OPERA IPOGEA Journal of Speleology in Artificial Cavities 1 / 2012

Rivista della Società Speleologica Italiana Commissione Nazionale Cavità Artificiali OPERA IPOGEA 1 - 2012  Indice

Gli antichi emissari artificiali dei bacini endoreici...... 3 Carla Galeazzi, Carlo Germani, Mario Parise

Opere di canalizzazione a ovest di Siena e loro correlazione idrogeologica con i rilievi calcarei circostanti...... 11 Franco Fabrizi, Franco Rossi

Gli emissari maggiori dei Colli Albani...... 29 Vittoria Caloi, Carla Galeazzi, Carlo Germani

Gli emissari minori dell’edificio vulcanico Albano: laghetto di Monte Compatri, Pantano Secco, Pavona, Giulianello...... 41 Carlo Germani, Carla Galeazzi, Vittoria Caloi, Tullio Dobosz

Atri ipogea: le antiche fontane...... 57 Giovanni Damiani, Adriano De Ascentiis, Pasquale Pagliara, Caterina Marina Sciarra, Gianluca Marinelli

Segnalibri...... 83  OPERA IPOGEA 1 - 2012

OPERA IPOGEA Memorie della Commissione Nazionale Cavità Artificiali www.operaipogea.it

Semestrale della Società Speleologica Italiana

Anno 14 - Numero 1 - Gennaio/Giugno 2012 Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 7702 dell’11 ottobre 2006

Proprietario: Società Speleologica Italiana

Direttore Responsabile: Stefano Saj

Comitato Scientifico: Roberto Bixio, Giulio Cappa, Roberto Caprara, Franco Dell’Aquila, Carlo Ebanista, Angelo Ferrari, Nakiş Karamağarali (TR), Aldo Messina, Roberto Nini, Mario Parise, Mark Pearce (UK), Fabio Redi, Jérome Triôlet (FR), Laurent Triôlet (FR), Vittorio Castellani †

Redazione: Annalisa Basili, Vittoria Caloi, Andrea De Pascale, Sossio Del Prete, Carla Galeazzi, Carlo Germani, Mario Parise

Sede della Redazione: c/o Sossio Del Prete - Via Ferrarecce, 7 - 81100 Caserta [email protected]

Recensioni: Roberto Bixio - Via Avio, 6/7 - 16151 Genova [email protected]

Composizione e impaginazione: Franco Gherlizza, Pasquale Monaco -

Foto di copertina: Incile del Lago Albano () (Foto Carlo Germani - Archivio Egeria Centro Ricerche Sotterranee)

Foto quarta di copertina: Emissario di Pian del Lago (Toscana) (Foto Carlo Germani - Archivio Egeria Centro Ricerche Sotterranee)

La rivista viene inviata in omaggio ai soci sostenitori e ai gruppi associati alla SSI

Prezzo di copertina: Euro 15,00

Forme di pagamento: Bonifico bancario a favore della Società Speleologica Italiana Banca di Bologna - Filiale di Bologna - Mazzini - via Bellaria, 32 - 40139 Bologna C/C intestato a Società Speleologica Italiana - codice IBAN: IT22S 08883 02402 CC0200202447 SWIFT/BIC: BDBOIT21BOM Versamenti su CCP n. 58504002 intestato a Società Speleologica Italiana - Via Zamboni, 67 - 40126 Bologna Carta di credito inviare un fax al numero 051250049 indicando numero della carta, scadenza, e nome dell’intestatario, importo da trattenere e causale.

Il contenuto e la forma degli articoli pubblicati impegnano esclusivamente gli Autori. Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo senza il consenso scritto degli Autori. OPERA IPOGEA 1 - 2012  Gli antichi emissari artificiali dei bacini endoreici

Carla Galeazzi1, Carlo Germani1, Mario Parise2

Riassunto

La presenza sul territorio italiano di opere idrauliche risalenti ad epoche passate costituisce un elemento di notevole importanza storica, che testimonia la capacità dell’uomo di adattarsi alle caratteristiche naturali dell’ambiente e l’abilità ingegneristica nel costruire opere di controllo del territorio. È un patrimonio cultu- rale diffuso, spesso così rilevante da costituire un segno identificativo del paesaggio antropizzato. Nell’Italia centrale esistono numerosi contesti geomorfologici (laghi di origine vulcanica, polje carsici) che hanno reso necessaria, nel corso dei secoli, la realizzazione di emissari sotterranei per la regolazione dei livelli idrici di specchi d’acqua permanenti e/o temporanei. Tali interventi sono stati frequentemente progettati ed eseguiti per diverse finalità antropiche, quali - ma non solo - l’attività agricola, o per convogliare le risorse idriche verso insediamenti abitativi: gli Etruschi e poi i Romani, tra il VI sec. a.C. e il II d.C., scavarono imponenti gallerie per mezzo delle quali riuscirono a regimare numerosi bacini. Da alcuni anni la Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana si sta occupando della classificazione e censimento delle antiche opere idrauliche sotterranee, nell’ambito del Progetto “la Carta degli Antichi Acquedotti”, della quale si configura come naturale corollario il censimento delle altre opere idrauliche antiche, quali gli emissari dei laghi vulcanici o dei polje carsici dell’Italia centrale. In questa sede viene presentato l’elenco aggiornato delle strutture note e la bibliografia generale di riferi- mento fin qui acquisita. Vengono inoltre trattati in questo numero di Opera Ipogea, quali primi contributi di approfondimento, le opere relative ai Colli Albani ed alla Toscana rinviando a successive pubblicazioni la trattazione degli altri.

Abstract

The ancient artificial drainage tunnels of endorheic catchments The presence of ancient hydraulic works in a territory is an element of remarkable historical value which testifies the capability of past civilizations in adapting to the natural characteristics of the environment, and the engineering ability to realize works aimed at controlling and exploiting the natural resources. Ancient hydraulic works represent a widespread cultural heritage, that locally is so significant to become a sort of marker of the anthropogenic landscape. In central , various geomorphological settings (such as lakes of volcanic origin, and karst poljes) exist that made necessary the realization of man-made underground passages to regulate the permanent and/or temporary water levels. These hydraulic works were planned and realized for several aims that included, but were not limited to, agricultural practices and collection, transport and distribution of water to human settlements. Etrurians and Romans, in particular, dug long underground galleries to reclaim many closed basins between VI century BC and II century AC. Since 2003 the Commission on Artificial Cavities of the Italian Speleological Society (SSI) is working at the project “The Map of Ancient Aqueducts” to register and describe the main features of the ancient un- derground hydraulic works over the whole Italian territory. Identification and study of further hydraulic works, such as the artificial drainage tunnels of volcanic lakes and karst poljes, is the natural corollary of the project. The present issue of Opera Ipogea includes the preliminary list of these identified hydraulic works, and the bibliographic references collected on the topic, as a first step in the process of improving the knowledge on ancient artificial emissaries. Further, individual papers are presented on the drainage tunnels of the in the region, and of Tuscany.

1 Egeria Centro Ricerche Sotterranee; [email protected] 2 CNR-IRPI, Bari; [email protected]  OPERA IPOGEA 1 - 2012 La presenza sul territorio italiano di opere idrauliche risalenti ad epoche passate costituisce un elemento di notevole importanza storica, che testimonia la capaci- tà dell’uomo di adattarsi alle caratteristiche naturali dell’ambiente e l’abilità ingegneristica nel costruire opere di controllo del territorio. È un patrimonio cultu- rale diffuso spesso così rilevante da costituire un segno identificativo del paesaggio antropizzato. Nell’Italia centrale esistono numerosi contesti geomor- fologici (laghi di origine vulcanica, polje carsici) che hanno reso necessaria, nel corso dei secoli, la realiz- zazione di emissari sotterranei per la regolazione dei livelli idrici di specchi d’acqua permanenti e/o tempo- ranei. Tali interventi sono stati frequentemente progettati ed eseguiti per diverse finalità antropiche, quali l’attività agricola, o per convogliare le risorse idriche verso in- sediamenti abitativi: gli Etruschi e poi i Romani, tra il VI sec. a.C. e il II d.C., scavarono imponenti gallerie per mezzo delle quali riuscirono a regimare numerosi bacini. I casi noti sono decine, valgano quale esempio gli emis- sari del Lago di (VI secolo a.C., 1650 m di lun- ghezza, senza presenza di pozzi intermedi) e del Lago del Fucino (I secolo d.C., lunghezza che sfiora i 6 km). È inoltre stupefacente osservare come molte di queste strutture, dopo 2.000 - 2.500 anni, conservino tuttora la piena funzionalità drenante.

Emissario del Lago di Albano (Albano - Roma, Lazio; foto C. Germani). The drainage tunnel of (������Albano - R �ome,������������ Latium; photo C. Germani).

condotto principale di regimazione, insieme all’emissa- rio Aricino e ad un successivo cunicolo, formavano un complesso sistema integrato di controllo ed irrigazione (Castellani, 1999; Dobosz et alii, 2003; Germani et alii, 2007) e che comprendeva almeno due molini (Giannini, 2006). Oggi ben poco resta di tali opere di regolazione, in ge- Il Lago di Santa Degna (Todi, Umbria; foto C. Germani). nere realizzate mediante chiuse in legno, tuttavia spes- The Lake of Santa Degna (Todi, Umbria; photo C. Germani). so sono ancora visibili ai lati dei cunicoli tracce delle guide entro cui scorrevano le antiche paratie. Lo studio dell’idraulica antica presenta un grande in- Conseguenza dello scavo di un emissario artificiale è teresse per gli speleologi, in quanto le opere esaminate spesso l’inclusione di un bacino endoreico, come quello sono di predominante sviluppo sotterraneo e, spesso, di un lago vulcanico, in un più ampio bacino idrografi- sono visitabili solo se si ha buona conoscenza delle spe- co. Tale inserimento avveniva, nella quasi totalità dei cifiche tecniche di progressione in ambienti sotterra- casi, mediante una serie di dispositivi di regolazione del nei, caratterizzati dal buio assoluto e dalla presenza di flusso posti in corrispondenza dell’incile che, permet- ostacoli tipici dell’ambiente ipogeo, quali pozzi, stret- tendo di dosare la quantità di acqua che si riversava toie e frane. nell’emissario, di fatto trasformavano il bacino chiuso Da qualche anno la Commissione Cavità Artificiali del- in una preziosa riserva idrica per il tratto di fiume a la Società Speleologica Italiana si sta occupando della valle dell’opera. classificazione e censimento delle antiche opere idrau- Molto diffuso era, soprattutto a partire dall’VIII secolo liche sotterranee, nell’ambito del Progetto “La Carta d.C., anche l’utilizzo di queste ben controllabili riserve degli Antichi Acquedotti”, della quale si configura co- d’acqua come forza motrice per molini o altri opifici. me naturale corollario il censimento delle altre opere Nel caso del già citato emissario del lago di Nemi, il idrauliche antiche, quali gli emissari dei laghi vulcanici OPERA IPOGEA 1 - 2012  o dei polje carsici dell’Italia centrale. Il primo obiettivo dello studio è stato quindi la realiz- zazione di un database organico contenente le informa- zioni sintetiche sugli emissari esistenti in Italia, allo scopo di mettere a disposizione dei vari organismi che operano sul territorio uno strumento di rapida consul- tazione, e soprattutto di indirizzare indagini più di det- taglio relativamente alle strutture trattate. Allo stato attuale è stata raccolta una interessante documentazione, suddivisa in specifiche schede infor- mative per ciascun emissario (Germani & Parise, 2010) dalle quali sarà tratto lo spunto per le future indagini ed esplorazioni. In questa sede viene presentato l’elenco aggiornato del- le strutture note e la bibliografia generale di riferimen- to fin qui acquisita. Vengono inoltre trattati nel pre- sente numero di Opera Ipogea, quale primo contributo di approfondimento, le opere relative ai Colli Albani ed alla Toscana rinviando a successive pubblicazioni la trattazione degli altri.

Emissario del Fucino (Capistrello - L’Aquila, Abruzzo; foto C. Germani). The drainage tunnel of Lake Fucino (Capistrello - L’Aquila, Abruzzo; photo C. Germani).

Elenco degli emissari artificiali sotterranei censiti al maggio 2012. List of the artificial underground drainage tunnels (updated to May 2012).  OPERA IPOGEA 1 - 2012 Ricerche sul campo Durante le ricognizioni effettuate nell’ambito dello studio sugli antichi emissari, sono state prese in con- Come già avvenuto per gli acquedotti, anche l’esplora- siderazione solo le opere realizzate in corrispondenza zione degli antichi emissari presenta le difficoltà pecu- dell’incile del lago o nel suo punto più profondo. liari dell’ambiente ipogeo, quali la presenza di tratti allagati, la necessità di muoversi in stretti cunicoli, talora attraverso crolli e dissesti. Questo ha di fatto li- mitato per lungo tempo studi specialistici da parte di archeologi, geologi, ingegneri idraulici, che si sono li- mitati ad acquisire dati bibliografici talora inesatti o incompleti. Un esempio eclatante, forse non isolato, è rappresentato ancora dall’emissario del Lago di Nemi. Gli studiosi hanno ripreso per anni la descrizione del- l’Ucelli (1954) certi che il condotto fosse corredato da numerosi pozzi rivelatisi inesistenti.

Emissario di Laghetto (Montecompatri - Roma, Lazio; foto C. Emissario di Gabii (Gabii - Roma, Lazio; foto C. Germani). Germani). The drainage tunnel of Gabii (Gabii - , Latium; photo C. The drainage tunnel of Laghetto (Montecompatri - Rome, La Germani). tium; photo C. Germani).

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Lago di Giulianello (Artena - Roma, Lazio; foto C. Germani). The lake of Giulianello (Artena - Rome, Latium; photo C. Germani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 11 Opere di canalizzazione a ovest di Siena e loro correlazione idrogeologica con i rilievi calcarei circostanti Franco Fabrizi1, Franco Rossi1

Riassunto

A differenza della città di Siena, nota per la chilometrica rete di gallerie idriche (“bottini”) per l’alimen- tazione delle fonti cittadine, le zone rurali nei dintorni della città toscana hanno necessitato in passato di interventi di bonifica e regimazione al fine di far defluire le acque stagnanti che formavano paludi e causa- vano allagamenti delle campagne. Il presente lavoro descrive le opere idrauliche, in buona parte sotterranee, realizzate nell’area del rilievo calcareo della Montagnola, pochi chilometri ad ovest di Siena. La prima area esaminata è costituita dalla Palude di Orgia, nella quale erano presenti alcune sorgenti che, a partire dal XVII secolo, divennero intermittenti, e furono oggetto di numerosi studi, anche finalizzati al loro utilizzo per scopi idrici. Il Pian del Lago, un’ampia depressione tettono-carsica, fu invece interessato da una ben più complessa opera di bonifica, al fine di risolvere i disagi connessi alla malaria. Le vicende storiche che portarono alla realizzazione delle opere di bonifica sono ricostruite a partire dai documenti ritrovati in vari archivi: l’opera iniziò nel 1766 e venne conclusa, grazie all’apporto finanziario del Granduca Pietro Leopoldo I, dal quale la galleria prese il nome. Si descrivono quindi le attività svolte all’inghiottitoio del Mulinaccio, sito al bordo SW del polje di Pian del Lago, compresi i tentativi di individuazione della circola- zione idrogeologica sotterranea mediante l’uso di traccianti, e la bonifica del lago di Badia a Isola, oggetto nel XIII secolo di contese tra i monaci benedettini ed i cittadini Senesi.

Parole chiave: canali sotterranei, bonifica, idrogeologia, documenti storici, Toscana.

Abstract

Channel works west of Siena, and their hydrogeological relationship with the surrounding carbo- nate ridges The town of Siena, in Tuscany, is well known for the estensive network of undeground aqueducts (named “bottini”) built and used for the water supply of the town. Due to geological and hydrological features of the territory, the areas around the town, on the other hand, were affected by different hydric problems, namely stagnancy of water and development of marshlands and swamps. In order to reclaim these territories, some hydraulic works, most of which realized underground, were built, that are the subject of this article. In par- ticular, some areas are dealt with, located few kilometres W from Siena: the first area is the Orgia Swamp, a site where several perennial springs were present. Starting from the XVII century, however, these springs became intermittent, and were therefore object of several studies, also aimed at producing efforts to use the water from the springs as hydric resources. Pian del Lago, a wide polje of tectonic and karstic origin, was, on the other hand, interested by complex reclamation works, aimed at solving the problems related to the development of malaria. The historical events that brought to realization of the hydraulic works are recon- structed on the basis of documents found in several archives: the work started in 1776 and came to an end only thanks to the financial support by the Grand Duke Peter Leopold I, after which the gallery was named. Eventually, other hydraulic works in the surrounding areas are also described: these include the activities carried out at the Mulinaccio swallow hole, located at the south-western border of the Pian del Lago polje, with the attempts to identify the hydrogeological circulation by means of tracers, and the reclamation works at the lake of Badia a Isola, a site that was object of dispute between the Benedictine monks and the Siena inhabitants.

Key words: underground channels, reclamation, hydrogeology, historical documents, Tuscany.

1 Associazione Speleologica Senese c/o Vieri Mascioli, via San Marco, 157 - 53100, Siena. mail: [email protected]. 12 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Introduzione del territorio circostante: qui l’impegno secolare fu quello di regimare e far defluire le acque stagnanti che Il rapporto di Siena con l’acqua è stato, da sempre, formavano paludi e allagamenti che infettavano l’aria alquanto tormentato e complesso. L’assenza di corsi e sottraevano terra alle colture. d’acqua consistenti in prossimità della città costrinse i Alla base e intorno agli affioramenti calcarei della senesi ad ingegnarsi in mille modi per approvvigionarsi Montagnola si trovano pianure alluvionali e terrigene, del prezioso liquido indispensabile allo sviluppo econo- dove le acque hanno un deflusso lento e incerto. mico e alla sopravvivenza. L’assillo della penuria idrica A nord è situata la pianura di Abbadia ad Isola i cui li fece fantasticare sull’onirica esistenza di un favolo- deflussi sfociano nel torrente Staggia, quindi nel- so fiume sotterraneo: la , di dantesca memoria l’Elsa e poi nell’Arno. Al centro, tra Siena a Est e la (Purgatorio; C. XIII, 151-152-153). Ma al di là dei sogni Montagnola a Ovest, si trova la depressione (polje) di i senesi, con saggia concretezza, scavarono cunicoli e Pian del Lago, tributario delle sorgenti del Luco (un diramazioni negli strati di sabbie, argille e conglomera- tempo per vie sotterranee naturali, in seguito tramite ti pliocenici sopra i quali si estende la città; captarono una galleria artificiale). rivoli, percolazioni e stillicidi sotterranei realizzando Le sorgenti del Luco erano in passato perenni, poi di- quella chilometrica e affascinante rete di ambulacri e vennero intermittenti, oggi sono aspirate da potenti gallerie (i famosi “bottini”; Bargagli Petrucci, 1906; pompe per rifornire la città. Sia il Pian del Lago che la AA.VV., 1999), che per secoli alimentarono le altrettan- pianura delle sorgenti del Luco defluiscono verso sud to famose fonti per l’indispensabile apporto idrico. nei torrenti Rigo, Serpenna e Rosia, quindi nel Merse, Diametralmente opposto fu il rapporto dei senesi con le poi nell’Ombrone. Nelle suddette località sono stati acque del circostante territorio rurale: qui il problema effettuati in passato interventi di bonifica, drenaggio, non fu quello di captare e convogliare l’acqua, ma anzi incanalamento: un misto di opere idrauliche in buo- il regimarla e incanalarla per bonificare il territorio, na parte sotterranee, ulteriormente complicate dagli tenendo conto di una complessa situazione geologica e eventi storici e dalle caratteristiche ambientali e geolo- idrografica. giche: un vero e proprio “giallo” idro-morfologico non Pochi chilometri a ovest di Siena si allunga in direzione del tutto risolto, dove le opere dell’uomo s’intrecciano SSE-NNO il rilievo calcareo della Montagnola senese, con quelle della natura e che passiamo a descrivere nel- lungo circa 15 chilometri ed esteso circa 150 kmq, di l’ordine (fig. 1): non grande quota (il culmine del Monte Maggio è di 1) La palude di Orgia (o pian di Rosia) originata dalle 671m s.l.m.) ma di particolare interesse geomorfologico sorgenti del Luco. in quanto costituisce il prolungamento meridionale del- 2) Il Pian del Lago (detto anche lago di Santa la dorsale medio-Toscana. La Montagnola è principal- Colomba). mente composta da calcare cavernoso e brecce calcaree 3) Il canale sotterraneo artificiale del Granduca (detto (formazione di Cerreto a Merse); nella zona sud-ovest anche “la Guglia”). emergono anche rocce carbonatiche metamorfiche: do- 4) L’inghiottitoio del Mulinaccio, antico scolmatore lomie grigie, calcari cristallini ceroidi e marmi, tra cui naturale del Pian del Lago. il ben noto “marmo giallo” di Siena. Il calcare caver- 5) Il lago bonificato di Badia a Isola e il canale sotter- noso grigio, brecciato, fratturato e spugnoso si presta raneo della “discordia”. all’assorbimento e alla circolazione idrica: alimenta 6) L’ingolla di pian del Butale: un mini esempio di bo- alcune sorgenti tra cui quelle del Luco. Abbondano i nifica artificiale che sfrutta uno sbocco naturale. fenomeni carsici superficiali: doline, campi solcati e un polje detto del Pian del Lago. Pochi i fenomeni carsici ipogei veri e propri: circa una Le sorgenti del Luco e la palude di Orgia decina di inghiottitoi tra cui la buca delle Fate e l’in- ghiottitoio del Mulinaccio. Le sorgenti del Luco, il polje Negli anni ’60 dello scorso secolo riapparvero improv- di Pian del Lago e almeno i due inghiottitoi citati sono visamente alcune polle sorgive presso Rosia, in loca- tra loro connessi in vario modo e costituiscono l’oggetto lità Malignano, a valle della Statale 73 al km 65,300. principale di questo lavoro. Molto più numerose (varie Tali polle nei secoli precedenti erano sorgenti perenni decine) sono le cavità tettonico-carsiche: grotte, pozzi e che allagavano la piana di Rosia formando la palude di fenditure diaclasiche con prevalente orientamento da Orgia (fig. 1), mentre nel secolo XVII divennero inter- SW a NE. Non superano mai la profondità di 50-60 me- mittenti riapparendo a intervalli irregolari di qualche tri, hanno scarso sviluppo planimetrico, concreziona- decennio. mento modesto (salvo qualche eccezione) mentre hanno Questo fenomeno, ben documentato negli archivi, nelle notevole circolazione di flussi d’aria che fanno ipotizza- relazioni dei naturalisti e nella tradizione popolare, su- re complessi e forse vasti sistemi intercomunicanti. Più scitò un rinnovato interesse grazie a un articolo pubbli- concrezionate e, in qualche caso, più profonde risulta- cato nel quotidiano “la Nazione” (8 aprile 1961) firmato no le cavità situate nel versante ovest della Montagnola da Giovanni Betti, residente nella zona, appassionato (la zona dei marmi), come hanno dimostrato recenti cultore della propria terra e preoccupato per la grave esplorazioni effettuate dalla Commissione Speleologica crisi dell’agricoltura, a quell’epoca già in atto. Nel suo “i Cavernicoli” del C.A.I. di Siena. articolo, oltre a dare notizia della ricomparsa delle sor- Questa sommaria digressione geo-speleologica ci fa genti (fig. 2), egli ipotizzava l’esistenza di un grande la- comprendere il diverso rapporto di Siena con le acque go sotterraneo che raccoglieva le acque circolanti sotto OPERA IPOGEA 1 - 2012 13

Fig. 1 - Le località inerenti la trattazione: nella mappa a sinistra, a nord Monteriggioni e Abbadia a Isola; sotto il rilievo calcareo del- la Montagnola Senese (Monte Maggio) e a ovest di Siena il polje di Pian del Lago (presso S. Leonardo al lago); a sud, la pianura di Rosia (ex palude di Orgia) e le sorgenti del Luco (presso Malignano). Nella mappa ingrandita, a destra, è evidenziata la pianura di Rosia (ex palude di Orgia), compresa tra la statale 73 e la 223, oggi in parte occupata dall’aeroporto di Ampugnano. Tra Rosia e Malignano è il rilievo calcareo del Luco, alla base del quale scaturivano le sorgenti intermittenti attualmente captate; tutti i corsi d’acqua sono tributari del fiume Merse. Fig. 1 - The locations related to the discussion: the map on the left, north Monteriggioni and Abbadia Isola, under the calcareous relief of Montagnola (Monte Maggio) and west of Siena on the Pian del Lago Polje (near St. Leonardo al lago); to south, the plain of Rosia (former marsh Orgia) and the source of Luco (near Malignano). In the large map, right, has highlighted the plain of Rosia (former marsh Orgia), between the main road 73 and 223, now partly occupied from Ampugnano airport. Among Rosia and Ma lignano there is the calcareous relief of Luco, at the foothill of which flowed intermittent sources currently captured; all the rivers are tributaries of Merse river. la “Montagnola senese” e, tramite un complicato siste- razioni, prospezioni aeree e sondaggi; invitava enti e ma sifonante, faceva sgorgare periodicamente le acque organismi a effettuare le ricerche e a reperire i finan- nei fossi del Luco e nella piana di Rosia. ziamenti necessari, prospettando la grande importanza La temperatura dell’acqua (14.5°), la sua durezza cal- di una tale abbondanza idrica sia per uso agricolo sia carea, la situazione geomorfologica (contatto tra strato per potenziare l’acquedotto civico ormai non più suffi- calcareo e detriti sabbioso-argillosi) avvaloravano l’ipo- ciente alle aumentate esigenze della comunità. Le sue tesi. Circa la strana e irregolare intermittenza, il Betti proposte furono accolte “...per lo più con qualche riso- ricordava le due precedenti effusioni periodiche: quella lino di compatimento..”, come racconta egli stesso nella del 1915-18 e quella del 1940, testimoniate dagli an- successiva pubblicazione delle sue ricerche in un libro. ziani del luogo che avevano coniato il detto popolare: Lanciò un appello anche agli speleologi del gruppo di “quando il Luco butta forte, carestia o morte”, volendo Sarteano, l’unico operante in provincia a quell’epoca. significare che le effusioni coincidevano con periodi di Il gruppo aderì ed effettuò le prime esplorazioni di va- lutto o di disastro. rie cavità della Montagnola (1961-62). I testimoni asserivano che insieme alla acque fuoriu- L’attività proseguì sempre più intensa con l’Associazio- scivano rospi e serpi bianchi e che, agli inizi del feno- ne Speleologica Senese nella quale confluì il gruppo di meno, presso le “buche del Luco” si udivano degli stra- Sarteano. Il Betti fu uno dei fondatori insieme al parro- ni boati, tanto che il luogo era chiamato il Muglione co di Santa Colomba; divenne il nostro assiduo traspor- (nel gergo locale stava ad indicare il muggito dei buoi). tatore con la sua vecchia auto, durante le esplorazioni Nell’articolo, il Betti proponeva una serie di interventi delle cavità della Montagnola; aspettava con certosina per scoprire il lago sotterraneo: studi geologici, misu- pazienza all’esterno sperando sempre che si trovasse 14 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Fig. 2 - a) La polla principale delle sorgenti del Luco riapparse nell’aprile 1961, in una rara foto dell’epoca, scattata lungo la statale 73 al km 65,300 in località Malignano- Rosia. Fig. 2 - b) La stessa polla sorgiva (disseccata) nello stesso luogo (luglio 2009). La sorgente è captata per uso idrico. La centrale di pompaggio è situata poco distante al di sopra della strada. Fig. 2 - a) The main spring at Luco, as visibile in April 1961, in a photo of the time, shot along the State Road 73, km 65,300 in locality Malignano- Rosia. Fig. 2 - b) The same spring (dry) in July 2009. The spring is tapped for hydric use.

