiarendo come intelligere, il conoscere apertamente, si raccordi a «leggere perfettamente», giunge a stabilire una relazione tra legere, nel senso di “raccogliere” «gli elementi di scrittura da cui si compongono le parole», e l’atto di intelligere, mediante il quale si “raccolgono” «tutti gli elementi della cosa atti a esprimere un’idea perfettissima». Credo che non vi sia bisogno di ulteriori chiarimenti quanto al senso tattile espresso con il verbo raccogliere, che presiede, come reciproco del fare, al processo epistemico. (Giambattista Vico, De Antiquissima Italorum Sapien- tia, a cura di Fabrizio Lomonaco, Pomigliano D’Arco, Diogene Edizioni, 2013, pp. 24-25). È molto significativo che l’immagine di una “raccolta” di elementi da uno stock di reperti, di gestalten, partendo da intuizioni di Lévi-Strauss, costituisca l’archetipo operativo di ciò che descriveremo infra come fondamento epistemologico audiotattile. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 109 ciarsi, in quanto il “fare” non può darsi in un sistema astratto autoreferenziale (come quello derivante dal cogito cartesiano). Lévi-Strauss utilizzava una famosa metafora, che rende benissimo questa idea. Paragonava il metodo dell’ingegnere (visivo) che, come abbiamo già visto, onnipervasivamente “interroga l’uni- verso”, preparandosi col suo armamentario di nozioni forma- lizzate ad affrontare ogni evenienza, anche la più remota o solo teoricamente possibile, al bricoleur, che utilizza per le proprie costruzioni elementi e oggetti già pre-formati, raccolti come objets trouvés nell’ambiente circostante. Con questi objets trouvés il bricoleur riesce a far fronte ad evenienze pratiche che si presen- tano di volta in volta, ingegnandosi di trovare la soluzione adatta per quel contesto e per quella specifica finalità25. Qui è in opera un criterio statistico, non prevedendo soluzioni per ogni caso possi- bile, ma solo per quelli che, di fatto, sono soliti manifestarsi. È in questo mondo e in questo modo che l’audiotattile si esplica. Ma come si articolano le micro-unità testuali? Abbiamo visto che nel modello visivo vi sono regole di combinazione, norme sintattiche che determinano la progressiva integrazione dei livelli via via gerarchicamente sovraordinati. Gli “oggetti trovati” del bricoleur cognitivo si comportano nello stesso modo? Ebbene, al posto di combinazione di normative sintattiche, di regole di costruzione, di codici combinatori, qui abbiamo l’accostamento di micro-unità testuali, mediante la coordinazione (possiamo dire che dall’ipotassi si passa alla paratassi). Non vi può essere combinazione poiché gli elementi sono eterogenei, di natura diffe- rente tra loro, o diversamente finalizzati; non derivano da lineare sviluppo genetico da generative unità fattoriali di un livello sovra- ordinato. In realtà, non si deve intendere il processo costruttivo audiotattile come progressivo, dai livelli gerarchici subordinati a quello finale determinato dall’aggregazione, bensì come olistico. In esso il punto di partenza, l’innesco poietico è lo stesso risul- tato finale, la totalità cui si mira; la macro-unità testuale è l’obiet- tivo da cui si può desumere solo in funzione descrittiva la fase di

