Mi ritorna in mente 6 Ricordi di Natale Amici e Luigi Giuliani sul territorio del Comune di Fiorano Modenese di ‘allora’,

di Natale Amici e Luigi Giuliani della gente di prima, di ciò che è stato

Luigi Giuliani, nato a Fiorano Modenese il 15/08/1946, risiede in via a cura di Luigi Giuliani, Luciano Callegari e Alberto Venturi Statale, 36. Sposato, due figlie e due nipotini. Ha svolto il servizio militare volontario nei paracadutisti. Segretario Lapam-Licom dal 1968 al 1990; capo ufficio stampa della stessa organizzazione fino al 2004. Consigliere comunale di Fiorano nel 1970-1975-1980. Fra i fondatori, nel 1969, della Società Sportiva Spezzano. Dal 1977 al 1982 conduttore di trasmissioni e notiziari televisivi; fra i fondatori e direttore della emittente radiofonica “Antenna Uno”. Dal 1979 al 1983 direttore sportivo della “Edilcuoghi Pallavolo” nel campionato Italiano di seria A-l vincitrice della Coppa Italia (1981). Responsabile pagina di de “Il Resto del Carlino” dal 1981 al 2010, quotidiano col quale ha collaborato fino alle fine del 2013. Nominato Commendatore della Repubblica Italiana. Promotore degli e autore dalla collana “Mi ritorna in mente”.

Luciano Callegari vive a Fiorano Modenese, dove è nato nel 1941. Elettricista impiantista, prima presso la Strolin & C di Reggio Emilia e poi caporeparto Mi ritorna in mente 6 presso la Ceramica Iris, nel tempo libero e dopo il raggiungimento della pensione ha condiviso con la moglie Augusta Bellei la passione per l’ambiente, l’ecologia e la cultura locale. Confondatore dell’associazione Be.Pa.Te.Ca., poi del G.E.Fi. , è membro del direttivo provinciale e responsabile di zona del comune di Fiorano Modenese e Riserva Naturale delle Salse di Nirano del Corpo Guardie Giurate Ecologiche della Provincia di . E’ inoltre presidente dell’Associazione Filatelica Numismatica Sassolese e socio del Club Amici di Fiorano.Appassionato di fossili, flora, avifauna, storia e cultura locale, ha curato numerose pubblicazioni su storia e natura delle colline modenesi. Appassionato di fotografia, ha creato e costruito una collezione di immagini che raccontano 60 anni di ambiente e di storia fioranese. Mi ritornadi Luigi Giuliani e inNatale Amicimente 6

Panorama spezzanese di Luciano Busani, zona Castello di Spezzano Ricordi di Natale Amici, Luciano Callegari, Luigi Giuliani e Alberto Venturi di ‘allora’, della gente diMi prima ritornae di ciò che è stato in sul tementerritorio comunale 6 di Fiorano

Fotografie: collezione Luciano Callegari, Luigi Giuliani, privati e Archivio Fotografico Comunale Coordinamento editoriale: Luigi Giuliani e Alberto Venturi ndice Si ringraziano: Francesco Tosi 6 Via Ruvinello 14 Ricerca anagrafica. Emilio Leonardi Luigi Giuliani Ricerca immagini: Luciano Callegari e Luciano Busani Trascrizione testi Natale Amici: Luciano Callegari Ricerca storica: Domenico Iacaruso e Alberto Venturi Morena Silingardi 7 Via Castello 76 Bozze: Alberto Venturi e Lara Mammi di Luigi Giuliani Testimonianze: Franca Bedini, Carmen Castelli, Rosanna Castelli, Giulio Callegari, Giuseppe Callegari, Ines Ciamaroni, Dino Fontanazzi, Francesco Frigeri, Orianna Lorenzi, Giancarlo Maramotti, Grazia Maramotti, I Ercole Leonardi 8 Conte Raffaele Pignatti Morano 130 Ermanno Paganelli; Antonella Peli, Rita Peli, Franca Peli, Daniela Peli, Anna Pellesi, Maria Pignattari, Adele di Luigi Giuliani Pigoni, Nicoletta Pigoni, Patrizia Pigoni, Miro Pigoni, Italo Prini, Pietro Righetti, Valter Ronchetti, Alba Ruini, Francesco Sernesi, Roberto Storti, Franco Taccini Famiglia Pini 9 Grafica e impaginazione: Silvia Pini - Fattore P Il primo campo sportivo 146 Stampa: Artestampa Fioranese di Natale Amici Fiorano Modenese, dicembre 2019 In collaborazione con: Silvia Pini 10 Storia di una casa 154 Che non c’è più e di una che non è mai nata di Natale Amici Luigi Giuliani 11

Luciano Callegari 12

4 5 tri che hanno in diverso modo collaborato, da Alber- ritorna in mente”, il volume giunto ormai al suo to Venturi a Luciano Callegari, dalla famiglia Amici sesto anno di pubblicazione e per il quale ringra- alla famiglia Pini Paride e alla Lapam di Fiorano. In- zio sentitamente tutti quelli che partecipano, con sieme si ottengono buoni risultati e in questo caso si grande impegno volontario, alla sua realizzazione. fa un servizio che allunga nel tempo i propri benefici L’appuntamento fisso al Teatro Astoria, proprio e la propria attualità: la utilità di questi volumi infatti prima del Natale, per la distribuzione e lo scambio non avrà scadenza, il suo contenuto non verrà supe- di auguri tra amministrazione e cittadini è un mo- rato: quello che è stato il nostro passato non cambia. mento di incontro che ne arricchisce l’importanza, Può essere giudicato, rifiutato, ammirato, ma prima costituendo ormai una sorta di tradizione locale di tutto deve essere conosciuto, ricordato e trasmesso che vorrei non avesse fine. alle nuove generazioni. Queste infatti, prima o poi Mi ritornano in mente, proprio echeggiando il ti- avranno bisogno di guardare indietro e chi lo farà tolo del volume, molte realtà ancora da esplorare, ne riceverà un contributo di riflessione e di piacevo- prima fra tutte il fenomeno immigratorio dei primi lezza che lo arricchirà. Si tratta di cultura popolare? anni sessanta, le varie comunità che si sono inse- Vorrei dire che si tratta semplicemente di cultura; il diate nel nostro territorio e la loro integrazione nel Siamo giunti al sento volumetto. La serie ‘Mi ritorna vero uomo di cultura è colui che conosce tante cose Scrivo questa mio contributo al ritorno di un incon- tessuto sociale fioranese. in mente’ iniziò cinque anni fa con l’avvio del mio a partire dalle sue origini, da ciò che ha generato il tro in Sardegna con i paesi gemellati da trent’anni L’approccio con culture diverse ci ha permesso di primo mandato amministrativo; le caratteristiche di presente, dalla vita di persone che hanno consentito con il comune di Fiorano, reduce perciò da un’ac- sperimentare al meglio la capacità di accoglienza, queste pubblicazioni e il diffuso gradimento dimo- a un paese di andare avanti e di arrivare a quello coglienza calorosa riservata alla nostra delegazio- dimostrando che con la coesione e il reciproco so- strato dalla cittadinanza ci ha indotto a proseguire in che noi siamo. Oggi, in un momento in cui il nostro ne di rappresentanza dalle amministrazioni e dai stegno la comunità si rafforza e arricchisce. questa iniziativa. territorio ospita aziende di vera eccellenza mondiale, cittadini di quattro comuni sardi (, Burgos, Auguro a tutti noi di volgere il pensiero al passato A dire il vero, oltre alla disponibilità di racconti ancora è importante ricordare che vi è un filo che lega le ge- e ). senza vagheggiare nostalgie di un tempo non ne- inediti di Natale Amici, gli argomenti non mancano nerazioni, vi è una eredità inconsapevole che spiega La grande partecipazione delle persone intervenu- cessariamente migliore. Comunque sia, la consa- anche per successive pubblicazioni: esistono ancora tuttavia le caratteristiche di una comunità rispetto ad te, ospiti o ospitanti che fossero, ha ulteriormente pevolezza di solide radici non può che rafforzare il zone del paese e persone depositarie di memorie del un’altra. È veramente singolare, ad esempio, pensare rafforzato una mia convinzione radicata: nulla più nostro presente. passato locale che ci danno la possibilità di fissare per che Fiorano, il territorio che oggi ospita i più famosi della conoscenza e dell’accettazione di usi e costu- iscritto informazioni e ricordi che diversamente an- marchi di ceramica al mondo, migliaia di anni fa, in mi dell’altro rende facile e proficua la relazione fra drebbero perduti forse per sempre. Esprimiamo viva età preistorica, ospitava comunità neolitiche esperte le persone. Morena Silingardi riconoscenza in primo luogo a Luigi Giuliani, autore nell’arte ceramica, tanto da caratterizzare il cosid- Riconoscere quello che siamo e quello che siamo Assessore delle interviste e della maggior parte del volume, per detto neolitico di Fiorano, ancora oggetto di studi e stati ci fa vivere consapevolmente nel presente, è il tempo e la maestria dedicati in pieno volontariato di ricerche. una certezza pressoché inconfutabile. a questa realizzazione, con l’auspicio di una prosecu- I migliori auguri a tutti. Anche per questo, come amministratore, ho sem- zione di questo impegno. Grazie anche a tutti gli al- Francesco Tosi pre sostenuto il valore dell’intera operazione “Mi Sindaco

6 7 che, quella della nostra gente, è stata una storia di aziendale, collettiva sono in grado di cogliere, in successo. Problemi complessi e instabilità geo-poli- un contesto dove ciascun elemento (Fattore P e tica caratterizzano il mondo attuale. La nostra co- SignItaly Poligraph in Italia, e le consociate all’e- munità e il comprensorio ce la faranno anche que- stero) ha la sua peculiare identità, ma insieme agli sta volta? L’accelerazione tecnologica degli ultimi altri si completa e si rafforza, proprio come in una anni, la robotica, l’industria 4.0, hanno modificato famiglia appunto. profondamente il mondo del lavoro. Probabilmente Questo dono ormai consueto (nel senso più po- molti lavori spariranno e ce ne dovremo inventa- sitivo del termine; qualcosa di abituale, di tradi- re dei nuovi. Sarà una dura sfida per i lavoratori zionale quindi, qualcosa che richiama il focolare che dovranno essere sempre più qualificati e pur- domestico, il calore familiare, qualcosa che “sa troppo, una parte di loro, rimarrà esclusa perché di Natale”) ma nello stesso tempo sempre nuovo, non riuscirà ad adattarsi al cambiamento. Tutto ciò con nuove immagini e nuove storie su cui soffer- comporta una visione strategica, con riflessioni pro- marsi, è l’occasione per augurare a tutti un sereno fonde anche a livello istituzionale. Come Lapam Natale e un nuovo anno sempre migliore. Confartigianato Imprese siamo favorevoli a mette- Un anno è già passato, il tempo scorre così velo- re in campo un percorso condiviso. Un patto, che Un altro anno che ci vede fieri protagonisti di una Paride Pini ce, che non permette di fermarsi un attimo per ri- valorizzi una visione unitaria di sviluppo del nostro raccolta tanto attesa edizione dopo edizione. Fotografo flettere. Siamo alla sesta edizione, e guardando le distretto e che possa muoverlo dalla stagnazione Un appuntamento che costituisce, da un lato, un immagini, c’è la consapevolezza di non essere stati che dura da parecchio tempo. Da tempo insistiamo emozionante ricordo per svariate generazioni, e ripetitivi. Riaffiorano ricordi lontani di persone, in che sono fondamentali le infrastrutture e la logistica dall’altro un’opportunità di prendere coscienza di un territorio che ha subito profonde trasformazioni (bretella, collegamento con i porti, scalo merci ecc). ciò che è stato - proprio come il titolo rievoca - economiche e sociali. Si richiamano alla mente sen- Penso che il nostro futuro lo dobbiamo costruire per quelle più nuove. sazioni profonde. In quegli anni eravamo un paese oggi giorno dopo giorno, e non subirlo. In ultimo, In ogni caso un collante per la comunità Fiorane- dove la vita era semplice e genuina. Le giornate si come sempre, un ringraziamento al Comune di se, che anche nel 2019 si ritrova unita grazie alla consumavano fra campagna e tradizione. Il suono Fiorano Modenese ed in particolare agli autori di tanto gradita strenna che ci porta già in un nuovo delle campane dettava i ritmi della giornata. Il con- questa edizione. ventennio. tatto umano era la nostra fonte di informazione, Ercole Leonardi E la famiglia Pini di questa comunità ha fatto e che per noi ragazzi di allora, avveniva all’interno Presidente Sede Fiorano fa parte, attivamente, anno dopo anno, decennio dei bar e nelle piazze. Molti pomeriggi si passavano Lapam Confartigianato Imprese Modena e Reggio Emilia dopo decennio. a giocare a pallone e non sui social network come E anche la famiglia Poligraph si proietta verso un Facebook. Guardando il presente possiamo dire 2020 ricco di sfide, sfide che solo l’unità familiare,

8 9 conduttore. La vita del Fioranese. attori erano tutti protagonisti di un film in bianco Un “amarcord” stampato, a volte in bianco e nero, e nero: vicende di vita vissuta che ci appartengono a volte a colori ma sempre un richiamo, a volte un e riguardano tutta la collettività visto che la mag- ritorno, a volte un rimando… gior parte delle famiglie che vivevano in queste due E grazie alla mia attività conosco bene l’importan- strade erano contadine. Tante le immagini, sempre za del lasciare il segno, del far sì che una creazione in bianco e nero, raccontano una vita vissuta e l’e- di oggi possa diventare, se di qualità, un ricordo voluzione della famiglia agreste che l’ha portata dal di domani. lavoro nei campi all’occupazione industriale. Una E con impegno e spirito di iniziativa cerco di por- trasformazione dei contadini che sono diventati tare avanti, da Poligraph a Fattore P, quei valori operai e, non di rado, imprenditori. Il progresso che mi sono stati tramandati e in cui credo, quei della scienza e della tecnologia ha cancellato cose, valori che trovo riflessi anche qui, orgogliosa di concezioni e modi di vita, parole, mestieri, modi di poter far parte anche quest’anno, come responsa- lavorare. E’ scomparsa la civiltà contadina in Via bile di grafica ed impaginazione, di quello che era Ruvinello e Via Castello che in tanti hanno vissuto una volta un dono che mi veniva offerto e ora sono e che, con queste loro storie, intendono ricordare io invece ad offrire. alle nuove generazioni.

Silvia Pini Il paese, il “mio” paese, dove sono nata e cresciu- Sembra impossibile che solo alcune decenni fa, ne- Fattore P Luigi Giuliani ta, come persona, come figlia e come madre, come anche troppo lontani, la vita quotidiana fosse scan- lavoratrice e come imprenditrice, già è per me - in dita nient’altro che dalla luce del sole e dal suono se stesso - un ideale “amarcord”. delle campane. Anni e abitudini sono passati per A Fiorano sono indissolubilmente legata. E’ stata lasciare le nuove generazioni proiettate nel futuro la mia culla in ogni senso possibile. Mi ha insegna- sempre più tecnologico, dove i saperi dei nostri ge- to quanto sia imprescindibile partire dal passato nitori e nonni sono sostituiti da quelli di Google, per costruire il futuro. dove la terra ed i suoi frutti di Via Ruvinello sono E così ogni volume di questa serie, così come di utili per essere solo ricordati, dove le vigne di Via quella precedente, e di quelle che verranno, è una Castello servono solo per scenografia a qualche fo- raccolta tangibile di luoghi e persone, ogni volta tografia. Di queste due strade di Fiorano mi sono diversi, o narrati in modo diverso, ma sempre in interessato con interesse, una grande curiosità che qualche modo collegati. Sempre con un unico filo alla fine mi ha coinvolto con tante episodi dove gli

10 11 generazioni future”. E io invito voi che leggerete questa strenna fioranese a non usare soltanto gli occhi per godere delle immagini, ma a cercare di sapere per capire, come faceva Amici, perché soltanto così si allenano la mente e il cuore, che sono il motore dell’umanità.

Luciano Callegari

In questo ‘Mi ritorna in mente’, continua la pubblicazione degli scritti di Natale Amici, secondo l’impegno che avevo assunto con lui. Abbiamo scelto due testi: il primo sul campo sportivo del Viale del Littorio e il secondo sulla Casa del Fascio. E’ lo stesso Natale a darci la chiave per comprendere l’importanza del suo lavoro. “Mentre stavo scrivendo sullo sport fioranese degli anni Trenta - inizia così il pezzo sul campo sportivo - si è creata in me la curiosità, quasi il bisogno, di sapere e capire perché…”. ‘Sapere e capire il perché’: guardare il passato per comprendere come intraprendere strade nuove senza ricadere in vecchi errori del passato, come Amici ha scritto a conclusione del testo sulla Casa del Fascio: “Sia questo fatto di monito per tutti, anche per le Il Passo Stretto, nella zona di Via Ruvinello, dei cui abitanti scrive Luigi Giuliani

12 13 Nicolini” (Nicolini poi Giberti detto “Fiù”), “Bel svolgeva l’attività di campanaro del Santuario del- Vedere”, “Castelli”, “Cà ed Camàun” (Taccini), la Beata Vergine del Castello, negli anni in cui era “Màunt d’or” (Monte d’oro), “La Bernardàuna” parroco Don Ercole Bertolani. (La Bernardona), “Pas e stràt” (Passo stretto), “Iniziava al mattino molto presto con l’annaffiatura “Montecchio” (Pellesi) e , sotto, i “Pas da l’oli” (poz- del grande giardino, prima di cominciare a tirare zi dell’olio). le corde per i primi rintocchi”, menziona il figlio L’attività di gran lunga più diffusa in questa zona Valter. Oggi è conosciuta comunemente come ia la strada Ruvinello il Bucciardi, era filiale di Rocca Santa Maria. Via collinare era l’agricoltura: infatti, il lavoro dei cam- “Le campane richiamavano i fedeli alla preghiera panoramica di Fiorano. Ruvinello era una zona collinare, caratterizzata da pi occupava la maggior parte della popolazione. al mattino e alla sera. Il babbo stava in una stan- Sale alla collina dal centro del paese e scende poi vari ambiti diversificati in funzione dell’esposizione, Partendo dalla diramazione che porta al Santuario zetta, sulla destra dopo l’ingresso del Santuario, a verso Sassuolo. della pendenza dei versanti e della qualità dei suoli; di Fiorano, la prima casa di Via Ruvinello era quel- cui si poteva accedere solo da una porta esterna. Si tratta della Via Ruvinello, che nei tempi passati oppure dai cambiamenti dovuti al modellamento la abitata da Gino Ronchetti, da sua moglie Oriella All’interno una scala a chiocciola per raggiungere era l’unico accesso a Montecchio; ultimo caseggia- dell’uomo, nei campi coltivati e negli insediamenti Ruozzi e dai figli Carla, Valter e Wiliam. i piani superiori di una delle due torre campanarie. to prima del territorio sassolese. Da lì, uno stretto e che riflettono le diverse forme di utilizzo delle risor- Qui, prima di loro, stava la famiglia di Amelio Van- Papà tirava e rilasciava quattro grosse corde ad in- malagevole passaggio portava a Montegibbio. Oggi se naturali. Notevoli anche le formazioni calanchive delli, con la moglie Annetta Ferrari e i figli Mara, tervalli ben determinati, per non dire codificati. Montecchio è una localitàV praticamente sconosciu- sulle colline argillose che guardano principalmente Giovanni, Luciano, Mauro e Emilio. Gino, da ra- Per muovere le campane ci voleva abilità e forza ed ta, ma che ha rivestito grandissima importanza per la zona verso il Castello di Montegibbio. gazzo, aveva casa a Magreta, poi a Spezzano. Sua ancor più nel suonarle a distesa, nella giornate di il territorio fioranese. Non resta nulla di quel passa- Chi andava “sò per l’Arvinèl” (su per il Ruvinel- moglie Oriella era nativa di Chioggia di Reggio grande festa per l’intera comunità di Fiorano.” to, se non le testimonianze storiche. lo), passava per caseggiati ben riconosciuti anche Emilia. Bruno, ad ogni modo, fra le sue mansioni non ave- Montecchio non fu mai fortificata, come Cameaz- da chi non vi dimorava: “Il bèl soggiorno” (Ron- I due si sono sposati a Baggiovara prendendo casa va solo quella di suonare le campane. zo, e rapidamente decadde. chetti), “Castagnàta” (Fioravanti e poi Sernesi), in Via Cucchiara per poi trasferirsi a Fiorano, in “Doveva tenere in ordine - spiega Valter - il giardino Intorno all’anno 1100, nel borgo era presente una “Villino Benatti” (Callegari), “Curva di Fèr”, “Cà Via Ruvinello. Gino era molto conosciuto perché posto alla sinistra del Santuario, e anche tutta l’area cappella dedicata a San Pietro che, come riferisce ed Maramòt” (Maramotti e poi Fontanazzi), “Cà

Leo Balestrazzi con Alma e Orianna Montorsi alla“Curva In alto, prima parte di via Ruvinello; sotto, via Riola e via di Fèr” Lavoro nei campi in via Ruvinello delle Vigne e via Statale Ornella Ruozzi e Gino Ronchetti di Luigi Giuliani 14 15 no alle mura che digradava verso la parte storica fiorale veniva colto e messo in sottaceto. o di alberello. I frutti erano di Fiorano. All’inizio di quello che poteva sembrare “Sulla muraglia sotto il Santuario se ne trovavano le nocciole, che si trovavano un piccolo parco con piante e fiori, si trovava una tantissime, di queste piante - pone in evidenza Val- in genere in gruppi da due a vasca piena d’acqua che serviva da lavatoio per i ter - e il babbo, con la mamma, raccoglievano, ad quattro, ognuno coperto per vestiti dei sacerdoti così come per diversi arredi del- ogni stagione, i capperi conosciuti come quelli ‘di la gran parte da foglie modi- la chiesa.” Fiorano’ per la loro bontà nella preparazione dei ficate, chiamate brattee. C’era poi un impegno diverso che occupava Gino cibi. A raccolto concluso, metà dei capperi andava “Chi veniva a Fiorano per e la moglie Oriella. Riguardava le vecchie mura di al parroco e l’altra era tenuta dai miei genitori che, la festa della Madonna l’otto cinta di quello che era stato il Castello di Fiorano. ogni anno, ripiantavano il bulbo del cappero in al- settembre, non poteva torna- Sorto a monte della via Claudia, in posizione ele- tre fessure della muraglia e questo permetteva di re a casa - chiosa Valter - sen- vata tale da dominare la pianura circostante e col- ottenere sempre più piante con il frutto.” za aver comperato un cesti- n.n. - Don Ercole Bertolani, Angelo Balestrazzi, Giuseppe legato a vista alle altre fortificazioni della zona, Il cappero ha radici primarie forti e fittonanti, in no di nocciole. Faceva parte Orsi, Gino Ronchetti, n.n., n.n. l’allora maniero venne circondato da un’ampia grado di raggiungere velocemente gli strati più Valter Ronchetti della tradizione ed era molto cinta di mura, parte delle quali sono rimaste anche profondi e umidi del suolo e anche tra le pietre dei bello vedere sui pochi banchetti, i cestelli tricolori dopo l’edificazione del Santuario. E proprio su que- grandi muri, all’interno dei quali si hanno tempe- delle nocciole preparati dagli ambulanti.” sto lungo e antico baluardo ha iniziato a prodursi rature miti e costante umidità, in grado di garantire Risorse della natura che però hanno cessato di pro- il cappero, una pianta che si presentava come un ai capperi una ricca riserva idrica. dursi con il restauro della cinta muraria del San- piccolo arbusto rampicante che preferiva crescere Nel terreno scosceso attorno al Santuario si trovava tuario che, di fatto, ha estirpato tutte le radici della solitamente in prossimità di muri o rupi. Nel suo un altro frutto che assieme ai fichi e ai capperi era piante che fornivano il cappero di Fiorano, e tolto periodo di fioritura, da maggio a settembre, produ- una prerogativa di Fiorano. Si trattava delle noccio- la vecchia piantumazione sul terreno. Stessa sorte ceva dei fiori che andavano dal bianco, rosa al vio- le: “Quelle rosse”, puntualizza Valter. è toccata ad alcuni filari di vite. “L’uva raccolta si la, molto profumati e appariscenti; il loro bottone La pianta cresceva generalmente in forma di siepe trasformava in un buon vino nero, dolce, da tavolo, chiamato ‘bernastòun’ che il babbo - precisa Valter - teneva in quella che era la sua cantina, una stan- zetta a destra dopo l’ingresso in Santuario.” “Il vino per il parroco, allora, lo produceva la fami- glia dei ‘Finòun’ e veniva messo - rammenta Valter - nell’interrato sotto la canonica, al quale si poteva accedere anche con un carretto. Intorno al Santua- rio, come elemento decorativo, si trovavano diversi vasi realizzati con i coppi da Guido Forghieri che, in quegli anni, assieme alla moglie Bruna Annovi, era il custode della ‘Casa degli esercizi spirituali’. Don Bertolani, Angelo Balestrazzi. Orsi Giuseppein - Avevano due figli: Giuseppe e Rita. Erano vasi uni- sulla Croce e Gino Ronchetti tor- Oriella Ruozzi; Valter, Carla e Gino Ronchetti Muro attorno al Santuario con le piante dei capperi ci, molto belli ed apprezzati dalla gente.”

16 17 diverse. A Fiorano avevamo, ad ogni modo, l’ap- puntamento annuale di ‘Ore liete’, un’autentica icona del divertimento per la mia generazione e non solo.” Inizialmente, la kermesse canora e di scenette, si faceva nel teatrino dell’asilo Coccapani che, unico del territorio comunale, ospitava già altre rappre-

Classe 3°. In alto, da sx: Walter Cavalieri, Angelo Leonardi, Enrico Brandoli, Sergio Annovi, William Borghi, Mario Iattici, Giorgio Scorzoni, Mario Iattici, Franco Bellei, Gino Cavani, Giuseppe Laiso. Fila centrale: maestra Marmiroli Elena in Pini, Francesco Nicolini, G. Franco Buffagni, Giuliano Gambarelli, Giuliano Benassati, Ermanno Ferrari, Walter Cuoghi, Giuseppe Marasti, Isacco Casolari, Giancarlo Finos e Roberto Debbia. In basso: Zoello Giovanardi, Mario Forghieri, Ore liete. In alto: Giancarlo Maramotti - fila centrale: Massimo Taccini, Amos Vandelli, Giuseppe Callegari, Roberto Biolchini, Riziero Bagnoli, Valter Ronchetti e Renzo Ladurini. Gianni Lanzotti, Trenti, Luciano Ferri, Walter Bastai, Silvano Cuoghi, Andrea Ferrari. Fila sotto: Antonio Vivi, Walter Balestrazzi e Maurizio Ansaloni Successivamente la fa- volta, da Carlino Bursi che segava alberi. Poi alla miglia Forghieri si tra- Me.Fi. Stampi per ceramiche e, infine, alla Fornace sferì in una casa di Via Alpe di Via Ghiarola Nuova, azienda all’avanguar- Gramsci. dia nella produzione di laterizi e l’unica che aveva Valter, come tanti suoi un deposito interno di stoccaggio della terra.” coetanei, frequentò le “Questo permetteva di lavorare per tutto l’anno. In elementari nel plesso un periodo, prima di partire per il servizio militare della ex Casa del Fa- a Maniago, nella 3° Corazzata Ariete, noi ragaz- scio e poi delle Me- zi - ammette Valter - sognavamo di avere una Fiat notti. “Sono stato a 500, o 600, per poterci spostare con gli amici fuori Valter Ronchetti lavorare, per la prima Fiorano, per conoscere posti nuovi e fare esperienze con l’amico Annovi di Fiorano Gino Ronchetti militare Ore liete: Pietro Sorrentino, Antonio Rovatti e Valter Ronchetti

18 19 Scenetta di ore liete Ore liete: Oriana Donelli, Giuseppe Malverti, Giordana Balestrazzi, Raffaella Montecchi, Graziella Brugioni, Giorgio Olivieri, Valter Ronchetti, Luisa Cavani, n.n., Carlo Montecchi, Ruggero Zironi

Ore liete

Ore liete. Rappresentanti del Partito ‘La fruta’ Gita parrocchiale

20 21 pensare. Ogni tanto, per cercare di smorzare i toni le nuove generazioni. di lamiera ricavati anche da qualche barattolo di a volte troppo alti, si apriva una finestra dove abita- “Non è che tutti avessero i soldi - rievoca Valter - conserva e, dopo averli fissati sulle asce, si faceva va una famiglia di Ferrara e il capofamiglia, nel suo per poter acquistare un paio di sci ed andare a Se- incastrare all’interno la punta dello scarpone, men- dialetto, ci invitava ad andare a letto perché lui la stola o sulle Alpi. In molti si recavano da Francesco tre un tubo teso di gomma girava intorno al tacco mattina seguente doveva andare a lavorare. Alcu- Frigieri, di professione falegname che tagliando i bloccando, si fa per dire, il piede. Altrimenti, per ni richiami, qualche volta, arrivarono anche dalle fusti più grandi di robiglie ne ricavava un paio di questa funzione, erano anche utilizzate delle molle Forze dell’Ordine, per le quali - ammette Valter - si asce che poi diventavano sci. Scaldava le estremità unite, di quelle che si trovavano sotto il sedile delle nutriva il massimo rispetto.” con acqua bollente e attraverso un procedimento biciclette.” Carabinieri e Vigili Urbani rappresentavano l’or- abbastanza ingegnoso riusciva a conferirgli la cur- Due erano le ‘piste’ maggiormente gettonate. La dine, ed i cittadini, in caso di necessità, dovevano vatura necessaria non sempre esatta”. “Mio padre prima era quella della ‘Pruvana’, fra il doppio fila- rivolgersi a loro. Intervenivano anche in occasione Bruno - rammenta Francesco - non era molto in re di cipressi. Era un ‘drittone’ di circa 300 metri: dei pochi incidenti stradali che accadevano sulle sintonia con queste richieste di fabbricare un paio “Alcuni sciatori inesperti - sorride al ricordo Valter strade di Fiorano. di sci. Li riteneva “strumenti pericolosi” e ai ragazzi - giunti in prossimità della Statale, non riuscivano a “Ne ricordo uno - continua Valter - lungo quella domandava se avessero il permesso del Sindaco, poi fermarsi finendo, dopo aver attraversato la strada, che oggi è la Via Gramsci, allora ‘la Vàla’. Rimase- dei Carabinieri e, per finire, anche del parroco”. nel cortile di quella che era la ceramica San Gior- ro coinvolti un ciclista e una Fiat 1100. Noi bambini Gli attacchi - spiega Valter - potevano essere pezzi gio.” guardammo l’allora capo della Polizia Municipale L’altra pista, invece, aveva un tracciato che anda- Gino Messori, assieme al vigile Mauro Santunione va, in alto, dal bosco di Villa Guastalla e, in basso, e al Carabiniere Domenico Maldera, prendere le la Via Riola. Giancarlo Maramotti è stato uno dei Ore Liete. Dall’alto: Nando Ferrari, Raffaella Montecchi, Gaetana Cuoghi, Lina Montermini, Baroni, Giordana misure della posizione dei due mezzi coinvolti nel- tanti temerari che l’hanno affrontata. Balstrazzi, Virgilio Baldaccini, Isa Zanni, Luigi Cuoghi, lo scontro, interrogare possibili testimoni e regola- “Fiorano è stato l’unico della zona - pone l’accento Adalgisa Montermini, n.n., n.n., Giorgio Olivieri, Sergio re un ridotto flusso di traffico. Anche un inciden- Giancarlo - ad installare un proprio skilift. Almeno, Braglia, Lina Compianti, Domenica Cuoghi, Valter Ron- te stradale era un fatto di discussione fra la gente si è tentato di farlo, con dei risultati non del tutto lu- chetti e Ernesto Balestrazzi di Fiorano e ognuno singhieri. Giuseppe Cuo- sentazioni dei gruppi giovanili. “Ore Liete” - pun- forniva una propria ghi (‘Paganlèin’) e suo co- tualizza Valter - “per la sua unicità era vissuta in- interpretazione sulle gnato Ruggero Ferri, su tensamente da tutti i giovani che vi partecipavano cause.” un basamento di legno, e anche per il numeroso pubblico che vi assisteva.” Durante l’inverno, i avevano montato un mo- Lo spettacolo, con la costruzione del cinema par- ragazzi di Fiorano di- tore di una Lambretta. rocchiale Primavera, si trasferì in questo nuovo ventavano quasi tutti L’impianto fu installato a grande locale capace di accogliere un maggior nu- sciatori. Una passione monte; faceva girare una mero di persone . che ha continuato an- prima carrucola collegata “Poi - prosegue Valter - non posso dimenticare le che con il tempo e con con una corda ad una se- lunghe chiacchierate notturne di politica in piaz- Ore Liete: Pietro Sorrentino, Antonio Rovatti e Valter za Menotti. Ognuno con le proprie idee e modo di Ronchetti Incidente in via Gramsci Valter Ronchetti su un argine di neve in via Ruvinello

22 23 dovuto tenere vicini gli sci. L’esperimento terminò portare ad una conoscenza trasversale delle perso- quasi subito considerate le tante cadute di quelli che ne che operavano in parrocchia e non solo. erano tutti principianti di questa novità.” L’inventi- “Per molti - dice Valter - si trattava del primo viag- va degli sciatori fioranesi non aveva confini. “Rea- gio lontano da casa.” lizzammo - pone in evidenza Francesco Frigeri - nel Ogni gita prevedeva sempre soste e visite ad abba- laboratorio del babbo Bruno la prima bici-sci. Si zie, monasteri, borghi antichi, il tutto accompagna- cercava un vecchio telaio di bicicletta e con alcuni to dai momenti conviviali atti a facilitare relazioni accorgimenti tecnici al posto della ruote montava- tra i partecipanti. Area di discesa con gli sci dal bosco di Villa Guastala a via mo uno sci spaccato in due parti. Fisso dietro sotto “La gita con il parroco in corriera è stata - ammette Riola al seggiolino e semovibile davanti in modo da po- Valter Ronchetti - un classico della mia generazio- ter “guidare” la bici-sci sulla neve. I risultati furono ne, perché ha visto nascere in maniera crescente conda piazzata a valle, quasi sempre legata ad un soddisfacenti. Ricordo - continua Francesco - che quella motorizzazione che ha trasformato in un fe- albero. Teoricamente, lo sciatore, cercava di farsi una domenica andammo a sciare in corriera, era nomeno di costume l’uso delle automobili e anche trainare verso l’alto, evitando fatica e di calpestare il 1963, alle Piane di . C’era molta la pista battuta in qualche modo con dei cartoni so- curiosità per questa bici-sci tanto che, alla fine della pra ai quali, seduti, si scendeva fino alla Via Riola.” giornata, Raffaele Chiletti vendette la sua ad uno Anche Luigi Bandieri, conosciuto come quello del- sciatore di ”. le ‘piccole novità e invenzioni’ ci mise del suo, pro- Non solo sci, ma anche ciclismo, con protagonista gettando un sistema per tenere gli sci uniti durante la Via Ruvinello. Nel mese di maggio veniva orga- la discesa. “L’accorgimento - fa capire Giancarlo nizzata una crono-scalata per tutti gli amanti delle - consisteva in due piccolissime staffe che avrebbero due ruote. Si partiva, intervallati, da Piazza Menot- Primo esemplare di “Bici-sci” nel laboratorio della falegna- ti: si saliva prima lungo Via del Santuario, e poi meria di Bruno Frigeri Via Ruvinello, fino alla casa di Carlèin Maramòut. Salita durissima per i partecipanti: una gara che, tà. Di lui - testimonia Valter - conservo una ricetta purtroppo, ebbe poca durata nel calendario delle scritta nel 1932 per un bambino che abitava in Via manifestazioni sportive locali. Ruvinello. Necessitava di una buona nutrizione e Vita e divertimenti di quei giorni: sicuramente un come medicina il dott. Tosi suggerì un litro di latte affascinante e vivace mosaico attraverso le figure al giorno per due settimane.” del parroco, quello dei nonni, del bottegaio in cen- Un altro modo di trascorrere il tempo libero per tro a Fiorano, del venditore ambulante che girava i giovani di Fiorano era quello di partecipare alle per le case e dal medico che, allora, era uno solo, il gite parrocchiali. Ne venivano organizzate un paio dott. Giovanni Tosi. ogni anno, e richiamavano sempre parecchia gente. “Veniva chiamato in ogni ora e giorno della set- Erano per lo più pellegrinaggi a Santuari e luoghi timana, e ha cercato sempre di far fronte alle ri- di devozione, ma anche verso città d’arte e di storia. Giuseppe Bellini e Giancarlo Maramotti chiesta che gli pervenivano da persone in difficol- Servivano, oltre all’aspetto prettamente religioso, a Ricetta dott. Giovanni Tosi