un accesso al “suo” lago. Nel 1962 pubblicò le sue ricer- pubblicata dal Betti (1962), che riproponiamo per inte- che d’archivio che chiarirono molti aspetti ambientali e ro (fig. 3). Oltre a quanto descritto vi si nota anche un storici che qui riassumiamo in breve (Betti, 1962). altro mulino più a valle del corso della “gora” del Luco. Già nel 1302 fu redatto in latino (in seguito tradotto in La mappa non è datata ma è sicuramente attribuibile volgare) un “Constitutum”, cioè una legge emanata dai al secolo XVII, sia per i documenti insieme ai quali è governanti della Repubblica senese, per regolare diritti collocata, sia per lo stile, sia per la rosa dei venti tipica e doveri dei proprietari dei terreni situati nella palu- dell’epoca (dove “T” sta per tramontana; “G” per gre- de di Orgia (oggi la pianura di Rosia). Costoro avevano cale; “S” per scirocco; “O” per ostro; “L” per libeccio; l’obbligo di regimare le acque del Luco: “...sciampare et “P” per ponente; “M” per maestrale). incupare le fosse..”, cioè sgomberare i canali dalla vege- Da ulteriori documenti si apprende che almeno dal 25 tazione e approfondirli per assicurare il deflusso delle aprile 1709 inizia la discontinuità delle sorgenti perché acque e impedire i ristagni che formavano aria mefitica in una dettagliata descrizione della palude si attesta: e “...ammorbante...”. Dovevano pagare squadre di cac- “... stante che erano già 12 anni che non si era vista ciatori che allontanassero dalla palude oche selvatiche l’acqua del detto Luco...”. Quindi almeno dal 1697 le e altri animali e impedire che quelli domestici rovinas- sorgenti cessarono di essere perenni. Nello stesso docu- sero gli argini. Un messo nominato dai governatori mento (Vol. 2040, inserto I Arch. St. Siena) si trova ul- aveva l’incarico di controllare il rispetto delle regole e, teriore conferma che il mulino non funziona più: “... le nell’esercizio delle sue funzioni, doveva indossare una acque della stessa gora, che con le medesime mandava cuffia rossa come segno distintivo. Le spese erano ri- un mulino è oggi distrutto e restatovi il semplice colom- partite in base all’estensione delle rispettive proprie- baio, posto in mezzo ai campi del signor Cerretani..”. tà registrate in una tra le più antiche forme di catasto Nei secoli successivi si hanno notizie più precise: co- terreni detto “tavolato” (dal nome di una misura di sì descrive le sorgenti lo storico Gigli nel suo “Diario superficie senese, la tavola, corrispondente a circa 340 Senese” del 1854 (pag. 632): “... Si vede nella strada mq). Erano sotto stretto controllo i diritti di pesca e la maestra di sotto un masso scaturire una vena d’acqua vendita dell’abbondante pesce che popolava la palude, denominata il Muglione poiché quivi in certi tempi a dimostrazione che in quell’epoca le acque del Luco suol sentirsi per molte miglia all’intorno un prodigioso erano perenni. Altra prova fu rinvenuta del Betti nel- muggito cagionato dai movimenti dell’acqua sotterra- l’archivio di Stato di Siena; egli pubblicò parzialmente nea di quelle montagne. La detta sorgente chiamasi an- una mappa della palude ove erano chiaramente segnate cora Luco ...”. Ancora più circostanziata la descrizione le sorgenti col nome di “Buke del Luco” e presso la sca- del geologo Lotti nelle sue “Nuove osservazioni della turigini era riportato un mulino che, ovviamente, per geologia della Montagnola senese” del 1888: “...credo funzionare aveva bisogno di un flusso costante. opportuno dare un cenno sopra la curiosa sorgente del Recentemente è stato possibile rintracciare la mappa Luco che scaturisce a Barigiano presso Rosia ... trattasi OPERA IPOGEA 1 - 2012 15

Fig. 3 - Mappa seicentesca della palude di Orgia (piana di Rosia), pubblicata parzialmente dal Betti (1962) e rintracciata presso l’Archivio di Stato di Siena (vol. 2039 - Quattro Conservatori, autorizzazione alla pubblicazione n° 789/2009). Vi sono chiaramente riportate le “Buke del Luco” dalle quali sgorgano le polle sorgive; vicino ad esse, all’inizio della “gora del Luco” sorge il “Molino del Luco”; più oltre, presso il fosso Luchetto, il “ molino al Raggio”. E’ evidenziata la zona paludosa e i molti fossi e canali drenanti. Fig. 3 - Old map of the Orgia Swamp (Rosia plain), partially published by Betti (1962) and found at the State Archivi at Siena. It shows “Buke del Luco” with the related springs, and, nearby, the “Luco Water Mill” and, near the Luchetto incision, the “Raggio Water Mill”. The swamp area and the many draining channels are also indicated. a mio parere di un corso d’acqua sotterraneo ... in ad- Oltrepassate di poco le case di Barigiano e prima di dietro l’efflusso dovette persistere per tempi assai lun- giungere a Malignano in comune di Sovicille, sulla pro- ghi, poiché in prossimità della sorgente fu costruito un vinciale tra Siena e Massa Marittima, si trova il fosso mulino, che però fu abbandonato ed ora ne rimangono i Luco che comincia sotto la strada medesima, anzi sotto ruderi ... Trattasi a mio parere di un corso d’acqua sot- un chiavicotto di questa, ove a lunghi intervalli di tem- terranea che mantiensi tale in condizioni metereologi- po si scorge, o meglio si sente defluire una scaturigine che normali mentre che diviene in parte superficiale in che sembra precipiti da un gradino. Si noti che la detta seguito a periodi eccezionalmente piovosi. Le condizioni strada è tracciata sull’unghia degli estremi contraffor- stratigrafiche appoggiano questa idea, poiché risulta ti della Montagnola Senese i cui calcari spariscono ivi che l’acqua di questa sorgente si raccoglie presso il con- sotto la pianura alluvionale, che si estende di fronte per tatto tra i calcari cavernosi, roccia assorbente per eccel- oltre 3 km e molto di più a Sud-Est. Al contatto dei detti lenza, e gli scisti argillosi sottostanti che funzionano da calcari col terreno alluvionale, alla quota fra m 193 e m letto impermeabile. Ora se ricordiamo che l’ubicazione 197 si presenta alle volte una linea di sorgenti, alcune di detta sorgente avventizia è alla base di un gruppo di delle quali ben definite, altre invece quali infiltrazioni poggi calcarei e se notiamo che gli strati scistosi incli- nei solchi di terreno e nei fossetti di scolo della campa- nano verso di essa è ragionevole supporre che il contatto gna. Le sorgenti d’infiltrazione, che si potrebbero dire tra le due rocce e quindi il corso d’acqua sotterraneo freatiche, sono molto sparse e formano acquitrini su al- possa trovarsi prossimo alla superficie nel punto di sca- cuni ettari di superficie. Tutte quante in ultimo, riunite turigine del Luco. Ciò sarebbe in armonia col rumoreg- nel fosso Luco predetto si versano nel torrente Rosia, giare sotterraneo che in antico procacciò alla sorgente poco prima del suo sbocco nel fiume Merse. L’acqua è il nome di Muglione ...”. Ulteriore conferma troviamo limpida, buona al palato e segna 14,75 di temperatura. nel commento alla carta idrografica d’Italia (Ministero Nulla havvi di più volubile di queste sorgenti, le quali Agricoltura Industria e Commercio, 1904, pag. 138): “... presentano fenomeni degni di nota. Infatti sono tempo- 16 OPERA IPOGEA 1 - 2012 ranee e lo sono a lunghi periodi non determinabili, per b) Il grande bacino sotterraneo, dovuto agli apporti del- mancanza di regolari osservazioni ...”. la diffusa fessurazione e agli assorbimenti carsici della Analoghe e ancor più dettagliate sono le spiegazioni circostante Montagnola, è probabilmente collegato al di Marcaccini (1961). Il Betti (1962) raccolse una te- vasto polje di Pian del Lago situato più a nord, dove è stimonianza che non è mai stata approfondita nel mo- stata realizzata la settecentesca canalizzazione sotter- mento opportuno: “...Ho veduto a monte della sorgente ranea del Granduca. del Luco, nell’aia del podere Barigiano, in una grotta artificiale, una fessura nella roccia. Il figlio del colono che ha scavato la grotta asserisce che questa fessura è Il Pian del Lago (o Lago di S. Colomba) un inghiottitoio attivo e che, fin quando la grotta non servì da porcile, i sassi gettati nella fessura cadevano in Nel fianco SE della Montagnola (5 km a W di Siena) si acqua. Oggi invece si sentono solo precipitare..”. estende per 25 kmq l’ampia depressione tettonico-car- Fin da tempi remoti, le “stranezze” del Luco colpi- sica di Pian del Lago (raro esempio di polje in Toscana rono la fantasia popolare; anche gli Etruschi erano a meridionale) circondata e chiusa tutto intorno da una conoscenza del fenomeno: presso le sorgenti a pochi serie di rilievi di calcare cavernoso (fig. 4). Notizie di metri dal km 65,300 sul lato opposto della strada, si Autori antichi e recenti confermano che in passato il estende una vasta necropoli di tombe a camera, per lo piano era soggetto a frequenti inondazioni e non re- più profanate in antico. Nel 1961, all’epoca delle pri- stava mai completamente a secco, tanto che vi abbon- me esplorazioni promosse dal Betti, alcuni contadini ci davano i pesci, soprattutto tinche, come apprendiamo segnalarono molte cavità naturali e, senza distinzione, da Dei (1887), e dal diario inedito del pievano Annibale alcuni ingressi di tombe che segnalammo all’Ente del Mazzuoli, parroco di Santa Colomba, conservato nel- Turismo di Siena. Nel 1964-65 furono sistematicamen- l’archivio della pieve suddetta (gran parte delle notizie te scavate dal Prof. Philips dell’Etruscan Foundation. che seguono sono riprese dai suddetti Autori). A dif- Con lo scavo si recuperarono interessanti reperti e si ferenza della già descritta palude di Orgia, originata dimostrò che le tombe erano ricavate in due strati geo- dalle sorgenti del Luco, le opere di regimazione di Pian logici di differente consistenza: il superiore in roccia del Lago erano gestite da una Congregazione composta compatta, l’inferiore in roccia incoerente composta da dai proprietari dei terreni costieri che concordavano le sabbie e conglomerati, tanto che la parte inferiore di modalità di esecuzione dei lavori di canalizzazione, le alcune tombe era consolidata da conci e lastre di pietra regole fondamentali per non danneggiarli e i criteri di appositamente collocate. Se consideriamo il fatto che coltivazione dei terreni saltuariamente allagati. Inoltre bastava scavare pochi metri più su nel poggio del Luco provvedevano all’appalto annuale dei diritti di pesca per eliminare l’inconveniente e che gli Etruschi erano mediante asta pubblica con autorizzazione governa- maestri nella conoscenza del sottosuolo si può dedurre tiva, emettendo un bando controllato dal Magistrato che la realizzazione delle tombe allo stesso livello del- di Mercanzia, nella residenza del quale i proprietari l’affioramento sorgivo sia stata effettuata deliberata- tenevano le loro riunioni. I proventi dell’appalto di mente a scopo rituale; è ben nota la speciale sacralità pesca contribuivano in parte alle spese di manuten- che essi attribuivano alle scaturigini della madre terra. zione. Questa situazione si prolungava da secoli, ma Non a caso un articolo del quotidiano la Nazione che il problema assillante era l’aria malsana che causava all’epoca riassumeva l’intervista e i risultati dello scavo la malaria, allora denominata “febbre miasmatica”, aveva come titolo: “Gli Etruschi conoscevano il segreto che minacciava anche Siena (distante circa 5 km). In del Luco?”. Le ricerche e le proposte del Betti, presso- questo caso la bonifica non si poteva realizzare con chè ignorate e sottovalutate nel 1961, si rivelarono at- semplici canalizzazioni, come nella piana di Rosia al- tendibili e soprattutto utili anni dopo. Il 17 luglio 1973 lagata dalle sorgenti del Luco. Qui il problema era più esce, sempre sulla Nazione, un articolo a tutta pagina complesso e richiedeva, come vedremo, un intervento dal titolo. “Sgorga a 28 litri al secondo l’acqua delle sorgenti del Luco - Il grande bacino di raccolta sotto la Montagnola è una realtà”. Vi si riassumono le ricerche del Betti (1962) e si annuncia il progetto di sfruttamen- to della grande riserva d’acqua sotterranea, ormai indi- spensabile per soddisfare l’enorme aumento di consumo della città e dei comuni circostanti nonché l’irrigazione della fertile pianura di Rosia. L’acqua è pompata da una profondità media tra 60 e 90 metri attraverso tre pozzi, poi incanalata verso un grande serbatoio dove è miscelata con il già esistente acquedotto del Vivo, quin- di immessa nella rete idrica. Dal lato pratico la que- stione delle sorgenti del Luco si conclude così. Restano da approfondire due aspetti collegati all’opera idraulica che verrà descritta nel successivo capitolo: Fig. 4 - Il polje di Pian del Lago; sullo sfondo la barriera calca- a) Le sorgenti furono perenni fino al 1697 (o forse an- rea che lo circonda. che prima) dopodiché divennero irregolari e intermit- Fig. 4 - The Pian del Lago polje and, in the background, the tenti, come abbiamo dai documenti. calcareous barrier surrounding it. OPERA IPOGEA 1 - 2012 17 più radicale. Le acque stagnavano per 156 ettari e per Bindi Sergardi, ideatore del nuovo progetto e proprie- un’altezza di 5 braccia senesi (circa 3 m); erano smal- tario di notevoli appezzamenti del Piano del Lago. tite parzialmente da alcuni inghiottitoi naturali peri- Continuarono ancora le diatribe, le critiche e i disac- ferici descritti dal geografo Canestrelli (1909): “... tre cordi, ma i tempi erano ormai maturi per la realizzazio- piccoli, oggi cancellati, nel margine sud-orientale, detti ne. Il progetto Bindi fu accolto favorevolmente (6 luglio anche bottini di Tancredi (o “pozzini”); due più grandi 1766) dall’Uditore Generale di Siena, diretto portavoce a mezzogiorno, uno dei quali detto del Mulinaccio, al- del nuovo Granduca Pietro Leopoldo I, un principe il- tri ancora sull’orlo occidentale ...”. L’unico ancora oggi luminato, filantropico, aperto alle riforme moderne e esistente, del quale tratteremo diffusamente, è quello alle imprese utili al progresso e alla comunità. Quindi, del Mulinaccio, inghiottitoio naturale nel quale erano appianate le discordie tra i proprietari e risolte le que- convogliate le acque di scolo del canale principale che stioni burocratiche, fu dato l’assenso alla realizzazione alimentava un mulino fino al 1664, quando fu fatto del canale sotterraneo. A differenza delle altre bonifi- demolire dal Magistrato di Sanità. Così lo descrive nel che lacustri effettuate in Toscana mediante opere di 1767 l’ingegnere Perelli, professore all’Università di colmata o di deviazione per drenaggio attraverso canali Pisa nella sua relazione sopra l’acqua di Pian del Lago: superficiali di scolo, la bonifica di Pian del Lago fu com- “… (lo scarico del lago avviene) mediante una Bocca di plessa e ardita per quei tempi: fu necessario scavare un Caverna aperta naturalmente, dalla quale le acque con- lungo scolmatore sotterraneo che, superata la barrie- dottevi per un fosso maestro scavato apposta, venivano ra nel lato sud, immetteva le acque nei torrenti Rigo, assorbite in copia sufficiente a muovere le ruote di un Serpenna e Rosia fino al fiume Merse. Oltre alla com- mulino, del quale si scorgono tuttavia i vestigi. Ma es- plessità dello scavo, la galleria, poi detta del Granduca, sendosi al giorno d’oggi ristretto il vano della caverna fu un complicato caso di penetrazione artificiale in un accennata, o per l’ingombro portato dall’acqua, o per ambiente carsico naturale. qualche frana caduta, non è più bastante a scaricare quel corpo d’acqua che smaltiva una volta ... Infatti non è nota nè la direzione della caverna, nè la profondità La galleria del Granduca (o “Guglia”) alla quale discende nè dove vada finalmente a metter capo ...”. Questa descrizione sarà il suggestivo stimo- Il 9 novembre 1766 iniziarono i preparativi per scava- lo per le ipotesi del Betti e per le ricerche dei gruppi re la galleria e il 5 dicembre cominciò il lavoro vero e speleologici senesi; nella storia del Pian del Lago rap- proprio in base al progetto che prevedeva lo scavo di presenta la fine degli interventi di bonifica provvisori e un lungo scolmatore sotterraneo, nel lato SE del polje, mai risolutivi del passato e l’inizio del progetto definiti- attraverso la barriera calcarea che lo circondava. Il per- vo di bonifica che portò alla realizzazione della galleria corso progettato si diresse inizialmente verso E, poi a sotterranea. Uno dei più antichi documenti è riportato SE e infine a S, per scaricare le acque di scolo nel torren- nei libri di Biccherna (tasse e riscossioni) del dicem- te Rigo. La scelta della direzione non del tutto lineare, bre 1226: sono registrati i pagamenti per la revisione quindi più lunga, era motivata dall’intento di ridurre delle “bocche” del lago cioè gli inghiottitoi dei Bottini il lavoro di scavo dei 22 pozzi di aereazione della galle- Tancredi e del Mulinaccio, per assicurare il deflusso. ria. Infatti, osservando le quote topografiche della zona Nel 1309 uno speciale Statuto obbliga i proprietari a sovrastante si nota che un percorso più breve e linea- ripulire i fossi di scorrimento. Nel 1369 i proprietari re avrebbe richiesto lo scavo di alcuni pozzi profondi chiedono al Consiglio Generale di Siena la facoltà di tra 40 e 50 metri, mentre nel percorso scelto fu di poco nominare alcuni “offitiali” incaricati di sovrintendere superata la profondità di 20 metri (fig. 6). L’impresa alle opere di manutenzione. Nel 1679 la Congregazione fu costosa e molto ardita per l’epoca; il nobile senese dei proprietari chiede al Monte dei Paschi di Siena il Francesco Bindi Sergardi, autore e fautore del proget- contributo di 400 ducati per i lavori al fosso maestro to vi spese la somma di 37.000 scudi: riuscì a prosciu- che immette nell’inghiottitoio del Mulinaccio. Nel 1715 gare il lago, ma prosciugò anche le proprie ricchezze. Padre Raffaelli, rettore del nobile collegio Tolomei di Per ultimare e perfezionare l’opera ci volle l’intervento Siena, presenta per la prima volta al Granduca Cosimo tecnico e finanziario del Granduca Pietro Leopoldo I III un progetto razionale di prosciugamento, ma il di- al quale vennero poi attribuiti tutti i meriti. Oltre alle saccordo fra i proprietari ne affossa l’attuazione. Nel interminabili discordie tra proprietari si incontrarono 1751, la relazione del già citato Perelli conclude che inconvenienti di vario tipo: disgrazie, disastri, assen- il deflusso assolto in passato dal Mulinaccio non è più teismo di alcuni operai che, a causa della scarsa sorve- sufficiente ed è quindi necessario “… scaricare, per un glianza, “… lasciavano spesso il lavoro per starsene ino- canale fabbricato apposta, le acque delle campagne di perosi e magari giuocare entro il sotterraneo che veniva Pian del Lago nel torrente Rigo piuttosto che di pro- scavato …”, furti di materiale, di attrezzi di scavo e di curarne lo scolo mediante l’escavazione della Caverna polvere da mine. Nonostante tutto, il lavoro prosegui- ...”. Passano altri anni fra liti e discussioni finché nel va e il Bindi attingeva ulteriore entusiasmo dalle visite 1765 viene dato l’incarico al naturalista Padre Saverio ufficiali del Granduca effettuate il 4 maggio 1767 e il Ximenes di esaminare il progetto di prosciugamento 22 ottobre 1768. Un controllo dei periti incaricati ac- e riferire quali garanzie di riuscita offre. Costui nella certò che il 24 giugno 1770 mancavano solo 19 braccia sua relazione favorevole presentò una pianta del lago e e un quarto (m 11,57) da scavare entro il termine di delle proprietà circostanti, disegnata da lui stesso (fig. un mese. Lo scavo incontrò in alcuni tratti calcare ca- 5) e consigliò di affidare l’impresa al nobile Francesco vernoso molto consistente tanto da doverlo rompere a 18 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Fig. 5 - Mappa del Piano del Lago (o di S. Colomba) completamente invaso dalle acque di un’inondazione. Fu redatta nel 1765 dal naturalista Padre Saverio Ximenes per censire i terreni dei proprietari (per lo più nobili e religiosi). In previsione della costruzione della galleria di scolo si evidenziavano due possibili deflussi: uno a SW (a sinistra nella mappa) verso il torrente Rigo (soluzione che fu poi prescelta) l’altro a SE (a destra nella mappa) verso il torrente Arnano. Di fronte alla freccia del N è situata l’insenatura ove si trova l’inghiottitoio naturale del Mulinaccio, zona appartenente ai P.P. Agostiniani del Monastero di S. Leonardo al Lago. Le scale di misurazione sono: a sinistra in braccia fiorentine a destra in braccia senesi (per la differenza di queste misure, vedi testo). La mappa è conservata nell’Archivio di Stato di Siena, Vol. 3054, Quattro conservatori n° 260; autorizzazione alla pubblicazione n° 789/2009. Fig. 5 - Map of Piano del Lago (or S. Colomba) completely flooded. The map was drawn in 1765 by the naturalist Father Saverio Ximenes to produce an inventory of the terrains. Thinking of the construction of the draining gallery, two possibile water flows were indicated: the first to the SW (left in the map) toward the Rigo torrent (this was the solution chosen), and the other to the SE (right in the map) toward the Arnano torrent. Close to the N arrow there is the inlet where the Mulinaccio natural swallow hole is located, in an area belonging to the Agostinians Fathers of the S. Leonardo al Lago Monastry. Measure units are: to the left, in florentine arms, to the right in senesi arms (see text for the exact measures).

Fig. 6 - Mappa di livellamento (1765) per lo scavo della galleria sotterranea, attraverso il rilievo calcareo che chiude il polje, par- tendo dal bordo SW del lago (a destra) per sfociare nel torrente Rigo (a sinistra). Vi sono riportati tutti i paletti di misurazione e i 4 pozzi principali. In corso d’opera saranno molti di più (22). La mappa è conservata nell’Archivio di Stato di Siena, Vol. 3054, n° 258; autorizzazione alla pubblicazione n° 789/2009. Fig. 6 - Levelling map (1765) for the realization of the underground gallery, throughout the limestone ridge bounding the polje, from the SW lake margin (right) to the Rigo torrent (left). The measuring points and the 4 main shafts (out of the final 22) are also indicated. OPERA IPOGEA 1 - 2012 19 furia di mine per le quali furono usate 18.577 libbre di polvere (la libbra corrisponde a grammi 339,5). A metà novembre le acque cominciarono a defluire attraverso il canale e finalmente tutto il terreno fu prosciugato. Il Bindi festeggiò l’avvenimento “...con fuochi d’artificio e allegrezze grandi ...”, ma tra il 20 e il 21 dicembre 1770 “... una terribile bufera seguita da piogge torrenziali così forti che i più vecchi del luogo non ricordavano di aver mai veduto ...” provocò un’enorme inondazione e il Piano del Lago tornò completamente sott’acqua. Il Bindi non si arrese e fece liberare l’imbocco del sotter- raneo dagli ostacoli ammassati dalla furia delle acque e nel febbraio 1771 il canale riprese a scorrere e il lago fu di nuovo prosciugato. Fu in questa occasione che egli riscontrò una notevole differenza tra la quantità d’ac- qua che entrava all’imbocco (incile) e quella che usciva. Si apprende da una lettera che il Bindi (1774) inviò a suo fratello, riportata a pag. 207 della “ Raccolta di au- Fig. 7 - Riproduzione parziale del “Profilo del canale sotterra- tori che trattano del moto dell’acqua “ (Firenze, 1774): neo fatto per lo scolo delle acque del Pian del Lago, in quelle “... la mattina alle 8,30 del 16 febbraio si aprì la diga due porzioni (estreme ?) che sono state visitate nel dì 6 set- e alle 9,30 l’acqua sboccò nel torrente Rigo in una co- tembre dell’anno 1777”. Probabile estensore è il matematico lonna di due braccia larga e una alta; l’acqua entrava Ferroni incaricato dal Granduca di perfezionare e ultimare i all’incile in quantità il doppio maggiore di quella che lavori. Nel 1770 il Bindi Sergardi (primo esecutore dell’opera) ne sortiva, così per conseguenza quest’acqua maggiore aveva riscontrato che parte delle acque di scolo si disperde- veniva consumata da diciassette caverne che si trovano vano lungo il percorso della galleria in “..diciassette caverne naturali ..”. In questo tratto ve ne sono riportate alcune che poi nel sotterraneo nello spazio di 400 braccia di diverse vennero murate. figure e grandezze ...”. Evidentemente lo scavo della Fig. 7 - Partial reproduction of the “Profile of the underground galleria aveva incontrato un sistema di cavità naturali, channel for draining the water at Pian del Lago, in the two parts a dimostrazione dell’intensa carsificazione sotterranea visited on September 6, 1777”, likely drawn by the mathemati della Montagnola. cian Ferroni, who was encharged by the Grand Duke to finish Un socio della Commissione Cavernicoli CAI di Siena, the engineering works. In 1770 Bindi Sergardi had noted that Pietro Gittarelli, purtroppo scomparso e che ricordia- part of the water got lost along the gallery in “..seventeen natu mo con simpatia e rimpianto, rintracciò (non si sa in ral caverns ..”. In this sector some of them are shown, that were quale archivio) la copia di un disegno probabilmente later on closed. del Ferroni (anno 1777) dove sono indicati i lavori di con sistemi carsici naturali, abbiamo sempre sorvolato perfezionamento della galleria e vi sono riportati i pro- sulla misurazione, dandola per scontata. Nel periodo fili di alcune delle suddette caverne (fig. 7) incontrate post-bellico e nei primi anni ’60 dello scorso secolo la nello scavo e in seguito accuratamente occultate dalle galleria fu prossima al collasso e al degrado completo murature. A quell’epoca il granduca aveva conferito in- a causa della quantità di rifiuti d’ogni genere, residua- carichi amministrativi al collegio di Balia e al marchese ti bellici, carogne di animali non solo trascinati dalle Cennini per erogare il denaro necessario a completare acque ma anche gettati intenzionalmente attraverso i i lavori, mentre affidò la parte tecnica al matematico dieci pozzi (fig. 8). Questi, all’epoca dei lavori per sca- Pietro Ferroni che progettò la livellazione e sistema- vare la galleria erano 22 ma, a opera ultimata, per con- zione del fosso maestro e dei suoi tributari a monte dell’imbocco della galleria che fu rettificata e perfezio- nata con la costruzione di spallette a volta e in mattoni nei tratti mancanti, abbassamento e correzione della linea di fondo del sotterraneo e sua totale lastricatura. Progettò anche un nuovo imbocco (incile) più in avan- ti di 168 braccia e un nuovo sbocco (emissario) più in giù di 160 braccia. Pertanto la galleria risultò prolun- gata di 328 braccia che, aggiunte alle 3287 già scavate dal Bindi portarono a un totale di 3615 braccia senesi corrispondenti a metri 2173 (il braccio antico senese corrisponde a m 0,601; il braccio fiorentino a m 0,583). Una recente misurazione, effettuata dagli appassiona- ti volontari dell’Associazione “La Diana” ai quali va il merito e l’elogio di aver ripristinato l’agibilità e l’uso pubblico del sotterraneo, ha dato come risultato una Fig. 8 - Uno dei dieci pozzi di aereazione aperti sulla volta della lunghezza di m 2321 (Cioli et al., 1999). Nelle nostre galleria del Granduca. passate e numerose visitazioni, fatte soprattutto con Fig. 8 - One of the ten air shaft in the gallery of the Grand l’intento di scoprire eventuali pertugi in comunicazione Duke. 20 OPERA IPOGEA 1 - 2012 siglio del matematico Ferroni (in Dei, 1877) ne furono richiusi 12 ormai inutili, come si può vedere nell’accu- rata mappa del Piano del Lago e della galleria disegna- ta da lui stesso e poi pubblicata nel libro di apelle Dei nel 1877 (fig. 9). Percorrere oggi la galleria è gradevole e agevole (fig. 10) salvo il raro caso di qualche eccezio- nale apporto temporalesco; si procede osservando le opere murarie solide e ben conservate; nella sommità dei pozzi hanno trovato alloggio colonie di pipistrelli (Rinolofi e Myotis); lungo le pareti, in corrispondenza di pertugi di drenaggio si sono formate numerose in- crostazioni stalagmitiche (fig. 11). Quello che più colpi- sce è la notevole e assortita quantità di segni impressi nelle pareti da ignoti operai e maestranze: iscrizioni, graffiti, simboli, calcoli, date, schemi, proverbi e imma- gini, alcune delle quali strane ed enigmatiche come, ad esempio, un’imbarcazione e due uccelli, forse simboli di libertà (fig. 12). La realizzazione della canalizzazione sotterranea risulta ancora oggi ammirevole e tuttora funzionale, grazie alla solidità e genialità dei lavori in muratura con il pavimento e le pareti completamente foderate in pietra e la volta a botte in mattoni. Richiese un tenace e imponente impegno di maestranze, operai e mezzi per 14 anni (1766-1780) e una spesa grandio- sa che costò al Bindi Sergardi (il primo esecutore, poi dimenticato) 37.000 scudi. Altri 30.000 scudi furono erogati dal granduca Pietro Leopoldo I di Lorena, che fece perfezionare e ultimare i lavori. A lui furono poi at- tribuiti tutti i meriti come dimostra una stele comme- morativa a forma di obelisco (simbolo massonico) detta localmente “guglia” o “piramide” (fig. 13). È collocata al di sopra dell’ingresso della galleria; alla sua base, Fig. 10 - Lo sbocco della galleria del Granduca nel torrente una lapide marmorea incisa plaude in un latino magni- Rigo. loquente all’opera mirabile del Granduca. La lapide ha Fig. 10 - Outlet of the Grand Duke gallery in the Rigo torrent.