25 Lévi-Strauss, La pensée sauvage, cit., p. 28. 110 VINCENZO CAPORALETTI raccolta dello stock di signes e la loro coordinazione. In questo senso, il modello operativo audiotattile è l’inverso di quello visivo, basandosi su una logica congetturale: a ben vedere, la logica stessa dell’improvvisazione26 o, in ambito gnoseologico, dell’intuizione. La macro-unità testuale è il fine primario, è quella meta da cui non distogliere la “mira” di cui parlava Alcmeone di Crotone, e la coordinazione è in funzione della congetturalità, delle ipotesi tentative, attraverso cui si articolano i dati raccolti. Questi ultimi sono da intendersi come micro-unità esperienziali che permet- tono di orientarsi in mancanza del méthodos, del tracciato certo e sicuro da seguire. In un certo senso, le stesse micro-unità espe- rienziali/testuali sono testi primari; invece, la configurazione delle macro-unità, ossia dei testi veri e propri come esiti finali, dipende da quante micro-unità si sono acquisite nel proprio orizzonte esperienziale e di competenze. Nelle prime fasi, i testi saranno molto semplici, per divenire sempre più complessi quante più micro-unità si andranno via via assimilando. In ambito audiotattile la distanza tra il conoscere e il fare è ridotta a zero, e le due attività procedono simmetricamente. In questo senso si realizza il precetto del per causas scire vichiano, della “conoscenza per cause”: l’operatività è il crisma della lega- lità del vero. Nell’esperienza audiotattile, tra la raccolta di uno stock (un inventario, un repertorio) di micro-unità e la produ- zione di un testo non si frappone uno iato; il testo è sempre in funzione delle micro-unità di cui si dispone. In questo senso si annulla la differenza gerarchica – anche cronologica – tra livello pedagogico vs artistico27.

26 Una straordinaria conferma di questo concetto ci viene addirittura dal fonda- tore della teoria armonica moderna, Jean-Philippe Rameau, che aveva già intuito che «[…] les principes de composition & d’accompagnement sont les mêmes, mais dans un ordre tout-à-fait opposé. Dans la composition, la seule connaissance de la racine donne celle de toutes les branches qu’elle produit: dans l’accompagnement au contraire, toutes les branches se confondent avec leur racine», Jean-Philippe Rameau, Code de musique pratique, 1760, p. 10, cit. in Dirk Moelants (edited by), Partimento and Continuo Play- ing in Theory and in Practice, Leuven, Leuven University Press, 2010, p. 39. 27 È una problematica rilevante nella letteratura sulle pratiche di creazioni in tempo reale del Settecento, in particolare di scuola napoletana, note come partimen- I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 111

Il valore estetico delle micro-unità e delle macro-unità testuali, compiute nella loro integrità, è il medesimo (non necessaria- mente il più complesso è superiore al più semplice: anche in fase di apprendistato la disposizione creativa s’implementa e si attiva immediatamente con i pochi elementi di cui si dispone). E qui si mina un fondamento cardinale del processo progressivo non solo di formazione pedagogica ma anche di maturazione individuale in regime culturale visivo, ossia la continua dilazione della soddi- sfazione creativa, preceduta dalla sofferta fase di preparazione tecnica (un principio che addirittura Leonard Meyer28 pone alla base della stessa ricezione dell’opera musicale occidentale, nella soddisfazione di una tensione costantemente differita).

Fig. 3. Modello epistemologico audiotattile

to. Cfr. Giorgio Sanguinetti, The Art of Partimento. History, Theory and Practice, Oxford-New York, Oxford University Press, 2012, p. 20: «the partimento in its dual form (as a form of art and as a pedagogical device based on improvisation)». Per quan- to invece concerne l’annullamento sul piano epistemologico di questo iato tra pedago- gia e pratica espressiva (divario che Sanguinetti, ivi, p. 16, tende a interpretare univoca- mente in senso storico-estetico, come dicotomia originata dall’idealismo romantico, e non, come stiamo proponendo, anche in termini propriamente cognitivi), è interessante notare come questo modello si riproponga a livello delle interazioni sociali didattico- pedagogiche, nel criterio noto come “mutuo insegnamento”, attuato nelle istituzioni di formazione musicale napoletane nel Settecento (ivi, p. 45). Con questa locuzione si intendeva la trasmissione del sapere, di tipo orizzontale, dagli studenti più esperti nei confronti dei colleghi principianti, secondo il precetto per cui si apprende insegnando. 28 Leonard Meyer, Emotion and Meaning in Music, Chicago, University of Chica- go Press, 1956. 112 VINCENZO CAPORALETTI