24 25 Gite parrocchiali Gite parrocchiali

26 27 dei pullman, che a quei tempi erano davvero torpe- per formaggio da stagionare, ricotta e carne. Fiorano, azienda dello stesso gruppo della Marazzi. doni piuttosto rustici.” “L’importanza della presenza di questi animali sul Valter si unì in matrimonio con Paola Gibellini. Il pellegrinaggio è sempre stato un fenomeno co- territorio di Fiorano è confermata - attesta Valter In Via Ruvinello, nel Villino Benatti, nel 1954 andò mune a tutte le religioni, e ha sempre costituito un Ronchetti - da un documento del 1936, dove l’al- ad abitare, trasferitosi da Via delle Vigne, Aldo Cal- atto semplice ma significativo: un credente decide lora Podestà chiede al Prefetto di Modena l’auto- legari, figlio di Agostino e Maria Luigia Montecchi, e decideva di partire, assieme ad altri parrocchiani, rizzazione affinché i macellai di Fiorano potessero assieme alla moglie Pia Maramotti e ai figli Giulio diretto ad un luogo di culto o ad un monumento, continuare, in occasione delle festività Pasquali, a e Giuseppe. La famiglia lavorava un appezzamento più o meno distante dai luoghi di residenza. Il mo- macellare un certo numero di agnelli per spedirli di terreno che scendeva fino a Via delle Vigne. tivo poteva essere la fama miracolosa del luogo, la poi a Milano e altrove, dove hanno un’affezionata “Per circa un anno il babbo - rammenta Giuseppe speranza di rinnovamento nella fede, o l’intenzione clientela servita da molti anni ’. - coltivò il campo a frumento. Era molto faticoso e, di adempiere a un voto o di rispettare un precetto Gino Ronchetti, ad un certo punto della sua vita, probabilmente, non redditizio, vista la particolarità imposto a ogni buon praticante. decise di smettere di fare il campanaro ed iniziò del terreno. Da qui la decisione di produrre ortaggi Casa Aldo Callegari a lavorare alla ceramica Marazzi, in Via Regina come pomodori e piselli dove, fra l’altro, l’uso del- Quella di Via Ruvinello era gente ricca di spirituali- Pacis di Sassuolo. Passò poi alla Marca Corona di le macchine non era essenziale come per il grano. tà, di religiosità e di parsimonia che avvolgeva ogni Papà - continua Giuseppe - iniziò a lavorare alla gesto e momento della vita contadina. Fornace Buffagni e questa sua occupazione, pro- Anche di chi era dedito alla pastorizia allevando, trattasi per anni, aveva una particolarità ben pre- in modo particolare, la ‘Pecora Modenese’, una cisa: Aldo ha sempre fatto il turno al mattino, dalle razza originaria del nostro Appennino, conosciuta 4.00 alle 12.00, e questo per avere la possibilità, al localmente anche come Emiliana di Pianura, Pa- pomeriggio, di dedicarsi, assieme alla mamma, al vullese o Balestra; il termine Balestra si riferisce alla lavoro nei campi.” particolare forma delle Erano anni dove anche chi viveva in Via Ruvinello corna. non gettava nulla, un po’ per necessità, per cultura, Negli ultimi decen- per educazione, per quel meraviglioso senso pratico ni, la razza ha subito delle cose che accompagnava la fatica della vita nei un forte decremento campi. L’ambiente erano gli alberi da frutta, i vi- numerico, ma alleva- gneti, campi da mietere, stalle da accudire, un orto tori di ovini sono stati da coltivare e il bisogno di riposare. sempre presenti, ad “La vita quotidiana di noi ragazzi - afferma Giu- esempio, lungo la Via seppe - era basata sull’andare a scuola e sul gioco al Chianca, poco distante pomeriggio. Ho frequentato le elementari nel plesso dalla via Ruvinello. Le di piazza Menotti, facile da raggiungere al mattino, pecore fornivano latte in discesa sulla strada non asfaltata. Dura ritornare Luigi, Fernando Maramotti, Giulio Callegari, un’amica e a casa alla fine delle lezioni. Ero fortunato perché Richiesta Podestà per macellazione agnelli Aldo Callegari e Pia Maramotti Pia Maramotti. abitavo subito dopo il Santuario, ma tanti altri ra-

28 29 gazzi dovevano affron- nominata ‘boccino’ o sco - ci si posizionava in prossimità delle grosse sfere infortunati più o meno in modo serio; una spugna tare l’intera salita per ‘pallino’, veniva getta- di pietra ornamentali del sagrato e ci si rincorreva con acqua fredda contenuta in un secchio a bordo arrivare alle loro abita- ta sul campo da gioco sul piazzale cercando di evitare una toccata dell’av- campo aveva la funzione di rimettere immediata- zioni. Le parole scuo- allungato, che poteva versario.” mente in piedi il ferito che riprendeva a giocare. labus, macchine o bici- essere un cortile o una “Il nostro tempo libero si passava prevalentemente Ci si rincorreva con poca logica: palla in avanti e clette non esistevano, e carreggiata dei campi. intorno al Santuario”, aggiunge Valter Ronchetti. correre, finché il fiato teneva.” tutto si faceva a piedi. “Il ‘pallino’ - spiega “Un altro passatempo consisteva nel gioco in cui, “Durante l’estate si andava, sempre a piedi, a Ca- Nelle ore pomeridiane Giuseppe - veniva pre- divisi in squadre, ci affrontavamo dietro alla Casa meazzo per fare il bagno nel torrente Fossa. Spes- - prosegue Giuseppe - so come riferimento del Pellegrino, muniti di lunghi bastoni di ailanto, so - ricorda Valter Ronchetti - ci accompagnava lo ci trovavamo insieme, da noi che alternando- comunemente chiamato pè d’èsen. La pianta cre- stesso cappellano, che era particolarmente attento ed eravamo in tanti, Paola Vivi, Raffaella Montec- si gettavamo le piastre sceva proprio lì, e poteva raggiungere una notevole per andare nei campi chi e Valter Ronchetti il più vicino possibile.” altezza. Anche il suo diametro assumeva dimensio- con la fionda in -cer L’area pianeggiante ni da poter essere impugnato a mò di lancia. Un ca di uccelletti. Nella intorno al Santuario era molto gettonata dai più albero che, purtroppo, emanava un caratteristico nostra fantasia, aveva- giovani. odore denominato puzza di noccioline marce.” Giulio Callegari il giorno della mo una piccola arma “Quando si trovava una pallina, che generalmente Poi il pallone, naturalmente. “I primi calci - accen- Cresima manuale costituita da teneva il cappellano - asserisce Giuseppe - si faceva- na Giuseppe Callegari - li ho dati nel campetto spe- una impugnatura che no interminabili partite a ping-pong.” lacchiato dietro alla Parrocchiale. Lo sfortunato di si biforcava in due rami tanto da ricordare la forma “A noi piaceva giocare - fa sapere Francesco Ser- turno faceva l’arbitro ricevendo insulti da entram- della lettera Y. Il laccio elastico generalmente era nesi, anche lui residente in Via Ruvinello - a ruba- be le formazioni e da chi assisteva all’incontro. Ine- un residuato di qualche camera d’aria così come la bandiera ed alce rossa. Quante volate, per arrivare vitabilmente non mancavano gli scontri e relativi toppa si faceva con un per primi a prendere il pezzo di gomma.” fazzoletto o nello sce- Un altro passatempo gliere un posto isolato preferito dai ragazzi dove sistemare la pro- era il gioco con le pia- pria base. Poi avevamo stre. Occorreva tro- inventato un altro pas- vare, soprattutto sul satempo, proprio da- greto del torrente Fos- vanti alla porta princi- sa, sassi con la forma pale del Santuario, che arrotondata e di spes- fungeva da divisoria. sore ristretto. Una più Separati in due squa- piccola delle altre, de- dre - aggiunge France- Carlo Montecchi, Valter Ronchetti, Gianni Ghirri, Paola Campetto di calcio dietro alla Parrocchiale. Da sx: Ruggero Giuseppe Callegari Valter Ronchetti e Sergio Braglia. Vivi e Giorgio Olivieri. Zironi, Silvano Balestrazzi e Gianprimo Nicolini

30 31 ogni corsa che si faceva se ne poteva vincere un’al- in base al valore e alla passare il tempo libero andando al cinema, alle fe- tra. Bastava afferrare al volo un trofeo costituito, so- difficoltà della trattativa. stine, a girare nei paesi vicini a Fiorano.” litamente, dalla coda di un pupazzo o da un drap- Il progresso ha poi so- “La nostra preferiva fermarsi - spiega Giulio Cal- po di tessuto. Essendo questo posizionato molto in stituito la fiera dedicata legari - lungo Via Vittorio Veneto, dove c’era un alto rispetto alla traiettoria dei seggiolini, si doveva anche ai bovini con una muretto sul quale stavamo seduti delle ore a chiac- ‘lanciare’ l’amico che stava davanti, per dargli lo vetrina per la vendita e chierare di tutto e di più. Il calcio era sicuramente slancio sufficiente a raggiungerlo spingendo con le mostra di altri prodotti. l’argomento maggiormente gettonato anche perché gambe come per dargli un calcio nel culo, appunto. Durante i mesi invernali seguivamo, alla domenica pomeriggio, la squadra La fiera non era solo luna-park, ma anche un’inten- a dominare il tempo li- del Fiorano impegnata nel campionato dilettanti. sa attività legata al mercato del bestiame. bero della domenica po- Poi il ciclismo. Fiorano ha avuto i suoi campioni, “Si svolgeva lungoViale della Vittoria dove - affer- meriggio e sabato sera come Piero Callegari per ricordare quello più vici- ma Giulio Callegari - contadini, mediatori e fattori erano le ‘festine’ in casa no a noi d’età.” si davano appuntamento per vendere e acquistare dove si invitavano amici Terminate le elementari, Giuseppe iniziò a fre- soprattutto buoi e manze. Le contrattazione avve- Teresa Botti, Pia Maramotti e amiche, possibilmente quentare l’Acal, una delle prime scuole professio- niva comunque sempre lungo il viale; veniva pre- e Giulio Callegari in numero pari. “Era nali del territorio, fondata da Don Dorino Conte. sa visione dell’animale, si stabiliva un giusto prez- quanto di meglio ci fos- “Ebbi, dalla mia famiglia, in dotazione - fa sapere zo, una vigorosa stretta di mano e l’intervento del se, per creare l’occasione adatta per mettersi con la Giuseppe - una bicicletta Legnano per raggiungere, mediatore che, dividendo la presa, determinava la ragazza giusta.” ogni giorno, il plesso scolastico che si trovava nel Campetto di calcio dietro alla parrocchiale di Fiorano. conclusione del contratto fra le parti.” “Anche allora - evidenzia Valter - c’erano le ‘com- quartiere Borgo Venezia di Sassuolo.” Gianprimo (Ciccio) Nicolini e sul cavallo Giancarlo Sicuramente, i mediatori non agivano per la gloria, pagnie’, cioè un gruppo di ragazzi e ragazze gene- Negli anni ‘60 per proseguire gli studi vi erano tre Maramotti, Walter Balestrazzi ma per ricevere compensi di volta in volta pattuiti, ralmente non impegnati, che stavano insieme per possibilità: o si andava alle Scuole Medie, o si fre- alla profondità dell’acqua dove nuotavamo e questo quentava la Scuola di Avviamento Professionale, o per evitare disgrazie.” l’Acal dove si imparava un mestiere. I tre plessi sco- Era anche il periodo della Fiera di Fiorano, che ca- lastici si trovavano tutti a Sassuolo. deva nella prima domenica di agosto. Con le medie, terminati i tre anni, si poteva acce- “Con le pochissime monete in tasca - dice Giusep- dere alle Scuole Superiori (Liceo, Istituto Tecnico), pe - ci permettevamo qualche giro con il calcinculo, mentre, chi frequentava l’Avviamento di Via Maz- struttura di divertimento tipica dei luna-park itine- zini, o si fermava per imparare un mestiere o, in al- ranti.” ternativa, per accedere alle Scuole Superiori dove- La forza centrifuga spingeva i seggiolini verso l’e- va sostenere un esame d’ italiano e di matematica. sterno, facendoli sollevare. Giulio scelse di frequentare la scuola professionale “Si provava l’impressione di volare nel vuoto. Qua- diretta da Don Mario Rocchi, a Modena, conosciu- si sempre avevo un amico che stava dietro, o davan- ta da tutti come ‘Città dei Ragazzi’. Nata nel 1947 ti, a me.” Partecipanti ad una festina. Si riconoscono Valter Ronchetti, per volontà di questo sacerdote, dentro il perimetro Il motivo - commenta Giuseppe - consisteva che in Giulio e Giuseppe Callegari Ezio Ferrarini, Virgilio Baldaccini di un basso muricciolo, raccolse progressivamente

32 33 una comunità di giovani a cui Don Mario Rocchi mobili e accessori per della villa Coccapani ed, a nord, fino a quasi la dedicò tutta la sua vita, curandone le anime nella bagni. Per poi conclu- metà del doppio filare di cipressi conosciuto da preghiera, coinvolgendoli nel gioco e insegnando dere il periodo lavora- tutti con il nome ‘Pruvana’. Lo scenario di questa loro un mestiere. tivo alla Poligraph di dorsale, che fa da sfondo al centro di Fiorano e ne Giulio ottenne la specializzazione da elettricista; Paride Pini, importante costituisce uno degli aspetti più belli, è centrato sul trovò occupazione, fino agli anni ‘70, presso il ne- azienda grafica della mediterraneo cipresso, che non ha qui nulla di fu- gozio di elettrodomestici ‘Fontana’, ubicato in Via ceramica. nebre, ma completa con sottili pennellate scure un Menotti, a Sassuolo. Dietro all’abitazione di quadro di campi coltivati e di boschi. “Si riparavano e si collocavano nuovi apparecchi Aldo Callegari, stava La posizione dell’abitazione di Carlo Maramotti utilizzatori ad uso domestico - spiega Giulio -, la famiglia di Giovanni era invidiabile perché posta proprio alla fine, della come frigo, televisori, stufe, ed il lavoro finalizzato Balestrazzi, con la mo- ‘Pruvana’, sulla prima collina dalla quale si poteva a ripristinare le condizioni iniziali di efficienza, di glie Maria e i figli Anto- godere tutto il panorama. Nelle giornate ventose integrità e di sicurezza, eliminando guasti e difetti nio e Anna. Anche loro si scorgevano benissimo le Alpi di Verona e buona Telegramma di condoglianze del Senatore Giuseppe Medici di funzionamento provocati dall’usura o dal tempo. Teresa Botti erano agricoltori. parte della Pianura Padana. La casa, di proprietà Occorreva una grande disponibilità ad operare con Risiedeva in Via Ruvi- dei conti Coccapani, si poteva vedere da molto lon- cessivamente entrata nel Gruppo Ceramiche Iris. i clienti con un approccio professionale non solo nello anche Giovanni Fioravanti, figlio di Giusep- tano ed era anche conosciuta come “la cà ed Ma- Luigi è stato sindaco di Castellarano dal 26 marzo sotto il profilo tecnico, ma anche comportamenta- pe, assieme a sua moglie Marta Cadegnani e ai figli ramòt, ed Carlìn Maramòt” (la casa di Maramotti, 1965 al 14 dicembre 1967. le.” Concetta, Giuseppe, Gianfranco, Franca, Giulio e di Carlo Maramotti). “Mio padre Fernando era impiegato al Comu- Successivamente Giulio andò a lavorare, per un Augusto. Prima era affittuario, poi mezzadro e infi- Carlo, assieme al figlio Luciano, lavorava nei cam- ne di Fiorano”, ricorda Giancarlo. “Sposò Maria paio d’anni, al maglificio Cuoghi per poi passare ne coltivatore diretto. pi. Ben presto gli altri figli presero diverse strade Benedetti e si trasferì assieme alla mamma ed a alla Chigo di Giuseppe Cuoghi, che produceva Fino al 1956, dall’altra parte della strada, al nume- occupazionali. Pia sposò Aldo Callegari e si stabilì, mia sorella Elisabetta in un appartamento a Villa ro 2, abitava la famiglia di casa, poco lontano, di Carlo Maramotti. nel struttura di Villa Be- Inizialmente era brac- natti. Matrimonio an- ciante poi coltivatore che per Luigi con Van- diretto. Assieme a lui la da Munari. Andarono moglie Teresa Botti. ad abitare a Trezzano I figli della coppia erano di Castellarano, dove quattro: Fernando, Lui- Luigi era impiegato alle gi, Pia e Luciano. Ceramiche Veggia dei Carlo coltivava un po- Carani. Passò poi alle dere di sedici biolche dipendenze della Cera- che arrivava al bosco mica Castellarano, suc- Luigi Maramotti, Vanna Munari, Fernando Maramotti, Casa di Carlo Maramotti. Carlo Maramotti Elisabetta, Maria, Fernando e Giancarlo Maramotti Maria Benedetti e Giancarlo Maramotti

34 35 Pace. Qui sono nato, “Mia madre - continua Giancarlo - fece il concorso avevano tanti alberi da così come mia sorella e dopo l’esame fu assunta, come impiegata, sempre frutto. In modo parti- più piccola Annalicia. Il al Comune di Fiorano. Io e le mie sorelle abbiamo colare i conosciutissimi babbo ed il fratello Lu- frequentato le scuole locali Menotti e, nel tempo li- fichi di Fiorano. igi, fino a quando sono bero, ma soprattutto durante le vacanze, la casa dei “Le piante - precisa partiti per il servizio nonni Carlo e Teresa, diventata un preciso punto di Giancarlo - erano pro- militare, hanno sempre riferimento. Stare in Via Ruvinello, dove si viveva prio dietro alla casa e aiutato il nonno Carlo grazie alla forza delle braccia con enormi fatiche e dopo la raccolta i fichi nella coltivazione del tribolazioni, mi ha insegnato - precisa Giancarlo - a venivano messi, ben in podere. So che buona crescere e ad apprezzare i momenti di felicità, in- fila in piccole casset- parte del periodo in di- tervallati purtroppo anche da momenti di tristezza. te di legno, conosciu- visa il babbo lo ha tra- Un’evasione nella natura perché vivevamo - fa sa- Carlo Maramotti e Teresa te come ‘platò’, con il Elisabetta e Giancarlo Maramotti, Maria Barbieri, Carlo Botti Maramotti, Teresa e cavallo Piero scorso a Zara, capitale pere Giancarlo - la vita dei contadini. I miei nonni fondo ricoperto dalle Fernando Maramotti militare storica della Dalmazia.” avevano mucche da latte e coltivavano un podere larghe foglie della pianta. C’erano fichi neri, bian- lungo, ma il risultato delle vendita era sempre buo- Nel corso della seconda collinare abbastanza accidentato. Le mucche dava- chi e - evidenzia Giancarlo - anche quelli sul verde no visto che i fichi di Fiorano erano quelli maggior- guerra mondiale, Zara fu gravemente colpita dai no il latte e i vitelli per poter proseguire l’alleva- che venivano chiamati ‘ed la gàssa’ perché avevano mente ricercati.” bombardamenti aerei e, in seguito al trattato di mento; i buoi fornivano la forza lavoro per il traino sempre una goccia di liquido dolce sul fondo della Ovunque ci fosse uno spazio libero, si piantava un pace del 1947, fu ufficialmente annessa alla Jugosla- dei carri, dell’aratro, della falciatrice e servire ad buccia. Il nonno caricava il raccolto su un carretto gelso nella pianura e un fico in collina; ed ogni vol- via. Dal 1991, dissoltasi la repubblica jugoslava, fa attenuare in parte la dura vita dell’agricoltore.” trainato a un cavallo di nome Piero e partiva alla ta che le querce secolari venivano abbattute, erano parte della Croazia, ed è oggi il capoluogo della re- Come tutti i contadini di Via Ruvinello, anche loro volta del mercato di Modena. Tragitto abbastanza sostituite coi gelsi, ai quali venivano maritate le viti gione zaratina.“Il bab- che prima erano maritate alle querce.” bo - prosegue Giancarlo “I miei nonni - aggiunge Giancarlo - coltivavano e - era un grande sporti- vendevano anche i carciofi, quelli con le spine. Una vo. Per il calcio, era ti- pianta tipicamente mediterranea con una storia foso del Torino ed ave- complicata che le attribuisce anche origini orien- va interesse per gli sci. tali. Era - informa Giancarlo - molto diffusa presso Assieme ai suoi amici di gli antichi insediamenti toscani degli Etruschi. Che Fiorano scendeva dalla forse furono i primi a curarne la selezione a scopo ‘Pruvana’ così come da alimentare. I carciofi prediligono le terre calcaree, altre improvvisate piste esposte al sole; costituivano la tipica produzione di neve, che poi erano domestica degli orti posti sulle colline sopra il San- sempre da risalire a pie- tuario di Fiorano.” di.” La terra offriva tanto a chi la lavorava. “Come le viti Luigi Maramotti, Vanna Munari, Fernando Maramotti, - pone l’accento Giancarlo - dalle quali arrivava l’u- Fernando Maramotti con gli sci sulla Pruvana Maria Benedetti e Giancarlo Maramotti Famiglia Maramotti in partenza per mercato di Modena va per fare il conosciuto Lambruscone di Fiorano.

36 37 Già nell’Ottocento que- tradizione culinaria. Proprio gli antichi saperi dei gli animali c’era quella di una pozza, ed anche qui tociclistico che partecipava coi suoi piloti a gare sui sto vitigno veniva chia- contadini - commenta Giancarlo - e l’amore innato era l’acqua piovana che garantiva un approvvigio- circuiti italiani. mato Lambruscone, o per il buon vivere e per il mangiare bene, unita- namento giornaliero sufficiente per i tanti animali “Seguivo in particolare il pilota Luciano Richetti Lambrusco oliva grosso, mente alle caratteristiche pedoclimatiche di questa da cortile.” che - spiega Giancarlo - partecipava al campionato perché formato - come zona, hanno permesso di dare vita a un prodotto “Ricordo benissimo - aggiunge Giulio Callegari - italiano nella classi 125-250 in sella ad un Morbi- ci ha sempre spiegato tipico ed esclusivo come l’Aceto Balsamico di Mo- quando su un carretto, con sopra una botte e trai- delli-Benelli Armi privata.” il nonno - con acini di dena.” nato da un paio di buoi, si scendeva verso la riola Le iniziali di Morbidelli Benelli Armi diedero vita una certa dimensione, Non c’erano l’acqua e la luce in Via Ruvinello. per prelevare acqua da un pozzo compreso fra i ad un marchio di una prestigiosa azienda, costrut- ovoidei, polverosi; tanto “Si usava il petrolio - pone in evidenza Giancarlo proderi di proprietà della famiglia Maglietti di Mo- trice di moto da corsa di piccola cilindrata, per pi- radi da non toccarsi gli - per creare un po’ di luce attraverso lampade che, dena e quello di Stefano Vivi, famiglia conosciuta loti privati, la M.B.A. uni con gli altri. Fatta a volte, funzionavano utilizzando l’olio di noci. In come i Marastèin. Si prelevava l’acqua con l’ausilio “Per due anni Luciano conquistò - rammenta Carlo Maramotti e Teresa la fermentazione vino- casa si trovavano anche candele di cera, consumate di una pompa a mano e - continua Giulio - la ripor- Giancarlo - il terzo posto nel campionato italiano. Botti sa in tino con buccia e con parsimonia perché costavano troppo. L’acqua tavamo su verso la nostra abitazione. Ci serviva per Davanti a lui, sul podio, il ternano Paolo Pilleri e il graspe ad uso comune era raccolta da una cisterna alimentata dalle gron- uso domestico e in caso di siccità della nostra pozza riminese Pier Paolo Bianchi, due piloti che gareg- modenese, si otteneva un vino di corpo, sapido; e daie, quando pioveva. Ogni tanto il nonno ci but- anche per abbeverare gli animali.” giavano con moto ufficiali delle case produttrici.” come lo amavano i mercanti, ben carico di colore.” tava dentro mezzo sacco di calce che serviva, a suo La spiccata passione per gli spazi, il magico mo- Altra grande passione di Giancarlo Maramotti era Si produceva anche dell’ottimo vino bianco a casa parere, a depurarla. Fortunatamente non è mai suc- mento della battitura del grano, dell’aratura dei di Carlo Maramotti e Teresa Botti. cesso nulla di grave alla salute di chi la beveva. Per campi e della vendemmia, rappresentavano per Non mancava in quasi tutte le abitazioni rurali di Giancarlo un qualche cosa di irrinunciabile, anche Via Ruvinello una batteria di aceto balsamico, che se si concretizzava per lo più nei mesi estivi. ha sempre avuto un “Quando dovevo dise- forte legame con la gnare - ammette Gian- tradizione fioranese. carlo - i soggetti preferiti Nel segreto dei solai di erano sempre il contadi- famiglia, il mosto d’u- no che zappava la terra, va cotto si modificava i trattori nei campi e al- e si trasformava con il cuni animali da cortile.” tempo, in botti di legni Giancarlo Maramotti, diversi, in un prodot- però, amava tantissimo to unico e inimitabile. gli sport e la musica. Ot- “Una terra, quella di timo sciatore, per lungo Via Ruvinello, ricca di tempo è stato direttore storia e dalla grande sportivo di un team mo- Da sx.: Luigi Callegari, Vitalino e Mario Amici, Giulio Meri Pierluigi, Luciano Richetti e Giancarlo Maramotti - Fernando, Maria, Giancarlo e Elisabetta Maramotti Callegari sulla botte Giancarlo e Anna Licia Maramotti Misano 1976

38 39 e per questo furono invitati a riproporla in diverse chiese della provincia. Si uniscono alla band anche Andrea Ferrari e Antonio Vivi che suonano il sax, ma ben presto, siamo nel 1970, la storia del ‘Music Group 101’ termina con tanti rimpianti. “Io e Silvano Cuoghi abbiamo continuato a suo- nare con altre orchestre. Come cantante e chitarri- sta - evidenzia Giancarlo - sono entrato nel gruppo spezzanese dei ‘Free Time’, composto da Giancarlo Torinese, Angelo Tigri, Omer Giuliani e Barbieri Battista. Siamo stati gli ultimi, per la sagra di San Rocco il 16 agosto, a suonare nel mitico dancing Music Group 101. Silvano Cuoghi, Giancarlo Maramotti, Montorsi della Fredda Nuova, da tutti conosciuto Luciano Ferri, Maurizio Ansaloni e Bruno Ballerini come quello dei marusticani perché queste piante con la sua natura e silenzio. “Uno dei pochi rumori di colore rosso circondavano la pista da ballo.” di Via Ruvinello - sottolinea Giancarlo - arrivava “Poi sono passato in altri gruppi, come i Naggers e da una moto Benelli Leoncino 125 di colore ros- l’Orchestra di Bruno Lodesani di Modena. Ho avu- so. Era di mio zio Luciano e dalla paura che gliela to il piacere - continua Giancarlo - , insieme ai ‘Folk portassero via, ogni sera, la collocava dietro al letto 72’ di Reggio Emilia, anche di suonare con il mitico matrimoniale dei suoi genitori.” musicista fioranese Sante Biagini. Ultimo atto, la ri- “Luciano - testimonia Giancarlo - era anche addet- nascita dei ‘Music Group 101’, rimessi assieme dal- to a portare il latte al caseificio Andreoli di Via Rio- Scuola Media anno 1961-1962. lo spezzanese Roberto la. Due secchi appesi al bilanciere di legno; un peso In alto, da sx: Gianluigi Corradini, Giancarlo Maramotti, Giuseppe Rocchetto, Bruno Ballerini, Giuseppe Pistoni e Aurelio Montorsi, che assieme non da poco sulle spalle e tanta tensione per man- Giovanardi. Fila centrale: Prof. Adonella Ferraresi (Preside), Prof. Cardinali (disegno), Mirella Cuoghi, Giovanna Fiandri, alla cugina Elena Pog- Maria Cavalieri, Giuliana Nicolini, Rossella Severi, Luana Zanti, Mara Aguzzoli, Cleta Rovatti e Prof. Cavazzuti gioli gestiva un negozio (italiano). In basso: Benedetti, Luciano Ferri , William Barbati, Luciano Cavani, Andrea Ferrari, Walter Bastai, di dischi nel centro di Graziano Busani, Enzo Medici e Cavalieri Fiorano. Un’uscita mo- mentanea a cui è segui- la musica. Debutta nel 1966 nel teatrino dell’Asilo ‘Finirà’ che, in barba al titolo, segna il debutto della ta per sempre la parola Coccapani di Fiorano. In testa ha una parrucca di band Music Group 101.” fine del complesso.” canapa e fra le mani una chitarra finta. Assieme a Si uniscono al complesso anche Maurizio Ansaloni Nel cuore di Giancarlo, lui gli amici di scuola Silvano Cuoghi e Luciano e Bruno Ballerini, ed il quintetto va in scena pre- ad ogni modo, è sempre Ferri, che fingono di accompagnare il mitico mae- valentemente nei teatri parrocchiali dove si svolge- rimasta Via Ruvinello, stro Prampolini, meglio conosciuto come Rico Car- vano concorsi e gare canore. Nel 1969 animano la làun e la sua orchestra. Si esibiscono con la canzone prima e discussa messa beat a Fiorano. Un successo, Giancarlo Maramotti musicista Moto Benelli Leoncino

40 41 tenere l’equilibrio necessario su un percorso sem- A metà degli anni ‘50, gestì il bar Acli, in Via Vit- seguente. Questo sette giorni su sette.” L’attività del pre in discesa. Al ritorno, anziché prendere la via torio Veneto, a fianco della residenza municipale barista è sempre stato un mestiere molto più fatico- di casa, percorreva Via Veneto. All’incrocio di Via e davanti alla Parrocchiale. Fin dall’inizio il locale so più di quanto si pensi. Chi preparava il caffè do- Bonincontro si fermava a moroso da Lucia Frigieri, pubblico era conosciuto come “al bar dal pràit” (il veva mantenere la sua metodologia e disciplina di che poi divenne sua moglie. Una zona del centro di bar del prete) perché la proprietà dell’edificio era lavoro anche nei momenti di massima affluenza, in Fiorano conosciuta anche come ‘la salghèda’ per- della Parrocchia di Fiorano. Prima ancora era stato caso contrario la qualità del caffè espresso decade- ché pavimentata con i ciottoli fino al piazzale del sede del Comune fino a quando, nel 1929, il pode- va fortemente. Il barista non preparava solo caffè. Santuario.” stà Mario Frigieri decise di acquistare Villa Cuoghi Al bar i clienti ordinavano bibite e bevande, come L’acciottolato è la pavimentazione che veniva rea- Vignocchi, destinandola a sede municipale e rica- tè, succhi di frutta, bibite in lattina, frullati, oppure lizzata con dei ciottoli provenienti prevalentemente vando dallo spazio occupato dai giardini una piaz- ancora birra, bevande alcoliche o analcoliche. Lu- dal torrente Fossa; cioè sassi dagli spigoli arrotonda- za oggi dedicata a Ciro Menotti. ciano era molto attento a dare le carte da brisco- ti, che si potevano reperire in natura. Venivano im- Nel ‘58 Luciano sposa Lucia, che affianca il marito la non appena vedeva che nel classico tavolino da piegati per assicurare alle strade lo scolo dell’acqua dietro al bancone e diventa una figura indispensa- quattro trovavano posto i giocatori. Era anche mol- piovana. Originariamente solo le strade principali bile per il funzionamento del bar Acli. Nascono due to veloce nel ritirare il mazzo di carte non appena erano ‘pavimentate’ con la tecnica dell’acciottolato, figli: Grazia e Fernando. il gioco era terminato, per timore che lo portassero che era capace di rendere dignitose le vie del centro La famiglia abitava proprio sopra il bar. via. Nella sala del biliardo trovavano posto sempre Grazia Maramotti, Pia Frigieri, Anna Maria Benedetti, con facilità, grazie alla massiccia presenza sul greto “Ricordo che il babbo - sostiene la figlia Grazia - gli stessi appassionati e, ai più, sembravano dei veri Maria Balestrazzi, Lucia Frigieri e Fernando Maramotti del Fossa della materia prima. apriva alle sette del mattino e chiudeva alle 24. Il professionisti. lungo “la salghèda” Anche Luciano, assieme ai genitori, lasciò la casa lavoro non era però finito perché occorreva ripulire “Al primo piano - testimonia Grazia - c’era anche colonica in Via Ruvinello. il locale e prepararlo a ricevere i clienti la mattina un grande salone dove si svolgevano tombolate molto partecipate. L’ampio spazio ha ospitato ban- chetti nuziali e diversificati incontri pubblici.” Sul pianerottolo si apriva anche la sede delle Acli, un’associazione nata nel secondo dopo guerra ita- liano per fare da cerniera tra i cattolici e il movi- mento operaio. Una funzione ben raffigurata dal logo del movimento: una croce inserita nei simboli del lavoro industriale e agricolo. Ben presto, il bar Acli di Luciano Maramotti di- ventò una realtà tutta fioranese. Sedersi al tavolino e sorseggiare un caffè nel dopo messa era una del- le attività più ordinarie e diffuse tra la gente, così come giocare a biliardo o a carte. Sostanzialmen- te il bar Acli divenne un luogo di aggregazione e Bambini lungo “la salghèda” Lucia Frigieri; Grazia, Fernando e Luciano Maramotti Luciano Maramotti dietro al bancone del Bar Acli svago a 360 gradi. Allora non si andava al bar per

42 43 rinunce. testimonia Grazia. Cambiano negli anni ‘60 i ritmi di vita, e con essi “Ci fu un problema all’impianto elettrico che de- anche le abitudini. Il tempo da dedicare alla cola- terminò una situazione critica e pericolosa. Da quel zione a casa sembra ridursi sempre più al punto da momento al bar si cancellò la voce frappè, che con- invogliare le persone a consumare giusto un espres- sisteva in un frullato di un gusto di gelato preferito so al bar prima di andare al lavoro o in ufficio. Que- dal cliente al quale si aggiungeva una certa quantità sto modo di operare aumenta il lavoro del bar, nel di latte e ghiaccio. Il cono alla crema ricoperto da decennio successivo, con l’aggiunta dell’irrinuncia- una croccante e ghiacciata colata di finissimo cioc- bile pausa caffè nel corso della giornata. Al bar Acli colato, conosciuto da tutti come Cri Cri, continuò di Luciano Maramotti, questi mutamenti portaro- ad essere uno dei prodotti maggiormente richiesti no ad un maggior consumo di toast, ma rimase nei 31 anni di gestione del Bar Acli da parte di mio gettonatissima la richiesta di gelati, di frappè e dei padre.” Franca Fontanazzi, Camilla Pellesi, Elisabetta Pellesi e Cri Cri. Si potrebbe affermare che la storia dei bar Acli ha Gabriele Debbia Luciano Mramotti e Lucia Frigieri “Ci rifornivamo del latte fresco per produrre gelati camminato a braccetto con le evoluzioni della so- leggere i giornali o per l’aperitivo, ma per far pas- e frappè - dice Grazia - dalla Lenda, moglie di un cietà fioranese, cogliendone i mutamenti e le novità. Non solo “Fortitudo”, ma anche l’allestimento di sare il tempo discutendo di tutto, ed i clienti si rela- contadino della zona. Carlìn Maramot, mio nonno, Un bar che ha sempre svolto un ruolo fondamen- una formazione che sotto il nome di “Bar Acli”, zionavano a volte anche senza conoscersi. Luciano con un carretto andava a Sassuolo dove acquistava tale nelle vite dei residenti: a volte, Luciano e Lu- durante i mesi estivi, era fra le più agguerrite nei e Lucia erano “fioranesi D.O.C.”: amavano il loro stecche di ghiaccio che servivano per mantenere il cia diventavano un amico, un confidente e il locale tornei dei bar che interessavano tutta la zona pe- paese, il loro Santuario e tutto quello che girava in- freddo necessario ai contenitori di gelato e anche stesso era un appuntamento fisso, un momento di demontana. Un appuntamento indimenticabile per torno, che portava soddisfazioni, ma anche molte per fare granatine.” fuga dal quotidiano, una momentanea distrazione quantità e qualità dei giocatori che ogni bar riusci- “Ad un certo punto il babbo smise di fare frappè”, dalla giornata lavorativa. va a mettere in campo: per la partecipazione di un Luciano Maramotti non era solo il barista, ma era pubblico appassionato, sanguigno e dal forte senso anche quell’uomo che, nonostante le tante ore di di appartenenza. Il torneo era anche espressione lavoro al bar, aveva dedicato il suo tempo anche del mondo lavorativo, dei punti di aggregazione e all’impegno civile. È stato eletto consigliere comu- anche di espressioni velatamente politiche. A Fio- nale a Fiorano Modenese, dal 1964 al 1970, nel- rano, il bar Acli era comunemente riconosciuto vi- le file della Democrazia Cristiana. Di fronte alle cino alla DC, e quello della Cooperativa al PCI. condizioni di mutamento economico e sociale che Orientamenti che sicuramente non interessavano i Fiorano stava vivendo in quegli anni, Luciano non calciatori bravi, i quali sceglievano il bar dove ri- restò spettatore passivo, ma sentì il dovere di dare cevevano l’ingaggio migliore. La maggioranza, nel il proprio contributo per migliorare la realtà in cui campionato annuale di categoria della Federazione viveva e lavorava. Un contributo dato non solo nel Gioco Calcio, vestiva la maglia del Fiorano, e solo civico consesso, ma anche promuovendo la nascita per quella scendeva in campo. Ad ogni modo, il Barbolini, Enzo Cuoghi, Germana Ferri, Aldino Casali, di una squadra di calcio chiamata “Fortitudo” con torneo estivo dei bar, come quello delle ceramiche Luciano Maramotti prepara i gelati al Bar Acli Luciano Maramotti e Lucia Frigieri la quale ha partecipato a tornei di vario genere. che è durato solo per poche edizioni, era un hap-

44 45 Squara Fortitudo: Luciano Maramotti con In alto, da sx.: la squadra di calcio del Tonino Montecchi, Giorgio Bar Acli. In alto da sx.: Balestrazzi (“Gambalonga”), Franco Ruini (“Balòs”), Renato Balestrazzi, Luciano n.n., Pietro Montipò, Vezzani, Romano Monari, Ruggero Zironi, Zoello Luigi Dallari, Sergio Zanni e Savigni, Franco Munari, Luciano Maramotti. Ezio Ferrarini e Luciano In basso: Giancarlo Ruini, Maramotti. In basso: Gianni Godoli, Domenica Arnaldo Montecchi (“Al Balestrazzi (“Minghèin”), ro”), Luciano Ingrami, Arnaldo Montecchi (“Al ro”) Giovani Nicolini, Sergio e Daniele Colombini Giovanardi (“Tardual”), n.n.

