Acc. Sc. Torino Atti Sc. Mor. 149 (2015), 155-179 ARCHEOLOGIA, EPIGRAFIA E NUMISMATICA

Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo: archeologia e storia

Nota di NICCOLÒ MANASSERO* e VALERIA PIACENTINI FIORANI** presentata dal Socio nazionale ANTONIO INVERNIZZI nell’adunanza del 12 maggio 2015 e approvata nell’adunanza del 9 febbraio 2016

Riassunto. Il sito archeologico di sorge alla foce dell’Indo, in posizio- ne strategica che ne rende verosimile l’identifi cazione con il porto di Daybul/ , menzionato dalle fonti antiche come il centro principale sulla direttrice dei traffi ci commerciali tra la Valle dell’Indo e le terre al di là dell’Oceano Indiano. L’articolo offre una panoramica dei lavori intrapresi dalla Missione congiunta italo-pakistana-francese a partire dal 2011. Gli scavi delle campagne 2014 e 2015, in particolare, hanno portato alla luce evidenze di una città fi o- rente e vivace, protagonista di produzioni artigianali e di scambi commerciali ad ampio raggio, dall’area siro-mesopotamica a quella indiana e cinese. Il sito fu attivo per almeno un millennio, dall’epoca sasanide fi no agli inizi del 13° secolo, e non è escluso che gli strati più profondi portino testimonianze di epoche ancora precedenti. PAROLE CHIAVE: Indo, Barbarikon, Daybul/Debal, archeologia sasanide, archeologia islamica.

Abstract. The archaeological site of Banbhore lies at the mouth of the , in a crucial location that leads to tentatively identify it with the harbour of Daybul/Debal, mentioned by ancient sources as the main center for tra- de between the Indus Valley and the destinations beyond the . The article provides an overview of the works undertaken by the joint Italo- Pakistani-French Mission since 2011. The excavations of 2014 and 2015 campaigns, in particular, brought to light evidence of a thriving and wealthy town, the protagonist of handicrafts and trade wide-ranging from the Syro- Mesopotamian area to India and China. The site was active for at least a mil- lennium, since the Sassanian period until the early 13th century, and the deeper layers might bear evidence of even earlier times. KEYWORDS: Indus, Barbarikon, Daybul/Debal, sasanian archaeology, isla- mic archaeology.

* CRAST (Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino) dell’Università di Torino. E-mail: niccolò[email protected] ** Membro del Comitato Direttivo del Centro CriSSMA (Centro di ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Direttore Scientifi co della ricerca a Banbhore. E-mail: [email protected] 156 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Jacobabad

Shikarpur

Ghotki

Larkana Sukhar

Dadu

Khairpur

Naushahro Feroze

Nawahshah

Sanghar Mirpur Khas

Hyderabad Umar Kot

Karachi BANBHORE Badlin Tharparkar Thatta

Fig. 1. Localizzazione geografi ca di Banbhore.

1. Introduzione Il sito archeologico di Banbhore sorge sulla riva settentrionale del Gharo, un ramo secondario dell’Indo, a metà strada tra e Thatta, a circa 30 km dall’attuale linea costiera (Fig. 1). Esso è composto da una «cittadel- la» fortifi cata e una vasta area di rovine extra moenia (strutture portuali, quartieri urbani e suburbani, magazzini, offi cine, sbarramenti artifi ciali), per una superfi cie complessiva di circa 65 ettari. L’importanza del sito è legata alla sua posizione strategica presso la foce dell’Indo; diverse fonti storiche danno notizia di una città portuale qui collo- Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 157 cata, che svolse un ruolo cruciale all’incirca a partire dal 3° secolo a.C.: dap- prima Barbarikon, l’emporio «scitico» (da intendere come sbocco sul mare del regno Kushana) menzionato dall’autore del Periplus Maris Erythraei1; poi Dib, menzionata per la prima volta dal predicatore Mani2, e successiva- mente da svariate fonti in arabo (come Daybul) e persiano (come Debal o Debol)3. Anche se tale identifi cazione è fortemente controversa, la posizio- ne e l’imponenza delle strutture della cittadella sul Gharo rendono l’ipotesi molto verosimile. Il valore archeologico di Banbhore fu riconosciuto inizialmente da H. Cousens, che visitò il sito nel 1896-97, e da N.G. Majumdar, che vi scavò alcune trincee nel 1930, dando il via ad un vivace dibattito sulla identifi - cazione del sito, ancora oggi non risolto4. Più tardi, tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, L. Alcock vi intraprese scavi preliminari, continuati da M. Rafi que Mughal e in particolare da F.A. Khan, il quale effettuò scavi ar- cheologici estesi e sistematici5. Questi ultimi studiosi ed i loro collaboratori6,