Vorrei ora illustrare questo processo cognitivo audiotattile con alcuni esempi, colti dall’esperienza di un campione da labo- ratorio della formatività audiotattile: il chitarrista jazz di etnia manouche Django Reinhardt (1910-1953). Quando il giovane Django, analfabeta e “analfamusico”29, cominciò ad apprendere gli accordi, prima sul banjo e poi sulla chitarra, la dimensione armonica gli si configurava cognitivamente come un universo di gestalten dattiliche, ossia un insieme di posizioni delle dita della mano sinistra applicate sulla tastiera, apprese per imitazione da altri strumentisti. Degli schemi di diteggiatura, quindi: in termini fenomenologici, strutture di pressione sulle corde orientate dalla segmentazione della tastiera tramite le barrette dei tasti. La logica strutturale armonica di tali posizioni dattiliche gli era sconosciuta: triadi, intervalli di terza maggiore e terza minore in svariati rivolti; tutto questo si riduceva ad una struttura, ad uno schema. L’indice in semibarré nel secondo tasto e il medio sulla seconda corda30 al terzo tasto era tutto ciò che occorreva per designare, fattivamente, l’elemento che nel codice savant della tonalità armonica corrisponde alla nozione di “Re maggiore”. Il significato armonico si costituiva a partire da un codice tattile anziché attraverso la proiezione dei precetti razionali della tonalità armonica su un astratto campo vettoriale di movimenti

29 In questo contesto credo sia appropriato utilizzare per Django questo aggettivo che l’etnomusicologo Diego Carpitella riservava agli “osservatori” che non sapeva- no decodificare la notazione musicale (e non, ovviamente, aiculture bearers, come Reinhardt, che proprio in quanto tali, dispongono di alternativi e raffinati strumenti e competenze, ovviamente a specificità culturale). In questo caso, però, intendiamo sotto- lineare con questo termine come la etno-teoria musicale audiotattile di Django non si implementasse attraverso schemi sintattico-alfabetici a generatività lineare-combinato- ria, per sistemi di regole, di unità discretizzate; ma per coordinazione di gestalten, intese come elementi pre-formati di uno stock di opzioni tattili. 30 Ricordiamo che Django, a causa della menomazione subita dalla mano sinistra, utilizzava una diteggiatura eccentrica anche rispetto ai “normali” criteri dell’etno-teoria analfamusicale. Per il problema della diteggiatura di Reinhardt cfr. Benjamin Givan, The Music of Django Reinhardt, Ann Arbor, University of Michigan Press, 2010. Per un ampio excursus storico-analitico sulla formatività audiotattile di Reinhardt, cfr. anche Vincenzo Caporaletti, Benjamin Givan, Il Concerto per due violini di J. S. Bach nelle incisioni del trio Reinhardt, South, Grappelli. Una edizione critica, Lucca, LIM, 2016. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 113 melodici vincolati. È una distinzione capitale ai fini della nostra discussione. In un orizzonte cognitivo visivo, la stessa confor- mazione di tastatura delle corde utilizzata da Django (correlata con quelle eventualmente risonanti “a vuoto”) è conseguente alla strutturazione teoretica armonica, che presceglie il fa diesis come terza maggiore e il la come quinta giusta nell’accordo suddetto, inscrivendolo in un ordine sintattico in cui l’aggregato armonico si rivela un fattore funzionale alla logica armonica (o contrap- puntistica) soggiacente. Nel caso audiotattile