ACCADEMIA PUGLIESE DELLE SCIENZE

ATTI E RELAZIONI

VOL. LV ANNI 2017- 2020

CLASSE DI SCIENZE FISICHE MEDICHE E NATURALI

CLASSE DI SCIENZE MORALI

3

4

PREMESSA

Il volume LV della Collana degli “Atti e Relazioni” dell’Accademia Pugliese delle Scienze raccoglie le Relazioni annuali del Presidente, le Prolusioni delle Adunanze Solenni di inaugurazione degli Anni Accademici nel quadriennio 2017- 2020 nonché il contributo di una studiosa di antichistica nella sezione “Studi e Ricerche”. Le Relazioni annuali danno conto dettagliatamente dell’attività culturale svolta, mostrano la evoluzione e la avvenuta stabilizzazione dei problemi di natura economica, documentano il consolidato respiro macroregionale dell’attività della Accademia sia attraverso la composizione del Consiglio Direttivo, in cui figurano autorevoli Soci provenienti dalle Università pugliesi e lucana, che danno continuità alla decisione di tenere l’inaugurazione dei propri Anni Accademici consecutivamente presso le Università di Puglia, Basilicata e Molise.

5

6

ANNO ACCADEMICO 2017

7

8

Inaugurazione dell’Anno Accademico 2017

PROGRAMMA

16,30 Saluto di Benvenuto ai nuovi Soci Accademici e consegna dei Diplomi

16,45 Saluti delle Autorità

17,15 Relazione programmatica 2017 del Presidente Prof. Eugenio Scandale

17,30 Prolusione del Socio Prof. Giovanni Cipriani Homo Homini Morbus “Lettera di morte: la valenza magica-coercitiva della scrittura in Roma antica”

18,00 Letture sceniche a cura di Luigi Bevilacqua “ Piccola Compagnia Impertinente” accompagnate dal pianista Vincenzo Galassi

18,20 Prof.ssa Giovanna Elisiano Carpagnano “Contagiare senza umanità: le insidie della TBC”

Sala “FEDORA” TEATRO “UMBERTO GIORDANO” Piazza Cesare Battisti, Foggia 13 dicembre 2016

9

Relazione programmatica del Presidente Prof. Eugenio Scandale

Illustri Accademici, Magnifici Rettori e loro Delegati, Autorità, Cari Colleghi, Gentili Ospiti

Benvenuti all'Adunanza Solenne dell’Accademia Pugliese delle Scienze con la quale si apre l'Anno Accademico 2017. La Cerimonia odierna è stata organizzata congiuntamente dall’Accademia e dall’Università degli Studi di Foggia con l’adesione del Politecnico di Bari, delle altre Università degli Studi pugliesi e di quelle della Basilicata e del Molise. Siamo molto grati al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Foggia, Prof. Maurizio Ricci, per aver voluto condividere con noi questo momento importante della vita dell’Accademia. Siamo altresì grati al Sindaco della Città di Foggia, Dott. Franco Landella, e all’Assessora alla Cultura, Sig.ra Anna Paola Giuliani, per averci accolto nella loro Città offrendoci la possibilità di celebrare l’Adunanza in questa prestigiosa sede, la splendida Sala Fedora del Teatro Umberto Giordano. La Celebrazione di oggi assume particolare importanza per due motivi: il primo istituzionale, legato alla storia dell’Accademia, il secondo personale. In tema con la storia dell'Accademia, fondata nel 1925 come l’Università di Bari, faccio rilevare che per la prima volta l’inaugurazione dell’Anno Accademico non viene celebrata nella città di Bari, ove tradizionalmente era ospitata dall’Università degli Studi. Lo scorso anno l’Adunanza ebbe luogo nell’Aula Magna “Attilio Alto” del Politecnico di Bari e rappresentò una prima discontinuità, un piccolo passo cui fa seguito la Cerimonia odierna che rappresenta un ben più significativo e inequivoco segnale dell’attenzione che l’Accademia intende prestare a ciascuna delle quattro Università regionali per poter svolgere al meglio il proprio compito statutario che consiste nel contribuire ad incrementare e diffondere le Scienze fisiche e morali in Puglia. Da loro canto le Università pubbliche pugliesi, divenute nel tempo sempre più partecipi della nostra attività accademica, condividono questo disegno e sono concordi nel considerare l’Accademia Pugliese delle Scienzepatrimonio comune, al punto da aver deciso, per la prima volta nel 2016, di contribuire pro quota al suo sostegno economico. 10

Ciò è molto significativo particolarmente in questa fase della vita delle Università meridionali, sempre alle prese con difficili equilibri di bilancio. Il secondo motivo che rende speciale questa cerimonia è personale, poiché nello scorso ottobre, con voto unanime, sono stato riconfermato alla Presidenza dell’Accademia Pugliese delle Scienze per il triennio 2017-2019. Desidero esprimere un sentito ringraziamento ai Soci per questo importante riconoscimento che mi onora e che è per me motivo di orgoglio, ma anche vincolo morale a proseguire nell’impegno che nel triennio passato ho messo nell’adempiere al mio compito. Impegno sempre sostenuto da tutti i componenti del Consiglio Direttivo, che qui ringrazio per la solidale amicizia manifestatami in ogni circostanza, unitamente a tutti i Soci Accademici, da sempre generosi nel condividere la loro identità di sapere e saggezza, fondata sulle scienze e sulla cultura. Sicuramente il nuovo Consiglio non vorrà farmi mancare analogo supporto auspicando che il lavoro di squadra renda possibile accrescere la rilevanza dell’Accademia come Ente radicato nella Regione Puglia per la promozione dell’incivilimento e del bene comune.

Nuovi Soci

Durante il 2016 sono stati accolti i seguenti nuovi Soci e precisamente: Soci Onorari

Prof. Gianmaria PALMIERI Rettore della Università del Molise

Prof.ssa Aurelia SOLE Rettrice della Università della Basilicata

Classe Scienze Fisiche Mediche Naturali Soci Ordinari

Prof. Massimo INGUSCIO Ordinario di Fisica della Materia Università di Firenze

Prof. Francesco SDAO Ordinario di Geologia Applicata Università della Basilicata

Prof. Giuseppe VISAGGIO Ordinario di Ingegneria del Software Università di Bari

11

Soci Corrispondenti

Prof. Riccardo AMIRANTE Associato di Macchine Elettriche Politecnico di Bari

Prof. Vieri BENCI Ordinario di Analisi Matematica, Università di Pisa

Dott. Giuseppe CASCELLA Presidente Commissione Culture Comune di Bari

Dott.ssa Maria Lisa CLODOVEO Docente di Scienze e Tecnologie Alimentari Università di Bari

Prof. Piero DE GIACOMO già Docente di Neurologia Università di Bari

Prof.ssa Laura DELL’ERBA già Docente di Endocrinologia Università di Bari

Prof. Giuseppe Mauro FERRO Dottore Agronomo - Lecce

Prof. Pietro IZZO già Docente di Semiotica Medica Università di Bari

Dott. Renato MORISCO Tecnico Gastronomo Bari

Prof. Marco PESOLA Dirigente Scolastico Bari

Prof.ssa Franca TOMMASI Ordinario di Biologia Università di Bari

Prof.ssa Giuseppina UVA Associato di Tecniche delle Costruzioni, Politecnico di Bari

Dott. Michele VIRGILIO Medico Nefrologo Ospedaliero, Bari

12

Classe Scienze Morali Soci Ordinari

Prof.ssa M. Raffaella CASSANO già Ordinario di Archeologia Università di Bari

Prof. Saverio RUSSO Ordinario di Storia Moderna Università di Foggia

Prof. Mario SPAGNOLETTI già Docente di Storia Contemporanea Università di Bari

Soci Corrispondenti

Dott. Giancarlo FIUME Giornalista Redazione Regionale, Rai Bari

Prof. Francesco GIULIANI già Docente di Lettere Classiche San Severo (FG)

Prof. Giuseppe PATRUNO Ordinario di Economia Politica Università di Bari

Dott. Roberto SAVIANO Giornalista e Scrittore, Napoli

Prof. Antonio TROISI già Ordinario di Scienze delle Finanze Università di Foggia

Ai nuovi Soci va il nostro collegiale ed amichevole benvenuto con l’augurio e l’auspicio che con la loro eminente operosità scientifica contribuiscano al progresso civile e al benessere comune del territorio. A tutti i Soci rivolgo un caloroso invito a sentire con orgoglio l’appartenenza a questa prestigiosa Istituzione e manifestarla in ogni occasione, fregiandosi del titolo di Accademico nelle occasioni pubbliche, partecipando alle attività dell’Accademia e promuovendone di nuove. Nella relazione di apertura del 10 dicembre 2015 avevo tracciato un programma di quanto, unitamente a tutti gli Organi statutari, avrei cercato di realizzare durante il 2016 operando lungo quattro direttrici: rapporti con

13

Università e con Enti Culturali Pugliesi, rafforzamento nazionale e internazionale, stabilizzazione economica, attività istituzionale.

Rapporti con Università e Enti Culturali Pugliesi

Sono stati intensificati i rapporti con le Università degli Studi della macro regione appulo-lucana-molisana e con il Politecnico di Bari. Senza modificare lo Statuto vigente, approvato con DPR 6 maggio 1986, il nuovo Consiglio Direttivo eletto nell’ottobre 2016 è forte della presenza di autorevoli Soci rappresentativi di ciascuna Sede Universitaria regionale e della Basilicata. Ad essi è affidato il compito di promuovere epicentri territoriali dell’Accademia dai quali partano impulsi che diffondano le eccellenze scientifiche locali nel paese. Sono state consolidate le attività comuni con la Società di Storia Patria per la Puglia, con il Centro Interuniversitario “Seminario di Storia della Scienza”, con l’Accademia di Belle Arti di Bari -tutte istituzioni presiedute da soci dell’Accademia- e con il Conservatorio di Musica “N. Piccinni” di Bari. Sono state avviate nuove relazioni con molte realtà culturali, quale ad esempio il Teatro Pubblico Pugliese, in specie con il Nuovo Teatro Abeliano di Bari di Vito Signorile e con il Collegium Musicum diretto dal Maestro Rino Marrone. Infine, una ultim’ora. Il giorno 5 dicembre ultimo scorso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia e il Consiglio Direttivo dell’Accademia Pugliese delle Scienze hanno approvato un Protocollo di Intesa per la valorizzazione della cultura dell’ambiente, nella sua accezione più ampia, attraverso specifici progetti ed iniziative, nel quadro dell'unità e universalità delle conoscenze.

Rafforzamento nazionale e internazionale

Mentre si rinsalda il radicamento nel contesto culturale pugliese, non potendosi confinare la Scienza in angusti confini territoriali, si è lavorato nell’ottica europea della macroregione Adriatico-Ionica, e in questo contesto è stato stipulato un Protocollo di Intesa sia con le Università delle regioni limitrofe, Molise e Basilicata, sia con le omologhe Accademie transadriatiche di Albania e Croazia. Con la prima - l’Accademia Albanese delle Scienze di Tirana - è stato siglato nel gennaio 2015 un Accordo Culturale e con la seconda - l’Accademia Croata delle Scienze e delle Arti di Zagabria - sono in corso contatti per stipularne uno analogo che dovrebbe giungere a positiva conclusione nel corso del prossimo anno 2017. 14

Inoltre sono state organizzate numerose attività in collaborazione con la Sezione Sud-Est dell’Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze nel 1753, presieduta dal Socio Prof. Vittorio Marzi. E infine posso annunciare con grande soddisfazione che un ulteriore importante impulso nella direzione del rafforzamento nazionale ed internazionale si è avuto nell’aprile 2016, con l’ingresso dell’Accademia nella “Unione Accademica Nazionale – UAN”, con sede a Roma, che la associa alle 13 Accademie Scientifiche Italiane di interesse nazionale, tra le quali l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Accademia della Crusca e l’Accademia Pontaniana, la più antica in Italia, e quindi d’Europa, essendo stata fondata a Napoli nel 1442. L’UAN, fondata insieme al CNR nel 1923, dal grande matematico Vito Volterra, è componente della “Union Acadèmique Internationale – UAI” con sede a Bruxelles presso l'Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique. La UAI, fondata a Parigi nel 1919, è la più grande e antica e federazione di accademie con carattere nazionale e scopi di cooperazione internazionale.

Stabilizzazione economica

Nel corso del corrente anno 2016, diversamente dagli anni 2014 e 2015 nei quali le entrate provennero unicamente dalle quote annuali versate dai Soci, a queste ultime si sono aggiunte le contribuzioni pro quota delle Università pubbliche pugliesi e del Politecnico. Contribuzioni quanto mai preziose, poiché le quote versate dai Soci garantivano a stento la copertura delle modeste spese di ordinaria amministrazione ma non il costo del personale dipendente. Era stato pertanto necessario negli anni 2014 e 2015 dar quasi fondo al capitale sociale, saggiamente e oculatamente accantonato negli anni precedenti, durante la presidenza del Prof. Vittorio Marzi. Siamo profondamente grati a queste Istituzioni, che hanno deliberato di accordare un contributo annuale, perché ciò ha consentito nel 2016 di procedere finalmente con una certa serenità mentre per gli anni a venire consentirà di lavorare per la programmazione di progetti poliennali con forte ricaduta sociale, che abbiano un significato per la collettività regionale e nazionale. Inoltre registriamo con viva soddisfazione il fatto che l’Accademia nel 2016 ha beneficiato di un contributo del MiBACT a valere sulla legge 534/1996, art. 8, assente negli ultimi cinque anni. Questa inversione di tendenza, che speriamo stabile, non ci consente tuttavia di provvedere autonomamente alle spese di gestione di Villa La 15

Rocca, prestigiosa sede dell’Accademia Pugliese delle Scienze, concessa in uso dall’Università di Bari, peraltro condivisa con la Sezione Sud-Est dell’Accademia dei Georgofili, la Comunità delle Università del Mediterraneo-CUM, e con i Consorzi universitari CIRC-MSB, CIRP, CISMUS e METEA. Auspichiamo che l’Università di Bari continui a sostenere le spese generali della villa, la cura del suo splendido e grande parco con alberi secolari, fontane monumentali, piante officinali, il giardino delle 350 varietà diverse di rose. La villa e il suo parco ospitano numerose attività culturali aperte al pubblico, che contribuiscono a rafforzare il rapporto dell’Accademia e dell’Università di Bari con la Comunità Cittadina. Tuttavia, ben consapevoli delle difficoltà attuali che affliggono le Università, contiamo di contribuire alla gestione ordinaria della sede operando per ottenere erogazioni liberali destinate ai beni culturali e forme di liberalità a favore del settore no profit. Per concludere, devo con rammarico comunicare che la lunga congiuntura economica negativa, le ristrettezze cui l’Accademia si è trovata a far fronte e la diminuzione dell’orario di apertura della sede, disposto dall’Università di Bari per limitare le spese di gestione, hanno comportato l’obbligo di richiedere alla Sig.ra Giovanna Panebianco, unico dipendente dell’Accademia, il sacrificio di partecipare al contenimento della spesa con una riduzione dell’orario di lavoro e conseguente riduzione salariale. Ho il dovere di riferire, rendendo merito alla Sig.ra Panebianco, che nonostante ciò è rimasto immutato il suo impegno lavorativo e la seria dedizione alla attività dell’Accademia.

Attività istituzionale

A dispetto delle difficoltà economiche, l’Accademia ha svolto una intensa e brillante attività culturale, frutto del fervido, appassionato e volontario lavoro dei Soci. Il fittissimo calendario delle attività svolte nell’Anno Accademico 2016 non potrà essere dettagliatamente illustrato per il tempo ristretto a disposizione, così come quello del prossimo 2017. Basti sapere che nei nove mesi di attività accademica 2016, gennaio- novembre escludendo luglio e agosto, mesi in cui viene sospesa l’attività a norma di Regolamento, vi sono state 32 riunioni scientifiche e culturali. Quasi una attività per settimana. Per il resoconto puntuale dell’attività svolta e per la illustrazione del programma del nuovo anno accademico, si rimanda alla lettura della presente Relazione.

16

Come negli anni precedenti il programma di attività 2016 è stato articolato in: × Attività accademiche scientifiche × Eventi culturali in collaborazione con altre Istituzioni culturali e si è sviluppato con le seguenti manifestazioni, in ordine cronologico:

14 Gennaio Prof. Alfredo Sollazzo “L’Autarchia nelle costruzioni”

20 Gennaio Prof. Vittorio Marzi “L’Autarchia negli scritti dei Georgofili e di esperti dell’epoca, un’ipotesi di ritorno alla luce delle attuali situazioni internazionali”

20 Gennaio Prof. Giuseppe Pardini “Il 1926 e la quota 90: la grave crisi dell’agricoltura italiana fino alla ripresa del 1932”

4 Febbraio Prof. Giuseppe Poli “L’Italia e la Grande Guerra nella discontinuita’ della Storia Europea e mondiale”

2 Marzo Prof. Vieri Benci “L’irragionevole efficacia della matematica”

14 Marzo Prof. Ugo Patroni Griffi, On. Gero Grassi e Prof. Eugenio Scandale. Presentazione del volume: “La Fiera del Levante, il Mezzogiorno, l’Europa e il mondo nei discorsi inaugurali di Aldo Moro”

6 Aprile Dr.ssa Sandra Lucente “Itinerario matematico in Puglia: Geometrie tradizionali su strade antiche”

27 Aprile Prof. Stefano Favale “Morte improvvisa giovanile: una tragedia evitabile?”

5 Maggio Prof. Vittorio Marzi “Piante officinali del giardino di Villa La Rocca” 17

11 Maggio Prof. Vittorio Marzi “Giardino delle Rose di Villa La Rocca” con visita guidata al Parco

18 Maggio Prof. Fernando Schirosi “A. Dumas giornalista: quando il grande romanziere faceva il cronista della “Camorra”

26 Maggio Prof. Francesco Sdao “Fragilità geomorfologica e pericolosità di frane in Basilicata”

1 Giugno Dr.ssa Angela Pantaleo Presentazione del volume: “Frisellario“ a cura dell’Autrice

8 Giugno Prof. Piero De Giacomo “Un programma per sviluppare nuovi percorsi mentali”

15 Giugno Proff. G. Palasciano, F. Pinto, P. Izzo, P. Zeller sul tema: “Salute dell’uomo, della città e dell’ambiente”

21 Giugno In collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bari, del Collegium Musicum, e del Teatro Abeliano, in occasione della Festa Europea della Musica ,presentazione del Progetto: “Arte Musica e Scienza a Villa La Rocca”

28 Agosto Concerto Ensemble Florilegium Vocis Polifonica di Bari IV Edizione del Festival della Musica Antica “Aspettando Oriente Occidente” Concerto di Musica Popolare del XV e XVI sec. con strumenti antichi, Parco di Villa La Rocca.

31 Agosto In collaborazione con l’Assessorato alle Culture del Comune di Bari, Associazione culturale “Porta d’Oriente” Rassegna Sinestesie d’estate, suoni, sapori colori di Sud “Degustando Jazz”, Concerto” e relazioni del 18

Prof. Aldo Luisi : “Il Vino: risorsa comune dei popoli del Mediterraneo”; Prof. Vittorio Marzi: “Il brindisi ed i suoi proverbi”

3 Settembre Concerto Ensemble Florilegium Vocis Polifonica di Bari “The Spirit of Shakespeare” attualità di un genio a 400 anni dalla morte.

28 Settembre Prof. Giuseppe Pardini “La Marina militare italiana nella Seconda guerra mondiale attraverso le impressioni dei suoi combattenti. Lettere censurate, 1940-1945”

29 Settembre In collaborazione con l’Assessorato alle Culture del Comune di Bari, Associazione Culturale “Al Nour”, Associazione culturale “Porta d’Oriente”, Rassegna”Sinestesie d’estate, suoni, sapori colori di Sud “ “Degustando Birre Vive: dall’Antico Egitto alle birre artigianali pugliesi”

5 Ottobre Prof. Alfredo Sollazzo “Tradizioni ingegneristiche e realizzazioni in Puglia tra 800-900 premessa all’istituzione di una Università tecnica a Bari”

12 Ottobre Prof. Vittorio Marzi “La Prima Guerra Mondiale 1915-18 e il problema alimentare” con la proiezione di un documentario “Dal Grano al Pane”

19 Ottobre Prof. Giorgio Otranto “Mafia, Cristianesimo e Santità”

9 Novembre Dott. Pierluigi De Santis, Presentazione Raccolta di Poesie dal titolo “Viaggio nell’Amore” a cura dell’autore

19

16 Novembre Dr.ssa Adriana De Serio, Concerto di Fiati, “Vari(e) Abilità musicali in concerto”, Allievi del Conservatorio “N. Piccinni” Bari

23 Novembre Dr.ssa Adriana De Serio, Concerto a fiato: “Vari(e) Abilità musicali in concerto”, Allievi del Conservatorio” N. Piccinni” Salone degli Affreschi-Palazzo Ateneo

30 Novembre Prof. Michele Aresta, "COP21: dalla economia lineare alla economia ciclica."

1 Dicembre Presentazione del volume “Tara, il fiume dei miracoli” Collettivo DAV 2016, con la presenza degli autori

5 Dicembre M° Rino Marrone Direttore del Collegium Musicum, Concerto su “Un Mozart prima di Mozart “Giovanni Paisiello” In occasione del duecentesimo anniversario della morte

13 Dicembre Inaugurazione Anno Accademico 2017 presso la Sala “Fedora” del Teatro “Umberto Giordano” Foggia

Patrocini 2016

14 marzo Patrocinio Editoriale al Volume “La Fiera del Levante, il Mezzogiorno, l’Europa e il mondo nei discorsi inaugurali di Aldo Moro” a cura di Antonella Daloiso.

23 marzo - 15 novembre Patrocinio e collaborazione alla organizzazione della Mostra su “Fibonacci e il numero aureo” Castel del Monte, curata dal MiBACT- Polo Museale della Puglia, la Direzione di Castel del Monte e la World Federamon of Scientists.

10 maggio Patrocinio e partecipazione alla Giornata Inaugurale dello Short Master in “Strategie produttive e di marketing per la valorizzazione dell’Olio Extra Vergine ad elevato valore salutistico”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università di Bari, Aula Magna, Palazzo Ateneo, Università di Bari. 20

27 maggio Patrocinio, collaborazione ed ospitalità presso Villa La Rocca alla Celebrazione della X Edizione della Rassegna Poetica “Poesia in forma di Rosa: danza, musica, poesia, pittura”, promossa dall’Associazione Culturale “Comunicazione Plurale”.

30 maggio Patrocinio e collaborazione alla organizzazione del Convegno di Studi su “La sana e corretta alimentazione nella prevenzione dell’Obesità e del Diabete”, Sala Convegni, Palazzo delle Poste Università degli Studi di Bari.

14-17 giugno Patrocino al International Workshop “Achievements and Perspectives in Nonlinear Analysis. A tribute to Donato Fortunato” organizzato dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Bari presso il Campus Universitario.

15-19 giugno Patrocinio al Convegno di Studio su “Theatroeideis. L’immagine della città, la città delle immagini”, organizzato dal Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura (DICAR), Aula Magna “Domus Sapientiae” del Politecnico di Bari.

28 giugno Patrocinio e collaborazione Editoriale allo Short Master in “Strategie produttive e di marketing per la valorizzazione dell’Olio Extra Vergine ad elevato valore salutistico”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università di Bari.

27 settembre Patrocinio e partecipazione alla Giornata di Presentazione dello Short Master su “ The Olive Oil Sensory Science and the Culinary Art”, rivolto agli chef ed al mondo della ristorazione “Sapore di Sapere”, Salone degli Affreschi, Palazzo Ateneo Università degli Studi di Bari.

14 ottobre Patrocinio e partecipazione al Workshop su “Essenze aromatiche: vizi e virtù del loro uso in terapia”, Salone degli Affreschi, Palazzo Ateneo-Università degli Studi di Bari.

25 novembre Patrocinio al Convegno Internazionale su “Fat Everywere”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche, Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Bari.

21

Accordi e convenzioni

Protocollo d’Intesa con l’Università degli Studi del Molise. È stato siglato un Protocollo d’Intesa tra l’Università del Molise e l’Accademia in data 9 marzo c.a., che contribuirà allo sviluppo e l’innovazione del territorio Appulo-Molisano nel settore della ricerca, della didattica e della formazione di eccellenza.

Protocollo d’Intesa con l’Università degli Studi della Basilicata Nel corso dell’anno è stato intrapreso un rapporto di collaborazione con l’Università della Basilicata, che ha portato alla sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa tra le parti. Alla presenza della Rettrice dell’Università della Basilicata, Prof.ssa Aurelia Sole, il giorno 12 maggio c.a. si è stipulato ufficialmente il Protocollo d’Intesa con l’Università della Basilicata.

Protocollo d’Intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia Come già detto, il giorno 5 dicembre 2016, è stato stipulato un Protocollo d’Intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia per la valorizzazione della cultura dell’ambiente.

Attività della Biblioteca

Nel corso dell’Anno Accademico 2016, oltre all’ordinario lavoro di gestione degli accessi alla consultazione, l’Accademia ha ottenuto un finanziamento dalla Fondazione di Puglia per la informatizzazione della Biblioteca, ricca di 11.500 libri e fascicoli di riviste scientifiche. La Fondazione ha accordato il cofinanziamento per la catalogazione dei primi 6000 volumi, con possibile rifinanziamento della restante parte nell’anno successivo. Si auspica che il Protocollo d’Intesa recentemente siglato con la Biblioteca della Presidenza del Consiglio della Regione Puglia contribuisca a dare nuovo impulso alle attività e produca sinergie.

Programma di attività 2017

Nell’anno in corso, l’Accademia ha impostato per l’anno successivo 2017 un intenso programma di attività :

22

Prof. Riccardo Amirante e Maria Lisa Clodoveo, su:“Olio Extravergine: La rivoluzione ultrasuoni”

Prof. Mauro Mezzina , su: “Il viadotto ferroviario di Corso Italia a Bari”

Prof. Antonio Quaranta, Presentazione del volume su: “Invecchiamento e qualità della vita: ruolo di orecchio, naso e gola e dei sensi correlati”

Prof. Nicola Di Cagno, su: “La parola d’ordine dell’Italia fascista: l’Autarchia”

Prof. Nicola Costantino e Prof. Gianfranco Dioguardi, su: “Rammendo Urbano: il caso Otranto”

Dr.ssa Loredana Lasciarrea, Presidente FIDAPA, su: “Tabagismo, patologie correlate differenze di genere”.

Desidero infine delineare alcune problematiche che saranno affrontate nel corso del prossimo Anno Accademico: Attività Editoriale, Università e Accademie, Rapporto con le Istituzioni Regionali pugliesi.

Attività editoriale

Confido che nel 2017, per concludere un ciclo, possano essere pubblicati in formato cartaceo gli “Atti e Relazioni” dell’Accademia del periodo 2014-2016. Per il futuro penso che sarà necessario riflettere attentamente sulle innovazioni da apportare sia dal punto di vista editoriale che per accentuarne l’attrattività, per i giovani in particolare. Non gioca a favore degli Atti delle Accademie il loro carattere generalistico, pertanto si dovrebbe tener distinta la politica editoriale delle due Classi di Scienze Fisiche Mediche e Naturali e di Scienze Morali ed in entrambi i casi dovrebbe essere rilanciata la diffusione nazionale e internazionale. È mia opinione che si dovrebbe passare dalla edizione a stampa tradizionale a quella on line, integrata da una edizione a stampa di bassa tiratura, con molteplici vantaggi: considerevole riduzione di costi di pubblicazione, azzeramento dei costi di spedizione, immediatezza nella diffusione. Infine dovrebbero essere adottati standard internazionali che permettano di superare i limiti che riducono l’interesse verso le pubblicazioni delle Accademie. 23

Infatti gli Atti dell’Accademia, i nostri come quelli della gran parte delle altre Accademie, non sono caratterizzati dalle valutazioni di Impact Factor IF e ciò contrasta con le esigenze personali di carriera e di finanziamento della ricerca dei ricercatori, specie se giovani, che devono confrontarsi con il Citation Index CI e con la necessità di pubblicare su periodici scientifici ad alto IF. Le modalità di allineamento delle pubblicazioni accademiche ai livelli internazionali è materia che necessita di approfondita riflessione e dovrebbe procedere per approssimazioni successive per non cancellare tradizioni ricche di storia e gloria scientifica. Forse forme di sinergia che associno alcune Accademie e alcune Università potrebbero consentire di raggiungere una massa critica tale da poter competere autorevolmente a livello europeo.

Le Università e le Accademie

Penso sia utile ricordare che l’art. 33 della Costituzione, 6° comma, accomuna Università e Accademie: “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.” Le Accademie e le Università, anche se originariamente alternative, nel loro rispettivo processo evolutivo si sono strutturate come centri culturali con funzioni diverse e complementari, le prime occupandosi di divulgazione e presentazione dei prodotti della ricerca, le seconde coltivando l’attività di ricerca e la sua trasmissione attraverso la didattica e l’alta formazione. Tuttavia le Accademie importanti a livello nazionale, come la nostra e quelle associate nella “Unione Accademica Nazionale UAN”, si propongono anche quali significativi centri di studio, di ricerca e di elaborazione dell’offerta culturale, e d’altro canto le Università sviluppano anche attività proprie della terza missione -di divulgazione scientifica e culturale- in diretto rapporto con il territorio e con tutti i suoi attori ed anche della così detta quarta missione- di partecipazione alla crescita e allo sviluppo del territorio sul quale insistono. In particolare negli ultimi anni le Università hanno indirizzato le loro attività verso ambiti sovrapponibili a quelli delle Accademie avendo il Miur con D.M. del 30 gennaio 2013, n. 47, inserito la terza missione tra le attività istituzionali la cui valutazione confluisce nel Rapporto di Valutazione periodica.

24

In questo frangente la strategia dell’Accademia è volta a stringere sempre più stretti rapporti non competitivi con le istituzioni culturali, soprattutto con le Università, lavorando in rete e per progetti che consentano a tutti gli associati di mantenere una precisa e riconoscibile identità culturale e di ricerca. Inoltre non deve essere ignorata l’esigenza di compiere uno sforzo nella ricerca di partner e collaborazioni nazionali ed internazionali, specie europei, che offrono concrete possibilità di partecipazione a bandi e progetti europei.

Rapporto con le Istituzioni Regionali pugliesi

Da ultimo, e non per importanza, vorrei solo sfiorare i rapporti con le Istituzioni Regionali. In molte Regioni italiane sono state emanate leggi che attribuiscono alle Accademie Scientifiche di valenza nazionale, come la nostra, il ruolo di istituzioni culturali di interesse regionale cui è affidato il compito di mediazione culturale tra Scienza ed esigenze reali del territorio e di formulare pareri su questioni scientifiche di rilevanza politica e sociale. L’Accademia sfugge a una logica di campanile, come semplicemente dimostra la scelta della sede dell’attuale Cerimonia, e risulta essere Istituzione privilegiata super partes per la individuazione precoce e la divulgazione di temi che interessano la Società nel campo dell’educazione, della ricerca e dell’innovazione, nella applicazione pratica dei risultati. Il rapporto recentemente instaurato con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia muove nella direzione giusta per favorire una più larga collaborazione e lascia intravedere la possibilità di un approfondimento dei rapporti istituzionali. Avviandomi al termine della relazione, desidero rivolgere il mio personale e sentito ringraziamento ai Colleghi componenti il Direttivo 2014- 2016 per la loro amichevole ed assidua collaborazione, per la condivisione dell’azione organizzativa a sostegno delle nostre attività, faticosa e complessa a causa della limitatezza di mezzi e di personale. Senza il supporto di un ottimo Consiglio Direttivo e la partecipazione attiva dei Soci tutti non sarebbe possibile continuare a mantenere alto il prestigio dell’Accademia.

Ma eccoci ad oggi

L’Anno Accademico 2017 viene aperto con la Prolusione, affidata ad un illustre Accademico dell’Università di Foggia, il Prof. Giovanni

25

Cipriani, che ringrazio per l’impegno profuso nella organizzazione di questa Cerimonia. La giornata si concluderà con l’intervento di una giovane ricercatrice della stessa Università, la Dott.ssa Giovanna Elisiana Carpagnano. Questa scelta è coerente con la necessità fortemente sentita di promuovere la Cultura, non solo su scala territoriale, ma anche disciplinare e generazionale. Svilupperanno il tema “Homo Homini Morbus”, all’insegna della universalità della Cultura che caratterizza l’attività della nostra Accademia. Le letture sceniche sul tema odierno sono a cura di Pierluigi Bevilacqua con l’accompagnamento del pianista Vincenzo Galassi, e sono state inserite all’interno della Cerimonia per indicare che il contributo è parte integrante della Manifestazione, e non intrattenimento finale. La mostra “Flowers” di ritratti eseguiti dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Bari, guidati dal Prof. Domenico Attademo, è la preziosa cornice della Cerimonia. Con la determinazione di adoperarsi sempre al meglio, dichiaro aperto l’Anno Accademico 2017 dell’Accademia Pugliese delle Scienze e invito il Prof. Giovanni Cipriani a svolgere la sua Prolusione inaugurale dal titolo “Lettera di morte: la valenza magica-coercitiva della scrittura in Roma antica”.

26

CONSIGLIO DIRETTIVO TRIENNIO 2017-2019

PRESIDENTE Prof. Eugenio SCANDALE VICE PRESIDENTE Prof. Pasquale CORSI TESORIERE Prof. Ugo PATRONI GRIFFI SEGRETARIO Prof. Mario SPAGNOLETTI

Consiglieri della Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali

Prof. Vito ALBINO Prof. Vittorio MARZI Prof. Francesco SDAO

Consiglieri della Classe di Scienze Morali Prof. Stefano ADAMO Prof. Giovanni CIPRIANI Prof. Fernando SCHIROSI

Collegio dei Revisori dei Conti

Membri Effettivo Prof. Nicola DI CAGNO Prof. Mario SCICUTELLA

Membro Effettivo Dott.Gaetano FRASCELLA (MiBACT) Membro Supplente Prof. Giovanni NATILE Membro Supplente Dr.ssa Daniela LAURENTI (MiBACT)

Collegio dei Probiviri

Membri Effettivi Prof. Aldo LUISI Prof. Lucio POLLICE Prof. Alfredo SOLLAZZO Membri Supplenti Prof. Giacomo SCARASCIA MUGNOZZA Prof. Ennio TRIGGIANI 27

28

Giovanni Cipriani – Grazia Maria Masselli Università degli Studi di Foggia [email protected]

Lettera di morte: la valenza magica-coercitiva della scrittura in Roma antica*

Abstract: In the Roman world was widespread concern that the curses and the annexed power of magic would ensue for individuals serious damage to property and health. Against such risks the resources of the animal, mineral and vegetable nature served as appropriate talismans and amulets.

Keywords: precatio, medicamentum, devotio, venenum, magi.

1) Mala medicamenta: a proposito della semantica di un sintagma ambiguo

È di pochi anni fa un prezioso saggio di Carmen Pennacchio1, che riporta all’attenzione dei lettori la costellazione dei vocaboli che nel Diritto romano alludono a sostanze (liquide, gassose o solide) che sono il frutto di una manipolazione/miscela di ingredienti che, a seconda delle reali intenzioni del preparatore e della varia posologia delle componenti adoperate, provocano un’alterazione grave (quando non addirittura esiziale) o un’alterazione benefica (e quindi terapeutica e risolutoria) di una condizione di malattia, che attendeva, per essere debellata, il sospirato efficace rimedio. Su tale falsariga, la studiosa associava entrambe le prospettive, quella malefica e quella benefica, a vocaboli latini che contenessero le stesse proiezioni semantiche attribuibili al termine greco favrmakon2: come succedeva infatti a quest’ultimo, anche

* Il contributo è il risultato del lavoro comune dei due autori; tuttavia, è da riferire a Grazia Maria Masselli l’elaborazione del paragrafo 1, a Giovanni Cipriani quella del paragrafo 2. 1 Pennacchio 2014, 117-169. 2 La Pennacchio (2014, 126-127) nel frangente dà questa interpretazione del termine greco: “Il termine farmaco, dal greco pharmakon ovvero rimedio e veleno allo stesso tempo, oggi come allora sta ad indicare una sostanza capace di interagire con l’organismo nella direzione di ripristinare le funzioni di organi e sistemi colpiti dalla malattia; oppure di recare morte. Infatti, la figura dell’ossimoro è intrinseca allo stesso 29

le parole latine venenum e medicamentum, all’interno dell’usus scribendi che le vedevano impiegate, assolvevano contemporaneamente al compito di fornire la chiave di lettura di un episodio di medicina curativa o piuttosto di un episodio di cronaca nera (in quest’ultimo caso, ovviamente, si faceva ricorso al necessario complemento di un attributo che ne favorisse l’inequivocabile orientamento interpretativo: si pensi all’aggettivo malus -a -um). Come banco di prova della duttilità di questi vocaboli a farsi portatori di un’ottica auspicabile o inauspicabile in rapporto alla società, la Pennacchio chiamava in causa il giurista Gaio, a proposito di un passo tratto dal quarto libro del commento alle Dodici Tavole (D. 50.16.236 pr. 50)3, collocato dai compilatori nel prezioso repertorio lessicale che è il titolo sedicesimo del libro cinquantesimo dei Digesta; è qui, infatti, che manifestamente ricorre l’ambiguità4 del termine venenum5:

D. 50.16.236 pr. 50 (Gai 4 ad leg. duod. Tab.): Qui ‘venenum’ dicit, adicere debet, utrum malum an bonum: nam et medicamenta venena sunt, quia eo nomine omne continetur, quod adhibitum naturam eius, cui adhibitum esset, mutat6. Cum id quod nos venenum appellamus, Graeci favrmakon dicunt, apud illos quoque tam medicamenta quam quae nocent, hoc nomine continentur: unde adiectione alterius nomine distinctio fit. Admonet nos summus apud eos poetarum Homerus7: nam sic ait:

significato di pharmakon, che è al tempo stesso ciò che restituisce la salute e insieme reca la malattia e la morte. 3 Cfr., in proposito, Hobenreich - Rizzelli, 2015, 48 sgg. 4 Su questi aspetti tornano Hobenreich-Rizzelli, 2015,49, allargando il loro sguardo a quello che poteva succedere in tribunale. 5 Scrive la Pennacchio 2014, 132: “La spiegazione, prima facie, sembra fondarsi - piuttosto che sulla composizione chimica (naturale, nel senso di natura) dell’elemento, in quanto può essere utilizzato sia per intendere una sostanza nociva all’organismo di qualsiasi vivente sia per riferirsi ad un medicamento - sulla sua ‘strumentalizzazione’ ad opera umana. La sua natura, di per sé, è pericolosa, ma lo sfruttamento della pericolosità, ad opera di esperti, può rivelarsi benefica. Su questi aspetti, cfr., anche, Rives 2006, 49-54; Mirecki-Meyer 2002, 190; Totelin 2016, 72. 6 “Infatti anche i medicamenti sono veleni, poiché sotto questo nome è contenuto, ciò che muta la sua natura, per il fine per il quale deve essere utilizzato”: questa l’interpretazione offerta da Pennacchio 2014,133. 7 Il passo omerico dà a Fiorentini 2013, 187, la possibilità, dialogando a distanza con Stella Maranca 1927, 44-45, di interpretare il senso di una simile citazione all’interno 30

favrmaka, polla; me;n ejsqla; menigmevna, polla; de; lugrav.

È certamente, questo, un lucido esempio che vale prontamente a testimoniare la puntualità estrema e la puntigliosa precisione con cui i giuristi8, e ancor prima il legislatore, da un lato circoscrivevano attentamente l’utilizzo di sostanze preparate ad arte perché fossero impiegate a uso essenzialmente terapeutico e dall’altro bollavano come odioso reato l’uso subdolo e nocivo di quanto si rivelava chiara espressione di una intenzione omicida. A voler andare più in profondità, dall’analisi dei testi giuridici riportati dalla Pennacchio si percepiscono - in modo inequivocabile - sia il rigore con cui il legislatore intende punire e prevenire ulteriormente il ricorso alla pratica di una condotta subdola e criminale sia il doveroso riconoscimento della diffusa paura di quanti in società si sentono virtualmente esposti al disegno omicida di chi, nella circostanza, alla perpetrazione del crimine associa anche la fiducia di non essere probabilmente scoperto e denunciato. Nell’ambito del problema in esame, peraltro, una simile paura è accresciuta dal paventato sospetto che proprio dietro l’offerta di un rimedio (con annessa speranza di una conseguente guarigione), si possa celare invece quanto, in tempi più o meno lunghi, è destinato a rivelarsi un’arma letale (un’arma, per giunta, non convenzionale e ben diversa da quella che si impugna normalmente

del testo giuridico: “Poiché venenum è una vox media, è necessario aggiungere al sostantivo il corrispondente aggettivo attributivo, indispensabile a specificarne la qualità, indicando se si tratti di venenum bonum o malum, non diversamente da quanto è necessario fare con riguardo ai medicamenta. Infatti il sostantivo serve ad indicare tutto ciò che, aggiunto a qualche sostanza, ne muti la natura, che quindi può risultarne benefica ma anche letale.”. 8 Vi rientra anche il parere espresso da Marciano a proposito dell’applicazione della lex Cornelia de sicariis et veneficis e contenuto in D. 48.8.3 (Marc. 14 instit.): Eiusdem legis Corneliae de sicariis et veneficis capite quinto, qui venenum necandi hominis causa fecerit vel vendiderit vel habuerit, plectitur. 1. Eiusdem legis [sc. Corneliae de sicariis et veneficiis] poena adficitur, qui in publicum mala medicamenta vendiderit vel hominis necandi causa habuerit. 2. Adiectio autem ista ‘veneni mali’ ostendit esse quaedam et non mala venena. Ergo nomen medium est et tam id, quod ad sanandum, quam id, quod ad occidendum paratum est, continet, sed et id quod amatorium appellatur: sed hoc solum notatur in ea lege, quod hominis necandi causa habet. Sed ex senatus consulto relegari iussa est ea, quae non quidem malo animo, sed malo exemplo medicamentum ad conceptionem dedit, ex quo ea quae acceperat decesserit. Cfr., in proposito, Ogden 2002, 280; Pennacchio 2014, 149-151; Hobenreich - Rizzelli 2015, 42-43. 31

per ‘decernere de vita’)9. In questa prospettiva, comunque, il ventaglio aperto dalla Pennacchio lascia intravedere altre zone di intervento, zone che si irradiano molto più dal termine medicamentum, che non dal contiguo vocabolo venenum, e questo non solo in ragione di una più immediata ricezione del primo termine nell’area prospiciente la dimensione salutistica, soprattutto se confrontata con quella concernente il succitato vocabolo semanticamente concorrenziale. In altre parole, anche se, stando al legislatore, entrambi i vocaboli denunciano alla pari - in virtù dell’accostamento dell’aggettivo malum - la loro vocazione a provocare alterazioni nella mente e nel corpo del destinatario della miscela intenzionalmente predisposta, l’albero ‘genealogico’ al quale rinvia medicamentum permette di connotare ancor meglio come atto disonesto e come colpevole deviazione quella che porta a usare in una dimensione nociva e perniciosa quella sostanza che, stando alla semantica di fondo implicita nel vocabolo, doveva al contrario portare giovamento e guarigione.

D’altronde, questa oscillazione intrinseca agli effetti dei medicamenta (e che causa, in alcuni casi, la definizione dei medicamenta come mala medicamenta in conseguenza di una loro somministrazione in dosi non adeguate ai parametri della farmacopea ufficiale) trova ampio spazio anche nelle Istitutiones giustinianee:

I. 4.18.5: Item lex Cornelia de sicariis, quae homicidas ultore ferro persequitur vel eos, qui hominis occidendi causa cum telo ambulant. Telum autem, ut Gaius noster in interpretatione legis duodecim tabularum scriptum reliquit, vulgo quidem id appellatur, quod ab arcu mittitur: sed et omne significatur, quod manu cuiusdam mittitur: sequitur ergo, ut et lapis et lignum et ferrum hoc nomine contineatur. Dictumque ab eo, quod in longinquum mittitur, a graeca voce figuratum, ajpo; tou' thlou:' et hanc significationem invenire possumus et in

9 La pratica dell’avvelenamento - come giustamente sottolineano Hobenreich - Rizzelli, 2015, 44 - è tanto più deplorevole in quanto “considered an insidious and detestable way, since self defense typically was not ; crimes of this nature were thought to be particular to weak people, incapable of confronting their opponents openly and directly”. 32

graeco nomine: nam quod nos telum appellamus, illi bevlo" appellant ajpo; tou' bavllesqai. Admonet nos Xenophon. Nam ita scripsit: kai; ta; bevlh oJmou' ejfevreto, lovgcai, toxeuvmata, sfen- dovnai, kleivstoi de; kai; livqoi. Sicarii autem appellantur a sica, quod significat ferreum cultrum. Eadem lege et venefici capite damnantur, qui artibus odiosis, tam venenis vel susurris magicis homines occiderunt vel mala medicamenta publice vendiderunt.

