Note di storia sul paesaggio agrario della tra XIX e XXI secolo bc

Biblioteca del Centro Annali BCA 25 Note di storia sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XXI secolo

a cura di P. Fuccella - A. Labella - E. M. Lavoràno

Biblioteca del Centro Annali Note di storia sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XXI secolo a cura di P. Fuccella, A. Labella, E. M. Lavoràno

Direzione editoriale Maria Carmela Consiglio Calice

Immagine grafica Palmarosa Fuccella

ISBN 978-88-8458-111-2 © 2010 Calice Editori Rionero in (Pz) Prima edizione 2010

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Dipartimento Agricoltura Sviluppo Rurale Economia Montana

Volume realizzato con il contributo della Regione Basilicata Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale Economia Montana

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Referenze fotografiche: Ministero per i beni e le attività culturali. - Archivio di Stato di . Archivio Luccioni

Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Valeria Verrastro, direttore dell’Archivio di Stato di Potenza; Michele Saponaro, Soprintendenza B.S.A.E. della Basilicata; Anna Abate, direzione generale Regione Basilicata. Si ringraziano inoltre tutti coloro che hanno gentilmente contribuito al buon esito di questo progetto. Presentazione

Sviluppo rurale, valorizzazione del paesaggio e innovazione nelle politiche regionali

“Il Vulture è suggestivo, incanta. Gli oliveti e i vigneti sembra che non abbiano altra funzione che quella di rivestire le pendici del monte [...]. Incanta anche la terra nera delle pendici [...] ricca, generosa che si vorrebbe prendere a piene mani…”. Così scriveva nel 1978 l’autorevole agronomo rotondellese Vincenzo Valicenti, in uno dei suoi tanti studi dedicati alla nostra terra e al paesaggio agrario lucano. E ancora, una “terra generosa” diceva della Basilicata Guido Spera, stimato divulgatore agricolo ed eminente artista che illustrò il mondo agro-pastorale lucano della prima metà del secolo scorso. Ma della Basilicata scrittori, poeti, sociologi e antropologi, viaggiatori stranieri hanno ampiamente rappresentato luoghi, culti e folclore, e per vari autori il pane e il grano sono materia che diviene simbolo di questo territorio. “[...] Da noi il mondo è lontano, ma c’è odore di terra e di gaggìa e il pane ha il sapore del grano”, riportava il poeta tricaricese Mario Trufelli in una lirica pubblicata nel 1959 nella rac- colta “Paese giorno e notte”. Insomma, la terra lucana è stata descritta in molteplici maniere quale metafora intensa ed emblematica di un Mezzogiorno pregno di asperità, umanità, testimonianze ancestrali, un teatro naturale fra cielo e terra tra sconfinati orizzonti, che disvelano la profonda bellezza di un mondo incontaminato e dalle radici contadine. Un mondo, come sosteneva Francesco Saverio Nitti, il quale intuì il nesso tra Mezzogiorno ed Europa, che deve trovare il modo di legare la propria visione di spazio locale a quello globale. Un tema aperto, quindi, per un nuovo confronto che la Basilicata rurale, conscia delle proprie radici ma anche delle potenzialità, descritte così acutamente nei contributi di studiosi e ricercatori, ha accettato convin- tamente. E lo ha fatto anche attraverso il Programma di sviluppo rurale, entrato oramai a pieno regime, i cui assi che contengono il miglioramento della competitività dei settori agricolo e forestale, dell’ambiente e dello spazio rurale e della qualità della vita nelle zone rurali, impegnano nell’insieme 875 milioni di euro, di cui 672 di partecipazione pubblica e 203 di sponda privata. Il nostro obiettivo, in conformità con le strategie europee, è rimettere al centro degli interventi regionali il settore primario riconoscendone l’importanza nel nostro territorio, puntando sull’innovazione, sulla qualità, sulla valorizzazione del paesaggio e sulle emergenze ambientali in un contesto di sviluppo ecosostenibile. Un programma di interventi coordinati teso non solo a frenare il processo di disarticolazione dell’agricoltura e di spopolamento dei nostri centri interni ma a costruire un modello lucano di agricoltura multifunzionale che sappia essere fattore di coesione e di integrazione fra territori e generazioni. Questa rivisitazione del paesaggio agrario lucano altri non è che la lettura di un percorso, l’anagramma di una società in cammino. Un compendio prezioso e un compagno di strada.

On. Vincenzo Viti Assessore all’Agricoltura della Regione Basilicata

Indice

Cap. I Il paesaggio rurale italiano tra continuità 169 e distruzione. Un caso lucano Il paesaggio agrario della Basilicata 11 Fabio Fontana nella storiografia nazionale e regionale dell’ultimo ventennio Storia amara del vino 181 Angelo Labella Lucio Tufano

Magia dell’orto e della montagna 51 Lucio Tufano Appendice

Cap. II Il paesaggio lucano nella pittura 191 fra ’800 e ’900 Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento 57 Palmarosa Fuccella nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee Il paesaggio dei fotografi. 209 Costantino Conte, Angelo Labella, Una ricognizione sulle immagini Ezio M. Lavorano della Basilicata Pietro Dell’Aquila Per il miglioramento dell’agricoltura. 81 La Reale Società Economica nell’800 Il paesaggio agrario lucano 223 Michele Strazza nel documentario Rocco Brancati Il feticismo da letame 97 Lucio Tufano La Basilicata nella produzione 235 cinematografica documentaria Cap. III dell’Istituto Luce: 1928 - 1964 Pietro Dell’Aquila Il paesaggio agrario lucano nel XX secolo 103 Valerio Giambersio, Carmela Menchise Glossario feudale – demaniale 239 Ezio Maria Lavoràno Mercato e sviluppo nella zona di Metaponto 149 tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Nicola Lisanti

Igiene, salute e paesaggio agrario nella Basilicata 157 tra Ottocento e Novecento Luigi Luccioni

Capitolo I Note di storia sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XXI secolo 9 Nella pagina precedente e in copertina: Veduta dei mulini dei signori Siervo e Mazzei in territorio di . 1827; Antonio Cascino, disegnatore; mm. 580x435; non in scala; disegno a penna acquerellato; ASPZ, Intendenza di Basilicata, b. 622, fasc. 548 [su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Archivio di Stato di Potenza, Aut. n.296 del 29 gennaio 2010] Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e regionale dell’ultimo ventennio

Angelo Labella

a Basilicata dei calanchi: paradossalmente quest’unica immagine di “assenza” verrebbe fuori, se andassimo dietro a tutta la letteratura storiograficaL marcata dall’impronta del meridionali- smo classico,quella di una Basilicata orrida e sfasciata idrogeologicamente- per riprendere G. Fortunato-, in cui, oltre la monotonia del latifondo cerealicolo-pa- storale, “paesaggi agrari” più movimentati sarebbero comparsi solo negli ultimi cinquanta- settanta anni. Come è noto i calanchi materani sono stati, a partire dal secondo dopoguerra e dalla uscita del Cristo si è fermato a Eboli, l’immagine più tipica della Basili- cata, schiacciata dal peso di una natura selvaggia e matrigna. La storia economica e sociale della Basilicata, in- clusa quindi la storia del paesaggio agrario, è apparsa segnata, nella lunga durata, da una massiccia passività nell’accettazione dei vincoli ambientali. F. Assante, studiosa attenta di società rurali indagate nell’arco di più secoli, così spiega una storia lunga di utilizzo pas- sivo, non specializzato, “promiscuo” del suolo.

Lo squilibrio climatico ed ambientale condizionava […] le forme di utilizzazione del suolo e gli ordina- menti produttivi. Non solo. In epoca preindustriale, per una società essenzialmente agricola, alla specia- lizzazione delle colture era di ostacolo il problema sempre difficile della sopravvivenza.

La sopravvivenza e quindi la produzione per l’au- toconsumo è stata la chiave per spiegare, fino a tempi 12 Angelo Labella

piuttosto recenti, l’uso produttivo del suolo all’in- di «metodi e strumenti primitivi» e, in più, su terre- terno di una economia quasi tutta agro- silvo- pa- ni distanti gli uni dagli altri continua a riportare in storale, in cui la pratica della cerealicoltura diffusa, primo piano una interpretazione in chiave di perma- con la sottrazione di grandi superfici al pascolo e al nente arretratezza dell’attività dei contadini lucani. bosco, ha rappresentato l’unica rottura nell’arco di In queste note cercheremo di documentare una molti secoli. Perciò in una logica economica segnata evoluzione più articolata e movimentata del paesag- dall’autoconsumo e non dal mercato, gio agrario più tradizionale, quello del latifondo ce- realicolo- pastorale, e di rintracciare in Basilicata la il sistema produttivo era caratterizzato da una diffusione di quella «stabile azienda contadina [di estrema varietà di coltivazioni. L’aratorio s’in- cui] _ secondo E. Sereni _ nel Meridione e nelle Iso- crociava con il querceto, con il castagneto, con il le, non si [poteva] generalmente parlare [alla vigilia bosco ceduo, con il pascolo. Così pure la vigna dell’eversione della feudalità], salvo che nei limitati s’intersecava con il gelso e con l’olivo; quest’ul- settori di prevalente proprietà allodiale, o in quelli timo con gli agrumi, ma anche con il ceduo e con dove lo jus coloniae e i contratti di tipo enfiteutico il pascolo. In tutti i fondi alberati si insisteva nella hanno permesso la diffusione delle colture arboree e semina di cereali e legumi, all’insegna dei contra- arbustive». L’ipotesi è quella di recuperare una cul- sti tra interessi del suolo e del soprassuolo. tura agronomica, nel Mezzogiorno, tra le migliori al mondo, secondo P. Bevilacqua, di cui erano in pos- La Assante approfondisce, per la Basilicata, sesso soprattutto i proprietari di piccoli poderi, che quanto L. Gambi aveva scritto, più in generale, per a partire dalla viticoltura e dalla frutticultura [dalla quell’Italia in cui «le strutture rurali sono da ripor- selezione e l’innesto di ulivi, viti e alberi da frutto tare a potenzialità più elementari», come avveniva alle tecniche di scasso e di sistemazione idraulica e «nelle zone più interne lungo la catena peninsulare, conservativa dei terreni] non si sono accontentati di come le ondulazioni […] o le conche […] del Poten- sfruttare passivamente ed estensivamente i terreni tino e del Lagonegrese», dove ma si sono sforzati, già dal Settecento, di migliorare lentamente la produttività e l’utilizzabilità intensiva l’azienda rurale tipicamente individualista si ridu- di piccole porzioni di terreno. Lo faremo ricorrendo ce a poderi minuscoli o è frazionata in pezzi di a quella storiografia che, sull’urgenza di una rottura terra di ampiezza minima e lontani fra loro; e la fa- con una storiografia che spesso utilizzava le grandi miglia […] esercita su questi frustoli di proprietà, opere dei meridionalisti classici come fonti stori- con metodi e strumenti primitivi[…] ogni genere che, ha consumato il distacco da quella congiuntura di coltura: dai cereali ai legumi, le patate e i pomo- avviata nel secondo dopoguerra, quando «la storia dori, un po’ di olivi e un po’ di viti, qualche albero del Mezzogiorno [in corsivo nel testo] contempora- da frutta, ecc, e alleva con sacrifici un maiale e neo ha fatto tutt’uno con la storia della “questione può mantenere solo uno o due sparuti animali da meridionale”, in un clima storiografico in cui non traino. era « la vicenda storica effettiva delle regioni me- ridionali a ricevere attenzione e cura da parte de- L’insistenza su pratiche agricole segnate dall’uso gli storici […] con l’esame dei processi materiali e Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 13

politici della trasformazione che qualunque storia le preoccupazioni e le speranze che alimentavano reale porta con sé» ma era piuttosto i conflitti sociali che tra gli anni ’40 e ’50 erano esplosi con asprezza nelle campagne meridionali l’analisi e la denuncia dell’arretratezza e dei ritar- e che, in un contesto politico- culturale segnato di, la ricerca e l’enfasi sulla diversità dell’Italia da un’intima connessione fra impegno civile e ri- meridionale rispetto al resto del paese, la polemica flessione storiografica, spingevano a ricostruire in ideologica, spesso la recriminazione moralistica tutto il loro spessore storico i processi attraverso nei confronti dei governi cui si erano formati e consolidati, fra ‘700 e ‘800, gli equilibri sociali che nel secondo dopoguerra a connotare l’atteggiamento scientifico e culturale di entravano in crisi profonda. chi si occupava di storia meridionale. Uno dei primi terreni affrontati dalla storiografia, La ricerca storica si è concentrata sulle regio- vicina o meno che fosse all’impostazione metodolo- ni meridionali più dinamiche, tra cui la Puglia e in gica, appena citata, del gruppo di storici ritrovatosi particolare la provincia di Capitanata, al centro di nell’IMES e intorno alla rivista Meridiana, a partire tanti lavori di storia dell’agricoltura tra Settecento dai primi anni Ottanta del secolo scorso, è stao quel- e Novecento, che hanno indagato le trasformazioni lo delle trasformazioni “modernizzanti” che hanno colturali e ambientali, soprattutto quelle legate alla caratterizzato il Mezzogiorno preunitario. progressiva scomparsa della pastorizia transumante Sono passati ormai venticinque anni da quando nell’area controllata dalla Dogana delle pecore di il convegno Il Mezzogiorno d’Italia dall’antico re- Foggia. gime all’unità. Forme e limiti di un processo di mo- Negli anni Ottanta- Novanta si è andata svilup- dernizzazione, tenutosi nel 1985, fu pando una reinterpretazione della storia dell’agri- coltura meridionale e pugliese, soprattutto quella un’occasione per mettere a fuoco ipotesi di lavo- dei primi trenta- quaranta anni dell’Ottocento, con ro, categorie analitiche, fonti e metodi di indagine implicazioni indirette anche su quella lucana. E. capaci di rendere tutta la varietà e, spesso, con- Cerrito rompendo con una traddittorietà delle trasformazioni registratesi, nel Mezzogiorno tra la fine del XVIII e la prima metà tradizione storiografica e politico- culturale gene- del XIX secolo ralmente incline a considerare come binomi quasi indissolubili concentrazione della proprietà fondia- che si lasciavano alle spalle la storiografia che ria e pauperismo e miseria diffusa, grande azienda aveva usato la categoria dell’arretratezza «quale con- cerealicola estensiva ed inefficienza e irrazionalità notato essenziale e duraturo della storia meridiona- del sistema produttivo le», quella di tanti storici che, tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, avevano ricostruito un’im- documentava magine delle campagne meridionali, tra la seconda metà del XVIII e gli inizi del XIX secolo, riversando come più rilevante fosse l’incidenza dei redditi in queste ricerche medi e alti, più sostenuto il livello di vita, più ro- 14 Angelo Labella

busta e diffusa la presenza di attività secondarie e lineare soprattutto gli elementi di immobilismo e terziarie proprio nei comuni della pianura [puglie- di stagnazione secolare nella vita economica e di se] caratterizzati da un più alto livello di concen- più aspro conflitto nei rapporti sociali. trazione della proprietà fondiaria e da una nettis- sima prevalenza della media e grande azienda ce- Tutti questi lavori, messi insieme, restituivano realicola che produceva per il mercato, da un più un panorama sociale e produttivo più mosso e più alto grado di proletarizzazione del tessuto sociale frammentato di quanto non si potesse sostenere fino e da più bassi di livelli di densità demografica. a quel momento: c’era la scoperta, potremmo dire con qualche forzatura e con molta imprecisione, di S. Russo, approfondendo la crisi degli anni ’20 una notevole incidenza dei “ceti medi” nella storia dell’Ottocento, ricostruiva «tensioni e processi di della società meridionale e di una vitalità della pic- mobilità sociale […] e di riorganizzazione degli as- cola e media azienda, quella che di solito era stata setti produttivi e proprietari» in un quadro in cui i legata alla crescita della viticoltura avvenuta di lì a gestori di “masserie” di medie dimensioni, riducen- qualche decennio dopo. do il campo di attività dell’impresa, selezionando e Anche in Basilicata si avviavano ricerche orien- migliorando la qualità di razze e sementi, facendo tate a cogliere fattori di dinamismo e di “moderniz- crescere la produttività con la riduzione dei tempi zazione difficile”, per riprendere la nota espressio- di riposo della terra e con la restrizione delle aree ne di Giuseppe Giarrizzo, in una regione in cui la lasciate a maggese nudo, riuscirono a sopravvivere permanenza dei caratteri dell’ancien régime, ancora meglio, ricorrendo soprattutto al nucleo familiare e per quasi tutto l’Ottocento, poteva pur apparire an- alla sua massima potenzialità lavorativa, in una con- cora prevalente. Giovani storici come A. Sinisi e S. giuntura economica Lardino affrontavano progressivamente, nell’arco di una quindicina di anni, questioni di storia dell’agri- in cui la riattivazione dei circuiti del commercio coltura, di storia sociale, di storia ambientale nell’ internazionale [...] e l’agguerrita concorrenza dei Ottocento misurandosi con le interpretazioni della grani russi facevano crollare il prezzo dei cereali storiografia inglese e francese. Non citeremo tutti i e, in Capitanata, mettevano in gravissime difficol- loro lavori ma solo quelli che più si legano al tema tà, a vantaggio di mercanti ed incettatori, il gruppo di queste note. A. Sinisi si è impegnata, con la sua dei massari o grandi coloni. tesi di dottorato di ricerca, Economia, istituzioni agrarie e gruppi sociali in Basilicata (1861-1914) Il senso di tutta l’operazione storiografica era che a documentare, nella seconda metà dell’Ottocento l’immagine della Capitanata proposta da queste ri- con una proiezione nei primi anni del Novecento, il cerche, anche se non divergeva radicalmente dalla dualismo tra la Basilicata nord-orientale (parte del visione tradizionale, era però melfese e del materano), l’area in cui si sviluppava «un’agricoltura più ricca e dinamica proiettata verso incomparabilmente più varia, articolata e ricca di il mercato esterno […] con importanti sbocchi com- chiaroscuri rispetto a talune rigidezze di una tradi- merciali pugliesi» e quella «sud-occidentale (buona zione storiografica generalmente propensa a sotto- parte dei circondari di Lagonegro e Potenza) in cui Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 15

l’agricoltura, dalla bassissima produttività, languiva tarie di utilizzazione della terra e all’emersione di anchilosata nei vecchi convincimenti […] imper- un individualismo agrario che tentava di sradicare meabile alle attività di propaganda […] di nuove l’economia e la civiltà pastorale. Lardino si è pre- pratiche agronomiche». La stessa Sinisi, qualche occupato di cogliere le reazioni del ceto baronale, anno dopo, concentrando la sua ricerca sullo “stato” «i comportamenti diversificati e non omogenei, in feudale di nel suo Il buon governo degli uo- una difficile congiuntura per un ceto che non poteva mini e delle risorse significativamente sottotitolato assistere impassibile al suo destino» in cui si poteva Gestione di uno “Stato” feudale e governo del terri- leggere una razionalità gestionale riconducibile ad torio nel Mezzogiorno fra Settecento e Ottocento, ha una «valutazione comparativa dei vantaggi derivanti indagato le trasformazioni territoriali in un’area che dalla soppressione delle servitù collettive e di quel- includeva parti delle province di Basilicata, di Ca- li, di contro, derivanti dal mantenimento di quelle pitanata e Principato Ultra. Utilizzando come fonti servitù, […] per il signore una fonte di entrate più «la normativa statutaria dei comuni lucani […] e la cospicue rispetto ai risultati delle chiusure». C’era- documentazione (fine XVIII secolo-prima metà del no poi comportamenti nobiliari che erano ispirati al XIX) relativa allo “stato” feudale di Melfi, possesso «mantenimento di atteggiamenti paternalistici che […] Doria», ha fatto emergere «non tanto il trionfo facevano del barone il protettore della comunità e dell’individualismo agrario, quanto le resistenze, i il garante […] della tradizione, di un antico ordine complessi rapporti tra comunità locali e nuove istitu- che non si voleva sconvolgere», con una «opzione zioni statali, i vecchi conflitti sociali – tra allevatori di “economia morale”, funzionale ad una transizione e agricoltori, ex feudatari e comunità – che la disgre- dolce nella bufera di fine Settecento ed inizio Otto- gazione degli assetti dell’ancien régime rendeva più cento». Posizioni di questo tipo incoraggiavano aspri». Da una ipotesi di ricerca legata ai nuovi in- dirizzi di storia del territorio e delle risorse ambien- l’opposizione delle popolazioni, che, in un’area tali la Sinisi si è spinta ad affrontare questioni come interna in cui l’allevamento e lo sfruttamento dei «il controllo politico dei mercati e l’organizzazione boschi prevalevano largamente sulle colture agri- degli spazi urbani», all’interno delle quali «era pos- cole, vedevano minacciato il secolare equilibrio di sibile cogliere gli specifici e ambigui caratteri della un «microsistema fondato sulla libertà di sposta- nuova azienda latifondistica, le trasformazioni e le mento stagionale degli armenti e delle mandrie» resistenze nelle forme di utilizzazione dello spazio rurale, i mutamenti nelle scelte di gestione econo- verso i pascoli estivi sul Pollino e quelli invernali mica e di intervento ambientale» che i Doria furono protetti lungo il corso del Sarmento e permettevano costretti ad avviare. la conservazione della promiscuità dei pascoli, come S. Lardino, in una relazione tenuta al conve- avviene nella contea di per i pascoli gno su Patrioti e insorgenti in provincia: il 1799 in sul massiccio del Pollino. Terra di Bari e Basilicata, utilizzando come fonte I lavori di A. Sinisi e S. Lardino hanno modifi- i reclami inviati alla Camera della Sommaria, ha cato l’immagine di una Basilicata immobile, l’han- ricostruito il mosaico delle reazioni ai processi di no sottratta a «quella connotazione di staticità, di sfaldamento delle forme consuetudinarie e comuni- immodificabilità imposta dalla tradizione meridio- 16 Angelo Labella

nalistica». Ma è soprattutto M. Morano, con il suo ta una grande avanzata della cerealicoltura in Ca- corposo Storia di una società rurale. La Basilicata pitanata tra le due grandi crisi della metà del 1700 nell’Ottocento a rifiutare, come ha scritto nell’intro- (in particolare quella del 1764) e la crisi degli anni duzione G. De Rosa, «l’immagine di una borghesia, Ottanta dell’Ottocento: questa crescita è fatta di di una possidenza tutta parassitaria, assenteista, in- fasi di brusca accelerazione e di rallentamento, in colta […] l’immagine di una storia sociale della Ba- cui addirittura si registra un recupero congiuntura- silicata immobile». G. De Rosa così continua: le del pascolo. Il processo ha anche sfasature terri- toriali e congiunturali su cui agiscono le scelte dei Grazie a Dio non c’è per lui nessun Cristo «che piccoli produttori e quelle delle grandi aziende che si è fermato a Eboli», ci sono invece gli uomini, producevano per il mercato interregionale ed inter- piccoli e grandi proprietari, nullatenenti, braccian- nazionale, come aveva mostrato, già qualche anno ti, professionisti, che lottano, si battono per uscire prima, S. Zotta, per l’area del Vulture, segnalando, dalle condizioni di arretratezza, ereditate dal regi- per la congiuntura economica che dalla espansione me feudale, dall’inerzia dei fruitori della rendita, cinquecentesca culminò nella crisi di metà ’600, le dalle difficoltà fisiche e ambientali; […] c’è una scelte non coincidenti fatte «dai medi e grandi fitta- borghesia che guarda anche ai modelli d’Oltralpe voli che gestivano le masserie di campo dei Doria […] [una] borghesia di provincia [che] cerca so- nella zona di Candela e dai piccoli terraggianti della luzioni ai problemi della viabilità, della bonifica, contigua area collinare e montuosa del Vulture». della concimazione, delle rotazioni, della mecca- Dopo la crisi dell’annata agraria 1764-65, in tutta nizzazione agricola, dell’introduzione di nuove l’area del Tavoliere (dal Fortore a settentrione, fino piante foraggiere, di nuovi metodi di stabulazione, al basso Molise, dal Subappennino alle Murge di della ricerca di sbocchi di mercato. Gravina e di Altamura) si registra una crescita del seminativo con punte d’incremento del 144% per il La sconfessione del vecchio schema sociologico grano e del 188% per le «biade» tra il 1760 ed il e storiografico della polarizzazione sociale apriva la 1775. strada anche ad una parziale riscrittura della storia La crescita del seminativo nell’Ottocento è anco- dell’agricoltura e del paesaggio agrario, soprattutto ra più intensa nelle colline e nelle pianure, al confine in Puglia: diventava centrale la graduazione e l’an- con la Basilicata del Nord, (Candela, Ascoli, Ceri- ticipazione dei processi di trasformazione colturale, gnola, Stornara, Stornarella], in un’area che si esten- in cui la complicata e contraddittoria trasformazione de fino all’Ofanto. In questo territorio, dell’economia agro-pastorale, dopo la soppressione della Dogana di Foggia, l’istituzione del Tavoliere dove esistono ancora agli inizi dell’Ottocento rile- delle Puglie e la divisione delle terre riservate al pa- vanti estensioni a pascolo, le superfici a grano pra- scolo, la comparsa, più o meno massiccia del semi- ticamente quintuplicano, passando da 8.482 ver- nativo, perfino l’estensione dei paesaggi dell’orto, sure nel 1802-3, a 19.292 nel 1822-23, a 21.279 del vigneto, dell’oliveto venivano individuate come nel 1841, a 23.612 nel 1860, a 42.141 nel 1879-83, piste di lavoro praticabili. quando già si è avviata la trasformazione viticola Per il paesaggio del seminativo viene individua- in una parte dell’area. Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 17

Per la Basilicata il processo coinvolge massiccia- rebbero stati distrutti, nel corso dell’Ottocento, più mente tutta l’area bradanica, dalle colline di Irsina di 200.000 ha di bosco, secondo Spera 170.000 ha; [l’antica Montepeloso] al Bradano, a sud. Morano propende, sulla scorta di quanto calcolato Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ot- dal geografo Tichy, per un «diboscamento di circa tocento, sulle alture della Basilicata, come sulle 34.000 ha fino al 1868 (202.527 ha boschivi) e di montagne e sulle colline degli Abruzzi, del Moli- altri 27.000 a tutto il 1889 (175.390 ha)». I boschi se, della Calabria «vastissime benché imprecisate [che nel catasto napoleonico assommavano a circa superfici di pascoli, di boschi, di macchie furono 215.000 ha] coprirebbero, all’atto dell’unificazione dissodate e sottoposte a coltura […] centinaia e cen- nazionale, circa 240.000 ha. C’è stata probabilmente tinaia di ettari di boschi e foreste vennero abbattuti, una sottovalutazione nel catasto napoleonico, come spesso col fuoco (debbio), per creare nuovi pascoli diremo più avanti, e insieme una sopravvalutazione alle mandrie e soprattutto per far posto alla colti- del taglio. Il taglio fu comunque un processo trau- vazione del grano, della segale, del granturco». La matico di rottura di un assetto, sul cui ripristino nac- produzione di cereali metteva in crisi o almeno atte- que un dibattito tecnico su come rimboschire le pen- nuava la potenza della pastorizia, sempre più ostaco- dici montane, per controllare le acque e recuperare lata o almeno frenata dalla riduzione dei pascoli. Il le valli e le pianure all’agricoltura, e furono avviati processo andava a incidere in profondità sugli assetti interventi di rimboschimento. Nel dibattito tecnico territoriali: era l’avvio dell’incrinatura del rapporto intervenne, per la Provincia di Basilicata, la Guardia montagna – pianura. Come ha scritto P. Bevilacqua Forestale Donato De Luca: nel proporre un progetto per consolidare i terreni in pendio e misure urgenti le alture diboscate, e in primissimo luogo le terre a difesa dei boschi, così ricostruiva, nel 1847, sul- di pendio, private della più o meno antica coper- le pagine del Giornale Economico-Letterario della tura forestale, erano sottoposte a intensi processi Basilicata, il quadro del dissesto: di erosione del suolo [con] smottamenti di terre e frane […] che investivano talora interi paesi posti la desolazione della pastorizia per la mancanza di a valle, colture, strade […]. Il diboscamento delle pascoli, scarsezza dei legni per costruzioni e per terre di altura produceva alterazioni di grande por- fuoco […], la rarità delle piogge, l’impoverimento tata perché i torrenti, costretti a trascinare a valle delle sorgive, le continue frane e gli scoscendi- massi e detriti menti di terra, gli spaventevoli burroni, il rapido gonfiamento dei torrenti, le alluvioni, gli allaga- con le piene della stagione invernale straripava- menti […] per le più vistose pianure e pe’ campi no e allargavano i loro alvei fino a formare, in pros- i più ubertosi, che per ultimo si sono trasforma- simità della foce, «impaludamenti e ristagni piutto- ti in pestiferi stagni ed in infette paludi a danno sto estesi». dell’agricoltura e della salute pubblica. «Vastissime benché imprecisate» _ ha scritto P. Bevilacqua _ a proposito delle superfici di pascoli Uno studio di A. Famiglietti e D. Pierangeli se- e boschi bruciati e dissodati. In effetti il taglio dei gnala che il più grande diboscamento avvenne dal boschi non è quantificabile: secondo C. Cagli sa- 1840 al 1860, che «a farne le spese furono i boschi 18 Angelo Labella

vicini ai centri abitati, di facile accesso» e che la fag- viene censuaria del Tavoliere con l’acquisto di alcune geta, più in alto e priva di strade di accesso, veniva terre in località Monte della Quercia» cui nel 1818 interessata solo sporadicamente da abbattimenti di aggiunge altre 287 versure di terre a pascolo nella alberi, che prima venivano provati con l’incisione di posta di Monte della Quercia. Venti anni dopo, nel finestre aperte sul tronco, come avveniva ad Abrio- 1838, nella stessa località i Fortunato acquistavano la, dove «era fiorente l’artigianato di seggiole» che altri 380 tomoli di terreno a pascolo e di 50 tomoli di richiedeva il legname di fibra adatta alla lavorazio- terreno seminativo. Nel 1839 i Fortunato da medi al- ne. Gli stessi studiosi hanno poi documentato che la levatori diventavano possessori di un vasto latifondo: legislazione forestale emanata dall’amministrazione il vescovo di Melfi cedeva ad Anselmo Fortunato in borbonica nel 1826 ebbe in Basilicata scarsissima enfiteusi perpetua, con un canone enfiteutico annuo applicazione: «probabilmente fu interessata solo la di 2.800 ducati, tutte le terre della Mensa Vescovile faggeta di Bella, ben servita dalla statale per la Pu- di Melfi dell’ex fondo di Gaudiano. Nel 1842 i For- glia: qui - scrivono Famiglietti e Pierangeli- […] nel tunato completavano le acquisizioni comprando dagli 1955 furono censiti molte centinaia di faggi secolari, Spagnoletti circa 450 versure di terra a coltura e a pa- certamente riserve della legge borbonica». scolo “attrezzate” con una piccola costruzione rurale L’estensione del seminativo conviveva comunque risalente al 1810-1820. con la conservazione di allevamento e pastorizia in Giuseppe Caracciolo di Torella, in contrada Piano altre parti della regione. Nelle basse colline digra- dell’Alvano, possedeva una grande estensione di ter- danti dal Vulture e nelle pianure contigue al bacino reno, parte utilizzata per il pascolo e parte come terre- dell’Ofanto, cioè nei terreni fino a pochi anni prima no seminativo: nel catasto murattiano (1814) risulta- inclusi nelle locazioni pugliesi di Canosa e lucane di no di sua proprietà 5.065 tomoli di terreno a pascolo Salsola, Camarda e S. Giuliano, che oggi appartengo- e 135 tomoli di terreno seminativo. Qualche anno no a Melfi, Lavello, e , quanto dopo, nel 1820, lo stesso Caracciolo cedeva una parte accade tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta dell’Ot- dei terreni a Vito Porro di Andria, proprietà che poi tocento incrociava processi fortemente conflittuali e è passata in eredità nel 1835 a Nicola Ceci di Andria dinamici tra i censuari, il principe Caracciolo di To- per finire ai Ceci-Ginistrelli di Andria. Greggi e man- rella, i “massari” di Lavello, Venosa, Andria, Spinaz- drie occuparono questi terreni almeno fino alla metà zola, i proprietari borghesi e aristocratici come i For- del secolo. La masseria fortificata Alvano, ricostruita tunato di Rionero, gli Aquilecchia di Spinazzola (che e ristrutturata a metà Ottocento, conserva ruderi della si spostano a Lavello nei primi anni dell’Ottocento), “varrata” (antico recinto per bovini) risalenti al 1790, gli Spagnoletti, i Porro e i Ceci di Andria: tutti inten- un pozzo a cielo aperto con vasche per abbeverato- sificavano l’allevamento brado e soprattutto stanziale, io, una fontana con copertura della volta in muratura, conservando terreni riservati al pascolo e costruendo canale di adduzione e vasca-abbeveratoio. Un’altra strutture fisse per il ricovero degli animali, e contem- “masseria”, quella della Marchesa, di proprietà del poraneamente estendevano la pratica dei seminativi. principe Caracciolo di Torella fino al 1814, passa nel- A Gaudiano i Fortunato già alla fine del Sette- le mani di massari pugliesi per finire poi ai Ceci di cento fittavano terre a pascolo dalla Dogana e dal Andria, dopo il 1850: anche questa masseria fortifica- Vescovo di Melfi; nel 1814 «la famiglia Fortunato di- ta con torrette e feritoie, costruita dopo il 1850, oltre Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 19

ai magazzini e alle stalle a piano terra, era affiancata P. Villani, riprendendo le tesi di R. Villari, secon- dalla “varrata” per i bovini. Tutta l’area tra il trattu- do cui rello Alvano-Valle Cupa e il tratturello Lampeggiano, coperta da boschi di pioppi e querce, era utilizzata per la pressione contadina, pur manifestandosi come la pastorizia e per l’allevamento allo stato brado del tendenza al ritorno verso situazioni primitive e bestiame. feudali, mantiene intorno alla grande proprietà A. Sinisi ha così sintetizzato il ruolo svolto dai un’incertezza ed un’atmosfera di sorda e pesante grandi allevatori che continuavano a utilizzare boschi ostilità […] base indispensabile per la futura for- e pascoli demaniali. mulazione di ogni programma rivendicativo e di rinascita [I grandi allevatori], in particolare nelle zone col- linari e pianeggianti della Basilicata orientale, ri- le interpreta come risposta polemica alle tesi di dussero le grandi “industrie” armentizie, avviando G. Masi. In realtà lo storico lucano aveva probabil- proprio nella prime metà dell’Ottocento un pro- mente “proiettato” sull’intera Basilicata i processi di cesso di integrazione tra agricoltura e pastorizia altalena pascolo-seminativo che aveva individuato con le aziende cerealicolo-pastorali organizzate a nell’agro di Lavello, di cui erano protagonisti i ceti «masseria», spesso dotate di nuovi edifici rurali proprietari-allevatori che non erano pressati dai con- anche per la custodia del bestiame. tadini e che non avevano alternative nell’utilizzo di terreni che, coperti dagli straripamenti dell’Ofanto, La costruzione di masserie fortificate nell’agro spesso si impaludavano. di Lavello [Aquilecchia, Alvano, La Marchesa, Po- I processi di crescita-diminuzione del pascolo e sticchia Sabelli, Viggiani], avviata intorno al 1810 del seminativo, in una altalena non ancora dettagliata e completata prima del 1860, si inserisce in un pro- per tutta la prima metà dell’Ottocento in tutta l’area cesso di specializzazione dell’industria armentizia e inclusa nei territori comunali di Melfi, Lavello, Mon- dell’allevamento stabulare, e si integra con la for- temilone e Venosa, segnano i confini in cui inserire mazione, in altalena, di terreni seminativi. Questo le trasformazioni del paesaggio agrario della Basili- processo, in cui la pastorizia (ovini, caprini) e l’alle- cata orientale, anche se non le esauriscono. Quanto vamento brado e stabulare di bovini (vacche, bufale) però la netta prevalenza, nel tempo e nello spazio, di appaiono ancora prevalenti, accrediterebbe i dati più colture seminative o del pascolo, abbia segnato piut- generali riportati da G. Del Re, come la ricostruzione tosto monoliticamente e abbia bloccato ogni minima di G. Masi nel suo Le origini della borghesia lucana traccia di rottura di questa uniformità, lo mostra una (1953). A proposito di G. Masi. La tesi attribuitagli breve annotazione di S. Zotta, che, occupandosi dei che «era stata la pressione contadina ad impedire lo primi venti anni del Settecento nello “stato” di Melfi, sviluppo economico della proprietà fondiaria, an- così raccontava una diversificazione delle colture, at- corandola a situazioni primitive e feudali» e che i tribuita in gran parte all’economia contadina: movimenti contadini con le loro pressioni sulla terra avrebbero frenato ogni innovazione razionalizzatri- rivalsa della zappa e dell’economia contadina, ce, fu molto criticata alla sua uscita. come esigono le vigne, in visibile espansione nei 20 Angelo Labella

feudi Doria, come esigono i legumi, che guada- Il Gargano resta il regno dell’albero, del bosco- gnano spazi colturali, come esige un cereale quasi ridotto forse a poco più della metà di quello sette- sconosciuto, il mais, che prende il posto nel pae- centesco, ma ancor fortemente connotante- delle saggio agrario e nell’alimentazione dei contadini macchie di olivastri, degli oliveti ingentiliti dagli del principato di Melfi. agrumi, mentre i cereali hanno guadagnato le val- lette interne, i pendii meno sassosi, le radure tra Ora, separandoci dalle vicende altalenanti di le fustaie. agricoltura e allevamento nell’area del basso Ofan- Il Subappennino si ritrova quasi completamente to e di quella bradanica (cioè nei paesi di Lavello, seminato, tranne pochi pascoli, qualche bosco e le Venosa, Montemilone, Palazzo S. Gervasio, Genza- cinture suburbane degli oliveti e dei vigneti. no di Lucania), recuperiamo uno sguardo d’insieme Nella pianura del Tavoliere, dove la pastorizia era su tutta la Basilicata, aggiungendo che nel corso di stata la «regola» e la cerealicoltura l’ «eccezione», questa introduzione, ma soprattutto nella sua parte se è generale la riduzione del pascolo e clamorosa finale, affronteremo un’altra traccia d’indagine, la l’ascesa del seminativo, la trasformazione arbori- diversificazione delle colture portata avanti dalle cola e viticola che generalizza il «ristretto» di vi- unità produttive contadine, per gli anni studiati da gne arborate ed orti, attribuito solo a pochi centri Zotta e per tutte quelle congiunture che nel corso dalle carte e dagli atlanti di fine Settecento, è co- dei due secoli hanno movimentato un paesaggio munque fortemente selettiva. agrario, di cui per troppi anni si è citata la sostanzia- le uniformità schiacciata sul latifondo cerealicolo- S. Russo scrive prudentemente che «la vicenda pastorale. del paesaggio agrario della Capitanata, che pure è provincia complessa, non può essere la vicenda del paesaggio agrario del Mezzogiorno continen- Storia del paesaggio agrario e cartografia tale» ma poi aggiunge che «tuttavia i tempi della costruzione e del rimaneggiamento delle forme del I lavori di storia dell’agricoltura pugliese hanno paesaggio crediamo siano gli stessi dell’intero Mez- suggerito una sistemazione più aggiornata, anche in zogiorno, di questo più vasto, aspro e rugoso pezzo termini cartografici, della storia del paesaggio. d’Italia» Un gruppo di studiosi pugliesi (oltre al più volte citato S. Russo, V. Pepe e R. Rago) si è concentra- e che perciò to sulla storia del paesaggio agrario in Capitanata, nella “presunzione”, coltivata con molta cautela, con l’analisi delle trasformazioni di un ambito ter- che potesse essere letta come suggestivamente tipica ritoriale articolato [ si poteva] comporre un reper- della vicenda del paesaggio agrario del Mezzogior- torio di indizi significativi per una nuova storia del no continentale. paesaggio agrario, a trent’anni di distanza dalla Il paesaggio della provincia di Capitanata di fine prima […]su cui la ricerca storica ha lavorato a Ottocento così viene ricapitolato a grandi linee da partire dai primi anni Cinquanta. S. Russo: Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 21