Fortitudo. In alto, da sx.: Enzo Cuoghi, Carlo Vivi (“Cùrera”), Giorgio Frigieri, Fortitudo. Da sx.: n.n., Luciano Giovanni Nicolini, Luigi Zanni, Dionigio Maramotti, Ruini, Giovanna, Ferrari, Romano Frigieri (“Rumamòun”) Galloni, n.n., Daniele Colombini, e Gianni Selmi. Fila coto: Domenico, Battista Pagani, Giorgio Giovanni Galloni, Daniele Colombini, Balestrazzi, Roberto Frigieri e Romano Montecchi, Piero Severi e Guido Montecchi Silingardi (“Cisa”).

46 47 al caseificio Andreoli, nella zona del “Sas” di Fio- pochi soldi ma da grande fame di mezzi di tra- rano. Ben presto, però, capimmo che il mulo aveva sporto, spuntarono a decine ditte che producevano fatto il suo tempo e il babbo acquistò una falciatrice motorini e che applicavano motori di piccola cilin- meccanica che sopperì molto all’enorme fatica del drata ai telai di biciclette. In seguito crebbe la do- taglio dell’erba con la falce”. manda di veicoli tradizionali e non più di fortuna. Il Ben presto, però, anche per Dino, Rino e Franca boom dell’automobile, negli anni Settanta, decretò arrivò il momento di diversificare il proprio lavo- per moltissimi fabbricanti di moto di piccola cilin- ro fra i campi e l’occupazione nelle aziende che in drata un crollo delle vendite e chiusure a catena. Si quegli anni stavano crescendo sulla fascia del terri- salvarono solo i grandi marchi con produzione de- torio pedemontano. “Il mio primo lavoro è stato in stinata anche all’estero, pure costretti in molti casi una carrozzeria. Poi - rammenta Dino - sono pas- a ripiegare su piccole cilindrate, destinate ai giovani sato in un’officina di macchine utensili, in seguito e in generale ad una clientela poco dotata di dena- alla Cibec di Sassuolo e, alla fine, come progettista, ro. Periodo dove i divertimenti erano poco variati. alla Nuova Fima di Spezzano. Per andare al lavoro “Il sabato sera - afferma Dino - una pizza con gli all’inizio usavo un “Guzzino” che poi ho sostituito amici, la domenica a pranzo con i parenti, qualche con un altro motorino “48cc”. partita a carte o a bigliardo al bar, la partitella di Negli anni ‘60, in un momento caratterizzato da calcio per chi amava correre dietro ad un pallone”.

Enzo e Gabriele Debbia, Franca Fontanazzi, Angela Venturelli, Dino Fontanazzi, Ines Ciamaroni, Graziella Martelli; Cristina, Savino e Rino Fontanazzi pening coinvolgente, atteso, entusiasmante, ricco di frutto - spiega Dino - avevano spesso tutti lo stesso pathos e di adrenalina con antiche e nuove rivalità. ritmo biologico e le stesse esigenze, ma era anche Fino al 1951, quando emigrò a , ri- vero che avevamo tantissime varietà di frutti e che siedeva in Via Ruvinello anche Savino Fontanazzi ognuno di esso era proprio di una stagione. Più che con la moglie Angela Venturelli e i figli Rino, Dino altro c’erano piante che necessitavano di sole, cal- e Franca. do e poca acqua per dare dei frutti numerosi, sani “Tutta la famiglia - ricorda Dino - era impegnata e saporiti. Elementi ben presenti sulle coste di Via nel lavorare le quasi 30 biolche di terra che andava- Ruvinello coltivate dalla mia famiglia, compreso il no coltivate in base alle stagioni e ai raccolti. Preva- doppio filare di cipressi conosciuto da tutti come lentemente nei campi c’erano tanti alberi da frutto “Pruana”. come fichi, albicocche e prugne. A seconda delle “Nel lavoro dei campi - continua Dino - non aveva- tipologie di piante presenti sul nostro terreno, va- mo mezzi meccanici, ma solo un mulo che ci aiuta- Franca Fontanazzi, Camilla Pellesi, Cristina Fontanazzi e riavano anche le esigenze di ognuna. Gli alberi da va nel trasporto di frutta, erba e latte ce portavamo Pruvana Gabriele Debbia

48 49 Dino non ha dimenticato come “d’inverno, con la cantava Lucio Battista: «Che ne sai di un bambino iridato con il secondo strada ghiacciata, mettevo le catene alla due ruote che rubava/e soltanto nel buio giocava», e il riferi- posto al gran premio altrimenti non riuscivo ad affrontare discesa e sa- mento era di un ragazzo di periferia che rubava la d’Europa. Dopo la lita per raggiungere la mia casa. Il più delle volte frutta e cominciava i primi tiepidi approcci con le stagione 1997 lascia il l’impraticabilità di questa parte della Via Ruvinello sue coetanee. motomondiale e oggi era dovuta a dei ragazzi di Fiorano che, all’imbru- I primi innamoramenti, dal lavoro nei campi a lavora con il Team CIP nire, gettavano acqua sul fondo stradale in modo quello sulle macchine in fabbrica, i matrimoni e Green Power nel Moto- che gelasse durante la notte e garantisse una buona così cambiò totalmente la famiglia di Savino Fon- mondiale classe Moto3. pista per la discese con la slitta”. “Si trattava di un tanazzi e Angela Venturelli. I giovani in quegli anni Al numero 7, dal 1924 divertimento invernale - spiega Dino - che coinvol- iniziarono ad avvertire, in modo strisciante, un sen- al 1957, stava Giovanni geva tanti miei amici. In primavera, invece, con la so di indipendenza ed intuirono la possibilità di mi- Trenti, con la moglie mia compagnia preferivamo andare a rubare della gliorare il loro status socio-economico di partenza moglie Rosa Berti e dei frutta suscitando la giusta ira dei contadini. E pen- proprio grazie all’istruzione ricevuta frequentando figli Franco e Claudio. sare che a casa ne avevo tanta…..Una volta, in un le scuole di ogni ordine e grado e la possibilità di Su un podere di pro- campo di Via Ghiarola Vecchia, mentre stavamo trovare un lavoro retribuito che non fosse quello del prietà del modenese Al- effettuando una razzia di ciliege, dalla casa del con- contadino. Il figlio Dino sposa Ines Ciamaroni e si fonso Botti, aveva casa tadino - ammette Dino - furono sparati in aria alcu- trasferisce, nel 1978, in Via Coppi, a Spezzano. Giuseppe Chiesi figlio ni colpi di fucile. La fuga fu pari alla paura provata. In Via Ruvinello, ma in un’altra abitazione, rimane Ugo Debbia, n.n., Giancarlo Montagnani, Tauro Messori, di Mansueto. Era affittuario e vi rimase fino al 1960 La musica degli spari era ben diversa da quella che l’altro figlio Rino. Ha sempre lavorato in ceramica Dino Fontanazzi, Ines Ciamaroni, Giancarlo e Mario. ed ha sposato Graziel- Sotto Mario Iattici, Ettore Andreoli, Franco Iattici e la Martelli; due i figli: Antonio Pigoni Cristina e Lara. Fran- di argilla disseminate nelle colline che guardavano ca è stata alle dipen- quello che sarebbe diventato il distretto ceramico denze delle ceramiche più importante al mondo. Il segreto di queste cera- Cerdisa e poi dell’Iris. miche sta appunto nella materia prima utilizzata, Ha sposato Enzo Deb- l’argilla del luogo. Due i figli di Franca e Enzo: Sil- bia, titolare di un’atti- via e Gabriele. Quest’ultimo, fin da piccolo, matura vità di ruspista. una grande passione per le moto. A metà degli ani Era un mestiere duro, ‘80 le prime gare: nel 1989 arriva il titolo europeo un mestiere che face- nella classe 125 e nel 1989 il debutto nel Mondiale va sudare e fa venire i della 125 su Aprilia. Il 1991 è il suo miglior anno calli alle mani. Un la- poiché si classifica quarto in campionato e ottiene il voro faticoso nelle cave suo primo podio nel motomondiale grazie al terzo posto conquistato nel gran premio di Cecoslovac- Anna Venturelli, Dino Fontanazzi, Ines Ciamaroni e Savino Franca Fontanazzi e Graziella Brugioni Dino Fontanazzi chia. L’anno seguente ottiene il suo secondo podio Fontanazzi

50 51 Francesco Cuoghi. Mezzadro e poi coltivatore di- menti. Si trattava di un’automobile super utilitaria, retto, Francesco era marito di Vittoria Chiesi e as- i cui costi di acquisto, uso e manutenzione, erano sieme a loro due i figli Giacomo, Anna e Franco. compatibili con il bilancio della nostra famiglia.” Qui si trovava un piccolo agglomerato di case, co- Anche al “Belvedere” si viveva di mutua assistenza. nosciuto come “Belvedere”: fino a che è stata abi- “Ogni famiglia residente - sottolinea Orianna - ave- tato, ha rappresentato un condensato di storie, di va come obiettivo un tipo di coltivazione dei campi vita, espressione del duro lavoro di chi aveva terreni compatibile con il territorio basato su un perfetto da coltivare e anche di chi già era alle dipenden- equilibrio tra natura e attività umana; un sistema ze di qualche industria ceramica e della scuderia produttivo che aveva nella catena terra-prato-be- Ferrari di . Un complesso con strutture stiame la sua fertilità. Poi c’erano i rapporti fra le abitative per affittuari, con stalle, e altri fabbricati, persone dove tutti aiutavano chi aveva bisogno. granai, fienili, porcili e piccoli porticati raggiungi- Non si trattava di una comune anni ‘50 o ‘60, ma Enzo Debbia Franca Fontanazzi e bile anche da Via delle Vigne. La casa, allora, non Maria Ferrari sulla cima del Maria Ferrari, Orianna e di autentici gesti di solidarietà - dice Orianna - nei Gabriele Debbia era un fine, ma un mezzo per vivere strettamente “Belvedere” Fernando Lorenzi confronti di chi viveva un momento di criticità.” quando con la moglie Maria Toni e i figli Giovanni legato alla terra e al proprio lavoro. Il “Belvedere” di terreno ed avevano parecchi animali da stalla e Sostanzialmente anche al “Belvedere” si stava in e Mansueto si trasferì a Casalgrande. era una piccola comunità che aiutava a capire il cortile”, ricorda Orianna Lorenzi. “Sei erano i figli Dal 1915 al 1959, ha domiciliato qui lo stesso pro- mondo dove iniziava e finiva Via Ruvinello, dove ci della famiglia Giberti. Cinque maschi e una femmi- prietario e coltivatore diretto Giovanni Castelli con si conosceva praticamente tutti e, al bisogno, chiun- na. Fin da ragazzi, erano dei grandi lavoratori, però la sua famiglia formata dalla moglie Celesta Contri que dava una mano a chi ne aveva bisogno, senza non è che a scuola si applicassero molto. Li aiutavo, e dai figli Aldo, Maria e Pia. distinzione alcuna. al pomeriggio, a fare i compiti. Loro ricambiavano Fino al novembre del 1955, al civico 11, aveva casa Anche il “Belvedere” era stato costruito con mate- - ammette Orianna - facendo i lavori nei campi che riali che venivano dalla natura: il pavimento spesso il babbo mi aveva assegnato prima di partire per il in terra battuta, muri di sasso locale, intonaci grezzi turno in ceramica. Falciavano l’erba, voltavano il di calce e talvolta di terra, legname proveniente dai fieno e mi prestavano aiuto nelle mansioni che mi boschi vicini. aveva assegnato papà.” Immigrato nel 1961 da Serramazzoni, qui ha abi- Unico rammarico per Orianna è stato quello di stu- tato Fernando Lorenzi, nativo di Prignano. Con diare in casa senza compagni di classe. “Nessuno lui la moglie Maria Ferrari e la figlia Orianna, poi voleva affrontare la salita per arrivare in Via Ruvi- trasferitasi a Sassuolo dove ha lavorato nel reparto nello e così, a differenza delle mie amiche del centro radiologia dell’Ospedale. Nel 1985, la famiglia di di Fiorano, sono sempre stata sola con i miei qua- Fernando è andata ad abitare in Via Camporosso derni e libri. Allora non c’erano mezzi di traspor- numero 6, sempre a Fiorano. to. Il babbo - continua Orianna - prese la patente “A destra dello stradello che dalla Via Ruvinello nel ‘81, sicuramente per la guida di una moto. La portava al “Belvedere”, stava la famiglia di Ardu- prima macchina, una ‘500, fu acquistata dalla mia Gino Ferrari e Fernando Lorenzi festeggiato Belvedere ino Giberti. Coltivavano un grande appezzamento famiglia nel ‘87 e questo ci aiutò molto negli sposta- l’acquisto della Fiat 500

52 53 spazi personali ben definiti, ma era l’intera struttu- fettura una cena indimenticabile. rito religioso, assieme a invitati e amici, si tornava a All’inizio, come mezzo ra abitativa che univa, anche per le faccende che la Ha abitato lungo la Via Ruvinello, dal 1958 al casa per il pranzo. I nostri parenti abitavano lonta- di trasporto, avevo una natura umana imponeva. 1963, Orilio Bortolotti con la moglie Teodolinda no, e così attorno al tavolo si sedeva chi stava vici- “Vespetta”. Raggiun- “A quei tempi avevamo il gabinetto fuori casa in Bartolacelli e la figlia Viviana. Immigrato da Po- no a noi. La mamma non ci faceva mancare nulla; ta l’età per la patente uso a diverse famiglie. Non c’era riscaldamento se linago, dove era nato nel 1963, Avrebbe trasferito tortellini, lesso, salse e le torte, crostate e belsoni, ho acquistato una Fiat non quello di una stufa a legna che, assieme al ca- poi la propria abitazione a Sassuolo. che cuoceva direttamente nel forno a legna. Non so 500 di colore giallo che mino, non mancava in ogni abitazione. Non posso In questo edificio, come affittuario, è stato di Benia- come le facesse così buone e senza scottarle. Ogni mi è servita molto per dimenticare - asserisce Orianna - la pianta di mele mino Masetti assieme alla moglie Giuditta Di Mar- tanto le controllava e al momento giusto le toglieva gli spostamenti anche lazzarine che si trovava vicino alla pozza d’acqua. co e la figlia Marisa; andarono in seguito ad abitare per poi tagliarle, collocare i pezzi su un piatto largo dei miei famigliari”. Maturavano generalmente intorno all’otto settem- poco distante, ossia nella Villa Botti a fare i custodi. da cerimonia e quindi in tavola per la gioia di noi Gli anni della nascita bre, la grande festa di Fiorano in onore della Ma- Sempre al “Belvedere” hanno avuto casa Giuseppe bambini e dei commensali.” Ccomunione ‘65 del distretto cerami- donna e questo ci riempiva sempre di gioia.” Frassineti con le figlia Linda e Giovanna. Altro inquilino al “Belvedere” è stato Nando Bon- Maria Ferrari, Orianna co rappresentano per I frutti, ossia le mele lazzarine, erano piccoli, rossi “Giuseppe - testimonia Orianna - possedeva una di, assieme alla consorte Marinetta ed il figlio Ro- Lorenzi e Giovanna Frassineti il lavoro delle donne e pieni di semi, con un gusto che richiamava quel- Moto Guzzi sulla quale ci portava a fare dei giretti mano. Anche loro coltivavano del terreno agricolo. lo della mela. Era una pianta di vecchia tradizione su e giù per la Via Ruvinello. Una famiglia, quella Anche Silvio Ciamaroni con la consorte Carolina a Fiorano i cui rami si riempivano completamente dei Frassineti, molto unita alla nostra tanto che del- e i figli Chiara e Guido hanno abitato qui. Gli altri di queste piccole mele rosse, che componevano un le due figlie Linda e Giovanna; una è stata madrina figli Gino, Marina e Ada si erano già sposati e vi- effetto molto bello. Se ne facevano delle marmel- alla mia Cresima, e l’altra partecipe alla mia prima vevano altrove. Gino e Afa avevano continuato la late con un gusto unico. Si potevano accostare a Comunione.” loro attività in agricoltura mentre Marino era stato tutto quello che uno voleva, formaggi in testa, ma Dato il carattere rude del popolo contadino e la assunto da una cera- un pezzo di pane bastava per fare con questa con- poca tenerezza che in genere si mostrava ai piccoli, mica. non fa meraviglia che non vi fossero vere e proprie “Babbo e mamma era- feste per i bambini. no pensionati e non Belvedere Tuttavia, almeno due erano gli appuntamenti for- avevamo terra da lavo- mali che scandivano il cammino delle famiglie, e si rare. Al “Belvedere”, trattava di due riti religiosi: cresima e comunione. come tanti, eravamo Poiché ambedue riguardavano figli ormai abba- semplicemente degli stanza cresciuti, alle soglie dell’adolescenza, si può affittuari. Ho iniziato dire che il cerimoniale di queste feste, e in partico- - dice Ines Ciamaroni, lare quello che riguarda la prima comunione, de- figlia di Silvio - molto scriveva una sorta di prima indipendenza dei figli presto, era il 1974, a adolescenti rispetto alla società. lavorare alla ceramica “Erano appuntamenti molto importanti - conferma Marazzi di Fiorano. Orianna - perché preparati con la partecipazione al Mele lazzarine catechismo ed un’attesa che durava mesi. Dopo il Cresima ‘63 - Linda Frassineti e Orianna Lorenzi Forno Belvedere

54 55 il cartellino alla sera. na e nelle altre Feste a frequentarci e capire perché due completi estra- Fra i lavori a casa e in comandate, e qualche nei si rilevassero, a un certo punto, perfetti l’uno ceramica, iniziavamo frequentazione all’a- per l’altra e si innamorassero. Così - termina Ines prima, finivamo dopo, silo con altre ragazze - arrivò anche il momento del matrimonio che ce- dormivano meno e di Fiorano. Non c’era lebrammo al Santuario di Puianello”. non avevamo tempo tempo per altri diverti- Una bella storia quella di Dino e Ines maturata in libero. Sudavamo la menti”. un periodo dove tutte le amicizie, contatti, cono- giornata sette giorni Una passeggiata lungo scenze, non erano fittizie ma tutte reali. Ci sidi- su sette, senza stacca- Via Ruvinello risultò vertiva con poco. Alle fiere e sagre locali si parte- re mai, neanche al sa- però fatale per Ines. cipava sempre, si incontravano tutti. Molti film si bato e alla domenica. “E’ vero”, dice “per- vedevano nella sala parrocchiale, si pagava molto Non ricordo, quanto Camilla Pellesi, Angela ché trovai marito. Ero meno che andare al cinema a Sassuolo o a Mara- Venturelli; Franca e Cristina tornavo dal lavoro in con Camilla quando nello dove si poteva vedere le proiezioni nelle vere Fontanazzi e Gabriele Debbia ceramica, di essermi arrivò, su una Vespa, “sale cinematografiche”. sbattuta in poltrona, Dino che abitava poco distante dal “Belvedere”, su- Chi abitava in Via Ruvinello poteva contare su tut- senza più muovere un bito dopo la curva dei “Ferri”. Si fermò ed iniziò a to il cibo a km zero nel vero senso della parola; si dito. Non avevamo parlare con Camilla. I due si conoscevano da tem- comprava solo del sale, zucchero, a volte formag- Silvio Ciamaroni, Carolina Canali, Dino Fontanazzi; Ines, Ada, Gino, Marino e Guido Ciamaroni acqua potabile in casa po. Da cosa nasce cosa e così io e Dino iniziammo gio, farina, olio anche se in molti se lo facevano in anni di profondo cambiamento. Fenomeni impo- e - continua Ines - do- casa. nenti, come la fuga dalle campagne, l’inedito ed vevamo andarla a prendere in un pozzo vicino e Al numero 13, dal 1950 al 1978, ha abitato Vit- impetuoso sviluppo industriale, le grandi migrazio- trasportarla con dei secchi. Si lavavano i vestiti a torio Taccini, proprietario del podere, marito di ni interne dai monti e mano, nella bacinella, dal Sud, ebbero un’in- un recipiente che ser- fluenza determinan- viva anche per il no- te sul rapporto delle stro bagno con l’acqua donne col mercato del scaldata sul camino. lavoro, Quando tutto sem- “Eravamo in tante brava finito - aggiunge donne alla Marazzi, Ines - avevo il tempo ma la giornata lavora- di qualche passeggiata tiva - fa presente Ines con la mia amica Ca- Ciamaroni - non finiva milla Pellesi, la Messa quando marcavamo alla domenica matti- Mara Ciamaroni, Monica Bernardoni, Ines Ciamaroni Cristian e Lara Fontanazzi Carolina Canali, Dino Fontanazzi, Ines e Silvio Ciamaroni Famiglia Taccini e amici

56 57 Domenica Grasselli. e Domenica e i due fi- va a indicare la presenza Cinque i figli: Elide, gli maschi: Umberto di più specie nella stessa Giovanni, Elena, Bruna sposò Rina Lomoro e unità colturale, struttura e Umberto. Arrivavano Giovanni portò all’al- tipica delle agricolture da Magreta. Vittorio, tare Olinda Cuoghi che tradizionali. assieme ai figli Umber- di professione faceva la “La mia famiglia col- to e Giovanni, lavorava sarta. Da questa unio- tivava un centinaio di un terreno che scendeva ne nacquero due figli piante da fico”, fa sa- da Via Ruvinello fino a Francesco e Franco. pere Franco, che allora Via delle Vigne. Vitto- Il podere dei Taccini era appena un bimbet- rio si occupava preva- era molto grande ed to. “C’era quello nero Franco Taccini, il cugino lentemente degli ani- Olinda Cuoghi; Giovani, aveva una particolarità: Taccini Francesco e Franco chiamato San Pietro; il Giorgio Gatti, figlio di Elide, mali nella stalla mentre Franco e Francesco Taccini quella di essere coltiva- Verdino che era un fico Antonio e Tina Castelli la moglie era la classica to con una diversità di piccolino, ma dolcissimo; poi c’era il fico normale.” “rezdòra” della casa, sempre pronta ad aiutare il alberi da frutto indicati, a volte, con nomi affasci- A Fiorano, c’è sempre stata la tradizione dei fichi marito e i figli in tante altre occupazione della vita nanti, non di rado legati al territorio, talvolta sino- tanto che un proverbio, abbastanza irrisorio, recita: contadina. La figlia Bruna era andata in sposa a nimi di famose varietà già note e coltivate altrove; “Quelli di Fiorano quando vanno in là mangiano i Aldo Castelli che abitava poco distante. Successi- una presenza, questa, che nei poderi di via Ruvinel- fichi, quando vengono in qua mangiano le bucce.” vamente, assieme ai figli Giorgio, Tina e Antonio lo era normale e non una curiosità come spesso oggi Lo stesso Guido Bucciardi scrive nel libro sulle vi- andarono a stare in Via Marconi, a Fiorano. Apri- accade. La coltura promiscua, base strutturale della cende storiche del Castello e del Santuario dalle ori- Somarina Checca; Giorgio Gatti, Tina Castelli e Franco rono un negozio di frutta e verdura in Via Vittorio- diversità frutticola dei contadini di quegli anni, sta- gini al 1859: “Grande era […] il provento ricavato Taccini Veneto. dai fichi, che ogni mattina, all’epoca della raccolta, Elena si unì in matri- venivano portati sulle piazze di Modena e Reggio e monio con Romolo anche di Bologna ed erano ritenuti i migliori e i più Cappelli. Abitavano in saporiti delle colline modenesi e reggiane.” Camporosso e Romolo E la famiglia Taccini traeva un guadagno proprio fu diverse volte consi- da questo frutto. Dice Franco: “Lo portavamo al gliere comunale non- mercato a Modena, allora in via Menotti. Inizial- ché assessore di Fiora- mente su un carretto trainato da un cavallo e poi no. A “Casa Camàun”, con un camioncino. Spesso salivo anch’io perché così era chiamata l’a- mi piaceva girare e vedere cose nuove.” bitazione dei Taccini, Prugne, amarene, mele e pere erano altre varietà erano rimasti Vittorio coltivate sul terreno di “Casa Camàun” e non po- Antonio e Giorgio Castelli, Giorgio Gatti; tevano mancare vitigni per la produzione del Lam- Olinda Cuoghi, n.n., Domenica Grasselli; Franco, Umberto Franco e Umberto Taccini. Casa Camòun bruscone di Fiorano, Lambrusco Maestri e Barbe- e Vittorio Taccini.

58 59 ra. quanto considerati anche come il ‘borsellino delle Scuola elementare. Da sx: Dallari, “Vendevamo vino - afferma Franco - perché la massaie’ che, dalla loro vendita, potevano ricavare Pigoni, Barbolini, Benedetti Glauco, produzione era tanta e buona. Per trasportare l’u- gli spiccioli necessari per spese secondarie. Corradini, Serafini, Paganelli, va raccolta dai filari a casa avevamo un asino di La carne di pollo, lo spezzatino di coniglio, l’oca Maestro Magni. 2° fila da sx: Mesini, Anderlini, nome ‘Checca’ che cercava di trainare un carretto. arrosto erano tutti piatti che venivano mangiati in Cavani, Ansaloni, Lugari, La salita era molto dura e noi ragazzi spingevamo particolari momenti dell’anno legati ai grandi lavo- Giovanardi. il trasporto per aiutare l’animale nel suo lavoro.” ri stagionali come la mietitura, la battitura, la ven- 3° fila da sx: Benedetti Renzo, Gli animali, soprattutto bovini ed equini, rappre- demmia, ma anche durante le feste come la Pasqua Gibertini, Fioravanti, Vivi, Taccini, sentavano una fonte di aiuto e di reddito irrinuncia- ed il Natale, e a volte anche la domenica. Franco e Brandoli, Tedeschini bile, in quanto ogni famiglia contadina traeva dal Francesco facevano parte di quella che aveva i con- loro allevamento i prodotti necessari per sopravvi- notati di una piccola azienda con ruoli ben deter- vere: il latte per i formaggi e il burro, le uova, la minati. lana per gli indumenti invernali e, ma solo in cir- “Al tempo della fienagione le nostre mansioni erano costanze eccezionali, la carne quando chi poteva - sottolinea Franco - quelle di stare davanti ai buoi ammazzava il maiale. nei campi per evitare che qualche strattone facesse Anche nelle case rurali di via Ruvinello era radi- cadere chi si trovava sul carro a sistemare il fieno. cata la tradizione contadina di avere molti animali Poi, arrivati a casa, salivamo nel fienile a pestare da cortile: i più allevati erano i polli e conigli, ma quanto accatastato, per fare in modo di compat- anche oche, tacchini e galline faraone. Svolgevano tarlo e creare maggiore spazio. Nel tempo libero un’importante funzione nella vita domestica, in si giocava nei campi, nei cortili e lungo la strada.

Scuola media 1968 . In alto, a x: Professore d’italiano, Enrico Vivi, Pio Cavani, Giuseppe Iattici, Agostino Casali, Professore Tecnica, Claudio Colliva e Professore Mazzacani di musica. Fila centrale: Maurizio Boschi, Romano Cerfogli, Renzo Benedetti, Mario Demurtas, Gianpaolo Anderlini, Fernando Lugari, Franco Taccini e Dante Giovanardi. Fila sotto: Ivano Brandoli, Ferraresi, Loris Giovanardi, Ruggero Cavani, Luciano Consoli e Cristiano Ansaloni

Franco e Francesco Taccini al Lago di Garda Casa Monte d’Oro

60 61 5° Elementare Fiorano. In alto, da sx: Dallari, Pigoni, Barbolini, monianza dei mutamenti in atto nell’Italia degli fatto ingresso un quotidiano. Glauco Benedetti, Corradini, anni ‘50. Il 3 gennaio del 1954, dagli studi Rai di E a proposito di televisione ed informazione, in via Serafini, Franco Paganelli e m aestro Torino, cominciano le prime trasmissioni della tele- Ruvinello è nata una delle prime emittenti libere Giancarlo Magni. Fila centrale: visione in Italia. In via Ruvinello non c’era la luce e d’Italia. La sede al civico n. 15, dove dal 1947 al Mesini, Gianpaolo Anderlini, per guardare questa grande novità bisognava anda- 1956, quando poi si trasferì poi a Modena, ha abi- Ruggero Cavani, Cristiano Ansaloni, re in pochissimi locali pubblici che la possedevano. tato il mezzadro Oreste Poli con la moglie Virginia Nando Lugari e Dante Giovanardi. “La corrente - rammenta Franco - arrivò, diretta- Ruozzi e i sei figli: Savina, Maria, Franco, Argenti- In basso: Renzo Benedetti, Gibertini, Fioravanti, Rossano Vivi, Franco mente da Sassuolo; e così nel 1958 la mia famiglia na, Antonina e Angelo. Taccini, Ivano Brandoli e Giuseppe fu la prima ad avere una televisione in casa. Diven- Sul tetto di questa abitazione fu montato il primo Tedeschini ne ben presto il punto di riferimento per parenti, ripetitore di Telesassuolo, Canale 55, allora un’au- amici e residenti della zona. In occasione del Fe- tentica novità dell’informazione televisiva libera stival della canzone italiana di San Remo abbiamo che non fosse la Rai. Era il 1976. In quella che era sempre registrato il tutto esaurito. Nonna Dome- stata la stalla furono montate le attrezzature tecni- nica, nell’occasione, preparava anche una grande che, mentre gli studi per le riprese trovarono spazio torta per tutti gli intervenuti.” in una sala più grande. Ci volle parecchio tempo di Il successo della televisione fu straordinario, e con fatiche, prove, lavoro, prima di poter giungere alle la progressiva estensione dei ripetitori si arrivò a prime trasmissioni sperimentali. Preferivo, a volte, scendere ai Pozzi dell’Olio, per che mi caricava quando riscendeva verso Fiorano. toccare i dieci milioni di telespettatori alla volta. Partirono in pochi: Maurizio Ghinelli, mago della realizzare capanne. Poi si andava in parrocchia per In questo modo evitavo un paio di chilometri di di- Anche i telegiornali intuirono la portata della loro fotografia, titolare della emittente sassolese e regista il catechismo, si giocava e si socializzava con tanti scesa a piedi.” forza ed entrano, finalmente, in milioni di case nel- di studio; Elvio Suozzi, capo squadra tecnica; Erio altri ragazzi. Sono stato premiato, assieme a mio C’è un altro aneddoto che ricorda Franco, a testi- le quali, sino a qualche anno prima, non aveva mai Stecchezzini, direttore responsabile dei notiziari; fratello, per il catechismo: una gita al Lago di Gar- Claudio Medici, coordinatore generale ai program- da.” mi e redattore del notiziario televisivo; Marco Pi- Alla mattina, però, l’obbligo era la scuola per nove retti, Francesco Saffioti e Giuseppe Scarvaci, came- mesi all’anno. Franco ricorda un particolare di que- ramen; Danilo Bertelli, grafico e coordinatore alle gli anni: “All’inizio degli anni ‘60, l’Amministrazio- colonne sonore. ne Comunale istituì una pluriclasse in una struttura Assieme a loro un gruppetto di amici e collaborato- conosciuta come ‘Monte d’Oro’; questo per evitare ri: Leo Turrini e Luigi Giuliani per lo sport; le sorel- il chilometrico andirivieni di tanti scolari dalla via le Olivia, Fiorella, Maria e Giovanna Giannasi agli Ruvinello al plesso di Piazza Menotti.” annunci e alcuni altri, più o meno costantemente “Mia mamma non accettò il trasferimento e mi presenti, a dare una mano dove occorresse. Nel fece rimanere a finire le elementari a Fiorano dove giro di tre mesi, pur con tutti gli inevitabili errori avevo tanti amici. Il caso mi venne incontro. Infatti, derivati dalla mancanza di esperienza specifica nel la maestra che insegnava nella pluriclasse, arrivava Umberto Taccini, Olinda Cuoghi e Franco Taccini sulla via campo televisivo, l’iniziativa interessò a tal punto la a ‘Monte d’Oro’ sulla macchina guidata dal marito, Ruvinello Monoscopio Telesassuolo gente che si sintonizzava sul Canale 55 che si rese

