Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Taal- en Letterkunde Engels-Italiaans

Dal vecchio al nuovo mondo: Il tema dell’emigrazione italiana verso l’America ne Il fondo del sacco (1970) di Plinio Martini e Vita (2003) di Melania Mazzucco Un confronto fra storia e narrazione

Caroline van Laere

Promotor: Prof. dr. Mara Santi

Masterproef ingediend tot het behalen van de academische graad van master in de taal- en letterkunde, afstudeerrichting Engels-Italiaans.

Academiejaar 2009-2010 Prefazione

In primo luogo, la mia curiosità per il soggetto dell‟emigrazione degli italiani fu rinforzata dalla mostra “La Merica! Da Genova ad Ellis Island” al Galata Museo del Mare a Genova dell‟anno scorso. Questa mostra interattiva mi aveva affascinata perché è come se il visitatore visse lui stesso l‟esperienza del viaggio in barca dell‟emigrante seguita dall‟arrivo ad Ellis Island. Così, analizzando i romanzi, il tema dell‟emigrazione ha soddisfatto il mio interesse per la storia in generale. In secondo luogo poi, questa tesi come punto finale di quattro anni universitari, mostra chiaramente la mia preferenza che tende alla lingua italiana, mentre viene inserita anche una piccola parte della storia americana, nel modo che i due ambiti dello studio universitario, l‟italiano e l‟inglese, vengono, in un certo senso, collegati.

Così, quattro anni fa, non ho mai avuto dubbi per quanto riguarda la scelta di studiare italiano. È stata soprattutto la passione dei miei genitori per il paese e la lingua che mi ha spinto verso questa scelta, e logicamente è diventata anche la mia passione. Gli anni all‟università poi, hanno ancora rinforzato il mio interesse in ambito linguistico, letterario e storico dell‟Italia. Ho quindi un debito di gratitudine verso i miei genitori quanto alla scelta dello studio, ma mi hanno anche incoraggiato a fare l‟esperienza erasmus a Bologna, il che è stato il culmine del mio studio in generale. Spero che anche nel futuro possa continuare ad adoperare l‟italiano in un certo modo.

Per quanto riguarda la tesi, voglio soprattutto ringraziare la professoressa Mara Santi per aver incoraggiato la mia proposta del tema dell‟emigrazione e per i suoi suggerimenti quanto all‟elaborazione del soggetto in modo interessante, ma anche per la sua pazienza e la sua disponibilità nei mesi passati. Poi vorrei anche ringraziare Matteo Manganelli per i consigli e l‟aiuto nel reperimento di alcuni fonti utili.

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1. Indice

1. INDICE...... 3 2. INTRODUZIONE...... 5 3. IL FONDO DEL SACCO DI PLINIO MARTINI...... 12 3.1. Introduzione...... 12 3.2. Prima parte: i personaggi...... 12 3.2.1. Rappresentazione letteraria...... 12 3.2.1. Rappresentazione storica...... 15 3.2.1.1. Introduzione: la presenza di un solo punto di vista...... 15 3.2.1.2. Analisi dei personaggi...... 16 3.3. Seconda parte: i temi...... 18 3.3.1. Il paese d‟origine...... 18 3.3.1.1. Rappresentazione letteraria...... 18 Le brutte condizioni di vita...... 18 Cambiamento del punto di vista del protagonista...... 20 Cambiamento del paese...... 22 Riferimenti alla vita politica, religiosa ed economica...... 23 Gli aspetti emotivi...... 24 3.3.1.2. Rappresentazione storica...... 25 3.3.2. Il viaggio...... 26 3.3.2.1. Rappresentazione letteraria...... 26 3.3.2.2. Rappresentazione storica...... 28 3.3.3. L‟arrivo in America...... 31 3.3.3.1. Rappresentazione letteraria...... 31 3.3.3.2. Rappresentazione storica...... 36 4. VITA DI MELANIA MAZZUCCO...... 41 4.1. Introduzione...... 41 4.2. Prima parte: i personaggi...... 43 4.2.1. Rappresentazione letteraria...... 43 4.2.2. Rappresentazione storica...... 48 4.3. Seconda parte: i temi...... 50 4.3.1. Il paese d‟origine...... 50 4.3.1.1. Rappresentazione letteraria...... 50 4.3.1.2. Rappresentazione storica...... 51 4.3.2. Il viaggio...... 52 4.3.2.1. Rappresentazione letteraria...... 52

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4.3.2.2. Rappresentazione storica...... 54 4.3.3. L‟arrivo in America...... 55 4.3.3.1. Rappresentazione letteraria...... 55 La situazione reale degli emigranti in America riportata dalla “storica” Mazzucco. 55 Gli emigranti italiani in America...... 56 Le opposizioni...... 61 Le metafore: la malattia e il sogno...... 68 4.3.3.2. Rappresentazione storica...... 70 5. CONCLUSIONE: UN CONFRONTO FRA IL FONDO DEL SACCO E VITA...... 76 6. BIBLIOGRAFIA...... 79 6.1. Fonti primarie...... 79 6.2. Fonti secondarie...... 79 7. SITOGRAFIA...... 81

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2. Introduzione

Il tema dell‟emigrazione degli italiani verso l‟America a cavallo tra Otto- e Novecento è un soggetto abbastanza ignorato nella letteratura italiana novecentesca. Per questa ragione, e perché la mostra “La Merica! Da Genova ad Ellis Island”1 al Galata Museo del Mare a Genova mi aveva affascinata, mi sembrava opportuno approfondire il discorso sugli emigranti. La storia degli Italiani partiti dalla fine dell‟Ottocento, non costituisce un discorso univoco, ma consiste in punti di vista diversi. Così agli italiani piace raccontare le storie dei propri parenti coraggiosi che hanno fatto la traversata verso la cosiddetta “terra promessa”; mentre dal punto di vista americano, gli Italiani sono tutto fuorché degli eroi, ma vengono considerati sporchi, inferiori e criminali. Per prima cosa quindi, ci possiamo chiedere come è descritto questo evento nelle fonti storiche che trattano l‟emigrazione italiana, e che evidentemente ci possono offrire un punto di vista oggettivo. In secondo luogo, mi sembra interessante esaminare la rappresentazione nella narrativa degli emigranti in relazione con la loro nuova vita americana. Nella tesi quindi confronterò la realtà storica dell‟emigrazione italiana con la rappresentazione letteraria di ciò. I romanzi analizzati sono rispettivamente Il fondo del sacco (1970) dello scrittore svizzero Plinio Martini e Vita (2003) di Melania Mazzucco.

Per l‟analisi dei due romanzi, considererò quattro aspetti diversi circa l‟emigrazione verso l‟America: in primo luogo i protagonisti dell‟avvenimento, cioè gli emigranti stessi; in secondo luogo le tappe consecutive dalle quali consiste l‟emigrazione, ovvero la partenza dal paese d‟origine, seguito dal viaggio oltreoceano in barca, fino all‟arrivo in America. Per ogni singolo aspetto analizzerò dunque la rappresentazione lettararia, ossia il modo in cui vengono affrontati i personaggi ed il tema dell‟emigrazione nei romanzi, paragonata alla rappresentazione storica. Dopo l‟analisi dei due singoli romanzi, concluderò il discorso con un confronto fra Il fondo del sacco e Vita.

Come detto, l‟emigrazione degli italiani verso l‟America a partire della fine dell‟Ottocento è un tema al quale è prestata poca attenzione nella letteratura italiana; Martino Marazzi, professore di letteratura italiana, prova a spiegare questo fenomeno particolare:

The long-standing unease of the Italian intellectual toward another Italy plays a part: an Italy so subordinate as to be far away, unknown at home, and not easily defined using the

1 La mostra si svolgeva a Genova dal 20 giugno 2008 al 30 settembre 2009.

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tools of an abstract ideology, an Italy, therefore, that is not compatible with the ritual apologias and curses uttered in relation to the New World.2

Quindi Marazzi attribuisce la lunga scarsità d‟attenzione nella letteratura al tema, fra l‟altro, all‟ignoranza dell‟esistenza di quell‟altra Italia, ossia la nuova vita degli italiani costituita in America, lontana dal paese d‟origine e dalla famiglia. Per i parenti rimasti a casa, l‟Italia in America rappresenta piuttosto un‟idea astratta, un‟altra realtà in prima persona sconosciuta, o almeno sconosciuta nel senso che non l‟hanno vissuta.

Questa idea dell‟esistenza di un‟altra realtà non può essere riconciliata con i principi dell‟unificazione dell‟Italia nel 1861. È quindi molto importante prendere in considerazione il periodo in cui ha luogo l‟emigrazione, ovvero nel momento in cui viene costituito il Regno d‟Italia. Durante la costituzione di un regno unificato per il popolo italiano, non conviene parlare di un‟altra Italia, che si trova all‟altro lato dell‟oceano. “Italian intellectuals could not bring the displaced other Italy into their ideological paradigm – that Italy settling in the States and other foreign nations by the 1870s.”3 In contrasto con l‟emigrazione dunque, i temi come il Risorgimento e l‟unificazione del paese rappresentano dei temi ricorrenti che enfatizzano l‟esistenza di un Regno unificato. “It appears that the mere discussion of migration during that time would have greatly damaged the ideology and construction of a unified nation.”4 In questo modo è evidenziata l‟omissione nei testi narrativi per poter proteggere l‟idea dell‟unificata nazione italiana. Questo pensiero è illustrato nella citazione seguente da Sollors che afferma che i testi narrativi funzionano fra l‟altro come “productive forces in nation-building enterprises.”5

The strategic effort to create a collective imaginary of Italy as a strong nation resulted directly from the publication of works whose content was geared to build and give authority to the image of just one Italy and of one unified group of Italians.6

Certamente l‟emigrazione italiana non rappresenta un tema lasciato completamente fuori dalla tradizione letteraria. Pure i protagonisti della letteratura a cavallo tra „800 e „900, come Verga

2 Martino Marazzi e Ann Goldstein, Voices of Italian America: A History of Early Italian American Literature with a Critical Anthology, Madison-Teaneck (New Jersey), Fairleigh Dickinson University Press, 2004, p. 292. 3 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, in “MLN”, n° 1, gennaio, anno 2009, vol. 124, pp. 293-315, cit. p. 295. 4 Ivi. 5 Werner Sollors, Introduction: The Invention of Ethnicity, in Id. The Invention of Ethnicity, New York, Oxford University Press, 1989, pp. ix-xx, cit. p. xv. 6 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 296.

6 e Pirandello, ed anche quelli della letteratura novecentesca, come Moravia e Pasolini, hanno affrontato il tema dell‟emigrazione. Secondo Marazzi però, gli scrittori appena menzionati trattano soltanto la dicotomia fra il contro-americanismo pubblico e il sogno americano privato, invece che la storia secolare dell‟emigrazione7. Un altro critico però, Sebastiano Martelli, non nega la scarsità d‟attenzione al fenomeno, ma enfatizza l‟importanza dei contributi nell‟ambito della scrittura sull‟emigrazione citando le opere di De Amicis, Pascoli, Pirandello e Francesco Perri. Martelli afferma che “[...] significanti incursioni, sia pure quantitativamente limitate, possono rintracciarsi tra i maggiori protagonisti della letteratura coeva [...].”8 La ristrettezza di opere letterarie che affrontano il tema dell‟emigrazione è quindi un fatto; mentre il valore di queste opere, come pare, può ancora essere dibattuto.

Ancora nel contesto della scarsità d‟attenzione all‟emigrazione, Martelli cita fra l‟altro l‟importanza di Plinio Martini come scrittore che prova a combattere tale mancanza nella letteratura italiana contemporanea in generale, oppure nella letteratura svizzera – in lingua italiana – in questo caso preciso9. Per molto tempo quindi, l‟emigrazione è stata considerata un tema piuttosto marginale da molti scrittori, mentre secondo Melania Mazzucco la scarsità dell‟attenzione rappresenta “a problematic lack of national memory”10. La rilevanza della scrittrice in relazione con il romanzo Vita, che affronta il tema dell‟emigrazione in modo abbastanza dettagliato, viene segnalata dalla Lucamante e da Marazzi:

In her novel, Mazzucco makes steps to mend what Marazzi refers to as the “sore point in the relations between Italian culture and that of the United States” (295). She narrates the Italian diaspora to the United States in order to challenge the silence of Italian novelists who traditionally considered the topic of migration as a literary “non-place”.11

Per quanto riguarda la mia analisi dei due romanzi, in generale, secondo me, non possono essere “accusati” di non rimanere fedeli alla storia visto che evidentemente sono delle produzioni letterarie e quindi l‟invenzione è una costante e dipende dall‟intenzione

7 Martino Marazzi, Voices of Italian America, p. 306. 8 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, in AA.VV., Lingua e letteratura italiana in Svizzera, Bellinzona, Casagrande, 1989, pp. 137-152, cit. p. 137. 9 Nella tesi adopero il termine „letteratura italiana‟ ma intendo in questi casi anche la letteratura svizzera italiana di Plinio Martini. 10 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 294. 11 Ibidem, p. 297 e Martino Marazzi, Voices of Italian America, p. 295.

7 dell‟autore. Ma mi sembra interessante esaminare in quale misura le opere rispecchiano la realtà storica, oppure vedere perché e per quali ragioni omettono certe parti della storia.

La storia e la narrazione di ciò, formano quindi la base della mia analisi. In generale, la storia e la letteratura rappresentano due discipline spesso tenute lontano l‟una dall‟altra. In parecchi casi comunque, è possibile integrarle in un insieme coerente, è quello che tentano le opere che “raccontano” la storia. Ciò emerge anche in entrambi i romanzi che ho analizzati, che asseriscono la loro “storicità”, ovvero affermano la realtà storica delle storie raccontate, affermano quindi che sono realmente accadute. Una lunga storia letteraria però precede questo discorso, una storia nella quale prevalse il nesso inseparabile fra la storia e la narrazione. La narrazione rappresentava la storia in modo accurato: così la verosimiglianza e il gran numero di dettagli costituivano la base del realismo classico ottocentesco. Un rapporto però che cambia completamente con l‟arrivo del Novecento, con il contributo alla fine di un processo che però già si avvia con il dato che Manzoni, in particolare coi saggi “Del Romanzo Storico e de‟ componimenti misti di storia e d‟invenzione” e “Dell‟Invenzione”, entrambi pubblicati fra le Opere varie (1850). La domanda principale nelle Opere varie è “Cosa fa l‟artista quando inventa?”12. La citazione seguente, che spiega l‟intento di Manzoni in “Del Romanzo Storico”, dimostra più chiaramente l‟impatto di Manzoni sull‟evoluzione nella riflessione teorica sul rapporto tra storia e narrazione:

[...] nella seconda [parte del saggio, Manzoni] studia due generi che nella letteratura antica e in quella moderna hanno mescolato storia ed invenzione: il poema epico e la tragedia storica. Come questi due generi, il moderno romanzo storico vuole mescolare – secondo Manzoni – due cose del tutto eterogenee quali l‟invenzione della fantasia e il documento della storia. Il romanzo storico aspirerebbe a una rappresentazione della verità storica, ma, proprio in quanto romanzo, cioè genere d‟invenzione letteraria, esso non può che rappresentare il vero poetico o verosimile (cioè qualcosa che potrebbe verosimilmente accadere), mentre oggetto della storiografia è la narrazione del vero positivo, cioè di qualcosa che è realmente accaduto, che è un “dato di fatto”.13

Manzoni funziona dunque come ponte fra la tipica verosimiglianza ottocentesca e l‟indebolirsi del rapporto stretto fra verità storica e invenzione, ossia la narrazione, nel Novecento. Gli scrittori ottocenteschi descrivono una realtà accurata che rispecchia il mondo

12 http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/b33.html, Viaggi nel testo. Classici della letteratura italiana, ultima verifica: 02-08-2010. 13 http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/b31.html, Viaggi nel testo. Classici della letteratura italiana, ultima verifica: 02-08-2010.

8 dei lettori e l‟invenzione viene piuttosto negata. La storia e la narrazione appartenevano alla stessa disciplina. Manzoni poi riconosce la presenza dell‟invenzione nella narrativa, anche nelle opere che rappresentano la realtà storica. Questa evoluzione risulta in una separazione definitiva fra storia e narrazione nel Novecento. È però quella separazione che viene messa in discussione dall‟approccio postmoderno. Linda Hutcheon afferma che l‟enfasi è centrata piuttosto “on what the two modes of writing share than on how they differ.”14 La fusione della storia e della narrazione vediamo evidenziata, secondo la teoria postmoderna della Hutcheon, in “historiographic metafiction”:

Historiographic metafiction suggests that truth and falsity may indeed not be the right terms in which to discuss fiction […]. Postmodern novels […] openly assert that there are only truths in the plural, and never one Truth; and there is rarely falseness per se, just others‟ truths.15

Importante in quest‟evoluzione verso il postmodernismo nel Novecento è lo spostamento dalla Grande Narrazione ai piccoli racconti, come indicato da Jean-François Lyotard ne La condition postmoderne. Quindi uno spostamento che si distanzia dalla stabilità e dall‟unicità, e va verso la frammentazione. Prevalgono le “storie piccole”, ossia le storie molteplici e inconciliabili, che problematizzano il reperimento di conoscenza esatta e vera. Se confrontiamo questo discorso lyotardiano al procedimento degli autori dei romanzi analizzati, constatiamo che né la Mazzucco né Martini sono stati testimoni oculari dei fatti che raccontano, e che quindi raccontano una storia della quale hanno solo “sentito parlare”. I romanzi sono basati sulla ricerca, sulla consultazione degli archivi. In questo modo tentano di ricreare il passato, cioè un passato vissuto dai loro parenti o dai connazionali. Gli autori ricostruiscono la storia personale, ma contemporaneamente anche quella collettiva dell‟Italia. Non possono fornire al lettore una versione unica della realtà storica, perché non esiste una verità unica, ma piuttosto delle verità molteplici. Così creano una “storia piccola”, cioè individuale, di una famiglia; ma una storia che vale anche per tutta la nazione, anzi, funziona come memoria comune, che è andata persa – dato la scarsa attenzione al tema, come dice lo storico Willie Thompson “that particular microhistories […] can illuminate an entire social order and that broad-ranging interpretations are perfectly legitimate.”16 Ancora in quest‟ottica, anche la Turnaturi afferma questa funzione precisa della letteratura: “[...] i

14 Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism, London, Routledge, 1988, p. 105. 15 Ibidem, p. 109. 16 Willie Thompson, Postmodernism and history, Hampshire, Palgrave Macmillan, 2004, p. 122.

9 grandi testi letterari alludono sempre a un mondo intero e perciò lo riconnettono dando significato al frammentario.”17

La letteratura dà voce allo scarto, al singolare, al dissimile e proprio per questo produce verità, se per verità intendiamo il tener insieme differenze e singolarità, universale e particolare. [...] la letteratura dà voce alle dissonanze di cui è intessuta la vita, può dire la contraddizione.18

Thompson afferma anche che vi è stata un‟interferenza del postmodernismo nel rinnovato interesse per il tema dell‟emigrazione. Così l‟approccio postmoderno presta più attenzione ai gruppi o agli individui trascurati nella letteratura per molto tempo, cioè “all sorts of suppressed, disregarded, despised groups, individuals and collectives”19. Thompson indica inoltre l‟importanza di questa evoluzione che: “enables the previously unrepresented to find a historical voice”20. Lo storico ci dà quindi la ragione principale perché oggi fra l‟altro gli emigranti italiani, prima considerati inferiori e falliti nella vita, si spostano verso il centro dell‟attenzione; appunto perché non potevano essere visti come i grandi esempi per la società italiana alla fine dell‟Ottocento.

In sintesi, ancora nell‟ambito postmoderno, l‟analisi che segue non si concentrerà sulla rappresentazione dei fatti storici fatta dagli storici, ossia dalla storiografia, ma sulla rappresentazione della storia nella letteratura. Quello che fanno gli scrittori, è creare, descrivere una storia, un racconto, basato sulla Storia, che è molteplice. Così, la storiografia, sulla quale sono basati i romanzi discussi, consiste in un paradosso: “There is always not enough evidence and yet too much of it”21. Da questa molteplicità di fonti storiche, il romanziere crea la sua storia. E, con riferimento alla Mazzucco e al Martini, questi autori creano una “storia piccola”, cioè una storia concentrata su un individuo, o pochi personaggi, oppure nel caso della Mazzucco, su una famiglia.

Gli scrittori creano quindi una storia individuale e di ciò raccontano una parte specifica. Plinio Martini ad esempio, esclude una gran parte dalla storia emigratoria, anzi, elimina quasi tutto il soggiorno americano. Martini parla soltanto di un piccolo aspetto dell‟emigrazione, mentre la storia della Mazzucco si estende dall‟Italia fino all‟America, dalla gioventù alla vecchiaia.

17 Gabriella Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 22. 18 Ibidem, p. 23. 19 Willie Thompson, Postmodernism and history, p. 22. 20 Ivi. 21 Ibidem, p. 29.

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Secondo Willie Thompson però, questa differenza fra i due romanzi non influenza l‟accuratezza della rappresentazione della realtà nelle storie descritte: “Reality being inexhaustible, any representation of it is bound to be partial and incomplete – that does not mean that it need not be accurate within its limits.”22 La mia analisi, dunque, seguirà la rilevanza data dagli autori a certi aspetti dell‟emigrazione, così per spiegare l‟ampiezza oppure la sinteticità delle parti diverse.

22 Ibidem, p. 55.

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3. Il fondo del sacco di Plinio Martini

3.1. Introduzione

Quando si legge un libro che tratta dell‟argomento dell‟emigrazione italiana verso l‟America, come viene descritta da Plinio Martini ne Il fondo del sacco, il lettore potrebbe chiedersi se la storia descritta nell‟opera corrisponde fedelmente alla storia reale. Questa sembra essere una problematica centrale nei libri discussi, però anche altri temi legati all‟emigrazione ritornano in fasi diverse della storia dell‟emigrante, cioè il paese d‟origine, nel caso de Il fondo del sacco sarà il Ticino svizzero, seguito dal viaggio di andata ma spesso anche di ritorno, e infine l‟arrivo in America. Il lettore percepisce il viaggio dell‟emigrante attraverso il punto di vista del narratore che racconta gli eventi vissuti dagli emigranti. L‟analisi si concentra quindi nella misura in cui questo punto di vista rispecchia la realtà storica.

3.2 Prima parte: i personaggi

3.2.1. Rappresentazione letteraria

Gori Valdi, così si chiama il protagonista de Il fondo del sacco del Martini, racconta la storia della sua vita, dalla sua gioventù passata a Cavergno in Svizzera, seguita dall‟emigrazione in America, fino al ritorno definitivo al paese d‟origine. La storia di Gori si sviluppa così fra le sue età diverse, delle quali l‟adolescenza, cioè il periodo in cui si trova in America, sarà per lui la più tragica, la più drammatica che lo segnerà per la vita. Essenziale per l‟analisi però, è il fatto che l‟America è stata un‟esperienza piuttosto negativa per Gori, per fattori diversi analizzati qui sotto, un costante già chiaro dalle primissime parole enunciate da Gori all‟inzio del racconto: “Non tornerò in America23”. Il protagonista sente proprio la necessità di parlarne, cioè di raccontare al lettore che cosa è successo durante il suo soggiorno americano, però anche quello che è successo prima della partenza, fra cui gli incontri con Maddalena che avranno un impatto enorme sul viaggio di Gori. Raccontarne forse lenirà il suo dolore, come dice lui stesso: “per levarmela di testa forse devo parlarne una volta fino in fondo24”. Qualche volta il narratore si riferisce esplicitamente al titolo stesso, vuole proprio “vuotare il sacco fino in fondo25”. Qui si può già scorgere il tono abbastanza emozionale del romanzo, cioè una

23 Plinio Martini, Il fondo del sacco, Bellinzona, Casagrande, 2005 (1° ediz. 1970), p. 7. 24 Ibidem, p. 7-8 25 Ibidem, p. 8

12 storia piena di ricordi, di dolore e di malinconia. Questi aspetti riguardano piuttosto la tematica del romanzo e vengono perciò analizzati nella parte che tratta il paese d‟origine.