Fig. 9 - Mappa completa del Pian del Lago e della galleria del Granduca. I fossati del piano sono convogliati nel canale maestro che immette all’imbocco del sotterraneo (incile). Il percorso ipogeo è scandito dai 22 pozzi ancora aperti, ma sono già indicati quelli da richiudere. Sul bordo orientale del polje sono segnalati i “Bottini di Tancredi”, inghiottitoi non più rintracciabili. Nel margine SW è segnalato l’inghiottitoio del Mulinaccio (detto “cataratta” o “ voragine”) tuttora esistente; davanti a questo sono evidenziati “..gli avanzi dell’antico mulino...”. E’ il disegno conclusivo che correda la relazione finale sui lavori fatta dal matematico Ferroni nel 1779 e pubblicata da Dei nel 1887. Fig. 9 – Map of Pian del Lago and the Grand Duke gallery. The underground corse is marked by the 22 shafts, still open, but those to be close are already indicated. The “Bottini di Tancredi”, swallow holes nowadays not known anymore, are shown in the eastern border of the polje. The Mulinaccio swallow hole (also known as “sinkhole”) is shown in the SW margin of the polje; in front of this, the “..remnants of the ancient water mill...” are also shown. This is the drawing accompanying the final report by the mathematician Ferroni (1779) and published by Dei (1887). OPERA IPOGEA 1 - 2012 21

Fig. 11 - Le accurate opere murarie nella galleria: pavimento e pareti in blocchi di pietra; volta a botte in mattoni. Fig. 11 - The walls within the gallery, showing pavement and walls in stone blocks, and barrel vault in bricks.

Fig. 13 - La stele (obelisco) detta dai locali piramide o guglia, innalzata a ricordo della costruzione della galleria; alla base è sistemata una lapide marmorea in onore del Granduca. Fig. 12 - Simboli e scritte nelle murature lungo le pareti della Fig. 13 - The stele, locally known as pyramid or spire, elevated galleria. to remember the construction of the gallery; at its base, a mar Fig. 12 - Symbols and inscriptions along the gallery walls. ble headstone honouring the Grand Duke is present. 22 OPERA IPOGEA 1 - 2012 subìto ingiurie non tanto dal tempo quanto dalla stupi- 2) L’inghiottitoio del Mulinaccio fu il principale scol- dità di ignoti che hanno tentato di asportarla più di una matore naturale del Pian del Lago: l’unico rintracciato volta (fig. 14). Procedendo in lento silenzio nella buia e esistente nell’epoca attuale. Degli altri (i cosiddetti galleria non si può fare a meno di tornare, con l’imma- “bottini” di Tancredi) si hanno solo vaghe notizie per- ginazione, indietro nel tempo e rivivere le tormentate ché erano secondari, a quote leggermente più alte e già vicende storiche e geografiche della sua costruzione. interrati in antico. 3) Di fronte all’imbocco del Mulinaccio sorgeva un mulino (dal quale ha preso il nome l’inghiottitoio) che L’inghiottitoio del Mulinaccio sfruttava l’acqua penetrante nel sottosuolo; fu fatto de- molire dal Magistrato nel 1664 perché si attribuiva al Questo inghiottitoio naturale, situato in prossimità del mugnaio la colpa (inesistente) di trattenere le acque. In vecchio podere dell’Osteriaccia, lungo il bordo SW del realtà si stava verificando un graduale intasamento a polje di Pian del Lago, alla base del poggio calcareo, è causa di frane della volta e apporti terrosi. strettamente connesso con il complicato sistema che 4) All’incirca nella stessa epoca il mulino esistente al- intercorre tra le sorgenti del Luco, il carsismo della l’uscita delle sorgenti del Luco fu abbandonato perché Montagnola, il polje di Pian del Lago e la galleria del queste smisero di defluire. È evidente la correlazione Granduca. Già il Betti (1962) era giunto a conclusioni dell’abbandono dei due mulini con l’interramento del tuttora valide e convincenti: Mulinaccio (il primo) e la conseguente intermittenza 1) È storicamente accertato che le sorgenti del Luco delle sorgenti (il secondo). furono perenni almeno fino al 1628 e al massimo fino 5) Le acque che penetravano nel Mulinaccio si disper- al 1697. devano in vasti ambienti sotterranei ignoti come dimo- strano le “... diciassette caverne naturali incontrate ...” e poi accuratamente murate durante lo scavo della gal- leria di bonifica del Granduca. 6) Le notevoli correnti d’aria riscontrate nelle pri- me esplorazioni nella buca delle Fate, nella buca del Ferratore e in altre situate nel sovrastante poggio cal- careo di Lecceto sono ulteriore conferma dell’esistenza di un complesso sistema sotterraneo. 7) In base alle notizie storiche precedentemente espo- ste, è ragionevole ipotizzare che il primo interramento del Mulinaccio (relazione Perelli, 1767) e l’apertura del canale scolmatore artificiale nel 1770-71 provoca- rono una minore alimentazione della rete idrografica sotterranea e quindi la trasformazione delle sorgenti del Luco da perenni a intermittenti; l’ulteriore intasa- mento del Mulinaccio diradò ancora di più i periodi at- tivi dell’intermittenza. In base a questa singolare situazione, l’approfondimen- to delle ricerche si è orientato sull’esplorazione dell’in- ghiottitoio del Mulinaccio e il relativo scavo delle frane e ostruzioni, nel tentativo di penetrare nell’ipotizzato sistema sotterraneo. Nell’aprile del 1961 il gruppo speleo URRI di Sarteano, invitato dal Betti, fece un primo sopralluogo all’imboc- co dell’inghiottitoio che era costituito da un breve trat- to di galleria artificiale costruita nel 1876 da un discen- dente del Bindi Sergardi (il progettista e costruttore della galleria del Granduca). Il breve tratto artificiale del Mulinaccio fu fatto per preservare l’entrata dalle frane delle pareti calcaree del poggio di Lecceto. Ciò fa pensare che l’inghiottitoio, anche se ormai non più de- terminante dopo la realizzazione dello scolmatore, era Fig. 14 - La lapide danneggiata da ignoti nel 2002 e nel 2009. ancora considerato uno sbocco di emergenza nonostante Il testo recita: “A Pietro Leopold austriaco gran duca di Etruria il progressivo interramento (fig. 15). Procedendo all’in- perché mirando alla coltivazione dei campi e alla salubrità del- terno si intravedeva il tratto e l’imbocco naturale del- l’aria condusse le acque stagnanti in una costruzione conca- l’inghiottitoio che assorbiva lentamente un filo d’acqua merata (cioè coperta a volta) di duemila passi e oltre attraverso tra i detriti e la melma, mentre si avvertiva anche una pendenze contrarie fino al Rigo, i Senesi posero all’ottimo prin- cipe per la grandezza dell’impresa nel quindicesimo anno del discreta corrente d’aria. Fu tentato uno scavo a turno, suo regno e 1780 dalla nascita di Cristo”. per un giorno e una notte, che accertò la continuazione Fig. 14 - The headstone, damaged by unknown people in 2002 della condotta naturale ma confermò anche che si trat- and 2009, dedicated to the Grand Duke Peter Leopold I. tava di un lavoro enorme non affrontabile con gli scarsi OPERA IPOGEA 1 - 2012 23 carico era richiamato all’esterno, tramite un cavo di acciaio, da un argano elettrico; veniva poi ricondot- to al fronte di scavo dallo stesso cavo riavvolto da un trapano a batteria. Nel 2002 e 2003 fu così possibile avanzare nello scavo per un ulteriore notevole tratto; ma l’ostruzione era ancora insondabile e le difficoltà, nonostante il miglioramento funzionale del trasporto, aumentavano con l’allungamento del percorso; inoltre nel punto terminale dello scavo si profilava una stretta fenditura completamente ostruita e con una direzione verso il basso più stretta e verticale che complicava ul- teriormente lo scavo ed il trasporto (fig. 16). Per l’impossibilità di portare a termine lo scavo non è chiarito in modo definitivo il complicato rapporto inter- corrente tra l’inghiottitoio del Mulinaccio, il carsismo della Montagnola, il polje di Pian del Lago, la galleria del Granduca, il poggio calcareo di Lecceto, le sorgenti del Luco nella piana di Rosia (ex palude di Orgia). Sulla base delle notizie storiche, delle ricerche del Betti (1962) e di tutti gli altri studiosi esposte precedente- mente, la Commissione “i Cavernicoli” del CAI di Siena ha elaborato ipotesi idrogeologiche razionali e attendi- bili scandite ciascuna da ricostruzioni grafiche esplica- tive in tre situazioni temporali diverse (fig. 17): a-) fase antica: il polje è un vero lago, l’ipotetico lago sotterraneo è colmo e la spinta delle sue acque forma le grotte. L’inghiottitoio è in pieno funzionamento, le sorgenti del Luco nella piana di Rosia sono perenni e il molino del Luco è attivo. b-) fase intermedia: il polje sta trasformandosi in palu- de. È stato costruito il molino che sfrutta le acque de- Fig. 15 - L’inghiottitoio del Mulinaccio assolve ancora il deflusso fluenti nel Mulinaccio; sta calando il livello dell’ipote- parziale nei periodi piovosi. tico lago sotterraneo. Le sorgenti del Luco sono ancora Fig. 15 - The Mulinaccio swallow hole functions still today to perenni e funziona sempre anche il molino del Luco. partially take the water flow durino the rainy periods. c-) fase recente e attuale: l’inghiottitoio del Mulinaccio non assolve più il suo compito perché è ostruito. È di- mezzi di allora. La prosecuzione era ostruita da un am- strutto il molino lì vicino (1664); il polje di Pian del masso indeterminabile di detriti legnosi, sabbie, argille Lago è asciutto perché bonificato dalla galleria-scolma- e pietrame accumulatosi nei secoli e bloccati da ripetuti eventi franosi. Nel 1964 fu effettuato un tentativo più mirato e incisivo dall’Associazione Speleologica Senese nella quale era confluito anche il gruppo di Sarteano. Fu istituita in seno al gruppo una sezione idrogeolo- gica che ottenne un contributo in denaro dal Comune di Siena. Con lo scavo si sgomberò dai detriti il tratto artificiale e alcuni metri del settore naturale, ma non fu possibile proseguire oltre per i disagi e le difficoltà dello scavo che avrebbe richiesto manodopera e ulterio- ri contributi. Dopo decenni di stasi, nell’estate 2000 fu progetta- ta la ripresa dei lavori da parte della Commissione “i Cavernicoli” del CAI di Siena che con slancio giovanile, buona volontà e ingegno disostruì altri 11 metri di gal- leria naturale incontrando poi la solita grossa difficoltà del trasporto all’esterno dei detriti. Nell’anno succes- sivo tornarono alla carica con un nuovo sistema di tra- sporto, appreso nei contatti con l’Unione Speleologica di Calenzano, che realizzarono nel 2002 con un con- tributo di 5.100 euro erogato dal Monte dei Paschi di Fig. 16 - L’inghiottitoio del Mulinaccio, con indicazione degli Siena. Il nuovo sistema di trasporto consisteva in un scavi effettuati. mini carrello metallico viaggiante su un binario realiz- Fig. 16 - The Mulinaccio swallow hole, showing the realized zato con tubi di polietilene fissati su tavole. Il carrello excavations. 24 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Fig. 17 - Ipotesi idrogeologica: a) fase antica; b) fase intermedia; c) fase recente (per la spiegazione, vedi testo). Fig. 17 - Hydrogeological hypothesis: a) ancient phase; b) intermediate phase; c) recent phase. See text for explanation.

trice artificiale costruita dal Granduca e dal Sergardi L’operazione iniziò il 5 gennaio 2005, con l’immissione (1774). L’ipotetico lago sotterraneo non riceve più un di kg 3 di fluoresceina nell’inghiottitoio del Mulinaccio. afflusso idrico sufficiente ad alimentare il sifone ad “U” A seguito del posizionamento di 11 fluorocaptori nel- rovesciato; le sorgenti del Luco diventano intermittenti le vasche delle sorgenti del Luco e nel torrente Rigo, e quindi il molino del Luco (1697) non esiste più. e dei relativi prelievi ed analisi (protratte a scadenze Sospeso lo scavo dell’inghiottitoio, la Commissione “i regolari fino al 29 luglio 2005) si è sempre avuto esito Cavernicoli” del CAI di Siena progettò l’immissione negativo. di fluorescina sodica nel Mulinaccio per approfondire In conclusione, il giallo idrogeologico del sottosuolo del- la conoscenza degli acquiferi carsici della Montagnola la Montagnola col suo intrigo di sorgenti, molini, pa- e verificare le ipotesi sopra prospettate. All’iniziativa ludi, vuoti sotterranei naturali e artificiali non è stato aderì e collaborò anche l’Associazione Speleologica risolto né dagli scavi né dall’utilizzo della fluoresceina. Senese. Risolti i problemi burocratici, i permessi e la Probabilmente nel sottosuolo esiste un sistema vacuo- necessaria consulenza scientifica con gli organismi pre- lare talmente complicato ed esteso da rendere insuffi- posti, fu deciso di posizionare in uscita i fluorocapto- ciente, con la sua dispersione, la quantità di tracciante ri nelle vasche dell’acquedotto del Luco e nel torrente immesso; considerando anche la non trascurabile pre- Rigo presso la confluenza in esso della galleria artificia- senza di una enorme e incalcolabile quantità di mate- le del Granduca. La Federazione Speleologica Toscana riali organici, legni, fanghi, argille e detriti che assor- fornì il tracciante necessario e la consulenza scientifi- bono, come i carboni attivi dei filtri, il tracciante già ca. In base ai calcoli della portata d’acqua si concordò di di per sé usato in dosi minime per sicurezza. Ma per i immettere una quantità di tracciante tale che fosse al giovani della Commissione CAI e per qualche anziano di sotto della concentrazione di colorazione visibile al- del’ A.S.S., tutti abituati da sempre a crearsi con lavori l’occhio umano, ma sensibile ai fluorocaptori, allo sco- da vere e proprie talpe uno spazio speleologicamente po di evitare assolutamente un inquinamento visivo, decente sotto la Montagnola, “... la questione, non fi- trattandosi di acque captate per l’acquedotto di Siena. nisce qui!”. OPERA IPOGEA 1 - 2012 25 La bonifica del Lago di Badia a Isola (Frazione di Monteriggioni - Siena)

La località prende il nome da un’antica abbazia (= Badia) sorta sul margine di una zona paludosa, tanto da farla sembrare in lontananza un’isola, da cui Badia a Isola. Qui si trova un sotterraneo artificiale che, per le sue tormentate vicende storiche, si potrebbe chiama- re la “galleria della discordia”. Nel 1002 la Contessa Ava, ricca feudataria parente dell’imperatore Ottone III, istituì in suffragio della propria anima un mona- stero di Benedettini, assegnando ai monaci una chiesa e un borgo situato lungo la via Francigena al margine di una depressione allagata. Per il mantenimento asse- gnò 42 cascine e masserie, oltre a sostanziosi tributi e decime varie. I monaci costruirono un’Abbazia che col tempo divenne più potente degli stessi feudatari dona- tori. Nel frattempo anche la Repubblica Senese incre- mentò la sua potenza economica e politica. Nel 1213 i Senesi costruirono il borgo fortificato di Monteriggioni che divenne un potente baluardo difensivo contro la ne- mica Firenze e una minaccia verso Volterra sotto il cui Vescovato era Badia a Isola. Si creò così una contrap- posizione non soltanto politica ma anche topografica tra Monteriggioni e la Badia che si fronteggiavano ai lati opposti della depressione paludosa. I monaci deci- sero di bonificarla mediante una canalizzazione, ini- zialmente all’aperto e poi sotterranea, che convogliava le acque nel torrente Staggia, allo scopo di realizzare un consistente aumento di terreni coltivabili e quindi Fig. 18 - Nello sfondo Monteriggioni, baluardo della repubblica di cereali. Ma ai Senesi faceva comodo che la palude di Siena; in primo piano la pianura di Badia a Isola bonificata (chiamata anche “il canneto”) restasse tale e quale: sia dai monaci; la costruzione turrita è in prossimità di uno degli come ulteriore ostacolo difensivo, sia perché il terre- accessi alla galleria sotterranea per il deflusso delle acque. no molle poteva produrre maggiore quantità di foraggi Fig. 18 - Monteriggioni, bulwark of the Siena Republic, in the per i cavalli della guarnigione. Ne scaturirono inter- background; in the foreground, the plain of Badia a Isola, re minabili schermaglie diplomatiche, con produzione di claimed by the monks; the tower is nearby one of the entrances documenti autentici ma talvolta anche falsificati e non to the underground draining gallery. mancarono gli scontri sanguinosi. Nel 1242 il Podestà di Siena ingiunse ai monaci di sospendere lo scavo della sotterraneo di oltre 400 metri era ed è agibile solo a galleria, minacciando pene pecuniarie e spedizioni pu- tratti. Recentemente abbiamo riscontrato un migliora- nitive; un gruppo di armati riempì fossa e galleria. I mento della situazione, grazie ad alcuni interventi che monaci chiesero l’intervento del Vicario Imperiale che hanno salvato il salvabile: i pozzi sono stati recintati, dette loro ragione. La questione andò avanti per molto restaurati nelle loro pareti e chiusi da un reticolo di tempo, con atti di forza e bastonature a sangue da una ferro (fig. 19). Presso l’imbocco del percorso sotterra- parte e ricorsi all’autorità imperiale dell’altra, finché nel 1246 si giunse a un compromesso che permise ai monaci di ultimare la galleria, ma concesse ai Senesi una consistente striscia di terreno al di là del fossato. Anche oggi, nonostante i secoli trascorsi, traspare an- cora nella topografia dei luoghi, la storica inimicizia: da Badia a Isola lo sguardo spazia nella pianura bonifica- ta dalla quale emerge una vecchia torre che fronteggia nello sfondo il borgo fortificato di Monteriggioni (fig. 18). La torre è situata a guardia proprio sopra l’alveo del canale artificiale sotterraneo; poco più oltre, dis- seminati nella piana, si susseguono a intervalli alcuni pozzi che servono da sfiatatoi e controllo del percor- so della galleria. Fino a non molti anni fa questi pozzi erano molto degradati e scoperti; pertanto i detriti fra- Fig. 19 - L’imbocco di uno dei pozzi di aereazione della galleria nati e i rifiuti gettati dall’alto causavano sbarramenti di Badia a Isola restaurato e protetto da griglia metallica. melmosi al deflusso regolare delle acque rendendo lo Fig. 19 - Entrance (restored and protected by a metal grid) to scorrimento più lento e ridotto di portata. Il percorso an air shaft of the gallery at Badia a Isola. 26 OPERA IPOGEA 1 - 2012 neo (fig. 20) di fronte all’ex podere Taverna è installato un depuratore che filtra le acque di scolo dell’abitato di Badia a Isola prima di immetterle nella galleria sotter- ranea. All’interno l’acqua scorre regolarmente ma con lentezza; grazie al depuratore sono ricomparsi segni di vita: sia all’interno che in uscita della galleria nel tor- rente Staggia (affluente dell’Elsa e questa dell’Arno) si vedono di nuovo piccoli pesci e rane. Nei settori percor- ribili si notano i particolari costruttivi messi in atto dai laboriosi e ingegnosi monaci benedettini. Alcuni tratti sono direttamente scavati nella calcarenite plioceni- ca; dove la consistenza di questa è meno stabile sono state messe in opera pareti e volte in blocchi di pietra specialmente in prossimità dell’uscita (figg. 21 e 22). L’entrata della galleria è invece realizzata in mattoni.

Ingolla di Pian del Butale: una galleria artificiale che scarica in un inghiottitoio naturale

In direzione SE, a poca distanza dalla già descritta pianura bonificata di Badia a Isola, si trova un’altra depressione molto più piccola della precedente anche questa bonificata in un passato non precisamente da- tabile per mancanza di documentazione, ma comunque riferibile a qualche secolo fa. Anche in questo caso si riscontra l’uso di un inghiottitoio naturale (in gergo contadino arcaico: “ingolla” che rende intuitivamente Fig. 21 - L’uscita del canale di scolo (in muratura) che sbocca l’idea di assorbimento ipogeo) nel quale è convogliata nel torrente Staggia. una canalizzazione sotterranea (in gergo: “butale” che Fig. 21 - Exit of the draining channel (in stonework) in the tor allude a un fosso o fogna di smaltimento). rent Staggia.

Fig. 20 - L’accesso alla galleria nei pressi del podere Taverna. Fig. 20 - Entrance of the gallery near the Taverna farm. OPERA IPOGEA 1 - 2012 27

Fig. 22 - La terminazione del canale realizzata in blocchi di Fig. 23 - Il tratto artificiale che si innesta nell’inghiottitoio natu- pietra a secco. rale (“ingolla” è il termine locale intuitivamente adeguato). Fig. 22 - The terminal sector of the channel, realized in dry Fig. 23 - The artificial sector, entering into the natural swallow stone blocks. hole (“ingolla” is the local term).

Gli abitanti del luogo, attenti conoscitori di ogni aspet- All’interno si trova una quantità impressionante di to particolare della loro terra, sfruttarono il naturale Dolicopoda e varie specie di ragni. assorbimento convogliandovi le acque che impaludava- Non vi stanziano i chirotteri, probabilmente perché le no la depressione per conquistare così qualche lembo di esigue dimensioni li rendono facile preda di serpenti, terra da coltivare (fig. 23). istrici e tassi che vi prolificano numerosi. Al centro della depressione si apre il canale scavato Ospite straordinario ed estemporaneo è talvolta qual- all’aperto che si immette in una galleria sotterranea che grosso cinghiale solitario che, nei periodi di calura di varie decine di metri, con volta e pareti costruite in e siccità, si addentra nell’interno per trascorrere le ore mattoni; termina sul bordo di un inghiottitoio intasato di canicola nella melma del bordo dell’inghiottitoio. In di melma e detriti, che tuttora assolve lentamente la tal caso, come è successo qualche volta, è più igienico funzione di smaltimento. rimandare la visita.

Ringraziamenti

Si ringraziano vivamente i Dirigenti e il personale di sala dell’Archivio di Stato di Siena per la grande disponibilità, gentilezza e competenza. Un cordiale grazie a tutti gli amici della Commissione Speleologica “i Cavernicoli” del CAI di Siena per l’entusiasmo, l’impegno e la seria e chiarificante documentazione delle loro ricerche fondamentali nella stesura del testo. 28 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Bibliografia

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Bibliografia aggiuntiva Referenze non espressamente citate nel testo ma suggerite per ulteriori approfondimenti in quanto integranti le notizie e i concetti esposti nell’articolo.

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Archivi consultati

Archivio di Stato di Siena: vol. 2039 - Quattro conservatori - Carta sciolta; Vol. 3054 - Quattro conservatori N° 258 e 260 (autorizzazione alla riproduzione n° 789/2009). Archivio del Gruppo Spelelogico URRI di Sarteano (SI). Archivio dell’Associazione Speleologica Senese (SI). Archivio della Commissione Speleologica “i Cavernicoli” del CAI di Siena (SI). OPERA IPOGEA 1 - 2012 29 Gli emissari maggiori dei Colli Albani

Vittoria Caloi1,2, Carla Galeazzi1,2, Carlo Germani1,2

Riassunto

Vengono brevemente descritti gli emissari “maggiori” dei Colli Albani realizzati per regolare il livello dei laghi di Albano e Nemi, privi di emissari naturali, ottenendo nel contempo un’ampia conserva d’acqua utilizzabile per l’irrigazione o per il funzionamento di mulini ed opifici. La grande antichità, le difficoltà affrontate nella costruzione e risolte con mezzi limitati, la funzionalità tutt’ora possibile, pongono questi emissari tra le opere più importanti del nostro passato.

Parole chiave: Italia, Colli Albani, emissari, cunicoli idraulici.

Abstract

The greater underground outlets in the Alban hills The artificial outlet channels of the lakes of Albano and Nemi are among the great engineering works of an- tiquity in the mediterranean area. Their purpose was the regulation of the level of the water basins, lacking natural outlets. The water flows so obtained had several uses, such as moving-power for mills, factories and watering systems. Their epoch of construction is the beginning of the IV century b.P.E. for the Albano outlet, as reported by Livius, and at least the V century b.P.E. for the Nemi outlet; for this latter channel there is no historical record, a fact that suggests a pre-roman origin. Both tunnels were excavated starting from the two extremities, whose positions were established by means of the “coltellatio” technique (see fig. 4 in the Albano paper), based on a straight line of vertical poles conducted above the ridge. The direction was reported inside the excavation by means of shafts close to the entries (fig. 4 and 6); when digging from the downstream en- try, the light beam guided the work, with the help of the “waving” shown in fig. 5. Once close to the meeting point, the workers were guided by the noise in the search for the contact. The Albano outlet is 1450 m long, in origin of rectangular form: one m wide, 2.5 m high, a shape altered at present by concretions and collapses (see fig. 2 and 3). The gradient is of about 0.14 per thousand. The explorations have not been many, since the channel has been full of water until a short time ago, with points where the water reached the ceiling. In fig. 6 the planimetry and the cross-section are given, according to the surveys by Cardinale et al. (1978), Castellani & Dragoni (1991) and Castellani (1999). Livius states that the outlet was built in two years, a fact that is judged as very likely by Castellani & Dragoni (1991), on the basis on the work progress in every shift as testified by the signs on the tunnel walls. At present the channel is no more filled with water owing to the noticeable lowering of the lake level since the ‘90s, but still, the large amount of bad smelling mud which, for various reasons, covers the floor discourages further investigations. The exit of the tunnel is in the village Mole di Castegandolfo, in the past giving water to a public washing-basin, and going on flowing into the Fosso di Vallerano, a tributary of the river. Along its course, various mills and factories made use of its stream. The Nemi outlet, like the Albano outlet, is no more carrying water for the lowering of the lake level. Its con- struction followed the scheme described for Albano, but the history of the Nemi tunnel appears more complex, with interventions in various epochs. (see Castellani et al. 2003 for an exhaustive discussion). In fig. 13 one finds the layout and the section, that show a first phase of construction with the expected two shafts close to the mouths, a tunnel with a regular trapezoidal shape starting from the lake side (“discenderia”). Its vault joins smoothly the main channel, while the bottom of the latter is located about two meters below the level of the discenderia. As seen in fig. 13, the present entrance through which water entered the outlet till the years ‘80s is given by a side channel that lowered the lake level of about two meters below what foreseen by the first project. The first part is formed by three chambers with walls in big peperino ashlars (sort of control rooms), followed by a tunnel rather roughly planned and executed; it joins the main body of the outlet at the arrival of the discenderia. The outlet goes on straight for 800 m, where we find a deviation on the right in a tract of crumbly rocks that has been lined with bricks during the works in 1930. It is very likely a work of restoration after that a collapse had blocked the passage. The situation appears more complex at about 1100 m from the

1 Società Speleologica Italiana - Commissione Cavità Artificiali (Italian Speleological Society – Commission Artificial Caves) 2 Centro Ricerche Sotterranee Egeria - Roma 30 OPERA IPOGEA 1 - 2012

entrance. Here we find a series of deviations, called second bypass, shown in fig. 15. The problem was likely caused by the presence of an extremely hard bank of lavic rock, that the workers tried to avoid in various way (see Castellani et al. 2003 for a detailed discussion). It is even possible that one of the tunnels (3’ in fig. 15) acted as a first version of the outlet until Valle Ariccia. The point is that, just after the troublesome turning around the lava block, the tunnel meets again hard rocks, which appear dug with great regularity. In fact the signs on the walls are circulars, quite different from those left by a pick and suggest the use of new in- struments and methods (fig. 16). After another 200 m, at 1300 m from the lake, there is the meeting with the tunnel from Valle Ariccia, with an error in height of about 2 m. After we have again hard rock, till almost the end, where collappses in a crumbly soil seem to have destroyed the last tract. At present, the exit is given by a short passage through the right wall, showing on the outside the Chigi coat-of-arms. The Nordic Institute of Rome has recently performed important explorations regarding the Nemi outlet, during their excavations in the great roman villa located on the lake shore. The discenderia has been partially cleared, showing that almost certainly it carried water, in an epoch between the end of the VI century and the beginning of the V century b.P.E. The first entrance was filled up about in 300 b.P.E. (on the basis of the ceramics found in the soil), and the second (side) entrance was dug. When around 50 b.P.E. the villa was built, the final part of the outlet was inserted into it, assuming the present appearance (Guldager Bilde, 2006). The outlet from Nemi is part of a hydraulic system that goes on till the Thyrrenian sea. In the Valle Ariccia the water flows in an open channel, crossing the border of the Valley with another tunnel of about 600 m and 12 shafts (fig. 18). After, the water flows in the ditch Fontana di Papa and enters another tunnel, about 300 m long (Dobosz et al., 2003; fig. 19). The river goes on with various names, till it reaches the sea as Fosso dell’Incastro.

Key words: Italy, Alban Hills, artificial (underground) outlets, hydraulic tunnels.