Quel che nel frangente ci interessa del brano su riportato è la parte conclusiva, laddove l’espressione generica, per quanto socialmente pericolosa, artes odiosae si presta subito dopo a essere meglio articolata e specificata, al punto da comprendere sia i venena sia i magici susurri sia i mala medicamenta. Pennacchio 2014, 157, così interpreta la zona di testo che - diciamolo pure - allarga all’uso della componente magica la minaccia messa in campo dagli individui animati da intenzioni omicide: “Ancora, nel prosieguo, la fattispecie è qualificata, non si lascia nulla al caso, anche sulle modalità che integrano l’offesa, nel senso che dovrà essere punito con pena capitale colui che a mezzo di artifici ripugnanti, tanto con veleno o con induzioni magiche uccida uomini o somministri al pubblico cattivi medicamenti”10.

A voler essere più precisi, nel testo giuridico appare per la prima volta (ivi comprese le fonti letterarie) una formulazione delle tecniche (odiosae artes) con cui gli individui possono nuocere ai propri simili, tecniche che contemporaneamente rappresentano il massimo della vis ostile nei confronti dell’altro e riscuotono il massimo della disapprovazione in conseguenza della maniera subdola con cui vengono esercitate: nell’inventario dunque delle artes odiosae ai già deprecabili venena e mala medicamenta si sono aggiunti i susurri magici, che letteralmente sono ‘le maledizioni formulate facendo affidamento sulla magia’, maledizioni che molto probabilmente - ma non è detto che sia sempre così - si andranno a depositare nelle tabulae defixionum, passando così dall’espressione orale alla redazione scritta. Un’occorrenza significativa di questo vocabolo, peraltro non molto diffuso nei testi letterari a nostra disposizione, è presente in Lucano (civ. 5,102 sgg.), allorché si allude

10 Il pensiero della Pennacchio corre a testi letterari (Ov. fast. 3,523) o al ritrovamento di un gran numero di defixiones 33

all’intenzione di Appio Claudio Pulcher di consultare l’oracolo di Delfi, oracolo che - stando al poeta epico - non ammette visitatori inclini a formulare personalmente voti malvagi11: hoc tamen expositum cunctis nullique negatum / numen ab humani solum se labe furoris / uindicat. haud illic tacito mala uota susurro / concipiunt, nam fixa canens mutandaque nulli / mortales optare uetat12. Tanto basta per apprendere e contrario quanto fosse in voga la pratica di ricorrere all’aiuto degli dei per nuocere, con la loro mediazione, alla salute delle persone invise. In ogni caso non si può forse definire casuale questo sconfinamento del testo giuridico verso l’area delle arti magiche, se per l’appunto si considera l’ampia credibilità di cui le ‘fatture’, sia in una prospettiva attiva che passiva, godevano presso la gran massa della popolazione; si tratta di una credibilità che, per quello che si dirà fra poco, interesserà e coinvolgerà persino i mala medicamenta, allorché questi non si sostanzieranno soltanto in miscele o pozioni varie, ma slitteranno sempre più verso la sfera più generica e più assortita dei sortilegi o dei malefici, secondo l’accezione compiutamente offerta - in relazione a quanto riportato nel Codex Theodosianus (9.38.6: vel qui noxiis quaesita graminibus et diris inmurmurata secretis, mentis et corporis venena composuit) - da María Victoria Escribano Paño13: “Maleficium, in fourth- century legal parlance, fundamentally denoted malign magic, in other words, a specialised ritual directed against the well-being, physical or mental, of one or more victims.The pre-398 constitutiones of CTh. 9.16, de maleficis et mathematicis et ceteris similibus, understand artes magicae as the use of spoken sortilegia - recited from dira carmina - and material sortilegia - the preparation of philtres, potions, venenum, medicamenta - casting spells, curses, performing exorcisms or making predictions based on numerology or observation of the stars. The night was of course held to be typical time to evoke the forces of evil or the dead, to cast spells or off er horrid sacrifices to enable the practitioner to make ominous predictions”. In altre parole, volendo cogliere la versatilità del nesso malum medicamentum a significare una pluralità di referenti, occorrerà prefigurare, accanto alla perfida manipolazione della buona fede di un paziente (cui si offrirà un remedium che alla fine si rivelerà

11 Cfr., a proposito di questa prassi, Pers. Sat. 2,6-7. 12 “Questa divinità, benché si manifesti a tutti coloro che la interrogano e sia tale da non negarsi a nessuno, è la sola che si tiene lontana dalla contaminazione comportata dalla follia umana. Lì gli uomini non formulano voti malvagi con nascosti sussurri; profetizzando fatti ormai fissati e che nessuno può modificare, la divinità impedisce infatti che gli uomini esprimano voti loro” (trad. it. di G. Viansino). 13 2010, 122. 34

artatamente letale), una modalità ancor più odiosa e irresistibile, in quanto prescinde da un atto di consenso della persona che è in crisi di salute; una siffatta nuova modalità potrebbe essere definita ‘imposta’ e ‘intempestiva’, non solo perché non richiesta e non connessa a un farmaco apparentemente curativo, ma anche perché si ingegna, attraverso soluzioni che si sottraggono alla percezione delle vittime, ad arrecare malattia, morte o, in generale, disgrazie in un momento in cui il malcapitato non versa in nessuna di tali forme di precarietà. Quasi che - a volerla dire tutta - il pensiero dei giuristi, stando al testo appena riportato, stia recependo l’ampia gamma delle forme in cui si sostanzia la paura dell’altro e cominci a contemplare, fra i vari crimini e le varie offese, particolari strategie del male che sfuggano inesorabilmente a qualsiasi controllo e punizione: si sta alludendo a quelle che con termine più diffuso i romani chiamavano ‘precationes’14, il cui scopo precipuo era quello di ‘propiziare’ per gli avversari la cosiddetta ‘morte a tradimento’. Il ‘proditor’ in oggetto fa infatti ricorso, nel frangente, a pratiche occulte, spinto com’è dalla indubbia volontà di sottrarsi alle responsabilità conseguenti alla scoperta del colpevole del danno arrecato: una siffatta opzione postula di conseguenza una più oculata attenzione del legislatore, chiamato a distinguere, prima di procedere alla definizione del reato, se la morte viene procurato da venenum, da susurri magici o da mala medicamenta, un sintagma, quest’ultimo, che probabilmente arriva a comprendere una accezione di medicamenta non più ambigua o correlata - nella dimensione nociva - semplicemente a farmaci ‘truccati’, ma estesa a tutto quanto proditoriamente e attraverso l’aiuto di forze malefiche possa far intervenire nella vita di una persona un cambiamento della salute, della sorte o della posizione sociale. È proprio la paura di un siffatto attacco vile e subdolo, la cui modalità e la cui strumentazione dematerializzata sfugge a qualsivoglia controllo ‘interessato’ del perseguitato, a stimolare il devotus a ricorrere a potenze altrettanto occulte, mediate nell’occasione dalle risorse della natura15, le più deputate, se non a eliminare le paure, a creare l’illusione di avere a disposizione un antidoto o un amuleto. L’ipotesi, che si sta avanzando, si avvale peraltro dell’analisi delle occorrenze del termine così come registrate dalla voce medicamentum, curata da Rudolf Butler in Th.l.L. VIII, IV, coll. 532-535 (Lipsia 1971); in verità, per certi aspetti, l’analisi induce a dover riconsiderare la

14 Completo, anche se per certi versi divulgativo, è in proposito il volume di Martin 2010 (speciatim 158 sgg.). 15 Cfr. Gaillard-Seux 2007, 132. 35

collocazione delle varie citazioni latine e a dover integrare la semantica più complessiva grazie ad un funzionale recupero di occorrenze volutamente omesse dal curatore della Voce. Alla colonna 534, infatti, Beutler distingue i casi in cui i medicamenta sono da considerare “usu latiore de re quae extra artem medicam adhibentur”; all’interno di questa categoria si selezionano quei medicamenta che esercitano la loro influenza ‘ad condiciones (corpora, animos) animantium’; è a questo riguardo che l’ulteriore ripartizione si fa vaga e approssimativa, in quanto circoscrive con un certo numero di occorrenze sia i casi in cui i medicamenta sono genericamente di aiuto sia quelli in cui si applicano a terapie finalizzate a favorire l’aborto e a evitare il concepimento sia infine quelli con cui si cerca di preservare il disfacimento dei cadaveri; non minore genericità contempla la categoria riservata a trattare de auxiliis magicis: qui si affollano quelle specie di medicamenta che risolvono con l’aiuto delle arti magiche problemi fisici; a esse poi vengono giustapposte, senza che l’elenco sia esaustivo e senza che vi si possano cogliere l’ambiguità semantica e la varietà dei diversi referenti, occorrenze in cui il termine medicamenta figura in sintagma con mala; di converso si indugia su occorrenze che ruotano intorno a situazioni concernenti l’ars amatoria e in cui gioca un ruolo importante la potio odii16, con annesso riferimento alle declamationes maiores XIV e XV dello Pseudo Quintiliano17: paradossalmente, insomma, il curatore della voce ha dato più spazio ai finti tribunali che non al dibattito dei giuristi e ai problemi derivanti dalla esatta definitio del ‘corpo’ del reato, reato che è stato reso possibile nelle due citate declamationes proprio dal ricorso che la meretrix ha fatto a un certo tipo di mala medicamenta, con la conseguenza che la potio, fatta assumere al giovane e insciente amante, ha avuto come effetto, stando alla tesi del difensore della vittima, una malattia ancor più grave e devastante. Va detto, per incidens, che l’autore delle due declamazioni fa uso dell’intero paradigma di vocaboli allusivi a forme di intervento benefico o malefico su chiunque, alla stessa stregua del giovane, si configuri come un paziente da ‘trattare’; vocaboli come potio, venenum, remedium e medicamentum corrispondono, in loco, pienamente a una classificazione che assegna rispettivamente a venenum il compito di specificare la particolare incidenza nell’alterare le condizioni psicofisiche di chi lo assume o lo subisce (per quanto talvolta l’incidenza possa essere benefica, il più delle volte venenum si presta

16 Cfr., in proposito, Calboli 2010, 138-159. 17 È d’obbligo, a questo proposito, il riferimento al ricco commento di cui godono le due declamazioni in Longo 2008. 36

decisamente a significare l’atto dell’avvelenamento); a potio il compito di specificare la modalità dell’assunzione di un farmaco, assunzione avvenuta per bocca (poi per metonimia, potio si allarga a significare il contenuto inteso come sostanza liquida, i cui effetti possono essere benefici o letali); a remedium e a medicamentum il compito di confermare quanto già nelle differentiae verborum aveva sinteticamente distinto Carisio, gramm. p. 387, 12 B. (remedium, ne periclitemur, datur, medicamentum ad subita pericula aptatur; atque ita remedium submovet imminentia, medicamentum sanat inlata): in altre parole, remedium, nella prospettiva di chi è ammalato, contrassegna qualsiasi cosa si riveli efficace perché il male non peggiori (ne periclitemur) e perché non intervengano complicazioni (submovet imminentia); medicamentum per parte sua garantisce una profilassi contro rischi inattesi e improvvisi (ad subita pericula aptatur) e procura la guarigione rispetto ad accidenti ai quali purtroppo si viene esposti (sanat inlata). Sembrerebbe che nel testo delle due declamationes non ci sia posto per i mala medicamenta, a meno che la specie dematerializzata, sotto cui, come si è visto, essi possono aver luogo e colpire, non sia da cogliere nell’arringa finale di chi parla per conto della meretrix: Non inprecamur debilitates, naufragia, morbos: pauper sit et amet quamcumque meretricem et amare non desinat!18. L’opzione malevola da cui si prendono le distanze, come si coglie immediatamente, è quella infatti che prevede il malaugurio, quel malaugurio di sventure che, come si vedrà nel seguito di questo saggio, sarà altrove sinteticamente mediato dal sintagma mala medicamenta con il conseguente allineamento di questi ultimi alle odiosae artes e con la conseguente implicazione, perché abbiano effetto, della forza della magia. Inquadrato in questa accezione, il malum medicamentum, dunque, per essere ‘propinato’ non solo necessita di poter contare sulla imprevedibilità dell’attacco e sull’assoluta ‘incoscienza’ o ‘ignoranza’ del destinatario, ma deve, per raggiungere il suo risultato, superare le distanze fisiche che lo separano dal malcapitato e deve agire ‘eminus’, tanto per usare un linguaggio militare. Ne discende di conseguenza il fatto che il perpetratore dovrà agire con la mediazione di forze occulte, attivate grazie al ricorso a potenze magiche capaci - con precationes, carmina, execrationes e, più in generale, susurri - di introdurre nella vittima i germi delle più varie malattie, fino alla morte. Diventa comprensibile, in siffatta dimensione, il dato secondo cui la paura dell’altro si faccia ancora più contagiosa, oltre che angosciante, e spinga a una profilassi che ha come suo scopo quello di prohibere o di arcere il

18 Ps. Quint. decl. 15,14. 37

proditorio attacco esterno, scegliendo magari il muro di casa, ad esempio, come un vallo o una palizzata da dotare di amuleti19 per scongiurare il malaugurato rischio e le nefaste conseguenze della perfida aggressione.

2. Il malum medicamentum: un’arma da far paura

Proprio il riferimento a un apparato di difesa che possa contra magicas insidias pollere (tanto per citare Plin. nat. 28,105) allarga il discorso alla profilassi messa in campo dai cives romani nella loro vita privata. Parlando delle misure di difesa alle quali il cittadino romano poteva far ricorso per fronteggiare il rischio di subire violenza, Max Conzémius fa una riflessione che si avvicina molto alla nostra indagine: “La magia” - egli scrive - “è una forza aggressiva utilizzata non diversamente da un'arma. Era una minaccia peggiore dell’attacco di banditi nella vita quotidiana, anche se non necessariamente portava alla morte. Anche un furto potrebbe essere commesso con l'aiuto della magia”20. L’esempio addotto nel frangente dallo studioso è tratto, come lui stesso ammette, da tutte quelle ricette magiche, il cui scopo è quello di impedire ai cani di abbaiare contro chiunque ricorra a questi amuleti; è sempre la magia - a dire dello studioso - a propiziare il furto, senza dover per forza neutralizzare gli animali da guardia, possibilità, quest’ultima, contemplata ed esecrata nell’ambito delle XII Tavole (8.4: qui fruges excantassit…), laddove si criminalizza chiunque con formule magiche sottrae il raccolto dal campo del vicino. Per la precisione, Conzémius, a monte, si sofferma sul termine veneficium, chiarendo il non troppo sottile distinguo, allorché lo si voglia tradurre in atti criminali, fra ‘veleno’ e ‘azione magica’: “The Roman word veneficium does not allow a straightforward translation. It is commonplace now to point out that this term means both poison and magic. As Graf points out, ancient medicine did not have the knowledge of biochemistry that allows our forensic science to detect poison. Clear distinctions were difficult in the aftermath of a suspicious death. Nor was magic considered less rational and scientific than poison. Plants were, as Pliny shows us, major ingredients in both. To the Romans, therefore, anything that killed without visible wounds could be termed veneficium. Our modern distinction has no place in ancient Roman thought. This chapter will nevertheless use it, and focus on the supernatural to the exclusion of poisoning, where the

19 Cfr, sull’argomento, Gil 1966, 201-202; Martini 1977, 156. 20 Cfr. Conzémius 2013, 133. 38

broader terminology of the ancient sources allows us clearly to differentiate between them. Though this removes us one step from the ideas of the ancient Romans, there is not enough space to consider all the possible means of protecting against poisoning”21. Con il sussidio bibliografico di Graf22 e di Rives23, Conzémius pertanto mira a sottolineare l’incidenza della forza della magia nelle strategie di attacco ad personam, strategie che pertanto richiedevano un’azione contrastiva riassumibile nell’espressione formulare vim vi repellere24, laddove la forza chiamata in causa è quella sprigionata dagli agenti magici provenienti, nei casi che vedremo più in là, dalle risorse della Natura. L’attingere, peraltro, a siffatte risorse presuppone che ci sia chiaro quanto, a differenza di quello che succedeva duemila anni fa, sembra oggi difficile da conciliare, ossa la medicina razionale e quella magica25: “Nell’antichità” - scrive Daniela Fausti - “di fatto la situazione si presentava molto più fluida, perché il repertorio terapeutico a disposizione, di origine animale, vegetale o minerale era all’incirca comune, ma gli si potevano attribuire proprietà differenti, che talvolta sconfinavano nel magico, come per piante o parti di animali usate come amuleti”26. Non è un caso che lo stesso Conzémius citi un esempio di derivazione pliniana utile a rafforzare la più che probabile esegesi di mala medicamenta in termini che vedono coincidere le odiosae artes con le insidiae magicae: “More exotic are the counter-spells of the Magi, which may include burning the gall of a black male dog, fumigating and purifying a house to make it impervious to spells. The same effect is achieved by sprinkling the walls with the dog’s blood (Pliny, NH. 30.82)27. It is unclear whether these defensive spells, shielding the entire house or farmstead, were expected also to work against thieves by countering the enchantments they used to keep dogs silent. The latter

21 Conzémius 2013, 132-133. 22 Graf 1996, 46. 23 Rives 2003, 319-320. 24 Ulpiano, D.43,16,1,27: vim vi repellere licet Cassius scribit idque ius natura comparatur. 25 Sul ruolo dell’erboristeria su entrambi i campi si sofferma con dovizia di dati Delatte 1938, 1-23. 26 Fausti 2015, 31. 27 Fel canis nigri masculi amuletum esse dicunt Magi domus totius suffitae eo purificataeve contra omnia mala medicamenta, item sanguinem canis respersis parietibus genitaleque eius sub limine ianuae defossum (“I Magi dicono che il fiele di cane maschio nero funge da amuleto, facendo con esso fumigazioni e purificazioni per tutta la casa, contro ogni maleficio, oppure il sangue di cane, cospargendone le pareti, e interrando il suo membro genitale sotto l’uscio di casa”: trad. di U.Capitani). 39

spells were acting not so much defensively for the thief as offensively against any dog he might encounter. As such, it could be counted as mala medicamenta, and the various means listed above would have undone the thief’s protection and allowed him to be detected. We would thus be faced with another example of the «magical arms race»”28; per coerenza Conzémius arriva pertanto a questa conclusione: “also, mala medicamenta can be used for both poison and magic”29. In verità, per quanto lo studioso non si ponesse gli stessi problemi di semantica affrontati dianzi, la cornice in cui Conzémius aveva inserito il locus pliniano è la stessa usata da Ogle30 in un lungo saggio dedicato alla rilevanza rivendicata dalla soglia di casa quale luogo da cui esercitare la profilassi per tenere lontane le forze del male, denominate in alcuni casi - stando alle fonti latine utilizzate (quasi esclusivamente la Naturalis historia di Plinio) - proprio mala medicamenta: va da sé che, in forza delle seguenti testimonianze, la ‘iunctura’ in questione non possa e non debba essere interpretata se non nella medesima accezione che sottende i voti di malaugurio contenuti nelle succitate occorrenze tratte da Sen. ben 6 e da Ps. Quint, decl. 19,15,14, un’accezione, pertanto dematerializzata. Non si spiegherebbe, altrimenti, la funzione profilattica affidata globalmente alla porta di casa, specie nei casi in cui essa viene esplicitamente chiamata in causa. Che nella attribuzione di tale funzione i Greci e i Romani appuntassero la loro attenzione specificatamente sulla soglia o sulla porta di casa è così spiegata da Ogle31: “Is seen from the fact that beneath the threshold, or on the door, were placed prophylactic substances to protect the house from evil spirits, and that the threshold, the vicinity of the door, was the place for performing all sorts magic rites, which are, in the last analysis, generally concerned with the spirits of the dead. We read in Plin. N. H. 29,67: draconis caput limini ianuarum subditum propitiatis dis fortunatam domum facere promittitur; and again, 30,82: contra omnia mala medicamenta, item sanguinem canis respersis parietibus genitaleque eius sub limine ianuae defossum […]. The same ideas led the Roman to strike his door-posts and threshold thrice with branches of the arbute-tree in order to keep out ‘striges’ (Ov. F. 6,155); and to hang a frog on the door of the granary for the protection of the grain (Plin. 18,303). Pliny, 29,83, also tells us that a bat serves as an amulet if hung by its feet to the lintel of the sheep-fold; and again

28 Conzémius 2013, 144-145. 29 Conzémius 2013, 133. 30 Ogle 1911, 254. 31 Ogle 1911, 254-256. 40

(32,44), that the ‘stella marina’, if smeared with the blood of a fox and fastened by an iron nail to the lintel of the door, prevents the entry of ‘mala medicamenta’. For a similar reason, - ‘ne quid mali medicamenti inferretur’ - it was the custom for newly-wedded brides to anoint the door- posts with wolf’s fat (Plin. 28,142; cf. ib. 28,135). Pliny likewise states, in writing of the virtues of iron (34,151), that nails torn from graves and fastened to the threshold have power against ‘nocturnae lymphationes’; and (28,85), that the tricks of the Magi are brought to naught “tactis menstruo postibus”; the same end was also gained, Plin. 28, 104, by affixing a mixture barley and blood to the posts. In order to turn all men’s against an enemy, says Plin. 28,117; the intestines of a chameleon should be mixed with monkey’s urine and affixed to his door”. Proprio l’inventario curato da Ogle autorizza a indagare su altre modalità, con le quali i Romani creavano ‘una barriera’ alle disgrazie che le maledizioni pronunciate da un anonimo avversario evidentemente propiziavano. Non basta dunque ad arginare le paure la predisposizione sulla soglia o sui battenti di casadi quanto era ritenuto capace di respingere le odiose fatture; stando infatti ad altre occorenze del nesso mala medicamenta in Plinio, nello Ps. Apuleio e in Sesto Placito, la dotazione contro le fatture si allargava a comprendere - com’è comprensibile - tutta una serie di amuleti, la cui funzione, a differenza dei casi in cui alla previsione di mala medicamenta si accompagna la preparazione o l’assunzione di antidoti, è indubbiamente quella di prevenire qualsiasi accidente da qualsiasi parte o persona provenga. È il caso di Plin. 25,115: a nostris tuber terrae vocatur, in omnibus serenda domibus, si verum est, ubi sata sit, nihil nocere mala medicamenta; 25,129-130 Antirrinum vocatur sive anarrinon lychnis agria, simile lino, radice nulla, flore hyacinthi, semine vituli narium. et hoc perunctos venustiores fieri nec ullo malo medicamento laedi posse vel si quis in bracchiali habeat, arbitrantur Magi […]. Artemisiam quoque secum habentibus negant nocere mala medicamenta aut bestiam ullam, ne solem quidem; 28,69: Osthanes contra mala medicamenta omnia auxiliari promisit matutinis suam cuique instillatam in pedem; 28,105: excrementa sive ossa reddita, cum interematur, contra magicas insidias pollere; fimum, quod in intestinis inventum sit, arefactum ad dysintericos valere, potum inlitumque cum adipe anserino toto corpore opitulari laesis malo medicamento32.

32 “Gli escrementi evacuati o i pezzi d’osso resi al momento dell’uccisione di una iena avrebbero potere contro le macchinazioni dei Magi; lo sterco trovato negli intestini, 41

Insomma, la Natura, con le sue risorse vegetali, animali e minerali si configura come l’unico possibile baluardo contro tutte quelle macchinazioni che i professionisti della magia (i Magi innanzitutto) sono capaci di ordire a danno della salute psicofisica del cittadino. Per ridurre lo stato di ansia di quest’ultimo, Plinio si vedeva costretto, suo malgrado, da un lato a menzionare i Magi e a imputare loro i più criminali attentati alla serenità e alla salute dell’umanità e dall’altro a menzionare le loro più fantasiose e assurde ricette per stornare i pericoli derivanti da pratiche maligne. In questa prospettiva trova ampio spazio la magia, sia quella nera, sia quella bianca, qui intesa come profilassi contro gli attacchi portati per il tramite di precationes. In questo sforzo, teso a ridurre le paure dei suoi contemporanei, Plinio, con il suo deposito di informazioni empiriche non rimarrà solo e in qualche modo farà scuola. Alla stessa generosa vocazione a giovare all’umanità impaurita rinviano le ricette magiche tramandate dallo Ps. Apuleio e da Sesto Placito, campioni di istruzioni e suggerimenti tratti rispettivamente dal mondo vegetale e da quello animale. È questa l’intenzione, infatti, con cui mette a disposizione la sua competenza lo Ps. Apuleio in almeno due loci: 10,1 (Herba artemisia, si quis iter faciens eam se cum in manu portauerit, non sentiet itineris laborem. Fugat et daemonia et in domo posita prohibet mala medicamenta. Auertit oculos malorum hominum), a proposito dell’herba Artemisia (la testimonianza, come si può facilmente evincere, rispetto agli effetti già menzionati allo stesso proposito da Plinio il Vecchio, ingloba non solo l’azione maligna, ma anche la perfida intenzione di quanti gettano il malocchio sul prossimo); CXXXI,7 (Si qua generis cuiusque malitia in domo uisa fuerit. Herbae mandragorae quantumcumque in media domo habeat, omnia mala espelli; si attribuiscono alla mandragora33 effetti non dissimili da quelli già citati da Plinio). E sempre a Plinio si ricollega Sesto Placito, il quale -a dire di Gaillard-Seux34- non disdegna di usare la patina della superstizione su quanto apprende dall’autore della naturalis historia. Exempli gratia, possono bastare queste due sue incursioni nel tema dei mala medicamenta: ‘Ne domus malo medicamento tentari possit’ Canis fel masculi nigri, per domum aspersum,domus purgat et efficit ne ullum alicui malum medicamentum inferat. Item Caninus sanguis parietibus

seccato e bevuto, andrebbe bene per i malati di dissenteria; spalmato col grasso d’oca, avrebbe un benefico effetto in tutto l’organismo su coloro che sono vittime di un sortilegio” (trad. di U.Capitani). 33 Cfr, in proposito, Fausti 1998. 34 2007, 150. 42

domus aspersus, eam a malis medicamentis liberat; ‘Adversus mala medicamenta’ Cor ipsius vulturis facit, si in pelle lupina circa brachium sabea, dextrum nullum medicamentum tibi nocere poterit , nec serpens, nec latro,nec ulla malitia, nec quidem fantasma senties, nec per heremum qui iter facit. A fare da collante con la ‘provvidenza della natura’ di matrice pliniana - com’è facile dedurre - non sono solo alcune specifiche risorse messe a disposizione dalla benefica ‘madre di tutte le cose’, ma anche la ben collaudata ‘iunctura’ mala medicamenta, che suggella il bisogno di adottare i più sperimentati amuleti nella illusione di stornare gli effetti delle vigliacche maledizioni di quanti, mossi da malitia, insidiano la tranquilla esistenza di privati cittadini. Al paventato utilizzo di odiosae artes da parte dei nemici e al conseguente metus che paralizza le ignare vittime, la società romana risponde quindi con adeguate misure di legge, ma anche con misure protettive sentite forse come più rassicuranti, quelle cioè mutuate dalla magia implicita nelle risorse della Natura. Solo in questa prospettiva acquistano valore le singolari affermazioni di Seneca (Nulla ad aures nostras vox inpune perfertur: nocent qui optant, nocent qui execrantur. Nam et horum inprecatio falsos nobis metus inserit et illorum amor male docet bene optando; mittit enim nos ad longinqua bona et incerta et errantia, cum possimus felicitatem domo promere: epist. 94,53) e Plinio il Vecchio (defigi quidem diris precationibus nemo non metuit: nat. 28,19), allorché ognuno, a modo suo, riconosce il peso determinante che sulle coscienze dei loro contemporanei esercita il potere magico delle parole, quando queste sono dirette a procurare infelicità per il tramite di bieche precationes/imprecationes35. Non è un caso che l’uno

35 Per una documentazione in tal senso, credo che esemplarmente siano sufficienti le voci di Tacito e di Svetonio; il primo (Ann. 6,24: Etiam sua verba centurio saevitiae plena, tamquam egregium, vocesque deficientis [scil. Drusi] adiecerat, quis primo alienationem mentis simulans quasi per dementiam funesta Tiberio, mox, ubi exspes vitae fuit, meditatas compositasque diras imprecabatur, ut, quem ad modum nurum filiumque fratris et nepotes domumque omnem caedibus complevisset, ita poenas, nomini generique maiorum et posteris exsolveret) riporta la notizie delle angherie alle quali Druso fu sottoposto da Tiberio, al punto da essere indotto in punto di morte ad augurare all’imperatore di scontare il fio delle colpe commesse; nello specifico, Tacito dice testualmente che Druso meditatas compositasque diras imprecabatur; il secondo (Svet. Cal. 28,1: reuocatum quendam a uetere exilio sciscitatus, quidnam ibi facere consuesset, respondente eo per adulationem: deos semper oraui ut, quod euenit, periret Tiberius et tu imperares, opinans sibi quoque exules suos mortem imprecari, misit circum insulas, qui uniuersos contrucidarent) ‘fotografa’ la paura di Caligola, il quale, timoroso, sulla scorta di precedenti ‘illustri’, che anche a lui possa essere augurata la 43

e l’altro intellettuale sanciscono nel frangente un diretto collegamento fra l’azione del maledire e la correlata paura che tale azione stimola nei destinatari delle maledizioni: e se Seneca cerca di convincere a ritenere che simili paure sono infondate, Plinio, per parte sua, non ha dubbi nel credere che tutti vivono nel terrore di essere oggetto di un devastante malaugurio. “En Roma” - scrive convintamente David Ros Gil36 - “el miedo al poder dañino de la palabra se manifiesta de múltiples modos. En primer lugar, el romano de a pie cree firmemente que a través de determinados ensalmos se puede causar daño a otra persona. “No hay nadie - dice Plinio en un conocido pasaje (nat. 28.19) - que no tema ser víctima de un conjuro maléfico” (defigi quidem diris precationibus nemo non metuit37). Y, por lo que parece, Plinio se incluye a sí mismo38. Séneca, cuya obra posee una mayor profundidad filosófica, proporcionará una explicación racional a todo ello (epist. 94.53): no hay palabra - dice Séneca - que resulte inocua a nuestros oídos (nulla ad aures nostras vox impune perfertur) y sufren en efecto daño quienes son víctimas de una imprecación (… nocent qui exsecrantur); pero el motivo de ello es que esa imprecación viene a infundir en nosotros falsos miedos (nam et horum imprecatio falsos nobis metus inserit). En definitiva, parece que Séneca apunta al poder de la sugestión provocada por esas palabras de maleficio. Es ésta, sin embargo, la reflexión del intelectual. Y es algo aislado. Como decíamos, el romano de a pie, y también la gente instruida, cree en el poder maléfico de la palabra”.

morte, escogita come soluzione quella di eliminare quanti avrebbero avuto interesse a toglierselo di mezzo. 36 Ros Gil 2015, 43. Il voluminoso saggio si impone per la ricchezza dei dati e per l’aggiornata bibliografia, alla quale si rinvia. 37 Cfr., a proposito della fede che Plinio ha nella forza magica della parola, Gaillard-Seux 2004, 91-92. 38 Il riferimento è a Luck 1995, 77. 44

BIBLIOGRAFIA

Calboli 2010 = G. Calboli, L’eros nelle declamazioni latine (una pozione di contro-amore), Rhetorica 28,2, 2010, 138-159. Conzémius 2013 = M. Conzémius, Private Security in Ancient Rome, Pétange 2013. Delatte 1938 = A. Delatte, Herbarius. Recherches sur le cérémonial usité chez les anciens pour la cieillette des simples et des plantes magiques, Lìege 1938. Escribano Paño 2010 = M. V. Escribano Paño, Heretical Texts and Maleficium in the Codex Theodosianus (CTh. 16.5.34), in R. L. Gordon- F. M. Simón (curr.), Magical Practice in the Latin West, Leiden - Boston 2010, 105-138. Fausti 2015 = D. Fausti, Farmaci ed Amuleti: Ai confini del razionale nella medicina antica, QRO 7, 2015, 30-51. Fiorentini 2013 = M. Fiorentini, I giuristi romani leggono Omero. Sull’uso della Letteratura colta nella Giurisprudenza classica, BDR ser., IV, 3, 2013, 167-197. Gil 1966 = L. Gil, Therapeia.La medicina popolare en el mundo clásico, Madrid 1969. Graf 1996 = F. Graf, Gottesnähe und Schadenzauber: Die Magie in der Grieschich-Römischen Antike, München 1996. Hobenreich - Rizzelli 2015 = E. Hobenreich - G. Rizzelli, Poisoning in Ancient Rome: the Legal Framework, the Nature of Poisons, and Gener Stereotypes, in Ph. Wexler (cur.), History of Toxicology and Environmental Health, I, Amsterdam - Boston - Heidelberg - London 2015, 42-51. Longo 2008 = G. Longo, [Quintiliano], La pozione dell’odio (Declamazioni maggiori, 14-15), Cassino 2008. Luck 1995 = G. Luck, Arcana Mundi: Magia y ciencias ocultas en el mundo griego y romano, E. Gallego Moya (trad.), Madrid 1995. Martin 2010 = M. Martin, Sois maudit! Malédictions et envoûtements dans l’Antiquité, Paris 2010. Martini 1977 = M. C. Martini, Piante medicamentose e rituali magico- religiosi in Plinio, Roma 1977.

45

Mirecki - Meyer 2002 = P. Mirecki - M. Meyer, Magic and Ritual in the ancient World, Leiden 2002, 190. Ogden 2002 = D. Ogden, Magic,Witchcraft, and Ghostsin the Greek and Roman Worlds, Okford 2002. Ogle 1911 = M. B. Ogle, The House-Door in Greek and Roman Religion and Folk-Lore, AJPh 32, 3, 1911, 251-271. Pennacchio 2014 = C. Pennacchio, Farmaco, un Giano bifronte. Dei veleni e medicamenti, ovvero breve storia di un ossimoro, SDHI 80, 2014, 117-169. Rives 2003 = J. B. Rives, Magic in Roman Law: the reconstruction of a crime, CA 22,2, 2003, 313-339. Rives 2006 = J. B. Rives, Magic, Religion, and Law: The Case of the Lex Cornelia de Sicariis et Veneficis, in C. Ando - J. Röpke (curr.), Religion and Law in Classical and Christian Rome, Stuttgart 2006, 47- 67. Ros Gil 2015 = D. Ros Gil, Laedere verbis. El daño causado con la palabra y su represión en la antigua Roma, Diss., Valencia 2015. Stella Maranca 1927 = F. Stella Maranca, Omero nelle Pandette, BIDR 35, 1927, 1-53. Totelin 2016 = L. M. V. Totelin, Pharmakopolai: A Re-Evaluation of the Sources, in W. V. Harris (cur.), Popular Medicine in Graeco-Roman Antiquity: Explorations, Leiden 2016, 65-86.

46

47

48

ANNO ACCADEMICO 2018

49

50

Inaugurazione dell’Anno Accademico 2018

PROGRAMMA

16,30 Saluto di benvenuto ai nuovi Soci Accademici e consegna dei Diplomi

16,45 Saluto delle Autorità

17,00 Relazione programmatica 2018 del Presidente Prof. Eugenio Scandale

17,15 Prolusione del Socio Prof. Massimo Inguscio “Accademie, Università e Ricerca Scientifica”

18,00 Intervento del Prof. Antonio Iazzi - Università del Salento “Il complesso rapporti tra Ricerca e Territorio”

18,30 Intervento del Presidente del Consiglio della Regione Puglia Dr. Mario Loizzo

SALA CONFERENZE Università del Salento Piazza Tancredi, 7 LECCE

11 dicembre 2017

51

Relazione programmatica del Presidente Prof. Eugenio Scandale

Illustri Accademici, Magnifici Rettori e loro Delegati, Autorità, Gentili Ospiti

Benvenuti all'Adunanza Solenne con la quale si apre ufficialmente il 93° Anno Accademico dell’Accademia Pugliese delle Scienze, nata a Bari il 10 dicembre 1925 per volontà dei Clinici medici chiamati a dare vita alla Facoltà Medica della neo istituita Università. Nell’aprire questo nuovo Anno Accademico ringrazio tutte le autorità, gli amici e gli estimatori dell’Accademia che ci hanno reso omaggio con i loro messaggi, non potendo essere oggi qui con noi. Esprimo profonda gratitudine al Magnifico Rettore dell’Università del Salento, Prof. Vincenzo Zara, per aver voluto condividere con noi questo momento importante della vita dell’Accademia, offrendoci la possibilità di celebrare l’Adunanza nella Sala delle Conferenze dell’Università. Allo stesso tempo ringrazio sentitamente i Soci Stefano Adamo, Luigi De Bellis e Giuseppe Mauro Ferro per l’impegno profuso nella organizzazione di questa Cerimonia. La Celebrazione di oggi a Lecce viene dopo quella tenutasi lo scorso anno a Foggia, in collaborazione con la locale Università, e conferma la volontà dell’Accademia, nonostante storicamente abbia sede a Bari, di svolgere il proprio compito statutario in chiave non localistica e, allo stesso tempo, l’ospitalità offerta da tutte le Università indica il riconoscimento dell’Accademia come Istituzione Culturale di valenza regionale. È lecito sostenere che questa importante funzione sia nel DNA dell'Accademia, infatti il Prof. Nicola Leotta, primo Presidente dell’Accademia, nel suo discorso inaugurale affermava che “L’Accademia Pugliese delle Scienze ha un programma che sorpassa i limiti e i confini regionali, e prende carattere e importanza nazionale”. Posso asserire con orgoglio che la “previsione-auspicio” di Leotta si è realizzata. Basti ricordare che l’attività svolta dai Soci ha determinato l’ingresso della nostra Accademia nella “Unione Accademica Nazionale – U.A.N.”, con sede a Roma, che la associa alle 13 più prestigiose Accademie Scientifiche Italiane di interesse nazionale, tra le quali l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Accademia della Crusca e l’Accademia Pontaniana, solo per citare le più antiche. 52

Questo importante riconoscimento ci onora e ci vincola moralmente a proseguire nell’impegno di diffondere scienza e conoscenza, condividendo i risultati delle ricerche.

Durante il 2017 sono stati accolti i seguenti nuovi Soci, rilevanti per la loro eminenza scientifica e precisamente

Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali

Soci Ordinari

Prof.ssa Milena Grazia Rita SINIGAGLIA Ordinario di Microbiologia Agraria Università di Foggia

Prof. Angelo VACCA Ordinario di Medicina Interna Università di Bari Soci Corrispondenti

Prof. Umberto BERTELE’ Emerito di Strategia Politecnico di Milano

Prof. Salvatore CAMPOSEO Associato di Arboricoltura generale, Università di Bari

Prof. Angelo CAROTTI già Ordinario di Chimica Farmaceutica, Università di Bari

Prof.ssa Filomena CORBO Associato di Chimica Farmaceutica Università di Bari

Prof. Nicola CUFARO PETRONI Associato di Calcolo delle Probabilità e Statistica Matematica - Università di Bari

Prof. Pietro DE PALMA Ordinario di Macchine a Fluido Politecnico di Bari

53

Prof. Francesco LATTARULO già Ordinario di Elettrotecnica Politecnico di Bari

Prof. Domenico RESTA Presidente del Centro Studi di Storia e Cultura di Turi

Classe di Scienze Morali Soci Ordinari

Prof. Marcello MARIN Ordinario di Letteratura Cristiana Antica Università di Foggia

Soci Corrispondenti

Prof.ssa Giovanna IACOVONE Associato di Diritto Amministrativo Università della Basilicata

Prof. Tito ORLANDI già Ordinario di Egittologia e Civiltà Copta, Università di Roma “La Sapienza

Ai nuovi Soci va il nostro collegiale ed amichevole benvenuto con l’auspicio che con la loro eminente operosità scientifica, ma anche con la loro sapienza culturale, contribuiscano al progresso civile e al benessere comune del territorio. A tutti Soci rivolgo un caloroso invito a sentire con orgoglio l’appartenenza a questa prestigiosa Istituzione e manifestarla partecipando alle attività e promuovendone di nuove. A conclusione del conferimento dei Diplomi, vorrei osservare con rammarico che il problema della disparità di genere nelle Accademie, la nostra come le altre, permane in modo importante. Le Accademie sembrano roccaforti inespugnabili. In particolare la percentuale di donne nelle due Classi di questa sera pari al 23% è superiore alla media complessiva nella nostra Accademia pari al 11%. Decisamente troppo bassa. Il lavoro degli Organi Statutari nel 2017 si è sviluppato lungo tre direttrici: Rapporti con Università ed Enti Culturali Pugliesi, Situazione economica, Attività istituzionale. 54

Rapporti con Università ed Enti Culturali Pugliesi

Il Consiglio Direttivo eletto nell’Ottobre 2016 (composto da Pasquale Corsi, Vice Presidente, Ugo Patroni Griffi, Tesoriere, Vito Albino, Vittorio Marzi, Francesco Sdao per la Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali, Stefano Adamo, Giovanni Cipriani, Fernando Schirosi per la Classe di Scienze Morali), forte della presenza di autorevoli Soci rappresentativi di ciascuna delle quattro Università pubbliche regionali e di quella della Basilicata, ha intensificato i rapporti con le citate Università, impegnandosi a promuovere la diffusione della conoscenza delle eccellenze scientifiche locali e la costituzione informale di nuclei territoriali dell’Accademia, avviando e portando a compimento numerose iniziative di cui sarà dato conto nel prosieguo della Relazione. A tutti loro e al Segretario dell’Accademia, Prof. Mario Spagnoletti, va il vivo ringraziamento mio personale e, soprattutto quello dei Soci dell’Accademia, per la loro amichevole ed attiva collaborazione che, a dispetto della limitatezza di mezzi e di personale, rende possibile continuare a mantenere alto il prestigio dell’Accademia. È continuata e si è intensificata la collaborazione con la Società di Storia Patria per la Puglia, con il Centro Interuniversitario “Seminario di Storia della Scienza”, di cui proprio oggi viene celebrato a Bari il 50° anniversario della sua fondazione, e con l’Accademia di Belle Arti di Bari - Istituzioni queste tutte dirette o presiedute da Soci dell’Accademia - e con il Conservatorio di Musica “N. Piccinni” di Bari. Sono stati inoltre proficuamente approfonditi i rapporti con realtà culturali, in specie il Teatro Pubblico Pugliese, l’Accademia di Belle Arti di Foggia e il Collegium Musicum. Infine in attuazione del Protocollo d’Intesa, sottoscritto in data 12/12/2016, l’Accademia Pugliese delle Scienze e il Consiglio Regionale della Puglia - Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale “Teca del Mediterraneo” hanno dato vita ad un intenso programma di attività sviluppando il Progetto “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente”.

Situazione economica

Le sole fonti economiche certe dell’Accademia sono le quote annuali versate dai Soci.