La maggior parte dei ricordi hanno a che fare con il personaggi di Maddalena, di cui si è innamorato già da quando era ancora un ragazzo. Il nome, Maddalena, viene già nominato nell‟incipit. La storia del loro paese e poi dell‟emigrazione si sviluppa dunque intorno a questi due personaggi centrali. Altri personaggi descritti dal Martini sembrano soprattutto gli abitanti della Svizzera, mentre quelli dell‟America vengono descritti piuttosto in modo più generale: non viene menzionato un nome proprio o gli americani non vengono descritti in modo dettagliato: ne sappiamo poco. Gli svizzeri però, soprattutto la sua famiglia ed i vicini, che sono quasi considerati famiglia per via della dimensione ristretta del loro paese, sono rappresentati tutti come gente umile, sono dei contadini che lavorano nei campi, abituati al lavoro duro nelle montagne; la loro semplicità è centrale. Insomma, un‟opposizione molto chiara, spiegata più in dettaglio qui sotto.

Mi sembra opportuno descrivere il personaggio di Gori in relazione con gli altri, cioè con Maddalena, con la famiglia svizzera e infine con gli americani. Plinio Martini rappresenta il suo protagonista Gori come un giovane ragazzo svizzero, ormai ventenne (nato nel 1928) che risiede a Cavergno. Lavora, quando è possibile, nelle montagne solo con suo fratello Antonio. Non avendo molto contatto con il mondo esterno, sarà proprio con Antonio che emigrerà verso l‟America. Molti saranno quindi i riferimenti ai parenti, anche se spesso abbastanza superficiali, per esempio la madre viene menzionata soltanto in rapporto con l‟emigrazione del figlio. In queste descrizioni di lei, sono sempre presenti i sentimenti di dolore e evidentemente di preoccupazione di una madre lasciata dai suoi due figli. Perciò lei dimostra disprezzo per il futuro paese di Antonio e Gori: “Per lei la California era il cimitero dei suoi figli, un paese immenso pieno di tentazioni e di pericoli, dove si dimentica il bene ricevuto e si perde l‟anima.”26, oppure dal punto di vista di Gori: “L‟America per lei era la porta spalancata dell‟inferno.”27

Come ho già accennato, è il legame fra Gori e Maddalena che avrà l‟impatto più grande sulla partenza del protagonista e che renderà la sua esperienza piuttosto negativa.

26 Ibidem, p. 110. 27 Ivi.

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E intanto che guardo fuori dalla finestra e vedo le solite cose, penso che sarebbe troppo bello poter girare indietro la vita come i chilometri dell‟auto e metterli a zero, alla stazione quel giorno che sono partito, e c‟era Maddalena: la stazione era una scatola di zolfanelli messa in capo a quei due binari a scartamento ridotto che avevamo in valle, e maledico ancora oggi il trenino che mi ha portato via.28

Questo legame rimarrà centrale nel romanzo; l‟amore come ragione principale su cui è basata la scelta di emigrare oppure di restare a casa con la famiglia. In Vita di Melania Mazzucco per esempio, i protagonisti sono emigrati da bambini e conseguentemente non hanno fatto la scelta loro stessi. Nel caso di Gori però, partirà, perché sente una certa necessità “perché avevo il biglietto in tasca pensavo di dover partire29”, ma anche perché “ero un uomo, ormai indietro non potevo tornare.”30 Sarà proprio il ricordo della sua casa, della sua famiglia ma soprattutto della sua ragazza, Maddalena, che lo tiene in piedi durante il soggiorno americano, ma che anche sarà la ragione principale della sua malinconia continua “già lo sapevo che sarebbe stata dura per me l‟America con quell‟amore in corpo”31. Prima della partenza dunque, si pente già la partenza, soprattutto pensando a Maddalena; così dopo un giorno insieme si lamenta: “quella notte maledissi una volta di più l‟America e la mia idea d‟andarci.”32

Infine, per quanto riguarda Gori in relazione con gli americani, ne sappiamo poco, perché, come già detto, l‟America ed i suoi abitanti vengono descritti in modo superficiale. La parte più importante del romanzo riguarda il paese d‟origine Cavergno, visto che l‟intenzione del Martini è piuttosto di dipingere un quadro chiaro della situazione sociale di questo paesino e i suoi dintorni. Lo scrittore tenta di mostrare al lettore la durezza della vita contadina all‟inzio del Novecento. Così l‟America rimane piuttosto un luogo lontano e comunque abbastanza vago. Nei casi sporadici in cui Martini descrive Gori mentre si trova in America, lo rappresenta soprattutto in relazione con dei parenti oppure con degli italiani. “[...] altro che angelo se penso che era Dora con tutti i suoi seni e le sue gambe sotto la vestaglia; ma per quel momento ciò che di lei m‟incantò di piú fu che cominciò subito a parlarmi in italiano.”33 Questo esempio dimostra anche chiaramente la preferenza di Gori per gli italiani e gli

28 Ibidem, p. 7. 29 Ivi. 30 Ibidem, p. 103. 31 Ibidem, p. 102. 32 Ibidem, p. 103. 33 Ibidem, p. 145.

14 svizzeri, mentre disprezza piuttosto gli americani, anche se non vengono mai descritti come individui propri, ma sempre come un‟unita: l‟americano in generale.

Questo era un paese intero fatto là in fretta, ogni cosa imbastita a grandi punti senza amore. Ecco, l‟America era un paese senza amore. Un paese dove ciascuno viveva per conto suo, e la gente poteva perdere la strada ad andare da una casa all‟altra.34

3.2.1. Rappresentazione storica

3.2.1.1. Introduzione: la presenza di un solo punto di vista

Una prima differenza notevole con La Storia è la mancanza del punto di vista americano. Plinio Martini rappresenta soltanto gli abitanti ticinesi. Dal momento in cui porta il lettore insieme con il protagonista in America, il lettore può seguire soltanto il punto di vista del protagonista: quello che è presente è il senso di disprezzo da parte del protagonista, però un americano non viene mai descritto neanche in modo superficiale. Gli unici personaggi in America che vengono menzionati, sono dei parenti, degli abitanti svizzeri oppure degli italiani, mai però un personaggio americano. Questa angolazione particolare dello scrittore fa pensare direttamente alla rappresentazione letteraria oppure cinematografica di altri avvenimenti storici. L‟esempio più evidente di questo è senza dubbio la riproduzione della seconda guerra mondiale. Tantissimi esempi raccontano l‟evento spesso da un solo punto di vista. Una conseguenza logica di ciò è che il punto di vista non menzionato rappresenta piuttosto i “cattivi”, cioè i nemici, mentre ritroviamo i “buoni” dall‟altro lato della storia. Un‟illustrazione di ciò che si è affermato finora potrebbe essere Saving Private Ryan, di Steven Spielberg, che racconta la storia da un solo punto di vista dimostrando chiaramente l‟opposizione fra i buoni americani ed i cattivi tedeschi.

Evidentemente, ogni avvenimento storico che viene rappresentato, sia tramite la letteratura, che tramite il cinema, viene sempre raccontato da un certo punto di vista. Poiché Plinio Martini è vissuto a Cavergno, la sua scelta del punto di vista dei ticinesi è una scelta logica. Quindi in questa prospettiva, troviamo infatti sempre una parte della storia che viene per così dire omessa. Davanti agli occhi del lettore o dello spettatore viene presentata la visione soggettiva dello scrittore oppure nel caso dei film, del regista. Evidenzia piuttosto una

34 Ibidem, p. 37.

15 caratteristica tipica di qualsiasi forma narrativa che uno sbaglio storico; tuttavia si distingue dalla storia oggettiva come la possiamo leggere nei manuali storici.

Così, la rappresentazione letteraria da un punto di vista nazionale, può certamente avere un effetto sulla maniera in cui viene riprodotta la storia reale. La parte storica che viene effettivamente riportata, anche se non è una totalità, può rimanere fedele alla storia, oppure può prenderne le distanze. In questa prima parte di confronto tenterò di dimostare se la rappresentazione letteraria dei personaggi ne Il fondo del sacco rispecchia fedelmente gli emigrati che hanno attraversato l‟oceano nel passato.

3.2.1.2. Analisi dei personaggi

Ne Il fondo del sacco, i personaggi sono descritti con naturalezza. Le caratteristiche che ci vengono presentate nel romanzo come la quotidianità, la vita contadina e la semplicità, creano una certa immagine davanti agli occhi del lettore. In generale quindi, il romanzo ci dà un‟immagine della situazione sociale reale dell‟epoca della regione della Val Maggia. Poiché non è presente un punto di vista americano, l‟immagine si limita a questo riflesso reale degli emigranti contadini. In quest‟ottica, l‟immagine degli emigranti creata dal popolo americano, ossia un‟immagine irreale e fantastico perché basata sulla soggettività, è assente nel romanzo. Come vengono visti gli immigrati italiani (o svizzeri in questo caso)35 dagli occhi americani determina l‟immagine presente ne Il fondo del sacco che può avere una connotazione negativa oppure positiva. Secondo Ilaria Serra questa immagine creata dagli americani è fondamentale: ha inizio come un pregiudizio, però può trasformarsi in un‟immagine fissa seguita da una vera cristalizzazione di ciò in uno stereotipo36. Il pericolo sta nel fatto della persistenza di questi stereotipi, anche se in realtà sono falsi e solo basati su pregiudizi. Spesso sono i bassi livelli di vita e le caratteristiche razziali differenti che pongono le basi per questi pregiudizi37. Ne Il fondo del sacco però, questo altro lato della descrizione degli emigrati non è rappresentato, per l‟assenza di un punto di vista americano. Perciò questo aspetto verrà discusso più estesamente nella parte che tratta di Vita di Melania Mazzucco.

Quindi come già accennato, gli emigrati ticinesi rispecchiano soprattutto la realtà povera e contadina da cui partono. Rappresentano una realtà storica, una realtà veramente vissuta; ciò

35 Dal popolo americano, Gori, in realtà svizzero, viene considerato italiano perché parla appunto l‟italiano. 36 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (1890-1924), Verona, Cierre, 1997, p. 28. 37 A. Meier Schlesinger, The significance of immigration in America history, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 28.

16 viene ancora rafforzato dall‟avvertenza nel romanzo in cui Martini esplicita che “I fatti qui raccontati sono quasi tutti realmente accaduti.”38 Quindi non c‟è dubbio sulla verità degli avvenimenti descritti nel romanzo che servono soprattutto a delineare un quadro generale della situazione emigratoria. Da questa prospettiva, i contadini ne Il fondo del sacco possono essere considerati piuttosto come una microsocietà, almeno per quanto riguarda la situazione nel loro paese d‟origine, un‟impostazione che cambia una volta arrivati in America; il romanzo rappresenta un caso particolare che di fatto vale per la maggioranza delle situazioni degli emigrati all‟inzio del Novecento, cioè gli immigranti di prima generazione che partono per l‟America fra 1876-192439. Inoltre, come afferma la Serra, “Tre quarti degli immigrati provengono dal Mezzogiorno; quasi tutti, meridionali o settentrionali, sono contadini.”40, appunto come gli abitanti di Cavergno.

In Immagini di un immaginario, la Serra analizza delle autobiografie e delle interviste degli emigranti e i documenti lasciano, secondo lei, un‟impressione piuttosto positiva sull‟esperienza emigratoria. Però dipende se si tratta del punto di vista di un emigrante ritornato in Italia, oppure di un emigrante integrato interamente nella società americana. Come il protagonista de Il fondo del sacco, sono quelli che sono rimpatriati che rimangono delusi, mentre gli italo-americani, cioè gli immigrati di seconda generazione41 si ricordano soltanto le esperienze belle, ormai raggiunto finalmente il sogno americano “[...] quello che Mario Puzo chiama “il più prezioso dei doni umani, quello della falsificazione retrospettiva: ricordare il bello e non il brutto””42 Poiché i documenti di prima mano riguardano l‟esperienza descritta dagli emigranti, vengono analizzati più in dettaglio nella parte seguente che tratta dell‟arrivo.

In conclusione, Il fondo del sacco rispecchia in modo abbastanza dettagliato la realtà vissuta dagli emigranti, cioè almeno la realtà della vita quotidiana nel paese d‟origine. La differenza principale con la storia consiste nell‟assenza della descrizione dell‟esperienza in America e nell‟assenza quindi del punto di vista americano. La riproduzione del punto di vista dei contadini svizzeri risulta in una descrizione vaga e superficiale del popolo americano, che però rappresenta anche un lato fondamentale della storia emigratoria. In secondo luogo, Il

38 L‟avvertenza in Plinio Martini, Il fondo del sacco, 2005. 39 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 25. 40 Ivi. 41 “un americano di origine italiana” è il termine usato dalla Serra per indicare poi la terza generazione, ibidem, p. 27. 42 Mario Puzo, Choosing a dream, in T.C. Wheeler, The immigrant experience, p. 44, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 164.

17 fondo del sacco rispecchia l‟esperienza negativa di Gori, mentre in realtà molti emigranti hanno potuto realizzare il sogno americano. Infine, secondo l‟approccio postmoderno, la storia di Gori rappresenta una “storia piccola”, ossia una storia che tratta soltanto la realtà di alcuni contadini svizzeri; la storia però vale per tutti gli emigranti svizzeri e italiani che hanno fatto la traversata.

3.3. Seconda parte: i temi

3.3.1. Il paese d‟origine

3.3.1.1. Rappresentazione letteraria

Le brutte condizioni di vita

L‟incipit ci mostra il paese d‟origine del protagonista, cioè Cavergno in Svizzera. Già dalle primissime righe il lettore nota una prima opposizione fra la terra d‟origine dei futuri emigranti e la cosiddetta “terra promessa”, cioè l‟America: il paese viene sempre associato alla povertà, alla disoccupazione, alle malattie, alla scarsità del cibo, anche dopo il ritorno dall‟America. Quando descrive la sua vita, il protagonista usa delle immagini semplici e quotidiane, sottolineando la propria semplicità, e quella del paese e dei suoi abitanti. Le sue metafore evocano la vita contadina a cui è così abituato. “Ormai sono un pover‟uomo che ha soltanto un mucchio di tristezza da tirar dietro: per me la vita è diventata come una domenica d‟agosto passata in casa quando sono andati via tutti.”43 e più avanti “Potessi tornarci, ti giuro che mi sederei sulla valigia testardo come il vitellone che non vuole più salire e gli devono lasciar fare la notte a metà strada dal corte.”44

È proprio la povertà che inizialmente lo fa emigrare verso l‟America. Qui nell‟incipit leggiamo però che è solo un‟illusione perché ormai ritornato, le condizioni di vita non sono migliorate come il protagonista aveva pensato prima della sua partenza. Nella regione in cui abita Gori, la disoccupazione è uno dei problemi fondamentali: i contadini lavorano nelle valli soltano durante l‟inverno. Quel lavoro però, è anche una causa diretta delle morti precoci dei giovani: “Sugli alpi ne morivano tutti gli anni, ed eravamo sempre noi giovani a metterci la pelle.”45 Per sottolineare i pericoli e la miseria che porta la situazione con sé in questo tempo,

43 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 7. 44 Ivi. 45 Ibidem, p. 16.

18 segue un elenco di casi precisi, di giovani che hanno trovato la morte a causa del lavoro duro sulle alpi. Spiega così a Maddalena la necessità di emigrare: “Maddalena, stentai a dirle, non siamo più ragazzi, e io... Lo sai che devo andare in America a guadagnarmi il pane.”46 Viene continuamente ripetuto nel romanzo che sono effettivamente le brutte condizioni di vita che provocano la partenza. Non c‟è lavoro e nei pochi casi fortunati si guadagna pochissimo come spiega Gori: “Ma in paese un lavoro che è lavoro non si trovava, salvo d‟inverno a portar letame per le donne che non ce la facevano più; ci pagavano un franco e cinquanta al giorno, troppo per loro e troppo poco per noi; [...].”47 I pensieri di Gori sono sintetizzati alla fine dell‟elenco dei giovani morti quano parla di “questa nostra valle di miseria”48.

Il romanzo è scritto come un‟analessi, ossia come un grande ricordo del protagonista; come già accennato, prova a vuotare il sacco fino in fondo, come esplicita anche il titolo del romanzo. Mentre racconta la propria esperienza di vita, Gori sta evocando delle emozioni di nostalgia e di dolore. In questo modo Il fondo del sacco può essere considerato come le memorie di Gori, che, uomo invecchiato, svela ai lettori la vita già vissuta, come se si trovasse già alla fine della vita, come se si sentisse già pronto a morire. Quasi tutti i ricordi a cui si richiama, insegnano ai lettori qualcosa sul paese d‟origine dei personaggi, così di nuovo sottolineando la loro semplicità, la loro vita contadina. I ricordi evocati riguardano spesso la povertà e la disoccupazione nel paese, esemplificati nel ricordo seguente di Gori:

Quando c‟era qualcosa di buono da spartire, da come quei piccoli tenevano il fiato capivo che dovevo fare le fette più sottili della fame; ma nostra madre senza parere aveva gli occhi da per tutto, e di solito me ne metteva da parte per dopo.49

A partire dal momento che il sogno americano si è sciolto, prevalgono i ricordi del protagonista che enfatizzano i sentimenti di dolore e di mancanza. Anche la Serra ha constatato questa evoluzione nelle autobiografie di alcuni emigrati italiani e cita la Calvi che distingue il sogno dalla memoria:

L‟anticipazione è il momento del sogno, della prefigurazione favolistica del mondo lontano, della metropoli, dell‟America. La memoria è quella di ciò che si lascia:

46 Ibidem, p. 10. 47 Ibidem, p. 12. 48 Ibidem, p. 20. 49 Ibidem, p. 12.

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l‟infanzia, la natura, spesso la religione. Se [...] l‟esperienza tradendo l‟anticipazione si trasforma in incubo, la memoria del passato si impone prepotente.50

Cambiamento del punto di vista del protagonista

Dato che le condizioni di vita sono, secondo il protagonista, così brutte, cioè la sensazione che prevale prima dell‟emigrazione, Gori si concentra sulle grandi aspettative che prendono forma nella sua testa. Sente parlare gli emigranti già ritornati dall‟America che la descrivono come la “cuccagna”, però non la sarà mai per Gori. È notevole quindi una chiara separazione fra le sue aspettative prima del viaggio in America e poi l‟annullamento di queste al momento in cui ci è davvero arrivato. Così prima prevalgono le sensazioni che il suo paese è veramente povero e che non vi avrà un futuro solido; inoltre si sente annoiato facendo lo stesso lavoro ogni giorno, parlando con la stessa gente. Domina dentro di lui la sensazione che la vita degli altri è sempre meglio “Chissà quanti paesi ci sono al mondo da starci meglio!” seguito dalla risposta giudiziosa di suo fratello Antonio che non sente il bisogno di partire: “La moglie più bella è sempre quella degli altri.”51 Gori poi, per tutte queste ragioni arde dal desiderio di andar a cercare una vita migliore oltre l‟oceano. Rappresenta l‟America come un sogno, il paese esercita un certo fascino sugli emigrati. Però una volta arrivato, le sue aspettative si sciolgono davanti ai suoi occhi. Da questo momento in poi predomina il senso di nostalgia, sente un amore forte per il proprio paesino. Dopo esser stato in America assume un atteggiamento più giudizioso, come avesse imparato la propria lezione di vita, cioè mostra un atteggiamento più maturo e ponderato. Le sue aspettative giovanili appartengono ormai al passato:

Oggi che ho girato il mondo e so che si muore di fame sotto tutti i soli, adesso che so che i più disperati sono quelli che hanno tutto, così da non restargli più la voglia di niente, posso quasi ragionarla come lui [cioè suo padre]; ma allora io conoscevo soltanto quello che toccava a noi, pensavo a Locarno e all‟America ed ero pieno di risentimenti come se qualcuno mi avesse fatto dei torti.52

Notiamo però proprio l‟opposto quando si trova in America; a questo punto l‟apprezzamento c‟è per il suo paese d‟origine ormai rappresentato come un sogno:

50 Giulia Calvi, Il testo e lo specchio, in “Memoria-Rivista di storia delle donne”, n. 6, anno 1982, vol. 3, pp. 78- 79, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 200. 51 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 21. 52 Ibidem, p. 24.

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Quando nel quarantasei arrivai a New York a vedere il mare grigio che si perdeva all‟orizzonte, pensai che quell‟acqua dall‟altra parte batteva il molo di Genova, a poche ore da casa nostra, e mi sentii stringere il cuore. [...] mi illudevo di ritrovare il paese come l‟avevo lasciato, o meglio, come avevo continuato a sognarlo.53

Quindi l‟unico momento in cui ha potuto trovare la pace, l‟unico momento in cui si sente veramente felice, è il tempo passato insieme a Maddalena. Prima del loro incontro sogna d‟emigrare verso il cosiddetto Paradiso; una volta lì, desidera ritornare a Cavergno; e poi finalmente ritornato, trova Maddalena già morta e non si troverà mai bene né in America, né a Cavergno.

Questo sentimento doppio, cioè questo cambiamento di prospettiva rimane particolarmente presente in tutto il romanzo. Così, giusto prima della partenza verso l‟America durante un colloquio con il personaggio Rocco Valdi di Preda, il lettore può facilmente notare un protagonista dubbioso che preferisce di restare a casa “E tu minchione la [Maddalena] lasci qui per andare in California. Cosa speri di trovarci? Un ranch, vacche da mungere, letame. – Ma io ho neanche un mestiere! Gli gridai, perché mi aveva toccato dove mi faceva piú male.”54 Sarà proprio questo amore forte per la ragazza che cambierà il suo punto di vista sul mondo. Notiamo questa trasformazione chiaramente nella seguente reazione da parte di Gori ad un‟affermazione di Rocco che sta maledicendo Preda e Cavergno:

Io stavo zitto, non sapevo cosa dirgli; sentivo vagamente che dietro le sue parole c‟era un fondo di verità; oggi so che quella verità si chiama disperazione, ma allora quel sentimento non lo decifravo, e mi faceva soltanto stare zitto e confuso.55

„Oggi‟, vuol dire al momento del ritorno dall‟America, pare che sia diventato più maturo e può giudicare in modo più razionale. Infatti, sono frequenti i riferimenti a „oggi‟ e al passato, e la grande distanza fra questi due. “La rabbia che mi viene oggi che capisco come ero stupido a vent‟anni: avevo trovato un gran bene, e l‟ho perduto da sciocco, per la fisima di non campare su quello degli altri, e ci ho poi pensato tutta la vita.”56

Col procedere della storia, Gori diventa sempre più conscio della felicità di cui non si è mai stato consapevole e che quei momenti ormai appartengono al passato: “[...]; cominciavo a

53 Ibidem, p. 139. 54 Ibidem, p. 125. 55 Ibidem, p. 129 (sottolineatura mia). 56 Ibidem, p. 167.

21 capire che la felicità è fatta di niente, e che io avevo proprio perduto quel niente che può far contento un uomo.”57 È soprattutto quella sua vita semplice, quel mondo contadino e così familiare che gli manca quando si trova in America nonostante la possibilità dell‟incertezza economica. Così sta rievocando vecchi ricordi che riguardano la propria famiglia, dopo i quali pensa: “Sono momenti che a viverli sembrano niente, e poi invece in America li pensavo all‟infinito.”58

Cambiamento del paese

Ritornato dall‟America, si trova cambiato lui stesso, però anche il paese ed i suoi abitanti sono cambiati: “No, ti dico che oggi più nessuno si fa un‟idea delle nostre fatiche di allora. Ed essere soli, perduti: oggi mi pare che tornerei indietro volentieri per ritrovare Roseto senz‟auto, senza un motore, il correre del fiume tra gli alni e basta: ma allora quel silenzio ci pesava.”59 Anche in questa affermazione notiamo un motivo rilevante, cioè quello dell‟urbanizzazione del paese, ma anche di cambiamenti sociali e quindi cambiamenti di mentalità. Una volta ritornato, è proprio uno shock per Gori che vede tutto cambiato. Come appena citato, ormai ci sono delle macchine, c‟è l‟industria, dove una volta c‟era soltanto il silenzio, il lavoro a mano nelle terre e sugli alpeggi. Ritroviamo la voglia di ritornare ad un paese ormai sparito anche in questa citazione in cui il giudice sta parlando a Gori di un certo Lorenzo Rama di Preda.