Emerge così nettamente il quadro di rottura con riguardavano soprattutto l’Italia centrale e settentrio- le ricerche sulle campagne meridionali fatte ne- nale e poco o nulla invece c’era sul Mezzogiorno. gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo L’assenza di elaborazioni cartografiche (oggi molto scorso: le trasformazioni nel paesaggio tratteggiate facilitate dalle tecnologie informatiche) aveva più da Russo segnalano tutti i processi che, nel corso di una spiegazione: una era legata all’uso del sag- dell’Ottocento, il protagonismo della piccola azien- gio come strumento di comunicazione più usato e da e l’attività della stessa grande proprietà, che spez- riconosciuto dalla comunità degli storici. L’altra, più zettava le grandi tenute con i contratti di miglioria, interna alla metodologia della ricerca e all’uso delle avevano avviato. fonti, è spiegabile appunto con i caratteri distintivi Ricerche sui paesaggi agrari meridionali e luca- degli “apprezzi” e dei catasti prodotti in età moderna. ni erano state avviate fin dalla metà degli anni Cin- Come ha scritto S. Russo quanta, sulla scorta degli studi di L. Dal Pane e della scoperta dei catasti onciari carolini, prima utilizzati se gli apprezzi o i catasti preonciari sono spesso molto selettivamente [cfr. gli studi di G. Masi sulle elaborati su base locale e non consentono elabora- origini della borghesia lucana e sul catasto oncia- zioni per aree più vaste, gli apprezzi allegati al ca- rio di Lavello]; poi sempre più intensivamente nel- tasto conciario, elaborati normalmente nel periodo le ricerche di R. Villari, Mezzogiorno e contadini compreso tra il 1741 e il 1753, non sono stati utiliz- nell’età moderna [1961], P. Villani, Mezzogiorno zati finora per ricostruire gli aspetti del paesaggio tra riforme e rivoluzione [1962] e F. Assante, Ca- agrario e delle utilizzazioni del suolo non solo per lopezzati. Proprietà fondiaria e classi rurali in un i limiti della fonte - le perduranti esenzioni per al- comune della Calabria (1740-1886), [1964]. cune categorie di beni, le frequenti valutazioni «a I catasti onciari sono stati studiati sempre più corpo» delle masserie, non per singola coltura – ma capillarmente nei primi anni Ottanta, in seminari e anche per la totale assenza di quadri di sintesi che convegni a cura del «Centro studi Antonio Genovesi potrebbero essere ricostruiti solo con una faticosa per la storia economico e sociale», le cui relazioni elaborazione dei dati delle migliaia di proprietà che sono state pubblicate in due volumi: 1. Aspetti e a volte compongono un territorio comunale. problemi della catastazione borbonica: atti del se- minario di studi 1979-1983; 2. Territorio e società: Ed è proprio sul terreno della comunicazione Salerno, 10-12 aprile 1984 raccolti in Il Mezzogior- storica, con la scoperta delle potenzialità della car- no settecentesco attraverso i catasti onciari (1986), tografia storica in sostituzione o affiancata alsag- a cura di M. Mafrici. gio, che gli storici dei paesaggi agrari di alcune uni- La storiografia sul paesaggio agrario degli anni versità pugliesi innovano e rompono con il passato. Sessanta e Settanta aveva mostrato un altro limite, Nell’arco degli ultimi dieci anni, questo gruppo di non misurandosi con il tema della cartografia storica, studiosi, utilizzando il catasto provvisorio del 1815 del resto non molto praticata in Italia tanto che, per il e quello del 1929, ha prodotto lavori cartografici sul Settecento e per i secoli precedenti, non c’erano state paesaggio agrario e gli assetti colturali tra Ottocen- molte elaborazioni cartografiche né di storici né di to e Novecento per la Puglia [S. Russo, Paesaggio geografi: fino agli anni Novanta le poche disponibili agrario e assetti colturali in Puglia tra Ottocento 22 Angelo Labella

e Novecento (con il contributo di V. Pepe), Edipu- guità, quindi una oggettiva impossibilità di utilizzo glia, Bari, 2001], per il Molise [S. Russo, Paesaggio produttivo. C’è stata forse troppa rassegnazione: al agrario e assetti colturali in Molise tra Otto e Nove- contrario, ci pare che almeno per una piccola regio- cento, Edipuglia, Bari 2004] e per la Basilicata [V. ne come la Basilicata la varietà dei termini agrono- Pepe, Paesaggio agrario e assetti colturali in Basi- mici usati potesse essere restituita cartograficamente licata tra Otto e Novecento, Edipuglia, Bari 2005]. anche a costo di rendere più approssimativa la com- All’interno di una pratica storiografica molto impe- parazione tra il 1815 e il 1929. Ci portano a questa gnata nel produrre atlanti tematici S. Russo ha anche recriminazione, che non vuole intaccare per niente pubblicato Per un atlante dell’agricoltura italiana. i grandissimi meriti di questi studiosi, almeno due Il seminativo nel primo Ottocento, Edipuglia, Bari, suggestioni. La prima ci è venuta dalla consultazio- 2006. ne di alcune carte tematiche, prodotte con una cor- Le cartografie, progettate per documentare al posa graduazione coloristica, riportate dello studio- meglio la ricostruzione storica e rendere comprensi- so portoghese J. Ramos de Carvalho all’interno del bile al massimo la questione storiografica affrontata volume Storia e misura. Indicatori sociali ed eco- e risolta dalla ricerca, sono usate per tematizzare « nomici nel Mezzogiorno d’Italia[secoli XVIII-XX], il mutamento nel lungo Ottocento». Una procedura più volte utilizzato nel corso di questo lavoro. La metodologica, strutturata in più passaggi e quindi seconda, di tutt’altro tipo, ci è venuta dalle ricerche complessa, ha reso « paragonabili le classificazio- sulle biodiversità vegetali in corso su piccole por- ni adottate nelle due differenti rilevazioni» (il cata- zioni del territorio regionale: la scoperta di varianti sto provvisorio o murattiano e il catasto agrario del locali genotipicamente individuate e caratterizza- 1929) i cui dati si sono utilizzati. Sono state mutuate te ha permesso e permette in progress di ancorare specie di cereali e di frutti a territori comunali ben le macro-categorie adottate… dal catasto agrario delimitati e di datarne il loro radicamento. Indagini del 1929: seminativo semplice, seminativo con di questo tipo possono dilatare incredibilmente il pa- piante legnose, colture legnose specializzate, pra- norama agronomico lucano, riarticolando il rapporto ti, prati- pascoli e pascoli permanenti [ nel Mez- tra colture e qualità e giacitura dei terreni, altitudini, zogiorno si tratta quasi sempre di pascoli perma- andamenti climatici, mostrando tutta la competenza nenti], bosco. agronomica di cui erano capaci i contadini lucani piccoli proprietari nel Settecento e nell’Ottocento. L’utilizzazione delle macro-categorie adottate Ci pare perciò che la “perdita” di queste varie- nel 1929 ha comportato- di questo i redattori delle tà abbia comportato- secondo noi- il rischio, ideo- carte sono ben coscienti- il rischio di “impoverire” logicamente non avvertito, ma storiograficamente e di “forzare” la fonte precedente. È stata cancel- assunto problematicamente e risolto scegliendo di lata, adattata forzosamente, tutta una terminologia facilitare la comparazione, che si finisse per impo- descrittiva usata nei catasti comunali provvisori per verire la varietà delle pratiche colturali, delle colti- documentare la varietà delle associazioni colturali. vazioni, delle pratiche di gestione e di sistemazione Russo e Pepe sostengono la tesi che la grande varie- del terreno, riportando questa grande varietà ad una tà dei termini usati includeva una fisiologica ambi- semplificatoria riduzione a pochi grandi categorie, Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 23

non capaci di “sopportare” il peso della sovrapposi- il carattere descrittivo del catasto provvisorio zione degli utilizzi. O della “razionale” distribuzio- esclude[va] la possibilità di una esatta perime- ne delle attività su più terreni [da quelli più lontani trazione delle variabili che concorrono alla defi- dal paese a quelli più vicini], che appare una delle nizione dell’assetto paesaggistico meridionale, le cifre distintive dell’agricoltura e della pastorizia in cui componenti si prestano ad una ricostruzione Basilicata non solo nel 1700 e nel 1800 ma anche in agevole sul piano figurativo quanto problematica una parte del 1900. su quello quantitativo e ancor più seriale, il solo funzionale ad una ponderazione così delle diffe- renze zonali come delle trasformazioni colturali. Paesaggio agrario e cartografia in Basilicata Il lavoro di Morano, schiacciandosi sul quanti- Anche in Basilicata molto è stato prodotto negli tativo e accorpando in istogrammi, uno per paese, ultimi quindici- venti anni, in tema di ricerche e di le classificazioni dei terreni per classe [ripartizione cartografia sul paesaggio agrario lucano, prima del ricavata dalle Matrici di Ruolo] e per colture [ripar- lavoro di Vincenzo Pepe, su cui ci soffermeremo più tizione ricavata per aggregazione degli Stati di Se- avanti. zione] fa emergere con nettezza il quadro comparati- Il primo lavoro pionieristico di cartografia storica vo. In rapporto all’approccio seguito in queste note, di M. Morano, Per una storia del paesaggio agrario segnaliamo comunque la sottoregistrazione delle nella Basilicata dell’Ottocento, pubblicato nel vo- aree urbane, che non incide quantitativamente sulle lume di studi raccolto in onore di Antonio Cestaro, grandi proporzioni tra paesaggi, ma rischia di tradur- curato da F. Volpe e stampato dall’editore Osanna di si in una visione parzialmente alterata del paesaggio Venosa, segnalava il vuoto, in Basilicata, nel campo agrario vicino o interno ai centri abitati, soprattutto degli studi sul paesaggio agrario a partire dalla utiliz- quelli di una certa consistenza demografica. La non zazione come fonte del catasto provvisorio o napole- registrazione, lo scarto dei «piccoli predi», delle aree onico e avviandosi a riempire quel vuoto, premette- urbane e di quelle in prossimità degli insediamenti va, con qualche eccesso di umiltà, di non pretendere urbani finisce per produrre una distorsione: l’elimi- di «colmare la lacuna» ma, più semplicemente, di nazione delle coltivazioni nei “frustoli” di terreno, raccogliere materiali utili ad impedire «assunzioni con una significativa cancellazione delle colture di nel migliore dei casi sommarie, e comunque avulse orti, giardini, vigneti, oliveti, quelle appunto pratica- da un preciso quadro comparativo». Appariva pre- te su piccole quantità di terreno con una intensifica- valente e forte l’aspirazione ad inserire la storia del zione e una qualificazione del lavoro contadino. paesaggio agrario lucano all’interno di un quadro Veniamo così al più recente lavoro che V. Pepe, comparativo con le altre regioni meridionali: il la- componente del gruppo di lavoro sopra citato, ha voro si inseriva in una stagione storiografica segnata pubblicato con il titolo Paesaggio agrario e assetti dall’egemonia del “quantitativo” e del “seriale” e, colturali in Basilicata tra Otto e Novecento, Edipu- più specificamente, dal dibattito critico sulle fonti glia, Bari 2005. più adatte ad una storia quantitativa dell’agricoltura. È utile riprendere le avvertenze con cui Pepe In questo senso Morano coglieva che puntualmente spiega il processo che ha portato alla 24 Angelo Labella

redazione di carte tematiche per paesaggi e per anno tasto del 1929 ha comportato una notevole perdita (1815 e 1929) e rende conto dei criteri utilizzati. Le lessicale. Sappiamo che non è facile liberare da una forme di utilizzazione del suolo (o “qualità di coltu- strutturale ambiguità i termini usati nel linguaggio ra”) sono cinque (seminativo semplice, seminativo dell’agricoltura sette-ottocentesca per indicare le as- con piante legnose, colture legnose specializzate, sociazioni colturali, le cui varietà divergevano note- pascolo e bosco). Nella individuazione sono stati se- volmente da paese a paese, anche molto vicini: Pepe guiti i criteri di classificazione adottati nel Catasto segnala, per esempio, che in due comuni limitrofi agrario del 1929, secondo cui: le tipologie colturali andavano dalle cinque di Ace- - per superficie agraria e forestale si intendeva- renza alle ventidue di Oppido. La grande quantità no tutti i terreni messi a coltura, o quelli su cui di associazioni colturali fa sospettare una varietà di cresceva una produzione spontanea utilizzabile; competenze agronomiche diverse da paese a paese - per terreni seminativi semplici, quelli aratori a che può essere letta in due modi: come una dipen- coltivazioni erbacee (inclusi gli orti) con una denza dal patrimonio di sapere tecnico tradizionale porzione massima di piante legnose non mag- accumulato in contesti geo-antropologicamente se- giore del 5%; parati (associati all’immagine stereotipata dei paesi - per terreni seminativi con piante legnose tutti arroccati e chiusi nel loro isolamento) o come una quelli a coltura promiscua di piante erbacee e differenza introdotta da una rottura attiva del quadro arbustive, agrarie o forestali con una porzione di sapere accumulato tradizionalmente per l’apporto massima di piante legnose non maggiore del di componenti esterne alla comunità, di una comu- 50%; nità aperta alle relazioni e agli innesti di competenze - per terreni a colture legnose specializzate tutti agronomiche. quelli coltivati a piante legnose agrarie (arboree Oggi questi aspetti possono essere indagati per o arbustive), inclusi canneti e giardini, coperti altre vie e con l’apporto di altri saperi. Si può risali- da vegetazione in una misura oscillante tra più re alla varietà delle colture locali, ricorrendo all’ap- del 50% e il totale della superficie; porto di altri settori scientifici, come la ricerca dei - per prati, prati-pascoli, prati permanenti (pasco- genotipi delle specie botaniche. Progetti di ricerca lo) i terreni non lavorati per almeno dieci anni e per censire e catalogare biodiversità vegetali in alcu- utilizzati prevalentemente per la produzione di ne aree [quella del Pollino e quella della montagna foraggio, oltre i terreni “boscati e cespugliati”; materana] sono in corso in Basilicata. L’Università - per boschi i terreni ad esclusiva o prevalente della Basilicata ha avviato un Centro per la raccolta, produzione legnosa o di “cortecce, resine, suc- moltiplicazione e valorizzazione di essenze forestali chi, ghiande, foglie e frasche per mangime o per autoctone per la conservazione delle biodiversità nei concia”, inclusi i “parchi”, con una copertura comuni del Parco Nazionale del Pollino: nel primo vegetale del più del 50% della superficie, e i ca- anno del progetto, una ricognizione delle specie da stagneti da frutto. frutto ha portato a individuare 140 siti in cui sono Riprendiamo un’osservazione già anticipata: la state censite e mappate circa 40 varietà di frutticoli riduzione della varietà terminologica riportata nel con 600 biotipi da tutelare. La ricerca sulle biodi- catasto provvisorio del 1815 a quella usata per il ca- versità del Pollino ha prodotto una così numerosa Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 25

e varia campionatura di prodotti dell’orticoltura e piccolo, biondo rossiccio, di farina bionda eccellente della frutticoltura, maturata geneticamente nel cor- per pane», che è adatta a «terreni leggeri, montuosi so di qualche secolo, da far scartare ogni ipotesi di e freddi». La semina della Risciola, che sopportava riduzione del patrimonio orticolo e arboreo a poche bene le basse temperature e le altitudini di monta- specialità, frutto di una attività tutta giocata sulla gna, poteva avvenire in terreni «leggeri ben drenati passività e sulla ripetitività. La scoperta in un’area e concimati organicamente […] nella prima quindi- limitata della regione di una tale varietà suggerisce, cina di ottobre», dopo le lavorazioni di preparazione quanto meno come ipotesi di ricerca, l’esistenza di del terreno fatte in estate. La Risciola è una varietà una competenza molto estesa nei contadini frutticol- che si adattava ai terreni di montagna di paesi come tori, nel selezionare e innestare, nei loro orti, nei loro e Marsiconuovo. La contaminazione con le giardini, nelle loro vigne essenze vegetali “tracciabi- ricerche geniche sulle biodiversità può aggiornare li” come varietà locali. Ma non solo nei frutticoltori: significativamente la storia dell’agricoltura lucana anche sulla storia del seminativo e della cerealicol- e quindi indirettamente anche quella del paesaggio tura ci possono essere ancora scoperte da fare o sca- agrario, in una misura e nei tempi che la storia potrà vi da approfondire che porterebbero a riconsiderare definire meglio. la questione delle scelte colturali in termini di pas- L’ambiguità più forte da sciogliere, nel passaggio sività o di ricerca di adattabilità delle sementi alla da una fonte all’altra, è quella che coinvolge l’inter- qualità dei terreni e ai fattori climatici. Riportiamo pretazione puntuale delle grandi categorie di classi- qualche risultato delle ricerche in corso sui cerea- ficazione delle colture. V. Pepe avverte i lettori sulle li. Citiamo l’antico grano Marzulla di Basilicata, difficoltà incontrate nel concreto e corretto uso di chiamato anche Saragolletta o Triminia, studiato da termini lessicali che coprono più estesamente aspetti Nicola «Columella» Onorati, il noto agronomo, se- del paesaggio agrario e forestale, di termini come condo cui «i contadini distinguono diversi specie di “bosco”, “pascolo”, “incolto”. grani chiamandoli alcuni duri e altri bianchi. I grani A questo proposito ci permettiamo di fare altre duri sono anche detti Saragolle […]. Il grano Mar- osservazioni per tentare di inserire aggiustamenti zuolo o Treminia è sempre una saragolla con acini possibili e utili a sciogliere alcune incongruenze e durissimi». Il grano Marzulla era una varietà locale modificare alcuni esiti piuttosto paradossali messi in di frumento duro, molto coltivata in Basilicata fino luce dai dati catastali, per comune e per aree coltura- alla metà del ‘900, in particolare nell’alto lagone- li, utilizzati nella cartografia. grese, dove copriva tra il 15 e il 40% dei seminativi. Un ostacolo forte ad una quantificazione dei Oppure il frumento Risciola che copriva l’11% del paesaggi e ad una traduzione cartografica è rappre- totale dei frumenti teneri nella provincia di Potenza, sentato dalla difficoltà a fissare l’esatto confine tra con punte del 25% a Pignola e del 15% a Marsi- pascolo e bosco, specie in presenza del pascolo bo- conuovo (in paesi con altitudini di montagna) [nel scato e cespugliato, o tra pascolo e incolto produtti- 1926]. La coltivazione della Risciola è molto antica: vo. Riportiamo prima la soluzione adottata da Pepe nel 1835 L. Granata, professore di fisica chimica e per sciogliere tutte le ambiguità che sono nate nel agronomia, nel suo Economia rustica per il Regno corso del lavoro, riservandoci di suggerire qualche di Napoli dice della Risciola o Rossola «di grano variante nell’approccio. 26 Angelo Labella

Classificare quel che è “bosco” contrapposto pascolo» ci hanno spinto ad esplorare le potenzialità a “pascolo” è particolarmente complicato: infatti di una analisi dei processi reali di uso delle risorse. - come scrive Pepe - «distinguere il bosco dal pa- Come ha scritto M. Armiero, non ci sono così più scolo, soprattutto in presenza di espressioni ambi- solo «boschi ridotti e danneggiati a favore del pasco- gue come boscoso, seu macchioso oppure boscoso lo» ma anche boschi in cui, per la nascita di contesti e cespuglioso» non è affare da trattare con l’accetta, antropo-geografici virtuosi, «si sono storicamente o almeno così parrebbe a leggere le carte: a integrati processi zootecnici e selvicolturali». Che veniva classificato come «boscoso e cespuglioso» Armiero citi boschi di alta montagna non attenua un terreno utilizzato «all’uso del pascolo ed a quel- l’ipotesi che si possa riprendere la stessa suggestio- lo del legnare», su cui «le piante che coprono tali ne per la Basilicata, o almeno per alcune parti del- terreni sono cerrastri, e faggi, ma tenui, che poco si la regione. Tanto più che, come ha scritto Maurizio elevano dal suolo. Sono insomma una macchia» da Gangemi, «resta ancora inesplorata la storia delle cui si può ricavare il pascolo e la legna. La compli- pratiche, tecniche e saperi che si sono costruiti in- cazione che nasce «dall’incerto confine tra pascolo torno alle diverse utilizzazioni delle risorse boschi- e bosco» può essere però avviata a soluzione se si ve» in Basilicata, come in altre regioni meridionali adotta un modello multifunzionale di relazione. Può come la Calabria. In realtà a essere poco studiata è essere risolto così il paradosso che non pochi boschi forse tutta l’economia montana in una regione in cui del catasto novecentesco, infatti, figuravano censi- il paesaggio agrario di montagna occupa circa i 2/10 ti come pascolo nel primo Ottocento. La soluzione, del totale. che solo una interpretazione qualitativa può sugge- Ritorniamo alle pratiche e alle tecniche per la rire, sta nel comprendere che - come è stato scritto conservazione del bosco. Molta letteratura meri- per la Toscana- « l’incertezza terminologica» spesso dionale della prima metà dell’Ottocento segnalava è «relativa ad una realtà diversificata e polifunzio- che il pascolo nel bosco poteva mettere a rischio «la nale, di conseguenza il più delle volte conflittuale vegetazione arborea con la distruzione dei germo- per ciò che riguarda uso e definizione delle risorse gli più teneri più bassi» e compromettere cortecce naturali». Detto più esplicitamente, si può ragionare e radici. A questa letteratura, che molto spesso in- al plurale: si recupera così la multifunzionalità del tegrava le lamentele e le richieste di tagliare boschi bosco, spesso invece «appiattita su una monocoltura ormai compromessi per dissodare terreni e renderli imprecisa» e riportata anche botanicamente a pasco- seminativi, si contrapponevano le pratiche e i «sape- lo, secondo la funzione effettivamente svolta. ri empirici di quanti sostenevano la compatibilità del Questa suggestione ci viene dalla lettura di alcu- pascolo con il bosco». ni lavori di D. Moreno e M. Armiero, che sono stati A. Sinisi, che si è occupata della gestione tra i primi in Italia a rifiutare un modello dicotomico dell’azienda Doria tra la fine Settecento e la prima sulla scorta di quanto aveva scritto lo storico inglese metà dell’Ottocento, ha scritto che le tecniche di Rackham a proposito dell’uso del bosco nelle socie- utilizzazione praticate nei boschi dello “stato” di tà mediterranee. La vicenda sui tempi lunghi della Melfi erano le stesse documentate per la foresta di relazione bosco- pascolo e il sospetto dell’ «ineffi- Montedimezzo, in Molise, studiata da P. Di Marti- cacia del modello dicotomico colto/incolto, selva/ no. Nei “pascoli boscosi” di Leonessa e Lagopesole Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 27

particolari pratiche venivano messe in atto per «otte- nel 1777 «col pretesto della frasca [erano] stati recisi nere abbondanti erbaggi e altri prodotti necessari al grossi rami d’alberi sino alla cima, e di alcuni [era] nutrimento degli animali (ghiande, “frasca”) e, nello stata tagliata rotondamente anche la cima stessa, per stesso tempo, per tutelare i diversi usi del bosco». provvedersi in quantità di legna da fuoco». Gli utilizzatori del bosco badavano a controllare la L’utilizzazione del bosco fu soggetta a sempre cenosi del bosco, la densità degli alberi in funzione maggiori restrizioni e questo suscitava proteste e della produzione di foraggi, i rapporti tra lo stato di controversie sempre più estese. Il pascolo nel bo- arbusti e cespugli spinosi e le potenzialità di accesso sco incontrava sempre maggiori ostacoli. «La let- degli animali per il pascolo nel bosco, il processo di tura conflittuale delle relazioni tra attività silvane e ricrescita naturale del soprassuolo di cerro, la con- pastorali incise, naturalmente, sulla normativa fo- servazione delle querce ad alto fusto in funzione del- restale del 1826»: chi introduceva animali nei fon- la produzione di ghiande, e a utilizzare il frascame di protetti rischiava ammende e perfino il carcere. ricavato da potature e capitozze, i cascami arborei Proprio la durezza della normativa e la diffusione ed arbustivi durante il pascolo, il materiale legno- della letteratura tecnica a tutela del bosco ci sugge- so per recinzioni, capanne e l’accensione di fuochi risce che c’era una « estesa relazione tra boschi e nell’esercizio dell’attività zootecnica transumante. pascoli». L’assegnazione di «confini mentali, legali, Il taglio di cespugli spinosi e sterpeti che formavano talvolta reali» agli «spazi agro-silvo-pastorali» era la bassa macchia e ostacolavano l’accesso al pasco- così - come ha scritto M. Armiero - un’operazione lo era una delle operazioni tecnicamente più diffi- più «concettuale» che legata alla concreta pratica cili: un taglio fatto male comportava che i cespugli delle attività pastorali. spinosi ricrescessero più folti. L’autorizzazione agli A supporto di questo approccio ci limitiamo a affittuari e ai residenti a fare i tagli di questo tipo, da presentare qualche campionatura documentaria, poi- cui si potevano ricavare materiali per le fornaci di ché i limiti di questo lavoro e delle nostre competen- calce e per altri usi agro-pastorali e domestici, veni- ze non ci permettono di andare oltre. va concessa molto raramente. La Sinisi riporta che Lo facciamo con la “difesa della Forestella”, in «nel 1794, per il “taglio delle spine” nelle difese di agro di Venosa, vicina ai confini comunali con La- Leonessa furono utilizzate speciali zappe e fu invia- vello, «uno dei grandi corpi fondiari della parte set- to dallo stesso principe un “pratico Abruzzese”, os- tentrionale del territorio di Venosa, delimitata a sud sia un lavoratore esperto in queste operazioni». Con dal tratturo regio», appartenente al Baliaggio della molta cautela si procedeva poi alla concessione di SS.ma Trinità. Di questa “difesa” abbiamo consul- alcuni usi delle risorse boschive, come il legname tato due disegni [degli agrimensori Monaco e Pinto] per costruire ovili, stando bene attenti a impedire il e una relazione tecnica: i due disegni risalgono uno taglio degli “alberi fruttiferi”: una compromissione al 1743, l’altro al 1774; la relazione è di molti anni dello stato di questi alberi rischiava di ridurre la pro- dopo. Può apparire una forzatura impropria e poco duzione di ghiande. Anche l’uso del frascame era rappresentativa e probabilmente lo è: noi diciamo concesso ma proprio il taglio dei rami e del fogliame però che accostando i disegni alla relazione se ne era in assoluto la pratica più rischiosa, che spesso ricava un grosso filo di continuità botanica e pae- faceva nascere controversie: come riporta la Sinisi, saggistica che appunto può essere preso a campione Fig. 1 Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 29

Fig. 1 [Mappa dei territori del Baliaggio della SS.ma Trinità di Venosa] 1743. Angelo Antonio Monaco, regio agrimen- sore; Nicolò delli Frusci, notaio; mm. 450x295; pp. 110, mappe n. 92; ASPZ, Raccolta cartografica di agrimensori venosini (XVIII - XIX secolo), vol. 1*

Fig. 2 Cabreus confectus sum- ptibus/Excellentissimi Domini Francisci Josephi Mariae Cicinelli / baiuli baiulatus /Sanctissimae Trinitatis / Civitatis Venu- sy 1774; Giuseppe Pinto, regio agrimensore; Ni- cola Savino, notaio; mm. 505x390, cc. 185, mappe n. 97; ASPZ, Corporazio- ni religiose, vol. 200*

*Su concessione del Mi- nistero per i Beni e le At- tività culturali. Archivio di Stato di Potenza, Aut. n.296 del 29 gennaio 2010.

Fig. 2 30 Angelo Labella

di quel che poteva essere, non solo a Venosa, ma in La intera superficie planimetrica di questa tenuta si molti altri paesi lucani un “fondo boscoso pascolato- calcola di circa tomoli 1050 pari a ettari 432,1170 e rio”, cioè un bosco riservato a molti usi, compatibili viene divisa e distinta in undici sezioni o contrade tra loro. […] Carpinello, Piano Cavalliero, Piano de’ Daini, La Forestella è stata rappresentata nel cabreo di Piano Risceglie, Piano Cavallo, Lago Tre confini, Angelo Antonio Monaco del 1743: l’agrimensore Casalecchi, Valle Abruzzese, Parcone, Parchetiel- venosino riproduce la trama molto fitta di un terri- lo e Vallone. Ad eccezione di alcuni spazi chiamati torio quasi interamente boscoso riservato al pascolo largali, in cui non trovansi che rarissime piante e di bovini e pecore, in cui, visibile nella parte alta del qualche macchia, tutta la superficie dello stabile è disegno, un filare di alberi segna, a sud, il confine coperta da bosco di alto, medio e basso fusto, da con il Tratturo regio. Nel disegno di Giuseppe Pinto frutici e da macchie spinose. Le piante […] che del 1774 la trama appare meno fitta. in variato predominio incontransi distribuite nelle diverse contrade, sono la quercia e il cerro […]. Dall’attenta lettura della perizia tecnica ricavia- Vengono in seconda linea il carpene e l’elix di cui mo che la prima predomina nella contrada valle Abruzze- se e l’altra trovasi raramente dispersa in tutte le il fondo boscoso pascolatorio denominato Fore- contrade. stella […] trovasi situato all’estremità nord- est dell’agro venosino ed alla distanza di circa tredici La qualità di “fondo boscoso pascolatorio” di chilometri dall’abitato. La giacitura del suolo è in buona qualità è appena attenuata dalla vegetazione gran parte piana o lievemente inclinata con dolci che completa il quadro botanico: sinuosità, pronunciandosi avvallata più risentita- mente verso lembi sud, sud-ovest e nord-est. La Voglionsi contare in terzo luogo gli alievi, vale a qualità dello strato vegetale deve dirsi ferace, a dire i viscigli e i virgulti d’ogni specie […]. In ulti- quanto si rileva sì dal rigoglio della vegetazione mo sono le macchie di suffrutici e di spina Vocaca come anche da un’analisi chimica […] la quale lo disseminati pressoché in tutta la superficie così da dimostrò composto di cinquanta parti di argilla, riescire d’inceppamento non lieve allo sviluppo di trenta di carbonato calcare e di venti di silice; delle altre piante ed all’erbaggio il quale per l’ot- proporzioni queste che distinguono il terriccio tima sua qualità è molto ricercato e forma uno dei [humus] volgarmente detto terreno franco. più cospicui redditi annui di questo predio.

L’analisi chimica del terreno parrebbe suggerire La vegetazione spontanea di “macchie di suffru- una trasformazione del bosco e un utilizzo più agri- tici e di spina” frena lo sviluppo delle altre piante e colo del terreno: in realtà la sopravvivenza del bosco soprattutto dell’ “erbaggio”, che è il fattore di mag- non viene messa in discussione. Non anticipiamo gli giore attrazione del bosco. anni in cui è stata stesa questa perizia. Ritorniamo Il bosco Forestella poteva essere reso ancora più alla lettura della relazione. adatto al pascolo: Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 31

il bosco Forestella è suscettibile a somministrare 1774 «arborata di querce, cerri et altri arbori selva- ad epoca non lontana maggiori prodotti degli at- tici». Della perizia forestale del 1871 abbiamo ri- tuali. Difatti volendosi barbicare la spina Vocaca, portato una descrizione piuttosto ampia. Nel 1903 che, come sopra si disse, ingombra quasi l’intera tutta l’area è classificata come “bosco d’alto fusto”. tenuta in guisa da impedire in moltissimi luoghi Oggi però tutta la contrada che si estende ai margini l’accesso non solo agli animali vaccini ma ai pe- di Boreano, tra Venosa e Lavello, è «catastalmente corini stessi, si procaccerebbe con ciò oltrecché un classificata come seminativo, ad eccezione di una notevole aumento al prezzo di affitto del pascolo, piccola parte classificata come pascolo cespuglia- anche un sommo vantaggio alla vegetazione delle to», benché fino ad una trentina di anni fa il bosco giovani piante. fosse ancora abbastanza intatto. C’è anche un altro aspetto che, al di là della con- Un’altra trasformazione utile a incrementare la fusione tra “bosco” e “pascolo”, rende spesso incerta produttività del bosco poteva venire se e approssimativa la quantificazione della estensione del bosco nell’Ottocento e quindi altrettanto incerta giusta l’avviso dei pratici e dei periti tecnici fo- ogni comparazione diacronica. Non conosciamo i restali […] nella parte piana del bosco si voles- criteri di definizione usati nelle statistiche forestali se introdurre la coltivazione del pino e del lari- ottocentesche che utilizziamo. Sappiamo solo che, ce invece dell’attuale della quercia e del cerro le a partire dalla legge forestale del 1819, vengono quali richiedono un lunghissimo periodo di tempo incluse tra i boschi anche le «terre salde con albe- per giungere a perfetta maturazione senza poter, ri selvaggi»: questa estensione comportò così che in causa della giacitura, assumere se non piccole nella statistica forestale del 1855 fossero censite- dimensioni, entro un secolo si avrebbe per risulta- nell’area della Capitanata studiata da Russo- anche to certo il raddoppiamento del prodotto boscoso, molte «mezzane» e alcune «poste» arborate. Così, in giacché le piante da surrogarsi oltre di occupare prima approssimazione, parrebbe legittimo ipotizza- uno spazio minore di suolo e di maturare in un pe- re una sopravvalutazione del bosco. C’è da credere riodo minore di anni, supererebbero di gran lunga però che, contrariamente a quanto l’uso di criteri più le dimensioni ed il valore unitario sopraccennate allargati potrebbe far sospettare, la quantità di super- che al presente vi allignano. ficie coperta da boschi, censita nel catasto provviso- rio, sia inferiore a quella reale, perché molti boschi Questa perizia, che è del 1871, mostra come un erano stati accatastati come pascolo. Per la Puglia “fondo boscoso” potesse essere ancora utilizzato Russo riporta alcuni dati: «i boschi comunali di San- prevalentemente come “pascolo”. nicandro Garganico […] non accatastati come bo- La difesa della Forestella viene censita regolar- sco nel decennio francese, sono misurati in 10.720 mente ad intervalli sufficientemente lunghi ad indi- moggia nel 1815 e in poco più di 9 mila qualche viduare la permanenza di una stessa copertura ve- anno dopo». Nella stessa area garganica il «grande getale: nel 1574 viene definita “arborata di cerri et bosco della Badia di S. Marco in Lamis [720 versure perazze… herbata li lingua pecorina ed altra sorta nel 1858] non è accatastato come tale nel decennio d’erba”; nel 1653, “con alberi cerze et cerri”; nel francese»: viene confuso nella categoria del pascolo 32 Angelo Labella

[anche se descritto come bosco nelle operazioni di e ; sulla montagna di Ma- “verificazione”]. ratea; lungo il medio corso del Sinni, a Chiaromonte Per la Basilicata, in particolare per l’area del Vul- e , e dell’Agri, a ; nell’area del Pol- ture, una sottostima del bosco appare più che proba- lino [, , e Terranova bile in alcuni paesi alle pendici del vulcano [come di Pollino]; nel Materano, a Oliveto Lucano [con Rapolla, e Melfi] e a Venosa. Garaguso e Calciano], a Montescaglioso e Bernalda. A Rapolla il bosco coprirebbe appena il 2,1 % A Montemilone il seminativo copre il 12% dei con un pascolo al 24,6%; a Barile il bosco sarebbe terreni, a Genzano e il 30%. Per Genzano c’è incredibilmente ridotto ad appena lo 0,7% con un da notare che nel suo territorio è inserita tutta l’area pascolo al 4,7% e le colture legnose specializzate di Monteserico, già utilizzata dalla Dogana di Fog- estese però per il 43,3%. Complessivamente più cre- gia come terreno riservato al pascolo dei locati e in dibili appaiono i dati per Melfi [con Rionero], con parte lasciata alle semine. Dopo la soppressione del- un bosco al 23,4 %, un pascolo al 17,6%; ad essere la Dogana e l’istituzione del Tavoliere delle Puglie i sottostimate sono state le colture legnose specializ- censuari e i proprietari di Monteserico [i Dell’Agli- zate con un modesto 6,2%. Per Venosa un 14,6% di Certi, i Dell’Agli, gli Spada, i Mennuni, gli Addo- bosco ed un 15,2% di pascolo ed il seminativo sem- ne, i Ricotti, i d’Errico, i Veltri, gli Zazza] nel corso plice esteso al 63,3% pure suscita perplessità. degli anni, accanendosi a comprimere gli usi civici Passiamo ora ad analizzare in dettaglio i pae- dei genzanesi, continuarono a «versare un canone saggi cartografati da Pepe per cogliere appunto il annuo di ducati 32 per ogni carro di terreno, cioè lire «mutamento nel lungo Ottocento». Nel riprendere 2,26 per ogni tomolo di erbaggio» ed approfittarne, puntualmente il testo di Pepe, aggiungiamo anche “fidando” la sola erba vernotica con entrate dodici nostre osservazioni utili a riprendere i fili di queste volte maggiori del canone versato. note, uno dei quali è l’incidenza della viticoltura nel Nella carta del 1929 la contrapposizione tra la paesaggio agrario lucano. zona montuosa occidentale e quella orientale, colli- nare e pianeggiante appare netta. Le aree a seminati- vo si sono ristrette notevolmente per la crisi agraria I paesaggi: il seminativo dell’ultimo quarto dell’Ottocento e la contempora- nea crisi della piccola azienda contadina: sulla mon- All’inizio dell’Ottocento il seminativo semplice tagna da Potenza al Pollino c’è stato l’abbandono di copre tra il 40 e il 60% dei terreni coltivati: la ridu- molte terre marginali e poco produttive, ora riserva- zione dei terreni a seminativo è molto massiccia a te ad un pascolo povero o passate ad incolto. Nella Matera e Potenza, ed in altri comuni più piccoli. Il Basilicata orientale si registra una notevole e più seminativo si mantiene al di sotto di un terzo, con duratura diffusione della cerealicoltura, ancora in minimi che oscillano tra il 12 % di Montemilone e atto nei primi decenni del Novecento: è la coda del- il 31,7 % di , in una ventina di paesi: è la “modernizzazione” ottocentesca, accompagnata e quanto avviene nell’area nord-orientale vincolata al sostenuta da fattori geografici [i terreni sono quasi regime pastorale del Tavoliere [Montemilone, Gen- tutti pianeggianti] e socio-economici [sono coinvol- zano e Banzi]; in paesi di montagna come , te molte aziende di medie e grandi dimensioni]. Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 33

Il processo di crescita della monocoltura cereali- pensi, di quello che finiva nelle osterie e nei palazzi cola ha qui il suo epicentro [dopo che i boschi sono di Napoli e di altre città, era molto diffusa. stati tagliati estesamente e le terre vergini, da secoli La pratica della viticoltura ha inciso notevolmen- riservate al pascolo, sono state dissodate] con tassi te sul paesaggio agrario delle campagne del Vulture: che vanno dal 63,6% di Lavello all’80,3% di Genza- l’intensificazione della coltura della vite era avvenu- no e con balzi in avanti, rispetto alla situazione del ta, tra ’500 e ‘600, con la concessione di terreni ad 1815, veramente notevoli, come nel caso di Monte- melioradum e con i contratti di pastinato sui terreni milone, dove si passa dal 12 al 70,5%. di proprietà di enti ecclesiastici, molto diffusi soprat- C’e poi il seminativo integrato da piante legno- tutto a Melfi. I vigneti formavano parte del paesag- se: questa associazione colturale è presente solo in gio agrario: la vigna veniva piantata bassa in filari alcuni paesi della Basilicata. Come scrive Pepe, «[è] ordinati [“rasule”] e sostenuti da paletti a più canne una qualità di coltura […] quasi sempre caratteriz- ricavate da canneti spesso vicini alle stesse vigne. La zata dalla presenza sul terreno a seminativo di es- contiguità del canneto alla vigna in località vicine senze arboree forestali […] una forma di transizione ai corsi d’acqua era molto comune nel territorio di dal bosco al seminativo», una possibilità di doppia Melfi: l’utilizzazione della canna come sostegno alle rendita [“il frutto della semina, nonché quello degli viti avveniva più spesso nelle aree coperte di vigneti alberi addetti all’ingrasso de’ porci”]. Questa com- che si affacciavano ai corsi d’acqua. Nel paesaggio ponente del paesaggio agrario era diffusa soprattutto agrario del Vulture non c’era la vigna maritata e la vite conviveva con alberi di olivo sparsi nel vigneto. nella parte centro-meridionale della Basilicata e, La viticoltura crebbe ancora tra la fine del Seicento in particolare, nel vasto agro di Tricarico dove oc- e i primi trent’anni del Settecento: oltre che a Rapol- cupava ben 6.935 tomoli [2.854 ettari circa] pari al la, a Melfi, a Venosa, anche a Rionero, una terra in 14,2% della superficie agraria e forestale. notevole crescita demografica per le immigrazioni dai paesi dell’Alta Irpinia e del salernitano, si pian- Ebbe una ulteriore diffusione nel corso dell’Ot- tavano vigneti, soprattutto nelle contrade di Piano tocento; nel 1929 era presente quasi ovunque, «con dell’Altare e di S. Savino. percentuali in qualche caso particolarmente signifi- Tutte le pendici del Vulture erano coltivate a vi- cative, come a Grassano dove arriva al 21,7%». gneto, tra Melfi, Rapolla e Barile. I vigneti s’inter- rompevano a Rionero, dove c’era ancora il bosco, e riprendevano ad Atella. Le vigne erano concentrate I paesaggi: le colture legnose specializzate nei terreni attaccati alle mura della città e in quelli immediatamente più vicini, come S. Martino, a Mel- La carta del 1815 mostra che in tutti i comuni ci fi, e la “Valle dei chierici” [oggi Piano della Chiesa], sono colture legnose specializzate, «che molto spes- a Rapolla, e nei terreni collinari non lontani, come so si riducono al vigneto in coltura unica o associata S. Maria del Monte e la Braida. Alla Braida l’Ordine all’olivo e ad altri alberi da frutta». La vite, utile alla Gerosolimitano possedeva 39 delle sue 58 vigne. La produzione per l’autoconsumo del vino che integrava maggiore concentrazione di vigneti era sulle coste e l’alimentazione contadina, ma anche, più di quanto si i pianori tra Melfi e Rapolla, soprattutto al “Plano de 34 Angelo Labella

cruce” e in contrada Colignelli. Il pittore e scrittore bondano anche i fichi, e non poche piante fruttifere». inglese Edward Lear, in visita a Melfi, nel settembre Le pagine del diario di viaggio degli scienziati napo- 1847, si trattiene per quattro giorni e, oltre a dise- letani, tra cui i botanici Terrone e Tenore, ci raccon- gnare e a intrattenersi con gli amici melfitani, visita tano così di campagne particolarmente ben tenute e le «terrazze a vigne». Le coltivazioni continuavano ben coltivate: il paesaggio di Castelluccio con quelle poi lungo le coste della fiumara dell’Arcidiaconata «non poche piante fruttifere» ci fa ipotizzare l’attivi- e proseguivano lungo il torrente Lapilloso, non lon- tà di vignaioli e frutticoltori specializzati. tano da Venosa: qui, a partire dalle mura della città, Uno dei paesi lucani in cui nel 1815 si registra la c’erano vigne che occupavano tutta l’area pianeg- maggior percentuale di terreni occupati da vigneti giante del Piani di Camera e si stendevano a ridosso è Fardella con il 17%. Tanti fardellesi possiedono della Fiumara di Venosa. La viticoltura del Vulture vacche, pecore, capre «distinte in quelle di corpo e era ancora quasi tutta di autoconsumo, anche se mol- sterpe, ossia castrate e destinate alla vendita», ma- te botti finivano sui traini per Napoli, dove i vini del iali e scrofe: l’allevamento pare prevalere. Anche se Vulture venivano utilizzati come vini da taglio, e per Fardella ha una altitudine di 750 metri circa, tra le Foggia. colture più praticate c’è anche quella della vite, in Anche se cresce meglio su terreni sedimentari contrade come la Prastìa, Cozzicanino, la Nocella, sabbiosi, su conglomerati mobili e su strati calca- il Piscicolo. Le contrade delle vigne sono pedologi- rei, e su terreni vulcanici, come quelli del Vulture, camente formate da terreni abbastanza saldi [Prastìa la vite veniva coltivata, in altre parti della regione, è un toponimo dal greco plastos “pietroso”] o ab- anche su terreni montagnosi, dove si ricavava un bastanza impregnati di acqua [Piscicolo, dal latino vino asprigno ma che veniva bevuto comunque. Un pisciculus, rigagnolo]. viaggiatore inglese, Richard Keppel Kraven, che vi- è un paese di alta collina (con una veva però stabilmente a Napoli, alla fine del mese escursione altimetrica notevole di circa 600 mt.) di luglio 1818, passa per , «stranamente po- in cui l’incidenza statistica delle vigne è maggiore sta sul versante di un’alta montagna» e annota che della media: Morano riporta 1169 tt. su un totale di c’erano moltissimi vigneti piantati “a spalliera”, 16578, circa il 7%. Come osserva l’archeologo fran- come in Campania, che producevano un vino «di cese Lenormant, in visita ad Acerenza nella seconda solito aspro, debole e acido». metà di settembre del 1882, i vigneti attecchivano Altri viaggiatori, gli scienziati napoletani Lui- bene «sui pendii assolati»: il vino aveva una fama gi Petagna, Giovanni Terrone e Michele Tenore, in «non usurpata» e poteva essere accostato a «quelli viaggio nel 1826 per la Calabria, addentrandosi per di certe province francesi», anche se una vinificazio- Lauria e Lagonegro, riportano nella loro relazione ne ancora primitiva impediva al vino di raggiungere di viaggio che «fuori Castelluccio, le viti miransi la qualità dei vini francesi. Ma Lenormant la visita maritate ad aceri alti abbastanza per potervisi colti- ad Acerenza la fa nel 1882 e quindi in anni in cui var sotto il grano e il granone». Aggiungono anche la viticoltura è in crescita. Ritorniamo così indietro che «più appresso, dove la qualità del suolo si presta nel tempo. L’Archivio diocesano di Acerenza, rior- meno a questa doppia coltura, le viti son tenute bas- dinato, inventariato e consultabile on line, conserva se, perché coltivate sole», e che «in questi campi ab- una quantità notevole di «concessione in enfiteusi» Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 35