55

Altre risorse provengono dai contributi versati dal MiBACT a valere sulla legge 534/1996, art. 8, cui nel corrente anno si è aggiunto per la prima volta quello derivante dal 5 per mille. Si tratta di importi, ciascuno di limitata entità, che hanno in comune la caratteristica di essere variabili e discontinui. Il loro totale non garantisce la copertura della retribuzione dell’unica dipendente dell’Accademia, la Sig.ra Giovanna Panebianco. A partire dal 2015 le Università pubbliche pugliesi e il Politecnico di Bari hanno deliberato di accordare un contributo annuale, in proporzione alla grandezza relativa di ciascuna di esse, per la gestione ordinaria dell’Accademia. Ciò ha consentito nel biennio 2016-17 la realizzazione delle attività programmate e, allo stesso tempo, di assicurare la necessaria continuità stipendiale alla Sig.ra Panebianco anche se, per contenere le spese e far quadrare i Bilanci, è stato necessario concordare la riduzione dell’orario di lavoro. Auspicando che questa riduzione sia solo temporanea, ho il dovere di riferire, rendendole merito, che il suo impegno lavorativo e la dedizione all’Accademia sono rimaste inalterate. Siamo profondamente grati alle citate Università perché la solidarietà mostrata, nonostante abbiano qualche difficoltà di Bilancio, ha un significato che travalica l’importanza materiale delle cifre, essendo il segno più alto della condivisione dei nostri fini e dei nostri scopi istituzionali. Questo atto, per niente dovuto, deve essere ben ponderato dai Soci dell’Accademia perché rispecchia la richiesta del sistema delle Università Pubbliche Pugliesi di impegnare tutta la nostra energia per corrispondere al meglio alla missione affidataci dallo Statuto, di promuovere ed incrementare le Scienze Fisiche e le Scienze Morali in Puglia. Si deve tuttavia convenire che la programmazione di progetti scientifici poliennali di ampio respiro, che abbiano una significativa ricaduta per la collettività regionale e nazionale, non può essere legata a cespiti, aleatori e non definibili a priori, quali i contributi volontari e facoltativi delle Università, le contribuzioni ministeriali annuali e forme di erogazioni liberali per il settore no profit. Inoltre la modestia dei nostri Bilanci e la esiguità numerica del personale dipendente ci impediscono di candidarci a bandi importanti che prevedano forme di cofinanziamento. Nelle condizioni date è solo possibile impostare una programmazione a breve. Negli anni a venire, senza escludere alcuna tipologia di entrata, sarà indispensabile lavorare per individuare forme di finanziamento che abbiano caratteristica di certezza e di continuità, quali quelle che potrebbero 56 provenire da una Legge Regionale in analogia a quanto già da tempo deliberato dalle altre Regioni italiane, Campania, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto per la gestione ordinaria delle Accademie Scientifiche di rilievo nazionale consociate nella U.A.N.

Attività istituzionale

Nonostante le difficoltà economiche, l’Accademia ha svolto una intensa e brillante attività culturale, frutto del fervido appassionato e volontario lavoro dei Soci. Il fittissimo calendario delle attività dell’Anno Accademico 2017 non potrà essere dettagliatamente illustrato per il tempo limitato a disposizione, così come quello del prossimo 2018. Basti sapere che nei nove mesi di attività accademica 2017, da gennaio a novembre escludendo luglio e agosto, mesi in cui viene sospesa l’attività a norma di Regolamento, vi sono state 43 riunioni scientifiche e culturali. In media una attività per settimana. Per il resoconto puntuale dell’attività svolta si rimanda alla lettura della presente Relazione.

Come negli anni precedenti il programma di attività 2017 è consistito in:

× Attività accademiche scientifiche × Eventi culturali in collaborazione con altre Istituzioni culturali

20 Gennaio Prof. Vittorio Marzi, Conferenza in collaborazione con l’Associazione “ANDE” su “Corretta alimentazione”.

24 Gennaio Dott.ssa Giordano Simona e Stefania Girone, conferenza su “Agrobiodiversità in Puglia: proposte-risposte ai fabbisogni regionali di innovazione in tema di salute umana, sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile”.

25 Gennaio Prof. Riccardo Amirante e Dott.ssa Maria Lisa Clodoveo, sul tema “L’Olio Extravergine di Oliva del futuro è made in Puglia: nuove macchine ad ultrasuoni per migliorare la qualità del prodotto e l’efficienza del processo”.

57

1 Febbraio Prof. Antonio Quaranta, Presentazione del suo volume: “Invecchiamento e qualità della vita: ruolo di orecchio, naso e gola e dei sensi correlati”.

3 Febbraio Dott.sse Agnese Latorre , Daniela Bafunno, A. Maria Catino dell’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” sul tema: “Tabagismo, patologie correlate, differenze di genere”.

16 Febbraio Prof. Alfredo Sollazzo, “Primati del Regno borbonico dell’Italia Meridionale”.

22 Febbraio Prof. Mauro Mezzina, “Il viadotto ferroviario di Corso Italia a Bari”.

3 Marzo Dott. Franco Botta e Giuseppe Caccavale, Presentano il libro dal titolo “Mal di giardino. Natura e arte del verde”, con la presenza degli autori, intervengono i Proff.ri Franca Tommasi, Giuseppe Carlone, Maria Valeria Mininni.

8 Marzo Prof. Cosimo Damiano Fonseca, Presentazione del suo volume “I Templari “Grandezza e caduta della “Militia Christi”.

10 Marzo Prof. Anna Argentieri, “Il ruolo della donna nella I° Guerra Mondiale”.

15 Marzo Prof. Gianfranco Dioguardi e Prof. Nicola Costantino, sul tema: "Nuove alleanze per il terzo millennio Città metropolitane e periferie da recuperare" Moderatore Dott. De Tomaso, Direttore della Gazzetta del Mezzogiorno.

22 Marzo Prof. Paolo Amirante, “Dalla editoria cartacea alla diffusione della conoscenza per via informatica. Discussione di casi di studio.” con la partecipazione della Prof.ssa Lia Gisotti Giorgino.

29 Marzo Proff.ri P.Corsi e G.Poli, presentano il volume “Viva chi vince”. Il Gargano tra reazione e brigantaggio (1860/1864) del Socio Prof. Giuseppe Clemente.

5 Aprile Col. Vitantonio Laricchia, “Quattro passi tra le nuvole”. 58

12 Aprile Prof.ri Leo Lestingi e Franca Pinto Minerva, letture di brani Sharon Zeller, presentano il volume “I giardini dell’attesa” a cura del Prof. Peter Zeller.

19 Aprile Prof.ssa Giovanna Iacovone, su “Politiche Culturali e fiscali del MiBACT: con particolare riferimento all’Art-Bonus”.

27 Aprile Progetto: “Scienza Musica e Arte in Accademia” in 21 Giugno collaborazione con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia e Teca del Mediterraneo, Collegium Musicum, Accademia Belle Arti di Bari e Nuovo Teatro Abeliano.

3 Maggio Prof. Saverio Russo, “Storia del sale e delle saline pugliesi”.

18 Maggio Prof. Nicola Costantino. “Robot e Intelligenza Artificiale: verso la fine del lavoro come lo conosciamo?

24 Maggio Prof. Fernando Schirosi, “Il confidente delle donne: un grande contenitore ideologico”.

3 Giugno Concerto nell’ambito del Progetto “Scienza Musica Arte in Accademia” del Collegium Musicum– XXII Stagione Musicale 2017 “Il Violoncello M° G. Calabrese su musiche di Johann Sebastian Bach”.

7 Giugno Prof.ssa Loredana Barbarossa, Fabrizio Cillo, Vittorio Marzi, conferenza e mostra fotografica dal titolo “Il Fascino delle piante: il colore dei fiori”

10 Giugno Concerto nell’ambito del Progetto “Scienza Musica Arte in Accademia” del Collegium Musicum – XXII Stagione Musicale 2017: il Clavicembalo M° M.Visaggi su musiche di J.S.Bach , Jacques Duphly, Raffaele Gervasio, Domenico Scarlatti.

16 Giugno Dott. Erasmo Spada dell’Accademia di Belle Arti di Bari Disegno dal Vivo nel Parco di Villa La Rocca.

59

21 Giugno Serata conclusiva “Aspettando il Solstizio d’Estate“ Concerto del Collegium Musicum, Teatro Abeliano

23-24 Giugno Dott.ssa Elisabetta De Blasi, “Passione Extravergine”. Convegno su “I Linguaggi dell’Extravergine”

28 Giugno Presentazione del Fumetto a cura del Prof. Luigi Ricciardi, “Un fantastico viaggio nella biodiversità orticola apula”.

27 Settembre Prof. Gianfranco Dioguardi, Presentazione del volume “Per una scienza nuova del governo della città”.

2 Ottobre M° Rino Marrone Direttore del Collegium Musicum Anteprima Concerto

11 Ottobre Presentazione del volume a cura del Prof. Vittorio Marzi, su “La Murgia dei Trulli paesaggi, architettura, interni cultura e tradizione” - Anno dei Borghi d’Italia 2017, con la partecipazione del Prof. Ottavio Albano e del dott. Giancarlo Fiume

18 Ottobre Commemorazione del Prof. Luigi Ambrosi già Presidente dell’Accademia, Aula Magna del Palazzo Ateneo - Bari

8 Novembre Presentazione del volume del Prof. Umberto Bertelè, “Strategia” a cura dell’Autore.

10 Novembre Prof.ssa Giovanna Agrosì, “I difetti nei minerali. Tracce intellegibili per svelare i segreti del nostro pianeta. Il caso di studio del diamante.” Introduce e modera Prof. Eugenio Scandale.

20 Novembre Proff.ri Pasquale Corsi, Andrea Gramaticopolo, Domenico Semise, su “Mercenari e migranti all’alba dell’Era Moderna: “ Stratiotes”

21 Novembre “Giornata Nazionale degli Alberi” in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Bari

60

22 Novembre Prof. Marco Pesola, “Sulle tracce di Marco Polo: da Palmira al Celeste Impero”

29 Novembre Prof. Giuseppe De Mastro, “L’agricoltura di precisione”

11 dicembre Adunanza Solenne di Inaugurazione dell’Anno Accademico 2018 presso l’Università del Salento

15 dicembre Prof. Giuseppe De Mastro, “Tango Argentino”.

Patrocini

9 Marzo Patrocinio a: “Vigna e Olivo: Impieghi degli ultrasuoni per l’estrazione dell’extravergine di oliva”, organizzato dal dott. Gianluca Chieppa del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università di Bari con la partecipazione degli Accademici Proff. Riccardo Amirante e Maria Lisa Clodoveo.

11 Aprile Patrocinio al Workshop dell’Associazione Marie Curie Alumni (MCAA) nel giugno 2018, a cura della Dott.ssa Giovanna Avellis.

23 Maggio Patrocinio al Congresso Annuale della Società Italiana Studio della Aterosclerosi (SISA) Sezione Appulo-Lucana, organizzato dall’Accademico Prof. Piero Portincasa.

27 Maggio Patrocinio al Congresso “Malattie Rare: Screening, ricerca & cura”, in collaborazione con il Centro Regionale per le Malattie Rare, Regione Basilicata e CoReMeR-Ares Puglia, a cura dell’Accademico Prof. Piero Portincasa.

2 Giugno Patrocinio e partecipazione del Presidente alla manifestazione culturale e mostra iconografica dal titolo “La ciliegia fonte di benessere e salute tra arte e devozione” (Storia della ciliegia dal 1° sec. d. c. ai nostri giorni) in occasione della Festa Nazionale delle Ciliegie 2017, a cura del Dott. Stefano de Carolis.

7 Giugno Patrocinio e partecipazione alla “Giornata Internazionale del Fascino delle Piante 2017” indetta dall’Organizzazione Europea delle

61

Scienze delle Piante (EPSO), con Mostra Fotografica “Il Fascino delle Piante: il colore dei Fiori” nel Parco di Villa La Rocca a cura del Dr. Fabrizio Cillo e dell’Accademico Prof. Vittorio Marzi.

15 Giugno Patrocinio al Convegno “Nutrire la salute: prospettive, mercati, idee, opportunità” a cura della Prof.ssa Filomena Corbo.

23/24 Giugno Patrocinio e partecipazione al Convegno su “Passione Extravergine: I linguaggi dell’Extravergine”, a cura della Dott.ssa Elisabetta De Blasi.

6-7 Ottobre Patrocinio e partecipazione al 34° Convegno della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica (C.I.I.M.) a cura del Prof. Michele Pertichino, dell’Università di Bari.

21 Novembre Patrocinio e partecipazione alla “Giornata Nazionale degli Alberi”, presso Villa La Rocca, organizzata dall’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Bari, a cura del Presidente dell’Ordine, Dott. Giacomo Carreras.

Protocollo d’Intesa con il Collegium Musicum di Bari

E’ stato siglato un Protocollo d’Intesa con il Collegium Musicum di Bari in data 20 Febbraio 2017 che contribuirà alla diffusione delle conoscenze musicali tra i giovani studiosi delle Comunità Cittadina e Regionale. Inoltre renderà possibile la realizzazione di manifestazioni artistiche e culturali, incontri, concerti in stretta collaborazione con Enti operanti nel settore pubblico di alta formazione e ricerca musicale ed artistica. Grazie a questa Convenzione il Collegium è stato protagonista di alcune performance musicali presso la sede dell’Accademia nell’ambito del Maggio Metropolitano Barese 2017 ed in particolare di un Concerto in occasione della Festa Europea della Musica che ogni anno si celebra il 21 giugno nel giorno del Solstizio d’Estate.

Protocollo d’Intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia

Nel dicembre 2016 è stato siglato un Protocollo d’Intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia nel cui ambito si è sviluppata una proficua collaborazione con la Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale “Teca del Mediterraneo” che ha prodotto 62 diversi frutti tra i quali: 1) la catalogazione e informatizzazione del patrimonio librario dell’Accademia, di cui forniremo dettagli più avanti; 2) la realizzazione del Progetto “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente” sviluppando, dal 27 aprile al 21 giugno 2017, la manifestazione “Scienza Musica e Arte in Accademia”; 3) la ristampa di un libro ormai introvabile “Maggio di Bari 1951-1968” a cura di Pietro Marino, nell’ambito del Progetto “Verso il Maggio Metropolitano Barese”. Nel suo insieme, si è trattato di un’operazione culturale nella quale eventi scientifici e incontri a carattere fortemente interdisciplinare su argomenti floreali e ambientali, curati da Accademici e da Ricercatori delle Università di Bari e di Foggia e del Politecnico, trattati in maniera rigorosa e sapientemente divulgativa, hanno richiamato una larga partecipazione di pubblico che è costantemente cresciuta nel corso dello svolgimento della manifestazione.

Attività della Biblioteca

Oltre all’ordinario lavoro di gestione degli accessi alla consultazione, si è proceduto alla catalogazione e informatizzazione di tutto il ricco fondo della Biblioteca - libri moderni, libri antichi e fascicoli di riviste scientifiche. Il lavoro, affidato ad una Cooperativa di Servizi Culturali specializzata, si è concluso nel mese di ottobre 2017 anche grazie alla preziosa collaborazione della Sig.ra Panebianco. Sono stati inseriti nel catalogo Sebina Open Library i record relativi a monografie uniche, intermedie, superiori, inferiori, monografie senza titolo significativo, titoli contenuti, spogli di monografie, opuscoli, estratti ed altri titoli. I titoli sono stati poi collocati nelle sezioni di riferimento indicate tutte sotto una sezione di collocazione dedicata, denominata APS, attraverso la quale è possibile quindi effettuare ricerche mirate ad evidenziare e valorizzare il patrimonio bibliografico dell’Accademia, sia ad estrarre i vari cataloghi di sezione. Sono stati creati inoltre record relativi a 363 libri antichi, monografie di varia natura bibliografica, quasi tutti i creati ex novo in quanto non presenti nei cataloghi nazionali. Infine sono stati inseriti record di 532 periodici. L’opera di catalogazione e informatizzazione è stata possibile grazie ad un finanziamento della Presidenza del Consiglio della Regione Puglia e ad un cofinanziamento della Fondazione Puglia, ad entrambi esprimiamo la nostra sentita riconoscenza. 63

È da menzionare anche la collaborazione della Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale “Teca del Mediterraneo” cui va il nostro ringraziamento sincero.

Attività Editoriale

Nel 2017 per concludere un ciclo, è stato pubblicato in formato cartaceo ed in bassa tiratura il Volume LIII degli “Atti e Relazioni” dell’Accademia che raccoglie l’attività scientifica relativa al periodo 2006- 2013. Invito tutti coloro che ne desiderano una copia, in primis i Soci dell’Accademia, a prenotarsi per ottenerla. Si deve rendere merito, qui pubblicamente, al Prof. Vittorio Marzi per l’appassionato impegno profuso nella realizzazione del citato volume che provvederemo a rendere disponibile anche in formato elettronico sul nostro sito web.

Programma di attività 2018

Le Adunanze delle Classi dell’Accademia, tenutesi nel mese di ottobre 2017 hanno impostato la Programmazione Culturale e Scientifica per il prossimo anno 2018, definendo un calendario già ricco di una ventina di attività culturali e scientifiche. Entrambe le Classi hanno ravvisato la opportunità di dare respiro regionale a tutte le attività. In tal senso, intendono riproporre i Progetti “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente” e “Verso il Maggio Metropolitano Barese”, realizzati in collaborazione con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia, impegnandosi per la loro maggiore diffusione sul territorio regionale pugliese. Inoltre è stata manifestata la volontà di reperire mezzi per istituire Premi Regionali per giovani studiosi di età non superiore ai 40 anni, da attribuire ad anni alterni alla Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali ed alla Classe di Scienze Morali, nella convinzione che l’Accademia abbia tra i suoi compiti anche quello di valorizzare le eccellenze dei giovani ricercatori, in particolare quelli non strutturati, che sono nel pieno della loro crescita scientifico-culturale. Nello specifico, l’Adunanza della Classe di Scienze Morali, presieduta dal Vice Presidente dell’Accademia Prof. Pasquale Corsi, ha deciso di sviluppare il tema “Guerra e Pace” con una attenzione particolare ai flussi migratori nel Mediterraneo. Questo tema è stato avviato nello scorso

64 mese di novembre con un dibattito su “Mercenari e migranti all’alba dell’Era Moderna: gli Stratiotes”. La Classe inoltre ha deciso di trattare i seguenti temi: “Tutela e fruizione dei Beni e del Patrimonio Culturale”; “Insediamenti nel Mezzogiorno d’Italia di nuclei endemici di varia provenienza”; “Personaggi illustri che hanno operato in Puglia sia nel campo umanistico che scientifico”. Nell’Adunanza della Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali è stato deciso di dare prevalenza al tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” ricercando tutti i collegamenti ai temi dell’Innovazione e del Trasferimento Tecnologico in collaborazione con la Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione- ARTI Puglia. La Classe inoltre ha deciso di trattare i seguenti temi: “Tutela dei borghi antichi e dei paesaggi rurali”; “La sana e corretta alimentazione”; “La valorizzazione del lavoro femminile nel Salento”.

Desidero infine delineare alcune problematiche che saranno affrontate nel corso del prossimo Anno Accademico: Attività Editoriale 2018, Università e Accademie, Rapporto con gli Enti territoriali pugliesi.

Attività editoriale 2018

Il Consiglio Direttivo intende mantenere in vita il tradizionale periodico degli Atti e Relazioni dell’Accademia, il cui primo volume fu pubblicato nel 1926, ma ritiene che si debba passare dalla edizione a stampa ordinaria a quella a stampa di bassa tiratura, come è stato fatto per il Volume LIII pubblicato nel corrente anno. La edizione cartacea sarà integrata da una edizione digitale on line. Ciò comporta molteplici vantaggi: una considerevole riduzione dei costi di pubblicazione, la drastica riduzione se non l’azzeramento dei costi di spedizione, l’immediatezza nella diffusione. Tuttavia la continuità nella pubblicazione degli Atti dovrà essere oggetto di una attenta riflessione in relazione alle innovazioni da apportare per non cancellare una tradizione ricca di storia e gloria scientifica e al contempo per garantirne l’allineamento ai livelli internazionali, adottandone gli standard di referaggio. In particolare non gioca a favore degli Atti il suo carattere generalista, pertanto si dovrà riprendere la pratica del passato di tener distinta la politica editoriale delle due Classi - Scienze Fisiche Mediche e Naturali e Scienze Morali.

65

Forse, accanto agli Atti e Relazioni tradizionali ripensati nella loro struttura, si potrebbero perseguire forme di sinergia che associno tra di loro Accademia ed Università. Ciò potrebbe consentire di raggiungere una massa critica tale da lanciare una nuova proposta editoriale che possa competere autorevolmente a livello europeo. In questa sede azzardo la proposta, senza nascondermene le difficoltà, di costituire una Commissione paritetica composta da esponenti delle Istituzioni culturali e territoriali della Macro Regione Appulo-Lucana- Molisana per valutare la validità e la realizzabilità di una proposta editoriale indirizzata ad un vivaio di studiosi non strutturati.

Le Università e le Accademie

Se posso permettermi, in questa circostanza e in questa alta sede Universitaria, di esprimermi aldilà del bon ton istituzionale, devo dire che trovo sempre più irritante il ritornello che rende tutti concordi nel sostenere che la chiave dello sviluppo - economico culturale e civile- del nostro Paese sia la incentivazione della Ricerca Scientifica, tanto di base quanto applicata. Non è accettabile, perché alle tante parole non seguono quasi mai azioni a sostegno della tesi, anzi spesso si invocano esigenze di Bilancio per ridurre le risorse a Università, Accademie e Centri di Ricerca, contraddicendo la tesi più Ricerca = più Sviluppo. D’altra parte l’opinione pubblica non è benevola nei confronti delle Università, talora a ragione, e ciò induce un numero sempre maggiore di giovani a considerare le Università non come centri di vita intellettuale e di ricerca, scegliendole quindi non per il loro prestigio, ma riducendosi ad optare tra acquisire un titolo di studio con la minor spesa possibile vicino al loro luogo di residenza ovvero a frequentare, se le condizioni economiche lo consentono, Università di maggior fama trasferendosi in altre Regioni che offrono maggiori opportunità lavorative, con la speranza di sfuggire al rischio di un lavoro dequalificato. Questa scelta tuttavia matura senza riflettere sul fatto che nell’Università solo la Ricerca Scientifica può fornire il contributo innovativo necessario a sostenere la richiesta emergente di una formazione culturale che tenga conto del mutato contesto internazionale ove si assiste al processo di sostituzione Uomo-Macchina-Software. È in atto una evoluzione delle professionalità richieste che mette in crisi la formazione “impiegatizia” della didattica universitaria non sostenuta dalla Ricerca Scientifica.

66

Tuttavia parte dell’opinione pubblica non ripone, spesso senza fondato motivo, fiducia nei risultati della Ricerca ritenuti potenzialmente di parte, in specie quando conducono a conclusioni non gradite. Come dire che i risultati scientifici possano essere discussi sui mass media e valutati con metodi democratici: la Ricerca non è una Opinione, la Ricerca non è democratica. È dunque importante una riflessione sulla funzione di Accademie e Università quali centri di produzione della Ricerca Scientifica e di diffusione dei suoi risultati. La scelta della Prolusione della Adunanza Solenne odierna è un tentativo di stimolare un dibattito nazionale sul contributo che la Ricerca Scientifica può dare alla crescita e allo sviluppo della nostra Regione e del nostro Paese. Fondamentale è il contributo che alle Università può venire dalla Unione Accademica Nazionale U.A.N. e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche C.N.R. La contemporanea, non casuale, presenza in questa Sala del Presidente del CNR, Prof. Massimo Inguscio, e del Presidente della UAN, Prof. Tito Orlandi, nonché di Rettori e Prorettori e di politici regionali e nazionali mi fa sperare che l’incontro odierno possa rappresentare il momento di avvio della riflessione e del dibattito auspicati. Noi nei limiti delle nostre possibilità ci faremo promotori di un convegno nazionale da tenersi nel prossimo anno. Come elemento di riflessione e ammaestramento per il presente, penso sia utile ricordare che per iniziativa di uomini come Benedetto Croce e Vito Volterra nel 1923 venivano istituiti il C.N.R. e la U.A.N. con lo scopo di adeguare la organizzazione della Ricerca Scientifica in Italia alle esigenze dei tempi e di coordinarle al più ampio contesto internazionale, il CNR per le Scienze Fisiche e la UAN per le Scienze Morali e con il compito supplementare di rappresentare il nostro Paese nella “Union Académique Internationale- U.A.I.”. Il grande matematico Vito Volterra ebbe l’incarico di presiedere entrambi gli Enti.

Rapporto con gli Enti territoriali pugliesi

Da ultimo, e non per importanza, i rapporti con le Istituzioni Regionali. In molte Regioni italiane sono state emanate leggi che attribuiscono alle Accademie Scientifiche di valenza nazionale, come la nostra, il ruolo di istituzioni culturali di interesse regionale cui è affidato il compito di

67

mediazione culturale tra Scienza ed esigenze reali del territorio e di formulare pareri su questioni scientifiche di rilevanza politica e sociale. Penso che la Regione Puglia dovrebbe seguire questi esempi. L’Accademia sfugge a una logica di campanile, come semplicemente dimostra la scelta della sede della attuale Cerimonia, e risulta essere Istituzione privilegiata super partes per la individuazione precoce e la divulgazione di temi che interessano la Società nel campo dell’educazione, della ricerca e dell’innovazione, nella applicazione pratica dei risultati. Il rapporto costruttivo recentemente instaurato con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia muove nella direzione giusta e lascia intravedere la possibilità di un approfondimento dei rapporti istituzionali che possano favorire una più estesa collaborazione.

Ma eccoci ad oggi

L’Anno Accademico 2018 viene aperto con la Prolusione, affidata ad un illustre Socio Accademico, il Prof. Massimo Inguscio, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche C.N.R. sul tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” che affronterà gli aspetti più generali, e proseguirà con l’intervento di un giovane Ricercatore dell’Università del Salento, il Prof. Antonio Iazzi, afferente ad un settore scientifico disciplinare diverso da quello del Prof Inguscio, che lo affronterà con riferimento al territorio. Il tema sarà dunque sviluppato all’insegna della universalità della Cultura, coerentemente con la esigenza fortemente sentita dall’Accademia di promuovere la Cultura sia a livello disciplinare e generazionale che territoriale. La giornata si concluderà con l’intervento del Dr. Mario Loizzo, Presidente del Consiglio della Regione Puglia, che ringraziamo vivamente per aver voluto essere con noi questa sera.

Con la determinazione di adoperarsi sempre al meglio, dichiaro aperto l’Anno Accademico 2018 dell’Accademia Pugliese delle Scienze e invito il Prof. Massimo Inguscio a svolgere la sua Prolusione inaugurale dal titolo “Accademie, Università e Ricerca Scientifica”

Buon lavoro a tutti

68

Massimo Inguscio Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche [email protected]

Accademie, Università e Ricerca scientifica

Abstract The history of humanity is the history of overcoming challenges. , we often must face the common challenge of reconstructing our societies and economies in more sustainable and resilient manners. In this challenge – as in all progresses of humanity as a whole – research and knowledge will an essential role. The systemic nature of the shock that our communities experience needs a response that can only come from multi- disciplinarity, complementarity and synergy between different disciplines and institutions. Once again, we must learn from the achievements of our predecessors. The “Accademie” – starting with the Accademia Nazionale dei Lincei – have the characteristic of nurturing a horizontal debate across all types of knowledge. It is not a case that the then President of the Accademia Nazionale dei Lincei, Vito Volterra, established the Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in 1923, having very clear in his mind the necessity of a multi-disciplinary approach. Indeed the greatest successes of the CNR have all come thanks to this cross-disciplinary curiosity and thanks to the capacity of the CNR to team up with different private and public institutions – as was the case for instance in the collaborations that led to the progresses of computer science together with the university of Pisa. The interplay between the Accademia delle Scienze di Torino and the Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) is discussed as an example of development of technological and economical progress from research. Today, research and knowledge must accompany us all in the reconstruction towards a more resilient world. In the post-War period, the R in CNR was very clearly an abbreviation for “Ricostruzione”. Gustavo Colonnetti as member of the Accademia dei Lincei and president of CNR in that period had the responsibility of guiding the reconstruction with new research strategies. The CNR must work systematically, across disciplines and collaborating with relevant actors at every level, to advance towards a more resilient world. This is its very nature. For instance in our land of Puglia, tackling the tragic infection of Xylella Fastidiosa starting with the discovery

69 of patogenous agents and moving towards the research of resistant species allowing us to rebuild better. A memorable lecture was given at the Accademia Nazionale dei Lincei by the member Giovanni Paolo Martelli, also member of this Accademia Pugliese delle Scienze as well as professor of the University “Aldo Moro” di Bari.

La ricerca scientifica è lo splendido strumento che l'umanità ha per produrre progresso e costruire il futuro. Scienza e conoscenza sono importanti appunto in quanto tali e non dovrebbe essere appannaggio di istituzioni specifiche, anzi il vero progresso è garantito proprio dalla sinergia tra le diverse istituzioni poiché ognuna ha delle peculiarità che sono complementari e che possono assicurare il successo delle tante attività comuni. Concentrerò il mio intervento sulla ricerca pubblica e per farlo partirei dall'enfatizzare il profondo legame che esiste da quasi 100 anni tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e la più antica accademia del mondo, l'Accademia Nazionale dei Lincei, che ebbe tra i suoi primissimi soci Galileo Galilei nel 1611. Fu Vito Volterra, presidente dei Lincei, che nel 1923 volle fondare presso l'Accademia il CNR. Ne fu il primo presidente dal 12 dicembre e fino al 14 luglio 1927, il primo suo successore fu Guglielmo Marconi. Volterra fin dall'immediato dopoguerra si era attivato per la costituzione di un organismo italiano collegato al Consiglio Internazionale delle Ricerche, di cui era vicepresidente. Il grande intuito di Volterra fu quello di comprendere in pieno la necessità che si sviluppasse una ricerca in ambiti diversi e complementari a quelli degli studi delle università: egli ebbe modo di sostenerlo ripetutamente nei suoi interventi in particolare in quelli nel ruolo di fondatore nel 1906 e presidente della SIPS (Società Italiana per il Progresso delle Scienze). Le accademie, e in particolare quella nazionale dei Lincei, hanno la caratteristica di fornire un dibattito totalmente trasversale in cui i saperi di ogni genere intervengono liberamente per affrontare e risolvere le grandi questioni universali sulle quali si fa chiarezza con la luce della scienza e della ricerca. E' significativo che l'idea del padre fondatore del CNR fosse proprio quella di creare un Ente in cui tutti i saperi si mescolassero in una multidisciplinarietà che è la molla del progresso, ieri come oggi. E' nota la sua affermazione "… negli uomini di scienza la curiosità è ben grande di guardare fuori e lontano; vivo è il desiderio di frugare nella vetrina degli altri per ben conoscere il valore della propria...". Così Vito Volterra nel 1901 apriva la sua prolusione all’Università di Roma. Parole che riflettono la strategia scientifica del grande scienziato, quell’attitudine nuova per cui i metodi matematici che

70

avevano dato grandi risultati nelle scienze fisiche, che oggi definiremmo scienze dure, avrebbero potuto avere lo stesso successo una volta trasportati nei nuovi campi della biologia, dell’economia, delle scienze politico-sociali e in altre discipline. In questa visione, nei pensieri e nelle parole di Vito Volterra c'era davvero molta lungimiranza. Infatti grazie alla multidisciplinarietà il CNR nel corso dei decenni è stato motore di meravigliose avventure che hanno consentito all'Italia di cogliere le nuove opportunità che poi l'avrebbero resa protagonista in campi dove era fondamentale partire con una confluenza di saperi; basti ricordare la genetica, il calcolo elettronico, il laser. Come per l'Accademia dei Lincei anche al CNR sono stati e sono fondamentali i collegamenti tra le conoscenze più tecniche e quelle umanistiche. Rilevanti sono stati i dibattiti che hanno caratterizzato questa trasversalità multidisciplinare, basti pensare al mondo del patrimonio culturale dove storia, cultura, scienze antiche si mescolano, si amalgamano con metodi di indagine di conservazione sempre più sofisticati e con tecnologie che rendono fruibili le conoscenze e le esperienze dal vivo e virtuali a un mondo sociale sempre più vasto. Abbiamo citato l'ideazione e lo sviluppo del calcolo elettronico con l'interazione tra il CNR, l'industria di Adriano Olivetti e l'Università di Pisa: questa splendida simbiosi avrebbe portato alla nascita dell'informatica, motore di scienza e tecnologia ma presto anche motore per lo sviluppo di avventure di ricerca interdisciplinare come quelle delle tecnologie digitali applicate alla linguistica per la traduzione e comprensione di testi antichi, sino alla grande opera del Vocabolario italiano. Il Vocabolario degli Accademici della Crusca è stato il primo vocabolario della lingua italiana. Uscito nel 1612, fu realizzato e pubblicato dall'Accademia della Crusca, istituzione culturale fondata a Firenze nel 1583. È stato anche il secondo grande vocabolario di una lingua moderna, preceduto solamente di un anno dal Tesoro della lingua spagnola di Sebastián de Covarrubias (1611). Questo tesoro di cultura e ricerca italiana è un esempio di intersecazione tra ricerca ed accademia che dura fino ad oggi; difatti l'Istituto Opera del Vocabolario Italiano (OVI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha sede a Firenze e condivide saperi e spazi con gli studiosi dell'Accademia della Crusca in un luogo unico al mondo, una Villa dei Medici del XIV, ricostruita nel 1538 e chiamata Villa Reale, da cui è nato uno dei primi esempi e definizione di Giardino all'Italiana. I ricercatori del CNR di questo istituto – presto avrà una sede distaccata anche presso la Scuola Normale di Pisa - hanno prodotto in versione digitale liberamente consultabile da tutti nel 1997 Il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini; il primo dizionario storico dell’italiano antico che nasce in rete. Tanta bellezza e preparazione mi dà modo di ricordare

71

quanto siano fondamentali le relazioni sia con le accademie sia con il mondo e la rete delle università in Italia e nel mondo. Non è un caso che molti gruppi di ricerca siano squadre combinate tra CNR e Università, con istituti del CNR che coesistono e si contaminano a vicenda risiedendo in campus universitari e viceversa. Uno splendido esempio territoriale per aree strategiche è proprio qui a Lecce dove tra l’altro si è programmata una rilevante strategia di dottorati misti. Più recentemente è stata ideata ed avviata una efficace interazione con il mondo industriale e le migliori università e piccole e medie industrie sul territorio, in sinergia tra CNR, università e Confindustria; questa si sta rivelando uno strumento formidabile per far incontrare idee, provocare trasferimento tecnologico, joint lab, brevetti e più in generale facilitare, accelerare l'innovazione, lo sviluppo economico e l'occupazione. Attenzione però, è fondamentale non dimenticare mai l'importanza e la vocazione della ricerca libera e non fare distinzioni tra ricerca cosiddetta pura e applicata. La ricerca in libertà ha alla sua base idee che possono portare a risultati sorprendenti. A questo proposito, mi si lasci ricordare un altro mio illustre predecessore, Gustavo Colonnetti, anche lui accademico dei Lincei: presidente del CNR nell'immediato dopoguerra ebbe la responsabilità di guidare la ricostruzione con nuove strategie di ricerca. In quel periodo la “R” dell’acronimo CNR stette per Ricostruzione. E’ con la Ricerca che si ricostruisce e si costruisce il futuro. Colonnetti fu presidente del CNR dal 1945 al 1956. In tale periodo organizzò a nuovo la ricerca scientifica e diresse la sezione tecnica dell'UNRRA-Casas, abbinandovi l'assistenza sociale agli abitanti reintegrati nei villaggi ricostruiti, costituendo con questa esperienza l'unico esempio post-bellico realizzato in Europa – quanto fertili possono essere le menti di accademici impegnati trasversalmente a tutto campo! Gustavo Colonnetti fu anche membro dell'Assemblea Costituente. Lo ricordo perché con due colleghi ingegneri, il generale esploratore accademico Umberto Nobile e il deputato alla Camera e professore Giuseppe Firrao, durante i lavori Colonnetti fu autore dell'emendamento che aggiungerà … "La Repubblica promuove la ricerca scientifica e tecnica" alla proposta originale "Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", diventando il fondamentale articolo 9 della nostra Costituzione. La prima proposta di quell’articolo tremendamente attuale era dovuta anche alla visione di Aldo Moro, giovane figlio di questa terra, allora trentenne. L’Assemblea Costituente approvò all’unanimità, proprio l’11 dicembre di 70 anni fa, nel 1947, con prolungati applausi, un fondamentale ordine del giorno, il cui primo firmatario è stato Aldo Moro che affermava "che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico

72 della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano". Ruolo fondamentale del giovane Moro che, sempre assieme a Concetto Marchesi, è stato ispiratore anche dell’articolo 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Grazie al loro fondamentale contributo, infatti, si venne ad evidenziare che se l’arte e la scienza sono da considerarsi libere, possono non essere invece liberi artisti e scienziati. Ad Aldo Moro è dedicata e intestata l’università di Bari, la maggiore di questa nostra terra di Puglia. Il messaggio che leggo in questo è anche come Università, Accademie e Ricerca debbano operare in un tutt'uno di intenti. La multidisciplinarità anche e soprattutto ai giorni nostri contribuisce a creare futuro. Bisogna che i ricercatori appassionati possano affrontare problemi globali senza confini disciplinari, in profonda sinergia tra enti pubblici di ricerca, università e accademia. Il pensiero e l’eredità scientifica di quelli che sono stati padri visionari valgono tante riflessioni. Ne vorrei fare una in questo contesto. Nel dibattito alla Costituente Colonnetti non solo sosteneva l'importanza della scienza e della tecnica tutta, senza limitarsi a quella cosiddetta applicata, ma nei sui interventi affermava che "… la spinta fondamentale risiede nella curiosità e, nella gran parte dei casi, la distinzione tra ricerca fondamentale e applicata risulta artificiosa e sicuramente contingente: la ricerca può essere solo di buona o cattiva qualità mentre di nessuna ricerca scientifica, anche la più astratta in apparenza, può a priori affermarsi che essa non avrà nel tempo alcun riflesso sull’economia e sulla produzione", e dice ancora "... non possiamo ancora prevedere le conseguenze che, nel pensiero scientifico di domani, avrà il principio di Heisenberg e a quali risultanze tecniche la interpretazione statistica della meccanica potrà condurci". Parla cioè di quella “astratta” meccanica quantistica che puntualmente avrebbe poi portato alla rivoluzione del laser, forse la scoperta più innovativa e applicata nel secolo scorso, e del transistor e che oggi ci fa concretamente lavorare alla realizzazione di reti di calcolo e comunicazione infinitamente più potenti nonché a nuove tecnologie per la fabbrica del futuro. Abbiamo riflettuto fino ad ora dei legami con accademie di tipo universale ma importanti sono anche quelle con accademie più specifiche come quella Pugliese delle Scienze alla quale da figlio di questa terra sono davvero onorato di essere stato ammesso come socio. Lasciatemi fare un salto da Sud Est al Nord Ovest d'Italia, a Torino, dove a metà del '700 veniva fondata l'Accademia Reale delle Scienze. Questa accademia è evocativa di profonde interazioni tra il mondo

73 accademico, quello universitario e quello della ricerca industriale. Uno dei padri fondatori fu Giuseppe Luigi Lagrange Tournier. Lagrange, emblema di una ricerca senza confini, fu infatti un matematico e membro delle Accademie di Torino, Parigi e Berlino. Questo è un messaggio di importanza fondamentale che serve a ricordare quanto sia rilevante e fecondo il contesto geografico assieme alle comunità scientifiche, accademiche, universitarie internazionali, per cominciare da quella europea, nel quale ebbe il diritto e il dovere di muoversi studiare lavorare, alla fine in relazione agli effetti della Rivoluzione francese. Lagrange avrebbe creato in quel periodo il sistema metrico decimale che è alla base della moderna metrologia e di quella unità di misura che consentono una certificazione (di tempo, peso, metro…) da più di un secolo di libero scambio, con arricchimento, progresso, pace per tutta l'umanità. Sono questi messaggi e valori di cui dovremmo sempre ricordarci in questi tempi in cui ahimè si sente riparlare di protezionismo, barriere doganali ed altro. Un esempio della benefica interazione tra accademia, università, ricerca, sviluppo industriale è proprio quanto avvenuto in quella città di Torino in cui nasceva la metrologia italiana nel 1934, significativamente, un anno dopo la creazione dell'IRI, in sinergia con il Politecnico di Torino per favorire lo sviluppo industriale. Ho avuto la fortuna di comprendere quanto virtuoso possa essere l'interazione tra questi mondi, frequentando le sedute dell’Accademia delle Scienze di Torino e presiedendo in quella città l'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica. Vorrei però tornare al nostro Sud Est per illustrare come la ricerca sia strumento fondamentale per produrre resilienza. Resilienza ha un'origine latina: il verbo resilire si forma dall'aggiunta del prefisso re- al verbo salire 'saltare, fare balzi, zampillare', col significato immediato di 'saltare indietro, ritornare in fretta, di colpo, rimbalzare, ripercuotersi'. Nel corso dei secoli e del progredire del pensiero scientifico occidentale, che, ricordiamo, è stato prevalentemente espresso in latino fin oltre il Seicento, l’aggettivo resiliens ha indicato sia il rimbalzare di un oggetto, sia alcune caratteristiche interne legate all’elasticità dei corpi, come quella di assorbire l’energia di un urto contraendosi, o di riassumere la forma originaria una volta sottoposto a una deformazione. In altre parole cogliamo la trasformazione e attualizzazione del significato di come ad un evento contrario si possa non solo o non tanto resistere ma anche trarre forze per superare una avversità e lanciarsi verso situazioni o condizioni più favorevoli. La ricerca italiana ha saputo farlo anche in situazioni estreme drammatiche inattese come le alluvioni o i terremoti. Vorrei ricordare la tragedia che ha colpito le nostre terre ovvero la Xylella Fastidiosa. Ne ebbi la prima consapevolezza scientifica proprio ai

74

Lincei da una lucida conferenza del professor Giovanni Paolo Martelli, tra l’altro anche egli membro di questa Accademia Pugliese e emblematico testimone dell’indissolubile intreccio tra accademie, università e ricerca. Un quadro approfondito del drammatico problema è nel rapporto presentato in Accademia dei Lincei dai soci professori Salamini, Bassi e Morelli il 9 giugno del 2016 sul Rapporto Xylella. Cito questo poiché al rapporto avevano lavorato un gruppo di professori che coinvolgeva esperti, studiosi, scienziati, ricercatori dei Lincei, delle università, di diversi enti pubblici di ricerca, tra cui il CNR e il CREA. Altre accademie hanno partecipato al dibattito pubblico scientifico con posizioni simili, tra le quali l'Accademia dei Georgofili e l'Accademia delle scienze detta dei XL. Tutti assieme è stato possibile fare luce sui problemi. La stessa ricerca, molto quella del CNR, è riuscita a creare resilienza, passando dalle scoperte di agenti patogeni allo studio delle infezioni e modalità di reazione, alla scoperta di specie resistenti per ricostruire. Alla fine di questa relazione con cui ho voluto riflettere con Voi tutti sulla serietà, competenze, programmazione che sono valori fondamentali per affrontare le strategie degli enti pubblici di ricerca, delle accademie, delle università, lasciatemi considerare come il futuro sia imprevedibile e come sia però altrettanto vero e importante poter contare sulle relazioni tra persone, specialmente in quella età giovane in cui è più facile sognare e creare. Ora, membro di questa Accademia Pugliese, rivado con il pensiero ai tempi che mi hanno visto studente di scuole salentine e baresi, ai sogni e all’imprevedibilità di quanto bello possa essere per un giovane intraprendere il viaggio verso il mondo della ricerca e della conoscenza.