Ma non ha più trovato il paese [Preda] che sognava. Ha detto che anche qui adesso ci sono auto dappertutto, televisori, e nei ristoranti giubbò e flipper, e per le strade soltanto gente che ha fretta: “Non mi piace più, non è più il paese di prima, nel mio ranch c‟è più pace.”60

Prima dell‟urbanizzazione però, vale a dire il periodo in cui Gori lavora ancora nel proprio paese, vediamo un paese in decadenza a causa dei giovani svizzeri che lasciano le valli per cercare una vita migliore altrove.

Il paese diventava ogni anno più magro come uno che ha il verme solitario, ce ne accorgevamo in chiesa dai vuoti delle panche del coro: gli uomini in giro per il mondo a patire il male del paese, le donne a invecchiare zitelle nelle case del paese. Era la storia di

57 Ibidem, p. 35. 58 Ibidem, p. 71. 59 Ibidem, p. 26. 60 Ibidem, p. 85.

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tutte le valli, e più andavi in su, più vedevi case andate alla malora, e fra i vicoli poche donne con facce di donne invecchiate nel rincrescere.61

L‟idea del paese che si sta svuotando è quella che rende triste il giudice Venanzio; perciò la sua rappresentazione dell‟America è molto negativa, anche se non l‟ha mai vista. “Però non sono capace di pensare a quel mondo senza un risentimento, un‟antipatia certamente ingiusta, perché ci ha portato via le forze migliori, ci ha impoveriti, ha fatto più vuoti e più tristi i nostri paesi.”62 Quindi attraverso le parole del giudice, viene rappresentato al lettore, e così anche a Gori, un aspetto della storia emigratoria. Più specificamente, ci viene comunicata una conseguenza negativa del flusso migratorio, cioè la fuga dei giovani competenti che lasciano il paese andare in rovina. “È la California che ha svuotato le nostre regioni: dal 1850 in poi la parte alta della Valmaggia ha perduto il settanta percento dei suoi abitanti.[...] Gli uomini hanno trovato da meglio altrove [...].”63

Riferimenti alla vita politica, religiosa ed economica

Oltre alla trasformazione paesaggistica, ritroviamo anche degli aspetti riguardanti la vita sociale in questo tempo, cioè qualche riferimento sia alla vita politica che a quella religiosa ed economica. Questi aspetti storici vengono spesso filtrati da certi personaggi. È come se il personaggio del Giudice Venanzio possa essere considerato un insegnante rispetto a Gori e così anche al lettore. Fa cenni ad alcuni aspetti della storia, soprattutto quella migratoria, però anche alla vita quotidiana. Così rinvia alla situazione economica del periodo fra il 1932 e il 1940:

Secondo il Giudice Venanzio il lavoro della capanna di Robiei era stato il primo segno della favorevole congiuntura economica svizzera, la quale dalle città dell‟Altipiano era giunta anche ai nostri borghi ticinesi, e da qui nelle valli: una congiuntura già scremata, ma pur sempre un beneficio [...]. Tutte ebbero l‟acqua potabile e si videro i primi bagni; si comperavano stufe lavandini macchine da cucire apparecchi elettrici, a un certo momento si misero tutti a comperare la radio.64

61 Ibidem, p. 76-77. 62 Ibidem, p. 84. 63 Ibidem, p. 85. 64 Ibidem, p. 93.

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La vita religiosa e la sua importanza viene accennata soprattutto dalla generazione più vecchia, evidenziata per esempio nella madre di Gori e Antonio che gli raccomanda prima della partenza:

E mi dovete promettere che andrete sempre a fare il vostro bene, almeno a Pasqua e per i Morti: grazie a Dio di chiese ce n‟è anche in America, si consacra e si benedice anche di là del mare. E nessuno vi potrà aiutare meglio dei nostri poveri Morti, che ci hanno conosciuti e hanno patito le nostre pene.65

Inoltre, I contadini in questo tempo vengono visti come più conservativi del paese, si aggrappano fra l‟altro fortemente alla tradizione, così anche a quella dell‟emigrazione; per esempio quando il padre gli dice “Ho sempre pensato che qualcuno di voi sarebbe dovuto emigrare [...]. Il nostro è un paese così, alleviamo dei figli per spedirli, speriamo almeno che il Signore tenga conto della nostra tribolazione.”66 Anche da parte di Gori: “E m‟insegnava a vedere il mio come uno dei tanti casi del nostro paese; non sarei andato via se per noi emigrare non fosse stata una tradizione.”67 Un altro esempio è la tradizione intorno al matrimonio che ci è bene testimoniata; la citazione seguente dimostra allo stesso tempo anche l‟importanza religiosa a questi tempi: “[...] e il vecchio Lopetro e nostro padre avevano anche voluto che andassimo da buoni cristiani a fare la promessa davanti a Don Giuseppe.”68

Siccome eravamo fidanzati [...] alla sera quando andavamo da una casa all‟altra ci accompagnavano Candida o Maria. Maria prendeva sul serio il suo compito di paraninfa [l‟accompagnatrice (d‟obbligo, ai tempi della nostra storia) dei fidanzati al momento delle visite ai parenti]69

Gli aspetti emotivi

Infine, quello che rimane una costante in tutti gli aspetti discussi fino a questo punto, è il rilievo dato agli aspetti emotivi. Riscontriamo questa enfasi soprattutto nei ricordi evocati da Gori sul tempo speso a ed intorno a Cavergno. Evidentemente sono soprattutto i brani che trattano del suo rapporto con Maddalena e con sua famiglia, oppure dei momenti in cui viene menzionata la sua partenza. Un‟illustrazione di ciò che si è affermato finora risulta dal passo nel quale sono arrivati i permessi: “I permessi per noi arrivarono verso la metà di dicembre e

65 Ibidem, p. 110. 66 Ibidem, p. 73. 67 Ibidem, p. 94. 68 Ibidem, p. 167. 69 Ibidem, p. 167-168 (nota aggiunta da Martini).

24 nostra madre quel giorno lo pianse tutto quant‟era lungo senza però mai smettere di fare le sue cose.”70 Più estesi poi sono i passi che riguardano l‟addio fra Maddalena e Gori: “Piangeva e seguitava a dire che stupida, io avrei dato la vita per consolarla, ma non sapevo cosa dirle; io sono di quelli che non trovano mai le parole giuste.”71 E ancora più avanti: “Oh, Gori, io sono tua, e non m‟importa niente del resto. Ma tu hai da partire, lasciami piangere perché devi andar via...”72 Il culmine dell‟enfasi sugli aspetti emotivi viene raggiunto nel momento in cui Maddalena muore qualche mese dopo l‟arrivo di Gori in America.

3.3.1.2. Rappresentazione storica

Come già menzionato, la rappresentazione degli abitanti di Cavergno e dei dintorni sono basati su personaggi reali, come chiarisce Martini nell‟avvertenza del romanzo. L‟impostazione dell‟autore sta nella tentazione di rispecchiare quella realtà contadina all‟inizio del Novecento, scrivendo una sorta di cronaca nei capitoli “dedicati alla cronaca e vita nella Valle ed all‟emigrazione”, come afferma Sebastiano Martelli73. Evidentemente, Plinio Martini si è basato sulla consultazione di archivi, così osserva Martelli che “Anche da altri è stata sottolineata la validità della presenza ed utilizzazione dei referenti storici e socio- antropologici nel romanzo. [...] materiali provenienti dagli archivi della storia e della memoria preparatorii al romanzo.”74 Inoltre, Plinio Martini è sempre vissuto a Cavergno stesso, quindi è evidente che conosceva perfettamente la regione.

Faccio di nuovo riferimento all‟affermazione che ho fatto analizzando i personaggi ne Il fondo del sacco, cioè la rappresentazione dei contadini svizzeri nella regione della Valle Maggia come una microsocietà. Come risulta dalla storia descritta, vediamo a partire dalle prime emigrazioni lo spostamento dei contadini che abitano nelle montagne. Così afferma Bevilacqua che “[...] Dionigi Albera e Paola Corti hanno di recente mostrato quanto la montagna italiana, sia alpina che appennica (analogamente a quella di altri paesi mediterranei) sia stata in realtà il punto di partenza di attività migratorie autonome.”75 In

70 Ibidem, p. 131. 71 Ibidem, p. 120. 72 Ibidem, p. 137. 73 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, p. 140. 74 Ibidem, p. 152, n. 36. 75 Piero Bevilacqua, Società rurale e emigrazione, in AA.VV., L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti. Verso l‟America, Introduzione di S. Lupo, Roma, Donzelli, 2005, pp. 3-20, cit. p.7.

25 questa prospettiva, la regione della Valle Maggia non rappresenta un esempio qualsiasi, ma può essere considerata un prototipo dell‟emigrazione italiana/svizzera italiana in generale.

In conclusione, l‟emigrazione di Gori e dei contadini svizzeri in generale, può essere considerata un evento esemplare per l‟inzio della Grande Emigrazione verso l‟America. Il romanzo rispecchia chiaramente la vita quotidiana dei contadini nella regione della Valle Maggia nel Ticino svizzero. Plinio Martini spiega ai lettori le brutte condizioni di vita all‟inizio del Novecento, enfatizzando la povertà e la disoccupazione che fanno ardere il desiderio degli abitanti di partire. La descrizione del paese d‟origine rappresenta la parte più elaborata de Il fondo del sacco, così viene anche spiegata la situazione economica e politica. Proprio perché Cavergno rappresenta per il protagonista l‟unica cosa davvero riconoscibile, occupa la posizione più importante nel romanzo.

3.3.2. Il viaggio

3.3.2.1. Rappresentazione letteraria

Il viaggio verso l‟America prende una posizione minore ne Il fondo del sacco. Con la parola viaggio intendo il viaggio fisico, quindi la descrizione dell‟attraversamento dell‟oceano che non sembra essere così importante per Plinio Martini. Perciò mi sembra più opportuno fare riferimento al romanzo Vita della Mazzucco. Cercherò però di descrivere i riferimenti sporadici al viaggio ne Il fondo del sacco.

Sul viaggio vero e proprio ne sappiamo poco, mentre Martini ci dà qualche informazione sulla procedura per ottenere l‟ipoteca – cioè il padre mette un‟ipoteca su casa sua tramite di una terza persona per poter pagare il viaggio del figlio – che è però piú elaborata della descrizione della traversata stessa verso l‟America. Attraverso i ricordi di Gori, Martini comunica al lettore tutti i dettagli della formalità: i dati personali del protagonista, ma anche i soldi necessari per emigrare, “[...] un‟ipoteca sulla nostra campagna e sulla bella roba di Besso e di Roseto, legata ora al filo della nostra fortuna.”76 Ovviamente, è compito della famiglia dell‟emigrante prevedere dei soldi per il viaggio. Anche Bevilacqua sottolinea questo procedimento: “Dunque, la società rurale [...] venne investita da questa nuova febbrile attività: le strategie messe in atto dalle famiglie per racimolare il capitale dell‟investimento

76 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 108.

26 ai fini dell‟avventura emigratoria.”77 Così il padre di Gori accende un‟ipoteca su tutto quello che possiede.

Già nel primo capitolo del romanzo viene menzionato il treno che ha portato via Gori dal paese. Una descrizione dettagliata di ciò invece non è fornita dal narratore. Poi, un passo in cui Gori ci dà un resoconto breve della storia emigratoria della gente svizzera, si riferisce sinteticamente alle condizioni sulle navi durante la traversata. “E, dopo, l‟Australia e la California, mesi di mare ammucchiati nelle stive, puzzolenti, pidocchiosi, consunti dalla fame e dalle malattie, e poi imprigionati nelle miniere o nei ranch, o in giro vagabondi per sterminate praterie, senza una donna e un campanile, sperduti, orfani di tutto.”78 Questo però è l‟unico riferimento da parte di Gori al viaggio sull‟oceano. Inoltre, ci dà un‟immagine molto negativa: sottolinea le brutte condizioni sulla nave ed il fatto che la parità di trattamento per quanto riguarda gli emigranti non viene rispettata. Per quanto riguarda le condizioni inumane durante il viaggio, faccio riferimento alla rappresentazione storica di ciò.

Questa immagine però sta in diretta opposizione con la descrizione che la segue direttamente, cioè l‟America come un sogno, come il paradiso in cui si vive come nababbi; lì si trova un‟abbondanza d‟oro, si mangia la bistecca ogni giorno e si ritorna con le tasche piene di dollari; questo è l‟immagine dentro la testa di Gori.

Un ulteriore riferimento al viaggio lo leggiamo in una scritta dal primo emigrato da Cavergno in California. “Il viaggio è di tredici giorni a vapore, il bastimento ne abbisogna quaranta, allora abbiamo preso i secondi posti del vapore e abbiamo pagato molto...”79

Infine, solo nell‟ultimo capitolo del romanzo viene fatto riferimento al giorno in cui sono partiti Gori e suo fratello Antonio. Viene ricordato di nuovo il treno che li porterà via, così come leggiamo nell‟incipit del romanzo. È però l‟unico elemento che rimanda al viaggio; nel resto del capitolo ritroviamo di nuovo l‟enfasi sugli aspetti emotivi: la descrizione dell‟addio degli abitanti del paese, il fidanzamento di Gori e Maddalena. Una possibile spiegazione per lo scarso riferimento al viaggio stesso potrebbe essere l‟affermazione seguente di Gori durante il viaggio sul treno: “A Locarno abbiamo dovuto cambiar treno, ma io non ricordo più, era come se non fossi più io.”80 Trovandosi lontano da sé, è come se visse il viaggio da

77 Piero Bevilacqua, Società rurale e emigrazione, p. 17. 78 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 76. 79 Ibidem, p. 83. 80 Ibidem, p. 169.

27 una distanza, essendo assorto nei suoi pensieri, ovvero il pensiero a Maddalena. Il viaggio rappresenta per Gori un aspetto che lo ha segnato per la vita: è la causa dell‟emigrazione. La nave ha portato il protagonista verso l‟incubo, ossia l‟America. Il viaggio rappresenta quindi un ricordo che tenta di dimenticare.

Il protagonista quindi fa più accenni al viaggio in treno che al viaggio in barca, proprio perché il treno rappresenta per Gori ancora il suo paese, lo riconosce ancora come “casa”. Vede dalla finestra un paesaggio montuoso ancora familiare, vede un paese che conosce, che è il suo. Il treno rappresenta il momento dell‟emigrazione che è ancora possibile di sostenere e che non spaventa, mentre quando si trova al fronte del mare Gori subisce uno shock immenso.

Così anche desrivendo il viaggio di ritorno, l‟enfasi è posto soprattutto sulla vicenda della morte di Maddalena, invece che sul viaggio stesso: “Puoi immaginare con che sentimento arrivai a Genova a sentir parlare la nostra lingua [...] e mentre mi lasciavo abbracciare, uno dopo l‟altro – buona parte li vedevo per la prima volta o non li riconoscevo più – la cercavo ancora con gli occhi, vecchio minchione che ero.”81 Aveva sognato di quel giorno e aveva pensato alle feste etc, però quella che ritrova è soltanto la tristezza. Come già menzionato, ritrova tutto cambiato e adesso neanche Maddalena c‟è.

Il mio sentimento era soltanto un gran rinscrescere, avevo perduto la voglia, e dopo pochi giorni cominciai a dirmi: adesso i vecchi li ho salutati, torno indietro. Almeno in California avrei saputo cosa fare per ammazzare il tempo; almeno là quando avevo pieno il sacco potevo sfogarmi con una libertà che qui non trovavo più [...].82

3.3.2.2. Rappresentazione storica

Questa parte che riguarda il viaggio dell‟emigrato verso l‟America, mi sembra il più problematico da paragonare con la realtà storica vista la scarsità di riferimenti alla traversata nel romanzo. Evidentemente il viaggio in sé contiene diverse tappe: prima, c‟è il treno che trasporta gli emigrati dal paese d‟origine al porto, dove aspettano poi la nave che li porterà in America. Una volta arrivati ad Ellis Island, devono essere accettati dall‟ufficio d‟immigrazione e infine partono per la loro destinazione finale da qualche parte in America. Da un lato, la componente che sembra irrilevante per l‟esperienza del viaggio è il viaggio in treno nel paese; è però questa parte che ritorna il più frequente nel romanzo (dico

81 Ibidem, p. 141. 82 Ibidem, p. 144.

28 frequentamente in proporzione agli altri riferimenti al viaggio). Per il protagonista però, il treno rappresenta l‟unica parte del viaggio ancora riconoscibile e che non spaventa, all‟opposto del viaggio in barca. Dall‟altro lato, la traversata in barca seguita dall‟ammissione in America, mi sembrano i più significativi per l‟emigrante. Sono però proprio queste parti lasciati fuori dalla storia ne Il fondo del sacco. I brani nei manuali storici descrivono la cruda realtà del viaggio oltreoceano, nello stesso modo come Gori l‟ha sperimentato:

Oltre ad essere un‟iniziazione, è anche il primo momento in cui gli italiani si trovano stretti, gomito a gomito, con gente straniera e altri classi sociali. Alcune narrazioni si soffermano sulla negatività del viaggio [...]. Viene rilevata la povertà dei viaggiatori della steerage class, della terza classe. [...] Angelina Real dopo tanti anni non riesce a staccarsi di dosso la sensazione di miseria che l‟ha assalita notando la distanza fra la terza classe [...] e la prima classe felice [...]. Queste descrizioni paiono veridiche e affidabili se le misuriamo con studi accurati sulle disastrose condizioni di passeggeri.83

Anche se vengono sottolineate le condizioni inumane, la Serra fa anche riferimento agli emigranti giovani, che interpretano il viaggio in modo diverso, ossia non si accorgono della miseria sulla nave e ricordano invece l‟aria allegra e la gioia84. Per Gori però, il viaggio rappresenta la causa della sfortuna, la nave che lo ha portato in America e conseguentemente ne è rimasto soltanto un ricordo negativo.

La tappa successiva poi, cioè l‟arrivo ad Ellis Island, “è divenuta un aggregato di umanità variegata, un grumo di emozioni e di speranze. [...] È il simbolo stesso della speranza, dell‟ambizione e anche del dolore rassegnato di chi è rimpatriato.”85 Rappresenta però anche il momento più umiliante da parte degli emigrati. Un‟illustrazione di ciò ritroviamo nella chiara descrizione che ci dà la Serra:

Il grande stanzone delle registrazioni è diviso in corridoi per ordine alfabetico delle nazionalità e dall‟alto ha l‟aspetto di una “ragnatela”. C‟è spazio per i dormitori, per una specie di teatro, per gli uffici d‟immigrazione, compreso quello delle Inchieste Speciali, chiamato, con una curiosa e rara definizione dalla parte dell‟immigrante, “il terrore dell‟immigrante”.86

83 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 265. 84 Ivi. 85 Ibidem, p. 49. 86 Ibidem, p. 48.

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La mostra La merica! Da Genova ad Ellis Island che si è svolta a Genova nel Galata Museo del Mare dal 20 giugno 2008 al 30 settembre 2009 ha sottolineato proprio questa esperienza unica del viaggio degli emigrati e ha tentato di trasferire ai visitatori la sensazione particolare delle condizioni che il viaggio portava con sé. L‟attenzione è stata rivolta al viaggio, dal momento in cui l‟emigrato aspetta d‟imbarcarsi a Genova, inclusi i controlli necessari, seguito dal viaggio sul mare; la veduta della Statua della Libertà è il momento estremo del pathos e della commozione87.

Nell‟immaginario abbellito l‟America è la terra dei sogni, la mitica Isola-che-non-c‟è di ogni cultura; è una terra dove la felicità è possibile, è il regno di Utopia. E il simbolo più evocatore di questa terra impossibile è la Statua della Libertà.88

Arrivati poi ad Ellis Island, iniziano i controlli, le visite mediche, gli emigranti vengono interrogati, ossia il procedimento che li consentono in America oppure li respingono. Una volta ammessi al Nuovo Mondo, una grande parte si reca a New York, “dove la gran parte degli emigranti giunti dall'Europa si fermava alle prese con i problemi concreti del trovare un lavoro, una casa, curare la salute e sbarcare il lunario”89. Le descrizioni inserite da Ilaria Serra e il punto di vista particolare di questa mostra dimostrano chiaramente l‟estrema importanza di questo passaggio ineluttabile. Un‟esperienza dunque che lascia un‟impronta profonda sull‟emigrato e tuttavia un‟esperienza lasciata fuori da Plinio Martini.

In primo luogo dunque, come già accennato, è una scelta precisa del Martini di omettere il viaggio sul mare, tenendo conto dello stato emotivo del protagonista. In secondo luogo poi, rispetto all‟intenzione dell‟autore, Martini cerca soprattutto di rendere in modo chiaro una realtà precisa al lettore, ossia spiega al lettore la realtà dura vissuta dai contadini nelle montagne svizzere all‟inizio Novecento, appunto la situazione che ha spinto gli abitanti all‟emigrazione. Così, Plinio Martini non ha provato a rispecchiare il mondo totale degli emigranti, cioè dalla partenza di Cavergno, fino all‟esperienza dettagliata in America. Invece svela soprattutto la vita contadina e la situazione sociale della regione della Valle Maggia attraverso fra l‟altro la vita interiore di Gori, prima della partenza e dopo il ritorno a Cavergno. Martini critica inoltre l‟emigrazione come la causa principale del svuotarsi del paese; dedica dunque più spazio alla situazione di Svizzera che quella in America. Questa

87 http://www.galatamuseodelmare.it, La Merica! Da Genova ad Ellis Island, ultima verifica: 02-08-2010. 88 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 52. 89 http://www.galatamuseodelmare.it, La Merica! Da Genova ad Ellis Island, ultima verifica: 02-08-2010.

30 intenzione particolare sta in diretta opposizione con la totalità descritta dalla Mazzucco, analizzata nella seconda parte della tesi in cui viene affrontata Vita.

In conclusione, è l‟intenzione particolare del Martini, cioè di dare maggior rilievo agli aspetti emotivi del protagonista che è decisiva per l‟omissione quasi totale del viaggio verso l‟America. Così, il viaggio in treno è enfatizzato di più, dato la riconoscibilità del paese d‟origine per Gori, il che sparisce al momento in cui si imbarca. Ovviamente, i manuali storici non trattano il viaggio in proprio paese, ma descrivono le brutte condizioni sulla nave che subiscono gli emigranti. Giusto perché sembra irrilevante per la storia, mentre per lo stato emotivo di Gori rappresenta una tappa fondamentale.