di Django, invece, quella conformazione gestaltica è già in sé considerata un micro- testo, su cui al limite si può costruire tutto un brano (lo farà con Rhythme Futur, nel 1940, con l’accordo di do7/b5). È un’unità conchiusa, proprio perché non è il risultato di un sistema norma- tivo di regole, bensì, configurandosi comegestalt , reca un indivi- duale e individuato significato, un in sé ben delimitato. È unobjet trouvé. Questa unità è l’elemento dello stock di materiali che Django ha accumulato nell’ambito della sua negoziazione esplorativa con l’“ambiente” musicale, applicando “tacitamente” il precetto del per causas scire. E questa gestalt può essere accostata, coordinata ad altre formazioni dello stesso genere, ad entità in sé altrettanto conchiuse, ad altri micro-testi: a mo’ di collage. Entità correlate, però, non in virtù di una logica soggiacente, come la regola del moto delle parti, proprio perché esse non sono ulteriormente segmentabili: in un certo senso, sono degli atomi musicali. E qual è logica operativa che guida Django? È quella che abbiamo definito “dell’unità testuale”, in cui il fine si costituisce come la “meta” di cui parlava Alcmeone di Crotone. Qui ritro- viamo l’eustochìa, l’essenza finalistica propria della metis greca, votata univocamente al raggiungimento dello scopo. E questo fine per Django è il suono connesso al fenomeno swing, inteso come eufonica ed euritmica conformazione creativa sub specie auditiva della materia sonora. È come partire dalla soluzione del problema anziché dalle cause: ci si dispone a “fare il pezzo”, con qualunque mezzo si abbia a diposizione. Man mano che la perizia aumenta, che il repertorio, l’inventario di risorse si arricchisce, 114 VINCENZO CAPORALETTI che le dita si destreggiano progressivamente, il “pezzo” sarà sempre più articolato, tornito, raffinato. Ma ciò che conta per la nostra discussione è che, nello stesso modo in cui le gestalten, gli elementa di base, si costituiscono in micro-testi, così la macro- forma si dispone omologamente ad esse, attivata nella tensione ad una totalità da attingere nell’approccio originario creativo. Tra gli objets da coordinare costruttivamente, i micro-testi e il macro-testo del brano vi è una relazione frattale di auto-somi- glianza strutturale31. Questo, per Django, sul piano estemporizzativo, e nell’or- dine della simultaneità, dell’armonia di un brano. Ma lo stesso vale per l’improvvisazione, nell’ordine della successione. Le frasi melodiche non derivano da un’aggregazione di elementi discreti scalari intesi come unità minimali da trattare con regole di combinazione (magari ricercando accostamenti sempre più inusitati, sino all’astrazione linguistica, ai fini dell’irriducibile ricerca del nuovo). Le stesse formazioni scalari, invece, così come gli accordi, sono dei tracciati tattili-visuali lungo la tastiera dello strumento, corrispondendo anch’esse a gestalten32. E all’interno di questi tracciati, come elementi extra-codificati, alcuni percorsi privilegiati assumono una salienza sul piano psico-percettivo, qualificandosi come formule o frasi basiche, da combinare a loro volta. In questo senso, le gestalten ineriscono ad un ordine fraseologico-musicale, ma il processo che le governa è ricorsivo e il medesimo in tutti i livelli. Queste salienze ricorrenti, a loro volta formeranno uno repertorio, un vocabolario di formule, e il processo si reduplica.