per impiantare vigne nei terreni a valle del paese. furono costretti a tagliare e a sostituire con il semi- C’erano stati anni, nei primi del Settecento, in cui nativo terreni usati per vigneti e oliveti, tutti sacrifi- vigne erano state cedute e permutate: nel 1692, nel carono le vigne. Ma in anni in cui non ci saremmo 1705, nel 1711, nel 1726. Intorno al 1740 si avvia aspettati tanti vigneti, come i primi anni dell’Otto- un processo di crescita negli impianti di vigne. Le cento, ad Accettura di vigne ce ne erano tante. prime richieste, nel Settecento, per impiantare vi- La ricerca in corso ad Accettura ci suggerisce gne risalgono al 1738, in contrada Scazzarello e in altre osservazioni. Accettura, con Oliveto Lucano, contrada Giurano. Il processo ha una sua intensifica- Garaguso e San Mauro Forte, sta nella parte alta zione tra il 1774 e il 1777 con richieste per il Vallo- della Valle della Salandrella, il bacino idrografico ne della Pila (1774), la contrada Varcatorio(1776), che «segna il passaggio tra le due grandi ripartizioni la località S. Martino (1777), la località Le Fratti- territoriali della Basilicata: la montagna e la pianu- ne (1777). Qualche anno più tardi ce n’è una per la ra» e che proprio per questo è stato selezionato per località Le coste dei vignali fracidi (1791). Anche l’indagine sulle biodiversità vegetali. Il bacino idro- se bisogna diffidare delle facili etimologie _ come grafico come area di passaggio emerge soprattutto ci suggeriva qualche anno fa V. Aversano _ questo nella composizione del paesaggio, in cui si registra toponimo ci dice che la viticoltura veniva praticata, un’alta incidenza degli orti. Accettura può essere o almeno tentata, in molte contrade, anche su pendii presa a campione di un assetto del territorio segnato piuttosto scoscesi e che si impregnavano facilmente da due fattori tipici di molte comunità lucane: la di- delle acque che penetravano negli strati ad una certa spersione della proprietà tra contrade distanti le une profondità. dalle altre, come strumento di assicurazione contro Ad Accettura, uno dei paesi della collina matera- calamità naturali come piogge e nevicate abbondan- na, nel 1815 c’erano molti vigneti: Morano riporta ti, e soprattutto grandinate; il possesso di piccoli 452 tomoli di vigneti su un totale di 8716 tt, cioè il appezzamenti disseminati secondo l’altimetria, per 5,18%. I ricercatori che stanno facendo una ricerca poter usare la terra in tutte le sue potenzialità. Il sulle biodiversità vegetali hanno scoperto che oggi quadro di disseminazione appare perciò molto più c’è una scarsa diffusione della vigna ma che una vol- “razionale” di quanto la letteratura meridionalistica ta non era così: uno degli intervistati depositari della ci avesse suggerito. Scopriamo così che oltre il pa- memoria storica sullo stato dell’agricoltura nel pae- esaggio agrario della montagna [bosco e pascolo], se ha riportato un’espressione del tipo «una volta ad nella parte più alta, si ritrovano, a quota più bassa, le Accettura c’era tanta vigna che si poteva impastare foraggiere, i campi di cereali, e poi giardini e piccoli la malta con il vino». Negli anni dell’autarchia fa- frutteti con viti sparse e olivi più fitti; se si scende scista le vigne e i terreni coltivati ad alberi da frutto verso il fondovalle ci sono poi gli orti. Nello stesso furono convertiti a seminativi: oggi solo negli orti bacino della Salandrella c’è anche San Mauro Forte, periurbani sopravvivono viti, tra cui alcune dell’an- [su cui ritorneremo più avanti nella parte finale di tica Malvasia bianca di Basilicata. queste note]. A San Mauro Forte gli orti periurbani La sopravvivenza degli oliveti a tutt’oggi pianta- sono stati sostituiti da oliveti. Una comparazione tra ti anche in contrade lontane fa emergere la linea di paesi che insistono su una stessa area “geo-clima- frattura nelle pratiche colturali: quando ad Accettura tica” ha portato nel corso degli anni, dei decenni a 36 Angelo Labella

risposte assai divergenti nell’uso della terra. Proprio Il paesaggio silvo-pastorale: tra pascolo e bosco questa varietà di soluzioni ci dice quanto ancora sia da approfondire la storia del paesaggio agrario Il pascolo lucano che non voglia ridursi alla storia appiattita Già abbiamo visto come pascolo e bosco non sia- sui grandi latifondi [quello “feudale”, quello “bor- no facilmente separabili e quantificabili. Se però si ghese”, quello “contadino”]. L’analisi degli usi dei sceglie di separare quello che molto spesso non è terreni periurbani porta da un’altra parte. separabile, si può capire quello che scrive Pepe sul Se ritroviamo vigne anche in paesi di montagna, “paesaggio silvo- pastorale” e sul carattere “comple- nemmeno ci stupisce ritrovare l’ulivo, una pianta mentare” del pascolo rispetto al bosco. che entra nella coltivazione promiscua, tipicamente mediterranea. Lo ritroviamo nella vigna, nell’orto, La presenza dell’uno è in genere inversamente pro- nel giardino e nel sativo olivetato. porzionale a quella dell’altro: laddove le percentua- La viticoltura e l’olivicoltura si sono andate ridu- li del bosco risultano particolarmente alte altrettan- cendo fino al 1929, a causa «degli effetti della cri- to basse sono quelle del pascolo e viceversa. si dei decenni precedenti, aggravata dal divampare della filossera», tranne che in due aree, dove invece Così si spiega che nella Basilicata occidentale più si potenzia una vocazione colturale già emersa un boscosa il pascolo scenda al 30%, con poche ecce- secolo prima: zioni come Muro Lucano [58,2%] e - nella regione del Vulture, dove si registra sia [61,6%]. Nella Basilicata orientale il pascolo sale in- l’ ulteriore espansione del vigneto a Rapolla, a vece a valori compresi tra il 45,% di Lavello e l’86,5% Ripacandida e, soprattutto, a Barile, sia una dif- di Montemilone. In realtà questi dati richiedono una fusione dell’oliveto a Lavello, Venosa e Melfi; maggiore cautela interpretativa: i boschi sono stati - nel Metapontino [comuni di Montalbano Joni- letteralmente ignorati. Utilizzati per il pascolo, sono co, Pisticci, Bernalda e Montescaglioso], dove stati facilmente ricompresi in questa categoria, come c’è soprattutto l’espansione dell’oliveto. avverte lo stesso Pepe: «a Montemilone, Miglionico e In provincia di Potenza, sulla scorta dei dati del Tursi la presenza reale di superfici boscate è occultata catasto del 1929, nella regione agraria di collina [re- dal loro prevalente uso pascolatorio». gione agraria del Vulture] su 98.447 ettari di super- ficie agraria e forestale «le colture legnose specia- Passiamo alla carta del 1929. lizzate occupano l’8,51%, di cui il 4,20% a vigneto ed il 3,44% a oliveto» contro un totale di appena il Rispetto a quella del 1815, la carta del 1929 mo- 2,50% nella regione agraria di montagna [l’1,49% a stra una generale intensificazione delle tonali- vigneto e lo 0,89% a oliveto]. tà di colore in buona parte della regione, tranne che nell’area del Vulture e lungo il confine nord- orientale, da Lavello a Genzano, dove appunto l’espansione della cerealicoltura e delle colture legnose specializzate […] riducono drasticamente le superfici a pascolo. Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 37

A sud di Potenza, nel Lagonegrese e nelle aree dei boschi legittimato dall’ambiguità della norma- dei calanchi del Materano il pascolo aumenta: in- tiva. La legge n. 967 del 21 agosto 1826 con cui si cidono su questa crescita soprattutto aree boschive normava l’uso dei boschi da parte dei proprietari quasi prive di alberi e terreni marginali, prima semi- privati “liberalizzava” l’uso dei boschi e il “taglio” nati e poi lasciati al pascolo e all’incolto. delle piante: si poteva procedere alla “recisione” È quanto avviene in numerosi centri della Val delle piante purché «senza disboscarsi [“disbosca- d’Agri, da ad Aliano, dove il pascolo rag- re”, secondo la definizione ministeriale, significava giunge e supera il 50% con punte di oltre il 60% a “il recidere tutti gli alberi cavandone le radici”] o , San Martino d’Agri, e Missanel- dissodarsi”. Come ebbe a notare un osservatore at- lo. Questa distribuzione del pascolo accompagna i tento alla conservazione dell’assetto del territorio e processi di ridislocazione dell’allevamento: l’alleva- alla tutela del bosco, il Labollita, «in alcuni boschi mento diminuisce progressivamente e sensibilmente privati nel Regno si sono quasi interamente recise le sull’altopiano bradanico tra Lavello, Montemilone e piante […] senza disboscarsi o dissodarsi». Venosa [con una contrazione del 53,2% per i bovini, Negli anni tra il 1815 e il 1929 c’è stato in Basili- del 41,1% per i suini, del 59,9% per i caprini, del cata un processo di taglio dei boschi che ha ridotto le 33% per gli ovini] e si sposta verso la montagna. aree boscate al 13% circa di tutta la superficie agraria forestale. Il bosco Passiamo alla carta del 1929. La carta del 1815 mostra che «il bosco è presente con percentuali diverse in tutti i comuni, tranne che La carta del 1929 presenta un quadro della si- a Grassano e a Craco, paesi di calanchi» e che la co- tuazione da cui emerge una presenza sempre più pertura boschiva, che tende a essere sottostimata, è irregolare e circoscritta del bosco nel paesaggio piuttosto bassa, oltre che a Potenza e Matera, solo agrario della Basilicata del primo Novecento. Al- nell’area del Materano compresa tra Miglionico, quanto rara, se non del tutto assente, nella parte Nova Siri e il mare. La maggiore concentrazione di orientale della regione, da nord a sud, da Lavello boschi è lungo la montagna dal Vulture a Potenza, da allo Jonio, la sua presenza è appena percepibile in Ripacandida a , da a Bella, a Avigliano, molti centri situati lungo il medio e basso corso ad Atella. Tra e Tricarico, a Montescaglioso e dell’Agri. Tassi superiori al 20% si registrano an- nel Lagonegrese, a Chiaromonte, Noepoli e Terrano- cora in alcune isole […] distribuite a macchia di va di Pollino il bosco raggiunge valori oscillanti intor- leopardo nella parte montuosa della regione: no al 60%. Querce, cerri, faggi e abeti sono gli alberi più diffusi. I castagneti sono diffusi, oltre che a Barile, a nord di Potenza, dove a Ruoti, Bella, Aviglia- Rapolla e Melfi, a , Muro Lucano, Pescopa- no, Forenza, Atella, Ripacandida e Rionero i boschi gano, a Tramutola, Moliterno, Lagonegro, , oscillano tra il 30% e il 50% circa e a sud di Potenza, Missanello, , . dove si scende a percentuali che oscillano tra il 20% A partire dalla legislazione borbonica sulla “tute- e il 38% circa. Anche in alcuni paesi della montagna la” del territorio che vietava lavori agricoli sui ter- materana [Gorgoglione, Oliveto Lucano, Calciano, reni scoscesi, si era avviato un processo di “taglio” Cirigliano e Accettura] i boschi coprono una super- 38 Angelo Labella

ficie che oscilla tra il 24 e il 38% circa. Più bassa è I cabrei riportano solo una parte del territorio ru- la copertura boschiva nell’area del Pollino, dove in rale, quello incluso nelle grandi proprietà ecclesiasti- molti paesi oscilla tra il 20 e il 24% circa. A Lagone- che e laiche: quantitativamente non coprono tutto il gro i boschi occupano ancora il 64% circa di tutta la territorio rurale, qualitativamente possono essere uti- superficie agraria forestale. lizzati per cartografie molto accurate, incluse quelle Dopo una ricognizione dei caratteri dei paesaggi sulle tecniche di coltivazione [In Toscana quelle “a agrari lucani ricavata dagli studi di Morano e Pepe tagliapoggio”, a “piantata di prode di viti”]. sui catasti, da quello murattiano a quello del 1929, La scoperta, lo studio e l’utilizzo dei patrimoni passiamo ora ad un approccio “qualitativo”, se così cartografici [cabrei, mappe, piante] allegati alla do- possiamo dire: ci ripromettiamo per questa via di ri- cumentazione amministrativa e giudiziaria conser- solvere alcune delle questioni controverse affiorate vata negli archivi della Basilicata è avvenuta e sta nella discussione dei lavori esaminati. avvenendo solo da pochi anni: le prime risalgono all’inizio degli anni Ottanta. Nell’arco di questi anni l’attività dell’Archivio di Il paesaggio nei cabrei lucani Stato di Potenza – con il lavoro di recupero e di in- ventariazione di una quantità consistente di materiale Il tentativo che facciamo, con queste note e con cartografico sul territorio di Venosa, conservati nel- altri saggi contenuti nel volume, è quello di integra- le raccolte degli agrimensori venosini formatisi alla re fonti fiscali e catastali con le fonti iconiche [come Scuola Agrimensori della Dogana di Foggia [Angelo quadri e come mappe e piante riportate in cabrei e Antonio Monaco, agrimensore attivo nella seconda platee], per una lettura più qualitativa del paesaggio metà del XVIII secolo; Giuseppe Pinto, che nel 1774 lucano tra ‘700 e ‘800. consegue la patente di compassatore dopo aver so- Ci pare opportuno riprendere un pezzo di Giu- stenuto gli esami presso la Dogana di Foggia e re- liana Biagioli [scritto per la Toscana ma adattabile dige le mappe del cabreo della SS. ma Trinità; Vito in piccolo anche alla Basilicata] sulla “potenza” de- Montesano; Gerardo Pinto, figlio di Giuseppe] e di scrittiva dei cabrei: organizzazione di alcune mostre [dalla prima, Il dise- gno del territorio, all’ultima, del 2009, Il colore del i cabrei toscani […] disegnati accuratamente, con passato] – e quella della Soprintendenza Archivistica la raffigurazione stilizzata delle varie essenze pre- per la Basilicata, con l’inventariazione on line del pa- senti nel coltivo, nel bosco o nell’incolto, colorati trimonio archivistico degli archivi diocesani, avviata a seconda dell’uso del suolo, arricchiti con la rap- due anni fa e completata nel 2009 con l’apertura del presentazione delle case e degli altri edifici, con il portale www.diocesarch.it, hanno riportato in primo tracciato di strade, viottole e corsi d’acqua, siste- piano materiali cartografici di grande valore docu- mazioni del suolo agrario in pianura e in collina, mentario, ancora non completamente utilizzati dalla contenevano rappresentazioni dell’utilizzazione ricerca. del suolo perfino utili più dei trattati degli agro- Il ritardo nella produzione di strumenti carto- nomi per comprendere le pratiche in uso per una grafici per la Basilicata, su cui, come per tutto il corretta gestione del suolo. Mezzogiorno, hanno pesato i vizi di «una tradizione Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 39

geografica più attenta ai “cimeli” che non all’artico- metà del XVI alla metà del XIX secolo» [cui si sono lato mondo del rilievo geometrico e topografico […] aggiunti altri materiali provenienti dagli Archivi di dedita a fare storia della cartografia e non cartogra- Stato di Foggia e Napoli] hanno permesso a G. An- fia per la storia» e della ricerca storica, che «scar- gelini, all’epoca Direttore dell’Archivio di Stato di samente e occasionalmente ha usato queste fonti», Potenza, di stendere, insieme a L. Di Vito e A. Groia, – tanto da far nascere il luogo comune della povertà un lavoro che ha rappresentato una svolta negli studi cartografica nel Mezzogiorno – è stato recuperato di storia urbana e di cartografia storica. soprattutto da G. Angelini, che se ne è occupato a Angelini, Di Vito e Groia hanno provato prima lungo in molti lavori citati in bibliografia. Lo stesso a leggere sistematicamente tutti i disegni [mappe, Angelini, con L. Di Vito e A. Groia, ha scritto con piante, schizzi ritrovati in platee e cabrei] e a con- Venosa: saggio per una carta storica del territorio trollarne sul campo l’attendibilità rappresentativa comunale [da cui abbiamo ripreso le citazioni appe- e poi hanno riportato tutte le informazioni con una na riportate] una delle pagine più belle in materia di restituzione cartografica in scala 1:25.000 sui fogli cartografia storica. dell’Istituto Geografico Militare,

orientando [il lavoro] su due temi fondamentali: il Venosa: una città di agrimensori e di carte regime giuridico della proprietà, che ha consenti- to di ricostruire il quadro delle partizioni storiche Platee e cabrei di enti ecclesiastici, redatti ad in- omogenee del territorio; la dislocazione degli in- tervalli sufficientemente lunghi e contenenti le raffi- sediamenti rurali definita in particolare dagli anti- gurazioni geometriche di buona parte del territorio chi sistemi viari e dalla idrografia. comunale di Venosa, «quasi tutte opera di tre soli agrimensori e [che] presentavano quindi una notevo- La sintesi del lavoro, metodologicamente inno- le omogeneità nella tecnica di rilievo e di rappresen- vativo per l’utilizzo incrociato dei cabrei disegnati tazione»; altre fonti provenienti dagli archivi eccle- dagli agrimensori venosini e di una ricognizione sul siastici: le serie settecentesche dei cabrei [uno della campo, ha portato alla redazione di due carte stori- prima metà del XVIII secolo e uno della seconda che sullo stato dell’agro della città nel XVIII secolo metà] dei più importanti complessi fondiari [Baliag- con le quali è possibile gio della SS. ma Trinità e Capitolo cattedrale]; carte dei monasteri di S. Benedetto e di S. Maria La Scala, individuare i confini storici delle partizioni territo- della Commenda gerosolimitana di S. Marinella; i tre riali, ad eccezione dell’area di maggiore parcelliz- inventari integrati da mappe geometriche, datati tra zazione intorno all’abitato, e […] ricomporre, per il 1716 e il 1857, rinvenuti nell’archivio del Capito- ciascuna di esse e complessivamente nel territorio lo cattedrale della città; le copie ottocentesche delle comunale, il sistema di relazioni viarie, l’ubica- platee dei conventi di S. Francesco, di S. Domenico, zione di un numero rilevante di insediamenti rurali di S. Agostino e della mensa vescovile, documenti di gran parte dei quali si era smarrita la memoria, tutti «riconducibili agli studi di agrimensura che inte- l’assetto della proprietà e il regime di conduzione ressano l’agro venosino con continuità dalla seconda della terra. 40 Angelo Labella

Utilizzando questo saggio abbiamo provato a no in parte l’agricoltura e in parte l’allevamento; la sciogliere alcune delle questioni controverse elen- maggior parte degli investimenti è riservata all’alle- cate prima. Non pretendiamo che gli esiti possano vamento, nelle difese proprie o affittate: hanno “in- essere accettati in toto e generalizzati; ci accontente- dustrie di animali” la cui consistenza è stimata, nel remmo solo di aggiungere qualche tessera. catasto del 1807, in 729 capi bovini, 8362 pecore e Una delle prime questioni da affrontare è la con- capre, 2078 maiali. trapposizione tra seminativo – paesaggio del grano e Il partito degli allevatori è ancora politicamente pascolo – paesaggio della pastorizia. molto forte. Emanuele Lauridia, portavoce, con Fi- Venosa e il suo territorio comunale, in parte in lippo Lioy del partito degli allevatori, fa approvare pianura e che includeva terreni riservati alle conces- nel 1817 dal consiglio decurionale, con l’appoggio sioni di pascolo della Dogana di Foggia, ha vissuto di altri allevatori, come Vincenzo Rapolla e Fran- un permanente conflitto tra agricoltori e allevatori, cesco Frusci, la richiesta, da inviare al sovrano,di che ha segnato i caratteri della storia economica e ritornare al vecchio regime di promiscuità con i cen- sociale tra Sette e Ottocento. L’asprezza di questa suari del Tavoliere di Puglia, cioè di poter retroce- competizione aveva già comportato, nei due secoli dere dalla affrancazione delle locazioni di Salsola e precedenti, proprio quelle controversie sui confini S. Giuliano, affrancate «nel 1808 in una col comune giurisdizionali che hanno permesso a «soggetti giu- di per un canone […] al 5% nei primi dieci ridicamente forti e quindi produttori e conservatori anni, e al 4% in successione di tempo, senza per que- di archivi» di raccogliere una quantità di fonti car- sto trasferire a terzi la possibilità di riscatto». Quelle tografiche come per nessun altro paese della Basili- degli allevatori di Venosa non sono richieste isolate: cata. La Dogana della mena delle pecore dal 1574 in altri comuni se ne facevano dello stesso tipo. Pic- «assoggetta parte delle difese ai vincoli di pascolo coli e grandi allevatori «non intendevano rinunciare riservato in qualità di erbaggi straordinari, ripetu- alla posizione speculativa di riversare sui locati il tamente misura e reintegra il tratturo regio Melfi- costo degli erbaggi», dei quali potevano continua- Castellaneta che attraversa l’agro [di Venosa n.d.a] re a usufruirne in regime di promiscuità. Tentavano poco a nord della Fiumara e, intorno al 1720, redige di opporsi gli agricoltori, tra i quali Giulio dell’Ar- la prima carta del territorio comunale». Da allora mi, “portavoce” del “partito” in cui c’erano anche spesso i locati della Dogana entravano in conflitto Domenico Calvini, Ferdinando Polese, Venanzio con i venosini, che non garantivano l’erbaggio cui Rapolla, Giuseppe Santangelo, sostenendo che «le avevano diritto; i conflitti, questa volta all’interno proprietà esentate da comunione di usi, e di dritti, della comunità, continuarono anche dopo la sop- potranno sempre migliorarsi, e vantaggiare sia nel pressione della Dogana, con la censuazione del Ta- ramo di coltura, sia nel ramo di pastura, lo che non voliere e con la ripartizione dei terreni demaniali. potrà mai accadere quando le proprietà sono in pro- Le famiglie di antica nobiltà, non ancora estin- miscuità». Un’altra via di soluzione del conflitto tesi [come era capitato ai Granucci e ai Saracino], e poteva essere il passaggio dalla pastorizia «errante, quelle borghesi più ricche [gli Albanese, gli Altruda, come quella de’ Tartari e degli Arabi […] nemica i Basile, i Dell’Armi, i Lauridia, i Rapolla, i Santan- in conseguenza di ogni ramo di Agricoltura, perché gelo, i Sozzi], nei primi anni dell’Ottocento, pratica- crede tolto al suo pascolo il terreno coltivato» alla Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 41

pastorizia «sativa […] si associerebbe all’agricoltu- dietro a questa suggestione. Per Angelini il territorio ra, ed ambe profitterebbero di molto»: era la via che comunale è per il 65% occupato da seminativi; le indicava il grande “economista agrario” altamurano isole boscose e macchiose, che si diramano intorno Luca de Samuele Cagnazzi. all’abitato, aperte agli usi civici o chiuse, classifica- Verso la metà dell’Ottocento, con l’ingresso sulla te cioè come “difese”, formano il 21,5% del totale, scena di altre famiglie, questa svolta si concretizza. cui si aggiunge un 6,8% di pascoli privati; le coltu- L’agro di Venosa che si estendeva fino a Boreano, re legnose coprono il 6,5% dei terreni coltivati: si ai confini con Lavello, presentava un certo numero tratta prevalentemente di vigneti [5,9%], oltre che di strutture insediative produttive legate alla cereali- di una modesta quota di oliveti e canneti. Il resto del coltura e all’allevamento: per citarne solo qualcuna, territorio è occupato, lungo il corso della fiumara e nella contrada di Piano Regio la masseria Rapolla; a intorno all’abitato, da orti e giardini. Qualche scarto Mezzana la masseria Trentangeli, il Palazzone Tren- tra i dati comunque emerge. tangeli, la masseria Lagala; a Piano di Camera la Facciamo una comparazione con i dati riportati masseria Briscese; a Ripa Potenza il Casino Santan- da M. Morano e da V. Pepe: gelo; a La Sterpara la masseria Sterpara Soprana; a - per i seminativi i dati in buona sostanza coinci- Le Calcare masseria Mugnolo; a La Marziana masse- dono: 65% contro 63,3 [lo scarto è minimo, un ria Carrieri. Ma tutto l’agro, in tutte le direzioni, era +1,7%]; “attrezzato” di decine di altre strutture, oggi ridotte - per i boschi e per i pascoli, messi insieme, il 21, a ruderi [masseria Tamburriello alla Grastatella; la 5% e il 6,8% di Angelini divergono sia dal 16,49 masseria Principe a Pezza Cicoria]. Molte masserie % [tt. 6029] di Morano [lo scarto è di circa un anche fortificate attrezzavano ormai un paesaggio + 12%] – Morano include un 13,45% di terreni cerealicolo-pastorale fino ad allora piuttosto vuoto. saldi – che dal 14,6 % di bosco e dal 15,2% di Sulla scorta di un andamento così tratteggiato a pascolo riportati da Pepe: questi dati suggeri- grandi linee, per Venosa, per i primi venti- trent’an- scono che i boschi siano sottostimati sia da Mo- ni dell’Ottocento parrebbe suggestiva una compo- rano che da Pepe; sizione interna del paesaggio agrario vicina a quel- - per vigneti, oliveti e orti i dati ritornano a es- la proposta, per tutta la Basilicata, da G. Del Re, il sere coincidenti: 6,5% per Angelini [solo per quale ipotizzava un 38% di aree a coltivo contro il vigneti e oliveti]; 6,04 [tt. 2209] - 0,41- 0,16 62 % di quelle riservate a pratiche silvo-pastorali, per Morano [che include anche gli orti]; 6,9% in contrapposizione a quanto emergeva dai dati ca- per Pepe. tastali, con la prevalenza delle aree a coltura [56%] La cartografia prodotta da Angelini, in rapporto su quelle riservate al pascolo e coperte di boschi alle questioni controverse, ci permette di abbozzare [44%]. queste provvisorie conclusioni, attendibili se accolte I dati riportati da G. Angelini, ricavati dalle stes- più come indicazione di un trend che su un terreno se fonti utilizzate da Morano e Pepe [dalla docu- più rigorosamente e dettagliamente quantitativo: mentazione cartografica coeva agli anni che stiamo - la quantità di boschi e di macchie molto fitte è esaminando non si possono ricavare estrapolazioni e maggiore di quella che Morano e Pepe hanno proiezioni statistiche], non ci permettono di andare assegnato a Venosa; 42 Angelo Labella

- la quantità di vigneti è più o meno identica, an- più in particolare dell’estesissimo agro di Gravina», che se la distribuzione tra aree vicine alle mura cioè la scoperta che «il vigneto è una carta impor- e aree piuttosto esterne al paese non è la stessa tante che il contadino cerealicultore può giocare sul che c’è nella maggior parte dei paesi lucani. mercato monetario nei momenti non infrequenti di Le concessioni enfiteutiche di terre del Capito- bisogno […] come integrazione monetaria da realiz- lo cattedrale di Venosa permettono, già nella prima zare in un rapporto stretto con la città. In un certo metà del Settecento, la formazione di un paesaggio senso il vigneto contadino, in questo contesto, non in cui si distinguono piccoli appezzamenti a vigneto “ruralizza” ma “urbanizza” i contadini del latifon- e colture intensive nell’area ad ovest di Venosa, ai do». Il vigneto, in altri termini, non è usato solo per confini con la “la difesa del Monte”. Nella secon- la produzione di autoconsumo ma spesso anche per da metà del Settecento, in particolare negli anni andare sul mercato locale e delle città vicine, per dal 1774 al 1785 in cui furono redatti i due cabrei “monetizzare” e cavarsela nei momenti di difficoltà. [quello “Cicinelli” per il Baliaggio della SS.Trinità Di una via di Venosa Angelini, Di Vito e Groia – che, e quello dell’agrimensore Giuseppe Pinto per il Ca- nel saggio più volte ripreso, hanno cartografato an- pitolo cattedrale], la ripartizione permette di loca- che la viabilità, scoprendo di molti tracciati non solo lizzare tutti i possedimenti e facilita anche, per sot- quali località collegavano ma anche a quali traffici e trazione, cioè in assenza di documentazione negli scambi servivano – dicono che è quella che «fanno le archivi ecclesiastici, l’operazione di individuare e carrette foggiane quando vanno a caricar vino nella delimitare, con «un esame attento delle confinazioni terra di Ripacandida». L’interpretazione di Salvemini dei territori limitrofi», in un’area ad ovest della città, della funzione svolta dal vigneto a Gravina e l’osser- una fascia «formata di piccoli appezzamenti coltiva- vazione di R. Colapietra possono essere estese anche ti a vigneto-uliveto di proprietà di “particolari citta- a Ripacandida, a Venosa e ad altri paesi della Basi- dini”». L’area è facilmente raggiungibile dal centro licata, come Melfi, come Fardella, come Accettura. urbano «soprattutto per ragioni altimetriche essendo Nel corso dell’Ottocento a Venosa, già nella pri- gli altri lati dell’abitato circondati da profondi val- ma metà del secolo, l’impianto di vigneti anche in loni». L’uso di colture intensive in piccole porzioni grandi appezzamenti avvia una ancora più significa- di terreno molto frazionate in tutta l’area, piuttosto tiva trasformazione del paesaggio agrario: il grande estesa sui fianchi che scendono da Bosco Monte, vigneto, in contrada Toppo di Mosca, impiantato ad la si ricava indiziariamente «osservando l’organiz- una altitudine di circa 450 metri, la cui mappa viene zazione limitrofa della zona verso nord-ovest i cui disegnata, nel 1861, in occasione della perizia sulle stessi toponimi indicano le colture e l’estensione de- proprietà che formano l’asse ereditario del proprie- gli appezzamenti: “l’olivetiello di Silvio Morante”, tario Luigi Rapolla, è uno di quelli che entrano in “il tappeto di S. Benedetto”, “i Vignali”». questo nuovo paesaggio. Toppo di Mosca è una con- Inseriamo qui un’osservazione di R. Colapietra trada non vicinissima al paese: questo significa che la che, recensendo una ricerca di B. Salvemini sulla Pu- coltura viticola non è più solo una pratica tipica delle glia, ne riprende, enfatizzandolo, «uno dei risultati aree più vicine alle mura, come poteva essere l’area più importanti nell’ambito dell’analisi della società dei Vignali, a poche centinaia di metri dalla “Porta cerealicolo- pastorale caratteristica della Murgia e della Fontana Angioina”, sulla strada per Rionero. Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 43

Fig. 3 - Cavallone seu piante di tutti li territorij, che si possedono dal Reverendissimo Capitolo della città di Venosa... 1716-19; Angelo Antonio Monaco, agrimensore; Domenico Maria D’Amato, notaio; 450x305; cc. 49; mappe n. 49; ASPZ, Atti depositati dalla Curia Vescovile di Melfi, Venosa e Rapolla, platea n. 1 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Archi- vio di Stato di Potenza, Aut. n.296 del 29 gennaio 2010).

Completiamo l’analisi con una sommaria anno- gui alle fiumare, fa apparire abbastanza sostenibile tazione sugli orti. Il disegno di Angelo Antonio Mo- l’ipotesi di una tendenza piuttosto diffusa alle col- naco [1743] del Mulino della Trinità, con il sistema tivazioni orticole [anche oggi una delle produzioni dei canali di levata e di scarico utilizzati anche per più tipiche dell’agricoltura venosina, insieme alla l’irrigazione degli orti nelle “ische”, i terreni conti- viticoltura]. 44 Angelo Labella

In conclusione ci pare che emerga una contraddi- avvertivano l’urgenza di recintare i fondi: sono nati zione tra la documentazione iconica [mappe e pian- così campi “aperti”, in cui greggi e armenti poteva- te] e quella statistico-fiscale: le fonti statistico-fiscali no pascolare sulle ristoppie. Era in piccolo il sistema tendono a sottostimare boschi, vigneti e orti sparsi in uso nell’economia pastorale in terra di Capitanata nel territorio agrario di Venosa. Avremmo voluto studiata da John A. Marino: soffermarci brevemente anche sugli horti [l’hortus, nel lessico della pomologia, è il “ristretto” recintato nel sistema a due campi era il fertilizzante ovino da un muro entro il quale si coltivavano alberi frut- che contribuiva a reintegrare il suolo dei campi di tiferi, oltre che olivi e viti] di Venosa, in particolare grano a riposo […]. [Con il riposo] in ristoppia e sui giardini di Palazzo Lauridia e del convento di nocchiarica la pastorizia veniva strettamente asso- S. Domenico, di cui osservammo una platea qual- ciata alla reintegrazione del suolo. che anno fa: la temporanea impossibilità di accedere all’archivio diocesano ci impedisce di farlo. La monolitica compattezza delle “terre del grano” era stata appena incrinata dalle colture specializzate praticate nei “frustoli” all’interno delle mura [vite e Il paesaggio dei “campi aperti” in un’area di la- ortaggi] e in terreni fuori delle mura [oliveti]: quando tifondo cerealicolo-pastorale: San Mauro Forte nel secolo XVIII il feudo di San Mauro venne riscat- tato da quattro acquirenti [Lauria, Arcieri, Scalese e Alla fine di questo itinerario facciamo tappa a Acquaviva, già amministratori dei feudatari che si San Mauro Forte, uno dei paesi lucani che meglio ha erano avvicendati nella titolarità del feudo], 500 con- “conservato”, anche visivamente, i caratteri più tipici tadini erano beneficiari di terreni coltivati a oliveti, del paesaggio agro-pastorale, molto ben approfonditi concessi con contratti di tipo enfiteutico, estesi circa da M. Gerardi nella ricerca Il paesaggio nel territo- un tomolo e localizzati a poca distanza dal centro, rio di San Mauro Forte. dalle case. L’economia agro-pastorale ha disegnato, nel pa- La ricerca su San Mauro Forte può essere utiliz- ese materano, una grande uniforme distesa interrotta zata come case study per la storia delle tecniche di solo da «alberi isolati in piccoli gruppi, superstiti dei coltivazione. Le citazioni degli studi di F. Assante e boschi preesistenti», un assetto paesaggistico, nem- di L. Gambi, fatte all’inizio, ci facevano propendere meno modificato dalla frammentazione proprietaria, per una assoluta “naturalità” delle coltivazioni, pra- che «oggi sopravvive nei seminativi e nei pascoli che ticate con un passivo adattarsi ai caratteri geo- mor- ricoprono le colline a nord e a sud del paese [e]ci re- fologici e pedologici dei terreni, la cui tendenza a stituisce uno dei più antichi paesaggi antropici». scoscendere a valle non sarebbe mai stata “argina- Questo assetto si è formato per l’uso della pra- ta”, intendendo questa espressione in senso reale e tica del maggese, che prevedeva per ogni terreno la metaforico. In altri termini nel passato si è sempre rotazione biennale, consistente in un anno di colture scartata l’ipotesi che comunità e contadini in Basili- seminative e in un anno di riposo, e per l’assenza di cata potessero comportarsi con cautela nel tentare di qualunque tipo di chiusura [siepi o muretti lungo i proteggere almeno la conservazione della risorsa pri- confini] da parte dei contadini, che, da affittuari, non maria, il terreno coltivabile ricco di humus. I processi Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 45

di degradazione della montagna sono piuttosto noti. reno. Il rittochino [o anche ritocchino] prevede che Come scrive L. Gambi, a proposito dell’andamento le lavorazioni [aratura, semina], la piantumazione di del corso dei fiumi e del loro rapporto con le attività alberi, lo scavo delle scoline [per impedire che l’ac- di deforestazione dei monti [in particolare fra i 500 e i qua ristagni o si infiltri più di quanto serva] avvenga- 1000 m], «la spogliazione del loro rivestimento di fu- no verso il basso in modo da permettere all’acqua di staie o di cespuglietti [lasciava] le superfici montane scorrere e di non imbibere eccessivamente i terreni. salvaguardate solo da un fragile velo di erbe, e quin- I lavori si fanno seguendo la pendenza naturale del di agevole appiglio degli agenti atmosferici […] nei terreno: naturalmente la tecnica di far scorrere l’ac- periodi molto piovosi, ovunque le pendici risulta[va] qua in superficie comporta il rischio che lo strato di no più inclinate o formate da suoli erodibili, le acque terreno più carico di humus tenda a scivolare a valle, dilavanti con disordine […] non più disciplinate dai trascinato dalle acque e così, per frenare la velocità boschi, via via decorticando i suoli misero a nudo la dell’acqua, si ricorre, nella parte alta dell’appezza- roccia o, inserendosi tra i giunti della roccia, furono mento di terreno, a scoline dette capofossi, a fossi ac- l’inizio di ampi fenomeni franosi». Questo processo, quai, a “capezzagne”, cioè canali per lo sgrondo delle descritto da Gambi, aggrediva molta parte dei monti acque a monte dell’area coltivata e lungo il versante, della penisola inclusi anche i “rilievi molisani e lu- tali da ridurre la lunghezza e la pendenza del deflusso. cani”. Quello che non facevano a San Mauro Forte lo fa- Nei territori collinari e montani l’instabilità del cevano a Lagonegro. In questa area la piovosità tirre- terreno e l’aggressione del dilavamento hanno spinto nica, come componente micro-climatica, e l’assenza gli uomini ad elaborare tecniche di lavorazione del di terreni coltivabili, come componente pedologica, suolo sempre più adatte a “conservare” in superficie erano i fattori che i coltivatori dovevano fronteggia- la terra più fertile, e utili a impedire che acqua e ven- re. Così si spiega il ricorso al “terrazzamento”: in to scorticassero ulteriormente il terreno e portassero un disegno a penna acquerellata, realizzato nel 1827 alla luce pietre e roccia su cui si era depositato uno da Antonio Cascino, sui Mulini Siervo e Mazzei a strato sottile di humus, con interventi di sistemazio- Lagonegro, si scorge uno scorcio del territorio della ne dei suoli da coltivare, di difesa idraulica [l’allar- città terrazzato a più livelli con un complesso sistema gamento di fossi e canali di scolo, la sistemazione di irrigazione, di caditoie dell’acqua. Il disegno, pro- dei ciglioni inerbiti a protezione delle scarpate, con prio per il rigore dei particolari, suggerisce l’ipotesi l’impianto di siepi, di arbusti, di filari di viti, di ulivi che si usassero tecniche per la costruzione di muretti piantati “a girapoggio”, e in ultimo i “terrazzamen- e canali utili, oltre che per il mulino, anche per pra- ti”] e di rimaneggiamento dei terreni per renderli più tiche colturali intensive. Una terrazza o, più spesso, lavorabili. una terrazza su un’altra e poi su un’altra, anche pic- A San Mauro Forte tutto questo c’è stato solo in cola, è un complesso sistema di gestione dell’acqua parte. Veniva praticata una delle più arcaiche tecniche per drenarla, per innaffiare e per irrigare: si possono di lavorazione del suolo: il rittochino, una forma di usare muretti per chiudere vie d’acqua, canali, pic- sistemazione idraulico-agraria dei terreni declivi che cole gallerie e serbatoi ma la costruzione idraulica si permette di regimare lo scorrimento delle acque e di mantiene se un muro di pietre o una petraia naturale ridurre i rischi di erosione e di smottamento del ter- trattiene il terreno.

Il paesaggio agrario della Basilicata nella storiografia nazionale e egionaler dell’ultimo ventennio 47

Veduta dei mulini dei signori Siervo e Mazzei in territorio di Lagonegro. 1827; Antonio Cascino, disegnatore; mm. 580x435; non in scala; disegno a penna acquerellato; ASPZ, Intendenza di Basilicata, b. 622, fasc. 548 [su con- cessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Ar- chivio di Stato di Potenza, Aut. n.296 del 29 gennaio 2010].

L’uso di tecniche per far scorrere l’acqua, per Che le pratiche colturali, in un territorio mon- canalizzarla e raccoglierla dove serve c’era proprio tagnoso come quello del Lagonegrese, non fossero nei territori in cui orografia e pedologia dei terreni particolarmente agevoli e che per questo non fos- parevano renderlo più ostico e meno praticabile. Ci- sero nemmeno censite ce lo dice un altro dato. Nel tiamo una relazione scritta da Petagna -Terrone -Te- Lagonegrese la superficie agraria e forestale censita nore nel corso del loro viaggio da Napoli a Cosenza nel 1815 era largamente sottostimata: a Lagonegro e ritorno, fatto tra il 3 e il 16 luglio 1826, in carrozza, rappresenta solo il 30,5%, a Lauria – dove la sotto- lungo la “regia strada delle Calabrie” in costruzione stima è minore – solo il 38,5% dell’analoga super- nel tratto calabro- lucano a sud del Vallo di Diano. Il ficie riportata nel Catasto agrario del 1929. Questa gruppo pernotta a Rotonda. Michele Tenore, Prefet- sottostima è una eccezione perché, al contrario, per to del Real Orto Botanico di Napoli, riporta compia- tutta la Basilicata – come fa notare V. Pepe – «la ciuto nel suo diario: superficie agraria forestale [824.264 ettari] risulta piuttosto alta, pari all’86,7 % di quella del 1929». la strada fuori Rotonda è bellissima, e tutto vi Per chiudere: l’esplorazione e la ricerca a tappeto è coltivato come non si può meglio. La quantità negli archivi diocesani lucani, negli archivi privati di acqua, che scende dai vicini monti è col più di famiglie che hanno avuto un grande ruolo nella grande accorgimento impiegata nelle irrigazioni; storia dell’agricoltura e dell’allevamento in Basili- né vi è parte di quell’esteso territorio, che l’indu- cata [come quello degli Aquilecchia di Melfi, di cui stria degli abitanti non abbia reso irrigabile. Vi è stato appena completato un primo riordinamento] lussureggia perciò il granone, ma più di tutto ci e negli archivi di stato di Potenza e di Foggia potrà siamo compiaciuti a vedervi estesamente coltivato portarci alla scoperta di altri documenti cartografici il pomo di terra, che una delle nostre guide, per e iconografici con cui la storia del paesaggio agrario nome Michele Ferrara ci assicura di aver introdot- e quella delle tecniche di coltivazione in Basilicata to il primo, circa venti anni fa. potrà essere aggiornata ed integrata.