62 63 necessaria una pausa di circa un mese per trasferire Van Acker. Una tristissima fase storica che, fra l’al- Scuola elementare - Da sinistra, gli impianti, dalla sede originaria di via Ruvinello, a tro, consentiva a una parte dei belgi di abbando- fila in alto: Giuseppe Beltrami, Fiorano, in una nuova località più comoda e strut- nare una fatica quanto mai ingrata ed abbrutente, Augusto Nottoglieri, Damiano turata appositamente per ospitare i nuovi studi in nociva, mal retribuita e pericolosa. Noto, Francesco Sernesi, Guidetti, maestra Elena Marmiroli Pini, n.n. via De Amicis, a Sassuolo. Nelle miniere, a prendere il loro posto, arrivarono Giuseppe Barberi, n.n., Giuseppe Al civico n. 17, l’abitazione di Aldo Contri, figlio di gli italiani, affamati di lavoro, ma ignari di quel che Barbieri, Mauro. Fila centrale: Adolfo e fratello di Giulio che abitava poco distante li attendeva. Nelle diverse località minerarie del James Bucciarelli, Giuliano sulla stessa strada. Era coltivatore diretto ed è rima- Belgio, gli italiani finirono ad abitare nelle barac- Calanchi, n.n., Mario Ronchetti, sto sul podere dal 1924 al 1961, assieme alla mo- che, costruzioni di lamiera che durante la Seconda Loris Cuoghi, Tiziano., Albano glie Cleonice Compagni e ai sei figli: Adolfo, Ebe, Guerra Mondiale erano destinate ai prigionieri ed Marchetti e Sergio Giberti. Fila sotto: Clemente, Eros Ferrari, Ferruccio, Giancarlo, Francesco e Luciano tutti, in erano rimaste in piedi anche dopo il conflitto. Alfonsino Balestrazzi, Claudio seguito, emigrati nel comune di Sassuolo. “Il babbo - testimonia il figlio Francesco - ci ha Ferrari e Ferrari. Al n. 19, la famiglia di Giuseppe Sernesi con la sempre raccontato che lavorava a cottimo. Più era moglie Giovanna Toni e i figli Emilio, Francesco, il carbone che riusciva a trovare e maggiore era la Mara e Adelina. Giuseppe aveva abitato al mulino paga. Dopo una decina d’anni di questo durissimo dove rimasero poco tempo visto che si era liberata Giuseppe e Giovanna coltivavano il terreno sco- di Rocca Santa Maria prima di partire alla volta lavoro tornò in Italia con il frutto finanziario di tan- la casa colonica di via Ruvinello, località “Poggio”, sceso soprattutto a frutta. Una piccola parte a fie- del Belgio per lavorare in miniera. È stato uno dei ti sacrifici, ma pagando un pesante tributo di salute acquistata da Giuseppe Sernesi , assieme al podere nagione da destinare alle mucche, ma tutto il resto 223.972 italiani, a fronte di 51.674 rimpatri, che del lavoro svolto in miniera.” di otto biolche, con i risparmi del lavoro in Belgio. era caratterizzato da alberi particolari: “Ad esem- dal 1946 al 1957 sono emigrati, o meglio barattati Giuseppe Sernesi poco dopo il suo rientro sposò Intanto la famiglia si era allargata. pio - spiega Francesco - le prugne di San Pietro, dall’Italia con Bruxelles. Giovanma Toni, figlia di Emilio e Adelina, cono- Erano arrivati i figli Emilio, Francesco, Mara e tra le prime varietà a maturare: la forma dei frut- Era il cosiddetto accordo “uomo-carbone”, siglato sciuti come famiglia con il nome di Migliòun. Adelina. ti era ovoidale e la buccia di colore viola scuro a dal primo ministro De Gasperi e dal suo omologo Hanno fatto i contadini a Montegibbio prima di “Il babbo - evidenzia Francesco - lavorava a turno maturazione completa. Poi i carciofi, i fichi. Due trasferirsi a Fiorano, in ceramica e assieme a mia madre coltivava il ter- vigne - continua Francesco - erano destinate alla in fondo alla “Valle”, reno agricolo, si occupavano della stalla con quattro produzione del Lambrusco di Fiorano, un vino di presso la Villa Toselli, mucche e ai tanti animali da cortile. La mamma, a lunga tradizione. I vitigni avevano un grano roton- Giuseppe fu assunto piedi o in bicicletta, portava il latte appena munto do, piccolo, nero e chiaro: era uva forte, buon sapo- alla Ceramica Balzac in una latteria che si trovava all’incrocio della via re a gustarlo, pieno ma non tanto delicato. Spesso di Spezzano e Giovan- Veneto con via Bonincontro.” veniva usato per fare tagli con vini acquosi di altre na svolgeva i lavori di Un quinto, mezzo quinto, un quarto. Forse mezzo località.” casa. Dopo nemmeno litro di latte. Il lattaio di quegli anni, con abili mani, “Già da bambini - testimonia Francesco - i nostri due anni si trasferiro- svolgeva così il suo lavoro nel silenzio e nella quiete genitori ci insegnarono a rispettare la natura, ri- no nella borgata “Casa delle prime ore del mattino, dove erano soprattutto spettare la terra perché voleva dire dare un signifi- Frullo” di Maranello le massaie a passare dal suo negozio per prendere cato al proprio passato e preparare il nostro futuro. il latte da dare ai bambini prima che andassero a Dettami ricevuti anche a scuola che abbiano fre- Famiglia Giovanna Toni Emilio e Francesco Sernesi scuola e poi per preparare il cibo per pranzo e cena. quentato nel plesso di Piazza Menotti con il piacere

64 65 d’imparare, di vivere il tragitto con altri amici e di via Valle dopo aver attraversato con qualche pate- Rinaldo Pellesi, fare cose che in nessun altro posto si sarebbero po- ma d’animo la Via Vittorio Veneto.” Marta Manelli; tute fare.” “Una volta - testimonia Valter Ronchetti - c’è stato Attilio, Arnaldo, Nino, “Come durante l’inverno - rammenta Francesco - uno che è passato sotto la pancia di un cavallo che Gianni e Marco Pellesi. Sotto Camilla, Loretta, quando la neve veniva accumulata nei pressi dell’al- stava transitando all’incrocio delle due strade.” Rosa, Lisetta e Anna lora ex casa del fascio. Per noi era un divertimento A tutti piaceva moltissimo scendere con le slitte. Pellesi realizzare una specie di pista e percorrerla dall’alto “Di sera arrivavano ragazzi che gettavano acqua verso il basso seduti sopra la cartella di cuoio con sulla strada in modo che ghiacciasse. Questo - ag- dentro libri e quaderni. Neve e ghiaccio - sottolinea giunge Valter - faceva imbestialire gli agricoltori e Francesco - ci permettevano una discesa mozzafia- chi abitava lungo la Via Ruvinello. Più di una vol- to con degli slittini fatti in casa. Erano tempi nei ta intervenivano con zappe per togliere la lastra di quali difficilmente via Ruvinello veniva sgombe- ghiaccio e quindi poter transitare con meno perico- rata immediatamente dalla neve. La coltre bianca li. A correre rischi erano anche le donne. ghiacciava, si induriva e per noi si trasformava in Il freddo era pungente, ma loro, con gli scialli sulle una vera e propria pista. Si partita ‘dai ferri’, o da spalle, le gonne lunghe, le calze di lana e le scar- Casa Fontanazzi e, seduti sugli slittini si arrivava in pe pesanti, passavano con passo svelto lungo la Via Ruvinello. Dovevano raggiungere il centro citta- dino per sbrigare vicende sanitarie della famiglia, fare acquisti di generi indispensabili per preparare da mangiare, andare a messa e nessuno condivide- va la loro fatica.” ceramica. Francesco apprese le prime nozioni della Diventati più grandi anche per i ragazzi di Via lavorazione delle carni presso l’azienda dei Fratel- Ruvinello si aprirono scenari nuovi per divertirsi. li Montorsi, a Fiorano. Attività che divenne la sua “Nella bella stagioni, pur fra mille difficoltà di tra- occupazione primaria e questo dopo un’esperienza, sporto e di portafoglio, qualche volta con gli amici assieme al fratello Emilio, nella conduzione di un - dice Francesco - raggiungevamo la riviera roma- forno per il pane. Francesco sposò Chiara e lavorò gnola e qui incontravamo esperienze nuove come i alla Fioranese per poi diventarne uno dei proprie- locali da ballo, il mare e a far tardi la notte.” tari. Terminate le scuole d’obbligo, per Emilio, France- Emilio, invece, iniziò come tornitore, poi saldatore. sco, Mara e Adelina si aprirono le porte del lavoro. Si unì in matrimonio con Nadia e avviò un forno Negli anni sessanta i giovani hanno cercato un po- per la produzione del pane a Spezzano. sto sicuro e uno stipendio altrettanto sicuro nell’in- Dal 1924 al 1962, è stato in Via Ruvinello Giulio dustria e nel terziario, anziché rischiare il loro la- Contri, figlio di Adolfo, assieme alla moglie Maria Gita al mare: da sx: Giuliano Berretti, n.n., Mario Manelli, Mara Sernesi, Giovanna Toni, Emilio Sernesi, Chiara voro nella insicura vita dei campi. Mara andò in Pia Rocchi e ai figli Vittorio, Walter, Pasquale, Or- Augusto Fioravanti e Francesco Sernesi Grandi, Adelina, Francesco e Giuseppe Sernes sposa a Giovanni Mutolo, iniziarono a lavorare in lando, Oriello, Imer, Caterina e Amelio che poi si

66 67 trasferirono a Sassuo- gneto, frazione montana che dista due chilometri Gianni, Loretta. Anna, lo. Al numero 8 l’abi- e mezzo dal capoluogo di . Lisetta. Rinaldo, Attilio tazione di Pietro Ferra- Del nucleo dei Pellesi faceva parte anche Bruna, ul- Pellesi, Marta Manelli ri. Faceva il bracciante tima di nove fratelli. A ventitré anni Bruna lasciò il e Nino Pellesi, Padre Arnaldo, Marco, Rosa agricolo ed era marito lavoro nei campi e vestì l’abito delle Suore Terziarie e Camilla Pellesi di Ester Olivari. Maria Francescane di S. Onofrio, chiamate in seguito, su era l’unica figlia e la sua proposta, Francescane Missionarie di Cristo. famiglia era arrivata Dopo aver servito per qualche anno i bambini nel 1947 da Maranel- dell’asilo a Sassuolo e a Ferrara, Suor Maria Rosa lo e ripartita nel 1952 si ammalò e fu costretta ad entrare in sanatorio prendendo casa a Sas- (1945) a causa di una grave forma di tubercolosi suolo. polmonare. Dopo 27 anni di malattia, morì a Sas- Nella stessa casa, co- suolo il 1° dicembre 1972, a 55 anni. Il 1° febbraio Suor Maria Pellesi nosciuta come “Ber- 1977 si avviò la causa di beatificazione con il nulla nardona”, risiedeva, osta per l’introduzione del 6 marzo 1981. La pro- dal 1953, Pietro Ladurini morto nel 1963. Era mez- cedura, andata a buon fine, ha portato alla gloria zadro, marito di Maria Migliori: la coppia aveva degli altari Maria Rosa Pellesi, il 29 aprile 2007. quattro figli: Emma, Giulio, Pierina e Renzo. La famiglia di Nino Pellesi, prima di arrivare nell’a- d’Elsa, un piccolo comune in provincia di Siena. pranzo. Un piccolo riposo e Ha abitato a Montecchio, dal 1967, la famiglia di bitazione di Via Ruvinello, all’inizio degli anni ‘50, “Era un grande casale - rammenta Anna Pellesi - poi - aggiunge Anna - Via nuovamente fra le viti Nino Pellesi con la moglie Marta Manelli, sposata si trasferì anche in Toscana, nella località Casale caratterizzato da porcilaie per l’allevamento suini- fino a sera. In mano un paio di forbici o una piccola in seconde nozze dopo che era rimasto vedovo, e i colo. La permanenza durò poco e il babbo decise roncola che servivano a tagliare i grappoli dell’uva. figli Anna, Rosa, Camilla, Loretta, Marco, Attilio di tornare a Pigneto, per trasferirsi in seguito a a Poi la a semina a mano.” e Isetta. Montegibbio. Da qui scendemmo in località ‘La “Il babbo aveva un contenitore - prosegue Anna - Una famiglia numerosa che prima risiedeva a Pi- Busa’, in Via Riola, a Fiorano e, infine, risalendo il che veniva appoggiato all’avambraccio e con passo costone, prendemmo casa in Via Ruvinello.” cadenzato e sempre di uguale lunghezza, avanza- “La famiglia - asserisce Anna - era numerosa e i va lungo il terreno e quasi fosse un gesto di danza miei genitori hanno sempre lavorato nei campi. raccoglieva un pugno di seme poi lo lanciavano in Tanta la fatica, soprattutto nei mesi estivi, dove i avanti. Anche noi figli più grandi avevamo diverse raccolti e la preparazione dei terreni per le suc- mansioni da fare. Una sola bicicletta che è servita a cessive semine impegnavano gli uomini e le bestie tanti per raggiungere le scuole a Fiorano o andare bovine ad ore di lavoro senza possibilità di tregua. a portare il latte al caseificio Andreoli, di Via Mal- Fra i tanti lavori nei campi ricordo la vendemmia musi.” che era un vero rito: partecipavano tutti, genitori e Chi usava la bicicletta in quegli anni, doveva essere figli. Si cominciava di mattino, dopo la mungitura pronto a tappare la foratura, ecco perché portava Casa a Casale d’Elsa Località “La Busa” in via delle Vigne delle vacche, e ci si fermava a mezzogiorno per il con sé un mastice particolare e pezze di gomma che

68 69 venivano incollate sulla camera d’aria per occlude- Anna - al massimo si andava al cinema parrocchiale pata abbastanza di insegnarle. In molti casi non ha re il buco. con le amiche. Passavamo qualche ora a chiacchie- capito che le regole più importanti occorreva inci- “Con la primavera - sottolinea Anna - cominciava- rare ‘dalle suore’ , girando per il centro di Fiorano derle prima nel cuore e nella mente degli uomini, in mo le prime fienagioni, si innalzavano i pagliai da o raggiungendo qualche località vicina. Ogni tanto modo che diventassero patrimonio umano. fieno e si provvedeva a seminare tutte quelle piante ho partecipato a gite parrocchiali, ma fino a quan- Oggi si butta via tutto, allora non si buttava niente, che avrebbero dato dei frutti nel corso dell’estate. do mi sono sposata, il lavoro dentro e fuori casa tutto era unico e indispensabile. “Come le rondini, Nei campi portavo sempre maglie o camicie con le ha sempre occupato il mio tempo. Dovevo aiutare ricorda Anna, che prediligevano anche la nostra maniche lunghe. Non volevo che il sole mi abbron- mia madre, pensare a fratelli e sorelle più piccoli e stalla per nidificare sia per la caccia a tafani e zan- zasse le braccia ed evitare cosi di essere chiamata in far fronte alle necessità d’aiuto che arrivavano dai zare, sia per la possibilità di costruire nidi negli an- modo offensivo ‘contadina’.” campi e dalla stalla” goli più alti fra le travi e il tetto. Tutti i nidi occupati Una testimonianza di come, fino a non molto tem- I figli erano un patrimonio inestimabile: l’unica, l’anno precedente venivano conservati e accessibili po fa, i lavoratori della campagna godevano di una vera, grande risorsa su cui la famiglia costruiva il alle rondini che ritornavano in primavera al loro scarsa reputazione e di poca considerazione nelle suo futuro. Erano altri tempi, meno tecnologici e persone che occupavano gli alti gradini della scala più umani, meno acculturati e più veri. La demo- sociale. Non si diceva forse, sbagliando, per definire crazia ha scritto le sue leggi, ma non si è preoccu- una persona poco educata, che era un contadino? O un villico, cioè un abitante della campagna? Le miserie umane hanno prodotto anche questo modo di pensare che fortunatamente è scomparso, ma Anna Pellesi e amiche al Castello di Montegibbio che ha gravato tantissimo sulla società dell’imme- diato dopoguerra. A quei tempi c’era poco spazio anche per i divertimenti. “Posso ricordarmi ‘Ore liete’, una serata d’intrat- tenimento promossa dalla Parrocchia e che riuniva tantissimi giovani contribuendo anche a far nascere amori e matrimoni. Per il resto, in estate, dopo aver cenato, si usciva dalla casa per incontrarsi con gli amici e le altre famiglie dei poderi vicini nell’aia. Era la nostra piccola piazza”, puntualizza Anna. “Alla sera assumeva una veste speciale divenendo teatro di storie, racconti, fatti di giornata e di Fio- rano e dintorni. Durante l’inverno questi incontri si svolgevano nella stalla, probabilmente il luogo più caldo di tutta la casa.” “Con cinque o dieci lire a disposizione - ammette Camilla Pellesi e Gabriele Debbia Anna Pellesi e Ugo Casali a Ore Liete Anna Pellesi e Mara Vandelli.

70 71 luogo di riproduzione famigliare Poi abbiamo sem- quella manualità e praticità, succhiata dai ragazzi In alto, da sx.:Romolo Francia, pre avuto un cane - termina Anna - che era asso- dell’epoca con il latte materno, che è sbocciata ne- Pio Nicolini,Giuseppe Busani, lutamente necessario ai fini della guardia diurna e gli anni ‘60 e ‘70 la nuova società fioranese, che ha Luciano Busani e Luciano notturna così come i gatti lo erano altrettanto, vista visto l’abbandono della terra e la cancellazione di Vandelli. In basso: Gianfranco Cuoghi, Silvano Iotti,, Luciano la presenza continua e assidua dei roditori.” un percorso secolare. Gatti, Paolo Cuoghi, Andrea Negli anni, fratelli e sorelle Pellesi si sposarono, Chi non era andato a scuola aveva intrapreso la Franchini e Marchi avviandosi a diverse attività occupazionali. Rosa strada del lavoro alle dipendenze di aziende o au- andò in moglie ad Adriano Colombini e la famiglia tonomo. E così quando il miracolo economico del si stabilì a Maranello; Camilla rimase a Fiorano, distretto ceramico si è presentato, si sono trovati in Via Ghiarola, dopo aver sposato Ugo Debbia; pronti e abili nell’aprire capannoni e aziende im- Attilio rimase nella casa di Via Ruvinello assieme prenditoriali che hanno cambiato il paesaggio, le alla moglie Nadia Levrini e sulla stesa strada, ma in tradizioni, il linguaggio, in una parola l’esistenza di un altro edificio, si stabilì Anna dopo il matrimonio un territorio. con Luciano Vandelli. Sempre nella zona del borgo di Montecchio ha Gli anni ’50 e ‘60 rappresentano per il territorio fio- abitato Sebastiano Flori. Veniva, era il 1938, da ranese un momento di grande trasformazione: ar- Lama Mocogno ed è rimasto in Via Ruvinello fino rivano idee, immagini e modelli di comportamento al 1978, data della sua nuovi, ispirati al benessere e al consumo. Si tratta di morte. Coltivatore di- una fase di transizione complessa che conduce da retto era sposato con Domenico Iacaruso, sulla fine del secolo XV o sul una società tradizionale, ancora prevalentemente Maria Bernardi e dal principio del XVI, caduto per non più risorgere; il contadina e votata al sacrificio e al risparmio, ver- matrimonio erano nati territorio dipendente fu aggregato alla parrocchia so una realtà urbana e moderna, caratterizzata da otto figli: Guerrino, di Fiorano. Così, anche ecclesiasticamente, la Chie- nuovi rapporti sociali, dal consumo di massa e da Lorenzo, Aleonide, sa di San Pietro di Montecchio venne infine a far nuovi ruoli generazionali. Sostanzialmente il decli- Pietro, Almerino, Ri- parte di Fiorano, staccandosi da ogni dipendenza no dell’agricoltura si rivela funzionale allo sviluppo naldo, Adele e Lucia. verso la pieve di Rocca Santa Maria. La Chiesa de- industriale. Luciano Vandelli apre un’azienda arti- Qui la Via Ruvinello cadde nel XV secolo, certamente per incuria, ma giana, assieme ai due fratelli, per la lavorazione del scende verso il territo- già da tempo Montecchio aveva conosciuto il de- ferro. Nel tempo libero gioca a calcio, come media- rio sassolese, ma pro- clino: si ricordi infatti che “il Comune di Fiorano no, nell’Associazione Calcio Fiorano dove è molto prio qui esisteva, come nel secolo XIII abbracciava non solo l’intera par- conosciuto ed apprezzato. abbiamo scritto all’i- rocchia di Fiorano di allora, ma anche il territorio Negli anni a seguire, assieme alla moglie Anna e nizio, Montecchio, un di Montecchio.” altri soci, da vita ad uno studio di decoro di pia- borgo importante che, Domenico Iacaruso fa sapere: “Se è vera l’ipotesi strelle in ceramica a conferma di un evolversi del- come scrive lo storico formulata, gli abitanti del Castello di Fiorano sono le diverse opportunità lavorative che allora offriva gli abitanti di Montecchio che hanno abbandonato l’intero territorio delle ceramiche. Ed è proprio da Anna Pellesi e Luciano Vandelli il loro borgo.” Montecchio

72 73 Passo Stretto (Foto Luciano Busani) Casa Bernardona (Foto Luciano Busani)

74 75 periodi a scavare gallerie per le tratte ferroviarie fu mia passione e ragione di vita”, asserisce Pietro. I assunto da una delle prima aziende ceramiche di suoi fratelli scelsero altre strade: Mauro fu assunto quella che sarebbe diventata e conosciuta in tutto il in ceramica. Paolo iniziò a fare il muratore come di- mondo come la “piastrella valley”. pendente dell’azienda dei fratelli Roberto e Gianni La moglie Enrica, invece, come tante altre donne Aristide Storti. di Spezzano, nel periodo della semina del riso (dal- “Ben presto - rammenta Pietro - mi arrivò la car- la fine del mese di maggio, fino ai primi di luglio), tolina di precetto e partii per il militare alla volta di In una pianta settecentesca del territorio di Spezzaia- Castello andava nel novarese a mondare e raccogliere il riso. San Candido, in Val Pusteria, a pochi chilometri dal no, si ha la conferma di come le strade corressero Un lavoro duro, nell’acqua, con un orario che an- confine con l’Austria. Ero alpino e fu un’esperienza vicinissime ai castelli, che rappresentavano anche dava dalle nove alle dodici ore al giorno ed una sola di vita molto importante perché ero uscito da Spez- un presidio per queste vie di comunicazione. sosta per il pranzo a mezza giornata. zano, per la prima volta avevo visto paesi nuovi e, Punto nevralgico era costituito da Rocca Santa Ma- La famiglia di Evangelista Righetti ha abitato anche come me, i miei commilitoni arrivati d’ogni parte ria, sulla cui direttrice si staccava la via del Poggio al “Casinòun”, nucleo abitativo rurale posto dietro dell’Italia.” che univa, probabilmente, il fortilizio medioevale di alla Contrada e confinante con il torrente Fossa. Congedato, Pietro tornò ad abitare a San Valentino Spezzano alla chiesa parrocchiale: un’organizzazio- Tutti i figli hanno frequentato le scuole Menotti di dove rimase per una decina d’anni ad arare, spostare ne urbanistica quasi del tuttoV scomparsa. Spezzano. Pietro, terminato l’obbligo scolastico, ini- e scavare terra. Sposò una del posto, Gina Battistini, Rimangono le due strade sulla collina, alla sinistra ziò a lavorare come trattorista da Luigi Boni; poi, ed i due, assieme ad un’altra coppia di Spezzano, ed alla destra del torrente Fossa; l’una verso la lo- dopo due anni, si trasferì in un’azienda agricola a andarono in viaggio di nozze, passando anche da calità Villa e l’altra verso il Castello di Spezzano, San Valentino, una piccola frazione del Comune di Genova, a Marina di Carrara, a casa della Marietta, passando per l’antica parrocchiale dipendente da Castellarano. una signora nativa di Spezzano, punto di approdo Rocca Santa Maria. Quest’ultima ha sempre rap- “Ero responsabile delle macchine di movimento di tanti giovani sposi e di chi d’estate si permetteva presentato un’arteria importante, anche perché si terra e questa occupazione divenne ben presto la di andare in vacanza. collegava con la Via Motta e la Via per Fogliano. In questo crocevia di strade abitava la famiglia di Evangelista Righetti (vedere anche “Mi ritorna in mente 3”) con la moglie Enrica Trinelli e i figli Pie- tro, Gina, Paolo, Mauro, Giovanna e Giovanni. Erano anni, quelli del secondo dopoguerra, in cui molti erano senza lavoro; una parte di questi disoc- cupati si diressero verso l’estero alla ricerca di for- tuna. Chi rimase trovò occupazione nella trasformazione globale del territorio fioranese, che da agricolo di- venne industriale con la produzione di piastrelle. Famiglia Righetti Evangelista, Enrico, Paolo, Pietro, Mauro, Pietro Righetti al tiro a segno con gli amici Abele Venturelli e Fu così anche per Evangelista, il quale dopo lunghi Giovanna, Giovanni e Gina Pietro Righetti (primo a sx.) con commilitoni al rancio la moglie Marisa di Luigi Giuliani 76 77 Pietro iniziò a fare l’escavatorista anche per l’impre- laboratrice dell’azien- sa edile di Giovanni Gibertini di Spezzano. Venne da. assunto anche da alcune aziende che stavano realiz- Pietro conosceva molto zando l’Autostrada Bologna-Padova; caricava ton- bene le macchine per nellate di ghiaia, ma sempre lontano da casa e dalla movimento terra. Ne- famiglia. gli anni aveva acquisito Aveva poi, con la stessa mansione, un’esperienza di tecniche di scavo con un paio d’anni alle dipendenze dell’Amministra- macchine semoventi, e zione Comunale di Fiorano, capendo qui la po- padroneggiava altret- tenzialità di lavoro che offriva il territorio in totale tanto bene le norma- trasformazione: capannoni, strade e case stavano tive in materia di sicu- prendendo il posto di campi coltivati a frumento, rezza delle costruzioni filari di viti e alberi da frutta. Escavatore costruito da Pietro Righetti Gina Battistini con i figli edili e sulla tutela della Pietro Righetti decise di mettersi in proprio dopo Roberto e Villiam salute e sicurezza dei aver pensato ed analizzato tutte le variabili, met- zialmente Pietro nella sua attività indipendente. In lavoratori in tutti i set- tendo da parte l’idea di un’occupazione con orari seguito, si trasferì con la famiglia in Via Motta, a tori di questa attività. Genova, viaggio di nozze di Gina Battistini e Pietro determinati, e consapevole di dover lavorare tanto. Spezzano, a fianco della Villa Monreali. “Le operazioni di movimento di terra, ossia della ri- Righetti, con gli amici Irmo Ruini e la moglie Ilde Le fondamenta erano solide, l’esperienza maturata “Ho assemblato un escavatore con una pala di 2,30 mozione di porzioni di terreno finalizzata allo scavo, “Si spendeva poco e ci si sentiva come a casa”, ricor- in campo c’era tutta, il lavoro non mancava, se cer- mt. con l’aiuto, per la messa in opera di diversi carico, trasporto, spargimento e compattamento di da Pietro. Erano poche, in quegli anni, le occasioni cato. pezzi, dell’Officina Ferrari & Cigarini, allora con terra, richiedono l’aiuto degli escavatori. Alcuni cre- di incontro tra giovani, sia per il rigoroso e accen- Queste sono state le tappe che hanno guidato ini- sede a Spezzano. Li trovavo - rammenta Pietro - a dono che muoverli sia facile”, commenta Pietro. “In tuato distacco fra uomini e donne, sia per il lavoro Gambettola, centro vicino realtà - spiega - occorre molta esperienza. Si tratta assiduo e la vita molto più isolata, che concedevano a Forlì, da un demolitore di un macchinario pesante e potenzialmente perico- pochissime possibilità di rapporti. soprattutto di mezzi mi- loso per la sicurezza sia di chi si trova a bordo sia, Ancora meno il tempo per divertirsi. Si aspettava litari dismessi dall’eserci- soprattutto, di chi si trova nelle vicinanze. A me è qualche fiera, le sagre nei vari paesi, qualche serata to italiano, mezzi per la sempre piaciuto fare questo lavoro che ho trasmesso danzante in casa di amici e nient’altro. Le vacanze maggior parte reduci dalla anche ai miei figli.” rimanevano un sogno irrealizzabile. Bisognava la- seconda guerra mondia- L’azienda di Pietro Righetti è stata fra le principali vorare per garantire una vita dignitosa alla famiglia. le. L’ho usato per cinque artefici nella realizzazione del Villaggio Artigiano di Pietro e Gina, dopo il matrimonio, per un certo pe- anni e non ho mai avuto Spezzano. Qui, nel 1980, Pietro acquista un lotto di riodo abitarono a San Valentino, dove nacquero i bisogno di ripararlo.” 2.000 mq. e costruisce la sua abitazione ed il magaz- tre figli: Villiam, Roberto e Rita. Il lavoro era tanto, e la zino della sua attività. I figli crescono. Rita sceglie di In seguito la famiglia si trasferì in Viale della Re- moglie Gina diventò col- lavorare altrove mentre prima Villiam e poi Paolo sistenza, a Spezzano e dopo, per un paio d’anni, a Roberta, Ester Fantuzzi, Daniele, Enrico, Gina, Giovanni e Gina Battistini con i entrano in azienda e rinvigoriscono la forza lavoro. Magreta. Villiam Righetti figli Villiam e Roberto Righetti Fondamenta per case e capannoni, posa in opera

78 79 dell’acquedotto, delle Pietro possedesse doti di rabdomante; ossia, colui sto indicava che sotto c’era la conduttura. Fra i tanti Generalmente prima si trivellava il buco sempre di fogne e realizzazione di che aveva la capacità di trovare vene sotterranee di committenti, anche la Sip mi chiamava per poter 1,10 mt. e poi mettevamo i tubi. Nella nostra zona pozzi per l’acqua sono acqua e di condotte metalliche, servendosi solita- individuare cavi sotto terra.” l’acqua, generalmente, la si poteva trovare a 6-8 me- le principali richieste, mente di una bacchetta di legno biforcuta. Nessun potere magico accompagnava questa lavoro tri di profondità.” in quei momenti, di La tecnica era abbastanza semplice: il rabdomante di Pietro Righetti. E la pericolosità degli scavi in profondità emerse, in una clientela sempre teneva per le due estremità lo strumento di legno in “Ho imparato l’antica arte della rabdomanzia - con- Viazza, fra Ubersetto e Cameazzo, alle ore 14 del 2 più vasta. salice e, interpretandone le vibrazioni, era in grado fessa Pietro - apprendendola da alcuni rabdomanti marzo 1972. Un’azienda stava perforando il terre- “A partire dagli anni di individuare i luoghi e la profondità alla quale si esperti nella pratica e disponibili a insegnare la tec- no quando, giunta alla profondità di un centinaio di ‘70 realizzammo un trovano sia acqua che tubi. nica applicata ai potenziali apprendisti com’ero io. metri dal buco, iniziò ad uscire sabbia e acqua con centinaio di pozzi sul “Questa capacità mi è servita moltissimo anche per Ero veramente bravo - ammette Pietro - nel trova- una forza tale da creare un getto alto una trentina di nostro territorio”, te- il lavoro che facevo. Indicavo il punto dove si tro- re vene d’acqua sulla quali scavare un pozzo. Un metri, causato dalla pressione. Andò avanti così per Roberto Righetti stimonia Pietro. “L’ac- vava una vena d’acqua e poi scavavo. Non solo: ri- requisito fondamentale per diventare rabdomante, tanti giorni. qua era indispensabile cordo - continua Pietro - in Via Chianca, a Spezza- che mi ha accompagnato all’inizio, è stato quella di Arrivarono esperti della Snam da Bologna per cer- per l’industria ceramica, le aziende artigiane e com- no, le enormi difficoltà per trovare il tubo interrato abbandonare lo scetticismo e di essere sempre con- care di bloccare la fuoriuscita di materiale misto ad merciale e - dice Pietro - vitale per le famiglie che si dell’acquedotto. Al posto della bacchetta di lego, in vinto dell’efficacia della pratica. Ci mettevo tutto me acqua. costruivano una nuova casa.” questi casi, usavo due piccoli tubi di rame. Li tenevo stesso nell’applicazione di questo metodo antico.” “Non so - dice Pietro - la quantità di bentonite che Oltre ad essere un ottimo escavatorista, pare che nelle mani e quando si aprivano e chiudevano que- Pietro scavava pozzi con un suo mezzo meccanico hanno immesso nel foro. Si tratta di un materiale munito di trivella, facendo in modo che il com- composto da una serie di argille naturali con capa- mittente fosse sicuro che esistessero le possibilità di cità di assorbire acqua rigonfiandosi. Tutto è stato captare nel sottosuolo inutile. Io ero li, sulla ruspa, per togliere la sabbia acque di quantità e di che uscendo dal buco saliva in alto per poi ricadere qualità necessarie. sul terreno circostante. Alla fine, credo con un pic- “Lo scavo di un pozzo colo accorgimento tecnico consistente nell’immis- è un’operazione com- sione di un tubo poi chiuso lentamente, o perché plessa e pericolosa, in dal sottosuolo non c’era più pressione, la situazione cui il minimo errore si normalizzò”. può causare difficoltà. Un lavoro duro quello del ruspista non solo fisica- Noi - attesta Pietro - mente, ma anche a livello di attenzione. “Bisognava eravamo specializzati essere molto concentrati - ammonisce Pietro - e pre- perché disponevamo di cisi quando si bucavano terreni e rilievi, per seguire mezzi, risorse e com- alla perfezione la linea del tracciato. Alla fine avevo petenze inaccessibili ad sempre una grande soddisfazione perché mi rende- un privato inesperto. vo conto che quello che avevo fatto permetteva di Villiam Righetti, Bruna Messori, Rita e Roberto Righetti e portare avanti opere di collegamento fondamenta- Franca Varini Villiam, Pietro e Rita Righetti Fuoriuscita gas e acqua li.”