3.3.3. L‟arrivo in America

3.3.3.1. Rappresentazione letteraria

Per quanto riguarda poi l‟arrivo di Gori in America, la prima volta che il paese viene menzionato, il protagonista ci racconta un evento abbastanza insignificante, cioè paragona il suo lavoro nei night-clubs a San Francisco con il lavoro duro a mano che faceva a Cavergno nel passato. Però ne comincia a parlare solo dopo alcuni capitoli nel romanzo, dunque dopo aver descritto una decina di ricordi del passato a Cavergno, insieme con i suoi sentimenti di dolore e nostalgia, segue una sua esperienza americana. Anche in questo ricordo, anche se in un altro contesto, domina il senso di malinconia “Che miseria, pensavo con nostalgia.”90 In altre parole, la miseria che ha sopportato in America è ancora peggiore di quella di Cavergno, anche se il lavoro sulle montagne era faticoso e durissimo. Un po‟ particolare però è il fatto che Gori rivela poco sull‟America e inoltre sta già parlando dei suoi ultimi anni lì; così il lettore rimane ancora al buio, è lasciato nell‟ignoranza quanto all‟esperienza americana.

Dopo questa prima rivelazione ne seguono delle altre, però il senso di dolore e di malinconia non sparirà mai. Sembra che l‟unica esperienza che ha avuto un‟influenza positiva su Gori, sia l‟incontro con un uomo italiano proveniente dalla Val Camonica. Solo con questo uomo sente una certa affinità: “A star sempre qui pare che l‟Italia sia un altro paese, e invece a girare il

90 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 27.

31 mondo è facile capire che noi e loro siamo del medesimo caldaro.”91 Il passo seguente sintetizza secondo me tutto quello già descritto qui sopra:

Un povero paese come il nostro tu non immagini quanti ricordi lasci nel cuore di chi ha dovuto abbandonarlo. Ti dico che in America il pensiero di casa noi emigrati lo portavamo dentro come una malattia, e a sentirci vicino uno che veniva dalle nostre parti e conosceva i nostri mestieri non era lo stesso che con gli altri. Eravamo tutti ragazzi cresciuti senza mai aver trovato il tempo di giocare, e poi ci avevano balzati là a lavorare dodici ore al giorno per dodici mesi all‟anno, e sarebbe stato poco, non diverso da prima a ogni modo, se non avessimo avuto quel gran rincrescere da tirar dietro. Ci cercavamo, che ci guardassimo negli occhi per farci compagnia.92

Solo dopo qualche aneddoto sull‟America, veniamo a sapere che è stato emigrato in California e che all‟inzio ha trovato lavoro in un ranch. Sarà soltanto verso la fine del romanzo che comincia a parlare di quel posto di lavoro, cioè del ranch degli Sperti, che sono, proprio come Gori, emigrati dalle valli svizzere.

Una caratteristica importante che si nota leggendo le sue esperienze americane, è la visione di Gori che vede l‟America e il proprio paese come due mondi totalmenti diversi e separati. Questa idea ricorre diverse volte nel testo. Benché sia chiaro per il lettore quale mondo preferisce, già dai primi capitoli, il protagonista si mostra ancora dubbioso, un dubbio che comunque svanisce velocemente nei suoi pensieri.

Quale dei due mondi era il più giusto? C‟era un mondo più giusto? Chiudevo gli occhi, pensavo: “Voi non sapete che vengo da Roseto, che sono nato a Corte Nuovo, e mio padre per il battesimo mi ha portato giù e su dentro in una gerla”. Era il mio modo di sentirmi migliore, di far tacere la coscienza; [...]93

Questa visione possiamo anche considerare nel cambiamento di prospettiva del protagonista già discusso. Così, quando si trova in America, capirà che il paese non è la cuccagna come l‟aveva rappresentata nella sua testa. Se l‟America era prima considerata un mondo migliore, ora, la vede come un mondo peggiore e corrotto, inferiore al “suo” mondo. Sottolinea sempre la durezza della sua vita a Cavergno, però allo stesso tempo anche la bontà che vi ritrova.

91 Ibidem, p. 29. 92 Ibidem, p. 30. 93 Ibidem, p. 28.

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Inoltre, per rafforzare la contrapposizione fra i due mondi, Gori parla sempre di un “qui” e un “lì”, ovvero il proprio paese che sta molto vicino a se stesso, mentre quell‟altro mondo lì, cioè l‟America che sta molto lontano, anche se sta proprio parlando delle sue esperienze americane come se ci fosse ancora; sarà sempre un mondo diverso dal suo, in cui non si sentirà mai a proprio agio. Un bell‟esempio è il seguente: mentre nei suoi pensieri si trova in America – racconta il lettore qualcosa di più sulle notizie da casa ricevute in America – usa proprio “qui” per parlare di Cavergno che secondo me prevale in questo contesto preciso: “[...] e da quelle lettere si capiva che il mondo era un pochino cambiato anche qui, la gente cominciava a star meglio anche nella nostra valle.”94

Almeno quelle sere avessi potuto ascoltare una campana! Qui suonavano da stufirci, la giornata da un‟ave all‟altra era comandata dalle campane; là invece, più niente: potevo guardare la stalla, le vacche al pascolo, la collina che non lasciava vedere cosa ci fosse di là. Così pensavo al nostro campanile, con quel suo grosso pendolo che ci batte dentro [...].95

“Allora sì che pensai a Cavergno, le sue case strette insieme a farsi compagnia con le porte aperte, fuori da una porta dentro nell‟altra e trovarti sempre a casa tua, fra gente tua che ti conosce e ti vuole bene, [...]”96, concludendo così che si sentirà sempre estraneo al paese al quale si è emigrato.

In una fase ulteriore nel romanzo però, questa contrapposizione forte sembra indebolirsi da parte di Gori. È come se dubitasse su quale paese gli appartiene: mentre in una prima fase sente la necessità di partire per l‟America, e poi durante il soggiorno lì desidera ritornare, ormai lo troviamo spezzato fra i due luoghi. Ha la sensazione di non appartenere più al suo paese d‟origine, né all‟America: “[...] perché non posso più essere contento né di qua né di là del mare.”97 Ritornato a Cavergno, Gori trova tutto cambiato e lo osserva con occhi diversi, cioè è diventato un paese meno riconoscibile. Si trova in un conflitto continuo con se stesso, uno stato permanente di scissione, che Martelli chiama più precisamente “la crisi della presenza”98. Gori esprime il suo senso di dissociazione con la metafora seguente:

94 Ibidem, p. 31 (sottolineatura mia). 95 Ibidem, p. 43. 96 Ibidem, p. 37. 97 Ibidem, p. 96. 98 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, p. 146.

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Partire, tornare, non essere più né di qua né di là. Ricordavo i salmoni che avevo visti risalire la corrente del Salmoncreek; si dibattevano ostinati nell‟acqua per tornare ai luoghi d‟origine; siccome l‟acqua era bassa i loro dorsi affioravano, e noi li infilavamo con le forche. Io a guardarli avevo pensato a me e a Cavergno [...]. Così, subito dopo la guerra sono venuto, per trovare un paese dove non capita mai niente [...]. Dopo cinque mesi ho ripreso il mare come uno che scappa e non sa più dove rifugiarsi: anche l‟America non mi faceva più voglia.99

Quando è ritornato per sempre in Svizzera afferma:

Ormai ho fatto la mia vita e ho da stare così, né carne né pesce, un minchione con un po‟ di dollari. Anche a me ogni tanto viene la voglia di tornare indietro. Per un emigrante la vita è sempre dall‟altra parte [...]. Ma Emilio si illude se crede che là potrebbe trovare pace; la mia pace è di sapere che in qualunque posto sia, continuerò a pensare a ciò che ho perduto.100

La citazione evidenzia il disprezzo per se stesso poiché non appartiene più ad uno dei due paesi. Ma anche il disprezzo per l‟America si fa sentire in tutte le sue opinioni sul paese; un‟illustrazione di ciò la troviamo quando Gori sta descrivendo Marshall: “Le solite case americane di legno dipinto, e persino la cappella era una baracca di legno. E lo chiamavano paese. Guardai quella roba al chiaro di luna, [...].”101 Dimostra quindi un chiaro disprezzo rispetto all‟aspetto del paese, però anche rispetto agli americani come popolo: “Questo era un paese intero fatto là in fretta, ogni cosa imbastita a grandi punti senza amore. Ecco, l‟America era un paese senza amore. Un paese dove ciascuno viveva per conto suo, e la gente poteva perdere la strada ad andare da una casa all‟altra.”102 Un altro passo in cui si pronuncia chiaramente sulla mentalità americana è il seguente:

L‟America ti fa perdere il gusto di tutto, [...]. E la casa, da non importare che sia in questo o in quel posto, in America una casa vale l‟altra purché sia alla mira del tuo business. [...] E l‟orrore, infine, di essere seppellito all‟americana, con la réclame che allora facevano alla radio per le casse da morto e il modo di metterti via, più paghi e più ti fanno a lusso.103

99 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 95. 100 Ibidem, p. 150. 101 Ibidem, p. 36. 102 Ibidem, p. 37. 103 Ibidem, p. 95.

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Secondo il protagonista l‟America è un paese in decadenza, in cui la gente non tengono alto il morale. Un‟illustrazione di ciò si afferma nel contesto religioso: “Nel ranch di preti non parlavamo se non per riderne, ma intanto gli uomini vi diventavano bestie; la messa dei rancieri, quella poca volta che ci potevano andare, erano le divorziate di Penngrove o i bordelli di Petaluma [...].”104 Un atteggiamento che si contrappone quindi a quello dei contadini svizzeri che dimostrano il loro rispetto verso il Signore in modo esplicito.

La contrapposizione fra due mondi, appena discussa, fra un “qui” e un “lì”, può anche essere considerata in un‟opposizione evidente fra campagna e città. Una volta arrivato in America, è una fatica enorme per Gori adattarsi al nuovo paese, ma anche alla città, poiché ha sempre vissuto come un contadino in un piccolo paese di montagna: “[...] a guardare indietro posso pensarmi in quell‟aria d‟alpe e col concerto dei campani intorno, perché l‟alpe quando è bello è bello davvero.”105

Così Vecoli descrive la difficoltà degli italiani dell‟adattamento in un nuovo ambiente urbano: “[...] la loro [degli emigranti italiani] incapacità di comprendere gli elementi basilari della vita quotidiana in un ambiente urbano industriale li rendeva vulnerabili.”106 Questo shock culturale, causato dall‟opposizione forte fra la città e la campagna, si evidenzia chiaramente nelle opinioni di Gori sul paese, già descritte sopra, che esprimono il suo disprezzo per l‟America. Uno shock che viene rafforzato fra l‟altro da una lingua sconosciuta, come afferma Martelli:

La lingua diviene il macrosegno della impossibilità della comunicazione, della rottura dell‟unità etnico-linguistica, dello strappo dall‟orizzonte conosciuto e proprio della comunità ed insieme del precipitare in un contesto estraneo, senza più referenti, senza più certezze che creano angoscia simile a quella provocata da uno strappo familiare luttuoso.107

Così, trovandosi già quasi da dieci mesi in America, Gori ammette di non saper parlare l‟inglese: “mi tornava la vergogna di essere un novellino e di non sapere l‟americano.”108.

104 Ibidem, p. 110-111. 105 Ibidem, p. 117. 106 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, in AA.VV., L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti. Verso l‟America, pp. 109-143, cit. p. 112. 107 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, p. 145. 108 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 36.

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3.3.3.2. Rappresentazione storica

Questa parte che riguarda l‟arrivo degli emigrati in America, occupa, come il viaggio, anche una posizione minore nel romanzo del Martini. Temi importanti che si presentano soltanto durante il soggiorno americano, non si trovano ne Il fondo del sacco; per esempio la costruzione di una nuova identità che è così importante per un emigrato, è evidentemente legata al processo di assimilazione e di adattamento, cioè ad un nuovo paese, ad una nuova cultura, alle nuove consuetudini. Questa fase è proprio importante se l‟emigrato vuole fare parte di una nuova società: “Quando c‟è integrazione, c‟è anche accettazione e simpatia, che il giornale diffonde, mentre lo stereotipo si attenua.”109

Questi temi come l‟assimilazione riguardano soprattutto l‟emigrante; mentre altri temi importanti ritroviamo solo intorno ad una presenza di un punto di vista americano, il quale come già menzionato non c‟è. Così il lettore non può sapere come l‟emigrante si comporta nella società americana, non si sa in quale misura è stato assimilato e di conseguenza accettato. È inoltre impossibile sapere se l‟emigrante in America corrisponde all‟emigrante descritto nei testi storici, cioè se risponde alle caratteristiche tipiche descritte dal popolo americano. Sono assenti, quindi, gli stereotipi proiettati dagli americani sull‟emigrante. Su questa parte essenziale dell‟emigrazione il lettore rimane al buio. Proprio perché Gori non vive mai davvero il processo di assimilazione e di adattamento, l‟esperienza americana del protagonista occupa una posizione meno rilevante ne Il fondo del sacco.

Un altro elemento importante da cui si può dedurre l‟effetto negativo oppure positivo che porta con sé l‟esperienza americana, sono le lettere scritte dall‟emigrante alla sua famiglia rimasta a casa. Così Ilaria Serra tratta diverse lettere scritte da emigranti italiani in America che rappresentano evidentemente una fonte cruciale per verificare la concordanza con le rappresentazioni letterarie degli emigranti. Accanto alle lettere, la Serra ha anche studiato le autobiografie e le interviste. Leggendo Il fondo del sacco, si può chiedere se storicamente la maggioranza degli emigranti italiani oppure svizzeri abbiano avuto un‟esperienza simile a quella di Gori descritta dal Martini. Dalle fonti disponibili che secondo la Serra sono poche, lei conclude “che l‟America sia ancora, dopo tutto, la terra dei sogni o, per lo meno, una terra dove sognare un futuro migliore è ancora possibile”110. Ilaria Serra afferma inoltre che sono proprio le lettere che lasciano un‟impressione positiva sul lettore che contribuiscono a

109 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 53. 110 Ibidem, p. 167.

36 creare il mito americano. Sono infatti poi queste lettere che daranno la spinta agli italiani rimasti a casa assaliti dalle immagini promettenti della terra dell‟oro piena di speranza e di felicità.

Il mito dell‟America nasce nel tepore, fra i mucchi di fieno o davanti alla stufa, dal vorticoso movimento di mano in mano di uno sgualcito pezzo di carta, dai sospiri e dai sogni di immaginazioni cullate dalle parole stentate di lontani interlocutori.111

Fortunatamente per la mia analisi, almeno una fonte discussa dalla Serra mostra una certa disillusione e tristezza in relazione all‟America. Lo studio delle lettere dalla Serra è basato su ventuno esemplari, concepite da tre scriventi diversi. Diciasette lettere sono dalla mano di Enrico Bortolotti scritte fra il 1919 e il 1933, e qualche esemplare svela delle chiare somiglianze con lo stato emotivo del protagonista ne Il fondo del sacco. L‟opinione che condividono gli scrittori di queste lettere è comunque la speranza di un futuro migliore.112

Ilaria Serra confronta due scrittori opposti, cioè da un lato Giuseppe Piombo, “un ragazzo giovane, sano ed energetico”113 e dall‟altro Enrico Bortolotti “un padre di famiglia, afflitto dai reumatismi e preda degli ospedali”114. Se guardiamo poi al personaggio di Gori, a quanto pare lui si trova in mezzo ai due emigranti descritti da Ilaria Serra; ovvero per quanto riguarda l‟aspetto fisico assomiglia a Piombo, un giovane lavoratore, mentre il suo stato emotivo si avvicina di più a quello di Bortolotti, sopraffatto dai sentimenti di disperazione e di nostalgia. Un dato importante per l‟analisi riguarda il periodo in cui gli italiani sono emigrati, che comprende fra l‟altro gli anni venti durante i quali ha avuto luogo la grande crisi del ‟29 che ha causato la disoccupazione di molti lavoratori, soprattutto emigranti. È logicamente un fattore essenziale per poter sopravvivere, per cercare casa e per finalmente essere felici in un paese straniero, come afferma anche la Serra dove descrive “[...] l‟emigrante preda della difficoltà e degli alti e bassi dell‟economia del paese d‟emigrazione”115.

Confrontando poi Bortolotti con Gori, notiamo molte analogie nel loro ragionamento. Per prima cosa, la ragione principale che li ha spinti verso l‟America è quasi uguale, cioè la povertà nel proprio paese. Però, all‟opposto di Bortolotti, Gori non lascia una famiglia a casa,

111 Ibidem, p. 169. 112 Ibidem, p. 167. 113 Ibidem, p. 171. 114 Ivi. 115 Ibidem, p. 173.

37 non è padre di un figlio, non si è sposato. Mentre Gori, all‟inizio, è convinto di emigrare, nella scelta di Bortolotti prevale il dubbio:

Neppure lui riesce a decidere se sia peggio rimanere in Italia poveri ma con la famiglia oppure emigrare per vivere un po‟ meglio ma restando soli. Da una parte, per Enrico emigrazione è sinonimo di angheria sopportata in solitudine, tormentato dal rimpianto e dal pentimento.116

La seconda parte dell‟affermazione vale però anche per Gori. La somiglianza per eccellenza fra i due sarebbe la mancanza d‟identità del sogno della terra promessa da una parte, e la realtà dall‟altra. Sono quindi le aspettative che deluderanno l‟emigrante al momento dell‟arrivo e che inoltre non scompariranno durante la permanenza in America. Bortolotti e Gori sono legati fra loro dall‟esperienza indubbiamente negativa; nelle parole seguenti della Serra, parlando di Bortolotti, sentiamo la voce di Gori: “Le lettere del signor Enrico [...] si riempiono di racconti di sfortuna a malattia e sono pervase d‟amarezza. L‟emigrazione per Enrico è una condanna che dura vent‟anni. Di sofferenza sono intrise le sue parole e la sua nostalgia di casa è tangibile.”117

Per rafforzare ancora da un lato la durezza della vita in America, adopera la metafora della malattia. Ciò che prevale nelle lettere di Bortolotti è la malattia equiparata all‟emigrazione. “Questa associazione non è rara, perché l‟emigrazione è per sua essenza una condizione di sofferenza, di disorientamento e malessere che ricorda proprio il disagio dell‟infermità.”118 L‟emigrante usa un‟immagine molto forte per dare una voce al suo patire. È però un‟immagine che ritorna anche nell‟opinione di Gori:

Un povero paese come il nostro tu non immagini quanti ricordi lasci nel cuore di chi ha dovuto abbandonarlo. Ti dico che in America il pensiero di casa noi emigrati lo portavamo dentro come una malattia, e a sentirci vicino uno che veniva dalle nostre parti e conosceva i nostri mestieri non era lo stesso che con gli altri.119

Dall‟altro lato, vediamo che Gori usa l‟immagine della malattia anche per parlare della sua patria, cioè di Cavergno. Quindi anche lo squallore del paese lo fa emigrare, accanto alla povertà, i morti, la miseria sociale in generale. Però anche una volta rimpatriato, Gori non è

116 Ibidem, p. 172. 117 Ibidem, p. 176. 118 Ibidem, p. 178. 119 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 30.

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“guarito”; prevale il senso di malinconia che lo coglieva pure in America. La malattia di Bortolotti invece sparisce completamente al momento in cui si riunisce con la sua famiglia:

L‟associazione malattia-lontananza, ritorno-guarigione è dimostrata dal fatto che di frequente l‟emigrante malato torna in patria, perché nel ritorno alle abitudini e all‟aria di casa vede la soluzione. Ma anche perché sente nell‟emigrazione la causa della malattia [...].120

Un altro aspetto poi rivelato dalle lettere di Bortolotti, è l‟America rappresentata come “terra dei ricordi e dei rimpianti”, come afferma la Serra. Come Gori, Bortolotti ricorre sempre ai ricordi della patria e della sua famiglia. Non descrive il nuovo paese in termini positivi avendo sempre nei pensieri il suo paese d‟origine. Da ciò la Serra deduce un riferimento alla morte, perché secondo lei “[...] oltrepassare il mare può significare nell‟immaginazione ed anche in letteratura, andare incontro alla morte.”121 Così anche ne Il fondo del sacco notiamo la presenza della morte nella testa di Gori, anche se metaforicamente: “e intanto che i grilli facevano il loro verso pensavo a casa nostra, ai miei vecchi, a Maddalena: un po‟ come se un morto nella sua cassa potesse ricordare quant‟era bello di fuori a vedere il sole.”122 Ma neanche il Giudice nega la cruda realtà della vita oltreoceano: “a noi sono sempre toccati i misteri dolorosi, la fame, i lunghi viaggi faticosi, le morti solitarie, le madri e le sorelle invecchiate nelle grandi cucine fra i ricordi appesi alle pareti”123; secondo lui questo sarebbe la vera storia, cioè la brutta versione, non quella pulita e bella che viene insegnata nelle scuole. Questa parificazione dell‟emigrazione e della morte è inoltre presente nel romanzo secondo Martelli, cioè nella “macrostruttura genetica antropologica che è quella dell‟emigrazione come contenitore di disgrazie, malattie, lutti, morte.”124, evidenziato più precisamente nelle immagini che si riferiscono alla partenza, come nell‟esempio seguente: “perché a quei tempi uno che andava in America era come fargli il funerale”125. Martelli estende l‟associazione appena descritta fra la morte e l‟emigrante a quelli rimasti a casa; così il critico afferma che “partire è anche far morire gli altri”126, in questo caso sarà soprattutto la

120 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 179. 121 Ibidem, p. 181-182. 122 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 43. 123 Ibidem, p. 78. 124 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, p. 142. 125 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 166. 126 Sebastiano Martelli, Identità condizione ed immaginario: l‟emigrazione ne “Il fondo del sacco” di Plinio Martini, p. 143.

39 madre di Gori. Il culmine di ciò ritroviamo naturalmente nella morte di Maddalena che “gli [Gori] crea angoscia, dolore, uno stato quasi di fissità”127.

In conclusione, si può constatare che anche l‟esperienza americana occupa una posizione minore nel romanzo. Come il viaggio in barca, rappresenta un aspetto della vita di Gori che tenta di dimenticare. Benché sia stata un‟esperienza negativa per il protagonista, ha lasciato un‟impronta decisiva sull‟identità di Gori. Poiché è stato emigrato, si sente sospeso fra i due paesi, non ha più una “casa” alla quale appartiene. Mostra disprezzo per l‟America, ma anche per se stesso e dopo pure per il paese d‟origine. Le lettere di Bortolotti confermano in una certa misura la possibilità degli effetti negativi dell‟emigrazione.