1 L. Casson, Periplus Maris Erythraei: Text with Introduction, Translation and Commentary, Princeton University Press. Princeton, 1989, 38:13.3-4. 2 G. Widengren, Manichaeism and the Iranian Background, in «Cambridge History of Iran», 3:2 (1983), pp. 965-990 (in particolare p. 968). 3 Sui numerosi toponimi menzionati dalle fonti e sulla loro dibattuta identifi cazione sul terre- no, si vedano soprattutto V. Piacentini Fiorani, Behind Ibn Hawqal’s Bahr al-Fars. 10th-13th Centuries AD: and the Kij-u-Makran region, hinge of an international network of reli- gious, political, institutional and economic affairs («Studies in the Archaeology and History of Baluchistan», vol. II, BAR International Series, 2651), Oxford, 2014; e M. Kervran, Les ports multiples des bouches de l’Indus: Barbariké, Deb, Daybul, Lahori Bandar, Diul Sinde, in «Sites et monuments disparus d’après les témoignages de voyageurs» («Res Orientales», VIII), ed. by R. Gyselen, Peters Press, Louvain, 1996, pp. 45-92. 4 H. Cousens, The Antiquities of Sind («Archaeological Survey of India», New Imperial Series, XLVI), Calcutta, 1929; N.G. Majumdar, Explorations in Sind («Memoirs of the Archaeological Survey of India», 48), Delhi, 1934. Tra i più autorevoli studiosi pakistani riluttanti ad identifi care i resti di Banbhore con Dib/Daybul/Debol e/o Barbarikon, si ricor- dano H.M. Elliot, H. Haig, H.G. Raverty, H.T. Lambrick e lo stesso H. Cousens. 5 Le campagne di scavo realizzate da F.A. Khan durante il periodo 1958-1965 furono solo in parte pubblicate, ed i quaderni di scavo, i disegni e gli altri documenti originali sembrano es- sere andati persi. Si vedano F.A. Khan. Excavations at Banbhore, in « Archaeology», 1, 1964, pp. 48-55; e id., Banbhore, A Preliminary Report on the Recent Archaeological Excavations at Banbhore, 3rd ed. Karachi, 1969. 6 P.T. Nasir, Coins of the Early Muslim Period from Banbhore, in «Pakistan Archaeology», 6, 1969, pp. 117-81; S.M. Ashfaque, The Grand Mosque of Banbhore, in «Pakistan Archaeology», 6 (1969): pp. 182-209; M.A. Ghafur. Fourteen Kufi c Inscriptions of Banbhore, the Site of Daybul, in «Pakistan Archaeology», 3, 1966, pp. 65-90. 158 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani appoggiandosi all’autorità di un grande storico, N.A. Baloch, furono tra i più autorevoli sostenitori dell’identifi cazione di Banbhore con Daybul. Dopo un silenzio più che quarantennale, Banbhore tornò ad attirare l’interesse della comunità scientifi ca nel 2010, quando gli obiettivi di due Missioni (la Missione Archeologica e Storica Italiana in Makran e Kharan, diretta dalla Prof. Valeria Piacentini Fiorani7, e la Missione Archeologica Francese in Sindh, diretta dalla Dr. Monique Kervran8) si trovarono a con- vergere. Entrambe le Missioni erano alla ricerca di una grande città portuale, un centro di snodo commerciale nella rete internazionale di scambi tra, da una parte, il subcontinente indiano e l’Asia interna, e dall’altra la penisola arabica, il Mar Rosso e la costa orientale dell’Africa. La ricerca comune di questo porto spinse le due squadre a unirsi avvalendosi della collaborazio- ne di un gruppo di colleghi pakistani sotto la direzione della Dr.ssa Asma Ibrahim, Direttore dello State Bank Museum of Pakistan (Karachi), e del Dr Kaleemullah Lashari, e a elaborare un nuovo progetto di ricerca, formaliz- zato e strutturato alla fi ne del 2010 come Missione Storica e Archeologica Pakistana-Francese-Italiana a Banbhore (Sindh).

2. Obiettivi della Missione L’unità italiana opera sotto la direzione scientifi ca della Prof.ssa Valeria Piacentini Fiorani, del Centro CriSSMA (Centro di ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Due accordi scientifi ci hanno formalizzato altrettante collaborazio- ni, rispettivamente con il CRAST (Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino, rappresentata sul campo dal Dott. Niccolò Manassero), e con il Dipartimento di Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria-Laboratorio di Analisi non distruttive e Archeometria (LANDA), Università La Sapienza di Roma (sotto la direzione scientifi ca del Prof. Mario Piacentini).