80 81 L’inizio era alle Case Bianche, una struttura che nel Corrado e Gian Luigi. Nel 1961 si trasferirono a immigrato nel 1945 tempo, da diversi casari. tempo è stata sede delle carceri, di un mulino e poi Sassuolo. da , stava Come Enzo Cuoghi, coniugato con Carmela Mon- è diventata abitativa. Da Monfestino, invece, nel 1952, si trasferì qui l’agricoltore Giovanni tagnani e con il figlio Pietro. Era immigrato nel 1951 Qui stava, fin dalla sua nascita avvenuta nel 1896, Francesco Vandelli che poi emigrò a Sassuolo dieci Valentini, assieme alla da Modena e dopo una decina di anni si trasferì in Ildebrando Valenti, mezzadro, con la moglie Do- anni dopo. Svolgeva l’attività di boaro. Era sposato moglie Giuseppa Gio- un’altra strada. Dal 1953 al 1960, il cascinaio fu menica Vivi e i figli Clemente Maria e Olga. Ilde- con Maria Compagni e la coppia aveva una figlia di vanardi ed ai figli Vin- Erio Giacobazzi, marito di Bruna Borelli e padre di brando oltre a coltivare la terra, al sabato e alla do- nome Mafalda. Anche loro, nel 1961, si trasferirono cenzo, Laura e Renzo. Alfredo e Enza. menica, assieme ai due fratelli faceva il barbiere nel a Sassuolo. Dal 1945 al 1952 ha Nel 1961, e fino al 1972, la conduzione del caseifi- caseggiato di San Rocco. Si trova in un tratto della Via Castello dove si in- abitato qui anche la cio fu affidata a Ennio Caroli, da cinque anni spo- Nel 1965 la famiglia è emigrata a Prignano e un contravano gruppi sparuti o esemplari solitari di famiglia di Francesco sato con Alba Ruini. I due venivano dal territorio anno dopo, al suo posto, è arrivata quella di Ida- splendide querce secolari. Piante molto grandi, om- Vandelli e dal 1958 reggiano: Alba da Casalgrande mentre Ennio aveva rio Flaminio Donadelli che, a sua volta, veniva da breggianti, a testimonianza che nei tempi passato quella di Roberto Ca- abitato prima a Rondinara e poi a Pratissolo. Era Prignano e nel 1964 si è trasferì più a monte, al 75 l’intera zona intorno al maniero fosse ricoperto da Querce lungo la Via Castello vani. garzone a Casalgrande quando accettò l’offerta di di Via Nirano Iº Tronco. Anche lui mezzadro, era questo tipo di alberatura. Ultimo nucleo residen- lavoro da parte di Romeo Montorsi, allora proprie- marito di Luigia Bioli e la coppia aveva due figli: La coltivazione dei campi ne ha decimate parecchie, te quello di Arturo Rinaldi. Era arrivato nel 1925 da tario del caseificio di via Castello. Diomira e Romano. tanto che oggi ne sono rimaste pochissime. Occorre Modena e ripartito nel 1974 alla volta di Fiorano. Ennio aveva appreso l’arte della trasformazione In Via del Castello n. 2 abitava Clotilde Montana- ricordare anche come, durante l’ultimo conflitto, di- Vedovo di Albertina Valenti, aveva un figlio di nome del latte frequentando un corso pratico di caseifi- ri, vedova di Virginio Valmori. Immigrata nel 1938 versi residenti, non avendo il denaro necessario per Ivo. Salendo via Castello, alla destra, si trovava il cio presso la Latteria dell’Istituto Tecnico Agrario da Modena vi ritornò nel 1957; Clotilde aveva una acquistare legna per riscaldare la casa, di notte si caseggiato dove aveva sede il caseificio condotto, nel Governativo “A. Zanelli” di Reggio Emilia; questo figlia di nome Olga. Nel 1950, da Serramazzoni, recassero nelle campagne e con delle seghe abbat- gli aveva permesso di produrre un formaggio mol- venne a dimorare nella stessa casa il bracciante Ma- tessero piante per provvedere alla bisogna. to apprezzato, tanto da risultare vincitore di diversi rio Savigni, coniugato con Mafalda Vandelli e i figli La ghianda, frutto della quercia, veniva utilizza- premi e medaglie d’oro legati alla produzione del ta per l’alimentazione dei suini. L’abbondanza Parmigiano Reggiano. del prodotto messo a disposizione dalla natura era “Un casaro - ricorda Alba Ruini, moglie e collabo- sfruttato proprio nel periodo autunno-invernale che ratrice del marito Ennio Caroli - doveva essere in procedeva e coincideva con le macellazioni e le tra- grado di garantire la produzione di prodotti caseari sformazioni. freschi e stagionati, operando sull’intero processo di Andando verso il castello, sulla parte sinistra della trasformazione del latte: pastorizzazione, cagliata, strada, abitavano alcune famiglie che coltivavano filatura, formazione e stagionatura, utilizzando me- terreni agricoli che, in parte, confinavano con la Via todologie e tecnologie specifiche nelle diverse fasi di Motta. lavorazione. Il racconto dettagliato di questa strada e le informa- Ennio, proprio alla scuola di Reggio Emilia, aveva zioni su questi agricoltori, qui solo citati, sono am- acquisito - spiega Alba - quelle nozioni necessarie di piamente riportati in “Mi ritorna in mente 3”. chimica, microbiologia, zootecnia e di conoscenza Case Bianche Nella casa colonica contrassegnata dal numero 3, Zona Case Bianche della legislazione in materia alimentare così come le

82 83 prietario del caseificio, che saldava il dovuto ad ogni macchinario che bisognava avviare manualmente: contadino.” lo sforzo causò un’ernia a mio marito. Negli alleva- Il compito di Ennio Caroli, coadiuvato dalla mo- menti da ingrasso - pone l’accento Alba - la tradi- glie e due garzoni, ogni giorno della settimana, era zione del suino pesante era legata all’uso del siero quello di controllare le caratteristiche del latte; se- di latte derivato dalla produzione di Parmigiano lezionare il latte crudo adatto alla produzione del Reggiano; la qualità era migliore e derivava proprio formaggio specifico, così come il caglio, enzima di dalla lavorazione di questo tipo di formaggio.” origine animale fondamentale per la trasformazione Anche questo confermava come il lavoro di Ennio del latte in formaggio. Poi, si preoccupava di gestire Caroli e della moglie Alba Ruini richiedesse cono- le fasi di lavorazione e di trasformazione della ma- scenze, esperienza ed impegno. Il casaro doveva teria prima. entrare in sintonia con le sensazioni che il prodot- Attestato di frequenza Istituto “A. Zanelli” di Ennio Caroli “Ogni giorno, il latte della mungitura serale - affer- to gli suscitava per riuscire a trasformare il latte in ma Alba - veniva lasciato riposare sino al mattino in Ennio Caroli con forme di formaggio formaggio e con i derivati, come il siero, ingrassare problematiche relative all’igiene e alla sanificazione ampie vasche, nelle quali affiorava spontaneamente Non solo formaggio in via Castello, ma anche tanti i maiali. delle produzioni e dei luoghi di lavoro.” la parte grassa, destinata alla produzione di burro. suini. “Ne avevamo mediamente duemila”, ricorda Non si trattava dunque di un lavoro meccanico, ma Tutti i contadini della zona del Castello di Spezzano Insieme al latte intero della mungitura del mattino, Alba. “Dovevamo ingrassarli fino a due quintali, e di una vera e propria passione tramandata da anni. facevano affluire il proprio latte al caseificio condot- quello scremato della sera era messo in due calda- durante l’inverno la proprietà li vendeva alla ditta Professione che aveva origini lontane e che univa to da Ennio Caroli e dalla moglie Ruini Alba. ie tronco conica adatte per i formaggi a pasta dura Marani che macellava nella bassa modenese. Li nu- conoscenze antiche con l’utilizzo di strumenti e tec- “Si riceveva direttamente dai contadini due volte tipo grana. Veniva scaldato a legna con fuoco diret- trivamo con il siero che arrivava dalla produzione nologie al passo con i tempi. In via Castello, intanto, al giorno: la prima - asserisce Alba - intorno alle to. Quindi - evidenzia Alba - si procedeva a tutte del formaggio e poi con il granoturco. Ennio Caroli acquistò una sua prima macchina. Si sette e la seconda, dodici ore dopo, alle 19. Il rac- le fasi per la produzione del formaggio, che si con- Questo veniva macinato nel nostro mulino con un trattava di una Fiat 850 e, notizia ancora migliore, colto era di circa otto quintali giornalieri e questo ci cludevano con l’estrazione della pasta, fatta a mano la moglie Alba diede alla luce due figlie chiamate permetteva la realizza- con appositi teli. La mettevamo dentro fuscelle di Patrizia e Claudia. zione di quattro forme legno, pressandola per diventare la forma che tutti Come un panettiere o un falegname, il casaro era di formaggio. Gli agri- conosciamo.” un artigiano, non un artista. Era una persona che coltori avevano sempre “Successivamente - sintetizza Alba - le forme veni- doveva plasmare le materie prime e dare un gusto, con sé un libretto sul vano messe in un magazzino su tavole di legno. Per oltre alla forma, utilizzando le mani, ma soprattutto quale veniva registrato ognuna di esse erano stati necessari circa 550 litri testa e molte ore di lavoro. il latte dato, e anche se di latte, e l’impegno costante dei contadini e di mio “La sveglia suonava ogni giorno alle tre. Il gallo - acquistavano formag- marito. Ogni giorno svolgevamo questo lavoro, con attesta Alba - cantava qualche ora dopo quando gio e burro. Alla fine di gli stessi gesti, con la nostra personale esperienza e noi, assieme ai due garzoni, avevamo già terminato ogni anno era lo stesso sensibilità raggiungendo risultati apprezzabili per di dar da mangiare ai maiali e pulito le porcilaie. Romeo Montorsi, pro- gusti e profumi. Quasi sempre la produzione era ac- Alle sette iniziava il ritiro del latte e quindi la lavo- quistata da Quadri e Montanari, due commercianti razione, con quello della sera prima, del formaggio, Ennio Caroli e Ruini Alba di Fiorano.” Alba Ruini burro, ricotta. Poi, sfatte le forme, pulizia generale

84 85 dei locali. Nel frattempo si mangiava un panino che, bilità a tanti ragazzi di praticare un’attività sportiva. , venne ad abitare Nemesio Peli assieme ai generalmente facevo preparare, verso le 9.30, alla Non solo calcio, ma anche atletica leggera, ciclismo, figli Paolo, Domenico, Bruna e Saulle che nel 1948 drogheria ‘Ed Nadalèin’, a San Rocco. E mentre ruzzola, tennis, pallavolo e nuoto. Fiore all’occhiello emigrò in Francia. tutti si fermavano per il pranzo di mezza giornata, della società è il torneo di calcio ‘Picchio Rosso’, tra- Nemesio era vedovo ed ha vissuto”in famiglia” as- noi iniziavamo a voltare le forme di formaggio. Nel sferte calcistiche all’estero, serate dedicate ai grandi sieme ai figli Paolo e Domenico, quest’ultimo con frattempo - prosegue Alba - salivo in cucina e prepa- campioni dello sport e meeting di atletica leggera. Norma Pagliarini e i figli Giuseppina, Franco e ravo da mangiare, generalmente alle 15.00, quando Ennio Caroli è un protagonista attivo di questo so- Glauco. già le mie figlie erano ritornate da scuola. Finalmen- dalizio sportivo che, negli anni ‘70, riceve il premio Paolo e Domenico, figli di Nemesio, nel 1960 lascia- te per Ennio arrivava un po di riposo, mentre mi Coni, uno dei massimi riconoscimenti a livello na- rono la casa colonica per trasferirsi poco distante, occupavo dei lavori di casa. Verso le 16.30 si ripar- zionale. sempre sulla Via Castello, in un complesso che ospi- tiva con i maiali, ritiro del latte e, alla fine, nuova L’esperienza nel mondo dello sport ed il contatto tava per la metà un caseificio e per l’altra metà le pulizia dove si era lavorato. Si finiva verso le 22.30 e coi giovani inevitabilmente influiscono anche su En- abitazioni delle due famiglie. I due fratelli avevano - conclude Alba - non c’era tempo per la televisioni nio Caroli, che per alcuni anni pratica il ciclismo Giuseppe Tigri, Ennio Caroli e Primo Bonacorsi acquistato dai Conti Pignatti un podere di circa otto o anche pensare a qualche divertimento.” amatoriale. La passione e l’amore non gli mancano. ettari posto fra il castello e la via per Nirano. Nel 1973, anche per Ennio e Alba, assieme alle fi- La moglie Alba gestisce il negozio ed Ennio, du- to ad aiutare, e che con la loro concreta generosi- Paolo si sposò con Ida Fantini e i due ebbero quattro glie Patrizia e Claudia, la vita cambia. La famiglia rante il tempo libero, pedala, senza dimenticare di tà hanno dato un buon esempio pratico di come si figlie: Antonella, Rita, Franca e Daniela. Una fami- lascia il caseificio di via Castello e apre un negozio di essere sempre disponibile nei confronti di persone possa soccorrere il prossimo non solo mettendo a glia contadina che viveva in simbiosi con i campi e generi alimentari alla Contrada di Spezzano. Orari e associazione, che avevano spesso bisogno. Si può disposizione beni materiali, ma anche competenze le rotazioni delle colture, con i ritmi dati dalle sta- di lavoro più umani, ed Ennio aumenta il suo coin- ben dire che Ennio Caroli, assieme alla sua famiglia, ed energie. gioni. Una vita fatta di piccole cose e tanti sacrifici volgimento come dirigente della Società Sportiva sia stata una di quelle persone (e fortunatamente a Finita la guerra, nel 1946, al civico 8, immigrato da da parte dei genitori. “Nella stalla avevamo sette, Spezzano, nata nel ‘69, impegnata nel dare la possi- Spezzano ce ne sono state tante) che hanno aiuta-

Ennio Caroli con la prima macchina Fiat 850, davanti al Ennio Caroli, Primo Bonacorsi, Arturo Merzario e l’Ing. Ennio Caroli con la maglia del Pedale Fioranese assieme a caseificio in via Castello. Ennio e Claudia Caroli davanti al caseificio di via Castello Mauro Forghieri Irmo Ruini e Ivano Venturelli.

86 87 che vino per uso famigliare”. “Non poteva mancare tempo della mietitura quando preparavamo i “li- una bottiglia di “rosso” in tavola così come - afferma gamber” (fustelli) con le spighe che poi servivano a Rita - quando portavamo il cesto per la colazione al tenere stretti i covoni. La mietitura era un periodo papà Paolo che stava falciando l’erba per il fieno o di grande occupazione per il babbo e lo zio Dome- le spighe di grano nei campi che pare non avessero nico; la raccolta del loro grano non era semplice, mai fine. Gnocco fritto, crescentine, salume, uova e ma richiedeva grande specializzazione e notevole formaggio erano gli alimenti essenziali che mamma conoscenza tecnica dell’uso della falce. Movimenti e Isa preparava. La fatica era tanta e un buon bicchie- i gesti - spiega Rita- erano veloci, ma anche soggetti re di vino rosso contribuiva a dare nuove forze oltre a ritmi massacranti, scanditi dal sole. Era un lavoro che a dissetare”. Le sorelle, per quel che potevano, durissimo: il caldo, la posizione costantemente curva aiutavano i genitori. In modo particolare Antonella della schiena, l’assenza di ripari e la necessità di fare e Rita che erano le più grandi. “Si dava il becchime presto. I covoni - evidenzia Rita -venivano sistemati alle galline del pollaio, portavamo - spiega Anto- sul campo uno davanti all’altro con le spighe rivolte nella - la legna per la cucina; pestavamo il fieno sul verso l’alto, per facilitare lo scivolamento dell’acqua Complesso rurale con caseificio e abitazione di Paolo e Via Castello 4, ex vecchio mulino, modificato in casa rurale carro, assieme a nostra cugina Neris, in modo di tra- in caso di pioggia, in attesa di essere trasportati con Domenico Peli della famiglia Peli Domenico sportarne a casa il più possibile e stessa operazione il carro sull’aia per la trebbiatura”. otto mucche che ci davano il poco latte necessario comandata diffusione“.. Per i modenesi sicuramente nel fienile per compattarlo, aiutavamo la mamma Antonella, Rita, Franca e Daniela hanno frequen- per la famiglia e il resto lo conferivamo al caseificio potrà sembrare più famigliare la parola Tarbianèin nei lavori domestici…. tutte minuzie, che in realtà, tato prima le scuole elementari Ciro Menotti di a fianco della nostra abitazione”, ricorda Antonella. (dialetto modenese) altro modo tutto locale per chia- ci rendevano partecipi e corresponsabili alla vita di Spezzano. Antonella e Rita, in parte, anche quelle “La coltivazione dei terreni - aggiunge - era finaliz- mare questo vitigno che di fatto dal 2009 è iscritto famiglia. Ricordo sempre - continua Antonella - al di Polinago ospiti della nonna. “Si andava a pie- zata alla produzione del foraggio, dell’orzo e non al Registro Nazionale delle Varietà di Vite con il di e lungo il percorso incontravamo i nostri amici mancavano alcuni filari d’uva. In modo particolare nome di Trebbianina. Per quanto riguarda il vitigno coi quali percorrevamo prima la Via Castello e poi “Uva d’oro” e “Trebbiano di Spagna” che è stato il Uva d’Oro, pare sia stato importato dalla Francia quella per Nirano e, infine, via del Mulino fino al primo vino ad entrare nel disciplinare per la produ- verso la metà del ‘500. Le sue barbatelle - narra la plesso scolastico”, rievoca Franca. “Un giorno, as- zione dell’aceto balsamico”. leggenda - sembra fossero parte della dote nuziale sieme alla mia amica Claudia Caroli, figlia del casa- A proposito dell’importanza di quest’uva, Giorgio della principessa Renata di Francia, sposa nel 1528 ro Caroli, abbiamo marinato le lezioni. Decidemmo Gallesio (1839) durante una visita nella villa del con- di Ercole II d’Este, durante il ducato del padre Al- - menziona Franca - di prendere la carreggiata fra te Salimbeni ha occasione di descrivere le uve bian- fonso I. L’utilizzazione del nome “Uva d’Oro” per i campi anziché la solita strada per raggiungere la che del Modenese, tra cui anche la Trebbiana di molti potrebbe derivare dalla “forza” e vigoria del scuola. La giornata era bella e ci siamo fermate a Spagna: “È un’uva non abbondante in pianura ma vitigno oltre che dalla sua naturale predisposizione giocare sotto un albero dimenticandoci di andare comune nei colli ove produce un vino potentissimo“. a preferire terre forti ed argillose. “Negli anni il bab- a scuola. Quando il sole si fece più alto capimmo Sicuramente calzante la descrizione fatta dall’Ag- bo Paolo e mio zio Domenico - continua Antonella che era l’ora della ricreazione e così mangiammo gazzotti (1867) della Trebbiana di Spagna o Treb- - realizzarono altri due vigneti, uno a testa, e l’uva quello che abitualmente le nostre madri, Ida e Alba, biana romana, di cui dice: “Uva d’insigne merito la conferivamo alla Cooperativa Pedemontana, a ci mettevano in cartella. Con il sole sempre più co- per confezione di vini, e di non mai abbastanza rac- Braida di Sassuolo. Naturalmente si produceva an- Lavoro nei campi in Via Castello cente ritenemmo che alle Menotti stava suonando

88 89 V classe - 1962 - Presenti nella vo che competitivo, sono state eliminate le fasi na- la neve. Avevamo la fortuna - prosegue Daniela - di foto:Rita Peli, Filippo Gilli, Anna zionali. Essi includono varie discipline dell’atletica avere due lunghissimi sci di legno del nonno, mar- Grazia Cassan, Mariangela Fratti, leggera: velocità, mezzofondo, salto in alto, salto in ca Fischer, che usavano per scendere dalla costa dei Giovanna Pinelli, Nini Beatrice, Enzo Bonucchi, Gianni Gardelli, lungo, e lancio del peso e del vortex. Pigoni. Non erano adatti per noi, ma ci si arran- Mario Fontanazzi, Vincenzo Zironi, Aiutare i genitori, la scuola, ma anche la creatività giava nonostante mancassero anche gli “attacchi”. Gian Battista Barbieri, maestra nel trovare un gioco e di inventarne di nuovi, una Ci alternavamo nell’usarli e nell’attesa del turno ci Anna Maria Salpa, Giancarlo serenità di vita che accompagnava le quattro sorelle toglievamo le calze inzuppate d’acqua mettendole Arlandini, Susanna Filippelli, Peli nella loro adolescenza. “I nostri divertimenti - al sole. Peccato - ammette Daniela - che il freddo Miriam Vandelli, Ivonne Giberti, ammette Daniela - erano legati alle stagioni. D’esta- le gelasse, ma era bello sciare così anche con i piedi Cesarina e Marisa Vignudini, Bina te il nostro punto di riferimento era il torrente Fossa freddi. La primavera era il periodo che coincideva Gubertini, Miriam Fantuzzi, Angela Flori e Maria Orlandi dove si faceva il bagno. Tornavamo tutte sporche di con la conclusione dell’anno scolastico, i grandi la- fango e la mamma ci lavava nella bacinella prima vori nei campi, il mese dedicato alla Madonna e il di andare a letto. In autunno le nostre attenzione, risplendere della natura”. o meglio passatempi, erano rivolte ai campi arati I giochi erano diversi. Tutto comunque avveniva dove, fra le zolle di terra, realizzavamo dei picco- all’insegna di una creatività che induceva a conti- li fortini che plasmavamo con dell’acqua. Queste nue scoperte. “Prima di darci la libertà di andare a realizzazioni della nostra fantasia si indurivano divertirci - commenta Daniela - la mamma ci impo- la campanella di fine lezioni e - continua Franca - ci dopo e a quel punto ho deciso, attraverso un buco e creavano difficoltà per il babbo e lo zio quando neva di andare a raccogliere le foglioline delle pian- dirigemmo verso casa. Sbagliammo i tempi e il sole della rete, di scappare a casa e ritornare alla mia dovevano passare con l’erpice che lo utilizzavano, te di acacia che si trovavano lungo la strada dietro al non c’entrava nulla, Mia madre mi chiese i motivi vita che con poco riusciva a darmi molto come la dopo un’aratura, per rompere le zolle e dissodare Castello. Le servivano come cibo per i conigli e solo di un ritorno così in anticipo a casa e viste le mie capacità di autonomia e libertà di godermi la natura il terreno in vista della semina . L’inverno portava quando gli consegnavamo la cesta piena avevamo titubanze mi fece salire in bicicletta. La direzione fu anche senza la giostra”. “Era così vivace mia sorel- il permesso di andare la scuola dove saltò fuori la verità. Debbo dire che la la Franca che - ammette Rita - la mamma quan- per i fatti nostri”- “Ho conclusione fu una sgridata e nient’altro”. do andava a “plèr la fòia” (togliere le foglie) dalle imparato ad andare Non fu, però, l’unica volta che Franca ne combinò piante, la metteva dentro al sacco di juta, assieme in bicicletta da donna una delle sue. “Ho sempre desiderato - ricorda - di al raccolto, pur di controllarla”. Una briosità che stando sempre in piedi. frequentare la scuola materna dalle suore. L’asilo Franca metteva anche nella pratica sportiva tanto Purtroppo - ammette era a fianco delle elementari ed era frequentato da da risultare una delle migliori atlete in occasione dei Rita - non aveva i fre- tanti bambini. Una giostra posta al centro del cor- Giochi della Gioventù, manifestazione per ragazzi ni e spesso la mia corsa tile rappresentava un punto d’attrazione per la mia e ragazze dagli 11 ai 15 anni. La manifestazione fu finiva contro il muro fantasia. Finalmente i miei genitori acconsentirono disputata per la prima volta nel maggio del 1969 ed della stalla. Abrasioni e il mio desiderio si trasformò in realtà. La giostra interrotta nel 1996. Nel 2007, dopo 11 anni d’in- tante, ma bastava un girava e noi ci divertivamo solo che il primo giorno , terruzione e un anno di test event, sono stati nuova- a pranzo, mi servirono del riso bianco da mangiare mente ripristinati con lo slogan “Tutti protagonisti, Premio come miglior atleta Franca Peli. Anno1971: e poi tutti a letto in camerata. Stessa cosa il giorno nessuno escluso”. Nel nuovo spirito più partecipati- da sinistra Ennio Caroli, Franca Peli, Agnani Lina Daniela Peli

90 91 po’ d’acqua per pulirle e nel giro di pochi giorni più grandi per Antonella, Rita, Franca e Daniela si moglie Maria Corradini. Nel 1955 arrivarono da sparivano e lasciavano il posto a quelle nuove”. La aprirono nuove opportunità per il tempo libero. “La Modena e vi ritornarono nel 1967. Quello del do- curiosità dei residenti sul Castello di Spezzano era colonia “Modenese” sulla riviera adriatica era un mestico era un lavoro attivo nelle famiglie importan- tanta per le quattro sorelle Peli. “Spesso, assieme a appuntamento annuale”, conferma Daniela. Negli ti e ricche, ed in questo contesto la figura assumeva mia cugine Giuseppina, andavamo in quella che era anni ‘60 crebbe ulteriormente la notorietà delle co- un valore sociale molto forte. La paga era buona la discarica proprio sotto le mura. Sceglievamo sem- lonie marine a cui venivano inviati bambini di tutte perché includeva vitto e alloggio. Il domestico do- pre le prime or del pomeriggio quando i residenti le classi sociali. Da una mappatura degli anni ’80 veva pensare a tutto. Cuoco, cameriere, lavapiatti, nel castello andavano a fare un sonnellino. Trovava- risulta che sulla sola riviera romagnola ce n’erano tenere pulito gli enormi spazi abitati dai padroni, mo - ricorda Antonella - piccole bottigliette e altre ben 246. Figli di contadini, di operai, di impiegati, rifare letti e accudire al riscaldamento dei locali. cose gettate via perché inutilizzabili dai nobili. Ci grazie alla organizzazione di colonie estive hanno Il Castello di Spezzano come è raffigurato nella Sala delle Molto spesso aveva anche la responsabilità di cani incuriosivano e le portavamo a casa per giocare”. avuto la possibilità di usufruire di vacanze salutari al Vedute del castello stesso e gatti, visto che di cavalli, in quegli anni, non ce Ma non solo l’ambiente esterno era motivo di esplo- mare. “Ricordo l’abbigliamento uguale per tutti che Nel Castello aveva la sua residenza, dal 1937 al n’erano più. razione, anche il mondo animale di casa Peli gode- ci veniva distribuito al nostro arrivo e ritirato alla 1973, data della sua morte, Pignatti Morano conte Per un certo periodo lavorò al Castello, come custo- va di molta curiosità ed attenzione per le quattro fine dei quindici giorni così come le grandi camera- Umberto, sposato con Francesca Aguglia di Roma. de, anche Fausto Scorcioni. Poi, alla stireria, c’era sorelle come veder nascere i pulcini, oppure osser- te assieme ad altre bambine che non conoscevamo La coppia non aveva figli. Nel maniero aveva l’abi- Pia Scorcioni che in seguito sposò Alfonso Vezzalini. vare come la mamma coniglia preparava il nido ai perché non provenivano dal nostro stesso paese. Era tazione, immigrato da Modena nel 1936 e trasferi- C’era anche Nino Borelli. Sposò una Zanasi che fa- suoi coniglietti, andare nella stalla con la mamma l’unica occasione per il babbo e la mamma di fare, tosi nel 1955, anche il fattore Ettore Ronchi assieme ceva la sarta e abitava in quella che era conosciuta o il papà a veder mungere le mucche. Divenute quando ci venivano a trovare, un giorno di ferie. alla moglie Lidovina Morandi e ai nipoti Edoardo come la ‘casa del custode’. Era il responsabile del- Era un momento di grande festa con la mamma che e Carolina. la falegnameria, con un laboratorio all’interno del aveva preparato l’occorrente per un pic-nic tutti as- Il ruolo dei fattori, in quegli anni, era quello di per- Castello dove riparava porte, mobili e quant’altro sieme dove non mancava mai un bel polo fritto”. sonificare il comando. Controllavano l’amministra- di legno fosse da aggiustare. Ha avuto casa anche a Rita e Antonella, le sorelle di maggiori d’età, anda- zione dei poderi per conto dei padroni, e facevano San Rocco, e per un certo periodo di tempo è stato vano al campeggio estivo. “In quel periodo - dice da tramite tra la proprietà e il contadino. Erano se- il custode di Villa Rossi. Rita - erano particolarmente di moda perché ri- veri e autoritari nei confronti di chi lavorava i campi Per tutto quello che riguardava le opere murarie del specchiavano la voglia di semplicità e di stare a con- e non svolgeva bene il suo lavoro. Castello, così come delle case coloniche degli undi- tatto con la natura caratteristiche di quegli anni e In questi casi, non ci pensavano due volte prima di ci poderi e del caseificio, il conte Umberto Pignatti probabilmente anche perché la spesa era contenuta licenziare. Va anche detto che questo non esclude- aveva assegnato il lavoro all’impresa edile di Ettore ed accessibile a tutti”. va che, in altre occasioni, fossero più accomodanti e Storti, marito di Adele Bergonzini, che abitava alla Dalla parte opposta della strada, al civico n. 5, risie- chiedessero al contadino pareri e consigli sulle pra- Contrada di Spezzano. deva il mezzadro Francesco Cappi assieme alla mo- tiche agricole; ricevano anche volentieri le ‘onoran- “Facevamo un po’ di tutto. Ricordo - dice Roberto glie Virginia Franchini e ai figli Norina, Vincenzo e ze’ degli affittuari dei campi che poi passavano, non Storti, figlio di Ettore - che ripristinammo un ap- Anna. Nel 1969 la famiglia ha preso la residenza a sempre, al proprietario. partamento invernale proprio sopra al salone dei Modena (vedi “Mi ritorna in mente 3”). Vennero ad abitare al Castello, dopo la partenza del paesaggi. Un altro intervento importante fu la cre- Rita Peli, Patrizia Caroli (la bimba piccolina), Glauco Peli, Qui ha abitato anche Bruno Bartolamasi. fattore, anche il domestico Costantino Pinelli e la azione di una cantina per la produzione del vino, Claudia Caroli e Franca Peli

92 93 Roberto - del conte Umberto e della sua famiglia ho “La raccolta veniva anticipata o posticipata, tra un bellissimo ricordo”. settembre e ottobre, a seconda della circostanza se Al civico n. 7 della via Castello, dimorava la fami- l’annata fosse stata secca e calda. L’uva - testimonia glia di Alfredo Prini. Fino al 1932 stava a Marano Italo - si pestava con i piedi nella ‘benna’, poi era sul Panaro, e nel 1956 si è trasferito a Modena. Co- messa per due settimane in una grossa botte. Una niugato con Vittorina Messori, due i figli: Anna e volta al giorno bisognava schiacciare le vinacce che Festino. Assieme ad Alfredo, fino al 1954, anche il cercavano di affiorare sul mosto; da questa botte ve- fratello Italo con la moglie Maria Barbieri. Alfredo niva quindi spinato il vino di prima qualità poi le e Italo erano figli di Riccardo e Aldina Rubbiani. vinacce andavano al torchio dove veniva estratto il “Lavoravamo circa 26 biolche di terreno. Il nostro resto del vino.” era uno degli 11 poderi di proprietà dei Conti Pi- Italo Prini ricorda sempre i duri anni della guerra gnatti, dei quali parte della famiglia stava nel Castel- trascorsi in Via Castello. lo di Spezzano, e altra parte a Modena”, rammenta Italo Prini e Maria Barbieri “Episodi - evidenzia ancora oggi con emozione - Italo. che non si possono dimenticare. Come la bomba “Avevamo una nostra stalla che ospitava, in media, con letame e potassa; questa operazione avveniva che un aereo alleato fece cadere sulla abitazione dei sei mucche da latte, vitelli e animali da cortile. Col- dopo la vendemmia in autunno o agli inizi della pri- Manfredini.” Adele Bergonzini, Roberto, Ettore e Giovani Battista Storti tivavamo - aggiunge Italo - alberi da frutta, preva- mavera. A dicembre e a marzo la potatura. Era il 13 dicembre del 1944. proprio al piano interrato della stessa ala del castel- lentemente albicocche, mele e pere. Il nostro lavoro lo. Realizzammo alcune vasche, uno scivolo per l’u- principale, però, riguardava il vigneto che ci dava va e altre opere murarie in quelle che prima erano circa 70/80 quintali di vino. Prevalentemente Lam- probabilmente delle carceri. Chiudemmo anche la brusco, ma anche un bianco Trebbiano che vende- parte terminale del pozzo rasoio che si trovava poco vamo alla famiglia Neri di Lama Mocogno e ad altri distante.” clienti di Serramazzoni. La vigna - precisa Italo - oc- Nella squadra dei muratori dell’impresa di Ettore cupava un posto di rilievo per la nostra famiglia. La Storti, oltre ai figli Roberto e Giovani Battista, an- seguivamo nell’arco di tutte le stagioni con i lavori di che il fratello Dario e, fra gli altri, Adolfo Pierotti ed potatura, legatura e piegatura dei tralci, zappatura Emilio Agnani. del terreno, della cimatura. Con qualche ‘fantoccio’ “Non è che la nostra presenza fosse continua”, di stracci cercavamo di proteggere l’uva dai preda- chiarisce Roberto. “Il conte Umberto ci chiamava tori naturali come gli uccelli.” mostrandoci gli interventi che dovevamo fare. Co- Generalmente, in quegli anni del dopoguerra, la di- struimmo un lavatoio, così come le bordature delle sposizione della vite seguiva uno schema a filari di- aiuole nel bellissimo giardino che circondava il ma- visi in quadrati; al centro veniva messo un ‘ceppo’ di niero. Poi i tanti lavori nelle case abitate da contadi- vite, formato da due-quattro piantine, sostenute da ni, comprese stalle, fienili e depositi. Il rapporto con otto pali: due disposti al centro del filare, accanto al la proprietà è sempre stato molto buono e - chiude ceppo, e gli altri sei ai lati. La vite veniva concimata Iolanda Prini, Aldina Rubbiani, Riccardo e Italo Prini Italo Prini e Miria Barbieri con i figli Riccardo, Luigi e Paola

94 95 Nella mattinata, un apparecchio nemico, sul fondo Fu felice anche la contessa visto che il capitano tede- mani leste, e anche se si ballava troppo stretti. Do- di proprietà del Cav. Domenico Manfredini, in via sco gli aveva requisito, per uso personale, la camera vevamo stare molto attenti a non farci scoprire in del Castello a Spezzano, sganciò una bomba e uno da letto matrimoniale.” atteggiamenti amorosi. Nel ‘53 mi sono sposato con spezzone che colpirono l’aia della casa colonica, a Il protrarsi delle operazioni belliche ridusse progres- Maria Barbieri nella chiesa di Spezzano”, rievoca pochi metri di distanza dal fabbricato rustico com- sivamente le scorte di materie prime, le risorse uma- Italo. prendente un portico, un pozzo e un forno, provo- ne e finanziarie e di conseguenza, negli ultimi due Con gli occhi lucidi ricorda il primo incontro. cando danni ingenti. anni di guerra, gli indici economici in Italia scesero “Maria l’ho vista la prima volta non in un locale da Morirono Ginevra Manfredini, di anni 33, residen- molto al di sotto dei livelli dei precedenti decenni. ballo, ma nell’atrio del Teatro Carani di Sassuolo. te a Modena, coniugata con Ferdinando Cornia, La produzione di frumento nel 1945 registrava ap- Ero con il mio amico Fede Giordani che abitava al sfollata a Spezzano, e il figlio Domenico Cornia, di pena 41 milioni di quintali di raccolto di grano, a Borgo di Spezzano. Stavamo aspettando di entrare pochi mesi. Domenico Manfredini restò ferito. fronte di una produzione di 81 milioni di quintali per vedere un film. Gli confidai che quella ragazza “Successe a poche centinaia di metri da casa nostra, sarebbe stata la donna ideale che avrei sposato. Un e fui tra i primi ad arrivare sul posto e vivere quei desiderio, un sogno che dopo poco tempo si trasfor- terribili momenti, dove i perché rimangono sempre mò in realtà.” senza risposta. Gli aerei - testimonia Italo - avevano Una bella conferma che, nonostante le tantissime spesso il Castello di Spezzano come punto di rife- Riccardo, Luigi Prini e Guido Barbieri situazioni che la vita prospetta quotidianamente, ci rimento. Sapevano che era stato occupato da un siano anche momenti memorabili: come questo, che comando tedesco. Un giorno, un velivolo militare del 1938. Circa 750.000 ettari di terreno coltivato Italo non ha mai voluto dimenticare. passò diverse volte e vedemmo benissimo, stando erano stati interessati dai bombardamenti, da campi Maria abitava con la famiglia in una delle prime sull’altura in cui si trovava il nostro podere, la sua minati o dal passaggio di eserciti, e la capacità pro- case di via Chianca, sempre a Spezzano. Aveva un planata verso il ponte di Spezzano. Il mitragliere a duttiva agricola nel 1945 risultava ridotta del 37% fratello di nome Guido. Il papà Luigi e la mamma bordo iniziò a sparare e uccise una persona che si rispetto al 1938. La fine della seconda guerra mon- Genoveffa Baldelli erano contadini su un podere di trovava per strada. Di notte - aggiunge Italo - non si diale creò nell’animo degli italiani mille speranze doveva tenere la luce accesa altrimenti ‘Pippo’, con che si scontrarono, però, con una realtà difficile e il suo aeroplano, prendeva di mira i lumi che vedeva distante da quella che ognuno aveva immaginato. e difficilmente sbagliava bersaglio, spesso senza sa- Lentamente si ritornò alla normalità. Anche in via pere chi colpiva con i proiettili o le bombe. Oltretut- Castello, sul podere dei fratelli Alfredo e Italo Prini. to, nessuno doveva uscire dopo il coprifuoco perché “Nei fine settimana, quando il lavoro e il portafoglio veniva ucciso. Sono stati anni difficili e brutti - ri- lo permettevano, mi piaceva fare qualche giretto e marca Italo - caratterizzati dalla crudeltà e l’inutilità visitare posti nuovi. Altrimenti andavo a ballare a della guerra. Il giorno dell’armistizio, assieme all’a- Maranello - rammenta quasi con dispiacere Italo - mico Nino Borelli che abitava nella piccola casa del o al cinema a Sassuolo. Le ragazze erano sempre custode del Castello, salimmo sui tetti del maniero accompagnate dalla mamma. Spesso questa, a sua stendendo un enorme lenzuolo bianco come segna- volta, avrebbe voluto ballare, ma ormai le rimaneva N.n. Franco, Guido, Edda, Maria e Maura Barbieri e le di pace e che nessun tedesco si trovava all’interno. Italo Prini, Giovanni Macchioni e Gino Barbolini solo il ruolo ‘ed la vècia’: attenta ai baci rubati, alle Genoveffa Baldelli