127 Ibidem, p. 144.

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4. Vita di Melania Mazzucco

4.1. Introduzione

Il secondo romanzo analizzato è quello di Melania Mazzucco, intitolato Vita, il quale mi sembra opportuno introdurre brevemente, visto il metodo di lavoro particolare della Mazzucco. Risulta notevole sin dal principio l‟impostazione completamente diversa da quella di Martini: la Mazzucco va in cerca del passato della propria famiglia. Più precisamente, l‟autrice tenta di creare una storia basata soprattutto sulle cronache di diverse emigrazioni. Costruisce poi un romanzo attorno a questi fatti storici, intrecciati con i propri ricordi, percorrendo la propria storia familiare ma allo stesso tempo aggiungendo degli elementi fittizi. Lei stessa non è mai stata emigrante, ma vuole indagare questa realtà vissuta dai suoi parenti. Di conseguenza, la scrittrice nel romanzo assume due ruoli contemporaneamente: da un lato la Mazzucco scrittrice “che inventa” e dall‟altro la Mazzucco ricercatrice, studiosa e storica. Anche Elsa Morante ha sottolineato l‟importanza del ruolo di storico assunto dallo scrittore:

Non si deve dimenticare che il romanziere, per sua natura, non è soltanto un termine sensibile nel rapporto fra l‟uomo e il destino, ma è anche lo studioso e lo storico di questo rapporto sempre diverso.128

Da questo dualismo risulta una miscela tra finzione e fatto, ossia tra letteratura e realtà storica. L‟intenzione della Mazzucco sta nel tentativo di riprodurre questa realtà storica; l‟autrice tenta di approfondire alcuni aspetti della situazione migratoria e poi li mette nel racconto fittizio. Quello che fa è in effetti darci una panoramica degli immigranti in America all‟inizio del Novecento. In questo modo, la presenza del realismo nel romanzo è evidenziata dalla descrizione storica adoperata dalla Mazzucco, perché descrive infatti il percorso migratorio della propria famiglia. Per aumentare ancora di più l‟effetto del realismo all‟interno del romanzo la Mazzucco fa uso, per esempio, del dialetto. La presenza di elementi che facilitano questo realismo è manifesta nei capitoli in cui Melania Mazzucco stessa prende la parola e racconta qualche fatto personale, per esempio sui romanzi che ha scritto, oppure sulla sua famiglia. Sospende la storia dei due protagonisti, cioè Vita e Diamante per poter parlare di se stessa, oppure per inserire dati reperiti dagli archivi, come ad esempio le diverse

128 Elsa Morante, Sul romanzo, in Ead. Pro o contro la bomba atomica, Milano, Adelphi, 1987, pp. 41-73, cit. p.68.

41 tesimonianze. La presenza degli elementi autobiografici e le caratteristiche metanarrative stimolano così il realismo in Vita.

In questo modo, anche Melania potrebbe essere considerata un personaggio del romanzo. Va in cerca del passato vissuto dalla sua famiglia ma intervenendo spesso nella storia come „io narrante‟. Quest‟elemento di metanarratività rubrica il romanzo nell‟area del postmodernismo. Secondo Patricia Waugh questo metodo postmoderno provoca “writing which consistently displays its conventionality, which explicitly and overtly lays bare its condition of artifice, and which thereby explores the problematic relationship between life and fiction.”129 Anche la Mazzucco prova ad integrare la storia nella finzione, il che risulta nell‟inserimento dei fatti personali raccontati da lei stessa.

Vita è inoltre il risultato di generi diversi: “an overt hybridization of novel, essay, autobiography, and chronicle.”130 “She translates the oral tradition of her family into a postmodern epic: in which the focus shifts from her own role as writer and storyteller to the characters about whom she writes.”131 Il romanzo crea così un rapporto fra l‟Italia della Mazzucco e quell‟altra Italia degli emigrati all‟altro lato dell‟oceano, nel senso che la scrittrice descrive la vita oltreoceanica dei parenti partendo della propria vita in Italia, ossia l‟inserimento degli elementi autobiografici. Attraverso la storia dei Mazzucco, dà una storia nazionale all‟Italia in generale, poiché è stata piuttosto omessa nella letteratura italiana. “The novel manages to offer space for the expression of a more general quest for the self while also treating the author‟s relation with the given universe.”132

Il romanzo si presenta dunque come risultato di una duplice intenzione della Mazzucco: da un lato funziona come un mezzo per aiutare suo padre Roberto, a cui è dedicato il romanzo, a ricordarsi la storia familiare e anche i Mazzucco stessi, ma dall‟altro lato la storia vale anche per tutta l‟Italia: “La letteratura, proprio perché porta alla luce ciò che è rimasto nascosto, o ciò che è stato scartato, funziona come una sorta di memoria individuale e sociale.”133 La Mazzucco vuole dare una voce ad un passato rimasto piuttosto marginalizzato nella letteratura: “[...] her family saga turns into an epic tale about all those families who were

129 Patricia Waugh, What is metafiction and why are they saying such awful things about it?, in Ead. Metafiction: The Theory and Practice of Self-Conscious Fiction, London, Methuen, 1984, pp. 1-19, cit. p. 4. 130 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 302. 131 Ibidem, p. 297. 132 Ibidem, p. 299. 133 Gabriella Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, p. 39.

42 separated.”134 Così fornisce al lettore un quadro generale della situazione quotidiana dell‟emigrante italiano in America. Il lettore viene dunque trascinato nella storia, nel viaggio verso la terra promessa: dall‟Italia, all‟oceano, fino all‟America, e in ultimo anche il ritorno in Italia.

Come ne Il fondo del sacco, la storia si sviluppa intorno a due personaggi innamorati, ma, contrariamente al romanzo di Plinio Martini, la Mazzucco inserisce molti elementi ulteriori nel suo romanzo: dalla vita italiana a Tufo, fino ad un dettagliato resoconto della vita americana; mentre Martini riproduce soprattutto la vita contadina a Cavergno. Vita offre piuttosto un panorama delle vite dei personaggi da bambini fino alla vecchiaia, e qualche volta fino alla morte. L‟autrice inserisce inoltre molti aspetti di vita comune intorno agli emigrati, come la guerra, la crisi economica, qualche aspetto della vita criminale, etc.

Tutto sommato, possiamo definire Vita come “finzione fattuale” (“factual fiction”), come affermato dalla Lucamante:

Readers are provided with authentic information but there is a strong sense of belief that only when you tell a story do episodes become true, in defiance of original facts and information. Fiction becomes more real than possible truth.135

4.2. Prima parte: i personaggi

4.2.1. Rappresentazione letteraria

In questa parte, che riguarda la rappresentazione letteraria dei personaggi in Vita, intendo studiare il punto di vista della Mazzucco di fronte ai personaggi nel romanzo, ossia come la scrittrice rappresenta i personaggi. Per prima cosa, è necessario sapere che in realtà i personaggi descritti dalla Mazzucco rappresentano persone che hanno realmente vissuto questa realtà migratoria. La scrittrice ha indagato la genealogia dei Mazzucco e, tramite gli elementi reperiti ha conseguentemente creato una storia fittizia, quella che si concentra intorno ai personaggi di Vita e Diamante. Questa impostazione particolare risulta chiara nei capitoli in cui l‟autrice stessa parla, dichiarando i dati consultati negli archivi storici. Riporta però anche i dubbi incontrati durante la ricerca storica, magari per rendere le sue affermazioni

134 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 315 135 Ibidem, p. 314.

43 più conformi al vero. Così riporta nel romanzo un rapporto del 1909 che descrive Vita e di ciò dice:

È lei? Vita non abitava con la madre. Nella scheda non c‟è traccia di Nicola, né di Diamante né di Geremia. Forse non furono denunciati perché anche loro minorenni non in regola con i permessi di lavoro? Inoltre nel 1909 Vita non aveva dieci anni, ma quindici.136

Tenta dunque di recuperare la storia reale e così vi inserisce anche i suoi dubbi e le contraddizioni rinvenute. È quindi importante sottolineare che il lettore è informato del fatto che la Mazzucco tenta di riscrivere la storia delle sua famiglia, e che in effetti i personaggi, o comunque la maggior parte di essi, sono basati su personaggi esistiti realmente. Il romanzo si svolge intorno ai due protagonisti, Vita e Diamante, che si sono emigrati verso l‟America da Tufo di Minturno. In America, rimangono nella pensione di Agnello, il padre di Vita, dove soggiornano altri emigrati italiani, ad esempio il fratello di Vita, Nicola. Alcuni personaggi hanno un legame di parentela diretta con la Mazzucco, così, il protagonista Diamante è in realtà il nonno della scrittrice. La Mazzucco fa entrare membri di famiglia di diverse generazioni nel racconto: Antonio Mazzucco è il padre di Diamante, Antonio a sua volta è figlio di Federico. Geremia poi, il cugino di Diamante, assume un ruolo abbastanza importante nello svolgimento del racconto descritto dalla scrittrice. Vita comunque è frutto dell‟invenzione di Mazzucco, così afferma la Lucamante: “Not only is Vita a fictional character in the novel, she is also someone imagined and created to be the author‟s great- aunt, a little girl who left Italy at nine.”137 Vita è quindi un personaggio reale, ha fatto la traversata verso l‟America, ma la Mazzucco la inventa come la sua nonna scrivendo il romanzo, così “Mazzucco‟s life in this book becomes inextricable from that of her character Vita; in this literary fiction, Mazzucco is related by blood to Vita [...].”138 La scrittrice inventa quindi una storia amorosa fra due bambini, intorno alla quale si forma il romanzo.

Accanto a ciò, la Mazzucco esprime anche la propria opinione riguardo alla persona dell‟emigrato in generale. Lo fa però nel suo ruolo di ricercatrice, sospendendo la storia dell‟avventura dei bambini in America. Ammette che, in precedenza, anche lei pensava in stereotipi, e aveva nella propria testa un‟immagine stereotipata dell‟emigrato, vista nelle mostre e nei musei, come “dei contadini, le loro mogli tristi, vestite di nero, i loro bambini

136 Melania G. Mazzucco, Vita, Milano, Rizzoli, 2009 (prima ed. 2003), p. 120. 137 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 307. 138 Ivi.

44 tristi, ho negli occhi i loro tristi fagotti, che contengono tutto il loro niente”139. Dopodiché descrive l‟America secondo il valore che il paese assume per gli emigranti italiani, ovvero interpreta il valore generazionale dell‟emigrazione come un rito di iniziazione e di maturazione; in questo contesto l‟America

Era un luogo favoloso e insieme familiare – dove si compiva, con il consenso degli adulti, un rito di passaggio, un rito di iniziazione. Altre generazioni ebbero il servizio militare, la guerra in trincea, le bande partigiane, la contestazione. I ragazzi nati negli ultimi decenni dell‟Ottocento ebbero l‟America. [...] dovevano compiere la traversata – morire – se volevano crescere, se volevano sopravvivere. Risorgere.140

L‟immagine totale dell‟America all‟inizio del Novecento, dunque, viene resa in modo più chiaro e più dettagliato rispetto alla descrizione fornita dal Martini ne Il fondo del sacco. Così, mentre il punto di vista americano è completamente assente in quest‟ultimo, veniamo a sapere l‟opinione americana sugli italiani che la Mazzucco lascia intendere descrivendo la storia di Vita e Diamante. Domina però l‟opinione negativa verso gli italiani, considerati inferiori, sporchi, analfabeti e pigri. Un popolo che si concentra in parti specifiche della città, che non si mostra disponibile all‟assimilazione nella società americana e che per di più non si impegna ad imparare l‟inglese. Mentre Plinio Martini mette di fronte al lettore il disprezzo verso gli americani espresso dai contadini svizzeri, la Mazzucco tratteggia il rapporto italiano- americano in modo più stereotipato. La scrittrice inserisce degli stereotipi per parlare degli emigrati italiani per rispecchiare l‟opinione americana, ovvero la realtà storica. Descrivendo la situazione in America, la Mazzucco, nel suo ruolo di storica, non esprime dunque la propria opinione, ma riproduce esattamente quella americana, conforme alla realtà. Enfatizza l‟opinione negativa da parte degli americani, per esempio attraverso il pensiero dell‟ispettrice americana, un personaggio nel romanzo, che considera gli italiani “primitivi, e sudici come animali”141. La Mazzucco sottolinea inoltre il sudiciume del popolo, e rende chiaro che in realtà lo detesta:

Il pianerottolo era ingombro di rifiuti neri di mosche. Salendo quelle scale abominevoli, in cui rischiava a ogni gradino di rompersi l‟osso del collo, aveva avuto l‟impressione di

139 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 160. 140 Ibidem, p. 161. 141 Ibidem, p. 122.

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essere osservata da un cane. Ma si era accorta con terrore che quel botolo scuro aveva una lunga coda da spago, e benché fosse più grosso di un cane, era un ratto.142

Oppure vediamo il disprezzo del popolo indigeno verso gli immigranti comunicato attraverso la descrizione dei personaggi della famiglia dei Mazzucco che si trovano in America, come nell‟esempio seguente:

Ognuno per sé, è questo che ha imparato in America. Al collegio gli hanno spiegato che gli italiani sono crocifissi alla famiglia come Cristo sul legno della croce, e questo gli impedisce di progredire. Lui vuole progredire e perciò non ha famiglia.143

Anche nel suo ruolo di storica, la scrittrice spiega al lettore il rapporto fra gli americani e gli italiani considerati degli intrusi dalla popolazione indigena. Così la Mazzucco chiarisce per esempio che l‟uso di “italiano” è inteso come insulto, dopodiché fornisce il lettore di un‟enumerazione degli insulti usati dagli americani per indicare un immigrante italiano, esemplificata nella citazione seguente:

[...] e ormai Diamante capisce cosa vuol dire la parola che suona come guappo. È wop, invece, e significa italiano. E italiano è un insulto [...]. L‟altro insulto possibile è dago, e anche dago significa italiano. Se dici dago a qualcuno, lo consideri peggio di un cavallo con la diarrea. [...] Ora gon, anzi goon, significa gorilla. Il gorilla è l‟animale più stupido che ci sia. [...] E poi c‟è la parola più difficile, grinoni, cioè greenhorn [...]. Significa: pivellino, non sei capace di dire una parola in americano. Perciò è qualcosa come deficiente, citrullo, zotico, tamarro.144

L‟immagine stereotipata degli italiani è anche rappresentata nei discorsi degli immigranti stessi, accanto all‟opinione comune del popolo americano. La scrittrice tenta in primo piano di fare uno schizzo reale della situazione migratoria degli italiani. Così, anche le caratteristiche negative che tipizzano gli immigrati, vengono inserite in per esempio i discorsi fra gli italiani. Possiamo notarlo, per esempio, nel personaggio di Diamante, nel momento in cui sta vendendo dei giornali italiani e pensa:

Il fatto è che nella maggior parte dei casi i passanti non sono capaci di leggere. Perché lo spazio in cui la banda è autorizzata a spacciare è la Broadway all‟altezza di Canal, e

142 Ivi. 143 Ibidem, p. 67. 144 Ibidem, p. 70-71.

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laggiù, come Diamante ha cercato invano di spiegare all‟edicolante [...] sono tutti zotici analfabeti. Non solo non leggono l‟“Araldo”, ma non leggono niente.145

Diamante considera anche se stesso inferiore agli americani, anzi li invidia. Pure lui vorrebbe essere capace di leggere i giornali scritti in inglese, vorrebbe proprio fare parte della società americana, opposta agli italiani che appartengono allo strato più basso e sono considerati piuttosto lo sporco della città. Mentre in Italia veniva considerato un ragazzo intelligente che sa leggere e scrivere - piuttosto un‟eccezione visto che neanche Lena e lo zio Agnello sanno leggere - adesso però “anche il primo della classe come lui qui è ridiventato analfabeta”146.

Non l‟avevano avvertito che in questo paese sarebbe tornato piccolo e impotente – come i bambini prima di imparare il nome delle cose, che piangono, gesticolano senza potersi spiegare e urlano senza poter dire di cosa hanno paura o casa li fa soffrire. Ma un giorno Diamante imparerà la lingua dei biondi. Leggerà il “New York Times” e nessuno lo chiamerà più gorilla.147

Una ulteriore differenza con Il fondo del sacco, si rileva nel fatto che la Mazzucco inserisce una chiara opposizione fra due popoli totalmente diversi, e accanto alle differenze culturali, sottolinea anche la diversa classificazione per quanto riguarda l‟aspetto esteriore della gente. Come già accennato sopra, l‟italiano è considerato piuttosto sporco e scuro, mentre l‟americano in generale viene rappresentato ben curato e soprattutto biondo. Come lo stereotipo vuole, è la prima cosa notata dall‟immigrante: i cappelli biondi ai quali non sono abituati. “La dama [cioè l‟ispettrice americana] – bionda, con gli occhialini a spillo e lo sguardo schizzinoso – costituiva una sensazionale novità nella sua giornata.”148

Inoltre, rafforzando così la caratteristica emotiva del romanzo, tutti i personaggi sono segnati a vita: vale a dire hanno tutti sofferto nella vita, hanno conosciuto la sfortuna e la durezza di vivere in America. Lena, per esempio, ha perso due bambini, dopodiché è stata portata via dalla strada, dove lavorava come prostituta, da Agnello. Quest‟ultimo, a sua volta ha perso il suo negozio in America e dopo la propria pensione fallisce. Cichitto muore molto giovane, a causa della tubercolosi. Questi rappresentano solo pochi esempi dai tantissimi descritti in Vita.

145 Ibidem, p. 70. 146 Ibidem, p. 71. 147 Ibidem, p. 117. 148 Ibidem, p. 122.

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In conclusione, per quanto riguarda l‟uso degli stereotipi in Vita, la Mazzucco conferma gli stereotipi usati per descrivere gli italiani. Non lo fa però per trasmettere la propria opinione al lettore, ma inserisce gli stereotipi per ragioni storiche, ossia li inserisce per restare fedele alla storia. Rispecchia l‟opinione comune del popolo americano al tempo delle immigrazioni. Così anche per parlare degli americani, riporta l‟opinione stereotipata degli emigranti italiani.

4.2.2. Rappresentazione storica

La domanda principale che ci possiamo chiedere è: da dove viene l‟inferiorità degli italiani degli occhi americani? Secondo Gian Antonio Stella dobbiamo cercare la causa primaria nel periodo prima della Grande Emigrazione. Così una lunga serie di scrittori ottocenteschi, come Dickens, Sartre, Goethe, e Sade, che hanno determinato il canone letterario, inserirono delle opinioni spregiative sugli italiani ed il loro paese149. Dipingono gli italiani come sporchi, inferiori e puzzolenti, così scrisse per esempio Percy B. Shelley sulle donne italiane: “Forse le più spregevoli fra tutte quelle che si trovano sotto la luna; le più ignoranti, le più disgustose, le più bigotte, le più sporche.”150 Evidentemente, è proprio così che nasce uno stereotipo. Sorge un‟immagine collettiva, la quale ha segnato gli italiani già prima della partenza. La rassegna delle parolacce fornita dalla Mazzucco quindi funziona allo stesso modo delle descrizioni inserite nei saggi storici, come ha fatto Gian Antonio Stella, che fornisce al lettore un dizionario conciso delle parolacce raccolte durante il periodo storico delle emigrazioni. Anche Ilaria Serra151 evidenzia l‟uso problematico degli stereotipi, i quali hanno inizio con la definizione di “straniero” usata per indicare l‟emigrante, il che “è la molla per molti comportamenti e per molte generalizzazioni: da essa si dipartono sia gli stereotipi, sia l‟isolamento in cui gli italiani si rinchiudono nelle loro Little Italies.”152

Un‟altra assocazione che gli italiani devono sopportare, è quella con i negri e con la schiavitù in generale. Così le vignette nei giornali mostravano la “figura dell‟ambulante che batteva metro per metro le città e le campagne importunando la brava gente operosa anglosassone con un organetto, un bambino che chiedeva la carità e una scimmia o un topo ammaestrato.”153 Un‟immagine che fa direttamente pensare ai negri al tempo della schiavitù. Oppure un esempio più esplicito evidenziato nella citazione seguente: “[...] i padroni delle

149 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, RCS Libri S.p.A., 2005, p.70. 150 Ibidem, p.55. 151 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (1890- 1924). 152 Ibidem, p. 199. 153 Gian Antonio Stella e Emilio Franzina, Brutta gente. Il razzismo anti-italiano, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti, pp. 213-241, cit. p. 223.

48 piantagioni di canna da zucchero della Louisiana che chiamavano i siciliani niggers, mise davvero in discussione l‟appartenenza dell‟italiano alla razza bianca.”154 Il razzismo verso gli italiani considerati dei negri, e quindi degli schiavi, lo vediamo ancora più implicitamente esemplificato in Vita, nell‟associazione fra gli americani biondi, e il colore bianco della pelle. “[...] c‟era un ragazzino biondo con la faccia stupida, c‟erano famigliole di biondi che abitavano in camerette pulite [...].”155

L‟altro punto di vista però, cioè quello dell‟emigrante italiano, enfatizza logicamente l‟altro lato della storia emigratoria, e provano ad abbattere lo stereotipo dimostrando la volontà e la perseveranza dell‟emigrante nel processo di integrazione. La voce dell‟emigrante, come la ritroviamo nell‟autobiografia, fa sentire, evidentemente, un punto di vista abbastanza soggettivo e limitato156. L‟autobiografia rappresenta comunque una fonte importante per la contraddizione degli stereotipi concepiti dagli americani. Le quattro autori analizzati dalla Serra mostrano prevalentemente le difficoltà incontrate durante la nuova vita americana e la speranza in un avvenire migliore, in chiaro contrasto dunque con lo stereotipo dell‟italiano sporco e pigro. “La strenua volontà di lottare per migliorare la propria condizione”157 è, per esempio, molto presente nella testimonianza dell‟emigrante Antonio De Piero. Un altro esempio vediamo evidenziato nell‟autobiografia di Pietro Riccobaldi, emigrato da Manarola nel 1925, dalla quale la Serra riporta la sua autodeterminazione:

Scendevo ogni giorno in miniera e andavo anche a lezione di inglese da un prete protestante di origine italiana, non capire ciò che si diceva attorno mi dava un grande fastidio. Studiavo con passione e facevo buoni progressi, cominciavo ad essere abbastanza sereno, lavoravo e guadagnavo.158

In conclusione, confrontando la rappresentazione letteraria con quella storica, vediamo evidenziato l‟uso degli stereotipi nel romanzo, che si erano già stabiliti al periodo prima dell‟emigrazione all‟inzio del Novecento. La Mazzucco riporta quindi l‟opinione negativa del popolo americano verso gli italiani che predominava a quel momento, appunto causata dall‟opinione comune già stabilita prima dell‟emigrazione, in fra l‟altro i romanzi

154 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 42. 155 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 129. 156 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 195. 157 Ibidem, p. 199. 158 Pietro Riccobaldi, Straniero indesiderabile, p. 136, citato a proposito di Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 209.

49 ottocenteschi. Così, le ragioni storiche funzionano come base delle scelte precise della Mazzucco.

4.3. Seconda parte: i temi

4.3.1. Il paese d‟origine

4.3.1.1. Rappresentazione letteraria

Nel prologo, Melania Mazzucco presenta direttamente al lettore il paese italiano, da dove prende inizio la storia. Ci troviamo a Tufo di Minturno, ormai trasformatasi in un paese irriconoscibile per il capitano: tutto è stato bombardato e bruciato. L‟unica cosa che è rimasta è il ricordo; il ricordo di un passato migliore, del quale riconosce ancora ad esempio l‟odore dei limoni: “È questo l‟odore del passato? O quello dei limoni che lei ricorda ancora?”159

Quest‟immagine del paese d‟origine distrutto ritorna ancora una volta nel romanzo, nel momento in cui la Mazzucco fa riferimento alla seconda Guerra Mondiale. Trascina il lettore nelle battaglie per finire poi a Tufo, che viene bombardato. In questo capitolo, fa riferimento alla regione italiana di Lazio in particolare, con specifica attenzione per Tufo di Minturno, che è un paesino reale. Si riferisce inoltre alla famiglia che ci visse un tempo. Viene sottolineata la decadenza, il paese finito in rovina, lo squallore.

Accanto a questi riferimenti nel contesto di guerra, vi sono altri due avvenimenti che hanno luogo in Italia, e che però si svolgono a Roma e non nel paese d‟origine dei protagonisti. Così dopo la distruzione di Tufo, il capitano Dy si trasferisce a Roma per andare a cercare Diamante. In seguito, anche Vita si trova a Roma per la stessa ragione. Però, oltre a questi pochi accenni all‟Italia, la storia si svolge soprattutto in America, dove i due innamorati tentano di iniziare una nuova vita da lungo tempo sognata. Sembra, in questo modo, che il paese d‟origine esista soprattutto nella memoria dei protagonisti.