7 V. Piacentini Fiorani e R. Redaelli (eds.), Baluchistan, terra incognita: a new methodological approach combining archaeological, historical, anthropological and architectural studies, («Studies in the Archaeology and History of Baluchistan», vol. I, BAR International Series, 1141), Oxford, 2003. 8 M. Kervran, The fortress of Ratto Kot at the mouth of the Banbhore River (Indus delta, Sindh, Pakistan), in «Pakistan Archaeology», 27, 1992, pp. 143-70; e ead., Pakistan. Mission Archéologique Française au Sud-Sind, in: «Archéologies. 20 ans de recherches françaises dans le monde» [ed. by Ministère des Affaires Etrangères], Maisonneuve et Larose, Paris, 2005, pp. 595-598. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 159

L’obiettivo primario della missione congiunta è quello di stabilire un oriz- zonte cronologico defi nitivo per il sito, e ottenere informazioni dettagliate sulla sua struttura urbana e sulla vasta gamma di attività che vi si svolgevano. In particolare interessa comprendere se Banbhore possa essere identifi ca- ta con Barbarikon, il porto della Scizia menzionato dal Periplus, con Dib, dove l’apostolo Tommaso sbarcò e cominciò a diffondere il Cristianesimo in India, e con la Daybul conquistata dopo un lungo assedio, nel 711-712, da al-Thaqafi , episodio che segnò la conquista del Sindh da parte delle armate dell’Islam. Allo scopo di fornire delle risposte alle suddette domande di carattere storico, la neonata missione congiunta si è prefi ssa una serie di obiettivi con- creti, da indagare attraverso lo scavo archeologico. Uno degli obiettivi primari del team italiano è stato l’ottenimento di una stratigrafi a completa e documentata del sito, dai livelli superfi ciali fi no a quelli più profondi, che permettesse di verifi care e circostanziare la se- quenza proposta da F.A. Khan. Abbiamo mirato a chiarire l’organizzazione interna della cittadella e la sua evoluzione nei secoli, ricercando i principali assi e snodi urbanistici nei differenti livelli intercettati dagli scavi. A questo riguardo, ben consapevoli che uno studio geomorfologico completo (effet- tuato nella campagna 2014, ma tuttora in corso di elaborazione) potrebbe essere fondamentale per dirimere la questione, uno dei nostri primi obiettivi è stato lo scavo del cosiddetto «Partition Wall», al fi ne di comprendere la sua ragion d’essere e le sue caratteristiche strutturali. Questa indagine ci ha dato modo di mettere alla prova una ipotesi di lavoro fondamentale, ovvero quella secondo cui un asse stradale che corre in direzione sud-nord a partire dai pressi della attuale Porta Sud sia stato mantenuto in vita dalla fondazione della cittadella fi no al momento in cui venne eretto il «Partition Wall», che ne ricalca approssimativamente il tracciato nella metà settentrionale. Un altro elemento di interesse è il sistema di fortifi cazioni, su cui soprat- tutto il team francese ha svolto un lavoro notevole, con la collaborazione dei topografi e disegnatori italiani e pakistani, concentrando le campagne di scavo nel settore occidentale. Le fotografi e aeree e i rilevamenti topografi ci, più ancora delle indagini archeologiche che fi nora sono state molto limitate, hanno fornito informazioni fondamentali sulle varie fasi della costruzione e ristrutturazione delle mura e delle torri, e hanno individuato nuove porte (in aggiunta a quelle già individuate da F.A. Khan) e postierle, gettando luce sui sistemi di accesso che connettono l’interno della cittadella (soprattutto il quartiere del Tempio Indù) con il territorio extra-moenia. 160 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 2. Mappa del sito aggiornata alla campagna 2015 (A. Tilia).

Fig. 3. Le Trincee 7 e 8 viste da Ovest (campagna 2014). Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 161

Fig. 4. Ripresa ortofotografi ca della Trincea 7.

Fig. 5. Il «Partition Wall» e gli edifi ci sottostanti visibili in sezione in Trincea 7. 162 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 6. sezione Nord della Trincea 7.