Il botanico non ci dice come viene praticata l’ir- rigazione ma solo che c’è “il più grande accorgimen- to” nell’impiegare “l’acqua che scende dai vicini monti”. Il disegno di Lagonegro ci può essere utile in questo senso. 48 Angelo Labella

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Magia dell’orto e della montagna

Lucio Tufano

monaci delle badie, gli eremiti dei monti bolli- vano i lauri, le castagne, le eriche, i decotti, le patate e i fagioli degli orti. Il vino del Vulture Idissetava le sudate transumanze. I massari di campo portavano sulle tavole bianche delle badesse il rava- nello, il diavolicchio, il cirasello peperoncino, tutte le ricette da papiro delle madri ostesse. Alle taverne del postiere sostavano il cavalie- re, il soldato, il gendarme, il vaticale, il mercante di grani. Il sogno del trainiere era di rovesciare le botti nelle fiere. C’era nei piatti la campagna: l’acre, l’aspro, l’acerbo, il salato, il forte, il piccante nelle salse di sensuale mistura. C’era il rancio del soldato, il prelibato pasto del barone, il boccone fuggiasco del famelico attentatore delle querce, la sua fame selvatica, il suo agguato notturno, alle Crocelle, al Cuppulicchio, al Valico dell’ Alata. Erano pietanze sobrie, mano dopo mano, condite dalle attese, dalla fretta, dalla paura, dalla intensa fragranza delle boscaglie, dalle roventi mietiture, dalla trepidazione, dal pre-sapore delle tregue e del- le pause, dalla assoluta assenza di alchimie. Il piatto di terra contiene le essenze dei tuberi, le radici, il sapore del buio e dell’umido: le povere stagionature del gusto, le scorze dei tronchi. Nelle balze di sole e di vento, nei terrazzi terrosi delle coste, nei fossi intrisi dai rigagnoli, nei fon- 52 Lucio Tufano

di muschiati dei muretti, nei canaletti di viottoli e puccini, pernice a macchie scure o con punteggiatu- mortelle s’alzava in vapori il frazzo delle stalle, si ra rossoporporina, cece bianco, cece nero, cicerchia, ordivano le storie merlate delle verze. Precipitava il ingrassabue, lupino giallo-azzurro, veccia di velluto sapore diluito nella scodella ribollita, il buglione, i che pizzica la lingua ed il palato. senapi, i tadd r’ cucozze, la scottiglia di spunzali, i Con il caldo la spugna del corpo si inzuppa nei testaroli, l’ acqua cotta. Mense degli orti stracariche bivacchi, straluna nel sole di luglio, nel grano cori- di gusto di terra e di foglie, sacro pinzimonio di ra- cato, nelle cicale assordanti, nelle pause, nei cammi- dici a fittone e cime a fasci. ni tortuosi, peregrini, affardellati e si disseta di ace- La fava del Mar Caspio riempiva le bocche dei tosella, di agretto, di cardo, di finocchio, di cetriolo. pastori e degli aratori, mandava in deliquio le mo- Le miniere di sale nel sudore dei trattori e i tratturi nache del convento. Una minestra di fave cavalli- assolati sprofondano la sete nella fonte dei cocome- ne, d’inverno, tubetti e fave di Turingia, d’estate, ri. Chi va piano va lontano, gira, gira l’ortolano. con pane e cipolle è condita di “Vulgaris” solo per C’era la sobrietà degli orti, arterie e vene, linfe l’aristocratico ghiottone che ama invece decorare e colori, teatro e fiaba nei carciofi, storia impressa i pasticci di manzo e di reina, i teneri manicaretti nelle malinconiche cipolle, nel calore fumante dei di uccellini, gli intingoli alla salsa calda, la selvag- paioli, nell’ acqua che bolle i cavoli brontolosi, la gina all’agresto, il pollo alla diavola, la tortiera di menta fragrante, i brodi impregnati di salvie e prez- coniglio, con insalata di borracina, luppolo e scor- zemoli, di “acci” e midolli. zanera, maggiorana e noce moscata, con peonia ed Ancora indu­giano le stagioni della raccolta, issopo. C’era poi la radice commestibile: l’intera sconvolte nei brevi meriggi da trafitture di luce o da famiglia delle “cicoriacee”, selvaggia erratica di nembi di pioggia e si dissolve tra gli adulti castagni Plinio che non gustava l’amarezza delle foglie, e la prima timi­da brina. Il paesaggio si scorge nel cupo la varietà costosa, più bianca delle nostre indivie, verde e nel giallo che sconfina. È qui che la terra la scarola. svela i suoi silenzi, i colori della vendemmia, e si ab- II cavolo bianco dello sceicco aveva la sua corte batte, nella foschia delle nebbie, nell’alito dei solchi, di patate in ciottoli, rombi di Blanchard, barbabieto- negli strati fradici di foglie, il crepitìo dei ricci. Ora le Mammouth, Brassiche rapa rapifere, sfere bian- nei campi non s’ode voce. Un tempo le cantilene ed i che di Pomerania, carote a coda di topo con colletto richiami animavano il giorno. Ora gli attrezzi sosta- verde, spinaci, lattughe. Il cavolfiore è figlio del cor- no al fienile ed il minatore delle aie si reclude nello saro, “barbabieto” e navone, asparago e peperone, spazio angusto del paese. fragole al limone, fondine di clorofilla e sentine di Venivano ancora i giorni di dicembre a dileguarsi sapore, la debosciata orgia dei sedani. nel solstizio, la trepidante attesa di Natale, al trasco- Il più ricco è il pomodoro. Con origano o basili- lorare del tizzone ardente al velo di cenere. Riemer- co entra nelle stagioni delle conserve, bottiglie, ba- gevano i ricordi di storie perdute, di fatti di guerra e rattoli, nei grappoli rotondi appesi alle traveggole di di pace, l’assorta presenza dei bimbi al racconto del cielo. Primaticcio orgoglio del mercato, sciabola dei nonno, al maturo melograno, alle castagne cotte che piselli nani, bianchi e verdi riempipanieri, piatti del venivano prima del sonno a far gioiosa la sera col principe predisposti a como di Montone, piselli cap- ritorno della favola bella. Magia dell’orto e della montagna 53

C’era la castagna ingrediente e sostanza, antico E Sinisgalli in Corso Vercelli a Milano, per un amore dell’infanzia, supremo aiuto alle penurie, me- saluto al padre: moria degli affetti alimentati da carbonella accesa e spini. Nella città sorpresa dall’inverno, la prima «Crepitano le castagne, / Cuociono nelle pentole ne­vicata ci esaltava nell’andare a scuola, quando dal le orecchie / Di porco, sotto gli ombrelli frigge / Il rifugio di teli di sacco e di cartoni, afflitto dalle raffi- baccalà...­ / C’è già aria di neve quassù / E sotto i che di neve, si diffondeva la fragranza delle caldarro- vecchi stracci nel tumulto / Mi vengono incontro ste. Intenta a ravvivare la brace una vecchia, ravvol- i miei poveri / Morti. Mi danno il meglio, / quello ta nelle sciarpe, ingannava l’insidia del freddo. Ed che più mi piace, / Cibo premure pace. Che mi dici era allora che una castagna riscaldava la mano che la / Tu padre?». stringeva nella tasca del cappotto. Quello era il tem- po biblico della guerra e della precarietà, quando i fili dei destini umani erano tenui, pronti a spezzarsi, e la filosofia dell’esistenza si arrovellava nella fan- tasia del mangiare. Ed era la castagna a farne parte. Un sapore ancestrale, una visione d’abbondanza, le suggestioni della festa e della casa, quando le cose e gli esseri correvano incontro ad un ineluttabile fato. Discreto era il percorso della fame in direzione della sazietà, nelle provviste di castagne e noci. È anche per questo che la castagna ha il suo in- treccio con la fiaba, con il racconto e la poesia, il suo ruolo nel folclore e nel rito, con le creature ter- ragne degli alberi, con i proverbi e le leggende, con le spine dei ricci e con le crepe a forma di croce. La farina era nelle madie per dolci e pasta casereccia da utilizzare nelle lunghe invernate. “Castagna piccola fa- rina grossa”, si dice ancora in alcune regioni dell’Ap- pennino. Memore della sua infanzia nella valle del Serchio Pascoli scrive:

«… i tuguri sentono il tumulto or / del paiolo che inquieto oscilla; / per te la fiamma sotto quel sin- gulto/crepita e brilla: / Tu pio castagno, solo tu l’assai / doni al villano che non ha che il sole; / Tu solo il chicco, il buon di più, tu dai / alla sua prole... /». Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee iproporre, in questa sede, alcuni brani tratti dalle opere di importanti autori, lucani e non, dell’Ottocento che, nei loro studi, si sono oc- Rcupati dei quadri ambientali, del paesaggio agrario Costantino Conte, Angelo Labella, e delle vocazioni produttive dei territori, affiancati Ezio M. Lavoràno a brani di storici contemporanei, vuole essere da un lato un omaggio postumo a scienziati e osservatori di grande acutezza, qualche volta troppo facilmente di- menticati, dall’altro una sorta di percorso di feedback interpretativo, che vuole mettere a confronto, quasi contestualmente, descrizioni di luoghi e paesaggi, oltre a considerazioni e dati specifici sulle questioni attinenti l’agricoltura prodotte a distanza di oltre un secolo. Crediamo così di poter mettere a disposizione uno strumento per facilitare la comprensione dei ‘fatti ambientali’ che hanno segnato il nostro territorio, ri- percorrendo dalle origini le tappe salienti di alcuni dei processi che hanno inciso profondamente sulla nostra realtà. La lunga fase di disboscamento/dissodamento selvaggio, per esempio, in origine visto come un fatto di progresso, cioè come una pratica per il recupero di terreni da coltivare, oggi, viceversa, ha assunto un’al- tra connotazione, soprattutto in rapporto alla perma- nenza di un grave dissesto idrogeologico. La scelta, a lungo meditata, di raccogliere e acco- stare brani ci è sembrata utile alla comprensione e alla visualizzazione immediata e comparata dei notevoli mutamenti avvenuti sul territorio, provocati dall’azio- ne sconsiderata dell’uomo oppure dagli eventi natura- li. I brani di seguito riportati, frutto di accorta selezio- ne, sintetizzano tale peculiare approccio, in un quadro di nuova attenzione per la comprensione dei fenomeni e la salvaguardia conservativa di alcuni contesti. 58 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

Il filo rosso che abbiamo seguito nella individua- della dimensione territoriale che la storiografia ha zione dei brani è stato ripreso da una osservazione consumato fino a poco tempo fa. L’opera di distru- di Piero Bevilacqua che una ventina di anni fa citava zione [del terremoto] […] talora si realizzava in for- l’originalità di Francesco Saverio Nitti nel segnala- me immediatamente meno visibili. Intanto un sisma re, come fattori di modificazione della storia della distruttivo costituiva in genere causa immediata di Basilicata, i terremoti, la distruzione dei boschi, carestie, sia perché spesso comprometteva l’annata l’emigrazione […] «tre eventi a loro modo e in varia agraria, sia perché normalmente venivano distrut- misura ‘catastrofici’, […] grandi agenti di trasfor- te le scorte alimentari della comunità: grano, olio, mazione, […] forze spontanee, incontrollate e in- e vino in primo luogo. Ma l’opera di devastazione controllabili, che [avevano rotto] irrimediabilmente più profonda e duratura riguardava forze produttive antichi e consolidati equilibri». L’originalità di Nitti e strumenti di produzione, lavoro incorporato nella stava anche nel mantenersi lontano «dalle categorie terra e nella tecnologia elementare di un’economia progressive del pensiero meridionalistico, tradizio- quasi esclusivamente agricola: case coloniche, gra- nalmente incardinate intorno alle nozioni di ritardo, nai, mulini, frantoi, bestiame, canali di irrigazione, progresso, arretratezza; scansioni concettuali di una terrazzamenti, aree coltivate». storia comunque concepita come lento, ma sicuro e lineare progredire». Da: PIERO BEVILACQUA, Terre del Grano…, L’implicazione di quanto scrive Bevilacqua è che 1992, pp. 10-12. il rapporto tra natura e paesaggio agrario, in Basi- licata, andrebbe sottratto a una accettazione rasse- gnata e astorica della incidenza ineluttabile delle componenti fisiche del territorio ma anche al diffuso «Già nel novembre del 1807 la superior [sic!] rifiuto della storiografia di attribuire agli uomini la valle dell’Agri fu scossa da violenta commozione. razionalità di comportamenti economici all’interno […] Dopo cinquant’anni, e dopo altre in altre epo- della persistenza, storicamente segnata, di quadri che innocue ondulazioni della terra, il mostruoso ambientali compromessi. disastro infuriò in così grandi proporzioni, che si allogherà [sic!] omai [sic!] nella storia generale del Reame, come quelli di miseranda ricordanza alle Calabrie nel 1783, e nel 1805 a quel di Molise. Qui alle due epoche gli stessi fenomeni a un dipresso àn «Come è noto, eventi e dinamiche ambientali [sic!] preceduto lo scoppio: dal novembre al dicem- […] sono stati ordinariamente espunti dai ‘fatti’ del- bre del 1807 durò, non sempre uguale però, tal tem- la ricostruzione storica […] spesso a dispetto dello peratura anormale che nuova vegetazione di fiori e spessore assunto […] nelle memorie locali e per al- di foglie rinverdì la natura; e fruttificarono anzi meli, cuni aspetti nella stessa tradizione meridionalistica. mandorli, ciliegi. Oggi […] noi abitatori del Vallo […] Per alcuni aspetti, l’esclusione di questo strano udimmo cupe e prolungate detonazioni. […] Nella événement che è il terremoto dall’economia della giornata del 16 un mugnaio del Moliternese avvisò ricerca storica, rientra nella più generale rimozione lievemente torbide le pure linfe di una sorgente, che Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 59

dà vita alle sue macchine. […] Io stesso alquanti dì circostante, quando alle acque invernali l’argilla si prima del miserabile caso, mi dovevo dell’acqua, venia rammollendo: sicché al mancar della base la che torbidoccia presentavamisi [sic!]. […] Tutti, schiena tra’ duo [sic!] fossati si ricalcava, e crepacci dopo la gran commozione, avvertirono cresciute le e screpolature e strapiombi apparivano alle fabbri- acque delle fonti e de’ fiumi; per tre giorni le fiuma- che del mal fondato paese. […] Questo al paese mal ne del Vallo travolsero torbide e lutulente le acque. fermo suolo di creta in balìa de’ torrenti che poco a Il giorno del 16 dicembre 1857 […] già eran tutti poco sel [sic!] portavano via, il disacconcio [sic!] a giacere, secondo il costume della provincia, quan- materiale, onde erano murati gli edifizii [sic!], e il do poco oltre a 5 ore della notte una prima e violenta campare di quest’essi nell’alto su d’instabili basi, scossa ci balza esterrefatti dal letto; e nel cieco spa- […] spiegano in parte come totalmente andò subis- vento dei brancolanti nel buio a covrirsi [sic!] di un sato dal recente tremuoto [sic!]. Un subbisso [sic!] cencio, ad accendere un lume, una seconda, feroce, di ciottoli e calcina, un caosse [sic!] d’impalcati e fischiante e prolungata per 30 secondi, accese il cie- macerie, un commisto d’informi rottami, uno sfa- lo a sanguigne fiamme, commosse e sbalzò la terra, sciume confuso e indistinto, e frantumi di squarciate agitò l’aere[sic!] a fremito. La terra convulsa si di- muraglie, e catolli [sic!] di smosse fondamenta, e batte, e le mura si schiantano, i tetti si sfondano, i una selva di travi con volto il vertice al cielo, e un palchi ruinano [sic!], le imposte si convellono [sic!]. petraio che un’internal [sic!] furia smosse e comme- […] Non più case, ma macerie, non edifizii [sic!] ma scolò [sic!] per tutta l’area di un grande paese; e non ruine, non un tetto o un comignolo discerne [sic!] più traccia di vie, non segno di spiazzo. […] Le mal sull’ampia superficie d un paese; ma una selva di cementate fabbriche tutte tutte si disfecero […]; non travi e di sfasciumi, un caosse [sic!] di murice e di una delle vecchie impalcature sostenne il peso de’ rottami; e inabissati cantoni, e sgominate fabbriche, ruinanti [sic!] tetti e degli alti solai. e muraglie spezzate in due, o capitozze, o sconnes- Crebbero di acque le fonti, i fiumi, i rigagnoli. se, o spiombate; e non più traccia di strade, turbina- […] Larghe crepacce comparvero per tutti i luoghi, to accumulo di ciottoli e calcina.[…] Tale è […] lo e nel Vallo, e già lungo l’Agri e su pei monti d’in- stato di tre paesi nella Valle dell’Agri, , torno. Largo di cinque palmi e lungo di 30 è uno Saponara [oggi ] e , già di spaccato ancora aperto in quel di Tramutola […]. vivaci industrie e di numeroso popolo fiorenti, e di Grandissimi sull’Appennino tra Marsico e Sala, che civili ed agiati edifizii sic![ ] abbelliti. intercettarono per qualche dì i traffici tra’ due paesi; Sulla sinistra dell’Agri è Montemurro. Posto sul e grande spaccatura al monte dell’Alpe presso La- declinar della pendice che digrada [sic!] alla fiuma- tronico, cava ancora intatta di marmo statuario. Si na, assiso ad un buon miglio da questa su banchi richiusero e presto. […] di plastica argilla, che covre [sic!] strati di pietra A Viggiano […] tutti si sfasciarono i rusticani arenaria, era stretto ai due fianchi da due torrenti, abitacoli. […] A Marsico- vetere […] tra soliti ac- che per lenta guerra al suolo cretoso scavarono […] cidenti è singolar vista quella di una casa di campa- altissime ripe, e assottigliarono di anno in anno il gna, a cui le mura giù si arrovesciarono salde o di un fil d’inferma terra, su cui sedeva il caseggiato. Que- pezzo, come libro squadernato. […] A sulla sti torrenti […] eran causa di sfranamento al terreno sponda del maglio due terzi e più delle 300 casette 60 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

[erano ridotte] a ruderi e macerie […]. Né per tutto pastorizia, le industrie e il commercio delle diverse il Vallo lunghesso [sic!] l’Agri restò illeso uno de’ parti hanno stretti rapporti tra loro. […] mille rustici abituri o civili casini, sparsi a governo Prima di discendere alla descrizione particolare della terra o a delizia del proprietario in quell’amena di ciascun bacino, giova far precedere alcune gene- pianura. rali considerazioni su i rapporti che hanno tra loro i Se l’atmosfera risenta o influisca a si’ grandi fe- contigui, e specialmente quelli che sono divisi dalla nomeni è dubbio. Dirò che ella non fu punto normal catena degli Appennini. [sic!], perché dopo le assidue e larghissime piogge In primo luogo, prendendosi in esame la catena autunnali, al 25 di novembre sereno l’aere e s’in- anzidetta la quale dalla frontiera si distende alle vi- tiepidì per 40 giorni. […] Chiusi i 40 dì, venne giù cinanze di Nusco, esso forma quasi nel mezzo tra i un nevischio crudele, […] e durò sul borea la rigida due mari una schiena che verso mezzogiorno scarica atmosfera, avvicendando nugoli e sereno e neve sino le acque nel Tirreno, e verso settentrione nell’Adria- a’ 9 febbraio, quando si mostrò una prima e quie- tico. Dall’estremità di questa parte della catena con ta pioggia […]. Al cader di gennaio il termometro direzione convergente due grandi rami si distendono scese fino a 5 gr. sotto lo zero; e una notte il Maglio fino alla punta di Gaeta e fino a quella della Campa- gelò alle sue origini, non mai ricordato fenomeno a nella.[…] queste regioni. Dalla parte opposta le acque che discendono dalla catena e dalle sue diramazioni si versano in un gran Da: GIACOMO RACIOPPI, Sui tremuoti di Ba- numero di fiumi, che uniformemente con corso qua- silicata…, 1858, pp. 7-11. si perpendicolare si dirigono alla costa dell’Adriati- co. Alle vicinanze di Nusco, donde prende origine l’Ofanto, la catena, come si è osservato, nell’avvi- cinarsi al mar Tirreno cambia andamento, e le sue «La provincia di Terra di Bari e la porzione del- diramazioni, invece di procedere verso l’Adriatico, la Basilicata che da Melfi verso Canosa si distende si dirigono quasi perpendicolarmente al Gionio [allo su la sponda destra dell’Ofanto, si possono consi- Jonio]. […] derare come un solo gran bacino, che ha per confi- Il bacino del Sele, quello della parte della Ba- ne verso settentrione la costa dell’Adriatico. Tutta silicata che pende verso il Gionio, quello di Terra questa grand’estensione di paese conformata in col- di Bari e l’altro di Terra d’Otranto hanno rispettiva- line poco rilevate, ed inclinata dolcemente verso il mente strette relazioni fra loro con altri bacini con- mare, vuolsi riguardare come una digradazione degli tigui. I quattro principali rami del Sele che vengono Appennini della Basilicata, dalle cui gronde setten- da Caposele, dalle vicinanze di Muro e Potenza, da trionali le comunicazioni verso la costa sono brevi e Casalnuovo pel vallo di Diano e da Piaggine, met- facili. […] tono in relazione la parte montuosa e la parte piana Per la fisica e topografica disposizione e confor- di quel bacino. Per la strada da Evoli [sic!] verso mazione […], naturali confini distinguono in diver- Atella, e per quella dall’Auletta per Potenza ad Atel- si bacini le principali ubertose contrade, nelle quali la, il bacino del Sele comunica con quello di Terra per mezzo di facili comunicazioni l’agricoltura, la di Bari e con la porzione dell’altro della Capitanata, Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 61

ch’è adiacente al corso superiore dell’Ofanto. Per la Della Città di Matera strada che si distende lungo il vallo di Diano, le valli La situazione di Matera è in mezzo a deliziose dell’Agri e del Sinno e quella del Grati [sic!] sono in valli, e a fertile terreno. Qui v’è la fabbrica di buoni rapporto col bacino del Sele. Per la stessa strada si panni. Si lavorano fine calze di lana, e di cotone. discende nelle marine di Sapri e . Nelle campagne di questa città, oltre che trovasi il bolo armeno [argilla con ossido di ferro dalla tipi- Da: CARLO AFAN DE RIVERA, Considerazio- ca colorazione rossa], vi sono ottime uve, che danno ni su i mezzi…, 1833, vol. I, pp. 69-73. buon vino; e pur uliveti l’olio dè quali è ottimo. Si fanno ottimi formaggi, ed ottimi anche salami; ed è pure abbondante la caccia. Della Città di Acerenza «Della provincia di Basilicata Sopra una collina sta situata Acerenza. Hla que- Si estende la Provincia di Basilicata fra monti, sta città, di particolare, ottima carne di castrato, ca- valle, e piani, e tramezzata [sic!] da fiumi, dè qua- pretti lattanti, dilicati [sic!] latticini, ed abbondanza li a proprio luogo sì farà parola. Confina insieme di ogni sorta di caccia. all’Oriente col Golfo di Taranto, e a Mezzogiorno Della Città di Venosa colla Calabria citeriore. Ha numero di città, e di ter- In ameno sito, e presso al fiume Ofanto sta la cit- re, le quali in cose si particolarizzano, siccome si tà di Venosa, nella quale è in vigore d’assai la pasto- dirà. Nel suo tutto, questa Provincia, ha ottimi grani rizia , è in vigore assai la pastorizia, tanto negli ani- [parole riportate in corsivo come nel testo originale] mali vaccini che pecorini per cui da questo luogo, saravolli, dalle cui farine semolose ne fanno i mi- oltre che si hanno grasse carni, si ha pure un buon gliori maccheroni e le diverse altre paste. Con essi commercio e di formaggi, e di butirri. grani v’è l’ottimo olio, il soave vino, le sapite frui- Della città di Tricarico. ta [sic!], le tenere ertolizie erbe, le nutrienti carni i Giace la città di Tricarico alle radici degli appen- dilicati [sic!] latticini, l’abbondanza della caccia, e nini; e perchè è irrigata da molti ruscelli, il suo suolo pur quella della pesca. V’è poi di maggior partico- si rende particolare per 1’ ottima produzione dell’ lar produzione la piantagione del zaffarano; quella erbe e piante ortolizie; e in dove le acque non cor- degli anisi, e delli coriandri, e con essi quella della rono è buonissima la produzione del grano, e delle bambagia. Vedesi [sic!] in vigore l’industria delle uve, che danno. piacevole vino. api , e quella della razza dei cavalli , e delle mule. La Della Città di Tursi. pastorizia è in vigore; ed è estesa la caccia di pelo, e Sta la città di Tursi al pendio di un monte, ed in di penna, siccome non è mancate la pesca. mezzo ad una campagna fertile in bambagia, in lino, La maggior parte dei Popoli di questa Provincia ed in canapa, delle quali cose, oltre la vendita che portati sono per l’agricoltura dei campi, per il go- se ne fa senza manifatturarle, se ne fanno anche, per verno della pastorizia, e per le manifatiure di lana, e commercio, tele , che son d’ assai ricercate. Nelle di cotone. Vediamo ove tali cose si trovano, e in qual incolte campagne di questa città si trova quantità di città, e terra. polleggio, e con esso timo, origano, e tante erbe fio- riste, ed aromatiche de’ quali fan pascolo le api, e 62 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

pe’ quali stan qui melti alveari, perciò si ha molto Della Città di Maratea mele, e molta cera. Si hanno da questa città anche Vicino al mar Tirreno, e sopra un monte s’innalza molti e buonissimi cacicavalli, e molti e buonissimi la città di Maratea. Ha un porto ch’ è di trafico [sic!] caci pecorini una cogli altri dilicati [sic!] latticini per tutti i naturali della Basilicata. L’esteso suo mon- freschi. te è pieno di vigneti, che oltre le uve dolcissime che Della Città di Melfi danno, soddisfano anche co’ loro soavissimo vino, Melfi è situata sopra di ameno colle che lo in- ed i suoi piani abbondano di uliveti, l’olio dè quali è veste un placido fìumicello, ed una piantagione di perfettissimo. alberi di ulivi, e di vigneti, dando gli uni ottimo olio Della Terra,di Moliterno, Montescaglioso, e e l’altre poderoso vino. Anche in questa città, come Montalbano. a Tursi, si fa estesa vendita di telerie di lino, di ca- Moliterno, ch’è in delizioso rialto, da di partico- napa, e di cotone. lare olio, e vino. E la città di Montescaglioso ancor Delle Città di Ripolla [sic!], e di Muro essa da buone pannine, ben tessuti tappeti a più co- Vicino Melfi sta Rapolla, e Muro, non lungi dal lori di lana, e pur fine calze di bombagia. E poiché fiume Ofente [sic!]. In Rapolla è particolare l’olio, vanta dell’antico, con facil riuscita si trovano, in ed il vino che sono in vendita per la Provincia; ed in scavando, e Etruschi vasi, ed altro dell’ antico fare. Muro i salami porcini. E da Montalbano si ha l’ottimo grano, ch’è grosso Delle Città di Lavello, e di Montepeloso e pesante, ed anche si ha quantità di regolizia [liqui- Non lungi dal fiume Ofento sic![ ] fa sede Lavello, rizia]». che ha di particolare un soavissimo vino, e dilicate [sic!] ricotte; e Montepeloso, che sta sopra un colle, Da: VINCENZO CORRADO, Notiziario delle è particolare per la bontà, - e grossezza dei legumi. particolari produzioni…, 1816, pp. 66-71. Della città di Potenza Lo stare di Potenza è sopra un colle, ch’è uber- toso in aromatiche erbe, che servono di pascolo agli animi di macello, per cui si hanno ottime carni. Il «Con una superficie di circa 10 mila chilometri suo pian terreno, oltre che da’ frutti supiti, uve metu- quadrati, la Lucania ha un territorio variato qua- te, v’è pure la gran piantagione della rubia, che vale si tutto da monti e colline; perlocchè [sic!] offre per la tintoria nera. gran numero di belle ed aperte fertili vallate lungo Della città di Ferrandina il corso dei suoi fiumi e fiumane, e non pochi alti- A canto del fiume Salandro Ferrandina è situata. piani e pianure più o meno estese in molte locali- Questa terra da l’occupazione a moltissime donne, tà. […] La catena degli appennini scendendo dai poiché han l’arte di tessere una certa tela di bamba- Picentini ed Irpini entra nella nostra regione, tra gia e lana, la quale, per varj usi, è molto ricercata, e Caposele e Conza, dove sono le sorgenti del Sila- gira il commercio sotto al nome di ferrandina. Nella ro e dell’Aufido [Ofanto], e vi forma grossi grup- campagna di questa terra la massima coltura è quella pi di monti e colline largamente disseminati sulla della bambagia, ma l’olio, ed il vino, non son derrate sua superficie dal nord al sud e verso l’ovest. Al scarse nemmeno. confine con la Bruzia [attuale Calabria], innalza le Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 63

più alte cime, ed attraversa tutta quest’altra regione agrumi nelle parti più meridionali e sulle spiagge […]. Un altro ramo fra Banzi e Venosa dirigendosi dei due mari». verso est […] fino al capo Iapigio [in Puglia]. Le più alte cime dei monti lucani sono il Dolcedorme Da: ANGELO BOZZA, La Lucania …, 1888, del Pollino al confine con la Calabria, ed il Papa del pp. 41-47. Sirino di Lagonegro i quali oltrepassano i 2000 me- tri; i più famosi però sono il Vulture presso Melfi, e l’Alburno di Postiglione. […] Tante montagne e colline […] generano vallate multiformi ed acque «Nel caso della Basilicata […], oltre ad essere correnti senza numero, che scorrono per esse e si lambita dall’Ofanto, la regione è solcata in senso riversano nei mari circostanti. Moltissimi sono i perpendicolare da cinque fiumi, e principali tribu- nostri fiumi; Sboccano [sic!] nel Tirreno il Silaro, tari, sfocianti nello Jonio: il Bradano col Basentello; il Salso, il Franco, la Iungarella, il Lento, la Molpa, il Basento con il Camastra; il Cavone o Salandrella; il Mengardo, il Lao o Laino. Sboccano nel [sic!] l’Agri con il Sauro e il Sinni con il Sarmento. Di Ionio, il Cochile, il Ravanello, il Sinni, l’Agri, la questi, il primo è fin dal nome una tipica fiumara. Calandrella, il Basento ed il Bradano. Il solo Ofan- Gli altri, pur presentando un apprezzabile volume to sbocca nell’Adriatico. Sono poi affluenti del Si- d’acqua, sono a carattere torrentizio con lungo trat- laro, il Negro ed il Calore; affluente dell’Ofanto, to alluvionale in prossimità della foce. Risultano l’Olivento; ed affluente del Sinni il Serapotamo. quindi interessati da piene che vanno dall’autunno […] Pochissimi laghetti offre la regione nostra, e alla primavera con periodi di massima che rispec- sono: il Lagopesole sorgente dal Bradano a 500 chiano l’andamento pluviometrico delle stagioni. Le metri di altezza sul livello del mare […]. Seguono magre ricadono di norma da luglio a settembre, si i due laghetti del Monte Vulture, già crateri di que- estendono da giugno ad ottobre e possono compren- sto vulcano, […]. Il quarto è quello di Lagonegro. dere maggio e novembre. Le piene sono poi tipiche Succedono quelli di Palo, dell’Abate e di S. Maria. dei fiumi pluviali, […] che portano ad una rapida Ultimo è il piccolo laghetto di Calciano. […] Il cli- raccolta delle acque, con piene brevi e impetuose. ma è assai variabile, oscillando dal fitto inverno al Il regime torrentizio dei fiumi, […] è la causa pri- colmo della state [sic!], a seconda delle differenti ma dell’imperversare della malaria, piaga endemica altezze e venti dominanti […]. Quindi nelle parti delle province meridionali. […] Questo immane fla- montuose e mediterranee, cade abbondante la neve, gello si riflette nella sua portanza non solo sull’anda- e vi dura a lungo col gelo, e si risente freddo inten- mento demografico e sullo stato fisico delle popola- so nell’inverno, si gode una deliziosa està [sic!]: al zioni, ma sugli stessi cardini di strutturazione socio contrario nelle pianure del [sic!] Ionio, l’inverno è – produttiva. Certo il latifondo […] trovato nell’im- mitissimo, e l’estate riesce assai penosa per caldo perversare della malaria un’ulteriore forza coesiva e la sete e per giunta la malaria. […] Venendo ai che ha concorso a renderlo pressoché invulnerabile prodotti agricoli […] è la nostra regione adatta a a qualsiasi spinta innovativa. […] Il secolare stato ogni genere di coltura; vi si coltivano benissimo malarico delle campagne interveniva a condiziona- i cereali, i legumi, la frutta, l’ulivo e la vite. Gli re anche un secondo e non meno importante fattore, 64 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

quello corografico, caratterizzato dall’aggregazione e il Siri che nascono dalle viscere di quel gruppo di di grossi – in relazione alla densità regionale – centri monti. […] Calcari sono le vette del Sirino, e nel urbani, l’ubicazione dei quali è la riprova del peso calcare sono incastrati ciottoli di silice piromaco, esercitato dalla malaria nella sedimentazione se non ma le basse falde di esso, e gran parte delle colline nella determinazione dei processi insediativi». di questa regione sono di schisti argillosi ferriferi, e di diverse rocce di transizione che si danno la mano Da: MICHELANGELO MORANO, Storia di con quelle [..] di Lagonegro e del Vallo di Novi. una società rurale…, 1994, pp. 8-9. Spingendo innanzi il cammino, e per contrade più mediterranee inoltrandoci, […] il calcare strati- ficato si mostra nuovamente dappertutto. Prolungasi […] da Lauria sino al principio del Vallo di Cosenza. «Dalla regione montana settentrionale facile è Il monte Pollino sul confine di quella regione spande il passaggio alla regione centrale [in corsivo nel le sue […] diramazioni verso la Basilicata al Nord, testo n.d.a], per i monti Alburni, che riuniscono la e verso la Calabria al Sud. […] Calcare è il Pollino catena degli Appennini del Principato Citeriore a con tutte le sue dipendenze. […] quelli della Basilicata. La montagna di questa vasta A rendere compiuta la rivista de’ monti della provincia l’attraversano per tutte le direzioni, le più regione centrale, uopo è retrocedere verso l’inter- cospicue branche di esse si dirigono dal Nord-Ovest no della Basilicata, ed osservare i bassi monti che al Sud-Est, elevandosi più presso il Tirreno che sul all’Oriente sulla limitrofa provincia di Terra di [sic!] Jonio. Le montagne della regione centrale ap- Otranto si estendono, e legansi alle murgie della pro- partengono quasi esclusivamente a questa provin- vincia di Bari. La geologica composizione di questi cia [quella di Basilicata n.d.a.]. La calce carbonata bassi monti rileva da depositi sottomarini di poco stratificata ne compone la maggior parte. Questa antica formazione. Essi sono perciò generalmente formazione si prolunga fino a Casalnuovo a dodi- composti di un tufo conchiglifero tenero e fragilissi- ci miglia da Lagonegro. Da quel punto si presenta mo. Le acque dell’Adriatico, che altre volte copriro- lo schisto argilloso ferrifero, che variamente modi- no quelle basse contrade, manifesti indizi della loro ficato si estende per gran parte di quella regione. presenza han lasciato nella salina qualità de’ terreni A mezza strada tra Lauria e Lagonegro ricompari- della Daunia, su quali facilmente fioriscono i muriati sce il calcare, ma esso presenta notabile diversità ed i nitrati terrosi ed alcalini. Nella stessa pianura da quello dianzi descritto; giacché appartiene alla del Tavoliere, scavando pozzi a poche tese di pro- calce carbonata compatta bigia con venature di cal- fondità non se ne ottiene che acqua salmastra. […] ce lamellare bianca. Questa solidissima roccia, di Dai monti della Basilicata traggono origine il cui al presente si rivestono tutt’i ponti della nuova Basento ed il Bradano, che bagnano la parte orien- strada di Calabria, annunzia la vicinanza dei monti tale di quella provincia, e si scaricano nel Golfo di primitivi. […] Taranto». Dalla cima del Sirino, che figura tra i più elevati monti di questa regione, bello è il vedere il corso Da: MICHELE TENORE, Cenno sulla geografia de’ due principali fiumi della Lucania l’Acri [sic!] fisica e botanica…,1827, pp. 10-15. Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 65

«Il clima di queste contrade [Principato Citra, Le frutta gentili di ogni genere son quasi in tutti i Principato Ultra e Basilicata] è vario secondo i siti. Ma i prodotti principali della terra di questa luoghi e la natura della superficie. Nella parte del provincia sono i cereali, ed i pascoli naturali sia Principato citeriore che confina con la provincia di ne’ boschi sia su i monti e su le colline senz’alberi. Napoli e col mare è dolcissimo; è caldo, in quel Produce la Basilicata forse il miglior frumento del sito di Basilicata che tocca il seno Tarentino: ma regno, e specialmente i grani teneri e bianchi; gran generalmente parlando, il rigore del verno [sic!] copia di orzo, poca avena perchè poca se ne coltiva, si sente meno nella provincia di Salerno [tranne la segala in abbondanza ne’ siti montuosi, frumentone parte ingombra di alti e spessi monti] e in quella in ogni luogo, eccetto che in quelli più vicini alla di Avellino: e meno in questa che nella Basilicata, provincia di Lecce con cui confina, ed al mare, ed perché quest’ultima è più montuosa della seconda, in quella parte del piano di Venosa ch’è limitrofa e la seconda più della prima. […] alla Capitanata. La disposizione del territorio di Basilicata rende questa provincia acconcia a quasi tutte le produzio- Da: LUIGI GRANATA, Economia rustica per lo ni delle quali è capace il suolo del regno di Napoli. regno di Napoli…, 1835, pp. 39-41. Nelle pianure in riva al [sic!] Ionio coltivasi con successo la bambagia [il cotone n.d.a.], la regoli- zia [la liquirizia n.d.a.], e vivono bene gli agrumi. La coltivazione del tabacco vi era quasi universale «[…] il fattore dominante in una società rurale prima dello stabilimento della regia, e primeggiava va comunque riferito al complesso [rapporto] suolo- l’erba santa di Avigliano. Pochi sono i gelsi […] clima. Se il primo variava con la composizione chi- ma pochissimi sono i siti dove non potrebbero pro- mica e il secondo in rapporto alle zone altimetriche, sperare; le api vi starebbero assai bene, ma que- è soprattutto nel carattere subarido di quest’ultimo sta utilissima e dilettevole industria vi è negletta! che va individuato il principale ostacolo ad una ge- Il canape vi si coltiva in ogni luogo ma non basta nerale riconversione produttiva. […] la siccità si a’ bisogni della provincia: la coltivazione del lino pone quindi quale fattore fisico insormontabile ai vi è scarsissima quantunque molti siti potrebbero fini di un radicale rinnovamento delle tecniche col- darlo eccellente. Non v’ha quasi comune che non turali. [Infatti] la siccità estiva e l’eccesso di piovo- sia provveduto delle sue vigne: ed i terreni di Mon- sità iemale ne limitavano i vantaggi […], se non in talbano, di Pisticci, di Tursi, le colline poste appiè tutto, le generali aspettative. Anche sotto questo ri- [sic!] del Vulture dalla parte orientale composte di guardo [rapporto intensità-durata dell’azione solare materiali vulcanici lo produrrebbero eccellentissi- ai fini dello sviluppo vegetativo] l’eccesso di luce, mo se si usasse un poco di arte nel manifatturar- quindi di calore, determina fra l’altro uno spreco lo, mentre anche oggi il vino di Rionero, di Barile, d’acqua, elemento carente nelle campagne meridio- di Rapolla, di Ripacandida, di Maschito abbenchè nali. Perfino nella cerealicoltura l’intensità luminosa [sic!] fatto senz’alcuna diligenza è pure uno de’ risulta nel Mezzogiorno superiore all’optimum [cor- migliori del nostro paese. Gli oliveti sono pochissi- sivo dell’autore] delle piante, dato dalla luce tenue mi, ma l’olio in generale è fino e di ottima qualità. e diffusa delle giornate nuvolose o piovose ma cal- 66 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

de. [...] la maggiore erogazione di energia calorica tendo di raccogliere, con le poche spese di semina e si risolverebbe in danno per mancanza di umidità. quasi senza lavoro, abbondanti cereali […]». […] Nell’insieme, queste componenti costituivano per l’agricoltura meridionale altrettanti coefficienti Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. 30. ostativi, atti a spiegare tanta parte delle defettività […] [e] la secolare arretratezza del Mezzogiorno».

Da: MICHELANGELO MORANO, Storia di «[La] distruzione dei boschi […] causa modifica- una società rurale…, 1994, pp. 11-14. trice della realtà [della Basilicata] […] non è semplice riduzione dello spazio occupato dalla foresta, secon- do una versione storicamente indeterminata che an- che il pensiero meridionalistico ha talora contribuito «L’attività sismica […] contribuiva […] a far ad accreditare. […] Il fenomeno ha il suo pieno e gi- nascere ad accelerare un altro fenomeno catastro- gantesco svolgimento a cavallo fra la metà del secolo fico di alcune regioni del Mezzogiorno: le frane. Lo XVIII e il primo cinquantennio del secolo successivo. scorrimento a valle del terreno, lento o repentino che […] Non è un fenomeno esclusivamente meridio- fosse, […] segnava profondamente la vita di mol- nale [e lucano]. In quei cento anni si dibosca un po’ te comunità, soprattutto appenniniche, del Mezzo- ovunque, in Italia: non è che il capitolo di un proces- giorno […] ma soprattutto della Basilicata; le frane so di straordinaria portata che investe in vario modo coinvolgevano talora direttamente gli insediamenti l’intera Europa occidentale. […] Come ha mostrato umani, impedivano costruzioni viarie più rapide, il S. Van Bath, nel suo splendido affresco di storia com- ripopolamento dei fondi valle». parata, nella vicenda agraria dell’Europa medioeva- le e moderna ogni fase di prosperità [che è poi ogni Da: PIERO BEVILACQUA, Terre del Grano…, congiuntura di alti prezzi globali e di incremento 1992, p. 11. demografico] porta con sé l’allargamento dell’area di coltura, il dissodamento di nuove terre, il taglio o l’incendio dei boschi».