Evocando il passato, i personaggi fanno molto spesso riferimento ai loro sensi. Ricordano il paese d‟origine soprattutto attraverso l‟odore di alcune cose specifiche, oppure attraverso il rumore, la vista o il suono di qualcosa. Diventando più matura, Vita pensa meno spesso al paese d‟origine. Dopo molti anni, mentre sta guardando un documentario sull‟Italia, ripensa a

159 Ibidem, p. 9.

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Tufo per la prima volta. Per poter ricordarlo, fa anche appello ai suoi sensi e così ricompone frammentariamente l‟immagine di un paese quasi dimenticato.

S‟accorse che ben poco era rimasto – qualche suono frammentario, come il richiamo del tunìvularu [...] – o il crepitio della pioggia sulle tegole di casa, il fischio del treno che sfrecciava nella pianura [...]. Lo zoccolare di un carro sulla via Appia costeggiata da pini, il mormorio degli ulivi nella campagna, frammisto allo scampanio del vespro alla chiesa di San Leonardo. Alcuni volti, quello color fegato della guardia carceraria, quello color sterco del capraio [...]. Qualche odore, l‟incenso della piccola chiesa, un mandarino sbucciato. Un limone appena colto. [...]160

4.3.1.2. Rappresentazione storica

I tre capitoli intitolati ugualmente “I miei luoghi deserti” rispecchiano il paese d‟origine Tufo, ma ogni volta ritroviamo il paese distrutto. Da questi tre capitoli, maggiore importanza è data al prologo. Il secondo capitolo intitolato così, che si trova nella seconda parte del romanzo, descrive dettagliamente lo svolgimento della seconda guerra mondiale e le conseguenze catastrofiche per il paese di Tufo. La Mazzucco quindi si è basata su un fatto storico, cioè la seconda guerra mondiale, per poter parlare metaforicamente della condizione dei personaggi. La scrittrice constata la distruzione, la desolazione e lo squallore del paesaggio, mentre il capitano Dy ritorna per ritrovare qualcosa della propria genealogia e in realtà non trova niente, tranne un paese distrutto. “War, as it always does, has erased every trace of humanity only to leave what Primo Levi once called the “monuments of war”, tanks and broken pieces of cannons.”161

Con la distruzione, scompare anche parzialmente il legame con i suoi parenti e con l‟Italia in generale. Quindi in realtà significa anche la perdita di una parte di se stesso, delle sue origini. Anche se si sente americano – Dy fa parte della seconda generazione di immigrati – ha comunque le radici italiane e quando va in cerca della sua italianità, scopre che non la ritroverà mai.

La perdita di una parte della propria identità annuncia il disgregarsi dell‟identità originaria in senso più generale, soprattutto per quanto riguarda i due protagonisti Vita e Diamante. Vita realizza soltanto alla fine della sua vita che Diamante non sarà mai suo marito, ossia che non

160 Ibidem, p. 415. 161 Stefania Lucamante, The Privilege of Memory Goes to the Women: Melania Mazzucco and the Narrative of the Italian Migration, p. 305.

51 raggiungerà mail il sogno che ha inseguito a partire dal momento che era ancora una bambina. Questa identità originaria “bruciata”, cancellata è evidenziata più chiaramente nel personaggio di Diamante che è sempre in cerca di qualcosa e che non lo troverà mai. Sente la necessità di appartenere ad una società, vuole essere riconosciuto cittadino della nuova società con una propria funzione in questa società, ma si sentirà sempre sospeso fra i due paesi, senza appartenere completamente mai all‟Italia né all‟America. “Diamante disse che aveva bisogno di far parte di qualcosa – di appartenere a qualcosa. Di trovare il suo posto.”162

In conclusione, come già constatato nell‟analisi dei personaggi, la Mazzucco si fonda su un fatto storico per poter parlare dei personaggi. Così anche per quanto riguarda il paese d‟origine, la scrittrice lo descrive nel contesto della guerra mondiale. Più precisamente, inserisce questo evento storico per poter svelare la condizione dei personaggi e rivela così anche l‟evoluzione che la loro identità originaria subisce.

4.3.2. Il viaggio

4.3.2.1. Rappresentazione letteraria

“La prima cosa che gli tocca fare in America è calarsi le brache. Tanto per chiarire.”163 Così la Mazzucco comincia a raccontare la storia di Vita e Diamante. L‟arrivo dei due bambini italiani ad Ellis Island.

Lui nudo, in piedi, desolato e offeso, quelli vestiti, seduti e tracotanti. Lui con le lacrime aggrappate al battito di un ciglio, quelli che soffocano risolini imbarazzati, tossicchiano, e aspettano. La vergogna è inizialmente centuplicata dal fatto che indossa un paio di brache di suo padre, gigantesche, antiquate e logore, talmente brutte che non se le metterebbe neanche un prete.164

L‟immagine mostra chiaramente le grandi emozioni che suscita questa situazione particolare nell‟emigrante; cioè emozioni di vergogna e umiliazione, trovandosi di fronte agli americani superbi e agiati. Appena arrivato in un nuovo paese, sentendosi sperduto, Diamante osserva il mondo ancora con gli occhi di un bambino e in questa prima fase lo giudica categoricamente, cioè “lui” opposto a “quelli”, dei quali desiderebbe far parte un giorno.

162 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 449. 163 Ibidem, p. 15. 164 Ivi.

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Appena dopo la brevissima descrizione dell‟arrivo umiliante di Diamante in America, ci troviamo già nella pensione dello zio Agnello. Nell‟analessi che segue, la Mazzucco tenta ancora di approfondire la descrizione dell‟arrivo dei due bambini ad Ellis Island, in cerca del padre di Vita, che non arriverà. Descrive soprattutto l‟impatto particolare, marcato dalla paura, di essere buttati in questo mondo completamente estraneo. Quindi il viaggio oltreoceano degli emigranti italiani, come ne Il fondo del sacco, occupa anche in Vita una posizione minore. La Mazzucco tenta di trascinare il lettore nell‟avventura angosciata degli emigranti, ma lo fa in modo molto veloce; inoltre il viaggio stesso sulla nave viene omesso completamente. In questo modo ne veniamo a sapere soltanto la durata, cioè dodici giorni di mare165.

Alla fine del romanzo, la Mazzucco ritorna al viaggio iniziale di Vita e Diamante sul Republic. Il lettore però non riceve dettagli sull‟esperienza particolare della traversata, visto che i due bambini scappano dai posti letto assegnati sulla nave nascondendosi in una scialuppa di salvataggio. La mancanza di igiene nel dormitorio viene descritta velocemente: “Dieci ore prive di spazio, di aria, di luce, mentre nel tanfo di piscio vomito sudore latte acido e succo di donna che appesta il dormitorio lo stomaco si rivolta.”166 Centrale nel capitolo, però, è l‟incontro fra Vita e Diamante che mostrano interesse soltanto l‟un per l‟altra.

In generale però, il viaggio rappresenta per la scrittrice una tappa fondamentale dell‟avventura oltreoceanica. Nella sua opinione, l‟atto della traversata sta a significare l‟inizio di una nuova vita altrove. Così afferma: “Il protagonista di molte favole iniziatiche, viaggiando, spingendosi al di là dei confini del mondo noto finisce per trovare un regno preferibile a quello da cui è partito – e per restarvi, cominciando un‟altra vita.”167 Il viaggio assume quindi piuttosto un ruolo simbolico, cioè di trasformazione, come un colpo di spugna, il rifarsi una vita, oppure nel caso di Vita e Diamante, di iniziare propriamente una nuova vita.

La traversata può però anche portare con sé la sfortuna all‟altro lato dell‟oceano. Così trasferisce per esempio delle malattie dall‟Italia come il colera. “In città infuriava il colera. [...] Il vibrione era sbarcato dall‟Italia – con una nave. Da dove altro poteva arrivare? Da

165 Ivi. 166 Ibidem, p. 466. 167 Ibidem, p. 161.

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Napoli, per la precisione. Era un ospite non gradito, clandestino e napoletano.”168 È notevole la connotazione negativa dell‟Italia come portatore del male e della sfortuna in America.

4.3.2.2. Rappresentazione storica

Accanto alla “terrificante traversata”169 di Antonio Mazzucco, il lettore non si può immaginare la realtà orribile sulla nave degli emigranti. È quasi impossibile per i lettori immedesimarsi nei personaggi che fanno la traversata, contrariamente alla possibilità d‟immedesimazione che risulta dalla descrizione dettagliata e profonda delle loro vite americane. Anche ne Il fondo del sacco abbiamo constatato la scarsa attenzione per questa tappa fondamentale dell‟emigrazione. Anche se la Mazzucco vi presta più attenzione, le descrizioni legate al viaggio sono soprattutto inserite per chiarire la situazione ad Ellis Island, quindi per fornire una spiegazione storica.

Visto che questa terrificante traversata non assume una posizione cruciale nel romanzo, mi sembra più opportuno analizzare il significato simbolico del viaggio, legato al porto e alla barca, confermata nella storia letteraria. Così Francesco Benozzo lega il significato di “porto”, fra l‟altro, ad un “luogo di transito”170; così anche gli emigrati considerano il viaggio verso l‟America come una trasformazione della loro miserabile vita italiana in una vita migliore. È il loro sogno comune che sperano di realizzare una volta arrivati nella cosiddetta terra promessa.

Francesco Benozzo ha inoltre anche analizzato l‟uso della „barca‟ come oggetto significativo nella letteratura italiana con le sue funzioni specifiche. La seconda funzione che lo studioso affronta in Oggetti della letteratura ialiana, è quella legata al destino: “Strumento di grandi e piccole esplorazioni, di viaggi in luoghi lontani spesso al di là di confini noti, la barca può farsi spesso anche immagine di un destino [...].”171 Anche gli emigrati cominciano un‟avventura imbarcandosi in Italia e trovandosi di fronte ad un mare immenso, viaggiano verso l‟ignoto. Benozzo collega inoltre la barca all‟amore, così in Vita fare la traversata significa la nascita di un legame amoroso, oppure significa distanziarsi dall‟amore. L‟allontanamento fra i due amanti, nel romanzo, è rappresentato dalla scena in cui Diamante

168 Ibidem, p. 387. 169 Ibidem, p. 101. 170 Francesco Benozzo, Porto, in AA.VV., Luoghi della letteratura italiana, a cura di Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 307-318, cit. p. 309. 171 Francesco Benozzo, Barca, in AA.VV., Oggetti della letteratura italiana, a cura di Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi, Roma, Carocci, 2008, pp. 28-37, cit. p. 29.

54 deve rimpatriare nel momento in cui i due innamorati si sono finalmente ritrovati. La sua partenza significherà la fine del rapporto amoroso fra i due. Infine, anche la terza funzione analizzata dal Benozzo è legata all‟amore, cioè la barca come alcova, ossia la barca come luogo dove nasce un rapporto amoroso: “La barca può trasformarsi in uno spazio segreto di incontri amorosi e galanti.”172 Parla inoltre di “incontro clandestino”173, che vale anche per l‟incontro segreto di Vita e Diamante, dato che sono obbligati a viaggiare separatamente: le donne ed i bambini divisi dagli uomini. È solo nella scialuppa di salvataggio che riescono a stare insieme in segreto.

Tra le altre funzioni trattate dal Benozzo vi è quella della barca come metonimia, evidenziato nelle opere di Verga: “La barca [...] è insieme la metonimia e la caratterizazione etnologica di un gruppo sociale.”174 Così, anche gli italiani che si imbarcano come un gruppo che hanno tutti la nazionalità in comune, vengono considerati una comunità in movimento, un‟“orda”, per usare il termine adoperato da Stella, invece che degli individui.

In conclusione, possiamo constatare che la tappa del viaggio in barca costituisce l‟unica componente alla quale non si trova una base storica, ossia non ci ritroviamo l‟importanza di un evento storico, come abbiamo evidenziato nell‟analisi dei personaggi e del paese d‟origine. Prevale invece la storia amorosa fra Vita e Diamante, nascosti nella scialuppa durante la notte. Legato al motivo dell‟amore, il valore simbolico è messo in rilievo, invece che l‟importanza storica del viaggio sul mare.

4.3.3. L‟arrivo in America

4.3.3.1. Rappresentazione letteraria

La situazione reale degli emigranti in America riportata dalla “storica” Mazzucco

In contrasto con il romanzo del Martini, i temi tipici con i quali l‟emigrante avrà a che fare durante il suo soggiorno americano vengono rappresentati dettagliatamente dalla Mazzucco. Riguardano soprattutto i temi che descrivono le difficoltà sopporte dagli emigranti, cioè l‟adattamento in un nuovo paese caratterizzato da nuove abitudini, nuova cultura, nuova gente; e dopo ciò l‟eventuale integrazione in questa nuova società. Oppure la problematica di

172 Ibidem, p. 30. 173 Ivi. 174 Ibidem, p. 31.

55 una lingua sconosciuta, che rende l‟adattamento ancora più difficile. Temi quindi attraverso i quali il lettore comincia a capire la situazione reale che hanno vissuto gli emigranti. L‟enfasi della Mazzucco è proprio su questo aspetto del romanzo, opposto a Il fondo del sacco, il quale sottolinea soprattutto la situazione sociale nella Svizzera, cioè la povera vita contadina, come già discusso.

In certi capitoli l‟autrice sospende la storia principale di Vita e Diamante provando a rintracciare quello che è stato accaduto alla famiglia dei Mazzucco durante il primo Novecento, cioè nella storia reale. Riporta nel suo romanzo i risultati dalla ricerca storica nel tentativo di riprodurre la propria genealogia. Questi capitoli “storici” giustificano, oppure dovrebbero giustificare, la storicità del romanzo: la Mazzucco ne inserisce dati e nomi precisi, oppure riproduce parte dei documenti appartenenti per esempio all‟archivio di Ellis Island. Riporta così anche una citazione da un articolo dalla “Rivista di Emigrazione” del 1909 che ci dà qualche informazione in più sul personaggio di Vita. Inserisce perfino una recensione sul ristorante che Vita ha aperto a New York. In questo modo la scrittrice tenta di ricostruire la vita della propria famiglia. Come già spiegato, quindi, dopo la ricerca, la Mazzucco riutilizza i dati e li inserisce nella storia fittizia e finalmente ne fa un insieme coerente. Alla base del romanzo ritroviamo i fatti storici reperiti dalla scrittrice, i quali vengono riutilizzati per creare la storia fittizia dei due protagonisti Vita e Diamante. In tutto il romanzo dunque, è presente la la miscelatura fra storia e finzione.

Gli emigranti italiani in America

Nelle sue descrizioni dei personaggi italiani, la Mazzucco riporta chiaramente gli stereotipi legati all‟emigrazione. Così, appena arrivata, Vita si sente finalmente libera; trovarsi in questo nuovo mondo le suscita felicità e gioia, invece che paura e angoscia. Il senso di libertà e di un nuovo inizio basato sulla fortuna dominano i suoi pensieri:

Se n‟era andata in giro, aggrappata alla mano di Diamante, senza fretta, senza meta, guidata solo dalla curiosità e dalla gioia. Tutto era novità, magia e meraviglia. Si era tolta le scarpe [...] e camminava col naso in aria, guardando ammirata e perplessa i palazzi così alti che sembravano fare il solletico alle nuvole. Aveva smesso di piangere da un pezzo, e sorrideva. Un sorriso malizioso, compiaciuto, soddisfatto.175

175 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 35.

56

Insieme a Diamante Vita percepisce l‟America, stereotipicamente, come un sogno, come una meraviglia improvvisa. Questo fascino che tipicamente esercita la città è quello che subiscono inizialmente tutti gli emigrati; cioè ricevono l‟immagine della “terra promessa”, nella quale tutto è ancora possibile, dove non ci sono dei limiti, tutti stanno bene e la sfortuna non esiste. Proprio un paese migliore di quello dal quale sono emigrati. Nelle città all‟altro lato dell‟oceano, si può cominciare una nuova vita, che sarà migliore della povera vita precedente. I due bambini italiani sono affascinati della “bellezza meravigliosa e accattivante”176 e della grandezza americana ancora mai vista. È come se si trovassero in un sogno, dal quale non si vogliono svegliare. L‟America rappresenta la perfezione e la ricchezza, equiparata alla “terra promessa”, nella quale è possibile guadagnare una bella somma di dollari: “La patria lontana li rivedrà quando avranna le tasche piene di dollari.”177 Diamante però, personaggio razionale, tenta di non pensare al futuro, o meglio ancora: un futuro senza di lei in cui dovrebbe lavorare duramente per guadagnare pochissimo.

Il cielo, sopra di loro, era d‟un blu irreale. Si sentì, all‟improvviso, sgravato di un peso intollerabile – vuoto e leggero. Non aveva più preoccupazioni né pensieri né sensi di colpa. Tutto era talmente sorprendente – che ogni cosa sembrava possibile. Era un sogno scombinato e improbabile, ma non voleva svegliarsi. [...] La città – così sudicia e pittoresca nei pressi del porto – era diventata più bella. [...] Ora ai lati della strada c‟erano palazzi con facciate di marmo, e i pedoni portavano bombette e mazzarelli da passeggio di canna di bambù.178

Questi sentimenti si trasformano però rapidamente: la speranza e la meraviglia si intrecciano con la delusione, quando si capisce che l‟America non è fatta soltanto di sogni e benefattori. Così ad esempio quando l‟ambulante italiano gli ruba i pochi soldi portati da casa. Già dall‟inizio Diamante viene messo a confronto con la dura realtà, gli vengono aperti gli occhi immediatamente, e sperimenta già un certo disgusto per la cosiddetta terra promessa, in contrasto con l‟innocenza di Vita “in mezzo ai rifiuti e all‟ingiustizia degli uomini”179. Come ne Il fondo del sacco, in cui Gori è sopraffatto dalle emozioni di nostalgia e di malinconia e si appella così spesso ai suoi sensi, anche Diamante si ricorda immediatamente l‟odore del passato, cioè un odore nostalgico: “Nell‟aria aleggia un odore di legna bruciata e di cenere che gli ricorda l‟inverno a Tufo, e delle volte, anche se è contento, perché l‟America è

176 Ibidem, p. 40. 177 Ibidem, p. 55. 178 Ibidem, p. 37-38. 179 Ibidem, p. 43.

57 meravigliosa e la fortuna l‟ha preso per mano, gli viene da piangere.”180 Però, l‟associazione fra il passato e un odore specifico ha una connotazione maggiormente negativa all‟inizio dell‟avventura americana; così, appena arrivato alla pensione, il protagonista si riferisce all‟odore di casa sua e nota che “Neanche il puzzo che gli mozza il respiro è quello di suo padre. Suo padre puzza di pietra, calce e sudore.”181 All‟inizio dunque troviamo Diamante da solo, angosciato in un posto sconosciuto, il che caratterizza propriamente questa fase dell‟esperienza dell‟emigrante che segue la prima sensazione di libertà e di gioia. Adesso prevale il senso di angoscia, di timore, il desiderio di ritornare al paese d‟origine, il rincrescimento iniziale di essere partito dall‟Italia.

Manca l‟aria. Manca tutto. Il buio aleggia su di lui come una minaccia. Le voci senza corpo risuonano ancora più angoscianti. Un intero mondo sconosciuto gli viene incontro nel cuore della notte, aggredendolo mentre è così indifeso – con i sussurri, le ombre e il buio. La paura diventa sconvolgente quando, mentre lui se ne sta schiacciato contro il muro, appiattito come una coperta, i briganti si mettono a disquisire del pezzo di ragazzo ritrovato nel cantiere della sotterranea.182

Anche nei sentimenti di Vita notiamo il desiderio di ritornare in Italia, ma in modo opposto a Diamante, Vita associa l‟America con la noia, con una vita monotona, così pensa: “Prima di venire a New York, non sapeva cosa fosse la noia. A Tufo, era sempre circondata da parenti, vicini, amici. [...] i giorni passavano in fretta, inavvertiti. Ma qui il tempo si era fermato.”183 Anche ne Il fondo del sacco ricorre il tema della noia, ma Gori fa questa associazione in senso contrario, e concepisce la vita e il lavoro nelle montagne elvetiche come noiosi.

Da un lato è dunque evidenziata l‟estraneità che emana questo nuovo paese; dall‟altro però c‟è anche qualcosa che a Diamante gli sembra familiare e riconoscibile; in un solo passo notiamo già questa chiara opposizione:

[...] in strada c‟è talmente tanta confusione che ancora non è riuscito a capire come si fa ad attraversare senza restare schiacciato. [...] Sui due lati si aprono negozi di ogni tipo – ma tutti con insegne in lingua italiana, sicché a Diamante pare di aver riattraversato la frontiera e di essere tornato indietro. Ci sono mendicanti, venditori di lupini, arrotalame

180 Ibidem, p. 172. 181 Ibidem, p. 17. 182 Ibidem, p. 18-19. 183 Ibidem, p. 124.

58

[...], osterie, covi di giocatori di tressette e di chissà che altro, donne vestite di nero, coi fazzoletti in testa, come in Italia, e poi una fauna esotica a dir poco sconcertante.184

La Mazzucco descrive infatti il fenomeno delle cosiddette Little Italies, cioè le zone nelle città americane in cui gli italiani si raggrupparono e vissero in comuntà. La scrittrice mantiene però la distanza esistente fra la storia reale e la storia che sta inventando scrivendo il romanzo e perciò usa il termine “Little Italy” soltanto nel capitolo in cui sta proprio raccontando la storia ai lettori, quindi uno dei capitoli nel quale assume il ruolo di romanziera, invece che storica, mentre continua a descrivere semplicemente la zona abitata dagli immigranti, senza definirla, nelle parti fittizie del romanzo. Una scelta logica, visto che questa denominazione particolare viene inventata solo in seguito, dagli storici, per descrivere questa realtà storica.