31 Ora, questo aspetto frattale ci conduce al cuore di uno degli aspetti più affa- scinanti della teoria della complessità di Edgar Morin, ossia la relazione tra parti e il tutto. Per il filosofo francese, infatti, coerentemente con quanto stiamo esemplificando, la parte contiene già il tutto (prendiamo il gene: racchiude la nostra immagine, o la singola nota, che contiene la gamma, nei suoni armonici), e in ogni caso il rapporto è più complesso di quanto si supponga. Cfr. Edgar Morin, Introduction à la pensée complexe, Paris, Éditions du Seuil, 2005. 32 Nell’etno-teoria del blues e rock, così come esposta pragmaticamente nei manuali in commercio, questi tracciati tattili sono chiamati box: delle scale pentatoni- che, della scala blues, ecc., in varie posizioni sulla tastiera. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 115

Il processo di reperimento di unità extra-codificate, in funzione di elementi di uno stock da coordinare, non agisce solo a livello di quelle che nella dimensione visiva si potrebbe definire una gram- matica basilare, come compensazione di un’analfamusicalità. Ciò che rende estremamente interessante la questione, e che giustifica il livello estetico riconosciuto alle musiche audiotattili, è che il bricolage audiotattile si implementa anche per dimensioni lingui- stiche più raffinate, per artisti che dispongono di una completa acculturazione musicale formale. Prendiamo il caso di uno dei più grandi e preparati musicisti di jazz, Charlie Parker. L’utilizzo che si faceva nel bop degli anni Quaranta di armonie riconducibili a Bartók o a Stravinskij è soggetto allo stesso protocollo audiotat- tile sin qui analizzato. Le formazioni accordali erano estrapolate dal contesto che le giustificava – in ragione di una logica visiva inerente alla composizione – venendo invece incorporate come objets trouvés nella dinamica audiotattile dell’improvvisazione bop. Anche qui si utilizza come gestalt un esito di un processo (interno alla logica del linguaggio bartókiano, ad esempio), senza però ripercorrerne o implicarne le cause, i moventi formali che l’hanno indotto, ma decontestualizzandolo: come “materiale per una nuova forma”, direbbe Adorno. Nei termini della Teoria delle musiche audiotattili, possiamo parlare anche in questo caso di sussunzione mediologica33: con la

33 Nell’orizzonte teorico della Teoria delle Musiche audiotattili, le tecnologie (materiali o ideazionali) possono assumere il ruolo di formatori di conoscenza (diven- tando così media cognitivi: il medium dualistico partitura/teoria musicale costitutivo della matrice cognitiva visiva della musica occidentale tonale e modernista, e il sistema psico-corporeo per medium cognitivo del PAT per le musiche audiotattili), ma possono anche essere sussunte nell’ambito di una modalità cognitiva ad essa estranea, come semplici tecniche operative piegate ad un alternativo modello di cognitività, cui afferi- scono indebolendo il loro “genoma epistemico” mediologico. Lo stesso tipo di medium può funzionare, attualizzando il proprio sistema operativo, come medium prevalente formatore di cognitività; e in un altro ordine essere sussunto come puro mezzo al servi- zio di un altro modello cognitivo. Prendiamo la corporeità, dalla cui specifica forma di razionalità induciamo il modello cognitivo audiotattile, che si esplica musicalmente, ad esempio, nel rock, nel jazz o nella world music. Ma la corporeità, come una specie di servomeccanismo (nel senso neutro del termine, esente da connotazioni di valore), può essere sussunta all’interno di un ordine cognitivo visivo, rinunciando beninteso alle proprie prerogative di costruzione integrale della mediazione uomo-ambiente, e 116 VINCENZO CAPORALETTI differenza che, in questo caso, ad essere sussunti non sono processi di codifica, come la notazione nel jazz o l’attivazione corporea nella musica d’arte visiva, bensì concreti elementi lessicali, epifenomeni di linguaggio. Anche in questo caso per queste gestalten, per questi materiali di risulta, vale richiamare la perspicua definizione di Lévi- Strauss: «résidus d’ouvrages humains»34, che dà il senso concreto di questa decontestualizzazione e “riuso” formativo. Ma l’approccio audiotattile non è prerogativa esclusiva del jazz, bensì lo ritroviamo anche nella musica di tradizione scritta europea, in particolare antecedente, a grandi linee, il classicismo settecentesco. Abbiamo già fatto cenno alla particolare fenomeno- logia del partimento fiorita in particolare, ma non solo, a Napoli nel XVIII secolo. Come ci ricorda Robert Gjerdingen, «a parti- mento […] was an instructional bass, meaning a bass written for pedagogical purposes. Given a particular partimento to be played at the keyboard with the left hand, a student would work toward its solution and realization by testing various additions of chords and contrapuntal voices with the right hand»35. Per evidenziarne gli specifici aspetti di questa pratica riconducibili alla cognitività audiotattile, consideriamo la seguente testimonianza di Francesco Florimo, che riporta un’esortazione del compositore e didatta napoletano Francesco Durante (1684-1755) ai propri allievi:

Miei cari, fate così, perché così va fatto. Dev’essere così perché il vero e il bello è uno, e non m’inganno. Io non so dirvi le ragioni che mi dimandate; ma siate pur certi che i maestri che verranno dopo di me le troveranno, e dei precetti che ora vi do essi faranno tanti assiomi che diverranno regole infallibili36.