75

76

77

78

ANNO ACCADEMICO 2019

79

80

Inaugurazione dell’Anno Accademico 2019

Incontri sul Tema: “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” 9 dicembre 2018, ore 16,00

Tavola Rotonda: “Programmazione, Finanziamento e Valutazione della Ricerca Scientifica” 10 dicembre 2018, ore 10,00

PROGRAMMA

16,30 Saluto di Benvenuto ai nuovi Soci Accademici e consegna dei Diplomi

16,45 Saluto delle Autorità

17,15 Relazione programmatica 2019 del Presidente Prof. Eugenio Scandale

17,30 Prolusione del Socio Prof. Francesco Sdao “Franosità e Beni Culturali in Basilicata”

18,15 Conclusioni

Sala Conferenze del Cristo Flagellato ex Convento di S. Rocco Matera 10 dicembre 2018

81

INCONTRI SUL TEMA

ACCADEMIE, UNIVERSITÀ E RICERCA SCIENTIFICA

Saluti Istituzionali

Prof.ssa Aurelia Sole, Rettrice della Università degli Studi della Basilicata Prof. Tito Orlandi, Presidente della Unione Accademica Nazionale (UAN) Prof. Eugenio Scandale, Presidente della Accademia Pugliese delle Scienze Dott.ssa Paola Passarelli, Direttore Gen. Biblioteche e Istituti MiBACT Avv. Raffaello Giulio De Ruggieri, Sindaco della Città di Matera Dott.ssa Marta Ragozzino, Direttrice del Polo Museale della Basilicata

Dibattito

Armonizzazione delle Attività Culturali e Relazioni Internazionali Moderatore: Prof.ssa Aurelia Sole, Rettrice dell’Università della Basilicata

Interventi Prof. Tito Orlandi, Presidente della Unione Accademica Nazionale (UAN) Prof. Pierre Jodogne, Segretario Generale della Union Académique Internationale (UAI) Prof. Antonio Loprieno, Presidente della ALL European Academies (ALLEA) Prof. Gaetano Manfredi, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) Prof. Massimo Inguscio, Presidente Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Prof. Cosimo Damiano Fonseca, primo Rettore dell’Università della Basilicata Interventi liberi e Discussione

Sala Levi, Palazzo Lanfranchi Matera 9 dicembre 2018 ore 16,00

82

TAVOLA ROTONDA

PROGRAMMAZIONE, FINANZIAMENTO E VALUTAZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA

Sala Conferenze del Cristo Flagellato ex Convento di S. Rocco – Matera 10 dicembre 2018, ore 10.00

Moderatore: Prof. Antonio Uricchio Rettore dell’Università di Bari Presidente del Comitato Universitario Regionale di Coordinamento (CURC)

Prof. Eugenio Di Sciascio, Rettore del Politecnico di Bari Prof. Maurizio Ricci, Rettore dell’Università di Foggia Prof.ssa Aurelia Sole, Rettrice della Università della Basilicata Prof. Vincenzo Zara, Rettore della Università del Salento Prof. Giuseppe Casale, Accademia Ligure di Scienze e Lettere Prof. Massimo Inguscio, Consiglio Nazionale delle Ricerche-CNR Prof. Giuseppe Marrucci, Accad. Pontaniana e Società Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Napoli Prof. Tito Orlandi, Accademia Nazionale dei Lincei Prof. Eugenio Scandale, Accademia Pugliese delle Scienze Prof. Giuseppe Verde, Accademia Naz. di Scienze Lettere e Arti di Palermo Prof. Ferruccio Trifirò, Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna

Interventi liberi e Discussione

83

84

Relazione programmatica del Presidente Prof. Eugenio Scandale

Illustri Accademici, Magnifici Rettori e loro Delegati, Autorità, Gentili Ospiti

Benvenuti all'Adunanza Solenne con la quale si apre ufficialmente il 94° Anno Accademico dell’Accademia Pugliese delle Scienze, nata a Bari il 10 dicembre 1925 pochi mesi dopo la istituzione dell’Università, avvenuta il 15 gennaio. Nell’aprire questo nuovo Anno Accademico ringrazio tutti i presenti per aver voluto essere oggi qui con noi e tutti gli assenti -autorità, amici ed estimatori dell’Accademia- che ci sono vicini con i loro messaggi. Esprimo profonda gratitudine alla Magnifica Rettrice dell’Università della Basilicata, Prof.ssa Aurelia Sole, per aver voluto condividere con noi questo momento importante della vita dell’Accademia, e ringrazio vivamente il Direttore della Soprintendenza ABAP della Basilicata, Arch. Francesco Canestrini, che ci ha offerto la possibilità di celebrare l’Adunanza nella splendida Sala del Cristo Flagellato. Allo stesso tempo sono sinceramente grato all’Amico Socio Prof. Francesco Sdao per l’impegno profuso nella organizzazione di questa Cerimonia. La Celebrazione di oggi a Matera, Polo della Università della Basilicata, viene dopo quella tenutasi lo scorso anno a Lecce e quello precedente a Foggia, in collaborazione con le locali Università, e conferma la volontà dell’Accademia, nonostante storicamente abbia sede a Bari, di svolgere il proprio compito statutario in chiave non localistica e “prendere carattere e importanza nazionale”, come sostenuto dal Prof. Nicola Leotta, primo Presidente dell’Accademia, nel suo discorso inaugurale nel 1925. A questo proposito e a sua dimostrazione, devo ricordare con orgoglio che l’attività svolta dai Soci ha determinato nel 2016 l’ingresso della nostra Accademia nella “Unione Accademica Nazionale – UAN”, con sede a Roma, che associa le 13 più prestigiose Accademie Scientifiche Italiane di interesse nazionale Salutiamo il Presidente della UAN, Prof. Tito Orlandi, e i Presidenti delle Accademie afferenti presenti.

85

Nuovi Soci

Durante il 2018 sono stati accolti i seguenti nuovi Soci, rilevanti per la loro eminenza scientifica e precisamente:

Classe Scienze Fisiche Mediche Naturali Soci Ordinari

Prof. Riccardo AMIRANTE Ordinario di Macchine e sistemi per l’energia e l’Ambiente- Politecnico di Bari

Dott. Giuseppe COLUCCI già Primario Medico Oncologo - Bari

Prof.ssa Silvia ROMANELLI Ordinario di Analisi Matematica Università di Bari

Soci Corrispondenti

Prof. Giorgio ASSENNATO già Ordinario di Medicina del Lavoro - Università di Bari

Dott. Rocco CALIANDRO Istituto di Cristallografia - CNR Bari

Prof. Mario CARPENTIERI Ordinario di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione- Politecnico di Bari

Prof. Sergio DE FRANCHI Ordinario di Scienze Agrarie Forestale Università della Basilicata

Prof.ssa Angela DIBENEDETTO Associato di Biochimica Università di Bari

86

Prof. Ignazio M. MANCINI Ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale - Università della Basilicata

Prof. Gianluca NARDONE Ordinario di Economia ed Estimo rurale - Università di Foggia

Prof. Antonio PAGLIONICO già Ordinario di Petrologia Università di Bari

Prof. Michele PERNIOLA Ordinario di Agronomia Generale Università della Basilicata

Prof.ssa Angela PEZZOLLA Associato di Chirurgia Generale - Università di Bari

Prof.ssa Alessandra TATEO Associato di Zootecnia Speciale Università di Bari

Classe Scienze Morali Soci Corrispondenti

Dott. Fabio D’ASTORE Docente di Filologia Linguistica e Letteratura- Università del Salento

Prof. Emilio FILIERI Docente di Letteratura Italiana Università di Bari

Dott. Alfredo DI NAPOLI Direttore della Biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Puglia - Bari

Prof.ssa Patrizia RESTA Docente di Antropologia Culturale Università di Foggia

Ai nuovi Soci va il nostro collegiale ed amichevole benvenuto con l’auspicio che con la loro eminente operosità scientifica, ma anche con la loro sapienza culturale, contribuiscano al progresso civile e al benessere comune del territorio.

87

A tutti Soci rivolgo un caloroso invito a sentire con orgoglio l’appartenenza a questa prestigiosa Istituzione e manifestarla partecipando alle attività e promuovendone di nuove. Il lavoro degli Organi Statutari nel 2018 si è sviluppato lungo tre direttrici: Rapporti con Università e con Enti Culturali, Situazione economica, Programmazione Culturale e Attività istituzionale.

Rapporti con Università e Enti Culturali della macroregione appulo-lucana

In accordo con le quattro Università pubbliche regionali e con quella della Basilicata, al fine di promuovere la diffusione della conoscenza delle eccellenze scientifiche locali, il Consiglio Direttivo eletto nell’ottobre 2016 risulta composto di autorevoli Soci rappresentativi di ciascuna delle predette Università. A tutti loro e al Segretario dell’Accademia va il vivo ringraziamento mio personale e soprattutto quello dei Soci dell’Accademia, per la loro amichevole ed attiva collaborazione che, a dispetto della limitatezza di mezzi e di personale, rende possibile continuare a mantenere alto il prestigio dell’Accademia. La composizione del Consiglio ha consentito di rafforzare i rapporti, poiché ha permesso di superare, anche se non completamente e non in tutti i casi, le problematicità conseguenti alla distanza geografica tra le sedi. Per portare a compimento un maggior numero di iniziative corali sarà opportuno attivare nuclei territoriali informali presso ciascuna sede. È continuata e si è intensificata la collaborazione con il Collegium Musicum, cui da qualche anno viene affidato il Concerto del Solstizio d’Estate che si tiene presso la sede dell’Accademia e che segna la conclusione delle attività. Infine in attuazione del Protocollo d’Intesa con il Consiglio Regionale della Puglia - Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale “Teca del Mediterraneo” è stato sviluppato un intenso programma di attività sul tema della “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente”.

Situazione economica

Le fonti economiche dell’Accademia - quote annuali dei Soci, contributo del MiBACT, contributi delle Università della macroregione appulo-lucana, oblazioni volontarie di privati- cui da due anni va ad aggiungersi quello derivante dal 5 per mille, consentono solo la gestione 88 ordinaria. Il loro ammontare complessivo non garantisce la copertura della retribuzione dell’unica dipendente dell’Accademia, la Sig.ra Giovanna Panebianco con la quale, per contenere le spese e far quadrare i Bilanci, dal 2016 è stata concordata la riduzione dell’orario di lavoro. Auspicando che questa riduzione sia solo temporanea, ho il dovere di riferire, rendendole merito, che il suo impegno lavorativo e la dedizione all’Accademia sono rimaste inalterate. D’altro canto, risulta difficile l’impostazione di progetti scientifici poliennali di ampio respiro in assenza di risorse adeguate e non aleatorie. Inoltre la modestia dei nostri Bilanci e la esiguità numerica del personale dipendente ci impediscono di candidarci a Bandi pubblici che prevedano forme importanti di cofinanziamento. Nelle condizioni date è solo possibile impostare una programmazione a breve. Per il futuro, senza escludere alcuna tipologia di entrata, sarà indispensabile lavorare per individuare forme di finanziamento che abbiano caratteristica di certezza e di continuità, quali quelle che potrebbero rivenire da progetti nazionali che coinvolgano le Accademie consociate nella UAN. Ovvero quelle che potrebbero provenire da Leggi Regionali in analogia a quanto già da tempo deliberato da alcune Regioni italiane per la gestione ordinaria delle Accademie Scientifiche di rilievo nazionale come la nostra.

Attività istituzionale

Nonostante le difficoltà economiche, l’Accademia ha svolto una intensa e brillante attività culturale, frutto del fervido appassionato e volontario lavoro dei Soci. Il fittissimo calendario delle attività dell’Anno Accademico 2018 non potrà essere dettagliatamente illustrato per il tempo limitato a disposizione, così come quello del prossimo 2019. Basti sapere che nei nove mesi di attività accademica 2018, da gennaio a novembre escludendo luglio e agosto, mesi in cui viene sospesa l’attività a norma di Regolamento, vi sono state 30 riunioni scientifiche e culturali. In media poco più di tre attività per ogni mese. Per il resoconto puntuale dell’attività svolta si rimanda alla lettura della presente Relazione. Come negli anni precedenti il programma di attività 2018 è consistito in:

× Attività accademiche scientifiche × Eventi culturali in collaborazione con altre Istituzioni culturali

89

19 Gennaio Seminario Consorzio Univ. Italiano per l’Argentina (CUIA) a cura del Prof. Nicola Bottiglieri sul tema “I luoghi della comune memoria tra Italia e Argentina:Tango Italiano”

24 Gennaio Presentazione del volume “Presi in ortaggio” a cura dei Proff. Pietro Santamaria e Massimiliano Renna, in collaborazione con la Biblioteca della Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia

25 Gennaio Presentazione del volume “ORAZIO, le sue edizioni” a cura del Prof. Antonio Iurilli, Salone degli Affreschi Palazzo Ateneo

29 Gennaio Prof.ssa Cecilia Saccone “Il DNA Miticondriale: Storia e implicazioni di una grande scoperta”

30 Gennaio Commemorazione del Socio Prof. Giuseppe Arnese (1931-2017) in collaborazione con il Dip. di Matematica “La Matematica nel dialogo fra le due culture”.

7 Febbraio Proff. P. Corsi, G. Otranto, E. Scandale presentano il “Dizionario Etimologico del diletto Bivongese” a cura di Padre Damiano Bova O.P. Segue la lettura di alcuni brani a cura del M° Vito Signorile

14 Febbraio “La creatività fra mente e computer” a cura del Prof. Piero De Giacomo e delle Dr.sse Rosanna Pucciarelli e Francesca Lisi 21 Febbraio Proff. Piero Portincasa e Vittorio.Marzi conferenza sul tema: “La Dieta Mediterranea: un patrimonio locale e trasferibile” 7 Marzo Commemorazione del Prof. Luigi Ambrosi già Presidente della Accademia Pugliese delle Scienze, Aula Magna del Palazzo Ateneo 90

21 Marzo Nell’ambito del Progetto “Comunicare la Scienza” conferenza su “La Xylella ed il deperimento rapido degli Olivi “ a cura dei Proff.ri G. Martelli, D.Boscia, M.Saponari, P. Sardelli, P. La Notte, F.Valentini, M. Digiaro, F.Porcelli, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia, sez. Biblioteca e Comunicazione Istituzionale

11 Aprile Prof. Vittorio Marzi, Commemorazione del Prof. Maracchi, già Presidente dell’Accademia dei Georgofili - Firenze

19 Aprile Prof. Ugo Patroni Griffi Presentazione del volume “NapoliPorto. La nuova Città” a cura del Prof. Pietro Spirito

9 Maggio Prof.ssa Sandra Lucente “Matera: Bellezza e geometria smisurata”

18 Maggio “La Festa delle Rose “ a cura del Prof. Vittorio Marzi Laboratorio di pittura dal vivo “Omaggio a Monet”, a cura del Prof. Fusca, Accademia di Belle Arti di Bari

23 Maggio Prof. Giuseppe Colucci, su “Boemondo I Altavilla Principe di Antiochia e le Monete della I Crociata” 29 Maggio Concerto del Collegium Musicum diretto dal M° Rino Marrone, presso la Basilica di San Nicola

30 Maggio Dott. Rocco Caliandro Seminario sul tema “La Cristallografia come metodo di indagine della struttura tridimensionale di macromolecole biologiche e caratterizzazione atomica di materiali” 8 Giugno Concerto del Collegium Musicum diretto dal M° Rino Marrone “Silentium” 91

15 Giugno Concerto del Collegium Musicum diretto dal M° Rino Marrone,“Claude Debussy, 100 anni dalla morte”

27 Giugno Prof. Giacinto La Notte, Presentazione del volume “I diari di Mons.Sardelli, Vescovo della Diocesi di Bisceglie” 28 Giugno Conferenza Stampa di presentazione della Mostra “La Fabbrica delle Arti”della Galleria Nartist con la partecipazione degli Artisti dell’Accademia di Belle Arti – Bari

7 Settembre Patrocinio Fondazione Maria Rossi, Opera Zaganelli “Sito Archeologico Madonna di Grottole - Polignano a Mare” 26 Settembre Prof. Michele Aresta: “Bioeconomia e sostenibilità” 3 Ottobre Presentazione del volume “Orti urbani” Teca del Mediterraneo 15 Ott.-15 Nov. Mostra di Dipinti a cura del Prof. Carlo Fusca, Accademia Belle Arti Bari sul tema: “Dov’è la Vittoria”

24 Ottobre Prof.Alfredo Sollazzo su: “Il terremoto e le sue interpretazioni dall’antichità al XVIII sec.”

14 Novembre Patrocinio al Seminario Scientifico Workshop CNR – IRPI su “Sediment Disaster Prevention Technology Japan-Itay”

21 Novembre Prof.ssa Franca Tommasi e Francesco Tarantino della Federazione Regionale Ordine dei Dottori Agronomi Forestali, conferenza su “I boschi e gli alberi monumentali nella politica forestale e del paesaggio della Regione Puglia”

92

28 Novembre Nell’ambito del Progetto “Comunicare la scienza” il Prof. Angelo Vacca su: La vaccinazione nel paziente con Immunodeficienze, e il Prof. Carlo Franchini, su “La Storia del Vaccino”

9 Dicembre Tavola Rotonda sul tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” Sala Conferenze , Palazzo Lanfranchi - Matera

10 Dicembre Adunanza Solenne di Inaugurazione dell’Anno Accademico 2019 Sala Conferenze del Cristo Flagellato ex Convento San Rocco – Matera

Attività della Biblioteca

Oltre all’ordinario lavoro di gestione degli accessi e della consultazione, a seguito della avvenuta catalogazione e informatizzazione di tutto il ricco fondo della Biblioteca – libri moderni, libri antichi e fascicoli di riviste scientifiche- si è registrato un crescente numero di richieste di materiale da altre sedi universitarie e del CNR. Infatti i record relativi ai titoli posseduti sono stati inseriti nel catalogo Sebina Open Library in una sezione di collocazione dedicata, denominata APS, attraverso la quale è possibile evidenziare e valorizzare il patrimonio bibliografico dell’Accademia. È da menzionare la collaborazione con la Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale “Teca del Mediterraneo” della Regione Puglia.

Attività editoriale

Nel 2018 per concludere un ciclo, grazie all’impegno profuso dal Past President, Prof. Vittorio Marzi, è stato pubblicato in formato cartaceo ed in bassa tiratura il Volume LIII degli “Atti e Relazioni” dell’Accademia che raccoglie l’attività scientifica relativa al periodo 2006-2013.

93

Programma di attività 2019

Sarà data continuità alla attività Culturale e Scientifica sviluppata nel corso dell’anno 2018. In tal senso, si intende riproporre il Progetto “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente” in collaborazione con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia, impegnandosi per la sua maggiore estensione su tutto il territorio regionale. Sarà anche data continuità al Tema “Comunicare la Scienza”, che nel corrente anno ha suscitato molto interesse ed attenzione, avendo trattato argomenti di grande attualità scientifica e di confronto tra i cittadini, quali Xylella e Vaccini, e al Tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” approfondendo i risultati degli incontri di Matera dei giorni 9 e 10 dicembre 2018, ricercando tutti i collegamenti nazionali ed internazionali nonché quelli con le Agenzie Regionali per la Tecnologia e l’Innovazione sui temi dell’Innovazione e del Trasferimento Tecnologico. Inoltre è in avanzata fase di preparazione un Progetto per la Celebrazione del V Centenario della morte di Leonardo da Vinci, dal titolo “Leonardo da Vinci e la Puglia” che sarà sviluppato nel periodo marzo- ottobre 2019. Il Progetto si articola in due parti complementari, la prima di tipo tecnico scientifico e la seconda umanistica, coerentemente con le finalità istituzionali della Accademia Pugliese delle Scienze. Le Celebrazioni saranno organizzate da: Accademia Pugliese delle Scienze, Università di Bari, Politecnico, Sitael&Angel Investiments, Virgin Galactic, Biblioteca Reale di Torino, Pinacoteca Ambrosiana di Milano, Polo museale di Puglia, MiBACT, con la partecipazione di ASI, ESA, DTA, CNR, Università del Salento, Museo Leonardo da Vinci di Galatone. In particolare il Progetto Tecnico-Scientifico intitolato “Dal Volo degli Uccelli al Volo suborbitale”, nel rendere omaggio al genio di Leonardo e alle sue intuizioni sull’importanza sempre attuale dell’ala, si propone di illustrare la evoluzione degli studi sul volo fino a giungere alle attività di Ricerca Scientifica in atto sia presso le Università pugliesi ed il Politecnico di Bari sia nelle industrie ad alto contenuto tecnologico che pongono la Regione Puglia in posizione di grande rilievo internazionale sulle tematiche del volo orbitale e suborbitale nonché protagonista di una sfida epocale per allestire a Grottaglie (TA) il primo spazioporto europeo. È prevista anche la valorizzazione di macchine lignee leonardesche di grandezza naturale progettate e prodotte in Puglia. Il Progetto Umanistico consisterà in una Mostra con esposizione del “Ritratto di Isabella d’Aragona” presso il Castello Svevo di Bari. Il ritratto

94 fa parte del “Codice Atlantico” custodito presso la Pinacoteca Ambrosiana di Milano ed è opera tradizionalmente attribuita a Leonardo o al suo miglior allievo Boltraffio. La Mostra sarà dedicata alla figura di Isabella d’Aragona, Duchessa di Bari, che soggiornò nel Castello Svevo (1501-1524) e al vivace ambiente culturale che animava la sua corte. A completamento sarà allestita una mostra fotografica di macchine leonardesche e pubblicato un catalogo. Il Castello appare idoneo per la istallazione della leonardesca Stella Poliedro Gigante (12x12x12 m). Nel periodo aprile giugno 2019 parte delle attività - conferenze, dibattiti e incontri- e delle visite guidate alle macchine lignee leonardesche sarà rivolta a studenti delle Scuole. Desidero infine delineare alcune problematiche che saranno affrontate nel corso del prossimo Anno Accademico: Università e Accademie, Rapporto con gli Enti territoriali.

Le Università e le Accademie

L’opinione pubblica, che spesso non coglie la differenza tra Università e Accademie, non è benevola nei loro confronti considerandole Istituzioni chiuse in se stesse e lontane dalle problematiche reali, al punto che l’aggettivo e il sostantivo “accademico” può assumere il significato di “artificioso”, “astratto”. Inoltre una parte dell’opinione pubblica, senza fondato motivo, non nutre fiducia nei risultati della Ricerca Scientifica, anzi in alcune circostanze questi sono accolti con sospetto giudicandoli di parte, funzionali al conseguimento di obbiettivi di parte, politici o industriali. Si tratta di pregiudizi particolarmente dannosi per la Società. La Ricerca non è una Opinione, e i suoi risultati, specie quelli ottenuti presso istituzioni pubbliche, su problematiche oggetto di controversie sui mass media, assumono il valore di presidio democratico quando vengono dibattuti pubblicamente nelle forme del confronto scientifico. A questo fine, è indispensabile intensificare l’azione di Comunicazione della Scienza e la riflessione sulla funzione di Accademie e Università quali centri di produzione della Ricerca Scientifica e di diffusione dei suoi risultati. Allo stesso tempo è fondamentale una costante interlocuzione istituzionale tra Accademie Università ed Enti di Ricerca con le Amministrazioni pubbliche regionali e nazionali, specie nella fase di preparazione e di emissione di regolamenti, di leggi e disposizioni attuative.

95

La scelta della Prolusione della Adunanza Solenne dello scorso anno, “Accademie, Università e Ricerca Scientifica”, tenuta dal Presidente del CNR prof. Massimo Inguscio presso l’Università del Salento, ha avviato un dibattito nazionale che ha trovato un suo primo alto momento di approfondimento negli incontri di Matera (9 e 10 dicembre 2018) cui hanno aderito numerosi Rettori, Presidente del CNR e Presidenti di Accademie italiane consociate nella UAN, nonché rappresentanti di Associazioni Accademiche Internazionali.

Rapporto con gli Enti territoriali

I rapporti dell’Accademia Pugliese delle Scienze con le Istituzioni Regionali e Nazionali devono essere inquadrati in un contesto più ampio, quello che ci ha indotti a dibattere il tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica”. In molte Regioni italiane sono state emanate leggi che attribuiscono alle Accademie Scientifiche di valenza nazionale, come la nostra, il ruolo di istituzioni culturali di interesse regionale cui è affidato il compito di mediazione culturale tra Scienza ed esigenze reali del territorio e di formulare pareri su questioni scientifiche di rilevanza politica e sociale. L’Accademia sfugge a una logica di campanile, come semplicemente dimostra la scelta della sede della attuale Cerimonia, e risulta essere Istituzione privilegiata super partes per la individuazione precoce e la divulgazione di temi che interessano la Società nel campo dell’educazione, della ricerca e dell’innovazione, nella applicazione pratica dei risultati. Il rapporto costruttivo recentemente instaurato con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia muove nella direzione giusta e lascia intravedere la possibilità di un approfondimento dei rapporti istituzionali che possano favorire una più estesa collaborazione.

Ma eccoci ad oggi

L’Anno Accademico 2019 viene aperto con la Prolusione, affidata ad un illustre Socio Accademico, il Prof. Francesco Sdao, Prorettore per l’Internazionalizzazione e le Relazioni Internazionali dell’Università della Basilicata, sul tema “Franosità e Beni Culturali in Basilicata”. Il tema è di sicuro interesse per la Regione Basilicata, ricca di Beni culturali e allo stesso tempo afflitta dalla fragilità del suo territorio, e sarà sviluppato all’insegna della universalità della Cultura, coerentemente con la

96 esigenza fortemente sentita dall’Accademia di promuovere la Cultura sia a livello disciplinare che territoriale. Avviandomi alla conclusione ringrazio vivamente quanti hanno voluto essere con noi questa sera. Con la determinazione di adoperarsi sempre al meglio dichiaro aperto l’Anno Accademico 2019 dell’Accademia Pugliese delle Scienze e invito il Prof. Francesco Sdao a svolgere la sua Prolusione inaugurale dal titolo: “Franosità e Beni Culturali in Basilicata”.

97

98

Francesco Sdao Scuola di Ingegneria Università degli Studi della Basilicata [email protected]

Franosità e Beni Culturali in Basilicata Cultural Heritage and Landslides in Basilicata

Abstract Basilicata territory, a small Italian Region in the heart of the southern Apennine chain, is, for geological, geomorphological, climatic and seismic reasons, particularly subject to slope instability phenomena and with deep and extensive processes of accelerate erosion and badland processes. In many Lucanian areas, especially the mountainous ones, the landslides are so extensive and periodic that they generate profound and serious damages to people and properties, significantly affecting the socio-economic development of this small region. Basilicata itself is a land rich in cultural testimonies: from the significant archaeological sites of the Classic and Medieval ages, to the imposing medieval castle structures, to the valuable rupestrian heritages of Matera. The geomorphological fragility of Basilicata causes widespread and serious damages on numerous valuable Lucanian cultural sites. In this work, after a summary of the proneness to landslides of the entire Basilicata, the conditions of stability and landslide hazard of some particularly valuable cultural sites will be described.

1. FRAGILITÀ GEOMORFOLOGICA E FRANE IN BASILICATA

Il bel paese ch’Appennin parte e ‘l mar circonda e l’Alpe è fragile, molto fragile, ed è quello con il maggior numero di frane in Europa; da sempre l’Italia si sbriciola per gli eventi sismici, per le frane, per le piogge diffuse e intense, per l’incuria umana, per l’uso sconsiderato del suolo e per lo sviluppo urbanistico disordinato. La franosità del territorio italiano è storicamente nota: Dante Alighieri nel XII canto dell’Inferno descrive, con dovizia di particolari, una grande frana, la Lavini di Marco, ubicata nella Valle del Fiume Adige; Tito Livio, nel suo Ab Urbe condita, racconta di frane generate da un terremoto durante 99 la battaglia del Trasimeno nella seconda guerra punica (Giugno 217 a. C); in tempi ben più recenti, Carlo Levi, nel suo Cristo si è fermato ad Eboli, ha parlato di frane innescate da piogge, di case precipitate. Nei giorni scorsi, a causa di ingenti precipitazioni, si sono verificati centinaia di fenomeni franosi in tutta la penisola; ultimo dei quali, quello che ha polverizzato il viadotto dell’A6 Savona–Torino. La fragilità geomorfologica, che caratterizza il nostro Paese, emerge chiaramente dalle ricerche condotte negli ultimi anni da Enti di ricerca, dalla Protezione Civile, dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) [1]. Nel 2018 quest’ultimo Istituto ha presentato il rapporto annuale in cui si traccia un quadro complessivo del dissesto idrogeologico in Italia, puntando l’attenzione sulle condizioni di pericolosità di frana [1]. Da un’attenta lettura si scopre che l’Italia è in Europa il Paese con il maggior numero di frane: su circa 750.000 frane riconosciute nel vecchio Continente, ben 620.808 frane sono state censite in Italia. La superficie interessata è dell’ordine dei 23.700 km2, pari all’8% del territorio montuoso e collinare italiano. Le aree a pericolosità di frana (comprensive sia di quelle già interessate da movimenti di massa sia di quelle potenzialmente instabili) coprono una superficie di 59.981 Km2, pari al 20% del territorio italiano (Figura 1). Numeri significativi che ci pongono in una situazione oggettivamente precaria e bisognosa di interventi tempestivi. Ancora, se si considerano le aree a pericolosità di frana alta o elevata, queste assommano a circa 25.500 Km2, pari all’8,5 % della superficie del Paese. I centri urbani colpiti da frane sono ben 5.700, pari al 70 % per cento del totale; di questi, ben 2.900 sono in uno stato critico di pericolosità. Sebbene le frane interessino tutte le regioni italiane, le più colpite sono la Toscana, l’Emilia Romagna, la Liguria, la Calabria, la Basilicata.

100

Figura 1: Indice di franosità dell’intera penisola italiana [1].

La franosità della Basilicata è storicamente nota ed investe buona parte del territorio regionale. La prima segnalazione di una frana in Basilicata è riportata nel Liber Niger Civitatis Pisticii [2]: trattasi di un significativo movimento di massa prodottosi nella prima metà del XVI secolo nel Rione Casalnuovo di Pisticci (Attuale Rione Dirupo), che sarà teatro della più imponente e disastrosa frana avvenuta a il 9 febbraio 1688, che provocò la morte di 400 persone. Nel Liber Niger la frana in questione è così descritta: Alli 13 di giugno Anno Domini 1555 lo dì della vigilia della festa del sacratissimo corpo de nostro S.or Jesu Xsto ad hora ventuna et mezza che all’ora eravamo usciti dalla vespera della major ecclesia […] cascaro a Pisticcio Casalnovo circa ottanta case et molte cisterne che erano in quel circuito: duro questo occaso et ruina circa una hora cascandone gli edifici successivamente…[2] 101

La frana più recente è quella che si è prodotta ed evoluta nel centro urbano di Pomarico. Questa grande frana, di cui mi occupo come ricercatore e componente della Commissione di Protezione Civile della Regione Basilicata, si è prodotta ed evoluta dal 25 gennaio al 29 gennaio 2019, con tipologie e meccanismi complessi. Essa è stata particolarmente rovinosa: ha tranciato Corso Vittorio Emanuele, l’arteria più importante di collegamento urbano, ha distrutto 20 abitazioni civili e alcuni esercizi commerciali, ha irrimediabilmente danneggiato 12 fabbricati e ha imposto lo sgombero di altri 25 (Figura 2).

Figura 2. La grande frana di Pomarico del gennaio 2019. Particolare dell’area di distacco e delle macerie prodotte dal movimento franoso.

Recenti studi condotti dallo scrivente e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA, 2018) hanno evidenziato che il territorio lucano è interessato da 17.700 frane di varie dimensioni e tipologia. L’area interessata da instabilità di versante è dell’ordine di 775 Km2, pari al 7,7% della superficie regionale (Figura 3) [1]. L’instabilità coinvolge tutte le formazioni geologiche costituenti la Basilicata; la gran parte delle frane presenti, circa 12.000, interessa le formazioni argillose ampiamente affioranti nei territori montuosi e collinari lucani. Quantunque siano presenti tutte le tipologie di frana, buona parte dei movimenti di massa sono riconducibili a scorrimenti traslazionali o rototraslazionali o a tipologie

102 complesse rappresentate da scorrimenti rototraslazionali evolventi a colate di terra.

Figura 3. Carta della franosità della Basilicata con ubicazione dei principali beni archeologici, delle strutture castellane e dei centri urbani lucani.

A rendere ancora più fragile il territorio lucano, in particolare nelle aree argillose plio-pleistoceniche della Basilicata, è la presenza di significativi processi erosionali e calanchivi generati da acque dilavanti. In particolare, studi recenti indicano in circa 3000 km2 l’area collinare interessata dall’erosione calanchiva caratterizzata da morfologie peculiari: La campagna che mi pareva d’aver visto arrivando non si vedeva più; e da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come librate in aria; e d’ognintorno altra argilla bianca, 103 senz’alberi e senz’erba, scavate dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare. Così Carlo Levi descrive il suo impatto con i Calanchi di Aliano – paese in cui è stato confinato - nel suo Cristo si è fermato ad Eboli [3]. Negli ultimi secoli, non di rado, la Basilicata, a causa delle sue peculiari condizioni pluviometriche e sismiche, è stata soggetta a periodi di significativa instabilità territoriale che, in alcuni casi, hanno assunto veri e propri caratteri di crisi geomorfologica dei versanti con la mobilitazione contemporanea di centinaia di frane. Mi riferisco, per esempio, alla crisi geomorfologica generata dal grande terremoto del 16 dicembre 1857 che ha coinvolto l’intera Italia meridionale ed in particolare la Basilicata centrale, efficacemente studiato dal sismologo inglese Mallet [4]. Il terremoto, con epicentro in Val d’Agri (Basilicata), si è sviluppato con 3 scosse principali, la più importante delle quali ha accusato un’intensità dell’XI° (MCS) e una magnitudo pari a 7, generando circa 20.000 morti. Le scosse hanno comportato numerosi ed estesi effetti al suolo, tra cui spaccature dei terreni, subsidenza, esalazioni o emissioni di gas, aumento di portata di sorgenti, ecc. Riguardo ai movimenti di massa, il terremoto ha innescato o rimobilitato migliaia di frane riconducibili a scorrimenti, crolli e a colate di terra concentrate in circa 2500 Km2 di territorio (Figura 4).

Figura 4. Terremoto della Val d’Agri del 1857, alcune frane: la Frana di Montemurro (a sinistra), la freccia indica la scarpata di frana e una grande colata di terra lungo il Fiume Agri (a destra) [4].

104

Così Mallet descrive alcuni effetti al suolo provocati dalle scosse: Più in alto […] e sopra il fianco est della gola […] sono avvenuti poderosi crolli di roccia. Nel letto del torrente, si trovano grandi masse di roccia spezzata e crollata di recente……Non ci potevano essere dubbi che le fenditure erano molto recenti…. Era senza dubbio ovvio che le fenditure erano state causate dal transito del terremoto [4]. Grandi colate di terra si sono generate un po' in tutto il cratere del terremoto: un esempio è riportato in Figura 4, nella quale la parte più avanzata della frana si era spinta in avanti ed aveva quasi bloccato completamente l’alveo dell’Agri [4]. Furono molti i centri urbani interessati da frane distruttive, la più importante delle quali è quella che ha interessato l’abitato di Montemurro (Figura 4). Secondo Almagià [5], questa frana di dimensioni gigantesche, più volte mobilizzatasi, avrebbe distrutto il paese e provocato 5000 morti (Figura 4). La significativa labilità geomorfologica con le sue numerose frane si riverbera sul già fragile tessuto urbano lucano. Recentissimi studi hanno incontrovertibilmente evidenziato che ben 116 abitati su un totale di 131 (ben il 90% del totale) soffrono di frane e sono soggetti ad un significativo rischio geomorfologico. Tale stato di diffuso dissesto è storicamente noto. Infatti, a seguito dello storico viaggio in Basilicata da parte di Giuseppe Zanardelli, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia, avvenuto nel settembre del 1902 fu promulgata la Legge 104/1904 nota come Legge Speciale per la Basilicata. Nel discorso conclusivo del suo viaggio, tenuto al teatro Stabile di Potenza il 29/9/1902, ebbe a dire [6]: …E di frane, entrando io nella Basilicata pel territorio di Lagonegro, cominciai ad udire spaventosamente a proposito di Lauria, e così via il terribile trovai ripetuto per molti e molti Comuni e fra gli altri per Montalbano e Salandra, e Pomaricoe Pisticci e Lavello. Comuni tutti i quali chiedono che loro sia dato affidamento di esistere. Tornato a Roma, Zanardelli incaricò l’ingegnere capo del Genio Civile di Cagliari, Eugenio di Sanjust, di esperire un’approfondita indagine sulle condizioni socio-economiche della Basilicata e, quindi, di compilare una relazione generale sui problemi lucani e sulla fragilità socio-economica ed infrastrutturale della Lucania. Da questa relazione nacque la Legge Speciale della Basilicata (Legge .140/1904), prima legge del suo genere, che prevedeva una sezione dedicata al consolidamento delle frane, al risanamento degli abitati e alla fornitura di acqua potabile, destinando per la mitigazione del dissesto idrogeologico la cifra di 10 Milioni di Lire. L’indagine di Saintjust evidenziò un profondo stato di dissesto urbano: 91 centri abitati bisognosi di interventi di consolidamento (di cui 65 nella provincia di Potenza e 26 in quella di Matera); 5 centri urbani soggetti a 105 trasferimento totale in altre aree più sicure. Questi abitati non sono mai stati trasferiti. Negli ultimi decenni la gran parte dei centri urbani lucani hanno subito danni più o meni gravi a seguito di attivazione di frane, molto spesso legate ad eventi critici di pioggia. In particolare, dal 1960 al 2019 si sono prodotte circa 500 frane che hanno interessato la gran parte dei centri urbani.

2. BENI CULTURALI E FRANE

L’Italia è una terra ricca di beni culturali di significativo pregio. Consultando la Banca dati Vincoli in Rete dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ViR, ISCR) si evince che nel nostro Paese sono presenti 203.665 Beni Culturali. Di questi ben 37.847 sono a rischio frane, pari al 18,6% del totale; se consideriamo le classi di pericolosità di frana elevata e molto elevata, i Beni Culturali esposti sono 11.712, pari al 5,8 % del totale (Figura 5) [1]. Il numero più elevato di Beni Culturali a rischio frana si registra in Emilia Romagna, Marche, Toscana, Campania e Liguria (Figura 5). Numerosissimi sono i centri storici soggetti a frana, tra cui si ricordano Volterra, Civita di Bagnoregio, Firenze, Agrigento, la rupe di San Leo, Orvieto, Todi, molti centri storici pugliesi, calabresi, ecc. Anche la Basilicata è ricca di Beni Culturali costituiti da numerose aree archeologiche di età classica e medievale, pregevoli testimonianze rupestri patrimonio mondiale dell’Umanità (I Sassi di Matera, il Parco Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano), imponenti strutture castellane, importanti centri storici medievali. In Basilicata sono stati censiti 1983 Beni Culturali, di cui 1173 nella provincia di Potenza e 810 Beni nella provincia di Matera. Dei 1983 Beni Culturali catalogati, ben il 25%, pari a 482 Beni Culturali, sono soggetti a rischio di frana. La maggior parte di questi Beni Culturali a rischio ricadono nella provincia di Potenza (351 Testimonianze Culturali, pari al 30 % del totale). Se ci limitiamo alle classi di pericolosità di frana elevata e molto elevata, in Basilicata si registrano 232 Beni Culturali a rischio (l’11,7 % del totale), di cui 157 e 75 rispettivamente nelle provincie di Potenza e di Matera. Come si evince da quanto fin qui detto, il pregevole patrimonio culturale è minacciato dal dissesto idrogeologico, al quale non di rado si affianca l’azione distruttrice di sismi e di lenti processi erosivi. A rendere ancora più fragile questo patrimonio è l’incuria umana e l’uso sconsiderato del territorio. Tra le molte testimonianze culturali soggette a rischio di frane, tralasciando quelle che saranno successivamente descritte, sono degni di nota i molti centri storici medievali dei principali borghi lucani costruiti in 106 condizioni di preminenza morfologica, assediati da frane di diverso tipo e dimensione e da processi calanchivi, ricadenti nelle aree collinari centro- orientali della regione: Pisticci, Montalbano Jonico, Tricarico, Salandra, Grassano, ecc. Un caso emblematico di Centro Storico a rischio di frana è Aliano –il Gagliano del confino di Carlo Levi – costruito su affilate dorsali sabbioso– argillose circondate da imponenti frane e da esasperati processi di erosione calanchiva (Figure 6 e 7).

Figura 5. Beni Culturali soggetti a rischio di frana in aree a pericolosità di frana elevata e molto elevata

Tale diffuso stato di degrado geomorfologico non sfuggì a Carlo Levi, facendone oggetto di molti suoi dipinti (tra cui Lucania 61 e Aliano sul burrone) e descrivendolo in alcuni bei passi del suo Cristo si è fermato ad 107

Eboli: La vera chiesa, La Madonna degli Angeli, era in basso….. dove c’è la frana. La chiesa è crollata improvvisamente…. Qui ci sono continuamente le frane. Quando piove, la terra cede e scivola, e le case precipitano. Ne va giù qualcuna tutti gli anni…… Fra qualche anno questo paese non esisterà più (Figura 6). E ancora quando descrive il fenomeno calanchivo: La campagna che mi pareva d’aver visto arrivando non si vedeva più; e da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come librate in aria; e d’ognintorno altra argilla bianca … scavate dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare (Figura 7).

Cotecchia Figura 6. La diffusa franosità di Aliano con alcune foto di aree urbane particolarmente vocate al dissesto idrogeologico [7]

Figura 7. Aspetti geomorfologici dei Calanchi di Aliano

108

3. INSTABILITÀ DEI VERSANTI E SITI ARCHEOLOGICI LUCANI

Da molti anni mi occupo di rischio geoarcheologico in corrispondenza di siti archeologici lucani sia di Età sia Classica che Medievale e di seguito riporterò alcuni risultati delle mie ricerche [8, 9, 10]. In Basilicata sono stati censiti e studiati 185 siti di interesse archeologico (Figura 3). Recenti studi condotti dallo scrivente hanno evidenziato che ben 61 siti archeologici sono soggetti a rischio di frana o di alluvione. Si pensi, per esempio ai pregevoli siti archeologici di Metaponto, periodicamente soggetti ad allagamento. Siti di notevole interesse giacenti o contermini a fenomeni di frana sono: Pandosia di Santa Maria di Anglona, Grumentum, la Rabatana di Tursi. Alcune frane hanno interessato importanti testimonianze archeologiche ricadenti nel territorio di Difesa San Biagio di Montescaglioso. In particolare, la grande frana di Montescaglioso del Dicembre 2013, tra i tanti gravi danni provocati, ha investito, distruggendola, una Unità rurale abitativa del IV – II sec. a. C. Qui di seguito saranno descritte le condizioni di instabilità dei versanti di due significativi Santuari Lucani di età Classica: I Santuari di Mephitis a Rossano di Vaglio e di Satriano di Lucania.

3.1 Instabilità dei versanti nei Santuari della Dea Mephitis (Rossano di Vaglio) e di Satriano di Lucania

In Basilicata, nel IV secolo a. C., dopo la fine della piccola età glaciale arcaica [8], si colgono una serie di trasformazioni nell’organizzazione del territorio da riconnettere all’affermazione dell’ethnos lucano: ad una diversa organizzazione socio-economica si ricollega il sorgere di vari centri abitati e la nascita di numerosi centri di culti – i Santuari – a diversa complessità architettonica, tra i quali si ricordano i Santuari di Mephitis a Rossano di Vaglio, di Torre di Satriano, di Armento, di Ruoti, di Timmari, di Lavello, di Banzi, ecc. L’ubicazione, la costruzione e la successiva monumentalizzazione di tali Santuari sono state marcatamente condizionate dall’ambiente geologico- strutturale e geomorfologico lucano. Infatti, molti di essi sono sorti in condizioni di preminenza geomorfologica, lungo le principali vie di comunicazione; sono ubicati in prossimità di importanti fonti sorgentizie, alcune delle quali di origine sulfurea, le cui acque avevano un molteplice uso: religioso, terapeutico, purificatorio; sono realizzati su più livelli monumentali, con scalinate, percorsi processuali, sfruttando abilmente la 109 configurazione del suolo e terrazzi morfologici coalescenti e definiti da evidenti scarpate. Riguardo quest’ultima circostanza, spesso tali terrazzi morfologici sono causati da grandi ed antiche frane ancora oggi soggette a ripresa di attività gravitativa.