Fig. 7. Il sondaggio profondo, Trincea 7. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 163

3. L’attività sul campo Tenuto conto degli obiettivi detti, i lavori della missione congiunta sono stati attentamente pianifi cati e portati a compimento, nel quinquennio 2011- 2015, come segue. L’obiettivo più urgente della missione congiunta era quello di elaborare uno studio planimetrico e altimetrico aggiornato del sito: tale compito fu af- frontato nel corso delle campagne 2011 e 2012 attraverso un rilievo topogra- fi co e una campagna di foto aeree dall’aquilone (a cura di Yves Ubelmann, Sophie Reynard, e Alessandro Tilia, sotto la supervisione di M. Kervran). La mappa risultante della cittadella e di una parte delle aree extra moenia, aggiornata ogni anno da A. Tilia, si pone come punto di partenza imprescin- dibile per ogni ulteriore indagine sul sito (Fig. 2). La seconda campagna, nell’autunno 2012, ha visto l’apertura dei primi sondaggi da parte dei team francese e italiano, rispettivamente nella zona occidentale e in quella centrale a sud della Moschea. Lo scavo pakistano- italiano, diretto dalla Dr. Asma Ibrahim, ha portato in luce una struttura edilizia e una fossa colma di rifi uti del periodo islamico (Trincee 4 e 5), men- tre quello pakistano-francese si è spinto fi no ai livelli pre-islamici prima di doversi interrompere per la risalita dell’acqua (Trincea 1). La seconda campagna (gennaio-febbraio 2014) ha segnato l’esordio della componente archeologica italiana vera e propria, e al contempo l’inizio della collaborazione del CRAST con il CrISSMA. Il team pakistano-italiano, di- retto dal Dr. N. Manassero, ha incentrato le proprie ricerche sull’area cen- trale del sito: qui sono state aperte due trincee, una a cavallo del cosiddetto «Partition Wall» e l’altra appena a ovest (Trincee 7 e 8 rispettivamente, Fig. 3). L’obiettivo principale era quello di fornire nuovi elementi per compren- dere il signifi cato e la datazione del muro detto, che in passato alcuni stu- diosi hanno proposto di interpretare come un muro di divisione tra due gruppi sociali o religiosi, sulla sola base della presenza del Tempio Indù a ovest e della Moschea a est. Lo scavo della Trincea 7 (Fig. 4) ha chiarito che si tratta di una struttura difensiva tarda, frettolosamente costruita senza accorgimenti strutturali al di sopra di altri edifi ci in rovina (Fig. 5), quando la popolazione aveva già iniziato ad abbandonare il sito. Gli edifi ci e l’intrico di strade portati in luce al di sotto indicano anche un’accurata pianifi cazione urbanistica nelle fasi di vita del sito precedenti all’innalzamento del muro. Le strutture, con basamento in pietra a secco e alzato in mattoni crudi, sono rigorosamente allineate e perpendicolari tra loro, costruite secondo piante modulari elementari e funzionali allo sfruttamento ottimale dello spazio ur- bano. Inoltre, un sondaggio profondo scavato nel vicolo che corre tra due 164 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani degli edifi ci a ovest del «Partition Wall» (Fig. 6) ha rivelato una sequenza stratigrafi ca molto fi tta, che testimonia l’utilizzo di questo spazio come stra- da nel corso di tutto il periodo islamico e, con solo un leggerissimo cambio di orientamento riscontrabile negli edifi ci contemporanei sfi orati in sezio- ne, anche nel periodo sasanide (Fig. 7). Un elemento di disturbo notevole, costituito da una serie di fosse scavate nel periodo «di transizione», corri- spondente all’VIII-IX secolo, ha seriamente obliterato e compromesso la stratigrafi a dell’epoca sasanide, non consentendo ulteriori osservazioni, an- che a causa dello spazio molto ridotto a disposizione che non permetteva di contestualizzare i ritrovamenti. Un dato sorprendente, che potrebbe avallare l’ipotesi di un asse stradale che attraversasse la città fi n dalla sua fondazione, è il ritrovamento, sul fondo del sondaggio, di due lastre di pietra piatte e levigate, sulle quali erano stati stesi due strati di argilla e arenaria sbriciolata pressata, un’opera che si può effettivamente leggere come pavimentazione, possibilmente di una strada se non di un edifi cio di una certa rilevanza (Fig. 8). Un edifi cio dalle caratteristiche monumentali doveva d’altronde sorgere nei pressi, perchè un grosso blocco di arenaria accuratamente lavorata, con un incavo regolare su uno spigolo, è stato recuperato un metro al di sopra di detto piano lapideo, forse re-impiegato o crollato da una struttura attigua (Fig. 9). Lo spazio esiguo dello scavo, limitato da un lato dalle strutture edilizie di una città densamente occupata, e dall’altro dal breve tempo a disposizione di una campagna di scavo, non ha consentito la prosecuzione del sondaggio, ma incoraggia a proseguire in altri tempi e modi l’indagine sull’asse stradale che abbiamo postulato all’inizio del progetto. Un edifi cio di carattere artigianale, in cui si svolgevano attività di lavo- razione metallurgica oltre alle attività domestiche (come testimoniato da reperti quali, rispettivamente, un fornetto con stampo per fusione ed un grosso mattarello lapideo), è stato messo in luce nella Trincea 8 (Fig 10). Tale edifi cio appartiene all’ultima fase di vita del sito, e venne distrutto da un evento violento che provocò un incendio, il crollo del tetto le cui travi giacciono bruciate sul pavimento, e la morte dei suoi occupanti che vennero in seguito deposti, solo una sequenza di pietre squadrate a segnalare la se- poltura del capo-famiglia (Fig. 11) Una ricognizione idrologica e geomorfologica con indagini sedimentolo- giche, effettuata durante la stessa campagna 2014 (Team dell’Università della Sorbona di Abu Dhabi, sotto la direzione del Prof. E. Fouache), ha incre- mentato la nostra conoscenza dei cambiamenti del corso dell’Indo nel corso dell’epoca storica e preistorica, aiutandoci a raggiungere una migliore com- prensione dell’ambiente e dell’habitat locale, la distribuzione e le dinamiche Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 165