piegandosi ad un ordine normativo exosomatico, di regole precostituite ad esso alie- ne, in quanto astrattivo-razionali. Questo è proprio quello che accade nella musica di tradizione scritta occidentale (che fino a prova contraria si esplica e si implementa attraverso il corpo degli esecutori). 34 «residuati di opere umane» [T.d.A.], cfr. Lévi-Strauss, La pensée sauvage, cit., p. 29. 35 Robert O. Gjerdingen, Music in the Galant Style, Oxford-New York, Oxford University Press, 2007, p. 465. 36 Cit. in Francesco Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, 4 voll., Napoli, Morano, 1881-1883 (vol. II, 1882, pp. 180-181). Rosa Cafiero riferisce I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 117

Con Durante, ci stiamo riferendo ad un tipo di procedimento che Lévi-Strauss definirebbe “articolato persegni ”37. I “segni” in questo caso sono da intendersi come micro-testi, unità struttu- rate non riconducibili ad una sistematica che da concetti astratti e principi generali perviene coerentemente ad un macro-testo mediante una codifica combinatoria (in questo caso, si tratta di schemi minimali cadenzali dotati di senso musicale, di passaggi in cui l’idiomatico non è discernibile dal dattilico, come risultano dalla prassi musicale comune e non dalle regole dell’armonia). La regola dell’ottava38, il paradigma base per ogni realizzazione successiva (cfr. infra), è essa stessa un’unità testuale con una sua conformazione linguistica, anche in questo caso attinente più al linguaggio che alla langue saussuriana: non, insomma, di natura meramente astrattiva, schematico-sistematica. Questi tratti corri- spondono alla nostra formalizzazione del modello di implemen- tazione operativa della gnoseologia audiotattile, dove un inven- tario di elementi “raccolti” sono implementati in un macro-testo attraverso procedure non combinatorie ma coordinative. Per la cultura del partimento ne è prova la seguente osservazione: «In order to play an unfigured partimento, the student must memo- rize a remarkably (but not impossibly) large number of tonal paradigms, or schemata»39. Il connesso aspetto epistemologico audiotattile, relativo al carattere non assiomatico40 delle regole, inerente alla modalità di

l’osservazione di Florimo per cui Durante si sarebbe così espresso «when correcting partimenti and exercises in counterpoint» (Rosa Cafiero, The Early Reception of Neapolitan Partimento Theory in France: A Survey, «Journal of Music Theory», LI, 1, Spring, 2007, p. 154). Credo si possa ritenere, per quanto concerne la pratica estemporizzativa dei partimenti, che Durante non dicesse “fai così” “correggendo gli esercizi” (verbo che implica una realizzazione scritta) ma esemplificando alla tastiera i vari moduli e formule. Questa maniera ostensiva, basata su un criterio mimetico, è un comune dispositivo didattico in uso nelle scuole di improvvisazione musicale. 37 Lévi-Strauss, La pensée sauvage, cit., p. 28. 38 O, secondo la formulazione originariamente italiana, attestata da Gaspare Selvaggi, “canone armonico” (cfr. Sanguinetti, The Art of Partimento, cit., p. 365). 39 Giorgio Sanguinetti, The Realization of Partimenti, «Journal of Music Theory», LI, 1, 2007, pp. 51-83 (p. 54). 40 “Assioma” da intendersi ovviamente in senso generale epistemologico, da non 118 VINCENZO CAPORALETTI coordinazione dei micro-testi pre-formati, statisticamente reperiti, degli elementi immagazzinati da correlare, derivante da un’attitu- dine olistica, cognitivamente top-down, e linguisticamente condi- visi da una comunità linguistica, è confermato da questa affer- mazione del compositore e teorico Fedele Fenaroli (1730-1818): «[…] qui altro non si è fatto se non mettere in ordine le regole41, che da tutti bene si sanno». È interessante, a questo proposito, il commento di Sanguinetti: «[…] partimento rules consist in large part of harmonic and contrapuntal patterns, the memorization of which is an essential prerequisite for partimento playing»42. In quest’ottica cognitiva audiotattile, quindi, l’elemento base preformato, il micro-testo considerato come unità operativa non ulteriormente diviso, nella sua utilizzazione pragmatica, fino ai fattori primi, ai principi assiomatici e agli elementi discretizzati soggetti alla combinatoria generativa (di cui invece si sostanzia l’episteme cartesiana e visiva), è dato da una specifica unità di concettualizzazione musicale: la cadenza. Questa olistica unità di concettualizzazione musicale nella cultura della tonalità armo- nica43 è dotata, a differenza dell’assioma-nota o del singolo accordo, di significato musicale minimale per gli acculturati, nel senso di gestaltica “chiusura” ma anche, più in generale, di arti- colazione della dinamica tensione-rilassamento. È questo l’ele- mento base del repertorio da cui il musicista “raccoglie” i signes, i «résidus d’ouvrages humains»44, nei termini di Lévi-Strauss,