96 97 proprietà della famiglia no. do la famiglia si allargava; nella stalla si riunivano presero a mezzadria quando mia sorella Carmen Montorsi. Qui lavora- Italo e Maria hanno avuto tre figli: Luigi, Paola e le donne per rattoppare gli abiti. Ma nella stalla si passò, come cameriera, al loro servizio.” va anche Enrico, fra- Riccardo. Quest’ultimo, dal dicembre del 1987 al amoreggiava, anche, si intrecciavano relazioni so- “Con cinque donne in famiglia, nessuno ti dava del tello di Luigi, rimasto mese di marzo 1989, è stato Sindaco di Sassuolo. ciali con i vicini, si tramandavano storie e credenze terreno da coltivare”, ammette Carmen. vedovo nel ‘44 di Ce- Per due anni, dal 1952 al 1954, abitò in Via Castello legate al mondo contadino. “A quel tempo - spiega - svolgevo il mio lavoro di lestina Baldelli, sorella anche Domenico Manfredini, possidente, coltivato- Da Torre Delle Oche di Maranello, nel 1952, prese cameriera al servizio dei conti Federico e Carla di Genoveffa. Avevano re diretto, sposato con Emma Giuliani. Alla morte casa al civico n. 9 il mezzadro Onorato Castelli con Annoni, a Villa Campori. Erano amici con i conti tre figli: Maura, Edda e del padre nel 1954 subentrò il figlio Alcide che ave- la moglie Ippolita Ferri e i figli Anna, Adriana, Mar- Umberto Pignatti e Francesca Aguglia che stavano Franco. va due sorelle, Ginevra e Luigia. cellina, Carmen, Cleante e Rosanna. al Castello. Saputo dell’interesse lavorativo di mio Un anno dopo il ma- Le case d’abitazione in quegli anni erano, in ge- “A Torre delle Oche - dice Rosanna - i miei genitori padre per un podere di sua proprietà, il conte Um- trimonio, Italo e Ma- nerale, di pietra intonacata parzialmente soltanto coltivavano terreni di proprietà di Ettore Giuliani berto chiese all’amico conte Federico di lasciarmi Franco, Maura, Enrico e Edda Barbieri ria lasciarono i campi all’interno con copertura in lose, composte general- che, fra l’altro, conduceva anche il caseificio. In Via libera per poter andare a fare lo stesso lavoro a casa vicini al maniero spez- mente da una cucina col camino e la stalla al piano Castello i proprietari erano i Conti Pignatti, che ci sua. L’accordo fu trovato e così la mia famiglia trovò zanese e si trasferirono a Ponte Nuovo di Sassuolo. terreno, una o più stanze, dove si dormiva in molti, Italo si occupò prima di un distributore di metano, col fienile al piano superiore e in qualche caso la poi di un magazzino di cemento. Terminata questa cantina interrata. Le finestre erano molto piccole. Il esperienza fu assunto alla Ceramica San Giuseppe cuore della casa era il focolare, leggermente rialzato di Sassuolo e dopo, per 25 anni, rimase alle dipen- rispetto al solaio per permettere più facilmente la denze della ceramica Cisa, sempre lavorando a tur- preparazione delle vivande. Normalmente era cir- condato da sedie dove ci si sedeva per riscal- darsi, ed in prossimità stava un grosso tavolo attorno al quale la fami- glia si riuniva nel pasto principale. La socialità contadina ruotava però anche intorno alla stalla dove si andava per lavo- rare, per sorvegliare le bestie. Qui, spesso, dormivano i figli più giovani quan- Castello di Spezzano, Rosanna Castelli con le amiche Lucia, Onorato Castelli Ippolita Ferri Carmen Caselli Rosanna Castelli e Pina Soragni Giovanna e Ester

98 99 terra da coltivare poco distante al mio nuovo posto divertenti con Lalla. Vicino al ponte levatoio c’era mentari Menotti di Spezzano. Lalla - ricorda sem- di lavoro.” il campo da tennis e tutt’intorno il giardino. Ogni pre Rosanna - era sempre accompagnata dal conte Babbo e mamma nei campi e le figlie al lavoro. Anna pomeriggio facevo la merenda con Lalla e la cuoca Umberto con la moto Vespa. Ho fatto anche un andò a servizio prima dal Conte Camillo Pignatti a dei conti; la Bice ci preparava fette biscottate con paio d’anni nella scuola pluriclasse di ‘Cà dal plè’, Modena, e poi da un’altra famiglia a Milano; Mar- del miele. Le piante e i fiori formavano il nostro am- all’intersezione della via per Fogliano con via Nira- cellina fu assunta come commessa alla drogheria biente congeniale. Una volta - rammenta Rosanna no. Come tutti gli scolari di quel tempo, avevamo un Cavani a Sassuolo, mentre Rosanna, giovanissima, - portammo via le patate dei tulipani per poi riven- unico sussidiario che raccoglieva elementi di gram- cominciò ad imparare e fare la sarta dalla Lena derle a Natale Meglioli, detto Nadalèin, che gestiva matica, aritmetica, geografia e storia. Una scatolina Storti che abitava a San Rocco, prima di andare in un negozio di generi alimentari a San Rocco. Se ne di legno che serviva da astuccio, che conteneva an- sposa a Benito Panini di Modena. accorse il giardiniere, conosciuto con il sopranno- che la matita, la gomma, la cannetta ed il pennino Gli altri, ad aiutare chi aveva bisogno, in casa e fuori. me di umèin, e prendemmo una bella lavata di testa da intingere nell’inchiostro sul banco, Poi il quader- ”Ero piccola quando arrivammo in via Castello, ma dal conte e da sua moglie. Divenuta grande, Lalla no, quasi sempre con copertina nera.” anche i bambini delle famiglia contadine - eviden- si è sposata con il direttore della Buton di Bologna, Esperienze vissute da tutti i figli di Onorato e Ippo- zia Rosanna - non avevano in genere molto tempo ed ho avuto modo di rivederla ancora diverse volte. lita che, terminata la scuola dell’obbligo, iniziarono Castello di Formigine da concedere al divertimento. Costruivamo da soli Mia sorella Carmen è sempre stata in contatto con subito a lavorare. Emblematica la storia di Carmen, i nostri giochi con i materiali che c’erano a disposi- berto e Francesca - testimonia Rosanna - erano stati lei, suo marito e le due figlie.” cameriera prima dei conti di Villa Campori e poi zione, e la fantasia diventava la materia primaria. il padrino e la madrina al suo battesimo, e la presero Un altro aspetto univa Lalla ed i figli di contadini: di quelli del Castello di Spezzano, dove rimase una Stavamo per strada o nei tanti spazi che la natura a vivere con loro a Spezzano. Aveva un’istitutrice quello della scuola. decina d’anni, più altri due quando decisero di tra- concedeva. I giochi più frequenti erano il rincorrer- a sua disposizione. Ho passato momenti veramente “Abbiamo frequentato, pur in classi diverse, le ele- sferirsi a Roma. si, quello del nascondino, il girotondo, il salto della “Grembiule nero, guan- cavallina e qualche bambola di pezza riempita di ti bianche e cresta in te- segatura per noi bambine.” sta. Questa - conferma “Spesso - aggiunge Rosanna - andavo al Castel- Carmen - è stata per lo per giocare con Maria Alessandra, che noi tutti tanti anni la mia divisa chiamavamo Lalla. Era figlia dei conti Carlo e Co- ufficiale. Il mio lavoro al stanza Gentili Calcagnini, proprietari e residenti al Castello iniziò quando Castello di Formigine. Nell’aprile del 1945, Formi- Ivo, il cameriere uffi- gine - ricorda Rosanna - fu colpita duramente dalle ciale, ebbe problemi di incursioni aeree: a causa dello scoppio di una bom- salute. La mia giornata ba nel giardino interno della rocca, crollò la volta lavorativa non ammet- del sotterraneo della torre dell’orologio, adibito a teva pause. In biciclet- rifugio antiaereo: venti persone rimasero uccise sot- ta, di mattino e dopo to le macerie, tra cui i proprietari. Si salvò miraco- aver servito la colazione, losamente la figlia di pochi mesi, la contessa Maria andavo a fare la spesa Alessandra Gentili-Calcagnini d’Este. I conti Um- Scalinata Castello di Spezzano, Rosanna Castelli Cleante Castelli Marcella Castelli Carmen Castelli a Maranello. La cuoca

100 101 rigidità nei comportamenti aumentava a dismisura. Per avere il permesso di parlare con lei, anche i fi- gli - rileva Carmen - dovevano chiedere il permesso ad un maggiordomo. Una mattina, la vidi scendere dallo scalone principale. Nel cortile, era attesa per la colazione da diversi ospiti nobili. Mi accorsi che aveva le scarpe calzate a rovescio, e glielo dissi ad un orecchio. Lei proseguì imperterrita e barcollante, ma il mio rilievo non gli sfuggì.” “Nel pomeriggio fui convocata dal conte Umberto, il quale mi informò che la madre aveva deciso di li- cenziarmi per il mio comportamento. Non successe Carmen e Anna Castelli Cleante, Carmen Castelli, Domenico ‘Surdoun’ e Adriana nulla, ma l’ambiente era quello. Spesso - aggiunge Matrimonio Anna Castelli con Carlo Montorsi Castelli Carmen - nella ‘Sala delle Vedute’ i conti organiz- Bice Gilli, assieme a sua madre, gestiva la cucina cortile come i famosi ‘capponi’ per Natale. Sostan- zavano cene invitando amici e parenti. A volte, a ta- uno con una posata e il leggero rumore era per noi e ordinava l’occorrente giornaliero. I punti d’ac- zialmente, ci si trovava di fronte alla perenne subor- vola, sedevano anche un centinaio di persone, e noi un richiamo ben preciso. Dovevamo servire anche quisto - richiama alla memoria Rosanna - erano il dinazione dei mezzadri nei confronti dell’autorità camerieri sempre pronti a spostare sedie se uno vo- le bevande preferite. La Bice, in cucina, era molto negozio di generi alimentari gestito dalla famiglia del proprietario, o del suo rappresentante che era leva alzarsi o sedersi nuovamente. Sul tavolo tre bic- brava. Per questi pranzi o cene serviva un soufflé Benincasa, conosciuta come ‘Marèin’; prendevo la il fattore. chieri; uno per l’acqua e gli altri due per il vino rosso come antipasto. Poi tortellini o lasagne, seguiti dagli carne alla macelleria Gardelli e quasi sempre c’era “Ricordo benissimo - attesta Rosanna - la cura con e bianco. Bastava che un commensale ne toccasse arrosti. I commensali consumavano caffè e liquori una bistecca di cavallo che piaceva tanto al conte la quale la mamma gestiva l’orto. Tutta la prima nei salotti, dove noi dovevamo essere sempre attenti Umberto; quest’ultimo mi dava una banconota da scelta la dovevamo portare al fattore che, a sua vol- e rispondere ad ogni loro richiesta.” 10.000 lire per pagare gli esercenti. Tutto il resto, ta, la doveva trasferire Storie di vita, seguite negli anni anche del mesto sulle tavole imbandite dei proprietari, arrivava dalle alla cucina del castello. tramonto della nobiltà italiana, una parabola dell’a- ‘onoranze’ portate dai contadini.” Così come il latte fresco ristocrazia che ha interessato anche i conti Pignatti Questi obblighi, sempre a carico dell’agricoltore, di mungitura.” Morano, proprietari dal 1900 del Castello di Spez- facevano parte del contratto fra il proprietario del E al castello si mangiava zano. terreno e chi lo lavorava a mezzadria. Tutta la pro- molto; anche perché, so- Umberto, negli anni ‘60, si trasferì in un grande ap- duzione del podere era divisa a metà fra proprieta- prattutto durante il pe- partamento della moglie a Roma. rio e contadino, ed anche le spese di gestione erano riodo estivo, arrivavano Carmen li seguì e per due anni stette nella capitale divise al cinquanta per cento. Però, c’erano anche diversi parenti nobili da al loro servizio, assieme ad una cuoca. degli obblighi per la famiglia degli agricoltori chia- Modena, Roma e din- “Posso dire - assicura Carmen - che complessiva- mati ‘patti’, ‘regalie’ o, appunto, ‘onoranze’, che torni. mente sono stata trattata bene. Lo stipendio non è consistevano nel regalare al padrone, durante l’an- “Veniva anche la con- mai mancato, così come i contributi versati come no, vari prodotti della stalla, dell’orto e animali da Carmen e Adriana Castelli tessa madre Ottavia e la Matrimonio Rosanna Castelli con Ivano Venturelli lavorante agricola, visto che mio padre era il con-

102 103 duttore di un podere dei conti.” di Serramazzoni la famiglia aveva abitato in una Il momento dell’ingresso nel mondo del lavoro, in Il maniero di Spezzano, secondo la volontà del con- frazione di , poi si trasferì su un quegli anni, iniziava molto presto. Fin dalla tenera te Umberto, sarebbe dovuto diventare un istituto a fondo fra Montagnana e Serramazzoni e qui perse età, i figli aiutavano i genitori nei campi e nella cura disposizione delle persone più svantaggiate. Il pro- la vita il capofamiglia Ermanno Pignattari, colpito degli animali. La famiglia contadina era una piccola getto, per svariate ragioni, non andò in porto. Maria da infarto. azienda fondata sulla mutua assistenza. Estomano ne divenne per alcuni anni la curatrice “Bruno e Guido, i miei due fratelli maschi, lavorava- “La mamma - rileva Maria - aveva un ruolo domi- prima che il Comune di Fiorano, nel 1982, deci- no la terra poco distante dal Castello di Spezzano”, nante e lo esercitava alla luce del suo senso pratico, desse di acquistarlo dagli eredi Anna Maria e Carla rammenta Maria. del vissuto personale caratterizzato anche dalla per- Pignatti. “La coltivavano con alberi da frutto, fienagione e dita del babbo, di un pragmatismo nato e cresciuto A circa dieci anni dalla fine del secondo conflitto grano. Come tutti i contadini avevamo le nostre nel sudore e nella fatica quotidiana. Allora non c’era mondiale, la famiglia di Onorato Castelli e Ippolita mucche nella stalla, animali da cortile e qualche confine tra tempo e lavoro. Le regole erano poche e Ferri lasciò il podere di Via Castello e si trasferì in maiale. Ogni anno ne ammazzavamo uno per le Casa Pignattari ben chiare a tutti: sostenere la famiglia, e crescerla Via Gazzotti, a Colombaro di Formigine. Cambia- necessità della nostra famiglia e riuscivamo anche a rono tante cose e situazioni. vendere qualche suino a chi ce lo chiedeva.” La figlia Anna si sposò con Carlo Montorsi e andò ad abitare a Pozza di Maranello, gestendo un ma- cello. Adriana diventò la moglie di Luigi Cavani e aprì un negozio a Bologna, per poi attivare un salu- mificio per la salatura dei prosciutti a Serramazzoni. Anche Marcellina disse di sì ad Aronne Simonini, di professione chimico, e si stabilì a Colombaro. Ro- sanna, nel ‘63, sposò Ivano Venturelli nella chiesa di . Dal ‘69 al ‘78 gestirono il ristorante ‘Zia Teresa’ a Spezzano, dove la sorella Carmen governò la cucina, grazie alla grande espe- rienza maturata al servizio dei Conti Annoni pri- ma, e Pignatti dopo. Rosanna, in seguito, aprì una stireria. Matrimonio anche per Cleante con Anna Uguzzoni. Lui fece l’autista al salumificio Villani e abitò, con la moglie, a Castelnuovo Rangone. Al posto della famiglia di Castelli, da Serramazzo- ni, ne arrivò un’altra guidata da Albertina Olivieri, vedova di Ermanno Pignattari, con i figli Vittorina, Guido, Bruno, Silvana, Velia, Gina e Maria. Alber- tina acquistò il podere di circa venti biolche. Prima Famiglia Pignattari Vittorina, Gina, Maria, Bruno, Velia, Guido, Gina e Silvana Pignattari

104 105 solida, unita, consapevole della propria forza e della non conviventi. I primi risiedevano nella casa in cui per l’impiego della forza lavoro, facendo sì che a fratelli, portando il latte al caseificio, e svolgendo i propria identità. Mamma - continua Maria - lavora- prestavano servizio, mentre i non conviventi viveva- Fiorano, come a Sassuolo e dintorni, questa trasmi- lavori domestici. Qualche svago - rammenta Maria va al telaio dove realizzava quello che era necessario no al di fuori del luogo di lavoro. grò dalle campagne ai paesi, e molti centri rurali si - era di poter andare al cinema a Maranello e a bal- alla nostra famiglia. Ricordo che con una piccola “Noi sorelle ci trasferimmo “a servizio” a Modena urbanizzarono diventando zone industriali e artigia- lare a Pozza. Per il resto solo lavoro.” asta di legno ci misurava i piedi e poi andava a com- - racconta sempre Maria - per guadagnare un po’ nali. Altre zone, invece, si svuotarono, soprattutto in Nonostante la vita di allora fosse dura, tra i giovani perare le scarpe il più delle volte usate da tutte noi di soldi, che avremmo poi utilizzato sia per il nostro Appennino, andando a scomparire. Maria, su invito c’era anche spensieratezza. Amicizia e solidarietà sorelle” corredo da spose, sia per aiutare la nostra famiglia. di un’amica che poi diventerà sua cognata, iniziò a erano valori a cui si dava molta importanza. Così Quella dei Pignattari era una famiglia numerosa. Eravamo molte occupate. L’unico svago - rievoca lavorare poco fuori Fiorano, alla Ceramica Ragno. come alcune ricorrenze ricordate da Maria. “Con alcune delle mie sorelle - sottolinea Maria - Maria - era la domenica quando eravamo libere da Occupazione che sarebbe durata per ben 33 anni. “Una in particolare riguardava la ricorrenza di andammo a servizio a Modena. Io nell’abitazione impegni. Generalmente lo passavamo dalle suore “Si trattava di un posto sicuro, anche se l’ambiente Sant’Antonio, il 17 gennaio. Era il protettore degli dell’Avv. Ronchi. Aveva tre figli che dovevamo ac- Orsoline, in Via Ganaceto: messa al mattino, bene- di lavoro rispecchiava quello che avveniva in tutte animali domestici: una giornata - commenta Ma- cudire oltre ai lavori della casa.” dizione al pomeriggio e la possibilità di incontrare le ceramiche, che in quegli anni nascevano come ria - particolarmente importante per la comunità Anni nel corso dei quali per tutte le famiglie, special- tante altre persone con le quali chiacchierare. La funghi. Oltre al lavoro, ci si divertiva poco perché contadina. Il parroco di allora, accompagnato dal mente quelle facoltose, un personale di servizio ec- cosa divertente era che, per andare e ritornare dalla al ritorno a casa si doveva aiutare la mamma ed i sagrestano e da un chierichetto, arrivava in ogni cellente era una delle priorità. I lavoratori domestici suore, dovevamo passare nei pressi dell’Accademia casa dei contadini per benedire gli animali. Si re- si potevano dividere in due categorie: conviventi e Militare; i Cadetti ci aspettavano e poi ci seguivano cava nella stalla e, dopo aver recitato con la fami- proponendoci di fare amicizia. Sono rimasta al ser- glia contadina il Padre Nostro, con una benedizio- vizio di questa famiglia, sempre in regola con stipen- ne implorava l’intercessione di Sant’Antonio Abate dio e contributi, per quattro anni prima di ritornare affinché mantenesse in salute gli animali presenti, in Via Castello, a Spez- aspergendo la stalla con acqua benedetta. Poi - con- zano.” tinua Maria - l’Estate di San Martino, che significa- La motivazione della va gioie e dolori per il contadino; erano i giorni in scelta di Maria Pignat- cui si aprivano le botti i e si assaggiava il vino nuo- tari trovava fondamen- vo, giorni in cui contadini a mezzadria dividevano to nei cambiamenti in con il padrone il raccolto dell’anno. Purtroppo, San atto su tutto il territorio Martino aveva anche un altro significato: i contadini pedemontano; la sua che non avevano rinnovato il contratto agricolo an- industrializzazione, in nuale, dovevano lasciare i terreni e la casa, caricare particolare, con l’eso- le poche cose su un carro e traslocare in altri luoghi do di buona parte della per lavorare altri terreni, che il capofamiglia comin- popolazione dal lavoro ciava già a cercare dal 10 di agosto, data in cui gli agricolo verso quello in- veniva comunicato lo sfratto.” dustriale e terziario. Le Nel ‘52, Maria sposa Ennio Ingrami, di professione Silvana, Vittorino, Gina, Maria, Antonella, Gina, ceramiche assunsero un muratore. Anche la sorella Silvana si unisce in ma- Vittorina, Velia con cugine, amici e amiche Vittorina Pignattari ruolo quasi totalizzante, Maria Pignattari e Ennio Ingrami trimonio con Giorgio Flori, pure lui occupato nell’e-

106 107 un negozio di prodot- assieme ad altre quattro famiglie. C’era anche un ti domestici alle Case oratorio, vicino al fiume Dragone, dedicato a San Nuove di Fiorano. Ve- Giovanni Battista fatto costruire da Don Cesare Pi- lia va in sposa a Gio- goni, antenato di questa famiglia, vanni Righetti ‘Sbafi’ e Il cognome Pigoni tragicamente appare anche in apre un’attività di ven- un dolorosissimo fatto accaduto nell’ultimo conflitto dita mangimi, graniglie mondiale. Dopo alcuni scontri avvenuti il 9 marzo e piante, in via 1944 tra formazioni partigiane e truppe G.N.R., in a Pozza di Maranello. cui rimasero uccisi sette soldati nei pressi di Savo- I due fratelli maschi si niero, il 16 ed il 17 marzo altri scontri avvennero sposano: Guido con nei pressi del Monte Santa Giulia dove si erano ri- Oratorio San Giovanni Ernestina, e Bruno tirati i partigiani; qui rimasero uccisi un ufficiale ed La lapide di Cesare e Domenico Pigoni Battista con Maria Bartolacelli. alcuni soldati tedeschi. A questo punto venne fatto Questi ultimi due han- intervenire l’ufficio germanico di collegamento per dendo; su in paese infatti le mitragliatrici si sentiva- Case Pigoni-Peli e Castello di Spezzano no abitato in via Statale Est n. 49, alle Case Nuove l’Emilia, che fece affluire sull’Appennino modenese no dovunque. A Susano, Costrignano e Monchio. di Fiorano, prima di ritornare in via Castello n. 39. un reparto di paracadutisti della divisione corazza- Era quasi sera - rievoca sempre Miro - e incominciò dilizia. Vittorina, invece, diventa moglie di Adelmo Hanno avuto due figli di nome Paolo e Simona. ta Hermann Goring comandato dal capitano Kurt ad arrivare della gente. Un nostro ex cortilante ci Venturelli e la coppia, lavorando un podere, prende Nella grande casa del civico 12, di proprietà di Do- Cristian Von Loeben, accompagnato da reparti del- disse che avevano ucciso anche i miei zii paterni. casa nelle vicinanze di Serramazzoni. Anche le al- menico Manfredini, avevano dimora diversi nuclei la G.N.R. di Modena che si piazzarono a Montefio- Il babbo assieme alla mamma corsero subito a ve- tre due sorelle pronunciano il fatidico sì. Gina con famigliari. Quella di Giuseppe Uguzzoni, arrivato rino e circondarono la valle del Dragone. dere, e quando tornarono erano distrutti dal dolo- Gianni Giovannini. La coppia, negli anni ‘70, apre nel 1946 ed emigrato a Sassuolo nel 1952. Faceva il Così Miro, detto Mirin, allora aveva 9 anni, ricorda re. I nostri parenti, che abitavano nella borgata, ci boaro ed era sposato con Emilia Carnevali; assieme quel 18 marzo: “Al mattino verso le sette, mi sve- spiegarono che, appe- a loro i figli Cristina e Francesco. gliai dal rombo delle cannonate che partivano da na arrivati, i tedeschi Un’altra famiglia era quella del bracciante Gino . Si udiva il fragore della partenza del incendiarono subito la Ferrari. Fino al 1948 abitava a Castellarano, dove proiettile, poi il sibilo quando passava sopra di noi e, stalla con il fienile. Poi fece rientro nel 1953 con la moglie Irma Pellati e i all’arrivo, uno scoppio devastante. Mi alzai in fretta andarono nel cortile figli Anna Maria, Ernestina e Franco. e uscii di casa. Capii - dice Miro - che i colpi erano e fecero finta di but- Terza famiglia quella di Giovanni Pellini, coniugato diretti a colpire le case. Ma quella presa maggior- tare delle bombe giù con Emma Ferrari, e coi figli Laura, Maria, Sergio mente di mira era la chiesetta di Santa Giulia. Dopo dai finestrini e fu così e Vincenzo. Si era trasferito in via Castello nel 1952 mi dissero che Santa Giulia rappresentava il simbo- che mia zia spaventata da Casalgrande. lo della resistenza dei partigiani. Infatti le cannonate chiamò fuori suo mari- Quando la famiglia Prini andò a stare altrove, al non si fermarono fino quando la chiesetta non fu to e suo cognato. Mio suo posto, da Costrignano, arrivò la famiglia di Vito definitivamente distrutta. Nel frattempo, cominciai zio Domenico, quello Pigoni, con la moglie Marianna e i figli Marco e a vedere le prime case bruciare a Savoniero. Poco Vito e la moglie Marianna Miro. Precisamente abitavano nel borgo ‘La Valle’ dopo arrivò un signore e ci spiegò cosa stava succe- Zia Marcellina, Miro, Carlo, Marco e Aronne

108 109 che aveva fatto dodici anni di militare, e mio zio Ce- che andavamo a pascolare le pecore lungo il letto 1944 nella strage di Monchio, Castrignano e Susa- acquistò un terreno della famiglia Martini di Spez- sare, invalido nella mano sinistra perché aveva avuto del fiume. Spesso - racconta Miro - ci trovavamo no. Dopo due anni - spiega Miro - ripresi la scuola zano. Carlo e Adalgisa ebbero cinque figli: Assunta, un incidente sul lavoro e si era tagliato tutti i tendini, insieme, ognuno con le proprie pecore. E ci sfidava- partendo dalla quarta. La quarta e la quinta furono Concetta, Cesare, Vito e Elisabetta, furono costretti ad uscire. I tedeschi li presero subito mo, uomini contro donne a giocare a Capèr. Era un tempo rubato all’agricoltura.” “Intanto - continua nel suo ricordo Miro - il babbo e li portarono vicino ad un rio, e con la mitragliatri- divertimento consistente in 5 sassolini fatti a cubo, “Un giorno mio padre mi chiese se volevo andare in prese atto che la terra che coltivava era troppo poca, ce li uccisero. Lo zio Domenico morì al primo col- con gli angoli smussati come i dadi, poco più di un seminario a . Forse aveva capito, con gran- nonostante avesse fatto il forno, l’ovile, il portico, la po, invece allo zio Cesare spararono una seconda centimetro per lato. de intelligenza, che la mia vita sarebbe stata quella stalla, l’acqua in tutta la casa. Pensò bene di ricerca- volta poi se ne andarono, lasciandolo agonizzante.” “Ci sedevamo per terra intorno a una piazzola. So- di un semianalfabeta, Dissi subito di sì, così per pro- re un nuovo posto e abbandonare quel terreno ripi- Alla fine di questa tragica giornata si conteranno stanzialmente - rammenta Miro - si doveva battere vare. Il primo anno fu un vero inferno. Come scuola do e sassoso, poco fertile, che non permetteva una 129 cadaveri: 71 a Monchio, 34 a Costrignano e 24 la terra per prendere un sassolino e riprendere quel- ero distante dagli altri parecchi chilometri. Italiano decorosa vita alla famiglia.” a Susano, ai quali si devono aggiungere 7 civili uccisi lo buttato in alto senza muovere quelli rimasti.” e latino - rimarca Miro - erano per me animali sco- Vito Pigoni frequentava il mercato a Sassuolo e senza apparente motivo nei giorni immediatamente Intanto gli anni passano. nosciuti e indomabili. venne a conoscenza che due poderi, uno a San Va- prima e dopo la strage, che portano il totale a 136 “Ho vissuto una vita da selvaggio, in mezzo ai bo- Il mio tempo lo occupavo solo per riuscire a recu- lentino e uno vicino al Castello di Spezzano, erano morti. Tra questi poveri morti sono da segnalare la schi ed agli animali, parlando solo il mio dialetto”, perare in queste due materie. Storia e geografia, le in vendita. La scelta cadde su quest’ultimo di venti- presenza di sei bambini di età inferiore ai dieci anni, ammette Miro Pigoni. studiavo di nascosto, di notte nel gabinetto, anche se quattro biolche, di proprietà dei Conti Pignatti, che sette ragazzi tra i dieci ed i sedici, sette donne di cui “Le mie scuole elementari sono state un disastro; era vietato, ma purtroppo per recuperare mi man- acquistò dopo aver venduto quello di Costrignano, una all’ultimo mese di gravidanza, venti anziani ul- prima, seconda, terza con un unico maestro, che cavano le basi. In terza, diedi l’esame e fui rimanda- Vito aveva qualche problema di salute, ma da buon trasessantenni, dei quali uno semi-paralizzato. faceva contemporaneamente tutte tre le classi. Du- to in latino. Mio padre mi disse che per me la scuola capo famiglia, dirigeva l’azienda agricola con l’ausi- Terminato il conflitto mondiale, anche per Miro ini- rante la terza poi, in marzo, uccisero il maestro nella era finita perché i miei fratelli se n’erano andati; uno lio della moglie Marianna e dei figli Marco e Miro. zia il lavoro nei campi. rappresaglia che fecero i tedeschi. Si tratta del ma- fuori casa e l’altro militare. Forse - commenta Miro “Ho assolto il servizio militare negli Alpini, artiglie- “Quando ero ragazzino io e altri miei amici e ami- estro Ceccherelli G. Battista, ucciso il 18 marzo del - l’Angelo del Signore aveva capito che il prescelto ria da montagna a Bassano del Grappa e poi a San non ero io, ma il figlio che sarebbe venuto da me.” Carlo Pigoni, assieme alla moglie Adalgisa, abitò a Susano presso la zia Marcellina. An- che lui era contadino. Dopo un periodo vi- cino ai quattro anni, si trasferì a Spezzano in via Rio Salse, dove

Vito Pigoni Carlo Pigoni e la moglie Adalgisa Miro Pigoni militare Marco Pigoni e Lina Baldoni

110 111 Giorgio a Cremano a fare un corso di radio telegra- fatto con tutte le verdure dell’orto; un po’ di salume fia.” e frutti di stagione raccolti nei campi. Non c’era né “Poi, dopo essere stato congedato, tutto il mio mon- sabato, né domenica; il lavoro - pone in rilievo Miro do - sostiene Miro - era sul podere, all’ombra del Ca- - ci impegnava per tutta la settimana; i momenti di stello di Spezzano. La giornata cominciava al can- pausa erano la messa della domenica e, per il babbo, to del gallo e terminava al calar del sole. La prima qualche partita a carte alla Fredda nel bar Montor- colazione generalmente consisteva in qualche uovo si. Qui scambiava quattro chiacchiere con gli amici. sbattuto con il latte e poi si andava a mungere. Si do- veva portare il latte al caseificio e segare l’erba, per poi trasferirla a casa. Verso le 8 si mangiava: in cuci- na, del gnocco fritto, salumi, formaggio e si ripartiva per i campi fin verso mezzogiorno, a fare il fieno, aggiustare le viti, e svolgere tante mansioni che non ci permettevano nessuna divagazione. Il pranzo di mezza giornata - evidenzia Miro - consisteva prin- cipalmente in piatti di maccheroni e formaggio con il pane che la mamma cuoceva nel nostro forno. Al pomeriggio, dopo un breve riposo di un’ora, si ritor- nava nei campi fino a quando si rientrava, verso le Rabdomante. 17, per la mungitura e la pulizia della stalla. Come al mattino. La cena della sera - sottolinea Miro - il più delle volte era servita con polenta, dal minestrone

Gite parrocchiali di Spezzano Morini Settebello 175 c.c. Pozzo costruito a mano

112 113 nua Miro - perché la nostra era una vita dura; le Canaletto, o nei pozzi d’acqua potabile previo per- mansioni erano molto faticose perché allora non messo dei proprietari. In queste pozze sguazzavano c’erano le macchine agricole per lavorare la terra; il anatre e oche e alla notte le rane si facevano sentire tutto avveniva con la forza delle braccia dell’uomo con il loro gracidio, rumoroso e fastidioso. e degli animali, che in campagna erano indispensa- Un gracidio giustificato dal corteggiamento, duran- bili.” te il quale la rana di sesso maschile cerca di comuni- Il podere di Vito Pigoni, però, non aveva una risorsa care con le femmine. importante: l’acqua. Non solo l’acqua aveva rappresentato un problema. “Andavano a prenderla - menziona Miro - nel poz- “C’erano anche i trasporti di persone e cose - am- zo della famiglia Peli e poi direttamente in quello mette Miro - che segnavano momenti di forte criti- del cortile interno del Castello. Una carenza dif- cità. La nostra famiglia per il trasporto del latte si ficile per la nostra famiglia, alla quale si cercò di Lina Baldoni Marco Pigoni serviva di una bicicletta. Bruno Pignattari. un vicino porre rimedio facendo intervenire un rabdomante, di casa, aveva un bel motorino. Si trattava di un Set- una persona che aveva sviluppato un intuito che gli si provvedeva a murare i primi metri delle pareti tebello Morini 175 cc. Ad un certo punto, decise di permetteva di entrare in sintonia con le vibrazioni del foro scavato (non fu così per quello dei Pigoni), venderlo e lo prese mio padre.” dell’acqua.” per poi scendere ancora a riempire secchi di terra, Il Morini Settebello divenne il mezzo di trasporto Marianna e Vito con i nipoti. In alto a sx Vito Pigoni Utilizzando bacchette era in grado di sfruttare tale che veniva svuotati da chi, sopra, se ne stava fuori della famiglia Pigoni, fino a quando il figlio Marco figlio di Carlo, Marianna Pigoni;, Adele, Vito, Patrizia intuizione come indicatore, per entrare in sintonia dal buco. In seguito, murare ancora un altro settore ebbe un primo incidente a Ponte Dolo. Pigoni. Fila di mezzo Aronne, Stefania Pigoni. Fila di sotto con quella particolare vibrazione che lo portava circolare, ad evitare crolli improvvisi, e scavare di “In quegli anni, un incendio distrusse, causa un Daniele, Cesare, Assunta, Concetta e Nicoletta Pigoni. all’acqua. nuovo per metri e metri in un cilindro di un metro e cortocircuito, la nostra casa dal primo piano fino al Anch’io frequentavo, “Purtroppo - ammette Miro - le bacchette iniziaro- mezzo di diametro. tetto. A ripristinare la struttura - dice Miro - ven- a volte, questo bar. Mi no a vibrare quando il rabdomante si trovò nel cu- Ogni pozzo scavato in qualsiasi piccolo angolo di ne l’impresa edile di Amedeo Ingrami di Fiorano. piaceva giocare a boc- cinotto di casa. Con l’ausilio e i consigli di un geolo- campagna o di paese era ed è rimasto come testi- Fu l’occasione che permise a mio fratello Marco di cette, e stare con gli go, perforammo il terreno,con zappa e badile, poco monianza del valore di un bene come l’acqua. Non venire assunto a fare il muratore. Un giorno, men- amici che mi ero fatto fuori la nostra abitazione. Il diametro del pozzo era mancavano, nei pressi delle case coloniche, compre- tre si recava con la motoretta sul cantiere di lavoro, a Spezzano. di 1,10 mt, e lo realizzammo senza camicia. Dai 10 sa quella di Vito Pigoni. le pozze di abbeveraggio: giunto ad Ubersetto, si scontrò con una macchina. Raramente si poteva ai 14 metri di profondità non riuscivamo a fumare depressioni nel terreno che i contadini impermea- Fortunatamente non si fece nulla. I danni maggiori partecipare a qualche una sigaretta per la mancanza d’ossigeno. Ad una bilizzavano con l’argilla perché mantenessero l’ac- li ebbe il Morini Settebello che, da quel momento, gita parrocchiale dove profondità di circa sedici metri trovammo una vena qua piovana nella stagione estiva, Alcune canalette passò in mia dotazione.” potevano nascere nuo- d’acqua sufficiente, però, solo per la casa e niente al- permettevano in molti casi di raccogliere le preci- “Non avevamo un cavallo per il traino dei carri, e ve conoscenze, stare tro. Scavammo l’argilla fino a venti metri per avere pitazioni dai tetti. Dare da bere al bestiame della usavamo una mucca. Ricordo una volta - sottolinea per una giornata as- un deposito costante d’acqua.” stalla era il lavoro che creava i problemi maggiori, Miro - che il babbo portò del grano al mulino di sieme a tante persone Periodo, quello del dopoguerra, dove ogni casa co- dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico: Spezzano per essere macinato. Lasciò la mucca e e vedere posti nuovi.” lonica aveva il suo pozzo. Era una grande fatica, per quando le pozze si seccavano, i contadini erano il carretto appena fuori e, per far passare il tempo Marco Pigoni militare “Pochi svaghi - conti- realizzarli, scavare con pale e picconi; subito dopo, costretti a prendere l’acqua al torrente Fossa, o dal necessario, se ne andò alla Fredda, nel suo bar pre-