Una caratteristica evidente quindi di queste Little Italies, è il senso di comunità che domina fra gli abitanti italiani di queste zone. Vivono insieme come una grande famiglia parlando la stessa lingua fra loro. “Ma i ragazzi di Prince Street non hanno segreti. Sono uniti come i Paladini contro il mondo intero.”185 Il senso di comunità risulta soprattutto dal fatto che condividono la stessa nazionalità. “Un italiano preferisce non denunciare un altro italiano. A meno che non ci sia di mezzo qualcosa di personale.”186

Descrivendo la vita degli immigranti italiani in America, la Mazzucco tende a sottolineare spesso la durezza di questa vita e le brutte condizioni in cui vivono, piuttosto che l‟allegria e l‟armonia di queste comunità. Mentre ne Il fondo del sacco questo lato buio si concentra soprattutto nel paese d‟origine, in Vita è più presente nella nuova vita americana, cioè una volta che gli immigranti vedono oltre la bellezza della cosiddetta terra promessa. Un fatto universalmente risaputo è, per esempio, che con il lavoro svolto gli immigrati guadagnano pochissimo, ma l‟autrice enfatizza ancora di più la durezza del lavoro e il modo in cui vengono trattati male dal padrone. “[...] Diamante, pietrificato dal gelo com‟è, cade, ma si rialza, e alla fine del turno di lavoro ritorna a casa, come ieri, l‟altro ieri, e tutto l‟inverno.”187

Un‟altra conseguenza legata al fenomeno delle Little Italies, è il problema della lingua, ovvero il fatto che gli immigrati spesso non sono disposti ad imparare la lingua inglese mentre

184 Ibidem, p. 28. 185 Ibidem, p. 84. 186 Ibidem, p. 386. 187 Ibidem, p. 106.

59 continuano a comunicare tra loro usando l‟italiano. Ciò crea evidentemente dei problemi con il popolo americano, che considera questa una resistenza all‟integrazione nella nuova cultura. Per essere completamente integrati, è necessario conoscere la lingua del paese. L‟esempio per eccellenza in Vita viene forse rappresentato dal personaggio di Lena che, pur abitando già da dodici anni in America, non sa parlare l‟inglese, ovvero l‟americano per usare le parole degli immigranti nel romanzo. “In americano sapeva solo dire il prezzo delle sue specialità. L‟inviata tentò invano di intavolare una conversazione, poi, vista l‟insormontabile barriera linguistica, ripose il lapis, raccolse la sua cartella e uscì.”188

Oltre all‟esistenza delle Little Italies a New York, Melania Mazzucco spesso divaga su altri aspetti della vita quotidiana in modo che il lettore possa capire meglio la situazione storica vissuta dagli immigrati, nello stesso modo in cui comprende i personaggi189. La descrizione, però, mette sempre in risalto l‟inferiorità degli italiani. In questo modo ci viene spiegato per esempio il sistema delle strade nella città, che vengono indicate con i numeri. Funziona in questo modo:

Più i numeri crescono, più il quartiere migliora, e chi lo abita ha avuto successo, nella vita. Più i numeri scendono, meno contano – e chi abita nelle strade coi numeri bassi vale zero. Noi stiamo proprio all‟ultimo gradino: abitiamo nelle strade al di sotto dello zero.190

Un altro aspetto molto presente nella vita quotidiana degli emigranti in America nel „900 fu l‟esistenza della criminalità organizzata. La Mazzucco però in merito non fornisce al lettore una propria opinione, ma rispecchia le diverse opinioni esistenti, mentre infatti il popolo americano in generale è convinto del comportamento criminale degli emigrati, fra gli italiani prevale il dubbio: potrebbe essere una leggenda oppure una realtà quotidiana. Da un lato, per esempio, Vita esprime la convinzione dell‟inesistenza della Mano Nera durante gli interrogatori: “Lei sa cos‟è la Mano Nera? – È una leggenda.”191 Oppure “Secondo loro [quelli del giornale italiano l‟“Araldo”] la Mano Nera è un‟invenzione degli americani e una trovata pubblicitaria [...].”192 In generale, su questo aspetto della vita quotidiana non si arriva

188 Ibidem, p. 123. 189 Cfr. La rappresentazione letteraria dei personaggi. 190 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 85. 191 Ibidem, p. 384. 192 Ibidem, p. 75.

60 ad una conclusione univoca: “All‟inizio del Novecento, quando la malavita si chiamava favolosamente Mano Nera [...].”193

Dall‟altro lato la Mazzucco rispecchia la realtà storica della vita criminale. Così dedica un piccolo capitolo al fenomeno della “Mano Nera”, intitolato appunto così. In queste pagine la scrittrice ricopre di nuovo il ruolo di storica: confronta il lettore con dati e fatti circa la criminalità organizzata e evidenzia inoltre di aver consultato gli archivi storici. Fra l‟altro inserisce un elenco dei figli di alcuni emigrati italiani assassinati dalla Mano Nera. Per quanto riguarda il romanzo nel suo complesso, notiamo dall‟inizio alla fine riferimenti alla malavita italiana. La Mazzucco mantiene comunque la distanza fra l‟opinione americana e quella italiana circa la verità. Così anche Geremia ad esempio è convinto che l‟accusa verso gli italiani sia esagerata:

Geremia detestava le storie di briganti – lo irritava profondamente l‟idea che gli italiani sapessero far parlare di sé in questa parte del mondo solo quando si mettevano contro lo stato, la legge e l‟ordine. Cosa che succedeva a uno su cento, mentre degli altri novantanove, fra i quali annoverava se stesso, non si parlava mai.194

Le opposizioni

All‟interno del romanzo è molto presente la sensazione che la vita si svolga a cavallo tra due mondi allo stesso momento, sentimento che sembra essere tipico degli emigranti, dato che anche Gori ne Il fondo del sacco ne è vittima, parlando di due mondi totalmente diversi. In Vita poi constatiamo il senso di alienazione, la percezione di non appartenere a nessuno dei due paesi, ma il senso di fluttuare fra l‟America e l‟italia . Ad esempio, lo ritroviamo nei pensieri di Vita: “Tanto che le sembra di vivere due volte, in due mondi contemporaneamente.”195 In entrambi i romanzi dunque è presente l‟idea di due mondi inconciliabili.

Inoltre, anche l‟opposizione fra la città (americana) e la campagna (italiana), dalla quale i protagonisti provengono, è ricorrente nel romanzo. Certe reazioni o certi pensieri dei personaggi rendono chiaro il fatto che non sono ancora abituati al nuovo ambiente in cui stanno vivendo. “È solo una questione di dimensioni, qui tutto è più grande – il fiume, il

193 Ibidem, p. 389. 194 Ibidem, p. 414. 195 Ibidem, p. 82.

61 porto, le case, perfino le persone.”196 La grandezza di una città, quindi, colpisce l‟immigrato appena arrivato. L‟italiano si scontra con una nuova realtà, abituato come è alla prossimità e alle piccole dimensioni del paese o della campagna.

Un‟altra scena mostra gli immigranti che non hanno dimestichezza con le costruzioni continue in città. “In questa città, tutto sembra in demolizione – o in construzione. Come dopo un‟alluvione, o un terremoto.”197 La realtà urbana è una realtà nuova per gli immigrati italiani che provengono dalla campagna e nel brano citato si percepisce per di più, un‟opinione sottostante piuttosto negativa. L‟idea di una città sempre in costruzione e in continuo cambiamento che non rimane ferma nel tempo, opposta alla campagna, dove la trasformazione è lenta o non avviene.

Il grattacielo poi è considerato il simbolo per eccellenza della città, e in particolare di una città come New York. In questo caso il grattacielo del New York Times assume una funzione simbolica nella scena, in cui i protagonisti bruciano il neonato morto di Lena: “Se li trovano a quest‟ora nell‟edificio più prezioso della città, con la scatola e quel che c‟è dentro, il rinvio alla Children‟s Court è sicuro.”198 Segue poi una scena un po‟ irreale e mitica: i personaggi salgono e si sentono vicino al cielo, che in questa scena può fare le veci del paradiso. Si trovano come in una specie di sogno, opposto all‟inferno della strada. Vi è dunque una chiara opposizione fra lo spazio in basso e quello in alto: “Non vuole più lavorare sottoterra. Vuole lavorare quassù – vicino a Dio e alle nuvole. Adesso sa che in America non puoi soffrire di vertigini, altrimenti resterai sotto i tacchi di tutti. All‟inferno.”199 Questa è in qualche modo una scena con un valore religioso: “[...] la scatola che Rocco tiene alta davanti a sé, come un chierichetto la cassetta delle offerte”200, poiché assume delle connotazioni religiose e spirituali: per esempio i protagonisti cantano in coro, e per di più c‟è la presenza del fuoco che crea un alone di luce: l‟accenderlo è considerato un privilegio, quello di un prete. È come se partecipassero ad una cerimonia segreta: “[...] gli uomini che siederanno qui comanderanno il mondo. [...] Da quassù, la città sembra il ricordo di un sogno [...].”201 Poi però, la sequenza finisce in un incubo e i personaggi sono inseguiti dai cani dei guardani e progressivamente viene meno la dimensione mitica e favolosa, man mano che si avvicina la città che sta in

196 Ibidem, p. 111. 197 Ibidem, p. 86. 198 Ibidem, p. 87. 199 Ibidem, p. 89. 200 Ivi. 201 Ivi.

62 basso: “[...] attraverso la città sempre meno grandiosa, sempre meno illuminata – Trentesima strada, ventesima, decima, zero – fino a casa.”202 Si tratta cioè di un viaggio dall‟alto al basso, dal sopra al sotto oppure, in altre parole, una decadenza; fino al momento in cui si trovano di nuovo nella realtà dura della vita.

In questa città, tutto sembra in demolizione – o in costruzione. Come dopo un‟alluvione, o un terremoto. [...] Tutto cade a pezzi, e tutto è nuovo. Ci sono case centenarie, e case nate ieri e non ancora abitate. In questa città costruiscono tutto – ferrovie, alberghi, banche, chiese.203

Un altro tipo di opposizione presente in Vita sono i racconti di successo, cioè i cosiddetti racconti “from rags to riches”: “Il successo ha lavato la macchia della sua origine, la nodosità callosa delle sue mani, la povertà della sua lingua – bastarda mescolanza di un dialetto che ormai non si parla nemmeno al suo paese e di un americano incompreso dai più.”204 È il racconto di successo di Lazzaro Bongiorno, il titolare di un‟impresa di pompe funebri, opposto alle tante storie di fallimento, come ad esempio quella di Agnello che ha perso tutto: il negozio, la pensione e Lena.

Accanto a questi chiari contrasti, considerando il romanzo nel suo insieme, appaiono spesso altre contrapposizioni. Un esempio lampante di ciò potrebbe essere la felicità eterna, che però alla fine si rivela illusoria, sono Diamante e Vita che ballano a Coney Island, “accompagnati” dal letterale “I feel so happy”205, e che poi vengono separati da Agnello, che li scopre mentre si stanno baciando. Anche fra Diamante e Vita si sviluppa un contrasto, però, dopo molti anni: così da un lato leggiamo che Vita è diventata ricca grazie al successo del suo ristorante, dall‟altro lato invece, c‟è la povertà di Diamante, ritrasferitosi in seguito in Italia. Vita è dunque l‟unico personaggio che è riuscito a realizzare il sogno americano degli emigrati italiani, e si contrappone in questo modo anche alla povertà dell‟Italia in generale: “Con ogni evidenza, Diamante era povero come l‟Italia.”206

Anche uno dei temi determinanti con i quali tutti gli emigrati avranno a che fare durante il soggiorno americano, è legato ai contrasti rappresentati in Vita, ossia l‟integrazione. I due protagonisti mostrano rispettivamente un atteggiamento diverso nei confronti del processo di

202 Ibidem, p. 94. 203 Ibidem, p. 86. 204 Ibidem, p. 169-170. 205 Ibidem, p. 203. 206 Ibidem, p. 273.

63 integrazione. Così, Diamante dimostra la sua volontà di integrarsi, vuole imparare l‟inglese correttamente e diventare un americano: “Moe frequentava una scuola serale per imparare l‟americano. Anche lì gli sarebbe piaciuto seguirlo, ma era una scuola che gli ebrei ricchi avevano aperto per gli ebrei poveri.”207 Anche in questo contesto, del diverso grado di integrazione, notiamo di nuovo un‟opposizione chiara fra Vita e Diamante: quest‟ultimo dimostra di più la perseveranza verso l‟americanizzazione. Alla fine però, sarà Vita che avrà la vita migliore in America, quella che Diamante ha soltanto potuto sognare.

Per quanto riguarda l‟integrazione degli italiani, Diamante è l‟unico personaggio del quale la Mazzucco sottolinea la volontà e la perseveranza. È poi anche l‟unico che non riuscerà nella vita americana, opposto ai personaggi di Vita e Rocco, che diventeranno entrambi ricchi. La tenacia di Diamante è inoltre rispecchiata dal suo nome proprio: “E poi già Diamante non è il suo vero nome, se lo è guadagnato perché è sopravvissuto a tutti i suoi fratelli maggiori. Gli piace – il diamante è la più dura delle pietre. Non la tagli né col coltello né con la dinamite.”208 La perseveranza di Diamante è anche enfatizzata, sui piani diversi della vita; ad esempio nella sua volontà d‟essere indipendente e guadagnare i propri soldi, anche se ciò significa che “Lo pagano un dollaro e ottanta centesimi al giorno.”209 Oppure nel fatto che mentre in America c‟era la crisi e quasi tutti gli italiani rimpatriavano, Diamante “tenne duro. Rimase.”210

Una piccola considerazione rispetto all‟integrazione di Vita e Diamante è forse ancora necessaria per una completa interpretazione: come già accennato, Vita si è integrata, ma non lo sarà mai completamente, avendo i suoi pensieri sempre rivolti a Diamante, ovvero in Italia, dove lui si trova. Così, alla fine, lascia temporaneamente l‟America per andare a cercarlo in Italia.

Un altro tema evidente e perciò molto presente è l‟identità originaria degli emigranti: l‟oscillazione tra la preservazione oppure la perdita di ciò. Certamente, in primo luogo, dipende dalla motivazione e dalla volontà dell‟emigrato di fare parte della società americana, cioè di assimilarsi ad un nuovo ambiente. Notiamo così nel personaggio di Diamante il modello dell‟emigrato italiano che mostra la volontà di assimilarsi, mantenendo la sua originaria identità italiana: “Nelle ultime ore del giorno [...] Diamante tirava fuori dalla tasca

207 Ibidem, p. 179. 208 Ibidem, p. 172. 209 Ibidem, p. 293. 210 Ibidem, p. 305.

64 della giacca il sussidiario di Vita [cioè della lingua inglese] e si accaniva a leggere e rileggere le stesse pagine.”211 Mentre Lena rappresenta piuttosto un nessuno, a nobody: essendo stata presa in casa dallo zio Agnello, perde finalmente la sua identità propria: “Agnello aveva deciso che si chiamava Lena. Era l‟unico che le avesse detto – questa è la tua casa, dove sono io, là è il tuo paese.”212 Lena ha perso la propria identità, anzi è considerata la proprietà privata di Agnello, si è trasformata in un oggetto che appartiene a lui. Diamante vede nel personaggio di Lena il pericolo di perdere l‟identità originaria: “Lena non aveva consistenza, né ricordi. A volte Diamante temeva di diventare come lei, un giorno. Di dimenticare da dove fosse venuto, chi era stato, quale fosse la sua gente.”213 È proprio quello che succederà: non sarà in grado di mantenere la sua identità originaria, anzi, alla fine si troverà sospeso fra due mondi inconciliabili.

Come emerge dagli esempi citati, il tema dell‟identità occupa proprio una posizione determinante nel romanzo. I personaggi in Vita rappresentano i diversi esiti possibili per l‟emigrante arrivato in America; l‟integrazione presocché completa di Vita, la perdita d‟identità di Lena, e infine, tra essi, il caso di Diamante, che assume un‟identità ibrida, ossia adotta né l‟integrazione totale nella nuova società, né la perdita d‟identità originaria.

In questo modo, un giorno, Diamante avverte un senso di estraneità, percepisce di non appartenere né al mondo americano, né a quello italiano, ma di sentirsi sospeso fra i due paesi: “Sembrano [i gabbiani a Roma] sempre fuori posto, o al posto sbagliato, come tanto spesso si è sentito lui.”214 Ha perso i legami con entrambi i paesi e così si sente uno straniero nel proprio paese. Mentre Vita ha potuto costruirsi una nuova vita a New York, Diamante è stato rimandato in Italia, però secondo lui non è stato ritornato proprio a “casa”:

Perché non sono mai potuto ritornare a casa, Vita [...]. Non avevo più un mondo cui tornare – non un paesaggio né un luogo. Nemmeno il ricordo di essi. Solo i loro nomi. Non esisteva più un gruppo di persone che potevano definirsi la mia gente. Non avevo più nulla in comune con i miei parenti.215

L‟estraneità quindi prevale nel romanzo, almeno per quanto riguarda il personaggio di Diamante. Lo dice lui stesso, letteralmente:

211 Ibidem, p. 176. 212 Ibidem, p. 183. 213 Ivi. 214 Ibidem, p. 282. 215 Ivi.

65

Chi ero? Un estraneo. Uno straniero. Ho continuato ad andarmene – e non ho fatto altro che partire di nuovo. Era come se la nave sulla quale mi sono imbarcato non fosse mai arrivata in porto, come se avesse continuato a vagare sull‟oceano, sospesa tra due rive, senza meta e senza ritorno. Ho provato a fare parte di qualcosa [...].216

Come già accennato, entrambi i protagonisti sperimentano la sensazione di essere estranei al mondo americano all‟inizio del romanzo; ma ogni personaggio progredisce in un modo diverso: così Vita si è potuta integrare pienamente nella società americana: “L‟America mi piace, ci sto bene – qui mi apprezzano per quello che sono e non mi chiedono perché a diciott‟anni ancora non mi sposo. In Italia dovrei tornare a tutto quello cui sono scampata.”217; mentre Diamante non si sentirà mai a proprio agio, non cosidererà mai l‟America come parte della propria identità. “Mi hanno accettato, Vita. Ma io ero sempre altrove. Finché non ero più da nessuna parte e se non sono riusciti a uccidermi è stato semplicemente perché ero già morto.”218

Ma il labbro rimane impercettibilmente increspato, come se lui fosse sempre scontento o sul punto di disapprovare qualcosa. Quella cicatrice non l‟appianò nemmeno il tempo: l‟unico segno indelebile dei suoi anni americani.219

Diamante subisce proprio una crisi d‟identità: sente la necessità di tornare a New York, dopo gli anni ai lavori ferroviari in Ohio, dove ha lasciato quello che conosce, al quale potrebbe aggrapparsi. New York rappresenta per lui un punto d‟appoggio, un sostegno. Vuole far parte di qualcosa, desidera avere una propria identità, ma non ha niente come base solida e scoprirà che neanche la città di New York può svolgere questo ruolo. In questo contesto, Diamante funziona come un detective, e l‟America è la sua “quest”: “In America, da qualche parte, c‟era qualcosa – non sapeva cosa, ma voleva trovarlo.”220 È come se cercasse la sua vera identità, che però non troverà mai. Inoltre, non sarà mai in grado di stabilire una propria identità in America poiché il popolo americano non l‟accetta, anzi, provocano la perdita parziale dell‟identità originaria del protagonista. Visto che la popolazione indigena proietta delle immagini stereotipate sull‟emigrato, ma queste e l‟immagine che l‟emigrato ha di se stesso sono in realtà inconciliabili, la popolazione americana causa la perdita di una parte di se stesso, come afferma nel contesto dei coloni l‟analista piscologico Frantz Fanon: “The

216 Ivi. 217 Ibidem, p. 454. 218 Ibidem, p. 282. 219 Ibidem, p. 304. 220 Ibidem, p. 305.

66 colonial subject, caught in the oppressor‟s gaze, is split, distorted, breached and disturbed, unable to reconcile her or his self-image with the images that are projected back by others.”221

Evidentemente la situazione cambia con l‟arrivo delle nuove generazioni. Così notiamo un‟esperienza già totalmente diversa per quanto riguarda gli emigrati di seconda generazione. Il figlio di Vita, Dy, si è arruolato nell‟esercito degli Stati Uniti. Le differenze con la prima generazione, cioè quella di Vita e Diamante sono palesi: prima di tutto Dy ha, per esempio, avuto l‟opportunità di frequentare l‟università e poi, poiché è cresciuto in America, percepisce in modo diverso la dicotomia Italia – America. All‟opposto di Diamante, Dy non vuole essere associato all‟Italia, per lui rappresenta piuttosto un‟identità appartenente ai suoi genitori, mentre lui si sente proprio “americano”, anche se agli occhi degli altri sembra un italiano. “Eppure non c‟è niente di personale, non sono mai stato qui. Sono americano.”222: così pensa mentre si trova in Italia durante la seconda guerra mondiale.

Il paese di cui aveva sempre sentito parlare, di cui conosceva i sapori e i profumi, il paradiso perduto e l‟inferno della memoria di cui aveva visto solo una cartolina in bianco e nero [...]. Un luogo remoto, un nome straniero – che odiava, perché gli ricordava ciò che non era, che desiderava distruggere – per liberarsene definitivamente.223

Dy, come buona parte della seconda generazione, dimostra però ancora un‟identità ibrida: percepito dagli americani come un italiano, lui si sente, oppure vorrebbe sentirsi, americano. Anzi, si vergogna della sua identità originaria esprimendo odio verso il suo paese d‟origine, ma anche verso i suoi genitori e se stesso. Per poter perdere questa identità ibrida, smette di parlare italiano e rinuncia al suo nome di battesimo. L‟italianità viene quindi considerata piuttosto un fastidio che un privilegio dal personaggio di Dy. “[...] e il sentimento della propria indegnità, gli erano rimasti tatuati nella mente – come il marchio della sua diversità.”224

La Mazzucco sottolinea tuttavia una connessione più forte fra i due paesi, in contrapposizione a Il fondo del sacco del Martini. La scrittrice ricostruisce questo ponte fra l‟America e l‟Italia con le lettere che ha ritrovato fra Dy e Roberto, che segnano l‟inizio della loro società d‟affari

221 Simon Malpas, Subjectivity, in Id. The Postmodern, Oxford & New York, Routledge, 2005, pp. 66-73, cit. p. 69. 222 Melania Mazzucco, Vita, p. 237. 223 Ibidem, p. 222. 224 Ivi.

67 basati sull‟esportazione bilaterale. Rappresenta solo uno dei tanti esempi nel romanzo che riguardano l‟economia all‟inizio del Novecento.

Le metafore: la malattia e il sogno

Un‟ultima considerazione per quanto riguarda Vita, è l‟uso della metafora usata per poter parlare dell‟emigrazione. La prima è quella della malattia, la medesima che troviamo ne Il fondo del sacco. In Vita, Diamante considera la sua estraneità e diversità come una malattia, cioè come la causa primaria della non appartenenza alla società americana: “la mia malattia mi ha tenuto lontano [cioè dall‟integrazione in America].”225 Accanto all‟interpretazione metaforica della malattia, è anche possibile concepirla in senso letterale, illustrata dal contagio del colera che arriva con le navi partite dall‟Italia226, oppure dalle malattie che si sviluppano durante la traversata, e che si diffondano rapidamente data la grande quantità di persone che viaggiano insieme: “La nave era piena di malati, perché si parte in gruppo, e quasi sempre si torna in compagnia della polmonite, della tubercolosi, della sifilide.”227

In un altro esempio vediamo poi chiaramente la sovrapposizione del senso metaforico e letterale. Nel momento in cui Diamante si trova nel suo letto, malato di nefrite, si sente contemporaneamente stanco, cioè malato dell‟amore perso e dal quale si deve curare. In realtà quindi soffre di nefrite, ma deve anche essere curato dalla malattia che si chiama Vita. “Viveva isolato, silenzioso come un albero.”228, vivendo in questo modo, tenta di guarirsi della sua “malattia”, il quale rappresenta inoltre l‟evoluzione ulteriore del personaggio di Diamante “[...] aveva cercato di cancellare le sue tracce – con il sistematico occultamento di sé, rifugiandosi in un silenzio che negli anni si era fatto sempre più impenetrabile.”229 La citazione illustra il modo in cui Diamante trascorre gli ultimi anni della sua vita, cioè vive in isolamento, ritiratosi in Italia lontano dall‟America, per poter dimenticare Vita. Perché è proprio lei che rappresenta la causa primaria della malattia di Diamante, anche nel senso letterario.

Benché i medici constatino la nefrite, in realtà questa malattia è un sintomo della malattia causata da Vita, dall‟America in generale, dagli anni persi, dal passato che tenta di dimenticare, dal dolore che ha sopportato durante gli anni americani. A questo punto

225 Ibidem, p. 282. 226 Cfr. La parte che riguarda il viaggio verso l‟America. 227 Melania G. Mazzucco, Vita, p. 416. 228 Ibidem, p. 422. 229 Ibidem, p. 394.

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Diamante non può più andare avanti, deve dimenticare tutto per poter progredire. Nello stesso modo in cui è andato in America per cominciare una nuova vita, adesso deve dimenticare il passato, dimenticare tutto ciò che è successo in America, affinché possa iniziare una nuova vita in Italia. Ma secondo il dottore non guarirà mai, la malattia rimarrà sempre una parte di sé stesso, della sua vita. L‟America è la sua malattia, l‟emigrazione è la causa. Ma ritornare nel paese d‟origine, cioè l‟Italia, non lo guarirà completamente, perché si sentirà sempre sospeso fra queste due vite, non apparterrà mai interamente ad una sola.