confondersi col significato gergale che Fenaroli attribuisce a questo termine, stante ad indicare quattro regole preliminari sul moto della settima (che scende di grado) e della quarta eccedente (che sale alla quinta). 41 Bisogna insistere sul fatto che la nozione di “regola” assume una connotazione ben diversa in un sistema assiomatico e visivo rispetto ad un’infrastruttura cognitiva pragmatica di natura audiotattile, come nella cultura del partimento. Qui le regole sono non sono deduttive, ma induttive, desunte dal fare, dall’interazione contestuale, in quanto, come sosteneva Vico in contrasto con Descartes, «la scienza è la conoscenza del genere o modo in cui la cosa si fa». Cfr. Vico, De Antiquissima, cit. p. 27. 42 Sanguinetti, The Realization of Partimenti, cit., p. 55. 43 Ma ritengo che nelle culture musicali della tonalità modale avvenga lo stesso processo: la nozione di formula modale è un aggregato di cadenze e moti melodici preformati polarizzati tonica modale e sue dinamiche relazioni con gli altri gradi. 44 Cfr. Lévi-Strauss, La pensée sauvage, cit., p. 29. I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 119 da intendersi qui nel senso proprio di “precipitati” linguistico- musicali. La stessa infrastruttura basilare della teoria del partimento, la regola dell’ottava, come già accennato, può essere intesa come costruita su questa nozione-base della cadenza. L’opposizione cognitiva visivo/audiotattile è pienamente evidente proprio nella differenza tra modi alternativi di fondare la dimensione della verti- calità musicale: l’armonizzazione della scala diatonica maggiore in Rameau (esplicitamente ispirandosi ai principi di Descartes)45 e nel partimento. Nella regola dell’ottava la norma sistemica astratta cartesiana diviene exemplum, si procede per dispositivi concreti di linguaggio – il vichiano scire per causas – articolando frammenti sintattico-grammaticali riconducibili a una cadenza perfetta (I-V-I), ad una sospesa (II-V) e a una perfetta (IV-V-I):

Fig. 4. Regola dell’ottava applicata alla scala diatonica maggiore ascen- dente46. Abbiamo sovrapposto i gradi armonici del basso fondamentale per comparazione

A testimonianza di una logica non lineare, osserviamo come nel percorso discendente della regola, l’armonizzazione della scala diatonica maggiore sia differente. La dimensione pragmatico- linguistica contestuale di cui è intessuta questa forma di cono- scenza assume e esprime, infatti, un “senso” differente, presen-

45 È nota l’espressa adesione di Rameau ai principi metodologici delineati da Renè Descartes. «Illuminato dalla Méthode di Descartes, che ebbi fortunatamente modo di leggere e da cui fui fortemente impressionato, cominciai a cercare entro me stesso» (T.d.A.), Jean-Philippe Rameau, citato in Thomas Christensen, Rameau and Musical Thought of the Enlightenment, Cambridge, Cambridge University Press, 2004, p. 12. 46 Fedele Fenaroli, Regole musicali per i principianti del cembalo, Napoli, Mazzola-Vocola, 1775 (facs., , Forni, 1975). 120 VINCENZO CAPORALETTI tando di seguito una cadenza sospesa (I-V), una tonicizzazione passeggera alla dominante con dominante secondaria (V/V-V) e due cadenze perfette (V-I):