114 115 dalle piante, per poi rivenderle per fare il sidro e così Classe 3° elementare - anno 1964/1065. guadagnare qualche lira.” Prima fila in alto, da sx.: n.n., n.n., Giuliano La gente di allora sapeva quel che doveva e quel Silvestri, Luciano Luppi. Vignudini, Romano che non doveva fare, aveva il senso della comunità Cavani, n.n., n.n., Ottavio Cavani, Mauro Cavedoni, Giorgio Nini, Luciano Mucci, Amedeo e della solidarietà. Per tutti c’era la volontà di vivere Vandelli e la maestra Fiori. Fila in basso, da sx.: un’esistenza dignitosa, rispettata, lontano dallo spet- Emilia Giacobazzi, n.n., Loretta Giberti, n.n., tro della fame e della povertà. Valeria Appio, n.n., Liliana Baldaccini, Luciana Gli uomini godevano di una protezione patriarca- Ciobani, Patrizia Pigoni, Milena Tagliazucchi, le nella quale trovavano sollecitazione e appoggio. Antonietta Valenti, Assunta Pigoni e n.n. Nessuno si sarebbe azzardato a mandare un anzia- no all’ospizio. Gli anziani erano il sale della famiglia. I figli, però, ad un certo punto iniziarono a sposarsi Grotta con la Madonna nel Monastero e a scegliere strade occupazionali diverse da quella Carmelitane Scalze di Sassuolo dei campi da coltivare. Marco faceva il muratore, e ferito, a fare una partita a carte. Al suo ritorno al Miro iniziò a lavorare in ceramica. In via Castello, mulino non trovò più la mucca e il carretto. Trafela- come su tutto il territorio, la manodopera si spostò to giunse a casa ed ebbe la sorpresa di trovarli nel cor- tile. La mucca era tornata da sola conoscendo molto bene la strada.” Queste erano le storie del- la campagna, di gente che aveva come scopo della vita Classe 2° elementare. In alto da sx.: Mastra Annunziata il lavoro e allevare i figli. Tardini, Giovanni Cuoghi Costantini, Gente che possedeva poco: n.n., n.n., Salvatore Carta, Giuliano aveva il lavoro dei campi e Leonardi, Giovani Cavedoni, n.n., le piccole soddisfazioni che 2° Fila: n.n., n.n., Tiziano Bertoni, la vita concedeva. Ma an- Giuliana Giordani e Ivana Gardelli. che chi possedeva doveva Terza Fila: Loretta Scarabelli, Nicoletta Pigoni, Luciana Montanari, Roberta sottostare a precise regole Flori, Claudia Zanella, Mara Candeli, di vita. “I figli dei Conti Pi- Carmen Baldaccini, Marilena Zanetti, gnatti - asserisce Miro - ve- Luciana Luppi, n.n., n.n., Franca Peli nivano a raccogliere mele e Lina Baldoni (prima a sinistra) con il marito Marco Pigoni, primo a sinistra sotto, in pere bacate che cadevano gita con la Marazzi

116 117 Classe 1° elementare - Anno 1963-64. dall’agricoltura all’industria perché, in modo princi- Fila banchi a sinistra: Giuliano Leonardi pale, la redditività che si otteneva lavorando la terra e Salvatore Carta; Loretta Scarabelli e era inferiore ai salari ottenuti in altri settori. Il pode- Roberta Flori; Nicoletta Pigoni e n.n.; re fu dato in affitto ad un’altra famiglia. Marilena Zanetti e Ivana Gardelli; Giovanni Cuoghi Costantini e n.n.. Fila Marco Pigoni fece metà del servizio militare alla banchi a destra: Mara Candeli, n.n. e Scuola Genio di Roma, ed interruppe anticipa- Luiana Montanari, Gigliola e Claudia tamente per l’insorgere di un’ernia. La scuola era Zanella; Carmen Baldaccini erede della Scuola Centrale del Genio di Manziana (Roma) e della Scuola allievi ufficiali di complemen- to del Genio di Verona (poi Pavia). La Scuola centrale formava sottufficiali e militari di truppa nelle varie specialità del Genio, più corsi di aggiornamento per ufficiali superiori e capitani, nonché agli ufficiali di complemento richiamati in servizio che ricevevano la formazione iniziale pres- so la scuola di Verona. Dopo essere stato congedato Adele, Nicoletta, Patrizia Pigoni, la mamma Lina Baldoni. pensò bene di sposarsi con Lina Baldoni ed ebbero Sotto Daniele, Marco e Aronne Pigoni cinque figli: Patrizia, Nicoletta, Adele, Aronne e Da- niele. samente da Pietro Marazzi, si trova nel Monastero “Il babbo fu assunto come muratore alla ceramica Carmelitane Scalze sulla strada di Montegibbio, a Marazzi di Sassuolo e - racconta la figlia Adele - Sassuolo.” vista la sua esperienza L’Ordine Carmelitano ha una storia antica: affonda maturata in prece- le sue radici nella tradizione risalente agli Eremiti denza alle dipendenze della ditta di Amedeo Classe 2° Elementare. Primo Ingrami, gli furono banco, da sx,: Patrizia Pigoni affidati diversi lavori, (fazzoletto attorno alla testa perché non solo in Via Re- in convalescenza da parotite) e gina Pacis, sede sto- Liliana Baldaccini. Nei banchi rica dell’importante si intravedono: Amedeo Vandelli, azienda, ma anche in Luciana Ciobani, Mauro Cavedoni, Ines Scorzoni, Romano Cavani e Ciociaria, ad Anagni, Giuliano Silvestri alla Marazzi sud. Una realizzazione fatta dal Vito, Federico, Cesare, Elisabetta, Assunta, Stefania e Cane Bil babbo, voluta espres- Adele. Sotto; Giovani, Aronne, Nicoletta, Patrizia e Daniela

118 119 del Monte Carmelo (Israele), poi rielaborata e tra- babbo, partecipava a qualche gita promossa dalla smessa in modo personale da S. Teresa. Nel 1954, il Marazzi per i suoi dipendenti. Noi figli siamo tutti dottor Pietro Marazzi offre alle monache un terreno andati all’asilo e poi alle scuole di Spezzano”, asse- di sua proprietà a Sassuolo. risce Patrizia. “Siamo stati fra i primi - ricorda - ad Venduto il vecchio edificio nel 1956, la comunità usufruire del servizio comunale di ‘pronto bus’ per viene ospitata dal dottor Marazzi nella sua villa di i collegamenti con la scuola. Alle medie, in quegli Baggiovara, fino al termine della costruzione del anni, funzionava un taxi, sempre a carico dell’Am- nuovo monastero, dove cominciano ad arrivare le ministrazione Pubblica, per portarci fino a Fiora- prime postulanti. “Il 2 giugno 1959 venne ufficial- no”. mente inaugurato il Monastero all’interno del qua- La nascita dello scuolabus negli anni Sessanta è Matrimonio di Miro Pigoni e Agnese Partesotti le, ancora oggi, si può vedere una grotta con, al cen- qualcosa di più di un semplice nuovo servizio of- tro, la statua della Madonna”, spiega Adele. ferto agli scolari. Non è forse esagerato affermare impegnava dopo l’aratura dei campi”, dice Nicolet- Marco, dopo la non felice esperienza di gioventù che rappresentò una vera e propria conquista so- Famiglia Adelmo Partesotti ta. “Con le zolle realizzavamo piccoli agglomerati di alla guida di una motoretta Morini Settebello, si ciale, in un decennio in cui l’istruzione cominciò a che abitavano nella zona intorno al Castello. Assie- casupole che ornavamo con fiori, sassi e vasellame. mise in sella ad una moto Guzzi: “Gli serviva per essere davvero alla portata di un’intera popolazione. me a questi anche Bil, il nostro cane, parte integrale Sono cresciuta in campagna e se chiudo gli occhi andare a lavorare e anche per gli spostamenti quan- Grazie al ‘pulmino verde’ del Comune di Fiorano, dei nostri passatempi e divertimenti, Questo stupen- mi sembra di sentire tanti profumi: il profumo della do era a casa. La mamma accudiva noi cinque figli, hanno potuto recarsi ogni mattina a scuola decine do pastore maremmano è sicuramente morto quan- stufa a legna, della terra appena arata, dell’erba ta- e di tempo libero ne aveva molto poco. Assieme al di bambini e di ragazzi residenti in zone lontane, a do ha compreso che doveva lasciare la nostra casa.” gliata, del fieno. Stagione dopo stagione la campa- volte impervie, dal plesso scolastico. “Fra questi giochi, ce n’era uno in particolare che ci gna cambiava colore con l’aratura. La stagione era Gli anni ‘60 videro nella scuola elementare le prime sostanziali innovazioni: l’attuazione dell’obbligo di frequenza fino a 14 anni, con cinque anni di scuo- la elementare e tre di scuola media, e l’abolizione dell’esame di ammissione a quest’ultima. Una legge del 1962 prevedeva la cancellazione della scuola di avviamento al lavoro, con la creazione di una scuo- la media unificata che consentiva l’accesso a tutte le scuole superiori. Nello stesso periodo furono au- mentate in Italia le classi miste maschili e femminili, che progressivamente sostituiranno le classi compo- ste esclusivamente da elementi del medesimo sesso. Un trend che inevitabilmente andò a incidere anche Asilo Spezzano. In alto, da sx Cristina Pini, Nicoletta nelle ore libere dei ragazzi: quelle del divertimento. Pigoni, Daniela Peli, Lina Agnani e Baldaccini. Sotto “Il tempo libero - continua Patrizia - lo trascorreva- Patrizia Pigoni e Morena Silingardi mo tutt’intorno a casa, a giocare con tanti coetanei Matrimonio di Miro Pigoni e Agnese Partesotti

120 121 l’inizio dell’autunno, ma pi passati, mi basta interrogare la mia memoria. I Asilo di Spezzano un tempo cominciavano nostri giochi erano frutto di una fantasia infinita, ad arare subito dopo la poiché nessuno di noi aveva molti oggetti di diver- mietitura, nelle ore più timento. E, allora: mosca cieca, nascondino, ruba- fresche. Poi babbo, zio bandiera, palla avvelenata, pegni, palla prigioniera, e nonno passavano con erano i nostri svaghi preferiti che portavamo avanti le zappe, al fine di smi- fino a quando ritornavamo nelle nostre case dove nuzzare le grosse zolle e avevamo tanti doveri da rispettare, poiché doveva- di rimescolare il terreno mo dare una mano non certo piccola in famiglia.” cosparso di letame. Così “Proprio a casa, fuori dalla nostra abitazione, suc- facendo distruggevano cesse un fatto che poteva avere gravi conseguenze”, Agnese Partesotti quando avevamo, per rammenta Nicoletta. “Stavamo giocando, noi so- gioco, realizzato con la relle con altre amiche, quando mi crollò addosso la nostra fantasia.” scala di legno che serviva per raggiungere la nostra “Si andava dalle suore dopo la messa domenicale”, abitazione. Ne uscii con un grande spavento e mal- ricorda Adele. “Qui incontravamo amiche di Spez- concia, a causa di diverse contusioni che passarono zano; si chiacchierava, si preparavano commedie in fretta. Il danno però fu enorme. Oltre che strut- teatrali e si giocava. Realizzavamo anche dei fiori turale anche di condizionamento della nostra vita di carta che, girando per Spezzano, cercavamo di giornaliera. Infatti - prosegue Nicoletta - non siamo vendere per ottenere qualche lira da destinare alle più riusciti a raggiungere il piano superiore e così ci nostra attività. Per sapere come si giocava ai tem- ospitò la famiglia Fratti a dormire.” Non solo cose brutte, ma anche momenti di felicità per i bambini residenti in via Castello. “Non aveva- mo un rapporto diretto con i figli e nipoti dei conti, che passavano il periodo estivo nel maniero”, spiega Patrizia. “Guardavamo oltre alla siepe, ma per noi i giardini erano off-limits. Non potevamo entrare e ogni tanto scambiavamo qualche battuta con una nostra coetanea, figlia del conte, che passeggiava con la governante. Al Castello lavoravano anche la Maria e Gino, che svolgevano le funzioni di dome- stici e custodi. Quando i conti erano ripartiti per Modena o Milano, Maria e Gino - testimonia Patri- Asilo di Spezzano zia - ci hanno fatto visitare tutto l’edificio, dai grandi Miro Pigoni e Agnese Partesotti saloni alle prigioni, dalle camere da letto alla cucina.

122 123 Per noi, ogni volta, era una scoperta di cose scono- messa festiva nella parrocchiale di Spezzano. Miro pendenza dei componenti. tuccio, che poi piano piano riuscimmo a pagare. sciute, interessanti sotto il profilo storico e artistico. iniziò a lavorare alla Ceramica Marca Corona di A Spezzano, Miro e il fratello Marco avevamo com- Assieme a mio fratello Marco ci facemmo la casa Non solo. Maria e Gino, in occasione dell’Epifania, Sassuolo come magazziniere, in attesa di trasferirsi perato un lotto di terra per costruirsi la propria abi- a tempo perso, con tanto sudore e tanta fatica! In si travestivano per non farsi riconoscere, e consegna- alla ‘Marsint’ in costruzione a Spezzano, altro mar- tazione. “Pensammo - spiega Miro - che era arrivato questo stabile avevamo realizzato anche un appar- vano un piccolo regalo a tutti i bambini figli dei con- chio che faceva riferimento alla Marazzi di Sassuo- il tempo giusto per cominciare, anche se di soldi ne tamento per i nostri genitori, in modo che potessero tadini che lavoravano i poderi del conte.” lo. Ad un certo punto, lui e Agnese decisero di spo- avevamo pochini, sì e no per comperare i mattoni. venire ad abitare vicino a noi. Ma loro preferirono Anche Miro convolò a nozze con Agnese Partesotti, sarsi. Cosa che avvenne il 30 maggio del 1964 nella Il 15 di maggio del 1967 iniziammo ad acquistare non venire, e affittammo l’appartamento a una pic- figlia di Mino e Adele Buffagni, una famiglia molto chiesa di Spezzano. Il viaggio di nozze fu a Marina l’attrezzatura per l’inizio lavori. Usavo la zappa ed cola famiglia.” conosciuta e numerosa che ha sempre abitato nel di Carrara, località nella quale abitava Marietta, pa- il badile dentro al fosso che aveva fatto l’escavatore; Giovanni, Stefania e Federico, i figli di Miro e Agne- quartiere San Rocco di Spezzano, a fianco della Vil- rente di Agnese, che lasciò libera l’abitazione per i imparai a tagliare i ferri e piegarli per fare le gabbie, se, crebbero a Spezzano frequentando asilo e scuo- la Rossi. novelli sposi. a preparare la malta, a caricare e portare in alto i le come tanti altri loro coetanei. Anni che segnano Miro e Agnese si conobbero venendo a casa dalla Al loro ritorno, si stabilizzano inizialmente nel rione mattoni, a servire il muratore durante il suo lavoro. profondi mutamenti per la scuola dell’obbligo. È Case Nuove, fra Spez- Poi imparai a fare il carpentiere per fare le cassonate indicata come luogo non soltanto di trasmissione zano e Fiorano, in casa per il cemento. Capii subito che non era un gran del sapere, ma di elaborazione autonoma di essa, in della cognata Silvia. divertimento.” stretto rapporto con la società, per il pieno sviluppo Ebbero tre figli: Fede- L’8 dicembre 1967 la casa era coperta. della personalità dell’alunno, nell’attuazione del di- rico, che poi diventerà “All’interno - rammenta Miro - cercammo di fare ritto allo studio. sacerdote, Stefania e tutto noi, tranne l’intonaco e l’impianto idraulico, La scuola divenne una comunità interagente con Giovanni. Alla nasci- acqua e gas e serramenti. Alla fine dell’anno 1968, la più vasta comunità sociale e civica, attraverso la ta di Stefania la fami- mio fratello riuscì al andarci ad abitare. Noi invece collaborazione di tutte le componenti interessate al glia intera si trasferì in ci andammo in luglio del 1969, con qualche debi- processo formativo (genitori, alunni, personale do- una casa nel rione San cente, non docente). L’organizzazione e il funziona- Rocco di Spezzano. Il mento della scuola furono affidati a organi collegiali passaggio dalla civiltà a gestione partecipativa (consigli di classe, di circo- contadina a quella in- lo, di istituto, collegio docenti), alcune dei quali con dustriale impose pro- rappresentanze elette. fondi mutamenti di vita Terminate elementari e medie, Federico frequentò anche in casa Pigoni. il ‘Baggi’ di Sassuolo dove si diplomò ragioniere. La famiglia iniziò a Successivamente, frequentò la Facoltà di Economia sperimentare assetti ag- e Commercio dell’Università di Modena. Si laureò gregativi, determinati con Presidente della Commissione il Prof. Marco dalle nuove condizioni Biagi, giuslavorista italiano, assassinato a Bologna il lavorative e dalla gra- Federico Pigoni al momento della laurea. Presidente della 19 marzo 2002 da un commando di terroristi appar- duale acquisizione di commissione il Prof. Marco Biagi, ucciso dalle Brigate tenenti alle Nuove Brigate Rosse. L’omicidio avven- Federico Pigoni e amici di Spezzano una funzionale indi- Rosse il 19 marzo 2002 ne un anno prima dell’approvazione della legge da

124 125 lui promossa, e indica- della valutazione, ha vinto un concorso ed ha inizia- proprietà della famiglia milanese di Andreina Tran- per i maiali. “Sulle rive dei fossi per l’irrigazione dei ta comunemente con to a lavorare in banca.” conaglia, era tanto, circa 30 biolche destinate al fo- campi, dove l’ambiente si manteneva umido, c’era- il suo nome, ispirata a Giovanni si diplomò nel 1986 e andò a lavorare alla raggio per le mucche della stalla. “Noi figli - ram- no - spiega Franca - diverse piante di salici e pioppi. una maggior flessibilità ceramica Concorde di Spezzano. Poi si trasferì a menta Franca - abbiamo frequentato le scuole a San Sul nostro terreno non mancavano alberi da frutto dei contratti di lavo- Viterbo per il servizio militare nell’aeronautica. Già Venanzio ed a Maranello, a seconda dell’abitazione che servivano, per lo più, alla nostra famiglia.” ro. Nel 1984, Marco sede del Centro Istruzione Reclute Aeronautica Mi- della nostra famiglia in quel momento. La figlia di Ennio e Laura ricorda: “Felicità, in quei Biagi vinse il concorso litare (C.I.R.A.M.), che fino al 1953 curò l’addestra- Fin da ragazzini abbiamo sempre aiutato i nostri momenti di sveglia all’alba per la mungitura, la co- a cattedra ed fu chia- mento e l’istruzione dei militari di leva nell’Aero- genitori nel lavoro dei campi e nelle faccende do- lazione e, la gestione, oltre che delle mucche, di gat- mato come professore nautica Militare; successivamente, dal 1953 al 1958 mestiche.” ti, cani, galli, galline, conigli. straordinario di Diritto ospitò la scuola specialisti per la formazione degli L’anno agrario iniziava con la semina del grano a Tutti da compagnia, in una casa colonica dove lo di Lavoro e di Dirit- avieri aiuto automobilisti (S.S.A.A.); in seguito, ven- novembre e si concludeva con la vendemmia di ot- to Sindacale italiano ne creata la prima Scuola Centrale V.A.M. (Vigilan- tobre. Prima della semina i contadini, anche della Miro e Stefania Pigoni e Comparato dall’U- za Aeronautica Militare), che ospitava inizialmente zona intorno al Castello di Spezzano, dissodavano niversità di Modena e 600 allievi. il terreno, toglievano i sassi più grossi, bruciavano i Reggio Emilia, presso il Dipartimento di Economia Al ritorno da Viterbo, Giovanni ha avuto diverse cespugli, sradicavano le erbacce e, dopo, iniziavano Aziendale. Dal 1987 al 2002 fu professore ordinario esperienze lavorative nelle aziende che produceva- l’aratura; l’operazione essenziale e primaria per la presso la medesima Facoltà di Economia. no macchinari per ceramiche. In modo particolare buona riuscita del loro lavoro. Federico, in seguito, lavorò poco tempo in banca, e alla Sacmi di Imola. La quercia pelosa, o roverella, era il motivo domi- quindi in uno studio di tre commercialisti per il pra- Per una trentina d’anni, venne ad abitare al civico nante della vegetazione di queste prime colline fra ticantato, preparando l’esame per diventare com- 14, Adelmo Manfredini, con la moglie Bruna Peli e Spezzano e Maranello. Producevano ghiande che mercialista e revisore dei conti, prova che superò le figlie Antonina, Laura, Luigia, Maria e Paolina. venivano raccolte dai contadini e usate come cibo brillantemente alla prima volta. Nel 1962 arrivò la fa- “Gli proposi - dice Miro - un aiuto per aprire uno miglia di Ennio Bedini studio, ma lui mi disse di attendere perché dove- e Alma Ferrari. Prima va dare una risposta ad un’altra cosa. A settembre stavano lì vicino, a Vil- ci disse che voleva andare in seminario e dopo sei la Salsi provenivano anni fu ordinato sacerdote. Gesù ha chiamato come da una casa a San Ve- apostoli quelli che ha scelto, dopo aver trascorso la nanzio di Maranello. notte in preghiera. La Chiesa ha visto in questo la Erano agricoltori ed chiamata al sacerdozio e anche alle altre forme di avevano quattro figli: vita religiosa. La parola vocazione deriva dal latino Gianpaolo, Giuseppe, vocare, che significa chiamare. Dio mette nel cuore Eulalia e Franca. Il del giovane il desiderio di servirlo in modo radicale, terreno da coltivare, di indiviso, a tempo pieno. Stefania, invece, passata la maturità con il massimo Giovanni Pigoni Alma Ferrari e Ennio Bedini Gian Paolo, Giuseppe e Franca Bedini

126 127 sguardo si perdeva nelle coraggiose geometrie trac- era secco lo si portava a casa con il carro trainato parte della band che accompagnava Caterina Ca- bitazione dei Castelli e poi dei Pignattari. Al civico ciate dai vigneti che sfidavano le prime pendenze dai buoi. Nell’orto la mamma seminava le verdure, selli, prima di diventare imprenditore di un’azienda n. 16 ha abitato dal 1951 al 1962, Valentino Toni, dell’Appennino.” i piselli, i fagioli, i pomodori, le zucchine e le carote. che produceva macchinari per l’industria ceramica. mezzadro, con la moglie Maria Concetta Zini e i “Il fieno - continua Franca - veniva tagliato con la La farina di granoturco serviva per fare la polenta, Anche Ennio e Alma lasciarono casa e podere per figli Adriano e Lauro. falce e lavorato con la forca e il rastrello; quando mentre la crusca diventava mangime per le galline trasferirsi poco lontano, in quella che era stata l’a- Virgilio cantò la vita dei campi nelle «Georgiche». e conigli. Di giorno questi animali vivevano in co- Tolstoj amava i lavori agricoli, falciava e partecipa- munità nell’aia, razzolando, chi più chi meno, alla va, insieme ai figli, al raccolto del grano, com’è te- ricerca di vermi o altri cibi naturali.” stimoniato nei «Diari». «Siamo tutti figli della civiltà I divertimenti non erano molti. “Qualche volta - contadina. La terra è la nostra genitrice», dichia- spiega Franca - si andava a vedere un film nella sala rava Ermanno Olmi, il regista bergamasco del film parrocchiale di Maranello, o a ballare a Montardo- capolavoro «L’albero degli zoccoli». ne, ma soprattutto - rammenta Franca - partecipavo Affermazioni che trovano conferme anche nel- alle tante ‘festine’ che si organizzavano nelle case le semplici famiglie che hanno abitato e lavorato i degli amici. Per molti era il momento giusto per co- campi lungo la Via Castello. Storie vere di persone noscere un ragazzo o una ragazza, per poter strap- reali, di semplici contadini con il loro duro lavoro, pare un ballo, per dare un appuntamento.” ma anche con i loro tempi costanti, regolati dal rit- Erano gli anni dell’inizio di un mutamento econo- mo delle stagioni e dalla voglia di vivere nella natu- mico dell’intero Paese, di un radicale cambiamento ra. in tutti i settori. La vita stessa dei giovani era bella da vivere in quegli anni, perché avevano tutto il futuro dalla loro parte. I figli, anche per Ennio e Alba, erano un patrimonio inestimabile: l’unica, vera, grande risorsa su cui la famiglia costruiva il suo futuro. Il valore per eccel- lenza era l’unità: lo era nella filosofia familiare e in quella lavorativa. I mutamenti in atto, però, staccarono i ragazzi dal lavoro dei campi: Franca iniziò a lavorare come ma- gliaia nell’azienda Soragni di Maranello; Eulalia fu assunta in una ceramica; Gianpaolo divenne leviga- tore mentre Giuseppe iniziò un’attività nel montag- gio di carpenteria metallica. Poi i matrimoni: Eulalia andò ad abitare, assieme al Franca Bedini e la madrina Angela Poggioli il giorno della marito Nello Pradelli, a . Franca, nel ‘65, I prati attorno al Castello di Spezzano, Cresima sposò Luciano Taglini, che per lungo tempo ha fatto nella foto di Beppe Zagaglia

128 129 Bruzzi Iacopino Quale erede universale del patrimonio della mar- chesa Anna Coccapani lmperiali in Fontanelli, mio padre, dottor Giambattista, divenne proprietario della Rocca di Spezzano il 25 dicembre del 1918. Sino all’estate dell`anno 1920, il Castello rimase vuoto (ad eccezione della famiglia del custode), ne- Nell’ambito delonte progetto diRaffaele qualificazione scolasti- dellaPignatti loro vita al castello. In seguito,Morano poi, le memorie cessitando il fabbricato di urgenti lavori di restauro ca “La ricerca storica e le fonti”, nella classe II C sono state tradotte in questo scritto, che costituisce e soprattutto della realizzazione di bagni moderni. della Scuola Media G. Leopardi di Fiorano, fu ap- un primo momento di raccolta delle informazio- La luce elettrica ancora non era arrivata a Spezza- profondito lo studio relativo al castello di Spezzano. ni sulla storia del castello di Spezzano nella prima no. per cui all`imbrunire la servitù doveva provvede- Nell’occasione della visita compiuta con la scolare- metà del Novecento. Ringraziamo il conte Raffaele re ad accendere centinaia di candele per i lampadari sca al castello, il conte Raffaele Pignatti Morano e Pignatti Morano e suo figlio Ottaviano per la loro della sala da pranzo e del grande salone, detto “dei suo figlio Ottaviano, ultimi proprietari privati dell’e- cortesia e disponibilità. Genovesi” perché le pareti di quest`u1timo erano La famiglia Pignatti Morano e due ambienti del Castello dificio, raccontarono ai presenti momenti ed episodi Dottssa Gianna Dotti Messori e Profssa Manuela interamente tappezzate di ritratti della famiglia Ler- vivano a cacciare zanzare ed altri insetti. C caro di Genova. Le sorprese, durante i lavori di miglioramento dell’e- l salotti, i servizi e le stanze da letto venivano illu- dificio. non mancavano mai. Solo nel 1932 si scoprì minati da grandi e preziose lucerne in bronzo, fun- una cameretta ben murata, in cui erano state nasco- zionanti a petrolio. Nel cortile principale e sotto il ste belle porcellane e maioliche, ma nessuno. allora, porticato erano state posizionate le famose torce di vi diede eccessivo valore. Ricordo che un giorno un pece che, seppur diffondessero scarsissima luce, ser- noto esperto d’arte, ospite di mio padre, vide i due

La facciata del Castello agli inizi del secolo XX Sale del Castello

130 131 cani che mangiavano in una grande ciotola. Termi- Si sarebbe potuto, allora, murare una grande grata, nata la zuppa, l`esperto tolse ai cani la scodella e, ma nessuno ci pensò, neppure i dirigenti statali in- dopo averla esaminata per un attimo. si rivolse mio viati per un sopralluogo. padre dicendo testualmente: “Mi compiaccio, Con- ll soggiorno estivo in castello si svolgeva serenamen- te, di come egli tratti suoi cani; essi infatti mangiano te e, per noi più piccoli era un grande divertimento in un piatto che costa sulle 15.000 lire”. poter girare in bicicletta nei vari cortili del castello e Altro lavoro eseguito per volontà di mio padre fu, nel bosco attiguo. purtroppo. il chiudere con rottami il pozzo rasoio La mattina. dopo la prima colazione. ci si trovava per timore che uno dei figli potesse cadervi dentro. tutti sul Belvedere. Dal quale, con un forte cannoc-

Il fronte nord della corte, prima che l’edera fosse estirpata Stampa con disegno di Luciano Ossetti, distribuita in occasione del Ferrari Day (1983)

132 133 chiale (ed a Spezzano non ne mancavano di certo), Nel pomeriggio, dopo il rituale sonnellino, noi pic- nove e trenta veniva servita la cena, dopo la quale i Spezzano per la partita ai tarocchi. potevamo leggere l`ora esatta sull’orologio dell`Ac- coli eravamo già pronti per i giochi, che solitamente più piccoli, con la mamma e l`istitutrice, andavano Papà aveva fatto costruire il campo da tennis. il cam- cademia Militare. Mentre l’istitutrice tedesca delle facevamo con tanti amici nostri conoscenti oppure a passeggiare, mentre i fratelli più grandi facevano po da cricket e due campi da bocce, in modo che mie sorelle insegnava loro, oltre alla lingua, anche con i figli dei contadini della nostra età, con i quali ci partite a biliardo. Sovente, mio padre riceveva, dopo tutti i figli potessero divertirsi, specialmente il giove- il ricamo. noi maschi giocavamo con il meccano od divertivamo moltissimo a costruire i cosiddetti “car- cena, il Comandante della Compagnia dei Carabi- dì e la domenica quando il Castello era meta di tutti altri simili passatempi. riolini”, che servivano a noi per gare di velocita sulle nieri di Maranello con il farmacista e l`Arciprete di gli amici ed alle volte dei parenti: in quelle occasio- Alle ore dodici ed un quarto, il cameriere suonava discese erbose dei prati e delle carreggiate. la campana del Castello per avvertire tutti che era Papà dedicava il pomeriggio a curare e medicare tempo di rientrare, in quanto al secondo suono. che tutti i suoi dipendenti malati od infortunati. avveniva alle ore dodici e trenta, il pranzo veniva Alla sera, la solita campana del castello ci vedeva servito: i ritardatari, se non per validi motivi, non riuniti tutti, alle ore diciannove ed un quarto, nella potevano accedere alla sala da pranzo. cappella per la recita del Rosario. Alle ore dician-

Le decorazioni del piano nobile, sede del Museo della Ceramica Così appariva il Castello quando è stato acquistato nel 1982

134 135 ni, al Castello si poteva trovare quasi una cinquan- Mio padre, anche se di una grande bontà, era fratello rimanemmo in Castello con congedi falsi. truppe tedesche e dovemmo pertanto mettere al tina di persone. ll servizio allora non mancava; in molto severo con i figli e pretendeva che i maggio- Avevamo accolto, nel frattempo, tre ufficiali piloti sicuro i prigionieri inglesi e la famiglia ebraica. In Castello dormivano, oltre la servitù, sette persone, il ri parlassero in latino, lingua che riteneva fonda- britannici ed una famiglia di ebrei amici di un mio Castello, oltre il Comando Generale, vivevano 80 cantiniere e due giardinieri, mentre il falegname ed mentale. Numerosissime furono le donazioni che fratello; sempre in Castello avevamo ospitato altre soldati comandati da un magnifico maggiore, il qua- un aiuto giardiniere andavano a dormire nelle loro mio padre fece al museo ed alla biblioteca civica di tre famiglie modenesi ed altre due presso nostri con- le salvò la vita a mio fratello, condannato a morte da case a Spezzano. Modena in memoria della marchesa Coccapani, fra tadini. Nel 1944, il Castello venne occupato dalle una squadra di Brigate Nere, e pregò mia madre di le quali uno stupendo ritratto del Quattrocento di scuola lombarda, gli Statuti Modenesi ed altro an- cora. Alla morte di papà, avvenuta nel 1933. venne di- visa la sua proprietà, tranne la famosa anfora con piatto in argento ed oro, opera stupenda dell`ora- fo portoghese De Castro. Questo capolavoro venne richiesto dal “braccio destro” di Hitler, Hermann Goring; poiché, però, esistevano dei minori e nessu- no era del parere di una eventuale vendita, 1`offerta del tedesco non venne accettata. Solo nel 1940-41, quando l’ltalia era già entrata in guerra alleata alla Germania, onde evitare una eventuale richiesta da parte di Goring (anche se in verità egli si mostrò nei nostri confronti molto discreto e cortese), su consi- glio del professor Zelindo Bonacini, si decise di ven- dere quest’oggetto ad una persona intoccabile dal fascismo. All`entrata in guerra, il Castello venne per poco tempo occupato dal solo comandante di una Com- pagnia del 35 Reggimento Fanteria, i cui ufficiali però venivano tutti i pomeriggi per giocare a tennis ed a biliardo. Dopo l`8 settembre del 1943, noi sette fratelli ma- schi ci ritrovammo a Spezzano per pochissimi giorni, in quanto tutti noi non avevamo risposto al bando di chiamata alle armi del generale Graziani. Poco dopo ci separammo: tre fratelli attraversaro- La cucina con rivestimento in ceramica dei Rubbiani no il fronte, due furono arrestati, io ed un altro mio Il fronte sud della corte, sede del ristorante, ora in fase di restauro

136 137 metter al sicuro gli ebrei poiché, per lui, il problema nei fienili dai contadini; i motori, invece, erano stati razziale non esisteva. sotterrati nel garage del Castello e pure sotto terra Alla fine del 1944, il Castello venne attaccato da ve- era finita la mia motocicletta da competizione. Tut- livoli inglesi; durante le incursioni venne uccisa la te queste operazioni erano state effettuate per evita- signora Ginevra Manfredini e furono colpiti c di- re il sequestro di tali veicoli da parte dei tedeschi e strutti il Belvedere e diverse piante secolari delle Brigate Nere. L’inverno del ‘45 si passò a Spezzano in quanto il Mia madre, invece, già avanti negli armi, aveva fatto palazzo di Modena, in cui abitavamo, era stato par- rimettere in funzione un autentico e vecchio “Lan- zialmente distrutto dal bombardamento del `44. dò” bavarese con le insegne della famiglia Coccapa- Fu un inverno molto rigido e la servitù, aiutata an- ni. Cocchiere improvvisato era il vecchio cantiniere, che da alcuni contadini, provvedeva a portare al chiamato “Umin” per la sua piccola statura. piano superiore la legna che serviva per il riscalda- mento delle stanze e della cucina. ll combustibile non mancava in quanto i tedeschi avevano abbattu- to tutte le secolari querce dei viali che conducevano al Castello. Terminato il conflitto e partite da Spezzano le per- sone ospitate, si provvide a sistemare i danni arrecati dai militari ed a riordinare i locali da loro occupati. La vita al Castello piano piano riprese. Furono messe in uso le automobili che erano state nascoste

La lapide nella corte che ricorda i soggiorni Il castello e il parco secondo il progetto, antecedente al 1868, di Anna Fontanelli, nella stampa edita negli anni Ottanta dal Fronte sud del Castello di Ludovico Antonio Muratori Comune di Fiorano Modenese