Introduzione la versione di Livio, ma facendo intendere la possibilità che l’emissario sia più antico. Quelli che definiamo emissari “maggiori” dei Colli Lo studio dedicatogli dal Piranesi, con dettagli tecnici Albani, cioè dell’edificio del Vulcano Laziale situato e bellissime tavole, ha inoltre contribuito grandemente pochi chilometri a sud di Roma, furono scavati per re- alla sua fama. golarizzare il livello dei laghi di Albano e Nemi, bacini Nonostante questo, l’emissario è stato poco visitato privi di emissari naturali e quindi soggetti a variazioni essendo di difficile percorribilità in quanto per lungo di livello, soprattutto a seconda delle precipitazioni at- tempo quasi completamente allagato (fig. 1). mosferiche. La presenza dell’acqua trova ragione nei depositi di ter- Contrariamente a quanto avvenuto per gli specchi ra alla base dei due pozzi utilizzati nella coltellatio (ve- d’acqua minori (vedi “Gli emissari minori” in que- di oltre) che ostacolano il deflusso al punto da impedire sto stesso numero) i laghi di Albano e Nemi non fu- di toccare il pavimento e richiedendo una progressione rono completamente prosciugati sia in ragione della in opposizione; due occlusioni concrezionali rendevano profondità (170 m Albano e 33 m Nemi) sia per man- inoltre la parte verso l’incile impercorribile se non con tenere un’ampia conserva d’acqua con possibilità di tecniche subacquee. sfruttamento del rivo ottenuto per l’irrigazione o per In tempi moderni, il cunicolo è stato parzialmente il funzionamento di mulini, opifici, etc. La grande antichità, le difficoltà affrontate e risolte con mezzi limitati, la funzionalità rimasta intatta sino al recente, rapidissimo abbassamento del livello dell’ac- qua nei due bacini che ha posto gli emissari fuori uso, collocano queste opere tra le più importanti del nostro passato.

L’emissario del Lago Albano

L’emissario del lago Albano è il più noto dei molti esi- stenti nei Colli Albani e dintorni ed è anche l’unico del quale parlano alcune fonti storiche: Tito Livio (V, 15) data la sua realizzazione all’inizio del IV secolo a.C., come conseguenza di un responso dell’oracolo di Delfi: Fig. 1 - Interno dell’emissario albano negli anni ‘80 (foto V. Ca- Veio non sarà conquistata (dai Romani, n.d.r.) finché il stellani). lago Albano uscirà dalle sue rive. Fig. 1 - The inside of the alban outlet in the years ‘80 (photo V. Anche Dionigi d’Alicarnasso (I, 66) ne parla riportando Castellani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 31 esplorato nel 1955 da Dolci, del Circolo Speleologico ed uno molto più interno (a circa 400 m), per ridurre Romano (Dolci, 1958; Chimenti & Consolini, 1958). l’errore. Questo viene ulteriormente ridotto grazie alle Bisogna invece aspettare il 1978 per avere un rilievo ondulazioni del cunicolo tra i due pozzi (fig. 5) che per- completo (Cardinale et al., 1978), frutto di numerose e mettono di vedere la luce dell’ingresso solo dal centro impegnative ricognizioni. del condotto, aumentando di molto la precisione nella In “Civiltà dell’acqua” (Castellani, 1999) viene data direzione di scavo. una descrizione sufficientemente completa del condot- Di tutti gli altri pozzi ampiamente citati in letteratura, to, compatibilmente con le sue condizioni e, parallela- a partire dal Piranesi, che li dà comunque come ipo- mente, vengono anche illustrate le tecniche di proget- tetici, non vi è traccia; solo le due zone pesantemente tazione e di scavo (vedi anche Bersani & Castellani, concrezionate potrebbero occultarne la presenza. 2005; Castellani & Dragoni, 1991). Altra caratteristica del cunicolo è la presenza di “cor- Sinteticamente: il cunicolo è lungo 1450 metri; per nici”, variazioni della sezione del cunicolo dell’ordine quanto apprezzabile esso era in origine di forma ret- di pochi cm a delinearne, appunto, il contorno, visibili tangolare, largo 1 metro e alto 2,50 metri; molte frane e soprattutto nella prima parte del condotto. concrezioni hanno alterato questo profilo (figg. 2 e 3). Il Dato che non si evidenziano motivi di utilità per l’esecu- gradiente di discesa è di circa 0,14 per mille. L’opera è zione dell’opera, si è ipotizzato che siano servite a valu- stata compiuta con la tecnica di scavo a fronti contrap- tare la velocità di progressione delle squadre al lavoro, posti: una squadra ha iniziato lo scavo dalla parte del ognuna delle quali lasciava una cornice come segnale lago (incile), un’altra dallo sbocco previsto. di “fine turno”. Castellani (1999) stima che i due anni La progettazione venne fatta col metodo della “coltel- citati da Tito Livio per il compimento dell’opera siano latio”, comune nell’antichità (fig. 4), che fissa la quota ampiamente giustificati dall’andamento delle suddette dei due imbocchi e la direzione esterna. La direzione cornici, nell’ipotesi di sei-otto ore di lavoro continuati- viene riportata all’interno dello scavo tramite l’ausilio vo da parte di varie squadre di operai specializzati. di pozzi aperti in prossimità delle uscite. In figura 6 è dato il rilievo (pianta e sezione) del cunico- Nel caso di Albano troviamo infatti presso lo sbocco a lo; sono tratteggiati pozzi e discenderie considerati ipo- valle due pozzi, uno molto vicino all’uscita (circa 40 m), tetici da Piranesi, e sono indicate (frecce) le due zone di per una stima approssimata della direzione di scavo, occlusioni calcaree.

Fig. 2 - Stalattiti e concrezioni nell’emissario albano (foto V. Fig. 3 - Stalattiti e concrezioni che quasi bloccano il flusso del- Castellani). l’acqua nell’emissario albano (foto V. Castellani). Fig. 2 - Stalactites and concretions in the Alban outlet (photo Fig. 3 - Stalactites and concretions which almost block the wa V. Castellani). ter flow in the Alban outlet (photo V. Castellani). 32 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Il rivo dell’emissario sfocia nel Fosso della Mola, af- fluente del Fosso della Torre che, lungo il percorso, cambia nome in Rio Petroso e poi Fosso di Vallerano, sfociando nel Tevere.

Situazione attuale dell’emissario In figura 7 è illustrata la situazione della zona dell’in- cile negli anni ‘70, quando l’acqua ancora entrava nel- l’emissario; attualmente (2011) una massa di vegeta- zione copre la zona e si è formato verso il lago un salto di circa 2 metri.

Fig. 5 - Schema degli “ondeggiamenti” che permettono di au- Fig. 4 - Schema di progettazione ed esecuzione degli emissari mentare la precisione nella direzione di scavo (Grafica V. Ca- di Albano e Nemi (grafica V. Castellani). stellani). Fig. 4 - Outline of the planning and execution of the Albano and Fig. 5 - Outline of the “wavings” that allow a better precision in Nemi outlets (drawing V. Castellani). the excavation direction (drawing V. Castellani).

Fig. 6 - Pianta e sezione dell’emissario di Albano. Le linee a tratti riportano i condotti ipotizzati da Piranesi. Le frecce indicano le due zone di occlusioni calcaree (grafica V. Castellani). Fig. 6 - Plan and section of the Alban outlet. The dashed lines report the tunnels suggested by Piranesi. The arrows indicate the two zones interested by calcareous obstructions (drawing V. Castellani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 33 L’incile è riprodotto in figura 8: ancora si impone la no- fluisce copioso verso l’incile, suggerisce fortemente che biltà dell’opera, pur nell’evidente stato di incuria in cui l’emissario è tutto, o quasi, bloccato in un punto im- versa la struttura. La situazione del cunicolo in questa precisato del percorso e che viene riempito da acque zona iniziale varia apparentemente con le stagioni e le meteoriche o di stillicidio nelle zone concrezionate. precipitazioni. L’uscita dell’emissario è tutt’ora nel lavatoio della loca- A seguito di sopralluoghi effettuati dal CRS “Egeria”, lità Mole di Castelgandolfo, anch’esso in condizioni di abbiamo riscontrato il piano di calpestio del cunicolo abbandono (fig. 10). ricoperto da uno strato di fango maleodorante (estate L’accesso all’interno del cunicolo da questo lato non è 2009) e un rivo d’acqua uscire (!!) dall’incile (inverno più possibile, come pure è difficile l’accesso dai due poz- 2009). Lo spessore e la vischiosità del fango, nonché zi vicini all’uscita, perché entrambi posti in proprietà l’abbassarsi rapido della volta, impediscono di prose- privata. guire l’esplorazione oltre i venti metri dall’ingresso A proposito del forte abbassamento delle acque del lago (fig. 9). negli ultimi anni, sicuramente dovuto allo sfruttamen- La presenza di un rivo d’acqua in contropendenza, che to intensivo della falda profonda, è bene ricordare come

Fig. 7 - L’acqua del Lago Albano che entra nell’emissario negli anni ‘70 (foto V. Castellani). Fig. 7 - The water of the Alban Lake flowing into the outlet in the years ‘70 (photo V. Castellani). 34 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Al contrario dell’emissario di Albano, le fonti antiche tacciono sul sistema di emissari Nemi-Ariccia, a parte un possibile cenno in Strabone (Geografia, V, 3, 12). Dal 1600 in poi si hanno in letteratura dapprima dei cenni, poi descrizioni e resoconti di esplorazioni via via più

Fig. 8 - L’incile nello stato attuale (novembre 2009); (foto C. Germani). Fig. 8 - Present situation of the outlet entrance (november 2009); (photo C. Germani).

si siano verificate anche nel passato forti oscillazioni di Fig. 9 - La difficile situazione all’interno dell’emissario dalla par- livello. Al presente, sono emersi in vari punti del lago te dell’incile, con il fondo coperto di fango vischioso e acqua, resti di strutture romane, indicando un abbassamento e con un forte odore di decomposizione vegetale (novembre 2009); (foto C. Germani) delle acque al disotto dell’incile in tale epoca (Bersani Fig. 9 - The difficult situation inside the oulet near the entrance: & Castellani, 2005). the bottom is covered by sticky mud and water, with a strong Altri abbassamenti notevoli sono segnalati da Eschinardi smell of decomposition (november 2009); (photo C. Germani). (1750) per l’anno 1683 e da Giorni (1842) per l’anno 1834 (vedi sempre Bersani & Castellani, 2005). D’altra parte, è ben noto che anche in epoche precedenti la co- struzione dell’emissario il livello del lago Albano ha su- bito forti variazioni, testimoniate dai resti rivieraschi di un villaggio dell’età del Bronzo (Ghini, 1999) e da frammenti attribuibili forse all’età del Ferro (Bersani & Castellani, 2005).

Emissario di Nemi

La trattazione dell’emissario del lago di Nemi svolta in Castellani et al. (2003) copre tutti gli aspetti storici, to- pografici, economici e strutturali conosciuti a tutt’oggi. Fig. 10 - Lo sbocco dell’emissario di Albano in località Mole Ad essa sono però da aggiungere gli ultimi risultati del- di Castelgandolfo nel vecchio lavatoio, in stato di abbandono la missione archeologica del Nordic Institute in Rome, (foto C. Germani). non ancora completati nel 2003. Nel seguito diamo una Fig. 10 - The old wash-basin, once the mouth of the outlet wa descrizione dell’emissario basata sul lavoro citato di ter at Mole di Castelgandolfo, now completely neglected (photo Castellani et al. (2003). C. Germani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 35 affidabili col passare del tempo, ma sempre largamente stra più complessa e l’opera appare il frutto di inter- incompleti e talvolta alquanto fantasiosi, come la pre- venti successivi, in parte voluti, in parte conseguenza sunta scoperta di un altro emissario lungo tre km. La di situazioni impreviste. prima esplorazione completa e documentata viene ef- Diamo ora una descrizione del manufatto e una possi- fettuata agli inizi del ‘900 in relazione al recupero delle bile spiegazione dei suoi aspetti più problematici. due navi di Caligola (1928-1930: Ucelli, 1940). Per illustrare l’atmosfera del luogo, ancor oggi pieno L’emissario è rimasto attivo sino a circa il 1980, quando di fascino, mostriamo in figura 11 una panoramica del è iniziato l’abbassamento delle acque del lago di Nemi, lago di Nemi e in figura 12 - in un quadro del 1845 al 2009 circa due metri sotto la quota dell’incile. - l’edicola che ancora segnala, sia pure in un contesto A partire dagli anni ‘90, è stata avviata una intensa mutato, il sentiero che porta all’incile. campagna di esplorazioni speleologiche, facilitate dalla In figura 13 sono riportate la planimetria e la sezione fine del passaggio delle acque del lago attraverso il cu- dell’emissario. nicolo. Gli studi effettuati hanno permesso da un lato L’impostazione è quella attesa: due pozzi vicini alle di correggere alcune inesattezze presenti nella relazio- estremità, lo scavo a valle che inizia alla quota voluta ne di Ucelli (che non ne inficiano comunque il valore), dall’altro di completare e chiarire molti aspetti della struttura dell’emissario, mostrando come l’esecuzione dell’opera abbia una sua storia complessa e di grande interesse. L’impostazione dell’opera è semplice, almeno come schema, non certo come esecuzione: scavo cieco da due punti opposti della montagna, individuati col metodo della “coltellatio” (vedi la trattazione dell’emissario di Albano), incontro a “udito”. Come detto in precedenza, ad Albano le cose sembra- no aver seguito questa pianificazione senza particolari complicazioni e senza scavo di pozzi, a parte quelli alle estremità dello scavo, necessari per fissare la direzione col minor errore possibile. Fig. 11 - Veduta del lago di Nemi (foto C. Germani). Nel cunicolo di Nemi, al contrario, la situazione si mo- Fig. 11 - View of Lake Nemi (photo C. Germani).

Fig. 12 - Nel quadro di Cole Thomas (1845) la riproduzione dell’edicola che ancora indica l’entrata al sentiero che porta all’incile dell’emissario di Nemi. Fig. 12 - The painting by Cole Thomas (1845) reproduces the shrine that still today marks the beginning of the path leading to the outlet entrance. 36 OPERA IPOGEA 1 - 2012 mentre da monte una discenderia, partendo da un li- banco di roccia lavica estremamente dura, che si tentò vello superiore a quello delle acque del lago, giunge al di aggirare con sottoescavazioni, sovraescavazioni, cu- livello predeterminato alla base del pozzo a monte. nicoli di aggiramento (vedi Castellani et al., 2003 per Da questo parte un cunicolo regolare a forma trapezoi- una discussione dettagliata). dale, la cui volta si innesta con regolarità nel condotto principale mentre il fondo presenta uno scalino di circa due metri al termine della discenderia, indice di una sottoescavazione avvenuta in tempi successivi. Infatti, come si vede ancora in figura 13, l’incile attua- le, per il quale entrava l’acqua del lago sino agli anni ‘80, è costituito da un cunicolo laterale che con tutta evidenza abbassò il livello delle acque di circa due metri rispetto a quanto previsto dal primo progetto. La prima parte dell’incile è formata da una serie di tre ambienti con mura in grandi massi squadrati di peperino, inter- pretate come camere di manovra dal Nordic Institute in Rome (vedi in seguito). Il rimanente è costituito da un cunicolo di fattura e progettazione piuttosto rozze, che si innesta nel con- dotto principale alla base della discenderia. Il tunnel continua dritto (fig. 14) mostrando i segni della sottoescavazione sino a circa 800 m dall’ingresso. Qui troviamo una deviazione sulla destra (provenendo dal lago), in un tratto di materiali particolarmente fria- bili, tanto che il condotto principale venne rivestito in muratura durante i lavori del 1930. Il cunicolo laterale è, con ogni probabilità, frutto di un lavoro di riattivazione del condotto principale, interrot- to da un crollo in epoca non precisabile. Il ripristino è stato conseguito con uno scavo a partire da valle aggi- rante della frana, alto sul livello del suolo, successiva- mente abbassato fino a raggiungere l’acqua. La devia- zione nel suo complesso è nota anche come I by-pass. A circa 1100 m dall’incile il tunnel presenta una se- conda deviazione, o meglio una serie di deviazioni, note come II by-pass, schematizzate in figura 15, che hanno Fig. 14 - Veduta della parte sottoscavata nell’emissario di Nemi richiesto una notevole mole di lavoro per essere inter- (foto C. Germani). pretate, almeno parzialmente. Fig. 14 - View of the overdeepened section in the Nemi tunnel Il problema sembra essere sorto per l’incontro con un (photo C. Germani).

Fig. 13 - Planimetria e sezione dell’emissario di Nemi (grafica Bersani e Castellani). Fig. 13 - Planimetry and cross-section of Lake Nemi outlet (drawing Bersani and Castellani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 37 Pur con cautela, possiamo dire che misterioso, al mo- mento, resta solo lo scopo del cunicolo 3’ in figura 15, difficile da esplorare perché interamente riempito di detriti rocciosi: discenderia di servizio o prima versione dell’intero emissario, con sbocco in Valle Ariccia a valle rispetto all’attuale? Il dubbio è generato dal fatto che, subito dopo il difficol- toso aggiramento della lente di lava, il tunnel incontra di nuovo dure rocce basaltiche che appaiono scavate con grande regolarità e con sulla parete, invece degli abituali colpi di piccone, segni circolari di scavo che suggeriscono metodi e strumenti ben diversi da quelli usati in precedenza (fig. 16). Questi sistemi, con i quali si sarebbe potuto affronta- re agevolmente anche il primo blocco basaltico che ha dato origine al bypass, fanno pensare ad un intervento molto successivo di aggiustamento e rettifica del con- dotto.

Fig. 16 - I segni circolari lasciati sulle pareti di durissima roccia lavica da utensili ben diversi dai normali picconi (foto C. Ger- mani). Fig. 16 - The marks on the tunnel walls of extremely hard lava Fig. 15 - Pianta del II bypass (grafica Castellani e Caloi). rock, left by tools quite different from ordinary picks (photo C. Fig. 15 - Plan of the II bypass (drawing Castellani and Caloi). Germani).

Fig. 17 - L’incontro tra i due fronti di scavo prima e dopo i lavori del 1928-30 (foto: a sinistra da Ucelli, 1940 e, a destra, C. Germani). Fig. 17 - The meeting point between the two excavation fronts, before and after the works in 1928-30 (photo: on the left, Ucelli 1940; on the right, C. Germani). 38 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Dopo altri 200 m, cioè a 1300 m dall’imbocco, c’è l’in- passaggio che attraversa la parete di destra e che mo- contro col cunicolo da valle (fig. 17), con un errore di stra, all’esterno, lo stemma della casata dei Chigi. Per circa due m di dislivello. Oltre l’incontro, il condotto inciso, osserviamo che, poco prima dello sbocco in Valle continua nella dura roccia fin quasi all’uscita, dove Ariccia, il tunnel intercetta un cunicolo alto in parete, la franosità del terreno sembra aver fatto crollare la che appare preesistente, segno di una ancor precedente parte finale. Al presente, lo sbocco è dato da un corto attività idraulica nella zona.

Fig. 18 - Profilo, sezioni e planimetria del cunicolo Aricino, con i relativi pozzi, che attraversa il bordo sud del cratere di Ariccia (da Ucelli, 1940). Fig. 18 - Outline, sections and planimetry of the Aricino tunnel, and related shafts, which crosses the south border of the Ariccia crater (from Ucelli, 1940). OPERA IPOGEA 1 - 2012 39 Fig. 19 - Planimetria del cunicolo di Fontana di Papa (grafica C. Germani). Fig. 19 - Plan of the tunnel at Fontana di Papa (drawing C. Germani).

Complessivamente il tunnel è lungo 1653 m; nel tratto dall’incile al II bypass è alto circa 2 m e largo 1 m, con volta ogivale, diventando più ridotto e a sezione rettan- golare nell’ultima parte, scavata nella roccia lavica.

I due incili Gli scavi del Nordic Institute in Rome, cui si accennava precedentemente, hanno portato allo sgombro parziale della discenderia, mostrando come essa quasi certamen- te sia stata in funzione per il passaggio delle acque. L’epoca di costruzione dell’intera opera appare ancora imprecisata, ma viene comunemente collocata tra la fi- ne del VI e il principio del V secolo a.C. Gli scavi del 2002 hanno mostrato, sulla base della ce- ramica rinvenuta, che il primitivo incile è stato riem- pito circa nel 300 a.C. mentre il secondo incile, con le camere di manovra che costituiscono l’entrata attuale, venne costruito in fasi successive e contestualmente a questa chiusura, abbassando il livello del lago di circa 2 metri probabilmente per consentire la costruzione del grande tempio di Diana Nemorense. Verso il 50 a.C. ini- ziò poi la costruzione della grande villa soprastante che inglobò la parte finale del secondo incile, ricoprendolo e dandogli l’aspetto odierno (Guldager Bilde, 2004).

Fig. 20 - Sezioni del tunnel di Fontana di Papa (grafica C. Ger- mani). Fig. 20 - Sections of the tunnel at Fontana di Papa (drawing C. Germani). 40 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Canale e tunnel in Valle Ariccia Esso è in gran parte franato e impercorribile. e Fontana di Papa L’acqua scorre poi nel fosso di Fontana di Papa, per L’emissario dal lago di Nemi si collega ad un sistema entrare nuovamente in un condotto sotterraneo di re- idrico che continua sino al Mar Tirreno. cente scoperto (Dobosz et al., 2003) in vicinanza della In Valle Ariccia l’acqua dall’emissario percorre un ca- località omonima. Quest’ultimo tunnel è lungo circa nale di circa 2100 m, sino a poco tempo fa ancora intat- 300 m e sfocia in una forra profonda una decina di me- to e funzionante, con copertura originale in lastre di tri e anch’essa artificiale, almeno nella parte iniziale. tufo, ora distrutto e rifatto in cemento. Il corso d’acqua In figura 19 è mostrata la pianta del tunnel, mentre supera poi il bordo del cratere con un tunnel di circa figura 20 ne mostra le sezioni. Il rivo continua il suo 600 m, costruito a partire da 12 pozzi, di facile realiz- corso sotto vari nomi, finché raggiunge il mare col no- zazione data l’altezza limitata del colle da attraversare me di Fosso dell’Incastro. In figura 21 viene riportato (fig. 18, dal lavoro di Ucelli, 1940). lo schema complessivo dell’opera.

Fig. 21 - Schema complessivo del sistema di emissari e canali che portano le acque da Nemi a Valle Ariccia, e da qui a Fontana di Papa, fino al mare (grafica C. Germani). Fig. 21 - Outline of the system of underground outlets and channels, which carrie the waters from Nemi to the Ariccia Valley, and from here to Fontana di Papa and the sea (drawing C. Germani).

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Carlo Germani1,2, Carla Galeazzi1,2, Vittoria Caloi1,2, Tullio Dobosz1

Riassunto

Nell’ambito della raccolta del materiale documentale relativo agli emissari artificiali italiani, in questo contributo vengono descritte le opere in sotterraneo legate ai bacini vulcanici minori dei Colli Albani (Roma, Lazio, Italia), ad eccezione dei bacini di Gabii, che sarà trattato in uno dei prossimi numeri di Opera Ipogea, e Valle Ariccia (vedi articolo precedente). Questi emissari avevano lo scopo di prosciugare completamente gli antichi crateri eccentrici, recuperando terreni da destinare a scopi agricoli e limitando la diffusione della malaria. Molte di queste opere hanno subito nel corso dei secoli varie modifiche e risultano a tutt’oggi in larga parte funzionanti.

Parola chiave: Italia, Colli Albani, emissari, immissari, cunicoli idraulici.

Abstract

The minor underground outlets in the Alban hills region: laghetto di Monte Compatri, Pantano Secco, Pavona, Giulianello The “minor” underground outlets in the Alban Hills region, contrary to what happened for the “major” ones related to the lakes of Albano and Nemi, were dug with the aim of drying completely most of the smaller water basins once present in the surroundings. These basins were shallow, and the brooklets resulting from the emissaries were of no practical use. So the “emptying” tunnel generally begins at the deepest point in the basin and the entrance (incile) does not exhibit relevant hydraulic or architectural features. The basins were emptied to obtain portions of well drained soil for agricultural purpose. The lack of use for the water flows deriving from the drainage is likely due either to the small size of the basins (see, f.e., Pantano Secco and Pavona) or to the low difference in height between the basin and the ending point of the water flow (see, f.e., Gabii). In the cases we deal with here the ending point is usually the river Tiber (tab. 3). It is possible that, at least from the III century b.P.E., the Romans carried out the drainages to fight malaria, which they rightly thought to be related to marshes and to the “small animals with stings that fly against us in large clouds...” (Columella, De re rustica, I,5). The “major” emissaries are instead characterized by the permanence of the lake, which is left as a valuable water reservoir, by the presence of regulating devices at the incile and, downstream, by the presence of a more or less complex net of exploitation: mills, factories and watering systems. The works we are dealing with date between the V and IV century b.P.E. and can be defined as an “integrated system” of regulation, land reclamation and watering. This feature can be ascribed also to the outlets of the major lakes carried out in ancient times in the area north of Rome (Trasimeno, Vico and Martignano) and to the first Fucino outlet. The historic data on the outlets are very few, when not lacking at all. In ancient literature the Albano outlet is the only one quoted (Titus Livius, Lib. V, cap. 15), while, from the XVII century on, some authors, among whom Kircher and Piranesi, describe the magnificence of the major outlets, ignoring the other regulation works. Only from the XIX century some authors, describing the Campagna Romana, mention shortly the presence of cuniculi and minor outlets; they recognize their old age and their contribution to the fight against malaria.

1 Centro Ricerche Sotterranee Egeria - Roma 2 Società Speleologica Italiana – Commissione Cavità Artificiali 42 OPERA IPOGEA 1 - 2012

In these conditions it is difficult to date the underground works, that in any case can be reasonably placed to an epoch between the V century b.P.E. and the I century P.E.. The main reasons for this dating are given by the construction techniques (when observable) very similar to those of the major outlets, and, in second place, to the development of the tunnels and to the shaft distribution. We have reported on a diagram the distances between the shafts, and between the first and last one of the sequence, from the entrance to the exit, respectively (see tab. 3). We note an evident concentration around the interval of 25 - 30 meters, quite far from the roman standard of one or two actus. This fact suggests the possibility that the epoch of these works may be pre-roman. To improve the comparison, we added the shaft sequence in the Aricia outlet, dealt with in another paper. The statistical datum suggested by table 3 is to be clearly considered with caution, since one has to take into account that various shafts can have disappeared due to collapses or coverings, and that the sequence could have been altered by reconstructions and restora- tions. Besides, the shaft distribution is strongly affected by the different slopes of the ground through which the tunnel passes. Nevertheless, it appears meaningful the difference between the shaft succession at Pantano Secco with regard to the other four works considered, a fact that could hint at a later epoch - a roman epoch - for this outlet. This fact would agree with the hypothesis that the areas of Pantano Secco and Prata Porci had not yet been drained at the time of the famous battle at the Regillo Lake, which took place in the V cen- tury b.P.E.. After the fall of the roman empire, a period of neglect followed, which brought about the obstruction, partial or total, of the tunnels; they were restored in the Renaissance mostly thanks to the intervention of the Bor- ghese family. The minor basins with surface outlets represent a separate problem, since the drain channels have been largely modified in the course of time. Owing to such interventions, it is impossible at present to establish whether the water flows which pass across the crater borders have an artificial or natural origin. However, for the Prata Porci basin there are historical data which favour the hypothesis of a land reclamation (the disappearance of the “Regillo lake”), while, in the case of Pantano Borghese, it is possible that, as for the nearby Gabii basin, the Renaissance intervention followed older layouts. The outlet channel of the ancient Doganella lake (today called Pratoni del Vivaro) begins with a cut in the volcanic caldera Tuscolano-Arte- misio, which can rather safely be ascribed to an old human intervention. The name itself of the small water flow, Mill ditch, suggests a human intervention on the waters lasting for a long time. It is very difficult to form an opinion on the Marciana Valley and Hannibal Fields basins, owing to the pervading human action in the two areas. On the basis of the ground characteristics, one can suppose a human intervention in both cases, only to the purpose of deepening or arranging a natural drain line.