[...] si sentiva [...] vuoto. Senza consistenza. Sospeso tra due rive, senza appigli – leggero. Come un truciolo di sughero. Che può finire ovunque, seguendo la corrente e la marea, ma non scegliersi la direzione. Le cose leggere non vanno a fondo. Ma difficilmente approdano.230

In quest‟ottica il sogno dell‟America come la “terra promessa”, il sogno di una vita migliore oltreoceano contiene tutta la malattia dalla quale soffre Diamante.

Infine, dal romanzo emerge anche il fatto che Diamante stesso provoca delle malattie. Dal lavoro che fa come waterboy, Diamante si rivela la causa primaria della diffusione delle malattie. Svolgendo il ruolo di waterboy, il protagonista viene associato con l‟acqua lui stesso, anzi, si sente come l‟acqua, cioè “implasmabile, resistente, all‟occorrenza anche pericoloso, mortale – comunque necessario.”231 È però evidenziato il fatto che anche l‟acqua causa le malattie: “Dall‟acqua erano venute soltanto malattie e invasioni.”232 In questo modo le citazioni rendono possibile di applicare il sillogismo. Così, “l‟acqua provoca delle malattie” rappresenta la premessa maggiore, poi “Diamante è come l‟acqua” costituisce la premessa minore e finalmente la conclusione risulta dal fatto che “Diamante provoca delle malattie”.

Quindi anche il sogno acquista in questo contesto un nuovo significato. Il sogno iniziale dell‟emigrato, di cominciare una nuova vita, acquista un altro senso: Diamante vorrebbe che tutto fosse stato davvero un sogno. La vita americana è stata un incubo invece che un sogno. Anche Vita percepisce l‟esperienza di ogni giorno come un sogno:

Vita sapeva trasformare un‟illusione in una realtà. Questo mondo non le piaceva, quindi ne inventava un altro. A rendere vivibile questo mondo non sono forse le persone che

230 Ibidem, p. 430. 231 Ibidem, p. 300. 232 Ivi.

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cercano di cambiarlo, come credeva di fare lui, ma quelli come lei. Forse è questo che significa, sognare.233

In effetti, la vera malattia di Diamante è il sogno, cioè il sogno che non ha mai potuto realizzare. Già dall‟arrivo in America, sogna di un futuro migliore altrove, di una vita felice insieme con Vita. Rimarrà però per sempre un sogno: ritornerà in Italia da solo. Perché si afferra così forte a questa illusione, la guarigione non arriverà mai. Il sogno di Diamante diventa, finalmente, un‟entità astratta, e rimarrà così per sempre un sogno irraggiungibile. Alla fine, all‟opposto di Diamante, la lezione che ha imparato Vita in America è che “La vita è adesso. Non nel futuro, che potrebbe non venire, non nel passato, che s‟è dissolto.”234 Sotto quest‟aspetto, Vita assume un atteggiamento più razionale, mentre Diamante si nasconde piuttosto dietro le metafore per attenuare in un certo modo la dura realtà dell‟America.

4.3.3.2. Rappresentazione storica

Le molteplici opposizioni inserite nel romanzo da Melania Mazzucco potrebbero anche fornire la base per la descrizione della storia migratoria, visto che anche quella è costituita da molti contrasti. Agli italiani piace leggere ed ascoltare le grandi storie dei propri nonni che hanno realizzato il sogno americano, che hanno compiuto il tragitto “from rags to riches”. Guardano con ammirazione i parenti che hanno avuto successo nella vita, che hanno conosciuto la ricchezza grazie alla traversata oltreoceanica. In realtà però, poca attenzione è prestata all‟altro lato dell‟emigrazione italiana, cioè il lato oscuro che contiene i racconti “brutti” degli italiani, i loro fallimenti nella vita. Così come alla realtà storica degli italiani dipinti come ladri, briganti, assassini e mafiosi, soprattutto nel contesto della criminalità organizzata. Anche questa realtà negativa fa parte della realtà storica, anche se spesso viene omessa, ad esempio dai giornali dell‟epoca. Così Gian Antonio Stella ci dà l‟esempio del 27 ottobre 1927 nel Corriere della Sera, che menzionò l‟affondamento di una flotta mercantile italiana. L‟articolo constatò “poche decine le vittime”, mentre in realtà i morti erano 314235.

Un altro aspetto che fa parte di questo lato rimasto piuttosto nascosto, è la clandestinità, che esisteva accanto all‟emigrazione legale, come afferma Gian Antonio Stella, citando Albert Anastasia, che “[...] i clandestini italiani fatti entrare in pochi anni dalla mafia penetrando

233 Ibidem, p. 322. 234 Ibidem, p. 451. 235 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p.11.

70 gli impenetrabili filtri di Ellis Island erano stati „oltre 60.000‟.”236 Pure alla fine dell‟Ottocento Bernardino Frescura aveva già scritto un saggio sul fenomeno, intitolato “Dell‟emigrazione clandestina italiana”.

Soprattutto dagli anni 1880 lo stereotipo negativo verso gli italiani conquistò terreno. Nelle opere di alcuni scrittori, ad esempio Dickens e P.B. Shelley, che hanno fra l‟altro determinato il canone letterario ottocentesco, domina il ritratto negativo degli italiani e del loro paese. Secondo Vecoli un fenomeno anche del quale i media si rendono colpevoli:

Dagli anni ottanta dell‟Ottocento, gli italiani erano stati rappresentati dalla stampa americana come ignoranti, sporchi, pigri – e criminali assetati di sangue. Nel 1891, fu loro permanentemente affibbiato il marchio infamante della mafia.237

Gli italiani entrarono quindi in America nel momento in cui l‟immagine collettiva su di loro era già stata creata. Percorrendo poi la storia degli italiani in America, possiamo constatare che in parecchi casi questo stereotipo può essere confermato. Il problema è dunque la generalizzazione di tutto ciò. Un fatto che è forse paragonabile alla odierna “questione islamica”. Così, alcuni partiti politici combattono contro l‟immigrazione, mentre secondo altri non si può fare di ogni erba un fascio. Anche se la maggior parte degli italiani arrivati all‟inizio Novecento è venuta con le migliori intenzioni, cioè di integrarsi nella società americana, di far parte della vita quotidiana, di cercare lavoro e di guadagnare soldi, sebbene il problema della lingua spesso rimanesse, gli americani percepiscono la situazione in modo più negativo. Diamante stesso, per esempio, rispecchia questa situazione nel modo più chiaro, mostrando la sua volontà e la perseveranza nel processo di integrazione in America.

Ciononostante, si è portati spesso a generalizzare spinti dalla paura nei confronti di un popolo che a prima vista si rivela pericoloso, e che inoltre sta arrivando in numero crescente. Così afferma John Boswell sulla situazione in Gran Bretagna e in America in un articolo sul Daily Mirror il 27 aprile 1940:

Perfino il più pacifico proprietario del caffè di periferia, rispettoso della legge, ha un sussulto di patriottismo solo a sentir nominare Mussolini... Il nostro paese è costellato di

236 Ibidem, p.179. 237 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 138.

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tante piccole cellule di potenziali spie e traditori. C‟è una tempesta che arriva dal Mediterraneo e noi, con la nostra stupida tolleranza, le spianiamo la strada.238

Boswell sottolinea in quest‟articolo “la fobia della „quinta colonna‟”239: il popolo americano ha paura di un‟invasione del fascismo nel loro paese. Questa paura verso i fascisti rappresenta però una seconda ondata che riguarda l‟opinione comune degli americani nei confronti degli immigrati italiani, dopo quella dell‟associazione degli italiani con i mafiosi. Nel momento in cui gli italiani entrarono in America, cioè alla fine dell‟Ottocento, devono cercare di gestire la situazione particolare degli xenofobi che mostrano la loro avversità verso i nuovi arrivati, soprattutto basata sugli stereotipi (cfr. sopra) come, per esempio, la loro igiene.

Un altro stereotipo molto presente quindi, anche consolidato già dall‟inizio, che ritroviamo pure oggi, è l‟identificazione tra italiani e mafiosi. Benché il pregiudizio non sia del tutto ingiusto, è tuttavia una generalizzazione troppo semplice. Secondo Gian Antonio Stella anche gli immigrati di altre nazionalità facevano parte dell‟ambiente criminale, ma comunque “erano gli italiani a comandare”240. Come anche constatato nel romanzo Vita, il dubbio circa la portata del fenomeno rimane un fatto, anche confermato nel saggio di Salvatore Lupo che tratta la storia della mafia in America. Lo studioso cita Hawkins che afferma che “le cosiddette prove dell‟esistenza della segreta associazione somigliavano troppo a quelle dell‟esistenza di Dio: ci si può credere solo per fede.”241 È importante, quindi, distinguere il livello della storia dall‟opinione italiana, che spesso continua a dubitare l‟esistenza della mafia, come constatato in Vita. Il problema poi sta nel pericolo dello stereotipo stesso, cioè “Ci mettono secoli, i popoli, a farsi un‟idea gli uni degli altri. E spesso se la fanno sbagliata. Tanto che ci vogliono poi decenni e decenni perché i pregiudizi siano messi in dubbio, corretti, rimossi.”242

Vediamo evidenziata la conseguenza di tutto ciò negli esempi seguenti: la prima la troviamo nel 1973, in un‟affermazione che riguarda gli italiani fatta da Richard Nixon, l‟allora presidente degli Stati Uniti: “Il guaio è che non si riesce a trovarne uno che sia onesto.”243, afferma appunto “[...] ciò che gli americani hanno a lungo pensato e ancora sotto sotto

238 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 142. 239 Ivi. 240 Ibidem, p. 211. 241 Hawkins, God and the Mafia, in “Public Interest”, 1969, pp. 24-51, citato a proposito di S. Lupo, Cose nostre: mafia siciliana e mafia americana, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione e gli Stati Uniti, pp. 173-199, cit. p. 179. 242 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 57. 243 Ibidem, p. 194.

72 pensano.”244 Dopo, ancora nel 1996 McCann-Erickson ha analizzato per sei mesi 60 giornali del mondo e constata che “la parola più usata all‟estero in abbinamento all‟Italia non è „amore‟, „pizza‟, „spaghetti‟ o „moda‟, ma ancora e sempre la stessa: „mafia‟.”245 Anche Vecoli conferma quest‟affermazione: “Tuttavia, la fama di grandi criminali definisce tuttora gli italo-americani nell‟immaginario del pubblico.”246

Benché ancora oggi constatiamo queste associazioni nei media, notiamo già una “rinascita etnica” secondo l‟opinione del Vecoli, che “si manifestava nel rinverdirsi di vecchie organizzazioni, quali i Sons of Italy, e nella fondazione di nuove organizzazioni come la National Italian American Foundation (Niaf).”247 Lo studioso sottolinea tuttavia che per raggiungere questa meta, “Ci sono volute diverse generazioni.”248 Anche Anna Maria Martellone ferma l‟attenzione sull‟importanza di queste organizzazioni che sono necessari per reagire al “perdurare dello stereotipo dell‟italiano gangster e mafioso.”249 Inoltre enfatizza gli aspetti positivi degli italiani oggi in America “che hanno raggiunto posizioni di prestigio nel mondo politico, della cultura, degli affari.”250 Perfino il prestigio legato all‟italianità viene quindi sottolineato, un motivo per il quale gli italo-americani non nascondono la loro origine italiana, e invece mostrano il loro orgoglio:

Costoro vanno giustamente fieri delle proprie origini, sia pur remote, e sono ben consapevoli che non c‟è stata soltanto trasmigrazione di “mafiosi”, ma di tanti aspetti positivi, preziosi, della cultura italiana.251

L‟accusa continua verso gli italiani però, può spesso essere controbattuta. Così si rivela la verità dietro l‟accusa di un delitto commesso nel 1890 a New Orleans, e cioè “l‟uso scientifico del delitto, da parte di un gruppo di potere locale, per bloccare la crescita economica della comunità siciliana. E attaccare la „razza‟ italiana.”252 L‟ingiustizia nei confronti degli italiani risulta quindi spesso immeritata.

244 Ivi. 245 Ibidem, p. 195. 246 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 143. 247 Ibidem, p. 140. 248 Ibidem, p. 142. 249 Anna Maria Martellone, Generazioni e identità, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti, pp. 243-256, cit. p. 245. 250 Ivi. 251 Ivi. 252 Gian Antonio Stella, L‟Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 219.

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Se mettiamo questo discorso in relazione con il romanzo della Mazzucco, notiamo che l‟ambiguità del ruolo degli italiani nella storia emigratoria in America, viene rispecchiata chiaramente in Vita: sebbene certi aspetti, come la clandestinità, siano omessi, oppure non siano trattati in modo ampio, i contrasti rimangono frequenti dall‟inizio alla fine del romanzo. Melania Mazzucco inserisce la storia che si forma dagli stereotipi e dai contrasti, ma lo fa su scala ridotta, cioè rispecchia i grandi eventi storici nei singoli personaggi oppure nei rapporti fra loro. In questa prospettiva, la Mazzucco evidenzia inoltre il contrasto che prende forma nel personaggio di Diamante: abbiamo visto che alla fine subisce una crisi d‟identità, un‟evoluzione che è anche stata constatata nella storia emigratoria. Così, Giulio Iacoli parla di un “Terzo Spazio”, ossia “il regno dell‟intersoggettivo dove si costituisce un‟identità ibrida”253. Pure la Serra è convinta di quest‟evoluzione collettiva dell‟emigrante: “Il paesano [...] cessa d‟esistere quando diventa emigrante, perdendo insieme la sua identità unica, per acquistarne una frantumata [...] e divenire di volta in volta “the Italian” per gli americani e “l‟americano” per gli italiani.”254

Come accennato nell‟introduzione a Vita, la Mazzucco ha voluto ricreare una storia migratoria che vale per tutti gli italiani, per dare loro una voce. Così conferma la storia inserendo da un lato i contrasti inerenti al passato migratorio, appena spiegato. L‟autrice inserisce, dall‟altro lato, anche dei dettagli minori che lasciano meno direttamente un‟impronta profonda sulla storia descritta. Sono degli aspetti della vita quotidiana degli emigranti collocati nel romanzo per arricchire e confermare la storia migratoria.

Per concludere, elenco alcuni di questi aspetti quotidiani descritti nel romanzo. Per prima cosa, dopo parecchi anni Vita ha aperto un ristorante, come hanno fatto molti italiani in America. I precursori dei ristoranti, le pizzerie e i bar, erano le grosserie nelle quali gli italiani vendevano frutta, verdura, carne, pesce e pane. Secondo Vecoli, queste imprese dimostrano un effetto importante sul popolo americano, cioè “quello di educare il palato degli americani.”255 Poi, la Mazzucco conferma anche l‟esistenza delle Little Italies nei quali gli immigrati italiani vivono insieme come una comunità e assumono un ruolo autonomo. Secondo Maria Susanna Garroni il pericolo sta nella resistenza degli italiani alla loro assimilazione nella società americana. Da un lato le comunità chiuse mettono gli italiani in

253 Giulio Iacoli, Quali spazi per il migrante?Perec, Delillo, in Id. La percezione narrativa dello spazio. Teorie e rappresentazioni contemporanee, Roma, Carocci, 2008, p. 218. 254 Ilaria Serra, Immagini di un immaginario, p. 199. 255 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 114.

74 isolamento, dall‟altro possono essere un gradino verso l‟assimilazione alla società americana256.

Dentro queste comunità, Vecoli sottolinea l‟importanza della religione, legata alle feste tenute come conservazione della tradizione e del senso di comunità257. Anche la Garroni conferma “la forza dei legami di solidarietà che unirono in certe zone persone provenienti da una stessa area.”258 Poi, anche il problema fondamentale dell‟analfabetismo può essere messo in relazione con le Little Italies, dentro le quali gli italiani continuavano a parlare fra loro la lingua nativa. Dall‟altro lato prendevano coscienza della loro condizione e perciò “la stampa in lingua italiana divenne un‟istituzione sempre più importante nelle Little Italies.”259 Anche Diamante nel romanzo vende dei giornali in lingua italiana, il che stimola il suo desiderio di leggere.

La Garroni afferma poi l‟esistenza dei cosiddetti pathfinders o dei trailblazers, ovvero “coloro che ebbero l‟iniziativa di condurre un flusso migratorio dal luogo di origine a specifiche destinazioni.”260 In questo contesto, lo zio Agnello nel romanzo può rientrare in questa definizione della Garroni. Anche lui svolge un ruolo di intermediario fra l‟America e gli emigranti italiani. Una volta arrivato, l‟emigrato nomina il suo nome per poter entrare e conseguentemente vengono portati alla sua pensione. Inoltre Agnello aiuta, ad esempio Diamante, a trovare lavoro.

Dai numerosi esempi risulta dunque la conferma della storia nel romanzo Vita. Così Melania Mazzucco inserisce da un lato i grandi contrasti che esistono nel fenomeno dell‟emigrazione italiana, per esempio l‟ambiguità nel contesto della malavita italiana, causata fra l‟altro dall‟esistenza degli stereotipi. Dall‟altro lato introduce aspetti della vita quotidiana che rispecchiano la storia emigratoria nel suo insieme.

256 Maria Susanna Garroni, Little Italies, in AA.VV., Verso l‟America. L‟emigrazione italiana e gli Stati Uniti, pp. 145-172, cit. p. 152. 257 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 117. 258 Maria Susanna Garroni, Little Italies, p. 157. 259 Rudolph J. Vecoli, L‟arrivo negli Stati Uniti, p. 119-120. 260 Maria Susanna Garroni, Little Italies, p. 157.

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5. Conclusione: un confronto fra Il fondo del sacco e Vita

In un confronto finale fra Il fondo del sacco e Vita, faccio ancora riferimento alle differenze, ma soprattutto alle analogie fra i due romanzi, come risultano dall‟analisi dei personaggi e a proposito di quanto riguarda dell‟emigrazione. Entrambi gli autori contemporanei hanno affrontato in modo diverso il problema legato alla scarsità dell‟attenzione prestata al soggetto dell‟emigrazione nella letteratura italiana, oppure la letteratura in lingua italiana in merito al Martini. Soprattutto, se prendiamo in considerazione la rappresentazione storica dell‟avvenimento nei romanzi, possiamo ritrovare delle analogie, in particolare fra i protagonisti, nell‟intenzione notevolmente diversa fra le opere analizzate.

La maggiore differenza che colpisce direttamente è quindi l‟intenzione degli scrittori, che distingue chiaramente i due romanzi. Mentre Martini vuole fornire al lettore soprattutto una specie di resoconto nel quale rispecchia il mondo contadino nelle montagne svizzere all‟inizio del Novecento, la Mazzucco tende ad un progetto più ambizioso, cioè il rispecchiamento dell‟avventura emigratoria dall‟Italia, fino alla vita americana, e inserisce perfino il ritorno in Italia. Così l‟enfasi si sposta dal paese d‟origine degli emigranti ne Il fondo del sacco, all‟America in Vita. Benché la Mazzucco descriva la vita totale dell‟emigrante italiano, tratta soprattutto l‟arrivo degli italiani in America. Rispecchia l‟esperienza americana in modo abbastanza dettagliato, confermando così una gran parte della storia reale. Lo scopo primario della scrittrice è rintracciare la storia migratoria della propria famiglia.

Plinio Martini invece svela al lettore piuttosto le brutte condizioni di vita dei contadini che li hanno spinti verso l‟emigrazione. Più precisamente, Martini critica questa situazione sociale, ma inserisce anche uno “strato” che dà rilievo agli aspetti emotivi del protagonista. Poiché Gori non si è mai integrato completamente, il soggiorno americano è stato per lui una brutta esperienza. In questo modo, Martini sottolinea soprattutto la vita quotidiana a Cavergno, lasciando fuori il viaggio in barca e anche la maggior parte dell‟esperienza americana, perché rappresentano degli aspetti della vita che Gori vuole cancellare dalla memoria. Considerato il romanzo nel suo intero, Plinio Martini conferma la storia degli emigranti ma ne approfondisce soltanto una tappa, cioè l‟esperienza del futuro emigrante nel paese d‟origine.

Tra le differenze evidenti fra i due romanzi constatate nell‟analisi, possiamo riscontrare pure delle affinità fra Il fondo del sacco e Vita. Così, Martini racconta la storia dell‟emigrazione di un solo personaggio, Gori, per rispecchiare una realtà più ampia, ossia la realtà di una società

76 che vive nelle montagne svizzere. Questo metodo di lavoro vale però anche per la Mazzucco, che crea, all‟opposto del Martini, la storia di un‟intera famiglia. In realtà, la storia dei Mazzucco è estesa alla nazione italiana. La scrittrice rispecchia così in modo esteso la realtà vissuta da molti emigranti italiani all‟inzio del Novecento. Entrambi gli autori, dunque, creano una storia individuale che vale per un‟intera società. Da questo punto di vista, ci troviamo di nuovo nell‟ambito postmoderno, soprattutto per quanto riguarda la teoria lyotardiana dell‟evoluzione della Grande Narrazione alle cosiddette “storie piccole”.

La Mazzucco ad esempio, creando una “storia piccola” intorno alla propria famiglia, rispecchia in modo particolare la storia reale: conferma le opposizioni che caratterizzano la storia emigratoria. In Vita, la scrittrice inserisce dei chiari contrasti fra i personaggi e anche nella vita quotidiana degli emigranti. I contrasti della storia reale consistono ad esempio nell‟esistenza degli stereotipi sull‟emigrato italiano e la negazione di ciò, oppure l‟incompatibilità dell‟opinione italiana con quella americana rispetto alla mafia, o l‟ambiguità sul ruolo dell‟italiano in generale. Sono dei contrasti, quindi, che segnano un lungo periodo di emigrazione verso l‟America, e che vengono poi confermati nella “storia piccola” creata dalla Mazzucco. In questo modo, la Mazzucco crea una totalità, ossia crea la realtà vissuta da tutti gli emigranti italiani e ricostruisce anche, legato agli emigranti stessi, le opposizioni che segnano la storia migratoria in generale.

Accanto ad una somiglianza nel metodo di lavoro fra i due romanzi, è anche possibile constatare un‟analogia prevalente fra i protagonisti. Le identità di Gori e Diamante subiscono entrambi un‟evoluzione tipica come dura conseguenza dell‟emigrazione in America. Legato al contesto postmoderno, i due protagonisti devono riconoscere, alla fine della loro esperienza emigratoria, che alla fin fine non è possibile trovare le risposte finali. In quest‟ottica, Gori e Diamante realizzano che non faranno mai parte di qualcosa, cioè non si sentiranno mai propriamente a “casa”, né in Italia o in Svizzera, né in America. Dopo l‟emigrazione, sono rimasti senza propria identità italiana/svizzera o americana. Il pensiero di Gori sintetizza la conseguenza dura dei due protagonisti: alla fine entrambi risultano come personaggi che sono “né carne né pesce”261; vuol dire che hanno perso la propria identità, a causa dell‟emigrazione.

261 Plinio Martini, Il fondo del sacco, p. 150.

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Entrambi i protagonisti, dunque, rappresentano l‟individuo, che è, evidentemente, diverso ogni volta e che segue un percorso specifico nella vita. Così, rispecchiano le “storie piccole” che rispettivamente rappresentano il molteplice, attraverso le analogie. Nella diversita e nella molteplicità della realtà ritroviamo l‟uguaglianza, o in altre parole, ritroviamo ciò che è simile tra le cose diverse. In questo modo, le storie individuali di Diamante e Gori valgono per tutta l‟Italia. Sono però delle storie delle quali non è possibile trovare una verità finale, ma soltanto delle verità diverse. Da ciò risulta lo stesso destino, cioè la finale perdita d‟identità dei protagonisti. Gli individui rappresentano quindi le verità molteplici, ma tra loro analoghe.

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6. Bibliografia

6.1. Fonti primarie

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