138 139 Ricordo benissimo la prima volta che prese le redini tramutò in tragedia. Il cavallo che trainava il Landò, dopo cena, ci riunivamo per chiacchierare e vedere Dal ‘46 al `48 furono gli ultimi anni che trascorsi in mano per portare a Sassuolo mia madre e le mie appena iniziata la discesa, non riuscì a frenare da qualche interessante spettacolo. da scapolo a Spezzano. Al Castello eravamo sempre sorelle: incorse in un incidente che per poco non si solo il pesante carico; invano, il povero Umin cercò Un mio fratello, ancora scapolo nonostante i suoi numerosi perché mia madre voleva che tutti i suoi di azionare il volantino del freno, ma non riuscì a 36 anni, era, in particolare, quello che animava le figli, con relative mogli e bambini, trascorressero l raggiungerlo perché troppo distante da lui. Si get- giornate. Ricordo che, alla mattina, appendeva alle ‘estate a Spezzano. Dal 1949 andai a Spezzano con tò allora dalla cassetta ed il cavallo. spinto dal peso, porte delle camere da letto il cosiddetto “bollettino mia moglie e così facemmo ogni anno, ad eccezione cadde, trascinandosi dietro la carrozza con gli oc- dello zio Luigi”. Tutti i nipoti lo leggevano poiché del periodo dal `50 al ‘53, per i mesi da maggio a cupanti. Accorremmo subito e con grande sollievo in esso era spiegato ciò che dovevano fare durante settembre. Per i bambini erano giornate indimenti- constatammo che, a parte la paura, nessuno si era la giornata. cabili; si ritrovavano tutti i cuginetti e si divertivano fatto male. moltissimo. Avevo comprato un “volugrafo”, che Nel 1946, la famiglia, seppure ridotta di numero per era una piccola motocicletta capace di affrontare il matrimonio di quattro miei fratelli, si riunì nuova- salite con forti pendenze. mente a Spezzano. ll campo, che serviva per il gioco Dietro vi era un carretto che avevo fatto apporre ap- da tennis, si tramutò in un piccolo campo da calcio positamente per poter caricare i nipotini, con i quali e memorabili furono le partite tra noi fratelli e gli giravo nel bosco con grande gioia dei ragazzi. amici che venivano giornalmente a trovarci. Tra gli Anno tragico fu il ‘5l, ospite una sorella già sposata e ospiti “giocatori” ogni tanto venivano nomi illustri con tre bambini: aveva 37 anni ed abitava a Roma. del calcio; il più importante fu un amico carissimo Accusò un malessere che sembrava passeggero; pur- di collegio, Rigamonti, poi deceduto nell`incidente troppo, invece, era un tumore e poco dopo, proprio a Superga insieme a Mazzola ed agli altri grandi a Spezzano, morì. della nazionale italiana. Un episodio particolare accadde nel 1960. Verso Sempre nel ‘46, in occasione del matrimonio di mia sera sentimmo un enorme boato: pensammo ad un sorella, si tenne una festa memorabile. I cuochi di terremoto, invece era crollata una parte delle mura Maiani vennero da Bologna a Spezzano due giorni del lato sinistro; furono subito ricostruite per volere prima della cerimonia per essere di aiuto al nostro di mia madre. cuoco Guido Bartoli, chef del transatlantico Rex, L’ultima volta che mia madre venne a Spezzano fu nella preparazione di piatti deliziosi. Fu lo stesso nel 1965. Dopo la sua morte, avvenuta nel ‘66, nes- Bartoli che offri, quale dono di nozze, una stupenda suno della famiglia vi andò più. Il castello fu eredi- torta raffigurante il Castello e da lui stesso confezio- tato da Uberto, il quale decise di venderlo; fu così nata. ceduto alla signora Maria Barbieri. Ben 300 furono gli invitati ed il pranzo si svolse nella Sala delle Vedute ed in quella dei Genovesi. Raffaele Pignatti Morano La vita in Castello era quella di prima, eccezion fat- ta per il grande televisore, che mia madre acquistò e Il ponte levatoio in un’immagine risalente all’inizio anni Appartamento dei Pio pose nella Sala delle Vedute, salone in cui, alla sera Ottanta

140 141 La collina del Castello di Spezzano nell’immagine di Luciano Busani Stampa edita dal Comune di Fiorano Modenese

142 143 ASSONOMETRIA PER NATALE AMICI LE ASSOCIAZIONI FIORANESI NEL 1927 di Fiorano, Sezione Balilla di Spezzano, Sezione Piccole Italiane di Fiorano, Sezione Piccole Italiane di E’ ormai conosciutissima questa assonometria “Fiorano comprende un territorio di Ettari 2640, Spezzano, Sezione Combattenti, Sezione Mutilati ed risalente agli Anni Trenta, conservata nell’Archivio ha una popolazione che si aggira sulle 5000 Invalidi di guerra, Sezione Madri, vedove e famiglie Comunale, un foglio di piccolissime dimensioni anime e possiede le seguenti istituzioni, che vivono dei Caduti in guerra, Sezione Sindacati Fascisti. capace di contenere un grande sogno: il centro di rigogliosamente e attestano sul patriottismo e sul Congregazione di Carità, Società Operaia di M. S. Fiorano come l’avrebbe voluto il regime fascista, civismo di questa nostra ridente e magnifica terra: di Fiorano, Società Operaia di M.S. di Spezzano, con il municipio, la Caserma dei Carabinieri dove Fascio di Combattimento maschile di Fiorano, Fascio Società Sportiva di Fiorano, Consorzio Irriganti di di Combattimento maschile di Spezzano, Fascio di Fiorano, Consorzio Irriganti di Spezzano, Consorzio oggi c’è la Casa Fanfani, la Casa del Fascio e, lungo Combattimento femminile di Fiorano, Fascio di Zootecnico Comunale, Asilo Infantile Comunale il Viale del Littorio, la Casa del Balilla e il campo Combattimento femminile di Spezzano, Manipolo “Luigi Coccapani”, Asilo Infantile di Spezzano, di calcio. della M.V.S.N, Sezione Avanguardisti di Fiorano, Succursale del Banco San Geminiano di In due scritti, Natale Amici racconta la storia Sezione Avanguardisti di Spezzano, Sezione Balilla Modena. (Mario Frigieri, podestà, 26 agosto 1927) del campo di calcio, dalla vita assai breve e la guerra fra la Casa del Balilla e la Casa del Fascio, per cui una rimase sulla carta, persa nelle battaglie burocratiche e non solo, mentre l’altra fu effettivamente realizzata. Normalmente bonario e sorridente, in queste righe Natale Amici si fa pungente e severo nei giudizi, sul regime e sui suoi difetti, ma altrettanto interessante per chi voglia ricostruire la storia della piazza e del centro storico. Ancora una volta non possiamo che ringraziarlo.

La piazza di Fiorano in una cartolina risalente all’inizio degli anni Trenta

144 145 discorso a parte sulla inopinata fine di quel campo. E della Dott.ssa Gianna Messori, ma devo dire subito dato che ci siamo perché non conoscere, se esistono, che le ricerche non hanno dato l’esito sperato. le motivazioni ufficiali addotte dagli Amministratori Il materiale che trovasi archiviato è notevole per del tempo per spiegare la logica e l’opportunità di qualità, ma anche per quantità per cui il tempo oc- quella decisione apparentemente inspiegabile. corrente non è stato pari ai risultati ottenuti. Lo scri- Quindi, cerchiamo notizie nell’Archivio Comunale vente è pensionato, perciò il tempo non è perso per- dove dovrebbero trovarsi quei documenti ufficiali, ché diventa un passatempo, ma lo stesso tempo devo Mentre stavo scrivendo sullol primo sport fioranese deglicampo 1931, è stato lottizzato sportivo e venduto già verso la fine quelle delibere indispensabili per addivenire all’ese- farlo perdere anche ad uno dei dipendenti comunali anni trenta si è creata in me la curiosità, quasi il bi- del 1934. Ho continuato e terminato al meglio quel cuzione del fatto o misfatto, se così si preferisce chia- che, vista la scarsità degli assegni di personale, sono sogno, di sapere e capire perché il primo Campo discorso sportivo, basato esclusivamente su ricordi marlo. Pertanto ho richiesto ed ottenuto aiuto all’uf- più che oberati dal loro normale lavoro. Tuttavia, Sportivo costruitoI a Fiorano in via Bugadella nel miei e di qualche coetaneo, riservandomi di fare un ficio Cultura del Comune e la fattiva collaborazione qualcosina ho trovato e con il presente scritto cer-

Cartolina Edizioni Zironi Giuseppe, datata 19 giugno 1937, ma l’immagine è precedente perché sul colle non compare la Casa degli Esercizi inaugurata nel 1934 Una formazione degli anni Trenta con già il dott. Tosi come sostenitori (primo a sinistra)

di Natale Amici 146 147 cherò di farlo conoscere a tutti coloro, anziani o municato “ai fascisti podestà della Provincia” l’av- che un ordine che nessun Podestà si sarebbe mai so- Quindi cari lettori, da questi due allegati emerge in sportivi che sono interessati a conoscere queste no- venuta approvazione di un apposito Decreto Reale gnato di disattendere. modo incontrovertibile l’importanza che quel par- stre piccole storie locali. che rende applicabile all’espropriazione dei terreni Il successivo 1° ottobre il Presidente dell’Ente Spor- tito unico, quella dittatura politica, attribuivano in Storie certamente chiuse, finite, per non dire passa- per la costruzione di Campi Sportivi del Littorio tivo Provinciale fascista, Rag. Clodo Feltri, nel ricor- quel momento alla costruzione di questa opera, tan- te, ma che possono recare un modesto contributo una legge del 1885, emanata a suo tempo per il risa- dare le disposizioni vigenti circa la presentazione del to che quel Rag. Feltri, che più tardi diventerà Se- per la conoscenza dei modelli di comportamento in namento di Napoli. Come risulta dal documento al- Bilancio di Previsione 1929, invita tutti i Podestà a gretario Federale, non esita a chiamarla “fascistissi- uso durante la Dittatura Fascista. legato in fotocopia, il Segretario Federale del P.N.F. tenere presente nella compilazione degli stessi che la ma”. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa alla La prima notizia rinvenuta (in ordine temporale) “desidera” che ogni Comune della Provincia abbia volontà del Duce è di veder sorgere in ogni Comu- demagogia di cui era intriso quel tipo di politica. riguardante questa materia è una lettera circolare il suo Campo Sportivo. E al riguardo dico subito che ne un Campo Sportivo, dove quel “tener presente” Ma proseguiamo. In archivio ho trovato una lettera della Federazione Provinciale Fascista di Modena, mi ha colpito quel “desidero”, notevole perché visto vuol dire comprendere nel Bilancio di uscita le spese dell’11 maggio 1929 con la quale il Podestà d’allo- recante la data del 31.7.1928, con la quale viene co- il momento politico, quel desidero era in realtà più necessarie per la costruzione dei Campi in oggetto. ra, credo il Geom. Mario Frigieri, fioranese, spiega Avete visto? Già in questo scritto quel “desidero” all’avvocato Magera di Modena i motivi che giusti- è diventato un “invito” affinché sia soddisfatta una ficano la scelta di un terreno dei signori Pezzi per “volontà”, e questa, non di un Pinco Pallino qual- costruirvi un Campo Sportivo. siasi, patito per lo sport, ma del Capo che stava a Il suddetto Podestà comunica altresì “che è mia in- Roma e cioè del padrone assoluto del nostro Paese. tenzione giungere all’acquisto del terreno pagando-

Una formazione degli anni Trenta impegnata a Anni Trenta. Formazione A.C. Fiorano

148 149 lo quello che vale” e cioè non applicando, se non vi Per chi non lo ricorda o non lo sa, informo che fino lasciando alla iniziativa delle associazioni locali di dato dal Maestro Vincenzo Broccardo. modenese fosse stato costretto, la possibilità di esproprio di cui al 1930 il Municipio aveva sede nella casa di via Vit- completare le opere necessarie con mezzi propri ma residente a Fiorano, professionalmente inse- al decreto citato prima. Quindi quel Podestà si era torio Veneto, posta tra vicolo Ferri e via Malatesta, e colle oblazioni volontarie degli sportivi e degli gnante presso le nostre scuole, ma per alcuni anni già dato da fare e aveva fretta di concludere per cui dove adesso, da tempo, c’è un bar. amanti dello sport”. Il detto progetto è datato 6 feb- responsabile locale del P.N.F, nonché dirigente dei era disposto a pagare quel terreno “quello che vale Negli anni ‘30 quell’ edificio era ancora chiamato braio 1930. Corsi Premilitari con il grado di Centurione della e niente di meno”. ‘la canonica’ e per il fatto che sul davanti c’era un Alla luce di questa normativa mi sembra che il Co- M.V.S.N. In relazione a questo terreno dei Signori Pezzi ho portico, noi bambini quando pioveva ci riparavamo mune d’allora non abbia fatto un grande sforzo per Tornando all’Archivio Comunale informo che ho rinvenuto anche una lettera del Consolato Svizzero sotto la canonica, tanto che in me si era formata la costruzione del Campo, in ogni caso, di proprietà poi trovato la lettera allegata avente lo scopo di sol- di Milano, avente lo scopo di - suggerire al Comune 1’idea che il nome di quel portico fosse ‘canonica’. comunale. Ho già accennato, quando ho parlato lecitare il Cav. Eugenio Carani, proprietario con la scelta di qualche altro terreno pure adatto o che si Più tardi m’è capitato di leggere il Bucciardi il quale, dello sport di quei tempi, alla situazione in cui si tro- le sorelle della Fornace Carani, a voler versare alla trova disponibile. Al riguardo teniamo presente che nelle pagine 161-162-163 del noto libro su Fiorano, vavano gli sportivi fioranesi costretti a giocare a pal- Tesoreria Comunale la somma di lire 3.762 “cor- i Pezzi erano allora cittadini svizzeri. Su questa let- informa che quella casa è stata la casa del Parroco la o a pallone sulla pubblica via. Perciò quel proget- rispondente all’ importo per l’ultimazione del Via- tera niente da dire. L’ho citata più che altro per cu- per moltissimi anni. to sfrutta al meglio 1’anelito degli sportivi, lasciando le del Littorio”. A giustificazione del pagamento il riosità. I Signori Pezzi difendono l’integrità dei loro Comunque 1’acquisto della proprietà Cuoghi-Vi- a loro completo carico tutte le opere necessarie. Podestà richiama il Sig. Carani all’osservanza di un terreni nei modi e nelle forme consentite. gnocchi è avvenuto e perciò era risolto anche il E questo volontariato lo ricordo benissimo, pieno atto stipulato il 17-10-1934, regolarmente registrato Giunto a questo punto devo dire che non ho più tro- problema del terreno su cui costruire il Campo, di entusiasmo generoso che è stato certamente e e che non ho avuto la fortuna di trovare. vato in Archivio documenti che ci spieghino perché con buona pace dei Signori Pezzi. Per la cronaca gravemente tradito a causa della repentina fine del Ciò stante, mi pare che la suddetta lettera datata il Campo in quella proprietà non è poi stato costrui- 1’acquisto dell’intera proprietà in questione è costa- Campo medesimo il quale era sorto, sia detto senza 12-12-1935, non sia in armonia con una delibera to. Pertanto, non conosco le ragioni e le opportunità ta al Comune la somma di lire 320.000 di cui lire retorica, anche per opera loro. del 2-9-1934, di cui ho trovato cenno nel registro che hanno portato al cambio di strategia. 98.800 sono state ricavate dalla vendita ai Signori Tra le spese sostenute dal Comune ho trovato una delle delibere, con la quale si vende al Sig. Carani Allo stato mi è possibile solo fare delle congetture di Carlo Montecchi e Luigi Ricchi della vecchia sede delibera del 20-12-1930 di ben lire 340 (trecento- Eugenio di Egidio il terreno del Campo Sportivo carattere personale che mi pare, comunque, giusto Comunale e della Casa Popolare che si trovava e si quaranta) pagate al Sindacato Braccianti per lavori -superficie metri 9.365- con l’obbligo di cedere gra- portare a conoscenza dei miei concittadini. trova in via Provinciale Ovest. di recinzione del Campo Sportivo. tuitamente al Comune lo spazio per il viale, mentre La risposta più logica mi pare possa essere quella Ho accennato al progetto del Geom. Martinelli che Per quanto concerne 1’ abbattimento degli alberi il con la lettera in questione si sollecita il pagamento che trovandosi allora il Municipio in una Sede al- in quel tempo doveva essere il tecnico Comunale Registro delle Misure e Contabilità ci dice che “la di una somma “corrispondente all’ importo di detto quanto modesta e probabilmente angusta, è facile (anche lui villeggiava a Fiorano in via Cerreto); da mano d’ opera è compensata dal cappello (rami) e viale”. Tuttavia per il discorso che conta è una cosa supporre che ad un certo punto sia stato fatto un quel progetto stralcio soltanto la parte che interes- dal ceppo (radici), quindi con un ricavo per la ven- marginale e perciò andiamo avanti. pensierino alla vicinissima proprietà della Signora sa il nostro Campo perché contiene modalità sulle dita dei tronchi d’ albero abbattuti”. Si è poi rinvenuta la relazione del Tecnico Comu- Ginevra Cuoghi vedova Vignocchi composta, come quali è possibile fare alcune riflessioni. Intanto il Geom. Mario Frigieri non è più Podestà nale. Dott. Ing. Eugenio Manzini (evidentemente ci dice il Geom. Paolo Martinelli nel suo progetto Ecco il punto: “dell’appezzamento di terreno, la perché dal 21 -4-1931 risulta Commissario Prefetti- aveva sostituito il Geom. Paolo Martinelli) circa il delle opere di adattamento, “di un caseggiato in ot- parte a settentrione per una estensione di circa mq zio il Sig. Guido Giglioli. Il Sig. Frigieri era andato progetto della costruzione del nuovo tronco del via- time condizioni e dall’aspetto quasi signorile”, e tra 9.000 verrà destinata a Campo Sportivo per il qua- ad abitare a fin dal 16-1-1929, dopo le, nella quale si legge che “su un lotto del terreno l’altro di un vasto appezzamento di terreno più che le il Comune si limiterà solo ad eseguire le opere essersi sposato. in parola è avvenuta la costruzione di un fabbricato sufficiente per la costruzione di un regolare Campo di abbattimento delle piante esistenti ed alla recin- Dopo alcuni passaggi ad altri, dal settembre 1932 civile”. Il fabbricato è quello del Sig. Egidio Frigieri Sportivo. Quindi: due piccioni con una fava. zione con la rete metallica dal lato di mezzogiorno, fino alla metà del 1936 il nostro comune è stato gui- ed il lotto è più di un lotto, visto che comprende tut-

150 151 ta la parte Est dell’ex Campo Sportivo. Posso unire campo medesimo. Ma anche prolungandolo termi- Proviamo soltanto per un attimo a pensare ai tanti re a combattere, per esempio la guerra d’ Etiopia anche il progetto della cancellata e relativa recinzio- nava sempre contro un’altra rete, quella nord. poveri e piccolissimi Comuni delle nostre monta- (1935-1936) dove venne inviata la classe 1911, 1’ ne della proprietà in questione. Sulla restante parte E allora? Non resta che pensare alla vendita di quel gne, dove gli spazi idonei per costruirvi un campo appoggio ai nazionalisti di Franco in Spagna (1936- di quel terreno gli attuali fabbricati sono sorti sol- terreno per incassare denaro, ipotesi per altro discu- sono introvabili se non a costo di ingenti lavori. Ma 1939) dove partirono, credo volontariamente il Dott. tanto alcuni anni più tardi e quello spazio è rimasto tibile in ragione del fatto che qualche anno prima, proviamo a vedere 1’ affare anche dalla parte de- Emanuele Lucchi e Umberto Prampolini. Talvolta libero per noi ragazzi che ne abbiamo ampiamente come abbiamo visto, non si aveva necessità di ri- gli sportivi che come abbiamo detto, accolsero con la precettazione si riferiva ad un richiamo di pochi approfittato. sparmiare pur di fare presto. grande entusiasmo la creazione del campo alla cui mesi per istruzione e aggiornamento. Comunque i documenti rinvenuti sono questi, anche C’è un terzo aspetto, che può sicuramente coesistere riuscita prestarono volenterosamente la loro opera. In altre parole il regime fascista aveva alzato il tiro se avrei desiderato trovarne altri, che forse ci sono e con le ipotesi di cui sopra ed è quello che il prolun- Non ricordo particolari reazioni quando si comin- verso “lo spazio vitale” da conquistare con la forza. forse no, e perciò cercherò di trarre qualche ragio- gamento del viale avrebbe recato notevole sollievo ciò a sapere che il campo era stato venduto. E per- Infatti, oltre alle guerre di cui sopra venne anche namento basandomi su quello che ho. Per comin- alla disoccupazione. ché mai? La risposta è facile: nei posti di lavoro si l’Asse Roma -Berlino (1938) e la conquista dell’Al- ciare riassumerò brevemente i punti salienti della E qui siamo davanti ad una motivazione valida, trovava sempre appeso un cartello con il “qui non bania. Quindi, la distruzione di quel “nostro” cam- questione. In primo luogo ricordiamo 1’emanazio- molto seria, ma lo è abbastanza per giustificare la si parla di politica, si lavora”. Inoltre quei giovani po avvenne senza contraccolpi, come di atto nor- ne del Decreto-Legge avente lo scopo di estendere distruzione di un’opera esistente che, badiamo bene, non avevano tempo di pensare a giocare perché non malissimo e naturale, anche perché quello che stava la possibilità dell’ esproprio per pubblica utilità an- non serviva soltanto agli sportivi ma era sfruttatissi- vivevano tranquilli: ogni tanto la portalettere reca- a Roma non pensava più alla Battaglia del grano, che alla costruzione dei Campi Sportivi. In secondo ma anche da noi bambini e ragazzi perché in paese pitava qualche cartolina-precetto di richiamo alle alla Conciliazione fra Stato e Chiesa, alla Bonifica luogo teniamo presente quel “desidero” del federale non c’erano altri spazi disponibili? armi. Altro che dare calci ad un pallone. dell’Agro Pontino e nemmeno al rafforzamento del- emesso in ossequio alla volontà di Mussolini e 1’uso Ma vediamo anche questo aspetto della vicenda. Tante di queste cartoline richiamavano per anda- la salute e della vigoria degli italiani che potevano del “fascistissimo” attribuito a quel genere di opera. Come risulta dal progetto la spesa preventivata per anche spiegare la volontà di costruire Campi Spor- Erano quindi state spese parole molto importanti, il prolungamento del viale è di lire 7.306, sicura- tivi, ma ormai stava dimostrando in pieno di essere sicuramente indiscutibili, per quel tempo di fer- mente non tutti spendibili in mano d’opera brac- in preda ad evidente megalomania. Del resto che rea dittatura politica. D’altra parte, avete visto con ciantile. Poi, anche calcolando l’intera somma, se quel regime arrivasse ad assumere quelle posizioni quanta solerzia si sia mosso il Podestà Frigieri, il teniamo presente che un operaio allora guadagnava si poteva recepirlo pensando ai “Fasci di Combat- quale, pur di far presto, era disposto anche a rinun- circa 500 lire al mese, si trattava di un lavoro per timento”, al “Credere, obbedire, combattere” e al ciare alla possibilità di applicare la legge sugli espro- un mese di 14-15 operai in tutto. Quindi, se devo “è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo pri e, perciò, a risparmiare denaro. proprio dire quello che penso, la motivazione sud- difende”. E allora, visto che il Campo era così “desiderato”, detta appare strumentale, cioè volta esclusivamente Ma tutti i mali non vengono per nuocere. Tanti “voluto” e “fascista” cosa era cambiato quando, ap- a concludere 1’ esecuzione del progetto. italiani hanno dovuto piangere lutti e rovine ma in pena tre anni dopo, lo si è venduto? Non erano al Tutto questo discorso, queste ipotesi sono riferite compenso abbiamo avuto la libertà. potere sempre gli stessi? soltanto a quello che è stato il comportamento delle Proviamo a ragionare, a porci qualche domanda. Autorità locali; ma le deliberazioni necessarie han- C’era forse un qualche motivo di pubblica utilità su- no avuto sicuramente il benestare delle Superiori periore a quella del Campo? L’unica risposta possi- Autorità. Allora non erano più attuali le ragioni che bile era quella di prolungare il Viale del Littorio che pochi anni prima avevano imposto a tutti i Comuni allora terminava contro la rete di recinzione sud del la costruzione dei “fascistissimi” campi sportivi? Anni Trenta. Formazione fioranese con Vittorio Guastalla

152 153 Ho dato un’occhiata a queste vecchie scartoffie ed Fiorano.Tra l’altro è stato il mio insegnante in quar- alcune cosette mi sono sembrate interessanti tanto ta e quinta elementare. Quella delibera non esiterei che ritengo opportuno parteciparne il contenuto a chiamarla “l ‘autogol” del maestro Broccardo. Si, agli amici del Circolo La Rosta, nonché agli altri perché alla venuta da Modena del Segretario Fede- compaesani, comunque desiderosi o curiosi di cono- rale del Fascio in persona per sollecitare la costru- Che non c’è più e di una che non è mai nata scere certe storie del nostro passato recente. Sono due storie con esito diverso per cui, mutuando Nel nostro Archivio Comunale ci sonotoria due cartelle: discio’, contenentiuna gli atticasa relativi alla costruzione delle il gergo in uso nelle gare podistiche, una è giunta una intitolata ‘Casa del Ballila’, l’altra ‘Casa del Fa- case in questione, datate 1936-1938: al traguardo seppur senza qualcosa di essenziale, come vedremo più avanti, mentre l’altra, pur es- sendo scattata in testa grazie ad alcune importanti spinte avute da Fiorano e da Roma, si è poi persa per via. Comincerò il racconto partendo da una delibe- ra podestarile del 19 giugno 1936, concernente la costruzione della Casa del Fascio. E’ una delibera S strana e davvero sorprendente per chi ha conosciuto quel podestà, uomo molto controllato ed intelligen- te, fino ad allora forse il numero uno del Fascio a Il fronte ovest della Casa del Fascio

Piazza Ciro Menotti. Fine anni Cinquanta, quando la Casa del Fascio ospitava classi di scuole elementari Cerimonia di inaugurazione della Casa del Fascio Il fronte sud della Casa del Fascio di Natale Amici 154 155 zione della Casa del Fascio, il Podestà Broccardo deguatezza dell’importo, sia per la concessione a tra l’altro Funzionario della Prefettura, cioè un di- prendere “accordi con il Tecnico Comunale Ing. risponde acconsentendo immediatamente e entu- posteriori? Infatti, succede che poco tempo dopo il pendente, gli eventi prendono subito un’altra piega. Manzini il quale è incaricato del progetto di costru- siasticamente a parole, ma non nei fatti. E perché Podestà viene sostituito, perché da una lettera del Fino a quel momento era in fase molto più avan- zione della Casa del Fascio che, come noto, deve è possibile trarre questa conclusione? Perché dopo 2/10/1936 a reggere il Comune risulta essere un zata la procedura per la costruzione della Casa del sorgere contigua alla Casa del Ballila”. una lunga premessa intrisa di tutte le più consuete Commissario Prefettizio. Badate bene, non sto di- Ballila, visto che in data 23 luglio 1936 il nostro In altre parole la detta lettera non esclude la costru- roboanti frasi della retorica fascista, nella sostanza cendo che il motivo della sostituzione sia stato pro- Comune, ancora retto dal Podestà, delibera di “ce- zione della Casa del Balilla ma spinge decisamente concede per la Casa in questione soltanto briciole. prio quella delibera che ho definito incredibile, non dersi gratuitamente all’Opera Nazionale Ballila un avanti quella del Fascio. Siamo, è vero, ancora in Tra queste frasi roboanti abbiamo ad esempio: ho trovato documenti al riguardo, ma credo sia lo- appezzamento di terreno” e di li a poco il Comu- fase di progettazione, ma se la lettera dice “deve sor- “nuova era di insuperabile civiltà”, mentre nei fatti gico pensare che la causa sia stata quella. Lo prova ne offrirà anche lire 50.000 per la costruzione della gere” è probabile che ci fossero ricordiamo l’emanazione delle leggi razziali contro anche il fatto che sotto la spinta del Commissario, predetta Casa del Balilla. serie trattative in corso, altrimenti non si spieghe- gli ebrei del 1938. Ancora: “Duce pioniere supremo E perché gli eventi con la venuta del Commissario rebbe quel ‘deve’ perentorio, trattative forse soltanto di quell’eroismo che non conosce precedenti” e qui prendono un’altra piega? Perché in quella lettera del verbali perché non risultano agli atti. viene alla mente il tentativo di fuga di quel pioniere, 2/10/1936 viene informata l’O.N.B. provinciale di Ma ecco cosa succede qualche mese dopo. Scende non certamente alto esempio di eroismo. Ho detto sostanzialmente briciole perché conce- de: “un contributo di lire 2.000 (duemila) per nove anni”, contributo che, oltre tutto, “sarà elargito dopo l’ultimazione della costruzione”. Non sembra anche a voi cari lettori che questo contributo sia veramente incredibile, sia per l’ina-

Progetto per la Casa del Fascio, che, nel Viale del Littorio, Il podestà Vincenzo Broccardo con un gruppo di ragazze fio- doveva continuare nella Casa del Balilla. ranesi Vincenzo Broccardo con la sua classe

156 157 in campo per la Casa del Fascio un imprenditore 24/5/1937, ancora più chiara ed esplicita quando sarà completato. Della costruenda casa del Ballila industriale (al momento l’unico a Fiorano), il qua- recita, riferendosi al detto imprenditore: “essendo nella cartella 1936/1938 non ci sono altre notizie e le con una lettera del 15/2/1937 dice che: “qua- proprietario di fornaci e di un laboratorio di fale- noi quella casa non l’abbiamo mai vista. le offerta personale per solennizzare la fondazione gnameria, dispone di materiale e mano d’opera”. Tornando alla Casa del Fascio abbiamo detto pro- dell’Impero, mi impegno di far eseguire, a mie spe- A questo punto c’è da notare che mentre la costru- getto completato ma, se ricordate, senza qualcosa di se, per un importo di lire 60.000, la Casa del Fascio zione della Casa del Ballila e relativa palestra, pur essenziale e questo qualcosa è l’impianto termico. di Fiorano, cui mi onoro di appartenere dalla fon- essendoci terreno e soldi (lire 50.000 dal Comune e A Fiorano c’era un vecchio detto: “L’inveren an l’ha dazione”. lire 40.000 dalla sede Centrale dell’Opera Naziona- mai magne al lauv” (l’inverno non l’ha mai man- Abbiamo poi copia di un’altra lettera del Segretario le Ballila) si sta perdendo in divergenze e patteggiami giato il lupo) e allora? Rispondo subito che era il Amministrativo Centrale del Partito Fascista, datata di vario genere, la Casa del Fascio viene costruita ve- sistema in uso per queste cose: facciamo qualcosa locemente dalla Ditta che colpisca l’occhio, al resto ci penseremo. Carlo Montecchi. Anzi Questa deve essere stata la filosofìa dominante e il al progetto iniziale vie- progettista ci spiega esplicitamente questa modalità ne aggiunto un salone, quando, in una variante da apportare al progetto con spesa preventiva- per la costruzione della casa del Balilla, allo scopo ta di lire 28.000. Per di contenere le spese entro le 100.000 lire, non esita, reperire detta somma tra le altre cose, a proporre l’eliminazione dell’im- il Segretario Politico pianto termico e relativo camino. del Fascio, si avvale di Per quel che riguarda la costruzione credo sia d’ob- quell’impegno del Co- bligo accennare ad una voce sempre circolata in pa- mune per lire 18.000 ese, anche adesso ribadita, concernente il fatto che i (lire 2.000 annuali per nove anni) di cui alla delibera del Podestà, citata all’inizio. Le 10.000 lire mancanti, ci dice lo stesso Segre- tario, saranno offerte dai Signori di Fiora- no. Ci saranno poi al- tre spese per sistemare l’antistante Piazza Ciro Menotti ma il progetto Tre immagini della Casa del Fascio con la pista per il ballo, Il monumento ai 5 partigiani lì uccisi per rappresaglia il 15 Inaugurazione Casa del Fascio. Il discorso dal balcone Particolare del mercato della massaia rurale il giardino e il bar febbraio 1945

158 159 dipendenti della Fornace Carani vennero invitati a delibera del Podestà: anche per i “migliori” stare lavorare un’ora in più a profitto della casa in que- al freddo non è piacevole. Al posto di quella casa è stione. Non so dirvi esattamente se sia stata una sola stato eretto un significativo monumento a ricordo ora oppure la cosa si sia ripetuta per più giorni. La dei tanti, troppi giovani, fioranesi caduti per fatti di riportiamo per dovere di cronaca. guerra. A lato è stato conservato un pezzo di muro, Ora quella casa non c’è più, ma credo non ci si- di quel muro dove cinque giovani vite incolpevoli, ano rimpianti in giro. A quel tempo funzionarono in un freddo e nebbioso mattino di febbraio, furo- normalmente solo il bar e la sala da ballo. Gli uffici no stroncate per rappresaglia. Pensiamo con com- al piano superiore, privi di riscaldamento, non di- mozione al dramma patito da quelle vite e, perché ventarono “locali adatti ove i migliori cittadini del no, anche dai nostri pacifici concittadini che, sep- Comune dovevano trovarsi” come recita la citata pure chiusi nelle loro casupole, subirono impotenti quell’atto di suprema protervia. Sia questo fatto di monito per tutti, anche per le ge- nerazioni future affinché facciano tutto il possibile per stare lontani dalle guerre, da tutte le guerre. La Casa del Fascio negli anni Sessanta

Recita di poesia durante la Festa degli alberi in quello che sarebbero diventati i giardini pubblici, in Via Silvio Pellico. La festa degli alberi con sullo sfondo la casa del Fascio ??? Sullo sfondo, la Casa del Fascio. L’abbattimento della torre nel 1975

160 161 Montecchio, in Via Ruvinello, nel disegno di Francesco Messori per il calendario del Comune del 1990

162 163 Finito di stampare Dicembre 2019 Mi ritorna in mente 6 Ricordi di Natale Amici e Luigi Giuliani sul territorio del Comune di Fiorano Modenese di ‘allora’,

di Natale Amici e Luigi Giuliani della gente di prima, di ciò che è stato

Luigi Giuliani, nato a Fiorano Modenese il 15/08/1946, risiede in via a cura di Luigi Giuliani, Luciano Callegari e Alberto Venturi Statale, 36. Sposato, due figlie e due nipotini. Ha svolto il servizio militare volontario nei paracadutisti. Segretario Lapam-Licom dal 1968 al 1990; capo ufficio stampa della stessa organizzazione fino al 2004. Consigliere comunale di Fiorano nel 1970-1975-1980. Fra i fondatori, nel 1969, della Società Sportiva Spezzano. Dal 1977 al 1982 conduttore di trasmissioni e notiziari televisivi; fra i fondatori e direttore della emittente radiofonica “Antenna Uno”. Dal 1979 al 1983 direttore sportivo della “Edilcuoghi Pallavolo” nel campionato Italiano di seria A-l vincitrice della Coppa Italia (1981). Responsabile pagina di Sassuolo de “Il Resto del Carlino” dal 1981 al 2010, quotidiano col quale ha collaborato fino alle fine del 2013. Nominato Commendatore della Repubblica Italiana. Promotore degli e autore dalla collana “Mi ritorna in mente”.

Luciano Callegari vive a Fiorano Modenese, dove è nato nel 1941. Elettricista impiantista, prima presso la Strolin & C di Reggio Emilia e poi caporeparto Mi ritorna in mente 6 presso la Ceramica Iris, nel tempo libero e dopo il raggiungimento della pensione ha condiviso con la moglie Augusta Bellei la passione per l’ambiente, l’ecologia e la cultura locale. Confondatore dell’associazione Be.Pa.Te.Ca., poi del G.E.Fi. , è membro del direttivo provinciale e responsabile di zona del comune di Fiorano Modenese e Riserva Naturale delle Salse di Nirano del Corpo Guardie Giurate Ecologiche della Provincia di Modena. E’ inoltre presidente dell’Associazione Filatelica Numismatica Sassolese e socio del Club Amici di Fiorano.Appassionato di fossili, flora, avifauna, storia e cultura locale, ha curato numerose pubblicazioni su storia e natura delle colline modenesi. Appassionato di fotografia, ha creato e costruito una collezione di immagini che raccontano 60 anni di ambiente e di storia fioranese.