Key words: Italy, Alban Hills, artificial (underground) outlets, artificial (underground) inlets, hydraulic tunnels

Introduzione e etrusche, e poi i Romani, intrapresero una complessa opera di regimazione e bonifica delle terre tra i Colli e il Circa una ventina di chilometri a SE di Roma, il com- Mare Tirreno. In particolare furono liberati dalle acque plesso di alture che prende il nome di “Colli Albani” o la maggior parte dei crateri minori grazie allo scavo di anche “Castelli Romani” è formato dai resti di un gran- esautori sotterranei e, forse, di superficie, mentre altri dioso edificio vulcanico noto come Vulcano Laziale, ulti- laghi furono regolati da emissari artificiali sotterranei. mo e più meridionale di una catena di vulcani (Volsinii, La tabella 1 illustra la situazione allo stato attuale del- Vico, Sabatino) allineati lungo la costa tirrenica del- le conoscenze. l’Italia centrale. Ad eccezione del Laghetto di Montecompatri (anti- La complessa morfologia dei rilievi albani segue la tra- ca cava) e del lago di Giulianello (forse un sinkhole) vagliata storia di tale vulcanismo che, con varie ed al- siamo di fronte, come già detto, ad una serie di bacini terne vicende, si è prolungato per circa 700.000 anni. la cui origine è legata all’attività del vulcano albano. Le maggiori manifestazioni hanno avuto termine circa Nel seguito saranno puntualmente descritte le opere 40.000 anni or sono, con un’ultima fase caratterizza- in sotterraneo legate ai bacini minori, escluso il bacino ta da violenti episodi di esplosioni idromagmatiche ec- di Gabii, trattato in altro articolo, e l’emissario di Valle centriche, ancor oggi testimoniate da una serie di ben Ariccia (o Vallericcia), legato al sistema di regolazione conservati crateri. Esauritasi l’attività vulcanica, tali del lago di Nemi e ivi trattato. crateri furono invasi dalle acque, finendo col formare una sequenza di laghi vulcanici (fig. 1). Nei Colli Albani tale situazione naturale fu profonda- Gli emissari sotterranei minori mente modificata dall’intervento umano a partire ap- prossimativamente dal VI sec. a.C. quando prima i po- Gli emissari albani “minori”, a differenza di quelli con- poli Latini, con il probabile aiuto di maestranze greche siderati “maggiori”, cioè dei laghi di Albano e Nemi, fu- OPERA IPOGEA 1 - 2012 43 rono scavati per prosciugare integralmente gli antichi individuata come malattia legata agli ambienti acqui- specchi d’acqua, solitamente di profondità minima o trinosi e agli animaletti armati di pungenti aculei che poco più che pantani, senza utilizzare in modo partico- poi volano a nuvole intere contro di noi (Columella, De lare i ruscelli in uscita dai bacini. Per questo il cunicolo re rustica, I, 5). esautore, di solito, inizia nel punto più profondo della Gli emissari “maggiori” sono invece caratterizzati dalla depressione e l’incile non presenta particolari caratte- non completa scomparsa del lago corrispondente, che ristiche idrauliche o architettoniche. rimane come conserva primaria d’acqua, dalla presen- Lo scopo dello svuotamento del bacino era essenzial- za di un sistema di regolazione in corrispondenza del- mente quello di ottenere una certa estensione di terre- l’incile e, a valle, di una più o meno complessa sequenza no con buone caratteristiche agricole e ben drenato. di utilizzatori, quali mulini, opifici e sistemi irrigui. Il mancato utilizzo delle acque risultanti dalla bonifica In questi casi si può parlare - siamo nel IV o V sec. a.C. è probabilmente legato alle dimensioni modeste del ba- - di un “sistema integrato” di regimazione, bonifica e cino (Pantano Secco, Pavona) o allo scarso dislivello tra irrigazione (Castellani, 1999; Germani et al., 2009). lo specchio d’acqua e il recapito finale (Gabii), che nei Tale caratteristica è presente anche negli emissari dei casi qui trattati è solitamente il fiume Tevere (tab. 2). laghi maggiori realizzati in antico nell’area a nord di È possibile che, almeno a partire dal III secolo a.C., i Roma (Trasimeno, Vico e Martignano) e nel primo Romani abbiano visto queste operazioni anche in fun- emissario del Fucino. zione della lotta alla malaria, da loro correttamente

Fig. 1 - I Colli Albani e i principali siti discussi nel testo. Fig. 1 - The Alban Hills and the main sites discussed in the text. 44 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Tab. 1 - Stato attuale delle conoscenze sugli emissari degli antichi crateri Albani. La scarsa documentazione storica rende assai ardua la collocazione temporale delle opere indicate. Si è quindi adottata le seguente simbologia relativamente all’epoca di rea- lizzazione: R=romana; PR=pre-romana; ? = nessuna indicazione disponibile. Le parentesi indicano che il dato è presunto. Per gli emissari di superficie un ulteriore elemento di incertezza è dovuto al fatto che, a distanza di secoli, risulta molto difficile stabilirne l’origine naturale o artificiale. Tab. 1 - Present situation of our knowledge on the ancient outlets of the Alban craters. The poor historical documentation makes difficult to fix the epochs of the listed works. Therefore we have adopted the following symbols to indicate the construction epoch: R=roman; PR=pre-Roman; ? = no available indication. Brackets indicate that the datum is presumed. For what concerns surface outlets, a further uncertainty is given by the long time elapsed, which makes it difficult to establish whether their origin is natural or artificial.

Tab. 2 - Bacini fluviali interessati dagli emissari albani. *) Nel corso del XII secolo il Fosso Mariano, che drena la Valla Marciana, fu spostato dall’originale bacino del F. di Tor Sapienza a quello del Tevere, superando lo spartiacque nell’attuale località di Morena mediante un condotto ipogeo di oltre 900 metri ottenuto riutilizzando parte dell’antico percorso dell’acquedotto Claudio, ivi transitante e non più in uso da secoli. Il sistema, noto come Acqua Mariana o Marrana, è ormai in gran parte scomparso a causa della progressiva intensa antropizzazione dell’area. Tab. 2 - River basins of the Alban outlets. *) In the XII century the Mariano streamlet, which drains the Marciana valley, was shifted from the original basin of the Tor Sa pienza stream to the Tiber basin, getting over the watershed in the present locality of Morena. To this purpose, an underground channel 900 m long was used, in part exploiting the ancient channel of the acqueduct Claudius, out of use for many centuries. This system, known as Mariana Water or Marrana, has largely disappeared owing to the ever increasing human intervention. OPERA IPOGEA 1 - 2012 45 Datazione degli emissari to un periodo di abbandono che ha portato all’occlusio- ne parziale o totale delle opere, ripristinate durante il I dati storici sui vari emissari sono quanto mai scarsi e Rinascimento principalmente ad opera dei Borghese. in molti casi inesistenti. Nella letteratura antica sono citati solo gli emissari del lago di Albano (Livio, Storia di Roma, VII, 15-21) e di Gli emissari di superficie Nemi (Strabone, Geografia, V, 3, 12) mentre dal XVII secolo in poi alcuni autori, tra cui ricordiamo il Kircher I bacini minori caratterizzati da emissari di superficie e il Piranesi, descrivono la maestosità degli emissari rappresentano un problema a parte in quanto i canali “maggiori” ignorando sostanzialmente le altre opere di di drenaggio hanno subito, nel corso dei secoli, tante e regolazione. Solo a partire dall’800 alcuni Autori, de- tali modificazioni da rendere praticamente impossibile scrivendo la Campagna Romana, danno nota in modo stabilire se i corsi d’acqua che oltrepassano i bordi cra- quanto mai sintetico di varie opere cunicolari e di al- terici hanno origine artificiale o naturale. cuni degli emissari “minori”, peraltro riconoscendone Per il bacino di Prata Porci esistono però dei dati sto- l’età e il loro legame alla lotta contro la malaria. rici a favore dell’ipotesi di una bonifica (la scomparsa Tutto ciò rende quanto mai difficoltosa la datazione del “lago Regillo”, vedi oltre) mentre per il Pantano delle opere cunicolari, che però possono essere tutte Borghese è possibile ipotizzare che, come per il conti- ricollegate in modo più o meno certo ad un’epoca com- guo bacino di Gabii, l’intervento rinascimentale abbia presa tra il V sec. a.C. e il I sec. d.C. seguito dei tracciati precedenti. Gli indizi di tale collocazione temporale sono essenzial- Il fosso emissario dell’antico Lago della Doganella (oggi mente legati alle tecniche costruttive (quando visibili) la località è più nota come Pratoni del Vivaro) inizia con del tutto simili a quelle utilizzate negli emissari “mag- un taglio antropico del recinto vulcanico Tuscolano- giori” e, secondariamente, allo sviluppo dei cunicoli e Artemisio realizzato probabilmente nel VI-V sec. a.C., alla successione dei pozzi. quando il lago presentava una superficie di circa 2 km2 Riportando su di un grafico le distanze tra i pozzi e tra il (Bersani & Castellani, 2005). Il nome stesso del fiumi- primo e l’ultimo lumina della sequenza rispettivamen- ciattolo, Fosso della Mola, lascia immaginare un inter- te dall’incile e dallo sbocco, si ottiene quanto mostrato vento umano sulle acque protratto per un considerevo- in tabella 3, dove si evidenzia una certa concentrazione le arco di tempo. intorno ad un intervallo tra pozzi pari a circa 25 - 30 Nulla si può dire sui bacini di Valle Marciana e Campi metri (per un più efficace confronto è stata aggiunta di Annibale a causa dell’intensa antropizzazione delle anche la sequenza dei pozzi dell’emissario Aricino, aree relative. Si può ipotizzare però, date le caratteri- trattato in altro articolo). Appare significativa la dif- stiche del terreno, un intervento umano limitato al- ferenza della successione di Pantano Secco dalle altre l’approfondimento o alla sistemazione di una linea di quattro, che potrebbe far ipotizzare per questo emissa- drenaggio naturale. rio una epoca di realizzazione più tarda, coerentemente con l’ipotesi che l’area di Pantano Secco e Prata Porci non fosse stata ancora bonificata all’epoca della famosa battaglia del Lago Regillo (vedi oltre) avvenuta nel V sec. a.C. Il dato che sembra emergere nella tabella 3 è natural- mente da considerare con molta cautela, tenuto conto che diversi pozzi possono essere stati obliterati da crolli o da rivestimenti e che sequenza potrebbe essere stata alterata nel tempo da rifacimenti o ripristini. La distri- buzione dei pozzi, inoltre, è anche fortemente influen- zata delle diverse pendenze del terreno attraversato. Fig. 2 - Veduta del Laghetto di Montecompatri (foto C. Germani). Dopo la caduta dell’Impero Romano deve essere segui- Fig. 2 - View of the Montecompatri Laghetto (photo C. Germani).

Tab. 3 - Comparazione delle distanze tra i pozzi o tra gli imbocchi e il pozzo più vicino degli emissari “minori”. Tab. 3 - Comparison of the distances among the shafts, or among the mouths and the nearest shaft, in the minor outlets. 46 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Emissario del laghetto di Montecompatri

Il laghetto di Montecompatri o di Monte Falcone (an- che, più semplicemente, Laghetto) si trova al km 22 della via Casilina, l’antica via Labicana, sulla sinistra uscendo da Roma (fig. 2). Il bacino è di estensione mol- to limitata, circa 300 m di diametro massimo, ed è in gran parte occupato da una antichissima cava di pietra lavica dalla quale erano ricavati i famosi “sampietrini” (pietre grigie a forma squadrata e cuneiforme) che pa- vimentano tutta Roma (AA.VV., 2005). Il lago che occupa il bacino è di pianta circolare, con un diametro di circa 200 metri e per la sua forma può far pensare ad un cratere vulcanico ormai spento, ipotesi tuttavia da escludere. Non è chiaro se la sua origine sia legata ai secolari lavo- ri di cava o se sia da annoverare tra i sinkhole, presen- ti in un certo numero nelle immediate vicinanze, con analoga forma circolare (ad es. il cosiddetto “Laghetto di Mondo”). Purtroppo non sono ancora stati effettuati studi geolo- gici dettagliati, anche a causa delle difficoltà di accesso ai siti (Nisio, 2008; Ferrazzoli, 2008). La costante presenza del “laghetto” è testimoniata da tutte le descrizioni dell’Agro Romano a partire dal Fig. 3 - Imbocco dell’emissario del Laghetto di Montecompatri 1500 mentre alcune carte dell’epoca sembrano ripor- (foto T. Dobosz). tare una sorta di emissario superficiale (p.es. Catasto Fig. 3 - Entrance of the outlet of the Montecompatri Laghetto Alessandrino, 1660, in Frutaz, 1972), che compare an- (photo T. Dobosz).

Fig. 4 - Pianta e sezioni dell’emissario di Laghetto (ril. C. Germani, T. Dobosz, V. Caloi; CRS Egeria 2010). Fig. 4 - The Laghetto outlet. Plan and sections of the tunnel (plan C. Germani, T. Dobosz, V. Caloi; drawing C. Germani; CRSE 2010). OPERA IPOGEA 1 - 2012 47 L’intera area è attualmente in proprietà privata ed è interessata da alcuni cantieri edili.

Il “Laghetto” di Marco Simone Riteniamo opportuno segnalare in questa sede un al- tro emissario artificiale di un bacino endoreico, deno- minato anch’esso “Laghetto” ma situato in comune di Guidonia (Roma), circa 12 km a N del Laghetto di Montecompatri, lungo la via Tiburtina. La località è nota con il toponimo “Marco Simone” (ma il laghetto omonimo è ormai scomparso) e si presenta con due avvallamenti concentrici situati intorno ai 100 metri di quota: il primo di circa 380 m di diametro ed un secondo che fa da coronamento con un diametro di 580 metri circa; il dislivello totale è di una ventina di metri dal fondo. La conca, occupata dall’acqua fino ad una ottantina di anni fa, è di origine incerta: ricerche effettuate la indi- cano come sinkhole o, più probabilmente, come bacino transtensivo (Argentieri, 2004). La depressione era drenata, e forse lo è tutt’ora, da un cunicolo sul lato N lungo circa 200 metri, interrotto da alcuni pozzi e probabilmente romano. Le acque si riversavano nel fosso di Pratolungo, subaffluente del- l’Aniene. L’opera è descritta da vari autori, tra cui l’Ashby e il Lanciani (Mari, 1983) ma tutta l’area è oggi fortemente urbanizzata e l’emissario risulta irraggiungibile.

Emissario di Pantano Secco Fig. 5 - Cunicolo emissario di Laghetto (foto C. Germani). Fig. 5 - The Laghetto outlet. A view of the tunnel (photo C. Ger L’emissario di Pantano Secco drena l’omonimo bacino mani). nei pressi di Frascati (Roma), in località Cisternole, sulle pendici NW dell’edificio vulcanico dei Colli Albani che in alcune foto dell’Ashby del 1879. Da segnalare (fig. 6). che il laghetto è stato identificato da alcuni autori come L’antico cratere, ormai completamente bonificato, è “Lago Regillo” (vedi oltre). attualmente occupato da una un’azienda agricola ed è Il lago è alimentato dalle acque piovane e dalle abbon- gran parte proprietà privata, ha forma circolare con un danti falde sotterranee locali (a pochi km si trovano le diametro di circa 1000 metri. Il cunicolo esautore sboc- sorgenti dell’Acquedotto Alessandrino) ed è soggetto ca nel Fosso del Cavaliere, piccolo corso d’acqua facente a forti variazioni di livello, come testimoniano le foto parte del bacino idrografico del Fosso di Torre Angela, storiche. affluente di sinistra dell’Aniene. È quindi probabile che sia stato necessario regimarlo per consentire i lavori di cava (fig. 3). Il cunicolo emissario (fig. 4) è lungo 120 metri, è fa- cilmente percorribile e si presenta per lunghi tratti interamente rivestito in muratura mentre la parte in- feriore fino a circa 1-1,5 metri di altezza appare sca- vata direttamente nella roccia lavica (fig. 5). Lungo il condotto non sono visibili né tracce di scavo né residui di fornelli di mina. Nel tratto finale si incrocia un cunicolo trasversale im- percorribile, identificato con un tratto residuo dell’ac- quedotto Anio Vetus, intercettato (e distrutto) anche in altre cave del versante nord di Monte Falcone. Probabilmente l’emissario è stato dapprima scavato in trincea e successivamente ricoperto, verosimilmente Fig. 6 - Veduta dell’area di Pantano Secco. L’incile si trova nei nei primi del ‘900, in occasione della riapertura della pressi delle serre sullo sfondo (foto C. Germani). cava o della realizzazione della ferrovia Roma-Fiuggi. Fig. 6 - The Pantano Secco outlet. View of the ancient crater. Al momento non sono disponibili altre notizie mentre The underground outlet starts among the greenhouses in the ricerche d’archivio sono tuttora in corso. background (photo C. Germani). 48 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Il cunicolo di Pantano Secco La bonifica di Pantano Secco risulta eseguita nel XVII sec. ad opera del cardinale Scipione Borghese (1576- 1633), nipote di Paolo V, ma la presenza all’interno del cunicolo di un pozzo tutt’ora rivestito in opus reticu- latum fa pensare che l’operazione cinquecentesca sia consistita essenzialmente nel ripristino di un cunico-

Fig. 8 - Cunicolo emissario di Pantano Secco (foto C. Germa- ni). Fig. 8 - The Pantano Secco outlet. A view of the tunnel (photo C. Germani).

Fig. 7 - Pianta e sezioni dell’emissario di Pantano Secco (ril. C. Germani, T. Dobosz, V. Caloi, C. Galeazzi, B. Bottacchiari, CRS Egeria 2009). Fig. 9 - Cunicolo emissario di Pantano Secco. Tubazioni in cal- Fig. 7 - The Pantano Secco outlet. Plan and sections of the cestruzzo in prossimità dell’incile (foto C. Germani). tunnel (plan V. Caloi, T. Dobosz, S. Galeazzi, C. Galeazzi, C. Fig. 9 - The Pantano Secco outlet. Concrete pipes near the Germani; drawing C. Germani; CRSE 2009). entrance (photo C. Germani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 49 lo preesistente, realizzato in epoca romana e succes- tra 1,80 e 2,50 metri (figg. 8 e 9). sivamente ostruitosi per mancanza di manutenzione Sono presenti 5 pozzi, uno dei quali dubbio (potrebbe (Caloi, 1994; Castellani, 1999). essere una frana interna), tutti a sezione circolare non A tale conclusione era arrivato anche il Nibby, osser- rivestita, eccetto il secondo di sezione rettangolare, vando i depositi lasciati dall’acqua e, forse, percorrendo orientato lungo l’asse del cunicolo ed interamente rive- una parte dell’emissario (Nibby, 1849, p. 9, vol. III). stito in opera reticolata (fig. 10). Il cunicolo, lungo circa 400 m, sottopassa il bordo SW Essendo la galleria quasi interamente foderata in opera del cratere partendo dal punto più depresso dell’area cementizia non sono visibili le tracce di scavo e la sua craterica e sfocia nel Fosso del Cavaliere, nei pressi di datazione è quanto mai difficile, ma come già detto po- un ponticello lungo via Casal di Mario (fig. 7). tremmo essere di fronte all’ampliamento seicentesco di La galleria è orientata da NE a SW e si presenta sostan- un preesistente cunicolo romano, che peraltro sembra zialmente rettilinea, ad eccezione di una brusca curva visibile in corrispondenza del tratto intorno a P5, dove tra i pozzi 3 e 4, probabile residuo di un antico punto di termina il rivestimento. L’identificazione del cunicolo incontro tra squadre di scavo. più antico è tuttavia incerta per la scarsa consistenza La sezione è uniforme, con volta semicircolare ed una dei terreni originali. larghezza di 1,10 - 1,30 metri per una altezza variabile La galleria è facilmente percorribile, ad eccezione di due tratti intubati, ed è accessibile da via Casal di Mario mentre l’altra estremità è chiusa da grate metalliche e si trova in proprietà privata. L’ingresso del cunico- lo presenta però un certo livello di pericolosità per gli speleologi trovandosi a bordo strada ed in prossimità di una curva: in caso di visita si raccomanda di rendersi ben visibili usando tutte le precauzioni del caso. La prima indagine speleologica risale al 1991, ad opera di V. Castellani e V. Caloi (agosto 1991, esplorazione) e G. e S. Mecchia, M. Piro, P. Orsini, F. Ragazzini (set- tembre 1991, rilievo). L’identificazione dell’emissario era stata resa possibile da un incendio verificatosi a bordo della strada e, in quella occasione, il cunicolo si era rivelato non facil- mente percorribile e con un grosso accumulo di fango Fig. 10 - Cunicolo emissario di Pantano Secco. Pozzo n.2 rive- e detriti che ne riduceva l’altezza a circa 80 cm. Negli stito in opera reticolata (foto C. Germani). Fig. 10 - The Pantano Secco outlet. The second shaft, still lined anni successivi, intorno al 1995, sono stati eseguiti dei in opus reticolatum (photo C. Germani). lavori di ripristino e sistemazione che hanno migliorato

Fig. 11 - Ingresso dell’emissario di Pantano Secco nel 1991 (a sin.) e nel 2009 (a destra). Sono evidenti le tracce dell’incendio che ne ha “rivelato” la presenza e la paratia ora demolita e sostituita da tubazioni interrate (foto C. Germani, 2009, e V. Caloi, 1991). Fig. 11 - The Pantano Secco outlet. On the left, the entrance of the underground channel in via Casal di Mario in 1991, with the signs of the fire that allowed to “spot” it and, on the right, as it appears today. (photo V. Caloi 1991, photo C. Germani 2009). 50 OPERA IPOGEA 1 - 2012 il deflusso verso il Fosso del Cavaliere mediante una Emissario di Pavona tubazione di cemento parallela alla strada e con sbocco direttamente nel fosso. Tale modifica deve aver consen- L’emissario di Pavona drena l’antico Lago di Turno tito la completa pulizia del percorso sotterraneo, ora (o di Giuturna) ed è situato in prossimità dell’abitato sgombro da detriti e fango. di Pavona (Castel Gandolfo, Roma) lungo la s.s. 207 In fig. 11 le modifiche apportate tra il 1991 e il 2009 “Nettunense”, che unisce la Via Appia con Anzio e alla parte terminale del cunicolo. Nettuno partendo dalla località Frattocchie, l’antica Bovillae. È noto localmente anche come “Laghetto” Il problema del Lago Regillo (da non confondere con quelli di Montecompatri e di Trattando dell’emissario del bacino di Pantano Secco, Guidonia) o come lago di Castel Savelli. non si può non accennare all’antico “Problema del La località era ben conosciuta nell’antichità e, in età Lago Regillo”. romana, erano presenti nell’area sontuose ville dispo- Sulle sponde di un lago con questo nome fu combat- ste lungo il bordo del laghetto e lungo il percorso del- tuta, nel 496 a.C., una famosa battaglia tra Romani la Nettunense, il cui tracciato si deve probabilmente a e Latini che sancì l’egemonia di Roma sulle città del Settimio Severo (De Francesco, 1991). Sembra anche Lazio (Livio, II, 19-20). che le sponde del lago fossero famose per la coltivazione A partire dal 1500 gli studiosi cominciarono ad interro- dei cavolfiori (Plinio N.H., XIX, 41,141; Columella, De garsi sull’ubicazione di questo lago, non essendovi in- R.R., X, 138). torno a Roma alcuno specchio d’acqua conosciuto come L’intero cratere, di circa un chilometro di diametro, è “Regillo”. oggi sede del Country Club Castelgandolfo (fig. 12). Nel corso di ben cinque secoli, varie sono state le località L’emissario artificiale sottopassa la “Nettunense” con indicate come teatro della battaglia, quasi tutte localiz- un cunicolo lungo oltre 370 metri e si getta nel fosso dei zate nel settore N dei Colli Albani e in corrispondenza Radicelli con un breve tratto a cielo aperto ormai som- di laghi completamente bonificati, in quanto è opinione merso dall’urbanizzazione della zona (fig. 13). Lungo il comune tra gli studiosi che la scomparsa del toponimo percorso il fossato cambia nome e assume quello più no- sia dovuta essenzialmente alla bonifica avvenuta in età to di Fosso di Malafede, affluente di sinistra del Tevere, classica dello specchio d’acqua corrispondente. Pantano Secco è uno di questi bacini e nell’800 vari stu- diosi (p.es. Ashby, Nibby) lo indicarono come teatro del- la battaglia. Attualmente l’ipotesi più accreditata iden- tifica come Lago Regillo la contigua località di Prata Porci (Frangini, 2008), altro antico cratere dell’area N dei Colli Albani. È molto probabile che anche questo cratere fosse, in antico, occupato da un lago o da un acquitrino poco pro- fondo e che sia stato prosciugato mediante un canale a cielo aperto scavato sul lato NW, tutt’ora funzionante. Purtroppo i due millenni trascorsi dall’eventuale boni- fica non permettono più di appurare con certezza se il fossato che taglia il bordo craterico sia di origine artifi- Fig. 12 - Veduta del bacino di Pavona (foto C. Germani). ciale o naturale. Fig. 12 - View of the Pavona basin (photo C. Germani).

Fig. 13 - Veduta del bacino di Pavona assediato dall’edilizia moderna (foto C. Germani). Fig. 13 - View of the Pavona basin beset by modern buildings (photo C. Germani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 51 nel quale sfocia in località Vitinia a circa 5 m s.l.m. da considerare con molta prudenza. Degno di nota è il fatto che tutti gli autori antichi e A titolo di esempio segnaliamo che in una carta del moderni, comprese le carte topografiche (ma eccetto le 1638 di Giovanni Jansson-Enrico (Frutaz, op.cit., vol. IGM) sono stranamente concordi, contro ogni evidenza, II, n. 77) l’emissario si biforca, cosa improbabile, in nel non citare o evidenziare alcun cunicolo emissario e due fossi facilmente identificabili in quelli di Malafede nell’affermare la presenza di un inesistente canale di e Vallerana mentre analogo errore è in una successiva bonifica superficiale. del 1692, di Ivan Tomko Marnavić (Frutaz, op.cit., vol. Le fonti storiche (es. Nibby, 1819) parlano comunque II, n. 46), dove sono anche rappresentati ben due im- di un prosciugamento avvenuto nel 1611 per ordine del missari. papa Paolo V ma, come per altri emissari della zona, In Caloi, Cappa, Castellani, 1994, tale ipotetica connes- è possibile che l’operazione di bonifica sia consistita sione, che dovrebbe trovarsi nel versante settentriona- essenzialmente nel ripristino e nell’approfondimento le del cratere di Pavona, viene citata ma non risulta di un preesistente cunicolo di età romana non diversa- sia mai stato localizzato dagli autori il corrispondente mente precisabile. cunicolo. L’ipotesi di un approfondimento del cunicolo, piutto- In conclusione, se l’ipotesi fosse esatta, cosa peraltro sto che di un semplice ripristino, è confortata da varie poco probabile stante la mancanza di evidenze sul ter- osservazioni prima delle quali l’altezza dello stesso in ritorio in tal senso, il Lago di Turno formerebbe con il prossimità dell’incile, stimata in oltre 4 metri (Caloi et Lago di Albano un sistema di regolazione ed irrigazio- al., 1994), che peraltro non appare realizzato nel punto ne analogo al ben documentato sistema Nemi-Aricino- di massima depressione del bacino lacuale. Fontana di Papa. Oltre a ciò, l’ipotesi che in antico il lago non fosse sta- to prosciugato ma solo regimato è confortata dal fatto Il cunicolo che vari autori di età romana (p.es. Plinio, op.cit.) si L’incile si trova nei prati del Country Club ed è protetto riferiscono alla località utilizzando il termine “lago” e da una grata. Negli anni ’90, grazie alla cortesia della non “valle” e raccontano di una intensa attività agri- direzione del club, Vittorio Castellani ed altri poterono cola che probabilmente sarebbe impossibile senza un entrare nel cunicolo e seguirlo fino ad un punto in cui adeguato controllo del livello del piccolo lago. l’inquinamento delle acque rese impossibile la progres- Un’altra evidenza è nelle carte precedenti al prosciuga- sione (Castellani V., Cappa G., Mecchia G. ed altri; feb- mento del 1611 (p.es. Eufrosino della Volpaia, 1547; A. braio e aprile 1992). Analoga operazione fu effettuata Ortetius, 1595; Magini, 1604 - tutte in Frutaz, 1972), a partire all’uscita del cunicolo, sul lato opposto della nelle quali compare sempre uno specchio d’acqua in via Nettunense, ma non fu possibile congiungere le due una posizione compatibile con il lacus Turni mentre porzioni esplorate (fig. 14). in quelle successive a tale data, in accordo con quanto Oggi la situazione a monte è sostanzialmente immuta- detto, non sono riportati laghi o stagni. ta, mentre a valle il cunicolo risulta ormai inaccessibi- Di particolare interesse è la discussa esistenza di un cu- le a causa della fortissima antropizzazione dell’area di nicolo immissario che avrebbe dovuto condurre nel lago Pavona. di Pavona le acque del contiguo Emissario di Albano. Per una più accurata descrizione dell’ipogeo si deve Una connessione con il vicino lago di Albano viene in- quindi ancora fare riferimento alle relazioni di quegli dicata dal Tomassetti (Tomassetti, 1910, vol. II, p. 175) anni (Caloi et al., 1994). ed è presente nella carta di Eufrosino della Volpaia del In breve, il cunicolo è stato esplorato e rilevato per 267 1547 (Frutaz, 1972, n. 27). Le parole del Tomassetti so- metri mentre il tratto non percorribile è stimato in cir- no però quanto mai vaghe e di incerta interpretazione ca 100 metri. Lo scavo è stato effettuato, come in altri mentre le antiche rappresentazioni del territorio sono casi, a fronti contrapposti a partire da una serie di poz-

Fig. 14 - Rilievo dell’emissario di Pavona (da Castellani, 1999). Fig. 14 - Plan of the Pavona outlet (from Castellani, 1999) 52 OPERA IPOGEA 1 - 2012 zi, 7 dei quali ancora visibili dall’interno del condotto. Il cunicolo è largo meno di un metro e presenta un’al- tezza di due, eccetto nella zona dell’incile dove supera i 4 metri. Sono presenti piccole deviazioni dovute alle congiunzioni dei fronti di scavo. L’andamento complessivo è E-O ma è evidente che il tracciato è stato adattato alla topografia dell’area, pro- babilmente per minimizzare l’altezza dei pozzi.