Fig. 8. Pietre lisce sul fondo del sondaggio profondo.

Fig. 9. Il grande blocco di arenaria dal fondo del sondaggio. 166 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 10. Mappa della Trincea 8. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 167

Fig. 11. Sepoltura con copertura lapidea, Trincea 8. 168 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 12. Il cosiddetto «Palazzo» con alti muri in pietra, Trincea 9 (campagna 2015).

Fig. 13. Ripresa ortofotografi ca della Trincea 9. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 169 insediative della popolazione; tuttavia i risultati di quella indagine sono ancora in corso di elaborazione e sono solo parzialmente fruibili al momento. La terza campagna di scavo (gennaio-febbraio 2015) ha visto la squadra pakistana-italiana concentrarsi di nuovo sulla parte centrale del sito, ma in una zona dal rilievo più basso, tra il «Partition Wall» e la Porta Sud. La Trincea 9 ha inaspettatamente rivelato un edifi cio imponente (il «Palazzo»), i cui muri in pietra si mantennero in piedi per un’altezza eccezionale di 4 metri, dal 9° secolo fi no ai giorni fi nali di Banbhore (Fig. 12). Altre due strutture, che furono ampliate e rinnovate più volte mantenendo la stessa posizione e orientamento, probabilmente conservando la loro funzione di offi cine per secoli, sono state messe in luce a nord di questo edifi cio, al di là di una stretta strada che corre in direzione est-ovest (Fig. 13). Al loro inter- no sono stati ritrovati più di 4000 frammenti di avorio intagliato (Fig. 14), ossa di animali e conchiglie, a testimonianza di un’attività artigianale intensa legata alla creazione di gioielli e suppellettili. Le tre fasi edilizie principali dell’edifi cio orientale sono caratterizzate da differenti tecniche costruttive, dalla tecnica a sacco con paramento di pietre e interno di argilla, alle strut- ture lignee testimoniate da grosse buche di palo. Nella parte occidentale della Trincea 9, al di sotto di una struttura muraria che prevede l’impiego di grandi blocchi squadrati, e quindi di presumibile carattere monumentale, è stata scoperta una piccola cisterna con copertura a cupola e un canale di ingresso in cima, che vi riversava probabilmente le ac- que meteoriche. L’opera rivela una pianifi cazione attenta delle infrastrutture urbane, una cura notevole nella gestione di un elemento fondamentale quale l’acqua, una coordinazione nella progettazione delle operazioni edilizie che dovette corrispondere a qualche importante evento politico e sociale verifi - catosi nel corso del 9° secolo. Al di sotto dei livelli islamici, lo scavo della metà occidentale della Trincea 9 ha messo in luce una stratigrafi a di epoca sasanide di ben 4 metri di spesso- re: questo dato chiarisce immediatamente l’importanza e intensità di vita del sito in un periodo per il quale la documentazione archeologica nei territori circostanti è assai scarsa, e perciò tanto più preziosa e benvenuta. Il dato che colpisce nell’esame della stratigrafi a sasanide è lo spessore dei singoli livelli, l’accumulo notevole che fa pensare a una città dalla trama forse meno fi tta, a una organizzazione urbanistica differente, come testimonia la presenza, in corrispondenza di quella che nei soprastanti livelli islamici è una strada, di un edifi cio di cui si è messo in luce un muro accuratamente costruito in pie- tra, che separa due ambienti dal raffi nato pavimento in battuto di arenaria gialla, dall’effetto quasi di mosaico (Fig. 15). 170 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 14. Uno dei manufatti in avorio dalla Trincea 9.

Fig. 15. L’edifi cio di età sasanide, Trincea 9. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 171

Fig. 16. Esempi di ceramica islamica (campagna 2014).