3.1.1 Il Santuario lucano della Dea Mephitis

L’area archeologica di Rossano di Vaglio, che contiene il pregevole Santuario della Dea Mephitis, ricade in un’area particolarmente soggetta a rischio di frana, periodicamente interessata da dissesto idrogeologico (Figura 8) [8, 9]. Il Santuario di Rossano di Vaglio, consacrato al culto della Dea Mephitis, nasce nella seconda metà del IV secolo a.C., è monumentalizzato nel II secolo a.C. ed è frequentato fino alla prima metà del I° secolo d.C., quando sarà definitivamente abbandonato, mentre il culto sarà trasferito nel centro urbano più influente della zona, Potentia, l’attuale Potenza. Il Santuario è dedicato al culto di Mephitis, la principale divinità sannita e lucana, dea liminare delle acque e degli armenti. Tale area sacra, nella sua fase di monumentalizzazione, avvenuta in età Ellenistica (III – II secolo a.C.), è caratterizzata da un complesso architettonico articolato in più livelli terrazzati collegati da ampie scalinate. Il livello superiore portato interamente alla luce si sviluppa intorno ad un ampio basolato in roccia calcarea, all’interno del quale è posto un grande altare in blocchi arenacei (Figure 8, 9) [8]. Durante la sua esistenza, il complesso sacro è stato più volte soggetto a fasi di ristrutturazione, probabilmente legate alle periodiche rimobilitazioni della frana su cui sorge il Santuario. Anche lo stesso abbandono del Santuario è verosimilmente legato alle rimobilitazioni delle molte frane presenti nella area archeologica ed in particolare ai movimenti della frana del Santuario. Tracce evidenti di dette rimobilitazioni franose, che hanno coinvolto il Santuario, si sono palesate durante le fasi di scavo condotte dal 1969 ai giorni nostri dalla Soprintendenza Archeologica della Basilicata: muri inclinati, disarticolati e a volte caduti; livelli archeologici fortemente rimaneggiati e disturbati, chiare lesioni alle strutture monumentali; l’intero monumento e specie il suo ampio sagrato mostra un’evidente inclinazione (5% - 10%) verso NW in chiara contropendenza e in direzione del tutto contraria al normale deflusso delle acque, caratteristiche tipiche di un corpo di frana [8] (Figura 9). Dal punto di vista geologico, l’area sacra e le porzioni contermini sono caratterizzate dall’affioramento di formazioni geologiche 110 strutturalmente complesse costituite da successioni marnoso – argillose, fortemente fessurate e deformate riferibili al Flysch Rosso (Cretacico superiore – Eocene) dell’Unità Lagonegrese, una formazione geologica particolarmente predisposta al dissesto idrogeologico. Il Flysch Rosso è in particolare costituito da argille marnose e marne argillose finemente scagliose con livelli di argille, di calcilutiti, di radiolariti finemente stratificati e fratturati. L’intero versante di Rossano di Vaglio è interessato da movimenti di massa antichi e recenti periodicamente soggetti a rimobilitazioni franose e riconducibili a grandi scorrimenti rototraslazionali multipli e retrogressivi, talora evolventi a colata di terra. L’intera area archeologica ricade su una significativa frana (la frana del Santuario, Figura 10) riconducibile ad uno scorrimento rototraslazionale multiplo. Il grande corpo di frana è frazionate in almeno 3 distinti corpi di frana (rispettivamente contrassegnati da 1 a 3 nella Figura 10), ognuno dei quali dotato di un’evidente scarpata principale, superfici laterali e basali di rottura. L’area sacra in particolare è interessata dal corpo di frana centrale, che si sviluppa con una lunghezza e una larghezza rispettivamente di 200 m e 150 m. Lo spessore di frana, individuato con indagini geofisiche, è dell’ordine dei 35 – 40 m. In più punti del corpo di frana, specie nella sua zona di piede, si evidenziano fenomeni di riattivazione franosa. L’intero corpo di frana è basculato con un’inclinazione in contropendenza di 5°, a testimonianza del carattere rototraslazionale della frana (Figura 9). Analisi geomorfologiche integrate da dati archeologici portano a ritenere che la Frana del Santuario si sia verosimilmente attivata per la prima volta in tempi antecedenti al IV secolo a.C. e che l’attuale assetto geomorfologico del sito sia dovuto ad una significativa rimobilitazione franosa prodottasi dopo l’abbandono dello stesso sito avvenuto nella prima metà del I° secolo a.C.

111

Figura 8. Veduta del Santuario di Rossano di Vaglio dedicato alla Dea Mephitis

Figura 9. Basolato carbonatico contenente l’altare del Santuario in chiara contropendenza da scorrimento rototraslazionale

112

Figura 10. Carta geomorfologica della grande frana del Santuario di Mephiti

3.2 L’area archeologica di “Torre di Satriano e il Santuario lucano

L’area archeologica di Satriano di Lucania ricade lungo un acclive versante significativamente interessato da frane di diverso tipo e dimensione che ne hanno condizionato lo sviluppo [10, 11]. Quest’area rappresenta dal punto di vista archeologico una delle aree di maggiore interesse del territorio lucano per la presenza di una frequentazione antropica a partire già dall’età del Bronzo e che si è sviluppata fino al Medioevo. L’insediamento umano ha subito nel corso del tempo una evoluzione complessa caratterizzata da abbandoni e successive riorganizzazioni del territorio distribuite diversamente nello spazio. Il primo abbandono è stato riconosciuto tra il tardo Bronzo e l’età del Ferro, a cui segue una ripopolazione nel corso del VIII secolo a.C. come testimoniato da sepolture rinvenute nell’area. La maggiore fase di crescita dell’insediamento indigeno pre-lucano avviene a partire dal VI secolo a.C. che coincide con l’impianto di un nucleo insediativo con relativa necropoli, lungo il versante meridionale della Torre di Satriano. Nel IV-III secolo a.C. si verificano grandi trasformazioni nell’area che coincidono con l’arrivo di genti lucane. Risale a quest’epoca l’impianto del Santuario che viene ubicato nei pressi di una sorgente e non lontano da un tratturo che favoriva l’interazione tra 113 genti, distribuite su un territorio abbastanza vasto, e rappresentava un asse viario di collegamento tra il settore tirrenico della penisola e quello ionico. L’attività del Santuario si sviluppa in un arco temporale abbastanza ampio caratterizzato però da momenti di rarefazione della documentazione anche piuttosto prolungati come quello avvenuto tra II sec. e inizio del I sec. a.C., fino ad arrivare al suo completo abbandono nel I sec. d.C. Durante il suo periodo di attività il Santuario è stato oggetto di ripetute ristrutturazioni tra il III ed il I sec. a.C. che hanno portato all’abbandono del ripiano inferiore su cui sorgeva uno dei fabbricati a favore di quello superiore a causa di danneggiamenti nelle strutture fondali. La scomparsa del nucleo abitativo lucano inizia a partire dalla fine del III sec. a.C., probabile conseguenza del fenomeno di romanizzazione del territorio che porterà alla nascita di nuove realtà urbane come Potentia. Nel Medioevo, infine, si verifica un ripopolamento con la nascita di Satrianum che diventa un’importante sede vescovile nel XII secolo d.C. [10]. Il rilievo della Torre di Satriano è scolpito interamente in terreni mesozoici noti in letteratura geologica come Unità Lagonegresi. In particolare, il nucleo roccioso centrale che forma la parte collinare e più rilevata della Torre di Satriano è costituito dalla Formazione dei Calcari con Selce, rappresentati da un’alternanza di strati centimetrici di rocce calcaree e calcareo marnose a luoghi dolomitizzate che contengono al loro interno liste e noduli di selce nera. Dove il rilievo diventa meno aspro ed assume pendenze meno accentuate si passa a depositi argillosi finemente scagliettati di colore vinaccia che si alternano a marne silicifere ed arenarie micacee riconducibili alla Formazione di Monte Facito. Nelle parti basse del versante affiorano terreni strutturalmente complessi riconducibili: alla Formazione dei Galestri, rappresentata da una alternanza di strati da centimetrici a decimetrici di argilliti grigie e nere e calcari marnosi grigi massivi talora molto fratturati; al Flysch Rosso rappresentato da una associazione litologica di argilliti rosse, calcareniti e brecciole grigie. Tutte le formazioni descritte sono particolarmente vocate al dissesto idrogeologico. Nell’area archeologica sono state individuate e definite alcune decine di frane (Figura 11) che ricoprono ben il 78 % dell’area in esame. Queste frane, buona parte delle quali in stato di quiescenza, sono riconducibili a scorrimenti rototraslazionali evolventi a colate di terra. Il versante meridionale della dorsale di Torre di Satriano è interamente ricoperto da un grande movimento di massa antico riconducibile ad uno scorrimento rototraslazionale che evolve ad un grande corpo di colata di terra (Figura 11). Questa grande frana è lunga 2600 m, larga 150 – 700 m e si estende, con un’inclinazione media di 10°, tra le quote 850 – 605 m s.l.m. Il Santuario Lucano ricade nella parte superiore ed orientale del corpo di frana 114 ed in particolare su un terrazzo di frana caratterizzato da una rotazione in contropendenza dell’ordine dei 13° (Figura 12).

Figura 11. Carta geomorfologica e delle frane del sito archeologico di Satriano di Lucania.

Figura 12. Santuario Lucano. Si noti il basculamento del basolato dovuto alla riattivazione della grande frana del Santuario.

115 Santuari

o lucano Tale frana ha verosimilmente subito delle fasi di attività durante la vita del Santuario; infatti, le sue strutture fondali mostrano segni di deformazioni progressive evidenziate da deformazione per taglio nello spigolo in basso a sinistra nel ripiano inferiore dell’edificio e da rotazioni contromonte dei muri portanti della struttura nel ripiano superiore. Durante gli scavi è stato messo in luce un piano di taglio con indicatori cinematici a basso angolo lungo il bordo inferiore sinistro dell’area di scavo rappresentativi di una superficie di scivolamento che ha dislocato solo la porzione inferiore del luogo di culto.

STRUTTURE CASTELLANE LUCANE E MOVIMENTI FRANOSI

In Basilicata sono numerose le strutture castellane di pregio riconducibili ad età medievale. Recenti studi hanno investigato le connessioni fra il degrado strutturale di 34 strutture castellane e i fenomeni naturali, con particolare riferimento alle frane. È stato accertato che l’attuale stato di degrado dei manufatti storico-monumentali investigati è dovuto, più che ai normali e lenti processi di degradazione, ad eventi naturali periodici, rapidi e devastanti [12]. Non sono pochi i Castelli in parte o totalmente crollati in seguito ad un sisma (ad esempio i Castelli di Balvano, Brienza, Melfi, Muro Lucano, Pescopagano, Miglionico, Tricarico). In particolare, il terremoto del 1857, di cui abbiamo già parlato, ha lesionato i Castelli di Melfi, San Fele, Muro Lucano, Lavello, Laurenzana, Lagopesole, Miglionico. Svariati Castelli sono soggetti a rischio di frana; fra questi meritano la menzione i Castelli di Brindisi di Montagna, di Lauria, di Laurenzana, di Tricarico, di Stigliano e di Pescopagano. Il Castello di Lauria, possedimento di Ruggero Ammiraglio di Aragona, rappresenta un emblematico esempio di insediamento castellano che, per l’esser stato edificato su un antico corpo di frana, si è ormai ridotto ad un rudere. In particolare, il Castello sorge sulla sommità di una scaglia carbonatica molto fessurata scivolata in tempi remoti dal retrostante rilievo, su cui è ben evidente la nicchia di distacco (Figura 13). L’ammasso carbonatico, disarticolato con blocchi di varia dimensione potenzialmente instabili, è ancora oggi interessato da movimenti di massa lenti ed intermittenti [13] (Figura 14).

116

Figura 13. Il corpo di frana antico su cui sorge il Castello di Lauria [13].

Figura 14. Il Castello di Ruggero di Lauria ormai ridotto ad un rudere costruito sul vecchio ammasso carbonatico scivolato.

117

Alcuni Castelli, tra cui la fortificazione di Craco, sono soggetti ad un lento degrado dovuto all’azione combinata di sismi, frane ed erosione (Figura 15). Fra tutte le strutture castellane investigate, anche il fortilizio di Brindisi di Montagna (Figura 16), edificato nel 1240, è ormai ridotto ad un rudere e rischia di andare del tutto perduto a causa dell’azione combinata di processi erosivi selettivi, di movimenti di massa di vario tipo e dimensione e di ricorrenti ed intensi sismi. In particolare, a seguito del sisma del Settembre 1694, il castello fu atterrato… e fu rifatto assai minore [14] .

Figura 15 La fortificazione di Craco interessata da lenti fenomeni di frana ricondubili a espandimenti laterali e a ribaltamenti.

La stretta dorsale su cui è sorto la struttura castellana e l’intero borgo di Brindisi di Montagna sono modellate in rocce arenaceo-conglomeratiche mioceniche molto fessurate riconducibili al cosiddetto Flysch di Gorgoglione, posto in contatto tettonico con il Flysch Galestrino, un’alternanza di argilliti marnose silicifere e calcareniti particolarmente predisposta al franamento. In Figura 16 è riportato uno schema geomorfologico dell’area, nel quale, per ragione di scala, sono solo riportate alcune delle numerose frane censite. Queste ultime sono particolarmente presenti lungo il versante orientale dell’ardita dorsale su cui sorge la struttura castellana. Oltre ai fenomeni di crollo e ribaltamento di blocchi arenacei, sono presenti numerosi corpi di frana antichi e recenti, in alcuni casi ancora attivi e che quasi lambiscono le fondazioni del Castello federiciano [12].

118

Figura 16. Il Castello di Brindisi di Montagna. In alto alcune vedute della struttura castellana. In basso la Carta geomorfolgica della dorsale su cui sorge il Castello. (La freccia bianca e la stella rossa indicano il Castello)

4. PERICOLOSITA’ GEOMORFOLOGICA NEL PARCO ARCHEOLOGICO STORICO NATURALE DELLE CHIESE RUPESTRI DEL MATERANO

Lungo gli acclivi versanti della Gravina di Matera, un profondo ed aspro canyon che attraversa i calcari cretacici della cosiddetta Murgia Materana in Basilicata, si è generata e conseguentemente sviluppata una Civiltà Rupestre, di cui i Sassi di Matera – Rioni storici cittadini – e i numerosi (più di 100) luoghi di culto – chiese, cenobi, eremi, laure, complessi monastici – presenti nel Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri, ne sono gli esempi più rappresentativi e celebrati; infatti, l’UNESCO nel 1993 li ha riconosciuti come Patrimonio Mondiale dell’Umanità [14, 15]. La nascita e l’evoluzione architettonica e sociale di questa Civiltà Rupestre, presente sia nel Materano che in un’ampia zona della vicina Puglia, sono state favorite dalle peculiari caratteristiche geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche che soddisfacevano appieno le esigenze e le necessità socio- economiche, religiose e strategiche delle popolazioni medievali lucane [16, 17, 18]: la possibilità di dotarsi di abitazioni poco costose, garantita dalla buona lavorabilità e scavabilità della Calcarenite di Gravina (la formazione

119 rocciosa ampiamente affiorante lungo le parti alte della Gravina di Matera), associata alla presenza di numerose cavità naturali; la non agevole individuazione dei siti insediativi, al fine di sfuggire alle incalzanti orde barbariche o alle persecuzioni iconoclastiche o di godere di isolamento per soddisfare la vocazione eremitica, tutelata dall’articolata e complessa geomorfologia della Gravina, caratterizzata da andamenti tortuosi del solco fluviale, da aspri anfratti e recessi modellati negli spalti calcarenitici; l’opportunità di soddisfare il bisogno di Dio con la diffusa edificazione, fra l’VIII e il XIII sec. a. C., di chiese rupestri, cenobi, cripte ed asceteri, affrescati con immagini sacre, viva testimonianza di civiltà monastiche di rito latino o greco-bizantino. Siffatto ambiente geologico-strutturale e geomorfologico predispone nel contempo i ripidi versanti forratici della Gravina di Matera ad una diffusa e intensa fragilità geomorfologica e un generale stato di dissesto che si palesa con rapidi e significativi crolli, ribaltamenti e scivolamenti di blocchi calcarei e calcarenitici (Figura 17). Tale diffusa e intensa dinamica gravitativa si ripecuote, danneggiandole, sulle pregevoli testimonianze rupestri presenti sia nei Sassi di Matera che nel Parco delle Chiese Rupestri.

Figura 17. Belvedere delle Chiese Rupestri. Blocchi calcarenitici in precario stato di stabilità o già crollati in prossimità di testimonianze rupestri

A conferma di quanto fin qui detto, recenti studi, condotti dallo scrivente e che hanno riguardato il rischio geo-archeologico di ampie aree del Parco delle Chiese Rupestri in cui ricadono 38 Chiese Rupestri, hanno evidenziato che di queste Chiese, ben 25 sono soggette a dissesto idrogeologico per frana e/o erosione, mentre 19 di esse sono interessate da dissesti (Figura 18). Uno dei siti rupestri maggiormente soggetto ad instabilità di versante è il Belvedere delle Chiese Rupestri (Figura 19). Questo sito è caratterizzato da acclivi versanti che si elevano per circa 200 m a sinistra idrografica del 120

Torrente Gravina di Matera; un ripiano di abrasione marina, posto a quota di 405 – 415 m s.l.m. delimita superiormente l’area investigata. Tale sito è modellato nella successione carbonatica costituita dal Calcare di Altamura (Cretacico Superiore) e dalla Calcarenite di Matera (Pliocene Superiore – Pleistocene Inferiore), il cui contatto geologico è di tipo trasgressivo, è ben marcato ed è disposto a franapoggio con inclinazioni medie intorno a 8° - 12°. Lo spessore della Calcarenite di Gravina è dell’ordine dei 50 metri (Figura 19). Nel sito Belvedere delle Chiese Rupestri sono presenti, oltre a numerose grotte cavate nei teneri terreni calcarenitici, molte delle quali modificate dall’architettura rupestre e destinate a luoghi di culto, alcune significative chiese di varie dimensioni e con uno stato di conservazione variabile: si ricordano le Chiese di San Vito, Sant’Agnese, della Madonna delle Tre Porte. In queste cripte, caratterizzate da architetture più o meno complesse, sono presenti affreschi medievali di buona fattura, non di rado degradati.

Figura 18. Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano. Ubicazione delle principali testimonianze rupestri (a sinistra); stato di conservazione delle testimonianze rupestri investigate (a destra).

121

Figura 19. Belvedere delle Chiese Rupestri: una sezione geologica naturale. Si notino le molte grotte, alcune delle quali occupate da luoghi di culto.

Figura 20. Carta geomorfologica e di stabilità cinematica del sito Belvedere delle Chiese Rupestri. 1) Depositi alluvionali recenti. 2) Formazione della Calcarenite di Gravina. 3) Formazione del Calcare di Altamura. 4) Aree interessate da rilievi geostrutturali.5) Famiglie di fessurazione. 6) Nicchie e scarpate di frana. 7) Accumuli di frana; 8) Giacitura degli strati; 9) Analisi cinematica di stabilità. 10) Indici di pericolosità cinematica.

122

Come si evince dalla Figura 20, nella quale è riportata la carta geomorfologica e delle frane, il sito investigato è condizionato da movimenti di massa rapidi riconducibili a crolli, a scivolamenti e ribaltamenti diretti di blocchi che interessano in particolar modo i terreni calcarenitici e che si palesano mediante: evidenti nicchie di distacco impostate in corrispondenza di fessure all’intersezione di più discontinuità strutturali; blocchi calcarenitici in evidente stato di precaria stabilità o già crollati (Figura 21); macereti di frana presenti al piede del versante, segno di una dinamica morfogenetica attiva. Tale diffuso stato di dissesto idrogeologico genera condizioni di pericolosità geomorfologica; in particolare, recenti studi sulla valutazione della pericolosità di frana di queste aree, basati sull’applicazioni di tecniche di logica Fuzzy, hanno evidenziato che la gran parte del sito Belvedere Chiese Rupestri è caratterizzato da pericolosità di frana variabile fra media ed elevata [16].

Figura 21. Alcune situazioni di instabilità dei versanti nel sito Belvedere delle Chiese Rupestri

La conoscenza della pericolosità di frana è particolarmente importante in aree sede di frequentazione turistica; infatti, la comprensione dei fenomeni e della loro evoluzione spazio-temporale consente di mettere in atto azioni di tutela attiva dei visitatori (percorsi tutelati, sistemi di Early Warning, monitoraggio in continuo, ecc).

123

5. RIFERIMENTI [1] C. Trigila, M. Iadanza, B. Bussettini, B. Lastoria – “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio – ISPRA, Rapporti 287/2018, 2018. [2] U. J. Andreae Martii “Liber Niger Civitatis Pisticii” 1567. [3] C. Levi “Cristo si è fermato ad Eboli”, pp 242, Einaudi ed., 1945.

[4] R. Mallet “Great Neapolitan Earthquake of 1857. The first principles of observational seismology. Chapman and Hall, London, 1862.

[5] R. Almagià, Studi geografici sulle frane. Appennino centrale e meridionale. Vol. II, Società Geografica Italiana, 1910 [6] G. Zanardelli, Discorso Conclusivo, Viaggio in Basilicata, Potenza 29 settembre 1902. [7] V. Cotecchia, C. Cherubini, A. Guerricchio, R. Mastromattei. “Aliano, Città fragile della Basilicata per accentuate processi erosive e frane indotte da una evoluzione tettonica recente”. Geologia Applicata e Idrogeologia, vol. XXX, pp 549 – 566, Bari, 1995 [8] F. Sdao, D. Chianese, V. Lapenna, P. Lorenzo, A. Perrone, S. Piscitelli “Instabilità deiversanti in aree archeologiche della Basilicata: il caso del Santuario di Mephitis – Rossano di Vaglio (Basilicata)”. SIRIS_ Studi e ricerche della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera, vol. 4 (2002 – 2003), pp. 119-131, 13 ff, EDIPUGLIA srl, Bari, 2003 [9] F. Sdao, V. Simeone. Mass movements affecting Goddess Mefitis sanctuary in Rossano di Vaglio (Basilicata, southern ). Journal of Cultural Heritage, vol. 8, Issue 1, pp. 77-80, DOI:10.1016/j.culher.2006.10.004, ISSN: 1296-2074, Elsevier Ed, 2007. [10] S.I. Giano, F. Sdao, C. Zotta C. Analisi archeoambientale del Santuario di Torre di Satriano. In Torre di Satriano I. Il Santuario Lucano (Osanna M., Sica M.M. eds), Quaderni Archeologici, Deputazione Storia Patria per la Lucania, vol. 11, pp. 466-472, OSANNA EDIZIONI Venosa, 2005. [11] S. Pascale, J. Bellanova , L. Losasso, A. Perrone, A. Giocoli, S. Piscitelli, B. Murgante, F. Sdao. “Geomorphological Fragility and Mass Movements of the Archaeological Area of “Torre di Satriano” 124

(Basilicata, Southern Italy. Lecture Notes Computer Science, Part IV, LNCS vol. 8582, pp. 495–510, Springer International Publishing, 2014. [12] G. D'Ecclesiis, D. Grassi, F. Sdao. “I molteplici rischi geologici che affliggono le strutture castellane della Basilicata (Italia meridionale)”. Proc. Convegno Condizionamenti Geologici e Geotecnici nella Conservazione del Patrimonio Stoico-Culturale (GEOBEN 2000). pp. 445-452, I.A.E.G., Torino, 2000. [13] A. Guerricchio, G. Melidoro. “Fenomeni franosi ed assetto urbanistico dell’abitato di Lauria (Potenza)”. Geologia Applicata e Idrogeologia, vol. XVIII, Bari, 1983 [14] G. Stroffanello. “Geografia d’Italia., Torino, 1899 [15] F. Sdao, R. Francioso, S. Pascale, P. Rutigliano, F. Vespe. “Pericolosità geomorfologica e monitoraggio dei movimenti di massa presenti in aree del Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, in Basilicata”. Atti Dipartimento Strutture, Geotecnica, Geologia Applicata - UNIBAS, vol. 2, pp. 1- 32, 2004. [16] F. Sdao, D. S. Lioi, S. Pascale, D. Caniani, I. M. Mancini. Landslide susceptibility assessment by using a neuro-fuzzy model: a case study in the Rupestrian heritage rich area of Matera. Natural Hazards and Earth System Sciences Journal, vol. 13 (2/2013), pp. 395 - 407, Journal of European Geosciences Union, Copernicus Pubblications, Germany, 2013. [17] C.D. Fonseca. “Civiltà rupestri in Terra Jonica”., ed. Bestetti, Roma, 1970 [18] V. Cotecchia, D. Grassi. “Incidenzegeologico-ambientali [19] Sull’ubicazione e lo stato di degrado degli insediamenti rupestri medievali della Puglia e della Baslicata. Geologia Applicata e Idrogeologia, vo. XXXIII, pp 1 – 10, Bari, 1997

125

126

127

128

ANNO ACCADEMICO 2020

129

130

Inaugurazione dell’Anno Accademico 2020

PROGRAMMA

13,00 Saluti Istituzionali

13,30 Saluto di Benvenuto ai nuovi Soci Accademici e consegna dei Diplomi

13,45 Relazione programmatica del Presidente Prof. Eugenio Scandale

14,00 Prolusione del Socio Prof. Antonio Troisi “Autonomia Regionale Differenziata, Autonomia di Accademie e Università, Riequilibrio Territoriale”

14,30 Intervento del Socio Prof. Giuseppe Pardini “Inquadramento storico del Regionalismo Differenziato”

14,50 Intervento conclusivo del on. Prof. Francesco Boccia Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie

Aula Magna 1° Edificio Polifunzionale Università degli Studi del Molise Viale Manzoni Campobasso

16 dicembre 2019

131

PROGRAMMA TAVOLA ROTONDA

Regionalismo differenziato: Armonizzazione delle Attività Culturali e di Ricerca Scientifica in ambito nazionale e internazionale. Il ruolo di Accademie e Università

Moderatore: Dott. Giancarlo Fiume, Caporedattore TGR RAI Molise

Ore 15,00

Saluti istituzionali

Prof. Luca Brunese, Rettore Università degli Studi del Molise Prof. Tito Orlandi, Presidente Unione Accademica Nazionale

Interventi e Partecipanti Dott. Umberto D’Angelo, Direttore della Biblioteca Angelica di Roma in rappresentanza della Direzione Generale Biblioteche e Istituti – MiBACT Prof. Eugenio Scandale, Vice Presidente della Unione Accademica Nazionale-UAN Prof. Giuseppe Marrucci, Accademia Pontaniana e Società Nazionale di Napoli Prof.ssa Anna Maria Candela, Prorettrice Università degli Studi di Bari

Interventi di studenti e dottorandi e Discussione

Conclusioni del Ministro on. prof. Francesco Boccia

132

Relazione programmatica del Presidente Prof. Eugenio Scandale

Onorevole Ministro, Illustri Accademici, Magnifici Rettori e loro Delegati, Autorità, Gentili Ospiti

Benvenuti all'Adunanza Solenne con la quale si apre ufficialmente il 95° Anno Accademico dell’Accademia Pugliese delle Scienze, nata a Bari il 10 dicembre 1925. Nell’avviare questo nuovo Anno Accademico esprimo gratitudine a tutti i presenti - Autorità, Amici ed Estimatori dell’Accademia - per aver voluto essere oggi qui con noi e ringrazio tutti gli assenti che ci sono vicini con i loro messaggi. Sono particolarmente grato all’on. Prof. Francesco Boccia, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, che ci onora con la sua presenza avendo accolto l’invito a partecipare all’Adunanza Solenne della nostra Accademia e alla successiva Tavola Rotonda organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi del Molise e con la Unione Accademica Nazionale-UAN. La Sua partecipazione, Onorevole Ministro, è molto importante per il contributo autorevole che, nella duplice veste di Docente Universitario e Ministro, potrà dare ad entrambe le manifestazioni che svilupperanno il Tema delle implicazioni della autonomia regionale differenziata sulla universalità della cultura scientifica L’Adunanza di oggi a Campobasso, ospiti dell’Università del Molise, viene dopo quella tenutasi lo scorso anno a Matera e si collega direttamente a quelle degli anni precedenti svoltesi successivamente presso ciascuna delle sedi universitarie pugliesi a conferma della volontà dell’Accademia che, nonostante storicamente abbia sede a Bari, svolge il proprio compito statutario con “un programma che sorpassa i limiti ed i confini regionali” come sostenuto dal Prof. Nicola Leotta, primo Presidente dell’Accademia, nel suo discorso inaugurale nel 1925. Sono profondamente riconoscente al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi del Molise, Socio Accademico Prof. Luca Brunese, per aver voluto condividere con noi questo momento importante della vita dell’Accademia e lo ringrazio vivamente anche per averci offerto la possibilità di celebrare l’Adunanza in questa splendida Aula Circolare. Allo stesso tempo sono sinceramente grato al Socio Accademico Prof. Giuseppe Pardini per l’impegno profuso nella organizzazione di questa Cerimonia 133

Durante il 2019 sono stati accolti i seguenti nuovi Soci, rilevanti per la loro eminenza scientifica e precisamente:

Classe di Scienze Fisiche Mediche Naturali Soci Ordinari

Prof. Francesco CUPERTINO Ordinario di Ingegneria Elettrica della Automazione Rettore Politecnico di Bari

Prof. Pietro DE PALMA Ordinario di Macchine a Fluido Politecnico di Bari

Prof. Eugenio DI SCIASCIO Ordinario di Sistemi di elaborazione dell'informazione Politecnico di Bari

Prof. Mauro MEZZINA Ordinario di Tecnica delle Costruzioni Politecnico di Bari

Prof.ssa Franca TOMMASI Ordinario di Biologia Vegetale Università. di Bari

Prof. Ludovico VALLI Ordinario di Chimica-Fisica Università del Salento

Prof. Vincenzo ZARA Ordinario di Farmacia e Biochimica Università del Salento

Classe di Scienze Morali Soci Ordinari

Prof. Pierpaolo LIMONE Ordinario di Pedagogia Sperimentale Rettore Università di Foggia

Prof.ssa Mimma PASCULLI Associato di Storia dell’Arte Moderna Università di Bari

134

Prof. Fabio POLLICE Ordinario di Geografia Economico Politica Università del Salento

Prof. Maurizio RICCI Ordinario di Diritto del Lavoro Università di Foggia

Prof. Antonio TROISI già Ordinario di Scienze delle Finanze Università di Foggia

Classe di Scienze Fisiche Mediche Naturali Soci Corrispondenti

Prof. Luigi BORZACCHINI Associato di Logica Matematica- Università di Bari

Prof. Luca BRUNESE Ordinario di Diagnostica per immagini Rettore Università del Molise

Prof.ssa Anna Maria CANDELA Ordinario di Analisi Matematica Università di Bari

Prof. Fabio GARGANO Ricercatore Istituto Nazionale Fisica Nucleare INFN - Bari

Prof. Francesco GIORDANO Associato di Fisica delle Astroparticelle Università Bari

Dott. Venturino BISIGNANO Ricercatore Istituto di Bioscienze e BioRisorse CNR Bari

Ing. Nicola ZACCHEO Presidente Ente Nazionale Aviazione Civile ENAC

135

Classe Di Scienze Morali Soci Corrispondenti

Prof. Giovanni CERCHIA Associato di Storia Contemporanea e Storia delle Istituzioni politiche Università del Molise

Prof. Antonio Lucio GIANNONE Ordinario di Letteratura Italiana Contemporanea Università del Salento

M° Salvatore MARRONE Direttore Artistico Musicale, Collegium Musicum di Bari

Prof. Nicola NERI Docente di Relazioni Internazionali- Università di Bari

Prof.ssa Francesca SOGLIANI Associata di Archeologia Cristiana e medievale Università della Basilicata

Ai nuovi Soci va il nostro collegiale ed amichevole benvenuto e un caloroso invito a sentire con orgoglio l’appartenenza a questa prestigiosa Istituzione partecipando alle attività e promuovendone di nuove.

Rinnovo degli Organi Collegiali per il triennio 2020/2022

Il giorno 28 ottobre 2019 nella sede di Villa La Rocca si sono svolte le votazioni per il rinnovo delle cariche sociali dell’Accademia Pugliese delle Scienze per il triennio accademico 2020-2022. Ho l’onore di comunicare che mi è stato conferito il terzo mandato quale Presidente dell’Accademia e che sono stati eletti Vice-Presidente il Prof. Fernando Schirosi e Tesoriere il Prof. Ugo Patroni Griffi. In data 14 ottobre 2019 il Consiglio Direttivo ha confermato il Prof. Mario Spagnoletti nella carica di Segretario Accademico. Il Consiglio Direttivo, costituito da eminenti personalità del mondo accademico che svolgono un ruolo attivo e significativo nella Società Meridionale, risulta composto per la Classe di Scienze Morali dai Proff. Giovanni Cipriani, Gianvito Giannelli, Luigi Piacente, e per la Classe di Classe di Scienze Fisiche Mediche e Naturali dai Proff. Pietro De Palma, Francesco Sdao, Ludovico Valli in armonica rappresentanza delle Università pubbliche appulo-lucane. 136

La composizione degli Organi eletti testimonia la volontà dei Soci dell’Accademia di contribuire sia alla diffusione della Cultura Scientifica e Umanistica che allo sviluppo socio-economico in stretta collaborazione con le Istituzioni Universitarie e di Ricerca e con gli Enti Territoriali. Sono stati inoltre eletti Membri Effettivi del Collegio dei Revisori dei Conti i Proff. Riccardo Giorgino e Mario Scicutella, (Membro Supplente il Dott. William Formicola) e Membri Effettivi del Collegio dei Probiviri i Proff. Aldo Luisi, Vittorio Marzi e Alfredo Sollazzo, (Membri Supplenti i Proff. Giacomo Scarascia Mugnozza e Ennio Triggiani). Sono certo che la stessa amichevole ed attiva collaborazione, stabilitasi con i Componenti degli Organi Collegiali eletti nell’ottobre 2016, cui va il vivo ringraziamento mio personale e dei Soci dell’Accademia per il lavoro svolto, potrà instaurarsi con i nuovi eletti. Last but not least, voglio esprimere un particolare ringraziamento al Prof. Vittorio Marzi, past President dell’Accademia di cui ho raccolto la preziosa eredità, che esce dal Consiglio Direttivo e continuerà a dare il suo autorevole contributo quale Presidente del Collegio dei Probiviri, per la sua generosa comprensione delle esigenze dell’Accademia. Si ringrazia altresì il Prof. Pasquale Corsi, Vice Presidente dell’Accademia nei due scorsi mandati, per la apprezzata attività svolta in favore dell’Accademia divenuta troppo onerosa in ragione della sua carica di Presidente della Società di Storia Patria per la Puglia.

Situazione economica

Come negli anni passati, l’Accademia svolge la propria intensa attività senza poter fare affidamento su risorse fisse e stabili nel tempo. Infatti non dispone di un finanziamento ordinario annuale né da parte del Governo nazionale e né da parte di quello regionale pugliese. Le entrate di cui gode annualmente sono di ammontare limitato non esattamente quantificabile in anticipo e soprattutto senza garanzia di continuità. Si tratta di contributi e oblazioni volontarie di privati e delle quote annuali dei Soci cui si aggiunge un contributo annuale, di importo variabile, erogato dal MiBACT a presentazione di domanda, ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 della Legge 534/96 che regola il finanziamento alle Istituzioni culturali. La mia non è, e non vuol essere, una lamentazione rituale. Rivendico anzi con orgoglio il fatto che, nonostante questa difficile situazione di fatto, la nostra Accademia riesca ad assicurare alta qualità ed elevato livello scientifico alle numerose attività che con continuità organizza di anno in anno. 137

La stabilità e l’equilibrio dei bilanci dell’Accademia è frutto del concorde sostegno solidale delle Università pubbliche di Puglia e di Basilicata cui è auspicabile che si associ l’Università del Molise, che erogano un contributo proporzionale alla rispettiva consistenza numerica. Il supporto economico è tanto più meritorio e degno di nota in quanto viene assegnato nonostante la loro difficile situazione finanziaria, determinata dal costante decremento negli ultimi dieci anni del Fondo di Funzionamento Ordinario assegnato loro annualmente dal MIUR. A queste Università va il più sincero e sentito ringraziamento, mio personale e dell’Accademia tutta, e il riconoscimento che il loro apporto consente di raggiungere le cifre utili a provvedere alla modesta gestione ordinaria dell’Accademia e necessarie a garantire con sicurezza copertura della retribuzione dell’unica dipendente, la Sig.ra Giovanna Panebianco, memoria storica dell’Accademia e imprescindibile risorsa, il cui impegno è una garanzia nel tempo. La sostenibilità economica di progetti scientifici annuali di ampio respiro, quale quello che ci ha visti protagonisti nel corso del 2019 per la celebrazione del V Centenario della morte di Leonardo da Vinci, di cui verrà dato conto successivamente, viene conseguita attraverso il cofinanziamento da parte degli Enti ed Istituzioni che partecipano alle iniziative. Preoccupa il fatto che la nostra situazione economica sia condivisa da altre Accademie, tutte quelle che come la nostra non usufruiscono di un finanziamento ordinario, nazionale e regionale, ed anche sconcerta che la stessa Unione Accademica Nazionale-UAN, istituita con Decreto Regio nel 1923 quale corrispondente nazionale della Union Académique Internationale - UAI, viva vita grama. Per superare questa situazione, la UAN, forte della sua struttura di rete costituita dalle 14 Accademie Scientifiche Italiane di rilievo nazionale, ha avviato un percorso di interlocuzione con MiBACT e MIUR per proporre progetti nazionali di ricerca che coinvolgano le Accademie, come la nostra, consociate nella UAN.

Attività Culturale Istituzionale

Nel corso del 2019, in occasione del V Centenario della morte di Leonardo da Vinci, avvenuta il 2 maggio 1519 nello Chateau du Clos Lucé ad Amboise, Francia, l’Accademia ha condotto una riflessione critica, organizzando nove giornate di studio, sulla sua opera come uomo di Scienza ed inventore e sulle ragioni della alterna considerazione attribuita alla sua attività tecnico scientifica. 138

Esaltato nel XIX secolo come Genio Universale, nel XX secolo viene messa in discussione la sua grandezza di scienziato. Si sottolinea la frammentarietà e la incompletezza del suo lavoro, con considerazioni analoghe a quelle espresse dai suoi contemporanei sulle chimere scientifico naturali, sulla eccessiva varietà degli interessi che gli impediva di portare a compimento molti dei suoi progetti. Vasari scriveva nella biografia di Leonardo “ancora che molto più operasse con le parole che co’ fatti, il nome e la fama sua non si spegneranno già mai”. Le giornate organizzate dall’Accademia Pugliese delle Scienze, unitamente a Università di Bari, Politecnico di Bari, Università del Salento, Università della Basilicata, INFN, Conservatorio di Musica “N. Piccinni” di Bari, Museo Leonardo da Vinci di Galatone, Sitael SpA, Autorità Portuale del Mare Adriatico Meridionale, si sono concretizzate in nove eventi, avviati il giorno 27 marzo e conclusi il 6 dicembre. A questo complesso e articolato programma, dal titolo “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” hanno partecipato Ricercatori e Studiosi di tutte le Istituzioni menzionate, svoltosi di volta in volta presso ciascuna delle rispettive sedi. Il programma ha tratto giovamento dalla sintonia e dalla collaborazione fattiva sviluppatasi tra l’Accademia e le Università Appulo-Lucane con il comune fine di promuovere la diffusione della conoscenza in generale e di quella delle eccellenze scientifiche locali, in particolare. Le relazioni e i dibattiti hanno cercato di chiarire quale sia stato l’apporto dato da Leonardo alle tante Scienze e discipline che attrassero la sua curiosità e il suo interesse: in quali abbia svolto un ruolo di precursore, in quali di fondatore e in quali semplicemente di impareggiabile osservatore che tramite il disegno esprimeva efficacemente i suoi concetti. Le relazioni saranno raccolte in un volume speciale della collana “Atti e Relazioni” in fase di preparazione. In conclusione l’Accademia nei nove mesi di attività 2019, da gennaio a novembre escludendo luglio e agosto, mesi in cui viene sospesa l’attività a norma di Regolamento, ha svolto una intensa e brillante attività culturale, concretizzatasi in 33 riunioni scientifiche e culturali. Il fittissimo calendario delle attività non potrà essere dettagliatamente illustrato per il tempo limitato a disposizione e si rimanda alla lettura della presente Relazione. Come negli anni precedenti il programma di attività 2019 è consistito in:

× Attività accademiche scientifiche × Eventi culturali in collaborazione con altre Istituzioni culturali 139

16 Gennaio Presentazione del volume “Benefits of the Mediterranean Diet in the Elderly Patient”, a cura di Antonio Capurso, Gaetano Crepaldi, Cristiano Capurso

25 Gennaio Convegno di Studi in onore del Prof. Oreste Arrigoni, dal titolo “Historical continuity of botanical reserach from the molecular to the systemic scale”.

25 Febbraio Conferenza Dibattito a sostegno della Gazzetta del Mezzogiorno su “La Gazzetta del Mezzogiorno nella storia del Sud” a cura dei Proff. Eugenio Scandale, Ugo Patroni Griffi, Mario Spagnoletti, Giuseppe De Tomaso, introdotto e moderato dal Dott. Raffaele Lorusso.

27 Febbraio Presentazione del volume “Omaggio ad Armando Perotti a 90 anni dalla sua morte” curato da Beatrice Leddomade e Claudio Crapis.

6 Marzo Conferenza Dibattito su “La coltivazione di piante offiinali in Puglia” a cura dei Proff. Vittorio Marzi e Gianni Picella

18 Marzo Convegno di Studi “Un modello di regionalismo differenziato dotato della flessibilità necessaria a interpretare le specifiche vocazioni territoriali di ogni regione” a cura del Prof. Troisi

19 Marzo Convegno “Suolo e salute” a cura della Dott.ssa Lina Lacarpia in collaborazione con la Delegazione Puglia e Basilicata AIDDA e la Confagricoltura Donna Puglia

140

27 Marzo Inaugurazione del Ciclo di Giornate di studio in occasione delle Celebrazioni del V Centenario della morte di Leonardo da Vinci, dal titolo “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro”.

5 Aprile II Giornata di studio del Progetto su“Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” dal titolo “ Il Cielo, l’Acqua e le Macchine”.

17 Aprile Conferenza Dibattito sul tema generale: “Dove va ’Europa? ne discutono i Soci Prof. Fernando Schirosi sul tema:“Precursori dell’idea di Unione Europea da Saint Simon (1714) a Victor Hugo (1849) e il Prof. Ennio Triggiani su “Attualita’ e futuro dell’integrazione Europea”

15 Aprile III Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” dal titolo “Le Tecnologi Militari” con Esposizione e prova di lancio della Balestra Gigante, anteprima mondiale

2 Maggio IV Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” dal titolo “Maraviglia e Percezione della natura”

3 Maggio Convegno di studi nel Bicentenario della nascita del Musicista Barese M° Nicola De Giosa (1819-2019), dal titolo “Nicola De Giosa: non solo Don Checco”

15 Maggio V Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” dal titolo “La Solitudine di Leonardo”

22 Maggio Conferenza del Prof. Salvatore Camposeo su: “L’opera dell’agronomo Ravanas in Puglia”

23 Maggio Convegno in collaborazione con il Gruppo di Bioeconomia della Puglia -CIRCC, Accademia dei Georgofili Sez.Sud-Est Ferchimica-Assobiotec, Regione Puglia sul tema: “Bioceonomia: 141

un’opportunità per la Puglia. Ricerca ed impresa per lo sviluppo sostenibile del territorio”

25 Maggio Spettacolo - Cultura “La Bottega della poesia: si fa comunità” in collaborazione con la Redazione del quotidiano “La Repubblica” di Bari, con lettura di alcune poesie inedite

27-28 Maggio Patrocinio e Collaborazione al Convengo Nazionale di Virologia della Società Italiana di Virologia del Politecnico di Bari, Prof.ssa Luisa Rubino, su “Incontro di Virologia Vegetale”.

7 Giugno VI Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” dal titolo “Leonardo dall’Officina alla Cucina”, presso l’Università del Salento

7 Giugno Concerto del Collegium Musicum M° Rino Marrone, “Silentium: la musica,silenzio udibile “ e Coro di voci bianche “Vox Juvenis” del M° Emanuela Aymone, nel Parco di Villa La Rocca.

10 Giugno Conferenza e Concerto in collaborazione con il Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Pace, il Dip.di Scienze Mediche di Base e Neuroscienze, l’Unione Scienziati per il disarmo, con l’intervento del Prof. Nicola Cufaro Petroni su “Iran tra nucleare, musica e rose”

14 Giugno Concerto del Collegium Musicun M° Rino Marrone su “Serenate in duo” del M° Giambattista Ciliberti al Clarinetto e M° Antonio Maddoni alla Chitarra Classica

10 Luglio Concerto di musica e parole tratte dai brani di Vivaldi, GB Pescetti e Brecht – Piazzolla, dal titolo: “Incontrando Brecht”, all’Arpa il M° Marcello Albanesi, alla Chitarra il M° Francesco Marziliano, Voce narrante Teresa Polimei.

142

18 Settembre Convegno “EWG-NUE Mitting “a cura della Prof.ssa Agata Gadaleta

18-19 Settembre Terza Tornata dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio “Olea Workshop” su “Olivo e Olio: salute e bellezza”, a cura del Prof. Salvatore Camposeo

27 Settembre VII Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro”, durante la Giornata Europea dei Ricercatori, in collaborazione con il Politecnico di Bari, l’INFN di Bari e Lecce, Università di Bari e del Salento

30 Settembre- International Conference on Flight vehicles 3 Ottobre Aerothermodynamics and Reentry missions & engineering, promossa da European Space Agency ESA e SITAEL di Mola di Bari, Torre Cintola Monopoli

2-3-4 Ottobre Convegno Internazionale di Studi su “L’arte della quadratura. Storia del Restauro” a cura della Prof.ssa Mimma Pasculli

15 Novembre VIII Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” Conferenza dal titolo: “Leonardo Artista, Scienziato e Inventore” presso l’Università della Basilicata

20 Novembre IX Giornata di Studio del Progetto su “Leonardo e la Puglia tra passato e futuro” Conferenza dal titolo: “Leonardo lessicografo” a cura del Prof. Francesco Tateo e del Prof. Trifone Gargano

27 Novembre Conferenza del Prof. Giovanni Natile su “La Tavola Periodica degli elementi” in occasione del 150° anniversario della pubblicazione della Tabella Periodica di Mendeleev.