Emissario del Lago di Giulianello

Il lago di Giulianello o della Torre si trova sulle pen- dici SE dell’edificio vulcanico dei Colli Albani, a poca distanza da Velletri. Dal 2007 è Monumento Naturale Fig. 15 - Veduta del Lago di Giulianello. In primo piano l’inizio della Regione Lazio (fig. 15). dell’emissario e sullo sfondo il tratto finale dell’immissario (foto Ha forma grossolanamente ellittica, con assi maggiore C. Germani). e minore rispettivamente di 500 e 300 metri, profondi- Fig. 15 - View of the Giulianello Lake. On the foreground the tà superiore ai 10 m, un perimetro di circa 1,5 km ed beginning of the outlet and on the background the last tract of una superficie di 0,12 km2. the inlet (photo C. Germani). Anche se alcuni autori parlano di lago vulcanico, allo stato attuale degli studi sull’area sembra da escludere cunicolari e da una serie di canali a cielo aperto. l’ipotesi di un bacino dovuto a collasso craterico (calde- Un primo sistema, che nel seguito definiremo “immis- ra). La tesi al momento più attendibile è quella di un sario”, bonifica la piana (o Pantano) dei Cioccati dre- sinkhole dovuto al crollo di qualche cavità calcarea nel nando le acque verso il lato NE del lago di Giulianello sottosuolo, margine settentrionale dei rilevi carbona- ed attraversando la sella sotto il Colle della Coedra con tici dei (Faccenna et al., 1993) oppure ad un cunicolo lungo circa 360 metri. un maar, cratere di emissione gassosa (Nisio, 2008, pp. L’emissario vero e proprio inizia sul lato SW del lago e 133-134). anch’esso supera con un’opera cunicolare lunga circa Il sito è noto in ambito speleologico come “emissario” 300 metri il colle che separa il lago dal bacino idrogra- di Giulianello, ma in realtà siamo di fronte ad un siste- fico del fiume Teppia. ma di bonifica e regolazione costituito da due strutture Il lago di Giulianello compare nelle carte a partire dal

Tab. 4 - Elenco della carte del Lazio raccolte in Frutaz, 1972 che riportano in modo significativo il lago di Giulianello. La prima co- lonna si riferisce al numero d’ordine nell’opera citata, le altre riportano l’anno di edizione della carta, l’autore, il numero di laghetti disegnati e il toponimo. Tab. 4 - The list of Latium maps collected by Frutaz (1972), that report clearly the Giulianello lake. The first column refers to the order number in the quoted book, the others report the year of the map edition, the number of small basins drawn in the map and the place-name. OPERA IPOGEA 1 - 2012 53 1674 (Frutaz, 1972), dapprima senza toponimo, poi con denominazioni diverse fino al definitivo “lago di Giulianello” dell’IGM (tab. 4); l’emissario del lago non è mai disegnato, tranne in una carta del 1827. È interessante notare che su due carte di fine ‘600 e in una del 1858 compaiono due o tre laghetti in corrispon- denza dell’attuale lago. Si tratta probabilmente di carte realizzate durante pe- riodi di malfunzionamento del cunicolo immissario, per crolli o ostruzioni dovute a materiali fluitati, che hanno provocato l’allagamento del Pantano dei Cioccati e di una depressione ad E di questo. Non è noto se la solu- zione del problema sia stata “naturale” o opera dei pro- prietari dei fondi allagati, che hanno provveduto alla manutenzione del sistema. Le prime notizie dell’opera cunicolare si trovano in una nota di De La Blanchere (De La Blanchere, 1882) e successivamente in Tomassetti, 1910, mentre la pri- ma ricognizione speleologica è del 1992 ad opera di G. Cappa, V. Castellani ed altri dello Speleo Club Roma (schede SCR del 17/5/92 e 7/6/92; Castellani, 1999). Essendo in parte impercorribile la datazione dell’ope- ra appare difficoltosa, ma la struttura complessiva po- trebbe facilmente riferirsi ad età romana o più proba- bilmente precedente, se si considera che sul Colle della Coedra, immediatamente a NW del lago, è stato indivi- duato un insediamento protourbano sviluppatosi tra il IX e il VI a.C. (Angle et al., 2007). L’intero sistema può essere inoltre collegato al più vasto sistema di opere cunicolari che caratterizza l’area a sud dei Colli Albani, Fig. 16 - Tracciato dell’immissario di Giulianello (ril. V. Caloi, C. studiato in particolare da S. Judson e A. Kahane nel Galeazzi, C. Germani; CRS Egeria 2009). 1963 (Judson & Kahane, 1963) e collocato non oltre il Fig. 16 - The Giulianello inlet. Layout of the tunnel (plan V. Ca V sec. a.C. loi, C. Galeazzi, C. Germani; drawing C. Germani).

Fig. 17 - Pianta e sezioni dell’immissario di Giulianello (ril. C. Germani, T. Dobosz, S. Galeazzi, CRS Egeria 2009). Fig. 17 - The Giulianello inlet. Plan and sections of the tunnel (T. Dobosz, S. Galeazzi, C. Germani; drawing C. Germani; CRSE 2009). 54 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Immissario sotto al pozzo n. 8 (figg. 16 e 17) da cui prosegue per Scavato per drenare il “pantano” dei Cioccati e tutt’ora 220 metri con dimensioni di 75-80 cm di larghezza per funzionante, il canale inizia con un tratto a cielo aperto 150-180 di altezza, fino al termine del tratto ipogeo (fig. lungo circa 250 metri e prosegue ipogeo per meno di 18). Da qui circa 170 metri di canale a cielo aperto lo 100 m, fino ad un ampio sprofondamento dovuto pro- separano dal lago di Giulianello. babilmente al recente collasso di almeno un pozzo. Gli otto pozzi si aprono nel mezzo di una zona boscosa Tornato ipogeo, rimane impercorribile per il tratto fino e non sempre sono visibili dalla superficie a causa della fitta macchia. Hanno sezione circolare (fig. 19) con dia- metro di circa 1,5 metri ed altezza variabile da 13 metri (P8 – P7) fino ai 4-5 metri (P2- P1). Il condotto è stato eseguito con la tecnica dello scavo a fronti contrapposti a partire dalla base dei pozzi e i punti di incontro tra le varie squadre sono ben visibili, segnalati dalle tracce di scavo e da piccoli serpeggiamenti del canale o da varia- zioni dell’altezza della volta. Nel tratto Uscita-P1 sono anche evidenti degli “ondeg- giamenti” (fig. 20) del cunicolo sul piano orizzontale, eseguiti probabilmente per migliorare l’orientamento dello scavo (cfr. Castellani, 1999, p. 73). Lungo le pareti sono frequenti delle piccole nicchie, destinate verosimilmente ad ospitare le lucerne degli antichi scavatori. L’accesso al cunicolo nel tratto percorribile è possibile dall’uscita (ma occorre misurarsi con rovi di notevole ostilità) o dai pozzi (meglio il P7) utilizzando le normali tecniche speleologiche (fig. 21).

Fig. 18 - Immissario di Giulianello. Un tratto piuttosto angusto del cunicolo (foto C. Germani). Fig. 18 - The Giulianello inlet. A rather narrow stretch in the tunnel (photo C. Germani).

Fig. 20 - Immissario di Giulianello. I “serpeggiamenti” del tratto finale del cunicolo, probabilmente utilizzati per l’allineamento Fig. 19 - Immissario di Giulianello. Il pozzo P2 visto dal cunico- dello scavo (foto C. Germani). lo (foto S. Galeazzi). Fig. 20 - The Giulianello inlet. The “windings” in the final part Fig. 19 - The Giulianello inlet. The shaft P2 as seen from the of the tunnel, likely useful for the alignment of the excavation tunnel (photo S. Galeazzi). (photo C. Germani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 55 Emissario l’uscita e il P7 e – rovi permettendo – tra l’ingresso e i Come il condotto precedente, anche l’emissario di primi due pozzi (fig. 22). Giulianello inizia con un tratto a cielo aperto lungo La parte centrale risulta purtroppo in gran parte 250 metri e prosegue in sotterraneo per una lunghez- ostruita da fango e detriti, pur continuando ad esse- za stimata di 300 metri, fino allo sbocco nella Valle del re percorsa dall’acqua, ed è osservabile solo attraverso Lago, facente parte del bacino idrografico del torrente una serie di sette sprofondamenti, corrispondenti con Teppia. ogni probabilità ad altrettanti pozzi collassati (fig. 23). A differenza dell’immissario, l’emissario non è percor- Essendo il condotto sostanzialmente inaccessibile, non ribile se non per un breve tratto rivestito a pietre tra è stato possibile effettuare osservazioni sulle caratte- ristiche interne e sulle tecniche di scavo, ma non è dif- ficile supporre che l’emissario sia coevo all’immissario prima descritto e che sia stato realizzato con la stessa tecnica.

Fig. 21 - Immissario di Giulianello. La discesa del P7 (foto C. Germani). Fig. 21 - The Giulianello inlet. The descent into the shaft P7 (photo C. Germani).

Fig. 23 - Emissario di Giulianello. Il fondo di uno degli sprofon- damenti che, con ogni probabilità, corrispondono ad altrettanti pozzi collassati. Il cunicolo residuale è impercorribile (foto C. Fig. 22 - Tracciato dell’emissario di Giulianello (ril. V. Caloi, C. Germani). Galeazzi, C. Germani; CRS Egeria 2009). Fig. 23 - The Giulianello outlet. The bottom of one of the col Fig. 22 - The layout of Giulianello outlet (plan V. Caloi, C. Ga lapsed zones that very likely correspond to as many collapsed leazzi, C. Germani; drawing C. Germani). shafts. The remaining tunnel is impassable (photo C. Germani). 56 OPERA IPOGEA 1 - 2012

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Riassunto

Il sistema ipogeo in oggetto è ubicato in Atri, in provincia di Teramo, Abruzzo, città con una popolazione di 11.326 abitanti (dato riferito al 01/01/2009). Essa è localizzata sulla fascia collinare adriatica ad una altitu- dine di 444 m s.l.m. ed a circa 8 km dalla costa. Ne testimoniano l’antichità il rinvenimento delle necropoli protostoriche di Colle della Giustizia e di Contrada Pretara, e alcune monete datate tra il IV e VI secolo a.C. L’abitato si dispiega su tre colli denominati Maralto, Colle di Mezzo e Muralto, quasi esclusivamente su ghiaie al tetto, a tratti conglomerati, passanti verso il basso a sabbie, con elevata permeabilità, e poi limi e argille ed argille/sabbiose, poggiati su imponenti banchi di argilla, tutti di origine plio-pleistocenica. La sua particolarità idrogeologica è data da falde acquifere contenute in ghiaie e sabbie in posizioni sub-sommitali, trattenute dall’acquiclude costituito dalla sottostante litologia impermeabile. Il suolo è soggetto a fenome- ni naturali di erosione/trasporto che hanno prodotto morfologie calanchive rilevanti. Nel 1995, infatti, la Regione Abruzzo ha istituito la Riserva Naturale Regionale “Calanchi di Atri”, estesa su 400 ettari. La conformazione geologica del suolo ha indotto gli abitanti di Atri a sviluppare, fin dall’epoca preromana, tecniche idrauliche per l’approvvigionamento idrico basate su cunicoli sotterranei scavati per il drenaggio, la captazione, il trasporto e il convogliamento delle acque. Tali strutture costituiscono ingegnosi sistemi idraulici sotterranei che, attraverso l’orientamento e l’inclinazione dei cunicoli, permettono il deflusso delle acque in punti di raccolta prestabiliti, coincidenti con fontane, strutture che hanno favorito la nascita e lo sviluppo di una fiorente e popolosa civitas in un territorio lontano da corsi d’acqua e in posizione elevata. Le fontane attualmente sono circa venti, alcune delle quali in buono stato di conservazione, ma in passato se ne registravano ventotto. La città di Atri ha aderito al progetto “Ipogea. Percorsi Adriatici Sotterranei”, finalizzato alla messa in rete, alla promozione, alla tutela, alla valorizzazione delle città adriatiche dotate di un patrimonio ipogeo importante e significativo. Al progetto partecipano molte associazioni di volontariato: Italia Nostra, Archeo- club Italia, CAI, W.W.F. Abruzzo, Ecoistituto Abruzzo. Il progetto ha partecipato alla selezione italiana per il “Premio sul Paesaggio” indetto dal Consiglio d’Europa, dove la rete dei PERCORSI SOTTERRANEI ADRIATICI risulta tra i primi 10 progetti meritevoli, quali migliori esempi di buone pratiche relativamente alla salvaguardia, alla gestione e/o alla pianificazione dei paesaggi. Ad Atri lo studio attuale viene condotto da un gruppo multidisciplinare di esperti in materia di speleolo- gia, idrobiologia, geologia, chimica delle acque, ingegneria ambientale, scienze naturali, archeologia ed etnoantropologia che sin dal 2003 si sono dedicati all’esplorazione e allo studio dei canali sotterranei e delle antiche fontane. La ricerca è finalizzata alla realizzazione di una pubblicazione delle informazioni acquisite: quote, rilievi, misure, descrizione architettonica e storico-etnografica, oltre che a favorire conservazione/ma- nutenzione e restauro delle fonti e dei cunicoli. La rappresentazione tecnica di ciascun rilievo dei cunicoli, sovrapposta alla cartografia della superficie territoriale, forniranno dati utili alla gestione del territorio e alla tutela dell’ipogeo. Il monitoraggio delle acque viene effettuato attraverso la rilevazione di temperatura, portata, e analisi delle caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche dei campioni prelevati (rispetto ai parametri di legge vigenti per il consumo umano). Verrà effettuato, inoltre, il monitoraggio biologico rispet- to alla fauna troglobia, con la possibile estensione alla componente micro-algale delle fontane e microbica eterotrofa dei cunicoli (protozoi ciliati e piccoli metazoi), il cui ruolo è importante nei processi di autodepu- razione delle acque.

Parole chiave: Atri, ipogeo, fontane, acqua.

1 Università degli Studi della , Via S. Camillo de Lellis snc, 01100 Viterbo, [email protected]. 2 Dottore naturalista, Via degli aironi 2, 64032 Atri (TE), [email protected]. 3 Dottore in ingegneria ambientale, C.da Caserti snc, 64032 Atri (TE), [email protected]. 4 Sociologa-metodologa della ricerca sociale, C.da S.Ilario 2, 64032 Atri (TE), [email protected]. 5 Geologo, ARTA Abruzzo, V.le G. Marconi 178, 65127 Pescara, [email protected]. 58 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Abstract

Atri’s ipogea, the ancient fountains The underground system object of this study is located in Atri, in the Teramo province, an Abruzzi town with 11.326 inhabitants (data updated to 1/01/2009). It is located on the range of hills along the Adriatic Sea at an altitude of 444 meters above sea level, about 8 kilometers from the seaside. Its ancient origins are evidenced by two important discoveries: proto-historical necropolises, such as “Colle della Giustizia” and “Contrada Pretara,” and ancient coins dated between the IV and VI centuries B.C. The town is situated on three hills, namely “Maralto”, “di Mezzo” and “Muralto”. Its geological composition consists almost exclusi- vely of gravels and conglomerates, passing to high permeable sands below, and then to silts and sandy-clays, that sit upon clay banks, all of which are of Pleistocene origin. This hydro-geological character comes from the ground waters that collect within permeable gravels and sands in sub-summit positions. These ground waters create an acquiclude, thanks to the underlying impermeable lithology. The soil is subject to natural erosional phenomena that generate the formation of badlands. As a matter of fact, in 1995 the Abruzzo Re- gion founded the Regional Natural Reserve of “Calanchi di Atri”, spanning 400 hectares. The geological formation of the soil has, since pre-Roman times, forced the inhabitants of Atri to develop hydraulic techni- ques based on underground tunnels, in order to drain, direct, collect and convey water. These structures are ingenious underground hydraulic systems that allow water to flow toward predetermined collecting points. These are fountains that favoured the birth and development of a rich and populous civitas in a high eleva- tion zone and far from rivers. Today, we can still count about twenty fountains, some of which are in good states of conservation, but in the past there were 28. Atri has subscribed to the Ipogea. Percorsi Adriatici Sotterranei project, aimed at creating a network among the Adriatic cities with an underground heritage, in order to promote and safeguard their importance. Many volunteer associations have subscribed to the project: Italia Nostra, Archeoclub Italia, CAI, W.W.F. Abruzzo, Ecoistituto Abruzzo. Importantly, the project was part of the “Landscape award” competition, organized by the European Council; indeed, the network Underground Adriatic Paths has received the honor of being named among the 10 best projects, for its best practices and plans for preservation. A multidisciplinary group -- in which experts in speleology, hydrobiology, geology, water chemistry, envi- ronmental engineering, natural sciences, archeology and ethno-anthropology participate - is conducting the study of underground Atri. Since 2003 they have been exploring and studying the tunnels and ancient fountains. The research is aimed at publishing the acquired information: height, maps, dimensions, and architectonic and historical-ethnographic descriptions, as well as promoting the preservation and main- tenance of the fountains and tunnels. The technical representation of each tunnel, superimposed upon the local maps, can help in managing and preserving the entire territory and the underground system. Monito- ring the waters is achieved by checking temperature, flow control, and the analysis of the physical-chemical and microbiological characteristics of the samples. A biological monitoring of troglobia fauna will be done, possibly to include the study of the micro-algal components of the fountains and the heterotrophic microbial components of the tunnels (ciliate protozoa and small metazoa), that exercise an important role in the natu- ral processes of water self-purification.

Key words: Atri, ipogeo, fountains, water.

Atri, centro storico dell’Adriatico Atri ha ricoperto un ruolo fondamentale nella storia; tra le varie ipotesi sulla sua origine, la più accredita- Atri, “città d’arte”, è un antico centro abruzzese del ta è che Atri fu luogo in origine illirico-sicula (Zanni, Medio Adriatico. La città sorge su tre colli (Maralto, 1975). Muralto e Colle di Mezzo) che si affacciano sul mare Molti sostengono che da essa prese il nome il mare Adriatico. É situata in Provincia di Teramo, confina a Adriatico, ma dobbiamo riconoscere che gli scrittori nord con i comuni di Morro d’Oro, Notaresco, Roseto antichi non ci offrono una inconfutabile documentazio- degli Abruzzi; a est con Pineto e Silvi; a ovest con ne per confermare questa tesi con certezza; certo è che Castilenti, Cellino Attanasio e Montefino; e a sud con aveva un porto presso l’odierna Cerrano, tra Pineto e i comuni della provincia di Pescara: Città Sant’Angelo Silvi, e che con Spina, Numana e Porto Trabbia, fu il ed Elice. primo dei quattro empori adriatici del mercato greco Il comune di Atri si estende su una superficie di quasi sin dal VI sec. a.C. cento chilometri quadrati (91,44 km2) ed ha una mor- Le monete di Atri sono tra le più antiche nella storia fologia prevalentemente collinare che diventa pianeg- della nostra penisola, a testimonianza della grande so- giante lungo la vallata del fiume Vomano; raggiunge vranità ed autonomia che distingueva l’antica Hatria l’altitudine massima di 444 m s.l.m., e la sua popola- (le stesse monete presentano la scritta “HAT”). La lo- zione attuale sfiora i dodicimila abitanti (11.326 abi- ro collocazione temporale è particolarmente discussa, tanti). tuttavia dalla documentazione archeologica la moneta- OPERA IPOGEA 1 - 2012 59 zione di Atri picena risulta tra le più antiche d’Italia, 19 duchi, i quali dal 1455 ottennero per matrimonio la precedente a quella romana anche per l’uso del sistema contea di Conversano, e la città divenne così capitale decimale invece di quello duodecimale. Le monete ci del Ducato. Sempre verso la fine del XIII fu realizzato, suggeriscono una civiltà avanzata legata ad un com- dal Conte Antonio D’Acquaviva, il Palazzo Ducale che mercio fiorente, in particolar modo nel settore marit- venne edificato su edifici di età romana e per il quale timo. Hatria fu la sola città costiera, tra tutte le altre furono utilizzate anche pietre provenienti dalla spo- d’Abruzzo, fino a Venezia, che ebbe indipendenza nel gliazione delle mura megalitiche della città. Il Palazzo conio delle monete. Trovate anche nel riminese, nel fu in possesso del regio demanio sotto gli Angioini e gli Lazio e perfino a Roma, esse documentano la premi- Aragonesi. La famiglia Acquaviva dalla fine del XV se- nenza e la ricchezza di Atri prima e dopo l’incontro con colo aggiunse, difatti, al proprio cognome l’appellativo Roma. Si conservano un centinaio di nummi atriani, di d’Aragona quale segno perpetuo di riconoscimento, da cui una sessantina nel Museo Sorricchio, e una quaran- parte del re di Napoli Ferdinando I, del coraggio mo- tina nei Musei di Londra, Vienna, Berlino e Roma; altri strato in battaglia da Andrea Matteo. sono in possesso di privati (Sorricchio, 2009). Signoria di Atri, dal XIV al XVIII, la famiglia Acquaviva Unitasi a Roma, Atri ne seguì le sorti, ottenendo im- ebbe anche un autorevole cittadino atriano, Claudio portanti riconoscimenti: Colonia Romana nel 256 a.C, Acquaviva (1543-1615), Generale dei Gesuiti mem- fu dichiarata Municipium nel 289 a.C. La presenza di bro della Compagnia del Gesù. Della stessa famiglia terme romane al centro della città moderna, esatta- ed originario di Atri anche il beato martire Rodolfo mente nella cripta della Cattedrale, i resti di lastricato Acquaviva. Nel 1775 Atri tornò sotto il diretto governo stradale tra S. Agostino e S. Francesco, la presenza di del Regno di Napoli fino alla costituzione nel 1861 del- una cisterna al disotto del Palazzo Acquaviva, i resti l’unità d’Italia. di antichi forni ed infine, il teatro romano, conferma- Nel XIX sec., la città ebbe un nuovo impulso urbani- no che anche nel periodo imperiale la città rimase un stico con l’edificazione dei due principali edifici pub- centro importante dell’Italia centrale. Plinio narra blici: il Teatro Comunale inaugurato nel 1881, ed il della parte più meridionale della quinta regione [del- Palazzo della Città, ora sede del Tribunale, eretto nel l’Impero Romano] suddividendola in ager Palmensis, 1882. Sul principio dello scorso secolo venne fondato Praetuttianus e Hadrianus affermando che quest’ulti- il Museo Capitolare, radunando tutte le opere artisti- mo era un tempo abitato dai Liburni e quindi dai Sabini che presenti nel Duomo e nella altre chiese della cit- e che un ramo dei Sabini, i Piceni, si spinse nella valle tà e della Diocesi, arricchito poi da cospicue donazioni del Truentus (Tronto) ed un altro, i Pretuzi, giunsero (Sorricchio, 2009). sulle coste dell’Adriatico seguendo il corso del Vomano (Plinio XIV; Silio Italico XV). Purtroppo dopo Adriano non abbiamo attestazioni di- Le origini storico-archeologiche di Atri ipogea: rette sulla colonia che rimane nella V Regio fino alla grotte, fontane e riconsiderazione riforma delle provincie di Diocleziano (284-305 d.C.), del sistema idrico antico riforma che vede Atri inserita nella nuova provincia denominata Flaminia et Picenum. Dopo il 471 risulta Di particolare interesse per archeologi, geologi e turi- compresa nel Picenum suburbicarum ed è in questo sti risultano le cosiddette grotte di Atri (fig. 1). Esse tempo che abbiamo la prima presenza di una comuni- si dipanano in una fitta rete di cunicoli sotterranei di tà cristiana nell’interno della città, che però non riuscì origine antropica, in gran parte ancora inesplorati. I ad esprimere un Vescovo, carica attestata invece nelle cunicoli sono incavati nella ghiaia, a sezione ellittica, vicine città di Teramo e Penne. Le successive invasio- con altezza di oltre due metri e larghezza di m 0,90 ni barbariche e la guerra gotico-bizantina mettono in (Barberini, 1969). seria crisi la città antica che appare “distrutta” in età Il cunicolo più grande ed importante, oggi chiamato longobarda. Con l’arrivo dei Longobardi nel Teramano grotte “li muri”, è rivestito di doppio intonaco signino sul finire del VI secolo d.C., ciò che rimane della città (cocciopesto od opus signinum) e fiancheggiato da altri e il suo territorio viene inserito nel Ducato di Spoleto minori senza intonaco, che fanno capo ad esso. Tale col- fino all’arrivo dei Normanni nel XII secolo. Del cen- lettore verso la metà del suo percorso si presenta raf- tro alto-medievale, notevolmente contratto rispetto a forzato da piloni costruiti con mattoni. Questo rinforzo quello antico, sono state trovate tracce sul Colle di S. parve al Brizio un restauro del II o III sec. d.C., poiché Giovanni costituite da strutture murarie, pavimenti, i mattoni adoperati in questi piloni sono triangolari e focolari e livelli ceramici del IX e X secolo d.C. nel luo- della stessa forma di quelli che costituiscono la cortina go dove doveva sorgere il monastero benedettino alto- dei muri di prolungamento del ponte romano scoperto medievale di S. Iohannis de Cassanello in Atro vetere nel letto del Reno presso Bologna (Brizio, 1902). di cui abbiamo notizie, come possesso dell’Abbazia dei L’ipotesi del Brizio e del Barberini fu che tali cunicoli, SS. Quirico e Giulietta di Androdoco, dal 1183 fino al originariamente realizzati per scopi abitativi, fossero termine del duecento. stati adattati, in epoca romana, con funzione di cister- Durante le invasioni dei Longobardi Atri fu assoggetta- na per la raccolta dele acque filtranti, come risultereb- ta e solo nel 1251 si costituì in libero Comune ponendo be dalla presenza di opus signinum (Sorricchio, 2009). fine al dominio feudale. Ma numerosi sono gli altri cunicoli che sono stati sca- Nel 1395, Atri fu venduta per 35.000 ducati al Conte vati nel sottosuolo di Atri. di S. Flaviano Antonio Acquaviva, che fu il primo di Tra questi alcuni avevano funzione militare, in quanto 60 OPERA IPOGEA 1 - 2012 servivano per determinare il crollo delle difese nemiche motivo possiamo affermare che i cunicoli di Atri hanno o per sventare i tentativi dell’attaccante. Per estensio- una struttura “tipo kanat”. Nulla si può dire sulla loro ne si è giunti a definire “cunicolo” qualunque galleria età, in genere debbono essere assai antichi e anteriori sotterranea, sia essa per scolo delle acque o per altri almeno ai grandi acquedotti romani. Sia gli Etruschi usi. Quelli di Atri, come i più famosi cunicoli nel sot- sia i Greci erano molto attenti all’approvvigionamen- tosuolo tufaceo di Roma, come quelli di Santa Sabina to idrico e non trascurarono, nell’ubicazione delle loro sull’Aventino, servivano per raccogliere le acque fil- colonie la vicinanza a una sorgente, come ad esempio tranti. La nostra affermazione è confortata dall’esi- per Siracusa fu la fonte detta Aretusa. Dove il terreno stenza di ipogei simili, che si trovano in molti paesi del ne era privo provvedevano con pozzi e cisterne o con Mediterraneo, in particolare in Persia e nelle oasi del acquedotti filtranti che, attraverso terreni più o meno Sahara, in cui prendono il nome di qanât. Per questo permeabili, dovevano raccogliere le acque che filtrava-