«I disboscamenti offrivano ai proprietari facile Da: PIERO BEVILACQUA, Terre del Grano…, modo di realizzare d’un tratto il valore accumulatosi 1992, p. 26. da secoli, mentre l’avidità del lucro immediato e la grandissima estensione dei boschi, creduta intermina- bile, distoglieva il pensiero dagl’incalcolabili danni che ne derivavano alla pastorizia. «Dopo la legge forestale del 20 giugno 1877 su La legge forestale del 1877 parve porre un freno; 343,912 ettari ne furono svincolati e disboscati per tuttavia dopo di essa si disboscarono in Basilicata ol- 137,819, ma la distruzione della corona dei monti tre 137.000 ettari di boschi. Le terre disboscate offri- data da tempo più antico, poiché dal 1861 in poi si vano nei primi anni una feracità portentosa, permet- accentuò senza norme regolatrici la dissodazione dei Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 67

beni demaniali-comunali. Che immensa ricchezza «Devesi considerare come parte del bacino della distrutta! E quali disastrose conseguenze! Industria Basilicata sul Gionio [il mar Jonio] lo spazio compre- armentizia fiorente ed ora presso che finita. Monti e so tra i corsi del Bradano e del Lato. Dall’altra parte piani saldi e ora franati; torrenti prima inesistenti ed della costa convien seguire il confine della Basilicata ora senza freno e devastatori; aria prima purissima e con la Calabria citeriore il quale si distende lungo il ora malsana; abbondanza di piogge con la loro benefi- corso del fiume di Canna; e per conseguenza secondo ca influenza e conservazione di acqua, ed ora disturbi una tale confinazione la costa dell’anzidetto bacino e cambiamenti atmosferici nocivi all’agricoltura ed ha la lunghezza di 5a [50 n.d.a] miglia. Finalmente acqua inquinate e mancanti». immaginandosi tirate le linee dalla foce del Lato a Castellaneta, da Castellaneta a Montepeloso [oggi Ir- Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, pp. sina], da Montepeloso a Francavilla e da Francavilla 49-50. alla foce del fiume di Canna, il poligono che ne risulta della superficie di 1200 milia quadrate in circa, com- prende la parte più fertile del bacino della Basilicata sul Gionio [sic!]. «I fiumi senza ritegno occupano un chilometro e I quattro fiumi principali Bradano, Basente sic![ ], più, portano via interi poderi senza che si tenti neppu- Agri e Sinno intersegano il descritto bacino, e le loro re di difenderli; alla foce coprono di ciottoli larghez- valli […] generalmente ampie, si dilatano per alcuni ze sterminate, e quando sono a pochi chilometri di tratti, e specialmente presso la costa, in estese pianure distanza gli uni dagli altri, confondono i loro sassi e signoreggiate da colline poco rilevate e di dolci pen- formano piccole pianure di pietra e di sabbia; le cam- denze. In questa vasta regione l’industria dell’uomo pagne sono deserte di case coloniche, i contadini ac- non avendo fatto mai nulla per regolare il corso del- catastati nei luridi paesi, sono costretti a perdere metà le acque, le valli e le pianure sono quasi da per tutto della giornata o della notte per andare al lavoro. soggette all’infezione delle acque stagnanti. A questa Alla vista di quella desolazione, il forestiero è cagione vuolsi principalmente attribuire l’essere tutt’i tentato di credere che in quel paese, ogni anno dopo comuni situati su l’alto dei colli ad una distanza con- il raccolto, avvenga qualche grande sciagura, qual- siderabile dalle terre le più ubertose. Molto più infette che invasione, qualche conquista che tolga i frutti sono le pianure adiacenti alla costa, nelle quali altra di tutto il lavoro dell’anno ed impedisca di mettere volta fiorirono le cospicue città di Metaponto, di Era- nulla da parte per migliorare i campi, per togliere la clea e di Siri. febbre;oppure che da secoli e secoli i raccolti cattivi si Quelle campagne tanto rinomate per la loro ferti- siano seguiti senza tregua […], oppure che il quel pa- lità ora sono affatto deserte, ed i comuni men lonta- ese viva una qualità di uomini speciale, che, in mezzo ni dalla costa per la distanza di 10 in 12 miglia sono a terre coltivate, abbia conservato l’imprevidenza dei quelli di Castellaneta, Bernalda, Montalbano e Tur- selvaggi delle praterie d’America […]». si. […] La bonificazione delle valli de’ fiumi i cui letti Da: LEOPOLDO FRANCHETTI, Condizioni hanno considerabile pendìo, e delle pianure ad esse economiche ed amministrative…, 1875, p. 64. contigue, non può richiedere opere difficili e di grave 68 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

spesa, poiché facilmente si può dare scolo con brevi «L’insufficienza di dati statistici e di documenti canali a’ terreni palustri, o questi si possono colmare ufficiali impedisce di stabilire con precisione quali con le torbide che menano seco i fiumi stessi. Molte fossero le condizioni economiche di Basilicata, an- bonificazioni si opererebbero e si conserverebbero teriormente all’unificazione della Patria. per effetto di un’industriosa coltura, e per l’osservan- Molti scrittori del tempo, sull’ex-reame delle za di un regolamento di polizia rurale che imponesse Due Sicilie, ci ricordano la vita di quelle provincie a’ proprietari l’obbligo di badare agli scogli de’ ri- [sic!] che […] bastavano a loro stesse, con mezzi spettivi fondi e di mantenere netti i fossi, e che vietas- sufficienti a soddisfare gli scarsi bisogni ed a per- se rigorosamente gli abusi che potessero apportare al- mettere e accumulare risparmi. […] terazione al corso delle acque. Né molto difficile può Il benessere materiale era grande per chi sapeva riuscire la bonificazione della zona delle terre piane contentarsi di una vita modesta e tranquilla. […] A in riva al mare che ha la lunghezza di 3° [30 n.d.a] differenza delle altre provincie [sic!] più vicine alla miglia e la larghezza media di 10. Rispetto alla por- capitale, la proprietà media era maggiormente diffu- zione maggiore ch’è compresa tra il fiume di Canna sa e la stessa nobiltà, scarsa di numero ma ricca di ed il Bradano, le copiose torbide che in tempo di pie- censo fondiario, non rifuggiva dall’attendere all’am- ne trasportano tutti i fiumi che l’intersegano, sareb- ministrazione delle proprie terre. bero atte a colmare nel giro di pochi anni gli stagni Ogni famiglia ritraeva dal fondo quanto occorre- ed i terreni palustri giacenti presso la costa. I canali va al proprio sostentamento; il superfluo vendevasi medesimi che servirebbero per le colmate, sarebbe- localmente nelle fiere o nei mercati vicini. Il piccolo ro utili per le irrigazioni, che per l’abbondanza delle proprietario non rifuggiva dal prestare giornate nelle acque si possono estendere nelle vaste pianure delle terre altrui. L’abbondanza di mano d’opera, spesso valli superiori e della zona adiacente al mare. Inoltre, pagata in natura, permetteva di lavorare bene e pro- in una così grand’estensione di campagne piane di fondamente le terre, mentre in quelle inculte [sic!] un suolo argilloso, se prima ch’esse fossero preparate trovava largo sviluppo l’industria armentizia». per la coltivazione, s’irrigassero nell’autunno con le acque torbide, la belletta mista alla sabbia calcarea Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. 4. che quelle depositerebbero, sarebbe un fecondante concime. In riguardo alla bonificazione della rima- nente parte della zona compresa tra il corso de’ fiumi Bradano e Lato, le diligenti osservazioni locali deb- «La grande proprietà è addensata nei comuni bono indicare gli spedienti più opportuni, qualora le […] sul litorale ionico, le grandi tenute dai 3.000 torbide de’ due anzidetti fiumi non potessero giugne- ai 6.000 ha. dei Berlingieri, dei Ruffo, dei Federici, re [sic!] a colmar gli estesi stagni che vi si trovano». dei Malvezzi. Molti latifondisti risiedono fuori della regione […] come il principe Doria, che visitò una Da: CARLO AFAN DE RIVERA, Considerazio- sola volta i suoi possedimenti di Basilicata, o come ni …, 1833, vol. I, pp. 224-228. il barone Berlingieri, cupa figura di feudatario, che si presentava con i suoi ospiti per la caccia al cinghiale nel solo periodo delle festività natalizie, a Policoro, Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 69

seduto sempre a sinistra nella vettura per il timore «[la] Basilicata dominata dal latifondo, spesso di attentati. […] I fittavoli pagano annualmente al confuso con la grande proprietà terriera e che in- barone Berlingieri 7.400 quintali di grano, fra duro vece, come espressione naturale, e quale cardine e tenero. Un terzo del [“feudo”] è seminativo; un se- di strutturazione sociale, rimanda a una serie di fe- sto a colture arboree pregiate: oliveti e agrumeti; un nomeni pregressi, dalla lunga durata; la lontananza sesto a pascolo; il resto è paludoso e sterile. Vi lavo- dei siti insediativi; le vaste superfici nude o quasi rano in maniera stabile 210 salariati fissi, che vivono di vegetazione arborea e prive di corsi d’acqua; la in bianche casupole ai piedi del castello baronale; mancanza di una rete viaria e, per giunta, l’imper- ma da ottobre a maggio, dalle montagne lucane o versare della malaria […]. E’ in tale processo cu- calabresi, dalla Puglia, arrivano dai 1.000 ai 1.200 mulativo, e perciò storico [corsivo dell’autore], che avventizi. Migliaia di capi di bestiame _ soprattut- va ricercata l’origine plurisecolare del latifondo. La to ovini e caprini, ma anche ovini e suini, oltre ai persistenza o, peggio, l’aggravio di tali condizioni bufali _ nel periodo estivo monticano nei boschi di spiega la tenacia con la quale ha potuto resistere ai Castelsaraceno, di Moliterno, di Lagonegro. La pro- reiterati attacchi cui è stato sottoposto. Non a caso duzione annua è di 20.000 quintali di grano duro; non è valsa a sradicarlo l’eversione della feudalità, di 60 quintali di pecorino; 90 di provoloni; 30 di ri- in una con l’incameramento e l’alienazione dei beni cotta; 2.227 [?] di liquirizia. Qui si produce per il ecclesiastici e con le ripartizioni demaniali». mercato». Da: MICHELANGELO MORANO, Storia di Da: NINO CALICE, Lotte politiche e sociali…, una società rurale…, 1994, p. 15. 2008, pp. 56-57.

«Lagonegro è situato nel centro di un bacino di «Il latifondo cerealicolo così come lo conosciamo monti, in mezzo de’ quali scorre il Torbido, giusta- dalla letteratura otto-novecentesca, non era solo il tar- mente così chiamato per le acque limacciose e bru- do retaggio del passato, non costituiva tanto l’ibrido ne che trasporta. L’antico paese era secondo il solito prodotto della troppo lenta dissoluzione di vecchi rap- fabbricato su un erto monte, ove rimangono tuttora porti pre-capitalistici [quanto] un vero e proprio siste- diverse abitazioni, e la Chiesa comunale. Con miglior ma […] inseparabile dal peculiare assetto territoriale consiglio successivamente il paese è venuto a stabilir- che esso stesso era venuto producendo, e in cui ave- si nell’alto piano che attraversa parte di questa valla- va finito con l’assestarsi, fra l’ultima metà del secolo ta; cosicché al presente gode di più amena situazione XVIII e la prima del secolo successivo». in un luogo piano, decorato di vasta piazza, e di molte moderne abitazioni. Da: PIERO BEVILACQUA, Terre del Grano…, La natura di questi monti è tutt’altra di quella della 1992 p. 42. limitrofa provincia di Principato Citeriore […]. [I monti] sono principalmente composti di schi- sti argillosi, e le colline ad essi addossate son quasi 70 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

tutte di vere argille. I terreni, che loro sovrastano non notabilmente più elevata di Lagonegro, benché più sono perciò i più felici per l’agricoltura, e la situazio- meridionale, dimostra che i nuovi saggi dovrebbero ne istessa [sic!] del paese rendendone il clima rigido farsi per provare a far crescere l’albero di Minerva per gran parte dell’anno, ne accresce la sfavorevole anche su i monti di quel Capoluogo. […] condizione; malgrado ciò, il contorno di Lagonegro Prima di Lauria, passiamo altra acqua […]. Quivi è coltivato dappertutto, e ad eccezione degli ulivi, si è rifatto di fresco un ponte di legno con teste di pon- che difficilmente vi allignano, non vi mancano vigne te ed argini in pietra da taglio. Pittoresca è la veduta e colture di cereali e di ortaglie, i frutti a nocciulo della cascatella, che da varii punti del monte di Lauria [sic!] vi scarseggiano e solo vi riescono le ciliegie. si precipitano sulla sottoposta valle, a vista di quel vil- Abitando un suolo ingrato, questi cittadini si sono laggio: animando diversi molini, o riunendosi in va- perciò rivolti alla pastorizia e alle manifatture. Oltre a sche, ove buona mano di valide e ben fatte contadine 30,000 pecore compongono la massa della pastorizia viene ad attingere acqua, o a lavar pannilini [sic!]. di questo distretto; per esse conservasi il metodo della Lauria è diviso in superiore ed inferiore: addossato pastorizia errante, e perciò nell’inverno si portano gli alla rupe e quasi inaccessibile è il primo, meno sco- armenti a pascolare lungo le marine di Policoro. Que- sceso e lungo la consolare è il secondo. Due serie di sta industria comincia a rilevarsi dalle perdite soffer- mediocri abitazioni costeggiano la strada, e tra queste te; giacché altre volte oltre a 100,000 pecore forma- notansi diverse botteghe, ove alla rinfusa vendon i co- vano la base della pastorizia di quel distretto. Molto mestibili [sic!] di ogni genere, vino ed altri prodotti. si lavora la lana per fabbricarne panni e cappelli, e di […] Buoni salami possono provvedersi in questo pae- questi due articoli si fa sufficiente commercio anche se, formaggi non già, che si risentono dell’istessa [sic!] fuor del distretto. grossolana fabbricazione di quei della Calabria. Biso- gna eccettuarne i caciocavalli ed i così detti raschi, che Mercoledì 5 luglio sono formaggi di ottima qualità. Oltre al solito pane Alle ore 5 partiamo da Lagonegro; la strada nero, secco e mal fermentato, che ci accompagna da ascende radendo i monti che occupano la parte meri- Eboli, ci siamo per un momento rallegrati, vedendo dionale di questo bacino. […] Dopo un’ora di cam- a vendere altra specie di pane bianco, e d’apparente mino incontriamo folti boschi di cerri. Ne’ luoghi buono esteriore. L’illusione si è dileguata bentosto, dissodati si coltiva la segala. […] Giunti alla vetta perché abbiamo trovato esser questo apparecchiato del monte, piega la strada verso il villaggio detto con pasta bollita, ma non fermentata […]. Bosco. Ivi abbiamo veduto coltivarsi per pastura il Ripigliando la salita per sortire da Lauria, la stra- Lathjrus alatus [si tratta della cicerchia] Ten [Teno- da costeggia la Chiesa comunale [e] continua, attra- re]. La rigidezza del clima di queste contrade è con- versando il territorio di quel comune, tutto ben colti- testata dal ritardo della vegetazione. La , che vato di vigne, ulivi, ed alberi fruttiferi. Abbandonate presso di noi [i viaggiatori sono napoletani n.d.a.] le coltivazioni, di cui le meglio intese son cinte di va in fiore ai primi di maggio qui appena apre i suoi mura, la strada procede per estesi campi di biade, bottoni. Avvicinandoci a questo villaggio cessano i sparsi di castagni e di querce. L’Ononis ologophylla boschi e si trovano campi coltivati con ulivi, fichi, [specie di pianta erbacea n.d.a] ed il Papilio Urtioae grano e lino. La riuscita degli ulivi in questa regione [specie di farfalla n.d.a] hanno accresciuto le nostre Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 71

collezioni [Petagna, Tenore e Terrone], i viaggiatori «Sotto diverse proporzioni, combinazioni e gradi che hanno scritto questa relazione scientifica-diario, di fertilità si presentano nei terreni [della Basilica- erano il primo [Petagna] professore di zoologia e di- ta] le ordinarie sostanze argillose silicee e calcaree rettore del museo zoologico universitario, il secondo più o meno ricche di terriccio. La densità degli strati [Tenore] direttore del Real Orto Botanico di Napoli […] varia […] da mezzo piede a molti di essi: la più e titolare della cattedra di botanica, il terzo [Terrone] alta è in fondo alle valli o nelle pianure aggiacenti botanico n.d.a.] e lungo questo tratto di strada, che il alle falde dei monti. Quasi tutte pendici montuose, lento procedere del legno per quest’aspro monte ci abbassate per cagione delle alluvioni o di altre cau- ha fatto preferire di fare a piedi. […] se fisiche, mandarono colle acque i loro frantumi a Alle due pomeridiane noi siamo nel centro di formar depositi nelle località più basse: non poche di quest’alto piano [è quello del Galdo n.d.a], non gran quelle alture addivennero incolte e nude per l’intem- fatto diverso da quello di Campotenese, e degli al- peranza dei diboscamenti. tri che successivamente s’incontrano, attraversando La coltivazione è quasi totalmente regolata dalle questa catena di monti. Una sorgente di acqua, detta consuetudini passate di padre in figlio. I terreni si la- la fontanella, opportuna per abbeverare gli armenti, sciano nel riposo fino a tre anni con deplorabile non- scaturisce ivi dappresso. Il resto del paese [della con- curanza: mal si adopra l’aratro; si gettano i semi alla trada n.d.a] è denudato di alberi; cosicché dai monti rinfusa, e non si guarda alla scelta dei siti per certe che lo circondano, precipitose scendono nell’inver- piantazioni; alle piante parassite si concede libera no le acque che lo inondano da per tutto. Il suolo per propagazione. Da al fiume Bradano, e essere coperto delle crete che vi trasportano le allu- da Melfi a Maratea, non si incontrano che campa- vioni non è il più felice per la coltura; malgrado ciò, gne trascuratamente coltivate; le acque dei fiumi vi tutto, ne’ siti meno bassi, vedesi seminato di segala e corrono licenziose, gran parte della contrada marit- di frumento, e ne’ siti piani prospera il granone. Tutti tima è ricoperta da stagni e marazzi; più di ogni altra questi campi sono sparsi di tuguri, presso de’ quali quella di Policoro presso la foce dell’Acri [sic!]. ne’ siti più elevati errano greggie [sic!] di pecore. Le proprietà territoriali dividonsi più in grandi Questi tuguri per essere sempre costrutti di fabbrica che in piccole frazioni. Per lo più sogliono darsi i e coperti di tegole, e quasi di fresco imbiancati, fan- campi in affitto a triennii ed a sesennii [sic!] mercè no fede dell’agiatezza de’ loro padroni. […] convenute prestazioni di generi, oppure in società. Lasciato quell’ingrato suolo, ci siamo trovati in Sogliono seminarsi annualmente moggi 576,959 in mezzo a boschi di castagni e di cerri sparsi di colti- grani e granoni; 125380 moggia in orzo e avena; vazioni di biade e lino: […] noi siamo pochi discosti 61,500 moggia in legumi di diverse specie e varietà. da Castelluccio. La strada per un ora circa di cami- I bovi e l’aratro non vengono impiegati che nelle no prima di questo paese, sembra aperta fra continui basse valli, e nei piani aggiacenti alle montagne: al- giardini piantati di querci [sic!], noci, ciliegi, e viti». trove tutti i lavori campestri si fanno con la zappa. In generale la rotazione è triennale; nel primo anno Da: LUIGI PETAGNA, GIOVANNI TERRO- maggese, nel secondo granaglie; nel terzo granaglie NE, MICHELE TENORE, Viaggio in alcuni luoghi in terre forti, oppure segale, orzo ed avena nelle leg- della Basilicata…, 1827, pp. 28-35. geri [sic!]. Circa una terza parte dei terreni coltivati 72 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

resta ogni anno in riposo, ad eccezione di alcune consumano dagli abitanti; a cinquecentoventimila contrade ove provvidamente non si lascia inope- quei che si seminano; a trecentottantamila il sopra- rosa. Nelle maggesi si semina il frumentone, ed in vanzo che si estrae per Napoli e per le coste di Amal- mezzo alle sue piante si spargono fagioli, molti per- fi. Avvertasi che la classe indigente fa gran consumo dendone. di granone e di segale. Nei terreni concimati e lavorati zappa il prodotto La coltivazione della bambagia [cotone n.d.a] delle granaglie è maggiore che in quelli rivoltati con forma ricco oggetto d’industria in molti circondarj l’aratro e non ingrassati. Nei primi, se sono pianeg- [sic!]; soprattutto nei luoghi marittimi, e nelle vi- gianti o marittimi, ogni misura di sementa ne produ- cinanze del golfo di Taranto ove è sciolto e grasso ce sino a dodici negli anni fertili; dieci nei mediocri; il terreno. La maggior quantità e bontà di questa otto negli scarsi: e se quei campi sono montuosi, le raccolta si ottiene nelle tenute di Montescaglioso, annue raccolte sogliono estendersi dai cinque sino ai Tramutola, Ferrandina, Salandra, S. Mauro, Craco, nove per uno. Nei campi poi che furono solamente Grassano, Bernalda, Grottole, Pomarici [Pomarico], arati, la massima raccolta è di otto per uno, di quat- Tursi, Santarcangelo, Stigliano e Montepeloso [oggi tro n’è la minore. Irsina]: quando le piogge non scarseggiano, l’annua I terreni più ricchi in granaglie si trovano verso il raccolta suole ascendere a mille cantara. Mare Jonio: quelli che producono le migliori specie, La sementa del lino e della canapa viene fatta sono in S. Mauro, in Stigliano, in Craco, in Salandra, con cura più speciale nei distretti di Potenza e di La- in Montalbano, in Potenza, in Avigliano, in Oppido, gonegro, che in quei di Melfi, e di Matera: annual- in Acerenza, in , in Pietrafesa [oggi Satriano mente se ne sogliono fare 6000 cantara del primo di Lucania], in , in Vignola [oggi Pignola], in e 5000 della seconda; Tursi e Tramutola vantano il Gorgoglione, in S. Quirico [oggi S. Chirico Nuovo], vino migliore. L’industria dei filugelli [bachi da seta in , in Genzano. La media annua può desu- n.d.a.] è praticata in poche località; tra queste si di- mersi dal prospetto seguente: stinguono S. Mauro, Carbone, Chiaromonte, Teana, ed : la media raccolta giunge raramente alle Grani diversi moggi 2,635,255 1000 libbre di seta. Granone “ 175,036 Per lo più le vigne sono coltivate in terreni tufa- Orzo “ 280,412 cei e talvolta in argillosi-calcarei: le viti si sosten- Avena “ 395,733 gono con palme o piccoli pali, legandole ad essi in Fave “ 935,544 forma piramidale. Negli anni di media raccolta si Fagioli “ 35,289 ottiene più di 1,200,000 barili di vino; e questo non Piselli “ 38,608 invidierebbe la qualità vantate dagli stranieri, se fos- Ceci “ 53,106 sero adoperate le debite cure enologiche. I petrosi Lenticchie “ 54,477 colli vicino a Maratea danno vini spiritosi e delica- Cicerchie “ 49,284 tissimi: sono assai bianchi anche quelli di Montalba- no, Pisticci, Marsico-Vetere [così nel testo origina- Ascendono ordinariamente ad un milione e set- le], Cirigliano, Ferrandina, , Pietrafessa tecentomila tomola i grani di diverse qualità che si [oggi ], Chiaromonte, Maschito, Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 73

Barile, Melfi, Senise etc. Il più vigoroso e quello che Avanti la proibizione il tabacco, specialmente in raccogliesi sulle falde del Volture [sic!]: dicesi che Senise, dava vistoso profitto, poiché da un campo quando si ripone nelle botti vi si getta un poco di della superficie di un moggio si ricavava il frutto di acqua auctoritate Praetoris, pur nondimeno non po- circa cento ducati. In certi terreni leggeri e aridi na- trebbe bevesi [sic!] senza aggiungerne altra ancora. sce spontaneo lo zafferano, ma non se ne ha veruna In Ferrandina ed in Melfi si fa un moscado [sic!] di cura. Gli aviglianesi potrebbero trarne notabile par- ottima qualità. tito. Il rosmarino, il timo ed il serpillo vegeta da per In pochi comuni si trovano vaste piantazioni di tutto: ove si tengono api, si ottiene perciò odoroso olivi: occupano terreni siliceo-argillosi sulle pendici ed ottimo miele. esposte a levante e a mezzodì. Entrano in fioritura La Basilicata più di ogni altra Provincia del Re- sul cadere di Aprile; è raro che in Giugno non sia gno è ingombra di boschi di alto e basso fusto. Ogni terminata. Nei forti calori estivi la siccità, le nebbie, specie di alberi e di arboscelli vegetano ivi benissi- il soffio impetuoso di certi venti, gli insetti fanno ca- mo. Nelle contrade di Accettura, Oliveto, Garagu- dere una gran parte delle olive. Quando la loro rac- so e Salandra, danno gli orni trenta cantara circa di colta non è contrariata da quelle ed altre cause, se ne buona manna. Gli abeti non sono molti e latamente sogliono mettere insieme 50,000 staja circa: l’olio [sic!] disseminati; scarseggiano altresì di pece. So- che se ne estrae, è per conseguenza molto inferiore prabbondano invece di ghiande e faggiole le querce ai consumi; per supplire ai quali se ne provvede nei e i faggi. I legnami da ardere sono in quantità di gran distretti limitrofi del Principato, della Calabria e di lunga superiore ai bisogni della popolazione. Terra di Otranto. L’olio di migliore qualità si ottiene Nella vasta estensione delle pendici e cime mon- nei territorii di , Vietri, Potenza, Balva- tuose trovano le mandre [sic!] in ogni tempo fresca no, S.Arcangelo, Marsico nuovo [sic!], Gallicchio, e abbondante pastura. Ove più ove meno, sono dap- , , Ferrandina, Melfi, Maratea, pertutto buone erbe ed i fieni naturali […]. Nel 1824 Roccaimperiale [Rocca Imperiale, oggi in Calabria]. fu compilato il seguente prospetto degli animali do- Gli alberi da frutta sono ovunque, e ne sommi- mestici di questa Provincia: nistrano di buona qualità; in alcuni territorii sono squisiti. Le pesche, volgarmente dette percoche, di Pecore Capi 503,196 Montalbano, i fichi di S. Arcangelo, Missanello, Pi- Capre “ 101,742 sticci, Ferrandina e Tursi, e i frutto d’inverno di Car- Vacche “ 23,979 bone, Castelluccio, Rivello, Teana e sono Bovi “ 32,749 di ottima qualità: a Roccaimperiale è molto propaga- Majali “ 168,383 ta la coltivazione degli agrumi. Tutte le popolazioni Cavalli “ 8,960 soprabbondano di piante ortensi: la coltivazione del- Muli “ 3,711 le patate si è talmente aumentata in vari luoghi, da Asini “ 16,053 formare il cibo giornaliero delle famiglie povere. Le piante ombrellifere del coriandolo e dell’anicio sono Vere razze di cavalli non esistono: scarso è il indigene di vari terreni, ma in altre si coltivano con numero delle giumente gentili, le quali però danno molto guadagno. buoni e forti poledri [sic!]. Il maggior numero di ca- 74 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

valli si trova nei territori di Potenza, Matera, Fer- conoscere come ben un quarto sia di strade o sentieri, randina, Venosa, Forenza etc. Per la massima par- d’alvei a torrenti e fiumi, di sodaglie, rocce e paludi. te questi animali sono destinati alla trebbia ed altri Altrettanta superficie tolgono alle coltivagioni sic![ ] servigi [sic!] campestri. Hanno i bovi una notabile le macchie boscose: un ottavo il pascolo degli armen- bianchezza: sono reputati i più grandi di ogni altra ti: forse il doppio la incuria umana, tal che terreni parte del Regno: i migliori nascono e si allevano vergini di aratro e di marra null’abbiano offerto mai nelle campagne di Potenza e Avigliano. I formag- all’uomo che nulla loro chiese: il restante, appena un gi pecorini e vaccini riescono di eccellente qualità: terzo dell’ampia regione è volto a vigne, oliveti, se- ignorasene [sic!] la quantità media annua: ricercati menta varie e lini. Onde un solo ettare [sic!] di suol assai sono quelli di Potenza, di Craco, di Avigliano, ferace per ogni abitatore: e da quello il frangersi de- di Muro, di Tursi, di Marsico Nuovo, di Pietragalla, gli omeri o l’acque irrigatrici, o la ubertà del suolo, di Montescaglioso, di Pomarica [sic!], di Tito. La o la clemenza del cielo, han da trarre cibo bastevole. raccolta annua delle lane, buone e mediocri, ascende Ma la virtù del terreno non sovviene, mercè di bo- a 15,000 cantara circa. nifici o migliorie, quella che pure è scienza l’agri- I pollami sono in grande abbondanza, di molto coltura: il suolo squarciato dal sole meglio che dalla pregio ed a buon mercato». marra: l’aratro gli è quel di Trittolemo [secondo la mitologia a lui Demetra insegnò l’arte dell’agricoltu- Da: ATTILIO ZUCCAGNI ORLANDINI, Coro- ra]: la irrigazione gli viene dal cielo: eppure vi spic- grafia…, 1845, pp. 461-468. ciano sorgenti purissime e scorrono per ogni dove; ma scorrendo squagliansi, non irrigano: meno anco- ra salgono o scendono a’ paesi. Niun esempio dalla «Fra ruderi di travolgimenti onde nabissarono creazione in poi, a meno dell’età in cui prosperò la [sic!] gioghi di monti e valli incurvarono il dorso, Magna Grecia, di opere intese a prosciugare i piani fra gli orrori della distruzione e l’incantesimo delle sommersi, disseccare i paludosi, allacciare le acque, cose create, alternansi le maggiori varietà di superfi- riporle in rivi, volgerle a fecondità di campi o ricolti: cie. Sovra di quasi undicimila chilometri quadri, un onde l’agricoltura più che un’industria è un’impresa, sol’ottavo è di piano: due terzi a colli, a’ pendii: un un’avventura d’incerto successo, un giuoco nel quale quinto di giogaie montuose, sovrastanti a bassure e le carte le tiene Iddio e vince il puntatore se quei fa precipizi nefari [sic!]: il Lagonegro, più ch’altro de piovere ed a tempo.[…] Mutano poi dall’uno all’al- circondari, ne ha irto o squarciato il petto, ond’ap- tro de’ circondari le culture e le industrie dei campi. pena un ventesimo della ampiezza sua è pianura, un Primeggiano nel Materano, come il meno alpestre, decimo colline: in quella vece ben mezza della su- biade e uliveti: la vite inghirlanda i colli e gli scarsi perficie piana allieta quel di Matera, ha vaghezza di piani del Potentino. Nel Melfese e nel Lagonegro irti colli ubertosi: solo penuria, ed è di sua ventura, di di boscaglie e gioghi vi hanno piuttosto segni di cul- inospitali cigli e balze e frane. Melfi e Potenza con ture che larga cultura». varia ragione tramezzano quegli estremi. Li prodotti seguono la varietà della cultura: le Da: ENRICO PANI ROSSI, La Basilicata, 1868, culture quelle della superficie. Della quale valga il pp. 28-30. Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 75

«La politica commerciale iniziata da Cavour, e conformazione fisica del paese, montuoso al centro, che ebbe la sua sanzione nel trattato del 17 gennaio privo di porti naturali alla marina, rendeva difficili 1863 [stipulato con la Francia], favoriva l’agricol- le comunicazioni e il commercio interno ed estero, tura: Ed un paese essenzialmente agricolo, come la sembrava che la fertilità del suolo, il gran valore di Basilicata, non poteva non risentirne. Nel movimen- alcuni suoi prodotti […] avessero a dare tanta ric- to di larga esportazione di materie prime che l’Italia chezza di avanzo […] e promettessero tali guadagni praticava, non poteva certo la Basilicata pel difetto in compenso, da spingere all’opera i proprietari più di comunicazioni concorrere nell’istessa [sic!] mi- inerti, i capitalisti più timidi. sura e con profitto uguale d’altre regioni più favo- Oggi le condizioni dell’agricoltura sono mutate rite: tuttavia grano, lana, formaggi, legname, be- di poco fuorché in parte dei luoghi dove possono stiame, vino, olio, frutti secchi che per loro natura prosperare facilmente le colture arboree, agrumi, non richiedono rapidi trasporti, venivano largamente ulivi, fichi, viti, con spesa d’impianto piccolissima esportati, mentre i cereali inferiori ed i legumi servi- in confronto del prodotto; le terre o sono incolte, pa- vano più particolarmente al parsimonioso consumo stura incerta al bestiame grosso o minuto che vaga locale. Soprattutto poi la Basilicata non risentiva la all’aperto giorno e notte, in ogni stagione, oppure concorrenza delle altre provincie [sic!] le quali tro- sono coltivate a cereali e a civaie, qualche volta a vavano nei mercati esteri soddisfacente impiego ai cotone, ed allora sono grattate con aratri il cui vo- loro prodotti. Né i nuovi bisogni della civiltà […] mere, lungo 30 o 35 centimetri, è largo alla base 8 o ancora allontanavano dalla terra una popolazione 9 centimetri. cresciuta nella parsimonia e nel lavoro». La mancanza di concime è cagione che conven- ga lasciar riposare i campi ogni due o tre anni per Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. un tempo più o meno lungo secondo la fertilità o il 29. grado di esaurimento della terra, ed il prodotto del suolo è così scarso, le spighe del grano sono così rade, che, nel mese di settembre, prima dell’aratura, si distinguono a mala pena gli steli delle spighe dai «Il clima, freddissimo […] nella parte alpestre di campi seminati, dai fili d’erba secca dei terreni in- Basilicata, […] copert[a] di neve tre o quattro mesi colti o lasciati a riposo. all’anno, caldo alle spiagge dei due mari e nelle pia- Soltanto lungo una parte dei fiumi perenni, dei nure ondulate della Basilicata pugliese, […] sem- lavori d’irrigazione che innaffiano per lo più sola- brava per la sua varietà, prestarsi alla divisione delle mente la parte più bassa della valle e spesso potreb- colture ed in conseguenze ad un attivo commercio bero, con poca spesa di più, giovare ad estensioni interno. La coltura degli alberi fruttiferi, agrumi, viti, molto maggiori, permettono una coltura più variata ulivi, che esigono, i due primi sempre, i terzi in alcuni e più abbondante. casi, le continue cure del lavorante, sembrava promet- La sola coltura per la quale si anticipi un capitale tere un patto colonico dove il contadino, dividendo un poco maggiore in opere di irrigazione più accu- col padrone i frutti della terra, interessato quanto lui rate, o in pozzi con maneggi per trarre acqua dove ad assicurare la riuscita, vivesse vita agiata. E se la manchi l’acqua corrente, è quella degli agrumi, dove 76 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

il tornaconto è grandissimo per l’alto prezzo che si «Le cause che indussero a favorire la produzione è sempre pagato pei loro frutti, e che è cresciuto in del vino in Italia ebbero anche in Basilicata la loro in- questi ultimi anni, in certi momenti, fino al triplo fluenza, e rapidamente in alcune zone di essa si comin- dell’antico. ciò la trasformazione, impiantando numerosi ed este- Adesso [la relazione è stata pubblicata nel 1875] si vigneti che assicuravano vantaggiosi prodotti. Ma come quattordici anni addietro, sono pochissimi luo- questo periodo di fallaci illusioni e relativo benessere ghi dove è tratto partito delle ricchezze inestimabili racchiudeva in sè [sic!] il germe dei futuri danni. […] del suolo e del clima. […] In Basilicata si possono citare le terre irrigate della valle superiore dell’Agri [Intorno al 1880 c’era] la massima valutazio- e di alcuni punti del suo corso inferiore, gli orti di ne dei fondi da parte dei Crediti fondiari. […] A Senise, e vigne di Potenza, di Rionero e Melfi, gli quell’epoca, secondo dati cortesemente favoritimi uliveti di Ferrandina. Ma fuori di quelli e di pochi al- dal direttore generale della Banca d’Italia, i terreni tri luoghi dove il tornaconto delle colture arboree, la seminativi in piano venivano valutati da lire 800 a facilità delle irrigazioni, la intelligenza e la costan- lire 1,200 l’ettaro e quelli in colle da 500 a 800; i za di alcuni pochi proprietari sono stati cagione che terreni pascolativi in piano avevano il valore di lire la produzione fosse maggiore, l’agricoltura si può 400 a 600 ed in montagna da 300 a 500. Con uguale quasi dire allo stato selvaggio. Si vedono colline che cortesia mi furono comunicati i dati valutativi dal sembrano fatte apposta per la coltura, appena colti- direttore generale del Banco di Napoli, che corri- vate; gli altipiani dell’Appennino abbandonati alla spondono da lire 797 a lire 125 ad ettaro per terreni felce, le sue pendici in gran parte diboscate […] le seminativi in piano o ortalizi, per i vignati e frutteti pianure e le colline del Materano e del Melfese sono da 32129 a 2588, per i seminativi macchiosi o semi- in parte del tutto incolte, in parte a riposo da uno e erbosi o alberati da 390 a 797, per gli olivetati 1602 spesso più anni, in parte grattate dagli aratri in modo e per i boschivi 715. Quanta differenza dai prezzi che le erbacce e gli steli del raccolto precedente sono odierni! […] appena smossi; nei terreni argillosi del mezzogiorno di Basilicata, colline intere sono state portate via Il periodo di relativo benessere cominciò a decre- dalle acque; dei rigagnoli, prima appena visibili, si scere dopo la tariffa doganale 1° luglio 1878 che già vanno scavando fosse profonde dieci e più metri, il congiurava ai danni dell’agricoltura. Nel 1885 vede- suolo è dappertutto tormentato, tagliato, franato, fo- vansi [sic!] i primi sintomi del male e nella relazione rato, e qua e là qualche guglia di terra tenuta in piedi ufficiale del Ministero d’agricoltura sull’ammontare qualche anno di più da una pianta cresciuta a caso il dei fitti così si diceva: quel punto del suolo, sembra rimasta per mostrare “Nella provincia di Potenza soltanto per alcune quanto sarebbe stato facile salvare anche il resto». contrade si notava qualche aumento di fitti: ora però si lamenta il ribasso del quale sono cause […] l’emi- Da: LEOPOLDO FRANCHETTI, Considera- grazione, che sottrae molte e valide braccia ai lavori zioni…, 1875, pp. 58-64. campestri, e la ripartizione dei demani comunali che tramutò molti contadini in proprietari. Lamentasi [sic!] nella estesa Basilicata la grave mancanza delle Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 77

macchine agrarie e se ne richiede larga diffusione. È «Col decrescere dell’industria armentizia, […] manifesta la sofferenza dei proprietari e dei fittaiuo- ha rapporto quello dell’avena, dell’orzo, della sega- li, mentre per converso si possono dire sensibilmen- la, del fieno, dell’erba, e dei prati artificiali. te migliorate le condizioni degli operai per i salari L’avena […] da ettolitri 642,305 nella media accresciuti e per i prezzi menomati dei viveri». 1879.83 scende ad ettolitri 300606 nel 1895 con una diminuzione d’oltre 10,000 ettari di superficie colti- Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, pp. vata; l’orzo da 281,532 ettolitri scende nello stesso 30-31. anno ad 88,872 con una superficie in meno di 9,000 ettari circa: la segala da 15,291 ettolitri giunge pure nel 1895 ad ettolitri 8,288, riducendosi a metà della superficie coltivata. Il fieno e l’erba da Q. 477,521 e «Il Ministero di agricoltura ha soppresso dal 1,062,382 nella media 1879-83 diminuiscono rispet- 1896 la rilevazione dei dati per la maggior parte dei tivamente a 180,228 e 365,571 quintali: così la pro- prodotti. Notizie più abbondanti si hanno dal 1884 al duzione dei prati artificiali scende nell’istesso [sic!] 1895, ma incomplete. […] Il difetto maggiore si ha periodo da 365,470 a 39,438 quintali. […] per i prodotti dell’industria armentizia, riferendosi Una diminuzione si verifica anche nelle colti- i dati ufficiali per pochi anni soltanto alla lana, ai vazioni più costose, ed i vigneti vengono ridotti da formaggi, al burro, alla ricotta ed ai latticini diversi. 41,531 ettari, quanti erano nel 1894, ad ettari 36,000 […] nel 1902. La produzione vinicola è in conseguen- Impressiona la diminuzione […] nella produ- za diminuita: a confronto del massimo di ettolitri zione dei generi di consumo locale, quali il gran- 688,475 ottenuto nel 1892 sulla superficie di 40,268 turco, le patate, le leguminose. Il granturco […] da ettari stanno i 480,000 ettolitri ottenuti nel 1902, an- 513.000 ettolitri rappresentanti la media 1879-83, nata prospera di fronte alle altre anteriori. scende a 55.000 nel 1902. […] La diminuzione è co- Così nella coltivazione del grano, che è uno dei minciata sensibilissima nel 1888, ed è diminuita la maggiori prodotti della Provincia e che richiede stessa superficie coltivata, che da 37.133 ettari è sta- annualmente minore impiego di denaro, si verifica ta ridotta a 18.000. Per le leguminose e le patate […] pure una diminuzione, sia nella superficie coltivata possiamo constatare che le prime da ettol. 208,172 che da 188,766 secondo la media 1879-83 è ridotta a diminuiscono a 119,353 nel 1895 su una superficie 130,000 nel 1902, sia nella produzione annuale sce- [passata] da ettari 21,235 ad ettari 20,033, cioè ri- sa da 1,661,538 ad 1,100,000 ettolitri. […] dotta di circa 1200 ettari; le seconde scendono […] Diminuita è pure la superficie coltivata a casta- da quintali 640,353 a 191,472 con una variazione di gne, ridotta da ettari 3,545 nel quinquennio 1879- superficie coltivata da 16,344 a 13,107 ettari». 83 ad ettari 2,938 nel 1895, con una produzione da quintali 32,586 a 18,596. Scomparsa del tutto è la Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. coltivazione della canapa e del lino. […] 31. Fanno eccezione nell’aumento della superficie coltivata gli oliveti e gli agrumeti. Nella provincia ai pini, abeti, faggi e querce rimasti sulle poche vette 78 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

non ancora vandalicamente disboscate fa riscontro Secondo dati statistici raccolti con paziente cura l’ulivo e l’arancio nella costa Ionica e Tirrena. La dal Racioppi nella sua storia dei popoli della Luca- produzione dell’olio segna una linea a salti, non sa- nia e della Basilicata, nell’intera regione s’avevano prei dire se per difetto di esattezza delle notizie sta- nel 1822 capi 788,718 di bestiame, cioè 503,000 pe- tistiche, o per causa di malattie che affliggono l’uli- core, 101,734 capre, 57,600 buoi e vacche, 126,384 vo. Nel quinquennio 1879-83 si ebbero in media da maiali. 36,978 ettolitri su 14,104 ettari di superficie coltiva- Nel 1840 le sole pecore venivano numerate in ta fino a 58,000 ettolitri nel 1897 con una superficie 757,119; cifra più alta di tutte le altre provincie [sic!] coltivata di ettari 24,247, e segna un notevole au- e che lascia supporre un corrispondente aumento mento il 1901 giungendovi alla cifra eccezionale di nelle altre specie di bestiame. 70,000 ettolitri. Ugualmente a salti è la produzione Nel 1875 si era già discesi a 556,614 capi tra bo- agrumaria. Così nel quinquennio 1879-83 si ebbero vini, ovini, caprini e suini, secondo la statistica pub- 46,050 centinaia di frutti da 21,399 piante, e 62,000 blicata dal Ministero di Agricoltura. E secondo quel- centinaia di frutti nel 1902 da 30,000 piante, mentre la pubblicata dal Ministero stesso per l’anno 1881, si verifica una notevole diminuzione in confronto la discesa continua ancora giungendosi a 538,824 in dell’annata 1890 nella quale da 26,549 piante si eb- tutto, cioè 41,364 bovini, 359,833 ovini, 112,394 ca- bero 69,227 centinaia di frutti». prini, e 25,929 suini. Da notare, quale indice di gravissimo disagio Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. economico, è l’eccessiva diminuzione dei suini, 13. ramo d’industria che, per il modestissimo capitale occorrente e per la possibilità di adibirvi fanciulli non atti ancora al faticoso lavoro dei campi, è volen- tieri e più facilmente praticata. «Né va dimenticata l’industria armentizia. I ca- pitali venivano a preferenza investiti in essa, ed enti Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, p. e privati facevano a gara per avere numerosi greg- 16. gi che l’ordinamento sociale dei tempi, le estesis- sime boscaglie e la vastità dei pascoli largamente favorivano. Un complesso di cause politico-sociali […] portò coi tempi nuovi un radicale cambiamento «Parrebbe […] che con un reddito così scarso dando prevalenza maggiore alla coltivazione delle dovesse essere impossibile vivere. E così sarebbe- terre. Cominciò allora la decadenza dell’industria ro realmente se non concorressero talune peculiari armentizia, resa in seguito più rapida dalle disagiate condizioni. condizioni economiche che spingevano a realizzare La persona del produttore e quella del consuma- denaro con prontezza e nei modi anche più rovinosi, tore quasi sempre coincidono: così la spesa della prima per acquistare beni ecclesiastici e demaniali, mano d’opera rientra direttamente in quella del con- poi per far fronte all’esigenze dei creditori del fisco sumo. Inoltre grandissima è la parsimonia lucana e ed a spese maggiori della vita. pei contadini costituisce una potente risorsa il sec- Natura e paesaggio agrario lucano dell’Ottocento nelle osservazioni scientifiche di autori coevi e in alcune interpretazioni storiografiche contemporanee 79

cume [pere, mele e fichi secchi], di cui le statistiche Quanto ai contadini, alla loro vita, agli squallidi non tengono conto alcuno, e l’uso civico. […] tuguri in cui hanno ricetto [sic!], minacciati spesso in molti abitati da paurose frane, nulla dirò io per Troviamo da un lato che la superficie coltivabi- tema che mi si tacci d’esagerazione. […] le si è ridotta e dall’altro che l’industria armentizia In tale stato di disagio economico non sono av- è diminuita. Sembrano due fatti contraddittori, ma venuti in Basilicata e speriamo non avverranno, né l’apparente contraddizione si spiega. La prima si è moti violenti ed incomposti né ribellioni. ridotta perché la terra cui è venuto a mancare quel La fierezza Lucana non permette patire, e si emi- concime naturale e prezioso, che le veniva dai nu- gra». merosi armenti, si è depauperata e non rende di fron- te alla spesa di produzione; la seconda è diminuita Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, pp. e decade continuamente perché le fitte boscaglie, 24-25. le pingui macchie o fratte [selve basse] furono di- sordinatamente disboscate e con maggior disordine dissodate per averne nei primi anni lauti prodotti, ed ora sono quasi tutte franate od addivenute brulle per natura del terreno argilloso e per mancanza di reggi- mentazione [sic!] delle acque, e non vi nasce più un fil d’erba; è diminuita perché il proprietario se ne è disfatto per sopperire ad altri bisogni, o per liberar- si dalle tasse; è diminuita perché mancano i capitali per l’allevamento e perché è inaridita ogni sorgente di vita di fronte alla pressione tributaria».