143

29 Novembre- Mostra Fotografica “Leonardo da Vinci. Dai disegni 6 Dicembre dell’Ambrosiana di Milano: rivisitazione contemporanea delle macchine lignee attraverso le opere di Giuseppe Manisco, a cura della Prof.ssa Mimma Pasculli e della Dott.ssa Rosanna Zucaro

16 Dicembre Adunanza Solenne di Inaugurazione del 95° Anno Accademico dell’Accademia, presso l’Università del Molise - Campobasso

Programma di attività 2020

Sarà data continuità alla attività Culturale e Scientifica sviluppata nel corso dell’anno 2019 e degli anni precedenti e al contempo sono in programma nuove iniziative. Tra queste ultime è in avanzata fase di preparazione un Progetto per la Celebrazione del V Centenario della morte di Raffaello Sanzio, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520, che verrà sviluppato con la stessa formula utilizzata per la Celebrazione del V Centenario della morte di Leonardo da Vinci. Infatti il Progetto, dal titolo provvisorio “Raffaello, tra Arte e Scienza”, si svolgerà nel periodo aprile-novembre 2020 con la collaborazione delle Università Appulo Lucane, Polo museale di Puglia, MiBACT, e di CNR e INFN. Nel periodo aprile giugno 2019 parte delle attività - conferenze, dibattiti e incontri- sarà rivolta a studenti delle Scuole. Con la partecipazione di testate giornalistiche e televisive locali e nazionali, saranno riproposti e approfonditi temi quali “Valorizzazione della Cultura dell’Ambiente” in collaborazione con la Presidenza del Consiglio della Regione Puglia e “Comunicare la Scienza”. Questi argomenti saranno sviluppati in collaborazione nazionale, con l’apporto di Accademie ed Università, ed internazionale con il contributo di ALLEA e UAI e delle Accademie delle Repubbliche Baltiche con le quali è in corso di perfezionamento un accordo culturale. Questi temi sempre attuali necessitano di una continua interlocuzione con l’opinione pubblica in modo da stabilire un rapporto chiaro e schietto che consenta di superare pregiudizi e incomprensioni. A questo fine si intende indire una competizione tra neo Dottori di Ricerca, “La Scienza in tre minuti” per premiare le 10 migliori Conferenze che illustrino i risultati del lavoro di Tesi in un tempo massimo di 180 sec. Il taglio delle Conferenze dovrà essere scientificamente rigoroso e allo stesso 144 tempo tale da poter essere apprezzato da un auditorio largo. Infatti i vincitori della Competizione saranno premiati durante una manifestazione pubblica in cui presenteranno la Conferenza. Si raggiungerà così il duplice obiettivo di far esercitare i giovani ricercatori a comunicare, in maniera sintetica, semplice e chiara, le finalità della propria ricerca, sia negli aspetti di base che delle possibili applicazioni, e allo stesso tempo di rendere edotta l’opinione pubblica della importanza generale di tematiche di ricerca che potrebbe non conoscere. In altre parole la Competizione e il suo svolgimento contribuiranno ad avvicinare la Comunità Scientifica al vasto pubblico e viceversa. Inoltre sarà ulteriormente sviluppato il tema “Accademie, Università e Ricerca Scientifica” approfondendo i risultati degli incontri tenutisi a Lecce il giorno 11 dicembre 2017 presso l’Università del Salento e a Matera nei giorni 9 e 10 dicembre 2018 presso l’Università della Basilicata in collaborazione la Unione Accademica Nazionale. Tra questi due appuntamenti si è sviluppato un dibattito nazionale cui hanno partecipato CRUI, CNR, INFN e le Accademie italiane consociate nella UAN nonché rappresentanti di Associazioni Accademiche Internazionali, quali ALLEA e UAI. Inoltre nel corso del corrente anno, in data 27 maggio 2019, con la partecipazione di esponenti dei Ministeri MiBACT e MIUR è stato raggiunto un accordo per il mantenimento di contatti stabili volti a conseguire una maggiore efficacia nella promozione della ricerca scientifica ed un maggiore coinvolgimento delle Accademie nazionali nella programmazione e nella divulgazione dei risultati. A tal fine il Protocollo istituisce un gruppo di lavoro incaricato di mantenere contatti con i predetti Ministeri, onde individuare le proposte concrete e specifiche da sottoporre di volta in volta nelle sedi competenti. I proponenti si impegnano inoltre a costituire dei gruppi di lavoro comuni che si attiveranno su temi di interesse generale. Nel corso del 2020, con l’arricchimento proveniente dalla Tavola Rotonda che seguirà la presente Adunanza, si vedranno i frutti del Protocollo di Intesa il cui successo sarà agevolato dalla stretta collaborazione con le Università e con la Conferenza dei Rettori, con la quale la UAN ha da tempo avviato una efficace interlocuzione.

Vorrei infine concludere ragionando sul tema dell’Adunanza odierna “Autonomia Regionale Differenziata, Autonomia di Accademie e Università, Riequilibrio Territoriale”. È mia convinzione che l’Autonomia Regionale Differenziata, la cui legge-quadro è in discussione in questi giorni, possa incidere, in termini 145 generali, su aspetti fondamentali della vita democratica del Paese la cui essenza è garantita dall’autonomia e dalla libertà di Accademie e Università, che devono essere salvaguardate dal Governo Nazionale. Non possono essere imposti limiti territoriali nell’espletamento dei loro compiti istituzionali e non devono essere dipendenti da forme di finanziamento variabili da Regione a Regione. L’autonomia e la libertà di Accademie e Università sono garantite dall’Art. 33 della Costituzione il cui primo comma recita “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e l’ultimo comma “Le istituzioni di alta cultura, università e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Dunque libertà e autonomia sono garantite, ma come esercitare questi diritti fondamentali senza finanziamenti nazionali adeguati, in assenza dei quali queste nobili parole si trasformano in strumenti di incantamento? Incombe ora il rischio che i maggiori poteri e le aumentate autonomie, normative e finanziarie, richieste da alcune Regioni possano tradursi in limiti alla libertà e all’autonomia delle Accademie e delle Università nello svolgimento del proprio ruolo istituzionale il cui fine ultimo è quello di favorire la crescita socio-economica attraverso la libera crescita culturale dei cittadini. La Cultura e la Ricerca Scientifica sono per intrinseca natura universali e trasversali e non possono certamente essere confinate in ambiti territoriali o limitate nelle linee culturali, perché l’istruzione superiore oltre a fornire nozioni disciplinari deve favorire la maturazione personale e lo sviluppo dello spirito critico che si traduce nella capacità di esaminare nuove conoscenze e idee e teorie contrastanti in modo oggettivo, logico e senza emotività o pregiudizi personali. Al contrario la competizione territoriale favorirebbe la tendenza in atto di considerare Accademie e Università come imprese economiche, aziende commerciali in concorrenza tra di loro e i massimi responsabili, Rettori e Presidenti, come amministratori delegati incaricati di attrarre maggiori finanziamenti e nuovi clienti da allettare con pacchetti pubblicitari, a discapito del valore della proposta culturale e formativa, promuovendo la mobilità degli studenti da una Regione all’altra con la opportunità di un lavoro post laurea. Per scongiurare questi pericoli, le forme di organizzazione, gestione e finanziamento devono necessariamente essere a prevalente indirizzo nazionale, con importanti forme di perequazione di uomini e mezzi verso quelle Università e Accademie che operano in territori in cui il livello di crescita economica sia minore. 146

Infatti criticità tra le criticità è il rischio che le proposte di autonomia differenziata conducano ad un aumento delle sperequazioni territoriali esistenti, già acuite nell’ultimo decennio dalla vigente legislazione nazionale, mentre al contrario sarebbe necessario invertire l’attuale trend di finanziamento. Siamo certi che nel suo intervento conclusivo, l’on. Prof Francesco Boccia, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, che ringraziamo ancora una volta per aver aderito al nostro invito, fugherà i nostri timori confermando quanto più volte ha dichiarato pubblicamente e cioè che l’istruzione resterà di competenza nazionale e che non si parla più di regionalizzarla. Auspichiamo che la conoscenza diretta del Ministro delle problematiche universitarie possa favorire la istaurazione di rapporti sempre più stretti tra decisori pubblici, Accademie e Università. Potremmo proporre l’inserimento, tra gli esperti della struttura di missione per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni - LEP, di alti esponenti della Conferenza dei Rettori-CRUI e della Unione Accademica Nazionale-UAN.

Ma eccoci ad oggi

L’Anno Accademico 2020 viene aperto con la Prolusione, affidata ad un illustre Socio Accademico, il Prof. Antonio Troisi dell’Università di Foggia, sul tema “Autonomia Regionale Differenziata, Autonomia di Accademie e Università, Riequilibrio Territoriale”, e successivamente inquadrata in contesto storico nell’intervento del Socio Accademico Prof. Giuseppe Pardini dell’Università de Molise sul tema “Inquadramento storico del Regionalismo differenziato”. Avviandomi alla conclusione ringrazio vivamente quanti hanno voluto essere con noi questa sera e con la determinazione di adoperarsi sempre al meglio, dichiaro aperto l’Anno Accademico 2019-2020 dell’Accademia Pugliese delle Scienze e invito il Prof. Antonio Troisi a svolgere la Prolusione inaugurale

147

CONSIGLIO DIRETTIVO TRIENNIO 2020-2022

PRESIDENTE Prof. Eugenio SCANDALE VICE PRESIDENTE Prof. Fernando SCHIROSI TESORIERE Prof. Ugo PATRONI GRIFFI SEGRETARIO Prof. Mario SPAGNOLETTI

Consiglieri della Classe di Scienze Fisiche Mediche Naturali Prof. Pietro DE PALMA Prof. Francesco SDAO Prof. Ludovico VALLI

Consiglieri della Classe di Scienze Morali Prof. Giovanni CIPRIANI Prof. Gianvito GIANNELLI Prof. Luigi PIACENTE

Collegio dei Revisori dei Conti Membri Effettivi Prof. Riccardo GIORGINO Dott. Fabrizio PAGLINO (MiBACT) Prof. Mario SCICUTELLA Membri Supplenti Dott.ssa Daniela CIANCI (MiBACT) Dott. William FORMICOLA

Collegio dei Probiviri Membri Effettivi Prof. Aldo LUISI Prof. Vittorio MARZI Prof. Alfredo SOLLAZZO Membri Supplenti Prof. Giacomo SCARASCIA MUGNOZZA Prof. Ennio TRIGGIANI

148

Antonio Troisi Università degli Studi di Foggia [email protected]

Autonomia Regionale Differenziata, Autonomia di Accademie e Università, Riequilibrio Territoriale

Abstract The responsible autonomy of the Universities can be achieved with the differentiated regionalism model Carlo Cattaneo / Antonio Genovesi translated into the new discipline of the budget of local authorities, in force since January 1, 2016, Thus establishing a virtuous relationship between the activities of the universities and the economic development of the areas where they are located.

Premessa Oggetto della mia riflessione è quello d’individuare i termini entro i quali l’autonomia delle Università può essere allocata in uno schema di regionalismo differenziato atto a realizzare il riequilibrio territoriale. A tal fine seguirò l’impostazione del Presidente Prof Scandale, poiché la conferenza delle regioni ha approvato all’unanimità l’impostazione della Legge-Quadro del Ministro Boccia che ha assunto la sussidiarietà come regola generale nel cui contesto individuare il modello di regionalismo differenziato. Pertanto cercherò di verificare se detta pregiudiziale è motivata e se nella sua cornice l’autonomia delle Università possa trovare adeguata collocazione.

I contrasti d’interesse di origine territoriale Per quanto riguarda il primo interrogativo sottolineo alla vostra attenzione che, alla data odierna, la discussione sul regionalismo differenziato naviga ancora nel vuoto. Le due commissioni interparlamentari, quella sulle questioni regionali e quella sul federalismo, non sono ancora riuscite a determinare né i criteri in base ai quali il governo deve accettare o respingere le richieste delle regioni di maggiore autonomia, né le modalità con cui realizzare l’efficienza allocativa delle maggiori risorse finanziarie attribuite. Inoltre sia l’allora Ministro dell’Economia (G. Tria18/04/2019) sia il Prof. Alberto Zanardi (10/07/2019) dell’Ufficio Parlamentare per il Bilancio hanno escluso la possibilità di far ricorso ai limiti dell’autonomia e i relativi meccanismi perequativi perché inapplicabili per insolubili problemi 149 tecnici. Il motivo di questo clamoroso insuccesso di efficienza ed equità è dovuto al non aver tenuto conto della giusta esigenza di uscire dal culto dell’uniformità che da troppo tempo contraddistingue il regionalismo italiano È un bisogno pubblico che si contraddistingue da quello privato perché sorge dalla vita sociale e si pone come risultato dei contrasti d’interesse. In altri termini il problema sorge perché la citata esigenza non è un bisogno individuale e pertanto non può essere risolto con un semplice calcolo aritmetico ma con un più complesso calcolo algebrico tra chi non avverte detta esigenza, chi l’avverte in maniera minore e le diverse valutazioni di coloro che invece ne avvertono l’esigenza. Pertanto se vogliamo scegliere un regionalismo differenziato atto a realizzare il riequilibrio territoriale è necessario individuare un attaccapanni, per dirla con Luigi Einaudi, che componga questo contratto d’interessi, di chiara origine territoriale, che non può assolutamente essere ignorato.

Il modello Carlo Cattaneo/Antonio Genovesi A proposito di contrasti significativa è la critica che il sindaco di Milano G. Sala fa al progetto Fontana perché, proponendo una regione accentratrice, soffoca con nuovi vincoli burocratici la Città di Milano e trascura il Mezzogiorno, una critica fondata in quanto questo progetto dimostra un’imperdonabile ignoranza della storica tradizione lombarda delle autonomie locali che, con Carlo Cattaneo, non mortifica ma esalta il ruolo del comune luogo non solo delle tradizioni civiche ma anche lo scambio culturale, politico, ed economico, Di qui il concetto del comune i cui profili giuridici si integrano con quelli economici, essendo l’ente locale anche espressione della dimensione territorialmente disomogenea dello sviluppo economico. E’ uno schema tratto dalle Lezioni di Economia Civile del salernitano Antonio Genovesi, al quale venne affidata nel 1754, presso l’Università di Napoli, la prima cattedra di Economia al mondo; solo nel 1884 Cambridge assegna la cattedra di economia ad Alfredo Marshall. Su queste Lezioni si è formata la cultura federalista non solo di Cattaneo ma di tutta la più illustre borghesia lombarda riformatrice (Verri, Beccaria, Rossignoli) perché colpiti da un particolare importante. Genovesi non si limita a statuire il principio che lo stato è il garante della pubblica felicità ma indica anche le norme di accompagnamento che ne assicurano l’effettiva realizzazione: entrate e spese funzionali rispetto all’obiettivo e una concezione del servizio pubblico locale e nazionale ancor oggi attuale.(Michele Troisi 1939 ) In particolare il ricorso alle norme di comportamento viene ulteriormente specificato con riferimento alla disomogeneità che è duplice: non solo quella territoriale determinata dai 150 diversi livelli di sviluppo economico ma anche quella funzionale determinata dalle diverse esigenze dei cittadini fruitori dei servizi comunali. In altri termini il metodo che contraddistingue il sano pragmatismo lombardo (applicare ai problemi concreti la lucidità analitica) è nato dalle pagine del napoletano Genovesi. Pertanto è giusta la coraggiosa decisione del Ministro Boccia di azzerare tutto e ricominciare da capo con una legge cornice, non essendo possibile giustificare col sano pragmatismo lombardo l’ignoranza degli squilibri regionali, che non riguardano solo il Sud. Pertanto ho denominato modello Carlo Cattaneo/Antonio Genovesi l’originale intuizione della necessità d’integrare l’analisi giuridica dell’ente locale con la conoscenza degli effetti economici sul territorio dell’azione amministrativa. Questa originale intuizione dell’importanza del contributo della scienza economica alla semplice statuizione giuridica di un principio, perché portatrice di nuove prospettive e capace di esaminare la realtà con maggiore ricchezza, si inabissò a causa dell’estensione all’Italia unitaria del modello francese di stato fortemente accentratore oppressore delle libertà comunali, dall’altro dall’affermarsi dell’approccio positivista. Questa scomparsa ha determinato una finanza locale articolata esclusivamente in schemi giuridico/burocratici legati solo all’uso legittimo dei mezzi finanziari per i compiti assegnati tanto che per molto tempo la finanza locale è stata un capitolo del Diritto Amministrativo. Di qui una sua perversità strutturale rispetto all’obiettivo del riequilibrio strutturale perché agli squilibri Nord/Sud si sono aggiunti quelli interni ad ogni regione tra i comuni dell’Area Metropolitana ed il comune capoluogo da un canto e dall’altro tra la città metropolitana ed i comuni esterni al territorio metropolitano.

La fine dell’impermeabilità della finanza locale alla scienza economica Da questa inadeguatezza è derivata la giusta esigenza di uscire dal culto dell’uniformità che da troppo tempo caratterizza il regionalismo italiano. Proprio sulla spinta di detta esigenza il modello Carlo Cattaneo/Antonio Genovesi è prepotentemente riemerso come un fiume carsico con l’art.2 della costituzione che, prendendo atto dell’incapacità dello schema positivista di far presa sui nuovi problemi perché la ricerca dell’interesse personale non si trasforma automaticamente e magicamente in bene comune, riconosce che i cittadini sono destinatari di diritti inviolabili ma anche di doveri inderogabili, sicché diventa necessario procedere ad una composizione dei contrasti d’interesse attraverso una somma algebrica tra diritti inviolabili (positivi) e doveri inderogabili (negativi.) Di qui la necessità di non fermarsi alla semplice statuizione di principio ma di definire, ricorrendo alla scienza economica, le norme di comportamento necessarie per detta somma algebrica. 151

Questa esigenza è stata recepita dalla costituzione perché negli ultimi anni l’economia si è velocemente globalizzata e, pertanto, lo Stato ha dovuto ricercare nuove dimensioni soprastatuali trovandole nel coordinamento degli obiettivi in sede UE. Questo arretramento dello Stato nazionale a causa dell’europeizzazione della politica della finanza pubblica è il fondamento della riforma costituzionale del 2012 che ha accompagnato la statuizione di principio con le relative norme di comportamento. Infatti il terzo comma dell’art.116 collega la concessione di nuove e ulteriori forme di autonomia con l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordina mento dell’Unione Europea. Detta innovazione costituzionale ha determinato la spinta decisiva per il superamento dell’impermeabilità alla scienza economica della Pubblica Amministrazione che non può più essere oggetto di un’analisi esclusivamente giuridico/formale, recepita dalla migliore scienza giuridica ( Bernardo Mattarella 2017), -dalla Ragioneria generale dello Stato, che ha riconosciuto la necessità di rispondere all’esigenza di “un profondo cambiamento culturale al fine di superare le abituali impostazioni contabili finanziarie -giuridiche e-autorizzatorie”(S Bilardo 2018) del diritto amministrativo, che ha riconosciuto la necessità di tener conto anche come parametri finanziari dell’equilibrio dei bilanci e della sostenibilità del debito pubblico ,del complesso delle amministrazioni pubbliche(Luisa Torchia 2018) e, infine, anche dalla Corte dei Conti che ha riconosciuto di non poter più adottare un approccio formalistico ed impenetrabile alla scienza economica. (Donato Centrone 2018) Nella finanza locale detta innovazione è stata recepita dall’art.1 della legge n.56/2014 che, introducendo il principio della sussidiarietà, ha chiuso definitivamente l’epoca dell’impermeabilità alla scienza economica della finanza locale avendo spostato l’attenzione dall’osservanza di formalità giuridiche (il piè di lista) all’effettiva capacità di spesa ed al conseguimento dei risultati per i quali è stata stanziata. Questa importante innovazione ha determinato l’adeguamento della finanza locale alla riforma costituzionale del 2012, sostituendo il vecchio Patto di stabilità con il pareggio di bilancio semplificato che si contraddistingue perché la statuizione dei due principi equilibrio tra entrate e spese e concorso alla stabilità del debito pubblico è accompagnata da precise norme di comportamento che indicano anche i calcoli da fare per realizzare detti principi.

Sostituzione del Patto di stabilità col nuovo saldo finale di competenza Possiamo allora dare una risposta al primo interrogativo che ci eravamo posti rilevando che la scelta della sussidiarietà come regola per affrontare la discussione sul regionalismo è giustificata perché, decidendo la fine 152 dell’impermeabilità alla scienza economica della finanza locale, riesce a risolvere i contrasti d’interesse di origine territoriale Dunque una scelta alternativa a quella di Fontana /Zaja che rimediano all’’insuccesso di efficienza ed equità della legge delega n.42/2009 e del relativo dlgs n.6872001 che non sono riusciti a definire i limiti dell’autonomia ed i relativi meccanismi perequativi, rifugiandosi in un progetto-manifesto spendibile sul piano del consenso ma inconsistente sul piano dell’architettura istituzionale perché frutto del c.d. machiavellismo fiscale dell’illusione finanziaria (per dirla con Amilcare Puviani). Trattasi di una non corretta rappresentazione della realtà in modo da provocare ai cittadini erronee valutazioni dell’effettiva realizzabilità degli schemi di maggiore autonomia proposti, in realtà irrealizzabili perché naviganti nel vuoto. Passiamo ora al secondo interrogativo se cioè la sussidiarietà, avendo eliminato il vecchio schema di una finanza locale, strumento bizzarro di sostegno al risanamento finanziario del nostro paese possa con la sostituzione del vecchio Patto di stabilità con il pareggio di bilancio semplificato consentire l’elaborazione di un modello di regionalismo differenziato atto a garantire il riequilibrio territoriale e il superamento degli squilibri interni ad ogni regione

L’articolazione della nuova architettura della finanza locale Esaminiamo pertanto rapidamente le proposte operative che è possibile trarre da detto schema

1) Limiti all’autonomia L’individuazione delle materie oggetto di trasferimento non dipende più dalla paterna benevolenza del Ministro per gli Affari regionali ma, in base al principio di sussidiarietà, puo riguardare solo quelle che, a parità di stanziamento statale, possono essere gestite con maggiore efficienza dalla regione. In altri termini possono essere trasferite solo quelle nuove competenze che determinano un saldo non negativo superiore a zero, se pari a zero non possono essere trasferite.

2) Rapporti tra cittadini e la P.A. locale Finalmente potranno beneficiare della semplificazione da lungo tempo attesa perché la sostituzione del Patto di Stabilità Interno con il pareggio di bilancio semplificato supera la spesa storica (più spendi più ottieni senza considerazione per l’efficacia della spesa stessa) prima responsabile del mancato riequilibrio territoriale, e consente di valutare ex ante gli effetti di un provvedimento mentre col vecchio sistema dell’analisi ex post era 153 possibile solo lamentarsi per gli effetti negativi del tutto imprevedibili ed ormai irrimediabili.

3) Implementazione delle forme di raccordo tra amministrazioni centrali e regioni Viene affrontato dal concorso comune a finanza statale e finanza locale alla sostenibilità del debito pubblico. Così l’amministrazione centrale dovrà preoccuparsi dell’impatto sul territorio della spesa per le infrastrutture statali, e coinvolgendo gli attori dello sviluppo locale nelle decisioni. In altri termini la politica delle infrastrutture statali non potrà più limitarsi a considerarne le implicazioni sul territorio localmente interessato, ricorrendo al tradizionale concetto calce e mattoni ma a conseguirne la funzionalità rispetto al pareggio di bilancio semplificato della regione e della città metropolitana. L’individuazione di un concetto di equilibrio finanziario dal contenuto univoco e stabile consente di bilanciare le tendenze contrapposte alla spesa eccessiva o, viceversa, troppo scarsa, evitando errori che determinerebbero l’impoverimento dell’Area Metropolitana. Già realizzato con la Riforma delle autorità portuali da realizzare con la politica dei beni culturali

4) Squilibri economici Sono affrontati dal superamento del profilo accentratore della regione che assume il ruolo di leadership strategica del concorso dei diversi livelli di governo locale alla sostenibilità del debito pubblico realizzato attraverso meccanismi espliciti di cooperazione tra gli enti locali, flessibilità regionale (orizzontale e verticale) e a quella nazionale alla quale è affidato il compito della perequazione interregionale. che consente di contemperare l’esigenza di migliorare ed intensificare gli interventi di perequazione territoriale e al contempo stimolare la crescita autonomistica delle altre Regioni italiane. In tal modo dalle “macerie“ del federalismo della legge n.42/2009 risorge un federalismo solidale ma responsabile atto ad affrontare il problema del divario Nord/sud.

5) Neocentralismo regionale Quanto al pericolo di un neocentralismo regionale, paventato anche dal Ministro Boccia, esso può essere affrontato con i Piani strategici triennali delle aree metropolitane che, se redatti con la metodologia del comma 44 art.1 legge n.56/2014 realizzano le interrelazioni funzionali ed economiche con i territori non metropolitani sulle quali si gioca la realizzazione del riequilibrio territoriale. Purtroppo nessun’area metropolitana ha proceduto a detto tipo di elaborazione essendosi arresa di fronte alle difficoltà del 154 comma 44. Invece l’elaborazione con detto criterio fatta dal gruppo da me diretto del piano strategico più difficile perché relativo al territorio metropolitano più esteso d’Italia (Torino con 315 comuni divisi in 11 zone omogenee) ha risolto il problema della polverizzazione dei comuni che affligge detta Area Metropolitana. La Sindaca di Torino Appendino e la Ministra Stefani hanno preferito anche loro arrendersi al comma 44 sbrigandosela con delle banalissime mappe geografiche. Dunque la legge cornice deve tener conto che è possibile non arrendersi al comma 44 senza del quale non si risolve il problema del riequilibrio territoriale che interessa tutte le regioni, anche Fontana e Zaia.

6) Lep, fabbisogni standard La contrastata decisione del Ministro Boccia di elaborare la bozza di legge quadro sull’autonomia differenziata senza aver fissato i livelli di prestazione essenziali, è ampiamente motivata dall’impossibilita a provvedervi da parte del MEF a causa dello scollamento definitivo tra la legge n.42/2009 e la regolamentazione dei meccanismi perequativi nell’ambito dei quali andava no allocati i fabbisogni standard. Del resto nel nuovo sistema della finanza locale il criterio per determinare le materie da trasferire determina anche il meccanismo perequativo atto a definire il fabbisogno standard e relativi Lep, vorrei sottolineare che questa è una scelta obbligata perché la legge quadro stabilisce che i riparti dovranno comunque rientrare nei limiti definiti dall’articolo 17 della legge n. 196/2009, cioè non potranno essere superiori alle risorse stanziate nel bilancio dello stato a legislazione vigente. .In tal modo si eviterà di dover decidere se dovessero essere determinati prima i Lep o prima i fabbisogni standard perché sarebbe come discutere se è nato prima l’uovo o la gallina.

7) Lotta alla povertà Anche per il terzo settore è finita l’epoca dell’impermeabilità alla scienza economica perché la riforma del terzo settore ha introdotto la valutazione dell’impatto sociale della spesa come strumento di trasparenza e di autovalutazione dell’efficacia del proprio operato. Rimane da risolvere il problema come identificare e realizzare lo strumento più opportuno a questo scopo. Un problema reso particolarmente attuale dall’inizio della seconda fase del reddito di cittadinanza a seguito dell’entrata in vigore del decreto inteso ad attivare i lavori di pubblica utilità che i beneficiari del reddito di cittadinanza dovranno fare a vantaggio del comune di residenza. In altri termini come si può garantire la produttività dell’impegno nei settori (culturale, artistico, ambientale tutela dei beni comuni) previsto? Il problema può essere risolto garantendo la funzionalità dell’impegno in detti 155 settori rispetto alla realizzazione del pareggio di bilancio semplificato. In tal modo il sostegno economico pubblico a servizi sociali comunali da criterio per il riparto dei mezzi finanziari diventa parametro di efficienza, realizzando una “terza via” tra la riduzione dei servizi e il loro peggioramento qualitativo. con un impatto favorevole sia in termini di sussidiarietà e bene comune, sia in termini economici e occupazionali. Per avere un’idea della dimensione di detti riflessi sul riequilibrio territoriale mi limito a ricordare che gli enti non profit sono 343342 occupano 812-000 dipendenti a tempo pieno e generano l’1,50 del P.I.L.

8) Università

8a) L’autonomia responsabile delle Università Poiché anche le università devono concorrere alla stabilita del debito pubblico il legame di funzionalità che si viene a creare tra il bilancio dell’ateneo e quello della relativa regione consente di individuare una relazione tra i risultati dell’università e lo sviluppo economico delle aree dove sono localizzate, che rimedia alla scarsa funzionalità dei tradizionali indicatori di efficienza che tengono in considerazione solo le principali attività svolte dagli atenei. Di conseguenza va rivisto il meccanismo premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario che, a sostegno dell’autonomia responsabile delle Università, stabilisce la distribuzione tra gli atenei di una quota pari al 20% della quota premiale del F.F.O secondo i miglioramenti di risultato relativi agli indicatori scelti autonomamente da ogni ateneo tra i tre gruppi indicati dallo stesso Ministero (art.5 DM 8agosto 2016 n.635) A ciascun ateneo il Ministero provvede ad attribuire un importo pari al peso nell’ambito del raggruppamento di indicatori scelti dall’ateneo stesso.

A seguito della sostituzione del Patto di stabilità col pareggio di bilancio semplificato il concetto di autonomia responsabile dell’Ateneo cambia il contenuto della virtuosità finanziaria di ogni singolo ateneo. Pertanto il sostegno alla nuova virtuosità finanziaria va realizzato con lo stesso meccanismo premiale previsto dalla legge di stabilità 2016 a favore delle regioni e degli enti locali. Pertanto ad ogni ateneo andrebbe riconosciuto un importo pari al peso nell’ambito del complessivo concorso dell’intero comparto universitario alla stabilità del debito pubblico con la possibilità per gli atenei che hanno conseguito i migliori livelli a cedere spazi finanziari a quegli atenei che hanno conseguito valori insufficienti poiché detto meccanismo compensativo prevedrebbe a favore degli atenei che hanno ceduto spazi finanziari miglioramenti corrispondenti agli spazi finanziari 156 ceduti e sanzioni a carico degli atenei che, avendo ricevuti spazi finanziari aggiuntivi, non hanno realizzato miglioramenti.

L’arbitraggio di questo meccanismo premiale a livello interregionale dovrebbe essere affidato all’ANVUR. A livello regionale il compito dovrebbe essere affidato alle federazioni degli atenei della stessa regione o interregionali, come quello appulo/lucano/molisano. Lo strumento della federazione è una risposta alla carenza di mezzi finanziari per la didattica e la ricerca perchè si presenta come base ideale per definire il miglioramento del saldo originario che deve essere generato dall’azione di governo dei flussi di entrata e di spesa. Attraverso la considerazione delle diversità delle situazioni, diventa un potente strumento di contenimento dei costi di gestione, e di aumento delle entrate finanziarie perché non solo cattura le economie di scala e riduce le diseconomie conseguenti all’eccessivo frazionamento delle sedi universitarie ma anche agevola la partecipazione ai bandi pubblici, al trasferimento di tecnologie, all’accesso ai Fondi CEE e nel nostro caso ai Fondi per i Balcani. Nella commissione, nominata dai sei rettori, per il Molise il prof Cannata, da me presieduta, proposi di fare un passo avanti per completare il percorso di autonomia gestionale e finanziaria del comparto universitari, del resto dopo aver più volte sollecitato lo stesso Ministero, con l’adozione di detta nuova veste giuridica, rappresentata dalla costituzione di una fondazione di diritto privato, al fine di realizzare l'acquisizione di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato, nonché lo svolgimento delle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca. Per evitare il solito matrimonio con i fichi secchi, sana tradizione accademica dell’incarico a titolo gratuito, essendo necessaria una adeguata dotazione patrimoniale, dovendo comunque tutelare la natura pubblica e non potendo contare su aiuti né dello Stato né degli enti locali, proposi di realizzare la patrimonializzazione ricorrendo alla possibilità offerta dalla legge Amato sulla ristrutturazione delle banche pubbliche: conferimento nella fondazione in regime di neutralità impositiva del patrimonio immobiliare delle sei università. L’emersione a valore di mercato in regime di neutralità impositiva del consistente patrimonio immobiliare delle sei università avrebbe garantito, rispettando i due vincoli della tutela della natura pubblica e dell’’assenza di contributi statali e locali alla fondazione, l’ossatura patrimoniale adeguata ai compiti assegnatele. Tutti d’accordo con grande entusiasmo, tanto grande che non se ne è fatto piu niente: perché? -Perché, ancora una volta, ha avuto ragione quello che affermava il carissimo Prof Andreatta: tra le invidie quella accademica è la peggiore. Sarebbe stata una felice scelta come dimostrano le 12 fondazioni operanti e le 4 in via di 157 costituzione raggruppate nel Coordinamento Nazionale Fondazioni Universitarie (C.N.F.U.). (cfr: Allegato 1) Le tipologie attribuite e l’ampia operatività concessa per realizzarle si sono rivelate un’ottima esperienza, peraltro suscettibile di importanti miglioramenti. Sono pertanto molto grato al prof. Scandale che è riuscito con l’adesione delle sei Università all’Accademia Pugliese a riprendere questo cammino necessario perché al fare squadra non esistono alternative.

8b) La duplice perversità dei reparti ospedalieri a conduzione universitaria Una breve considerazione per verificare se l’allocazione dell’autonomia universitaria nel nuovo schema di regionalismo possa portare un contributo decisivo all’accrescimento dell’efficienza e della qualità della spesa sanitaria; mi riferisco alla duplice perversità gestionale delle strutture ospedaliere a conduzione universitaria che rappresentano una delle cause più importanti dei disavanzi sanitari regionali e delle criticità dei bilanci delle università che registrano la presenza, al loro interno, della facoltà di medicina e chirurgia (Ministero dell'Economia e delle Finanze. Roma, 31/VII/2007 pag.7). Il D.Lgsl. 517/99 (art.6 legge 30/XI/1998 n.419) ha risposto alle esigenze d’integrazione tra assistenza, didattica e ricerca, perché consente l’adozione, all’interno dei Protocolli d’intesa Università/Regione, di modelli comuni di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie, più rispondenti alle esigenze d’integrazione, pur preservandone la flessibilità e la possibilità di mettere a frutto l’interscambio di esperienze. Ora dal raffronto dei protocolli Regione-Università si ravvisa una scarsa propensione ad innovare con maggiori puntualità tematiche già trattate da fonti di rango superiore e a non considerare il protocollo uno strumento per garantire autonomia e discrezionalità alle aziende sanitarie negli ambiti propri.(Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Modena 27 e 28 marzo 2009). Invece il protocollo d’intesa Università di Foggia / Regione Puglia dell’11 marzo 2003, aggiornato col protocollo d’intesa stipulato il 28 giugno 2011, è riuscito a modellare le disposizioni di principio statali, contestualizzandole nella realtà locale in un quadro di compatibilità delle risorse disponibili. In particolare (delibere del 16 febbraio e del 7 marzo 2012 del Direttore Generale dell’azienda ospedaliero/universitaria di Foggia) è stato risolto il problema più difficile di detta integrazione, determinando in base ai principi di cui alle lettere a e b all’art.6, c.1, del D.lgs 517/99 il trattamento economico aggiuntivo da corrispondere al personale universitario docente e ricercatore conferito alle funzioni assistenziali per l'integrazione di quelle di didattica e di ricerca. In tal modo è stato possibile evitare che il numero dei 158 reparti ospedalieri a conduzione universitaria dovesse dipendere dal numero delle cattedre che, a sua volta, non è determinato da esigenze del servizio ospedaliero ma dal numero degli studenti. In altri termini se il numero degli studenti determina l’istituzione di 4 cattedre di ortopedia non automaticamente debbono essere istituiti 4 reparti ospedalieri di ortopedia a conduzione universitaria. Inoltre la contrattualizzazione del personale universitario conferito all’assistenza ha consentito di garantire 1) la produttività dell’impegno assistenziale del personale universitario attraverso la rilevazione del lavoro effettivamente svolto 2) il rispetto dello stato giuridico dei professori universitari poiché il processo di graduazione delle funzioni dirigenziali per il personale docente universitario conferito all’assistenza tiene conto delle specificità proprie della funzione universitaria. In prima approssimazione si è proceduto avendo riferimento al rapporto input (costi ambulatorio Day Hospital e ricoveri ordinari) con una variabile che indica la natura della conduzione del reparto (O:o U.) ed output ( Drgs prodotti) con una variabile che indica la natura del reparto. Il risultato è stato quello della diminuzione dei posti letto accompagnata da una maggiore qualificazione del servizio perché, nonostante la consistente diminuzione dei posti letto, sono stati attivati nuovi reparti ospedalieri a conduzione universitaria. Va inoltre tenuto presente che detto risultato è stato raggiunto con le tariffe DGR ferme al 1997 e in assenza di un criterio di riparto relativo alla remunerazione dei servizi di emergenza erogati. Inoltre è stato impostato il problema di verificare il rapporto tra l’attribuzione al personale medico e sanitario non medico, in termini di "indennità di esclusività" (comma 7, art. 5, D. Lgs 517/99 e successive modifiche) e gli effettivi benefici (assistenziali ed economici) ricavati dall’azienda ospedaliero/universitaria. Non c’è dubbio che si pone un problema di non facile soluzione perché per evitare sprechi sarebbe opportuno ristrutturare l’indennità di esclusività, in modo da collegare la stessa all’effettivo svolgimento di attività libero-professionale così che venga a mutarsi l’attuale regime giuridico considerato “a pioggia”. Poiché l’Economia sanitaria e materia parte dell’economia pubblica incoraggiato da questo risultato e dalla collaborazione dell’allora preside di medicina, Ambrosi e di numerosi colleghi medici fu costituito un gruppo di lavoro da me presieduto che intendeva simulare il risultato dell’applicazione del protocollo d’intesa di Foggia con tutte le altre facoltà di medicina per valutare se il primo risultato di Foggia potesse essere migliorato. Fummo incoraggiati a questa decisione dalla legge di stabilità 2016 (n.208/2015) dove il comma 546 dell’articolo 1 dispone la stipula di protocolli d’intesa ai sensi del D.Lgsl. 21/XII/1999n.517 tra regioni ed università al fine di 159 realizzare una più efficace e sinergica integrazione tra le attività di prevenzione, cura e riabilitazione e le attività di didattica e ricerca. Tuttavia per fare detta simulazione era necessario disporre dei dati relativi (Drgs prodotti) con una variabile che indica la natura del reparto. Questi dati con la motivazione che non poteva essere violata la privacy ci sono stati negati dai presidi delle facoltà di medicina, dai direttori dei reparti ospedalieri a conduzione universitaria e, impossibile ma vero, dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali. Invece il Ministro della sanità Balduzzi, accettando una mia richiesta, costituì un gruppo di lavoro appunto sulle diseconomie dei reparti ospedalieri a conduzione universitaria composta da me dal direttore della programmazione sanitaria Giulio Siccardi, dal direttore dell’ASL di Foggia Ametta e da altri funzionari con lo scopo di 1) estrarre dalla banca dati del Ministero della salute gli elementi necessari per la simulazione sui 21 reparti i ospedalieri a conduzione universitaria del protocollo d'intesa Università di Foggia e Regione Puglia in merito alla gestione dell'A.O.U. di Foggia 2) Individuare la fonte dei dati relativi alla gestione dell'indennità di esclusività dal 1999 ad oggi per definire i criteri di ristrutturazione; 3) Individuare la fonte dei dati relativi alla gestione delle scuole di specializzazione delle facoltà di medicina per una ristrutturazione dei relativi costi di gestione La commissione ha lavorato per un anno giungendo ad interessanti conclusioni: fu possibile disporre dei DGR. Preciso che disporre era nel senso che potevo consultarli ma non ne potevo avere copia. Il nuovo Ministro decise di non mantenere in vita la commissione. Oggi se i tempi son cambiati perché molte facoltà hanno impostato ristrutturazioni dei reparti in questione, tuttavia oggi la possibilità di un risultato che definitivamente elimini questa grave fonte di spreco è effettiva perché i protocolli d’intesa dovendo rispettare il nuovo contenuto dell’autonomia responsabile dell’università hanno un obiettivo di produttività non solo oggettivo ma anche dotato della flessibilità necessaria ad interpretare le specifiche esigenze delle singole realtà regionali.

9) Accademie delle Scienze Il problema dell’ottima allocazione di queste strutture si pone in maniera diversa rispetto alle Università perché, pur rappresentando attraverso indagini innovative nei vari ambiti della scienza uno dei principali fattori di crescita, si sono sempre costituite come indipendenti dall’Università tanto che attualmente non tutti i suoi soci provengono dal mondo universitario, e 160 nel passato furono fondate e costituite da studiosi e liberi pensatori in maggioranza non universitari. Nello schema di regionalismo differenziato accennato le modalità di cooperazione con gli Enti Locali e le Università trovano nella nuova autonomia responsabile di detti enti la garanzia del rispetto della storica autonomia delle Accademie. che, tuttavia, accanto al tradizionale impegno negli studi di più alto livello, trovano un importante settore d’impegno nel rispondere alla domanda di conoscenza che, a seguito delle innovazioni normative, proviene dagli enti locali e per le università dal più stretto legame con le esigenze del territorio derivanti dallo sviluppo economico e sociale. Pertanto diventano oggetto d’impegno i seguenti temi: 1)Divulgazione delle novità normative relative al governo delle economie locali, con particolare riguardo non solo ai risultati ma anche ai metodi e allo svolgimento delle procedure attuative. 2)Facilitazione delle procedure per richieste di Fondi Europei; 3)Studio e promozione delle ricerche interdisciplinari Inoltre la nuova autonomia territoriale, cosi come definita consente di risolvere un problema più volte rappresentato dall’Unione Accademica Nazionale-UAN al Ministero dei Beni culturali, dal quale le Accademie dipendono in ordine alla necessità di un maggiore coinvolgimento delle accademie nel pianificare, indirizzare e organizzare l’attività del Ministero stesso. Questo obiettivo è oggi possibile perché il MBAC è obbligato, come già in precedenza dimostrato a non esaurire la sua politica per l’infrastruttura più importante per lo sviluppo economico del territorio rappresentato dai beni culturali e dal turismo ad una semplice erogazione di fondi ma deve coinvolgere gli attori dello sviluppo locale nelle decisioni Di qui conseguenza va risolto il problema del modo con cui implementare la politica del MIBAC sia nei piani di sviluppo economico regionale sia nei piani strategici delle Aree Metropolitane. Mi limito a ricordare che le aree di più forte attrazione turistica sono appunto le Città Metropolitane.

10) Verifica empirica Manca al progetto Fontana/Zaja mentre la verifica di quanto da me proposto conferma che in questo modello è possibile contemperare gli interventi di perequazione territoriale con la crescita autonomistica delle altre Regioni. perché abbiamo applicato il comma 44 a tutte le aree metropolitane, garantendo così il riequilibrio territoriale all’interno di ogni regione, comprese Lombardia e Veneto. Se mi sarà consentito effettuare in tempi reali l’aggiornamento già in atto sarà possibile corredare la legge cornice di un capitolo importante. Intendo riferirmi alla conferma definitiva che, nel giro di tre anni il 49 per cento della spesa pubblica, quella cioè degli enti locali, concorrerà alla stabilità del debito pubblico a seguito della citata 161 riforma. In tal modo si darà finalmente una risposta alle critiche di Donbrovski: riforme a parole nessuna dimostrazione.

Conclusioni

In conclusione il modello Carlo Cattaneo/Antonio Genovesi, avendo il merito di aver anticipato la fine dell’impermeabilità alla scienza economica della P.A .locale, consente il reale funzionamento del meccanismo di composizione dei naturali contrasti d’interesse di origine territoriale degli articoli 2,116 e 119 della Costituzione, assicurando il riequilibrio territoriale. Pertanto il disegno di legge quadro del Ministro Boccia, obbedendo a regole chiare e in perfetta obbedienza ai principi costituzionali, risponde alle nuove sfide del regionalismo. Infatti ha la flessibilità necessaria per rispondere alle specifiche vocazioni territoriali di ogni singola regione, determinata dagli elementi di forte identità regionale dell’art 116 allocati però nel nuovo sistema regionale della finanza locale determinato dai vincoli europei imposti dall’art.119. Pertanto quello che raccomando vivamente alla vostra attenzione è soprattutto la derivazione costituzionalista del modello perché, proprio nei momenti di confusione e di transizione indistinta, la Costituzione adempie alla sua funzione più vera: essere per tutti punto di riferimento e di chiarimento.