Fig. 17. Un frammento ceramico a stampo, di epoca sasanide. 172 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 18. Frammento ceramico a stampo con raffi gurazione di coppia umana, Trincea 9.

Fig. 19. Statuetta raffi gurante un bue gibboso. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 173

A quota -0,30 slm, il sondaggio si è dovuto arrestare per la risalita dell’acqua e l’impossibilità di condurre uno scavo comprensibile: tuttavia una serie di carotaggi effettutati sul fondo hanno restituito una discreta quantità di frammenti ceramici, fi no alla quota -1,70, arrestandosi a -2,10 su un terreno roccioso impenetrabile, verosimilmente il suolo vergine su cui Banbhore venne fondata, in un’epoca che rimane ancora da defi nire. Non è questa la sede per illustrare a fondo i risultati del team francese sul campo nel triennio 2012-2015; basti dire che, sotto la direzione del- la Dr. Kervran, gli scavi hanno rivelato una rete intricata di strutture di età sasanide e islamica nella parte occidentale della cittadella, ed i mate- riali rinvenuti, sia di produzione locale sia di importazione, sono relativi a una ricca gamma di lavorazioni artigianali (vetro, avorio e conchiglie). Dall’esame sinottico preliminare dei dati di scavo, l’area occidentale risulta avere una vocazione più commerciale rispetto a quella centrale indagata dal team italiano, come era lecito aspettarsi vista la vicinanza al Gharo: la mole di reperti provenienti da questo settore suggerisce che Banbhore abbia avuto un ruolo di primissimo rilievo, e duraturo, nei traffi ci commer- ciali sull’Oceano Indiano.

4. Risultati raggiunti Tornando al lavoro del team italiano, occorre ricordare che lo scavo ar- cheologico è stato costantemente affi ancato da un’altrettanto importante se- rie di attività condotte da specialisti di diversi settori, la cui collaborazione e coordinazione ha permesso di raggiungere i risultati davvero notevoli di cui disponiamo oggi. La ceramica delle trincee pakistane-italiane, che documenta la dimen- sione internazionale del sito di Banbhore attraverso i secoli, e un crescente livello di «indianizzazione» nel periodo Ghaznavide, è stata studiata dalla Dr. Agnese Fusaro. Una enorme quantità di ceramica graffi ta, pertinente agli ultimi due secoli di vita del sito, è accompagnata per tutto il periodo islamico dalla ceramica grigio-nera, talvolta anche con un trattamento della superfi cie a base micacea che le conferisce una lucentezza quasi metallica (Fig. 16). La ceramica sasanide è rappresentata invece da impasti rossi e superfi ci deco- rate con motivi vegetali ed anche animali, e spesso da decorazioni a stampo (Fig. 17). Abbondante nei livelli inferiori è anche la «Red Polished Ware», la cui cronologia è in fase di attenta valutazione e al momento non fornisce indicazioni univoche, vista la sua diffusione e persistenza. Un frammento eccezionale, ritrovato nei livelli sasanidi più antichi nella Trincea 9, presenta 174 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani due personaggi seminudi stanti, forse divinità, in cui è assai sensibile l’infl us- so iconografi co dell’arte indiana9 (Fig. 18). Oltre al già citato, vasto quantitativo di avori, ossa e conchiglie, prove- nienti in gran parte dall’edifi cio a nord della strada nella Trincea 9, sono varie le categorie di reperti degni di nota. Una certa quantità di piccole scul- ture in terracotta, raffi guranti animali (Fig. 19) e modellini (da segnalare parti di macinelli con presa tubulare), restituisce immagini di vita quotidiana e forse di spiritualità legata alle attività agricole sulle quali si basava buona parte della ricchezza della città. Particolarmente numerosi, in superfi cie e nei livelli più recenti del sito, sono i frammenti di peculiari stampi di terracotta ad alveare, noti in let- teratura come «honey-comb moulds» (Fig. 20): tali oggetti, che trovano