Da: PIETRO LACAVA, La Basilicata, 1903, pp. 21-22.

«Pochissimi proprietari in epoche più felici, dove la condizione dei luoghi e la facilità di accesso lo permettono, hanno cercato d’introdurre razionali culture e l’uso di macchine e di concimi chimici, ma sono rari nantes. L’agricoltura langue da per tutto, ed appena si rompono le zolle con l’aratro a vomero [sic!] ed a chiodo […] per affidarvi lo scarso seme spesso tolto ad imprestito [sic!] con gravissima usu- ra. 80 Costantino Conte - Angelo Labella - Ezio M. Lavoràno

Bibliografia

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Valerio Giambersio, Carmela Menchise

“E la mestizia infinita delle nostre pianure desolate L’evoluzione del concetto di paesaggio e la tristezza solenne dei nostri monti lasciano tracce indelebili nell’anima nostra er comprendere compiutamente l’evoluzione e noi siamo veramente un popolo del paesaggio agrario in Basilicata nel XX se- perché abbiamo un’anima collettiva” colo bisogna considerare qual è stato il dibat- Ptito culturale e normativo che si è sviluppato in Italia Francesco Saverio Nitti, 1896 e nel contesto internazionale a partire dall’inizio del novecento, in relazione al paesaggio in generale e poi specificamente relativamente al paesaggio agrario. Questa doverosa premessa, lungi dall’essere il pre- testo per una sterile dissertazione, serve a chiarire gli equivoci che può generare il termine stesso di ‘pae- saggio agrario’ che coniuga due elementi dei quali il primo ha subito una trasformazione notevole proprio durante il secolo passato. Come spiegato anche più avanti nel saggio di Pal- marosa Fuccella, il paesaggio, così come è inteso in senso moderno, è infatti un concetto acquisito solo nel 1500 come tematica autonoma all’interno della cultu- ra e della storia dell’arte occidentale. Ernst H. Gom- brich parlando de La Tempesta del Giorgione, nota infatti come in questo dipinto “…per la prima volta pare che il paesaggio in cui gli attori si muovono non sia un semplice sfondo, ma abbia la sua autonomia e sia il vero tema del quadro”. Il paesaggio presuppone infatti l’esistenza non solo di una veduta ma almeno la presenza di uno spettatore 104 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

che sia in grado di interagire, di animare e soprat- proprie necessità” (e dunque non solo per fini esteti- tutto di comprendere e dare un senso al panorama ci) può essere considerato architettura e quindi arte. percepito. Da questo caposaldo deriva in modo evidente la Dunque i termini antinomici di soggetto e sfon- definizione formulata da Emilio Sereni a metà degli do, di natura ed artificio, di ambiente selvaggio e di anni ’60 che definisce paesaggio agrario “quella for- azione umana risultano gli elementi inscindibili che ma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività sono alla base di ogni discorso possibile sul paesag- produttive agricole, coscientemente e sistematica- gio e la diversa modulazione di questi componenti, mente imprime al paesaggio naturale”. generata dai mutamenti storici, tecnologici, sociali Siamo così giunti alla premessa del concetto di ed economici, determina una evoluzione del con- territorio che di fatto include e supera quello di pae- cetto di paesaggio. È così che la veduta chiusa nei saggio e che negli anni ’90 è stato definito da Alber- margini in un quadro, con l’affermarsi del barocco e to Magnaghi come poi con il neoclassicismo, diviene un elemento trop- po riduttivo per contenere il paesaggio, le prospet- «un organismo vivente ad alta complessità, un ne- tive sono talmente dilatate che danno l’illusione di oecosistema in continua trasformazione prodotto sfondare le volte, gli spazi divengono così ampi che dall’incontro tra eventi culturali e natura, com- necessitano una fruizione dinamica, una partecipa- posto da luoghi (o regioni o ambienti insediativi) zione dello spettatore che elabora molteplici vedute dotati di identità, storia, carattere, struttura di lun- in una esperienza quadridimensionale, dove il tempo go periodo, che formano i ‘tipi’ e le individualità è un elemento fondamentale. territoriali ed urbani». Questa nuova visione può arrivare anche a ri- comprendere un intero territorio così come avviene, Parallelamente a questa evoluzione del concet- per esempio, nelle architetture urbane della Roma to di paesaggio elaborata a livello culturale ve ne settecentesca o, in un ambito rurale, nella reggia di è un’altra, altrettanto mutevole, elaborata in Italia a Versailles o anche nella reggia di Caserta. livello giuridico sempre nell’ambito del ventesimo Per questa via si arriva alla celebre definizione secolo e che va anch’essa considerata. formulata da William Morris che, sul finire dell’otto- L’art. 1 della legge sulla protezione delle bel- cento, considera l’architettura come “l’insieme delle lezze naturali del 1939 [L. n. 1947/1939] definiva modifiche e della alterazioni operate sulla superficie meritevoli di tutela le bellezze panoramiche come terrestre, in vista delle necessità umane, eccettuato il “quadri naturali e così pure quei punti di vista o di puro deserto”. belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda Dunque l’architettura ed il paesaggio arrivano lo spettacolo di queste bellezze”. Come si può no- di fatto a coincidere per cui ogni cosa racchiusa tare siamo anche in questo caso si fa riferimento nell’orizzonte, compresa la natura trasformata per al concetto di ‘quadro’ e si prevede l’istituzione di gli scopi umani, compone il paesaggio. In questo appositi elenchi restringendo il campo di applica- modo non vi sono più vedute principali e vedute se- zione della legge; viene tuttavia introdotto lo stru- condarie ma l’intero orizzonte che viene attraversato mento del piano territoriale paesistico, considerato dallo sguardo e tutto ciò che l’uomo modifica “per le soprattutto uno strumento vincolante, relativamente La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 105

alle “vaste località incluse nell’elenco”. In questa di “cose notevoli” è in questa ottica il primo passo definizione e nella struttura della legge del 1939 è per la tutela che va garantita in via prioritaria con esplicito il riferimento ad una concezione che vede il norme, vincoli, divieti e prescrizioni. È da sottoli- paesaggio come una specie di fenomeno ecceziona- neare come questa impostazione ha consentito in le, prezioso ed unico, riferibile concettualmente alla moltissimi casi l’effettiva conservazione di beni che, natura e non alle attività umane di trasformazione e altrimenti, sarebbero andati distrutti, dispersi o tra- che va anzi soprattutto tutelato per evitare che que- fugati ed ha di fatto consolidato un primato italiano ste azioni non regolamentate possano deteriorarlo nel campo della conservazione e della tutela dei beni o distruggerlo. Non è un caso che quasi contempo- culturali. raneamente, sempre nel giugno del 1939, sia stata Tuttavia l’applicazione di questa logica al pae- varata con legge separata la normativa italiana sulla saggio, che per sua natura è un elemento vivo assai tutela delle cose di interesse artistico e storico [L. n. dinamico, nel quale si incrociano il piano della frui- 1089/1939] e vale anche la pena di considerare che zione estetica ma anche quello dell’uso delle risorse la legge urbanistica è stata approvata solo nel 1942 a fini produttivi, è risultata presto assai problemati- [L. n. 1460/1942]. ca. Non è un caso che, di fronte ad una mancata atti- Questo impianto normativo, costituito in epoca vazione dei piani paesaggistici, la cosiddetta ‘legge fascista, vede concettualmente distinte le normative Galasso’ [L. n. 431/1985] negli anni ’80 interviene relative alla tutela del patrimonio storico e artistico per estendere gli ambiti tutelati arrivando a sotto- da quelle sulla protezione delle bellezze naturali ed porre a vincolo considerevoli porzioni del territorio entrambe queste ultime appaiono quasi antitetiche a nazionale ponendo nei fatti la questione della possi- quelle che disciplinano la trasformazione del territo- bilità reale di pensare alla conservazione di un pae- rio. Pur confermando le leggi esistenti l’art. 9 della saggio isolato dal contesto in cui esso è collocato. Costituzione Italiana, introduce qualche elemento Una ulteriore evoluzione normativa è stata poi de- di innovazione poiché afferma che “La Repubbli- terminata a partire da metà degli anni ’70 dalla pro- ca promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca gressiva attivazione delle Regioni che hanno sempre scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patri- più ampliato le proprie competenze fino alla riforma monio storico e artistico della Nazione” non solo del Titolo V della Costituzione [L. n. 3/2001], su- unificando i termini del paesaggio e del patrimonio scitando nuovi conflitti in materia paesaggistica con storico ed artistico ma legandoli al concetto più am- le attribuzioni concorrenti del Ministero per i Beni pio della promozione della cultura e della ricerca. Culturali e delle Soprintendenze. Come evidenzia Salvatore Settis questa imposta- Si arriva così nel 2004 dopo un percorso tortuo- zione deriva dalla tradizione italiana delle normative so, che qui tralascio per limiti di trattazione, alla for- su beni culturali che risalgono all’epoca preunitaria mulazione contenuta nel Codice per i Beni Culturali e che sono sempre state orientate in primo luogo alla e del Paesaggio [D. L. n. 42/2004] che al comma conservazione e alla tutela al fine di evitare la di- 1 dell’art. 2 definisce che “il patrimonio culturale è spersione dell’enorme patrimonio culturale italiano costituito dai beni culturali e dai beni paesaggisti- che ha peraltro la caratteristica di essere diffuso su ci” riunificando nei fatti la distinzione preesistente tutto il territorio nazionale. La creazione di elenchi e muovendosi, pur con qualche incertezza, nella 106 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

direzione del recepimento dei principi sanciti dalla logia e dell’ambiente naturale ma soprattutto per la Convenzione Europea del Paesaggio. comprensione delle dinamiche sociali, culturali ed Questa Convenzione è un documento adottato economiche che hanno consentito la trasformazione nel luglio del 2000 dal Comitato dei Ministri del- di questa regione nella seconda metà del ’900. la Cultura e dell’Ambiente del Consiglio d’Europa, Più che pensare ai cambiamenti del paesaggio sottoscritto nell’ottobre delle stesso anno a Firenze e agrario della Basilicata come ad una sequenza dia- definisce che il termine paesaggio “designa una par- cronica di ricostruzioni ambientali o di vedute, che te di territorio, così come percepita dalle popolazio- al massimo possono descrivere più o meno fedel- ni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori natu- mente un passato ormai lontano, si tratterà dunque di rali e/o umani e dalle loro interrelazioni.” ed inoltre ricercare gli intrecci di cause e di motivazioni legate all’art. 2 specifica che la convenzione “si applica a all’attività umana che hanno determinato la trasfor- tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi na- mazione del paesaggio agrario nel ventesimo secolo turali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende i in una dinamica continua che ha le sue premesse nel paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Con- processo di unificazione dell’Italia ed arriva fino alle cerne sia i paesaggi che possono essere considerati vicende contemporanee. eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana, sia i Bisogna ricordare infine che in questa dinamica, paesaggi degradati”. paradossalmente, appare particolarmente importante Come si vede anche a livello normativo il pae- il ruolo svolto dal travolgente e spesso incontrollato saggio viene ormai trattato come un bene da consi- processo di sviluppo delle aree urbane regionali e derare nella sua interezza e dove il concetto di “ve- che nella sostanza si propone come uno ‘specchio’ duta notevole” lascia il posto a quello di un territorio rispetto a quanto è avvenuto nell’ambito del paesag- popolato e sul quale si intrecciano e si stratificano gio agrario. molteplici “fattori naturali e umani”. Per quanto riguarda i limiti di questo saggio si evidenzia come la Convenzione fa esplicito riferi- La trasformazione del paesaggio agrario mento agli spazi rurali ed anche il Codice mette in in Basilicata risalto tale aspetto specificando che nell’ambito dei piani paesistici va riservata particolare attenzione Dall’unità d’Italia all’inizio del ‘900 alla salvaguardia delle aree agricole che sono ad- dirittura associate, in questo articolo, ai siti inseriti Il passaggio dalla fine dell’ottocento all’inizio nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. del novecento è stato cruciale per quanto riguarda Sulla base delle definizioni sopra riportate e con- il paesaggio agrario del Mezzogiorno ed anche del- siderando i principi teorici fin qui acquisiti, si com- la Basilicata per due fenomeni collegati. Anzitutto prende come il concetto di paesaggio agrario, decli- sono andati a compimento l’eversione della feudali- nato in una regione coma la Basilicata che fino agli tà e la vendita dell’ingente patrimonio ecclesiastico anni ’50 ha fondato la sua economia in modo preva- confiscato dopo la costituzione dello Stato unitario; lente sull’agricoltura, diviene uno degli elementi più in secondo luogo, in conseguenza di tale nuovo rilevanti per l’interpretazione non solo della morfo- assetto fondiario, si è registrata una accelerazione La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 107

dell’opera di disboscamento della regione che di fat- tivo a danno delle splendide e rigogliose, oltre che to ne ha trasformato in modo radicale il paesaggio. necessarie, foreste». Come sottolinea Emilio Sereni Per avere un’idea della dimensione di questi «[...] nelle provincie dell’Italia meridionale e in- cambiamenti basti considerare che dal 1866 al 1915 sulare, dall’età del Risorgimento all’Unità, l’evo- sono stati venduti in Basilicata oltre 6.700 lotti di luzione delle forme del paesaggio agrario appare immobili rinvenienti dai soppressi enti ecclesiastici dapprima dominata, piuttosto che dagli agenti di per un valore di 12 milioni di lire dell’epoca. La spe- una rivoluzione agronomica, da quelli che operano sa sostenuta per l’acquisizione di questi patrimoni nel senso di un largo (se non profondo) sconvol- gravò sulla nuova borghesia terriera in modo così gimento dei rapporti di proprietà sulla terra. [...] pesante da non consentire alcun altro investimento Tra il 1861 e il 1899, il ritmo delle quotizzazioni per trasformare in senso moderno le aziende acqui- si fa più serrato, nel corso di meno di trent’anni site. A tal proposito Manlio Rossi Doria evidenzia 193.000 ettari vengono ripartiti tra 202.000 quo- che: tisti: ma, ancor più rapidamente di quel che non fosse avvenuto nei decenni precedenti, le piccole «L’immissione sul mercato, tuttavia, di una così quote assegnate ai lavoratori agricoli delle cam- imponente massa di beni fondiari assorbì la massi- pagne meridionali si riconcentrarono nelle mani ma parte dei patrimoni liquidi e dei risparmi, sco- di pochi ‘galantuomini’: proprio così, anzi – oltre raggiò investimenti produttivi e sottopose i nuovi che con l’usurpazione dei demani comunali – si proprietari a un indebitamento, i cui oneri diven- vengono ingrossando i patrimoni terrieri della nero insopportabili allorquando, pochi anni dopo, nuova borghesia terriera meridionale». la crisi agraria abbassò i prezzi agricoli e falcidiò i redditi fondiari». [Rossi Doria, 2003] Per quanto riguarda la situazione specifica della Basilicata la vendita dell’ex patrimonio ec- In più si fa notare che questa vendita avvenne clesiastico diviene l’occasione imperdibile per la all’indomani della vittoria sul brigantaggio e pertan- costituzione di nuove grandi proprietà terriere ed to: a tal proposito sono illuminanti le riflessioni di Raffaele Giura Longo: «vennero esclusi dal beneficio i contadini nel sen- so che a loro vantaggio, a differenza delle priva- «La borghesia lucana [...] si applicò a spartirsi le tizzazioni demaniali precedenti, non si previde spoglie di quella crisi religiosa, ponendo le mani neppure in via di principio una qualsiasi forma di sull’enorme proprietà ecclesiastica confiscata pri- accesso diretto alla terra. Ciò sanciva molto pe- vatizzandola a proprio esclusivo ed individuale santemente la sconfitta dei contadini e delle ten- vantaggio ed anche a proprie spese, cioè indebi- denze democratiche risorgimentali e costituiva il tandosi oltre ogni ragionevole limite, cercando risultato politico più cospicuo raggiunto nel Mez- poi di rivalersi a carico delle classi subalterne dei zogiorno d’Italia dallo Stato liberale, che dava in fittavoli e dei salariati ed intensificando il semina- tal modo un segnale preciso alla borghesia meri- 108 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

dionale, invitandola ad affrettare ed assecondare la dunque al nuovo secolo sostanzialmente trasformato costruzione del blocco industriale-agrario, come ed il dato più rilevante è senza dubbio la deforesta- unica alleanza possibile e consentita tra nord e sud zione che non tarderà a far sentire i suoi effetti. I dati del Paese». [Giura Longo, 1992] precisi sul fenomeno non sono noti a causa di alcune discrepanze sui sistemi di rilevamento dei dati nelle Il patto alla base di questa alleanza era basato varie epoche; tuttavia si riportano solo due stime per sulla politica che ha introdotto i dazi a protezione avere un’idea della dimensione dell’aggressione su- dei prodotti industriali e, simmetricamente, i dazi a bita dal patrimonio boschivo della regione. Nel 1860 protezione della cerealicoltura meridionale che inci- erano presenti in Lucania circa 380.000 ha di foreste deranno notevolmente ed in modo negativo sulla ri- mentre nel 1930 erano poco più di 130.000 per poi conversione agricola di vaste aree del Sud e saranno passare a 150.000 negli anni ’50 [Fontana, 2004]. una delle cause che contribuiranno ad aumentare il Tali dati convergono con quelli complessivi riguar- divario tra l’economia meridionale e quella del Nord. danti il Mezzogiorno e le Isole riportati da Sereni [Rossi Doria, 2003] Questa politica è infatti definita che evidenzia come dai 2.094.000 ettari di bosco del addirittura come un ‘pactum sceleris’ con il quale 1860 si passi ai 1.371.000 del 1911 ed ai 1.277.000 i monopolisti industriali comprarono la complicità del 1929 e fa notare come disboscamenti di tale dei latifondisti meridionali favorendo l’affermazio- ne della coltura granaria estensiva, spesso a scapito «entità spaventosa [...] già avviati nel Mezzogior- delle superfici boschive, [Pepe, 2005] costituendo no dopo l’eversione dalla feudalità, incidono or- un formidabile ostacolo al progresso agronomico mai paurosamente sulla degradazione del paesag- nel Mezzogiorno. La saldatura tra Stato unitario e gio meridionale. In poco più di un cinquantennio, borghesia agraria in Basilicata è ancor più evidente la superficie delle selve si riduce, in queste regio- se si considera che proprio gli esponenti maggiori ni, quasi della metà, in conseguenza di disbosca- della classe politica post-unitaria beneficiarono di menti e di dissodamenti inconsulti, che minaccia- questa situazione diventando nuovi grandi proprie- no ormai l’integrità stessa del suolo agrario e degli tari a scapito soprattutto dei contadini, del tutto abitati di intere provincie». esclusi da questo processo, e dei ceti ecclesiastici. A tal proposito nota acutamente Sereni che È da notare che in precedenza il bosco era ampia- mente utilizzato per gli usi civici come risorsa natu- «ove, ad una notevole estensione della proprietà rale in grado di integrare il reddito misero dei conta- borghese, non corrisponde una analoga riduzione dini sia per la raccolta della legna, sia per l’approv- della proprietà feudale, che continua anzi sovente vigionamento della materia prima per gli artigiani a dominare, con la sua impronta, tutti i rapporti del legno, sia infine come risorsa per la produzione sociali in quel dato ambiente, nel quale la stessa di bacche utilizzate come mangime per l’allevamen- nuova grande proprietà borghese finisce così con to degli animali domestici. Tutti questi usi vennero l’assumere colorito e caratteristiche semifeudali». progressivamente meno, immiserendo ancor più il ceto dei contadini passando da un assetto fondiario Il paesaggio agrario della Basilicata si affacciava basato sui campi aperti ad un sistema caratterizzato La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 109

dai campi chiusi. Questa trasformazione incide non generalmente parlare, anche nel Mezzogiorno e poco anche sul paesaggio tanto che Sereni osserva nelle Isole, di un regime di proprietà chiuse, ben che sono tutt’ora visibili le tracce più severamente che per il passato delimitate e sorvegliate ai loro confini». «che le quotizzazioni dei demani realizzate in questa età, hanno lasciato nel paesaggio meridio- Iniziano ad emergere in questo periodo dal pae- nale, con i resti di muretti a secco o di macerie, saggio prima del tutto desolato «il nereggiare degli destinate a chiudere i piccoli lotti dei singoli asse- appezzamenti a maggese, gli stecconati, le siepi, i gnatari. Generalmente, lo sappiamo, questi piccoli fossati che chiudono le proprietà e i campi» [Sereni, lotti furono rapidamente riassorbiti e riconcentrati 2007]. nella nuova media e grande proprietà borghese In questo panorama sostanzialmente negativo dei galantuomini. [...] Lo stesso latifondo nobi- una nota positiva è costituita dagli ‘agricoltori di- liare, d’altronde, si vien sovente adeguando, per stinti’ che, pur rimanendo casi sostanzialmente spo- questo verso, alle nuove esigenze ed alle nuove radici, introdussero in Basilicata già alla fine dell’ot- norme giuridiche caratteristiche per una società tocento le prime innovazioni tecnologiche, di cui si ormai dominata, nel suo complesso, dai rapporti parlerà in seguito, e le prime innovazioni organizza- di proprietà capitalistici: sicché anche qui, se non tive soprattutto nella conduzione delle aziende agri- sempre di un regime di campi chiusi, si può ormai cole di grande dimensione [Sinisi, 1989].

Tav. 1 – Il viaggio di Zanardelli in Basilicata

Fonte: AA.VV., La borghesia tra ottocento e novecento in Ba- silicata, Calice Ed., 2006, p. 73 110 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Dalla legge Zanardelli al fascismo riportato in tutta la sua cruda evidenza ed in tutta la sua pericolosità non solo nella retorica ma anche «Percorsi più giorni distese di monti, nudi, brul- nelle analisi tecniche condotte a seguito del celebre li, senza qualsiasi produzione, senza quasi un filo viaggio del Presidente del Consiglio. d’erba e avvallamenti altrettanto improduttivi. Si correva per ore ed ore senza trovare una casa, ed al «Se si parte dalla metà circa del secolo passato desolato silenzio dei monti e delle valli succedeva – scriveva l’ingegnere Sanjust per Zanardelli – il piano mortifero, dove fiumi sconfinati scaccia- si constata che in quel periodo di tempo la Ba- rono le colture, straripando, impaludarono. E vidi silicata con una doppia superficie di bosco, con ad esempio il letto dell’Agri, e l’acqua vagente una fiorente industria armentizia, conseguiva una non avere quasi corso in quelle sterminate arene». produzione assai più elevata dell’attuale. [Zanardelli, 1902] [...] Intanto le montagne denudate, profonda- mente corrose, venivano ridotte a terreno steri- È questo il ‘paesaggio agrario’ della Basilicata le; intanto i corsi d’acqua accresciuti di violenza che si manifesta a Zanardelli durante il suo viaggio minavano alla base le colline lucane, rendendo del 1902: il fenomeno del disboscamento, che in soli instabili e pericolanti numerosi abitati». [Giura cinquant’anni aveva dimezzato le foreste lucane, è Longo, 1992]

Tab. 1 - Categoria delle opere e somme stanziate in base alle L. del 31 marzo 1904 e del 9 luglio 1908 Fonte: A. Sinisi, op. cit., p. 384 La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 111

A seguito del viaggio di Zanardelli nel 1904, riusciti ad utilizzare le acque sovrabbondanti per re- dopo la sua morte, verrà varata la Legge speciale per alizzare un sistema di irrigazione ed, anzi, si resero la Basilicata con la quale sarà inaugurata una serie sterili anche alcuni terreni prima destinati al pascolo di provvedimenti legislativi che Giolitti utilizzò per intervenendo in modo improvvido sul sistema delle intervenire nel Mezzogiorno ricercando un nuovo dune per cui i proprietari rifiutarono di pagare il con- equilibrio in grado di garantire l’unità nazionale mi- tributo di propria competenza vedendo minacciati i nacciata dalle agitazioni sociali nel Sud e dalle dure propri interessi economici. Pertanto: reazioni dei governi precedenti. La legge Zanardelli [L. n. 140/1904] come è noto fu giudicata, per aspetti «L’intervento statale dell’età giolittiana, nono- diversi, non adeguata ai problemi che intendeva af- stante ponesse tra i suoi principali obiettivi la si- frontare da Nitti, Fortunato e Ciccotti ed in effetti, stemazione idraulico-forestale dei bacini montani pur realizzando una serie di interventi necessari, così e le bonifiche, non riuscì a creare nuove forme di come descritto nella tabella seguente, risultò limita- integrazione produttiva tra montagna e pianura». ta nelle risorse disponibili e rallentata anche a causa [Sinisi, 1989] di un non ben articolato decentramento dei poteri al Commissariato istituito dalla legge speciale così Tuttavia furono finalmente poste le basi teoriche come segnalato da Zanotti Bianco. per la soluzione dell’annoso problema che era cau- Certamente parziale fu il programma dei rimbo- sa anche delle infestazioni malariche che all’epoca schimenti che, pur disponendo di incentivi, fu segui- erano una piaga dalle dimensioni inimmaginabili to solo da pochi grandi proprietari perché i vincoli per noi contemporanei. È sufficiente leggere le note forestali erano mal visti dalla generalità dei coltiva- tracciate vividamente da François Lenormant sul fi- tori in quanto limitavano le possibilità dei piccoli nire dell’Ottocento per avere un’idea della gravità proprietari presenti nelle aree montuose i cui reddi- del fenomeno: ti erano già ridotti dalla scarsa fertilità dei terreni a loro disposizione [Sinisi, 1989]. «Metaponto è un deserto e vi si arriva attraverso Anche le opere di bonifica furono solo parzial- un deserto. Quarantaquattro chilometri separa- mente realizzate poiché si attuarono piccoli inter- no Taranto dalla stazione di Torremare e in tutto venti nelle zone dei laghi [Lagopesole, Calciano, questo percorso lungo la costa non si incontra Garaguso] non riuscendo ad incidere in modo effi- un’abitazione umana ad eccezione delle case dei cace nelle aree più vaste come la piana di Atella e la cantonieri che sorvegliano la ferrovia, costruite ad fascia Ionica. Infatti la realizzazione di opere di re- intervalli regolari ai margini della strada ferrata. gimentazione nella pianura e nei letti dei fiumi, con [...] Per gli uomini della compagnia delle ferro- colmate, arginature, canalizzazioni risultarono effi- vie meridionali, essere distaccati su questo tratto mere, perché non collegate con interventi ‘a monte’, della linea è quasi una sentenza di morte a breve con i rimboschimenti e gli sbarramenti che avrebbe- scadenza, come le stazioni del Gabon per i nostri ro dovuto regolare i flussi idrici evitando i fenomeni soldati di fanteria e di marina; e tuttavia c’è sem- di piena incontrollata, di accumulo dei detriti e di pre gente pronta ad intraprendere questa terribile siccità nei torridi mesi estivi. Né, d’altra parte, si era partita con la malattia [...]. L’assenza di abitanti 112 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

comporta l’assenza di colture. A stento di tanto in guire gli obiettivi prefissati; il progetto di utilizzare tanto si incontra un campo che, a rari intervalli, è le acque dell’Alta Valle dell’Agri a fini irrigui, che scalfito da un aratro identico da sempre a quello prevedeva la costruzioni di due canali di raccordo del tempo favoloso quando il re Morges insegnava e di un canale principale di 14 km e che poteva ga- l’agricoltura agli aborigeni». rantire l’irrigazione di 1600 ettari, infatti, fu a lungo ostacolato [Sinisi, 1989]. A proposito della bonifica delle aree paludose l’in- Riuscì invece ad essere attuato, sempre su pro- gegnere Angelo Omodeo nel 1922 chiariva i termini getto di Omodeo con l’intervanto dello Stato insie- tecnici della questione e tracciava le linee guida per me a capitali privati, l’invaso di Muro Lucano sul la sua soluzione anticipando, nei fatti, la necessità di quale Nitti puntò per sperimentare la sua visione attuare quello che oggi si chiamerebbe un “piano di innovativa di un Mezzogiorno capace di produrre bacino”: energia idroelettrica per sviluppare un proprio siste- ma industriale. «Non sembra a me, che si possa in Italia meridio- Non solo fu realizzato l’invaso con le risorse del- nale, trattando di bonifica, prescindere dall’irriga- la Legge speciale, ma nel 1914 fu costituita la Società zione. I due problemi sono strettamente connessi Lucana per imprese idroelettriche con capitali privati, nelle finalità economiche, e in molti casi nella so- che riuscì a gestire, negli anni venti, la distribuzione luzione tecnica. Infatti è fuori delle zone pianeg- dell’energia elettrica in gran parte della regione com- gianti da difendere e da irrigare, è nelle alte vallate pletando anche un nuovo impianto in Val D’Agri [Si- che si trova l’origine dell’acqua a volte dannosa, nisi, 1989]. a volte utile: e che spesso con opere razionali si La legge Zanardelli dunque non riuscì ad incide- può trasformare da dannosa ad utile, e non solo per re in modo significativo sul paesaggio agrario luca- irrigare, ma talora anche a scopi industriali. [...] no e tuttavia, come fa notare Giura Longo, Quindi un’unica direttiva organica, deve presiede- re alla sistemazione montana, al rimboschimento, «è facile riconoscere che quell’intervento era de- ai laghi artificiali, alla produzione di energia, alle stinato a modificare in una certa misura i punti di arginature, all’irrigazione, alla bonifica, compiti riferimento essenziali per la società lucana, al- e funzioni diversi, ma coordinati in un solo siste- meno in tre ordini di fattori: il primo riguardò il ma». [Sinisi, 1989] rilancio del credito come indispensabile sostegno alle attività produttive ed alle imprese soprattutto Tuttavia, pur avendo consentito la legge speciale agricole; il secondo interesso i centri abitati mi- del 1904 la concessione gratuita per un ventennio nori, ma ancor di più il capoluogo, che attraverso delle acque pubbliche, il progetto proposto dall’ing. il programma di intensificazione delle opere pub- Omodeo per la realizzazione di uno sbarramento sul bliche venne attrezzandosi con moderne funzioni Bradano di 27.000 kmq per produrre energia elettri- amministrative e con un nuovo assetto urbano; il ca e per consentire l’irrigazione di 20.000 ettari nel terzo – di gran lunga il più importante – attiene Metapontino non fu realizzato. Anche relativamente più da vicino alle campagne, che allora poterono all’irrigazione la legge speciale non riuscì a conse- giovarsi almeno sulla carta di un serio piano di in- La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 113

terventi tesi al risanamento delle zone malariche 3. la Lucania felice, l’angolo vulcanico del e paludose e che videro pertanto poste su basi più Vulture, tutto a vigneti, oliveti, frutteti; concrete le prospettive di rilancio e di bonifica, poi 4. la zona intermedia, la zona tra le marine e effettivamente realizzate sia pure con forte ritar- la montagna, la zona delle argille, del grano, del do di almeno mezzo secolo dall’approvazione di latifondo contadino». [Rossi Doria, 1989] quella legge». Questa sintesi dello studio di Azimonti, in veri- Per comprendere quale fosse lo stato del paesag- tà molto dettagliato, ricco di dati e di notazioni as- gio agrario in Basilicata all’indomani della Legge sai approfondite sui caratteri sociali, economici ed Zanardelli è indispensabile far riferimento all’in- agronomici di ciascuna delle zone descritte, restitui- chiesta sulle condizioni dei contadini nelle provincie sce la fotografia di una regione ampia caratterizzata meridionali e in Sicilia [1906-1910]. Questa inchie- da una notevole diversificazione dei suoi paesaggi sta fu realizzata da una Commissione parlamentare agrari poichè, come si fa notare nell’introduzione presieduta dal Sen. Eugenio Faina e Francesco Sa- alla relazione: verio Nitti fu incaricato di redigere la relazione su Basilicata e Calabria avvalendosi dell’egregio lavo- «Ciascuno dei suoi quattro circondari è più vasto ro svolto dal prof. Eugenio Azimonti che era stato di molte provincie italiane, ma la popolazione vi è nominato delegato tecnico per la Basilicata [Cesta- rada». [Azimonti, 1996] ro, 2002]. Lo stesso Manlio Rossi Doria, nel celebre di- Azimonti supera la visione di Giustino Fortunato scorso tenuto a Potenza presso il Teatro Stabile nel che descriveva le condizione del Mezzogiorno e del- 1947, per descrivere la situazione dell’agricoltura la Basilicata come caratterizzate da uno ‘sfasciume lucana, citò esplicitamente i risultati di questa rela- pendulo’ generalizzato, che si ritrova ancora nella zione. La circostanza deve far riflettere sia sul fatto descrizione di Zanardelli riportata all’inizio del pa- che indubbiamente la relazione di Azimonti era stata ragrafo; egli invece compie lo sforzo di analizzare, penetrante ed estremamente valida, tanto da risultare senza retorica e con metodi moderni, l’effettiva si- ancora attuale dopo quarant’anni, sia sul fatto che tuazione presente nel territorio regionale riuscendo in tutto questo tempo non molto era cambiato nel ad articolare una visone precisa del territorio della paesaggio agrario lucano, anche a giudizio di uno Basilicata, così solida da resistere nei decenni. studioso come Rossi Doria che così introdusse il suo In estrema sintesi Azimonti descrive la zona della famoso discorso: montagna come caratterizzata da un paesaggio agra- rio dominato dai pascoli di cattiva qualità e dalle fo- «Quattro sono le grandi circoscrizioni che bisogna reste di alta quota ‘sopravvissute’ al disboscamento. distinguere: Qui la capacità produttiva era assai limitata, i grandi 1. la Lucania alta, della montagna; possidenti erano pochi mentre prevaleva la proprie- 2. la Lucania bassa, delle Marine, della piana tà terriera di media dimensione per la quotizzazione di Metaponto, della valle dell’Ofanto, di una parte dei beni demaniali ed ecclesiastici che aveva causato della valle del Bradano; il fenomeno della “polverizzazione” della proprie- 114 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

tà che erano coltivate per lo più con una rotazione Policoro che era tutelato in quanto riserva di caccia triennale di granturco, grano ed avena. privata del barone Berlingieri. La zona delle Marine interessava prevalentemen- La Lucania felice, quella Azimonti ha denomi- te l’attuale provincia di Matera e si caratterizzava nato “Colline arborate del Melfese” che si estende per una qualità dei suoli senz’altro migliore che nell’area del Vulture, pur caratterizzata da un clima consentiva colture intensive, quali frutteti ed oliveti più mite e dotato di un suolo vulcanico di buona accanto a quelle estensive. In quest’area era presen- qualità all’epoca dell’indagine dell’Azimonti ve- te, ancora in modo drammatico, il fenomeno della deva una prevalente presenza di parcellizzazione malaria ma qui erano presenti gradi possedimenti, fondiaria anche per i vigneti e gli oliveti che erano fino a 6.000 ettari, nelle zone di Policoro eScan- lì dominanti. Il vino Aglianico era già esportato al zano, che i latifondisti tendevano ad affittare ad un Nord come succedaneo del Barbera e contribuiva ad unico gestore o a un’azienda di tipo capitalistico. Si aumentare il redito di molti agricoltori tanto che già riscontrava l’esistenza di una media proprietà diffu- nel 1908 esistevano numerosi esportatori di vino, 53 sa, mentre meno rilevante era la presenza della pic- esportatori per l’estero e ben 216 esportatori per il colissima proprietà rispetto alle altre zone. La defo- mercato interno; anche per quanto riguarda l’olio, restazione era stata qui particolarmente aggressiva, esistevano 27 esportatori per l’estero e 186 per il soprattutto nella collina, dove si era fatto posto ai mercato interno [Sinisi, 1989], tuttavia queste poten- pascoli ed alla coltura del grano mentre sopravvi- ziali risorse erano sottoutilizzate per la mancanza di veva un ‘relitto’ delle foreste originarie nel bosco di una organizzazione produttiva efficiente.