(1) Basato sull’ elaborazione dei bilanci dei 1010 comuni delle 10 Aree Metropolitane, dei 4754 Comuni esterni ai territori metropolitani e dei 597 comuni delle 4 regioni prive di aree metropolitane. (conti-consuntivi - 2012,2013,2014). In via di aggiornamento con i conti consuntivi armonizzati 2015,2016,2017 2018. (verificato nei seguenti seminari) Milano il 29/IX/2015 diretto dal Prof. G. Pola della Cattolica e organizzato da Eupolis istituto della Regione Lombardia 2) a Torino il 20/V/2016 diretto dal prof .M. Rey dell’Università di Torino, organizzato dall’IRER ,istituto della Regione Piemonte; 3) Bari, 18/03/2019 organizzato dall’Accademia Pugliese delle Scienze alla quale aderisce la federazione universitaria apulo/lucana/molisana che comprende sei Atenei (Bari, Politecnico di Bari , del Salento, di Foggia, del Molise e della Basilicata.

(2) Nessuna Città Metropolitana ha deliberato i piani strategici, essendosi arresa di fronte alle difficoltà del comma 44. Invece l’elaborazione con detto criterio fatta dallo schema per Torino, il più difficile perché relativo al 162 territorio metropolitano più esteso d’Italia (con 315 comuni divisi in 11 zone omogene) ha risolto il problema della polverizzazione dei comuni che affligge detta Area Metropolitana applicandolo anche alle altre aree. La Sindaca di Torino Appendino e la Ministra Stefani hanno preferito anche loro arrendersi al comma44 sbrigandosela con delle banalissime mappe geografiche. Dunque la legge cornice deve tener conto che è possibile non arrendersi al comma 44 senza del quale non si risolve il problema del riequilibrio territoriale che interessa tutte le regioni, anche Fontana e Zaia

Bibliografia Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, udienza conoscitiva del 18/04/2019, audizione del Ministro per l’Economia Prof. Giovanni Tria Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, udienza conoscitiva del 10/07/2019 audizione del Prof Alberto Zanardi dell’Ufficio Parlamentare per il Bilancio Michele Troisi Idee finanziarie e spunti di teorie sociologiche nella Economia Civile di Antonio Genovesi . Estratto da “Annali della facoltà di Economia e Commercio Università di Bari “ n.s. vol.2 , 1939 Bernardo Giorgio Mattarella Burocrazie e Riforme Il Mulino, Bologna, 2017, pag.95 e pag.97 S.Bilardo - Ispettore Generale Capo I.Ge.P.A.,RGS,MEF -Le nuove regole di contabilità e finanza pubblica,per l’anno 2018, pag.51 Opera Editrice,Bari,25/01/018 ,pag..51 Luisa Torchia, L’efficienza della Pubblica Amministrazione fra ipertrofia legislativa ed atrofia dei risultati Relazione tenuta al 64 Convegno di Studi Amministrativi su Sviluppo economico, vincoli finanziari e qualità dei servizi: strumenti e garanzie, Varenna, 20, 21 e 22 settembre 2018 Donato Centrone I poteri della Corte dei Conti a presidio dell’equilibrio finanziario degli enti locali*Relazione Convegno UPI/Emila Romagna del 29/V/2018 Rapporto della Commissione Tecnica della Finanza Pubblica Misure per il risanamento finanziario e l'incentivazione dell'efficacia e dell'efficienza del sistema universitario. Ministero dell'Economia e delle Finanze. Roma, 31/VII/2007 pag.7). Convegno internazionale Integrazione tra Assistenza, Didattica e Ricerca nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria, Modena 27 e 28 marzo 2009, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia).

163

Giuseppe Pardini [email protected]

Regioni senza ragioni? Considerazioni sul regionalismo italiano Regions without reasons? About italian regionalism

Abstract The essay briefly retraces the structure of Italian administrative decentralization which emerged after unity and tries to highlight how local autonomies have always been based on municipalities and provinces, rather on regions, considered, at least until 1970, only as simple historical- geographical expressions, with exclusively statistical functions within the nation.

INTRODUZIONE Questo breve saggio vorrebbe aprire una riflessione sul ruolo effettivamente svolto dall’istituto amministrativo Regione, dall’unità d’Italia in poi, rimarcando come, in oltre centosessanta anni di vita unitaria, esso sia emerso soltanto negli ultimi decenni, dimostrando che le ragioni di quanti si opponevano, per molti e diversi motivi, alla nascita delle stesse Regioni, non erano poi infondate e avessero invece preannunciato diverse criticità che la prassi politica e amministrativa ha confermato col tempo e che l’esperienza più recente (basti pensare, per esempio, alla gestione di una importante emergenza sanitaria di carattere planetario) ha messo in evidenza. Sorvolando infine sulle più tipiche degenerazioni della comunicazione politica e del travisamento dei ruoli, che si sono spinti a parlare sempre più sovente di un “governo regionale” e di un “governo centrale” e quindi persino di “governatori” per indicare i Presidenti della Giunta regionale. Un linguaggio e una prassi politica che stravolgono le stesse istituzioni e prerogative regionali e che, con l’inutile soppressione delle Province come organo amministrativo intermedio tra Comuni e Regioni, hanno finito per alterare non poco i già fragili equilibri amministrativi territoriali, andando ad ampliare le divergenze geografiche nel Paese. E mentre infuria il dibattito politico sull’ipotesi di realizzare persino un “regionalismo differenziato” [1], a livello periferico la confusione aumenta, tra incerti confini di nuovi quanto impropri azzardi 164 terminologici di “aree vaste”, di “città metropolitane” e di “consorzi comunali” [2]. Indubbiamente il decentramento amministrativo ha imboccato strade che le ipotesi più avanzate e ardite della politica nazionale e unitaria non avrebbero mai neppure pensato di prendere in qualche seria considerazione [3], al punto da mettere, come da qualche parte è già stato osservato, persino in discussione alcuni elementi basilari della stessa forma di Stato verso un indefinito federalismo [4], ma certo il problema ha preso piede nell’opinione pubblica e, per quanto molti non esitino a mettere in guardia dai pericoli che gli eccessi possono creare, la discussione pubblicistica e politica appare avviata [5].

LE REGIONI NEL REGNO D’ITALIA (1859-1946) Alla luce, allora, dei notevoli dibattiti scientifici e delle ampie discussioni politiche che si vanno succedendo negli ultimi tempi, appare utile tornare a considerare un breve percorso storico per verificare quanto i tratti centralistici e unitari dello Stato italiano siano sempre stati preponderanti nelle varie fasi susseguitesi dall’Unità in poi [6], per richiamare infine come l’attuazione del regionalismo sia più recente e non certo scevra da varie problematiche (anch’esse da più parti evidenziate) connesse proprio all’inesistente significato funzionale che la divisione territoriale della Nazione attribuiva giocoforza storicamente alla Regione geografica, “naturale”, che ha finito assolutamente per coincidere poi con la Regione politico-amministrativa, senza dare per assodato che tale delimitazione territoriale coincidesse anche con la “Regione” funzionale” [7]. Senza poter entrare, in questa sede, sull’elevato dibattito ideologico inerente le autonomie e il decentramento amministrativo in Italia, che ha animato intere generazioni di studiosi e di intellettuali, e ha fatto dei temi connessi al federalismo e al decentramento uno dei cardini del dibattito politico sulla riforma dello Stato unitario [8], basti qui ricordare soltanto i cenni più importanti in cui si è gradatamente e con difficoltà giunti all’attuazione del regionalismo amministrativo, sebbene le fortune del regionalismo, fino alla nascita della Carta costituzionale del 1948 fossero state invero piuttosto ridotte [9]. La tendenza a concedere una qualche autonomia legislativa e amministrativa a livello territoriale, agli arbori dell’unità d’Italia, era derivata sostanzialmente dalla necessità di garantire una proficua risoluzione dei problemi economici locali, basandosi sul decentramento e sulla possibilità che la conoscenza dei medesimi problemi fosse migliore in una articolazione appunto regionale. Ma tali considerazioni vennero inficiate dal

165 repentino e travolgente processo unitario, del biennio 1859-1860, processo che non era certo stato programmato e non prevedeva l’elaborazione di progetti sul decentramento amministrativo. In effetti le numerose istanze federaliste e regionaliste, che nella prima parte del Risorgimento avevano trovato largo credito e fortuna (si pensi alla diffusione delle idee di Carlo Cattaneo e, soprattutto, di Vincenzo Gioberti) furono letteralmente travolte dal processo militare e politico che dal 1859 al 1861 portò alla nascita del Regno d’Italia, nato sostanzialmente come sommatoria prima di vari Stati autonomi e poi come estensione dell’ordinamento del Regno di Sardegna all’interno nuovo Stato unitario. In effetti, coi primi plebisciti per l’annessione di vaste realtà territoriali (Lombardia, Emilia, Toscana), emerse il problema di quale ordinamento amministrativo adottare e l’ipotesi di Luigi Carlo Farini (ministro dell’Interno del governo di Cavour) di istituire una Commissione temporanea per la Legislazione, trovò consensi parlamentari. Proprio dalla Commissione stessa prese il via la prima ipotesi “regionalistica” italiana, tesa a delimitare i confini, rispettando le “membranature naturali dell’Italia”, attraverso il mantenimento di aggregati territoriali fondati sui confini dei vecchi Stati annessi e i relativi confini geografici e naturali: Piemonte, Sardegna, Liguria, Lombardia, Emilia e Toscana. Nonostante questo, il nome Regione, neppure circolava… La rapida evoluzione degli avvenimenti nel Regno delle Due Sicilie e nello Stato Pontificio, travolsero però i primi progetti e in breve alle sei suaccennate aggregazioni territoriali andarono ad aggiungersi anche le Marche e l’Umbria, mentre Marco Minghetti, uno dei maggiori esponenti della Destra storica, in seguito al disfacimento completo del vasto Regno delle Due Sicilie, ebbe miglior gioco e, rispetto ai progetti iniziali, individuò invece nelle province (giustamente) il vero “perno delle tradizioni e delle autonomie locali” (nel Regno delle Due Sicilie la provincia avevano il nome di distretti). In molti cominciarono a dubitare che non fosse assolutamente necessario un ente amministrativo intermedio tra la maggiore unità organica a livello territoriale (la Provincia, appunto) e lo Stato. Quando il presidente del Consiglio, il toscano Bettino Ricasoli, il 9 ottobre 1961, abolì le provvisorie Luogotenenze delle ex capitali Firenze, Napoli e Palermo, l’ipotesi regionalistica poteva dirsi definitivamente superata e il modello unitario e accentratore del nuovo Stato (soggetto a numerose e grandi prove per l’arduo compito di unificazione nazionale) non avrebbe mai più previsto alcun organo sovra provinciale. A garanzia dell’unità e della coesione dell’Italia rimaneva inalterata la fitta rete dei Comuni, poi delle Province e, infine, dello Stato nazionale. Lo scheletro dello Stato era quindi ritenuto quello costituito sulla più omogenea e ridotta consistenza territoriale delle province e dei loro 166 capoluoghi, nei quali ultimi si esplicava il diretto controllo dello Stato unitario. Come si vede dalla Tabella1, le province al momento della nascita del Regno erano 59, per poi aumentare a 68 e a 69 con la conquista del Veneto e del Lazio con Roma.

Figura 1. Le province italiane nel 1871.

E 69 rimasero fino alla conclusione della Prima guerra mondiale e ai relativi accrescimenti territoriali, nonché al 1927, quando il governo di Mussolini decise di avviare, in virtù dei notevoli cambiamenti economici e

167 demografici del Paese, un ampio riassetto amministrativo, portando il numero complessivo delle province italiane a 92 (numero che sarebbe rimasto sostanzialmente invariato, salvo la creazione di altre province nelle momentanee conquiste territoriali durante la Seconda guerra mondiale). Persino nell’immediato secondo dopoguerra, e durante la stesura della Costituzione, il numero complessivo delle province rimase invariato, ed era ancora pari a 91.

Tabella1. Numero delle province nella storia d’Italia

Anno 1861 1866 1870 1923 1924 1927 1935 1941 1945 Province 59 68 69 75 76 92 94 95 93 Anno 1947 1954 1970 1995 2005 2009 2016 2017 2018 Province 91 92 94 103 107 110 107 104 103

Il vecchio impianto della divisione amministrativa piemontese, si estese anche alla suddivisione interna alle province stesse, e vennero mantenuti livelli amministrativo-territoriali piuttosto funzionali elle esigenze del tempo (difficoltà di spostamenti e comunicazioni, mancanza di adeguate infrastrutture, ecc.), con l’adozione del livello del Mandamento (che unificava alcuni Comuni contigui) e del Circondario (che unificava alcuni Mandamenti contigui). Due o più Circondari costituivano infine la Provincia. Soltanto il Comune e la Provincia avevano propri organi istituzionali elettivi, il Sindaco, a capo del Comune e il Presidente a capo della Provincia. Sebbene fino alla riforma del 1889 le due figure venissero nominate con Regio decreto dal Prefetto della provincia (tra i vari consiglieri eletti, comunque, dei rispettivi Consigli), le stesse divennero poi nominate dagli medesimi consiglieri eletti nel Consiglio comunale e nel Consiglio provinciale. La nomina del Sindaco e del Presidente della Deputazione provinciale da parte dei vari consiglieri all’interno dei Consigli stessi, era una conquista molto importante per l’autonomia locale e per una graduale emancipazione amministrativa, mentre anche le prerogative e le attribuzioni di Comuni e Province aumentavano di importanza. Un ritorno al centralismo si ebbe invece nel sistema politico fascista, che ridusse fortemente le autonomie amministrative locali, ripristinando un rigido centralismo statale: vennero infatti eliminate le importanti figure del Sindaco e del Presidente della Provincia, per sostituirle rispettivamente con il Podestà e il Preside, entrambe di nomina ministeriale. Non solo, ma sia il Podestà che il Preside godevano di ampi poteri nei loro Enti, e non

168 dovevano rispondere ai Consigli comunali, eliminati anch’essi e sostituiti con la Consulta municipale (non elettiva, e assolutamente consultiva) e al Rettorato provinciale (altrettanto non elettivo e soltanto consultivo). Ovviamente il tema del regionalismo venne completamente abbandonato e lo stesso decentramento amministrativo subì un arresto definitivo. Soltanto con il secondo dopoguerra e il ripristino del sistema politico democratico, nel 1946, si ritornò anche alla collaudata e funzionale esperienza dell’Italia liberale, cioè alla elezione del Sindaco all’interno del Consiglio comunale eletto e del Presidente della giunta provinciale all’interno del Consiglio provinciale eletto. Si trattava di un sistema piuttosto democratico, per quanto complesso e laborioso, che bene rispecchiava però quella caratteristica partitocratica (in senso lato e positivo) che sarebbe stata tipica del sistema politico repubblicano e della Carta costituzionale del 1948 [10], e che venne quindi pedissequamente esteso anche al nascituro ente amministrativo Regione. Quelle modalità per le elezioni degli organi amministrativi degli enti locali vennero infine mutate nel 1993, in un periodo piuttosto complesso della vita repubblicana, allorquando si passò alla elezione diretta dei votanti alle elezioni comunali e provinciali tanto del Sindaco che del Presidente della provincia. Ritornando invece alla divisione amministrativa realizzata con la nascita del Regno d’Italia, occorre ricordare che il Mandamento (suddivisione introdotta nel Regno di Sardegna nel 1814 ed estesa quindi anche al Regno d’Italia nel 1865), era invece una struttura di livello sovra comunale, che non aveva organi elettivi o di rappresentanza, ma aveva soltanto alcune basilari e ridotte funzioni amministrative e giudiziarie, era sede di pretura e di circoscrizione elettorale. Simile, quindi, al Circondario (istituito per il Regno nel 1859), che tuttavia aveva maggiori funzioni amministrative locali: la città capoluogo era sede persino della sottoprefettura, del Tribunale ordinario, del catasto e di altri importanti uffici economici e finanziari, nonché, generalmente, del collegio elettorale. La regnatela amministrativa sul territorio nazionale era molto articolata e contava alla fine dell’800 un numero di quasi 7.000 comuni, di 2.000 Mandamenti, di 251 Circondari e, appunto, di 69 Province (per una raffigurazione basilare, si veda la Figura1, sopra riprodotta, con riferimento al 1871 e la Figura2, con la presenza di Mandamenti e di Circondari [11]), considerate il vero pilastro territoriale e il naturale ente locale “funzionale”, amministrativo e politico dello Stato italiano. L’assetto territoriale sembrava rispondere alle esigenze dello Stato e di un sistema lontano dalla modernizzazione e dalla industrializzazione, nel quale la società italiana non mostrava certo aspetti dinamici e volti al 169 cambiamento delle sovrastrutture socio-economiche, ragioni per cui nel lungo periodo 1860-1945 il regionalismo non giunse a imporsi in nessuna maniera. Anzi, l’unica ragione per il quale esso venne alla ribalta e all’attenzione di una più ampia opinione pubblica si dovette esclusivamente alla necessità di creare delle circoscrizioni territoriali per ragioni inerenti alle varie statistiche economiche e sociali del Regno. Non c’era, al riguardo, niente di definito e niente di certo, tanto che le prime ripartizioni territoriali a livello “regionale” non riportarono neppure l’indicazione di regione, quanto quella di compartimento (o comunque circoscrizione).

Figura 2. Carta geopolitica di Mandamenti e Circondari sui confini attuali

170

Soltanto nel 1870, aggiungendo alle ragioni statistiche quelle didattiche, Alfeo Pozzi, in un manuale didattico per le scuole, iniziò a parlare delle “Regioni”, che potevano ridursi, di fatto, alle 15 aree territoriali storiche e politiche in cui era stata divisa per lunghi secoli la penisola italiana. Ma tale suddivisione e la relativa terminologia adottata per indicare le regioni stesse, non vennero recepite “ufficialmente” che in ambito statistico e, per di più, soltanto a ridotto della Prima guerra mondiale, quando l’“Annuario Statistico Italiano del 1912” impiegò per la prima volta la terminologia di regioni per indicare le aree storiche e fisiche omogenee in cui macro- dividere l’Italia. Erano quindi “nate” in questa maniera, soltanto per esigenze statistiche e didattiche, le Regioni fisiche, come espressione di sommatoria di varie province di un determinato e comune territorio, seguendo confini storici e geografici che rispettavano in maniera quasi assoluta i confini degli Stati preunitari e non seguivano quindi altra regola, Né economica, né funzionale. Furono 15, inizialmente, le Regioni e tale composizione esse mantennero almeno fino al primo dopoguerra. Queste, quindi, le Regioni storiche che componevano il Regno: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia (e in un primo momento anche la Romagna a sé stante), Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzi e Molise, Campania, Puglia, Calabrie, Sicilia, Sardegna. e, infine, il Lazio, l’ultima “regione” venuta con la “presa di Roma” del 1870. Tale composizione, che prevedeva l’unione di realtà territoriali anche diverse, come l’Abruzzo con il Molise e la Calabria con la Lucania, lasciava altresì fuori, naturalmente, le terre irredente, che soltanto a partire dal 1919 avrebbero ampliato il numero delle Regioni stesse, con l’avvento del Trentino e della Venezia Giulia. Anzi, per la precisione (ancora a conferma del significato relativo che tale delimitazione regionalistica implicava), il Veneto aveva finito con il tripartirsi, e dalle annessioni della vittoria contro l’Impero Austro-Ungarico erano nate la Venezia Euganea (cioè il Veneto e il Friuli attuali), la Venezia Tridentina (il Trentino-Alto Adige attuale) e la Venezia Giulia (comprendente anche l’Istria), terminologia che sarebbe sopravvissuta per il ventennio fascista, e fino al 1947. Le provincie continuarono a rivelarsi la spina dorsale del decentramento amministrativo e dell’autonomia locale, funzionando sovente come piccoli Stati locali, ma mai come realtà comprese all’interno di un unico più grande territorio, ossia l’ambito regionale.

171

Figura 3. Le province italiane nel 1931.

Negli anni del sistema politico fascista non si verificarono cambiamenti di un certo significato, se non per la soppressione dei Mandamenti e dei Circondari, con la relativa cancellazione delle sottoprefetture e delle varie istituzioni intermedie in ogni provincia (1923), e l’ampliamento del numero delle province (in particolare nel 1927). Del resto la suddivisione territoriale appariva datata e, in alcune realtà, assolutamente superata: basti pensare al caso di Roma, la cui provincia aveva giurisdizione sull’intero territorio laziale. 172

Il rafforzamento del ruolo autoritario e centralistico dello Stato passava inoltre anche per una migliore ramificazione del suo potere nel territorio nazionale, da qui una razionalizzazione del quadro complessivo e la creazione di quasi 20 Province in più nell’arco del Ventennio, oltre alle annessioni delle città (e province) irredente di Trento, , Pola e Zara. Il riordinamento delle Circoscrizioni provinciali fu uno dei maggiori provvedimenti adottati nella storia d’Italia relativamente all’assetto amministrativo, e portò alla creazione di importanti capoluoghi provinciale, che andarono a ridisegnare il potere periferico e a creare una maggiore stabilità territoriale, per quanto l’altro potere concesso a livello provinciale fosse sovente causa prima di numerosi e accesi campanilismi e diatribe tra le varie realtà locali. Certo la creazione di province come Aosta, Bolzano, Brindisi, Castrogiovanni (Enna), Frosinone, Gorizia, Matera, Nuoro, Pescara, Pistoia, Ragusa, Rieti, Savona, Terni, Varese, Vercelli, Viterbo, con un riassetto territoriale di ampia portata (tra le molte nuove creazioni ci fu anche la sfortunata soppressione della storica provincia di Caserta, l’ampia Terra di Lavoro, che fu annessa alla provincia di Napoli, e che si rivelò causa non ultima di notevoli squilibri sociali ed economici) ebbe significativa portata e sarebbe rimasta inalterata negli anni [12]. Nessun ragionamento teorico né un serio dibattito scientifico venne mai avviato circa il ruolo ipotetico delle circoscrizioni amministrative a livello regionale (le Regioni), neanche da un punto di vista geopolitico (per quanto le belle e rosse guide turistiche regionali del Touring club italiano, avessero ampia diffusione, anche all’estero, dal 1920 in poi), e ciò neppure sulle varie riviste accademiche e scientifiche più attinenti ai temi, che erano sorte numerose negli anni Venti e Trenta.

L’AVVENTO DELLE REGIONI NELLA REPUBBLICA (1946- 1948) Durante il Secondo conflitto mondiale, e massime quando l’Italia era divisa in due distinti Stati e occupata da eserciti in guerra, le regioni non assursero a nessun nuovo ruolo: la struttura amministrativa, sia del Regno (del Sud), che della Repubblica Sociale Italiana continuò a funzionare appoggiandosi esclusivamente sui livelli comunali e – soprattutto – provinciali (anzi, la RSI creò persino la nuova figura del Capo della provincia, di nomina ministeriale, che sommava il ruolo e i poteri di prefetto, di capo dell’amministrazione provinciale e di capo del fascismo repubblicano). Le Regioni ebbero in qualche maniera un significato meramente descrittivo nelle varie operazioni connesse all’occupazione militare da parte degli eserciti combattenti (tanto dei tedeschi quanto degli

173 alleati) e nelle ripartizioni delle varie forze politiche e istituzionali (per esempio anche i Comitati di Liberazione Nazionale si organizzarono anche a livello regionale). Certo che la prima volta nella quale gli italiani tornarono a vedere i nomi delle varie Regioni fu di nuovo in occasione di importanti elezioni politiche: l’ultima volta erano apparse infatti durante le elezioni del 1924 (in cui i collegi elettorali erano appunto di ambito territoriale regionale) e tornarono proprio nelle esiziali elezioni del 1946, svolte per l’Assemblea costituente e per la scelta referendaria della forma di Stato, ovvero monarchica o repubblicana. Tornarono allora quei vecchi nomi, alcuni sgualciti dal tempo e altri scomparsi, ma certo ancora noti agli italiani, perché erano gli stessi di oltre quarant’anni prima: Piemonte, Liguria, Lombardia, Venezia Tridentina (escluso Bolzano), Veneto (esclusa la Venezia Giulia), Emilia (senza la Romagna…), Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Molise, Campania, Puglie, Lucania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Del resto era proprio a partire dall’ottobre 1944 che il governo Bonomi aveva voluto riprendere le fila di un lungo discorso interrotto e la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva varato una importante Commissione per la riforma dell’Amministrazione, affinché preparasse delle linee guida da realizzare a guerra conclusa. La Commissione, per di più, aveva due importanti sottocommissioni, una delle quali dedicata al “Problema della Regione” e l’altra alla “Amministrazione locale”. Proprio all’interno di queste commissioni riprese il via un dibattitto che si era assopito da decenni, e che ancora non trovava molto credito presso una opinione pubblica, sovrastata da altre e più pressanti preoccupazioni connesse alla guerra e alla fame. Con l’avvento più tardo del Ministero per la Costituente, nel luglio 1945 e a guerra terminata, tale problematica passò alla Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, dipendente dal Ministero stesso, e il tema del regionalismo affidato alla relativa sottocommissione “Amministrazione locale”. Ovviamente in questo breve lavoro non si tratterà dell’acceso dibattito teorico relativo ai poteri e alle attribuzioni che avrebbero dovuto essere assegnati ai nuovi enti amministrativi regionali, e nemmeno alle ipotesi che avrebbero voluto il superamento del sistema provinciale per un più “innovativo” e magari “funzionale” sistema “regionale” [13], ma si insisterà sulla genesi farraginosa dell’articolazione territoriale del sistema regionale stesso, avvenuta senza il dovuto approfondimento, senza essere mai più modificata, in un’epoca storica nella quale l’Italia era del tutto estranea allo sviluppo industriale e all’espansione di una moderna società di massa. Nonostante gli entusiasmi iniziali per l’adozione di un’articolazione 174 amministrativa regionale, emersero comunque, tra alcuni specialisti, le prime preoccupazioni, perché entrambe le sottocommissioni indicate stavano affrontando la questione della nascita del regionalismo e del decentramento locale esclusivamente da un punto di vista tecnico e amministrativo, tralasciando nella discussione per la definizione delle varie circoscrizioni regionali ogni altro genere di considerazioni connesse ai problemi di natura magari economica, o geografica, o commerciale e viaria, o urbanistica e ambientale, per esempio, escludendo quindi elementi di valutazioni di un certo rilievo e in grado di consentire scelte ponderate sui confini regionali e sull’attuazione del regionalismo stesso. A trattare dell’argomento Regione, infatti, furono soprattutto politici e alti funzionari dello Stato, che affrontavano il problema da un punto meramente, come accennato, amministrativo e burocratico e nessuno dei 27 membri della seconda Sottocommissione allargò lo sguardo oltre la riduttiva impostazione storico-tradizionale e “naturale” per la definizione dei confini prima e dei poteri poi, delle Regioni stesse, quasi si trattasse esclusivamente di un problema soltanto geografico e tecnico [14]. La scelta per la forma repubblicana nel Referendum istituzionale del 2 giugno 1946 agevolò naturalmente anche il dibattito per la divisione amministrativa regionale, nella non infondata ipotesi della costruzione del nuovo Stato italiano, con molti antichi esponenti federalisti che ripresero coraggio e portarono all’attenzione pubblica molti dei loro progetti per un più ampio decentramento (basti solo accennare a Altiero Spinelli e alla sua opera incessante). Del resto l’Assemblea costituente aveva delegato alla Commissione per la Costituzione, composta da 75 illustri deputati, la stesura del testo costituzionale ed essa si era ulteriormente divisa in 3 Sottocommissioni, la Seconda delle quali era proprio incaricata di elaborare gli articoli relativi alla organizzazione istituzionale dello Stato e al decentramento amministrativo, nonché la stesura della lista delle varie Regioni da riconoscere nel nuovo assetto statale. La parte “istruttoria”, diciamo così, del Programma era invece stata affidata a un più ristretto Comitato di coordinamento (il Comitato dei Dieci). Nei 18 mesi di dibattiti in Assemblea Costituente e nella stampa, anche alcune formazioni politiche cambiarono le proprie posizioni sulla necessità di adottare un ampio decentramento amministrativo, e se le posizione federaliste erano indubbiamente minoranza, altrettanto erano maggioranza le posizioni politiche favorevoli all’adozione del regionalismo, soprattutto dopo che, nelle tornare delle elezioni amministrative della primavera e dell’autunno del 1946, il Partito comunista italiano si era accorto – in virtù dei positivi risultati elettorali - di poter essere maggioranza (insieme agli altri partiti della sinistra, il Partito socialista italiano di unità 175 proletaria e il Partito repubblicano italiano) in parecchie province e di poter ambire, addirittura, alla guida di non poche regioni, addirittura, ipoteticamente, in ben 5 di esse, cioè in Liguria, Emilia, Toscana, Marche e Umbria (ma con le successive elezioni del 1948 il Pci e il Psi avrebbero confermato la loro maggioranza a livello regionale soltanto in 3 di quelle Regioni: Emilia-Romagna, Toscana e Umbria). Tale svolta mise in decisa minoranza, e in posizione di marginalità nel dibattito, le forze politiche della destra italiana (di fatto i monarchici, i liberali e i missini), che rimasero tenacemente contrarie alla istituzione dell’ente Regione. A quelle posizioni antiregionaliste si affiancarono poi anche alcuni studiosi e vari intellettuali, ma – di fatto – sia nell’Assemblea, sia nella stampa, sia nel Paese, i regionalisti avevano maggiore peso e molti avversari si accontentarono di schivare almeno una impostazione federalista dello Stato e di virare verso un regionalismo ibrido e, quindi, debole [15]. Sostanzialmente molti oppositori si accontentarono dell’adozione del regionalismo come “male minore” rispetto al federalismo, pure in considerazione del fatto che lo stesso regionalismo invero si andava consolidando soprattutto per mere ragioni politiche, per le quali potevano essere tralasciate, quand’anche negate, tutte le varie verifiche sulla fattibilità dei disegni circoscrizionali delle Regioni, e finivano per essere evitati i necessari approfondimenti e le indispensabili valutazioni pratiche, sia in riferimento alle capacità economiche, che viarie, che urbanistiche dei nascituri enti locali [16]. Anche in sede Costituente il tema “Regione” non venne approfondito mediante l’audizione e l’acquisizione di pareri di esperti e di studiosi, come geografi, economisti, statistici, o con la consultazione di studi accademici e monografie scientifiche, sì che venne completamente tralasciato il dibattitto sulle future Regioni nelle loro dimensioni economiche, produttive, strategiche. L’angolatura dalla quale si affrontò la questione fu solo politica, quindi, giammai tecnica. Del resto gli oppositori al decentramento regionale ponevano nel dibattito questioni forti, difficilmente eludibili, e che negli anni si sarebbero persino rivelate corrette, in alcune previsioni. Tali veti al regionalismo potevano essere sostanzialmente sintetizzati in: - inesistenza di interessi di dimensioni regionali che non fossero a loro volta frazionati all’interno di quella regione stessa; - possibilità di costituire un pericolo per l’unità nazionale e possibilità di disgregare la coesione e la solidarietà statale e nazionale; - possibilità di permettere e accrescere un ulteriore sviluppo degli squilibri economici e sociali fra le diverse regioni; - rendere eccessivi i costi di funzionamento delle Regioni. Sebbene da un punto di vista tecnico non si rispondesse in maniera 176 esauriente e convincete ai dubbi sopra elencati, da un punto di vista strettamente politico la partita sembrava vinta per i sostenitori del decentramento regionalistico. Anzi, in molte zone del Paese si accese persino una vera e propria corsa a rivendicare l’autonomia regionale e le proposte per l’istituzione di nuove regioni, rispetto a quelle storiche e tradizionali, parve senza freni, sì da scatenare persino numerosi municipalismi e campanilismi, certo deleteri in una situazione storica difficile come quella dell’immediato dopoguerra, centrata sulla ricostruzione e sulla “ricucitura” del Paese dilaniato da una guerra biennale guerra civile e dalla relativa contrapposizione - anche politica – Nord/Sud (basti anche soltanto ricordare il risultato referendario e politico, completamente diverso, che le due aree d’Italia avevano espresso proprio nella consultazione del 2 giugno 1946…). Nell’Italia settentrionale il Friuli rivendicava l’autonomia dalla Venezia Euganea (Veneto), l’Emilia appenninica degli ex Ducati, insieme alle province della Spezia e Apuania (Massa–Carrara), chiedeva l’istituzione della nuova Regione di Lunezia (o Emilia Lunense); la Romagna rivendicava l’indipendenza rispetto all’Emilia; la Valtellina persino avanzò la propria candidatura come Regione autonoma, così come l’Intemelia (cioè la Liguria occidentale, Imperia-Ventimiglia). Al centro la Sabina chiedeva l’autonomia dal Lazio e il Molise l’autonomia dall’Abruzzo. Infine nell’Italia meridionale tornava a ruggire anche il vecchio Sannio, chiedendo l’istituzione della Regione stessa, e la Daunia (o Capitanata) si accodava alla stessa richiesta di autonomia dalla Puglia, così come, per concludere, il Salento, che doveva diventare autonomo rispetto alla stessa tradizionale Regione, mentre meno possibilità poteva avere la proposta della circoscrizione salernitano-irpina. Ma molte altre richieste, pur prive di validi argomenti storici e geografici, vennero avanzati, facendo temere che il numero di 30 Regioni da istituire non fosse bastevole, mentre molti attenti studiosi e osservatori ammonivano che, per le funzioni che le Regioni avrebbero dovuto assumere, il numero massimo di circoscrizioni da istituire non avrebbe dovuto assolutamente superare la dozzina [17]. Il Comitato dei Dieci provvide tuttavia alla redazione del testo in base al quale l’elenco delle circoscrizioni regionali da far approvare comprendeva soltanto le tradizionali regioni storiche (vedi colonna1 della Tabella2), per questo la Seconda Commissione, quando iniziò l’esame dell’argomento, si trovò di fronte a due alternative: il tradizionale elenco inoltrato dal Comitato dei Dieci e un elenco molto maggiore di nuove proposte regionali avanzate da più parti. La Seconda Sottocommissione, stretta tra varie “necessità”, provvide a una logica scrematura, bocciò numerose proposte di nuove istituzioni o di autonomia, e presentò infine un 177 elenco, comunque leggermente maggiore dell’elenco tradizionale dei Dieci, sul quale la Commissione per la Costituzione e l’Assemblea avrebbero poi dovuto iniziare a lavorare (vedi colonna2 della Tabella2). Di fatto, oltre alla tradizionale lista, venivano aggiunte 5 nuove realtà regionali, cioè la Valle d’Aosta, il Friuli e Venezia Giulia, l’Emilia lunense, il Molise e il Salento. Le modifiche riguardavano invece solo la Venezia Tridentina, che avrebbe assunto il nome di Trentino-Alto Adige, il resto dell’Emilia, che avrebbe aggregato la Romagna, diventando Emilia e Romagna, e, come detto, lo scorporo degli Abruzzi e Molise e della Puglia con l’autonomia rispettivamente del Molise e del Salento. Le bocciature più pesanti riguardavano sostanzialmente tre ipotesi regionali, la Sabina, il Sannio e la Daunia (o Capitanata).

Tabella 2. Elenchi delle Regioni in Assemblea costituente – gennaio 1947

Elenco presentato Elenco approvato nel gennaio 1947 il 31 gennaio 1947 (Comitato dei Dieci) (Seconda Sottocommissione) Piemonte Piemonte (Valle d’Aosta) Valle d’Aosta Lombardia Lombardia Trentino-Alto Adige Trentino-Alto Adige Veneto (con il Friuli) Veneto Friuli e Venezia Giulia Liguria Liguria Emilia Lunense (o Appenninica) Emilia Emilia e Romagna Toscana Toscana Umbria Umbria Marche Marche Lazio Lazio Abruzzi e Molise Abruzzi Molise Campania Campania Puglia Puglia Salento Lucania Lucania Calabria Calabria Sicilia Sicilia Sardegna Sardegna 178

Di fatto si ipotizzava la creazione di 22 Regioni, un numero tutto sommato accettabile, per quanto alto, e che garantiva nel complesso un buon equilibrio e una facile gestione delle novità istituzionali e amministrative, anche al netto della necessità di creare (come avvenne) degli “statuti speciali” per le Isole e per le Regioni di confine (5, in totale). Tale era appunto la lista delle Regioni da inserire nella Costituzione che, il 31 gennaio 1947, venne passato all’esame dell’Assemblea, insieme all’intero e complesso Titolo V. Il 22 luglio 1947 l’Assemblea avrebbe dovuto discutere e approvare il progetto relativo alle circoscrizioni regionali (in previsione avrebbe dovuto essere l’articolo 123, provvisorio della Costituzione), come detto già licenziato dalla Seconda Sottocommissione, ma la questione venne inopinatamente rinviata, per riemergere poi, senza ulteriori approfondimenti e discussioni, nella seduta del 29 ottobre, 1947 “quasi all’improvviso”, sostiene giustamente Ettore Rotelli. Tuttavia, al momento della discussione e dell’approvazione in Aula, il 29 ottobre 1947, non venne presa in considerazione la lista approvata il 31 gennaio 1947 dalla Seconda Sottocommissione, come avrebbe dovuto, bensì quella tradizionale già presentata dal Comitato dei Dieci, contenente le storiche 14 regioni (quelle considerare a statuto ordinario, più le altre a statu speciale). La sostituzione arbitraria operata dal Comitato di Coordinamento per la Costituzione era del tutto priva di fondamento e sollevò enormi proteste perché logicamente illegittima. Ne nacquero forti discussioni e la stessa procedura per l’approvazione dell’articolo 131 della Costituzione subì diversi intoppi, rivelandosi piuttosto caotica, tanto che parecchi deputati finirono per non comprendere molto quando andava accadendo, “fidandosi” ciecamente dei regionalisti convinti, delle indicazioni di partito, e di rendere “meno nocivo e più utile che fosse possibile” il nuovo Ente regionale. L’inghippo procedurale e l’errata documentazione inoltrata al dibattito dell’Assemblea costituente non vennero sanate, e la maggioranza politica favorevole al regionalismo, nel timore di subire una battuta di arresto nell’approvazione del progetto di decentramento o che l’approvazione dell’elenco delle Regioni fosse demandato alla legge ordinaria, si accontentò di bloccare le ipotesi contrarie al regionalismo stesso e approvò la lista “tradizionale”, trasformando in 14 “nuove” Regioni le stesse “vecchie” circoscrizioni regionali, già impiegate soltanto per funzioni strettamente statistiche ed elettorali (vedi ancora la colonna1 della Tabella2,). Il principio dell’efficienza amministrativa, tecnica ed economica non venne quindi mai affrontato né introdotto. Insomma, non si poteva dire certo un gran successo… 179

Anche la quinta Regione a statuto speciale, il Friuli (cui poi sarebbe stato aggregato anche quel che rimaneva della Venezia Giulia), subì l’impasse dell’Assemblea che decise di approvare la nascita delle altre quattro Regioni a statuto speciale e di rimandare l’approvazione della quinta, appunto, in virtù della complessa situazione internazionale al confine orientale d’Italia. Non si trattò dell’unico problema, perché anche un’altra questione venne risolta con qualche problema, e cioè il caso della Regione Emilia e Romagna: questo, infatti, avrebbe dovuto essere il nome della regione in questione, ma prima della votazione finale quel nome venne trasformato, ancora una volta illegittimamente, prima in Emilia e poi in Emilia-Romagna. Tra molte discussioni procedurali, proprio l’ultima denominazione fu quella votata e adottata, che poi, nell’articolo 131 della Costituzione italiana, venne infine approvata nella votazione dell’Assemblea costituente, il 22 dicembre 1947. Le varie esclusioni e i cambiamenti attuati (persino nella terminologia, come il caso della Lucania in Basilicata) sollevarono notevoli proteste nelle realtà territoriali interessate, ma la lista non sarebbe mai più stata toccata o aggiornata, eccezione fatta per la piccola Regione Molise, che nel dicembre del 1963 ottenne, dopo dure battaglie politiche, la propria autonomia dall’Abruzzo, diventando la Ventesima Regione della Repubblica italiana [18]. Fu un piccolo, ma grande, risultato, che tuttavia sarebbe restato un unicum nella storia costituzionale italiana, in quanto nessuna altra comunità sarebbe riuscita a ottenere il riconoscimento istituzionale per la costituzione di una nuova Regione. Senza poterci dilungare ancora oltre, per quanto accolta quindi con larghi consensi nella Costituzione, l’autonomia delle Regioni (a statuto ordinario) venne effettivamente applicata tuttavia soltanto nel 1970, con la prima elezione dei vari Consigli regionali e la nascita dell’Ente regione. Notevole fu, quindi, il ritardo dell’attuazione della Costituzione relativamente all’autonomia regionale, ritardo dovuto per larga parte a diffidenze silenti verso l’effettiva capacità di funzionamento del modello creato e per un certo timore delle maggioranze politiche centriste nel realizzare una autonomia regionale che avrebbe portato alla maggiore forza di opposizione, il Partito comunista italiano, l’amministrazione di importanti territori.

180

Figura 4. L’attuazione delle Regioni: la prima carta geopolitica

Gli aspetti connessi all’autonomia regionale si sarebbero ulteriormente complicati, infine, quando il Parlamento provvide nel 2001 alla cosiddetta “Riforma del Titolo V” della Costituzione che sostanzialmente, tra le altre, previde la possibilità dell’Ente Regione di potersi finanziare, stanziando tributi in autonomia [19]. Il nuovo quadro costituzionale, innestato per di più su una riforma dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale introdotta già dal 1995, ha finito col partorire delle degenerazioni amministrative e politiche che un serio approccio sul decentramento amministrativo non può oggi esimersi dal prendere molto seriamente in 181 considerazione, anche in virtù degli scompensi che si vanno ulteriormente aprendo tra le varie realtà territoriali dello Stato e le inefficienze decisionali createsi in regimi di emergenza [20].

Figura 5. Assetto regionale italiano

182

15. CONCLUSIONI La genesi delle circoscrizioni regionali fu, quindi, piuttosto frettolosa e avvenne sotto la spinta della volontà di approvare un qualsivoglia decentramento amministrativo regionale, magari anche basandosi pure su quella divisione territoriale che aveva avuto soltanto basi storiche (spesso i confini delle nuove regioni erano gli stessi degli antichi Stati del Cinquecento), alcune volte statistiche e altre ancora geofisiche, ma non certo – nella grande maggioranza dei casi – idonee basi per un successivo e proficuo approccio alla pianificazione economica, industriale, territoriale. Al punto che già alla fine degli anni ’50 le delimitazioni territoriali regionali apparvero a molti osservatori come irrazionali (le regioni “storiche” potevano non coincidere con le regioni “naturali”), specialmente dopo le grandi e dirompenti trasformazioni economiche e sociali del “miracolo italiano”, che portarono l’Italia a diventare un Paese industriale, con una moderna società di massa e con i relativi squilibri che tale rapido cambiamento strutturale comportò. Le Regioni costituzionali, insomma, non risultarono connesse con un “regionalismo economico” e un “regionalismo amministrativo”, essendo frutto di un ragionamento pressoché esclusivamente politico, dove gli esperti, geografi, urbanisti, economisti, tecnici non ebbero modo di far incidere le loro osservazioni e le loro riserve [21]. Per quanto il dibattito in Assemblea Costituente si fosse rivelato alto e serio (sempre notevoli furono gli interventi dei maggiori esponenti politici impegnati nella battaglia regionalistica, e si parla di uomini del calibro di Mortati, Ambrosini, Calamandrei, Einaudi, De Gasperi, Giannini, Lussu, Olivetti, Nitti, Salvemini, Sestini, Targetti, Togliatti e Zuccarini), purtroppo esso non fu il frutto di scelte approfondite e condivise, e soltanto la lunga consuetudine che aveva “unito” dal 1861 in avanti le varie province a livello “regionale” parve rivelarsi la carta vincente e il collante per realizzare l’esperimento del decentramento amministrativo regionale che, bene o male, a torto o a ragione, si sarebbe avviato soltanto nel 1970, ben 22 anni dopo il suo faticoso varo politico. Ma quelle “Regioni” non avevano mai esercitato alcuna reale influenza nella vita e nella storia dell’Italia, e la loro effettiva funzionalità come nuovi Enti amministrativi sarebbe stata seriamente messa alla prova dei fatti.