9 Tra gli studi, più o meno recenti, sui repertori ceramici che hanno caratteristiche in comune con quello di Banbhore, e che forniscono pertanto una guida sicura alla cronologia del sito, si vedano principalmente: O. Watson, Revisiting Samarra: the Rise of Islamic Glazed Pottery, in «Beiträge zur Islamischen Kunst und Archäologie herausgegeben von der Ernst- Herzfeld-Gesellschaft», Band 4, Wiesbaden, 2014, pp. 123-142; R. Carter, J. Connan, S. Priestman and R. Tomber, Torpedo Jars from Sir Bani Yas, Abu Dhabi, in «Tribulus, Journal of the Emirates Natural History Group», 19, 2011, pp. 162-163; P.M. Simèon, Étude du matériel de Hulbuk (Ma -wa -ra -’al-nahr-Khuttal), de la conquête islamique jusqu’au milieu du xie siècle (90/712-441/1050). Contribution à l’étude de la céramique islamique d’Asie cen- trale, (BAR International Series, 1945), Oxford, 2009; P. Ambika Patel and S.V. Rajesh, Red Polished Ware (RPW) in Gujarat, Western India – An Archaeological Perspective, in «Praˉ gdhaˉraˉ , Journal of the U.P. State Archaeology Department», No. 17, 2006-2007, pp. 89-111; D. Kennet, Sasanian and Islamic pottery from Ras al-Khaimah. Classifi cation, chro- nology and analysis of trade in the Western Indian Ocean («Society for Arabian Studies Monographs», 1, BAR International Series, 1248), Oxford, 2004; M. Kervran, Indian Ceramics in Southern Iran and Eastern Arabia: Repertory, Classifi cation and Chronology, in «Tradition and Archaeology. Early Maritime Contacts in the Indian Ocean. Proceedings of the International Seminar Techno-Archaeological Perspectives of Seafaring in the Indian Ocean 4th cent. B.C.-15th cent. A. D.», ed. by HF.P. Ray and J.-F. Salles, Manohar Publishers, Delhi, 1994 (1996), pp. 37–58; M. Tampoe, Maritime Trade between China and the West. An Archaeological Study of the Ceramics from Siraf (Persian Gulf), 8th to 15th centuries A.D., (BAR International Series, 555), Oxford, 1989; P. Morgan and J. Leatherby, Excavated Ceramics from S ˉırja ˉn, in «Syria and Iran. Three Studies in Medieval Ceramics», edited by J. Allan e C. Roberts, Oxford University Press, Oxford, 1987, pp. 23-174; D. Whitehouse, Islamic gla- zed pottery in Iraq and the Persian Gulf: the ninth and tenth centuries, in «Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli», New Series 39, 1979, pp. 45-61; J.-C. Gardin, Lashkari Bazar. Une résidence royale ghaznévide. II Le trouvailles. Céramiques et monnaies de Lashkari Bazar et de Bust, («Mémoires de la Délégation Archéologique Française en », tome XVIII). Paris, 1963. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 175

Fig. 20. Stampi in terracotta, cosiddetti «honey-comb moulds».

Fig. 21. Manufatto metallico (campagna 2014). 176 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani

Fig. 22. Frammento di vaso lapideo (campagna 2014).

Fig. 23. Mattarello in pietra dalla Trincea 8. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 177

Fig. 24. Ostrakon dalla Trincea 9.

confronti inaspettati ma puntuali nell’Età del Ferro celtica10, erano presu- mibilmente legati all’attività di estrazione del metallo e conio di monete, che le analisi archeometriche condotte nel laboratorio LANDA hanno stabilito essere rappresentato in quantità variabile da ferro, rame, zinco, piombo e stagno. Anche una discreta quantità di monete è stata portata in luce dagli scavi, tuttavia raramente le ossidazioni ne consentono una lettura affi dabile. Numerosi altri reperti metallici quali chiodi e lame, ma anche qualche fram- mento di pinze, sono stati recuperati in aree diverse degli scavi, a dimostrare un certo benessere della popolazione e una diffusione capillare delle attività artigianali (Fig. 21). Dagli scavi provengono poi molti oggetti lapidei, ricavati da pietre dif- ferenti quali clorite e quarzite: i ritrovamenti vanno ascritti specialmente a