Fig. 5. Regola dell’ottava applicata alla scala diatonica maggiore discenden- te47

Ma possiamo spingerci ancora più in là, e reperire il modello audiotattile, nel suo aspetto di logica operativa che mira all’unità testuale come meta immediata, nella musica di tradizione scritta del Novecento. Lo ritroviamo, ad esempio, nella poietica di un compositore appartenente a pieno titolo alla tradizione d’arte occi- dentale: Giacinto Scelsi (1905-1988). È noto il suo modo del tutto eterodosso (per la tradizione scritta) di comporre, dopo un lungo periodo in cui aveva assimilato tecniche compositive come la dode- cafonia, accostandosi anche al simbolismo teosofico di Skrjabin, e conseguendo, al contempo, l’eccellenza performativa al piano- forte. Scelsi dalla seconda metà degli anni Cinquanta cominciò a comporre registrando direttamente il brano da lui eseguito (per lo più con due tastiere elettrofone clavioline accordate diversamente), annullando lo scarto tra ideazione e trasduzione dell’idea musi- cale attraverso le maglie noetiche e il carico teorico del sistema notazione/teoria musicale. Le sue creazioni erano dei macro-testi che solo un lavorìo a posteriori, da parte di trascrittori come Vieri Tosatti, poteva segmentare in unità minimali e riconfigurare (o eventualmente integrare) attraverso un criterio visivo48.

47 Ibidem. 48 In questo senso, le ben note recriminazioni autoriali da parte di Vieri Tosatti acquisterebbero un fondamento: egli sarebbe l’“autore” della versione visivizzata di I MODELLI COGNITIVI VISIVO E AUDIOTATTILE 121

Di fatto, l’orientamento cognitivo e la logica poietica profonda di Scelsi, autograficamente orientati alla “meta”, sono gli stessi che guidano, nella tradizione della canzone d’autore statunitense, un Bob Dylan, nel comporre il proprio pezzo davanti ad un micro- fono del registratore. Anche qui un macro-testo estemporizzato si configura come la meta creativa direttamente attinta, con coor- dinazione di habitus gestuali-corporei e dispositivi poietici deri- vanti dall’interfaccia audiotattile, nella stessa linea dell’improvvi- sazione e dell’estemporizzazione nel jazz e nella musica rock, che di questo complesso di formanti esistentivi micro-testuali hanno fatto la marca elettiva e la forma simbolica stessa delle musiche audiotattili nella loro globalità. Vorrei concludere questo contributo con un passo molto signi- ficativo di Edgar Morin, che, per altre vie, converge in maniera illuminante con molte idee e aspetti della nostra discussione.

Ritornare sulla conoscenza, sulla sua fonte, sul soggetto conoscente, è un complemento necessario di ogni conoscenza, compresa quella globale. Ciò che è centrale sono i principi a partire dai quali organizziamo il mondo che conosciamo: è ciò che si può definire il “paradigma” che guida i sistemi di conoscenza e di pensiero. Le nostre idee obbediscono a un paradigma di riduzione e di disgiunzione. Ne siamo inconsapevoli, ma è questo paradig- ma che guida ogni nostro sistema di insegnamento, ogni nostro sistema di conoscenza e tutto il nostro sistema di pensiero, salvo eccezioni marginali. Quando si è sotto il governo di questo paradigma, si vedono tutte le cose separate e si vedono tutte le cose ridotte ai loro elementi più semplici. E si pensa che tutto ciò che contraddice questa visione sia pura chiacchiera, pura sciocchezza, pura follia. Siamo in un’epoca che ha bisogno di un cambiamen- to di paradigma, e ciò accade molto raramente nella storia. Si tratterebbe di sostituire la distinzione alla disgiunzione, la relianza alla riduzione: bisogna distinguere e, nello stesso tempo, legare49.

brani audiotattilmente concepiti da Scelsi. Il medium, anche in questo caso, resta il messaggio. 49 Edgar Morin, 7 lezioni sul pensiero globale, Milano, Raffello Cortina, 2016, p. 112. 122 VINCENZO CAPORALETTI

Bibliografia

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