183

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Per il tema cfr. L. Antonini, “Il regionalismo differenziato”, Giuffré: Milano, 2000 e adesso G. Viesti, “Verso la secessione dei ricchi? Autonomie regionali e unità nazionali”, Laterza: Roma-Bari, 2019. [2] A. D’Atena, “Tra autonomia e neocentralismo. Verso una nuova stagione del regionalismo italiano?”, Giappichelli: Torino, 2016. [3] Per una ampia riflessione sul tema, cfr. anche “Regionalismo e Regioni in Italia, 1861-2011” (a cura di E. Longobardi), Gangemi editore: Roma, 2012, “Federalismo e autonomia in Italia, dall’Unità a oggi” (a cura di C. Petraccone), Laterza: Roma-Bari, 1995 e infine, soprattutto per il periodo successivo al secondo dopoguerra, M. Cammelli, “Regioni e regionalismo, 1948-2013”, Editoriale scientifica: Napoli, 2014. [4] Cfr. “Il regionalismo italiano tra tradizioni unitarie e processi di federalismo. Contributo allo studio della crisi della forma di Stato in Italia” (a cura di S. Mangiameli), Giuffré: Milano, 2012, nonché, per molti aspetti costituzionali legati al tema del regionalismo stesso, “Il regionalismo italiano tra giurisprudenza costituzionale e involuzioni legislative dopo la revisione del titolo V” (a cura di S. Mangiameli), Giuffré: Milano, 2014. [5] Cfr. M. Marcantoni e M. Baldi, “Regioni a geometria variabile. Quando, dove e perché il regionalismo funziona”, Donzelli: Roma, 2013, “Il Paese diviso. Dal regionalismo di Luigi Sturzo agli anni della Lega” (a cura di G. Boselli), Diabasis: Parma, 2009, e W. Nocito, “Dinamiche del regionalismo italiano ed esigenze unitarie”, Giuffré: Milano, 2011. [6] Al riguardo, cfr. “Il regionalismo italiano dall’Unità alla Costituzione e alla sua riforma” (a cura di S. Mangiameli), Giuffré: Milano, 2012. Per brevità, non si richiameranno invece i molti e polemici scritti pubblicistici, coevi all’attuale dibattito in corso, dati proprio in questi ultimi anni alle stampe. [7] Piuttosto interessante appare una ricerca comparativa effettuata attraverso lo studio dei vari rapporti annuali sullo stato del regionalismo, editi a partire dal primo volume, cfr. “Primo rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2002)”, Giuffré: Milano, 2003, fino almeno al “Sesto rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia”, Giuffré: Milano, 2011. [8] Occorre necessariamente rimandare a lavori piuttosto organici ed 184 esaustivi, per certi aspetti, quali, U. Chiaromonte, “Il dibattito sulle autonomie nella storia d’Italia, 1796-1996. Unità – Federalismo – Regionalismo - Decentramento”, FrancoAngeli: Milano, 1998. [9] Cfr. C. Desideri, “Regioni politiche e territori. Per una storia del regionalismo italiano”, Giuffré: Milano, 2015. Piuttosto utile, inoltre, salvo gli accenti ideologici, anche E. Santarelli, “Il regionalismo nell’Italia unita. Storia dell’idea regionalistica fino alla Repubblica”, Bulgarini: Firenze, 1973. [10] P. Scoppola, “La repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico, 1945-1996”, Il Mulino: Bologna, 1997. [11] Le carte delle province italiane nel 1870, nel 1931 e nel 1971 sono tratte dal bel saggio di G. Palombelli, “L’evoluzione delle circoscrizioni provinciali dall’Unità ad oggi”, presente sul sito delle province italiane https://www.provinceditalia.it/levoluzione-delle-circoscrizioni- provinciali-dallunita-ditalia-ad-oggi/ La carta geopolitica di Mandamenti e Circoscrizioni, basata sui confini attuali, è tratta da: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/cb/Circondari_del_R egno_d%27Italia_1.jpg [12] Al riguardo cfr. l’ottimo riassunto relativo al riassetto delle province del citato studio di G. Palombelli, “L’evoluzione delle circoscrizioni provinciali dall’Unità ad oggi”, in “Le province d’Italia. Storie, spazi, economie” (a cura di V. Antonetti e A. Vozzolo), vol. 1, “Le province, dall’Unità alla Repubblica delle autonomie (a cura di I. Nicotra), Donzelli: Roma, 2012. Fondamentali si rivelano anche, in questo ambito, i lavori di G. De Cesare, “L’ ordinamento comunale e provinciale in Italia. Dal 1862 al 1942”, Giuffré: Milano, 1977, nonché gli atti del Congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, “L’ordinamento comunale e provinciale”, volume 1, “I Comuni” (a cura di M. S. Giannini), Neri Pozza: Vicenza, 1967 e volume 2 “Le Province” (a cura di A. Amorth), Neri Pozza: Vicenza, 1968. [13] G. Melis, “Storia dell’amministrazione italiana, 1861-1993”, Il Mulino: Bologna, 1996 e P. Aimo, “Stato e poteri locali in Italia dal 1848 a oggi”, Carocci: Roma, 2010. [14] Per la ricostruzione delle vicende di seguito narrate, il riferimento più importante, ancora oggi, è il testo di E. Rotelli, “L’avvento della Regione in Italia. Dalla caduta del regime fascista alla Costituzione repubblicana (1943-1947)”, Giuffré: Milano, 1967, dal quale è tratta 185 anche l’esemplificativa Tebella2. [15] Per tutto l’importante dibattito, cfr., ancora, il volume di E. Rotelli, “L’avvento della Regione in Italia”, op., cit., pp. 217-294. [16] Cfr. anche il preciso lavoro di E. Santarelli, “L’ente regione. L’idea regionalistica nei suoi termini storici, politici e costituzionali”, Editori Riuniti: Roma, 1960, pp. 94-124. [17] Cfr., ancora, E. Rotelli, “L’avvento della Regione in Italia”, op. cit., pp. 358 e segg. [18] Per l’intera rilevante vicenda, cfr. adesso N. Lombardi, “La parabola del regionalismo molisano. Un’analisi critica per un futuro realistico”, Cosmo Iannone: Isernia, 2019. [19] Per un primo e facile approccio al tema, cfr. R. Bifulco, “Le Regioni. Un bilancio”, Il Mulino: Bologna, 2104. [20] “Il governo delle Regioni: sistemi politici, amministrazioni, autonomie speciali” (a cura di L. Vandelli), Il Mulino: Bologna, 2013. [21] Ancora E. Rotelli, “L’avvento della Regione in Italia”, op. cit., p. 364-365.

186

187

188

STUDI E RICERCHE

189

190

Patrizia Mascoli Università degli Studi di Bari Aldo Moro [email protected]

Sulla presenza di Seneca tragico fino al Medioevo*

Abstract In this contribution, the Authoress examines the literary fortune of the tragedies of Seneca from the first century after Christ until the late Middle Ages. Through a careful analysis of the scarce surviving testimonies she hypothesizes that the first complete collection of all tragedies began to circulate only in the precarolingian age, whereas in previous centuries they have had an autonomous diffusion.

In una lettera1 datata 14 aprile di un anno imprecisato, ma comunque compreso tra il 1309 e il 1321, il cardinale Nicolò degli Alberti da Prato chiedeva a Nicolò Trevet, suo confratello nell’ordine dei domenicani di commentare le tragedie di Seneca in modo tale che, nonostante le notevoli obscuritates di quel testo fino allora poco studiato, anzi evitato tamquam teterrimus pelagus, esso potesse essere letto e interpretato da un più ampio pubblico. Il cardinale Alberti, infatti, aveva già potuto leggere e apprezzare il commento di Trevet al de consolatione philosophiae di Boezio che studiose ac attente perlectum inextimabilem nobis consolationem adduxit;

*Contributo presentato dal socio prof. Luigi Piacente. 1 Il testo fu pubblicato da Ezio Franceschini in Studi e note di filologia medievale, Milano 1938 (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ser. IV: Scienze filologiche, vol. XXX), p. 29 e anche in Il commento di Nicola Trevet al Tieste di Seneca, ed. E. Franceschini, Milano 1938 (Orbis Romanus XI), pp.1-2. Tuttavia questa e la lettera seguente (vd.nt.3) erano state già edite da due studiosi tedeschi, ma indipendentemente l’uno dall’altro: R. Peiper (De Senecae tragoediarum vulgari lectione (A) constituenda, Breslau 1893, pp. 157-160) e F. Ehrle (Nikolaus Trivet, sein Leben, seine Quodlibet und Quaestiones ordinariae, “Beitr. z. Gesch. d. Philos. d. Mittelalt.” suppl. II, Münster 1923, pp. 1-63, ora in Gesammelte Aufsätze zur englischen Scholastik, Roma 1970, pp. 303-384). 191 inoltre gli era pervenuta anche notizia di un commento di Trevet super declamationibus Senece (le Controversiae di Seneca padre), di cui non manca di sollecitare l’invio di una copia. Quindi, rinnovando ancora una volta la confusione tra i due Seneca identificati in una sola persona2, che attraversò tutto il Medioevo e la prima età umanistica, Nicolò degli Alberti chiede a Trevet di commentare Seneca tragico, tragediarum … eiusdem memorandi viri liber. Anche la risposta di Trevet al suo superiore gerarchico3 non è purtroppo datata, ma fu certamente scritta appena compiuto il lavoro: egli infatti, nonostante la sua scarsa familiarità con la poesia (quamvis parce de laticibus Eliconis hauserim), aveva comunque accolto l’invito di rendere chiaro a tutti il dettato del testo delle tragedie ut easdem, expositione illustratas, inspicientibus pervias lectoribusque omnibus redderem luculentas. Dunque Trevet sottopone ora timidamente il suo lavoro al giudizio dell’autorevole committente: quam Dei adiutorio ad finem perductam vestre reverende discretionis examini presentandam transmitto, scusandosi anche degli inevitabili difetti dovuti alle corruttele dell’unico manoscritto a sua disposizione, non privo di errori (omnibus defectibus) e di lacune (textus diminutio)4 ma dichiarando5 di essersi comunque sforzato di offrire al lettore, sempre e comunque, un’interpretazione plausibile del testo che aveva davanti: de textu, quem unicum habui, qualemcumque sensuum explanationem exculpsi. Lo scambio epistolare tra i due confratelli domenicani risulta particolarmente significativo perché ci offre non pochi spunti di riflessione su quella che dovette essere la scarsa attività esegetica sulle tragedie di Seneca nei secoli fino al Medioevo inoltrato e conferma la scarsa diffusione

2 Una confusione ancora più intricata, perché Seneca il Giovane, sulla scorta di Marziale (Epigr. 1,61,7-9), viene ‘sdoppiato’ tra un filosofo e un drammaturgo anche da Sidonio Apollinare (carm. 23,162 Quid celsos Senecas loquar?; 9,230- 233 Non quod Corduba praepotens alumnis / facundum ciet, hic putes legendum, / quorum unus colit hispidum Platona / incassumque suum monet Neronem…). 3 Vd. Franceschini, Studi e note, cit., 29-30; Il commento, cit., 2-4. 4 Per la verità la lezione di questo passo è controversa, in quanto Peiper leggeva corruptio e Richter consumptio, ma tutte le varianti si muovono comunque nell’ambito del concetto delle difficoltà di lettura del manoscritto. Sul codex diminutus si sofferma anche S. Pittaluga, «Tamquam teterrimum pelagus». Scuola e metodo nel Commento di Nicola Trevet alle Tragedie di Seneca, “Paideia”, 53, 1998, 265-279 (poi anche in La scena interdetta, Napoli 2002, 229-243). 5 Del suo contenuto Trevet stesso parla nella praefatio alle tragedie (vd. Franceschini, Il commento cit. p.7, 5-6): sunt autem in hoc libro tragedie decem quarum prima est de Hercule furente. 192 delle tragedie ancora nei primi decenni del secolo XIV (infatti il carteggio tra il cardinale Alberti e Trevet viene fatto risalire agli anni tra il 1314 e il 1316), testimoniata anche dalle poche notizie in nostro possesso. La presente ricerca sarà particolarmente focalizzata sugli espliciti richiami a Seneca tragico da parte dei lettori successivi, senza indugiare su generiche (e talvolta ipotetiche) ispirazioni al teatro senecano o su vaghi (e spesso incerti) accenni di memoria letteraria. Si cercherà così di ricostruire la fortuna di Seneca tragico che si è snodata tra la tarda antichità e il Medioevo, per poi congiungersi con l’attività esegetica sulle tragedie nel secolo XIV6, già sopra delineata ed esemplificata attraverso la ricostruzione della genesi del commento di Nicolò Trevet. Com’è ampiamente noto, il commento ai testi antichi costituisce un momento più ‘maturo’ della tradizione e, tra Medioevo e Umanesimo, esso è avvenuto di norma via via che i testi classici venivano riscoperti.

Nei limiti delle testimonianze superstiti, il primo autore che cita Seneca è Quintiliano, il quale in inst. 9,2,9 riporta un emistichio del v. 453 della Medea (quas peti terras iubes?) come esempio di espressione che suscita malanimo. Un secondo, ma più generico, richiamo a Seneca è ancora in 8,3,31 dove Quintiliano ricorda che, quando egli era molto giovane, Pomponio7 e Seneca discutevano se nelle tragedie fosse stato opportuno usare il neologismo gradus eliminat8 col significato di “mettere i piedi oltre la soglia”. E’ ben noto che Quintiliano non avesse molta simpatia nei riguardi di Seneca, come appare chiaramente da 10,1,125-131, in una diffusa disamina della personalità dell’Autore, presentata con poche luci e tante ombre. Comunque Quintiliano nel catalogo degli autori tragici non registra il nome di Seneca accanto a quello di Pomponio, di cui egli tesse un ampio elogio, peraltro ribaltando anche un giudizio alquanto negativo degli

6 Si tratta di un percorso già tracciato da autorevoli studiosi come R. Peiper e G. Richter, L. Annaei Senecae Tragoediae, recensuerunt Rudolf Peiper et Gustavus Richter. Peiperi subsidiis instructus denuo edendas curavit Gustav Richter, Lipsiae 1902, pp. XXII-XXXI; E. Franceschini, Studi e note… cit. nt.1 e più di recente da G. Brugnoli (La tradizione manoscritta di Seneca tragico alla luce delle testimonianze medioevali, “Atti Acc. Naz. Lincei”. Cl. Sc. Mor. Stor. Filol. Memorie. Sez VIII, vol. 8, fasc. 3, 1959, pp. 202-287. 7 Publio Pomponio Secondo, contemporaneo di Seneca, scrittore di tragedie, personalità di grande raffinatezza, come attesta anche Tacito: Ann. 5,8,2 Pomponius multa morum elegantia et ingenio inlustri. 8 L’espressione, che non è di Seneca, potrebbe anche essere stata usata da Pomponio, di cui ci restano pochissimi frammenti; tuttavia Ribbeck la registrava ex incertis incertorum fabulis (frg. 229). 193 antichi: 10,1,98 Eorum, quos viderim, longe princeps Pomponius Secundus, quem senes qui parum tragicum putabant, eruditione ac nitore praestare confitebantur. Poco più di un secolo dopo, il grammatico Terenziano Mauro (de metr. 2135-2136) ricorda insieme i medesimi due tragici che nei loro cori avevano spesso inserito i due versi incipitari dell’ecloga III di Virgilio (In tragicis iunxere choris hunc saepe diserti / Annaeus Seneca et Pomponius ante Secundus)9, un abbinamento dei due tragici di età neroniana che richiama da vicino la su citata tradizione quintilianea. Ancora Terenziano cita i vv. 875-877 dell’Herc. fur. ai vv. 2672-2675 del de metris (exemplum et Senecae dabo…). Nel trattato pseudoprobiano De ultimis syllabis l’Autore cita due versi delle Troades, tragedia che era talvolta tràdita con il titolo di Hecuba (GLK IV 224,22-23): il v. 861 (quicumque hymen funestus inlaetabilis) viene utilizzato dal grammatico per dimostrare che Seneca usava il sostantivo greco hymen al maschile. Poco dopo (p. 246,19) il grammatico utilizza ancora un endecasillabo saffico della medesima tragedia (v. 1053: Ilium est illic, ubi fumus alte) da cui egli rileva che la prima sillaba di ubi è breve. Nel III libro dell’Ars grammatica di Diomede il v. 301 della Medea (audax nimium qui freta primus) è citato due volte (GLK I,511,23-24; 517,30) come esempio di utilizzo degli anapesti in un coro10. Verso la fine del IV secolo Gerolamo scrive la vita di Malco, un monaco siriaco altrimenti sconosciuto, che si configura come un’esaltazione della verginità, un tema a lui molto caro e già trattato nella lettera 22. Per quanto riguarda Seneca tragico in Gerolamo l’espressione Si iuvat Dominus miseros, habemus salutem: si despicit peccatores, habemus sepulcrum (Vita Malchi 9) potrebbe essere nata da una reminiscenza di Troad. 510-512 fata si miseros iuvant / habes salutem; fata si vitam negant, / habes sepulcrum. Ma in considerazione del contenuto gnomico del passo con molta probabilità i versi di Seneca, se Gerolamo non li aveva memorizzati, li aveva ritrovati in qualche florilegio o raccolta di monita.

9 Vd. l’ed. di C. Cignolo, Hildesheim-Zurich-New York 2002, ad loc. 10 Ancora nell’ambito della letteratura grammaticale qualche dubbio suscita l’utilità di un passo di Servio (ad Aen.12,395 a proposito del termine depositus), in quanto solo nel tardo cod. Paris. 7965 (D), dopo la fine della citazione di Cic. Verr. 2,1,2,5 si legge et Seneca in Theb.‘ite ferte depositis opem’, che è uno dei versi finali dell’Oedipus (v.1057): qui potrebbe essersi inserito con un suo intervento un lettore addirittura di età umanistica. 194

Così, pure, Agostino (c. Faust. 20,9) riporta Phaedr.195-196 (Deum esse amorem turpis et vitio favens / finxit libido) senza citarne però l’autore, ma attribuendo il passo ad un quidam tragicus, una formula di anonimato che Agostino e vari autori cristiani usano spesso non perché gli sia ignoto il nome dell’autore del passo che citano, ma al contrario quando esso è tanto noto da non essere necessario nominarlo11. Lattanzio Placido, il commentatore di Stazio, vissuto presumibilmente nella seconda metà del quarto secolo, nel suo commento a Theb. 4,530, dove si parla di Minosse, accosta a questo passo, citandoli per esteso, ben undici versi (342-352) del coro del Tieste, dove si sottolinea che il custode dell’Ade svolgeva le sue funzioni ‘istituzionali’ nei panni di un uomo comune, non come re o tiranno: Minos se non ut regem aut tyrannum, sed tamquam unum de plebe gessit, quae laus summa est12. All’incirca nella stessa epoca il retore Ennodio nel suo opuscolo Pro synodis13 riporta il passo della Medea (vv. 459-460 exuli exilium imperas / nec das) in cui la giovane, che ha già provato l’esilio, si lamenta con Giasone per non averle neppure chiarito quale sarebbe stata la sua destinazione. Si tratta di un verso che Ennodio ricorda di aver letto in gioventù (adulescentiae meae memini me legisse temporibus de quodam dictum), molto probabilmente a Pavia, dove si trasferì dalla natìa Arles sin dalla tenera età e dove ricevette la sua formazione. L’espressione de quodam fa intendere che egli non ne conoscesse il nome (anche in considerazione proprio della sua giovane età) e fa balenare l’ipotesi che la sua fonte non fosse un’edizione della Medea, né tantomeno di tutto Seneca tragico, bensì solo una raccolta antologica di massime in uso nelle scuole del tempo. Ma c’è ancora un altro elemento da considerare: si è visto che Quintiliano (9,2,9) richiamava il medesimo concetto dell’incertezza del luogo dell’esilio citando il v. 453 della stessa tragedia (quas peti terra iubes?); tale coincidenza potrebbe far pensare che anche il retore spagnolo avesse come fonte un repertorio nel quale quel momento altamente drammatico era riportato per esteso.

11 Relativamente a Cicerone, questa prassi di Agostino è stata studiata da L. Piacente Un tal Cicerone? (Augustin. conf. 3,4,7), “Auctores Nostri” 8, 2010, pp. 295-300. 12 Vd. l’ed. di R. D. Sweeney (Stutgardiae et Lipsiae 1997), pp. 296-297. Piuttosto vaghi e perciò problematici alcuni riecheggiamenti di Sidonio Apollinare che in carm. 22,90 (riget inde superba) riprenderebbe il riget superba di Herc. fur. 390 e in epist. 1,5,4 (strues imposita nutabat) richiamerebbe Thyest. 465 imposita nutat silva. 13 Opusc. II, p. 54,15 Vogel = p. 299,20 Hartel. 195

Tra la fine del V e gli inizi del VI secolo l’Ars grammatica di Prisciano ci presenta solo due brevi passi delle tragedie di Seneca, peraltro non senza un’inesattezza: in 6,68 (GLK I 253,8 e 10), trattando del termine compos (gen. compŏtis), Prisciano osserva che esso è l’unico ad avere la penultima breve (o tamen in hoc solo corripitur, p. 253,6), come dimostra Seneca in Phaedra: “Hippolyte, me nunc compŏtem voti facis” (v. 710); in eadem “Compote voto” et est Adonium. La seconda citazione senecana, in realtà, non è tratta dalla Fedra, bensì dall’Agamennone (v. 379): forse l’equivoco potrebbe risalire proprio all’uso di qualche repertorio scolastico di Sententiae Senecae o comunque da una lettura di seconda mano di Seneca14. Aldelmo di Malmesbury fiorì in pieno settimo secolo (morì infatti agli inizi dell’VIII, nel 709) e, tra le altre sue opere, il De metris et enigmatibus ac de pedum regulis, un manuale di metrica che si fa risalire alla sua giovinezza, assume una particolare importanza per la storia dei testi latini, che ivi egli cita ampiamente15. A conferma dell’uso della preposizione ad, dove la d si assimila alla consonante che segue, Aldelmo richiama questi due versi dell’Agamennone (729 e 787): Ad praepositio saepe finalem -d- litteram in eandem convertit litteram, a qua sequens orationis inchoat pars ut cedo accedo non adcedo, accessi non adcessi, accomodo, accolo, accipio accepto, accingo, accumulo (ut “Accumulant quorum famam laudesque poetae”) Accubo accubitus (ut “Cum esset rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suum”); cantus (accepta praepositione .ad. utrimque corrumpitur) [ut] accentus, qui Graece prosodia nuncupatur; sic eadem ·d· littera in ·t· transmutatur, ut Lucius Annaeus Seneca in sexto volumine tetrametro brachicatalecto sic ait “Geminumque duplices Argos attollit domus”, et infra “Dubia labat cervice? Famuli, attollite!” Si noti che anche Aldelmo, come già lo Pseudo Probo, utilizza due versi tra loro vicini della medesima tragedia, anche se il fenomeno dell’assimilazione, peraltro molto comune, si registra, sempre con il verbo attollo, in Seneca tragico diverse altre volte: Herc. fur. 662, 789;

14 A meno che non sia da recuperare la lezione in eodem del ms. di Halberstadt che attribuirebbe genericamente a Seneca il passo: una lectio facilior creata da qualche lettore che si era accorto dell’errore di Prisciano. Va sottolineato, tuttavia, che Prisciano usa citare, in genere, precisando l’autore e, quando è necessario, anche l’opera da cui attinge il passo. 15 Vd. l’edizione di Rudolf Ehwald, M.G.H. Auct. Antiquiss., Berolini 1919 (rist. München 1984), p.194, 21-31. L’opera di Aldelmo è dedicata con ogni probabilità al re di Northumbria Alfrid (Acircio aquilonalis imperii sceptra gubernanti) con un facile gioco di parole: a circio = ab aquilone= di Nothumbria. 196

Troad. 228; Phoen. 202; Med. 298; Phaedr. 370, 445, 571, 587, 830; Oed. 337, 971; Oct. 842. Inoltre di particolare interesse è l’espressione in sexto volumine, che farebbe pensare che fosse a disposizione di Aldelmo una edizione complessiva delle tragedie, nella quale l’Agamennone occupava il sesto posto, mentre nella tradizione questa tragedia è nell’ordine la settima nell’Etruscus16, l’ottava nel ramo A. L’ipotesi dell’esistenza di un Seneca tragico integrale nella lontana Northumbria nel secolo VII (al di là di qualche marginale spostamento dell’ordine interno delle tragedie) potrebbe essere inserita nel complesso della sopravvivenza dei classici in aree periferiche della cultura latina, lì dove questi testi superstiti potevano essere meglio preservati. Probabilmente non è escluso che questo di Aldelmo fosse uno dei manoscritti portati dall’Italia, ad opera (per esempio) di Benedetto Biscop il quale, anglico di origine, in occasione dei suoi frequenti viaggi a Roma, secondo la testimonianza di Beda, arricchì di questi preziosi cimeli il convento di Wearmouth: vd. Hist. Abbat. 6 innumerabilem librorum omnis generis copiam apportavit. Uno dei più antichi prodotti della rinascenza carolingia può essere identificato nel codice Paris. Lat. Bibl. Nat. 8071, vergato in minuscola carolina, forse risalente al terzo quarto del IX secolo e con ogni probabilità confezionato nella Gallia meridionale17: esso contiene una redazione completa del cosiddetto Florilegium Thuaneum18 una raccolta di brevi passi di poesia classica, tardoantica e altomedievale, molto rari in quell’epoca; tra questi alcuni estratti da Seneca tragico, tratti da tre diverse tragedie, pur se con una particolare attenzione per l’Oedipus19. Adriano Russo20 sostiene che il testo qui riprodotto si inserisce nel solco della tradizione dell’Etruscus. Lo studioso ipotizza poi un collegamento tra questo florilegio e “quello che è probabilmente il più antico caso di imitazione di Seneca Tragico nell’intero

16 Non si può pensare, dunque, che Aldelmo utilizzasse un manoscritto della famiglia dell’Etruscus, dove l’Agamemnon si trova in settima posizione (diversamente Brugnoli, cit. p. 211). 17 Se ne è di recente occupato A. Russo, Poeti latini nel Florilegium Thuaneum: genesi e destinazione di un’antologia proto-carolingia, in “Il ruolo della scuola nella tradizione dei classici latini. Tra Fortleben ed esegesi”, a cura di G.M. Masselli e F. Sivo (Atti del convegno internazionale, Foggia, 26-28 ottobre 2016, I, Foggia 2017, pp. 265-297). 18 Così denominato da uno dei suoi possessori, Jacques-Auguste de Thou, su cui vd. ora D. Kiss Isaac Vossius, Catullus and the Codex Thuaneus, “Class. Quart.” 65, 2015, pp. 344-354. 19 Nell’ordine: Troades 64-170; Medea 582-597; Oedipus 407-408; 435-437; 451- 454; 472-478; 516-521; 110-137. 20 Cit., p. 282. 197

Medioevo”21, il cui autore, Teodulfo di Orléans è vicino per cronologia e ambiente culturale al florilegio, che resta “l’unica testimonianza diretta della conoscenza delle tragedie nell’alto Medioevo . . . e rende assai verosimile l’ipotesi che un testimone ε delle tragedie fosse disponibile sul finire dell’VIII secolo in ambienti vicini alla corte di Carlo Magno” 22. Infatti Teodulfo di Orléans visse tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del IX: la sua opera poetica è ricchissima di reminiscenze classiche, segnatamente virgiliane e ovidiane. Nel componimento in distici elegiaci Contra iudices (c. 28, v. 375)23 Teodulfo utilizza una reminiscenza senecana, l’unica in tutta la sua opera: infatti il suo esametro cum populo stipatus eas foribusque superbis nel primo emistichio riprende da vicino il senecano cum tot populis stipatus eas (Herc. Oet. 607), probabilmente attratto dal termine stipatus (un unicum in Seneca tragico) nel significato di “accompagnato, attorniato”. Se questa è un’ipotesi plausibile, ne deriverebbe che in quell’epoca e in quell’ambiente culturale poteva circolare qualcosa di Seneca poeta. Tuttavia l’impressione è che si tratti ancora una volta di un’unica tragedia a disposizione di Teodulfo, una situazione particolarmente significativa se si considerano le altre sue numerose riprese di passi di altri autori latini. Della biografia di Eugenio Vulgario24 si sa molto poco: nato verso la fine del IX secolo, la sua attività, secondo l’ipotesi più accreditata, si sviluppò fino ai primi anni del secolo successivo, forse fino al 911, anno della morte di papa Sergio III (destinatario di una sua lettera), che forse lo privò del sacerdozio, poiché Eugenio aveva strenuamente difeso, insieme con Ausilio, la validità delle ordinazioni effettuate da papa Formoso (891- 896). Scrisse trattati, lettere e poesie, di cui ci resta una silloge in un codice Bambergense in scrittura beneventana (Staatl. Bibl. P.III.20, Canon. I)25. La sua vasta conoscenza degli autori latini classici farebbe pensare piuttosto ad una formazione avvenuta in Italia, forse in una città dell’Italia meridionale, alla cui realtà Eugenio si dimostra infatti molto legato. Un analitico elenco

21 Ibid. 22 Cit. p. 283. Su tutta questa problematica vd. comunque O. Zwierlein, Prolegomena zu einer kritischen Ausgabe der Tragödien Senecas, Wiesbaden 1984, spec. pp. 8-9. 23 M.G.H. Poetae Latini aevi Carolini, recensuit Ernestus Dümmler, Berolini 1881 (rist. 1964), I 503. Va rilevato, tuttavia, che l’editore non registra l’ascendenza senecana del verso di Teodulfo. 24 Vd. G. Braga, Diz. Biogr. degli Ital. 43, 1993, s.v. 25 Vd. E. Dümmler Auxilius und Vulgarius. Quellen und Forschungen zur Geschichte des Papsttums im Anfang des 10. Jahrunderts, Leipzig 1866. 198 delle citazioni da Seneca tragico fu redatto già da R. Peiper26, in seguito ripreso e aggiornato da G. Brugnoli27: si tratta di 13 passi del Thyestes, 12 dell’Hercules furens, 9 delle Troades, 8 dell’Oedipus, 7 della Phaedra, 3 della Medea e dell’Agamemnon, 1 delle Phoenissae e dell’Hercules Oetaeus. Secondo Brugnoli, Eugenio ebbe certamente come fonte “una o più collezioni di monita Senecae ormai entrate nella tradizione scolastica: lo prova l’ordine delle citazioni di Eugenio che si presentano a gruppi di excerpta dalla stessa tragedia, lasciando scorgere a base della loro raccolta un paziente lavoro di scrupoloso enucleamento delle massime del testo senechiano” (p. 221). Brugnoli sostiene altresì che la tipologia delle citazioni di Eugenio farebbe pensare ad uno zibaldone molto ampio a sua disposizione, ma non di carattere morale, bensì impostato “con intenti di esercitazione stilistica” (ibid.), mentre i monita potrebbero essere nati in seguito, estrapolando da sillogi più vaste solo passi di tono moralistico. Una conferma (sia pure indiretta) di una certa ripresa della circolazione di Seneca tragico in questo torno di tempo ci può venire da uno scrittore di storia, probabilmente di origine campana, Landolfo Sagace, il quale, verso la fine del X secolo, scrisse un’opera in ventisei libri28 in cui commenta soprattutto il Breviarium di Eutropio e l’Historia Romana di Paolo Diacono29: alla p. 302,37-39 Droysen, integrando Eutr. 7,15,3, Landolfo afferma che ai tempi di Nerone pollebant Romae poete Lucanus Ovidius, satirici Iuvenalis et Persius, Senecasque tragicus, Musonius atque Plutarchus filosofi. Landolfo cioè, nell’ambito di una ricostruzione della cultura di un passato ormai lontano, divide per generi letterari gli autori che fiorirono a Roma in età neroniana30, soprattutto poeti, tra cui anche Seneca, che egli ricorda solo come poeta tragico. Ad un’età compresa tra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo si fa risalire la redazione del famoso codice Etruscus (Laurent. 37.13), forse di provenienza cassinese, vergato in minuscola carolina, che per gli editori delle tragedie costituisce un punto di riferimento imprescindibile per l’intera

26 De Senecae. . . , cit. nt. 1, pp. 125-179. 27 Cit., nt. 6, pp. 217-220. 28 Conservata nel ms. Palat. Lat. 909 in scrittura beneventana. 29 Eutropi Breviarium ab urbe condita cum versionibus graecis et Pauli Landolfique additamentis, M.G.H. Auct. Antiquiss. II, recensuit et adnotavit H. Droysen, Berolini 1879; Landolfi Sagacis Historia Romana, a cura di Amedeo Crivellucci, Roma 1912-1913. 30 La presenza di Ovidio nell’età di Nerone è un’evidente anomalia cronologica; peraltro poco prima (p. 297,16-17 Droysen) Landolfo aveva correttamente parlato di Ovidio in età augustea. 199 tradizione manoscritta, la quale, peraltro, non ci ha conservato eventuali copie tratte da esso. Verso la fine del secolo XI, nel 1093, un Henricus clericus, redattore di un catalogo di manoscritti della biblioteca del monastero di Pomposa, registra, oltre ad un codice contenente epistole e opere filosofiche, un altro ms. eiusdem (scil. Senecae) tragoediarum volumen: si tratta, probabilmente, proprio del codice ivi studiato da Lovato Lovati nella seconda metà del secolo XIII31. Nella seconda metà del XII secolo un clerico francese di nobili origini, Guido de Bazochiis nella sua Apologia contra maledicos, in undici libri32, presenta un’isolata citazione dalle tragedie: ut ait in Hercule tragico Seneca “senecta tristis et omnis saciata vita” (Herc. fur. 849), che molto probabilmente proviene da qualche florilegio di passi di contenuto gnomico33. Nel 1909 H. Haskins pubblicò34 una lista di libri adatti alla lettura nelle scuole, che può risalire alla fine del secolo XII, nella quale è compreso anche Seneca tragico: Senecam ad Lucillum (sic) et de quaestionibus phisicis et de beneficiis relegere tibi utile censeas. Tragediam ipsius et declamationes legere non erit inutile. A parte l’ormai consueta confusione tra i due Seneca, da questa nota paiono evidenti, a mio parere, due diversi livelli di interesse per le opere di Seneca: per la formazione del giovane sarebbe utile leggere, anzi rileggere più di una volta, opere come le Epistole,

31 Così G. Billanovich, I primi Umanisti e le tradizioni dei classici latini, Freibourg 1953, pp. 18-19 e 40-41 nt. Lovato Lovati (1241-1309) studiò soprattutto la struttura metrica delle tragedie, che il Carducci definì “nel medio evo il primo saggio esplicativo della metrica senechiana” (Della Ecerenide e di Albertino Mussato, in: Albertino Mussato. Ecerenide, a cura di L. Padrin, Bologna 1900, p. 272). Sui più antichi studi di metrica senecana vd. ancora Russo, cit. nt. 17, pp. 283-284. 32 Vd. l’edizione di W. Wattenbach Die Apologie des Guido von Bazoches, “Sitzungsb. Berlin. Akad. Wiss.” 25, 1893, p.413. 33 Un contributo di un certo interesse viene anche da Giovanni di Garlandia (Anglicus) (1180 ca.-1258 ca.), autore di una Poetria de arte prosayca metrica et rithmica, che così scriveva: unica vero tragoedia scripta fuit quondam ab Ovidio apud Latinos que sepulta sub silentio non venit in usum. Dunque Giovanni Anglico ha memoria del perduto Ovidio tragico, ma non delle tragedie di Seneca (vd. W. Cloetta, “Beitr. z. Litteraturgesch. d. Mittel. u.d. Renaiss.” 1, 1890, p. 15 nt. 2). 34 A liste of text Books from the close of the twelfth Century, “Harv. St. Class. Philol.” 20,1909, pp. 75-94, poi anche in Studies in the History of Mediaeval Science, Cambridge 1927, pp. 356-376. 200 le Questioni Naturali e il De Beneficiis35, mentre con una litote molto espressiva viene valutata non inutile la lettura delle Tragedie e delle Declamazioni. Nel secolo XIII si assiste, soprattutto in Francia, ad un più ampio interesse per la lettura di Seneca tragico e per la prima volta alcuni dotti mostrano di conoscere l’intero corpus delle tragedie: è il caso di Riccardo di Fournival di Amiens, il quale nella sua Biblionomia nomina tutte le dieci tragedie, compresa l’Octavia36. Ancora un passo avanti lo compie il domenicano francese Vincenzo di Beauvais, che per primo ci riporta passi anche dell’Octavia, sconosciuta per tutto il corso del Medioevo anche ai raccoglitori di sententiae37. Egli, in particolare, nel proemio dello Speculum maius, in ottanta libri, considerato la più vasta tra le enciclopedie medievali, ci offre una dimostrazione di onestà intellettuale e metodologica di assoluto rilievo quando dichiara: Nec ignoro me non omnia quae scripta sunt invenisse vel legere potuisse. Ciò che credo non sia mai avvenuto in precedenza nella storia della tradizione. Qualche decennio dopo anche il preumanista padovano Geremia da Montagnone38, che frequentò la stessa cerchia di Lovato Lovati, tra il 1295 e il 1300 compose il Compendium moralium notabilium, utilizzando come fonte lo Speculum del Bellovacense, arricchendolo di citazioni di testi biblici, classici, patristici e medievali, con una forte presenza di Seneca tragico39.

Il percorso fin qui compiuto, che si è proposto di rintracciare la presenza di Seneca negli autori tra la tarda Antichità e il Medioevo, si conclude con il XIII secolo, in quanto nel secolo successivo compaiono alcuni commenti parafrastici alle tragedie, indispensabili per quei lettori che

35 Non a caso anche Dante, nella Commedia (Inf. 4.141) ricorderà solo “Seneca morale”. 36 Di seguito alla lista delle tragedie compare per la prima volta il Ludus de morte Claudii Neronis, la satira di Seneca che per la sua tipologia non riscosse nel Medioevo l’interesse dei lettori, per cui ebbe una tradizione indiretta molto limitata. 37 Giorgio Brugnoli (cit., pp. 230-232) ha avuto il merito di reperire ulteriori passi tratti dalle tragedie in un’altra opera di Vincenzo, il De eruditione filiorum nobilium. 38 Vd. G. Milan, Diz. Biogr. degli Ital. 53, 2000 s.v. 39 Riprendo qui le presenze senecane registrate da Franceschini, Studi e note, cit., pp. 12-13: Troades (19 volte), Hercules Oetoeus (19), Octavia (19), Hercules furens (18), Thyestes (18), Agamemnon (18), Phaedra (18), Medea (16), Oedipus (7), Phoenissae (3). 201 non erano in grado di intendere testi dall’esegesi talvolta complessa. Non a caso, infatti, all’inizio di questo lavoro si è cercato di mettere in luce la genesi e la realizzazione del primo commento completo a noi noto di Seneca tragico, quello del domenicano inglese Nicolò Trevet40, cui seguirono altre esegesi, come ad esempio quella del notaio parmense Giovanni Segarelli41. Quando dunque sarebbe avvenuta la costituzione di un corpus unitario delle tragedie? Quanto alla fase successiva della trasmissione, un contributo potrebbe emergere proprio dall’esame della tradizione indiretta che si è fin qui ricostruita. Partendo dagli inizi della tradizione, una conferma che il corpus completo sia stato messo insieme dopo la morte dell’Autore la si può rinvenire nella presenza delle Phoenissae, una tragedia trasmessaci in un lungo frammento sul quale gli studiosi sono incerti se si tratti di un testo lasciato incompiuto o se costituisca il frutto di un guasto della tradizione manoscritta. Inoltre, la diffusione delle tragedie via via che Seneca le componeva potrebbe essere stata anche agevolata dalle tradizionali letture pubbliche, finalizzate non solo a valutare il livello di gradimento da parte degli ascoltatori, ma anche a permettere che l’opera iniziasse la sua autonoma circolazione tra i lettori. A ciò si aggiunga ancora un altro elemento, questa volta di carattere materiale, che potrebbe aver anch’esso favorito tale processo: la lunghezza media delle tragedie pare perfettamente congrua con la capienza di un rotolo di papiro42, un motivo in più per pensare ad una loro vita autonoma. Da non sottovalutare, infine, che nel corpus pervenutoci tre versi sono rimasti incompiuti (Troad. 1103; Phaedr. 605 e Thyest. 100), una lacuna autoriale che Seneca avrebbe potuto facilmente sanare se avesse avuto la possibilità di dare l’ultima mano alle

40 Del commento si è di recente conclusa la pubblicazione dell’editio princeps a cura di vari studiosi: Thyestes (E. Franceschini, Milano 1938), Hercules furens (V. Ussani jr., Roma 1959), Agamemnon (P. Meloni, Cagliari 1961), Hercules Oetaeus (P. Meloni, Cagliari 1962), Troades (M. Palma, Roma 1977), Octavia (R. Junge, Paderborn 1999), Phaedra (M. Chiabò, Bari 2004 e C. Fossati, Firenze 2007), Medea (L. Roberti, Bari 2004), Phoenissae (P. Mascoli, Bari 2007), Oedipus (A. Lagioia, Bari 2008). 41 Della sua elucidatio (di cui mancano nella tradizione manoscritta Agamemnon, Hercules Oetaeus e Octavia) è attualmente in corso la preparazione dell’editio princeps, di cui sono stati già pubblicati: Hercules furens (K. Hafemann, Berlin- New York 2003), Phoenissae (P. Mascoli, Bari 2011), Oedipus (A. Lagioia, Bari 2012) e Thyestes (P. Mascoli, Bari 2018). 42 La lunghezza varia tra i 1012 versi dell’Agamemnon e i 1344 dell’Hercules furens, se si escludono il frammento delle Phoenissae (644 vv.) e le due tragedie di incerta attribuzione senecana, l’Octavia (983 vv.) e l’Hercules Oetaeus (1996 vv.). 202 tragedie, ma che ora non può che avvalorare l’ipotesi di una loro raccolta postuma. Infatti, almeno fino agli inizi del IX secolo, tutti gli autori citano sempre uno o più passi di una sola tragedia: Quintiliano (Medea), Terenziano Mauro (Hercules furens), Pseudoprobo (Troades), Diomede (Medea), Servio (Oedipus), Gerolamo (Troades), Agostino (Phaedra), Lattanzio Placido (Thyestes), Ennodio (Medea), Prisciano (Phaedra), Aldelmo (Agamemnon), Teodulfo (Hercules Oetaeus). Dunque, agli inizi del secolo IX, in età carolingia, il corpus intero non doveva essere ancora in circolazione, visto che anche Teodulfo di Orléans si limita a riprendere solo Hercules Oetaeus 607, mentre nella sua opera si trovano numerose citazioni da altri autori latini. Invece nel coevo Florilegium Thuaneum sono già registrati passi di tre diverse tragedie. In seguito, agli inizi del secolo X, dagli scritti di Eugenio Vulgario emergono ben cinquantasette passi tratti da tutto Seneca tragico (ancora assente l’Octavia, come finora è avvenuto), per cui si potrebbe pensare a qualcuno che in epoca carolingia, avendo la disponibilità materiale di tutti quei testi, avvertì l’esigenza di allestire una nuova raccolta di tutte le tragedie in un unico manoscritto, da cui fu tratta la copia utilizzata dal Vulgario. A tale iniziativa, peraltro, potrebbe ascriversi anche il merito di aver consentito la produzione, circa un secolo dopo, del codice ‘Etrusco’.

203

204

INDICE

Premessa

E. SCANDALE Relazione programmatica del Presidente 10 per l’a.a. 2017

CONSIGLIO DIRETTIVO TRIENNIO 2017-2019 27

G. CIPRIANI – G.M. MASSELLI Lettera di morte: la valenza magica- 29 coercitiva della Scrittura in Roma antica

E. SCANDALE Relazione programmatica del Presidente 52 per l’a.a. 2018

M. INGUSCIO Accademie, Università e Ricerca scientifica 69

E. SCANDALE Relazione programmatica del Presidente 85 per l’a.a. 2019

F. SDAO Franosità e Beni Culturali in Basilicata 99

E. SCANDALE Relazione programmatica del Presidente 133 per l’a.a. 2020

A. TROISI Autonomia Regionale Differenziata, Autonomia di 149 Accademie e Università, Riequilibrio Territoriale

G. PARDINI Regioni senza ragioni? Considerazioni sul 164 regionalismo italiano

STUDI E RICERCHE

P. MASCOLI Sulla presenza di Seneca tragico fino al Medioevo 191

205

206

Finito di stampare nel mese di Ottobre 2020 da PUBBLIGRAFICA Via Dante Alighieri, 296/a – Bari Per conto dell’Accademia Pugliese delle Scienze

207