Liber Annualis
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PONTIFICIA UNIVERSITÀ DELLA SANTA CROCE LIBER ANNUALIS 2012-2013 2012 - 2013 annualis ER B I L Pontificia Università della Santa Croce Liber annualis 2012-2013 Segreteria Generale Pontificia Università Università della Santa Croce Redazione a cura di Sig.ra Nadia Buratti Dott. Ambrogio Piras Grafica Liliana M. Agostinelli Messa votiva dello Spirito Santo Omelia per la Santa Messa celebrata in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2013-2014 S.E.R. Mons. Javier Echevarría Gran Cancelliere Basilica di Sant’Apollinare 7-X-2013 «Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore». Sono parole del Canto al Vangelo ed è ciò che oggi, all’inizio di questo nuovo anno accademico, chiedia- mo specialmente alla Terza Persona della Santissima Trinità: che ci riempia dei suoi doni e ci infiammi col fuoco del suo amore per corrispondere costantemente all’amabile volontà di Dio. La vita del cristiano consiste infatti nel camminare «secondo lo Spirito», come ci ricorda san Paolo nel brano della lettera ai Galati che abbiamo letto poco fa. E l’Apostolo precisa con determinazione che non è possibile armonizzare il camminare «secondo lo Spirito» con il «soddisfare il desiderio della carne», poiché «si oppongono a vicenda». Per questo, il nostro impegno, che ribadiamo in questo momento all’interno di un’azione liturgica come la Santa Messa, non può essere altro di quello di lasciarci «guidare dallo Spirito» in ogni circostanza della nostra vita, cioè di accogliere le sue costan- ti mozioni, sia quelle che immette direttamente all’interno della nostra anima, sia quelle che ci vengono attraverso i canali normali della vita cristiana, specialmente l’Eucaristia e la Confessione, ma anche nell’ambito della vita ordinaria e universitaria in cui siamo immersi, in particolare per quanto riguarda la conoscenza e la trasmissione della Parola di Dio in tutti i suoi aspetti. Soltanto lasciandoci guidare dallo Spirito è possibile produrre quei frutti di bene che l’Apostolo enumera nella stessa lettera ai Galati – lascia- te che ve li ricordi – «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolen- za, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». Sono i segni che indica- no che la nostra vita si svolge conformemente al volere divino, in un continuo progredire, distruggendo in essa le tendenze egoisti- che; segni quindi dell’identificazione con Cristo, poiché «coloro che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» per vivere una vita in Dio, come ricorda anche l’Apostolo nella lettera già citata. 7 8 «Manda il tuo Spirito Signore», ribadiamo adesso con le parole dell’antifona del Salmo responsoriale, consapevoli che senza que- sta presenza divina che viene dall’alto non è possibile, non solo il nostro camminare verso Dio, ma neanche il compiere la missione di «rinnovare la terra» di cui parla la stessa antifona, cioè di riem- pire il mondo dell’amore di Dio. E il mondo si rinnoverà per mezzo di noi – poveri uomini –, se accogliamo lo Spirito divino, perché Dio vuole fare cose grandi per mezzo della nostra scienza e della nostra vita di pietà. Lo segnalava Benedetto XVI nella sua Lettera apostolica con la quale indiceva l’Anno della Fede, momento eccle- siale che si avvia verso la conclusione, ma che dovrebbe rimanere nella sua sostanza nel cuore di ognuno di noi. Affermava, infatti, che il «cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto pri- vato. La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensio- ne pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa» (n. 10). Gesù stesso illuminò questa realtà nell’Ultima Cena, come leggiamo nel Vangelo della Messa. In quel momento sublime disse infatti ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paraclito, che io manderò del Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli darà testi- monianza di me; e anche voi darete testimonianza, perché siete con me fin dal principio» (Gv 15,26-27). Erano parole rivolte pri- mariamente agli Apostoli, ma non solo a loro: erano rivolte a tutti i suoi discepoli di tutti i tempi, come suggerisce il contesto eccle- siale in cui si trovano. Il Signore prometteva l’invio dello Spirito perché agisse in noi e per mezzo di noi fosse data testimonianza di Gesù. Egli avrebbe guidato la Chiesa alla comprensione della veri- tà tutt’intera, quella insegnata dallo stesso Gesù, culmine della rivelazione, motivo per cui Gesù affermò che lo Spirito lo avrebbe glorificato: «Perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Mi viene in mente il commento di Papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì 15 maggio a proposito di questo testo gio- vanneo che parla di «Spirito di verità». Dopo aver segnalato che Gesù è la verità che nella pienezza dei tempi si è fatta carne (Gv 1,1.14), aggiungeva che «abbiamo bisogno di lasciarci inondare dalla luce dello Spirito Santo, perché Egli ci introduca nella Verità 9 di Dio, che è l’unico Signore della nostra vita. In quest’Anno della fede chiediamoci se concretamente abbiamo fatto qualche passo per conoscere di più Cristo e le verità della fede, leggendo e medi- tando la Sacra Scrittura, studiando il Catechismo, accostandoci con costanza ai Sacramenti. Ma chiediamoci contemporaneamen- te quali passi stiamo facendo perché la fede orienti tutta la nostra esistenza». Dobbiamo concludere la nostra omelia, ma vorrei prima ricordare la preghiera allo Spirito Santo composta da san Jose- maría nel lontano aprile del 1934: «Vieni, Santo Spirito! Illumina la mia intelligenza per conoscere i tuoi mandati. Fortifica il mio cuore contro le insidie del nemico. Infiamma la mia volontà… Ho ascoltato la tua voce e non voglio indurirmi e respingerti dicendo “Dopo… domani”. Nunc coepi! Ora! Non sia mai che il domani mi venga meno. Spirito di verità e di sapienza, Spirito di intelletto e di consiglio, Spirito di gioia e di pace! Voglio quello che vuoi, voglio perché vuoi, voglio come vuoi, voglio quando vuoi». Maestra di questa fedeltà allo Spirito Santo fu nostra Madre Santa Maria, come ci ricordava il Romano Pontefice quando, nell’udienza generale sopra menzionata, affermava: «Pensiamo a Maria che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19.51). L’accoglienza delle parole e delle verità della fede per- ché diventino vita, si realizza e cresce sotto l’azione dello Spirito Santo. In questo senso occorre imparare da Maria, rivivere il suo “sì”, la sua disponibilità totale a ricevere il Figlio di Dio nella sua vita, che da quel momento è trasformata». E cosí sia. Prolusione del Rettore Magnifico Prof. Mons. Luis Romera Atto accademico 2012-2013 Eccellentissimo Gran Cancelliere, Eccellenze Reverendissime, Illustrissime Autorità, Colleghi professori, collaboratori e studenti, Signore e Signori, È ormai una consuetudine che nell’Atto d’inaugurazione dell’Anno accademico, il Rettore dell’Università rivolga lo sguardo verso il Corso concluso per ricordarne i momenti salienti e, da que- sti, prospettare quello che ci accingiamo ad inaugurare. Anche se non è sempre facile scegliere, tra i tanti eventi che hanno contrad- distinto un anno di lavoro docente e di ricerca, quelli davvero carat- teristici e che possiedono inoltre la virtualità di aprire nuove pro- spettive di consolidamento e di sviluppo per la nostra Istituzione. Visto che è stata distribuita la Memoria dell’Anno Accademico 2012-2013, e che ciascuno avrà la possibilità di prendere diretta- mente visione dei Convegni di studio internazionali e seminari per professori, delle pubblicazioni, dei dati circa il numero di studenti e docenti, loro provenienza, ecc., vorrei limitarmi, in quest’occa- sione, a evocare due momenti che hanno sicuramente segnato l’U- niversità e ciascuno di noi, in una maniera assai incisiva. Mi riferisco, in primo luogo, alla rinuncia di Benedetto XVI e la successiva elezione come Romano Pontefice di Francesco. In secondo luogo, al processo di valutazione interna dell’Università. Sono ancora nitidi nella nostra memoria gli intensi mesi vis- suti da quando Benedetto XVI rese nota, con un atto di evidente umiltà e di grande fede, la sua volontà di ritirarsi per lasciare il passo a un nuovo Papa, che avesse maggiori energie per guidare la Chiesa di fronte alle sfide della nostra epoca; sfide innanzitutto apostoliche, emerse durante il Sinodo sulla Nuova Evangelizza- zione e sulle quali tutti, credo, abbiamo meditato in questo Anno dedicato alla fede. Non è certamente questo il momento per tentare un bilan- cio del ricco pontificato di Benedetto XVI. Sono convinto che con 13 14 il passare del tempo si incrementerà la consapevolezza della sua eredità così densa. Qui vorrei semplicemente enucleare quattro aspetti di tale pontificato che riguardano, non tanto il contenuto degli atti e degli insegnamenti, ma lo stesso atteggiamento di Benedetto XVI; quat- tro aspetti che, credo, si riconoscono nella nostra Università come momenti costitutivi della sua identità e che si ergono come indica- tori di un percorso di crescita per la vita universitaria e per la vita personale di ciascuno di noi. Mi riferisco, in primo luogo, a ciò che denominerei una scelta per la parola. Il pontificato di Benedetto XVI si è contraddistinto per il ministero della parola. Evidentemente, non sono mancati i gesti e, soprattutto, le decisioni che hanno determinato l’anda- mento della Chiesa negli ultimi anni e l’hanno indirizzata verso il futuro.