Tav.2 – Francesco Saverio Nitti, 1917

Fonte: AA.VV., Francesco Sa- verio Nitti, Mostra fotografica documentaria, Regione Basili- cata, 2003 La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 115

La zona intermedia, chiamata dall’Azimonti Con straordinaria lungimiranza, considerando i “zona collinare o centrale”, caratterizzata da un cli- tempi in cui egli viveva, Nitti aveva infatti acqui- ma rigido d’inverno e caldo d’estate, era coltivata sito la consapevolezza che la modernizzazione e con grano in modo preponderante alternato però a l’industria, che richiedevano la disponibilità di in- vigneti ed oliveti, e risultava dominata dalla presen- genti capitali, sarebbero stati i fattori dominanti per za di una proprietà fortemente parcellizzata, a causa l’economia italiana nel nuovo secolo. Per questo bi- delle quotizzazioni avvenute in epoca precedente. sognava strutturare una strategia che, considerando Tuttavia il demanio era ancora ampio, erano presenti ormai inevitabile ed auspicabile in prima battuta lo piccole estensioni boschive ed erano garantiti gli usi sviluppo industriale del Nord che partiva fortemente civici di legnatico e transito di bestiame. avvantaggiato, fosse capace di agganciare progres- Questa analisi molto accurata realizzata dall’Azi- sivamente il Sud a questa dinamica. La sua visione monti, stimato dallo stesso Giustino Fortunato come strategica si basava su due elementi: l’emigrazione, uno studioso che era stato in grado di penetrare la che a suo giudizio avrebbe di fatto migliorato le con- realtà meridionale meglio di molti altri, è certamente dizioni di vita e la produzione agricola, per quanto alla base della relazione finale che Nitti stenderà per possibile, con l’alleggerimento della pressione de- la commissione parlamentare. Tuttavia, come osser- mografica e con le rimesse degli emigrati; e l’attiva- va giustamente Cestaro, lo statista lucano va oltre zione di una politica industriale che potesse sfruttare definendo un orizzonte che travalica i limiti della nel Mezzogiorno nuovi impianti per la produzione sola, pur accurata, analisi. di energia idroelettrica. Riguardo all’emigrazione è da dire che, se il fe- «Quattro, secondo Nitti, erano le ‘cause modifi- nomeno che era considerato positivamente da Nitti, catrici’ che avevano inciso profondamente sulla che ne vedeva anche le potenzialità di innovazione Basilicata: i terremoti, il disboscamento e il con- culturale nei riguardi della società meridionale da seguente disordine delle acque, la malaria e l’emi- troppo tempo chiusa in sé stessa, da altri era giudica- grazione. Se quest’ultima aveva accelerato il pro- to preoccupante ed infatti Zanardelli aveva dato spe- cesso di trasformazione, modificando le mentalità cifico incarico, tramite il regio Commissariato per ed i costumi, le prime tre erano state piuttosto l’emigrazione, di predisporre un’inchiesta poiché il ‘cause ritardatrici’ che avevano agito ‘con straor- fenomeno aveva raggiunto proporzioni allarmanti: dinaria violenza». [Cestaro, 2002] se nel triennio 1897-1899 avevano lasciato la Basi- licata circa 8-9.000 emigranti, nell’anno 1900 erano Inoltre, era ben chiaro a Nitti che l’arretratez- state registrate circa 11.000 partenze e ben 17.000 za del sistema agricolo e sociale della Basilicata e nel 1901. del Mezzogiorno in generale poteva essere superata Ritornando alla relazione sulla Basilicata Nitti solo attraverso l’investimento di nuovi capitali, arri- proponeva la creazione di un grande demanio fore- vando a dichiarare esplicitamente che era necessario stale poiché «la ferma convinzione dello statista era sviluppare “lo spirito capitalistico, che ora difetta e che un forte impegno di risanamento del territorio e che è sempre nelle società moderne la scala per cui dell’ambiente umano e civile, insieme alla lotta alla si sale alla ricchezza.” malaria, all’analfabetismo, al disboscamento, pote- 116 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

vano avviare a soluzione la questione meridionale» In Basilicata il regime fascista, reso consapevole [Cestaro, 2002]. Purtroppo però questa visione an- delle crescenti tensioni sociali dai funzionari loca- dava supportata da un investimento politico ed eco- li, decise nel 1927 di creare una nuova provincia, nomico che come abbiamo visto, ancora una volta, quella di Matera, che avrebbe dovuto diventar ella non si ritenne di dover compiere a livello nazionale “provincia ionica” posta a presidio dell’intervento di e, come conclude Cestaro: bonifica del metapontino [Giura Longo, 1992]. La vicenda della bonifica della piana di Meta- «Le speranze e le previsioni di Nitti non si avve- ponto, iniziata con la legge del 1865 sugli espropri rarono per una serie di nuove esigenze politiche, di pubblica utilità proseguì fino al 1921, con una che portarono alla legge per il suffragio univer- serie di decreti di espropriazione, che riguardarono sale, alla guerra di Libia (1911-12) ed alla grande il latifondo abbandonato e per lo più paludoso. Nel Guerra (1915-18), in un contesto politico di diver- 1925 venne fu istituito il Consorzio di Bonifica di so spessore, in cui non c’era posto per la questione Metaponto per una superficie totale di circa 42.000 meridionale». ettari [Giura Longo, 1992] e nel 1931 venne istituito il Consorzio di Bonifica del Bradano, successiva- Si arriva così alla vigilia del fascismo, che svi- mente unificato a quello di Metaponto. luppò una politica tesa a rinsaldare il patto con i L’intervento tecnico scelto dal Consorzio di Bo- grandi proprietari agrari e che, andando ad attuare nifica fu quello delle colmate naturali e si attuò il la rigida politica di stabilizzazione monetaria della prosciugamento del lago di Santa Palagiana; furono “Quota 90” a ridosso della crisi del 1929, impattò costruiti argini sul Bradano e sul Basento; fu realiz- in modo disastroso sul debito che venne rivalutato zato un canale navigabile con una darsena per pic- e causò una caduta dei prezzi agricoli provocando cole imbarcazioni e venne avviato un programma di una ulteriore crisi per i piccoli e medi proprietari. forestazione in prossimità degli argini dei fiumi e si Fu varata a quel punto una serie di provvedimenti diede avvio alla costruzione della rete di bonifica. per l’agricoltura basata sulla politica granaria, sulla Fu anche iniziata una politica sugli insediamen- politica doganale e sulla bonifica [Filadelfia, 2004]. ti rurali quali borgo Venusio vicino Matera [il cui La politica granaria, al di là della retorica della primo nucleo, composto da venti abitazioni, una cosiddetta “battaglia del grano” che voleva rende- scuola e un forno, era stato fondato intorno agli anni re autosufficiente l’Italia in quel settore, favorì nel 20 in epoca nittiana] e soprattutto sorse Marconia Mezzogiorno i latifondisti assenteisti e mise in cri- nell’agro di Pisticci che, in epoca successiva al fa- si le altre coltivazioni. Arrestata la valvola di sfogo scismo, divenne un vero e proprio nucleo urbano ri- costituita dall’emigrazione, inoltre, la concomitante levante nel panorama della Basilicata piuttosto che politica rivolta all’incremento demografico contri- il borgo rurale o la colonia di confinati politici che buì a far aumentare la pressione sul territorio del si era immaginato [Giambersio, 2007; Giura Longo, Mezzogiorno che già aveva subito, come abbiamo 1992]. visto, una notevole serie di decisioni sfavorevoli che Tuttavia la costosa e disastrosa avventura belli- non poco avrebbero condizionato anche il periodo ca fascista da un lato, e la pressione dei proprietari successivo. espropriati, che spesso “subentrarono a sé stessi non La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 117

più come proprietari ma come affittuari di quelle divenne cruciale anche a livello nazionale perché terre una volta bonificate”, impedirono di fatto di at- incarnò uno dei primi momenti di confronto, ideolo- tuare il programma vero e proprio della lottizzazio- gico e pragmatico insieme, tra i contrapposti schie- ne delle terre demaniali che, anche se sollecitato dal ramenti politici proprio al principio della ‘guerra Ministero delle Finanze nel 1938, in realtà rimase fredda’. Dopo una prima risposta violenta culminata solo un’intenzione [Giura Longo, 1992]. con la repressione dei moti contadini per l’occupa- Così il programma di bonifica fascista andò zione delle terre e con i tragici scontri di Melissa lentamente e letteralmente arenandosi: la colma- in Calabria e di Montescaglioso in Basilicata, arriva ta naturale non aveva sortito gli effetti attesi e si finalmente la risposta politica e viene varata la Ri- pensò al prosciugamento meccanico delle paludi forma Agraria [L. n. 230/1950; L. n. 841/1950]. che persistevano; lo stesso canale navigabile non solo si andava insabbiando ma aumentava anziché «La problematica emersa era connessa al permane- diminuire il fenomeno della malaria. In conseguen- re di vastissimi latifondi, prevalentemente ubicati za di questo fallimento del programma di bonifica nelle aree collinari interne della regione. In molti si decise, invece di intervenire per porre rimedio e casi tali latifondi erano coltivati da famiglie di con- portare a compimento il programma iniziato sin dai tadini legate al proprietario da contratti agrari di primi anni del secolo e per il quale si erano attuati gli mezzadria; questi prevedevano un sistema lavora- espropri, di restituire quanto espropriato ai vecchi tivo basato essenzialmente sull’impegno di tutte le proprietari risolvendo formalmente la questione solo forze familiari del colono, innescando un delicato sulla carta. La soluzione del problema della bonifica equilibrio tra forza lavoro impiegata, reddito pro- del metapontino era così ancora rimandata ed arrive- dotto ed estensione dei poderi dati in affitto, equili- rà a compimento solo nel dopoguerra. brio che si incrinò allorquando, all’indomani dell’8 settembre 1943, i braccianti occuparono le terre dei latifondi, innescando movimenti per la rivendica- Il dopoguerra e la Riforma Agraria zione delle terre che si diffusero nelle tradizionali aree latifondistiche del Lazio, della Puglia, della Gli interventi di epoca fascista, che avevano peg- Sicilia e della Basilicata. Qui le lotte contadine giorato lo stato già misero dei braccianti e dei picco- esplosero nel materano come nelle campagne del li proprietari soprattutto nel Mezzogiorno, sommati potentino [Atella, Rionero, Melfi, Venosa, Corleto alle distruzioni causate dal periodo bellico, avevano Perticara, Avigliano, Senise]. Il Governo italiano creato le condizioni sufficienti per far esplodere, nei dunque promulgò una serie di leggi che approda- primi anni del dopoguerra, la richiesta di soddisfa- rono alla Legge istitutiva degli Enti di Sviluppo re i bisogni primari legati alla stessa sussistenza di per l’applicazione della Riforma Fondiaria, orien- quanti operavano nelle campagne meridionali. Così tata all’espropriazione, trasformazione ed assegna- la condizione di intollerabile miseria dei contadini e zione delle terre al fine di distribuire la proprietà, dei braccianti da un lato, l’assenteismo dei latifondi- promuovere lo sviluppo, superare l’arretratezza, sti dall’altro, avevano generato il fenomeno dell’oc- sollevare la pressione sul bracciantato agricolo». cupazione delle terre nel Sud e subito la questione [Menichini – Caravaggi, 2006] 118 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Questo intervento normativo, nel clima di scon- duttività e una diversificazione delle colture se si tro ideologico caratteristico degli anni del dopoguer- considera che ra, viene da molti considerato in primo luogo uno strumento usato dai partiti di centro per ostacolare «le terre che, in mano ai latifondisti, avevano for- la presa politica comunista e socialista nel mondo nito una produzione lorda vendibile media certo contadino e solo successivamente uno strumento di ancora di molto inferiore a quella di 71.000 lire sviluppo economico e di progresso sociale [Sacco, per ettaro rilevata nel 1953, in mano agli assegna- 1982]. Lo stesso Giampaolo D’Andrea, storico ed tari la vedono già salita a 95.000 lire nel 1956, a insieme esponente di spicco della Democrazia Cri- 115.000 lire nel 1958; mentre la profondità delle stiana lucana, pur sottolineando i punti positivi della trasformazioni che la conquista della terra da parte Riforma evidenzia che: dei contadini induce nei sistemi e nel paesaggio agrario degli ex-latifondisti ci è significata – ol- «La riforma parziale, di cui è difficile negare l’ef- tre che dalla scomparsa dei “riposi” – dalla parte ficacia per quel che con­cerne la liquidazione del rilevante che le foraggere e le colture industriali latifondo e l’avvio del processo di trasfor­mazione vengono assumendo nella rotazione agraria, e da delle campagne meridionali, incontrò la forte op- quella parte, pure crescente, che gli impianti arbo- posizione delle destre e l’ostilità delle sinistre, che rei e l’allevamento moderno sempre più assumono la giudicava inadeguata e ne percepivano l’insidia nell’impresa dell’assegnatario». [Sereni, 2007] in termini di spostamento dell’influenza politica­ nelle campagne, ove la Dc avrebbe potuto giovar- Così che la lotta per le terre ha determinato una si della presenza degli operatori degli enti incari- trasformazione del paesaggio agrario del Mezzo- cati della realizzazione del progetto di riforma». giorno forse più ampia di tutti gli altri interventi [D’Andrea, 2002] programmati a partire dall’inizio del novecento. Tra i più visibili effetti di questa trasformazione La riforma, pur limitata ad un ambito territoriale che non raggiunge nemmeno il 5% della superficie «si possono annoverare quelli riferibili alla prati- agraria e forestale complessiva del Paese, ha comun- ca liquidazione, nella maggior parte del Paese, del que ridotto l’estensione della proprietà latifondisti- sistema agrario tradizionale a campi ed erba, e di ca essendo stati assegnati 762.000 ettari, a 109.000 quello a maggese nudo, che erano restati, fino alla famiglie di braccianti e di contadini poveri [Sereni, vigilia della seconda guerra mondiale, caratteri- 2007]. stici per vaste plaghe ad economia latifondistica Inoltre il nuovo assetto non si limitò solo alle della maremma toscana e romana, del Mezzogior- terre espropriate ma costituì uno stimolo per i pro- no e delle Isole, e che erano venuti anzi estenden- prietari assenteisti che si videro costretti ad inter- dosi nel corso della guerra stessa [...] Ma le più venire sui fondi lasciati in stato di abbandono per visibili e decisive trasformazioni del paesaggio scongiurare i provvedimenti di esproprio più vasti agrario “risultano, piuttosto, dall’introduzione – ed incisivi che pure erano richiesti in quel periodo nel quadro informe del latifondo – degli elementi e determinarono un immediato aumento della pro- di una organizzazione, di un piano paesaggistico: La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 119

che (per quanto sovente, in concreto, discutibile furono migliorate le tecniche colturali, il territorio e criticabile) ci documenta pur sempre quel che fu punteggiato di manufatti destinati alla forma- la nostra umanità associata è capace di compiere, zione (Scuola Agraria di Piano del Conte, Istituto là dove essa coscientemente, e secondo un piano, zootecnico di Baragiano) e alla ‘civilizzazione’ concentra le sue energie su di un terreno, magari delle campagne. naturalmente e storicamente ostico, per improntar- Questo assetto territoriale è facilmente ricono- lo a forme adeguate alle proprie esigenze di pro- scibile in particolari aree dell’entroterra lucano, gresso economico e sociale». [Sereni, 2007] laddove, cioè, sussistevano i più estesi latifondi e insisteva una maggiore concentrazione di brac- In Basilicata, a seguito della riforma agraria, ciantato agricolo con relativa disoccupazione. In furono espropriati circa 59.000 ettari, si determinò particolare, furono interessati i terreni della val- nei fatti “la sconfitta del vecchio blocco agrario e la le dell’Ofanto, della Valle di Vitalba, della Val diffusione dell’azienda diretto-coltivatrice” [Giura d’Agri, della collina materana (Latifondo di Doria, Longo, 1992] e si permise la realizzazione di Berlingieri, Turati, Viaggiani, Conti, Scafarelli) mentre furono tralasciate le aree montane interne «opere che hanno lasciato un’impronta indelebile in prossimità di Potenza e quelle del Lagonegre- sull’assetto paesaggistico dei luoghi: si converti- se, ove le condizioni orografiche non avevano mai rono ampie superfici di seminativi in aree a colti- consentito la creazione di grosse concentrazioni vazione arborea, si ampliarono le superfici irrigue, fondiarie». [Menichini – Caravaggi, 2006]

Tav. 3 – Foto aerea della fascia Ionica lucana. Fonte: D. Adamesteanu, op. cit., p.12 120 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Tav. 4 – Divisioni delle terre nel Metapontino e nel territorio di Heraclea in epoca greca. Fonte: D. Adamesteanu, op. cit. p. 79

Ma la trasformazione più evidente del paesag- delle aree paludose, strutturando un nuovo paesag- gio agrario, in conseguenza dell’intervento di rifor- gio agrario, del tutto inedito per la Basilicata. ma, si ebbe nel Metapontino dove si attuò un piano predeterminato organizzato per fasce parallele alla «Gli interventi di bonifica, correlati a quelli di linea di costa e che vede susseguirsi alla battigia la assegnazione delle terre in applicazione della ri- duna mediterranea e poi una fascia lussureggiante forma agraria, determinarono la parcellizzazione di pineta alle spalle della quale si distende la pianu- del suolo agrario, restituito a condizioni di uti- ra coltivata attraversata dalle infrastrutture viarie e lizzo, in fondi di forma rettangolare o quadrata, ferroviarie. di estensione sufficiente al sostentamento di un Questa profonda trasformazione, più volte pro- nucleo familiare, e la realizzazione di una fitta e gettata e più volte accantonata a partire dall’inizio regolare rete di strade, di canali per il drenaggio e del novecento, si compie dunque a partire dagli di canali irrigui che in gran parte hanno ricalcato anni cinquanta, consentendo finalmente il supera- gli schemi della bonifica risalente alla colonizza- mento della malaria sia grazie all’azione dei nuovi zione greca. Lo spirito della Riforma, improntato pesticidi, sia in conseguenza del prosciugamento a risolvere il problema della rivendicazione delle La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 121

Tav. 5 – Il territorio della bonifica Fonte: S. Menichini, L. Caravaggi, op. cit., p. 48

terre da parte dei contadini asserviti alle grandi Qui come altrove in Italia il paesaggio agrario è famiglie di latifondisti, problema esploso già dal stato trasformato introducendo elementi ordinatori primo dopoguerra, prevedeva anche opere civili finalizzate a garantire agli assegnatari condizioni «visibili persino all’osservatore profano che – di vita più evolute: sorsero così le piccole case transitando per una via di grande comunicazione, coloniche, annesse alle quote di terreno assegnate o dalla cabina di un aereo – consideri i lineamenti, e disposte ordinatamente lungo gli assi viari se- ora definiti e precisati, di un paesaggio domina- condo moduli distributivi preordinati, e i centri di to, per il passato, dalla informe desolazione del servizio per la popolazione, che conservano an- latifondo. [...] Là dove, per contro, nell’interesse che oggi ben leggibile l’impostazione tipologica degli ex proprietari assenteisti, l’estensione della e morfologica di luogo ‘urbano’ di aggregazione proprietà coltivatrice è stata abbandonata la spon- divenuti, in molti casi, il nucleo originario di veri taneità della ‘fame di terra, dei contadini, o addi- e propri centri urbani». [Menichini – Caravaggi, rittura sollecitata nel senso di un accesso indivi- 2006] duale alla proprietà stessa, l’effetto [...] – lungi dal risultar quello di una nuova e più organica elabo- 122 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

razione delle forme del paesaggio agrario – è stato superficie della pianura circostante, tra il Bradano quello di una loro estrema frammentazione, fino e il Basento, è coltivata dai contadini che scendo- ai limiti di una vera e propria disgregazione: che no a lavorare dal grosso paese di Bernalda, situa- si esprime, sovente, nell’ulteriore estensione, dap- to a circa otto chilometri, sulle prime falde della prima, di un paesaggio di campi a pìgola, a maglie montagna. sempre più ristrette, nel quale la polverizzazione e [...] Il sistema di avvicendamento praticato qui, la dispersione delle parcelle prelude non di rado, come in tutta la zona in cui ci troviamo, comporta al loro abbandono da parte dell’imprenditore con- due anni di maggese per uno di raccolta. Con brac- tadino, proprietario, affittuario o colono che sia». cia in quantità sufficiente e un’acconcia coltura, [Sereni, 2007] in tutto il territorio di Metaponto si otterrebbero facilmente due raccolti all’anno. Qui non esiste un Queste considerazioni di Sereni trovano puntuale sentiero battuto o coperto di ghiaia; si è costretti riscontro nel resoconto di un viaggiatore come Carlo a camminare attraverso le campagne, il cui suolo Belli, sensibile umanista, interessato all’archeologia grasso e naturalmente irrorato dalle infiltrazioni piuttosto che all’agricoltura, che ha visitato Meta- dei due fiumi, dopo qualche giorno di pioggia si ponto a metà degli anni ottanta e che non può fare a trasforma in un mare di fango». meno di rilevare l’integrazione profonda tra paesag- gio ed opere agricole lì realizzato: Negli anni cinquanta, a seguito della diffusione dell’opera di carlo Levi e delle indagini antropolo- «Immensa e spettrale è la pianura di Metaponto; giche di studiosi nazionali ed internazionali, la Ba- ma se gli uomini appaiono qui più piccoli della silicata è al centro del dibattito sulla riforma agraria misura normale, non è tanto per il confronto con la e Matera, la “capitale del mondo contadino”, divie- vastità del paesaggio, quanto per la intensità delle ne un caso di studio così che nel 1951 si costituisce sacre luci che lo irrorano. Avvolti in codesti raggi la “Commissione di studio della città e dell’agro di obliqui che hanno i colori abbaglianti delle tra- Matera”. sfigurazione raffaellesca, uomini e donne vivono Su impulso dell’attività sviluppate in quegli una vita che si direbbe senza stagioni: non varia, anni a Matera da Adriano Olivetti si prova quindi immobile, carica di religiosità. Coltivano campi ad applicare una innovativa visione dello sviluppo sterminati e dormono in casette bianche, ognuna territoriale adottando un modello che deriva dalle delle quali è dedicata ad un Santo. [...] Metaponto esperienze realizzate per la pianificazione degli in- non esiste più come città, come paese, come nu- terventi della Tennessee Valley del New Deal ame- cleo edilizio configurabile visibilmente in vie e in ricano. piazze. Metaponto è tutta la zona di bonifica che si stende tra il Bradano ed il Basento, avendo come «Non mi svegliarono, di primo mattino, le campa- perno non una torre o un campanile, ma un tempio nelle dei greggi, come a Grassano, perché qui non dorico al di fuori della città antica. [...] Un secolo vi sono pastori né pascoli, né erba; ma il rumore prima il Francois Lenormant così aveva descritto continuo degli zoccoli degli asini sulle pietre della il paesaggio agrario dello stesso territorio “Tutta la strada, e il belar delle capre. È l’emigrazione quo- La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 123

tidiana: i contadini si levano a buio, perché devo- Più in generale a livello nazionale dopo un avvio no fare chi due, chi tre, chi quattro ore di strada per positivo, infatti, i Centri e gli Enti sorti a supporto raggiungere il loro campo, verso i greti malsani della riforma agraria in un primo momento «impe- dell’Agri o del Sauro, o sulle pendici dei monti gnati a coordinare secondo un piano aziendale l’ini- lontani». [Levi, 1945] ziativa individuale degli assegnatari e ad assolvere in forme associative e comunitarie fondamentali Per cambiare questo sistema di uso del suolo funzioni tecniche ed economiche (piani colturali, agricolo del tutto irrazionale, descritto da Levi, si operazioni meccaniche di bonifica, di lavorazione progettò l’insediamento del borgo rurale La Mar- e di raccolta, trasformazione industriale dei prodot- tella ad opera dall’Unrra-Casas [Sacco, 1983]. A tal ti agricoli, acquisti e vendite, finanziamento ecc.)» fine si programmò di realizzare non solo l’intervento [Sereni, 2007], furono progressivamente smobilitati edilizio pensato in linea con le modeste tradizioni nel timore che davvero la riforma fondiaria potesse locali, ma soprattutto di attuare l’idea di un nuovo prende piede al di là delle iniziali intenzioni gover- modello di gestione del territorio rurale, superando native. anzitutto il problema del pendolarismo che costrin- In definitiva in Basilicata la riforma determinò geva i contadini ad estenuanti spostamenti per rag- certamente la costituzione del polo produttivo agri- giungere dalla città gli appezzamenti da coltivare, colo della fascia ionica tuttavia, se inquadrata in un ed affiancando alle azioni infrastrutturali ed edilizie orizzonte storico più ampio, si deve considerare che anche interventi immateriali e di formazione per de- “si compiva nel XX secolo una riforma che si sareb- terminare un riassetto anche sociale, oltre che eco- be dovuta realizzare nel XVIII secolo” e nei fatti si nomico, della realtà rurale. riuscì a perseguire

«Quali che possano essere state le critiche rivolte «un obiettivo riformatore giusto e necessario, ma alla Martella, l’affermazione del concetto di urba- ‘anacronistico’, raggiunto cioè in ritardo, quando nizzazione delle campagne, che ne prefigurava il ormai la società contadina stava per essere assor- progetto, aveva un tal valore di rottura, in quel tem- bita e dissolta nella società industriale. Quell’in- po, in quella si­tuazione politica e nella campagna tervento tradivo e parziale rappresentò, infatti, se- meridionale, da rendere del tutto trascura­bili le cri- condo la valutazione dello studioso francese Henri tiche formali che si possono fare». [Fabbri, 1986] Mendras ripresa da Pasquale Villani, ‘il modo italiano di creare una classe di contadini moderni Purtroppo l’esperimento non darà i frutti sperati e per subito dissolverla nella società industriale». la cronaca pungente di Leonardo Sacco, apparsa già [Giura Longo 1992] nel 1955 sul “Il Mondo”, ricostruisce la vicenda evi- denziando il ruolo ‘normalizzatore’ svolto dall’Ente di riforma e raccontando tutta l’amarezza del falli- mento di quel modello alternativo che viene lenta- mente logorata e volutamente sfibrata dalle logiche di potere. 124 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

La modernizzazione al 1981 emigraro­no dalla regione circa 255.000 lucani, dei quali ben 123.926 andaro­no via tra il Nel dopoguerra si genera il fenomeno nuovo che 1961 e il 1971. La popolazione complessiva della determina una vera svolta epocale per il paesaggio regione, perciò, passava dai 644.297 abitanti del agrario: l’economia italiana, dopo un periodo di 1961 ai 603.054 del 1971, con una perdita net- transizione, si rivolge decisamente verso lo sviluppo ta di 41.243 cittadini. Se poi si riflette sul fatto del settore industriale e l’agricoltura diventa sempre che gli abitanti dei due capoluoghi di provincia, più marginale. nello stesso periodo, passavano,­ in Potenza, dai I centri di produzione industriali sono collocati 43.545 del 1961 ai 56.597 del 1971 e, in Mate­ra, a Nord mentre la massa della manodopera, in con- dai 38.562 del 1961 ai 44.513 del 1971, si avrà seguenza delle precedenti politiche demografiche, che ben 13.052 lucani­ si diressero a Potenza e al- si trova al Sud; le fabbriche e le attività terziarie tri 5.951 a Matera, per un totale di 19.003 unità. in travolgente sviluppo sono concentrate nei centri Se ne deduce che la provincia interna perdeva in urbani verso i quali le masse contadine sono irresi- tutto, in dieci anni, 60.246 abitanti, cioè il 15 per stibilmente attratte in considerazione del nuovo mo- cento circa della propria popolazione. Era in atto, dello di vita e del maggiore benessere lì percepibile; insomma, un vero e proprio processo di desertifi- si attiva così un nuovo fenomeno migratorio che so- cazione [...]». [Caserta, 2002] stituisce quella verso le americhe dell’inizio secolo. In Basilicata la tendenza alla concentrazione I fenomeni dello spopolamento e della concen- urbana si rileva in modo chiaro dalla lettura degli trazione non sono legati solo alla difficile situazione andamenti demografi dal 1909 al 2001 e si eviden- dello sviluppo economico locale, ma sono determi- ziano dunque due fenomeni, che sono del resto ben nati dalla crisi di una tradizionale visione del mondo conosciuti: e dall’affermarsi di nuovi modelli di vita dinamici e - la consistente emigrazione degli anni ’60 e ’70 socialmente condivisi, che hanno rotto equilibri sta- originata dalla mobilità di una parte rilevante tici secolari. I nuovi valori e la percezione di quanto della manodopera lucana verso le aree forte- accade al di là delle catene montuose dell’appen- mente industrializzate del nord Italia e del cen- nino, hanno insomma introdotto cambiamenti epo- tro Europa; cali sempre più rapidi in una struttura economica e - il contemporaneo accentramento della popola- sociale rimasta come ‘bloccata’ fino agli anni pre- zione nei due capoluoghi provinciale che fa re- cedenti la seconda guerra mondiale, così come ha gistrare un incremento quasi pari al 200% per il intuito Carlo Levi muovendo da un punto di vista capoluogo regionale tra il 1931 e il 1961. culturale, e così come ha motivato acutamente Man- Queste due dinamiche stringono come una morsa lio Rossi Doria. le aree interne che conoscono fenomeni di spopola- mento a volte drammatici dal punto di vista sociale «La Basilicata ha mantenuto a lungo e in gran par- [Giambersio 2007]. te conserva ancora i caratteri originali di un’antica società rurale, che risalgono qui, come in molte «Secondo le statistiche, è calcolato che dal 1951 altre parti del Mezzogiorno interno, ai tempi delle La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 125

popolazioni pre-greche e pre-romane. [...] Taglia- Storicamente i piccoli paesi dell’Appennino lu- ti fuori durante lunghe epoche, privi di strade e di cano sono dunque nati ed hanno prosperato come porti dopo la scomparsa delle colonie greche della centri di riferimento per un più o meno esteso e ricco costa jonica, chiusi dai monti nelle singole valli, i territorio agricolo circostante, ed hanno comunque loro abitanti sono vissuti esclusivamente e sempre rappresentato per secoli, un modello di vita sociale, di pastorizia e di una primitiva e dispersa agricol- di organizzazione del territorio e delle risorse, che tura, priva (salvo poche eccezioni) di stabili sedi in si inquadrava in un contesto statico, sostanzialmen- campagna. L’aspetto saliente che ancor oggi sor- te autarchico, spesso caratterizzato da uno sviluppo prende nel paesaggio della Basilicata - e in genere economico, sociale e culturale limitato [Giambersio, delle zone interne del Mezzogiorno - è vedere da 2007]. È questo il panorama delle campagne luca- un lato, la mancanza di case, di alberi, di strutture ne che resiste fino alla seconda guerra mondiale, e aziendali nelle campagne, dall’altro l’insediamen- che viene registrato in modo assai efficace da Carlo to concentra­to delle popolazioni in borghi più o Levi: meno grossi, situati per lo più nei luoghi più alti del territorio. Molteplici spiegazioni sono state tentate «Amavo salire in cima al paese, alla chiesa battuta per questo particolare aspetto del paesaggio, ma la dal vento, donde l’occhi spazia in ogni direzione, più convincente è quella che lo connette alle carat- su un orizzonte sterminato, identico in tutto il suo teristiche delle risorse naturali e ai possibili modi cerchio. Si è come in mezzo a un mare di terra di una loro utilizzazione in base alle conoscenze biancastra, monotona e senz’alberi: bianchi e lon- tecniche del passato». [Rossi Doria, 1990] tani paesi ciascuno in vetta al suo colle».

Tav. 6 - Reddito globale privato e pubblico per settori economici al lordo delle duplicazioni e rettifiche nel 1959 Fonte: Elaborazione su dati SVIMEZ 126 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Tav. 7 - Rapporto fra le superfici dei seminativi alberati e dei seminativi nudi in Italia Fonte: E. Sereni, op. cit, p. 452

Nel dopoguerra quel mondo arcaico sarà travolto di centri tipicamente agricoli era assai netta [Viga- definitivamente dalle dinamiche nuove e pervasive, noni, 1992] ed ancora alla fine degli anni cinquanta descritte di seguito come fenomeni veri e propri di la Basilicata si caratterizzava, come si evince dalla deterritorializzazione, che ne modificano alla radice tabella seguente, per la presenza di un apparato in- i termini di riferimento sociali, culturali ed econo- dustriale complessivamente debole e, mentre l’agri- mici. coltura assumeva ancora un peso determinante per Tuttavia ancora negli anni ’50 l’intero territorio l’economia regionale: pochissime erano le aziende della Basilicata era descritto come “una grande cam- di medie e grandi dimensioni rispetto al gran nume- pagna” e si parlava del Mezzogiorno intero come di ro di piccoli e piccolissimi impianti­ produttivi; pres- una “terra senza città” [Fabbri, 1986], la prevalenza soché assente era la grande industria evoluta tecno- La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 127

logicamente e l’industria manifatturiera ed edilizia A questa situazione fece fronte ancora una volta agivano unicamente sul mercato locale con tecniche una forma di intervento straordinario a regia nazio- produttive e gestionali ancora tradizionali. nale; nel 1950 venne istituita la Cassa per il Mezzo- Del resto il fenomeno, come rileva Viesti, riguar- giorno, e per arginare i formidabili moti migratori da gran parte del Mezzogiorno tanto che in precedenza descritti, si attuò un programma che prevedeva la costituzione di nuovi poli industriali «[...] fino alla fine degli anni Cinquanta il Sud non e che, progressivamente, anche in Basilicata avreb- ha alcun significativo sviluppo industriale, proprio bero spostato il baricentro della produzione verso il men­tre l’industria del Nord viene ricostruita e am- settore industriale e terziario a scapito di quello agri- pliata, e trae grande vantaggio dalla crescita del colo [Giambersio, 2007]. mercato interno e dagli iniziali successi all’espor- La stessa agricoltura, che fino ad allora era anco- tazione, dai bassi salari e dalla loro dinamica mol- ra caratterizzata da un uso del suolo del tutto irrazio- to più lenta rispetto alla crescita delle produttività. nale, tanto che Manlio Rossi Doria definiva questa Le produzioni meridionali sono an­cora principal- non agricoltura ma vera e propria ‘pazzia’, è stata mente basate su attività artigianali (fornai, sarti, investita in quel periodo da innovazioni tecnologi- ciabattini, falegnami, fabbri) o di piccolissime che e nuovi processi organizzativi che, in breve tem- im­prese (materiali da costruzione) orientale alla po, hanno compiuto una vera e propria rivoluzione domanda locale. Alla fine degli anni Cinquanta ridefinendo tutti i parametri sui quali si era fatico- l’industria manifatturiera rappresenta ancora solo samente agito durante la prima metà del novecento. il 13 % circa dell’economia meridionale, poco più Su questi processi, non sempre e totalmente positivi di un terzo del suo peso al Nord». come sottolinea Sereni negli anni ‘60, hanno influito

Tav. 8 – Forze di lavoro in complesso per settore di attività economica in Puglia, Basilicata e Calabria dal 1954 al 1960 (mi- gliaia di unità) Fonte: Elaborazione su dati SVIMEZ 128 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

“gli sviluppi della meccanizzazione, l’orientamento mente indotti a ricercare il loro massimo profitto della politica degli investimenti pubblici, l’adesione non solo e non tanto nel quadro di uno sviluppo del governo italiano al cosiddetto ‘mercato comune produttivo, almeno, della nostra agricoltura, che europeo’, e la brusca inversione del corso della po- consentisse loro più larghi margini di sfruttamen- litica granaria delle classi dominanti italiane». [Se- to, magari, nel corso del processo produttivo agri- reni, 2007] colo stesso, quanto piuttosto in un vero e proprio Negli anni del boom economico si andava com- sistematico saccheggio della nostra agricoltura, piendo così la transizione dell’Italia da paese agrico- realizzato attraverso il pieno controllo (di cui essi lo a paese industrializzato svuotando all’improvviso dispongono) del processo di circolazione e di di- di contenuto tutta la questione collegata al riassetto stribuzione dei prodotti agricoli e di quelli neces- dell’agricoltura. sari agli agricoltori, attraverso la politica fiscale e quella degli investimento, del credito, e così via». «nel complesso, il processo decisivo per la confi- [Sereni, 2007] gurazione di nuovi rapporti di forza nelle nostre campagne è stato proprio quello di una crescente La forte connotazione agricola dell’economia subordinazione della nostra agricoltura, presa nel lucana, continua fino agli anni ’60 ad essere assimi- suo insieme, al nuovo strapotere dei monopoli labile a quella delle regioni limitrofe, Puglia e Cala- industriali, commerciali e finanziari. [...] i gruppi bria, come si evince dal grafico seguente, infatti, il monopolistici dominanti – già per la loro origine settore agricolo continua ad assorbire in larga misu- alieni dalla considerazione degli interessi più pro- ra la forza lavoro presente sul territorio, anche dopo priamente agricoli – son stati sempre più larga- gli anni ’50, mentre si assiste al decollo del settore

Tav. 9 - Andamento dell’occupazione nel periodo dal 1951 al 1975. Fonte: Elaborazione dati Giunta regionale (anno 1978) ed elabo- razioni Territorio SPA su dati ISTAT. La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 129

industriale che già dal ’60 assorbe un terzo della for- L’andamento e la trasformazione della forza la- za lavoro complessiva, nelle tre regioni meridionali. voro regionale appare ben evidente anche dai dati ri- La svolta avviene, nel ventennio che va dal 1951 portati da Giura Longo in riferimento al decennio dal al 1975, periodo che coincide con l’attivazione dei 1965 al 1975, allorquando il peso dell’agricoltura si nuovi flussi migratori, ed in cui l’agricoltura in Ba- riduce sensibilmente dal 54% al 39%, con una perdi- silicata perde oltre la metà degli occupati nel settore, ta di ben 31.000 occupati, mentre il terziario vede un in controtendenza del dato relativo agli altri settori: incremento di 16.000 occupati l’industria registra un l’industria ed il terziario occupano nel 1975 più del- aumento di circa 13.000 occupati, mentre crescono la metà degli occupati settoriali degli anni ’50, tant’è di 3.000 le persone in cerca di occupazione. che Giura Longo riporta che A partire da allora e fino alla fine del secolo è proseguita nella sostanza questa tendenza, che anzi «Nel decennio a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni si è accelerata, e che ha determinato sempre più una ’70, dunque, e per la prima volta nella sua storia, la marginalizzazione del settore agricolo, non solo ri- Basilicata assisteva ad una profonda trasformazione spetto a quello dell’industria, ma anche e soprattutto dei suoi caratteri originari, conquistando le posizio- rispetto a quello dei servizi che, negli ultimi decen- ni di una più articolata ed equilibrata composizione ni, hanno conosciuto, un nuovo sviluppo grazie so- sociale. Questo risultato, senza dubbio positivo, prattutto all’evoluzione ed alla diffusione dei mezzi riassume il dato principale della storia sociale ed informatici e telematici. economica della Basilicata contemporanea e costi- Come tutti i settori dell’economia anche l’agri- tuisce l’indicatore più idoneo a misurare l’ampiezza coltura in Basilicata ha vissuto una modernizzazione delle trasformazioni ivi allora registrate». attraverso la progressiva meccanizzazione che era

Tav. 10 - Macchine agricole e motori agri- coli vari (1960-1990) Fonte: elaborazione dati ISTAT 130 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Tab. 2 - Gli invasi costruiti in Basilicata

Anno di ultimazione Denominazione dell’invaso e principali caratteristiche dei lavori Invaso di San Giuliano (fiume Bradano), 1955 capacità 107 Mmc (bacino sotteso di 1.631 kmq, 101,6 m.slm.), uso irriguo per il territorio della Basilicata per il 50%). Traversa di Gannano (fiume Agri), capacità 2,6 Mmc (bacino sotteso di 1.490 kmq, 99 m.slm.), uso irrigazione. Il serbatoio per 1959 l’irrigazione delle aree del Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto è alimentato dell’invaso del Pertusillo posto più a monte. Invaso del Pertusillo (fiume Agri), 1963 capacità 155 Mmc (bacino sotteso di 630 kmq, 532 m.slm.), uso plurimo (irriguo per il territorio della Basilicata per il 32,3%). Invaso del Camastra (torrente Camastra), 1968 capacità 41 32 (bacino sotteso di 350 kmq, 534,6 m.slm.), uso plurimo (irriguo per il 13,3%, potabile e industriale per la restante parte).

Invaso del Basentello - Serra del Corvo – (fiume Basentello), 1974 capacità 41 Mmc (bacino sotteso di 267 kmq, 269 m.slm.), uso irriguo.

Invaso del Pantano (torrente Tora - Pignola), 1981 capacità 5,5 Mmc (769,2 m.slm.), uso industriale.

Invaso di Monte Cotugno (fiume Sinni), 1983 capacità 530 Mmc (bacino sotteso di 890 kmq, 255,8 m.slm.), uso plurimo (irriguo per la Basilicata per il 41,9%).

Invaso di Genzano (torrente Fiumarella), 1990 capacità 57 Mmc (bacino sotteso di 37 kmq, 443 m.slm.), uso irrigazione.

Invaso di Acerenza (fiume Bradano), 1994 capacità 47 Mmc (bacino sotteso di 142 kmq, 457 m.slm.), uso irrigazione.

Traversa di (fiume Basento), 1996 capacità 0,45 Mmc, uso irriguo.

Invaso di Marsico Nuovo (fiume Agri), 1996 capacità 7 Mmc (bacino sotteso di 26 kmq, 786,6 m.slm.), uso irrigazione.