Fig. 1 - Atri: georeferenziazione ipogei in planimetria con tabella riportante le coordinate GPS, WGS84, errore max 10 m (grafica P. Pagliara). Fig.1 - Atri: georeferentiation underground in plan with table showing the coordinate GPS, WGS 84, error max 10 m (drawing P. Pagliara). OPERA IPOGEA 1 - 2012 61 no dal soprassuolo. Inoltre, i cunicoli svolgevano anche vorrà lavare rimanga lontano per lo spazio di una can- la funzione di fognatura, tratto interessante dell’igiene na comune, e non si avvicini alle fontane entro lo spa- delle città etrusche, poiché attuate mediante la costru- zio o misura predetti; se qualcuno avrà contravvenuto, zione di un dedalo di cunicoli sotterranei attraverso cui paghi cinque carlini. si raccoglievano e si smaltivano le acque di scarico. La conclusione più verosimile secondo Barberini è che, Art. CCXXVI sin dai tempi più antichi, i cunicoli siano serviti allo Dello stesso. scolo e all’allontanamento delle acque dalla città. Essi Se qualcuno avrà deviata la fontana o l’avrà otturata, difatti discendono con un lungo percorso verso due per cui non fluisca l’acqua e non ritorni al suo corso, sia ripidi pendii: il fosso del Gallo e la parte ad est della tenuto alla riparazione della stessa fonte e a pagare la città, che scende a precipizio dalla Villa Comunale. pena di un’oncia di carlini. Probabilmente, però, i cunicoli furono riadattati e al- largati nel periodo romano, a cui risalgono anche le La divisione dell’acqua della fontana. “piscine” delle quali le più famose si trovano nei sotter- Poiché spesso tra gli erbaioli o ortolani sorge distinzio- ranei del Duomo di Atri. ne o lite nella divisione delle acque della stessa fontana per irrigare gli orti, l’acqua già detta si divida pertanto Il Medioevo e gli statuti tra i predetti, e uno dopo l’altro, o uno in un giorno È attorno alla seconda metà del XIII secolo che la città uno in un altro, possa prendere tanto di acqua quanto il di Atri inizia a configurare la sua prima matrice statu- primo ha cominciato a prendere, affinché possa bastare taria sulla regolamentazione delle risorse idriche am- a tutti; se qualcuno abbia presunto di prendere l’acqua pliata e perfezionata fino al XVI secolo dopo una inizia- per l’irrigazione in un giorno non a lui definito, paghi le riforma, avvenuta tra il 1359 ed il 1362, al termine per ogni volta la pena di cinque carlini.» (Barberini F. & delle lotte intestine del 1352, riprendendo l’interrotta F.lli Colleluori, 1972). tradizione di libertà ed autonomia. L’importanza rivestita da questi statuti risulta note- Questi articoli sono sicuramente un aggiornamento di vole nella misura in cui ci permettono di verificare la norme antichissime in vigore tra gli atriani. Ancor oggi mantenuta valenza delle strutture idriche sia nella i terreni che circondano le fontane di Atri sono spes- organizzazione sociale medievale sia in quella rinasci- so suddivisi a gradoni ed irrigati da canaletti d’acqua mentale. Abbiamo modo di identificare una società che che provengono dalle antichissime fontane poste alla non solo protegge con adeguate strutture murarie le periferia della città. Questo dimostra che per la riparti- acque essenziali alla propria sopravvivenza, ma le sal- zione delle acque era indispensabile una norma che ne vaguarda con disposti e normative atte a preservarne la regolasse un’equa distribuzione. Le fontane di Atri non purezza e la durata nel tempo; d’altronde come recita servivano solo a rendere autonoma la città per l’acqua un antico detto: “le fontane in quei tempi eran tra noi potabile, ma data la loro voluminosa portata, e la loro assai più frequenti che non sieno oggi, e di queste fonti perennità legata al ciclo perpetuo delle acque piovane, la città di Atri ne contava oltre venti”. Esse si differen- venivano razionalmente sfruttate per l’irrigazione del- ziavano in: urbane, disposte nella prossimità di ciascu- le terre. na porta della città onde poter servire agevolmente le ottave principali, ed in vicinali, ad uso delle campagne circostanti. Tale differenziazione incideva anche sulle Introduzione all’idrogeologia del luogo responsabilità della loro manutenzione; le urbane, in- fatti, erano a carico del comune, mentre le vicinali era- Il territorio di Atri, situato nell’ambito dei sedimenti no per lo più a carico dei limitrofi proprietari. In ogni dell’avanfossa plio-pleistocenica, è caratterizzato dal- caso, le norme che ne imponevano la salvaguardia e la la presenza di varie fonti sfruttate fin dall’antichità e tutela erano le stesse per entrambe le tipologie di fonte. realizzate con mirabili strutture di captazione costitute Riportiamo di seguito la rivisitazione del MCMLXXII da cunicoli ipogei. La relativa abbondanza di acqua nel degli articoli dello Statuto Municipale relativi all’uti- sottosuolo è direttamente correlata alla successione se- lizzo delle fontane: dimentaria locale contraddistinta dalla presenza di ma- teriali pressoché impermeabili alla base, rappresentati «Art. CCXXIV dalle argille marine, sulle quali, nei valloni incisi dai La fontana. corsi d’acqua superficiali, si sviluppano le forme morfo- Se qualcuno avrà gettato o abbandonato qualcosa di logiche note come “calanchi”. Verso l’alto la successione sporco o puzzolente dentro le fontane della detta città, passa a una sequenza di depositi permeabili rappresen- e per questo la fontana è diventata di cattivo odore e tati da sabbie e conglomerati nota in letteratura anche sporca, incorra nella pena di dieci carlini; se poi qualcu- col nome di Formazione di Mutignano (cartografia in no le avrà rovinate, e avrà asportato da esse i mattoni, scala 1:50000 Foglio 340 “Roseto degli Abruzzi”) che paghi venti carlini. viene distinta nei tre membri di seguito sinteticamente descritti procedendo dall’alto verso il basso: Art. CCXXV - associazione sabbioso conglomeratica (spessore varia- La fontana. bile da 5-10 m fino ad un massimo di 50 m). Si tratta A nessuno sia lecito nelle dette fontane lavare i pan- di sabbie ed arenarie di colore giallastro, con intercala- ni di qualunque genere, né i fili, ma tuttavia chiunque zioni di livelli di ghiaie e di conglomerati composti da 62 OPERA IPOGEA 1 - 2012 ciottoli di qualche centimetro, sciacquati ed embriciati, per realizzare una cisterna per la raccolta delle acque in prevalenza calcarei o, subordinatamente, silicei. Sia filtranti, come risulterebbe dall’utilizzo dell’opus signi- le sabbie che i conglomerati sono in genere stratificati num e dai cordoli posti alla base delle colonne (fig. 2). in set tabulari al cui interno sono state riconosciute la- Il complesso presenta una forma in pianta grosso modo minazioni tipiche di ambiente di spiaggia. Localmente trapezoidale, con una superficie di circa 700 m2 dispo- sono presenti livelli da millimetrici a centimetrici di sta su due piani. Particolarmente interessante risulta peliti grigie; l’aspetto planimetrico (fig. 3) con un corpo di gallerie - associazione sabbioso pelitica (lo spessore varia da al- più ampio (quattro navate e tre gallerie) ed uno ristret- cune decine di metri fino ad un massimo di 60-70 m). to (due gallerie principali e sette laterali, dette “le grot- Alternanza di sabbie e sabbie siltose di colore giallo- ticelle”), che potrebbe denunciare successive riprese ocra, a diverso grado di cementazione, ed argille e argil- dei lavori e con buona probabilità la funzione collate- le siltose grigiastre sottilmente laminate. Lo spessore rale di ninfeo. degli strati sabbiosi aumenta dal basso verso l’alto da All’esterno delle grotte in posizione leggermente spo- sottile a medio ed il rapporto sabbia/argilla è pressoché stata sulla sx per chi le osserva da San Martinello, si pari ad uno. È presente una ricca macrofauna a bivalvi apre un altro ingresso che si sviluppa in due piani, di e gasteropodi di ambiente marino; cui il superiore presenta due cunicoli a fondo cieco, - associazione pelitico sabbiosa (lo spessore massimo l’inferiore, a cui si accede da un pozzo, presenta due osservato è di circa 400 m). Si tratta di argille ed ar- cunicoli di piccolissime dimensioni di difficile se non gille marnose di colore grigio con intercalazioni di sot- impossibile esplorazione. tili livelli sabbiosi e sabbioso-limosi fossiliferi; il rap- porto sabbia argilla è nettamente inferiore all’unità. L’ambiente di deposizione è offshore. Descrizione della cavità montaliquidi Proprio la presenza, alla sommità dei rilievi collinari, di depositi superficiali permeabili per porosità nei quali Ubicata sul versante ovest di Colle di Mezzo, la struttu- si infiltrano le acque di precipitazione, sostenuti alla ra è costituita da 5 sfere in terracotta di epoca romana, base da argille impermeabili, rendono possibile la for- spesse 5 cm e di diametro di circa 120 cm (fig. 4). mazione di modesti acquiferi locali la cui circolazione La prima sfera presenta un foro sigillato con due pez- idrica interna, influenzata anche dalla presenza di lenti ed orizzonti a minore permeabilità, si manifesta nel- l’affioramento di piccole sorgenti, talune perenni, come quelle captate per la costruzione delle varie fonti che caratterizzano l’abitato.

Descrizione de “Le Grotte”

Le Grotte “li muri” sono raggiungibili attraverso una ripida gradinata a circa 700 metri in zona caserma dei Carabinieri. Si tratta probabilmente di un originario insediamento rupestre scavato nella roccia dai primi abitanti della zona che successivamente, in epoca ro- mana (I-V sec. a.C.), sembra che sia stato riutilizzato

Fig. 2 - Atri: particolare grotte con segni di chiusa e intonaco (foto A. De Ascentiis). Fig. 2 - Atri: cave’s particular with signs of lock and plaster Fig. 3 - Atri: planimetria “Le Grotte” (grafica P. Pagliara). (photo A. De Ascentiis). Fig. 3 - Atri: planimetry “Le Grotte” (drawing P. Pagliara). OPERA IPOGEA 1 - 2012 63

Fig. 4 - Atri: Montaliquidi, particolare struttura interna di una delle 5 sfere realizzate in terra cotta, età Romana I sec. a.C. - V sec. a.C. (foto A. De Ascentiis). Fig. 5 - Atri: Montaliquidi, particolare interno – tappo con tenute Fig. 4 - Atri: Montaliquidi, particular internal structure of one of (foto A. De Ascentiis). the five balls made of earthenware, Roman I century b.C. - V Fig. 5 - Atri: Montaliquidi, particolar inside – cap seals (photo century b.C. (photo A. De Ascentiis). A. De Ascentiis). zetti di ferro del diametro di 15 cm (fig. 5). Le 5 sfere impilate terminano inferiormente con un cunicolo in direzione N/S, che solo all’altezza delle sfere è rivestito in laterizi (fig. 6).

Descrizione delle fontane

La Fontana Canala Ubicata sul versante nord ovest di Colle Maralto, e con esposizione a sud, sulla vecchia strada provinciale Atri- Pineto. Esternamente è composta da nove vasche co- municanti in pietra calcarea massiccia probabilmente di età pre-romana, sovrastate da nove archi a sesto acu- to di origine medioevale (fig. 7). Il pavimento esterno è in pietra di fiume. All’interno sono presenti 3 cunicoli (uno principale e due secondari) lunghi circa 180 m. Il primo cunicolo è semioccluso a circa 30 m dall’origine a causa di un restringimento delle pareti, dovuto alla spinta del terreno, ed è costituito da fianchi in laterizi sormontati da tavelloni romani con mammelle di cm 60x60. Il cunicolo lungo tutto il suo sviluppo presenta altezze comprese tra 1,40 e 1,70 m e larghezza di 60/80 cm (fig. 8). Il secondo cunicolo (fig. 9) presenta la stessa conforma- zione del primo con stesse misure della sezione. Alla fine del cunicolo vi è un inghiottitoio che dalla sovrap- posizione del rilievo con le carte topografiche fa pre- sumere un collegamento con fonte Pila. Sui tavelloni Fig. 6 - Atri: Montaliquidi, sezione delle cinque sfere con alla romani dei cunicoli secondari sono presenti numerosi base il cunicolo in laterizi (foto A. De Ascentiis). segni di presenza come timbri di fabbrica (fig. 10), graf- Fig. 6 - Atri: Montaliquidi, section of the five balls behind the fiti, ideogrammi (fig. 11). tunnel brick (photo A. De Ascentiis). 64 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Fig. 8 - Fonte Canala, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 8 - Fonte Canala, map (drawing P. Pagliara). OPERA IPOGEA 1 - 2012 65 Fig. 7 - Fonte Canala, facciata esterna della fontana realizza- ta in laterizi, età Romana I sec. a.C. - V sec. a.C. (foto A. De Ascentiis). Fig. 7 - Fonte Canala, exterior facade of the fountain made of bricks, Roman I century b.C. - V century b.C. (photo A. De Ascentiis).

Fig. 10 - Fonte Canala, timbro di fabbrica “SVL” impresso su un “tavellone mammellato” (foto A. De Ascentiis). Fig. 10 - Fonte Canala, stamp factory “SVL” impressed on “ta vellone mammellato” (photo A. De Ascentiis).

Fig. 9 - Fonte Canala, particolare secondo cunicolo costituito da muri in laterizio con sopra i “tavelloni mammellati” (foto A. De Ascentiis). Fig. 11 - Fonte Canala, ideogramma inciso su un “tavellone” Fig. 9 - Fonte Canala, particularly the second tunnel consist of (foto A. De Ascentiis). brick walls with over the “tavelloni mammellati” (photo A. De Fig. 11 - Fonte Canala, ideogram engraved on a “tavellone” Ascentiis). (photo A. De Ascentiis). 66 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Storia e tradizioni La Fonte Canala fu successivamente ribattezzata dagli atriani “acqua dei morti”, per via della costruzione del cimitero cittadino proprio sopra la fontana. È una delle fonti la cui acqua viene usata ancora oggi dagli atriani e dai turisti, di ritorno dalla costa, infatti, sono molti coloro che vi si fermano per trarre sollievo dalla calura estiva bagnandosi con la sua acqua, oltre ad usarla per gli scopi più vari (tab.1). All’interno del cunicolo sono presenti ideogrammi paleocinesi e c’è chi in paese dice che il simbolo rap- presentato in figura 11 sia l’antico simbolo dell’acqua. All’acqua, elemento dal duplice significato simbolico, vengono attribuite le più svariate proprietà. Non è un caso, pertanto, che proprio in prossimità di fonte Canala siano stati rinvenuti numerosi reperti in ter- racotta a forma fallica. Questi testimoniano la sacrali- Fig.12 - Fonte Argentina, ingresso cunicolo attraverso l’arco tà attribuita alla fonte, presso la quale si celebravano, parzialmente crollato (foto A. De Ascentiis). forse, le ICANALIA, feste della fecondazione per la dea Fig.12 - Fonte Argentina, tunnel entrance through the archway partially collapsed (photo A. De Ascentiis). illirica ICA (Zanni, 1976). La fonte fu restaurata durante l’amministrazione 30 m (fig. 13). Tutti i cunicoli presentano le spalle in la- Bindi, 1946-1951, e alla fine del restauro vi fu apposta terizi ed il tetto in tavelloni romani, in terracotta, della una lapide dettata da Pino Ulisse Zanni; essa rievoca misura di 60x60 cm mammellati in tre soli punti (fig. tutte le vicissitudini storiche di Atri legate alla presen- 14). Il cunicolo secondario termina in una grotta non za della fonte, dai Siculi, alla cultura dei qanât, da cui si rivestita che porta i segni dello scalpellino e rivestita ipotizza che la fonte etimologicamente tragga il nome, da un sottile velo calcareo. In alcune tegulae sono incisi ad Annibale, a Cesare, Pilato e Adriano. dei timbri di fabbrica (Pub Hist; fig. 15) e dei graffiti, nonché impresse delle orme (fig. 16). Fontana Argentina Ubicata sul versante nord di Colle di Mezzo, risulta quasi totalmente interrata a circa 2 metri a causa delle frane del terreno di riporto degli sbanchi di terra so- vrastanti. All’esterno si intravede un arco a tutto sesto parzialmente crollato (fig. 12) dal quale si accede ad un cunicolo lungo circa 45 m, alto 2 e largo 60 cm. Al ter- mine del primo cunicolo, si riscontra la presenza di un altro cunicolo sommerso e mai investigato. Il primo cu- nicolo ha una diramazione in direzione E/O lunga circa

Fig. 14 - Fonte Argentina, cunicolo principale costituito da muri in laterizi e tetto in “tavelloni mammellati” (foto A. De Ascen- tiis). Fig. 14 - Fonte Argentina, main tunnel consist of brick walls with over the “tavelloni mammellati” (photo A. De Ascentiis).

Tab. 1 - Fonte Canala, risultato analisi chimico-fisiche svolte Fig. 15 - Fonte Argentina, timbro di fabbrica romano “Pub Hist” nel 2010 (analisi G. Damiani). (foto A. De Ascentiis). Tab. 1 - Fonte Canala, physical-chemical examination result, Fig. 15 - Fonte Argentina, roman stamp factory “Pub Hist” (pho 2010 (examination G. Damiani). to A. De Ascentiis). OPERA IPOGEA 1 - 2012 67

Fig. 13 - Fonte Argentina, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 13 - Fonte Argentina, map (drawing P. Pagliara). 68 OPERA IPOGEA 1 - 2012 all’altezza di circa 1,20 m con canaletta di scorrimento, sempre in laterizi, incassata sul fondo. Dopo 10,00 m si dirama in un cunicolo con direzione W lungo 2,50 m e dall’altra parte un cunicolo in direzione E lungo 80,00 m e alto 3,00 m (fig. 18). Quest’ultimo cunicolo termina in un camerone determinato da un crollo lungo circa m 20,00 e largo 1,70 cm (fig. 19). All’ingresso del camero- ne è presente un cunicolo con direzione S/W lungo circa 1,50 cm e alto 45,00 cm (fig. 20).

Fig. 17 - Fonte Torinese, particolare esterno fontana, vasca d’accumulo (foto A. De Ascentiis). Fig. 17 - Fonte Torinese, particular outdoor fountain, storage Fig. 16 - Fonte Argentina, impronte su Tegulae mammatae tank (photo A. De Ascentiis). (foto A. De Ascentiis). Fig. 16 - Fonte Argentina, footprint on Tegulae mammatae (photo A. De Ascentiis).

Storia e tradizioni Di età compresa tra quella romana (I sec. a.C. – V sec. a.C.) e quella medievale (VI-XIV sec. d.C.), oggi fontana Argentina viene usata quasi esclusivamente per scopi irrigui, a causa sia dell’assenza di una facciata, sia del cattivo stato delle sue acque. Le tavelle del cunicolo riportano dei graffiti. Tra i sim- boli ivi presenti troviamo quello che raffigura la civetta chiù (cuculo) con la data XII KIUL in caratteri etruschi (XII KIUL= 12 settembre). In etrusco HIUL significa civetta, animale sacro a Minerva, il cui mese Cillens o Cellius era settembre. Un altro tavellone presenta in elenco verticale simboli molto simili alla LINEARE B: orme di piede di un bimbo, corna orecchio, orme di gat- to, di lupo, ferro di cavallo, etc. (Zanni, 1976). Si narra che la fonte fu rinvenuta da un contadino du- rante delle operazioni di scavo ed egli, insieme con un amico si pose la domanda: “Come si chiamerà questa fontana?” Prontamente in quel mentre si trovò di pas- saggio una bella fanciulla del paese di nome Argentina, i due la osservarono e lesto l’amico rispose: “Si chiama Argentina!”.

Fontana Torinese Ubicata sul versante nord di Colle Muralto, presenta Fig. 18 - Fonte Torinese,particolare successione litologica del cunicolo principale direzione E, sabbia e conglomerato (foto A. una struttura esterna in laterizi che descrive una vasca De Ascentiis). di raccolta quadrangolare con misura 3,20 x 2,00 m e Fig. 18 - Fonte Torinese, particular lithological succession of altezza di 3,00 m (fig. 17). Dalla vasca si accede ad un the main tunnel direction E, sand and conglomerate (photo A. cunicolo principale alto 2,30 m, rivestito in laterizi fino De Ascentiis). OPERA IPOGEA 1 - 2012 69

Fig. 20 - Atri: Fonte Torinese, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 20 - Fonte Torinese, map; (drawing P. Pagliara). 70 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Dopo il primo cunicolo, sulla parete rocciosa, dove esso quindi, ricade nella seconda tipologia di fontane: quelle si divide nel secondo e nel terzo, vi è una piccola lapide vicinali. Successivamente la fontana è stata ereditata marmorea con le seguenti lettere (fig. 21): dai mezzadri della famiglia Torinese, che la custodisco- “G.L.R.L.T. 1890 V.E.”. no dai segni del tempo e ne usano le acque a scopi irri- gui e domestici (tab. 2). Storia e tradizioni Di età medievale (VI-XIV sec. d.C.) la fonte prende il nome da quello della famiglia Torinese, una delle fa- miglie nobiliari di Atri che era proprietaria dei terreni all’interno dei quali la fontana ricadeva. Questa fonte,

Tab. 2 - Fonte Torinese, risultato analisi chimico-fisiche 2010 (analisi G. Damiani). Tab. 2 - Fonte Torinese, physical-chemical examination result 2010 (examination G. Damiani).

Fontana Fontecchio Ubicata sul versante E di Colle di Mezzo, presenta tre arcate a tutto sesto poggianti su altrettanti vasconi e due vasconi chiusi da una muratura in laterizi che si apre all’esterno attraverso tre finestrelle per vasca (fig. 22). Sulla porzione sx della facciata, attraverso una porticina in ferro si accede al cunicolo principale inte- ramente in conglomerato a parte i primi metri, lungo Fig. 19 - Fonte Torinese, particolare parete camerone (foto A. De Ascentiis). 48 m, alto 2 e largo 80 cm (fig. 23). Fig. 19 - Fonte Torinese, particolar cave’s wall (photo A. De Ascentiis).

Fig. 22 - Fonte Fontecchio, esterno fontana, visibili parte supe- riore in laterizio e parte sottostante in blocchi di pietra serena Fig. 21 - Fonte Torinese, parte dell’incisione su laterizio, proba- (foto A. De Ascentiis). bile data di un restauro della fontana (foto A. De Ascentiis). Fig. 22 - Fonte Fontecchio, outdoor fountain, visible at the top Fig. 21 - Fonte Torinese, the engraving on brick, probably date brickworks and underside blocks of stone (photo A. De Ascen from a restoration of the fountain (photo A. De Ascentiis). tiis). OPERA IPOGEA 1 - 2012 71

Fig. 24 - Fonte Fontecchio, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 24 - Fonte Fontecchio, map (drawing P. Pagliara). 72 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Fontana Sant’Ilario Ubicata sul versante N di Colle Muralto, presenta una piccola struttura in laterizi con tre vaschette di raccolta esterna di cui una con piccola ringhiera in ferro battuto che fiancheggiano il muro del vano collettore (figg. 25 e 26). I cunicoli afferenti l’acqua sono di dimensioni ri- dotte e quindi inesplorate. La fontana, a causa dei corpi di fabbrica aggiunti in un secondo momento, dei rifaci- menti in cemento e delle infiltrazioni da agenti esterni causate dalla costruzione dell’edificio dell’Ospedale e del campo da calcio, si presenta in un cattivo stato di conservazione (fig. 27).

Fig. 25 - Fonte S. Ilario, facciata fontana come si presenta at- tualmente (foto A. De Ascentiis). Fig. 25 - Fonte S. Ilario, facade fountain as it stands (photo A. De Ascentiis). Fig. 23 - Fonte Fontecchio, cunicolo principale scavato nella formazione conglomeratica (foto A. De Ascentiis). Fig. 23 - Fonte Fontecchio, main tunnel dug in the conglomera te (photo A. De Ascentiis).

A metri 32 dall’ingresso vi è la presenza di uno sfiata- toio occluso. Dal primo cunicolo ne parte un secondo lungo 18 m, alto1,60 e largo 0,70. Il cunicolo secondario è interamente in conglomerato, il fondo è completa- mente riempito da fanghiglia (fig. 24).

Storia e tradizioni Fontecchio, di età romana (I sec. a.C. - V sec. a.C.), era una fontana collocata nei pressi dell’omonima porta di Atri, sulla strada che porta verso la costa. Successivamente, essa appartenne ad un’altra famiglia di Atri: i Cherubini, che non la modificarono nella sua struttura. Per tale motivo possiamo notare le tre va- sche che la caratterizzano e che ne autorizzano i tre diversi usi: dalla prima canna si prelevava acqua per usi umani, dalla seconda quella per il bestiame e dalla terza quella per il lavaggio dei panni. Tutt’attorno alla fonte vi era un folto prato che permetteva l’asciugatura dei panni, in atriano detta “la cura”. Le donne, infatti, venivano a lavare i panni alla fontana e successivamen- te li stendevano sul prato. L’effetto delle radiazioni so- lari, insieme con l’ossigeno emanato dall’erba, creava- no un’azione sbiancante di gran lunga migliore di quel- la ottenuta con gli attuali additivi. La cura dei panni Fig. 27 - Fonte S. Ilario, visione laterale delle tre vasche d’ac- rendeva allegra l’atmosfera, con le grida e le corse dei cumulo (foto A. De Ascentiis). bambini che venivano lasciati in zona a controllare che Fig. 27 - Fonte S. Ilario, lateral view of three storage tank (pho i panni venissero lasciati così com’erano. to A. De Ascentiis). OPERA IPOGEA 1 - 2012 73 Durante le analisi abbiamo rinvenuto la presenza di abbiamo prelevato dei campioni del gammaride al fine un gammaride: l’echinogammarus (fig. 28). Il suo ha- di farli analizzare. bitat solitamente è quello delle zone fluviali con una Data la necessità di competenze e attrezzature par- presenza continua di scorrimento di acqua e assenza di ticolarmente complesse per l’effettuazione di analisi stagnazione. Inoltre, è anche raro che l’echinogamma- su queste specie, si è fatto ricorso all’Università degli rus possa impiantarsi da un luogo all’altro, in quanto Studi dell’Aquila e al momento non siamo ancora in muore facilmente durante il trasporto. Sulla base di ciò possesso dei risultati.

Fig. 26 - Fonte S. Ilario, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 26 - Fonte S. Ilario, map (drawing P. Pagliara). 74 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Tab. 3 - Fonte S. Ilario, risultato analisi chimico-fisiche 2010 (analisi G. Damiani). Tab. 3 - Fonte S. Ilario, physical-chemical examination result 2010 (examination G. Damiani).

Fig. 28 - Fonte S. Ilario, echinogammarus rinvenuto nelle ac- Fontana Pila que della fontana durante i sopralluoghi; A. De Ascentiis. Ubicata sul versante nord ovest alle pendici di Colle Fig. 28 - Fonte S. Ilario, echinogammarus found in the waters Maralto, all’innesto della strada comunale che scende during inspection (photo A. De Ascentiis). dalla villa comunale con la Strada Provinciale Atri- Pineto. La fonte si presenta con un’ampia facciata in Storia e tradizioni mattoni orientata verso sud (fig. 29). La fontana di Sant’Ilario, di età medievale (VI - XIV È costituita da una vasca in materiale calcareo sormon- sec. d.C.), prende il suo nome da un’antica chiesa ubi- tata da un arco a tutto sesto. Sulla facciata presenta cata nei suoi pressi, ad oggi quasi irriconoscibile nella anche un piccolo lavatoio. L’ingresso al cunicolo è obli- struttura a causa del forte degrado in cui essa versa. terato da mattoni e si intravede alla dx della lapide in Il nome attribuitole non pare casuale in quanto esso marmo posta sulla facciata. Sulla destra è presente una sembra essere legato alla simbologia dell’acqua come seconda vasca con arco a tutto sesto e, sul lavatoio in- purificatrice. Infatti, si narra che Sant’Ilario fu uno terno (fig. 30), una finestrella murata chiude la camera strenuo difensore del cristianesimo dai continui attacchi di decantazione (fig. 31). Sul fronte è affissa una lapide dell’eresia Ariana durante la seconda metà del 300 d.C.. dettata dal Prof. L. Illuminati nel 1959. Si narra che egli fosse anche un famosissimo esorcista. Questo ci fa pensare a quanto la purezza dell’animo e la capacità di purificazione delle anime di Sant’Ilario siano simili all’acqua dell’omonima fonte. Considerata sin dai tempi più remoti come l’acqua più pura di Atri, ottima da bere. Numerosi anziani del paese raccontano che durante la Seconda Guerra Mondiale, infatti, tutti gli atriani vi si recassero per attingere acqua da bere. Si narra inoltre che, successivamente alla cementifica- zione della zona e alla costruzione dell’Ospedale civico di Atri le acque della fonte (tab. 3) abbiamo perso molta della sua purezza e una poesia, della seconda metà del secolo scorso, in vernacolo cantata dal poeta satirico atriano Anello Antonio ne sintetizza bene la percezione di senso comune: chi maje puteje pensà, (chi mai poteva pensare,) Fig. 29 - Fonte Pila, facciata fontana dove sono visibili le modi- ca nu jurne chist’acque de rocce fiche apportate nel corso degli anni - tracce di più cannelli lungo (che un giorno quest’acqua di roccia) il lavatoio, ingresso del cunicolo obliterato e lapide con poesia del Prof. L. Illuminati (foto A. De Ascentiis). s’aveje sol’aduprà, Fig. 29 - Fonte Pila, facade fountain where you can see the (dovesse essere usata esclusivamente) changes over the years - traces of more torches along the per fuje ‘nzalate e checocce. wash, entrance to the tunnel obliterated and plaque with poetry (per innaffiare cime di rapa, insalata e zucchine). of Prof. L. Illuminati (photo A. De Ascentiis). OPERA IPOGEA 1 - 2012 75 Storia e tradizioni spesso usata per il lavaggio dei panni. La Pila, infatti, Di età romana (I sec. a.C. - V sec. a.C.), Pila deriva dal vicina alle antiche mura micenee, veniva tradizional- latino e il suo significato è tinozza. mente usata per attingere acqua con la conca. Questo termine si ritrova anche nella tradizione dialet- Nel 1959 l’umanista prof. L. Illuminati, decise di dedi- tale pugliese, cui Atri è legata dai percorsi della tran- carle dei versi e li dettò al sindaco E. Mattucci, che li sumanza, e sta ad indicare una vasca in pietra, molto fece riprodurre su una lapide che a tutt’oggi si trova sul frontone della fontana. Illuminati ne cantava, in tono nostalgico, la freschez- za delle acque (tab. 4), il profumo del biancospino e la gaiezza delle fanciulle che ne allietavano l’aria insieme con il canto degli uccelli. Anche la Pila è molto spesso meta di turisti e cittadini che vi si recano ad attingere acqua sia per bere sia per altri usi.