10 Si vedano R.F. Tylecote, The method of use of early Iron-Age coin moulds, in «Numismatic Chronicle», 2, 1962, pp. 101-109; e J. Collis, Iron age ‘coin moulds’, in «Britannia», 15, 1985, pp. 237-238. Si consideri però che manufatti analoghi sono attestati anche in altri ter- ritori ed epoche: si veda S. Nixon, Th. Rehren and M.F. Guerra, New Ligh on the early Islamic West Afrigan trade: coin moulds from Tadmekka, Mali, in «Antiquity», 85, 2011, pp. 1353-1368. 178 Niccolò Manassero e Valeria Piacentini Fiorani vasellame (con interessanti decorazioni geometriche a bulino, Fig. 22), stru- menti e suppellettili quali teste di ascia, macine e un mattarello di propor- zioni massicce (Fig. 23). Lo scavo ha rivelato poi un’altra classe di reperti di particolare interesse: 3 frammenti ceramici con iscrizioni, correntemente defi niti ostraka, proven- gono dai livelli islamici dell’edifi cio orientale nella Trincea 9 e dalla strada attigua (Fig. 24). Tali ostraka, i cui testi sono ancora in fase di studio, ri- chiedono una particolare attenzione, in quanto possono portare importanti informazioni riguardo a nomi di luoghi e persone. Infi ne, una categoria di reperti ampiamente testimoniata dagli scavi (so- prattutto nel settore occidentale scavato dal team francese) è quella del vasel- lame in vetro, rappresentato da svariate forme quali fi asche, bicchieri, lucerne, prevalentemente di importazione; alcune scorie di fusione testimoniano però che un certo quantitativo veniva prodotto anche localmente, nella cosiddetta Area Industriale fuori delle mura, ma forse anche all’interno della cittadella. Analisi archeometriche condotte dai Proff. M. Piacentini e Anna Candida Felici, del Laboratorio LANDA dell’Università La Sapienza di Roma, hanno puntualmente integrato le indagini sul campo, e dimostrato che la maggior parte della ceramica è di produzione locale, non di importazione. Il riesame delle fonti scritte in arabo e persiano, portato avanti dalla Prof. V. Piacentini Fiorani, ha fornito una base indispensabile di informazio- ni sui periodi tardo-sasanide e islamico, le istituzioni sociali e amministrative, le attività commerciali con il mondo circostante, dati puntuali sugli eventi militari e politici che si svolsero nel Sindh fi no alle invasioni di Mongoli e Coresmi11. I risultati preliminari degli scavi sembrano confermare le infor- mazioni fornite dalle fonti, e in una certa misura avallano le conclusioni di F.A. Khan sulle principali fasi della vita di Banbhore, offrendo al contempo una migliore comprensione di alcune questioni specifi che. Grazie alla collaborazione di team e competenze specialistiche così va- riegati, è andata defi nendosi l’immagine di una città ricca ed estremamente attiva, in cui il commercio internazionale giocò un ruolo fondamentale nel corso delle epoche sasanide ed islamica, e forse ancor prima. Un obiettivo primario delle prossime campagne sarà infatti verifi care se Banbhore abbia potuto rivestire un ruolo politico ed economico altrettanto importante già in periodi precedenti.

11 V. Piacentini Fiorani, Behind Ibn Hawqal’s Bahr al-Fars. 10th-13th Centuries AD: Sindh and the Kij-u-Makran region, hinge of an international network of religious, political, institutional and economic affairs («Studies in the Archaeology and History of Baluchistan», vol. II, BAR International Series, 2651), Oxford, 2014. Scavi della Missione dell’Università Cattolica di Milano alla foce dell’Indo 179

Dopo 5 anni di attività di ricerca, il sito di Banbhore non è più una «terra incognita»: tutti i dati fi nora emersi convergono verso la stessa conclusione, la conferma del ruolo di crocevia di primissima importanza di Banbhore nel sistema delle rotte commerciali internazionali, di terra e di mare, in epoca sasanide ed islamica.

5. Obiettivi futuri Raggiunti gli obiettivi che ci eravamo prefi ssi nel 2010, ci aspettano molti quesiti nuovi, generati dagli stessi risultati ottenuti, e che contiamo di affron- tare nel prossimo triennio, a partire dalla prossima, imminente campagna (gennaio-febbraio 2016). Le aree di maggior interesse a questo proposito sono due: 1. La zona centrale, a ovest del «Partition Wall», dove abbiamo ipotizza- to che corresse una strada lungo l’asse che attraversa il sito da sud a nord: lo scavo completo dell’edifi cio scoperto nella campagna 2015 (il cosiddetto «Palazzo»), potrebbe rivelare informazioni cruciali sulla vita nel sito dal 9° al 13° secolo, poiché gli ostraka trovati nelle vicinanze suggeriscono che esso potesse avere una funzione pubblica. Inoltre, è necessaria una conferma del- la sequenza stratigrafi ca rivelata dalla Trincea 9, e possibilmente un suo ap- profondimento verso livelli ancora più antichi. A questo scopo, intendiamo scavare un sondaggio più ampio in un’area più elevata, possibilmente vicino alle trincee 7 e 8, che potrebbe richiedere più di una campagna per arriva- re al terreno vergine, e quindi dovrebbe essere iniziato fi n dalla campagna 2016. 2. La seconda area di interesse è quella extra-moenia a nord della citta- della, la cosiddetta «zona industriale» dove diversi ambienti pieni di grandi giare sono ancora ben individuabili in superfi cie. Lo scavo completo di uno degli ambienti, e la rimozione delle giare con un’attenta raccolta del loro contenuto, faranno luce sulle vivaci attività artigianali che si svolgevano al di fuori del muro di cinta della cittadella, sulla connessione urbanistica di que- sto quartiere con la porta d’accesso e con le strade all’interno della cittadella stessa, e sulla cronologia – forse tardiva – di questo settore.