Fonte: Elaborazione dati Autorità di Bacino Regione Basilicata. La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 131

iniziata, in realtà, già a fine ottocento quando si co- agricola, la diffusione della meccanizzazione agri- minciarono ad utilizzare per lo più gli aratri in ferro, cola, con la conseguente messa a coltivazione di che sostituirono quelli a chiodo, e macchine a vapo- aree anche meno vocate e l’abbandono delle campa- re per i frantoi e le trebbiatrici [ne erano presenti 6 gne. Si registra dal 1960 al 1990 un crescente l’im- nel circondario di Matera, 1 nel comune di Genza- piego dei mezzi meccanici nelle produzioni agricole no e 5 nel circondario di Melfi]. Nel 1904, secondo che è evidenziato nel grafico seguente; si tratta di l’analisi di Sinisi, esistevano ben 57 trebbiatrici sul macchine agricole tra cui trattici, mietitrebbiatrici, territorio regionale, di cui 13 nel comune di Gen- motofalciatrici, motocoltivatori, motozappatrici, zano e 9 nel comune di Irsina. Ad inizio secolo, in- motoagricole ed altri motori agricoli. fatti, emergono i cosiddetti ‘agricoltori distinti’ per Per comprendere il rivolgimento epocale intro- o più grandi proprietari ed affittuari del melfese e dotto dell’innovazione tecnologica nel paesaggio della costa ionica [Sinisi, 1989] che per primi intro- agrario lucano, può essere utile considerare quanto dussero macchine agricole e strumenti moderni per scrive l’archeologo Dinu Adamesteanu: migliorare le produzioni agricole, ad esempio incre- mentando la viticoltura e l’olivicoltura. La diffusio- «Nelle prime riprese aeree la città di Metaponto, ne delle trebbiatrici e delle mietitrici avvenne nelle nonostante i danni subiti nei primi decenni del zone del materano e del melfese per risparmiare sul ‘900, appariva talmente ben articolata da permet- costo della manodopera e non per modificare fattori tere di fissare il suo intero impianto urbano. Anche ambientali negativi, come nei territori malarici e pa- in qualche altra fotografia aerea ripresa durante ludosi della Basilicata orientale; in tali zone infatti l’ultima guerra si notano bene la cinta delle mura, risultava più economica la coltivazione estensiva dei l’impianto ortogonale e l’area sacra della colonia cereali. La diffusione degli aratri in ferro costituì un achea. Ma la città ha sofferto un grave colpo dopo indubbio progresso, ma vi erano gravi ostacoli ad il 1956, allorquando, con la riforma Agraria, sono una trasformazione più radicale della cerealicoltura stati introdotti in agricoltura i potenti mezzi mec- estensiva. canici. Sulle riprese aeree effettuate dal 1964 in Il territorio orientale della regione continuò an- poi, infatti, tutte le ‘anomalie’, che una volta in- cora per poco ad essere segnato dalla transumanza dicavano anche i quartieri della città, sono sparite che per secoli aveva dettato ritmicamente, nello spa- quasi completamente». zio e nel tempo, i percorsi naturali, seguendo le di- rettrici che andavano dalla pianura ionica alla costa Altro elemento determinate, legato alle nuove adriatica del foggiano e percorrendo le antiche vie tecnologie disponibili, è stata la realizzazione delle dei tratturi regi. A partire dagli anni ’50, infatti, i pa- imponenti infrastrutture di sbarramento “a monte” scoli iniziano a perdere la loro importanza, a vantag- dei fiumi, che finalmente compiono il disegno con- gio della produzione primaria e, se da un lato emer- cepito ad inizio secolo da Nitti e dall’ing. Omodeo, ge una forte spinta ad utilizzare superfici agricole che consentono l’irrigazione di migliaia di ettari di come le pianure per scopi industriali, ed aumentano terreno agricolo. Nell’uso delle acque per l’irriga- le reti viarie di collegamento sul territorio, dall’altro zione non si registrarono sviluppi significativi nem- crescono le tendenze incentivanti della produzione meno a seguito della legge speciale del 1904 tanto 132 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Tav. 11 – Sistema delle infrastrutture idriche primarie in Basilicata Fonte: Basilicata Regione Notizie n. 122-129/ 2009, p. 135 La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 133

che nel 1917 erano irrigati circa 9.000 ettari per lo più nelle valli Dell’Agri e del Sinni e l’irrigazione, per lo più, era realizzata con “canali scavati nel ter- reno, [...] dighe in ciottoli, fascine e pali che andava- no distrutte ad ogni piena” [Sinisi, 1989]. A parte l’eccezione dell’invaso di Muro Lucano, di cui si è già detto, alla seconda metà del secolo sono riconducibili le costruzioni dei principali in- vasi sul territorio lucano, in gran parte destinati ad uso irriguo. La svolta tecnologica consentì dunque già agli inizi degli anni ’70 di rendere irrigui oltre la metà delle aree irrigabili: “70.000 ha di super- ficie, su un’area irrigabile complessiva pari - acir ca 130-140.000 ha” [Piano Regionale di Sviluppo 1994-96], permettendo l’introduzione in vaste aree interne di una agricoltura moderna, basata su colture arboricole ed orticole di pregio e più remunerative. Come si evince dai riferimenti di seguito riporta- ti, la costruzione di tali opere, per le loro caratteristi- che, quali capacità massima e dimensione del bacino sotteso, ha rappresentato sicuramente un elemento di impatto notevole sul paesaggio agrario. Tuttavia questo importante programma di sbar- ramenti sulle aste fluviali, insieme alle altre altera- zioni degli ambienti naturali, ha causato anche con- seguenze negative non trascurabili riducendo l’ap- porto di sedimenti ed inerti che si depositano a valle degli sbarramenti. A partire dagli anni ’50 il litorale ionico, è stato infatti interessato da forti processi erosivi che hanno determinato rilevanti fenomeni di arretramento della linea di riva, lo smantellamento di ampi settori di spiaggia e di parte dei cordoni du- nali che, ad oggi, hanno arrecato danni rilevanti ai sistemi naturali, ai sistemi antropici ed alle attività economiche presenti nell’area costiera [Vita, 2009]. Per lo sviluppo agricolo della Basilicata è anche determinante il nuovo assetto delle infrastrutture Tav. 12 – Le principali vie di comunicazione in età contem- poranea. Fonte: S. Menichini, L. Caravaggi, op. cit., pag. 48 viarie regionali, che a partire dal dopoguerra, rom- 134 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

pono l’isolamento atavico sia della regione verso stemi urbani pedemontani e vallivi alpini, abban- l’esterno, sia di molte aree interne in precedenza dono dell’ ‘osso’appenninico, marginalizzazione inaccessibili, aprono prospettive inedite per la com- dell’armatura urbana storica delle piccole e medie mercializzazione dei prodotti agricoli e rivoluziona- città, esodo dal Sud, costruzione delle aree metro- no la stessa percezione delle distanze nella geografia politane dell’ ‘ellisse padana’ come esito del pro- regionale [Giambersio 2007]. Tali infrastrutture se- cesso di massificazione del lavoro». [Magnaghi, gnano profondamente le principali fondovalli, con 2000] strutture in cemento armato tipiche della viabilità a scorrimento veloce, e caratterizzano il paesaggio Il risultato di questo processo accelerato che, in agrario lucano contemporaneo con viadotti, gallerie, pochi anni, ha trasformato in modo decisivo il pae- barriere prima del tutto assenti. saggio italiano restituisce un territorio destrutturato Una fotografia, scattata negli anni ’70 da Hen- con gli spazi aperti che, secondo la lettura propo- ri Cartier-Bresson, mostra un contadino lucano che sta da Magnaghi dei fenomeni territoriali, vengono semina ‘a braccio’, ripetendo un gesto antichissimo smembrati in: su un campo arato i cui limiti sono definiti dai pilo- - Spazi usati per l’ ‘urbanizzazione delle perife- ni di un viadotto moderno che taglia il paesaggio, e rie industriali metropolitane’: ossia gli spazi che riesce a sintetizzare questi travolgenti cambiamenti accolgono le nuove conurbazioni dove vengono in una singola immagine memorabile che diviene inglobati ed in massima parte cancellate le pre- un emblema per la trasformazione del paesaggio cedenti fragili strutture dei borghi periurbani, agrario lucano. Fenomeni analoghi sono ovviamen- dei tessuti rurali ed agricoli marginali alle cit- te presenti in tutto il territorio nazionale ma qui in tà per far posto ai centri di produzioni, le fab- Basilicata la loro dirompente modernità contrasta briche, ai quartieri dormitorio, alle sempre più in modo più evidente con gli echi di una tradizione imponenti infrastrutture di trasporto, ai centri contadina ancora radicata perché preservata dal lun- commerciali; go isolamento. - Spazi, prevalentemente di pianura, adatti all’in- Una interessante lettura delle trasformazioni del sediamento dell’ ‘industria verde’ che vengo- paesaggio italiano, che nella grandi linee inquadra no letteralmente ‘rasi al suolo’ per le esigenze quanto avviene in Basilicata nel contesto nazionale, connesse ad un’agricoltura meccanizzata basata si ricava dagli studi condotti da Alberto Magnaghi sull’uso intensivo della tecnologia e della chi- che individua un discrimine importante nel fenomeno mica e che ha fatto progressivamente scompa- della ‘deterritorializzazione’ che egli fa discendere di- rire elementi caratterizzanti il territorio agrario rettamente dal processo di ‘fordizzazione’ accelerata italiano quali la ‘piantata’, i canali, i filari, i mi- che hanno subito a livello internazionale le produzio- croclimi, i borghi rurali e le cascine; ni industriali. In poche ma significative parole: - Gli ‘spazi costieri destinati al tempo libero’ di quanti sono all’interno di questo ciclo produt- «Il processo di deterritorializzazione, date le con- tivo di massa e dove si sviluppa un’industria dizioni storico-geografiche in cui è avvenuta la della vacanza che produce conurbazioni lineari trasformazione, è stato imponente: esodo dai si- litoranee; La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 135

Tab. 3 - Occupati per settore economico Fonte: PSR Basilicata 2007-2013, op. cit., p. 82

Tav.13 – Carta delle aree rurali. Fonte: PSR Basilicata 2007-2013

- Il paesaggio della ‘collina e della montagna’ che di programmazione predisposti dalla Regione Basi- viene di fatto abbandonato e destinato al degra- licata per l’utilizzo dei fondi dell’Unione Europea do progressivo ambientale e sociale pur essendo tra i quali il principale è il Programma di Sviluppo rilevante sia dal punto di vista dimensionale [si Rurale della Basilicata 2007-2013 predisposto dalla tratta in sostanza di tutta l’area appenninica] sia Regione Basilicata ed approvato dalla Commissione per storia. Europea con Decisione CE n. 736/2008 sulla base In sostanza l’analisi spietata del Magnaghi resti- del Regolamento CE n. 1698/2005. In tale ottica è tuisce un territorio che “nella sua accezione com- centrale il concetto di sviluppo rurale, che afferma il plessa ed integrata di ambiente fisico, ambiente co- valore della dimensione territoriale rispetto a quella struito ed ambiente antropico, viene semplicemen- settoriale ed in tale contesto la Basilicata, secondo te sepolto, ridotto allo spazio astratto, atemporale le indicazioni comunitarie, è stata classificata intera- dell’economia.” mente rurale. Nello specifico, i territori rurali della Basilicata sono:

Lo stato attuale L’Area B ‘Area rurale ad agricoltura intensiva specializzata’ - Pianura del Metapontino che com- Il territorio rurale lucano prende i sei comuni di pianura situati nella fascia ionica del Metapontino. Essa si caratterizza per: Tutti i cambiamenti intercorsi dal dopoguerra - la diffusione di un’agricoltura intensiva specia- ad oggi hanno determinato un assetto territoria- lizzata in coltivazioni orticole e frutticole; sono le che supera in modo sostanziale quello descritto concentrate la maggior parte delle associazioni dall’Azimonti all’inizio del secolo, che era ancora di produttori ed è stato istituito il Distretto agro- presente nell’immediato dopoguerra. L’assetto del alimentare di qualità del Metapontino. Le per- territorio contemporaneo è descritto nei documenti duranti inadeguatezze delle dotazioni logistiche 136 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

e infrastrutturali e carenze dell’organizzazione - il livello della la redditività dell’agricoltura al- e dell’integrazione nelle filiere agricole e agro quanto bassa e terreni poco produttivi; – industriali, producono tuttavia una costante - realtà agroalimentari di eccellenza, legate a pro- sottoremunerazione dell’attività agricola. duzioni di qualità quali l’Aglianico del Vulture; - una vocazione turistica poiché oltre il 42% delle - un’elevata presenza di addetti all’industria agro- infrastrutture turistiche e dei posti letto alber- alimentare [il 47,3% del totale regionale] sia per ghieri regionali sono qui concentrati. Sono pre- la presenza di opifici a valenza nazionale, sia la senti pertanto problemi di competizione nell’uso presenza di una rete di piccole e medie strutture delle risorse primarie, di impatto ambientale e di trasformazione, quali ad esempio, le cantine di sostenibilità dell’attività agricola. In questo e gli oleifici nell’area del Vulture; territorio, infatti, si concentrano le zone vulne- - una scarsa dotazione dei servizi e di infrastrut- rabili ai nitrati, ma sono presenti anche territori ture, non solo relativamente alla viabilità, ma ad alto valore naturalistico con presenza di Siti anche alla dotazione di infrastrutture turistiche. di Importanza Comunitaria [SIC] e Zone a Pro- L’Area D.2 – ‘Aree interne di collina e montagna’ tezione Speciale [ZPS]. che comprende 64 comuni e copre il 53% circa della superficie territoriale lucana, compreso i due capoluo- L’Area D.1 – ‘Area ad agricoltura con modelli ghi. Essa si caratterizza per: organizzativi più avanzati’ che comprende 61 co- - il maggior rischio di abbandono della attività muni e racchiude il Parco Nazionale del Pollino e il agricole infatti gli occupati in agricoltura sono Parco della Val d’Agri e quello in via di istituzione il 9%, il valore più basso delle tre aree, e la mag- del Vulture. Essa presenta: gior parte sono anziani, con problemi legati alle - un’ampia varietà di habitat naturali, zone SIC difficoltà di adeguamento delle competenze e di e ZPS; apertura alle innovazioni;

Tab. 4 - Destinazione della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) Fonte: PSR Basilicata 2007-2013, op. cit., p.83 La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 137

- la gran parte della superficie è investita a semi- principali e per l’area del Metapontino. Se i compren- nativi [67%] e circa il 28% a prati pascolo, con sori rivenienti dall’azione della Riforma Fondiaria, bassi livelli di redditività delle colture, dovuti necessitano di più incisive azioni di manutenzione, il alla scarsa qualità dei terreni ed alla diffusione Vulture Alto Bradano e la Val d’Agri è invece il terri- della monocoltura; torio regionale meglio dotato, per i miglioramenti in- - la presenza di una cerealicoltura estensiva e for- tervenuti in seguito all’insediamento FIAT; di contro ti caratteri di naturalità, sia per la presenza di la peggiore dotazione stradale si riscontra nei comuni superficie protetta, di zone SIC e ZPS, sia per delle aree interne di collina e di montagna. la diffusa presenza di foreste, ambienti fluviali e Relativamente alle infrastrutture telematiche lacustri, con elevati livelli di biodiversità. [ICT] per le aziende agricole e le popolazioni rura- li, le aree rurali risultano in generale meno servite In generale, all’interno dei territori dell’Area D rispetto a quelle urbane, tant’è che per la sola in- è maggiormente sentito il problema dell’invecchia- frastrutturazione informatica i dati relativi al “Piano mento della popolazione e del progressivo spopola- regionale per il superamento del digital divide” evi- mento dei piccoli comuni. denziano una significativa sottodotazione di questi Dal punto di vista dell’occupazione, il settore servizi nelle aree rurali, in particolar modo in quelle primario, in termini di percentuale di addetti, rive- interne. Per questo nell’ambito del Programma Ope- ste maggiore importanza nell’area rurale B ad agri- rativo Regionale 2000-2006, la Regione Basilicata coltura intensiva, con il 21% degli occupati. Nella ha attivato il progetto integrato Basitel 2 finalizzato altre due aree D1 e D2 ha rilevanza il terziario, che a promuovere l’impiego diffuso di strumenti, servizi assorbe rispettivamente il 54,3% ed il 60,9% degli e applicazioni, basati sulle tecnologie dell’informa- occupati, per la presenza in questi territori dei due zione e della comunicazione. capoluoghi di provincia, ove sono maggiormente Tra le componenti infrastrutturali che poten- concentrati gli uffici pubblici e i servizi. zialmente influenzano il territorio e la sua crescita Circa la destinazione agricola, l’area B presenta il troviamo da un lato la dotazione di strutture ricrea- carattere maggiormente intensivo con le dimensioni tive e culturali, che in regione risulta piuttosto scar- medie aziendali più basse rispetto al dato regionale. sa, dall’altro la dotazione di strutture ricettive, per Nell’area B, oltre 1/3 della superficie agricola utiliz- la quale la maggiore concentrazione si rileva nella zata è investito in coltivazioni legnose agrarie; nelle pianura metapontina. A tal proposito è interessante aree D1 e D2 i prati permanenti ed i pascoli coprono citare due progetti di ricettività “L’Albergo Diffuso” circa il 30% della superficie agricola utilizzata. del GAL COSVEL che ha creato 165 posti letto con Le infrastrutture presenti non risultano sempre interventi di recupero delle abitazioni in disuso, ed adeguate alle esigenze delle popolazioni rurali e del- il progetto “Il Borgo della Cattedrale” del GAL SSR le imprese, ancor meno per quelle residenti in aree Aristeo che ha ripristinato vecchie unità immobiliari montane a vocazione agro silvo-pastorale. esistenti nel centro storico di Acerenza [PSR Basili- La viabilità rurale, come estensione, risulta com- cata 2007-2013]. plessivamente soddisfacente in regione, specie per Anche il settore agrituristico lucano, nel breve i territori situati in prossimità delle arterie stradali periodo compreso dal 1988 fino al 2004, ha cono- 138 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

sciuto una forte crescita, raggiungendo le 253 unità rio lucano [Rapporto APAT 2005]. Inoltre, secondo su tutto il territorio regionale. l’analisi dei dati ISTAT relativi al censimento gene- Le fattorie didattiche rappresentano un altro esem- rale dell’agricoltura del 2000, nel decennio 1990- pio di iniziativa di diversificazione dell’attività agri- 2000, la superficie agricola utilizzata ha subito una cola, capace di legare l’attività dell’azienda agricola riduzione complessiva del 14%, in maggior misura all’ambiente in un’ottica di sostenibilità. In Basilicata in montagna. è una delle esperienze più recenti ed innovative del Nel 1999, in Basilicata si registra il tendenziale territorio, ancora poco presenti: secondo i dati del decremento del valore aggiunto del settore agricolo, censimento nazionale del settore al 2002 risultano tanto che, secondo quanto riportato dalla Conferenza attive sei fattorie didattiche di cui quattro biologiche. regionale per l’Agricoltura 1999: “la ripartizione del valore aggiunto lucano mostra la predominanza del settore terziario che contribuisce, nel 1997, al valore La fotografia dell’ agricoltura lucana attuale totale per il 64%”, contro il valore dell’agricoltura per il 7,52% e dell’industria per il 28,5%.”. Dal pun- Il suolo regionale risulta costituito prevalente- to di vista occupazionale, la diminuzione dell’offerta mente da Superficie Agricola Utilizzata [SAU] per di lavoro ha interessato tutti i settori di attività, ma il oltre il 58% del territorio regionale [Italia 51,9%], settore agricolo ha subito in media un calo maggiore a seguire dalle aree forestali e naturali per il 40,2% perdendo circa il 30% rispetto al 1990. Nello stes- [Italia 42%], in minima parte da aree artificiali so periodo, diminuisce notevolmente anche il peso 1,44% [Italia 4,7%], ed infine le zone umide ed i totale degli addetti al settore agricolo sugli addetti corpi idrici che rappresentano lo 0,3% del territo- totali, con una riduzione di ben 3,2 punti percentuali

Incidenza % seminativi Incidenza % prati permanenti Incidenza % coltivazioni legnose agrarie La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 139

dal 1990 al 1996, mentre l’industria si riduce solo di censimenti, aumenti sia in termini di aziende 1,6 puntied il settore delle altre attività aumenta di [+47,2%] che di superficie investita [+34,5%]. 4,8 punti percentuali. - Significativa è la riduzione delle aziende e del- In termini di utilizzazione dei terreni agricoli, la superficie investita a prati permanenti e pa- allo stato attuale, il paesaggio agricolo lucano, come scoli, sicuramente correlata alla riduzione dei quello italiano, è costituito da seminativi, che rap- capi allevati, e particolarmente problematica presentano il 62% della superficie agricola utilizza- in relazione alle possibili conseguenze legate ta, con punte molto elevate nell’Alto Bradano dove i all’abbandono di tali terreni, in particolare in seminativi sfiorano il 90%. Nel decennio 1990-2000 montagna. la superficie destinata a seminativi si è ridotta di cir- - Le aziende che praticano l’allevamento del ca 50 mila ettari ovvero del 13,4%, con una conse- bestiame, al 2000, sono 20.306 in diminuzio- guente diminuzione del suo valore medio per azien- ne rispetto al dato del precedente censimento da che è passato da 6,19 a 5,98 ettari. In termini di [-29,2%]. [PSR Basilicata 2007-2013]. produzione primaria vale la pena richiamare alcuni dati della recente analisi regionale: In corrispondenza di tali dati il Censimento del- - Le colture prevalenti continuano ad essere quel- la agricoltura del 2000 restituisce la cartografia di tre le cerealicole con circa il 45% di SAU, rappre- differenti paesaggi agrari caratterizzati rispettivamen- sentate da oltre 210 mila ettari a frumento. te da una prevalenza di superfici destinate a semina- - Le coltivazioni legnose agrarie coprono il tivo, a coltivazioni legnose agrarie ed a prato perma- 10,5% della SAU, ovvero 56.265 ettari e sono nente, così come evidenziato nella tavola seguente. praticate dal 70,3% delle aziende. Nello stesso decennio 1990-2000 si assiste ad una - L’olivo è la coltivazione più diffusa con 28.750 lieve diminuzione del numero delle aziende agricole ettari e con un incremento sia del numero delle pari all’1,7%, mostrando una maggiore stabilità che aziende [+7,6%] sia della superficie [+12%] ri- nel resto del Sud e in Italia. Tale riduzione del nume- spetto al decennio precedente. ro di aziende agricole, connessa alla contemporanea - Gli ettari investiti nella coltivazione della vite riduzione della superficie agricola utilizzata, risultata sono 8.737 distribuiti in circa 24.000 aziende. pari a circa l’11% dal 1990 al 2003, ha confermato Rispetto ai dati del 1990 si nota come si sia il permanere di una situazione di marcata polveriz- verificata una forte contrazione sia del numero zazione aziendale. Infatti, secondo i dati dell’ultimo delle aziende viticole [-35%] sia della superficie Censimento, complessivamente le aziende con meno investita [-33,6%], mentre le produzioni di qua- di 5 ettari di superficie agricola utilizzata rappresen- lità sono in netta espansione e costituiscono una tano il 75,1% del totale regionale, sono circa 30.138 delle produzioni agricole più floride: la vite per [36.8%] le aziende che hanno meno di un ettaro di la produzione di vini DOC ha avuto un incre- superficie agricola utilizzata, quelle fino a 2 ettari mento del 498,9% in termini di aziende agrico- rappresentano il 17,4%, mentre quelle con più di 100 le, con un aumento del 192,2% della superficie ha sono appena lo 0,7. investita. Il contesto strutturale agricolo lucano attuale - Per gli agrumi e i fruttiferi si registrano, tra i due mostra le disfunzioni intrinseche sia in termini di 140 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

utilizzazione ottimale dei fattori produttivi, che di dai meridionalisti all’inizio del secolo relativamente rapporti con il mercato dei capitali e con la commer- all’assetto idrogeologico della Basilicata e si intro- cializzazione, tant’è che è la stessa organizzazione duce il concetto di ambiente naturale come ‘risorsa del lavoro nell’agricoltura lucana a risentire dell’ec- da tutelare’. cessiva parcellizzazione delle aziende e delle forme Si chiude così il cerchio e si passa da quella che di gestione non sempre funzionali alle necessità di era una cultura profondamente legata alla terra, con- innovazione tecnologica del settore. Dal PSR 2007- siderata soprattutto come strumento primario di pro- 2013 si rileva anche che in Basilicata: duzione da piegare alle esigenze umane con interventi - la quasi totalità delle aziende è a conduzione ‘eroici’ di bonifica e risanamento, e si giunge al con- diretta, con prevalente manodopera familiare, cetto di ‘natura fragile’, perché ormai domata dalla a conferma di un modello di gestione sostan- tecnologia, tipico delle società post-industriali dove zialmente tradizionale, con limitati elementi di la terra non è più altro che un supporto per iniziative managerialità; imprenditoriali e produttive di vario genere e la natura - circa l’assetto della proprietà in generale, la for- è un elemento raro, da relegare nelle ‘riserve’. ma giuridica più diffusa è l’impresa individuale, In conseguenza di questa nuova prospettiva ven- e solo una minima parte è rappresentato dalle gono riconsiderate le potenzialità delle risorse am- società di capitali e dalle società di persone; bientali e della biodiversità, che fanno ripensare alle - relativamente al possesso del terreno ed alla intuizioni di Nitti che risultano quanto mai attuali, conduzione, la prevalenza delle aziende è di ed anche la programmazione regionale “ha impo- sola proprietà del coltivatore, in minima parte è stato la propria politica di sviluppo sulla protezione in affitto e la maggioranza delle aziende è con- del patrimonio naturale esistente” [PSR Basilicata dotta direttamente con prevalente manodopera 2007-2013]. A tal proposito è da notare che secon- familiare, mentre le aziende condotte con sala- do i dati ISTAT del 2004, il potenziale produttivo in riati sono residuali; termini di energia rinnovabile per la Basilicata è ben - la quasi totalità delle imprese ha una dimen- più alto del dato nazionale quindi, nelle prospettive sione media aziendale corrispondente a quella dello sviluppo rurale lucano, è significativo senz’al- della microimpresa, con un numero di addetti tro anche l’apporto delle foreste regionali alle tema- tra 1 e 9. tiche come quella della riduzione dei cambiamenti Le caratteristiche strutturali e produttive del set- climatici attraverso lo sviluppo di nuove fonti ener- tore primario lucano, insieme alla conformazione getiche ‘pulite’. La superficie forestale regionale orografica del territorio ed alle sue peculiarità pe- della Basilicata, secondo i primi risultati dell’Inven- doclimatiche, che hanno fortemente condizionato le tario Forestale Nazionale è pari a 355.324 ettari, cir- possibilità di sviluppo della struttura e dell’econo- ca il 35% della superficie regionale, di cui 152.211 mia agricola regionale, continuano dunque a ‘segna- ha compresi in aree protette. La superficie forestale re’ anche il paesaggio agricolo attuale. ricade per oltre il 60% in provincia di Potenza ed il Negli ultimi decenni è però da evidenziare un 66% circa della proprietà è pubblica, differenziata cambiamento culturale che vede capovolgere il con- tra Stato, comuni e altri enti [PSR Basilicata 2007- cetto di ‘natura matrigna’ che si trova spesso riferito 2013]. La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 141

Prospettive agricoli, ha determinato le condizioni favorevoli per la riduzione quantitativa delle produzioni agricole. Le ultime tendenze del sistema agricolo lucano A livello comunitario, la nuova politica agricola risentono dei mutamenti in atto dal livello locale a europea trova il suo equilibrio con la maggiore at- quello globale [demografico, economico, sociale e tenzione attribuita alle politiche di sviluppo rurale, culturale]. Di fronte ai cambiamenti climatici, alla il cosiddetto secondo pilastro della PAC, ponendo necessità di tutelare la biodiversità, di favorire la maggiore attenzione alle tematiche ambientali, fa- diffusione delle tecnologie informatiche attraverso vorendo il presidio del territorio rurale, garantendo la banda larga, di favorire la produzione di ener- la salubrità dei prodotti, sostenendo le innovazioni gie rinnovabili, si assiste all’introduzione di nuove organizzative e di profilo dell’impresa agricola ed pratiche colturali a basso impatto ambientale. incentivando la diversificazione e la multifunzio- Ad ogni livello, le nuove scelte politiche per il nalità dell’azienda, definendo così un nuovo ruolo settore agricolo e forestale riprendono contenuti, dell’imprenditore agricolo sul territorio e promuo- strategie ed obiettivi del Libro Bianco della Com- vendo un diverso concetto di utilizzo delle risorse missione Europea [COM n.147/2009] tra cui la ri- territoriali. duzione dei “gas serra” del 20%, rispetto al dato La politica agricola comunitaria, iniziando con del 1990, ai fini di una produzione sostenibile an- l’introduzione dell’obbligo della messa a riposo che per il comparto agricolo e forestale. Le opzioni delle superfici agricole ‘Set-aside’, aveva avuto già regionali rispettano anche le stesse finalità previ- una valenza ambientale, in connessione agli effetti ste dal cosiddetto “Pacchetto clima – energia” in positivi sulla fertilità dei terreni e sulla biodiversità, tema di aumento del 20% di produzioni di energia favorendo nel contempo la riduzione dell’inquina- da fonti rinnovabili e relativamente all’esigenza di mento delle acque e dei suoli. La progressiva atten- contenere le emissioni dell’agricoltura. zione alle politiche ambientali emerge con evidenza Sono forti le spinte provenienti dalla globalizza- nel sistema agricolo lucano dall’adesione di molte zione: si chiede all’Unione europea di fare spazio ai aziende al biologico, che è stata incentivata a partire prodotti del Paesi poveri eliminando sostegni, pro- dal 1992 con il sostegno comunitario “secondo i dati tezionismi doganali e premi per le produzioni [Co- del Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale e viello, 2009] e l’attuale riforma della Politica Agri- Economia Montana, ad oggi sono presenti ben 5.360 cola Comunitaria [PAC], rappresenta l’evoluzione aziende e 115.230 ettari di coltivazioni biologiche” della cornice di riferimento per il settore agricolo. [PSR Basilicata 2007-2013]. La nuova politica agricola comunitaria di incentivo alla produzione costituisce il cosiddetto primo pila- «Negli ultimi anni è notevolmente aumentata la stro della PAC e prevede la riduzione del sostegno superficie utilizzata per l’agricoltura ecocompa- diretto alle produzioni ed aiuti non più connessi ai tibile, che trova in Basilicata condizioni partico- quantitativi di produzione, ma sempre più legati al larmente favorevoli, sia legate a fattori climatici, rispetto delle regole di sostenibilità ambientale. Tale sia per le caratteristiche tecniche ed economico- politica, insieme alle attuali condizioni di mercato, sociali dell’attività agricola, che limita l’attività caratterizzate da forti cadute dei prezzi dei prodotti intensiva a circa un terzo della superficie utilizzata 142 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

e produttiva in generale, determinando un ridotto agricole e forestali, anche attraverso l’implementa- apporto degli inquinanti dovuti agli insediamenti. zione di modelli organizzativi capaci di completare Inoltre, risulta molto diffusa sul territorio l’ado- i processi, dalla produzione alla commercializzazio- zione del codice della buona pratica agricola e le ne, puntando molto sulla qualità dei prodotti e dei pratiche legate al benessere degli animali». [PSR servizi forniti, al fine di migliorare la competitività Basilicata, 2007-2013] dei mercati nazionali ed internazionali, ad esempio promuovendo la logica delle filiere per i diversi In effetti la programmazione comunitaria inci- comparti produttivi. de sul paesaggio agrario lucano poiché, utilizzan- Nell’ottica di una lettura del paesaggio agrario do la leva degli incentivi pubblici, ha influito sulle non è trascurabile il mutamento in atto a livello politiche agricole nazionali a partire dall’adesione economico-sociale che sta imponendo il passaggio dell’Italia al Trattato istitutivo dell’Unione Europea da un’economia agricola di crescita senza regole ad e fino ad oggi supportando sia il sistema pubblico un’economia agricola di equilibrio con lo sviluppo che quello imprenditoriale privato orientandone gli della qualità della vita nelle aree rurali e con un ap- investimenti agricoli e forestali sul territorio regio- proccio sostenibile in termini ambientali e di respon- nale. sabilità sociale nell’uso delle risorse. Attualmente in Basilicata è attivo il Programma Inoltre in questi anni si registra una nuova ten- di Sviluppo Rurale [PSR] per il periodo 2007-2013, denza che, se pur limitata a casi non generalizzabi- in attuazione del Regolamento [CE] n. 1698/2005 li, evidenzia una nuova attenzione per il comparto per lo Sviluppo Rurale, con una dotazione finanzia- primario dell’economia che è visto dai ceti dell’alta ria pari a circa 875 milioni di euro, di cui circa 387 borghesia lucana, che dispongono di capitali da in- milioni di euro di contributo comunitario. vestire e di conoscenze tecniche ed imprenditoriali Come risulta dall’analisi degli obiettivi e assi di di primo rilievo, come un settore stabile per inve- intervento del PSR, le attuali politiche comunitarie stimenti di lungo periodo. Questi nuovi imprendi- regionali puntano sulle azioni connesse all’uso del tori agricoli, spesso anche di età giovane, con l’in- suolo, all’organizzazione ed alla qualità delle pro- troduzione di innovazioni di processo e di prodotto duzioni agricole, ovvero sulle componenti fonda- puntano sull’eccellenza e sulla qualità dei prodotti mentali di impatto sul paesaggio agrario. Si tratta agricoli [il vino Aglianico in primo luogo ma anche di azioni determinanti sull’utilizzo delle risorse, sia l’olio e altri prodotti tipici] e sulla diversificazione per le scelte pubbliche sia per quelle imprenditoriali dell’offerta, realizzando anche strutture produttive e private, poiché determina investimenti di diversifi- agrituristiche di elevata qualità. Una ulteriore oppor- cazione dell’economia rurale, di infrastrutturazione tunità di diversificazione ed integrazione, che proba- ed offerta di servizi per favorire il presidio del terri- bilmente andrà ad incidere in modo considerevole torio, di valorizzazione e tutela del patrimonio rura- sul paesaggio agrario lucano nei prossimi anni, sarà le, di qualificazione colturale mediante innovazioni riconducibile alla produzione di energia tramite l’in- di prodotto e di processo, ma soprattutto favorendo stallazione ad esempio di pannelli solari e di impian- sempre più gli aspetti ambientali. Si sostiene di fat- ti di mirco-produzione eolica che si stima possano to l’aspetto organizzativo e strutturale delle aziende contribuire in modo significativo non solo a diminu- La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 143

ire i fabbisogni energetici delle aziende agricole ma Un primo passo in tal senso è rappresentato dal- anche, in prospettiva, potranno diventare una vera e le “Linee guida per la progettazione integrata del propria fonte di reddito alternativo. Tale circostanza paesaggio della Basilicata” che è un documento di ripropone, dopo un secolo l’intuizione di Nitti che indirizzo, redatto sulla base dei principi della Con- vedeva strettamente collegato il destino dello svi- venzione Europea del Paesaggio, dove sono traccia- luppo dell’agricoltura con le opportunità connesse te le metodologie della pianificazione paesaggistica alla produzione di energia. coniugate a livello regionale e dove, oltre alla defini- I modelli di agricoltura sostenibile, la multifun- zione di un quadro conoscitivo del paesaggio regio- zionalità dell’azienda agricola, sono dunque le nuo- nale è impostata anche una guida al riconoscimento ve strade anche per l’agricoltura lucana e le nuove dei paesaggi ed una guida alla progettazione del pa- attività di servizio nelle aree rurali diversificheranno esaggio. Il paesaggio agrario ha un ruolo importante anche l’economia agricola regionale. La pratica di in questo lavoro che individua, sin dalle premesse, colture poco redditizie come il grano e altri cerea- l’opportunità di li lasceranno il posto alle nuove pratiche colturali ecocompatibili, alle colture legate alla domanda «diffondere e ampliare una diversa e innovativa crescente di bioenergie, e lentamente si assisterà al cultura del paesaggio inteso come bene storico ridisegno anche della mappa dell’agricoltura lucana. ambientali i cui valori e significati vanno ricercati nelle complesse interrelazioni tra risorse fisco na- turalistiche, risorse storiche, risorse sociali e sim- La nuova pianificazione paesistica boliche, risorse dell’eccellenza agroalimentare». [Menichini – Caravaggi, 2006] La Regione Basilicata si era già dotata, sulla base della Legge regionale n. 3 del 1990, di ben 6 Piani Già nella fase di analisi, nel quadro conoscitivo, Paesaggistici Territoriali [PPT] di area vasta per un si evidenzia poi l’importanza del settore agricolo al totale di circa 2.597 kmq corrispondenti a circa il quale viene dedicata una specifica mappatura tema- 25% della superficie regionale. Questi piani di pri- tica. ma generazione avevano come riferimento la legge nazionale precedente al nuovo Codice per i Beni «La mappatura dell’indagine tematica sul settore Culturali, di cui si è parlato in precedenza, e ne è agricolo ha evidenziato come la localizzazione sul pertanto prevista una revisione ed un superamento. territorio dei gruppi obbedisca a regole completa- Un nuovo assetto per il paesaggio agrario lucano mente svincolate da quelle della vitalità socio-eco- potrebbe essere favorito dal lavoro che attualmente nomica nel suo complesso. Ciò testimonia il fatto sta predisponendo la Regione Basilicata, e specifi- che non esiste un ‘modello agricolo di successo’, camente il Dipartimento Ambiente, Territorio, Poli- cui si associa un buon andamento complessivo tiche della Sostenibilità che ha attivato una serie di delle variabili demografiche ed economici. L’ana- ricognizioni propedeutiche alla redazione del Piano lisi ha messo in evidenza la presenza di 6 gruppi Paesaggistico Regionale che è attualmente in via di di comuni ben identificabili anche a livello geo- definizione. grafico: 144 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

Tav. 15 – Vista attuale della piana di Metaponto Fonte: foto di A. Cimmino da AA.VV. “Linee Guida per una corretta gestione del paesaggio”, op. cit. p. 18

• un primo gruppo in cui ad una prevalenza del za di boschi (34%) e una dimen­sione aziendale seminativo e del pascolo (63%) come forma di nella media regionale. Si tratta del territorio ap- utilizzazione dei terreni si associa una dimensio- penninico di confine­ con la Campania e la Puglia; ne media elevata delle aziende (13,9 ha) ed una • il quarto gruppo è connotato dalla specializza- bassissima percentuale di conduttori/proprietari. I zione a frutta della produzione agricola (24%) e comuni appartenenti a questo gruppo sono situati coincide in buona parte con la parte meridionale nella parte interna della regione, con un’estensio- della costa jonica; ne che raggiunge il confine settentrionale con la • la forte presenza di coltivazioni a vite (19,9%) regio­ne Puglia; connota invece il quinto gruppo, composto da ap- • un secondo gruppo in cui la presenza del semi- pena 4 comuni, due dei quali a ridosso della costa nativo (67%) si accompagna invece­ ad una dimen- tirrenica; sione aziendale nettamente inferiore (7%), con il • l’ultimo gruppo, anch’esso costituito da 4 comu- 41% delle aziende sotto 1 ettaro. Le aree geogra- ni, tra i quali Maratea, è invece caratterizzato dal- fiche interessate da queste caratteristiche sono il la prevalenza dell’olivo (57%) e dalla più ridotta materano, il potentino ed il melfese; dimensione media delle aziende (appena 5,5 ha)». • il terzo gruppo si connota per un’elevata presen- [Menichini – Caravaggi, 2006] La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 145

Inoltre la rilevanza del paesaggio agrario è messa sivamente scomparendo l’immagine dello spazio in rilievo in quanto, tra le risorse storico-culturali, rurale contrapposto allo spazio ur­bano e compare le linee guida comprendono importanti esempi di un amalgama di spazi aperti e spazi costruiti con trasformazione agricola del paesaggio quali gli in- un’immagine aleatoria, in­definita e banale che i terventi di bonifica realizzati nel Metapontino negli cittadini non sentono come propria. [...] Si tratta anni cinquanta e considerano come risorsa paesisti- di contribuire, in definitiva, a dirigere l’evoluzione ca l’eccellenza agro-alimentare presente in regione. dei paesaggi agrari verso paesaggi dalle nuove ca- Un altro lavoro estremamente interessante è co- ratteristiche che mantengano però dei valori e una stituito dal risultato di un progetto della Comunità qualità globale». [AA.VV., Linee Guida…, 2007] Europea Interreg III Medocc dal titolo “Linee gui- da per una corretta gestione del paesaggio” al quale ha attivamente partecipato la Regione Basilicata. Conclusioni In questo documento, realizzato in collaborazione con 13 regioni italiane, spagnole e francesi e gre- Il paesaggio è riconosciuto dalla cultura occi- che, si definiscono le buone pratiche per una- cor dentale come bene culturale solo di recente e la sua retta gestione del paesaggio nell’area del Mediter- stessa definizione ha subito, negli ultimi decenni, raneo occidentale. Lo studio, che fornisce una serie una notevole evoluzione. Il paesaggio agrario, in di elementi metodologici mutuati da una vasta serie quest’ottica, è definito da Emilio Sereni «quella for- di esempi elaborati su scala internazionale, si basa ma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività su quattro ambiti tematici considerati preminenti nel produttive agricole, coscientemente e sistematica- paesaggio Mediterraneo ed il primo di questi riguar- mente imprime al paesaggio naturale». Oggi, il con- da proprio i paesaggi agrari. La relazione finale dello cetto di paesaggio arriva a sovrapporsi a quello di studio evidenzia che territorio inteso come “un organismo vivente ad alta complessità” un vero e proprio ecosistema risultato «I paesaggi agrari tradizionali sono attualmen­ di una stratificazione complessa di “fattori natura- te sottoposti a intensi e rapidi processi di trasfor- li ed umani”. Per questo un discorso sul paesaggio mazione. Questo dipende da fattori, pressioni e agrario deve estendersi e considerare le cause pro- impatti differenti a seconda delle regioni. Ciò no- fonde delle trasformazioni del territorio. D’altra par- nostante, si possono identificare dinamiche e pro- te anche le normative italiane, strutturate in passato blematiche comuni e genera­lizzate. Alcune sono sulla base del principio prevalente di tutela, hanno inerenti alla logica ed al funzionamento del mondo di recente recepito la Convenzione Europea del Pae- agrario (abbandono di certe pratiche agricole, dete- saggio, che amplia il concetto di paesaggio, introdu- rioramento del patrimonio costruttivo tradizionale, cendo un significativo cambiamento nelle modalità intensifica­zione dell’allevamento, ecc.). Altre sono di approccio alla materia. dovute ad agenti esterni (aumento delle urbanizza- Per quanto riguarda la Basilicata il ventesimo se- zioni a bassa intensità, moltiplicazione delle reti di colo è un momento cruciale per il paesaggio agrario infrastrutture, aumento delle attività e struttu­re pe- di questa regione in quanto in questo periodo storico rirubane, ecc.). In generale, comunque, va progres- vengono individuati i problemi strutturali del territo- 146 Valerio Giambersio e Carmela Menchise

rio lucano che derivavano da interventi di disbosca- de sul sistema agricolo, determinando una debolezza mento e di errato utilizzo del suolo susseguitisi nel del settore. secolo precedente e particolarmente accelerati nel Interessanti prospettive si hanno, però, per un periodo post unitario. mutato approccio culturale all’agricoltura che, a Ad inizio novecento, con la legislazione specia- seguito dell’affermazione della cultura ecologica, le dello stato liberale, viene definita la strategia per ha rivalutato le produzioni di qualità e biologiche, la soluzione di questi problemi che tuttavia il fasci- così come le attività diversificate, che in Basilicata smo non sarà in grado di attuare e per una parziale possono trovare spazi idonei e che sono sostenute soluzione bisognerà attendere la realizzazione della da alcuni imprenditori di nuova generazione, ancora riforma agraria, approvata nell’immediato dopo- non molto numerosi ma significativi per la qualità guerra a seguito del movimento contadino per l’oc- delle produzioni, che tornano ad investire nel settore cupazione delle terre. agricolo introducendo innovazioni di processo e di Con la riforma il latifondo, prima dominante, vie- prodotto ricercando nuovi standard per le produzio- ne ridimensionato e l’assetto del paesaggio agrario ni agricole tipiche. lucano viene definito dai piani della riforma agraria, Il paesaggio agrario viene inoltre studiato e tute- dei quali il più significativo è senz’altro quello che è lato, sia tramite i vincoli ambientali e gli strumenti attuato nella fascia Ionica, e da interventi più spora- paesaggistici attualmente in vigore a livello regio- dici nelle aree interne. nale e nazionale, sia tramite lo strumento del nuovo Tuttavia la riforma agraria, che senza dubbio ha Piano Paesaggistico Regionale in via di definizione. avuto un impatto significativo sulla modernizzazione Si chiude quindi un ciclo: il secolo si è aperto con e sulla ristrutturazione del paesaggio, arriva troppo la frase pronunciata da Zanardelli “combattiamo in- tardi poiché già negli anni ’60 si avvia la trasforma- sieme la battaglia contro le forze della natura e con- zione dell’economia nazionale e regionale e si af- tro le ingiurie degli uomini” che sintetizza la visio- fermano l’industria ed i servizi come nuovi settori ne di una ‘natura matrigna’ da combattere in modo predominanti. quasi ‘eroico’ per costruire una prosperità basata sul Il fenomeno dell’emigrazione ha contribui- corretto utilizzo del bene primario della terra, e si to ancor più in quegli anni alla marginalizzazione chiude con la nuova visione di una ‘natura fragile’, dell’agricoltura che non è più l’elemento determi- da proteggere contro la prevaricazione dell’azione nante per la definizione moderna del paesaggio lu- umana, che destruttura il territorio e minaccia gli cano che in quegli anni viene trasformato soprattutto elementi primari del paesaggio contemporaneo. con gli interventi infrastrutturali causati dalle nuove Nel mezzo c’è tutto il cambiamento del pae- concentrazioni urbane, dalla edificazione della via- saggio agrario della Basilicata che si pone come lo bilità a scorrimento veloce, dalla realizzazione dei specchio per la questione urbana esplosa nel dopo- nuovi poli industriali e dalla progressiva attuazione guerra e che in larga parte coincide con l’evoluzione degli schemi idrici utilizzati sia per l’agricoltura che della società, dell’economia e della stessa identità per l’industria. regionale. Lo stato attuale vede in aumento il fenomeno della ‘polverizzazione’ delle aziende agricole preva- lentemente organizzate su base familiare e che inci- La trasformazione del paesaggio agrario in Basilicata nel XX secolo 147

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