Fig. 30 - Fonte Pila, particolare lavatoio interno (foto A. De Tab. 4 - Fonte Pila, risultato analisi chimico-fisiche 2010 (ana- Ascentiis). lisi G. Damiani). Fig. 30 - Fonte Pila, particolar indoor tank (photo A. De Ascen Tab. 4 - Fonte Pila, physical-chemical examination result 2010 tiis). (examination G. Damiani).

Fig. 31 - Fonte Pila, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 31 - Fonte Pila, map (drawing P. Pagliara). 76 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Fontana Brecciola areazione, a 25 m sulla sx delle vaschette di decanta- Il toponimo del luogo, seppur abbastanza recente visto zione a termine di un cunicolo drenante posizionato che la fontana in epoca antica, di età romana (I sec. a.C. sull’asse N/S e alla fine del cunicolo principale, parzial- - V sec. a.C.), si chiamava fons Sante Crucis, fa riferi- mente obliterato da enormi concrezioni (figg. 35 e 36) mento alla natura brecciosa dei luoghi dovuti al dete- diparte un secondo cunicolo impossibile da esplorare rioramento delle strutture a conglomerato presenti in (tab. 5). area. La fontana presenta un’esposizione a NE. L’edificio (fig. 32) è composto da un frontone lungo 14 m e alto 8, all’estremità sud del frontone si ha la pre- senza di un lavatoio, di un arco a tutto sesto che sor- monta una vasca di raccolta messa in comunicazione con altre tre vasche coperte che si aprono all’esterno attraverso due finestrelle per vasca con cornici in pie- tra calcarea (fig. 33). Dall’ultima vasca parte un cunicolo con arco a sesto ri- bassato lungo circa 35 m (fig. 34). A 15 m dall’ingresso vi è la presenza di un pozzo di

Fig. 32 - Fonte Brecciola, facciata fontana caratterizzata da una vasca di accumulo esterna sotto l’arco a tutto sesto e visi- bili quattro finestrelle di ispezione alle vasche coperte (foto A. De Ascentiis). Fig. 34 - Fonte Brecciola, cunicolo interno con infiltrazioni di Fig. 32 - Fonte Brecciola, facade fountain characterized by ou radici (foto A. De Ascentiis). tdoor storage tank under the arch and four windows of inspec Fig. 34 - Fonte Brecciola, tunnel with internal leakage of roots tion of tanks covered (photo A. De Ascentiis). (photo A. De Ascentiis).

Fig. 33 - Fonte Brecciola, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 33 - Fonte Brecciola, map (drawing P. Pagliara). OPERA IPOGEA 1 - 2012 77

Tab. 5 - Fonte Brecciola, risultato analisi chimico-fisiche ese- guite nel 2010 (analisi G. Damiani). Tab. 5 - Fonte Brecciola, physical-chemical examination result, 2010 (examination G. Damiani).

Fontana Strega Ubicata sul versante E di Colle di Mezzo, la fonte (fig. Fig. 35 - Fonte Brecciola, ostruzione calcarea cunicolo princi- 37) si presenta all’esterno con due arcate imponenti di pale (foto A. De Ascentiis). cui quella di sx murata con laterizi e quella di dx con Fig. 35 - Fonte Brecciola, obstruction limestone main tunnel un arco di copertura leggermente sfalsato rispetto al (photo A. De Ascentiis). primo. Gli archi sono a tutto sesto con la presenza di n° 4 fine- strelle di areazione per vasca di raccolta (fig. 38). Le vasche sono caratterizzate nei lati interni dalla pre- senza di grandi blocchi in conglomerato (fig. 39) e il fondo delle vasche da blocchetti di calcare disposti a mosaico. L’acqua fuoriesce da una piccola cannella po- sta all’angolo N del vascone interno. La fontana, per i lavori di costruzione della strada pro- vinciale per Pineto che la sovrasta e per i successivi in- terventi di recupero, risulta enormemente rimaneggia- ta rispetto all’aspetto originario (tab. 6).

Fig. 36 - Fonte Brecciola, formazioni calcaree interno fontana Fig. 37 - Fonte Strega, esterno fontana dove sono visibili le (foto A. De Ascentiis). modifiche apportate di recente (foto A. De Ascentiis). Fig. 36 - Fonte Brecciola, limestone formation inside the foun Fig. 37 - Fonte Strega, facade fountain and the recent changes tain (photo A. De Ascentiis). (photo A. De Ascentiis). 78 OPERA IPOGEA 1 - 2012

Fig. 38 - Fonte Strega, rilievo (grafica P. Pagliara). Fig. 38 - Fonte Strega, map (drawing P. Pagliara). OPERA IPOGEA 1 - 2012 79 che nei terreni limitrofi alla fontana una strega avesse sotterrato una pentola del tesoro e chiunque si fosse azzardato a cercarla e l’avesse infine trovata avrebbe ricevuto una maledizione che avrebbe costretto la sua anima a vagare per l’eternità nei pressi della fonte.

Indagini idrochimiche

In sei delle fontane attualmente in piena funzionalità (Canala, Pila, Strega, S. Ilario, Brecciola, Torinese) so- no stati effettuati prelievi di campioni di acque correnti da sottoporre ad analisi chimico-fisiche e microbiologi- che di laboratorio. Non sono state prelevate le acque di tre fonti, pur interessanti per la loro antichità, strut- tura, e cunicoli (Fontecchio, Ancillarìa e Argentina), perché risultate affette da impantanamenti e ristagni, potenzialmente in grado di fornire risultati di dubbia rappresentatività. I prelievi sono stati condotti secondo le metodiche ISPRA-IRSA-CNR, e le analisi, sempre secondo le predette metodiche ufficiali, sono state svolte presso i Laboratori del Dipartimento di Pescara dell’Agenzia Regionale di Tutela Ambientale dell’Abruzzo. I risultati analitici delle determinazioni effettuate sono riportati nelle tabelle elencate per ogni fontana.

Caratterizzazione idrochimica Fig. 39 - Fonte Strega, interno vasca in blocchetti di calcare Utilizzando le risultanze delle analisi di laboratorio, si (foto A. De Ascentiis). è provveduto ad una classificazione idrochimica delle Fig. 39 - Fonte Strega, tank bottom limestone blocks (photo A. acque delle fonti in studio. Allo scopo, previa conversio- De Ascentiis). ne dei risultati in milliequivalenti/litro (meq/l), è stato utilizzato il diagramma di comparazione di Piper. In tale rappresentazione, partendo dalle concentrazioni in percentuale riferite al totale dei principali cationi ed anioni, è possibile confrontare visivamente le analisi chimiche relative a differenti campioni di acqua (tab. 7). Come è possibile vedere in tab. 7, le acque delle varie fonti presentano tutte la stessa facies idrochimica, identificata come “acque bicarbonato alcalino terrose” e si dispongono quasi tutte nella stessa porzione areale sia del diagramma a losanga che dei diagrammi trian- golari relativi alle abbondanze percentuali di cationi ed anioni. Tali scaturigini sono pertanto caratterizzate da circuiti di alimentazioni simili tra loro ed hanno composizio- ni chimiche con abbondanze percentuali dei vari ioni paragonabili. Nelle rappresentazioni grafiche si diffe- renziano solamente le acque della fonte “Brecciola” ed in parte, limitatamente al diagramma triangolare dei cationi, quelle della fonte “Pila”. Tab. 6 - Fonte Strega, analisi chimico-fisiche eseguite nel 2010 Tali minime differenze composizionali risultano evi- (analisi G. Damiani). denti anche dall’osservazione della rappresentazione Tab. 6 - Fonte Strega, physical-chemical examination result, (del tipo Schoeller Berkaloff) delle concentrazioni as- 2010 (examination G. Damiani). solute in meq/l dei principali cationi ed anioni presenti nelle acque (tab. 8). Nella rappresentazione grafica, le analisi chimiche so- Storia e tradizioni no raffigurate da linee spezzate che intersecano degli Di età romana (I sec. a.C. - V sec. a.C.) alla fontana assi verticali relativi ai vari ioni, in corrispondenza del Strega sono legati molti miti e leggende, di amanti e rispettivo valore di concentrazione. I segmenti di linea di streghe. La storia che ci hanno raccontato narra di due o più analisi chimiche che in un tratto della rap- 80 OPERA IPOGEA 1 - 2012 presentazione grafica hanno la stessa pendenza, indi- di queste due fonti, che si distinguono dalle altre anche cano che le acque considerate hanno lo stesso rapporto per quanto riguarda il parametro conducibilità, posso- caratteristico tra gli ioni che sottendono quel tratto. no essere imputate a miscelazioni con altre acque o a Simili pendenze nei vari settori del diagramma indi- particolari condizioni locali. cano pertanto simili rapporti caratteristici tra gli ioni in esame a prescindere dalla concentrazione in termini La qualità delle acque per gli usi umani assoluti. È affascinante pensare che generazioni di atriani ab- Nel caso in esame, le acque della fonte Brecciola, ed in biano vissuto e prosperato, fino all’arrivo relativamen- parte anche della fonte Pila, si differenziano rispetto te recente dei moderni acquedotti, grazie all’acqua cor- alle altre che si mostrano invece con pendenze tra loro rente erogata da queste fontane, unici punti di approv- simili. vigionamento ivi esistenti. Le differenze composizionali nel chimismo delle acque Si è quindi voluto confrontare i risultati ottenuti dal-

Tab. 7 - Diagramma di comparazione di Piper per la caratterizzazione idrochimica delle acque delle fontane Canala, Pila, Strega, S. Ilario, Brecciola, Torinese eseguite nel 2010 (analisi G. Damiani). Tab. 7 - Piper diagram and hydrochemical characterization of waters of Fontana Canala, Pila, Strega, S. Ilario, Brecciola, Torinese, executed in 2010 (examination G. Damiani). OPERA IPOGEA 1 - 2012 81

Tab. 8 - Diagramma di Schoeller Berkaloff per la caratterizzazione idrochimica delle acque delle fontane Canala, Pila, Strega, S. Ilario, Brecciola, Torinese (analisi G. Damiani). Tab. 8 - Schoeller Berkaloff diagram for hydrochemical characterization of waters of Fontana Canala, Pila, Strega, S. Ilario, Brec ciola, Torinese (examination G. Damiani). l’analisi chimica con la normativa vigente in materia come tampone naturale anche per sangue, siero e di acque potabili (D.Lgs 2 febbraio 2001, n. 31 recante linfa umana e, in generale, per il protoplasma cellu- “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qua- lare e per i fluidi vitali di tutti gli esseri viventi. lità delle acque destinate al consumo umano”) e con le - La concentrazione degli ioni sodio appare equilibra- linee-guida dell’O.M.S. per valutare la qualità delle ac- ta per il consumo umano. que erogate. - Buono è il tenore di ioni di potassio, elemento che Per quanto riguarda le caratteristiche naturali è emer- svolge un ruolo fondamentale nella funzione del so quanto segue. muscolo cardiaco ed è coinvolto nella contrazione - I valori di conducibilità elettrica, compresi tra 620 e muscolare, nella conduzione nervosa e nella sintesi 870 microSiemens/cm, indicano un grado di media delle proteine; dal momento che il fabbisogno medio mineralizzazione, condizione salutare e utile soprat- giornaliero di K+ raccomandato nell’uomo è di circa tutto nei periodi caldi (Limiti di legge 2500 µS/cm). 4 g , si può stimare che queste acque possano fornire - La temperatura compresa tra 13,5 e 14,7 °C rende direttamente il 2-3% di tale quantitativo ad integra- queste acque gradevolmente fresche ed appaganti la zione della dieta. sete d’estate e relativamente calde d’inverno; - La concentrazione degli ioni litio è notevole; si ri- - Il pH, con valori medi di 7,36 (min 7,20, max 7,55) è corda che il litio agisce sul sistema nervoso, contra- praticamente uguale a quello fisiologico del sangue sta la depressione e, in genere, contribuisce ad un umano (i valori ematici del pH sono compresi tra buono stato di benessere psicologico (cosiddetto di 7,35÷7,45); “buon umore”). - La concentrazione dei bicarbonati è risultata all’in- - Buona anche la dotazione di calcio e di magnesio, terno di valori ottimali per la salute e contribuisce quest’ultimo indispensabile per favorire le corrette al mantenimento dei predetti valori di pH dal mo- funzioni intestinali.

mento che lo ione HCO3- si comporta in soluzione - Ai valori della durezza totale, risultati compresi tra 82 OPERA IPOGEA 1 - 2012 30 e 35 gradi francesi, corrisponde un giudizio di ac- niche, quantificate nell’ordine di grandezza rinvenibili que dure o appena molto dure. in acque potabili e minerali. Per quanto riguarda la situazione attuale dell’inquina- mento: - Si rileva in 5 casi un giudizio di non potabilità a Conclusioni causa di contaminazione microbiologica di origine fecale. Si ricorda che la norma vigente prescrive la Il presente lavoro costituisce solo l’inizio di un progetto completa assenza di tale tipo di contaminazione. più ampio che prevede il censimento di tutte le antiche Sulla base della conoscenza dei luoghi si ritiene che fontane di Atri. Escherichia coli ed enterococchi, rinvenuti in ma- L’obiettivo che il nostro gruppo di lavoro si propone è niera più sensibile per Fontana Canala e Fontana quello di fornire uno spunto per una riqualificazione Torinese, siano riconducibili ad attività di pascolo dei cunicoli sotterranei di Atri, in modo da riconside- che si svolge saltuariamente sul terreno sovrastante rare l’importanza delle risorse idriche locali, di conser- i cunicoli. Una situazione migliore si registra per la vare il territorio e di diffondere la cultura tradizionale fonte S. Ilario che è interessata solo dalla presen- dell’acqua. za di batteri coliformi totali che non sono specifici Il lavoro ultimo verrà presentato sotto forma di una indicatori di inquinamento, potendo avere origine guida alle antiche fontane di Atri, di facile fruibilità per anche naturale, non fecale. i cittadini e per i turisti. - Le acque erogate dalla Canala sono chimicamente Oltre a fornire un ulteriore strumento urbanistico per non potabili per i nitrati, parametro che ha un li- la redazione e realizzazione di progetti e modifiche del mite fissato in 50 mg/L nella normativa vigente. I territorio che tengano conto della presenza di questi valori dei nitrati risultano comunque mediamente cunicoli sotterranei e dell’importanza delle fontane per elevati anche nelle altre fonti, presumibilmente a la tutela dal rischio idrogeologico. causa delle concimazioni dei terreni e del pascolo. Sul territorio di Atri, caratterizzato da morfologie pre- - In tutte le acque sono sostanzialmente risultati as- valentemente calanchive, non è un caso, infatti, che si senti i nitriti e lo ione ammonio, sostanze indeside- riscontri l’assenza di calanchi proprio nelle zone in cui rabili che provengono generalmente dalle infiltra- sono presenti le fontane che, captando e canalizzando zioni fognarie, quivi non rilevate. l’acqua, tutelano i terreni prevalentemente argillosi, Bassissime anche le concentrazioni delle sostanze orga- dal dilavamento e dalle frane.

Ringraziamenti

Ringraziamo tutti gli atriani presenti e passati, che amando il loro paese ci hanno prestato e continueranno a prestarci il loro aiuto per le nostre ricerche.

Bibliografia

Barberini F.,1969, Atri preromana. Zanni Editore, Atri, 133 p. Barberini F. & F.lli Colleluori, 1972, Statuto Municipale della città di Atri. Atri. Brizio E., 1902, Scoperta della necropoli preromana e romana. Estratto dalle notizie degli scavi, fascicolo 9º, Tip. della Reale Accademia dei Lincei, Roma. Plinio, Storia naturale (Naturalis Historia). Libri VIII/XV. ristampa del 1984, Giardini, Pisa. Silio I., Le guerre puniche. Testo latino a fronte (Classici greci e latini). Ristampa, 2001, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli. Sorricchio L., 2009, Hatria-Atri. La storia della città di Atri dal ‘600 a.C. al 1598 d.C.. Tipografia F.lli Colleluori, Atri. Zanni P. U., 1975, Atri ittita etrusca sicula. Edizioni Atriane, Atri, 273 p. Zanni P. U., 1976, Atrinbreve. Edizioni Atriane, Atri. OPERA IPOGEA 1 - 2012 83 Segnalibri

Fabrizio Milla e Massimo Centini Alla scoperta del Piemonte sotterraneo e misterioso Edizioni Ligurpress, 2010, pagg. 210 50 foto a colori - ISBN: 88-6406-033-0.

Il Piemonte è ricco di luoghi sotterranei in cui storia e mito, geologia e leggen- da si intersecano creando una dimensione affascinante. Il mondo ipogeo diventa così un luogo ricco di simbolismi che sono all’origine di miti e leggende, ma anche di culti e credenze di ogni tipo. Nel silenzio riecheggiano voci a cui tendere le orecchie, provenienti da luoghi reali o immaginari che hanno storie da raccontare. Appena sotto la superficie si cela la memoria di uomini e di vite rimaste impigliate nelle maglie della leggenda. In questo libro il lettore troverà luoghi, vicende e personaggi noti e meno noti, talvolta inediti. Balme, grotte usate come rifugio nella preistoria, nel medioevo o ai nostri giorni. Storie di briganti, eremiti, eretici, streghe e demoni. E ancora echi della cultura megalitica, margari e minatori, nobili e alchimisti. Un viaggio che dalle caverne alpine arriva nei sotterranei delle città, alla scoperta di un mondo ancora in parte sconosciuto, dove la ricerca, l’esplorazione e lo studio delle cavità di origine antropica non può trovare spunto esclusivo nella spinta emotiva, necessitando di un approccio tecnico e scientifico proprio della “speleologia in ca- vità artificiali”. Il libro nasce dalla sinergia fra gli autori di formazione molto diversa. Fabrizio Milla, speleologo piemontese e membro della Commissione Cavità Artificiali SSI e Massimo Centini, antropologo. Carla Galeazzi

Aldo Messina Sicilia rupestre Salvatore Sciascia Editore, 2008, pagg. 136.

È nota l’attività di ricerca nell’ambito dell’archeologia estesa al bacino del Me- diterraneo svolta da Aldo Messina, autore, tra l’altro, del censimento degli in- sediamenti e delle chiese rupestri siciliane edito in tre volumi, iniziata ben 40 anni fa. Il suo ultimo lavoro dal titolo “Sicilia rupestre” non è una sintesi dei suoi studi precedenti, ma una rapida e succosa lettura scritta con gradevole linguaggio e in maniera spedita, in cui presenta i vari aspetti delle cavità artificiali siciliane esposti in veloci ed esaurienti capitoli. Inquadra le tradizioni di scavo nell’isola, iniziate nei millenni della preistoria con varie forme di ipogei funerari di cui alcuni riutilizzati nel medioevo. Tra- dizioni proseguite sino ai nostri giorni, con una espansione massima nel me- dioevo. Ancora non inquadrati cronologicamente, i “ddièri”, tipici aspetti del trogloditismo siciliano caratterizzanti le profonde incisioni naturali del suolo chiamate localmente cave, sono presentati dall’autore quali forme architettoni- che del rupestre siciliano aventi le caratteristiche degli insediamenti difensivi ricavati in pareti verticali. L’autore prosegue illustrando le chiese rupestri con architetture che vanno dalla classica forma basilicale ai sem- plici romitori e santuari, senza tralasciare il revival seicentesco scaturito dalla riforma emanata dal Concilio di Trento. Infine, la giusta dignità spettante nella cultura figurativa siciliana viene data dall’autore alle produzioni di im- magini sacre presenti nelle chiese rupestri. Il volume, che contiene anche una aggiornata bibliografia del rupestre, utile alla comprensione e all’inquadramen- to nel complesso quadro del trogloditismo nell’arco del Mediterraneo, è arricchito da numerose tavole e fotografie a colori, indici dei nomi e dei luoghi. Franco dell’Aquila 84 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Atti del XIVth Symposium of Medieval and Turkish Period Excava- tions and Art History Researches – Konya, October 2010 Ed. Selçuk Üniversitesi, Konya, 2011, pp. 675

Sono stati pubblicati gli atti del simposio organizzato dalla Università Selçuk di Konya, nel centro-sud della Turchia. Si tratta di un volume ponderoso (675 pagine) costituito da 35 comunicazioni scritte da alcuni tra i principali archeo- logi, architetti e storici dell’arte turchi, riguardanti gli scavi e le ricerche sulla storia dell’arte più recenti condotte in Turchia da gruppi turchi, in Edirne, Malatya, Hierapolis, Istanbul e così via. Gli unici stranieri invitati all’incon- tro sono stati Andrea de Pascale e Roberto Bixio, in rappresentanza del Centro Studi Sotterranei di Genova, i quali hanno presentato una comunicazione sul progetto KA.Y.A. (KAya Yerleşimleri Ahlat – Insediamenti Rupestri di Ahlat), illustrando lo sviluppo delle indagini sugli insediamenti sotterranei ubicati nel territorio di Ahlat, nella Turchia orientale, iniziate nel 2007, nell’ambito del progetto di Scavo della Antica Città di Ahlat, diretto da Nakış Karamağaralı, professore alla Università Gazi di Ankara. Il lavoro del team italiano è stato anche l’argomento principale di un’altra co- municazione presentata dalla stessa professoressa Karamağaralı, riguardante i risultati delle campagne di scavo 2008-2009 del medesimo sito archeologico. Il volume è in lingua turca, con riassunti in inglese, eccetto l’articolo del team italiano che è integralmente in in- glese. Roberto Bixio

Jérôme et Laurent Triolet La guerra souterraine Perrin, 2011, pagg. 340, € 23,00 Info: [email protected] / www.mondesouteraine.fr / www.editions-perrin.fr

Personalmente sono un grande fan dei fratelli Triolet. L’ultimo loro libro, per impegno e visione d’insieme, non può che rafforzare questa opinione. “La guerre souterraine” tratta un argomento specifico, quello delle cavità arti- ficiali con vocazione bellica, oggetto di quella che gli autori chiamano “guerra asimmetrica”. Il panorama dei siti descritti è davvero ampio per tempo, spazio e analisi delle motivazioni che hanno spinto l’uomo a nascondersi, difendersi e combattere per mezzo di ingegnose strutture scavate nel sottosuolo: dalle galle- rie di mina e contromina realizzate da Filippo III di Macedonia, nel IV secolo a.C., al reticolo di Tora Bora, in Afghanistan, usato da Bin Laden nel 2001; dai rifugi sotterranei medievali della Cappadocia e della Francia, a quelli della Grande Guerra, sino agli odierni tunnel di Libano e Palestina, senza dimenti- care Vietnam e Algeria. Si tratta di un volume divulgativo di 340 pagine, leggibilissime anche se in francese, scritte con stile agile e, nello stesso tempo, ricchissime di informazioni e riflessioni utili anche per gli addetti ai lavori. Roberto Bixio

SUBTERRANEA BELGICA Bollettino N° 68, Dicembre 2011, pagg. 27 A cura di Guy De Block Société Belge de Recherche et d’Etude des Souterrains, Bruxelles Contatti: deblockg @ yahoo.fr

È uscito l’annuale bollettino di informazioni della SO.BE.R.E.S.. Più breve del solito, ma con notizie interessanti (e foto) su alcune cisterne sot- terranee della Turchia (Izmir e Istanbul), su una grande cisterna costruita nel 1876 nei pressi di Bruxelles e sulla miniera di salgemma di Halstaat, in Au- stria. Segue la rassegna stampa, in cui sono compresi ben noti autori italiani (Cappa, Casciotti, Meneghini), e un ampio elenco bibliografico internazionale, suddi- viso per continenti, ricavato da Speleological Abstract, n° 44, 2005, edito dalla Commission de bibliographie de l’Union Internazionale de Spéléologie. Roberto Bixio OPERA IPOGEA 1 - 2012 85 Atti del II Convegno Regionale di Speleologia “Campania Speleologica 2010” Caselle in Pittari (SA), 3-6 giugno 2010, pp. 281, ISBN: 978-88-903556-3-9

Anche questo secondo appuntamento congressuale della speleologia campana è stato ricco di contributi riguardanti ogni ambito della speleologia. Il volume, stampato con il contributo del comune ospitante, contiene 22 articoli alcuni dei quali dedicati alle cavità artificiali ma anche a siti rupestri in cavità naturali. Tra i vari sono da segnalare un articolo sullo stato delle conoscenze e delle esplorazioni dei siti minerari della regione con la pubblicazione anche di alcuni rilievi inediti; i risultati di una campagna di ricerche su alcune cisterne roma- ne rinvenute lungo la falesia tufacea sottostante il Castello di Baia condotte in collaborazione con la Soprintendenza; i primi risultati esplorativi di alcuni tratti dell’acquedotto Augusteo nei comuni di Baia e Palma Campania; i ri- sultati di uno studio sperimentale sull’analisi del rumore sismico per l’analisi della risposta di sito condotto all’interno della Grotta di Seiano. Sossio Del Prete di Massimo D’Alessandro e Mario Mazzoli Cosa c’é sotto?! Mondi sommersi e sotterranei. una produzione A.S.S.O. e Studio Blu Production DVD, 47 minuti Info: www.assonet.org / [email protected]

Ho sperimentato personalmente il video in un incontro con il pubblico e in un corso di speleologia affascinando, in entrambi i casi, i presenti! Il segreto? Qua- lità professionale, regia agile, commento sintetico e incisivo, riprese straordina- rie in ambienti certamente non facili da filmare ed estremamente suggestivi per loro natura. Opportune le citazioni di Leonardo Da Vinci, Verne, Melville. I contenuti: archeologia subacquea, speleologia subacquea e non, speleologia in cavità artificiali, presentati con una serie di flash su esperienze condotte dalla organizzazione romana A.S.S.O., “Archeologia Subacquea Speleologia Orga- nizzazione”, un team di appassionati prima ancora che di stimati specialisti in beni culturali “sotterranei” e tecniche multidisciplinari, che non ha bisogno di presentazioni. Ottima l’idea di confezionare due documentari equivalenti per contenuti, di diversa lunghezza (32’ e 9’) da usare a seconda delle occasioni, ad esempio in abbinamento alle presentazioni powerpoint realizzate dalla Società Speleologica Italiana, con le quali il video è in perfetta sintonia. Il DVD è realizzato in collaborazione con la Studio Blu Production e con il contributo della Regione Lazio. Gli interessati possono contattare la A.S.S.O. presso Via Appia Pignatelli, 235 - 00178 - Roma o tramite la mail [email protected]. Roberto Bixio

Various Authors I love Liguria Erga Edizioni, Genova, pages 216, 2011 Info: www.erga.it

The publisher is a well known one: Erga was the excellent past publisher of Opera Ipogea. In this case they have printed a book about the more beautiful places of Liguria, from eastern to western settlements along the seaside and in the country: vil- lages, little lakes, landscapes, submerged shipwrecks and so on. Among them, three articles are to be pointed out: “Archaeology in Final Borgo” by Andrea De Pascale, “Ardesia slate in Liguria” by Remo Terranova, and “Invisible Li- guria” by Roberto Bixio, which shortly illustrate topics of peculiar interest for archaeologists and cavers engaged in artificial cavities. The book is illustrated with more then 600 photos, full colours. The text is in Italian end English. Roberto Bixio 86 OPERA IPOGEA 1 - 2012 Various Authors La Casana n° 3, July-September 2011 Various Authors, 2011 Banca Carige, Genova, pages 56 Info: www.carige.it / [email protected]

La Casana, in Liguria, is an institution: it is matter of a very good quarterly cultural magazine, issued from time immemorial by one of the more important bank of Genoa. Printed in full colours, glossy paper, each number has a miscellany of articles written by the main experts in Liguria on history, archaeology, painting, litera- ture, natural environment. In the present number, for the first time, an article by Centro Studi Sotterranei of Genoa is included. The title is “An underground work hanged up in the air: the Monumental Bri- dge of Genoa”. It is the short story (4 pages), with some suggestive shots, of the discovery of the empty belly of a bridge crossing the main street of the city, 20 m high above: it is not an underground structure, strictly speaking, but actually it requires technical methods of exploration and survey completely similar to that ones used in artificial cavities. Roberto Bixio

Antonio Fiore e Altri Il patrimonio geologico della Puglia: territorio e geositi supplemento al n°4/2010 di Geologia e Ambiente SIGEA, 210, pagg. 160 Info: [email protected]

Il volumetto non si occupa di Cavità Artificiali, se non con brevi accenni. Lo segnaliamo ugualmente volentieri in quanto le aree trattate coincidono am- piamente con i siti antropici rupestri. Dunque il contenuto può essere utilizzato come valido supporto da chi di tali strutture si occupa. In ogni caso, un capitolo è dedicato alle forme carsiche (di Vincenzo Iurilli), seguito da 23 schede “illustrative di siti, anche meno noti, ma non meno rile- vanti per la valenza scientifica e didattica, guidando il lettore con la filosofia dell’esplorazione e della scoperta.” “Il libro è il risultato di una lunga attività e confronto del Gruppo di Lavoro ‘Geositi’ della SIGEA, sezione Puglia.” Il testo è riccamente corredato da ottime foto in quadricromia Roberto Bixio OPERA IPOGEA 1 - 2012 87 Coupon Abbonamento Opera Ipogea 2012

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